Inizio - Attualità
Presentazione
Approfondimenti
Notizie archiviate
Notiziari
Arretrati
Selezione in PDF
Articoli variĀ»
Testimonianze
Riflessioni
Testi audio
Libri
Questionario
Scrivici
Approfondimenti



Yom Kippur: pentimento o espiazione? Considerazioni di un gentile

di Marcello Cicchese

«Che cosa ha da dire un goy sul nostro Yom Kippur? - potrebbe pensare un ebreo - Che c'entra lui? Sono fatti nostri. Gli altri farebbero meglio a starne fuori».
Una reazione come questa sarebbe comprensibile, ma non del tutto giustificata. Israele è l'unico popolo che ha ricevuto direttamente da Dio la luce, e proprio per questo è destinato a rimanere sotto la luce dei riflettori. Quello che fa Israele e quello che gli accade non è cosa che riguardi soltanto lui. Il mondo guarda, giudica e agisce, ma non per questo si trova in una posizione di superiorità. Anzi, nazioni e individui porteranno, ciascuno per parte propria, la responsabilità di quello che avranno detto e fatto nei riguardi del popolo che Dio ha scelto.
Un primo fatto politico salta subito agli occhi riguardo a Yom Kippur: Israele è l'unica nazione al mondo in cui la festa più solenne dell'anno non consisite nell'autoglorificazione per qualche vittorioso avvenimento nazionale, con l'inevitabile accompagnamento di pantagrueliche mangiate, ma è dedicata al pentimento e alla ricerca del perdono dei peccati in un clima di umiliazione favorito dal digiuno e da altre forme di volontaria scomodità. Un fatto indubbiamente unico, che di per sé dovrebbe essere motivo di riflessione.
Un secondo aspetto che interessa soprattutto chi, come cristiano, ha ricevuto con gratitudine dal popolo ebraico gli scritti sacri dell'Antico e Nuovo Testamento, è il fatto che di questa festa si parli esplicitamente nella Bibbia, cosa che invece non si può dire delle cosiddette feste "cristiane". In realtà, di feste liturgiche "cristiane" nel Nuovo Testamento non si parla affatto. Certo, non sono vietate, ma neppure sono ordinate. E per come sono festeggiate, in molti casi sarebbe meglio che fossero evitate.
La possibilità di riferirsi a un testo biblico consente inoltre anche a chi non appartiene al popolo ebraico, e quindi non è partecipe della tradizione secolare collegata a questa festa, di fare qualche considerazione comparativa.

I passi biblici in cui si parla della festa del "decimo giorno del settimo mese" si trovano in Esodo 30:10, Levitico 16:1-34, 23:27-31, 25:9, Numeri 29:7-11. Stando ai testi, si può dire che non è un giorno di pentimento per evitare un giudizio, ma un giorno di purificazione mediante sacrifici di espiazione. L'accento non è messo sullo sforzo spirituale che il singolo israelita deve fare per ottenere il perdono di Dio, ma sulle indicazioni che Dio dà ai sacerdoti affinché tutto il popolo, nel suo insieme, riceva la purificazione che il Signore, nella sua sovrana e benefica volontà, ha fin dall'inizio deciso di dare al suo popolo. In poche parole, al centro di tutto non ci sono le opere umane, ma la grazia divina.
La riconciliazione con Dio non è raggiunta mediante atteggiamenti di personale mortificazione per tentare di rimettersi spiritualmente in riga, ma è ricevuta da Dio come partecipazione al perdono che il Signore ha deciso di concedere a tutto il popolo. Quello che Dio vuole è che il popolo dimostri la volontà di accogliere la sua grazia sottomettendosi fedelmente alle indicazioni che ha dato a Mosè.
Le indicazioni di quello che deve essere fatto riguardano soprattutto il Sommo Sacerdote, perché il problema che il singolo israelita deve affrontare non è la sua permanenza individuale nel "libro della vita" (cosa di cui non si parla in questi testi), ma la partecipazione all'opera di purificazione del popolo che Dio ha deciso di fare.
I precetti pratici rivolti a tutti gli israeliti sono soltanto tre, riassunti in quest'unico versetto:
    "Il decimo giorno di questo settimo mese avrete una santa convocazione e vi umilierete; non farete nessun lavoro" (Numeri 29:7).
Certo, la pena per chi non osservava questi ordini era severa, perché non attenersi a queste semplici prescrizioni avrebbe significato disprezzare la misericodia che Dio aveva deciso di mostrare verso il suo popolo. L'umiliazione doveva esprimere la consapevolezza della propria indegnità e la gratitudine per la partecipazione al perdono di Dio.
    "Ogni persona che non si umilierà in quel giorno, sarà sterminata di fra il suo popolo. E ogni persona che farà in quel giorno qualsivoglia lavoro, io la distruggerò di fra il suo popolo. Non farete alcun lavoro. È una legge perpetua, di generazione in generazione" (Levitico 23:29-31).
Il peccato non genera soltanto colpa, cioè non manifesta soltanto una volontà negativa che si chiama "peccato" da sostituire con una volontà positiva che si chiama "pentimento". Il peccato è atto che modifica la realtà. Il peccatore potrà anche modificare la sua volontà pentendosi, ma sarà in grado di ristabilire la realtà danneggiata dal suo peccato? Il peccato insudicia, genera impurità, e questo è un fatto particolarmente grave per un popolo a cui Dio ha detto: "Siate santi, perché io sono santo" (Levitico 11:45). Il pentimento può manifestare la nuova buona disposizione interna del peccatore, ma chi potrà togliere l'impurità generata dal suo peccato?
Proprio per questo è stato introdotto da Dio quel particolare giorno che non per nulla si chiama "giorno dell'espiazione" e non "giorno del pentimento". Il pentimento modifica la volontà, l'espiazione modifica le cose. Soltanto l'espiazione compiuta dal Sommo Sacerdote può purificare il santuario contaminato dai peccati del popolo, non la compunzione del singolo. L'espiazione è opera di Dio, non dell'uomo, Mosè lo dice chiaramente:
    "Poiché in quel giorno si farà l'espiazione per voi, affin di purificarvi; voi sarete purificati da tutti i vostri peccati, davanti all'Eterno" (Levitico 16:30).
"Voi sarete purificati", non "voi vi dovete purificare", perché l'uomo, per quanto si penta, non può purificarsi da solo.
Prima di ogni altra cosa il Sommo Sacerdote doveva fare l'espiazione per la tenda di convegno, perché i peccati del popolo rendevano impuro lo stesso santuario, con l'unica eccezione del luogo santissimo, in cui continuava ad essere presente la Shekinah. Il peccatore che entrava in contatto con la santità di Dio in modo sbagliato restava fulminato all'istante, come infatti era accaduto poco prima dell'istituzione di questa festa ai due figli di Aaronne, Nadab e Abihu. L'ordine di Dio riguardante Yom Kippur inizia con queste parole:
    "L'Eterno parlò a Mosè dopo la morte dei due figli di Aaronne, i quali morirono quando si presentarono davanti all'Eterno. L'Eterno disse a Mosè: 'Parla ad Aaronne, tuo fratello, e digli di non entrare in ogni tempo nel santuario, di là dal velo, davanti al propiziatorio che è sull'arca, onde non abbia a morire; poiché io apparirò nella nuvola sul propiziatorio. Aaronne entrerà nel santuario in questo modo..." (Levitico 16:1-3)
Attraverso una serie di sacrifici, e seguendo un rigoroso rituale, Aaronne, e in seguito il Sommo Sacerdote, doveva entrare una volta all'anno nel luogo santissimo con il sangue della vittima e compiere su ordine di Dio i diversi riti di espiazione.
    "Così farà l'espiazione per il santuario, a motivo delle impurità dei figli d'Israele, delle loro trasgressioni e di tutti i loro peccati. Lo stesso farà per la tenda di convegno che è stabilita fra loro, in mezzo alle loro impurità" (Levitico 16:16).
Nel testo biblico dunque l'accento non è messo sul soggettivo pentimento personale, ma sull'oggettiva purificazione operata da Dio mediante l'espiazione dei peccati del popolo. Non è l'uomo che purifica sé stesso con il suo pentimento, ma è Dio che purifica il popolo mediante l'espiazione. Il singolo può soltanto decidere di non accogliere la purificazione offerta esprimendo la sua ribellione a Dio con il rifiuto di umiliarsi. In tal caso resterà nella sua impurità e quindi dovrà essere eliminato dal popolo.
L'impurità nella Bibbia non è in primo luogo un fatto igienico, ma giuridico. Il frasario e i gesti simbolici possono avere forme igieniche, ma il nocciolo della questione è giuridico. Se uno ha la "fedina sporca", l'unico modo per ripulirla è l'espiazione della pena. I gesti simbolici di purificazione igienica possono esprimere l'avvenuta purificazione giuridica, ma non operarla. Dio l'aveva detto a Israele:
    "Quand'anche tu ti lavassi col nitro e usassi molto sapone, la tua iniquità lascerebbe una macchia dinanzi a me, dice il Signore, l'Eterno" (Geremia 2:22).
Nella legislazione di Dio ogni trasgressione ha come punizione la morte. Dio l'aveva detto ad Adamo quando gli aveva mostrato il frutto proibito: "Nel giorno che ne mangerai, certamente morirai" (Genesi 2:17). Non si può dire "no" al datore della vita e continuare a vivere. Dio però ha progettato un piano di salvezza per l'umanità centrato su una morte espiatoria sostitutiva. Per questo l'opera di purificazione mediante espiazione richiedeva il compimento di sacrifici cruenti, perché solo il sangue di animali uccisi esprimeva il fatto che una morte era avvenuta in conseguenza delle trasgressioni commesse, come Dio aveva detto a Mosè:
    "La vita della carne è nel sangue. Per questo vi ho ordinato di porlo sull'altare per fare l'espiazione per le vostre persone; perché il sangue è quello che fa l'espiazione, per mezzo della vita" (Levitico 18:11).
Oggi però in Israele non c'è più un Tempio in cui si possano compiere sacrifici in modo conforme alla legge di Mosè. Certo, i fedeli possono esprimere pentimento mediante forme di personale umiliazione, ma in che modo potrà avvenire la purificazione? La risposta è impegnativa. La cosa migliore sarebbe leggere la spiegazione che ha dato ad altri ebrei molti secoli fa un ebreo che era un profondo conoscitore delle cose che qui sono state dette in modo lacunoso e riassuntivo:
    "Dio, dopo aver parlato anticamente molte volte e in molte maniere ai padri per mezzo dei profeti, in questi ultimi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che egli ha costituito erede di tutte le cose, mediante il quale ha pure creato l'universo. Egli, che è splendore della sua gloria e impronta della sua essenza, e che sostiene tutte le cose con la parola della sua potenza, dopo aver fatto la purificazione dei peccati, si è seduto alla destra della Maestà nei luoghi altissimi" (Ebrei 1:1-3).

    "Perciò, egli [Gesù] doveva diventare simile ai suoi fratelli in ogni cosa, per essere un misericordioso e fedele Sommo Sacerdote nelle cose che riguardano Dio, per compiere l'espiazione dei peccati del popolo" (Ebrei 2:17).

    "Ma venuto Cristo, Sommo Sacerdote dei futuri beni, egli, attraverso il tabernacolo più grande e più perfetto, non fatto con mano, vale a dire, non di questa creazione, e non mediante il sangue di becchi e di vitelli, ma mediante il proprio sangue, è entrato una volta per sempre nel santuario, avendo acquistata una redenzione eterna. Perché, se il sangue di becchi e di tori e la cenere d'una giovenca sparsa su quelli che son contaminati santificano in modo da dar la purità della carne, quanto più il sangue di Cristo che mediante lo Spirito eterno ha offerto se stesso puro d'ogni colpa a Dio, purificherà la vostra coscienza dalle opere morte per servire all'Iddio vivente?" (Ebrei 9:11-14).
E' consolante sapere che oggi esiste uno Stato d'Israele in cui ci sono ebrei che partecipano con convinzione allo Yom Kippur in atteggiamento di sincera solidarietà con la nazione a cui appartengono, e nello stesso tempo ringraziano Dio per la purificazione ricevuta con parole come queste:
    "Avendo dunque un grande Sommo Sacerdote che è passato attraverso i cieli, Gesù, il Figlio di Dio, stiamo fermi nella fede che professiamo. Infatti non abbiamo un Sommo Sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, ma senza peccare. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed essere soccorsi al momento opportuno" (Ebrei 4:14-16).
(Notizie su Israele)

........................................................