L'esercito di Israele avverte Hamas: non metteteci alla prova
GERUSALEMME, 31 ago - Il capo di stato maggiore dell'esercito d'Israele, Benny Gantz, ha ammonito i militanti di Gaza di non ''mettere alla prova'' la forza del paese, proprio mentre le truppe e la polizia israeliane restano in stato di forte allerta per prevenire un'eventuale azione palestinese dalla zona del Sinai. Il ministero della difesa israeliano ha infatti ricevuto segnali di un possibile attacco di una cellula terroristica composta da circa 10 persone e localizzata nel Sinai.
''Hamas e altre organizzazioni terroristiche a Gaza devono sapere che sbagliano a provocarci e che ogni tentativo di danneggiare i cittadini di Israele si tradurra' in una risposta severa'', ha dichiarato Gantz.
TRANI - E all'improvviso scoppiò la «guerra della sinagoga». Infatti, in occasione della "Giornata europea della cultura ebraica", in programma domenica prossima, gli ebrei di Trani ne annunciano la chiusura, mentre l'amministrazione comunale la vorrebbe aperta a fini culturali e turistici. Da quando la Comunità ebraica è tornata a Trani, e sono passati sette anni, è la prima volta che nasce una frizione con il Comune, proprietario della sinagoga Scolanova, affidata in concessione gratuita ebrei sia per il loro culto, sia per la promozione della cultura ebraica e del monumento stesso, sino ad allora quasi sempre tenuto chiuso.
Dal 2004 è stata un'escalation di eventi importanti, il principale dei quali, due anni fa, vide Trani città italiana capofila della stessa "Giornata europea". E fu un gran successo di visitatori e consensi, con l'in - tero ebraismo italiano, rabbino capo di Roma Di Segni compreso, sceso a Trani per l'occasione. Nei mesi scorsi, però, la Comunità ebraica locale ha perso dopo lunga malattia l'ultimo ebreo tranese che ne faceva parte, Avrahm Zecchillo, e questo ha determinato un'inevitabile frenata delle attività della famiglia ebrea tranese, a sua volta sezione della comunità centrale di Napoli. È così capitato che, quest'estate, «la Comunità non ha inviato alcun progetto alla nostra attenzione - spiega l'assessore alla cultura, Andrea Lovato -, mentre ce n'è giunto uno a cura del "Presidio del libro musiche e arti", in collaborazione con "Puglia ebraica", e di quello, dunque, abbiamo tenuto conto».
Le iniziative si terranno lontano dalla sinagoga, precisamente in biblioteca comunale, dal 4 all'11 settembre. Tanto è bastato per indurre il rabbino capo di Napoli, Scialom Bahbout, a rendere nota, «con sincero rammarico, la decisione di tenere chiusa alle visite la sinagoga Scolanova domenica prossima. Per l'esattezza - precisa - la sinagoga aprirà unicamente per le preghiere quotidiane. Naturalmente, chiunque voglia visitarla sarà il benvenuto purché ne faccia richiesta agli ebrei del luogo e compatibilmente con gli orari di preghiera».
Ma come si è giunti a questa decisione? «La "Giornata europea della cultura ebraica è una nostra esclusiva prerogativa - risponde Bahbout -, ed invece vediamo che alcune associazioni hanno organizzato a Trani, in coincidenza, una "Settimana di cultura ebraica" a nostra insaputa e senza alcuna consultazione con la sezione di Trani, la comunità di Napoli e l'Unione delle comunità ebraiche italiane. Non è in discussione la libertà dell'amministrazione di Trani di promuovere progetti, né quella di chiunque di presentarli. È tuttavia principio irrinunciabile di una comunità ebraica avanzare prerogative su cultura, tradizioni e valori sociali del popolo ebraico che si ritengono acquisiti da anni nel territorio. Noi non deleghiamo nessuno che non sia ebreo a rappresentarci: collaborazione sì, ma sempre e comunque previa consultazione con noi» Il rabbino di Napoli rivendica meriti storici nel solco dei quali, adesso, altre si starebbero incanalando.
«Trani ebraica - riprende Rav Bahbout - è rinata solo grazie all'instancabile lavoro degli ebrei del territorio. Abbiamo riportato l'Ebraismo e i valori culturali e sociali a esso correlati in un territorio che di ebraico ormai conservava solo qualche lapide e sinagoghe trasformate in chiese. Oggi altre associazioni che affermano di richiamarsi all'Ebraismo si sono inserite in questa nuova realtà senza cercare il dovuto accordo con la realtà ebraica locale, che non ha alcuna intenzione di vedere trasformata la propria sinagoga in museo».
Ad ottobre, sempre secondo quanto anticipa il rabbino, «Trani ospiterà scrittori e giornalisti americani che verranno appositamente per scrivere del ritorno dell'Ebraismo in questa città». Ma domenica prossima, intanto, la sinagoga resterà chiusa. Lovato replica così: «Per il principio del buon andamento di una pubblica amministrazione, una giunta non può scegliersi interlocutori privilegiati, ma deve essere laicamente aperta a tutte le istanze. Prendiamo atto del fatto che domenica la sinagoga resterà chiusa, ma giova ricordare che l'impegno a tenerla aperta è disciplinato da un contratto. Più volte abbiamo soprasseduto, ma alla lunga questo problema potrebbe mettere in discussione la concessione stessa del sito in favore della Comunità ebraica».
Israeliani e palestinesi stanno osservando una tregua dopo cinque giorni di combattimenti nel sud del Sinai, ma gli scontri dimostrano tutta la precarietà della sicurezza lungo il confine israelo-egiziano. Da quando il presidente Hosni Mubarak è stato rovesciato l'ombra del conflitto torna ad aleggiare sulla regione.
All'indomani della cacciata di Mubarak, l'11 febbraio scorso, non poche voci hanno sollevato timori riguardo al mantenimento dell'accordo di pace tra Egitto e Israele, siglato nel 1979 e che da allora ha garantito la stabilità tra i due Paesi. Gli stessi israeliani hanno guardato con allarme la possibile ascesa della Fratellanza musulmana nonché degli altri movimenti islamisti nel panorama politico del Cairo.
Oggi tali preoccupazioni sembrano materializzarsi. La penisola egiziana del Sinai, storicamente zona cuscinetto tra Israele e il cuore del gigante egiziano, sta sempre più trasformandosi in un focolaio di radicalismo islamista. Gli israeliani sostengono apertamente che le ami con cui Hamas ha ripreso le ostilità nella Striscia di Gaza sono transitate attraverso i corridoi della penisola.
Peraltro, gli egiziani sembrano aver perso il controllo della regione, culla di una costellazione di tribù beduine sempre più irrequiete e che contano circa 200.000 persone. Il sospetto è che tali fazioni si stiano unendo ai jihadisti, offrendo loro riparo e supporto logistico, con gravi ripercussioni in merito alla stabilità della regione.
Il trattato del 1979 prevede la smilitarizzazione del Sinai da parte dell'Egitto. La presenza di truppe del Cairo della regione deve perciò essere necessariamente concordata con Israele. Il ritorno di soldati egiziani nella penisola rappresenta dunque una chiara presa di posizione contro il trattato stesso. La giunta militare che da febbraio forma il regime provvisorio del Cairo è contraria all'accordo, come lo è la maggior parte egiziani. Inutile aggiungere che il dislocamento di truppe lungo il Sinai senza l'approvazione di Israele potrebbe provocare nuove tensioni diplomatiche tra i due vicini.
Concerti, mostre e spettacoli per la Giornata Europea della Cultura Ebraica
Domenica 4 settembre 2011, prima domenica del mese, è la Giornata Europea della Cultura Ebraica , promossa e coordinata dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
Giunta alla sua dodicesima edizione, come ogni anno, la manifestazione apre le porte di sinagoghe, musei e quartieri ebraici, presentando concerti, mostre e spettacoli teatrali, proponendo percorsi enogastronomici, visite guidate e appuntamenti culturali, allo scopo di fare conoscere da vicino gli ebrei e l' ebraismo, per accogliere tutti coloro che vogliono saperne di più di un popolo e di una cultura parte integrante della storia d'Italia da oltre duemila anni.
Il tema di quest'anno è «Ebraismo 2.0: dal Talmud a Internet», scelto come spunto per parlare di ebraismo nell'epoca di internet e dei nuovi media, e delle sfide complesse e affascinanti del mondo contemporaneo e del futuro.
Alla Giornata partecipano quest'anno ventisette Paesi europei, in Italia ben sessantadue località. La città toscana di Siena, è stata scelta come capofila, dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, per dare inizio, a partire dalle ore 10, alla lunga serie di eventi che il 4 settembre avranno luogo in tutta la penisola.
Per maggiori informazioni sulla manifestazioni, e sul programma delle città italiane che partecipano all'evento, si può visitare il sito : http://www.ucei.it/
Il primo ministro Benjamin Netanyahu non si recherà alle Nazioni Unite il 23 settembre per non dare credito, laddove ce ne fosse stato il caso, ad un eventuale riconoscimento storico dello Stato palestinese. Netanyahu ha suggerito al presidente Shimon Peres di non partecipare neanche lui alla seduta.
Peres non ha ancora deciso. Il discorso del presidente dell'Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas avrà luogo il 23 settembre e ad ascoltarlo per conto di Israele ci sarà l'ambasciatore alle Nazioni Unite, Ron Prosor a cui sarà anche affidato un intervento. Il Ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman, il 21 settembre parteciperà all'Assemblea generale delle Nazioni Unite durante la riunione dei Ministri degli Esteri. Intanto continua l'azione diplomatica israeliana. Il Ministero degli Esteri israeliano ha inviato un telegramma a tutti gli Ambasciatori del mondo di stanza in Israele invitandoli a convincere i governi, che rappresentano, a non sostenere la proclamazione dello Stato palestinese.
Le regine della tv americana sbarcheranno in Israele?
Questo è quanto si mormora: Martha Stewart e Oprah Winfrey sarebbero il grande asso nella manica del Ministero del Turismo israeliano che, per dare un tocco glamour al paese, vorrebbe assoldarle come attrazione per i nuovi visitatori.
Sempre più spesso infatti è stato evidenziato il potere persuasivo che le due donne hanno sui milioni di spettatori che non perdono una puntata delle loro trasmissioni.
Ma chi sono Oprah e Martha? Se in America infatti raramente si trova qualcuno che non le abbia mai sentite nominare, nel nostro paese sono una faccia affabile o poco più.
Martha Stewart è il prototipo della casalinga perfetta: impeccabile nelle sue mise che variano dal jeans casual al tailleur color pastello, sforna soffici consigli per chiunque voglia diventare una perfetta padrona di casa. L'immaginario comune della moglie che con il sorriso riesce a preparare succulenti manicaretti, lucidare l'argenteria, curare le rose del grande giardino della sua casa coloniale ed evitare che i suoi piccoli marmocchi sporchino di fango il divano bianco.
Avete voglia di fare dei segnaposto decorati? Volete stupire vostra suocera (sicuramente una cuoca divina) con una cenetta con i fiocchi? Dovete ridipingere lo studio? Martha Stewart ed il suo show sono tutto questo e molto di più!
Passiamo quindi ad Oprah Winfrey, una delle donne più influenti del mondo. Il suo programma ha incollato per anni gli spettatori di fronte al televisore ed a settembre chiuderà defintivamente i battenti, lo ha dichiarato la stessa donna di ferro senza riuscire a trattenere un mare di lacrime. Ma la disperazione non è destinata a durare, Oprah infatti approderà su un canale tutto suo e i fan già si accapigliano per abbonarsi. Negli anni il suo talk show ha sbaragliato qualsiasi concorrente, annoverando un numero spropositato di interviste esclusive: Barack Obama che mostra il suo certificato di nascita, Tom Cruise che salta su divano dichiarando amore eterno per Katie Holmes e perdendo quindi la dignità da Top gun e Michael Jackson che parla della sua malattia alla pelle.
Ma avere lo scoop non basta, Oprah infatti è diventata una icona, ha preso a cuore molte battaglie che, grazie al suo carisma, hanno coinvolto milioni di persone nel mondo: dall'uragano Katrina all'elezione di Obama. Una influenza, la sua, che spaventa i detrattori e ipnotizza gli estimatori e che pare inarrestabile.
Due donne potenti, consapevoli del grande impatto mediatico e sopratutto due specialiste dell'accoglienza ed è proprio questo che preme ad Israele: imparare la raffinata e complessa arte dell'accoglienza. Ricevere, un'azione che coinvolge da sempre la Terra stillante latte e miele e che in qualche modo la incorona e la crocifigge.
Un paese che ti accoglie con un bentornato a casa e che offre benefici inimmaginabili per chi si trasferisce ma che delle volte ha qualche deficit a livello di calore umano. Sarebbe superficiale generalizzare, ma quante volte ci siamo stupiti di una risposta secca di un passante o la frettolosità di una commessa (proprio per questo oggetto di satira in un programma israeliano comparabile al nostro Zelig)?
Siano quindi benvenuti i soffici capelli biondi di Martha e l'acume di Oprah, anche se la scelta dell'ultima desta qualche malumore data la simpatia che suscita nel mondo arabo.
La curiosità è alle stelle, i blog sono alla disperata ricerca di qualche notizia in più, c'è chi dice che Martha cucinerà a Masada un menù speciale e chi che la visita di Oprah avverrà in inverno. Una iniziativa che segna la volontà sempre più forte di mostrare al mondo una faccia di Israele sconosciuta ai più e una leggerezza tutta da assaporare.
Epidemie: applicazione su Facebook per capire come si diffondono
TEL AVIV, 30 ago. - Le epidemie virali, dalla Sars all'influenza suina, sono spesso imprevedibili oltre che qualche volta devastanti. Per studiare meglio come si diffondono i virus ad alcuni ricercatori dell'Universita' di Tel Aviv e' venuto in mente di sfruttare uno dei social network, non a caso, piu' virali del web: Facebook. Gli scienziati del Dipartimento di Biochimica e Biologia molecolare hanno infatti sviluppato una applicazione per Facebook da scaricare che serve proprio a comprendere meglio come un'infezione si propaga in una popolazione. PiggyDemic, questo il nome del programma, permette ai vari utenti di infettare i propri amici o di divenire infetti a propria volta, simulando il modo in cui un virus agisce in una comunita'. Gli studiosi ritengono che questo esperimento possa fornire loro informazioni anche sul modo in cui un virus muta e si sviluppa attraverso le interazioni umane e il numero di persone che colpisce. La ricerca e' stata presentata di recente durante l'annuale Safra Bioinformatics Program. Quando si studia il modo in cui i virus infettivi si diffondono, uno dei maggiori ostacoli incontrati dagli algoritmi matematici che vengono solitamente impiegati e' il fatto che questi microrganismi non abbiano sempre una equa distribuzione nella popolazione e che non si riesce a tener conto in modo sufficientemente corretto delle interazioni sociali
(AGI, 30 agosto 2011)
Adesso si comincerà a dire che gli ebrei diffondono bacilli come al tempo della peste nera.
Svastiche al cimitero ebraico: due ragazzini gli autori
Uno dei due ha confessato in lacrime, i genitori chiedono scusa alla città e alla comunità ebraica. I giovani saranno puniti e obbligati a studiare l'olocausto. Le scritte subito cancellate dal Comune.
di Simone Bianchi
Cimitero ebraico al Lido
LIDO. Sono due ragazzini minorenni i responsabili delle svastiche naziste comparse l'altro ieri di fronte al cimitero ebraico di via Cipro e davanti l'abitazione di una signora ebrea del Lido. Dopo la denuncia fatta ieri dalla «Nuova», è stato lo stesso padre di uno dei due ragazzi a contattare il giornale per spiegare l'accaduto e i provvedimenti che verranno presi per punire i colpevoli dell'assurdo episodio. E' successo che uno dei due giovanissimi, alunni delle scuole medie, ha confessato in lacrime ai genitori. Una bravata, di quelle oltretutto odiose, andando a rivangare elementi di un nazifascismo che purtroppo, in una città come Venezia, saltuariamente ritornano a galla. «Sono disperato - ha raccontato al telefono il padre di uno dei due responsabili - Mi spiace per quanto è accaduto e chiediamo scusa alla città e alla comunità ebraica veneziana. I bambini saranno severamente puniti, abbiamo già deciso come». In primo luogo i due si vedranno sospeso qualsiasi «benefit» estivo, se così lo vogliamo chiamare. Verranno impegnati in lavori casalinghi e dovranno leggere una dozzina di libri che raccontano l'olocausto, le sofferenze subìte dalla popolazione ebraica durante il secondo conflitto mondiale e quanto è stato fatto da nazisti e fascisti: tra questi «Il diario di Anna Frank», «Se questo è un uomo» e «L'amico ritrovato». Quindi i due ragazzini dovranno fare una relazione di quanto letto e capito. Dopodiché saranno messi a disposizione del Comune qualora ci sia la possibilità di fare lavori socialmente utili.
Intanto, ieri mattina le scritte e le svastiche sono state cancellate. In parte dagli stessi ragazzini, in parte da qualcuno che, utilizzando della cementite, ha voluto eliminare quegli sfregi neri dai muri, in modo che rimangano solo sulla coscienza degli artefici e non negli occhi dei passanti. «Chi fa cose del genere non capisce la gravità di quei gesti» commenta il presidente della Municipalità, Giorgio Vianello. L'assessore e sociologo Gianfranco Bettin osserva: «La reazione delle famiglie è stata esemplare, e vale la pena sottolinearlo. Coerente nella punizione, che è quel che possono fare dei genitori guardando a un aspetto sanzionatorio educativo e riabilitativo. Ma ancor di più, va esaltata la scelta formativa, nel mettere di fronte i ragazzi alla letteratura che testimonia la tragedia perpetrata dal nazifascismo». E ancora: «Da queste cose si vede la qualità di una famiglia a volte, purtroppo, lo stesso scavalcata da percorsi differenti che la aggirano. E' importante che ci sia una rete educativa di cui i genitori sono il cardine. Questo episodio non doveva capitare. I lavori socialmente utili? Se ne può parlare in futuro, ma ritengo che un passo importante potrebbe essere il far collaborare i due ragazzi all'organizzazione della prossima Giornata della Memoria».
Il Comune inizialmente era anche pronto a costituirsi parte civile in un eventuale procedimento. Bettin ne avrebbe parlato in giunta, «ma i colpevoli sono minorenni, e credo che la punizione prevista della famiglia possa essere per loro già un segnale forte». Prima delle parole disperate del papà di uno dei responsabili, eranno giunte dichiarazioni di sdegno da parte di Pietro De Leo, Responsabile dell'Associazione Gioventù e Libertà secondo cui e di Beppe Caccia.
Ministro di Israele: cellula di dieci terroristi pronta a colpirci dal Sinai
Una cellula di oltre 10 terroristi si troverebbe nel Sinai, da dove pianificherebbe un grande attentato contro Israele. L'allarme arriva da Matan Vilnai, ministro israeliano per la Difesa del fronte interno. "La Jihad Islamica prova da lungo tempo a organizzare l'attentato dal Sinai e la festivita' di Eid al-Fitr (la festa islamica di fine Ramadan, che comincia oggi, ndr) e' considerata un buon momento per l'attacco", ha detto il ministro durante una visita a Sderot.
"L'apparato di difesa ha prove concrete di intelligence sui piani di una cellula terroristica del Sinai, che consta di oltre dieici persone", ha aggiunto Vilnai, spiegando che forze di difesa (Idf) e servizi segreti lavorano in stretta cooperazione contro la cellula e che c'e' anche un coordinamento con le autorita' egiziane. L'Idf e' in stato di massima allerta da questa mattina dopo che si e' diffuso l'allarme su un possibile attentato come quello che dieci giorni fa ha ucciso 14 persone a Eilat.
Fonti militari israeliane di alto livello denunciano un aumento del traffico di armi dalla Libia del dopo-Gheddafi verso la Striscia di Gaza, l'enclave palestinese controllata dagli islamico-radicali di Hamas. Secondo le fonti, l'avanzata dei rivoltosi in Libia sembra avere aperto nuovi spazi per tale traffico di armi, anche se non sembra che Hamas abbia rafforzato sensibilmente i propri arsenali. L'allarme non riguarda tuttavia agenti chimici.
Si rafforza il legame di Israele con il Sud Sudan nonostante il parere negativo di Hamas
"Il Sud Sudan continua le sue relazioni diplomatiche con Israele, nonostante le notevoli pressioni dei palestinesei di tagliare ogni rapporto con lo Stato Israeliano. Lo ribadisce il presidente del Sud Sudan, Salva Kiir "Ben presto si costituirà a Gerusalemme l'Ambasciata del Sud Sudane e ed effettuerò il prima possibile una visita nel paese israeliano - ha continuato il presidente africano.
"Israele è come un fratello maggiore in Sud Sudan",ha dichiarato il Vice Presidente del Parlamento Daniel Akot il quale ha raccontato che c'era anche la bandiera israeliana alla dichiarazione dello statop di indipendenza del apese avvenuto 59 giorni fa. Inoltre oggi, Danon incontrerà gli ex rifugiati che sono tornati nel Sud Sudan, dopo aver lavorato in Israele. Danon intende discutere con loro di come poter snellire il processo di invio dei rifugiati provenienti da Israele a seguito della formazione professionale. "Patrimonio tecnologico di Israele e la ricchezza del Sud Sudan di risorse naturali sono una ricetta sicura per la prosperità in entrambi gli Stati", ha aggiunto il vice presidente.
A Dubai, dove allena l'Al-Wasl, Diego Armando Maradona è già un mito. L'ex capitano di Napoli e nazionale Argentina, selezione che ha guidato dalla panchina ai mondiali sudafricani, è stato protagonista nei giorni scorsi di un simpatico, per certi versi storico, siparietto con un tifoso. Lui gli regala una kefiah, Dieguito risponde scandendo: 'Viva la Palestina'.
(excite.it, 30 agosto 2011)
Che un simile personaggio faccia il tifo per la Palestina è un fatto confortante. Sarebbe stato preoccupante il contrario.
Timore di Israele che anti-carro iraniani possono cadere nelle mani di Hezbollah
Israele teme che un nuovo missile anti-carro di produzione iraniana possa cadere nelle mani terroristiche di Hezbollah in Libano ed a Hamas nella Striscia di Gaza. Il Ministro della Difesa iraniano, Ahmad Vahidi ha inaugurato una nuova linea di produzione di 73-millimetri missile, con una gamma di oltre 1.000 metri in grado di penetrare 300 mm. di acciaio rinforzato.
La minaccia che potrebbe prevenire da questa nuova produzione iraniana di anti-carro non è nuova per l'IDF, che ha sofferto pesanti perdite ai suoi carri armati durante la seconda guerra del Libano nel 2006. Dopo la guerra, l'esercito israeliano ha accelerato lo sviluppo del sistema di protezione denominato "Trofeo", che è già stato installato su un battaglione di carri armati Merkava Mc 4, e che con successo ha intercettato una granata con propulsione a razzo lungo il confine della Striscia di Gaza all'inizio di quest'anno. Hamas e Hezbollah ritiengono di avere già un notevole arsenale di missili anti-carro, forniti dalla Siria. Uno dei missili è di fabbricazione russa. il Kornet, che penetrò un carro armato israeliano lungo il confine con Gaza, alla fine del 2010. Il Trofeo offre 360 gradi di protezione contro i missili anticarro. Il suo radar, realizzato dalla controllata Israel Aerospace Industries Elta, rileva le minacce, sparando una nuvola di contromisure in modo da poter intercettare il missile in arrivo. L'altro sistema sviluppato da IMI, si chiama Iron Fist, e in aggiunta alle capacità del Trofeo, è in grado di intercettare un round di serbatoio standard.
Mar Morto che passione! Votate per farlo diventare la nuova meraviglia del mondo
MILANO - Votate per il Mar Morto, candidato a divenire una delle nuove 7 meraviglie del mondo della natura! Mar Morto che passione!! Alla fine dello scorso mese di giugno, hanno votato tutti... Il Primo Ministro Benjamin Netanyahu, il Ministro del Turismo Stas Misezhnikov, il Ministro per la Protezione Ambientale Gilad Erdan, il Ministro delle finanze Yuval Steinitz, il ministro dell'Interno Eli Yishai , il Ministro della giustizia Yaakov Neeman: tutti hanno votato lo scorso 27 giugno durante un tour della zona del Mar Morto per la fase finale del concorso "Nuove 7 Meraviglie del mondo della Natura".
Il Primo Ministro ha elogiato il Mar Morto dicendo che: "Chi è stato ne comprende l'unicità ed il nostro messaggio è davvero uno solo: Votate per il Mar Morto! Un luogo realmente vivo! " ...
E' caduto in un campo israeliano senza fare vittime o danni
TEL AVIV, 29 ago - Un razzo Kassam sparato da miliziani palestinesi dislocati nella Striscia di Gaza e' esploso stasera presso un insediamento agricolo israeliano del Neghev, senza provocare vittime ne' danni.
Nei giorni scorsi tutti i principali gruppi armati palestinesi di Gaza hanno aderito ad un cessate il fuoco con Israele propiziato da una mediazione egiziana. Ma in seguito si sono egualmente avuti lanci sporadici di razzi verso in Neghev ai quali le forze armate israeliane non hanno reagito.
Il rabbino: «Organizzate iniziative a nostra insaputa»
Con sincero rammarico abbiamo preso la decisione di tener chiusa alle visite la Sinagoga Scolanova di Trani domenica 4 settembre, Giornata Europea della Cultura Ebraica (per l'esattezza, la Sinagoga aprirà unicamente per le preghiere quotidiane).
Naturalmente, chiunque voglia visitare la Sinagoga Scolanova sarà il benvenuto purchè ne faccia richiesta agli ebrei del luogo e compatibilmente con gli orari di preghiera.
Siamo giunti a tale sofferta decisione a significare il nostro sconcerto e la nostra presa di distanza da iniziative come quella di alcune associazioni che hanno organizzato a Trani (in coincidenza con la Giornata Europea della Cultura Ebraica, nostra esclusiva prerogativa) una "Settimana della cultura ebraica" a nostra insaputa e senza alcuna consultazione con la Sezione di Trani, la Comunità di Napoli e l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
Non è in discussione la libertà dell'Amministrazione di Trani di promuovere progetti né quella di chiunque di presentarli; è tuttavia principio irrinunciabile di una comunità ebraica avanzare prerogative su cultura, tradizioni e valori sociali del popolo ebraico che si ritengono acquisiti da anni nel territorio.
La Giornata Europea è la Giornata in cui gli ebrei aprono le proprie porte ai cittadini del territorio: nessuno può sostituire questa realtà che è tale da quando è stata istituita la Giornata (12 anni fa).
Piazzare una "settimana di cultura ebraica" in coincidenza con essa - e senza neanche informare la comunità del posto - è qualcosa di ingiustificabile da ogni punto di vista, ebraico e non.
Noi non deleghiamo nessuno che non sia ebreo a rappresentarci; collaborazione sì, ma sempre e comunque previa consultazione con noi.
Dato che la memoria è talvolta corta, è opportuno ricordare che Trani ebraica è rinata solo grazie all'instancabile lavoro degli ebrei del territorio: abbiamo riportato l'Ebraismo e i valori culturali e sociali a esso correlati in un territorio che di ebraico ormai conservava solo qualche lapide e sinagoghe trasformate in chiese.
Vale la pena ricordare, inoltre, che 2 anni fa gli ebrei di Trani riuscirono a rendere la città capofila della Giornata Europea della Cultura Ebraica, proiettando Trani in un contesto culturale di portata internazionale.
Tuttavia altre associazioni che affermano di richiamarsi all'Ebraismo si sono inserite in questa nuova realtà senza cercare il dovuto accordo con la realtà ebraica locale che non ha alcuna intenzione di vedere trasformata la propria Sinagoga in museo.
Ribadiamo la nostra più sincera gratitudine al sindaco di Trani che dopo 500 anni ha restituito la sinagoga Scolanova agli ebrei pugliesi e all'Assessorato alla Cultura, confidando nella loro comprensione del nostro gesto e auspicando un incontro chiarificatore (peraltro, già richiesto).
In un contesto internazionale nel quale accade sovente che comunità ebraiche siano costrette a chiudere, Trani è stata in controtendenza: in ottobre Trani ospiterà scrittori e giornalisti americani che verranno appositamente per scrivere del ritorno dell'Ebraismo in questa città.
Anche grazie al ritorno degli Ebrei a Trani, oggi stanno rinascendo comunità ebraiche a Siracusa e in Calabria.
Fiduciosi in tempi migliori e con l'augurio che l'imminente anno ebraico 5772 porti serenità e spirito di collaborazione a tutti, ebrei e non, porgiamo ai cittadini di Trani e della regione il più sincero shalom.
Rav Scialom Bahbout
Rabbino capo di Napoli e del Meridione
Dr. Dov Holzer
Delegato di Sezione
Attacco in discoteca a Tel Aviv, palestinese aggredisce guardie
A bordo di un taxi rubato ha investito un gruppo di persone e poi si è scagliato contro di loro con un coltello: 7 feriti
GERUSALEMME, 29 ago. - Sette persone sono rimaste ferite a Tel-Aviv nella notte quando un palestinese si è scagliato a bordo di un taxi rubato contro un gruppo di guardie per poi aggredirle, assieme ad altri passanti, con un coltello.
"Alle 1:40 del mattino, l'aggressore, un giovane uomo sulla ventina originario di Naplusa, Cisgiordania - ha raccontato un portavoce della polizia - ha rubato un taxi a Tel Aviv ferendo in modo leggero l'autista a una mano prima di prendere il suo posto alla guida". Ha utilizzato il mezzo per lanciarsi contro il gruppo di guardie in servizio davanti al Club 17, uno dei locali più frequentati dai giovani di Tel Aviv, ferendone due, secondo il portavoce.
L'uomo è poi uscito dall'auto e ha attaccato i passanti e le guardie con un coltello, ferendo altre quattro persone, tra cui due guardie, al grido di "Allah Akbar" (Dio è grande), mentre all'interno del Club 17 ballavano un migliaio di persone. Il palestinese è stato poi arrestato e trasportato in ospedale a causa di ferite leggere. Dovrà essere interrogato dallo Shin Beth, il servizio di sicurezza israeliano .
Israele: un nuovo accordo il per sistema sanitario
Il Governo israeliano ha firmato un accordo con la Israele Medical Association. Si tratta di un accordo rivoluzionario per il sistema sanitario in Israele, saranno assunti 1.000 medici e verranno aggiunti 1.000 posti letto tra i vari ospedali israeliani dopo quasi un decennio.
Ci saranno anche aumenti di stipendio in media del 49%, borse di studio per i medici che vorrano trasferirsi negli ospedali periferici, meno spostamenti, meno ore per ogni turno. "Questo accordo - ha annunciato il primo Ministro Benjamin Netanyahu - è un ulteriore passo verso una serie di misure socio-economiche che questo governo ha adottato in diversi settori al fine di migliorare la società israeliana e ridurne i divari. Prima di tutto, nell'istruzione superiore, il Governo ha adottato una riforma importante, che offre agli studenti gli strumenti necessari a sviluppare pienamente le capacità intellettuali necessarie in un Paese moderno. Le azioni di Governo sono poi concentrate sul potenziamento delle infrastrutture di trasporto, la cura dentistica gratuita che stiamo dando ai bambini israeliani, l'abbassamento dei costi di telefonia cellulare, e la progettazione e edificazione di 45.000 nuovi alloggi. Ma abbiamo ancora altre sfide. Una di queste riguarda i problemi complessi di sicurezza che derivano dai cambiamenti che stanno avvenendo nel Medio Oriente, oltre a monitorare la grande crisi dei mercati internazionali"
Al Tempio di Gerusalemme è stata ritrovata una spada romana col suo fodero. Nuove teorie sulla distruzione del Secondo Tempio.
La spada romana ritrovata
Una spada appartenuta a un soldato romano, col suo fodero, e l'incisione di una menorah su un manufatto di pietra: questi gli ultimi reperti del Tempio di Gerusalemme che sono stati trovati durante i lavori che la Israel Antiquities Authority sta compiendo nel canale di drenaggio risalente a duemila anni fa, tra la città di David e il parco archeologico di Gerusalemme. Il canale, informa un servizio del sito internet Istaele.net, venne usato dagli abitanti Gerusalemme come nascondiglio e rifugio dai romani durante la distruzione del Secondo Tempio (I sec d.C.).
Nel corso dei lavori che la Israel Antiquities Authority sta effettuando nell'antico canale di drenaggio di Gerusalemme, che inizia alla vasca di Siloam e corre dalla città di David al parco archeologico vicino al Muro Occidentale, sono stati recentemente trovati notevoli reperti che gettano nuova luce sulla storia della distruzione del Secondo Tempio. Gli scavi vengono condotti per la Israel Antiquities Authority in collaborazione con la Nature and Parks Authority e sono finanziati dalla City of David Foundation.
Recentemente è stata rinvenuta una spada di ferro vecchia di duemila anni, ancora nel suo fodero di pelle. Sono state trovate anche parti della cintola che reggeva la spada. Secondo i direttori degli scavi Eli Shukron, della Israel Antiquities Authority, e Ronny Reich, dell'Università di Haifa, "sembra che la spada appartenesse a un fante della guarnigione romana di stanza in terra d'Israele allo scoppio della Grande Rivolta contro i romani nel 66 d.C. È sorprendente il buono stato di conservazione della spada: non solo la sua lunghezza (circa 60 cm), ma anche la conservazione del fodero in pelle (un materiale che generalmente si disintegra rapidamente) e di parte della sua decorazione".
Giornata Europea della Cultura Ebraica, iniziative in Calabria
A Reggio Calabria, presso la Biblioteca De Nava (Via D. Tripepi, 9), dalle 10 ''domenica in biblioteca'' con letture dedicate alla letteratura ebraica contemporanea, di autori israeliani e americani. Alle ore 10 e alle 15, intrattenimento con musica yiddish, alle 12 assaggio di dolci ebraici. A seguire, lettura dell'anastatica del Pentateuco del 1475, stampato a Reggio Calabria.
A Cittanova, sabato 3 settembre presso il ristorante ''Il Pozzo'' (piazza Goffredo Parise), e' prevista la possibilita' di partecipare a una cena kasher (ovvero a base di alimenti permessi dalle regole alimentari ebraiche). A seguire, concerto di musiche ebraiche di un ensemble composto da viola, violino e flauto traverso. Domenica 4 settembre, dalle 9 alle 18, presso il ''Giardino dei Giusti'' (Villa Comunale): presentazione e spiegazione della cucina kasher, con degustazione di dolci ebraici.
La Giornata Europea della Cultura Ebraica, che gode dell'Alto Patronato del Presidente della Repubblica ed e' patrocinata dal Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, dal Ministero dell'Istruzione, dell'Universita' e della Ricerca e dal Ministro per le Politiche Europee, vede crescere di anno in anno i consensi del pubblico: lo scorso anno, solo in Italia, oltre cinquantamila persone hanno preso parte agli eventi. Quest'anno capofila delle localita' italiane e' Siena, che ospita un'antica e importante comunita' ebraica, i cui luoghi sono immersi nello splendore del capoluogo toscano.
Giornata della Cultura - "Una sala vuota per dire no"
di Michele Steindler
L'invito alla Giornata della Cultura Ebraica a Moni Ovadia, sembra aver trovato finalmente la giusta motivazione: il personaggio è famoso, fa audience perché allora non invitare anche qualche negazionista della Shoah, o magari un esponente di Hamas; oppure mandiamo come moderatrice qualche bella ragazza in abiti succinti con rissa finale ...
Alcuni anni fa quando in Germania venivano proposti spettacoli antisemiti , la comunità comprò tutti i biglietti, per far trovare una sala desolatamente vuota; sarei felice di comprare il mio biglietto per lo spettacolo di Moni Ovadia.
Venezia - Svastiche sul muro del cimitero ebraico del Lido
L'atto vandalico nella notte. Accanto al simbolo era stata abbozzata anche una frase delirante. Una svastica è stata disegnata anche sul marciapiede di fronte all'ingresso dell'abitazione di una signora ebrea. Amos Luzzatto: "disprezzo per questi episodi"
La notte scorsa, in via Cipro, proprio di fronte al muro maggiore del cimitero "nuovo" che ospita i resti dei veneziani di religione ebraica, qualcuno ha dipinto una svastica nera, in un luogo di passaggio obbligato per quanti vanno a visitare i loro cari in un cimitero che accoglie i resti anche di molti internati nei luoghi di sterminio nazifascisti.
Accanto alla svastica c'è l'inizio di una frase incompiuta, segno che qualcosa ha disturbato i vandali. Un'altra svastica è stata disegnata sul marciapiede di fronte all'ingresso della casa di una signora di religione ebraica.
Ferma la reazione del presidente della comunità ebraica, Amos Luzzatto: «Si ripetono, in forma che speriamo sia eccezionale, episodi che mi riportano al 1960 quando in città comparve un'epidemia di imbrattamenti con svastiche e frasi contro gli ebrei. Siamo convinti che la civile città di Venezia guarderà a questi episodi con il disprezzo che essi meritano».
Non chiedeteci riconoscimento Israele stato ebraico
GERUSALEMME, 27 ago - ''L'incapacita' della comunita' internazionale di porre fine alle politiche espansioniste e razziste di Israele'' non lascia ai palestinesi altra via se non quella di rivolgersi il prossimo settembre all'Onu per chiedere la piena ammissione di uno Stato di Palestina a questo foro. Lo ha detto oggi a Ramallah il presidente palestinese Abu Mazen (Mahmud Abbas). Abu Mazen si e' poi rivolto al Quartetto (Usa, Ue, Russia e Onu) affermando ''non ordinateci di riconoscere uno stato ebraico.
Reggio Emilia: Giornata Europea della Cultura Ebraica
La Sinagoga di Reggio Emilia
Si svolgerà domenica 4 settembre, in 62 località italiane e 27 Paesi europei, la 'Giornata Europea della Cultura Ebraica', giunta alla dodicesima edizione con un crescente successo di pubblico, testimoniato dagli oltre 50mila visitatori registrati lo scorso anno in Italia.
L'evento è coordinato e promosso dall'Unione delle Comunità ebraiche Italiane con l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica ed è patrocinato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, del Ministero dell'Istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministro per le Politiche europee.
La manifestazione si confermerà un'occasione di scambio interculturale. Parola chiave è infatti "porte aperte" a tutti coloro che vogliono saperne di più sull'ebraismo, una cultura dalla storia plurimillenaria ma tuttavia ancora ben viva nella modernità.
Il tema di quest'anno, "Ebr@ismo 2.0: dal Talmud a Internet", propone infatti i social network e lo spazio virtuale come luogo nuovo per conoscere e diffondere online la storia delle comunità ebraiche, che sono parte della storia d'Italia, nella convinzione che questa antica tradizione possa dare alla società, oggi come ieri, un importante contributo spirituale in termini di valori e contenuti. Un aspetto inedito, cui si affiancano come ogni anno numerosi appuntamenti: mostre, concerti, spettacoli teatrali e la possibilità di visitare sinagoghe, ex ghetti e giudecche per scoprire luoghi e "toccare con mano" oggetti della tradizione ebraica.
Anche a Reggio Emilia sarà una giornata importante per riscoprire le vicende storiche e i luoghi - le strade del ghetto, la sinagoga e il cimitero ebraico - della presenza della comunità ebraica nella nostra città, i cui primi insediamenti sparsi risalgono al '400.
Nel 1413 infatti il Comune, sotto la signoria estense, invitò una piccola comunità ebraica a trasferirsi in città allo scopo di "tenere banco" e porre rimedio alle "mordaci usure" praticate dai cristiani, formando a poco a poco la 'Nazione Ebraica', nome che comprendeva le due università israelitiche di Modena e di Reggio e una serie di insediamenti, sparsi per i centri minori della zona.
Risale al 1669 la costituzione del ghetto ad opera di Laura Martinozzi, vedova del duca Alfonso d'Este; gli ebrei si dovettero trasferire lungo tre strade perpendicolari e una parallela alla via Emilia, le attuali via dell'Aquila, il cui nome deriva dall'aquila estense allora posta sul portone a ricordo della costituzione del ghetto, via Monzermone e via Caggiati.
A Reggio Emilia, la giornata del 4 settembre proporrà uno sguardo rivolto alla storia ma soprattutto al futuro, vero tema al centro del programma delle iniziative previste in città dal titolo "L'ebraismo guarda al futuro: il futuro visto dalla comunità ebraica di Modena e Reggio Emilia e di Varsavia", a cura della Comunità ebraica di Modena e Reggio Emilia, in collaborazione con Comune di Reggio Emilia e Fondazione Manodori.
Il programma comprende numerosi appuntamenti, che si svolgeranno principalmente presso la Sinagoga di via dell'Aquila 3.
Gli appuntamenti si apriranno alle ore 9.30 con le visite guidate per le strade del ghetto a cura di Alessandra Fontanesi di Istoreco. Alle ore 10.30 sarà invece inaugurata la mostra "Varsavia ebraica: esperimenti per il futuro", alla presenza del Dott. Joel Bemporad, Rav Beniamino Goldstein e della curatrice della mostra, Laura Mincer.
La mattinata si concluderà con una conferenza, alle ore 11, a cura del Rabbino Capo Beniamino Goldstein e di Laura Mincer dal titolo "L'ebraismo guarda al futuro: il futuro visto dalla comunità ebraica di Modena e Reggio Emilia e di Varsavia", mentre in contemporanea, nel cortile della Sinagoga, sarà allestita una libreria specializzata.
Le iniziative riprenderanno nel pomeriggio. Alle ore 16, degustazione di dolci tipici della tradizione ebraica cui seguirà, alle 17, la conferenza "Il Teatro polacco" di Olek Mincer.
Completeranno il programma le visite guidate alla Sinagoga alle ore 16.30, 17.30 e 18.30, mentre alle 17.30, nel Cimitero ebraico di via della Canalina, è prevista una visita guidata a cura di Antonio Zambonelli di Istoreco.
Ulteriori informazioni sono disponibili sui siti: www.jewishritage.org - www.ucei.it/giornatadellacultura
La Giornata della cultura ebraica, Moni Ovadia e il tutto esaurito
di Ugo Volli
Moni Ovadia
Ho letto con meraviglia mista a delusione l'annuncio della presenza di Moni Ovadia alla manifestazione capofila della Giornata della cultura ebraica di quest'anno, giustificato anche su Pagine ebraiche nella forma inconsueta di una risposta dell'organizzatore David Parenzo alla lettera di protesta di un lettore. Parenzo auspica "ut scandalia eveniant" su questa presenza ed è il caso di accontentarlo. E' vero innanzitutto quel che scrive il lettore: La Giornata si suppone fatta per "comunicare all'opinione pubblica la realtà dell'ebraismo italiano". Benché organizzato a livello europeo, la Giornata da noi un biglietto da visita, una presentazione pubblica della cultura, dunque anche dei valori dell'ebraismo, come lo si intende in Italia. Capita dunque che alla sua manifestazione principale della Giornata, quella che si svolge a Siena, la comunità organizzatrice di Firenze inviti una persona la quale usa scrivere sui giornali che "in Israele c'è al governo una coalizione sostenuta da razzisti e da fanatici religiosi colonialisti" ("L'unità" 14.10.10) tanto che "ha condannato i palestinesi a diventare cittadini di seconda classe espropriandoli giorno dopo giorno delle loro terre e della loro vita con la violenza dell'occupazione e del colonialismo" (11.12.10) e "uno dei suoi più recenti provvedimenti di legge, approvati per ossequio alle componenti più reazionarie, razziste e fanatiche della sua compagine di governo, è riuscito ad esprimere una sintesi di sprezzo per la democrazia e di stupidità che merita il podio olimpionico". (16.7.11) Certamente la colpa è "del rambo Ehud Barak che nel cervello al posto dei neuroni ha proiettili." (20.8.11). Eccetera eccetera. Tutti ricordano del resto la firma di Ovadia fra quelle che patrocinavano la flottiglia di appoggio a Hamas che si è ridicolmente impantanata in Grecia un paio di mesi fa e molti l'hanno sentito dire cose ancora più esplicite contro lo Stato di Israele, il governo attuale e praticamente tutti quelli precedenti. Dunque, il cittadino che legge e ragiona, con le cui tasse (l'8 per mille) è pagata tale presenza, può essere autorizzato a pensare che questa possa essere la posizione della Comunità ebraica di Firenze che organizza la manifestazione, dell'Ucei che la promuove, in breve degli ebrei italiani; o almeno che questa sia considerata nell'ebraismo italiano una posizione accettabile, una delle tante nella dialettica comunitaria. Io spero e confido che non sia così, so che per molti non lo è; ma mi piacerebbe che ci fossero delle prese di posizioni precise per rassicurare me (e soprattutto il resto degli italiani interessati). L'organizzazione politica degli ebrei italiani appoggia ancora Israele? Considera accettabile definire i suoi ministri "razzisti", "colonialisti", "stupidi", "fanatici" e quant'altro? Pensa che bisogna portare soccorso ad Hamas con flottiglie e altri mezzi rompendo il blocco israeliano o no? Il dubbio è lecito. Lo chiedo ai consiglieri dell'Ucei, ai presidenti delle comunità, in particolare a quella di Firenze. Lo chiedo anche a Haim Baharier, invitato anche lui a Siena, perché è il mio maestro ed è considerato tale anche da Ovadia. Ricordo con sollievo e gratitudine sue espressioni ben diverse su Israele. L'ho sentito dire una volta che tutti gli ebrei sono israeliani in esilio, e da allora ho capito meglio la mia posizione. In realtà questa faccenda è ancora un po' peggiore di così. Perché un dissenso politico, perfino il tradimento del proprio popolo, sono problemi seri, che hanno una dignità storica se non morale. Si può discuterne. Del buon uso del tradimento, ricordo, è un bel libro dello storico Pierre Vidal-Naquet, che cercava di rivalutare la scelta di Giuseppe Flavio di disertare il fronte della guerra contro i Romani. Ma qui, come spiega David Parenzo, che ha curato il programma per la comunità di Firenze, "il mio obbiettivo era ed è fare a Siena il tutto esaurito" o, per uscire dalla logica pura e semplice del botteghino, "diffonde?re la cultura ebraica e far capire quanto sia un patrimonio di tutto il Paese." Se è questo l'obiettivo, certamente ci si può legittimamente chiedere come fa Parenzo "che c'entra Israele e la sua po?litica?". Già che c'entra Israele con la cultura ebraica? O meglio, che c'entra la cultura ebraica, "questa" cultura ebraica con Israele? Ecco il problema vero che pone la presenza di Ovadia a Siena, al di là del suo livore antisionista. C'entra o non c'entra la cultura ebraica, la sua cultura ebraica con Israele e con la sua identità? A me sembra proprio di no; ma proprio per questo ritengo opportuna una riflessione pacata ma un po' più profonda, che cerchi di comprendere che cosa si intenda per "cultura ebraica" oggi, a parte " i nostri monumenti e tesori ... l'immenso patrimo?nio artistico culturale [ebraico, immagino] presente in Italia." Bisogna partire proprio dal caso personale di Moni Ovadia. "apprezzabilissimo divulgatore della cultura ebraica...in grado di raccontare l'ebraismo all'esterno in modo effica?ce e utile per tutti noi," come scrive ancora Parenzo. Non c'è dubbio che Ovadia sia un ottimo uomo di spettacolo ed è chiaro a tutti che egli si è ritagliato una maschera da ebreo che utilizza senza troppe differenze dentro e fuori i suoi spettacoli. Per mestiere Moni Ovadia infatti "fa l'ebreo": quando racconta barzellette e quando interpreta a modo suo la storia di Babel e di Kafka, quando parla del conflitto in Medio Oriente o quando si occupa di Berlusconi. Essendo anche ebreo di nascita, essendosi trovato i giusti maestri e modelli da imitare, risulta molto "efficace"; ma si tratta comunque di una maschera teatrale - tant'è vero che il personaggio che interpreta - a teatro e nella vita - parla con pesante accento askenazita, mentre chi lo conosce sa che la sua origine è sefardita e il suo modo di parlare normalmente italiano: altri suoni, altri sapori, altri mondi, quelli della persone e quelli della maschera. Il caso della lingua è solo un indizio, ma ce n'è altri: la vistosa kippà vagamente arabeggiante che porta quasi sempre in testa, o le frequenti citazioni e reinvenzioni di pensieri religiosi - veri o falsi che siano, essi sono resi inautentici o piuttosto finzionali dal fatto elementare che egli per sua stessa pubblica dichiarazione "non credente". Un ebreo non credente (o piuttosto credente solo nella rivoluzione, non nel divino) che porta la kippà e cita il Talmud - un ossimoro, una caricatura, qualcosa che comunque toglie il loro senso sia alla kippà che al Talmud. E' un ebreo, senza dubbio; ma un ebreo sefardita che recita la parte dell'askenazita, un ebreo ateo che recita la parte del religioso, un ebreo che parla continuamente dei suoi - come dire - correligionari, ma che di fatto e apertamente privilegia dei valori politici astratti alla solidarietà con il suo popolo, anzi lo considera in maggioranza "razzista", "fanatico", "colonialista" ecc. Un ebreo, che per l'appunto, non sopporta Israele e appartiene a un mondo askenazita di facola che non c'è e non c'è mai stato. Dunque allo stesso tempo è un ebreo, ma anche la simulazione di un ebreo, lo stereotipo, la caricatura: un ebreo da teatro. Lo dico con tutto il rispetto, da vecchio frequentatore di teatri (e anche dello stesso Ovadia). E' dunque sì un "apprezzabilissimo divulgatore", ma quel che passa per la sua macchina divulgativa ne esce trasformato, teatralizzato, svuotato, trasformato in fantasma o favola. L' ebraismo che comunica non è il banale (o serio) succedersi di funzioni e ricorrenze, preghiere e studio, testi e precetti che da millenni segna la vita degli ebrei normali, anche dei grandi geni. No, il suo ebraismo è qualcosa di assai più romantico, "un capolavoro ineguagliato: una nazione e un popolo dell'esilio, fra i confini, oltre i confini, a cavallo dei confini, una nazione non vincolata a uno specifico territorio, né a vocazioni nazionaliste" ("Il Riformista", 11.12.10) "pura poesia e spiritualità" "cancellata dalla follia umana dalla sera alla mattina", "alcune tra le più alte vette del '900: da Freud a Kafka, da Einstein a Marx, da Mahler a Proust". ("Libero", 25.3.11). Che poi i villaggi ebraici in Ucraina e Bielorussia fossero miserabili, che vi regnasse la fame, che da un secolo prima del nazismo ci fosse una massiccia emigrazione a Ovadia, non interessa. Ripeto, il problema non sono queste idee di Ovadia e la loro approssimazione storica (in particolare la grande rimozione della cancellazione comunista dell'ebraismo orientale, che precedette e poi completò quella nazista). Come uomo di spettacolo, Ovadia ha un diritto istituzionale alla cartapesta che rispettiamo. La barzelletta deve far ridere, la tirata deve far piangere - la verità non c'entra, conta il "tutto esaurito". Il problema è che anche la "cultura ebraica", intesa come "monumenti e tesori" ecc. soffre dello stesso male, diciamo una visione ossificata, stereotipata, nel migliore dei casi museale, nei peggiore consumista e caricaturale dell'ebraismo. L'ebraismo come un oggetto da divulgare, una merce culturale da promuovere, un panda cui procurare simpatia. Una visione un po' distorta, romanticizzata, aiuta - per il "tutto esaurito" e par la simpatia. E anche un certo distacco da Israele, un posto così reale da non poter essere perfetto, dove bisogna anche difendersi dagli attentati e usare le armi, una distinzione che politicamente premia nell'Italia catto-comunista. Che c'entra la leggiadra cultura ebraica "piena di tesori" con un posto dove gli ebrei lottano per non farsi travolgere? Benissimo, il "tutto esaurito" è assicurato. Ma si tratta di una deformazione profonda della cultura ebraica vera, che è stata innanzitutto comunità e fede e pensiero e elaborazione degli ambiti della tradizione (halakhà, kabbalah ecc.). La cultura ebraica non è quella dei singoli ebrei importanti e "creativi" che per lo più hanno rifiutato l'appartenenza dei padri - come tutti quelli citati nell'elenco di Ovadia. Se è viva, è pratica dell'ebraismo e riflessione su di essa - cose che difficilmente si possono mettere in mostra. Salvo casi di sconcertante automuseificazione come quel "vero matrimonio" cui l'anno scorso "si pot[è] assistere nell'ambito delle manifestazioni organizzate per l'Undicesima Giornata Europea della Cultura Ebraica" - almeno a credere alla cronaca del "Messaggero", 5.9.10. Tutto esaurito anche lì, immagino. Insomma, l'invito di Ovadia annuncia per l'ebraismo italiano qualcosa di anche peggio della rinuncia a prendere le distanze dall'ostilità a Israele: una sorta di auto-spettacolarizzazione dell'agonia che a me ricorda quel racconto di Kafka intitolato Il digiunatore: "Tutta la città si occupava allora del digiunatore; a ogni giorno di digiuno aumentava l'interesse del pubblico, tutti volevano vedere il digiunatore almeno una volta al giorno [...] quando il tempo era bello la gabbia veniva trasportata all'aperto e allora erano specialmente i bambini a cui era mostrato il digiunatore" E però, la gloria passa: "Mentre prima meritava mettere su spettacoli di questo genere per proprio conto, oggi sarebbe assolutamente impossibile. Erano altri tempi, quelli." Questo è il problema della "cultura ebraica", di essersi volontariamente trasformata in uno spettacolo per il momento popolare e dunque probabilmente domani non più. Come scrisse l'anno scorso il rav Riccardo Di Segni, della stessa manifestazione: "Mantova ebraica purtroppo oggi è, con i circa suoi 60 iscritti e un passato glorioso, con le Sinagoghe autodemolite, l'emigrazione, la shoà e tutto il resto, e malgrado gli sforzi dei suoi dirigenti, una comunità al limite dell'estinzione, dove il prodotto culturale rilevante è un volume sui cimiteri. Bisogna comprendere il senso allarmante di questo dato. La Giornata della Cultura rischia di diventare un'elegante passerella su un passato glorioso. Le priorità dell'ebraismo italiano che malgrado tutto è vitale sono altre." L'ebraismo italiano rischia oggi di virtualizzarsi, di trasformarsi in simulazione di se stesso, di non avere più una cultura, sia in senso antropologico (le pratiche ebraiche che riguardano una percentuale sempre molto bassa delle nostre comunità) sia nel senso "alto", di produzione culturale vera e di ebraismo vero. In cambio si rappresenta sempre più come folkloristico, come produttore di barzellette, come innocuamente pittoresco e simpatico, ben lontano dagli israeliani che hanno "proiettili al posto di neuroni" nel cervello. Così ovadizzato, trasformato in cartapesta e barbe finte e vecchie barzellette sempre uguali, otterrà certamente il "tutto esaurito", ma non ci sarà più. Come il digiunatore di Kafka infine abbandonato dalla folla e scoperto dai guardiani "sotto la paglia sporca" "in una gabbia vuota", a "digiunare ancora" scusandosi per farlo, fino alla morte.
Quei cinque compleanni nelle mani dei terroristi palestinesi
C'è un ragazzo venticinquenne - un cittadino onorario di Roma - che ha passato i suoi ultimi cinque compleanni in mano ai terroristi. Per lui niente candeline, auguri su Facebook (che vista la durata della prigionia, probabilmente, non sa neanche cosa sia), barbecue e humus per celebrare questa giornata. Tanto meno regali o tirate di orecchie affettuose da parte di mamma e papà. Gilad Shalit, cittadino israeliano, romano e parigino, gli ultimi 1890 giorni della sua vita, li ha passati a fare l'ostaggio degli estremisti palestinesi di Hamas (gli stessi che a settembre vorrebbero dichiarare la nascita di uno Stato palestinese).
Gilad Shalit, però, è qualcosa di più che un giovane adolescente rapito in territorio israeliano mentre garantiva la sicurezza dei suoi concittadini: Shalit è la chiara rappresentazione del fatto che per gli estremisti qualsiasi mezzo giustifica il fine. La dimostrazione del fatto che le relazioni con i terroristi di Hamas - riconosciuti come tali anche dall'Unione Europea - non si basano mai sullo scambio o il confronto, ma sempre e comunque sul ricatto. Su quell'imposizione del proprio credo finalizzata al raggiungimento di un successo scritto nero su bianco: "Distruggere Israele".
Ma non solo. Ciò che la prigionia di Gilad Shalit ci ricorda ogni singolo giorno è che il ricatto di Hamas a Israele rischia di essere, se non saremo compatti, lo strumento che ci potremmo trovare a fronteggiare noi, vicini di casa dell'unica democrazia medio orientale, domani. Se non saremmo, infatti, capaci di dire "no" a quel sistema di Hamas fondato sul ricatto e sulla volontà di distruggere Israele, saremmo noi stessi a scoprirci prigionieri di un sistema folle capace di imporsi solo attraverso la paura. Un sistema tanto anarchico, folle, estremista e fondamentalista da non permettere a nessuno, nemmeno alle organizzazione umanitarie, di visitare il giovane Gilad e di fargli recapitare una semplice lettera di mamma e papà.
Tuttavia guai a dimenticare che se la paura è il mezzo, il successo è il fine. E allora non giustificare in alcun modo l'agire di Hamas, e ribadire - a cinque anni dal rapimento - la propria vicinanza ai famigliari di Shalit non è solo un semplice segnale politico, ma un fallimento fattuale dell'agire ricattatorio di Hamas che, comunque vada a volgere questa vicenda, ne uscirà perdente.
Intanto, caro Gilad, qui in Italia c'è chi pensa a te. Sul sito www.shalit.it migliaia di cittadini hanno firmato per chiedere la tua liberazione; l'Unione dei Giovani Ebrei Italiani ha messo la tua foto sulla propria home page e a breve organizzerà un evento per ribadirti la propria vicinanza; Franco Frattini (ministro degli Esteri), Renata Polverini (governatrice del Lazio), Nicola Zingaretti (presidente della Provincia di Roma), Gianni Alemanno (sindaco della Capitale) e Riccardo Pacifici (Presidente della Comunità Ebraica di Roma), ti fanno i propri auguri. Come loro, e come tante altre persone di buon senso, anche io voglio farti degli auguri che non puoi leggere. Lo faccio nella speranza che l'anno prossimo tu possa essere con noi nelle tue tre capitali: Gerusalemme, Parigi e Roma.
TEL AVIV, 28 ago - Malgrado il cessate il fuoco sottoscritto venerdì da tutti i maggiori gruppi armati palestinesi di Gaza, un nuovo attacco è stato sferrato oggi dalla Striscia verso la vicina città israeliana di Ashqelon.
Secondo la radio militare un razzo sparato da Gaza è stato intercettato in volo dal sistema israeliano di difesa 'Cupola di ferro'. Ad Ashqelon non si segnalano vittime né danni.
L' intreccio tra memoria e tecnologia è il tema chiave della XII edizione della Giornata Europea della Cultura Ebraica, «Ebr@ismo 2.0: dal Talmud a Internet», il 4 settembre, cui aderiscono ventisette Paesi europei e che in Italia sarà celebrata in 62 città, con Siena capofila. La manifestazione, coordinata in Italia dall' Ucei, Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, oltre alla tradizionale apertura di sinagoghe, musei, ex ghetti e giudecche, proporrà spettacoli, dibattiti e inoltre eventi dedicati alla cultura dell' ebraismo nell' epoca di Internet, dalle risorse online fino agli archivi telematici della memoria (programma sul sito www.ucei.it/giornatadellacultura/. Le iniziative europee si possono vedere su www.jewisheritage.org). Proprio a Siena l' anteprima del 3 settembre, con lo spettacolo «Il Padre E' ... Terno» con Eugenio De' Giorgi (ore 21.15, piazza del Mercato), mentre sempre nella città toscana la giornata di domenica 4 sarà inaugurata con l' apertura della sinagoga di vicolo delle Scotte, ospiti anche il presidente dell' Ucei Renzo Gattegna e quello della Comunità ebraica Guidobaldo Passigli (ore 11.15). Già dalla mattinata, tra stand librari e punti di degustazione, nella piazza anche le isole digitali per esplorare le risorse web, dai portali di cultura ebraica, alle immagini di Youtube e Flickr, fino alle gallerie virtuali a cura dell' Istituto per il Catalogo Unico delle Biblioteche Italiane/Progetto Judaica Europeana. Nel pomeriggio la piazza sarà animata dal Theatral Talk con David Parenzo, Moni Ovadia e Massimo Caviglia (ore 16) e dalla lectio «Il mondo che viene» del biblista Haim Baharier sull' incontro tra una cultura antica e il mondo del futuro (ore 18). Inoltre, centinaia di libri saranno messi in circolazione in punti bookcrossing in tutt' Italia.
(Corriere della Sera, 27 agosto 2011)
"Spesso, riflettendo sulle pagine del Talmud, ho pensato che mostrino una strana somiglianza con le home page di Internet in cui non vi è nulla che sia completo. Le icone e i riquadri che le costellano sono come porte attraverso cui il visitatore può accedere a una infinità di conversazioni e testi che rimandano l'uno all'altro."
La Chiesa protestante aiutò Eichmann dopo il suo arresto
di Raffaele Carcano
Funzionari della Chiesa protestante austriaca esercitarono pressioni sul governo della Germania occidentale per cercare di aiutare Adolf Eichmann, uno dei principali organizzatori della shoah, dopo il suo arresto da parte di agenti israeliani avvenuto nel 1960. Un funzionario della Chiesa descrisse Eichmann come "fondamentalmente onesto" e "di buon cuore". La notizia è stata pubblicata sullo Spiegel. Il sovrintendente della Chiesa protestante dell'Austria settentrionale, Wilhelm Mensing-Braun, residente nella città di Linz, dove nacque Eichmann, scrisse una lettera al dipartimento degli affari esteri della Chiesa evangelica di Francoforte in cui descriveva il buon carattere di Eichmann e in cui sosteneva che non poteva immaginare che "potesse essere stato capace di crudeltà o di atti criminali", nello stesso momento in cui l'ufficiale delle SS stava per essere sottoposto a processo a Gerusalemme per crimini contro l'umanità. La famiglia di Eichmann chiese l'aiuto di Mensing-Braun perchè volevano che l'uomo fosse giudicato da una corte internazionale piuttosto che da una israeliana.
La Croce Rossa internazionale (CRI) ha preteso che il Magen David Adom tolga il suo simbolo dalle ambulanze, la Stella di Davide rossa. Questa è la condizione imposta alle ambulanze israeliane per poter essere associate alla Croce Rossa internazionale. La CRI rifiuta categoricamente questo simbolo ebraico sulle ambulanze della celebre istituzione israeliana.
Eppure, la Croce Rossa non è, di per sé, un simbolo religioso? E' ben noto a quale croce si riferiva Henry Dunant quando gli venne in mente di creare questa istituzione durante la battaglia di Solferino nel 1859. E poi... che non sia mai che si veda che delle ambulanze israeliane vengono in soccorso perfino dei palestinesi in Giudea e Samaria...
Vi è un sito della Federazione internazionale delle Società della Croce Rossa e della Mezza Luna Rossa; in tale sito l'altro simbolo religioso è ammesso dalla Croce Rossa... Come si potrebbe considerare questo se non come antisemitismo? Il simbolo dell'Islam è stato riconosciuto, ma la Stella di Davide... non può passare...
Questa è una decisione puramente politica, e non ha nulla a che vedere con la salvezza delle vite umane. Nelle zone oltre la linea del cessate il fuoco del 1967, il Magen David Adom (MDA) dovrà apparire bianco come la neve... senza un logo, senza nome... come da volontà della CRI.
La direzione del MDA, tuttavia, smentisce. Zaki Heller, portavoce del MDA, spiega che il simbolo deve sparire da tutte le ambulanze in circolazione nel paese.
In realtà, tuttavia, si è iniziato a cancellare il simbolo sulle ambulanze in circolazione in Giudea e Samaria. A Yesha il MDA ha convocato gli autisti chiedendo loro di portare in carrozzeria i mezzi per procedere con la cancellazione del simbolo. A Kiryat Arba una ambulanza è ritornata in circolazione senza il simbolo...
Perché mai cancellare il simbolo in tutto il paese? Una cosa è certa: gli israeliani non ne sentivano affatto il bisogno. Il MDA esiste dal 1967 [in realtà il MDA esiste dal 1930, ndt].
Questo istituto, il suo lavoro ed i suoi risultati sono un simbolo molto forte per gli israeliani. Questo snaturamento delle ambulanze non può essere ben visto dalla popolazione...
Cerchiamo di non perdere di vista, comunque, che l'essenziale è salvare delle vite umane. La cosa principale è che i salvatori possano sempre migliorare la loro efficacia. Cerchiamo di sperare che se il MDA ha scelto di aderire alla CRI, lo avrà per un buon risultato.
(JForum.fr, 26 agosto 2011 - trad. Emanuel Segre Amar)
Il riconoscimento dello Stato indipendente della Palestina dovrebbe essere non un punto d'arrivo ma un passo verso la cancellazione di Israele, parola di Mahmud Ahmadinejad.
"Il regime sionista è il centro aggregante di ladri e criminali di tutto il mondo - ha detto -. Non pensi Israele che col riconoscimento dello Stato palestinese la sua esistenza sia assicurata".
Il presidente iraniano è tornato su un argomento a lui caro durante un'apposita manifestazione anti-Israele organizzata a Teheran nell'ultimo venerdì del Ramadan. Occasione anche per festeggiare la caduta di alcuni dittatori del mondo arabo.
Il riconoscimento dello Stato indipendente palestinese sarà proposto all'Onu in settembre, ma si sa già che sarà posto il veto dal principale alleato di Israele, gli Stati Uniti.
Poco per volta arrivano ulteriori notizie che è opportuno far circolare nella situazione di disinteresse dei media che non hanno, oggi, modo di criticare Tsahal.
L'Egitto sembra abbandonare l'idea di richiamare in patria il proprio ambasciatore in Israele, a meno che non ne sia costretto dalle violenze popolari interne, di fronte alle prove documentali sulla particolare attenzione avuta dai soldati israeliani di non colpire gli "autentici" soldati egiziani (si ricordi che molti terroristi indossavano divise di soldati egiziani).
Uno degli elementi scoperti nelle ultime ore è il fatto che, prima dell'attacco dei terroristi, i soldati egiziani avevano notato la loro presenza ma non avevano reagito con prontezza. Solo in un secondo momento un ufficiale ed alcuni soldati erano intervenuti per cercare di bloccare i tiri dei terroristi. E' precisamente questo il momento nel quale i soldati sono stati uccisi. Sui corpi dei soldati uccisi non è ancora stata effettuata l'autopsia, e quindi non si conosce ancora il tipo di proiettili che li ha colpiti: egiziani o israeliani? Il fatto comunque che gli egiziani non abbiano reagito con immediatezza lascia supporre che ci fosse una complicità coi terroristi. In ogni caso è evidente che avrebbero potuto e dovuto intervenire con maggior rapidità per prevenire questa azione.
L'esercito egiziano non ha reagito come avrebbe dovuto di fronte ai terroristi e non si sa ancora se siano stati dei colpi israeliani ad uccidere i poliziotti egiziani. L'inchiesta sembra dimostrare l'innocenza dei soldati di Tsahal, e soprattutto porta le prove della loro etica al momento dello scoppio del conflitto. L'insieme di questi fattori dovrebbe servire a dissipare il malcontento egiziano nei confronti di Israele, nonostante le manifestazioni antisemite che hanno riempito le cronache del Cairo.
(Juif.org, 26 agosto 2011 - trad. libera di Emanuel Segre Amar)
Imprenditori israeliani interessati allaeroporto di Agrigento
Gli imprenditori israeliani avrebbero espresso interesse per il progetto del nuovo scalo aeroportuale di Agrigento: una recente nota della Provincia infatti, dà notizia di contatti già in corso; lente ha peraltro già stanziato 30 milioni di euro per il progetto. In attesa del business plan della KPMG, lidea del nuovo scalo avrebbe già attirato linteresse di alcuni imprenditori israeliani, che hanno già incontrato il Presidente della Provincia. Franco Masera, Senior Advisor di Kpmg, ha recentemente ribadito le ottime prospettive strategiche della realizzazione del nuovo scalo, nella sua vocazione di attrazione dei flussi turistici contemporanei: se un volta la combinazione strada - ferrovia era sufficiente a soddisfare un bacino turistico con un raggio di azione di 600 - 700 chilometri, oggi la dimensione si è decuplicata e gomma e ferrovia sono certamente inadatte a soddisfare la domanda di un turismo globalizzato.
La Giornata europea della cultura ebraica è diventata un appuntamento annuale della prima domenica di settembre, atteso ormai da migliaia di persone, che coinvolge e accomuna i gruppi più diversi ed eterogenei desiderosi di conoscere una cultura, quella ebraica, che è ancora - nonostante tutto - poco nota.
L'idea alla base di questo evento è stata fin dall'origine quella di favorire la conoscenza dell'ebraismo, parlando della sua storia, mettendo in luce i suoi principi fondanti, le pratiche e i riti, il significato e il valore della sua identità culturale, l'importanza della lingua ebraica e, non ultima, la vitalità del gruppo ebraico in tutto il mondo. Per farlo, gli organizzatori hanno aperto le porte di sinagoghe e siti ebraici, musei e biblioteche, accompagnando questa operazione "porte aperte" con conferenze, incontri ed eventi nelle piazze e nei teatri che propongono musica, temi e soggetti culturali che non è facile ascoltare nel corso dell'anno. Un cammino di diffusione della conoscenza del mondo ebraico iniziato ormai dodici anni fa, che non mostra segni di stanchezza visto che, nel corso degli anni, il numero dei Paesi partecipanti è cresciuto in Europa di anno in anno fino ad arrivare agli attuali 27 Paesi con un numero dei visitatori che raggiunge le 200 mila persone nello stesso giorno.
Ed è proprio la dimensione europea che rappresenta per l'AEPJ (Association européenne pour la préservation et la valorisation de la culture et du patrimoine juifs), che organizza l'evento, il valore della manifestazione. Negli ultimi anni hanno infatti iniziato a prender parte alla Giornata europea della cultura ebraica anche Paesi dell'est europeo nei quali si sono riformati gruppi ebraici che hanno dovuto reinventare la loro vita di gruppo, ricostruire la loro identità e il loro passato dopo anni in cui avevano dovuto cancellare la propria identità. Si tratta di una nuova sfida dell'ebraismo europeo che l'AEPJ intende valorizzare ulteriormente, portando avanti nei prossimi mesi un secondo progetto che, dopo il riconoscimento ufficiale del Consiglio d'Europa, sta diventando realtà. Si tratta della creazione dell'Itinerario ebraico europeo che riunirà, nel corso di tutto l'anno, le principali località nelle quali esiste o è esistita una vita ebraica che ha lasciato monumenti e ricordi culturali, materiali o immateriali, parte ormai integrante del patrimonio europeo. In quest'itinerario l'Italia potrà avere senza dubbio un ruolo importante, vista la ricchezza del patrimonio artistico ebraico presente nel nostro Paese e l'attuale vitalità del suo ebraismo.
I due progetti, quello della Giornata europea della cultura ebraica e quello dell'Itinerario ebraico europeo, andranno di pari passo, continuando a coesistere, pur in momenti e con modalità diverse. La Giornata rimarrà l'evento annuale della prima domenica di settembre, mentre l'Itinerario si svilupperà in modo continuato, entrambi con lo scopo di diffondere la conoscenza del mondo ebraico. L'AEPJ ritiene infatti che solo l'informazione e il rapporto diretto possono contribuire ad abbattere pregiudizi e stereotipi e solo con il confronto possono cadere le barriere di diffidenza e di incomprensione che impediscono la creazione di una società "inclusiva", che non teme l'altro perché diverso.
Gaza, i palestinesi accettano un nuovo cessate il fuoco
Le principali fazioni palestinesi della Striscia di Gaza hanno deciso di aderire a un nuovo cessate il fuoco che è entrato in vigore alla mezzanotte locale (le 23 di ieri in Italia). Lo ha detto all'agenzia Afp un esponente della Jihad Islamica.
Secondo il portavoce del movimento radicale palestinese, Nasiz Azzam, è stato l'Egitto a favorire, «dopo molti sforzi», l'accettazione di questa nuova tregua. La Jihad Islamica è un gruppo che negli ultimi giorni ha lanciato diversi razzi contro il territorio israeliano.
L'accettazione del cessate il fuoco è stata confermata da Hamas, il movimento che controlla la Striscia di Gaza, stando al quale a questo proposito vi sono state continue comunicazioni «tra Hamas, i nostri fratelli egiziani e le Nazioni Unite».
«Il governo di Hamas si appella a tutte le fazioni della resistenza palestinese chiedendo loro un'ultima possibilità», ha affermato un membro dell'ufficio politico, Salah Al-Bardawil.
Le principali fazioni palestinesi di Gaza avevano raggiunto un accordo di massima per una nuova tregua nella giornata di domenica ma l'intesa non aveva fermato i raid israeliani da una parte e il lancio di razzi contro il territorio dello stato ebraico dall'altra.
Più competitivo il mercato automobilistico di Israele
Yaron Zelekha
Nuove riforme nel mercato automobilismo arriveranno dal Governo d'Israele per aumentare la concorrenza del settore automobilistico. Il Ministero dei Trasporti ha istituito un comitato, con a capo il ragioniere Yaron Zelekha, per esaminare quali potrebbero essere gli ostacoli di un possibile aumento della concorrenza nel mercato automobilistico. Zelekha e il suo comitato formuleranno delle riforme intensificano il mercato delle importazioni delle automobili e dei motori per i veicoli elettrici nel Paese.
Formulazioni di riforme che vedrà la partecipazione degli esponenti del governo, ma anche degli imprenditori del settore e delle società di leasing. Il settore automobilistico in Istraele è un mercato caldo. Nel mese di luglio sono state vendute circa 20.000 auto nuove vendute e se il mercato mantenesse questa sua attuale velocità di vendita, il 2011 dovrebbe terminare con il massimo storico: 240.000 vetture. In Israele la tassa sulle vetture è la più alta tra i paesi dell'OCSE e può raggiungere l'83% del valore della vettura (prima detrazioni fiscali verde) rispetto al 40% nei paesi dell'Europa occ identale. Secondo le autorità fiscali israeliane, tra gennaio e giugno 2011, le entrate pubbliche determinate dall'importazioni di auto e dei pezzi di ricambio hanno rappresentato circa 1.520 milioni dollari - un aumento dell'8% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Le entrate fiscali sono una fonte importante di reddito per il Ministero delle Finanze e discussi nel rapporto l'Agenzia delle Entrate dello scorso anno, in cui è stato stabilito che le aliquote fiscali elevate sulle auto in Israele deriva dal fatto che le auto in Israele vengono definite come un bene di lusso. Tuttavia, l'Autorità ha sottolineato che "i tagli fiscali sono improbabili in un prossimo futuro per l'importanza di tali proventi". Una delle fonti principali di reddito per gli importatori di auto è il settore di ricambi e la sua privatizzazione può tagliare i costi di riparazione.
Il mio interlocutore a Gaza non si fermava un attimo: una storia dietro l'altra, un esempio e poi altri quattro. Gli ho chiesto se non fosse rischioso parlare al telefono così esplicitamente. Non mi riferivo alla possibilità che i servizi segreti israeliani intercettassero la nostra telefonata. Per loro una discussione sui raid aerei dell'ultima settimana, responsabili della morte di diciotto persone (tra cui tre bambini), non era una novità.
E poi il mio interlocutore non stava parlando di quello. Parlava delle restrizioni agli spostamenti volute da Hamas. Un caso di cui si è parlato molto riguarda otto studenti delle scuole superiori che hanno ricevuto una borsa di studio per andare negli Stati Uniti. La settimana scorsa il governo di Hamas ha negato ai ragazzi l'autorizzazione a partire. Poco tempo prima aveva impedito a un gruppo di ragazzi di partecipare a un campo estivo in Cisgiordania. Chi vuole andare all'estero o in Cisgiordania deve informare le autorità con almeno due settimane di anticipo.
Il blocco israeliano sulla Striscia di Gaza, che scatena proteste in tutto il mondo, non preoccupa eccessivamente Hamas, a cui interessa solo importare viveri, materiali edili e carburante. Il blocco, che recide i legami con la società palestinese in Cisgiordania (e in Israele), non ha mai preoccupato Hamas. Costruire un principato islamico è molto più facile se gli abitanti della Striscia sono confinati e non possono fare confronti con altre società.
(Internazionale, 26 agosto 2011 - trad. Andrea Sparacino)
Di Gaza si dice comunemente che è una prigione a cielo aperto e qualcuno arriva a scomodare anche i campi di concentramento. Sono esagerazioni, anche se bisogna ammettere che parliamo di un territorio impoverito da anni di guerre, dove il commercio e gli scambi sono un ricordo, e dove due terzi della popolazione, che conta un milione e mezzo di anime, vive grazie agli aiuti umanitari delle Nazioni Unite.
Almeno la metà dei residenti sono disoccupati, molti altri devono accontentarsi di pochi dollari al giorno, con lavori pagati una miseria. E' un quadro senza dubbio drammatico e di questa situazione viene considerato primo ed unico responsabile lo Stato di Israele. La comunità internazionale asseconda pubblicamente questa versione propagata anche dalle Ong e dalla galassia pacifista.
Il grande magazzino Al Andalusia
Ebbene, tutti conoscono la Associated Press, autorevole agenzia di stampa americana che da più di un secolo e mezzo garantisce un'informazione secca ma obiettiva, fedele al riscontro delle fonti. In un reportage apparso lo scorso 22 agosto sul Washington Post, i reporter della AP sostengono che a Gaza qualcosa sta cambiando. E' nata e sta crescendo una ruggente classe media, niente di paragonabile a quelle occidentali per stili di vita e reddito, naturalmente, che si è fatta una posizion ed inizia ad essere guardata con risentimento dal resto dei palestinesi, la maggioranza, che invece fanno la fame.
I neoborghesi di Gaza costruiscono ville in riva al mare, frequentano cinema e fanno shopping. I loro figli la sera vanno per concerti e discoteche. Nel weekend le famiglie benestanti girano incuriosite tra le scale mobili del grande magazzino "Al Andalusia", aperto di recente, che sembra un pezzo di architettura postmoderna calato nel deserto dell'economia locale.
Di questa classe media fanno parte sia i vecchi mercanti della zona, le famiglie storiche di Gaza, chi detiene i patrimoni e le rendite del passato, ma anche i "vitelloni" di Hamas, migliaia di membri dell'organizzazione islamica. Negli ultimi anni costoro hanno fatto soldi a palate con il contrabbando ed è proprio analizzando il genere e la quantità di merci che passano sotto i tunnel dall'Egitto (fiumi di rame) che i reporter della AP sono arrivati ad una conclusione: stiamo assistendo a un piccolo boom economico. C'è una netta ripresa della domanda interna, nell'edilizia soprattutto, che induce a rivedere il giudizio che si dà di solito sui Territori.
Che c'è di male se le cose vanno bene, si chiederanno i simpatizzanti di Hamas in Occidente. C'è che decine di migliaia di persone, di tutta questa nuova ricchezza, vedono solo le briciole. Prolungare lo stato d'assedio, insomma, si sta rivelando un ottimo sistema per arricchirsi. Una furbata per alcuni, un disastro per tutti gli altri. Speriamo che i palestinesi che hanno votato Hamas se ne accorgano presto. A Gaza, dicono i giornalisti della AP, la rabbia degli esclusi sta montando.
"Siamo arrabbiati con il Qatar perché sostiene Hamas", afferma il portavoce del Ministero degli Esteri israeliano, Yigal Palmor in riferimento al movimento islamico che non riconosce Israele come Stato. "Sta diventando uno stato che supporta Hamas sempre di più" - Palmor ha dichiarato al giornale Maariv -. "Voci insistente dicono che noi vogliamo tagliare i rapporti con loro, ma in verità non ci sono rapporti: sono loro che hanno tagliato i rapporti con noi," ha infine aggiunto. In realtà i rapporti si sono rotti con il Qatar durante l'Operazione Piombo Fuso, dove ci fu un attacco durato 22 giorni a Gaza avvenuto verso la fine del dicembre 2008.
In una relazione sciita dal Ministero si afferma che il Qatar è stato "significativamente coinvolto" nello spingere i palestinesi a richiedere il proprio riconoscimento come Stato nel mese di settembre. Quindi questo ha portato Israele di prendere la decisione di chiudere i rapporti con Qatar al quale si rivendicano di portare avanti delle attività anti-israeliane. La decisione di porre fine ai legami con il Paese dell'Emirato Arabo, è stata presa dai più alti vertici del Ministero compreso il coinvolgimento del Ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman - ha fatto sapere il portavoce Palmor al Maariv.
Gerusalemme, allerta di Israele per l'ultimo venerdì di Ramadan
Apparati di sicurezza israeliani in allerta, polizia schierata in forze e accessi alla Spianata delle Moschee limitati, oggi, a Gerusalemme, in occasione delle preghiere dell'ultimo venerdì di Ramadan: il mese di digiuno e preparazione spirituale dei fedeli islamici.
Lo ha confermato un portavoce della polizia, precisando che gli accessi alla spianata sono oggi consentiti solo gli uomini di età superiore ai 50 anni e alle donne oltre i 40, nel timore di disordini. Restrizioni restano in vigore inoltre ai check-point di confine coi territori dell'Autonomia palestinese (Cisgiordania), soprattutto ai più vicini alla Città Santa.
Analoghi provvedimenti - usuali nei giorni festivi e di importanti ricorrenze - sono stati adottati da Israele per tutti i venerdì di questo Ramadan. Il periodo è in realtà trascorso finora senza incidenti di rilievo - a Gerusalemme come in Cisgiordania -, ma oggi sono attese comunque manifestazioni promosse da un neonato gruppo giovanile palestinese (denominato Olive Revolution e ispirato all'esempio della protesta recente delle piazze arabe) sia al varco di Kalandya, fra Ramallah e Gerusalemme, sia in altri punti circostanti di confine.
Israele consentirà all'Egitto di schierare truppe nel Sinai
Il quotidiano " The Economist" riferisce che il ministro della difesa Ehud Barak, dopo la serie di attacchi terroristici sul confine meridionale ha detto che Israele consentirà presto l'Egitto di implementare migliaia di soldati nella penisola del Sinai. Secondo il rapporto, Israele permetterà l'ingresso di elicotteri e veicoli corazzati nel Sinai, ma impedirà l'ingresso dei carri armati.
L'iniziativa arriva dopo la serie di attacchi terroristici nel sud di Israele il 18 agosto, che ha causato otto morti. Israele ed Egitto ritengono che gli uomini armati ,responsabili degli attacchi, fossero militanti infiltratisi dalla striscia di Gaza attraverso il deserto del Sinai. I funzionari hanno anche il sospetto che ai militanti provenienti dal Sinai si siano uniti anche agli uomini armati di Gaza nella realizzazione degli attacchi contro gli israeliani. Il dispiegamento di truppe egiziane nel Sinai viola il trattato di pace israelo-egiziano, con il quale cui entrambi i paesi avevano convenuto che la penisola del Sinai era una zona militare libera. "A volte è necessario subordinare le scelte strategiche per le esigenze tattiche," ha dichiarato Barak al "The Economist". Nel frattempo, Israele ha accettato di effettuare un'indagine congiunta con l'Egitto sugli attacchi terroristici che hanno provocato otto morti tra gli israeliani i cui risultati verranno condivisi tra le forze militari egiziane e israeliane e il Consigliere Nazionale della Sicurezza Yaakov Amidror
Israele trasferisce a Gaza 13,5 milioni di dollari
Israele continua a trasferire denaro nella Striscia di Gaza controllata da Hamas. Nonostante i continui attacchi missilistici che provengono da quella zona verso il territorio israeliano, Israele ha trasferito nella Striscia di Gaza 13,5 milioni dollari all'inizio di questa settimana, denaro che secondo quanto riferito dal portavoce e coordinatore delle attività di governo nei Territori è stato consegnato all'UNRWA (l'Unità per il soccorso Agenzia delle Nazioni).
Il portavoce ha aggiunto che il denaro è stato trasferito attraverso il valico di Erez ed è stato destinato al pagamento degli stipendi e per il finanziamento delle operazioni in corso dell'UNRWA, confermando inoltre che persone, merci e materiali continuano ad attraversare la Striscia di Gaza, nonostante i razzi lanciati sui civili israeliani e presso gli stessi incroci. A peggiorare le cose, David Bedein dell'Agenzia di Stampa Resource Israele, ha recentemente scritto un editoriale per Arutz Sheva sostenendo che i programmi sponsorizzati dall'UNRWA si basano sull'attuazione della "Legge del Ritorno", anche attraverso la violenza. Dichiarazioni che hanno immediatamente dato seguito ad un acceso dibattito tra lo stesso Bedein e il portavoce dell'Unrwa. Christopher Gunness. Nel frattempo, la cosiddetta "tregua" annunciata da Hamas Domenica scorsa, è stata violata innumerevoli volte; i terroristi continuano a lanciare razzi e missili contro le comunità del sud di Israele. Nella sola giornata di ieri sono stati lanciati 15 tra razzi e missili uno dei quali colpendo un'autovettura ad Ashkelon ha ferito gravemente un bimbo di due anni.
Agrexco e gli altri. Gli ultimi successi delle guerre economiche anti Israele
di Giulio Meotti
"Kauft nicht bei Juden!"
ROMA. Pomodori, peperoni, carote, meloni, fragole, ma soprattutto i fiori sono il prodotto ortofrutticolo più boicottato in Israele. L'Agrexco, azienda leader israeliana nell'esportazione di questi prodotti, è appena finita in bancarotta, in parte a causa proprio del boicottaggio. Venti organizzazioni e catene commerciali in tredici paesi europei avevano aderito al boicottaggio delle merci Agrexco, perché lo 0,4 per cento sarebbero prodotte in alcune fabbriche al di là della Linea verde, nella valle del Giordano e a Tekoa. Da quando Israele è entrato nel business dei fiori negli anni Settanta è arrivato perfino al secondo posto al mondo nella loro produzione, dopo l'Olanda. L'Unison, il sindacato degli oltre un milione e mezzo di dipendenti pubblici inglesi, aveva appena promosso il bando di Agrexco.
Questo è soltanto l'ultimo successo in un solo anno del movimento globale che promuove il boicottaggio d'Israele. Il fondo petrolifero norvegese si è ritirato dalla compagnia Africa-Israel e dalla Danya Cebus, citandone il coinvolgimento nella "costruzione di insediamenti". Alcuni giorni fa la Coop svedese ha smesso di vendere i macchinari della Soda Stream israeliana. Il maggior fondo pensione olandese, il Pensioenfonds Zorg en Welzijn, sta ritirando gli investimenti nelle compagnie israeliane (banche, aziende di comunicazioni e sicurezza). Un fondo pensione svedese ha abbandonato gli investimenti nella Elbit per il ruolo nella barriera di sicurezza. Il comitato etico di quattro fra i maggiori fondi pensione svedesi ha chiesto alla Motorola di cessare ogni attività nel West Bank (o sarà boicottaggio). Il fondo pensione norvegese e la tedesca Deutsche Bank hanno entrambe abbandonato gli investimenti nella Elbit. Il sindacato francese della Cgt scuola ha rotto le relazioni con l'Histadrut, il sindacato israeliano. Il Congresso dei sindacati scozzesi ha votato la mozione per il boicottaggio di Israele, così la Fédération Autonome Collégial, sindacato di insegnanti pubblici e privati del Québec. Il maggiore negozio della compagnia israeliana di prodotti di bellezza Ahava ha appena chiuso a Covent Garden (ogni giorno c'erano picchetti contro l'azienda). La banca inglese Black- Rock ha ritirato investimenti nelle città ebraiche in Cisgiordania in seguito alle pressioni di tre banche norvegesi che commercializzano prodotti finanziari della BlackRock. Un consiglio provinciale scozzese ha promosso il boicottaggio dei libri stampati in Israele. La Eden Springs, la maggiore compagnia di acqua in Israele, non avrà rinnovato il contratto con la London School of Economics. Anche il centro ospedaliero universitario valdese di Losanna, uno dei principali complessi ospedalieri europei, ha rinunciato al rifornimento di acqua minerale israeliana. Gli studenti dell'Università di Edimburgo hanno approvato il boicottaggio israeliano, l'Università sudafricana di Johannesburg ha tagliato ogni relazione con quella israeliana Ben Gurion, alla De- Paul University non sarà più servito l'hummus israeliano Sabra, la University of London Union (il maggiore gruppo studentesco europeo) ha votato il boicottaggio e il governo spagnolo ha bandito l'Università israeliana di Ariel dalle competizioni scientifiche. Il sindacato norvegese El & It, che rappresenta decine di migliaia di lavoratori dell'industria energetica e di comunicazioni, ha adottato il boicottaggio del sindacato israeliano Histadrut. L'azienda francese Veolia ha dismesso il suo ruolo nella costruzione della lina ferroviaria a Gerusalemme. Lo stesso ha fatto la Deutsche Bahn e ci sono forti pressioni sull'azienda italiana Pizzarotti. Decine di artisti musicali hanno cancellato i tour in Israele Elvis Costello, Deep Purple, Gil Scott-Heron, Roger Waters). La cooperativa americana US Food di Olympia ha approvato il boicottaggio israeliano. I negozi della cioccolata israeliana Max Brenner sono sotto pesante boicottaggio in Australia. La guerra economica a Israele si sta intensificando a ridosso di "Durban III".
TEHERAN, 25 ago. - L'Iran e' determinato a "sradicare" lo stato di Israele. Lo ha affermato il presidente della Repubblica Islamica, Mahmoud Ahmadinejad, in un'intervista con la tv libanese al-Manar, l'emittente degli sciiti di Hezbollah. "L'Iran crede che chiunque sia a favore dell'umanita' dovrebbe essere anche a favore dello sradicamento del regime sionista, che e' un simbolo di soppressione e discriminazione", ha detto Ahmadinejad.
Degli egiziani hanno partecipato agli attentati di Eilat
Amir Eshel
L'esercito israeliano ha fatto tutto quanto era possibile per impedire che soldati egiziani venissero feriti in occasione degli attentati nei pressi di Eilat, secondo quanto risulta dalle inchieste condotte sia da Tsahal che dall'esercito egiziano. Tsahal ha anche scoperto che almeno tre dei terroristi erano cittadini egiziani.
Un alto responsabile militare israeliano, Amir Eshel, si è recato al Cairo all'inizio di questa settimana per presentare ai responsabili egiziani le prime conclusioni dell'inchiesta fatta dall'esercito israeliano, accompagnate delle prove fotografiche.
Queste dimostrano che, a differenza di quanto sostenuto dai media egiziani, degli elicotteri di Tsahal hanno volutamente evitato di colpire i veicoli militari egiziani e le truppe stazionate alla frontiera.
Dei video girati dall'alto dimostrano che i soldati israeliani hanno espressamente allontanato la direzione dei loro tiri dai fuori strada egiziani e dai soldati che si trovavano in prossimità della frontiera, postazioni dalle quali provenivano i tiri dei cecchini terroristi.
I terroristi che si erano posizionati ad alcune decine di metri dalla postazione militare egiziana hanno lanciato dei colpi di anticarro RPG contro uno degli elicotteri ed hanno aperto il fuoco anche con una mitragliatrice.
Inoltre, dall'esame dei corpi dei terroristi uccisi da Tsahal risulta chiaramente che almeno tre di loro erano cittadini egiziani. Uno di loro era membro di un gruppo radicale egiziano ed era stato processato nel suo paese. Era poi fuggito dalla prigione nei primi giorni della rivoluzione egiziana, quando parecchi prigioni del Cairo erano state prese d'assalto e centinaia di terroristi del djihad, trattenuti come carcerati, erano fuggiti verso il Sinai. Numerosi di questi hanno anche raggiunto la striscia di Gaza ed ora l'Egitto ne reclama l'estradizione tramite Hamas.
I terroristi egiziani si sono uniti ai palestinesi dei comitati di resistenza popolare ed hanno condotto gli attacchi contro Israele insieme a loro. Israele ha anche le prove che delle cellule terroristiche palestinesi-egiziane si trovavano nel Sinai da alcune settimane, assistite da beduini della regione.
Ahmed el-Shahat, un giovane carpentiere di 23 anni, si è arrampicato con le mani nude su un alto complesso condominiale in cui ha sede l'ambasciata israeliana. Quando ha raggiunto il tetto, ha buttato via la bandiera di Israele, issando al suo posto quella egiziana, mentre migliaia di dimostranti egiziani lo acclamavano nella strada. Voleva farlo anche a costo della vita, scrive la Egyptian Gazette. El-Shahat ora è conosciuto come 'Flagman' ed è divenuto un eroe nazionale, simbolo del nuovo Egitto che deve dare un segnale di discontinuità da Mubarak (ma difficilmente, secondo me, arriverà a una guerra contro Gerusalemme).
La frontiera del Sinai è diventata incandescente dopo la morte di 5 militari egiziani e l'attentato di Eilat. Per Israele non è più "la frontiera della pace" e la Brigata Edom sta occupandosi di esercitare un ferreo controllo sull'ingresso di armi e terroristi verso Gaza.
In un'intervista alla Tv egiziana, el- Shahat ha detto: "Vogliamo espellere il popolo che ci uccide. Questi giudei e sionisti sono parte del vecchio regime e noi vogliamo tagliare i legami col vecchio regime".
Rallegrato dall'azione di el-Shahat il governatore di el-Sharqiya Ali Azazi ha detto: "El- Shahat ha meravigliato il mondo, rischiando la vita per arrampicarsi per 21 piani allo scopo di innalzare la bandiera della sua nazione". Azazi ha regalato a Flagman un appartamento e un lavoro. Nel frattempo il "progressismo mondiale" si schiera una volta di più in una zona pericolosa: Carlos Latoff, un autore di strisce satiriche brasiliano, ha disegnato una vignetta in cui Ahmed el-Shahat appare nelle vesti di Spiderman, mentre distrugge la bandiera con la Stella di Davide e solleva quella egiziana. La vignetta ora circola ovunque, negli ambienti nazionalisti e integralisti egiziani, via Twitter e Facebook.
Il Comune di Siena ospita la Giornata europea della cultura ebraica
Tra le delibere approvate anche quella su un progetto di scambio tra Siena ed Avignone
La Sinagoga di Siena
La Giornata europea della cultura ebraica e uno scambio culturale tra Siena ed Avignone. Sono stati questi alcuni dei temi discussi nel corso della giunta comunale di ieri, mercoledì 24 agosto.
Una giornata per approfondire la conoscenza della cultura ebraica, che a Siena vive grazie ad un'antica e importante comunità. E' quella in programma domenica 4 settembre, in occasione della "Giornata europea della cultura ebraica" di cui Siena, quest'anno, è la città capofila. "Il Comune di Siena - afferma il sindaco Franco Ceccuzzi - ospita con grande piacere la giornata della cultura ebraica. Un evento importante per conoscere meglio una tradizione culturale e religiosa che ha dato, e continua a dare, un grande contributo di valori alla nostra società".
La comunità ebraica: una storia nella storia della città. "Il legame tra Siena e la comunità ebraica, inoltre, è scritto nella storia secolare della città e risale, come presenza stabile, alla seconda metà del Trecento. Nel corso dei secoli, in questa sorta di 'storia nella storia della città', ci sono stati anche eventi drammatici, dall'istituzione del Ghetto, nella seconda metà del Cinquecento, all'uccisione di 13 ebrei, il 28 giugno 1799, ad opera delle bande del viva Maria, fino alla deportazione di 14 persone ad Auschwitz nel 1943. Accanto a queste vicende ce ne sono state molte altre felici, dall'inaugurazione della nuova Sinagoga nel 1786, all'apertura del Ghetto, nel 1859, fino alla partecipazione attiva da parte degli ebrei senesi per l'Unità d'Italia, come dimostra la presenza di alcuni di essi in Lombardia, nella guerra del 1848. La storia di Siena è attraversata e arricchita dalla presenza della comunità ebraica e l'evento del 4 settembre, che avrà un prologo il 3 settembre con un'iniziativa in piazza del Mercato, può essere l'occasione per approfondire ulteriormente questo rapporto. Condivido in pieno, poi, l'approccio 2.0 dell'evento, come emerge dal titolo che dà il titolo a questa edizione, 'Ebr@ismo 2.0 dal Talmud ad internet'. Un'occasione che offre tanti spunti di riflessione interessanti per osservare e studiare con gli occhi e gli strumenti della contemporaneità una cultura dalla storia plurisecolare".
Uno scambio culturale tra Siena ed Avignone in nome dell'Europa Dieci ragazzi delle scuole senesi, in cui viene insegnata la lingua francese, visiteranno la città di Avignone nell'ambito del 50o anniversario del gemellaggio tra il Comune di Siena e la città francese. Lo ha deliberato la giunta comunale, nell'ottica della promozione al dialogo interculturale e al sostegno delle politiche comunitarie rivolte ai giovani.
"Dieci ragazzi dai 15 ai 18 anni provenienti da scuole senesi - spiega Lucia Cresti, assessore alla cultura - potranno incontrare ragazzi di Avignone in un soggiorno di quattro giorni, che si svolgerà entro il mese di novembre. Il Comune ha deciso di sostenere questa iniziativa per consolidare il gemellaggio con la città francese, nel 50o anniversario, ma soprattutto per sostenere quelle politiche europee rivolte ai giovani per promuovere la creatività, la cultura e lo scambio di idee tra ragazzi di paesi diversi. Un impegno che si inserisce anche nel progetto di Siena capitale della cultura 2019, per stimolare la partecipazione attiva dei ragazzi al dialogo per la costruzione del futuro delle proprie città nell'Europa. I ragazzi che andranno ad Avignone saranno scelti dagli insegnanti sulla base della realizzazione dell'elaborazione di un progetto dedicato alle idee dei giovani sul tema 'Siena nella prospettiva europea. Gli elaborati saranno realizzati attraverso varie forme artistiche e multimediali basati sulla riflessione intorno ad alcune parole chiave: partecipazione; creatività; dialogo interculturale; valorizzazione dei patrimoni. Tutti i lavori saranno oggetto di confronto fra gli studenti senesi e avignonesi".
Gaza, ancora violenze, tregua Israele-Hamas a rischio
Lanci di razzi contro Israele, nuovi raid aerei sulla Striscia
ROMA, 25 ago. - La tregua raggiunta tra Israele e Hamas non ferma la spirale di violenze, dimostrando così tutta la sua fragilità. Ieri sera una pioggia di razzi sparati dalla Striscia di Gaza è nuovamente caduta sul territorio israeliano. Come riporta il quotidiano israeliano Haaretz, cinque razzi di tipo Grad sono esplosi in zone senza case nei pressi di Ofakim, Ashkelon e Beersheva. Altri due razzi sono poi caduti a Sderot. Non si registrano vittime, ma è rimasto ferito un neonato che si trovava a bordo di un auto ad Ashkelon.
In risposta a questi nuovi attacchi i jet israeliani si sono levati in volo e hanno a loro volta colpito nuovamente la Striscia di Gaza, uccidendo a Beit Lahiya, nel nord del territorio, due membri della Jihad islamica, gruppo che ha rivendicato il lancio di razzi. Poco prima un altro palestinese era rimasto ucciso in un altro raid aereo contro un tunnel utilizzato per il contrabbando di merci a Rafah, nel sud della Striscia.
Prolungare la giovinezza si può, basta un tapis roulant
Non è solo una questione di chili da perdere o forma fisica da ritrovare: fare sport è anche un valido alleato per aiutarci a invecchiare più lentamente e meglio. Secondo una ricerca condotta da un team di scienziati della Sackler School of Medicine dell'Università di Tel Aviv, fare sport con regolarità aiuta il nostro fisico a moltiplicare le cellule staminali all'interno dei nostri muscoli, che così ringiovaniscono. Per 13 settimane, gli autori della ricerca hanno sottoposto un gruppo di topolini ad uno sforzo fisico paragonabile ad un tapis roulant per 20 minuti al giorno e ne hanno misurato i risultati: le cavie hanno visto aumentare il numero di cellule staminali per fibra muscolare di una percentuale variabile fra il 20 e il 47 per cento, a seconda dell'età, con risultati migliori per i topi più anziani.
Da qui la conclusione che fare regolarmente attività fisica possa aiutare a contrastare la naturale tendenza dei muscoli ad usurarsi e delle cellule staminali a diminuire di numero con l'avanzare dell'età, indebolendo il nostro sistema muscolo-scheletrico: con allenamenti mirati e costanti si può mantenere viva la capacità dell'organismo di auto-generarsi e prolungare, così, la propria giovinezza. Per chi pensasse che agilità, linea invidiabile e benessere psico-fisico non sono abbastanza, ecco un motivo in più per iscriversi in palestra o in piscina, concedersi delle belle passeggiate all'aria aperta o, semplicemente, rinunciare all'ascensore e per una volta fare le scale a piedi!
Il governatore della Banca d'Israele può ridurre il tasso di interesse dal 3,25% al 3% per frenare il rallentamento e prevenire l'inizio della recession. Israele è di fronte ad un rallentamento dell'economia, che colpisce l'inflazione. Dopo un lungo periodo ad un tasso di inflazione elevato, che ha superato l'obiettivo governativo del 1-3% e dopo che l'indice dei prezzi al consumo di luglio ha sorpreso gli analisti facendolo cadere al 0,3%, la Banca di Israele questa settimana ha aggiornato la sua previsione annuale dell'inflazione per i prossimi 12 mesi al 2,5%. Una previsione pubblicata nel febbraio scorso ha posto il tasso di inflazione al 3,8%. E 'stato poi ridotto al 2,9% nel mese di luglio. Si scopre che il rallentamento economico, la recessione nel mondo, la protesta sociale, il malcontento nei paesi confinanti con Israele e l' escalation del sud hanno portato a un forte calo della domanda e alla riduzione dei prezzi. Dopo il calo del tasso di inflazione, il governatore della Banca d'Israele Stanley Fischer può ridurre il tasso di interesse dell'economia israeliana dal 3,25% al 3%, al fine di frenare il rallentamento e prevenire l'inizio di una possibile recessione. Un calo del tasso di interesse può aiutare a recuperare un po' in borsa, dopo le cadute significative nelle ultime settimane, in quanto riduce l'attrattiva di investire in attività fruttifere alternative. I prezzi dei carburanti dovrebbero scendere in maniera significativa alla fine di agosto a causa del calo dei prezzi globali del petrolio a livello mondiale per tutto il mese. Nel frattempo, i negozi stanno ancora offrendo vendite speciali, soprattutto nella categoria degli alimenti a causa della protesta sociale in corso.
Giornata Europea della Cultura Ebraica: gli appuntamenti di Siena, capofila in Italia
Domenica 4 settembre la Giornata su "Ebr@ismo 2.0: dal Talmud a Internet".
Tra gli ospiti Haim Baharier, Eugenio De' Giorgi, David Parenzo, Moni Ovadia e Klaus Davi. In programma spettacoli teatrali, mostre, conferenze, percorsi enogastronomici e visite guidate in Sinagoga
Siena capitale italiana della dodicesima edizione della Giornata Europea della Cultura Ebraica dedicata quest'anno al tema "Ebr@ismo 2.0: dal Talmud a Internet". Domenica 4 settembre la città toscana, capofila delle 62 località italiane, ospiterà, a partire dalle ore 10, una lunga serie di eventi in occasione della manifestazione.
Parola chiave "porte aperte": ad accogliere tutti coloro che vogliono saperne di più di un popolo e di una cultura parte integrante della storia d'Italia da oltre duemila anni e a Siena presente da oltre sette secoli....
Un ambientalista arabo-israeliano per un futuro sostenibile
Tareq Abu Hamed
"Vedo che quello che facciamo qui è qualcosa di molto importante per avvicinare le persone", dice il dottor Tareq Abu Hamed. "Questo è il futuro nel quale dobbiamo investire". Il dottor Tareq Abu Hamed chiama scherzosamente se stesso la "pecora nera" della sua famiglia. Questo perché, dei cinque fratelli della sua famiglia arabo-israeliana, era l'unico che ha voluto perseguire una istruzione superiore, un obiettivo sostenuto dai suoi genitori, che non avevano avuto l'opportunità di continuare gli studi sino a quel livello.
La ricompensa è che Abu Hamed è ora direttore del Centro per le energie rinnovabili e il risparmio energetico presso l' Arava Institute per gli Studi Ambientali, con base a Kibbutz Ketura nella arida Arava Valley di Israele. Lui è il primo membro Arabo full-time della facoltà in questo istituto di studi ambientali, che prepara i futuri leaders arabi ed ebrei per risolvere in modo cooperativo le sfide ecologiche della regione e lavorare per un futuro sostenibile per le risorse umane e naturali della regione. "Stavano cercando qualcuno per dirigere il centro di nuova costituzione nel 2008 e quindi ho fatto domanda", spiega.
Nello stesso anno vince il Premio Dan David per la Responsabilità Sociale con particolare attenzione per l'Ambiente. Membro della Società Chimica israeliana , della Società Energia sostenibile in Israele e l' American Solar Energy Society , Abu Hamed è coinvolto in diverse iniziative della Arava.
Una di queste è un automobile sostenibile, che produrrebbe il proprio combustibile con l'energia solare. "Stiamo anche lavorando su pannelli fotovoltaici autopulenti perché nel deserto c'è un sacco di polvere che copre i pannelli e riduce la quantità di elettricità che può generare. Il nostro sistema sarà integrato nel pannello per soffiare via la polvere ".
Un altro progetto che gli sta a cuore riguarda la fornitura ai beduini nel Negev e in Giordania settentrionale di carburanti più puliti e rinnovabili. "La gente di questi villaggi non è connessa alla rete, bruciano rifiuti di origine animale, legno - il tutto per cucinare e riscaldare le tende. In entrambe le regioni, approvvigionare energia e acqua è il lavoro delle donne che per questo hanno un sacco di problemi di salute ", spiega Abu Hamed. Questo progetto è sostenuto da un finanziamento della Agenzia per lo Sviluppo Internazionale (USAID) degli Stati Uniti e dalla Middle East Competition (MERC).
"Il progetto più importante dell'Arava Institute è quello di preparare i giovani studenti arabi ed ebrei a risolvere i problemi ambientali della regione e di essere dei leader", ha aggiunto. "Stiamo iniziando a vedere i risultati. I palestinesi stanno avviando la loro società e organizzazioni non governative e lavorano tutti insieme sui problemi ambientali, sulle iniziative di pace e convivenza ". Scienza pura e niente politica "Da bambino volevo diventare scienziato", dice.
Nato nel 1972, Abu Hamed è stato allevato nel villaggio arabo di Sur Baher vicino a Gerusalemme, e ha acquisito il suo amore per la scienza dagli insegnanti delle scuole di villaggio che ha frequentato. Lui e sua moglie hanno tre figlie, che frequentano le scuole kibbutz. Essere in un kibbutz non è una nuova esperienza per lui. "Da adolescente, mi sono offerto volontario a Kibbutz Ramat Rache, nella raccolta di frutta d'estate ", ricorda. Ma questo è molto diverso che vivere in una comunità totalmente ebraica. Abu Hamed ha studiato inizialmente alla Gazi University in Turchia. Dopo aver conseguito laurea e master in ingegneria chimica, ha ottenuto un dottorato di ricerca dell'Università di Ankara e poi tornato in Israele per il lavoro di post-dottorato presso il Weizmann Institute of Science . "Weizmann era un posto fantastico," dice. "E 'stato scienza pura e non politica. La gente era molto gentile e non ho mai sentito che ero diverso da chiunque altro. " Ha anche fatto un post-doc presso l'Università della Solar Energy Laboratory del Minnesota.
Mentre era lì, è venuto a conoscenza dell'Istituto Arava con il suo corpo studentesco composto da ebrei israeliani e musulmani così come da americani. Decise che sarebbe stato un perfetto ", un posto in cui posso fare le cose in cui credo" "Non ho mai pensato di rimanere in America", dice. "Ho sempre voluto servire la mia comunità, per restituire, crescendo, quello che ho ricevuto. Questa regione ha bisogno di molta più pace e di più studi ambientali ".
Hamed spera che un giorno l'istituto non sia più inutile. Ma nel frattempo dice: "Vedo che quello che facciamo qui è molto importante, unisce le persone e le porta a conoscersi. Questo è il futuro nel quale dobbiamo investire e anche se un giorno avremo la pace, continueremo a lavorare per renderla sempre più profonda. " Ci sono abbastanza ebrei israeliani e arabi che la pensano nello stesso modo che vogliano realizzare questo obiettivo? "Penso che ci sono tante persone come me là fuori, ma hanno bisogno di conoscere 'l'altro'. Questo è il principale problema: non si conoscono tra loro e quindi non si fidano l'uno dell'altro ".
Commenti della stampa internazionale sull'attacco terroristico nel Sinai
di Emanuel Segre Amar
Desidero iniziare questa mia rassegna stampa settimanale andando a rivedere alcuni titoli letti nei giorni scorsi nella stampa americana ed inglese, e che riporto spulciando a caso.
Il Christian Science Monitor parla dei "terroristi" avendo cura di usare le virgolette prima e dopo questa parola, che forse non si dovrebbe pronunciare.
Per il Daily Telegraph è meglio dimenticare l'attacco terrorista e concentrarsi sul raid israeliano oltre frontiera che ha portato alla sventurata uccisione dei soldati egiziani (su questa azione Israele ha invano invitato il governo egiziano ad indagare insieme ndr). Ancora il Daily Telegraph titola per i suoi lettori che il contrattacco israeliano è stato scatenato dopo una "azione di militanti lungo il confine israeliano".
Il Financial Times ha titolato il primo giorno: 17 uccisi negli attacchi israeliani, e, il giorno successivo, ha messo le due parti insieme sul banco degli accusati titolando: Israele e militanti di Gaza all'attacco.
Per lo Scotland on Sunday, Israele "sostiene" che 8 suoi cittadini sarebbero stati uccisi, mentre i morti egiziani vengono dichiarati "certi", morti quando i soldati israeliani inseguivano "sospetti militanti".
Per il Guardian all'inizio ci sarebbe stato un semplice attraversamento delle frontiere, e successivamente, per voler apparire equidistante, la testata inglese parla di lanci da Gaza (che "atterrano" su Israele) e di attacchi aerei israeliani (che "colpiscono" Gaza). Ancora per il Guardian gli scontri sarebbero avvenuti tra le forze israeliane e sospetti militanti palestinesi.
Per la CNN gli attacchi sono stati portati da uomini "presentati da IDF come terroristi" (parola questa rigorosamente tra virgolette). Va anche osservato che al Consiglio di sicurezza non è stato possibile emettere alcuna sentenza di condanna dal momento che il Libano, che attualmente "rappresenta" il blocco arabo, e che, non dimentichiamolo, è oramai dominato da Hezbollah, ha preteso che non si poteva parlare di attacco terrorista (che quindi sarebbe stato da condannare) perché nel bus di linea che ha subito il primo attacco i passeggeri erano quasi tutti militari; questa combinazione ha trasformato l'attacco da terrorista in azione di guerra... Si dimostra dunque, ancora una volta, l'inutilità di mantenere un'istituzione come l'ONU.
Ed infine, l'Independent: il dolore di Israele è finito e lascia il posto alla vendetta sui palestinesi. Forse bisognerebbe spiegare la differenza tra vendetta e difesa, ma non importa. Teniamoci anche questa tremenda parola. E allora, signori dell'Indipendent, siamo d'accordo. Il tempo in cui si potevano uccidere ebrei e non risponderne è finito. E' durato secoli e secoli e avete avuto tutto il tempo per divertirvi. Ora è finito e non ritornerà. E' finito e non ritornerà perchè, contro ogni logica aspettativa, contro ogni realismo, uomini con un coraggio pari solo all'enormità dei loro sogni hanno creato uno stato che ora esiste ed è Israele. E' finito e non ritorna perché per ogni antisemita e ogni antisionista c'è un amico che si batte al nostro fianco. E' finito e non ritorna perché noi ce la faremo a salvare i nostri figli e i figli di coloro che credono di essere i nostri nemici. Ci arriveremo con il coraggio e con la compassione. Siamo forniti di entrambi. Noi riusciremo, non so quando, non so come, ma esisterà un mondo senza terrorismo, senza dittatura e senza guerra; e noi siamo tra quelli che avranno contribuito a costruirlo.
La settimana scorsa, la Casa Bianca si è lanciata in due mosse puerili e presto scoperte che hanno smascherato le dilettantesche e ingannevoli politiche verso il Medio Oriente e l'Islam dell'amministrazione Obama in un modo fin troppo lapalissiano. Il primo caso riguardava la spinosa questione dello status giuridico di Gerusalemme nel diritto americano. Nel 1947, le Nazioni Unite amministrarono la città santa [ponendola sotto regime speciale internazionale] in modo che fosse un corpus separatum, senza così far parte di nessuno Stato. Dopo tutti questi anni e nonostante molti cambiamenti, la politica americana continua a sostenere che questo è lo status di Gerusalemme. Ignora però che il governo israeliano nel 1950 proclamò propria capitale Gerusalemme ovest e così fece nel 1980 per l'intera città santa. Il ramo esecutivo ignora anche la legge Usa del 1995 (che richiedeva un trasferimento dell'ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme) e quella del 2002 (che richiedeva che i documenti americani riconoscano ai cittadini Usa nati a Gerusalemme di essere nati in Israele). Piuttosto, esso insiste sul fatto che l'assetto della città deve essere deciso attraverso la diplomazia.
Sfidando questa politica, i genitori americani di Menachem Zivotofsky, chiesero per conto del loro figlio che sul suo certificato di nascita e sul passaporto risultasse che fosse nato in Israele. Quando il Dipartimento di Stato rifiutò, i genitori intentarono una causa e il loro caso ha ormai raggiunto la Corte Suprema. Le cose cominciano a farsi interessanti il 4 agosto scorso, quando Rick Richman del New York Sun ha osservato che «la Casa Bianca riconosce sul proprio sito web che Gerusalemme è in Israele - e così anche il Dipartimento di Stato e la Cia», indebolendo la tesi del governo. Richman ha messo in evidenza tre menzioni di «Gerusalemme, in Israele» nelle didascalie che accompagnano le foto pubblicate sul sito web della Casa Bianca con riferimento a un viaggio fatto da Joe Biden nel marzo 2010: «Il vicepresidente Joe Biden ride in compagnia del presidente israeliano Shimon Peres a Gerusalemme, in Israele»; «il vicepresidente Joe Biden incontra il primo ministro Benjamin Netanyahu a Gerusalemme, in Israele» e infine «il vicepresidente Joe Biden fa colazione con l'ex-premier britannico Tony Blair ( ) a Gerusalemme, in Israele». Richman ritiene che questa dicitura sia in fieri la "prova fondamentale" contro la tesi del governo. Alle ore 15,22 del 9 agosto, Daniel Halper del Weekly Standard ha reiterato l'opinione di Richman postando la prima di quelle foto. Due ore e quattro minuti dopo, alle 17,26, Halper ha riportato che «la Casa Bianca ha rivisto il suo sito web, eliminando ogni riferimento al fatto che Gerusalemme fosse in Israele». La nuova didascalia recitava così: «Il vicepresidente Joe Biden ride in compagnia del presidente israeliano Shimon Peres a Gerusalemme». Qualcuno dello staff della Casa Bianca sperava di giocare un brutto tiro. Ma come ha osservato James Taranto nel Wall Street Journal, la Corte Suprema non vede di buon occhio scherzi del genere.
Il secondo inganno riguarda la lista degli invitati redatta per la cena dell'iftar (a rottura del digiuno del Ramadan) tenutasi alla Casa Bianca il 10 agosto. La Casa Bianca ha pubblicato una lista degli invitati «di alcuni degli ospiti attesi» che annoverava 4 membri del Congresso, 36 diplomatici e «11 membri della comunità». Con grande sollievo per noi che stiamo attenti a queste cose, nella lista non c'erano i nomi di islamisti americani. Ma "alcuni nomi" erano tutt'altro che chiari. Un'indagine condotta dall'Investigative Project on Terrorism e da altri ha dimostrato che la lista pubblicata non menzionava gli islamisti americani presenti a quella cena, come Haris Tarin del Muslim Public Affairs Council, Mohamed Magid dell'Islamic Society of North America e Awais Sufi dei Muslim Advocates. Si noti altresì che la Casa Bianca non ha invitato un solo rappresentante dei 12 membri del gruppo anti-islamista American Islamic Leadership Coalition, la cui dichiarazione degli obiettivi proclama di voler «difendere la Costituzione degli Stati Uniti, sostenere il pluralismo religioso, tutelare la sicurezza americana e tenere in gran conto la reale diversità nella professione della nostra fede islamica».
Questi due inganni in soli due giorni inducono a porsi degli interrogativi sulla moralità e perfino sul buonsenso dello staff della Casa Bianca sotto l'amministrazione Obama. I suoi impiegatucci pensano davvero di potere farla franca con simili trucchi sordidi? Separatamente, ognuno di questi inganni assicura delle condanne; insieme, essi simboleggiano il tenore di un'amministrazione fallita in panico per gli indici di gradimento più bassi in assoluto nei sondaggi (solo il 43,3 per cento è a favore secondo i dati pubblicati da RealClearPolitics.com) e che cerca di far rivivere le sue fortune con qualsiasi mezzo necessario, anche se i suoi tentativi disonesti la espongono al ridicolo. Più specificamente, i due episodi mostrano il fallimento delle politiche verso il Medio Oriente e l'Islam. L'arroganza del 2009 è sempre quella, ora temperata dall'insuccesso e dalla disperazione.
(The Washington Times, 16 agosto 2011 - da Archivio di Daniel Pipes)
Una pista alternativa per uno dei più gravi fatti di sangue della storia dell'Italia repubblicana, la strage della stazione di Bologna dove il 2 agosto 1980 l'esplosione di una bomba causò la morte di 85 innocenti e il ferimento di altri 200. Dopo una lunga vicenda giudiziaria, sono stati riconosciuti con sentenza definitiva come esecutori materiali dell'eccidio gli ex terroristi "neri" dei Nar Giuseppe Valerio "Giusva" Fioravanti e Francesca Mambro (ergastolo) e Luigi Ciavardini (30 anni perché minorenne all'epoca dei fatti); i tre si sono sempre proclamati innocenti. L'ex gran maestro della loggia massonica P2, gli ex ufficiali del Sismi Giuseppe Belmonte e Pietro Musumeci e l'ex agente del servizio segreto militare Francesco Pazienza sono invece stati condannati per il depistaggio delle indagini.
Nelle scorse settimane la procura di Bologna ha iscritto nel registro degli indagati gli ex terroristi tedeschi Thoma Kram e Christa Margot Frohlich, all'epoca dei fatti legati a Illic Ramirez Sanchez, meglio noto come "Carlos lo Sciacallo". La nuova pista parte dal lavoro della commissione parlamentare Mitrokhin che tra il 2001 e il 2006 analizzò i documenti prodotti dall'ex archivista del Kgb sulle azioni riguardanti l'Italia del servizio segreto dell'Unione Sovietica. Grazie ai documenti di Mitrokhin è stato meglio definito un patto che sarebbe stato stretto da Aldo Moro con l'Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP).
Il "Patto Moro" avrebbe consentito fino all'uccisione dello statista per opera delle Brigate Rosse nel 1978 il libero passaggio per l'Italia delle armi per i guerriglieri palestinesi in cambio della promessa di non effettuare attentati nel nostro paese. L'accordo sarebbe stato rotto nel novembre del 1979 quando Abu Azeh Saleh, rappresentante in Italia del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (l'area di sinistra estrema dell'OLP) venne arrestato a Ortona insieme all'esponente dell'autonomia romana Daniele Pifano perché trovati in possesso di tre lanciamissili di fabbricazione sovietica. L'Fplp avrebbe allora deciso di punire l'Italia per la violazione dell'accordo chiedendo a Carlos di realizzare l'attentato. Altri riscontri alla "tesi palestinese" sono un'informativa del Sismi del luglio 1980 che avvertiva del pericolo della "vendetta palestinese" e la presenza accertata di Kram e Frohlich a Bologna nei giorni intorno alla strage della stazione.
Questa ipotesi investigativa è stata sostenuta con forza negli ultimi anni di vita dal presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga che in un'intervista del 2008 si dichiarò convinto dell'innocenza di Mambro e Fioravanti e della strage di Bologna come un "incidente" dei terroristi palestinesi operanti in Italia. Carlos dal canto suo ha sempre respinto responsabilità nella strage di Bologna e l'ha attribuita a Cia e Mossad che avrebbero utilizzato come manovalanza terroristi neofascisti (ma non Fioravanti e Mambro) per punire l'Italia dell'accordo segreto con l'OLP.
Tra i più soddisfatti per le novità sul fronte delle indagini c'è il deputato Enzo Raisi (ex An, ora Fli) che nell'aprile 2006 consegnò i documenti della commissione Mitrokhin alla procura di Bologna che in precedenza aveva aperto un fascicolo contro ignoti. Scettico è invece Paolo Bolognesi, presidente dell'associazione dei parenti delle vittime della strage, che annuncia per l'autunno la presentazione di un nuovo esposto per la prosecuzione delle indagini nel senso della tesi riconosciuta valida dalla Corte di Cassazione in cerca dei nomi dei mandanti.
Dichiarazioni di Saya - Renzo Gattegna: "Non abbassiamo la guardia"
Nel merito della notizia che è in programma a Genova nella seconda metà di settembre un raduno che punta alla formazione di una Guardia Nazionale di ispirazione fascista, il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha dichiarato:
"Suscita un amaro sorriso leggere dell'iniziativa che punta alla formazione delle Legioni per la sicurezza e la difesa della patria e del loro prossimo raduno a Genova il 24 e 25 settembre. Fallita l'esperienza delle Ronde Nere, Gaetano Saya tenta nuovamente di richiamare l'attenzione sull'opinione pubblica. L'effetto che produce è una preoccupazione che ci induce a non abbassare la guardia: l'ostentazione di idee e simboli che si ispirano all'ideologia del fascismo ci ricorda i nefasti effetti che quell'ideologia ebbe sulla popolazione italiana aggredendo e soffocando principi e diritti che sono oggi alla base della nostra libera e pluralistica società. Valori essenziali che riteniamo di dover gelosamente custodire".
Sulla vicenda è tra gli altri intervenuto il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici che ha dichiarato di essere pronto, in caso di silenzio istituzionale, a indire una manifestazione di protesta nello stesso giorno e nello stesso luogo del raduno.
Parlato: la mia Tripoli, in pace anche con gli ebrei
«Tornerei ma non so quando sarà possibile, temo che il Paese si spacchi» Condivido le preoccupazioni di Sergio Romano. Il rischio di divisione tra Tripolitania e Cirenaica è concreto Prima di consegnare la Libia al re Idris gli inglesi cacciarono tutti i rompiscatole: anche me, giovane comunista
di Paolo Conti
Valentino Parlato
ROMA - Valentino Parlato, 80 anni compiuti in questo 2011, torna col ricordo a più di sessant' anni fa, al se stesso adolescente iscritto alla scuola italiana. Lo sfondo del ricordo è Tripoli: «Era una stagione particolare, in cui non c' erano divisioni. L'amministrazione britannica aveva permesso che si riaprisse un luogo di istruzione italiano. E lì studiavamo tutti insieme. Noi italiani. Gli arabi. Gli ebrei libici, che erano lì da mille anni. Non c' erano conflitti, non c' erano divisioni. I miei compagni di classe erano, per esempio, i Vaturi, che ora hanno un importante negozio in via del Corso a Roma. Gli Hassan, che credo siano a Milano. Condividevamo tutti insieme il dovere di imparare qualcosa e anche le prime schermaglie amorose...».
Valentino Parlato ha la Libia piantata nel cuore. Quando pronuncia i nomi, la dimestichezza con l' arabo è evidente, com' è ovvio che accada a chi è nato a Tripoli nel 1931 (suo padre era emigrato nel 1926 in cerca di lavoro) e ci è rimasto per vent' anni, fino a quel 1951 in cui venne cacciato come «comunista», circostanza che ancora lo inorgoglisce: «Gli inglesi stavano "ripulendo" la Libia prima di consegnarla al re Idris, proclamato nuovo sovrano. Mandarono via tutti i rompiscatole, quindi anche me. Ritengo tuttora molto bello essere entrato così giovane in un' organizzazione clandestina comunista. Quella scelta ha segnato per sempre la mia vita, e continua a segnarla...». Con Parlato, lo stesso giorno, rispedirono in Italia anche «tre operai, il più ricco notaio di Tripoli e un ufficiale postale».
Ma com' era, Parlato, il clima di quel periodo prima del suo esilio? «I rapporti erano buoni tra tutte le componenti: inglesi, italiani, libici, ebrei. Ma sempre a livello di élite. Non esisteva certo una borghesia libica, mia madre era per esempio amica dei Caramanli, ma si trattava della nobiltà locale. La massa dei libici erano insomma dei poveracci, dei disgraziati. E bisogna riconoscere che si deve a Gheddafi la nascita di una specie di welfare alla libica, con una certa assistenza sanitaria, diritto allo studio: con lui, Gheddafi, che decideva chi mandare a studiare all' estero... bisogna riconoscerlo, ora che sta finendo tutto e il futuro è incerto». Il nodo degli ebrei non è secondario, in questo momento in cui Gheddafi crolla e lo scenario in Medio Oriente cambia: «No, non è secondario... Io sono stato testimone di un pogrom ferocissimo. Le truppe inglesi furono comandate in caserma e nelle strade avvenne di tutto, fu atroce, c' era la pressione della vicenda palestinese e della nascita di Israele... Poi gran parte degli ebrei fu cacciata, dopo la mia partenza, ma la decisione fu di re Idris e non certo di Gheddafi».
Per questa ragione Valentino Parlato, quando intervistò Gheddafi nel dicembre 1998, gli chiese perché gli ebrei libici non fossero tornati dopo la caduta di re Idris: «E lui mi rispose che a suo avviso sarebbero stati i benvenuti, ma che non era in grado di assicurare la loro incolumità, e naturalmente si riferiva ancora alla questione palestinese».
E adesso, Parlato? «Adesso condivido le preoccupazioni espresse ieri da Sergio Romano sul suo fondo in prima pagina sul Corriere della Sera . Temo molto, in primo luogo, la possibile divisione della Libia tra Cirenaica e Tripolitania, con la Cirenaica più religiosa e la Tripolitania molto meno. Penso all' Egitto, a una rivoluzione che si annunciava democratica, e invece ci ritroviamo con i Fratelli musulmani... Insomma, c' è da preoccuparsi profondamente. A me piacerebbe tornare, ma non saprei sinceramente dire quando sarà possibile».
GERUSALEMME - «Vorrei che Angelina fosse qui...». In un tranquillo weekend di paura, un uomo da marciapiede cammina per le strade di Sderot, l' ultima cittadina israeliana prima d' entrare a Gaza. Suona una sirena. Piovono Qassam. Lui corre in un rifugio di cemento rinforzato. L' uomo è un Oscar del cinema, si chiama John Voight, ma non sta recitando: «Non pensavo di trovarmi a scappare in un bunker antimissile e invece un giorno m' è capitato davvero - dice -. So che qui il pericolo è reale. È dura vivere da queste parti. Vorrei che anche Angelina fosse qui e vedesse coi suoi occhi...». Angelina (Jolie) è sua figlia. In febbraio, Voight annunciò che l' avrebbe portata con sé in questo «viaggio di testimonianza», ma è noto che i rapporti fra i due siano a zero da almeno dieci anni («è una malata di mente», disse lui di lei; «per tenerlo alla larga, mi sono cambiata anche il cognome all' anagrafe», disse lei di lui) e non sembra certo la politica mediorientale a poterli riavvicinare: Voight è un fervente sostenitore della causa sionista, venne qui per i 60 anni d' Israele, nel 2010 manifestò a Hollywood e scrisse pure una lettera aperta a Obama, contro la politica americana che stava «abbandonando» lo Stato ebraico; alla Jolie, ambasciatrice Unicef e soccorritrice di bambini feriti nel mondo, in passato furono attribuiti severi giudizi (smentiti) su Israele e sull' «apartheid» dei palestinesi, mentre è un fatto che tre mesi fa abbia visitato i profughi dalla Siria evitando qualsiasi giudizio sul regime di Assad. «Tutte storie - taglia corto il padre, a chi gli domanda perché Angelina non sia qui, come lui aveva sperato -. Mia figlia ha le sue idee, ma ama profondamente la cultura ebraica: senza essere ebrea, ha perfino cresciuto i figli con una Torah in casa, perché capissero l' importanza di tutte le fedi religiose». Le idee di Voight sono chiarissime: domani, a Gerusalemme, parteciperà al Tea Party organizzato dall' anchorman Glenn Bleck e dalla destra americana. «L' opinione pubblica mondiale pensa che Israele sia uno Stato forte, duro, sveglio. Vero. Ma deve ricordare che è anche un posto d' esseri umani, vulnerabili, circondati da nemici». Pure i palestinesi, però... «Sono stato a visitare un ospedale israeliano. E nelle stesse corsie, c' erano ricoverati anche palestinesi di Gaza. Crede che a Gaza farebbero lo stesso?».
Israele: presto la costruzione di due fabbriche di fertilizzanti in India
L'Israel Chemicals Ltd. ha annunciato di voler espandere la sua capacità produttiva con la costruzione di due fabbriche che producano fertilizzanti solubili in India in collaborazione con il suo partner locale, la Zuari Industries, che opera nel nord e nell'est dell'India. "La decisione di aprire due impianti deriva dal successo dell'impianto già esistente in India con metodi moderni sin dall'inizio ha incentivato la crescente domanda di fertilizzanti solubili", ha detto la società israeliana in un comunicato. La Zuari Industries produce e distribuisce fertilizzanti e prodotti agricoli in tutta l'India ed è partner con l'industria chimica israeliana nella fornitura di concimi speciali in India con il nome di Zuari Rotem. Dal marzo 2010, Zuari è operativo come impianto di fertilizzanti solubili con una capacità produttiva di 32.000 tonnellate l'anno. Yossi Sidone, a capo della concimi speciali israeliana, ha affermato che "la decisione di espandere la collaborazione con Zuari Industries è un ulteriore passo nell'attuazione della nostra strategia di espansione nei fertilizzanti speciali all'estero e più in generale - soprattutto nei mercati emergenti dove si vede un notevole potenziale di crescita. "Crediamo che la nostra leadership nel rilascio ritardato e controllato dei fertilizzanti a fianco della distribuzione eseguita dalla Zuari ci permetterà di rispondere alle particolari esigenze degli agricoltori in India attraverso i nuovi impianti in modo da ottenere un vantaggio competitivo" Sidone ha aggiunto inoltre: "Siamo orgogliosi di essere una parte centrale del campo dei fertilizzanti speciali in particolare nei mercati con alti tassi di crescita della popolazione in cui la domanda di prodotti agricoli è in rapida crescita, come l'India." La scorsa settimana, ICL ha pubblicato i risultati finanziari per il secondo trimestre del 2011, riportando un utile netto di circa 119 milioni dollari, un salto del 44% rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente.
Accesso condizionato alle Googlecar: eventuali controversie dovranno essere affrontate in loco e i cittadini dovranno avere gli strumenti per chiedere l'offuscamento di contenuti specifici prima della loro pubblicazione
ROMA - Dopo tre mesi di negoziazioni, il Ministro della Giustizia israeliano ha dato il via libera, anche se condizionato, a Google Street View. Il servizio di mappatura di Google in Israele era finora bloccato: Israele era, insomma, tra quei paesi dove le autorità si mostravano a dir poco diffidenti nei confronti del servizi di Google e sopratutto dei metodi adottati per scattare fotografie e raccogliere dati. A differenza degli altri paesi in cui Google stava incontrando problemi, tuttavia Mountain View non era stato accusata solo di violare la privacy degli utenti con la raccolta dei dati ottenuti tramite reti WiFi aperte o con le fotografie dell'interno dei giardini, ma anche e soprattutto di compromettere la sicurezza offrendo immagini dettagliate ad eventuali aspiranti attentatori.
Dalle spiagge di diversi litorali, Il mondo attende i risvolti della guerra civile (più NATO) in Libia
di Alan David Baumann
Noi italiani fremiamo in particolar modo, per paura di missili che teoricamente potrebbero essere lanciati contro il nostro territorio, ma soprattutto per il timore di un'invasione di profughi nordafricani. E' possibile che la pubblicazione di questo articolo arrivi dopo questa "liberazione".
Per ora accogliamo e intervistiamo i numeri due e coloro che si consegnano alle "autorità liberatrici". Chissà se far parte improvvisamente della massa che si ribella, basterà per essere assolti riguardo a quanto perpetrato in questi decenni.
L'opinione pubblica deve credere ad un nuovo mondo arabo basato sulla fratellanza. Guai a chi sostiene - come me - che morto un Gheddafi ce ne sarà un altro, poi un altro ancora e questo in ogni luogo dove "democrazia" resta una parola confinata in un vocabolario, magari come sinonimo di "America" o peggio di "Israele". Chissà se questi nuovi personaggi pronti a salire al potere, restituiranno quanto confiscato a coloro - soprattutto le antiche comunità ebraiche - che furono barbaramente cacciati dalla Libia nel 1967.
Queste "nuove" masse al potere dovranno presto cedere agli invasori multinazionali che si prostreranno ai loro piedi per ricostruire un paese, per stringere alleanze petrolifere, per ottenere accordi legati al gas e ad altri beni naturali. I loro rappresentanti non si chiameranno Gheddafi, Assad, Mubarak, ma alzeranno le loro tende a Villa Pamphili (Roma) e verranno abbracciati ed accolti solennemente da miriadi di belle ragazze per il bunga bunga della vecchia Europa.
Il fatto che nulla sia destinato a cambiare (se non in peggio) è la fermezza con la quale tutti quanti inneggiano a trovare in Israele il male assoluto.
Da un lato, caduto Mubarak, il nuovo Egitto permette immediatamente a due navi militari Iraniane di varcare le acque dello Stretto di Suez (dimenticate dall'opinione pubblica dinnanzi alle coste siriano libanesi) e ripetutamente chiude l'oleodotto con Israele. 3 gruppi di terroristi entrano liberamente nello Stato con la Stella di David e mascherati da agenti di polizia compiono delle stragi contro militari e turisti presso il Mar Rosso. Hamas dichiara la fine di una tregua mai iniziata. Per informazioni chiedete agli abitanti delle città israeliane da tempo immemore sotto ai missili palestinesi.
Stranamente, il nuovo Egitto non fa nulla per modificare gli accordi firmati nel 1978 a Camp David da Sadat e dal premier israeliano Begin, per riappropriarsi della "Striscia di Gaza", dal 1967 "terra di nessuno" .
Avete letto bene: rammentiamo che la Striscia era egiziana fino alla guerra dei 6 giorni e quando il Presidente egiziano firmò la pace e la restituzione della Penisola desertica del Sinai (61.000 km quadrati), non cercò minimamente di riprendersi quei 151 km quadrati delimitati dall'armistizio del 1950 (ndr. sempre tra Egitto ed Israele). Esattamente come re Hussein di Giordania non richiese Gerusalemme Est né la Cisgiordania quando nel 1994 siglò la fine delle inutili guerre.
Gli arabi di Palestina rischiano nuovamente di cadere nel trabocchetto dei loro fratelli. Vedere negli ebrei i loro più acerrimi nemici - tanto che all'inizio della rivolta libica gli insorti accusavano Gheddafi di essere figlio di un'ebrea che usa carri armati israeliani -, serve solo per non rendersi conto che il loro popolo rischia una nuova pesante e cruenta uccisione da parte dei siriani, come lo fu nel settembre del 1970 per mano degli hashemiti della Giordania. Mi fa sorridere chiamarli "palestinesi" solo per distinguerli dagli israeliani. I "Palestinesi"sono oltre il 40% degli abitanti della Giordania ed anche in Siria ed in Libano se ne contano diversi milioni. La Palestina fu quell'immenso territorio in mano agli antichi romani, ma oggi è diventato solo il pretesto degli antisionisti arabi e degli antisemiti europei per epurarsi definitivamente dalle proprie radici ebraiche.
Certa politica italiana manifesta immediatamente contro il governo di Gerusalemme, ma nessuno piange i civili massacrati presso Eilat né quelli uccisi barbaramente in Siria. Non sono "Palestinesi" molti degli uccisi dai cecchini di Assad?
Oramai queste forze politiche nella vecchia Europa sono ai miei occhi solo delle postazioni avanzate di terroristi antisemiti. Non possono venir chiamati diversamente chi mira solo all'annientamento di uno stato. Perfino la presentazione unilaterale d'ammissione di uno stato palestinese all'Onu, che tutto sommato veniva vista favorevolmente anche dal governo israeliano, ha perso credibilità dopo i tristi attentati della settimana scorsa. D'altra parte richiedere i confini del 1967, significherebbe rientrare in Giordania ed in Egitto, perché fino ad allora lo Stato di Palestina non era stato voluto dai fratelli arabi.
Staminali: la soluzione all'uso delle cellule è in bocca
TEL AVIV, 23 ago. - A differenza di tutte le altre, le cellule staminali della mucosa orale rimangono giovani e potrebbero rappresentare una valida alternativa alle cellule staminali embrionali. Lo riporta uno studio di un team dell'Universita' di Tel Aviv pubblicato su Stem Cell. Come e' noto le cellule staminali pluripotenti delle molto dell'embrione sono oggetto di controversie etiche, e quindi in molti paesi, tra cui l'Italia, non possono essere adoperate per la ricerca. Le cellule derivati da tessuti degli adulti, d'altro canto, perdono di flessibilita'. Una soluzione potrebbe venire dalle cellule staminali presenti nella mucosa orale, la membrana che riveste l'interno della nostra bocca. Queste cellule non sembrano invecchiare come il resto del nostro corpo. Nel suo laboratorio presso la Scuola Goldschleger della Tel Aviv University of Dental Medicine, Sandu Pitaru e il suo team hanno raccolto con successo le cellule della mucosa orale e trasformate in cellule staminali. "Anche se derivate da tessuti adulti, queste cellule staminali tratte dalla mucosa orale sono quasi altrettanto flessibili delle cellule staminali embrionali", ha detto Pitaru. La ricerca apre una nuova prospettiva sulle terapie per malattie neurodegenerative, cardiache e le malattie autoimmuni, cosi' come il diabete. I dentisti sono da tempo consapevoli di alcune delle proprieta' uniche della mucosa orale, dice il Pitaru. "Le ferite nella mucosa orale guariscono con la rigenerazione, il che significa che il tessuto ritorna completamente al suo stato originale".
Una ferita che potrebbe richiedere settimane per guarire e lasciare una lunga cicatrice sulla pelle guarisce in pochi giorni all'interno della bocca, indipendentemente dall'eta' del paziente.
Israele protesta per la posizione della Spagna sullo Stato palestinese
Il governo israeliano ha espresso nei giorni scorsi «malessere» e una protesta ufficiale per le dichiarazioni del ministro degli esteri spagnolo, Trinidad Jimenez, sulla creazione di uno Stato palestinese. In un'intervista pubblicata domenica su El Pais, il capo della diplomazia spagnola sottolineava che «in questo momento esiste un grado di maturità sufficiente per compiere passi nella direzione» di riconoscere lo Stato palestinese. Il governo israeliano, secondo fonti diplomatiche citate oggi dal quotidiano, ha convocato l'ambasciatore spagnolo a Tel Aviv, Alvaro Iranzo, per rendere noti la «sorpresa» e il «malessere» per le parole della Jimenez. Iranzo, secondo le fonti, ha ribadito che la posizione che sarà adottata dalla Spagna sul riconoscimento dello Stato palestinese è condizionata dal contenuto della risoluzione che la delegazione palestinese sottoporrà all'Assemblea generale dell'Onu e alle consultazioni nell'ambito della Ue. I ministri degli esteri europei dibatteranno infatti della questione il 2 settembre in un vertice informale a Sopot, in Polonia. Nell'intervista, Trinidad Jimenez indicava i tre requisiti che, a suo avviso, la risoluzione dell'Onu dovrà contenere per ricevere l'appoggio del governo spagnolo: «Il riconscimento dei due Stati», Israele e Palestina, «la necessit di dare garanzie di sicurezza ad Israele e il ritorno ai negoziati» fra le due parti.
Sul lungomare di Bat Yam a sud di Tel Aviv avrà luogo da oggi al 25 agosto il 15o festival internazionale del teatro di strada. Il festival attrae ogni anno oltre 150 mila visitatori e artisti internazionali grazie ai suoi spettacoli di teatro, danza e musica tanto di artisti israeliani quanto di artisti provenienti da Regno Unito, Bulgaria, Belgio, Italia, Spagna, Germania, Russia. Decine di spettacoli adatti a tutta la famiglia saranno presentati durante il festival. Da non dimenticare poi l'appuntamento internazionale con la biennale di arte di Bat Yam che avrà luogo il prossimo ottobre 2012, il cui tema principale sarà "Le Metamorfosi".
Nonostante lo Stato ebraico si sia affrettato a precisare che con il partito palestinese non ha firmato accordi "né direttamente né indirettamente", sullo sfondo della decisione pesa la volontà di non mettere in difficoltà il nuovo governo del Cairo dopo l'uccisione di sei agenti egiziani da parte delle truppe israeliane.
Tregua. Ma non è un "cessate il fuoco" definitivo, si tratta soltanto di una "sospensione delle ostilità", annunciano i Comitati di resistenza popolare, la fazione indicata da Israele come responsabile dell'attacco di giovedì all'autobus nella zona di Eilat, costato la vita a otto israeliani che ritornavano a casa dal Mar Rosso. Solo una "sospensione", perché i Comitati rivendicano il "diritto alla resistenza".
Tutti i gruppi armati palestinesi della Striscia di Gaza, dopo cinque giorni consecutivi di razzi sparati contro Israele (che ha risposto con una serie di raid aerei), avrebbero accettato quindi la tregua, compresa la Jihad islamica.
Al negoziato hanno partecipato anche funzionari dell'Onu e Israele avrebbe accettato dopo un vertice notturno dei ministri più importanti del governo di Benjamin Netanyahu. Dall'ufficio del primo ministro dello Stato ebraico si sono però affrettati a precisare: "Non firmiamo accordi con Hamas, né direttamente né indirettamente", eppure pare che l'intenzione di Israele sia quella di un ritorno alla calma nelle prossime ore, soprattutto per non mettere in difficoltà il nuovo governo del Cairo. Ad avere successo sono stati gli sforzi della diplomazia internazionale, del nuovo Egitto senza Mubarak soprattutto, che, nonostante un'apparente intransigenza con Tel Aviv dopo i cinque agenti del Cairo uccisi da soldati israeliani in uno sconfinamento sul Sinai, ha lavorato sottotraccia per raggiungere la tregua fra Israele e le milizie palestinesi della Striscia di Gaza.
Una conferma dell'evoluzione positiva della crisi è arrivata dalla decisione dei responsabili della difesa civile in Israele di revocare totalmente lo stato di allarme in tutti i centri minacciati dai razzi di Gaza e di autorizzare la ripresa di eventi con ampia partecipazione di pubblico, come le partite di calcio nelle grandi città del sud.
Mentre a Gaza i portavoce di Hamas e dei Comitati di resistenza popolare confermavano di aver deciso di sospendere il fuoco contro lo Stato ebraico a condizione che quest'ultimo faccia altrettanto. Non si tratta però di un accordo formale, ma di una tacita intesa che durerà fino a quando le parti la vorranno rispettare. I Cpr, infatti, hanno tenuto a sottolineare che la tregua è solo provvisoria.
Gli sforzi della diplomazia hanno apparentemente contribuito alla decisione del gabinetto israeliano per la difesa di non lanciare un'offensiva terrestre contro i gruppi islamici a Gaza.
Sulla decisione del gabinetto ha apparentemente avuto un peso decisivo la volontà di non infiammare ulteriormente la piazza egiziana, per non indebolire la dirigenza politica al potere al Cairo in un momento in cui una parte dell'opinione pubblica chiede la revoca del trattato di pace con Israele del 1979: migliaia di egiziani hanno partecipato a manifestazioni davanti all'ambasciata israeliana al Cairo in seguito all'uccisione dei cinque agenti egiziani uccisi sul confine giovedì scorso. Sull'incidente è in corso un'inchiesta dell'esercito con la partecipazione di ufficiali egiziani. Israele comunque ha espresso con il ministro della Difesa, Ehud Barak, il suo rammarico per i soldati uccisi, ma, in attesa degli esiti dell'inchiesta, non ancora le scuse che il Cairo esige.
Israele: gli Indignados occupano un edificio, la polizia sgombera
Dopo una settimana di stasi - dovuta ad una escalation militare fra Israele e Gaza - la protesta sociale degli 'indignados' di Tel Aviv ha ripreso ieri quota quando duecento attivisti hanno occupato un grande edificio in abbandono, a breve distanza dalla centrale Piazza Dizengoff.
Nella nottata, su richiesta del sindaco di Tel Aviv Ron Huldai (laburista), la polizia è però intervenuta con determinazione e ha sgomberato a forza il palazzo. Due dimostranti sono stati fermati.
Uno degli organizzatori della protesta ha spiegato all'Ansa che l'edificio occupato (e subito ribattezzato 'Casa del popolò. era stato donato nel 1938 da un filantropo al municipio di Tel Aviv affinchè fungesse da centro sociale a vantaggio degli abitanti. Per decenni ha poi ospitato una scuola, poi è stato trasformato in un dormitorio per studenti. Il palazzo - di tre piani in stile Bauhaus- risulta essere abbandonato dal 1999.
Secondo i dimostranti nel centro di Tel Aviv ci sono altri 20-25 edifici che il municipio lascia analogamente in stato di abbandono, nell'intenzione di venderli un giorno ad imprenditori privati. "Con l'occupazione di ieri - ha affermato uno degli attivisti - abbiamo voluto segnalare al sindaco che è giunto il momento di restituire quegli edifici agli abitanti della città".
Da parte sua un portavoce del municipio ha affermato che la occupazione del palazzo è un atto grave e ha ribadito che il Sindaco è determinato ad impedire che la legge venga violata.
(swissinfo.ch 23 agosto 2011) (euronews, 23 agosto 2011)
Al via Bejahad 2011, festival di popoli e della Mitteleuropa
Si apre domani il sipario su Bejahad, il grande festival delle comunità ebraiche dell'ex Jugoslavia giunto quest'anno alla dodicesima edizione. L'onore di aprire la rassegna, organizzata come nel 2010 ad Abbazia (Croazia), spetterà al coro ebraico Kol HaTikva, realtà ospitata da alcuni anni nelle strutture triestine dell'Adei su pulsione del gruppo sionistico locale. Come da tradizione Bejahad si annuncia ricca di spunti con un articolato calendario di eventi, dedicati al mondo slavo ma anche alla Mitteleuropa e ai paesi del Mediterraneo, che si declineranno nel segno di cinema, danza, teatro e letteratura. Il tutto in uno dei luoghi paesaggisticamente e storicamente più affascinanti d'Europa.
Tra gli ospiti più attesi Predrag Matvejevic, il grande scrittore bosniaco che nel suo ultimo libro Pane nostro ha raccontato le vicende dei popoli del Mediterraneo in una chiave di assoluta originalità. Insieme a lui nomi affermati dell'arte e della cultura ma anche molti talenti emergenti uniti dal desiderio di partecipare a un'esperienza unica nel suo genere. "Siamo un festival laboratorio con molte ambizioni" spiega il vicepresidente della Comunità ebraica di Zagabria Vladimir Salamon, storica anima di Bejahad. "Con questo progetto - proseguiva in una recente intervista rilasciata al mensile Italia Ebraica - puntiamo infatti a reinserire la ricca traduzione culturale dell'ebraismo centroeuropeo nella più ampia mappa culturale d'Europa. Allo stesso tempo ci facciamo carico della sfida di rivitalizzare e riaffermare l'ebraismo di questi luoghi con il coinvolgimento diretto dei membri delle nostre comunità che in questa occasione illustreranno i risultati migliori della loro attività artistica e intellettuale".
Strage di Bologna - Kram e la Frohlich, agenti di Carlos in città
«La loro presenza non poteva essere casuale». Ecco i documenti della commissione Mitrokhin sulla pista palestinese
BOLOGNA, 23 agosto 2011 - E' la relazione di due consulenti della commissione parlamentare Mitrokhin a dar consistenza alla cosiddetta 'pista palestinese' quale scenario per cercare gli autori della strage alla stazione del 2 agosto 1980. Quella relazione, a firma del magistrato Lorenzo Matassa e del giornalista Gian Paolo Pelizzaro, fu inviata dalla Mitrokhin alla Procura di Bologna e, insieme ad altri atti, è alla base dell'inchiesta bis sull'eccidio sfociata di recente con l'iscrizione sul registro degli indagati di due terroristi tedeschi di estrema sinistra legati al gruppo di 'Carlos lo Sciacallo', terrorista internazionale legato al Fronte popolare per la liberazione della Palestina. La 'pista palestinese' è appunto quella che vede la strage come ritorsione contro l'Italia che aveva arrestato un dirigente palestinese in violazione del cosiddetto lodo Moro.
Nella loro ricostruzione, i due consulenti spiegano chi erano, cosa facevano e come si muovevano e i due terroristi oggi indagati: Thomas Kram, 63 anni, e Christa Margot Frohlich, 69, entrambi attualmente liberi in Germania.
Scrivono Matassa e Pelizzaro: «Thomas Kram (detto Lothar Bassem, alias Laszlo, Maltte o Ulrich) è un membro di primo piano delle Cellule rivoluzionarie, membro 'a pieno titolo' del gruppo Carlos». Citando tutti i documenti interni di Questura e Dipartimento di pubblica sicurezza italiano, si ricostruisce poi la presenza di Kram a Bologna la notte fra l'1 e 2 agosto '80. «Le indagini... hanno permesso di accertare l'effettiva presenza del Kram a Bologna, dove alloggiò all'albergo Centrale di via della Zecca 2». Cosa ci faceva un noto terrorista in città proprio il giorno della strage? Lo stesso Kram e la Frohlich in seguito raggiunsero Carlos a Budapest per una ruinione. Carlos anni dopo dirà in seguito che un suo uomo «uscì dalla stazione qualche istante prima dell'esplosione».
QUANTO alla Frohlich, (detta Heidi), «militante storica degli ambienti rivoluzionari tedesco-occidentali. Dagli archivi della Stasi emerge che aveva stretto con il gruppo Carlos tramite Thomas Kram». Lei fu vista da un testimone a Bologna all'hotel Jolly l'1 agosto. Per i consulenti, non è «casuale» la presenza dei due in città, ma è «causale» alla strage. Viene ricostruito il contesto storico della presunta ritorsione e il modus operandi del gruppo. I terroristi avrebbero agito nel giorno in cui scadeva l'ultimatum, cioè il giorno d'inizio del processo d'appello al dirigente del Fplp. «Nella ricostruzione concludono , vi sono tutti quegli elementi che nel diritto penale positivo descrivono il panorama di affermazione di responsabilità: evento, condotta, rapporto di causalità, movente e motivo del delitto». E' chiaro che questa è, appunto, solo una delle possibili ricostruzioni. Giudicata da molti non plausibile. Peraltro, come noto, per la strage sono stati invece condannati tre neofascisti dei Nar.
Strappa la bandiera dello Stato ebraico. È il nuovo «eroe»
IL CAIRO - «Gli altri hanno Batman e Spiderman. Noi abbiamo Flagman, evviva l' uomo-bandiera!». Su Twitter e Facebook , ma anche per le strade, il nuovo eroe dei giovani di Tahrir e della rivoluzione è il 27enne Ahmed Al Shahat. Che sabato notte ha scalato l' edificio di 22 piani dove ha sede l' ambasciata d' Israele. Sulle spalle una bandiera egiziana che ha sostituito a quella dello Stato ebraico, poi bruciata. Il tutto tra gli osanna della folla che da giorni protesta contro Israele per l' uccisione di cinque egiziani al confine nel Sinai, e chiede l' espulsione dei suoi diplomatici.
TEL AVIV, 22 ago - Il Governo israeliano ha deliberato la costruzione di un nuovo aeroporto internazionale (Iloan Ramon) che sorgera' a Timna, 18 chilometri a nord di Eilat. I finanziamenti statali previsti ammontino a circa 346 milioni di euro. Il nuovo scalo che dovrebbe essere completato in tre anni dovrebbe sostituire l'attuale aeroporto di Eilat (la cui area potra' cosi' essere destinata a progetti di sviluppo immobiliare) assorbendo anche il traffico ad uso civile della vicina base militare in Ovda. Si stima che dovrebbe accogliere circa 1,5 milioni di passeggeri l'anno. Prevista anche la costruzione di una linea ferroviaria di collegamento con Eilat, di un centro logistico, di un'aerea di parcheggio e di una stazione di autobus con un ulteriore investimento stimato in 82 milioni di euro. Il Ministro dei Trasporti ha anche dichiarato che la pianificazione per l'intero progetto richiedera' circa dodici mesi.
La situazione in Medio Oriente spiegata da Mordechai Kedar
diRoberto Barducci
Mordechai Kedar
GERUSALEMME - Mordechai Kedar, docente presso la Bar Ilan University e ricercatore al Centro di Studi Startegici Begin/Sadat, durante una conferenza al Media Central di Gerusalemme, ha spiegato la sua analisi sull'attuale situazione in Medio Oriente dopo gli attacchi terroristici di Eilat, effettuato da militanti infiltrati in Israele attraverso il Sinai.
Il professore Kedar ha spiegato che gli attentati sono il frutto della perdita del controllo del Sinai da parte dello stato egiziano. Nelle ampie zone desertiche e senza vie di comunicazione della regione, le tribù beduine impongono la loro legge senza che lo stato egiziano riesca ad intervenire. Queste zone senza legge sono il territorio ideale per i gruppi jihadisti che hanno stretto con i beduini dei patti di amicizia e di collaborazione.
Armi e droga costituiscono il tipo di affari che mantiene saldi i rapporti fra i gruppi terroristici e le tribù nomadi. Per contro, i soldati dell'esercito egiziano vivono in condizioni di estremo disagio e di carenza di mezzi che non permettono loro di effettuare nessun serio controllo del territorio. Anzi, a volte cadono essi stessi vittime della maggiore forza dei beduini, come è successo un paio di settimane fa quando dei beduini hanno attaccato un posto di polizia ad Al Arishe nel Sinai, rapendo alcuni poliziotti per ottenere concessioni di "vario genere" dallo Stato egiziano.
- Recrudescenza del conflitto
Lo scorso Giovedì, dei jihadisti vestiti da soldati egiziani, hanno attaccato un autobus israeliano sulla strade che, lungo il confine con l'Egitto, porta ad Eilat. Nei concitati scambi a fuoco che ne sono seguiti, l'esercito israeliano non ha saputo distinguere fra terroristi e forze regolari ed ha ucciso per errore tre poliziotti egiziani. Attualmente, è in corso un indagine per comprendere come si siano svolti effettivamente i fatti. Il prof. Kedar non ha commentato sulle possibili conclusioni dell'indagine, ma ha comunque presentato il quadro geopolitico nel quale si è materializzata la recente recrudescenza di conflittualità nell'area.
Uno dei motivi risiede nella richiesta dell'Autorità Palestinese di vedere riconosciuto, il prossimo mese di Settembre, lo Stato Palestinese da parte delle Nazioni Unite. Sia l'Autorità Palestinese sia Hamas vogliono questo riconoscimento anche se con accenti differenti. Per Hamas, si tratta di un obiettivo di corto termine mirante a recuperare una parte del territorio palestinese, mentre l'obiettivo di lungo termine rimane quello di eliminare lo Stato ebraico. Il riconoscimento dell'ONU è comunque osteggiato dalle frange jihadiste, che si trovano all'interno di Gaza e che temono che il riconoscimento di uno Stato palestinese entro i confini precedenti al 1967 possa sancire la legittimazione di Israele ad occupare il resto del territorio.
Anche l'Iran è contrario, per gli stessi motivi espressi dalle frange jihadiste, al riconoscimento dello Stato palestinese. Finora l'Iran ha finanziato Hamas, ma - secondo il Prof. Kedar - le differenti opinioni sul riconoscimento dello Stato palestinese avrebbero portato ad una frattura fra Hamas ed i loro sponsor di Teheran. Kedar afferma infatti che l'Iran avrebbe tagliato i finanziamenti a Hamas ed avrebbe iniziato a finanziare i gruppi jihadisti. L'Iran starebbe cercando pertanto di provocare, attraverso i jihadisti, un conflitto con Israele che potrebbe fare rinviare, sine die, il riconoscimento dello Stato palestinese.
- Siria: Il Cavallo di Troia dell'Iran nel mondo arabo
Un conflitto con Israele, toglierebbe inoltre molta dell'attenzione mediatica sulla Siria e consentirebbe al regime di Damasco di avere mano libera nella repressione delle manifestazioni anti-governative nel paese. Teheran non può permettersi di perdere la Siria che secondo Kedar rappresenta "il cavallo di Troia dell'Iran nel mondo arabo". Qualora cadesse il regime di Assad, svanirebbero i sogni del paese degli Ayatollah di dominare la regione mediorientale dall'Eufrate al Mediterraneo, possibilmente dopo avere eliminato Israele dalla carta geografica.
Kedar afferma però di ritenere improbabile una guerra a Gaza, nonostante l'intento iraniano di creare un nuovo conflitto nell'area, anche perché Israele è cosciente di quali siano le poste in gioco e cercherà di non cadere nella trappola di reazioni estreme. "Se però uno dei missili lanciati da Gaza, dovesse colpire ad esempio una scuola e fare molte vittime innocenti, la risposta bellica potrebbe essere inevitabile", ha detto Kedar.
Quanto petrolio e quanto gas ci sono nelle acque di Israele?
Questa è la domanda in serbo per il vincitore di una gara indetta da Israele per una consulenza sulla regolamentazione dei diritti sul petrolio. Il Ministero Nazionale delle Infrastrutture ha pubblicato domenica un gara ad offerta per i servizi di consulenza nel campo del regolamentazione sui diritti del petrolio.
I servizi di consulenza comprendono una valutazione della quantità di gas naturale e petrolio giacenti nelle acque economiche di Israele, l'assistenza nella formulazione della politica per l'assegnazione dei diritti di ricerca di gas e petrolio e l'esame del processo per il rilascio, il mantenimento e supervisione dei permessi. Saranno inclusi anche gli standard per il controllo e il reporting sui risultati degli aventi diritto e l'organizzazione delle informazioni ricevute dalle attività di ricerca. L'offerta d'appalto prevede anche un'offerta aggiuntiva dell' unità petrolifera del ministero pubblicata circa un mese fa per la consulenza e la supervisione ingegneristica nel campo della perforazione e produzione. Tale servizio comprende, tra l'altro, il controllo della perforazione e il programma di sviluppo per giacimenti di petrolio e di gas naturale sulla terraferma e in mare, la supervisione della foratura, mantenendo gli standard di sicurezza, salute e dell'ambiente, e un sistema di controllo della produzione. Va inoltre aggiunto che l'unità sul greggio, composta da cinque membri, verrà ampliata molto presto alla luce della rivoluzione in atto dell'industria energetica che fa seguito alla scoperta e all'utilizzo di gas naturale per la produzione di energia elettrica in Israele. L'espansione prevede l'aggiunta di professionisti esperti nel campo della geologia e geofisica, foratura, ingegneria progettazione del database, sicurezza e ambiente, ecc con lo scopo di permettere una maggiore supervisione ed esecuzione nel campo della ricerca e produzione di gas naturale in Israele.
GAZA - Israele e Hamas, il gruppo islamico che controlla la Striscia di Gaza, hanno raggiunto un accordo sul cessate il fuoco dopo cinque giorni di violenze lungo la frontiera. Lo hanno detto oggi alcuni funzionari.
Un funzionario coinvolto nei negoziati tra Israele e le fazioni palestinesi a Gaza ha detto che le parti "hanno raggiunto un'intesa su una tregua e che la tregua ha avuto inizio".
Un rappresentante palestinese ha detto che Hamas ha acconsentito ad imporre un cessate il fuoco a piccoli gruppi di militanti, responsabili del lancio di razzi contro Israele degli ultimi giorni.
Secondo un rappresentante dello Stato ebraico, il consiglio di sicurezza israeliano si è incontrato oggi e ha deciso che le forze armate interromperanno gli attacchi alla Striscia di Gaza a condizione che i militanti smettano di colpire Israele.
Gli scontri hanno provocato anche tensioni nei rapporti diplomatici tra Israele ed Egitto, dopo che cinque agenti di sicurezza egiziani sono stati uccisi nel corso di un'operazione sul confine dei militari israeliani, intenti a inseguire gli uomini che avevano in precedenza compiuto una serie di attacchi in territorio israeliano.
Come i patti stipulati nel passato, l'armistizio non è un atto formale, ma consiste in un impegno di Hamas e Israele a fermare il fuoco a condizione che anche la controparte faccia lo stesso.
Abu Mazen, il Presidente dell'Autorità palestinese, ha chiesto al Consiglio di Sicurezza dell'Onu di riunirsi con urgenza per 'fermare l'aggressione di Israele a Gaza'. La notizia è di sabato, ma può essere commentata anche dopo due giorni, non perde nulla in fatto di gravità. La sua richiesta è stata motivata dal fatto che l'attacco a Gaza - sostiene Abu Mazen - è stato programmato per danneggiare l'autoproclamazione dello Stato palestinese a settembre all'Onu e per distogliere l'attenzione internazionale sulla crisi economica interna dello Stato ebraico.
Abu Mazen non si è quindi accorto dell'attentato di giovedi sul confine tra Israele e il Sinai, programmato e realizzato da estremisti palestinesi con base a Gaza, dei morti sulla strada che porta da Beersheva a Eilat, e che ha causato la morte di civili e soldati israeliani. Non ne sa nulla nemmeno dei missili Grad che da Gaza continuano ad essere lanciati sulle città del sud di Israele, anche qui con morti e feriti gravi, tra sabato e domenica.
L'unica cosa che lo interessa è apparire quale difensore di tutti i palestinesi, in modo particolare di quelli di Gaza, se poi ammazzano a tutto spiano israeliani, la colpa è loro che non sono capaci ad evitare i colpi.
Questa premessa per citare a commento la visione dell'Autorità Nazionale palestinese che ha Avigdor Lieberman, il Ministro degli Esteri israeliano, descritto sempre come cattivo, abita nei territori, ce l'ha con gli arabi e via di seguito. Leggete quel che ha dichiarato sabato sera.
"L'Anp, che è costantemente coinvolta nell'odio contro Israele e alla glorificazione dei terroristi, porta su di sè la responsabilità piena dell'attentato terrorista che è costato la vita di innocenti cittadini israeliani che stavano andando a Eilat in vacanza. Ciò che tiene uniti Hamas a Gaza e l'Anp in Giudea e Samaria è il terrorismo e l'odio contro Israele".
Lieberman è famoso per dire a voce alta quel che molti sussurrano a voce bassa.
Domanda: e se avesse ragione ?
Gerusalemme capitale della Palestina, ma non di Israele?
Riflessioni su ciò che succede alle Nazioni Unite.
di Emanuel Segre Amar
Nel 1961 vennero creati all'ONU i Gruppi Regionali. Gli stati arabi impedirono ad Israele di entrare nel blocco asiatico, e di conseguenza per 39 anni Israele è rimasta una delle poche nazioni che, non facendo parte di alcun Gruppo, non potevano partecipare alla maggior parte delle attività delle Nazioni Unite (Unite?).
Nel frattempo la Palestina veniva ammessa a pieno titolo, già nel 1986, nel Gruppo asiatico.
Finalmente Israele venne ammessa, nel 2000, nel Gruppo WEOG (Western European and Other Group), ma venne trovato l'escamotage di riconoscerne l'affiliazione solo per le attività che si svolgevano a New York; nelle altre sedi Israele è rimasto un semplice paese osservatore, senza diritto di partecipare alle discussioni sui diritti umani, sul razzismo e su tanti altri temi importanti. Si noti che lo Human Rights Council si riunisce a Ginevra, l'UNESCO a Parigi.
E non si dica che ora qualcosa si muove per il semplice fatto che dal dicembre del 2007 Israele è ammessa nelle agenzie HABITAT (UN Human Settlement Program) e UNEP (UN Environment Program), solo per il fatto che entrambe si riuniscono a Nairobi, e non a New York...
Non è allora difficile comprendere perché nell'UN Human Right Council vi sia un'Agenda, la No 7, che si occupa soltanto delle violazioni dei diritti umani compiute da Israele, mentre la No 8 si occupa di quelle compiute nel resto del mondo.
E parimenti diventa facile comprendere perché nell'UN Human Right Council che si riunisce a Ginevra (dove dunque Israele non può partecipare) lo Spécial Rapporteur per le questioni palestinesi è stato, dal 2001 al 2008, John Dugard, che aveva come mandato di investigare solo sulle violazioni commesse da Israele, e non su quelle commesse dai palestinesi; il suo successore, nominato nel 2008 con lo stesso mandato, tale Richard Falk, ha paragonato il trattamento dei palestinesi compiuto da Israele a quello dei nazisti nei confronti degli ebrei durante la Shoah...
Ed allora non stupiamoci neppure se, chicca tra tante altre, Jean Ziegler, UN rapporteur spécial per il diritto al cibo, ha potuto accusare Israele di affamare i bambini palestinesi.
E' ben noto che, a fianco dell'Agenzia UNHCR che si occupa dei rifugiati di tutto il mondo, vi è l'UNRWA che si occupa unicamente dei rifugiati palestinesi per i quali, oltretutto, valgono criteri fabbricati ad hoc, finalizzati ad aumentare il numero dei rifugiati (e quindi dei finanziamenti) - al contrario di quanto avviene per tutti gli altri rifugiati del mondo - e a perpetuarne la condizione di profughi sine die.
Ma forse non a tutti è noto che, secondo cifre del 2006, l'UNHCR assiste 17.400.000 rifugiati, tra i quali 350.000 palestinesi, con un budget di $ 1.45 miliardi, pari a $ 83/rifugiato. L'UNRWA assiste 4.500.000 palestinesi con un budget di $ 784.000.000, pari a $ 174/rifugiato.
Inoltre è importante osservare che per i 17.400.000 rifugiati del mondo intero sono occupate 6.689 persone, mentre per i 4.500.000 rifugiati palestinesi sono occupate 28.000 persone.
Anche queste ultime cifre spiegano molte cose, se solo sono conosciute.
Ed allora chiediamoci per davvero a che cosa serve mantenere quel carrozzone dell'ONU; se infatti andiamo a curiosare anche nelle altre statistiche, i risultati non sono affatto diversi.
L'United Colors of Benetton apre il suo primo negozio ad Israele. Il negozio di franchising del marchio italiano, sotto la responsabilità di Dubi Shneidman e Eran Weizer, è stato inagurato domenica scorsa presso il centro commerciale di Dizengoff Center di Tel-Aviv.
Il negozio si estende su una superficie di 250-350 metri quadrati e sarà costruito con un investimento pari a 1,12 milioni di dollari. I proprietari del franchising hanno in programma di aprire inoltre altri 15 punti vendita in Israele. Il lancio del negozio di Tel Aviv è stato accompagnato da una notevole campagna pubblicitaria, con affissioni e flyer, e da un evento promozionale che ha portato ad un investimento complessivo di 330.000 dollari. Le Campagne pubblicitarie del brand si basano principalmente sui materiali dalla sede sociale all'estero. Questo è la terza volta che Benetton entra in Israele. L'ultima volta che il marchio è stato lanciato nel Paese era la fine del 1990, lasciandolo per gli scarsi risultati che si erano registrati, dovuti soprattutto ai prezzi elevati. Questa volta, la promessa del franchising, sarà quella di adottare prezzi più competitivi. "Benetton porterà la logistica dei costi di spedizione in modo da poter offrire i propri prodotti ad un buon prezzo" - ha affermato Shneidman, uno dei proprietari del negozio -. Egli ha anche promesso che la società potrebbe adottare dei prezzi più bassi se l'euro continuerà a scendere. Eran Weiser ha aggiunto poi che "il marchio saprà competere contro ZARA e Castro. In una fase successiva l'azienda di moda italiana porterà a Tel-Aviv anche i propri articoli di biancheria intima e per la casa. Inoltre "Benetton sta ripristinando il suo forte passato - tra il colore e i prodotti tradizionali del marchio italiano" lo conferma il rappresentante della catena globale che è in visita in Israele.
E' bastato un solo istante perché la Terra Santa fosse di nuovo scossa dal terrore: giovedì 18 agosto gli abitanti del sud di Israele si sono ritrovati di nuovo sotto tiro, a causa di proditorii attacchi terroristici, che hanno mietuto diverse vittime e molti feriti.
Ora c'è paura a uscire di casa e, nel caso suonasse l'allarme, i secondi per trovare un rifugio sono veramente molto pochi.
Di fronte a questa situazione critica le Nazioni Unite non hanno condannato l'atto di violenza.
Gli emissari del movimento Chabad di Beer Sheva, di Eilat e di altre città sono in prima linea per aiutare sia spiritualmente che materialmente i familiari delle vittime.
L'organizzazione Chabad Terror Victim Project sta coordinando le visite a tutti i feriti, facendo una valutazione sulle modalità attraverso le quali continuare ad aiutare le famiglie, anche a lungo periodo.
Gli aiuti che vengono forniti sono di vario genere.
Per esempio, alla famiglia di un soldato ferito a Eilat (sua città di residenza) e ricoverato all'ospedale di Beer Sheva, mentre la famiglia si trovava a colloquio con il rabbino Menachem Kutner, un comandante si è presentato e ha offerto la sua disponibilità per qualsiasi cosa di cui avessero bisogno.
Non avendo una vettura per raggiungere il figlio a Beer Sheva, i genitori avrebbero chiesto al comandante aiuto in questo senso.
Purtroppo, però, la legge garantisce solo i biglietti gratuiti dell'autobus, per cui rav Kutner ha offerto alla famiglia l'affitto di un mezzo per tutto il periodo necessario affinché la famiglia potesse assistere il figlio. La madre, con le lacrime agli occhi, ha ringraziato.
Dal punto di vista spirituale, gli emissari Chabad stanno incrementando le postazioni in cui uomini ebrei possono indossare i Tefillìn e hanno iniziato una campagna per il controllo delle Mezuzot.
La vigilia di Shabbàt, in ospedale, tutti i feriti e le loro famiglie hanno ricevuto una visita e si sono visti portare il vino per il Kiddush e le Challot.
Le seguenti famiglie hanno chiesto a Chabad di diffondere i nomi dei loro cari e di pregare per loro:
Matan Ben Ilata
Guy Ben Rinat
Chagai Ben Rachel
Ronit Ben Sachar
Sagi Ben Channa
Gal Ben Hadassah
Shmuel Zeev Ben Esther
Yitzhak Meir Ben Malka
Israele valuta un'azione diretta contro il governo di Hamas a Gaza
In visita alla città di Beer Sheva il vice presidente della Knesset Ophir Akunis: ha dichiarato: "Questa situazione nella quale un milione di cittadini israeliani sono sotto attacco da razzi è intollerabile e deve finire". Mentre il Presidente della Commissione affari Esteri e Difesa della Knesset, Shaul Mofaz, è stato ancora più lapidario: "Israele deve decidere se continua l'intollerabile guerra di logoramento, o prendere una decisione inequivocabile contro Hamas, un'azione contro l'organizzazione terroristica le sue infrastrutture e determinarne il crollo del governo a Gaza.
"Non esiste più nessuna tregua con il nemico", recita un comunicato diffuso nella Striscia di Gaza. L'Egitto richiama l'ambasciatore in Israele dopo l'uccisione di tre suoi agenti al confine.
Un israeliano e' rimasto ucciso a Beer Sheva (Neghev) per un razzo di tipo Grad, lanciato da Gaza ed esploso sul suo condominio. Lo riferiscono vari mezzi di comunicazione locali. La deflagrazione ha provocato anche il ferimento di sei persone, due delle quali verso in condizioni gravi. Questo attacco e' stato rivendicato da Gaza dalle Brigate Ezzedin al-Qassam, braccio armato di Hamas.
Il braccio armato di Hamas ha rivendicato anche il lancio da Gaza di quattro razzi di tipo Grad verso la citta' israeliana di Ofakim, nel Neghev. Si tratta della prima rivendicazione da parte delle Brigate Ezzedin al-Qassam di Hamas del lancio di razzi verso Israele da quando, due giorni fa, si e' aperta una escalation di violenze israelo-palestinesi.
Uno dei Grad ha centrato un edificio. Dalle macerie sono stati estratti due bambini, feriti in modo non grave. Nel frattempo a Ofakim le sirene sono tornate a risuonare e la popolazione e tornata nei rifugi.
L'Egitto alza la voce e, in un comunicato del ministero degli Esteri, chiede con forza ad Israele di porre fine ai raid aerei di rappresaglia nella Striscia di Gaza. "L'Egitto denuncia l'uso della forza contro i civili in ogni circostanza" si legge nel comunicato - "e consiglia con forza a Israele di porre fine immediatamente alle sue operazioni militari contro Gaza".
Il doppio imbarazzo palestinese dopo gli attacchi di Eilat
di Francesco Battistin
Chiunque sia stato a organizzare gli attacchi di Eilat e a scatenare la peggiore ondata di violenza in Israele degli ultimi trenta mesi - i gruppi filohezbollah di Gaza o i qaedisti del Sinai o tutti quanti insieme -, una cosa ormai è lampante: la Striscia non è più il monolite ideologico dei primi anni di Hamas e Hamas, anzi, ha qualche difficoltà a gestire le nuove strategie. Ci piacerebbe aver massacrato quegli israeliani, insistono i signori del terrore, ma stavolta non siamo stati noi. L' importante non è quel che dicono, sapendo della loro ambiguità e non sapendo se per loro sia peggio ammettere l' impotenza o reclamare l' impunità. L' importante è vedere quanto Hamas si sforzi, senza riuscirvi, d' apparire quel che non è. Proprio all' ora della strage, il «líder màximo» Meshaal stava con tutti i suoi capataz al Cairo a negoziare il rilascio d' un ostaggio israeliano, il povero Gilad Shalit. E allora, delle due l' una: o sapeva dell' attacco, fingendo intanto di dialogare, o non ne sapeva davvero nulla. In entrambi i casi, le domande sono le stesse di quando fu ammazzato Vittorio Arrigoni: quant' è ancora in grado, Hamas, di controllare i jihadisti, i salafiti, i resistenti popolari e tutti i terroristi sciolti che albergano a Gaza? E quanto pesa, ancora, la leadership «siriana» dello stesso Meshaal, messo in crisi dalle rivolte popolari contro l' amico Assad che lo ospita a Damasco? Siamo di fronte alla solita ambiguità di chi stringe una mano e intanto arma l' altra? O forse, nella caccia al sionista, Hamas scopre che c' è sempre qualcuno più duro di te, pronto a scavalcarti? Chiunque abbia organizzato la mattanza, oltre a riaccendere le polveri, un risultato l' ha raggiunto: indebolire anche il presidente palestinese Abu Mazen e la sua offensiva diplomatica che, da qui a un mese, lo porterà al voto Onu sull' autoproclamazione del nuovo Stato. Il successore di Arafat aveva abbracciato pubblicamente Meshaal, illudendosi di mostrare unità d' intenti. L' abbraccio potrebbe costargli caro: votereste un Paese nuovo governato da chi, nella migliore delle ipotesi, nemmeno controlla il cortile di casa sua?
Se guerra e martirio contagiano pure gli arabi moderati
di Fiamma Nirenstein
Se l'attacco terroristico di Eilat tragicamente conferma il fatto che ormai dall'Egitto postrivoluzionario spirano pesanti minacce di guerra; se pensare che un commando terrorista variegato per missili, cinture suicide e kalashnikov, ma compatto nella determinazione di uccidere chi capita rappresenti l'orrore impersonificato per la sua fame di uccidere passanti innocenti non abbiamo ancora visto niente. Sono gli eventi del giorno dopo che ci svelano lo scenario delle prossime puntate, e ci dicono purtroppo che il peggio deve ancora venire.
Invece di lanciare ai palestinesi di Hamas e altre organizzazioni terroriste una condanna che suoni come un invito alla pace, pressoché tutto il mondo arabo li esalta.
All'Onu, il Libano nel suo ruolo di membro temporaneo del Consiglio di Sicurezza, ha impedito contro ogni ragionevolezza che esso votasse una risoluzione di condanna dell'attentato minacciando il veto se non vi fossero state inserite parole di condanna anche per Israele. Ma Israele ha solo reagito a un attacco che ha fatto 8 morti e decine di feriti sul suo territorio nazionale, e lo ha fatto colpendo obiettivi puntuali, come avrebbe fatto qualsiasi Paese colpito. Se i terroristi cercano rifugio in siti civili, questo fa parte dell'immenso problema della guerra asimmetrica, che non può tuttavia condannare a essere inermi.
Ma si sa, a Israele è vietato reagire altrimenti è un coro di condanne, che però non ci sono mai state prima per l'attentato stesso, né per i missili quotidiani sparati da Gaza sulle città israeliane, come è successo persino ieri.
L'Egitto: del tutto incurante che il commando sia uscito dal suo territorio e che la cosa avrebbe forse potuto essere prevenuta o almeno esplicitamente combattuta, ha preferito invece di porgere le sue scuse ritirare il suo ambasciatore da Tel Aviv e ammonire l'ambasciatore israeliano perché alcuni suoi uomini erano stati per sbaglio uccisi nella reazione israeliana. Israele si è scusata. La reazione, certo non ci sarebbe stata se il Sinai non fosse ormai un campo di esercitazione del terrore. Del resto il giornale del Cairo Al Gumhourrja nell'editoriale ha sostenuto che «l'aggressività israeliana» è responsabile per l'attacco, e così ti saluto. Un sito egiziano ha lanciato un appello a chi vuole offrirsi volontario per far guerra a Israele, e avrebbero già risposto a migliaia. Il quotidiano saudita Al Jazeera sostiene che l'attacco è «giustificato e legale nonostante le esagerazioni occidentali»; Al Sharq, dal moderno Qatar, si diffonde nel descrivere con ammirazione quello che chiama «un attacco di altà qualità».
L'entusiasmo è alle stelle, far fuori gli ebrei ha nell'area un forte indice di gradimento e la ragione ce la spiega il "moderato" Hafez Barghouty, direttore del giornale palestinese che dirige, Al Hayat al Jadida: «L'operazione mostra cosa potrà ora provenire da quei confini che fino ad ora erano sorvegliati da regimi che cadono adesso uno ad uno». La rivoluzione araba insomma, dice Barghouty farà cadere «il regime criminale israeliano». Ovvero, l'entusiasmo filoterrorista dei cosiddetti Paesi moderati è la maniera più sicura per cercare di compiacere le masse in agitazione, ovvero si espande l'odio antisraeliano e antiebraico che le ha tenute al guinzaglio per tanto tempo.
Il potente rischio del momento è che questo punto di vista si sviluppi, ciò che danneggerà sia i democratici in lotta per un po' di libertà, intrappolati nella morsa islamista massimalista, sia Israele, circondato dall'odio che genera il terrorismo. Qualche giorno fa la tv palestinese in un programma intitolato «Le migliori madri» intervistava la madre di un terrorista, Yusuf Shaker Al Asr, e le chiedeva perché suo figlio aveva voluto immolarsi. La madre ha risposto che il figlio aveva scelto, piuttosto che un matrimonio normale, di sposare le 70 vergini dagli occhi neri, quelle che aspettano lo shahid in Paradiso. Grande benevolenza e ammirazione hanno accolto le sue parole. Così piccoli terroristi crescono, quando si sentono benvoluti.
La Parata anti-ebraica di Durban III: perché boicottarla è un dovere
di Pierluigi Battista
Tra un mese esatto, il 21 settembre, dittatori e antisemiti sparsi per il mondo si riuniranno «sotto l'egida dell'Onu» per sfogare, sotto la paradossale insegna della lotta al «razzismo», tutto il loro inestinguibile odio per lo Stato di Israele e per gli ebrei. Il governo italiano, meritoriamente, ha già annunciato che diserterà, assieme al Canada, agli Stati Uniti, alla Repubblica Ceca e all'Olanda, la tragica farsa cosiddetta «Durban III». Di fronte all'ennesima parata antisemita, però, la non adesione non basta. Forse occorre, e ce n'è ancora il tempo, qualcosa di più: il boicottaggio. Sì, proprio il boicottaggio, l'arma propagandistica preferita da chi, nel nome dell'antisionismo, vorrebbe cancellare Israele dalle carte e non dice una parola di protesta quando le milizie siriane di Assad massacrano i palestinesi di Lattakia. Non fu boicottata la conferenza di Durban nel 2011, proprio alla vigilia dell'attentato alle Torri Gemelle e una manifestazione dell'Onu convocatasi contro il razzismo si tramutò in un'indecente fiera dell'antisemitismo che provocò la reazione disgustata della scrittrice progressista Nadine Gordimer: ebrei inseguiti nei corridoi, discorsi dal palco che negavano Auschwitz, dichiarazioni di guerra santa per annientare «l'entità sionista». Fu uno spettacolo vergognoso, che gettò un'ombra lugubre sulle Nazioni Unite che lo avevano permesso e sponsorizzato. Qualche anno dopo la «Durban II» venne disinnescata. Tra un mese si prevede la partecipazione di Ahmadinejad per dare il massimo risalto allo spettacolo «antisionista».
Mentre ripartono gli attacchi terroristici contro i civili israeliani e dalla «primavera araba», ed egiziana in particolare, purtroppo riemergono prepotentemente pulsioni aggressive nei confronti dello Stato di Israele, colpiscono negativamente il silenzio e l'incertezza di Francia, Germania e Gran Bretagna nei confronti di una «Durban III» che sarà il festival dell'odio e della mistificazione anti-ebraica. Sono ancora incerti se partecipare. Ma dovrebbe essere urgente l'organizzazione di una contro-manifestazione, una tribuna alternativa da cui si possa rintuzzare l'ondata antisemita che imbratterà New York. C'è ancora il tempo. Può esserci ancora la volontà di non darla vinta ai nemici degli ebrei.
Il Ministero della Giustizia ha annunciato che il Governo israeliano ha concesso a Google l'esecuzione del Servizio Mobile Photo "Street View". Verranno caricate le immagini fotografate, le mappe, le fotografie di case e siti israeliani. Il comunicato del ministero ha però sottolineato che l'approvazione è stata concessa "con riserva di condizioni volte a tutelare l'interesse pubblico israeliano".
Il conducente-eroe dell'autobus colpito; «Ho solo tirato dritto»
di Francesco Battistini
GERUSALEMME - Ma come hai fatto, Benny? «Stavo guidando, ho fatto quel che dovevo...», dice lui tranquillo ai microfoni della tv israeliana, ancora seduto al posto di guida del suo bus, solo una sigaretta accesa a tradire la paura appena passata. Benny Bilbasky, 60 anni, una vita sulla linea 392 tra Beersheva ed Eilat, è l' eroe del giorno: «Se molti di noi si sono salvati - hanno raccontato i soldati che viaggiavano sul pullman attaccato - lo devono all' autista». Che ha mantenuto il sangue freddo, appena sono spuntati i terroristi, e ha dato di gas per togliersi dalla zona dell' agguato. «Stavo guidando. Ho sentito gli spari. Due colpi, è esploso il finestrino vicino a me. I proiettili mi sono passati sopra la testa e si sono conficcati nel tettuccio. Ho abbastanza esperienza per sapere che, in questi casi, bisogna tenere le mani sul volante. E non frenare. Altrimenti le cose possono soltanto peggiorare». Benny dice d' averci pensato molte volte, «anche se alla fine non credi mai che possa accadere a te»: chi si ferma è perduto, «sul pullman sentivo i ragazzi gridare, ho capito che qualcuno rispondeva al fuoco. Ma nemmeno mi sono girato a guardare: ho pestato sull' acceleratore e via. Correvo e speravo non c'inseguissero». Sembra rilassato, ora. Ma è tutt' apparenza: «Mai avuto tanta paura».
Da ieri stiamo vivendo in Israele le prove generali del futuro stato palestinese.
Hanno dato il via al terrore a mezzogiorno di ieri, 18 agosto, con tre terroristi che hanno incominciato a sparare a un autobus di linea partito da Beer Sheva per Eilat.
10 passeggeri feriti.
Hanno continuato ammazzando l'autista di un autobus vuoto che seguiva.
Due altri terroristi hanno poi sparato contro un'auto che passava, al suo interno una famiglia che andava in vacanza sul Mar Rosso. Quattro morti, nessun sopravvissuto.
In un'altra macchina hanno sparato, ucciso il guidatore la cui moglie si e' salvata fingendosi morta per non ricevere il colpo di grazia.
Un altro terrorista ha ammazzato un soldato ventiduenne che guidava una jeep.
Otto morti israeliani in un caldo giorno di agosto....
Non è vero - come affermano alcuni analisti - che i servizi di sicurezza israeliani sono stati presi di sorpresa dall'attacco terroristico di giovedì che ha fatto 8 morti e 33 feriti sulla strada di Eilat. Sapevano chi lo organizzava (i palestinesi Abu Oud al Nirab e Khaled Shaat); non potevano prevenirlo perché il gruppo aveva stabilito la sua base nei quartieri egiziani della città di Rafah che sta a cavallo della frontiera egiziana con Gaza e non volevano rompere i fili della cooperazione militare con l'Egitto con una azione preventiva. Non potevano chiudere il traffico nel sud del Paese senza provocare panico e perdite economiche. Non potevano che attendere sperando nei miracoli che in parte si sono avverati dal momento che le perdite umane avrebbero potuto essere molto più alte.
Israele ha reagito immediatamente distruggendo la base operativa dei terroristi nella parte egiziana di Rafah (trasformata in un mercato di droga, armi, contrabbando e di cellule islamiste dilegate a al Qaida) sperando che la morte di tre soldati egiziani non provochi la rottura con il Cairo (che si dichiara estraneo all'attacco) e usando dell'occasione per dimostrare a Hamas (che si dichiara innocente dal momento che i terroristi operavano in terra egiziana) due cose: 1) che non ci sarebbe stata una offensiva del tipo di quella contro Gaza (27 dicembre 2008-18 Gennaio 2009 che con 1500 morti palestinesi e 3000 case distrutte fu una sconfitta politica e di immagine per lo Stato ebraico) ma operazioni mirate molto più efficaci che nel passato. 2) che l'attacco doveva servire a testare l'efficacia dei sistema missilistico anti missili a cortissima gettata. Sistema che ha intercettato dei missili lanciati da Gaza (uno ha causato un ferito colpendo una scuola religiosa a Ashkalon).
Che interpretazione si può dare a questa operazione terrorista? Dal punto di vista militare dimostra il più alto livello operativo dei terroristi: coordinamento di 4 attacchi, uso di missili e mine tele comandate, impiego di uomini disposti in un secondo tempo a trasformarsi in kamikaze, probabilmente alla periferia di Eilat. Dal punto di vista economico mirava a colpire il turismo israeliano in piena espansione; dal punto di vista politico intendeva rompere lo stato di pace fra Egitto e Israele che ha resistito ai ripetuti sabotaggi del gasdotto nel Sinai.
Siamo forse alla soglia di uno scontro militare con l'Egitto come un editorialista israeliano paventa? O a una intensificazione della guerra islamica contro il "piccolo satana" sionista guidata dall'Iran che dopo aver perso l'alleato siriano, vista compromessa la posizione degli Hezbollah in Libano teme l'estendersi della rivolta araba sul suo territorio? Oppure un desiderio di tutti gli Stati arabi di stornare l'attenzione su quanto succede in casa propria? Tutto è possibile ma per il momento improbabile.
Il terrorismo - la guerra dei poveri - alza la testa per sfruttare l'impotenza delle forze armate convenzionali arabe. Non solo perché sono impegnate a prevenire o a soffocare le rivolte dei propri popoli, ma perché tutti governi debbono sfamare la loro gente. I quattrini - anche nei Paesi produttori di petrolio - li detengono i militari che non possono più usarli per l'acquisto e la manutenzione dei costosissimi armamenti moderni.
Dal momento che Israele rimane nel'immaginario delle folle il nemico permanente e simbolico, non c'è nulla di meno costoso e politicamente più redditizio del terrorismo per dimostrare che la "guerra santa" continua. È una fase nuova di una vecchia guerra piena di pericoli ma anche di grandi opportunità per lo Stato ebraico. Uno Stato che in questo guazzabuglio deve soprattutto preoccuparsi di non lasciare offuscare la sua immagine di Paese economicamente stabile, politicamente democratico, socialmente vibrante, finanziariamente credibile e scientificamente avanzato. Tutto quello che il mondo arabo islamico con l'aiuto di non pochi nel mondo occidentale invidia, odia e vorrebbe veder scomparire.
L'Autorità nazionale palestinese deve aver vissuto due giorni di profondo imbarazzo, se non ha ritenuto di doversi esprimere sull'attentato lungo la strada Beersheva-Eilat dell'altro giorno. Un silenzio che non giustifica la mancata presa di posizione. Costava molto una dichiarazione che condannava la violenza, redatta poi in modo tale da non dover dispiacere all'alleato di governo ? Già, perchè qui sta il punto, poteva Abu Mazen prendere le distanze da una azione terrorista partita da Gaza ? Ha preferito mettersi in viaggio, partendo per alcuni paesi, nella speranza che votino si all'autodeterminazione dello Stato palestinese il prossimo settembre, Si fermerà in Inghilterra, Francia e Bosnia, ma non si ancora di quale livello saranno gli incontri. I morti nell'attentato pesano sull'opinione pubblica mondiale, e la domanda su quale tipo di governo avrà il prossimo Stato palestinese non è il miglior viatico per ottenere una larga maggioranza di consensi all'Onu....
Un gruppo ristretto di EDIPI si recherà in Israele dal 22 agosto all'8 settembre per pianificare al meglio il programma di incontri per il 2012. L'esito del Xo Raduno EDIPI di Gerusalemme è stato quanto mai incoraggiante per una serie di contatti di qualità che prevedono sviluppi molto interessanti per il futuro.
Con l'ex vicesinadaco di Gerusalemme David Cassutto fin dai primi giorni si valuterà la possibilità di un progetto su Gerusalemme capitale del turismo della salute collegandola al Mar Morto e le cure per la psoriasi. Il presidente di EDIPI Ivan Basana, considerando l'esperienza pluriventennale nel campo dell'ozonoterapia (www.ozonoterapia.it e www.biaccabi.com) proporrà un protocollo sinergico tra le cure del Mar Morto e l'ozono.
Il secondo progetto verte sulla definizione del programma relativo al tour di archeologia biblica da realizzarsi con Dan Bahat uno dei più prestigiosi archeologi biblici al mondo. Con il pastore messianico ebreo sefardita di origine argentina Angel Gerber, EDIPI valuterà la possibilità di collaborare per la realizzazione di un Kibbutz messianico sul Golan in aree agricole recentemente messe in vendita dallo Stato di Israele. Sono terreni recentemente sminati e molto adatti per la viticultura. Si produrrà senz'altro un vino con gradazione alcolica certamente...esplosiva!
Da tempo svelata dal Giornale, la pista palestinese per la strage di Bologna ha un fondamento. La conferma arriva nelle ultime ore dalla magistratura, con due indagati nell'inchiesta bis sulla bomba che alla stazione il 2 agosto 1980 uccise 85 persone, ferendone oltre 200. Il mese scorso il procuratore Roberto Alfonso e il pm Enrico Cieri hanno iscritto nel registro i nomi dei terroristi tedeschi di estrema sinistra Thomas Kram, 63 anni, e Christa Margot Frohlich, 69: sono legati al gruppo di Carlos «lo Sciacallo», nome di battaglia di Ilich Ramirez Sanchez, detenuto in Francia. Kram apparteneva alle Revolutionaere Zellen, ed è esperto di esplosivi: pernottò a Bologna, all'hotel Centrale tra l'1 e il 2 agosto 1980 con il suo vero nome. Margot Frohlich nell'82 fu arrestata a Fiumicino con esplosivo in una valigia: la notte precedente la strage alloggiò al Jolly di Bologna, vicino alla stazione.
I due rappresentano la pista palestinese partita dalla commissione Mitrokhin e l'indagine concretizza semplicemente il lavoro della procura negli ultimi anni, con l'arrivo delle rogatorie alla Francia e soprattutto alla Germania, e la traduzione degli atti richiesti agli archivi della Stasi, il servizio segreto della ex Germania Est che sorvegliava il gruppo di Carlos.
Le sentenze definitive non lasciavano dubbi sulla strage firmata dall'estremismo di destra, ora l'inchiesta considera una spiegazione alternativa. L'esposto dei familiari delle vittime chiede di individuare i mandanti, partendo dal processo per la strage di piazza della Loggia. Ieri il presidente dell'associazione Paolo Bolognesi ha frenato: «Entro fine anno presenteremo un nuovo esposto dettagliato, per chiedere di proseguire le indagini da dov'è arrivata la Cassazione che hanno condannato Mambro, Fioravanti e Ciavardini: ci sono gli esecutori e i depistatori, è la strada giusta per i mandanti. Tutte le notizie che filtravano sulle piste internazionali si erano rivelate bufale, messe tra i piedi dei giudici per confondere le acque». Un filo invece lega Carlos, Kram e i palestinesi. In un'intervista al Manifesto, il terrorista tedesco negava di essere il mistero da svelare: «La polizia italiana mi controllava, sapeva in che albergo avevo dormito a Bologna, il giorno prima mi aveva fermato. Quel 2 agosto mi svegliai tardi, arrivai nel piazzale della stazione che già c'erano i soccorsi».
Nel 2006 Giuseppe Valentino, sottosegretario alla giustizia, ebbe conferme che già dieci anni fa la Digos di Bologna ricevette la segnalazione su uno di questi indagati: «Ogni ipotesi alternativa rispetto alla pista ufficiale non era gradita». E a cercare di riportare a galla una parte trascurata dell'inchiesta ci provò anche un libro: Dossier Strage di Bologna. La pista segreta.
LA NOTIZIA dei due nuovi indagati nell'inchiesta bis sulla strage della stazione stupisce meno dei tempi e del contestato iter con cui si è arrivati a questo primo passo che porterà chissà dove. Perché la pista palestinese non è stata esplorata prima? La indicò con forza sfidando critiche e insulti Francesco Cossiga, l'ha sempre sostenuta il deputato bolognese, ex An (ora fedelissimo di Fini in Fli), Enzo Raisi. Il procuratore Roberto Alfonso e il pm Enrico Cieri non hanno puntato il dito contro Thomas Kram e Cristha Frohlic dopo aver preso un colpo di sole. Hanno dato semaforo verde solo dopo aver esaminato bauli interi di documenti della Stasi, la polizia segreta della Germania dell'Est, e altro materiale arrivato dalla Francia, dopo aver confrontato perizie sugli esplosivi e riletto rogatorie. Un lavoraccio, meditato, studiato, valutato a fondo. Non c'è nella loro decisione il banale automatismo di un atto dovuto. Non si poteva fare prima tutto ciò? Il tempo sbiadisce prove e indizi e può facilmente falsare le piste, in un modo o nell'altro. Intendiamoci: la verità giudiziaria non si discute. I condannati sono Francesca Mambro e Giusva Fioravanti, interpreti dello «spontaneismo armato» di estrema destra degli anni Settanta, e Luigi Ciavardini, ritenuto loro complice. Ma l' indagine su un orrore come la strage di Bologna deve (e doveva) imporre la valutazione di tutte le possibili piste. Quella palestinese, che potrebbe finire in niente, viene presa in considerazione seriamente solo ora.
MEGLIO TARDI che mai. In questa maledetta storia di depistaggi, misteri, bombe e scontri politici senza fine, non si doveva perdere tempo. E ora, la pista palestinese merita di essere percorsa, dice anche il giudice Rosario Priore (indagò su Ustica), uno che di misteri se ne intende. A sinistra però non hanno mai gradito l'ipotesi di scandagliare il terreno del terrorismo filo palestinese. E in generale questa ipotesi è sempre stata ritenuta politicamente scorretta. La «strage fascista» non deve essere incrinata dal minimo dubbio. E' cambiato il vento ora? Coincidenze. A Bologna da quando è arrivato il procuratore Alfonso sembra che casualmente cadano certe barriere. L'indagine che ha costretto alle dimissioni il sindaco Flavio Delbono prima era stata archiviata. Ora l'inchiesta bis sulla strage, cominciata nel 2005, epoca pre Alfonso, registra la svolta. Non sappiamo come andrà a finire, ma annusando l'aria c'è la sensazione che ci sia una atmosfera politicamente più serena. Il resto lo faccia la magistratura nella sua completa autonomia.
Scoperto a Gerusalemme un raro sonaglio d'oro dei Sommi Sacerdoti
GERUSALEMME, 19 ago. - Un raro sonaglio d'oro, con in cima un anellino, appartenuto ad uno dei Sommi Sacerdoti del Tempio di Gerusalemme, e' stato scoperto durante uno scavo archeologico nel canale di drenaggio che parte dalla vasca di Shiloah e prosegue dalla Citta' di David fino al parco archeologico di Gerusalemme, vicino al Muro Occidentale.
Gli scavi, informa un articolo pubblicato sul sito internet di Israele.Net, sono condotti dalla Israel Antiquities Authority. Secondo i direttori degli scavi, gli archeologi Eli Shukron e Ronny Reich dell'Universita' di Haifa, sembra che il sonaglio fosse cucito su un indumento indossato da un alto dignitario a Gerusalemme, verso la fine del periodo del Secondo Tempio, intorno alla meta' del I secolo dopo Cristo.
Il sonaglio e' stato portato alla luce nel principale canale di drenaggio dell'antica Gerusalemme, tra gli strati di terra che si erano accumulati sul fondo. Questo canale di scolo venne scavato e realizzato per tutta la lunghezza del Muro Occidentale del Monte del Tempio, sul fondo del pendio che scende alla valle di Tyropoeon.
"Territori occupati", un'espressione che quando viene usata in riferimento a Israele assume un suono sinistro, evoca riprovazione morale. Non c'è più bisogno di fare domande, non è necessario chiedersi come, quando, perché sono stati occupati, a chi appartengono, dov'è il reato: trattandosi di ebrei, la frase serve soltanto a confermare che sono dei ladri. Punto. Del resto, che bisogno c'è di un'altra conferma? Non sappiamo forse da secoli che cosa sono gli ebrei? pensa, nel ben custodito retro della sua mente, l'antisemita medio, che naturalmente "lui non ci ha niente contro gli ebrei", anzi ne conosce qualcuno che è proprio una brava persona. Ma questi israeliani....
Stranamente però molti sembrano non accorgersi che il termine "occupato" di per sé non ha un significato negativo. Per esempio, se gli abitanti di un quartiere vedono un giorno affacciarsi qualcuno dalle finestre di un appartamento che per anni era rimasto vuoto, diranno che adesso l'appartamento è occupato. Ma non per questo diranno che i nuovi inquilini sono dei farabutti. Se poi a un certo momento comincerà a correre la voce che i nuovi arrivati sono degli abusivi, a qualcuno potrebbero venire dei dubbi, ma anche in quel caso i discorsi delle persone serie non saranno del tipo: "Ma che razza di gente! Non si fa così! E' una vergogna! Bisogna buttarli fuori!" Le persone serie si chiederanno: "Qual è la situazione legale di quell'appartamento? Gli attuali inquilini sono nel loro diritto o stanno trasgredendo delle precise disposizioni legali?" Questo si chiederanno le persone serie e oneste. I gaglioffi invece, quelli che hanno in antipatia i nuovi inquilini per il semplice fatto che li hanno visti arrivare, non hanno bisogno di argomentazioni legali su questioni di giustizia: per loro sono dei delinquenti e basta. E per il solo fatto che si trovano lì devono essere buttati fuori. Perché buttarli fuori è giusto e morale. Tutto il resto non conta.
Uscendo di metafora e tornando ai "territori occupati" dagli israeliani, si può dire tranquillamente che è vero: sono territori occupati, ma legittimamente occupati. Prima, quando l'Egitto e la Giordania li avevano occupati con la forza pur non avendone alcun diritto, erano illegalmente occupati. Con la guerra dei sei giorni sono stati liberati. Bisogna dunque cambiare la terminologia quando si parla di Gaza e Cisgiordania: non sono territori "occupati", ma territori "liberati", e ritornati al legittimo proprietario.
Qualcuno penserà che è un parlare da fanatici estremisti o da fondamentalisti biblici. Ma anche se i riferimenti biblici sono molti e si potrebbero fare in abbondanza, il discorso può rimanere sul puro piano del diritto internazionale, che è poi quello su cui sostiene di volersi muovere la comunità internazionale per riconoscere uno stato palestinese che non ha alcuna legittimità, né biblica, né storica, né giuridica.
A sostegno di questa tesi è uscito fresco di stampa, a cura di EDIPI, la traduzione in italiano di un volumetto di Eli Hertz "Questa terra è la mia terra" (testo in inglese www.mythsandfacts.org). Il libro cita e presenta documenti che, a partire dal Mandato per la Palestina, illustrano gli aspetti legali del diritto degli ebrei alla sovranità nazionale su tutta la terra che si trova a ovest del Giordano.
Il libro sarà presentato a Roma il 22 settembre prossimo.
USA: ancora tentativi di boicottaggio di prodotti made in Israele
Questa volta è il popolare Park Slope Food Co-op vuole eliminare i prodotti made in Israele dagli scaffali della cooperativa alimentare alla moda di Brooklyn per protestare contro l'occupazione di quel paese nei territori palestinesi.
"Sarebbe un modo non violento per protestare contro la violenza in Palestina", ha insistito Brenda Iijima, poeta del Park Slope. Altri invece sostengono che una simile mossa "puzza" di antisemitismo e va contro la missione della Union Street co-op che è quella di impegnarsi da oltre 38 anni per la "diversità e uguaglianza". Il dibattito è in fermento da tre anni ma alla fine è emerso durante la riunione della co-op , quando un gruppo che si definisce "membri della Park Slope Food Coop per il boicottaggio israeliano" ha proposto di organizzare un referendum in modo che le 15.000 persone che appartengono alla co-op possano decidere sulla questione. Ann Herpel, coordinatrice generale presso la co-op, ha riferito al The Post che sia lei che il team di gestione si oppongono al piano di boicottaggio e sperano che non giunga mai ad un referendum. La cooperativa attualmente vende solo una piccola parte di prodotti importati da Israele , tra cui il popolare Sodastream seltzer, sali da bagno e paprika. I boicottaggi non sono tuttavia nuovi al co-op, il suo consiglio ha già votato per l'eliminazione di vari prodotti dagli scaffali, tra cui la Coca-Cola a causa di presunte pratiche di lavoro illegali in Colombia.
Dopo anni di ritardi e battute d'arresto è stata inaugurata questa mattina la metropolitana di Gerusalemme. La gente ha affollato la linea per provare la novità: c'è chi ha scattato fotografie dal finestrino, chi ha portato con sè i bambini, che con occhi meravigliati hanno guardato il panorama della città da una nuova prospettiva.
I mercati israeliani e il sistema bancario non sono in alcun pericolo di crollo anche nell'attuale contesto economico, questo è quanto è emerso scorso durante il Comitato delle Finanze della Knesset.
Israele non rimarrà indenne se la crisi del debito americano ed europeo continuerà a peggiorare, ha detto davanti alla Commissione Shmuel Hauser, presidente della Israel Securities Authority, ma l'economia del paese si trova in una posizione più forte grazie al basso tasso di disoccupazione e ad un bilancio equilibrato e stabile. "Dobbiamo essere consapevoli delle forti fluttuazioni del mercato delle ultime settimane, che ci insegnano che anche noi siamo vulnerabili. Tuttavia, non c'è ancora alcun motivo di panico. Al momento non vi è alcun rischio che qualche magnate o chiunque altro trascini verso il basso il mercato o possa influenzare negativamente il risparmio previdenziale". Tuttavia Hauser ha ammonito: "Quanto sta accadendo in Europa e negli Stati Unitisi prevede rallentamenti dei mercati che ad un certo punto avranno un impatto anche su Israele in qualità di esportatore verso tali mercati. Questo impatto sarà a lungo termine". Il Presidente dell'organo di controllo israeliano sulle banche David Zaken ha detto che il sistema finanziario di Israele è completamente stabile se misurato con coefficienti di vigilanza, riserve bancarie o di liquidità. Oded Sarig il responsabile per il mercato finanziario del Ministero delle Finanze, ha fatto capire che sta lavorando a nuove bozze di regolamentazione volte a rafforzare la vigilanza e l'applicazione delle leggi che governano le istituzioni finanziarie. Faina Kirschenbaum membro del Comitato Finanza ha dichiarato in Commissione:" il popolo israeliano deve sapere che se si verifica una crisi, noi stiamo lavorando per stabilizzare il sistema e per evitare che i loro risparmi subiscano un duro colpo. Dobbiamo preoccuparci di coloro che andranno in pensione tra due anni e non unicamente di coloro che ci andranno tra 20 anni, perché per allora il mercato si sarà rettificato da solo".
ROMA, 19 ago - Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha espresso il proprio cordoglio per l'attentato di Eilat al Presidente dello Stato di Israele, Shimon Peres.
"Sono profondamente costernato e sdegnato per gli esecrabili attentati terroristici di Eilat, che hanno mietuto vittime inermi e causato il ferimento di soldati e civili. Partecipo al suo dolore e al lutto della Nazione israeliana, colpita duramente da questo attacco. Nei nostri recenti incontri, a Gerusalemme e a Roma, avevamo ribadito la necessità di tenere alta la guardia contro il terrorismo. Ne abbiamo oggi una drammatica conferma. Questa violenza indiscriminata è un richiamo alle responsabilità dell'intera comunità internazionale nella lotta contro il terrorismo, piaga che non conosce confini. Israele ha già sofferto molto. L'anelito alla pace e alla sicurezza del suo Paese merita un rinnovato impegno e lo sforzo di tutti per il rilancio di un autentico processo negoziale che porti a soluzione il conflitto israeliano-palestinese e garantisca pace e stabilità nell'intera regione. A nome del popolo italiano e mio personale desidero esprimerle i sentimenti di profondo cordoglio e vicinanza, che la prego di trasmettere ai familiari delle vittime".
Figuriamoci se Hamas non applaudiva agli attacchi contro Israele
Nel Neghev ieri è stata una carneficina: 7 israeliani uccisi durante gli attacchi di due cellule terroriste; 7 miliziani morti grazie all'intervento delle forze speciali dello Stato di Davide. Netanyahu reagisce ordinando una rappresaglia su Gaza, altri 6 morti. E 2 guardie di frontiera egiziane si trovano sulla linea di fuoco dei caccia israeliani, morendo anche loro. Hamas smentisce ogni coinvolgimento diretto negli attacchi, ma un dirigente del movimento islamico, Ahmed Yusef, ne elogia gli autori.
L'autobus attaccato dai terroristi nel primo attentato
Purtroppo ci risiamo. Israele ancora sotto attacco. Contro i suoi civili. Nella tarda mattinata, primo pomeriggio di oggi, quattro attacchi terroristici hanno colpito civili nel sud della nazione ebraica. Il primo attacco ha colpito un autobus, l'Egged 392, diretto a Eilat, città di mare israeliana sul Mar Rosso.
Attorno alle 12:00 ora israeliana (le 11:00 ora italiana), una piccola auto bianca con a bordo 3 persone (travestite a quanto viene riportato dalla stampa israeliana in divisa militari) ha aperto il fuoco sull'autobus, seminando il panico tra i passeggieri. Alcuni militari casualmente a bordo del bus hanno risposto al fuoco dei terroristi.
L'attacco è terminato grazie al sangue freddo del conducente il quale coraggiosamente è riuscito mantenere il sangue freddo e a condurre il mezzo di trasporto al più vicino check-point di Netafim. Alcuni feriti, ma nessun morto per fortuna. Dopo solo mezz'ora, un secondo attacco è stato sferrato, sempre in territorio israeliano, vicino al confine con l'Egitto.
Stavolta alcune cariche esplovise sono state fatte esplodere dai terroristi contro veicoli delle forze di sicurezza israeliane (IDF) dirette sulla scena del primo attentato. L'attentato avrebbe ferito alcuni soldati. Dopo soli dieci minuti, un terzo è stato sferrato con un colpo di mortaio che fortunatamente non ha provocato alcun ferito.
E infine, dopo quaranta minuti dal terzo attacco, un quarto ha avuto luogo. Stavolta mortifero. Ancora una volta un autobus preso d'assalto assieme a un veicolo privato. I terroristi avrebbero tentato di sparare sull'autobus, e mancandolo, avrebbero colpito il veicolo privato, uccidendo tutti i passeggeri al suo interno.
Il bilancio attuale di tutti gli attentati è, a quanto risporta ynet.com, è di 7 morti e di più di 40 feriti. Secondo un portavoce dell'IDF, gli attacchi sarebbero stati coordinati meticolosamente, e con buona probabilità, essi portavano l'obiettivo di rapire uno o più soldati israeliani, obiettivo fortunatamente fallito. Degli attentatori si sa ancora poco. Si ritiene che abbiano varcato il confine israelo-egiziano del Sinai, probabilmente con provenienza dalla Striscia di Gaza.
Da quando il dittatore egiziano Hosni Muabarak è stato destituito in Egitto, la sicurezza del Sinai è andata fortemente degradandosi. Il Sinai sarebbe diventato un avanposto del jihadismo qaedista internazionale.
Negli scorsi giorni, come riporta il sito Stratfor, a sua volta citando fonti di Yedioth Ahronot, l'intelligence giordana avrebbe segnalato alla propria controparte israeliana, la possibilità di un imminente attacco su territorio israeliano.
Sempre secondo il sito di geopolitica Stratfor, dietro l'attentato protrebbe esserci il gruppo salafita presente nella Striscia di Gaza, Jamaat al-Tawheed wa al-Jihad, il quale lo scorso 16 Agosto - dunque solo due giorni fa - in un video comunicato di 46 minuti diffuso su internet, avrebbe accusato la dirigenza di Hamas di aver ceduto a una piena implementazione della sharia nella Striscia.
L'attribuzione di una responsabilità contro i gruppi armati qaedisti salafiti di Gaza troverebbe conferma nell'attacco aereo di rappresaglia lanciato dall'IDF sulla Striscia di Gaza in queste ore, la quale in una missione appena conclusasi, avrebbe ucciso, secondo il portavoce della forze israeliane, 7 membri proprio delle forze salafite nella Striscia.
Le rappresaglie delle IDF seguono alle dichiarazioni del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, il quale in conferenza stampa poche ore prima degli attacchi avrebbe dichiarato che Israele "avrebbe reagito" agli attacchi.
Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha inviato al Primo Ministro dello Stato di Israele Benjamin Netanyahu il seguente messaggio: 'Caro Benjamin, ho appreso con sgomento la notizia degli attentati che hanno colpito il sud di Israele. A nome del Governo e mio personale esprimo profondo cordoglio per le vittime. Sono vicino a Te e al popolo israeliano in questo momento di dolore. E' un crimine odioso ma che ha come conseguenza quella di rafforzare il nostro amore per Israele. Silvio Berlusconi'.
L'obiettivo principale degli attacchi in grande stile lanciati oggi nel Neghev meridionale era di sequestrare un israeliano - civile o militare - e di portarlo a Gaza per affiancarlo al soldato Ghilad Shalit, che è prigioniero di Hamas nella Striscia dal giugno 2006. Lo ha detto alla tv Canale 10 una fonte autorevole dei servizi segreti israeliani. Questo obiettivo, a quanto risulta finora, non è stato raggiunto.
Nella Rimini israeliana la strage non ferma il turismo
di Alessandro Beretta
EILAT - Quando parti per Israele i consigli sono due: non usare i mezzi pubblici, non usare i taxi collettivi. Dicerie da turismo allarmista? Non è mai tardi per dirlo. Sbarcato in aeroporto alle 14 a Eilat con un volo interno da Tel Aviv, preso proprio per evitare il tragitto in bus, l'onda di voci sull'attentato a pochi passi da qui già si lega alle voci dei turisti. Da quella della ventenne romana Silvia che commenta nella hall dell'hotel «l'ho saputo da mia madre che mi ha chiamato in panico, sono arrivata oggi in bus da Gerusalemme, ma a un altro orario. Certo, che accoglienza!», al coro disincantato di un gruppo di diciassettenni israeliani «it's Israel», dicono, e sorridono guardando la Bbc, di fianco il necessario per un party analcolico in spiaggia, coca cola e acqua a casse.
LA RIMINI ISRAELIANA - Eilat è la Rimini d'Israele, 36 gradi al sole, uno specchio di mare blu affollato di bagnanti e baretti, dalle insegne anni '90. Difficile capire se l'attentato è avvenuto volutamente qui vicino per turbare le vacanze israeliane: «Sono più di dieci anni che non accade niente qui vicino - racconta Rachel Dahan Robinson, manager del Pierre Hotel -, il terrorismo prova a colpire le aree del turismo ma queste sono tra le più sorvegliate. Per due o tre giorni alzeranno la guardia, ma poi se ne dimenticheranno, perché la gente dimentica, non hai scelta». Probabilmente non è lo stesso per Marvin Guidg, 21 anni, un ragazzo di Eilat, al secondo anno di militare, ritornato in città per il week end: «Ho perso quel bus per 5 minuti - racconta riferendosi al mezzo assaltato s u cui si trovavano altri militari come lui in libera uscita -, stavo aspettando un amico e l'ho mancato. Abbiamo fatto autostop fino a qui e l'abbiamo appreso dalla radio. Quando siamo arrivati, invece dell'unico check point previsto ce n'erano già sei attivati». E come ti senti ad averlo mancato? «Molto fortunato, ho ricevuto trenta chiamate da amici e parenti, ma sto bene. Nessuno se l'aspettava, è stata una sorpresa. Qualcuno dei miei compagni era a bordo ed è rimasto ferito, ma va tutto bene». Marvin lo dice fumando nervoso, delle grandi cuffie gialle Akg da musica sbucano dall'uniforme: «Non ci saranno più morti, è il mio unico desiderio». E intanto, alle spalle del grande centro commerciale, sulla spiaggia tutto prosegue tranquillo. A Nine Beach si prende il sole e i Red Hot Chili Peppers accompagnano l'estate. Con sudori, per il caldo e per i brividi.
I terroristi islamici contro David Letterman: "Bisogna tagliare la lingua a questo ebreo"
David Letterman
Le minacce al comico e conduttore televisivo americano sono apparse sul forum Shumuk al-Islam, frequentato da musulmani di posizioni oltranziste. Letterman è stato preso di mira per una battuta sul presunto successore di Bin Laden
NEW YORK - Nel mirino dei terroristi islamici ora sembra esserci David Letterman, reo di aver fatto una battuta sul successore di Bin Laden. Le minacce al comico e conduttore televisivo americano sono apparse sul forum Shumuk al-Islam, frequentato da musulmani di posizioni oltranziste. L'autore della minaccia, tale Umar al-Basrawi, invita i mussulmani americani a "tagliare la lingua a questo umile ebreo e a metterlo a tacere per sempre, proprio come Sayyid (che Allah lo protegga) fece con l'ebreo Kahane".
La battuta incriminata Letterman, che non è ebreo, è stato preso di mira per una battuta sulla morte di Osama bin Laden e sul suo successore alla guida di al Qaida. "Così hanno scelto un successore e il suo nome è Ilyas Kashmiri - ha detto il comico in un monologo dell'8 giugno scorso - bene, indovinate: è stato fatto saltare in aria da un drone americano". Con la battuta, secondo il messaggio in internet, Letterman "ha mostrato la sua natura maligna e il suo profondo odio per l'Islam e i musulmani, quando ha detto che Ilyas Kashmiri si è unito a bin Laden".
Israele: CureXcell il nuovo farmaco per sanare le ferite
CureXcell utilizza un nuovo approccio per la riparazione delle ferite che in alcuni anziani o malati hanno difficoltà nel sanarsi: cellule bianche del sangue da donatori sani che in genere vengono scartate dalle banche del sangue. CureXcell è il nuovo prodotto israeliano. "Di solito, i medici si servono dei globuli rossi per le trasfusioni di sangue, dice Shirvan. "I globuli bianchi di solito non sono utilizzati nelle trasfusioni, ma in realtà, sono molto utili per coloro che soffrono di ferite croniche. Abbiamo sviluppato CureXcell sulla base delle cellule bianche, iniettandolo nello strato di cellule sane appena sotto il tessuto danneggiato.
Il corpo assorbe queste cellule e li usa per iniziare a riparare le ferite. I pazienti iniziano a vedere un miglioramento della loro condizione in poche settimane" ha proseguito Shirvan. CureXcell dà una mano nella fase più cruciale del processo di auto-riparazione, la fase infiammatoria. Quando si verifica una ferita, il corpo invia automaticamente sangue e liquidi nella zona della ferita per fornire le sostanze curative. Lo sviluppo di trattamenti a base di collagene e di fattori di crescita umani hanno fatto dei passi da gigante nel campo della riparazione delle ferite. "I globuli bianchi alla base del farmaco contengono quegli elementi di cui il corpo ha bisogno per riparare se stesso", dice Shirvan, aggiungendo che il prodotto contiene una serie completa di varie cellule. Facciamo tutti i test che vengono effettuati dalle banche del sangue per i donatori, per testare la sicurezza del prodotto; un farmaco che recentemente è stato acquistato da MacroCure,migliorandolo e inserendolo sul mercato. Finora, dice Shirvan "CureXcell è stato somministrato dai medici per oltre 4.500 pazienti con gravi ferite croniche che probabilmente sarebbero rimasti con le ferite per anni». Inserito nel programma sanitario nazionale di Israele di assicurazione e grazie al suo successo in campo in Israele, CureXcell è impostato per accedere direttamente alla fase finale in modo da ottenere l'approvazione dalla Food and Drug Amministrazione. "Prevediamo di ricevere l'approvazione negli Stati Uniti nel 2014 con il completamento di un efficace programma di sviluppo di fase 3 per il trattamento dell'infezione cronica degli arti inferiori ulcere nei pazienti con diabete", Shirvan dice. "Abbiamo ricevuto una notevole quantità di interesse da parte di medici, ospedali e HMO in Israele", dice Shirvan. "Oltre ad aiutare a curare ferite croniche nei pazienti; il farmaco porterà anche ad una notevole riduzione di amputazioni e potrà perfino salvare vite umane. Ci aspettiamo di crescere significativamente nei prossimi anni."
Israele: visita ufficiale per una delegazione cinese
Secondo giorno di visita di una delegazione cinese in Israele. La visita è determinata dall'?impegno della Cina di migliorare il suo profilo militare e aumentare il proprio ruolo diplomatico nel Medio Oriente e nel Mediterraneo. Una visita importante questa, poiché giunge in un momento importante per l'instabilità in Medio Oriente e l'imminente sessione delle Nazioni Unite. Gli israeliani sicuramente utilizzeranno la visita della delegazione diplomatica cinese per dimostrare che non sono isolati a livello internazionale. Cina e Israele hanno stabilito relazioni diplomatiche solo 19 anni fa, oggi la Cina è il terzo partner commerciale di Israele.
La vicinanza di Israele con la Cina ha radici profonde in quanto la Cina non è mai stata infettata dal virus antisemita e i politici cinesi hanno grande considerazione per Israele e il popolo ebraico. Pochi sanno che c'era una fiorente comunità ebraica in Cina sorta tra le due guerre mondiali. Il rapporto con la Cina serve a Israele per porlo sulla bilancia dei rapporti con gli Stati Uniti specialmente sotto l?amministrazione Obama. Saranno dai due Paesi affrontati altri due temi: l'Iran dei palestinesi. La Cina al fianco della Russia monitorizza il programma nucleare iraniano. Gli israeliani non possono davvero aspettarsi alcun cambiamento al riguardo dopo la visita in corso. I rapporti tra cinesi-iraniani sono basati in gran parte sul riflesso della politica americana nei confronti dell'Iran, così come degli altri regimi. Gli israeliani accoglieranno, comunque, con favore il declassamento da parte della Cina del livello della cooperazione con l'Iran, così come un più sfumato ed equilibrato atteggiamento cinese nei confronti del problema palestinese.
Porte aperte alla Sinagoga di Asti domenica 4 settembre
La sinagoga di Asti
Si svolgerà domenica 4 settembre la Giornata Europea della Cultura Ebraica, giunta alla dodicesima edizione con un crescente successo di pubblico, lo scorso anno oltre 50mila visitatori solo nel nostro Paese.
Parola chiave, "porte aperte": ad accogliere tutti coloro che vogliono saperne di più di un popolo e di una cultura parte integrante della storia d'Italia da oltre duemila anni. "Ebr@ismo 2.0: dal Talmud a Internet" è il tema scelto ad unire idealmente i tanti eventi di questa edizione: uno spunto suggestivo, per parlare di ebraismo nell'epoca di internet e dei nuovi media, e delle sfide complesse e affascinanti del mondo contemporaneo e del futuro.
Nella convinzione che una tradizione antica come quella ebraica possa dare alla società, oggi come ieri, un importante contributo spirituale, di valori, di contenuti. L'evento è coordinato e promosso in Italia dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, che ha scelto quest'anno Siena quale città capofila, dalla quale prende simbolicamente il "via" la Giornata.
Siena ospita un'antica e importante comunità ebraica, i cui luoghi sono immersi nello splendore artistico e architettonico del capoluogo toscano: un'occasione per visitarla sotto una luce inedita. A corollario della manifestazione c'è, inoltre, un "luogo virtuale": il sito internet, rinnovato per l'edizione 2011 con collegamenti "social", virtual tour, webcam, webradio e molte altre novità tutte da cliccare, navigare, scaricare e condividere.
Palestinesi in fuga dai campi siriani. Ma Hamas vieta il corteo anti-Bashar
Gaza. Il governo della striscia non vuole "scaricare" i suoi storici alleati, nonostante l'esodo di massa dopo l'intervento dei carrarmati Latakia
La stretta del governo siriano contro i contestatori sta creando forte imbarazzo nel gruppo palestinese di Hamas, che ha paura di perdere l'appoggio dei propri alleati a Damasco ma allo stesso tempo rischia di inimicarsi i sostenitori in patria.
La repressione del presidente Bashar al Assad contro i ribelli ha guadagnato intensità dall'inizio di agosto. Migliaia di rifugiati palestinesi sono stati spinti ad abbandonare un campo profughi nella città di Latakia, dopo che in settimana le forze di sicurezza siriane hanno attaccato la regione. Molti palestinesi che hanno seguito la vicenda a distanza, dalla Cisgiordania e dalla Striscia di Gaza, hanno immediatamente denunciato le violenze.
Ma gli islamisti di Hamas non hanno commentato in alcun modo, tentando anzi di prevenire manifestazioni pubbliche del crescente risentimento anti-siriano.
«Se Hamas rimarrà in silenzio guadagnerà molti punti nei confronti del regime di Damasco», dice l'analista politico Talal Okal, aggiungendo però che una posizione del genere potrebbe rivelarsi molto dannosa per il gruppo dal punto di vista politico nei territori palestinesi - e in particolare a Gaza, dove Hamas è al governo.
«La gente non accetterà questa linea, la leggerà come un tradimento dei profughi palestinesi in Siria», prosegue Okal.
Una quantità di leader di Hamas - incluso Khaled Meshaal, capo del gruppo - si sono trasferiti in Siria dopo la loro espulsione dalla Giordania nel 1999. Da lì affinano la loro strategia contro l'arcinemico Israele e godono di una relativa libertà di movimento all'interno della regione. Ma la dipendenza del movimento sunnita da Assad (che appartiene alla minoranza sciita siriana, gli alawiti) si sta rivelando una manna per alcuni dei rivali di Hamas, fortemente critici della violenza che ha spazzato il campo profughi di al Raml. «È un crimine contro l'umanità», ha incalzato Yasser Abed Rabbo, segretario generale dell'Organizzazione per la liberazione della Palestina, con sede in Cisgiordania.
La stessa idea ha trovato il sostegno di molti fin dentro il cortile di casa di Hamas.
«Siamo sconvolti... Il presidente siriano non merita di governare il paese», spiega Ahmed Hejazi, 34enne disoccupato (come circa la metà degli adulti di Gaza). «Cosa si aspetta dopo la strage che ha commesso? Crede forse che la sua gente sia pronta ad accoglierlo tra le sue braccia?». Secondo le organizzazioni per i diritti umani, almeno 1700 civili sarebbero stati uccisi dalle forze di sicurezza siriane da quando la protesta è esplosa nel marzo scorso.
Un'organizzazione giovanile di Gaza ha provato a organizzare una manifestazione anti-Assad nella serata di martedì, ma agenti della polizia in borghese di Hamas si sono fatti trovare sul posto prima dell'inizio dell'evento e hanno allontanato i giornalisti. Alcuni giovani che cercavano di mettere in scena la protesta sono stati brevemente tratti in custodia.
La situazione sta mettendo in un evidente stato di disagio Hamas, che tra i suoi sostenitori si è costruita la reputazione di "movimento di liberazione".
Finora il gruppo si è limitato a diffondere una tiepida dichiarazione di sostegno per le gerarchie siriane e ha rifiutato di consentire proteste anti-Assad nei campi profughi.
Fonti diplomatiche hanno affermato che, in privato, Hamas sta ridiscutendo la propria presenza a Damasco.
Dirigenti del gruppo hanno negato pubblicamente le ipotesi di una loro prossima partenza dalla Siria, ma le voci riaffiorano con regolarità: viene suggerito che alcuni, se non tutti, i leader di Hamas potrebbero trasferirsi in Qatar, Turchia o Sudan. L'Egitto ha rifiutato al movimento il permesso di aprire una sede al Cairo, sostengono ancora fonti diplomatiche.
Hamas non è la sola fazione palestinese ad avere stretti contatti con la Siria.
Altri gruppi più piccoli - alcuni dei quali vicini al presidente Mahmoud Abbas - sono rimasti a loro volta in silenzio nonostante la repressione. «È una posizione assolutamente vergognosa e carica di ipocrisia, che ha una sola spiegazione: queste fazioni scommettono ancora sulla sopravvivenza di quel regime sanguinario», commenta l'analista politico palestinese Hani Habib.
Tuttavia nessuno si trova in una situazione imbarazzante quanto quella di Hamas, e qualsiasi incremento della violenza potrebbe costringere a una revisione della linea politica del gruppo. «L'interesse delle fazioni palestinesi è dar retta alla loro gente», conclude Habib.
RIETI - Per ora è la danza, in futuro gli scambi commerciali ed economici potrebbero fare di più. «Rieti si conferma come centro culturale e artistico per la danza». Così il sindaco Emili nell'incontro, nella sala consiliare del Comune, con i venti giovani danzatori impegnati nell'iniziativa «Danza e/è cultura. Un ponte tra Italia e Israele», progetto promosso dalla Fondazione Flavio Vespasiano e dall'assessorato comunale alla Cultura, con la direzione generale per lo Studente e l'Integrazione del ministero dell'Istruzione. L'obiettivo è stato quello di sostenere la cooperazione tra diverse culture attraverso la danza. Domani alle 21 il gran finale al Flavio (ingresso gratuito). E le coordinatrici del progetto, Monica Ratti e Valentina Marini, lasceranno spazio ai due coreografi internazionali Mauro Astolfi, direttore artistico della «Spellbound dance company» e Adi Salant, direttrice artistica associata del «Batsheva dance company» di Israele. I giovani ballerini, dieci italiani e dieci israeliani, sono stati impegnati a Rieti, a luglio e agosto, in un workshop di formazione. Ulteriore motivo di soddisfazione per la città è la presenza, tra i danzatori selezionati, di Federica Valloni, diciannovenne reatina, che ha superato la selezione. «Il mio auspicio - dichiara l'assessore Formichetti - è rivedere questi ballerini nella prossima edizione del Rieti Danza Festival, concorso che ha visto nascere diversi danzatori ora affermati nel mondo».
Khaled Meshaal, leader della fazione palestinese di Hamas, è arrivato al Cairo martedì scorso, una visita che non era affatto prevista. Arrivato da Damasco con una delegazione di 12 funzionari; la sua visita di Meshaal giunge in mezzo a speculazioni su un imminente scambio di prigionieri tra Hamas e Israele.
L'accordo che dovrebbe coinvolgere il rilascio del soldato israeliano Gilad Shalit, tenuto in ostaggio da Hamas dal 2006, in cambio di liberare centinaia di palestinesi prigionieri in Israele. Nel 2009, Shalit è stato vicino ad essere rilasciato, ma le trattative non sono riuscite a causa di disaccordi sulla identità dei prigionieri palestinesi e il luogo del loro rilascio.
Israele, bloccata lespulsione di un bimbo di 4 anni
TEL AVIV - Bloccata in extremis e dopo l'intervento in prima persona della moglie del premier israeliano, Sara Netanyahu, l'espulsione di un bimbo di 4 anni.
Il piccolo, figlio di lavoratori filippini regolarmente presenti sul territorio dello Stato di Israele, era già sull'aereo, in pista, pronto a decollare per riportare nel loro paese madre e figlio.
L'Associazione per i Diritti Civili, Acri, ha fermato l'espulsione di un bambino nato, cresciuto in Israele e già integrato nel sistema scolastico.
Sarebbe stato il primo caso a Tel Aviv, di allontanamento di minore pur in presenza di queste condizioni.
La moglie di Benjamin Netanyahu ha inviato un messaggio urgente al ministro dell'Interno Eli Ishai, leader del partito religioso ultraortodosso Shas e ha chiesto la revoca dell'ordine di espulsione.
Ishai è noto per la sua rigida politica volta ad evitare lo stabile insediamento nel paese di lavoratori stranieri, a favore del carattere ebraico dello Stato.
L'intervento di un legale dell'Acri ha convinto un magistrato a ordinare il congelamento dell'ordine di espulsione.
La politica del ministro dell'Interno in Israele ha già suscitato fra la popolazione non poche polemiche, specie quando riguarda bambini nati nel paese e perfettamente integrati.
Israele - I poveri sono tanti, ma non interessano a nessuno
di Serge Dumont, Le Temps, Svizzera
Nonostante gli sforzi, Odalia Baran, 36 anni, non è riuscita a racimolare abbastanza shekel per raggiungere una delle manifestazioni "per la giustizia sociale" organizzate il 13 agosto in dodici città israeliane a cui hanno partecipato almeno 80mila persone.
Questa ragazza madre, che tira avanti grazie a prestiti che non potrà mai restituire, è stata una delle prime ad accamparsi in strada per protestare contro la politica neoliberista del governo di Benjamin Netanyahu. Ma Kiryat Gat, la cittadina povera del sud di Israele dove vive con i suoi due figli, non è Tel Aviv e nessuno finora aveva dato peso alla sua protesta.
"C'è un abisso tra gli studenti di Tel Aviv che fanno festa nell'accampamento su viale Rothschild e le persone ai gradini più bassi della scala sociale che da anni cercano di non affondare", dice Baran. "Quelli che sono qui con me (una trentina) non hanno neanche i mezzi per studiare".
Sulla carta, Israele è un paese ricco. Il tasso di disoccupazione è del 5,9 per cento e la crescita annuale è a livello di quella delle potenze asiatiche. Le cifre, però, nascondono una realtà molto più dura. Il settore tecnologico, il vanto dello stato ebraico, comprende solo due o tre grandi aziende legate al ministero della difesa e circa 3.360 piccole e medie imprese, che impiegano 198mila israeliani su una popolazione complessiva di 7,5 milioni. Gli altri lavoratori sono spesso mal retribuiti. Molti devono accontentarsi del salario minimo (750 euro) mentre il costo della vita supera in media del 30 per cento quello dei grandi paesi europei.
Sasson Tobias, 47 anni, fa il netturbino e partecipa al movimento degli "indignati". "Lo stato e le comunità locali non assumono più. Subappaltano le commesse ad agenzie interinali che trattano i lavoratori come schiavi e non garantiscono un reddito stabile né una pensione. Se ti lamenti ti licenziano su due piedi", dice sospirando.
I sussidi sociali sono stati ridotti dallo stesso Netanyahu quand'era ministro delle finanze nel 2006 e molti nuovi poveri israeliani arrivano a fine mese grazie ai buoni pasto distribuiti dalle associazioni benefiche. "Gli occhiali che indosso li ho ricevuti da un'associazione francese di oculisti ebrei. Dovrei cambiare le lenti ma non ho i soldi per farlo", spiega Rachel Tuito, un'indignata di Ashdod. Tobias non va dal dentista dal 1993: "Non me lo posso permettere. Le cure sono costose e non sono rimborsate dal servizio sanitario".
Circa il 50 per cento degli israeliani ha un reddito così basso che non paga le tasse. Tra i più poveri ci sono gli ebrei ultraortodossi, che non lavorano per motivi religiosi, e gli arabi che devono accontentarsi di lavori precari o in nero mal retribuiti. "Nel migliore dei casi, chi guadagna uno stipendio lo spende tutto e non risparmia nulla", dice Eliran, che è accampato vicino alla stazione degli autobus di Tel Aviv. "Il movimento in corso cambierà qualcosa? Non credo, e molti la pensano come me. Certo, Netanyahu sta preparando delle misure che possano far contenti gli elettori della classe media ma non è disposto a varare riforme per ridurre la povertà. I poveri sono sempre più numerosi ma non hanno un peso politico. Non interessano a nessuno".
(Internazionele, 17 agosto 2011 - trad. Stefano Valenti)
Libano, quattro membri di Hezbollah chiamati a comparire
Sono accusati dell'assassinio dell'ex primo ministro libanese Rafic Hariri
di Lorenzo Trombetta
Il presidente del Tribunale speciale per il Libano (Tsl), Antonio Cassese, pubblicando l'atto d'accusa ha invitato oggi i quattro membri di Hezbollah, accusati dell'omicidio dell'ex primo ministro libanese Rafic Hariri, a comparire in aula.
«La loro partecipazione attiva è la miglior garanzia per un processo giusto ed equo. Invito quindi tutti gli accusati a comparire in Tribunale», ha scritto Cassese in una lettera aperta. Le autorità libanesi hanno scritto due giorni fa in una lettera al Tsl di non essere in grado di arrestare gli inquisiti, Salim Ayyash (47 anni), Mustafa Badreddin (50 anni), Hussein Anaissi (37 anni) e Assad Sabra (34 anni). I quattro, membri di Hezbollah, sono accusati di avere ucciso Hairi a Beirut il 14 febbraio del 2005, con un'autobomba che provocò la morte di altre 22 persone fra cui il kamikaze. Il Tsl e l'interpol hanno spiccato dei mandati di cattura.
Hezbollah, movimento sciita sostenuto dall'Iran, nega qualsiasi partecipazione nell'attentato e si rifiuta di consegnare i 4 indiziati. Il "partito di dio" occupa attualmente una posizione di forza nel governo libanese dove annovera 16 membri o alleati su 30.
La donna che aveva assunto la presidenza della Croce Rossa Americana
di Emanuel Segre Amar
E' una notizia che nessun quotidiano ha riportato, nonostante, o forse proprio a causa della attenzione spasmodica verso quanto ruota attorno alle vicende israeliane. Si è spenta, nei giorni scorsi, Bernardine Healy, la donna che, dopo avere assunto la presidenza della Croce Rossa Americana nel settembre del 1999, attese non più di due mesi per volare a Ginevra e gridare forte contro l'ingiustizia di escludere il Magen David Adom dal potente consesso della Croce Rossa internazionale. E' stato scritto sulle colonne del Washington Post che aveva rifiutato di tenere gli occhi chiusi su quanto era moralmente errato, e così, proprio grazie a Bernardine Healy, il 21 giugno del 2006 Israele è stato accettato come membro a pieno diritto della ICRC.
La fotografa che fu fatta generale per salvare mille ebrei
La reporter americana compie 100 anni: ha raccontato i Gulag, Exodus e Norimberga. Roosevelt le diede i gradi in una missione speciale. Una mostra la celebra a New York
di Viviana Bucarelli
New York - Nel corso della sua vita straordinaria è stata il primo reporter occidentale a documentare i gulag sovietici in Siberia negli Anni 30 come inviata del New York Herald Tribune . Poco dopo, nel pieno delle persecuzioni durante la II Guerra Mondiale, in qualità di rappresentante del ministro degli Interni Usa, nel corso di una missione «speciale», lei ebrea, ha scortato 1000 rifugiati ebrei verso la salvezza dall'Europa agli Stati Uniti. Nel 1947 ha fatto conoscere al mondo la vicenda dell'Exodus, poi ha raccontato il processo di Norimberga e ha seguito l'Anglo-American Committee of Inquiry in giro per il mondo mentre esaminava la questione degli ebrei rifugiati e della Palestina. E quest'anno, il 30 settembre, Ruth Gruber, giornalista e fotoreporter americana compie 100 anni....
È il titolo dell'iniziativa di Gianfranco Moscati, articolata in cinquanta pannelli itineranti e in una pubblicazione
Nuovo progetto da parte di Gianfranco Moscati. Il quale ha predisposto la mostra itinerante "Gli ebrei sotto il Regno sabaudo - Combattenti, Resistenza, Shoah", volta principalmente a evidenziare, nell'ambito del centocinquantesimo dell'Unità, "la grande partecipazione degli ebrei italiani nelle guerre del Risorgimento, nei conflitti in Libia ed Etiopia, nella Prima guerra mondiale e nella Resistenza". Al solito, puntando principalmente sui documenti, postali (quindi lettere, cartoline, affrancature ) e non (foto, giornali, etichette ).
I cinquanta pannelli, dal formato di 100x70 centimetri, sono stampati a colori su supporti fotografici e destinati all'associazione Figli della Shoah (info@figlidellashoah.org), che si trova a Milano in via Sally Mayer 4/6. Confezionati in alcune scatole di cartone, possono essere forniti gratuitamente per un periodo da concordare di volta in volta, con il solo rimborso, destinato allo stesso sodalizio, di spese, assicurazione e trasporto, pari a 236,00 euro (256,00 per Sardegna e Sicilia).
Il percorso è disponibile con lo stesso titolo anche sotto forma di pubblicazione, organizzata in 66 pagine "A4" a colori, da richiedere all'autore (via ai Monti 112, 6605 Locarno, Svizzera). Il costo, pari a 15,00 euro spedizione compresa, verrà devoluto completamente in beneficienza.
Per la prima volta nella loro storia, israeliani e palestinesi hanno un motivo d'inquietudine comune: il presidente siriano Bachar al Assad.
Un tratto della frontiera tra la Siria
e le alture del Golan israeliano
Il timore è che al Assad scateni una provocazione militare per distogliere l'attenzione dalla sanguinosa repressione contro gli oppositori al suo regime.
I palestinesi hanno denunciato martedì i tiri di mortaio dalle navi di guerra siriane contro un campo di rifugiati nei pressi del porto di Lattakia. Nei giorni scorsi la città costiera era stata oggetto di massicci bombardamenti, sia da terra che dal mare.
Secondo l'agenzia delle Nazioni Unite che controlla i rifugiati palestinesi nella regione, oltre 5'000 persone residenti nel campo sono dovute fuggire.
«I bombardamenti delle navi da guerra sono un crimine contro l'umanità - ha dichiarato il dirigente dell'OLP Yasser Abed Rabbo - La marina e i carri armati siriani bombardano persone che non possono né difendersi né mettersi al sicuro."
Queste dichiarazioni interrompono il silenzio mantenuto sin qui dalle autorità palestinesi, che avevano sempre evitato di esprimersi contro l'alleato al Assad.
Da parte israeliana vi è stata per lungo tempo la medesima prudenza. Al Assad era considerato un elemento di equilibrio nella regione. La maggior parte dei commentatori sottolineava come il presidente siriano - e prima di lui il padre Hafez al Assad - fosse riuscito a mantenere la calma sulle pianure del Golan, conquistate da Israele nel 1967.
Da qui l'importanza di un regime siriano ben saldo al potere. Da qualche settimana, tuttavia, la resistenza dell'opposizione siriana ha spinto il ministro della Difesa israeliano Ehoud Barak a considerare una possibile caduta del presidente al Assad. Nell'attesa, lo Stato maggiore si prepara all'eventualità di un conflitto armato.
Lo scorso 5 giugno vi era stato un primo allarme, quando l'esercito siriano aveva permesso a centinaia di rifugiati palestinesi di avvicinarsi alla frontiera israeliana sul Golan. Molti avevano passato il confine e una ventina di loro erano stati uccisi dalle guardie di frontiera.
Per evitare il ripetersi di simili scenari, l'esercito di Israele ha iniziato a disseminare le linee di confine con mine anti-uomo. Intanto le unità speciali si preparano in previsione di un eventuale attacco siriano.
Hezbollah ha fatto a lungo affidamento sui protettori stranieri per beneficiare di finanziamenti. Ma con l'economia Iraniana in sofferenza e la Siria in subbuglio, il gruppo ha adottato una nuova strategia di pressione per riempire le sue casse. Nel mese di giugno, il nuovo Primo Ministro del Libano, Najib Mikati, ha annunciato la formazione di un governo composto da membri e alleati dell'organizzazione terroristica sciita di Hezbollah. La creazione del nuovo governo ha posto gli Hezbollah come la forza politica più dominante in Libano a soli sei anni dalla "rivoluzione dei cedri" , con il controllo del governo libanese, un esercito attivo, un arsenale di oltre 40.000 razzi, gli Hezbollah non erano mai stati più potenti. Hezbollah non avrebbe raggiunto questa posizione dominante senza l'aiuto del suo creatore e principale sponsor, l'Iran. Sin dalla fondazione di Hezbollah nel 1982 l'Iran ha armato, finanziato e addestrato l'organizzazione, trasformandola in una potente forza terroristica e di combattimento.
Ma Hezbollah non ha fatto affidamento interamente sull'Iran per finanziare le sue operazioni. Ha raccolto fondi attraverso attività criminali, tra cui la contraffazione di valute e merci, di carte di credito, frode e riciclaggio di denaro. Preoccupati della instabilità economica che affliggeva Teheran, a partire dalla rivolta del Movimento Verde nel 2009, Hezbollah ha ampliato le sue attività illecite per ottenere una maggiore indipendenza finanziaria, alla luce anche dell'attuale stato di rivolta in Siria, altro grande benefattore. Una serie di indagini internazionali sulle attività criminali di Hezbollah nel corso degli ultimi anni ha rivelato che l'organizzazione ha sviluppato una rete di criminalità organizzata globale, sempre più sofisticata.
Questo sistema criminale ha contribuito a sostenere l'organizzazione a dispetto degli scenari politici e economici che attendono Iran e Siria, portando a decine di milioni di dollari di profitto ogni anno, ma ha anche esposto gli Hezbollah all'azione penale nei paesi occidentali. Alcune di queste Nazioni hanno evitato di perseguire Hezbollah per le proprie attività legate al terrorismo, interpretando l'attività dell'organizzazione meno come fronte terroristico ma come un gruppo militante impegnato in attività politiche e sociali in Libano.
Fin dai primi anni del 1990, Hezbollah ha operato con un contributo garantito di almeno $ 100 milioni all'anno da Teheran. All'inizio dell'ultimo decennio, l'Iran ha raddoppiato l'investimento arrivando a più di $ 200 milioni all'anno e il suo sostegno finanziario ad Hezbollah ha raggiunto il suo apice nel 2008. Secondo le stime dell'intelligence israeliana, l'aumento delle entrate del prezzo del petrolio a fine luglio 2008, arrivato ai massimi di 145 dollari a barile, aveva innalzato i finanziamenti iraniani per coprire i costi vertiginosi sostenuti dagli Hezbollah che tentavano la ricostruzione successivamente alla guerra del 2006 con Israele. Gli aiuti economici sono stati particolarmente utili agli Hezbollah per il sostegno necessario prima delle elezioni in Libano nel giugno del 2009, quando il gruppo ha tentato di competere con i suoi rivali politici sunniti, finanziati a loro volta dall'Arabia Saudita.
Secondo un rapporto della società STRATFOR, man mano che si avvicinavano le elezioni l'Iran ha impegnato finanziamenti fino a 600 milioni di dollari per la campagna politica degli Hezbollah. Questo afflusso di denaro iraniano ha portato Hezbollah ad assumere più persone e investire in più programmi, presupponendo che il sostegno iraniano sarebbe continuato. Invece, mentre Hezbollah presentava budget sempre più elevati, l'Iran diventava un donatore molto meno affidabile. A metà gennaio 2009 lo scenario è cambiato. Determinante il calo del prezzo del petrolio a 36 dollari al barile e quindi drastica riduzione dei profitti derivanti del petrolio iraniano, oltre alle sanzioni internazionali contro il programma nucleare iraniano.
Secondo l'intelligence israeliana, queste pressioni economiche hanno costretto Teheran a tagliare il suo budget annuale del 40 per cento destinato ad Hezbollah all'inizio del 2009. Di conseguenza, gli Hezbollah sono stati costretti a mettere in atto misure di austerità, ridurre gli stipendi del personale . I militanti di Hezbollah hanno temuto per il loro lavoro e i beneficiari di Hezbollah per le loro sovvenzioni. Trovandosi improvvisamente in ristrettezze, dopo anni di finanziamenti iraniani, gli Hezbollah si sono indirizzati verso le proprie imprese criminali già preesistenti per incrementare il proprio patrimonio.
I segni della crescente dipendenza di Hezbollah per le attività criminose stanno diventando evidenti in tutto il mondo. Nel febbraio di quest'anno, i pubblici ministeri degli Stati Uniti hanno rinviato a giudizio sette cittadini americani - uno dei quali è un noto membro di Hezbollah - con l'accusa di aver cospirato per aiutare i talebani a spostare tonnellate di eroina. Agenti della Drug Enforcement Administration hanno registrato incontri in Benin, Ghana, Romania, Ucraina . Altri si sono offerti di vendere quantità rilevanti di cocaina che i talebani o i loro agenti avrebbero potuto poi rivendere sia loro stessi o per tramite di spacciatori di droga, ricavandone profitto negli Stati Uniti.
Una delle persone incriminate, Alwar Pouryan, un iraniano descritto da uno dei suoi co-cospiratori come un "trafficante di armi affiliato con Hezbollah," aveva previsto di vendere armi ai rappresentanti dei talebani. La scoperta di questo cospirazione a sostenere i talebani, ha dato seguito alla decisione del Dipartimento del Tesoro USA a gennaio di quest'anno di inserire nella lista nera il fulcro dei narcotrafficanti libanesi Ayman Joumma, insieme a nove persone e a 19 imprese coinvolte nel traffico di droga e riciclaggio di denaro. Un vasto studio della DEA ha rivelato che Joumma aveva riciclato fino a 200 milioni di dollari al mese derivanti dalla vendita di cocaina in Europa e in Medio Oriente, per le operazioni in Colombia, Libano, Panama e Africa occidentale attraverso cambia valuta, contrabbando di denaro e altre azioni deliquenziali.
Secondo i pubblici ministeri degli Stati Uniti, la maggior parte di quei profitti sono stati incanalati verso Hezbollah. Due settimane dopo, il Dipartimento del Tesoro ha indicato la Banca Libanese Canadese come "un istituto finanziario di primaria rilevanza per il "riciclaggio di denaro " e di collusione con Joumma nel riciclaggio di profitti illeciti diretti a Hezbollah. Lo strettissimo rapporto di Hezbollah con Joumma e con la LCB, l' ottava maggiore banca in Libano, con un bilancio dichiarato di 5 miliardi di patrimonio nel 2009, suggerisce quanto siano diventate ambiziose le attività criminali di Hezbollah.
L'elenco dei progetti criminali legati ad Hezbollah continua. A Miami lo scorso ottobre, un gruppo di uomini d'affari è stato dichiarato colpevole per aver tentato di spedire componenti elettronici ad un centro commerciale in Sud America, che il Dipartimento del Tesoro indicato come un fronte Hezbollah. A Philadelphia nel 2009, dieci individui sono stati accusati di aver cospirato per fornire sostegno economico agli Hezbollah attraverso il traffico di merci contraffatte. Gli imputati in questo caso trasportavano computer portatili rubati, passaporti, Sony Play Station 2 sistemi e automobili per raccogliere fondi per Hezbollah, tentando anche di procurarsi armi per l'organizzazione. Una denuncia penale a Filadelfia in quello stesso anno è stata posta a carico di Dani Nemr Tarraf - un cittadino tedesco che ha mantenuto domicilio in Libano - per aver guidato un complotto per ottenere 10.000 mitragliatrici e un sistema missilistico a spalla in grado di distruggere un F-16. Ben addestrati dall'Iran nelle arti del controspionaggio e della sicurezza operativa, gli Hezbollah preferiscono tenere le loro azioni lontane dagli occhi del pubblico. La loro rete criminale, tuttavia, ha posto l'organizzazione sotto un'osservazione senza precedenti da parte delle forze dell'ordine in tutto il mondo.
Pochi Paesi hanno formalmente indicato Hezbollah come un'organizzazione terroristica, ma identificano questa organizzazione quando è coinvolta in trame criminali. L'Unione Europea, per esempio, non classifica Hezbollah come un'organizzazione terroristica ma i suoi Stati membri desiderano impedire che il gruppo porti avanti tali imprese sul loro territorio. Paesi di tutto il mondo condividono la determinazione a impedire che la droga venga contrabbandata attraverso i loro confini, sia da criminali, che da terroristi, o dalle reti che li uniscono. Recentemente si sono rafforzate le azioni investigative e penali da parte degli Stati Uniti per contrastare le attività di Hamas e Hezbollah nella cosiddetta Tri Border Area in America Latina, dove si incontrano Argentina, Brasile e Paraguay. "I governi della Tri-Border Area - secondo fonti della DIA - hanno avuto a lungo a che fare con le armi, il traffico di droga, la falsificazione dei documenti, il riciclaggio di denaro, la produzione e la circolazione delle merci di contrabbando attraverso questa regione ". I paesi del Tri-Border Area sono quindi più disposti a cooperare con gli Stati Uniti, se i suoi sforzi, vengono concentrati verso le attività anticrimine e antidroga piuttosto che contro-terrorismo. I paesi occidentali possono unirsi per denunciare queste attività.
Un modello di un tale sforzo di cooperazione è la risposta del Sud America all'attentato degli Hezbollah al centro comunitario ebraico a Buenos Aires nel 1994. Le forze dell'ordine e le agenzie di intelligence in Argentina, Brasile, Paraguay hanno collaborato con i loro colleghi degli Stati Uniti per contrastare la presenza di Hezbollah nel loro paese arrestando gli operatori sulla base di accuse di attività criminale, piuttosto che terroristica e mirando ai loro interessi finanziari.
Oggi, uno sforzo simile a livello mondiale - quando Hezbollah è già messo in discussione in casa propria per l'incriminazione di diversi operatori Hezbollah per l'omicidio dell'ex primo ministro libanese Rafiq Hariri - potrebbe indebolire la rete globale di supporto e minare la propria reputazione sia in patria che a livello internazionale, mostrando la vera identità degli Hezbollah come una banda criminale piuttosto che un alfiere di "resistenza" in Libano.
Gerusalemme promuove attrazioni culinarie insieme a religione e storia
Il ristorante Angelica a Gerusalemme
C'è stata un po' di esitazione prima che Udi Epstein, il sous-chef dell'Angelica, un lussuoso ristorante di Gerusalemme, rivelasse quello che aveva preparato per noi da gustare. Poi lo ha detto in ebraico. Un'altra esitazione prima che ci fosse fornita la traduzione: "Testicoli di Bufalo" Gulp ! Angelica è uno dei migliori ristoranti della città, una città che sta focalizzando il proprio marketing come centro culturale e culinario a fianco le sue attrazioni religiose e storiche.
Eravamo lì come parte di un tour culinario a Gerusalemme Ovest, a partire dalla splendida Machané Yehuda Shuk (mercato), un posto animato e vivace a Gerusalemme in cui andare a comprare frutta e verdura fresca, pesce e carne, frutta secca, noci, formaggio, olive e olio d'oliva, pane e dolci. Ogni senso è messo al lavoro: il suono delle chiamate dei commercianti , l'odore e il sapore di fresco e falafel bourekas (dolci), la sensazione di morbidezza delle melanzane grassocce, lucide e nettarine, la vista di fasci di prezzemolo fresco, coriandolo, aneto e menta.
Il Shuk è quasi sempre affollato, ma il Venerdì mattina è il caos poiché la gente fa compere prima che il mercato chiuda per lo Shabbat. E 'un errore andarci quando si ha fame, a meno che non hai intenzione di fermarti prima in un caffè, si finisce per acquistare molto più di quanto si possa portare o consumare. Il Coffee shop Eli Mizrahi è stato il primo ad aprire nel Shuk, quasi nove anni fa. Secondo la nostra guida, Tali Friedman, chef e autore di un libro sulle attrazioni culinarie di Gerusalemme, la gente pensava che l'idea fosse folle: chi vorrebbe fermarsi per un caffè quando si va al Shuk per fare shopping? Ora il mercato è pieno zeppo di ristoranti e caffè, ed è una calamita per le persone che passeggiano e per i buongustai.
I piatti della tradizione israeliana sono essenzialmente mediorientali influenzati dalla cucina degli ebrei europei, del Nord Africa e da quella mediterranea. Le materie prime disponibili qui sono golose ma il cibo è relativamente costoso. La stessa frutta, verdura, noci e sottaceti sono molto più economici in Cisgiordania.
Durante il nostro tour, abbiamo visitato due posti decisamente contrastanti nel Shuk. Prima al mercato iracheno, una piccola piazza in cui gli uomini vecchi sono seduti all'ombra di una tenda a giocare a backgammon. Qui siamo andati a Azura, aperto dal 1950, dove il cibo viene cucinato lentamente in vasi più grandi su tradizionali bruciatori a gasolio chiamati ptelias. Il cibo è turco, influenzato da Iraq e Siria, dice Moshe, uno dei figli del proprietario. Questo è l'opposto di un fast food, ci dice, mescolando tini di coda di bue, riso e fagioli, melanzane in umido e polmoni in una salsa ricca rosso ("molto popolare").
Non lontano si trova Machneyuda, il ristorante più cool di Gerusalemme, tutto esaurito fino a sei settimane di anticipo. Utilizzando gli ingredienti più freschi dal Shuk, i cuochi nella cucina a vista cucinano contemporaneamente piatti veloci in un contesto di musica ad alto volume. Il ristorante non è kosher, ma come la maggior parte dei ristoranti di Gerusalemme chiude durante lo Shabbat. Ogni venerdì pomeriggio, le persone religiose del quartiere vengono a controllare che il ristorante chiuda per tempo, ha detto Yossi Elad, uno dei tre co-proprietari, che ci ha servito ceviche con anguria. Il tour continua a Racha, ristorante georgiano a conduzione familiare a Jaffa Street, aperto solo per due mesi che serve cibo kosher tradizionale ma in stile georgiano, cibo pesante con noci ed erbe, e a Kadosh, una caffetteria e pasticceria che potrebbero provenire direttamente da Vienna o Budapest.
Poi siamo andati all'Angelica. Ah sì, quei testicoli di bufalo. Sono stati serviti in un brodo leggero con olive e pomodori secchi. Non sapevo se era, ehm l'articolo completo o un taglio. La texture è fondente morbida. Il sapore è delicato. Ci sono stati mormorii di apprezzamento. Ho cercato di mangiare tutto, onestamente, ma dopo due bocconi ho deciso che il mio dovere era stato fatto.
Profumo di grande Europa per il Maccabi Haifa che stasera, opposto ai belgi del Genk sul proprio terreno, si gioca l'accesso alla Champions League nell'ultimo turno preliminare ad eliminazione diretta. Reduci dalla vittoria (non senza affanni) nella doppia sfida contro l'NK Maribor tra fine luglio e inizio agosto, gli israeliani puntano alla terza qualificazione alla massima competizione continentale dopo le apparizioni, entrambe conclusesi nella fase a gironi, delle stagioni 2002-2003 e 2009-2010. L'atmosfera in casa Maccabi è di grande tensione. Ma c'è anche convinzione nei propri mezzi e la sensazione di un avversario comunque non irresistibile. Elisha Levy, allenatore degli Yarok ("verdi", dal colore della maglia) d'Israele dal 2008, predica calma e sangue freddo. "Sarà importante restare concentrati per tutti i novanta minuti di gioco, solo così riusciremo a portare a casa un buon risultato". L'ideale sarebbe non subire goal visto che nelle sfide andata e ritorno le reti segnate in trasferta valgono doppio. Occhio quindi al gioco d'attacco ma anche alle dinamiche difensive con i titolari del reparto arretrato che andranno continuamente supportati vista la loro giovane età e inesperienza ad alti livelli. Da segnalare l'assenza di Yaniv Katan (nella foto), attaccante e capitano degli Yarok, che a causa di un infortunio sarà a disposizione solamente per la partita di ritorno in programma tra una settimana in Belgio. Infine alcune curiosità: le due squadre si incontrano per la prima volta nelle competizioni UEFA. Il Maccabi non ha mai affrontato un club belga e il Genk non ha mai giocato contro una squadra israeliana. Il tecnico del Genk Frank Vercauteren guidava l'RSC Anderlecht che nella fase a gironi della Coppa Uefa 2007/2008 sconfisse 2 a 0 l'Hapoel Tel Aviv.
TEL AVIV - Una statua in marmo di Ercole del secondo secolo d.C. è stata ritrovata da archeologi israeliani nella valle di Jerzreel, a Horvat Tabernet, vicino Afula.
Un'opera di "eccezionale qualità artistica", ha detto Walid Atrash del dipartimento israeliano per le Antichità.
"E' alta circa mezzo metro e raffigura l'eroe nudo ritto su un piedistallo".
"I suoi muscoli sono evidenti, si appoggia a sinistra su una clava e sulla stessa spalla poggia il leone Nemeo", ha spiegato Atrash.
La statua marmorea di Ercole è stata rinvenuta nella stessa sede del ritrovamento di antiche terme romane, venute alla luce durante i lavori per la linea ferroviaria della valle di Jezreel.
L'uccisione del leone Nemeo è la prima dell 12 fatiche di Ercole, secondo la mitologia greca.
Mahmoud Abbas e Mohammed Dahlan. Il primo è il presidente dell'Autorità Palestinese, il secondo è il leader di al-Fath a Gaza. La rivalità tra questi due uomini, da sempre conosciuta, ma raggiunge il suo culmine in questo ultimo mese, quando una piccola incursione alla periferia di Ramallah nei pressi della villa di Dahlan ha causato notevoli gravi danni alla zona, costringendo al leader Dahalan di fuggire il Ponte Alenby. La macchina dove viaggiava Dahalan è stata fermata da alcuni agenti dell'autorità palestinese, arrestando e aggredendo di compagni del leader.
Dahlan ha promesso di tornare a Ramallah per continuare la battaglia per ripulire il suo nome e dimostrare che è la vittima di un complotto architettato da Abbas e un certo numero di leader di Fatah. Dahlan, inoltre, aveva dichiarato la settimana scorsa che fino ad ora la dirigenza dell'Autorità Palestinese non ha fornito alcuna prova a sostegno di nessuna delle accuse contro di lui. Questo è solo uno dei tanti episodi di violenza che interessano le zone governate dai due politici: nell'estate del 2007 durante un incursione ai danni di Abu Mazen da parte di Dahlan era stata colpita la zona della Striscia di Gaza.
Riunione della Knesset per rispondere alle proteste
Seduta straordinaria oggi al parlamento israeliano per dibattere delle proteste di piazza che chiedono una maggiore giustizia sociale e un contenimento del costo della vita. Davanti alla Knesset, i manifestanti. Dentro, per la riunione chiesta d'urgenza dai partiti d'opposizione, l'aula rimasta semivuota. Il premier Benyamin Netanyahu era assente.
Tzipi Livni, leader di Kadima, il partito centrista all'opposizione, ha affermato: "La protesta mostra che se queste persone non riescono ad arrivare a fine mese, malgrado abbiano fatto tutto quello che era stato detto loro di fare, abbiano studiato, investito, speso poco e cercato di risparmiare, la colpa non è la loro. E' il Paese che non va bene per loro".
Le proteste, cominciate circa un mese fa con accampamenti di studenti nel centro di Tel Aviv, si sono rapidamente estese ad altre città. La manifestazione più grande, due settimane fa, ha radunato, sempre a Tel Aviv, oltre 200 mila persone.
Il premier Netanyahu ha formato una commissione di esperti per proporre riforme, ma non intende aumentare la spesa pubblica.
Interrogato da Hamas, sparito a Gaza leader primavera palestinese
E' Abu Yazan, cofondatore del gruppo Gaza Youth Break Out. Era appena tornato dalla Francia
Abu Yazan
GAZA, 16 ago. - Da tre giorni non si hanno più notizie di uno dei leader della primavera palestinese, Abu Yazan, cofondatore del gruppo Gaza Youth Break Out (Gybo), un movimento non violento di giovani che invoca un cambiamento nella Striscia di Gaza, territorio palestinese controllato con la forza dal gruppo integralista Hamas. Abu Yazan, 25 anni, potrebbe essere stato arrestato da Hamas, secondo quanto ha detto un altro membro del suo gruppo, Abu Ghassan.
Stando alle parole di quest'ultimo, il giovane attivista è scomparso dopo essere stato interrogato due volte da Hamas, al suo ritorno da una visita in Francia. Abu Yazan si era recato presso la sede politica della polizia di Gaza per recuperare il suo computer portatile e il suo telefono cellulare, che aveva dovuto lasciare prima di partire per la Francia.
"Era stato minacciato di arresto e aveva dovuto consegnare il suo portatile e il suo telefono ai servizi di sicurezza interni prima di recarsi in Francia", ha spiegato Abu Ghassan. "I servizi di sicurezza lo conoscono molto bene e sanno che è molto attivo. Credo - ha aggiunto Ghassan - che al suo ritorno dalla Francia abbiano trovato una scusa facile per arrestarlo" dicendo "che aveva partecipato ad attività all'estero e qualcosa di questo tipo". Interpellate in merito a questa vicenda, le autorità di Hamas non hanno rilasciato commenti, non hanno confermato né smentito.
Abu Yazan si era fatto conoscere lo scorso dicembre con il suo manifesto in cui condannava Hamas, Fatah e Israele, invocando la libertà, la pace e il diritto a una "vita normale" per la popolazione della Striscia.
"Il Trajetnberg è un comitato inutile". Questa è la posizione del Ministro degli Esteri Avigdor Lieberman contro il comitato che il Primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu ha istituito per far fronte alla problematica degli alloggi che sta investendo la popolazione israeliana. "Non c'è bisogno di comitati o forum per far parlare di se stessi", Lieberman ha avvertito. "Ciò che è necessario è quello di prendere misure immediate". Il Ministro degli Esteri, Lieberman ha pubblicato il suo piano per risolvere i problemi economici del Paese.
Tale piano è stato da subito inviato domenica all'Israel Beitenu MK. Nove sono i passi da adottare per risolvere il problema. I nove passi comprendono: dare ai soldati lo stipendio medio della forza lavoro per tre mesi, prima di porre fine al loro servizio, sussidi di assistenza all'infanzia per le madri che lavorano con bambini dai tre mesi a tre anni, assegnando terreni per gli appaltatori che riserva il 15 per cento di appartamenti per alloggi a prezzi accessibili, la costruzione di infrastrutture nel Negev e villaggi agricoli Galilea, e la costruzione di 1000 unità edilizia residenziale pubblica per i poveri ogni anno per tre anni. Ma il ministro della difesa Ehud Barak ha difeso Netanyahu. Ha messo in guardia contro irresponsabile tagliare il bilancio della difesa in risposta alle proteste della giustizia sociale in tutto il paese, dicendo: "Noi viviamo in Medio Oriente e sarebbe sbagliato ignorare questo fatto." Barak, che vive in uno dei grattacieli più prestigiosi del Paese, raccomandato tassare i ricchi. "Guardo ciò che sta accadendo ora come un'opportunità, non una minaccia", ha detto Barak. "C'è una possibilità di fare un profondo cambiamento nel patto tra cittadini e governo. C'è l'occasione per un nuovo accordo."
Quarto giorno di offensiva: i tank assediano Latakia. Non si ferma la fuga di profughi palestinesi.
La città di Latakia bombardata anche dal mare
AMMAN - I tank dell'esercito siriano hanno aperto nuovamente il fuoco oggi a Latakia, sul Mediterraneo, ieri pesantemente bombardata anche dal mare, nel quarto giorno di offensiva nella città. Lo riferiscono testimoni, che affermano di udire «colpi di arma pesante e esplosioni nei pressi del campo profughi di Raml», da dove ieri sono fuggiti oltre 5.000 palestinesi.
Il porto di Latakia è assediato da giorni dai bombardamenti delle truppe del regime di Damasco. Un assedio violento costato la vita in tre giorni a trenta persone e, ieri, a 4 palestinesi che tentavano la fuga dalla zona di al-Ramel. Intato continua la repressione del regime nel resto del Paese: ieri, secondo gli attivisti, diverse persone sono state arrestate anche a Damasco, nel distretto di Jobar.
Il ministro turco degli Affari esteri, Ahmet Davutoglu, ha esortato la Siria a porre fine «immediatamente e senza condizioni» alle operazioni militari contro i manifestanti. Anche l'Anp, autorita' palestinese, ha chiesto al governo di Damasco di garantire la sicurezza dei profughi palestinesi.
Da Washington il portavoce della Casa Bianca John Carney ha dichiarato che il presidente Bashar al-Assad deve «interrompere le violenze sistematiche, gli arresti di massa e l'uccisione senza senso e fuori ogni tipo di legge della propria popolazione».
Scrive l'editoriale di Ma'ariv: "Se i mass-media britannici mostrassero immagini della polizia israeliana impegnata ad utilizzare le stesse tecniche adottate nei giorni scorsi dalle autorità di sicurezza britanniche, si registrerebbe un'esplosione di indignazione e di proteste contro Israele, a prescindere dalle circostanze specifiche del caso". Tuttavia Ma'ariv, facendo riferimento al comandante della polizia britannica, tranquillizza il pubblico inglese dicendo che "gli israeliani non inoltreranno denunce contro di lui di fronte alla Corte Internazionale dell'Aja, né alcun tribunale israeliano emetterà mandati di arresto nei suoi confronti".
Rivolgendosi poi agli studenti britannici, l'editoriale di Ma'ariv continua: "Il mondo intero ha visto come il vostro governo ha usato la mano pesante contro dei civili. Non è facile guardare la nazione che ha dato al mondo i principi della democrazia e dell'etica occidentale scatenarsi in questo modo contro altri cittadini britannici. Ma non preoccupatevi, vi promettiamo di non fare ricorso a nessuna forma di ritorsione collettiva a causa dei comportamenti del vostro governo: non impediremo agli accademici britannici di tenere lezioni nell'università di Tel Aviv e non boicotteremo il cioccolato Cadbury alla caffetteria dell'Università di Gerusalemme. E voi, studenti britannici, continuerete ad essere i benvenuti, se vorrete venire a studiare qui in Israele, a prescindere dagli esiti della recente ondata di violenze che ha investito il vostro paese. Anzi, venendo qui potrete apprendere due lezioni al prezzo di una: potrete studiare con gli eccellenti accademici israeliani, e potrete imparare dai vostri coetanei israeliani due o tre cose circa le forme di protesta non violenta. Non dovreste perdervi una tale opportunità".
Hamas delegittima ogni mediazione dell'Autorità Palestinese nei confronti di Israele
Le autorità di Hamas continuano a sostenere le loro posizioni estremiste rifiutando ogni iniziativa dell'Autorità Palestinese e sottolineano le differenze ideologiche e strategiche fra Hamas e l'Autorità Palestinese. Le loro dichiarazioni riflettono l'impasse della riconciliazione tra Hamas e Fatah e probabilmente sono destinate ad impedire a Mahmud Abbas di fare concessioni agli Stati Uniti e a Israele. Le autorità di Hamas hanno sottolineato ancora una volta il rifiuto (malgrado la pressione internazionale) di riconoscere Israele , di non "rinunciare anche ad un solo pezzettino di terra della Palestina", di sostenere le azioni di terrorismo, la cosiddetta resistenza e il "diritto di ritorno" di tutti i rifugiati palestinesi nel territorio della Palestina. Al-Zahar di Mahmoud e Al-Hayeh di Khalil, hanno fatto sapere dalla striscia di Gaza, di bocciare categoricamente l'iniziativa che Mahmud Abbas vuole portare all'ONU a settembre, definendola "parole vuote", "un trucco politico","un'illusione" e la visione su cui si fonda "la soluzione dei due -stati". Le dichiarazioni di Hamas vogliono ostacolare Mahmud Abbas prima che si muova verso le Nazioni Unite ed allo stesso tempo riflettono l'impasse del dialogo interno palestinese. Le tattiche di Hamas possono aiutare l'Autorità Palestinese a mostrarsi pragmatica e differente da Hamas ma hanno l' effetto negativo sulla pretesa di Mahmud Abbas di comparire alle Nazioni Unite in rappresentanza di tutti i Palestinesi. Recentemente Usama Hamsmdan, responsabile delle relazioni internazionali di Hamas, ha tenuto un discorso a sostegno "dell'opzione di resistenza" (cioè il terrorismo) durante la recente conferenza a Il Cairo in cui ha dichiarato che "il conflitto non cesserà sino a che Israele non cesserà di esitere "ed aggiungendo che "per quanto attiene le richieste pervenuteci, di riconoscere il nemico, la questione è totalmente alle spalle, abbiamo sempre sostenuto che non riconosceremo mai Israele e aggiungo anche oggi che la parola Israele non esiste nel nostro dizionario politico ed intellettuale. L'attuale comportamento di Hamas contraddice il tono conciliativo usato dalle figure più anziane (in modo particolare da Khaled Mashaal) che seguono l'accordo interno della riconciliazione palestinese del 4 maggio 2011. La stategia di Hamas lascia comunque uno spiraglio all'iniziativa all'ONU a condizione che non sia accompagnata dal riconoscimento ideologico dello stato d'Israele o dalla rinuncia del "diritto di ritorno dei rifugiati palestinesi".
Trento - L'Aquila di San Venceslao a Alexander Wiesel
CAVALESE (TN), 16 ago - Il presidente del Consiglio provinciale di Trento, Bruno Dorigatti, conferira' l'Aquila di San Venceslao, ad Alexander Wiesel. Avverra' a Cavalese, dove il sindaco Silvano Welponer e l'assessore Michele Malfer, daranno a Wiesel anche il riconoscimento di cittadino onorario. Nato in Ungheria nel 1917, ebreo, vive a Praga, da dove poi fugge ad Haifa per le persecuzioni naziste e si arruola in quella che diventera' la Brigata Ebraica dell'esercito inglese, con cui Bernard Law Motgomery, sbarco' a Siracusa dopo l'armistizio del 1943 e risali' l'Italia da liberare.
Scalo aereo nella Valle dei Templi, c'è l'interesse di imprenditori israeliani
Il bilancio della Provincia di Agrigento ha previsto intanto trenta milioni di euro da destinare alla sua realizzazione
La Valle dei Templi
AGRIGENTO - Gli occhi degli imprenditori israeliani sarebbero puntati sul progetto del nuovo aeroporto di Agrigento. La notizia emerge da una nota della Provincia regionale, che rifesrisce di alcuni contatti già in corso con investitori mediorientali: «Il bilancio dell'ente, approvato nei scorsi giorni, ha previsto trenta milioni di euro da destinare alla realizzazione dell'aeroporto ad Agrigento. Un ulteriore passo avanti in attesa della consegna, da parte della Kpmg, del business plain. L'infrastruttura aeroportuale, nel frattempo, ha già catturato l'interesse di alcuni imprenditori israeliani che, a Palermo, hanno incontrato il presidente della Provincia di Agrigento, Eugenio D'Orsi».
Per Franco Masera, Senior Advisor della Kpmg, uno scalo aereo nel territorio agrigentino avrebbe un'importanza strategica: «Gli sviluppi infrastrutturali che sono stati realizzati dal dopoguerra ai giorni nostri sono basati su ferrovia e strada; straordinari sistemi di comunicazione a raggio breve, ma che hanno una capacità di attrazione di flussi turistici limitata a percorsi di 600 - 700 km. Economia che andava benissimo negli anni 60. Oggi, la dimensione geografica è salita di scala dimensionale; i 600 Km sono diventati 6000 Km. Ferro e gomma sono delle infrastrutture lontanissime dalla dimensione dell'economia globale. L'aereo ha rivoluzionato il sistema degli scambi economici su scala mondiale, soprattutto per quanto riguarda il traffico di passeggeri. Mentre le nuove tecnologie come internet hanno dematerializzato la comunicazione, l'aereo sta dematerializzando le infrastrutture. Un aereo», continua Masera, «ha semplicemente bisogno di punti di connessione, gestiti da una compagnia aerea. Il sud della Spagna ha un numero di turisti che sono 15 volte superiori al sud d'Italia. Se facciamo un'analisi di correlazione fra il numero di voli che collegano il sud della Spagna ed i voli che collegano il sud d'Italia, con il resto del mondo, il rapporto è di uno a quindici».
Ahmadinejad ammette la possibilità di un attacco israeliano
Il Presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad jad ha ammesso la possibilità di un attacco israeliano o statunitense sul suo paese, durante un intervista con il Russia Today. Ma l'obiettivo principale dell'Iran, a detta di Ahmadinejad è quello di sviluppare l'energia nucleare pacifica, nonostante la recente intensificazione dei lavori di costruzione di centrifughe che possono arricchire l'uranio in modo più efficace. Nel frattempo, la Russia che cercherà di far rivivere negoziati sul nucleare tra l'Iran e le grandi potenze economiche e militari del mondo, spera che il suo rapporto speciale con Teheran possa aiutare a far tornare in vita i negoziati che alcuni analisti li considerano "morti in acqua".
Il Ministro degli Esteri russo, Sargei Lavrov ha precisato che la Russia ha rifiutato di fornire una S-300 del sistema di difesa aerea iraniana che Teheran aveva ordinato. A questa decisione della Russia si sono aggiunti gli applausi di Israele; definendola una decisione davvero importante affinché si possa respingere qualsiasi attacco futuro. Ben presto l'Iran potrebbe rispondere alle domande sul suo programma nucleare e di essere ricompensato con un graduale allentamento delle sanzioni imposte dai paesi occidentali che vivono con la paura che Teheran stia producendo delle armi nucleari - ammette la Russia. Ma non si può dimenticare che il paese russo è attualmente coinvolto nella costruzione della centrale atomica di Bushehr, sulla costa del Golfo.
Netanyahu: Ora soluzioni concrete contro il carovita
Il Premier israeliano: «A settembre avrò proposte dall'economista Trajtenberg»
GERUSALEMME - Il premier israeliano Benjamin Netanyahu si è impegnato oggi a trovare delle «soluzioni concrete» per ridurre il costo della vita in Israele, ricordando tuttavia che sarà necessario obbedire a certi «obblighi» per realizzare queste riforme. «Ho chiesto al professor Manuel Trajtenberg di sottomettermi delle soluzioni concrete durante il mese di settembre, il prima possibile», ha detto il primo ministro, secondo quanto riporta un comunicato del suo ufficio.
«Ci troviamo di fronte a problemi complessi - ha proseguito Netanyahu -. Vogliamo dei risultati concreti, non generalisti, delle soluzioni concrete ai dei problemi concreti al fine di ridurre il costo della vita e le ineguaglianze sociali in Israele».
Netanyahu ha detto queste cose stamattina nel corso del consueto vertice di governo settimanale, dopo che ieri sera migliaia di persone (50.000 secondo la polizia, 100.000 secondo gli organizzatori) sono scese nuovamente in piazza in diverse città del paese per protestare contro il carovita.
Da un mese gli indignados israeliani hanno lanciato la loro protesta contro le politiche sociali del governo. Netanyahu, da parte sua, ha incaricato una commissione, presieduta dal professor Trajtenberg, un economista rinomato, per rispondere alle richieste della popolazione. Secondo un sondaggio gli indignados israeliani godono del sostegno di una larghissima parte della popolazione (l'88%).
A Gaza non manca il cibo, ma la libertà. E l'acqua di rubinetto è salata
di Francesca Marretta
Mercato a Gaza
GAZA - La Striscia di Gaza è uno dei posti a maggiore densità abitativa del pianeta. L'acqua che scorre dai rubinetti è salata. Frutteti e palmeti si sono trasformati in deserto man mano che il cemento prendeva il posto delle tende dei rifugiati del 1948 e di quelli del 1967. Gli spazi verdi si sono ulteriormente ridotti per effetto delle successive incursioni militari israeliane, che si sono portate via vite umane e infrastrutture. Tuttavia, in questo mese di Ramadan del 2011 non si registrano carenze nei negozi o nei mercati. Un problema di cui tutti si lamentano sono i continui black-out elettrici.
A Gaza non manca il cibo, ma la libertà. Non solo per effetto della chiusura dei confini imposto da Israele, come dall'Egitto. I palestinesi della Striscia vivono sotto la lente d'ingrandimento di Hamas. Per lasciare la Striscia non serve solo il permesso israeliano o quello del Cairo, ma anche quello del governo islamico. Dopo la riapertura dei valichi della Striscia da cui passano le merci, per effetto della crisi diplomatica scoppiata tra Israele e Turchia in seguito ai fatti della Mavi Marmara, a Gaza entrano beni alimentari di ogni genere.
Attualmente nei negozi di Gaza City si trova di tutto, dalla pasta Barilla, ai biscotti senza zucchero, al cioccolato fondente oltre l'85 per cento, alle barrette energetiche. Le signore che fanno la spesa al mercato di Sheikh Radwan si lamentano dell'aumento dei prezzi della carne. Il petto di pollo a 28 shekel costra troppo secondo la signora Amani Bahod, che incolpa di questa situazione i balzelli imposti da Hamas. Anche il 50enne Khaled che fa il tassista alla guida di una mercedes gialla a nove porte, dice che la benzina al di là del confine egiziano cosa la metà «perché a Gaza il ricarico finisce nelle casse di Hamas».
I tunnel che spuntano in Egitto restano aperti, ma funzionano soprattutto per il traffico di materiale edile, motocicli di fabbricazione asiatica e articoli vari tra cui mucche Angus. L'isolamento della Gaza governata da Hamas da parte della comunità internazionale è aggirato attraverso la politica del "no-contact" a livello formale con gli islamisti al potere da parte di Ong e organizzazioni internazionali.
Il blocco imposto dall'esterno ha privato l'economia di Gaza di un tessuto produttivo e imprenditoriale che tradizionalmente le apparteneva. I consumi sono oggi alimentati dal flusso di danaro che arriva da Anp, donatori internazionali (che impiegano personale internazionale e locale), Unrwa e lo stesso governo di Hamas. I gazawi vorrebbero tornare a lavorare, a esportare. Quello che davvero manca a Gaza è la prospettiva di uno sviluppo. Cosa diversa dal limitarsi a sedersi al ristorante per riempire la pancia. Khalil Shaheen, esponente di punta del Centro palestinese per la difesa dei diritti umani di Gaza (Pchr), pensa che il surplus di cibo che va sprecato nelle sere di Ramadan andrebbe spedito nel Corno d'Africa. A Gaza, come negli altri Territori palestinesi, non servono sacchi di riso. Non siamo in Africa sub-sahariana. I palestinesi aspettano soluzioni di tipo politico ed economico. E di avere in tasca un passaporto.
Diciamolo francamente: chiunque tenga alla fedeltà del testo biblico non può entusiasmarsi per la storia impasticciata, romantica e "datata" che viene proposta dal libretto operistico del Mosè musicato da Rossini. Ma rimane la sostanza dell'evento e soprattutto la musica di Rossini che trasforma il risultato. Ma se c'e già uno stravolgimento originario della Bibbia, perché allora protestare per la recente messa in scena pesarese, dove Mosè con il mitra veste i panni di Bin Laden e non si apre il mare ma un muro di Gaza? È perché c'e un limite di decenza alla fantasia artistica e qui il messaggio politico, non artistico, sottostante e' chiaro: la trasformazione dei perseguitati in persecutori, tema mostruoso caro ad un'ampia fascia di "progressisti"; e la denuncia di tutti i fondamentalismi, tema del pensiero religioso moderato o del laicismo antireligioso, che talora rischia di fare di ogni erba un fascio e non esercitare la capacità di distinguere. In questo modo Mosè, con quelli che lo seguono, diventa un fanatico violento, rigorista, intransigente e dogmatico. Un colpo di bacchetta magica ed ecco a voi il liberatore per eccellenza trasformato in mostro sanguinario. Ma non è che il pensiero politico-artistico-laico che ispira tanta creatività non sia anch'esso una forma di fondamentalismo, nel senso della sua dogmatica e fanatica intransigenza, mascherata da umanità?
ONU: il benvenuto alle operazioni di assistenza sulla striscia di Gaza
Il 14 agosto, l'ONU ha dato il benvenuto alle operazioni avviate sulla Striscia di Gaza dall'agenzia per lo sviluppo internazionale degli Stati Uniti.
In precedenza un ufficiale del movimento di resistenza islamica (Hamas) ha detto che, in base all'accordo raggiunto dall'Hamas con l'agenzia per lo sviluppo internazionale degli Stati Uniti, essa avrebbe iniziato le operazioni di assistenza sulla striscia di Gaza il 14 agosto. Secondo l'accordo, Hamas non verificherà più le organizzazioni non governative che sono state sovvenzionate dall'agenzia per lo sviluppo internazionale degli Stati Uniti.
Giornata di lavoro e di sperimentazione per la redazione del Portale dell'ebraismo italiano che tradizionalmente è operativa anche nei cinque giorni, tra cui Ferragosto, in cui le redazioni dei giornali quotidiani italiani si fermano. Assieme alla realizzazione dei notiziari quotidiani e della rassegna stampa, la redazione è impegnata nelle prime ore di sperimentazione della nuova applicazione che permette la consultazione del mensile dell'ebraismo italiano Pagine Ebraiche su Iphone, Ipad e smartphone (sistemi operativi Apple e Android). Oltre al numero di questo mese, agosto 2011, è al momento possibile consultare tutte le uscite di pagine Ebraiche, Italia Ebraica e DafDaf dal gennaio 2011 fino ad oggi. Con la pubblicazione del numero di settembre il giornale si doterà quindi di una migliore e immediata accessibilità e si arricchirà anche di contenuti multimediali e ulteriori elementi di approfondimento oltre che di una forte interconnessione con il portale dell'ebraismo italiano www.moked.it e con la rassegna stampa curata dalla redazione. "Fate omaggio di questa opportunita' trasmettendola ai vostri migliori amici: si tratta di un vero omaggio, un servizio che l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane dona a tutti i lettori che utilizzano questi apparecchi elettronici oggi sempre piu' diffusi" aveva affermato ieri in una nota introduttiva il presidente UCEI Renzo Gattegna.
Siria, un attacco via mare miete decine di vittime
E mentre continuano i disordini il Libano si prepara a subentrare all'India nella presidenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Almeno 21 civili hanno perso la vita, più numerose decine di feriti ieri a Latakia, sulla costa mediterranea siriana, attaccata via mare con navi da guerra delle truppe di al Assad, come si legge nel bilancio dell'Osservatorio per i diritti umani. «Intense sparatorie ed esplosioni sono state udite anche nel quartiere di Slaibè - ha proseguito l'Osservatorio - mentre veicoli delle milizie pro-regime e delle forze di sicurezza si concentravano nella città» E mentre l'attenzione è rivolta ai disordini in Siria, a settembre il Libano assumerà la presidenza di turno del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che subentrerà all'India proprio nel momento in cui potrebbe essere discussa una risoluzione contro Damasco, la stessa che per 29 anni ha esercitato sul paese una tutela politico-militare. In un momento che potrebbe essere cruciale in Libano riemergono con maggire incisività le divergenze fra i due schieramenti, quello di Hezbollah, che continua a sostenere al Assad (con il consenso di Damasco e Teheran) e il partito al-Mustaqbal dell'ex premier Saad Hariri che chiede di porre freno ai "crimini contro l'umanità" in Siria e di attuare urgentemente riforme politiche. Nel suo prossimo mandato il Libano rappresenterà dunque tutto il blocco dei paesi arabi, trovandosi quindi in una posizione scomoda, in bilico fra le proprie priorità interne e quelle dei paesi arabi.
Egitto: tank prendono posizione nel Sinai, offensiva in vista
Carri armati dell'esercito egiziano sono entrati oggi a Sheikh Zouweid, nel Sinai a 15 chilometri dalla Striscia di Gaza, in vista di un'operazione che - secondo un resposabile del ministero dell'Interno - dovrà stanare gli autori dei recenti attacchi al gasdotto che porta il gas in Israele e ad alcune stazioni di polizia. L'operazione, ha detto la fonte, "è imminente".
Il responsabile, coperto dall'anonimato, ha precisato che i carri armati che hanno preso posizione sono quattro, mentre testimoni hanno confermato la presenza di blindati a el Arish, a 40 km dalla Striscia. Secondo funzionari della sicurezza, più di mille soldati e poliziotti sono incaricati di ripristinare l'ordine nel nord della penisola del Sinai prima di avanzare verso sud, fino a Rafah, posto di frontiera con Gaza. Qui si nasconderebbero, secondo le fonti egiziane, miliziani islamici.
L'operazione, denominata 'Operazione Aquilà, dovrebbe anche interessare le zone montuose del Sinai. Alla fine di luglio tre civili e un ufficiale egiziano furono uccisi in scontri tra l'esercito e un centinaio di uomini mascherati che sventolavano bandiere nere con la scritta 'Non c'è altro Dio tranne Allah'. Ora - è stato spiegato - soldati e poliziotti "parteciperanno a diversi attacchi a sorpresa per arrestare uomini ricercati".
I beduini poveri e emarginati del Sinai, regione peraltro molto turistica, sono storicamente oppositori del governo egiziano. Tra il 2004 e il 2006 furono ritenuti all'origine di sanguinosi attentati contro siti turistici nei quali morirono decine di egiziani e di stranieri. L'Operazione Aquila sarebbe la prima contro di loro dalla caduta di Hosni Mubarak, lo scorso febbraio.
Pagine Ebraiche su tablet e smartphone (Apple e Android)
Il presidente UCEI Gattegna rivolge un saluto ai lettori
Il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha rivolto alla community dei lettori del giornale dell'ebraismo italiano Pagine Ebraiche, del giornale di cronache dalle comunità Italia Ebraica e del giornale per bambini DafDaf il seguente messaggio di saluto e di augurio:
"Cari amici, nell'augurare a voi tutti una buona vacanza ho il piacere di offrirvi l'occasione di trascorrere qualche momento di tempo libero in modo interessante e intelligente.
"La notte scorsa è stato lanciato Pagine Ebraiche in versione informatica, sfogliabile e leggibile su Iphone, Ipad e smartphone (sistemi operativi Apple e Android). Oltre al numero di questo mese, agosto 2011, potrete consultare subito tutte le uscite di pagine Ebraiche, Italia Ebraica e DafDaf dal gennaio 2011 fino ad oggi.
"Aggiungo un consiglio a tutela della vostra salute: si tratta di un insieme voluminoso, impegnativo e appassionante. Quindi non fatevi travolgere dall'entusiasmo e non pretendete di leggere tutto d'un fiato, rischiereste di tornare al vostro lavoro più stanchi di prima; selezionate attraverso l'indice i pezzi per voi più interessanti e centellinateli.
"Fate omaggio di questa opportunità trasmettendola ai vostri migliori amici: si tratta di un vero omaggio, un servizio che l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane dona a tutti i lettori che utilizzano questi apparecchi elettronici oggi sempre più diffusi.
"Ciò non toglie che sottoscrivere un abbonamento al giornale dell'ebraismo italiano è importante. Con soli 20 euro l'anno (o con 100 euro per chi sceglie l'opzione sostenitori) tutti potranno ricevere nelle loro case dodici numeri del giornale di carta stampata e contemporaneamente far giungere a questa iniziativa un aiuto economico e un segnale di apprezzamento e di simpatia".
Renzo Gattegna, Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
*
Pagine Ebraiche di settembre, in distribuzione alla conclusione di questo mese di agosto, presenta con numerosi servizi, come già preannunciato dal notiziario quotidiano l'Unione informa, la pubblicazione del giornale dell'ebraismo italiano, del giornale Italia Ebraica e del giornale per bambini DafDaf su tablet e smartphone.
Con la pubblicazione del numero di settembre il giornale dell'ebraismo italiano si doterà quindi di una migliore e immediata accessibilità per tutti i lettori. Ma si arricchirà anche di contenuti multimediali e ulteriori elementi di approfondimento, oltre che di una forte interconnessione con il portale dell'ebraismo italiano www.moked.it e con la rassegna stampa curata dalla redazione.
L'applicazione è in ogni caso accessibile già da alcuni giorni, immediatamente operativa e disponibile per tutti i lettori che volessero sperimentarla e può essere scaricata dagli app market dei sistemi operativi Apple (iPad e iPhone) e Android.
L'icona di identificazione porta la firma del vignettista di Pagine Ebraiche Enea Riboldi e riproduce il celebre bambino simbolo del giornale e protagonista di molti disegni particolarmente amati dai lettori e spesso ripresi dalla stampa nazionale.
Il lettore potrà così immediatamente partecipare alla sperimentazione delle prime settimane, scaricando e sfogliando liberamente i giornali di agosto e i numeri arretrati (per ora tutti quelli pubblicati a partire dal gennaio 2011) sul proprio apparecchio portatile.
La redazione resta sempre raggiungibile per suggerimenti o richieste di chiarimento all'indirizzo mail info@paginebraiche.it
Prima volta nello Stato ebraico. Radio militare: visita 'storica'
GERUSALEMME, 14 ago - Il capo di stato maggiore dell'esercito cinese Chen Bingde, comincia oggi la sua prima visita in Israele, durante la quale incontrerà alti ufficiali delle forze armate e il ministro della difesa, Ehud Barak, che era stato a Pechino lo scorso giugno. Lo ha annunciato un portavoce militare, senza precisare la durata della "breve" visita. La radio militare ha definito "storica" la visita di Chen, giunto su invito del collega israeliano, generale Benny Ganz.
Perché le proteste in Israele sono diverse dalle altre proteste?
di Deborah Fait
Ricordo che , appena arrivata in Israele dall'Italia, una delle cose che piu' mi aveva colpito fu il modo di manifestare della popolazione israeliana. Lasciavo un'Italia dove i cortei finivano in violenza, incendi e risse e mi ritrovavo in mezzo a persone ridenti che manifestavano in modo allegramente serio, cioe' manifestavano per cose serie come guerra o pace, come il terrorismo palestinese, come tasse universitarie, con la musica, gruppetti seduti a terra intorno a tante candele, famiglie con bambini in carrozzella o sulle spalle dei papa'. Tutti cantando il loro amore per Israele, la Pace e la Giustizia. E bandiere biancoazzurre, tante bandiere.
Un altro mondo, un mondo in guerra che sapeva dimostrare il proprio scontento o le proprie paure in pace, senza la minima violenza, senza rabbia, con una pacifica tristezza che i canti trasformavano in veri e propri sperttacoli di civilta' e amore.
Sono stata in vacanza in Italia per un lungo mese, ho seguito le proteste sociali in Inghilterra, precedute da quelle greche, dai No-Tav italiani, dagli indignados spagnoli e ho visto fuoco, distruzione, feriti, morti, violenza, palazzi sfondati e incendiati, negozi distrutti. Una vera e propria guerra.
Leggevo che anche in Israele i giovani incominciavano a dimostrare per la giustizia sociale, affitti delle case, mutui, aumento dei prezzi ed ero preoccupata perche' sapevo che, al minimo episodio di violenza, il mondo, dimentico delle distruzioni europee, si sarebbe scagliato contro il solito stato sionista, capro espiatorio di ogni scontento e di ogni tentativo di nascondere le magagne del resto del mondo.... le cose vanno male in Europa e negli USA? parliamo di Israele, accusiamo Israele e la gente si distrarra'....
Ma i miei israeliani non mi hanno delusa.
Gli affitti sono alti? Bene, hanno riempito le citta' di tende grandi e piccole, sono andati ad abitarvi e canti, balli per le strade, i viali, le piazze, musica, orchestrine, famiglie con i bambini piccoli, cortei dove i partecipanti hanno da pochi mesi a 80 anni, in carrozzella i bimbi e gli anziani, senza paura perche' gli israeliani sanno dimostrare in modo civile e rispettoso degli altri, gli israeliani sono un popolo forse nevrotico a causa delle tante guerre vissute ma pieno di amore per il proprio paese e per il prossimo.
Un popolo di sabre, spinosi fuori, dolcissimi dentro.
Lo spirito della comunita', del "siamo il popolo del kibbuz", del "se non ci amiamo da soli, chi per noi?", resiste ancora in questo paese e decine di migliaia di persone sono capaci di dimostrare senza odio ma con uno spirito di solidarieta' che non esiste altrove.
I comitati organizzatori hanno persino avuto un mai visto "altruismo" arrivando a sospendere le manifestazioni nelle citta' grandi per rivolgere l'attenzione alle periferie e coinvolgere tutti, persino il Governo che ha subito istituito dei gruppi, un comitato di 22 membri denominato "sensibilita' sociale" che si occupera' di migliorare la vita di tutti, soprattutto delle classi piu' povere. Questo comitato si e' a sua volta diviso in tanti gruppi e ognuno si occupera' di un argomento specifico: tasse, competizione e costo della vita, case e costruzioni. Altri comitati faranno il conto di quanto la soluzione di ogni problema verra' a costare e da dove arriveranno i soldi e infine ci sara' un ultimo comitato che si occupera' del dialogo con il pubblico.
Israele continua ad essere la "luce tra i popoli", continuamente diffamato e forse proprio per questo piu' luminoso.
Scrive un giornalista saudita, Al Harbi:
"Quando eravamo piccoli, i nostri insegnanti ci hanno fatto esaurire a forza di ripeterci come Israele fosse, senza ombra di dubbio, un paese temporaneo e provvisorio. Una volta diventati grandi abbastanza per leggere, giornali e libri ci hanno riempito la testa con le ragioni secondo cui Israele non poteva continuare a esistere circondato da paesi arabi. Abbiamo aspettato per anni il momento in cui Israele sarebbe scomparso, ma oggi eccoci qua a testimoniare il momento in cui quelli che cominciano a cadere sono, uno dopo l'altro, i paesi arabi".
e ancora:
"Il segreto della sopravvivenza d'Israele, di fronte a tutte le grandi sfide che ha affrontato, risiede nella democrazia e nel rispetto per la dignità dell'individuo (israeliano), a prescindere dal razzismo e dalla brutalità nei riguardi dei suoi nemici arabi. Il segreto del crollo dei paesi arabi, che stanno cadendo uno dopo l'altro, risiede nei regimi dittatoriali e nell'oppressione delle persone [...] È impossibile per un paese arabo vicino di Israele riuscire a liberare la Palestina, nel momento in cui nega la dignità delle persone entro i suoi stessi confini".
Mi pare che questo arabo saudita abbia capito Israele molto meglio di tanti giornalisti occidentali col salame sugli occhi e l'odio nel cuore.
Chi parla di un mondo senza Israele vuole solo un mondo umanamente piu' povero, meno democratico, privo di diritti umani e giustizia sociale e preda di sciacalli sanguinari e idioti.
Israele resistera' a tutto perche' non e' solo una nazione democratica e civile ma perche' e' un'IDEA.
Siria: almeno 23 morti a Latakia, in azione tank e navi da guerra
DAMASCO, 14 ago. - Almeno 23 persone sono morte nel violento attacco sferrato oggi dalle forze armate di Damasco, per il secondo giorno consecutivo, contro il porto siriano di Latakia. Lo denunciano gli attivisti del Syrian Observatory for Human Rights di Londra, che parlano di un "attacco selvaggio" con l'azione combinata dei tank a terra e delle navi da guerra dal mare.
Fonti palestinesi a Beirut hanno riferito all'agenzia stampa Dpa che il bombardamento ha preso di mira anche il campo profughi palestinese nel quartiere di al Ramleh. "Molti palestinesi sono stati uccisi o feriti", ho detto la fonte, che ha chiesto l'anonimato, aggiungendo che dal campo vi e' ora un esodo di massa, soprattutto da parte di donne e bambini.
Carri armati hanno circondato l'area di al Ramleh, una delle roccaforti della protesta democratica, e cecchini si sono appostati sui tetti, denunciano gli attivisti da Londra. Intanto la rete televisiva al Arabiya riferisce di forti esplosioni udite ad al Ramleh e nel quartiere adiacente di Masbah al Shaab. Fonti dell'opposzione affermano inoltre che oggi sono stati bloccati tutti i treni per Latakia. L'agenzia stampa siriana di Stato, Sanaa, riporta intanto che due soldati sono stati uccisi in scontri con gruppi armati ad al Ramleh. Attivisti segnalano infine centinaia di arresti nei quartieri suburbani di Saqba e Hamouria a Damasco e spari dell'esercito contro i partecipanti ad un funerale a Darayya.
In Israele gli "indignados" nuovamente in piazza oggi in undici città
Ma non a Tel Aviv, dov'è partita la protesta contro il carovita
ROMA, 13 ago. - Gli "indignados" israeliani scendono nuovamente in piazza stasera in almeno undici città del paese, ma per la prima volta dall'inzio delle proteste non a Tel Aviv. Lo riporta il sito web del quotidiano israeliano Haaretz. Le manifestazioni principali avranno luogo a Beersheva e ad Afula, ma altre inziative sono in programma a Eliat, Dimona, Modin, Petah, Tikva, Ramat Hasharon, Netanya, Haifa e Beit Shaan.
Da un mese gli "indignados" hanno iniziato la loro "protesta delle tende" (montando appunto le loro tende nei luoghi di protesta) contro il carovita e le politiche sociali adottate dal governo Netanyahu. Per le manifestazioni di domani hanno dato la loro adesione diversi cantanti. "L'idea è quella di una generale espressione di solidarietà tra le città del paese dove sono state montate le tende" ha detto Yonatan Levi, uno dei leader della protesta. "E' importante per noi conquistare il sostegno per le città delle tende, alcune delle quali hanno ricevuto minori attenzioni", ha aggiunto.
Secondo un sondaggio diffuso questa settimana dalla "10" un canale tv privato, l'88 per cento degli israeliani dice di sostenere il movimento di protesta. Solo il 6 per cento degli israeliani afferma di non appoggiare gli "indignados".
Arriveranno dall'Iran i fondi per finanziare la costruzione di una base militare nella citta' portuale di Latakia, in Siria. Lo riferisce il quotidiano britannico 'The Telegraph' citando fonti occidentali dell'intelligence secondo cui un accordo in tale senso è stato firmato a giugno nel corso della visita di alti funzionari siriani a Teheran. I lavori per la realizzazione della base militare, che secondo fonti di intelligence costeranno 23 milioni di dollari, dovrebbero essere ultimati per la fine del 2012. In questo modo, la Repubblica islamica potra' trasferire direttamente armi alla Siria, in quello che sembra un tentativo per aiutare il presidente Bashar al-Assad a rimanere al potere.
Stando al Telegraph, inoltre, "un simile centro di comando congiunto (Iran-Siria, ndr) è stato allestito all'inizio dell'anno nell'aeroporto intenazionale di Damasco. Ma Latakia è considerata una destinazione piu' idoenea in quanto non è soggetta allo stesso livello di controlli internazionali che vigono a Damasco''. L'accordo, riferiscono fonti di intelligence, è stato raggiunto tra il vice presidente siriano Muhammad Nasif Kheirbek, stretto alleato di Assad, e il comandante delle Forze al-Quds delle Guardie della Rivoluzione iraniana, Ghasem Suleimani.
Dare giudizi sul presente è sempre difficile, si sa che la storia insegna. Tuttavia guardando alle Nazioni Unite di oggi si ha l'impressione che alcune decisioni prese nel passato più recente siano state talmente eclatanti da esser destinate a suscitare le stesse perplessità oggi come domani. Tanto che non è da escludere che in un futuro più democratico si racconteranno barzellette sull'Onu ispirate alla realtà. E allora si ricorderà di quando la Corea del Nord presiedette la terza sessione del 2011 della Conferenza per il disarmo; di quando la Libia venne messa a capo della Commissione per i diritti umani; e ancora di quando il regime iraniano venne nominato membro - in senso fallico probabilmente - della Commissione per i diritti delle donne. "Queste erano le Nazioni Unite", scriveranno i libri di storia che parleranno dell'inefficienza dell'Onu come di una delle cause della mancanza di pace nel mondo.
Al di là della fantastoria, il presente è ricco di interessanti novità che riguardano le Nazioni Unite. La terza settimana di settembre il Palazzo di vetro di New York sarà il teatro dell'ennesima buffonata: la dichiarazione unilaterale di uno Stato di Palestina. Sia chiaro: la nascita di uno Stato palestinese è cosa buona e desiderabile. Tuttavia se si vuole andare oltre alla retorica e considerare i fatti ci sono tre grossi ostacoli alla nascita, ad oggi, di uno Stato palestinese.
1. Lo Stato come soggetto del diritto internazionale va identificato esclusivamente nell'apparato governativo, negli organi che identificano lo Stato persona e dunque in un ristretto nucleo di persone detentirici del potere politico, sia attraverso un mandato di rappresentanza politica del popolo sovrano, sia che il potere sia consolidato in modo antidemocratico. Ad oggi, però, ci sono due diversi governi nei territori palestinesi. Uno è quello di Hamas - riconosciuta come organizzazione terroristica da Unione europea, Canada e Usa - e l'altro quello dell'Anp che, a differenza di Hamas, non scrive nel suo statuto che ha come obiettivo primario quello di "distruggere Israele".
Tralasciando l'accordo di riconciliazione al Cairo dello scorso maggio, chi conosce la situazione nei territori palestinesi sa bene che, ad oggi, l'Autorità palestinese non possiede i requisiti previsti per il test della statualità: ovvero quello di governare all'interno di tutti i territori dell'eventuale Stato e la capacità di poter rappresentare il proprio Stato verso l'esterno. Ci vuole un grande sforzo di fantasia per ritenere che un movimento politico i cui membri sono stati in alcuni casi defenestrati da Hamas - nei territori controllati da quest'ultima - abbia un effettivo controllo su tutto il territorio. Vista la situazione sarebbe stato più sensato chiedere la nascita di due Stati palestinesi. Quanto meno la questione avrebbe avuto un senso. Cosi è un nonsenso giuridico.
2. Una dichiarazione unilaterale di Stato palestinese va contro a numerose risoluzioni del Consiglio di sicurezza in cui si determina che eventuali cambiamenti di status devono essere decisi da israeliani e palestinesi in maniera congiunta. Non solo. La dichiarazione unilaterale viola tutti i trattati internazionali tra israeliani e palestinesi che a quel punto sarebbero impugnabili o revocabili da parte israeliana. E questo sembra più un passo indietro che un passo avanti verso la pace. Inoltre un'azione di questo genere sarebbe addirittura contraria all'articolo 1, comma 1 dello Statuto delle Nazioni Unite in cui si afferma che "i fini delle Nazioni Unite sono: mantenere la pace e la sicurezza internazionale [...]; raggiungere con mezzi pacifici ed in conformità ai principi della giustizia e del diritto internazionale, la soluzione delle controversie o delle situazioni internazionali che potrebbero mettere in pericolo la pace". Una dichiarazione unilaterale sembra più un atto di forza che un gesto di pace.
3. E forse dei tre punti questo è il più paradossale. L'articolo 4 dello Statuto dell'Onu prevede che "possono diventare membri delle Nazioni Unite tutti gli Stati amanti della pace che accettino gli obblighi del presente Statuto e che a giudizio dell'Organizzazione, abbiano la capacità e la volontà di adempiere tali obblighi". Tralasciando il fatto che come dimostra il test della statualità manca il requisito della "capacità di adempiere a tali obblighi", non si capisce come sarebbe possibile poi affermare che Hamas - organizzazione terroristica (è utile ripeterlo) che nel suo statuto scrive di avere l'obiettivo di distruggere Israele - possa essere riconosciuta come "amante della pace". Appare dunque chiaro che pur nell'ipotesi - e non ci sarebbe da sorprendersi visti i precedenti dell'Onu - in cui le Nazioni Unite riconoscessero ad Hamas il diritto di veder nascere uno Stato di Palestina sotto il loro controllo, le Nazioni Unite non potrebbero riconoscergli il diritto di entrare a far parte della sua stessa Assemblea generale in qualità di Stato. Ma come fa un'organizzazione internazionale che non potrebbe annoverare quel membro al suo interno, riconoscerne invece la statualità? Mah, misteri dell'Onu.
Il gatto del rabbino di Joann Sfar, pubblicato in Italia da Rizzoli Lizard, fu all'uscita un vero è proprio evento nel mondo del graphic novel. La storia di questo gatto che, acquistato il dono della parola per aver ingoiato un pappagallo, getta nello scompiglio la famiglia dei suoi padroni, un Rabbino e la sua bella figliola, si conquistò subito la simpatia del grande pubblico e il favore della critica. Il segreto di Sfar come sempre è quello di creare mondi stralunati, dove la poesia e l'ironia convivono in un impasto unico e gli episodi sono anche occasioni di acute riflessioni sulla cultura ebraica e sul confronto fra civiltà. Il tutto si tiene anche grazie a un uso sapiente di archetipi narrativi nel plot. Il gatto, ad esempio, rappresenta il classico simbolo del diavolo, inteso come portatore del discorso logico e razionale, seminatore di dubbi e tentazioni. Il Rabbino invece la bontà, vittima però di un pensiero religioso ortodosso che lo rende un po' ottuso. La figlia è la bellezza naturale, il calore femminile materno e seducente, che con il suo amore tiene insieme le due figure così distanti.
Che un'opera così diventi un film di animazione nelle mani sapienti dello stesso Sfar, non può che deliziare i fan e confesso che io stesso aspetto con impazienza che il film arrivi nelle sale italiane. Il trailer, che potete guardare qui sopra, è senza dubbio promettente e l'animazione risulta fedele perfino al disegno spesso abbozzato e sghembo del fumetto. Il film ha già vinto un premio al prestigioso Festival dell'animazione di Annecy. Per chi non lo sapesse Sfar non è nuovo al cinema ma ha esordito con un bellissimo film di finzione (con i titoli animati) sulla vita di Gainsbourg, Gainsbourg, vie héroìque. Da noi il film è rimasto inedito, a causa della miopia dei nostri distributori.
Gli USA sospendono gli aiuti a Gaza per le ingerenze di Hamas
WASHINGTON, 12 ago - L'agenzia statunitense per gli aiuti umanitari (USAID) ha deciso di sospendere l'assistenza nella striscia di Gaza accusando di ingerenze il gruppo palestinese Hamas, che governa la zona.
''Siamo molto dispiaciuti che le organizzazioni finanziate da USAID operanti a Gaza siano costrette dalle azioni di Hama a sospendere il loro lavoro di assistenza'', ha detto all'AFP un funzionario dell'agenzia, aggiungendo che i programmi dell'USAID verranno sospesi da oggi.
Il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna è intervenuto riguardo le polemiche suscitate dal provocatorio allestimento dell'opera Mosè in Egitto rappresentata al Rossini Opera Festival di Pesaro. Ecco il testo della sua dichiarazione:
"In tutte le epoche è accaduto che l'arte sia stata usata come mezzo di diffusione di idee e di ideologie. Anzi, spesso l'arte è stata un formidabile strumento di propaganda ideologica, un'affascinante combinazione di contenuto e di bellezza. Ma l'assunzione di un tale ruolo comporta gravi pericoli e l'arte rischia di pagare un prezzo molto alto scendendo nell'agone politico se non altro perché tutto ciò che è politico è opinabile e complesso e non si presta ad essere raccontato attraverso semplificazioni retoriche che facilmente finiscono per diventare falsificazioni. Proprio questo è il rischio che ha voluto correre l'edizione dell'opera rossiniana Mosè in Egitto rappresentata al Festival di Pesaro e si è così assunta due gravi responsabilità. La prima è di stravolgere i simboli e i valori dell'ebraismo e del cristianesimo sia fornendo un'interpretazione alterata e superficiale dei dieci comandamenti sia mostrando la figura di Mosè incomprensibilmente rappresentata alla stregua di un terrorista. La seconda è di comunicare una versione faziosa e banalmente manichea degli ultimi decenni della storia del Medio Oriente e dei rapporti tra israeliani e palestinesi".
*
Sulla questione si è espresso anche il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni con una dichiarazione riportata dalle agenzie di stampa.
"E' una deformazione che nasce prima di tutto dall'ignoranza, è un totale sovvertimento dei dati, che ignora alcuni concetti fondamentali. Con quella storia, poi divenuta patrimonio dell'umanità, Dio interviene per liberare il popolo dall'oppressione e la religione non è più asservita al potere ma al servizio dell'uomo. E' un grande passo avanti nella storia dell'umanità". Il rabbino Di Segni ha poi proseguito: "I processi di liberazione presuppongono l'uso della violenza. Solo le belle anime possono pensare che il nazismo sarebbe stato sconfitto distribuendo caramelle alle SS...". Il rav ha inoltre ricordato che nella tradizione ebraica, alla vigilia della Pasqua i primogeniti digiunano "in ricordo della morte dei primogeniti dell'oppressore, del nemico. Non credo - ha concluso - che esistano molte culture nelle quali si digiuna per la morte del nemico".
per voi chi è peggio, un mascalzone o un imbecille? Il terrorista o un giullare che lo esalta, stando comodo davanti alla sua scrivania, nel suo teatro, nella sua redazione? Io ovviamente temo più il primo, ma disprezzo più il secondo.
Mi sto riferendo, forse l'avete capito, all'opera di Rossini "Mosè e l'Egitto" andata in scena ieri sera al Rossini opera Festival di Pesaro, in cui, come avete letto anche su questo sito, il regista inglese Graham Vick ha rappresentato il più grande profeta di Israele come un Bin Laden, inscenando in platea anche un'attacco terroristico (naturalmente di ebrei, chi altro è terrorista in Medio Oriente?), con il Mar Rosso che diventa "il muro dell'apartheid" e altre stupidaggini propagandistiche del genere, naturalmente senza alcuna base né nel testo biblico né nel libretto rossiniano. Violenza gratuita al senso, terrorismo verbale. Uno schiaffo in faccia all'ebraismo. A cento metri da quel ghetto di Pesaro che fu tormentato dall'antigiudaismo papale e definitivamente svuotato dai nazisti.
Che Mosè abbia per la religione ebraica una posizione analoga a quella di Maometto per l'Islam, illustra la differenza fra le due culture: niente minacce di morte per il dissacratore, niente bombe, per carità, solo qualcuno che se n'è andato per protesta dalla prova generale e qualche protesta dal loggione. Avesse provato a fare qualcosa del genere su Maometto, il nostro allestitore, se la sarebbe vista brutta. Naturalmente è giusto così. Vick dice la sua e noi diciamo la nostra, senza violenza, ma con tutta l'asprezza polemica che ci vuole.
Mosè è però anche qualcosa di più del profeta di Israele: è l'archetipo non solo ebraico, non solo occidentale, della liberazione dei popoli e del tormentato rapporto degli esseri umani con la divinità personale del monoteismo: una personalità straordinaria (o se preferite un potentissimo e densissimo personaggio), uno di quelli che ha lasciato il segno più grande del nostro immaginario, nell'arte e nella religione, nel pensiero e nei rapporti fra gli uomini. Tutta la civiltà moderna non sarebbe concepibile senza la teofania del roveto, il confronto nobile e chiaro col Faraone, la Rivelazione e quel che ne è seguito nel deserto. Spazzatura per Vick, interessato solo alla sua piccola propaganda politica "corretta" e revisionista. Mosè per l'allegro allestitore inglese, non è altro che un terrorista; se esaltiamo lui, deve piacerci anche Bin Laden.
E' un terrorista Graham Vick? Un antisemita? Un "cattivo"? No di certo. A me sembra un piccolo burocrate di quel mestiere poco serio che è diventato la regia d'opera (poco più che un coordinamento di scenografia costumi e mimi, senza influenza reale sulla dimensione artistica vera dell'opera, che è quella musicale). Vick ha fatto carriera applicando la facile regola per cui il significato delle opere vada rovesciato rispetto al libretto. Ha messo in scena Manon Lescaut in uno spazio dominato da pupazzi di peluche, abitata da mimi sotto mascheroni e in pantaloni corti. Perché? Non si sa, probabilmente così "è più interessante" (per qualche minuto). Il suo "ratto del serraglio", chissà per quale motivo si svolge in un teatrino da bambole, che poi crolla; l'"Aida" non è ambientata in Egitto bensì sotto i piedi blu a stelle dorate di una Statua della libertà diroccata, che naturalmente per gli spettatori no global allude all'imperialismo alla caduta dell'America - molto politically correct; "Macbeth" ha a che fare con un incidente automobilistico. Eccetera eccetera. Intellettualmente desolante, musicalmente ininfluente. Decorazione vuota, fatta per compiacere i gusti di un pubblico di cui si presume una forte tendenza ad addormentarsi. Sono tutte idiozie che hanno la prosopopea di presentarsi come nuove e intelligenti. Purtroppo il sistema dell'opera, che si annoia da decenni del suo oggetto, favorisce questa piattezza culturale, questa finta spregiudicatezza priva di qualunque idea seria sul testo, queste trouvailles da trovaroba afflitto da budget troppo alti.
E quando si arriva agli ebrei, alla loro uscita dall'Egitto, a quel momento centrale del nostro senso della libertà che è l'impegno divino per la liberazione di un popolo, che cosa c'è di più banalmente idiota, qual è il luogo comune più diffuso fra i cultori del politically correct, se non invertire le parti e far capire che i veri ebrei di oggi sono i palestinesi (e naturalmente gli ebrei in carne ed ossa sono nazisti, oppressori e genocidi)? Questo naturalmente ha messo in scena il confezionatore di immagini di questo spettacolo: non una grande prestazione intellettuale, qualunque bravo neocomunista-neonazista-integralista cattolico avrebbe potuto suggerirgli la lezioncina. Con la differenza che loro sono nemici sul serio, ci credono, sono perfino temibili in quanto complici dei terroristi. Ricordiamoci quel vescovo che portava ai terroristi le armi nel baule della sua macchina diplomatica. Vick no, non ha neppure questa convinzione, tocca solo le armi giocattolo, è solo un piccolo burocrate teatrale, che mette su la sua diffamazione ben leccata, incassa il cospicuo assegno che gli pagano i politici locali di Pesaro e se ne va a confezionare un'altra provocazione più o meno insensata altrove. Stupido o cattivo?
Il caso di questa regia non è molto interessante. La uso solo come esempio. Ci colpisce solo perché per il nostro paese, che è molto meno antisemita della Gran Bretagna e in genere dei paesi nordici, si tratta di un evento inconsueto, perché i nostri registi hanno più rispetto dei testi, perché siamo abituati a non sputare sulla Bibbia. In un festival scozzese o svedese sarebbe la regola. La domanda semmai è quella sull'ambiente da cui Vick proviene, su quel mondo di funzionari della cultura (registi, giornalisti, artisti visivi, quadri politici e sindacali) che ritengono di dover portare ogni tanto il proprio lip-service (il servizio delle labbra, come dice l'espressione inglese), la propria pietruzza alla religione antisionista/antisemita corrente, o ad altre fedi correlate sulla cattiveria del capitalismo, la violenza alla natura, la bontà ingenua degli immigranti in quanto tali, l'amore universale come "panacea di tutti i mali". Sono cattivi o stupidi? Mascalzoni o storditi? Io credo la seconda cosa, sono pieni di buona volontà, pensano davvero che a parlar male di Israele e degli ebrei si faccia la cosa più naturale e "corretta" del mondo. Non hanno passioni vere (a parte l'odio per qualche politico del villaggio), non hanno intelligenza, non hanno neanche la vitalità sufficiente ad essere davvero antisemiti. Sono morti dentro. Non c'è mai stata nella storia della società occidentale una cultura morta e vuota come quella che amministrano loro, i loro giornali, i loro teatri, le loro mostre d'arte, le loro case editrici. Non producono un romanzo, un quadro, una musica capace di durare più di qualche settimana. Sono istupiditi dai media con la ridicola pretesa di esser loro superiori. Desiderano oscuramente la morta del sistema che li alleva, come i lemming che si buttano nell'Oceano a frotte.
Ma questo non li assolve. Perché come disse una volta Karl Kraus, che di antisemitismo se ne intendeva avendolo prima acidamente praticato contro se stesso e poi visto in faccia nella forma estrema del nazismo, che non l'abbiano fatto apposta, o che non sapessero ciò che facevano, è solo un'aggravante.
Londra, la comunità ebraica aiuta a ripulire le aree devastate
La comunità ebraica di Londra si è organizzata per portare aiuto alle aree della città investite dalle rivolte che negli scorsi giorni hanno messo a ferro e fuoco interi quartieri della capitale britannica. Due gruppi di volontari hanno raggiunto le zone più colpite e aiutato i negozianti a pulire e risistemare. Nel quartiere di Stamford Hill, dove vivono molti ebrei ortodossi e musulmani, le due comunità si sono organizzate insieme per proteggere l'area dai facinorosi.
Non che ci avessi capito molto. Ero un bambino, però gli altri mi spiegavano tutto. Avevo solo capito che riguardava il petrolio, e oltretutto in quella occasione avevo scoperto che il petrolio non era soltanto quella specie di colata nera che si vedeva in televisione, ma che si propagava e si trasformava in tante altre cose inimmaginabili, e arrivava dentro casa nostra. Per esempio, finiva per riguardare proprio la televisione.
Da quando c'era questo problema del petrolio, infatti, si era deciso (da qualche parte che non sapevo dov'era e cos'era) che i programmi finivano prima delle undici di sera; la cosa non mi riguardava, io già dormivo, ma se ne parlava, era come un segno inequivocabile, definitivo, della crisi.
Crisi, crisi, crisi. Questa era la parola da cui partiva tutto, a cui arrivava tutto. Però poi dicevamo che non c'entrava solo il petrolio, ma anche il canale di Suez. Il canale di Suez era molto importante, dicevano, e il fatto che l'avessero chiuso era un bel guaio. Mio padre un pomeriggio prese l'atlante e mi fece vedere che giro bisognava fare, per arrivare da noi senza il canale di Suez. E in effetti, bisognava fare un giro molto molto largo. Bisognava circumnavigare tutta l'Africa, poi entrare dallo Stretto di Gibilterra e solo dopo si poteva decidere a quale porto attraccare per consegnare il petrolio che serviva.
Il fatto è che l'Egitto aveva fatto una guerra con Israele, un paio di mesi prima, e aveva perso, e accusava l'Europa di aver appoggiato Israele. E così non ci volevano dare più il petrolio. Non so se le cose erano andate esattamente così, però così le avevo capite. Ora c'erano quelli che dicevano che aveva ragione Israele, quelli che dicevano che aveva ragione l'Egitto; quelli che ritenevano ingiusto che il canale di Suez chiudesse e quelli che lo ritenevano giusto. C'erano poi quelli che erano contenti che le cose andavano così male, e quelli che erano preoccupati. Io stavo con la testa puntata verso l'alto, ascoltavo tutti, vedevo che si arrabbiavano discutendo, ma poi facevano come se non si fossero arrabbiati.
Avevo tutte queste cose in testa, confuse e inafferrabili, quella domenica mattina del 2 dicembre del 1973. Sapevo che era una mattina diversa, ma ero concentrato sulla questione principale: la domenica avevo diritto a dieci bustine di calciatori, e se il canale di Suez non avesse intaccato il mio diritto, poteva succedere quello che volevano, potevano essere preoccupati quanto volevano. Perché erano preoccupati. Tutti. I miei genitori, mio nonno che si chiedeva se qualcuno sarebbe venuto a mangiare al suo ristorante, mia zia che continuava a guardare telegiornali per capire se c'era qualcosa di più, se c'era qualcosa che non ci avevano detto. La preoccupazione arrivava da questo sentore, che c'era sempre, mi pareva: c'è qualcosa che non sappiamo; potrebbe essere più grave di quello che ci dicono.
Però poi, alla fine, uscimmo. Valevano le parole di mia madre, semplici e rassicuranti: e che sarà mai. Allora, uscimmo. Tutti e cinque - mio padre, mia madre e noi tre fratelli. Ero il più grande, non li consideravo gli altri due, pensavo che loro del canale di Suez e del petrolio non avrebbero capito niente, erano piccoli e stupidi, solo a me mio padre poteva spiegare e far vedere sulla cartina il giro enorme che bisognava fare per portarci il petrolio a casa. Per questo, anche se ci capivo poco, facevo finta di capirci di più, ma facevo finta anche un poco con me stesso, e pronunciavo le parole che bisognava pronunciare. Crisi. Petrolio. Canale di Suez. E soprattutto quella più importante: austerity. Era questa la parola di oggi, nuova. Era questa che si sentiva al telegiornale, si leggeva sui giornali. Era questa la parola che destava preoccupazione, ma anche, un po', eccitazione.
Era la prima domenica di austerity. Si chiamava così. E bastò oltrepassare il portone per accorgersene. C'era un silenzio che non avevo mai sentito. Non era un silenzio senza rumore, era un silenzio con molti rumori, ma ogni rumore era attutito e sembrava non sommarsi a un altro. Anche noi facevamo rumore: le nostre domande, le nostre parole, i nostri passi. Erano come i rumori degli altri. Questi erano i rumori, non più gli altri. E ogni rumore era comprensibile. Ti potevi sedere e ascoltare e dire: ora dicono questo, ora fanno questo. Ogni tanto, in questo silenzio senza silenzio, passava un autobus, ma raramente, e il suo motore era diverso, nitido, unico, arrivava da lontano, cresceva, passava accanto, diminuiva, spariva.
E poi ci fu il momento in cui decidemmo, per la prima volta in vita nostra, di camminare in mezzo alla strada, come stavano facendo anche altri. Mio padre fece una torsione improvvisa, allegra, e a catena tutti lo seguimmo. E adesso eravamo piantati in mezzo alla strada. Era una sensazione inedita, bellissima. E poi, mio padre e mia madre cominciarono a salutare, a fermarsi, ad accovacciarsi accanto ad altri bambini e altri signori si accovacciavano davanti a noi e ci accarezzavano. E comprammo le bustine dei calciatori, bevemmo una bibita tutti insieme ai tavolini di un bar - facemmo tante cose che non avevamo mai fatto, la domenica mattina. Eppure le domeniche mattina, quelle che avevo vissuto fino ad allora, erano già le mattine più belle. Ma nessuna era bella come questa. E adesso avevamo la certezza che ce ne sarebbero state altre. E sembravamo contenti, noi cinque, e anche tutti gli altri. Si vedeva da quanto tempo restavano in strada, dai sorrisi, dai saltelli e dalle brevi corse di qualcuno che inseguiva qualcun altro.
Da un sito pro Hamas
Funzionari palestinesi intentano causa a un programma della Tv locale
RAMALLAH- WAFA'. Secondo quanto riportato martedì da "al-Hayat", quotidiano pubblicato a Londra, la polizia palestinese e il sindacato dei medici hanno sollevato due azioni penali nei confronti della televisione palestinese di Stato e della sit-com "Watan 'ala Watar", adducendo la distorsione della loro immagine.
Adnan Amiri, portavoce delle forze di sicurezza palestinesi, ha riferito che "il programma - prodotto dalla televisione palestinese e in onda tutte le sere - contiene insulti gratuiti e oltrepassa l'etica e la commedia: dipinge i poliziotti come persone volgari, fino al punto di ubriacarsi soltanto annusando il fiato di un ubriaco".
"Noi siamo per la libertà di espressione e per la critica, se esercitate positivamente entro i limiti della decenza", avrebbe dichiarato Amiri al quotidiano. "Chiediamo alla giustizia di svolgere indagini e auspichiamo un risarcimento adeguato per la polizia".
Anche il sindacato dei medici ha fatto causa alla televisione palestinese, considerando il programma offensivo per i medici e per il sindacato, e chiedendo l'avvio di azioni legali.
Imad Faragin, autore della sceneggiatura e attore nel programma, respinge le accuse e afferma: "Dal momento che la polizia, il sindacato dei medici ed altre parti hanno deciso di muovere accuse contro il programma, aspettiamo di sentire l'opinione del presidente Mahmoud 'Abbas.
"Se il presidente Abbas deciderà di sospendere la trasmissione del programma, io lo citerò in giudizio con il sostegno di avvocati palestinesi e stranieri... Mi presenterò in tribunale con la telecamera e sarà il processo del secolo".
Faragin condanna le azioni legali contro il suo programma e afferma di assumersi completa responsabilità per la sceneggiatura, per le parti in cui recita e per tutti i personaggi messi in scena.
"Secondo me questo processo diventerà un caso pubblico - ha aggiunto - soprattutto perché non mi sono inventato alcuna situazione immaginaria... Saremo sempre lo specchio delle preoccupazioni dei palestinesi, dei loro problemi e delle loro opinioni.
"Gli errori medici e le prestazioni dilettantesche di alcuni dottori rientrano tra le preoccupazioni della gente".
E ancora: "Il popolo palestinese si lamenta in continuazione per i maltrattamenti subiti sia negli ospedali pubblici sia in quelli privati, e per la avventatezza di alcuni medici. Questo però non vuol dire che tutti i medici siano poco professionali".
Traduzione per InfoPal a cura di Stefano Di Felice
La Banca d'Israele medita di tagliare il tasso d'interesse
Funzionari di primo piano del principale istituto di credito israeliano stanno inanellando riunioni al fine di discutere le condizioni dei mercati, con particolare attenzione a quello statunitense, a cui Israele è legato sotto vari punti di vista, e le possibili strategie di risposta.
Tra le eventualità considerate, figura anche il taglio del tasso d'interesse a settembre per fronteggiare il recente andamento negativo della Borsa di Tel Aviv e dei mercati globali. «Monitoriamo costantemente gli sviluppi internazionali - afferma una fonte tra i dirigenti della Banca d'Israele -, stiamo esaminando in quale misura ci coinvolgono. I dati che abbiamo ora non ci consentono di capire se le perdite recenti della Borsa di Tel Aviv siano un tantum o se invece continueranno. Ma siamo fortunati: il governatore Stanley Fischer ha molta esperienza». Come il resto del mondo, anche Israele aspetta dunque di vedere quali misure saranno messe in campo dalla americana Federal Reserve. L'eventuale taglio del tasso d'interesse per settembre sarà in ogni caso annunciato alla fine di agosto. «Se dovremo agire, agiremo: e sappiamo agire molto in fretta, quando serve», conferma la fonte.
Un funzionario di Hamas ha riferito che il partito si aspetta sviluppi positivi in seguito agli sforzi fatti per raggiungere un accordo con Israele in merito al rilascio del soldato prigioniero Gilad Shalit. Musa Abu Marzouk, parlamentare rappresentante dell'ufficio politico di Hamas a Damasco, ha dichiarato che il proprio ottimismo si basa sulle pressioni interne al governo israeliano e sui cambiamenti avvenuti nella squadra dei mediatori.
Hamas dal canto suo, continua ad insistere sul rilascio dei prigionieri palestinesi e si è detta più volte non disposta a cedere sul numero dei soldati, in cambio della libertà di Shalit. In passato l'organizzazione si era appellata per ottenere la scarcerazione di circa mille palestinesi bloccati nelle prigioni israeliane, inclusi molti condannati all'ergastolo.
Una legge che definisce il carattere nazionale, il regime politico, la missione storica dello Stato di Israele
Quaranta deputati, meta' di Kadima e meta' del Likud, hanno presentato mercoledi' scorso una proposta di legge che definisce Israele come Stato del Popolo Ebraico, e assoggetta la struttura democratica alla definizione nazionale. La legge e' stata finora considerata un trionfo del nazionalismo ebraico che lascera' sempre meno spazio alle minoranze non-ebraiche all'interno di Israele. C'e' chi l'ha definita un ulteriore passo verso il fascismo ebraico, dopo le varie leggi che limitano la possibilita' di impiego dei lavoratori stranieri, che severamente limitano la possibilita' di trovare rifugio in Israele dai confini con l'Egitto e che penalizzano (nel senso che rendono crimine) coloro che aiutano gli asylum-seekers. Questa lettura della proposta di legge puo' esser ribaltata da un'attenta lettura del testo e da un'analisi generale di altre leggi proposte....
La rivolta siriana sta intensificando vecchie divisioni nei vicinati libanesi, dove il blocco pro-Damasco guidato da Hezbollah ha iniziato una guerra verbale con i gruppi dell'opposizione, che invece denunciano gli ultimi 5 mesi di violenze. Circa 800 persone sono scese nelle piazze e nelle strade della capitale libanese, per manifestare contro il Presidente siriano Bashar al-Assad.
La polizia è stata chiamata a tenere sotto controllo i piccoli gruppi filo governativi, anche se durante la dimostrazione non ci sono stati scontri e tutto si è svolto in modo piuttosto pacifico. " La Siria vuole libertà . Chiunque uccida il proprio popolo è un assassino e un codardo. La gente chiede la fine del regime" recitavano gli slogan riportati dal Daily Star. Gran parte del dibattito libanese si sta svolgendo sulla stampa di nicchia. Michel Aoun per esempio, leader del Libero Movimento Patriottico a maggioranza cristiana legato ad Hezbollah, ha sminuito le mobilitazioni siriane e la strage avvenuta ad Homs, definendoli piccoli incidenti. Aoun , ex comandante dell'esercito libanese, ha accusato l'Occidente di voler indirizzare la Siria verso Israele con le proprie decisioni, allontanandola così dall'Iran, Hezbollah ed Hamas.
Israele ha intenzione di acquistare presto altri 20 aerei da guerra F-35. Lo ha dichiarato ieri l'Aviazione israeliana. Attualmente i vertici militari stanno rivedendo il piano di rifornimento pluriennale dell'arsenale aereo dello Stato ebraico in modo da anticipare l'acquisto dei venti jet rispetto al termine che era stato inizialmente indicato.
Lo scorso ottobre lo Stato ebraico aveva già comprato altri 20 di questi aerei, considerati i velivoli da combattimento più avanzati al mondo, per 2.75 miliardi di dollari. La consegna, slittata a causa di alcuni problemi, dovrebbe avvenire nel 2016-2017. Se le modifiche al piano di rifornimento saranno approvate, Tzhal potrebbe dunque avere a propria disposizione 40 F-35 operativi entro il 2021. Il che consentirebbe all'Aviazione israeliana, la più potente della regione mediorientale, di mantenere la propria supremazia. Negli ultimi tempi, anche alcuni Stati arabi, come Arabia Saudita e Emirati arabi uniti, stanno rafforzando le proprie aviazioni tramite un accordo sulle armi a grande impatto firmato con gli Stati Uniti. La mossa punta soprattutto a contrastare le mire espansionistiche e bellicose dell'Iran. Anche l'Iraq, che si sta preparando ad affrontare il ritiro delle truppe statunitensi dopo otto anni, ha annunciato il 30 luglio scorso di voler comperare 36 jet F-16. La consegna di questi velivoli - del valore di 4.3 miliardi di dollari - dovrebbe avvenire all'inizio del 2013. Il ricordo di passate ostilità con Baghdad e, soprattutto, la preoccupazione costante per le ambizioni atomiche di Teheran fanno sì che «Israele sia determinato ad acquisire quanti più aerei da guerra può, e nel minor tempo possibile», come hanno rivelato fonti militari. Tanto che i vertici dell'Aviazione starebbero persino progettando di mandare alcuni piloti negli Stati Uniti, in modo che possano esercitarsi con gli F-35 americani. «In questo modo - ha notato l'esperto militare del Jerusalem Post, Yaacov Katz -, quando i jet israeliani verranno finalmente consegnati, il nostro esercito sarà in grado di utilizzarli da subito». Finora il parco di velivoli militari dello Stato ebraico comprende: 324 F-16, 87 Boeing F-15, 25 F-15I Ra'am e 101 F-16I Sufa costruiti con alcune modifiche speciali su espressa richiesta di Tzahal.
Israele è sempre più preoccupato dai danni che rappresentanti della società giordana contrari alla normalizzazione e molto attivi politicamente dall'inizio dell'anno , stiano apportando alle relazioni Israelo -giordane. Sin dal 1994 una parte della società civile giordana, si è schierata contro chi sosteneva il trattato di pace israelo-giordano, ma negli ultimi mesi le voci contrarie sono aumentate andando ad intaccare i legami economici trai due Paesi.
Alcune fonti a Gerusalemme, hanno riferito che dall'inizio dell'anno , le esportazioni dei prodotti agricoli israeliani verso la Giordania sono diminuite del 25/30per cento, a causa delle pressioni provenienti dal settore affaristico giordano. Secondo tali fonti, gruppi di pressione contrari alla pace tra i due Paesi , starebbero facendo di tutto per ostacolare gli scambi commerciali tra le imprese israeliane e quelle giordane. Funzionari israeliani avrebbero sollevato il problema alle Autorità giordane, che a quanto pare non si sono volute sbilanciare più di tanto.
Lo strano caso dell'hotel a 5 stelle nella Striscia di Gaza: come mai sarà sempre vuoto??
Per quale oscura e misteriosa ragione un hotel a 5 stelle rimane desolatamente vuoto per l'intero anno solare? Le ragioni possono essere le più varie, ma se l'albergo in questione si trova sulla Striscia di Gaza, la spiegazione è semplice
Quest'area è una delle due componenti dello Stato di Palestina (almeno allo stato dei negoziati) ed a sua volta è sostanzialmente separata dall'altra - oltre che da Israele - anche da divisioni politiche che hanno portato quasi alla guerra civile. La qualità della vita si misura in termini di strade sterrate e carretti tirati da asini e l'afflusso turistico è praticamente inesistente.
In questo contesto le 222 camere dell'hotel a 5 stelle, pure con vista sul Mediterraneo, non vengono mai riempite ed anzi solo 80 di esse vengono tenute pronte e pulite. In agosto ci sono stati soltanto 10 ospiti anche se la Royal suite da 880 dollari a notte è frequentemente occupata, da coppie ricche in luna di miele o da funzionari delle organizzazioni internazionali.
150 parlamentari contro l'unilateralismo palestinese all'ONU, per la ripresa dei negoziati
Sono oltre 150 i parlamentari italiani appartenenti a tutti i partiti politici che hanno firmato, su invito dell'Associazione parlamentare di amicizia Italia-Israele, un documento che chiede a tutto il consesso internazionale, all'ONU e ai Paesi Europei, di non procedere alla dichiarazione unilaterale di uno Stato Palestinese.
La lettera, promossa dal direttivo dell'associazione - i deputati Enrico Pianetta (Pdl), Fiamma Nirenstein (Pdl), Gianni Vernetti (Api) e la senatrice Rossana Boldi (Lega Nord) - invita a una più rapida ripresa dei colloqui di pace fra le due leadership, israeliana e palestinese, così da arrivare a una pace stipulata di comune accordo. Ogni unilateralismo, dice il documento dei parlamentari, viola la legalità internazionale e mette in discussione il principio della trattativa tra i popoli. Il preambolo stesso dello statuto delle Nazioni Unite afferma che l'Onu si impegna a "creare le condizioni in cui la giustizia e il rispetto degli obblighi derivanti dai trattati ( ) possano essere mantenuti".
La lettera firmata da 150 parlamentari chiarisce come l'unilateralismo metterebbe a repentaglio tutti gli sforzi internazionali per la pace affermati nelle risoluzioni 242, 338, 1850 del Consiglio di Sicurezza, nella Roadmap per la pace e in numerose prese di posizione del Quartetto e cancellerebbe di fatto tutti gli accordi già esistenti tra israeliani e palestinesi. Inoltre, se una dichiarazione unilaterale d'indipendenza dello Stato palestinese all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite dovesse essere approvata, ciò costituirebbe un riconoscimento di Hamas, organizzazione terroristica fuorilegge nell'Unione Europea, Stati Uniti e Canada e oggi parte dell'esecutivo palestinese....
Israele ha annunciato la costruzione di un impianto di desalizzazione da 423 miliardi di dollari, che verrà ultimato nel 2013 e fornirà al Paese i tre quarti del fabbisogno idrico potabile necessario.
Il governo ha firmato l'accordo con la compagnia nazionale Mekorot, affinché il progetto di Ashdod, città costiera del Mediterraneo, produca 100 metri cubi di acqua destalinizzata all'anno, o il 15% della quantità totale israeliana di uso domestico. L'acqua costerà 2,4 shekel a metro cubo ha riferito il ministro delle finanze.
La compagnia di e-business israeliana Plimus Inc. è stata comprata dal fondo di private equity americano Great Hill Partners per 115 milioni di dollari. Si tratta del primo investimento israeliano del fondo con sede a Boston. Due mesi fa, l'amministratore delegato di Plimus Israel, Ben Tora, aveva fatto dichiarazioni allusive alla stampa nazionale: «Ci aspettiamo a breve importanti eventi finanziari».
Plimus è stata fondata nel 2010 e consiste in una piattaforma per compagnie che vendono online prodotti digitali, come software, giochi e altri tipi di contenuti multimediali. Nel 2010, l'azienda ha dichiarato un profitto netto di 20 milioni di dollari ed entrate complessive per 200 milioni: ovvero, il 40% in più rispetto al 2009. Le previsioni per la fine dell'anno in corso sono ancor più rosee. Il totale delle vendite dovrebbe infatti ammontare a 280 milioni di dollari. Oltre alla sede californiana nella Silicon Valley, Plimus ha un centro di ricerca e sviluppo a Herzliya, poco a nord di Tel Aviv, che impiega 60 lavoratori.
Gatto delle sabbie: salvo dall'estinzione grazie a un nuovo cucciolo?
Il suo vero nome è Felis Margarita e dal 2002 era nel Red Book degli animali in via di estinzione: 3 settimane fa, però, è nato un micetto che potrebbe salvarlo!.
di Claudia Resta
Il micino gioca con l'orecchio di mamma gatta
Il gattino non ha ancora un nome, ma le sue foto stanno facendo il giro del mondo, perchè l'evento è davvero eccezionale e pieno di speranza: per la prima volta in cattività, nel parco Ramat Gan Safari, vicino Tel Aviv, mamma gatta ha dato alla luce un cucciolo di gatto delle sabbie, fornendo così nuove speranze a una specie che in Israele si pensava ormai del tutto estinta.
Il Felis Margarita vive nel deserto del Sahara, è piccolo, con zampe corte e coda lunga, testa larga con grandi orecchie, pelo morbido e folto che si mimetizza molto bene con la sabbia, parte inferiore del corpo bianca, zampe con strisce scure, punta della coda nera. La dimensione è pressappoco quella di un gatto domestico, ma questo micio è abituato a vivere in regioni aride e poco ospitali come dune che nei terreni rocciosi. In generale, la lunghezza si aggira intorno ai 50 cm, con una coda di circa 30 cm e un peso medio di 2,7 kg e la struttura fisica gli permette di sopravvivere a temperature che variano dai -5 oC ai 52 oC.
In libertà si ciba perlopiù di uccelli, topi, piccoli rettili e locuste, che riesce a localizzare con l'aiuto delle grandi orecchie, e la fitta imbottitura di pelo sotto le zampe lo protegge dalla sabbia rovente. Se è vero che i gatti bevono poco, in generale, questo non ha praticamente bisogno d'acqua, perchè riesce a recuperare i liquidi dalle prede.
La femmina generalmente prima del parto si scava una tana dove poi partorisce. Dopo la gestazione, che dura circa 66 giorni, nascono dai 2 ai 4 cuccioli. L'aspettativa di vita è di circa 13 anni e si tratta di un gatto rarissimo, perchè secondo le fonti ufficiali in tutto il mondo ne esistono non più di 150 - 200 esemplari.
L'aviazione israeliana ha iniziato ad utilizzare veicoli aerei automatici per sorvegliare i giacimenti di Gas nel Mar Mediterraneo ed evitare che vengano attaccati da Hezbollah. Ai primi di luglio il gabinetto israeliano ha approvato la demarcazione del confine marittimo settentrionale con il Libano, che riconoscerebbe diritti economici su territori offshore, resi rilevanti dalla recente scoperta di ampie risorse gassifere.
La decisione del governo ha incontrato l'opposizione del governo libanese che rivendica a propria volta i diritti su quei territori. La scelta di spiegare i droni è quindi seguita alla potenziale minaccia rappresentata da Hezbollah e alla volontà di preservare la sovranità dello Stato. La marina israeliana ha già abbozzato un piano per proteggere i giacimenti in questione e i droni andrebbero assicurare la sorveglianza 24 ore su 24.
Enrico Fink a Firenze. Anteprima della XII Giornata Europea della Cultura Ebraica
Enrico Fink
Ebr@ismo 2.0: dal Talmud a Internet - Questo lo stimolante tema scelto per la prossima edizione della Giornata Europea della Cultura Ebraica, che si svolgerà domenica 4 settembre in ventisette Paesi europei e in oltre sessanta località italiane. Città capofila per l'Italia sarà quest'anno Siena, sede di una piccola comunità ebraica. Proprio dalla Sinagoga a due passi da Piazza del Campo, una delle più antiche della Toscana, prenderà simbolicamente il via la manifestazione. Nell'ambito di Fortezza d'Estate, mercoledì 10 agosto a Firenze, si svolgerà una serata di presentazione della Giornata Europea della Cultura Ebraica. Giuseppe Burschtein, alle 21.30 introdurrà il tema della Giornata con una presentazione intitolata "Pillole di Ebraismo 2.0". Alle 22.00, seguirà il concerto di Enrico Fink che per la Giornata ha curato un cd musicale antologico di canti sinagogali fiorentini.
Lo spettacolo- Il concerto si sviluppa come un viaggio intorno al mondo, attraverso la "lente" della musica ebraica: si va dall'Europa dell'est, con le danze klezmer, le canzoni yiddish, ma anche con la musica rom e balcanica; si passa per le canzoni israeliane, si arriva fino all'America e alle canzoni ebraiche del teatro e del cabaret, per tornare all'Italia, con la tradizione del canto sinagogale italiano. Il tutto eseguito da un eclettico mix di musicisti di estrazione classica, popolare e jazzistica dando così origine a un sound sorprendente e originale Un "percorso affettivo", un lungo lavoro di ricerca, studio ed esecuzione, ricco di differenti approcci alle differenti tradizioni ebraiche: dai virtuosismi tradizionali delle danze est europee a canzoni di teatro musicale, da composizioni di carattere jazzistico a brani più legati all'esperienza classica contemporanea. Le differenti ispirazioni musicali sono legate da un comune sentire: sono interpretate percorrendo la linea sottile fra il rispetto di melodie amate e di per sé significative, e la necessaria libertà nel riproporle e riviverle secondo una propria sensibilità.
L'artista - Da anni ormai Enrico Fink e il suo gruppo si sono affermati come una delle formazioni più interessanti nel panorama italiano della riscoperta e rielaborazione di musica tradizionale ebraica.
I primi lavori di teatro musicale (tra cui Patrilineare, uscito in cd per Materiali Sonori nel 2000, Purimshpil, riscrittura a due voci del classico di I. Manger Di Megile Lider nel 2002) si sono soffermati in prevalenza sulle tradizioni est europee, popolari e religiose. Da anni il gruppo ha voluto dedicarsi anche ad un repertorio ebraico italiano, ricchissimo e ancora per certi versi inesplorato, e che è protagonista nell'uscita discografica Il Ritorno alla fede del cantante di Jazz (Materiali Sonori 2005) e del lavoro di Enrico con Ensemble Lucidarium, La Istoria de Purim io ve Racconto, uscito per l'etichetta francese k617 e dedicato alla musica ebraica italiana del Rinascimento.
Battaglia per il posto di ambasciatore di Israele in Italia
Per il posto di ambasciatore di Israele in Italia è battaglia nel ministero degli esteri: la nomina del diplomatico designato è stata sospesa dalla commissione per i dipendenti statali in seguito al ricorso di una diplomatica che pure aspira all'incarico, molto ambito secondo la stampa locale odierna. A essere designato prossimo ambasciatore a Roma, stando ai media, è stato l'attuale direttore della divisione Europa Occidentale del ministero, Naor Gilon, preferito dalla commissione addetta all'assegnazione degli incarichi alla signora Irit Ben Abba, attuale dirigente della Divisione Economia. Gilon ha 22 anni di carriera nel corso dei quali è stato anche capo dell'ufficio politico dell' ambasciata a Washington e consigliere del premier Benyamin Netanyahu nel suo primo governo (1996-1999).
Secondo i giornali è ben visto sia dal premier sia dal ministro degli esteri Avigdor Lieberman. La signora Ben Abba si è appellata contro la nomina alla Commissione superiore per i dipendenti statali, rivendicando una maggiore anzianità di servizio, una più grande esperienza e una maggiore compatibilità con l'incarico. Inoltre, ha sostenuto, la legge israeliana favorisce le donne nelle gare di assegnazione degli incarichi statali quando tutti i candidati hanno uguali credenziali di servizio. In seguito al ricorso la nomina di Gilon è stata sospesa in attesa di un riesame del caso. Il nuovo ambasciatore a Roma sostituira l'ambasciatore Gideon Meir, il cui incarico di cinque anni sta per scadere.
di rav Roberto Della Rocca, direttore del dipartimento Educazione e cultura UCEI
La notte di Tishà beAv
in un'opera di Zvi Raphaeli
Questo pensiero su Tishà BeAv esce nell'ora di Minchah, la preghiera pomeridiana, durante la quale i nostri Maestri hanno voluto inserire alcuni elementi di consolazione. Si indossano il Tallit e i Tefillin che non si sono messi al mattino, si riaccendono le luci delle Sinagoghe lasciate spente da ieri al tramonto, vengono ripristinati gli arredi e i paramenti ordinari, non ci siede più per terra come abbiamo fatto ieri sera e questa mattina, le melodie della Tefillah tornano a normalizzarsi. Tutto ciò perché ci è stato tramandato che proprio in questa ora della giornata le fiamme dell'incendio del Bet Hamiqdash sono iniziate a diminuire. In verità, in ottemperanza all'insegnamento del Midrash Ekhah Rabba: " nel giorno in cui è stato distrutto il Santuario è nato il liberatore.", la tradizione ebraica sottolinea lo stretto legame tra distruzione e liberazione. La rovina non è mai definitiva, e il punto più basso della caduta è anche l'inizio della risalita. La vita e la morte, la gioia e il dolore non sono vissuti necessariamente come due momenti staccati; è anzi piuttosto ricorrente in tutta la vita ebraica, che anche nel momento in cui la morte e la distruzione sembrano prevalere, la Tradizione ci indica la strada per fare riemergere la vita. È questo atteggiamento che spiega il paradosso di Tishà BeAv, il digiuno del 9 di Av. Se da una parte è un giorno di lutto che riassume in sé la memoria delle esperienze più tragiche della nostra storia, le più antiche assieme alle più recenti, dall'altra è considerato Moèd, giorno di festa: è questo infatti il motivo per cui non si recita il Tachannun la preghiera di supplica dei giorni feriali. Stabilendo questa regola, i Maestri hanno voluto esprimere non solo la speranza, ma la certezza che così come le profezie di distruzione e dispersione si erano realizzate, così pure quelle di consolazione e redenzione non tarderanno a manifestarsi. E' antica consuetudine presso le nostre Comunità conservare la candela, alla cui luce ieri sera abbiamo letto il libro delle Lamentazioni, e accenderci i lumi di Chanukkà. Quella piccola fiammella che ha accompagnato i nostri momenti più sciagurati è la stessa che da luce ai nostri momenti più lieti. Questa associazione paradossale tra Chanukkà, la festa che celebra la riconsacrazione del Tempio, e Tishà BeAv, il giorno che ne ricorda la distruzione può essere capita ricordando quanto afferma il nostro Midrash, che proprio nel giorno in cui fu distrutto il Santuario, nacque il Messia, simbolo della redenzione di Israele dalle leggi della storia che lo vorrebbero già scomparso e della consacrazione di Israele alla sua funzione. Ancora una volta il vero miracolo è quello di saper trovare la luce nel buio che si avverte in mezzo alle macerie. Aver fiducia che proprio nel momento in cui la luce sembra oscurarsi la presenza divina si manifesta attraverso nuove e misteriose vie. Questa certezza di redenzione dipende anche da noi: sta infatti a noi conservare intatto questo debole lume per riaccendere la luce della speranza messianica. "... Chi fa lutto per Gerusalemme ha il merito di vederne la gioia, e chi non fa lutto per Gerusalemme non ne vede la gioia...". (Taanit, 20 b)
Egitto: al-Zawahiri, eroe chi attacca gasdotto verso Israele
"Saluto gli eroi che hanno fatto saltare in aria le condotte che portano il gas in Israele". E' quanto afferma il leader di al-Qaeda, Ayman al-Zawahiri, nella seconda parte della registrazione dal titolo 'Messaggio di speranza per la nostra gente in Egitto', diffusa sui forum jihadisti in Internet. Per la prima volta il nuovo capo del gruppo islamico, fondato da Osama Bin Laden, ha elogiato i cinque attacchi compiuti da febbraio nel Sinai egiziano contro i gasdotti che portano il gas in Israele e in Giordania.
Nei giorni scorsi è stato diffuso per la prima volta nel nord della penisola un volantino che annunciava la nascita di una cellula di al-Qaeda nella zona. Secondo al-Zawahiri, questi attentati "sono sintomatici della rabbia della popolazione musulmana contro questo crimine continuo (il trasporto del gas verso Israele, ndr) iniziato dal regime di Hosni Mubarak e proseguito dalla giunta militare".
Il medico egiziano ha proseguito la sua analisi critica nei confronti del Consiglio supremo delle Forze armate egiziane, accusato si essere "la stessa giunta militare che ha nominato Nabil al-Arabi, colui il quale ha partorito l'accordo di Camp David, da ministro degli Esteri a segretario della Lega Araba". Secondo al-Zawahiri, "per capire come sia peggiorata la politica estera egiziana basta fare un paragone tra quanto fatto dalla Lega Araba ai tempi della Nakba (la nascita di Israele nel 1948, ndr) e ora nel periodo del colpo di stato post-rivoluzionario. Il periodo della Nakba, che era considerato da noi come l'apice del periodo nero del mondo arabo, il segretario generale della Lega Araba era Abder Rahman Azzam, il quale dopo aver combattuto prima con gli Ottomani in Serbia e poi in Libia contro gli italiani, è andato a combattere con Hasan al-Banna (fondatore dei Fratelli Musulmani, ndr) che Allah lo abbia in gloria, e con i Fedayn contro Israele. Quella era la Lega Araba ai tempi della Nakba che forniva le armi ai mujahidin. Mentre oggi nell'era post-rivoluzionaria la Lega Araba protegge la missione della Nato contro la Libia".
Calcio - Alla scoperta di Eran Zahavi, dall'Israele l'alter ego di Pastore
Eran Zahavi
"Chi è questo?" è stata probabilmente la domanda balenata nella testa di molti tifosi palermitani e non, quando a inizio luglio Maurizio Zamparini ha annunciato l'acquisto di Eran Zahavi, centrocampista israeliano di ventiquattro anni, proveniente dal Hapoel Tel Aviv.
Un pensiero legittimo, che forse lo stesso presidente si era posto qualche mese prima, vedendolo giocare e segnare in Champions League. Tre reti, di cui una bellissima (in rovesciata) al Lione. Quanto basta per attirare l'attenzione del patron, che gli ha fatto firmare un quinquennale definendolo senza indugi "più forte di Cassano" e "più finalizzatore di Pastore". Già, Pastore. Il giocatore dell'estate, che il PSG ha pagato 43 milioni. Il giocatore che ora Eran Zahavi non deve far rimpiangere. Un compito difficile, ma non impossibile.
Il ruolo è lo stesso. Zahavi è un centrocampista offensivo, che ama svariare su tutto il fronte se gli è concessa libertà di movimento. Sa giocare senza problemi anche più avanti, come seconda punta. E' alto 178 centimetri, distribuiti su 81 chili di peso. Possiede come l'argentino un grande controllo di palla, che lo rende difficile da fermare nel dribbling sullo stretto. La sua specialità è il tiro da fuori area, ma palla al piede non disdegna nemmeno il dialogo con i compagni, anzi è un ottimo assist man. Rispetto al Flaco è meno spettacolare, ma forse più concreto. Come lui è un giocatore molto tecnico, che nel tridente con Ilicic e Miccoli potrebbe veramente fare grandi cose. Certo proviene da un altro mondo calcistico, e non si può dire che il campionato israeliano sia paragonabile alla Serie A. Avrà presumibilmente bisogno di un po' di tempo per ambientarsi, ma ha già fatto vedere buone cose.
L'Hapoel è stata la casa di Eran Zahavi fin da ragazzino. Cresciuto tra i Diavoli d'Israele, dopo qualche prestito in giro per il Paese è entrato stabilmente in Prima squadra all'età di ventun anni. Da lì la strada è tutta in discesa: la qualità c'era già, Eran aveva solo bisogno di crescere fisicamente e tatticamente. Diventa un punto fermo della squadra: in tre anni, 146 presenze e 42 goal, coppa nazionale, Europa League e Champions comprese. Un bottino niente male, che lo ha aiutato anche a conquistare il posto da titolare in nazionale, nella quale ha fatto il suo esordio il 2 settembre 2010. In patria in molti lo reputano adatto al calcio italiano. Il primo (e unico) israeliano in Serie A prima di Zahavi era stato Tal Banin, dal '97 al 2000 a Brescia con 81 presenze e una rete. Ora Eran è pronto a seguire le sue orme. L'ombra di Pastore è grande e difficile da scacciare, ma Zamparini è convinto che non sarà un problema. E Zamparini raramente si sbaglia, su questo genere di cose. A Palermo è quello che tutti si augurano.
Aumenta del 10% il costo dell'elettricità in Israele. L'aumento è stato annunciato nella serata di ieri dalla Israel Electric Corporation (Iec), azienda pubblica e primo fornitore di elettricità d'Israele. Da settimane Iec aveva dichiarato la necessità di innalzare le tariffe dell'elettricità a causa della irregolarità nelle forniture di gas naturale a basso costo dal Cairo.
Il gasdotto che corre sotto il deserto del Sinai e collega i due Israele ed Egitto è stato bersaglio di ripetuti attacchi negli ultimi sei mesi; di conseguenza il flusso di carburante è stato più volte congelato (e lo è tutt'ora). La Israel Electric Corporation ha dunque dovuto sostituire il gas - con cui finora mandava avanti i propri impianti - con carburanti meno economici. Adesso, proprio mentre le proteste popolari contro il carovita entrano nella quarta settimana consecutiva, l'aumento ventilato da tempo è arrivato: e i consumatori annunciano battaglia.
Israele arresta 11 palestinesi a Hebron, lancio di razzi da Gaza
RAMALLAH, 9 ago. - L'Esercito israeliano ha arrestato questa mattina a Hebron, in Cisgiordania, 11 attivisti palestinesi, tra cui Aied Doudin, esponente di rilievo di Hamas. Lo riferiscono i media israeliani e fonti della sicurezza palestinese. Dalla Striscia di Gaza, inoltre, sono stati lanciati due razzi contro il territorio israeliano, che hanno colpito la parte occidentale del Negev, senza provocare danni o feriti. Un portavoce dell'Esercito israeliano ha riferito che quello di stamattina e' il quarto lancio di razzi registrato nelle ultime 24 ore, nonostante i tentativi di Hamas di mantenere la calma nella Striscia.
La commissione d'inchiesta Palestinese è giunta alla conclusione che Muhammad Dahian , membro del Consiglio Centrale di Fatah, sia coinvolto nell'assassinio per avvelenamento dell'ex Presidente dell'Autorità Palestinese Yasser Arafat. L'inchiesta dell'apposita Commissione, è stata pubblicata su diversi siti online della stampa araba, incluso al-Jazeera.
Secondo le 118 pagine, redatte da alti funzionari di Fatah come Azzam al-Ahmed, Tayeb Abdel Rahim, Othman Abu Gharbiyyeh e Nabil Sha'ath, la morte del leader sarebbe stata provocata da una medicina fatale somministratagli . I rappresentanti di Ramallah non hanno nè confermato nè smentito le informazioni riportate nel documento. Nel frattempo le Forze di sicurezza dell'Autorità Palestinese hanno fatto irruzione nella villa di Dahian, sequestrando armi, veicoli ed arrestando le sue guardie del corpo. Quest'ultimo è inoltre attualmente accusato, di complotto ai danni dello Stato per aver organizzato un colpo di Stato in Cisgiordania contro Abbas.
Dal sito francese Jforum.fr, noto per la sua serietà, presentiamo un video che sebbene in lingua francese può far comprendere, anche soltanto attraverso le immagini, una realtà odierna londinese nascosta dai media ma ben reale.
L'economia israeliana resta in primo piano sulla stampa internazionale soprattutto riguardo alle proteste che stanno nascendo come funghi dopo la pioggia in queste ultime settimane. Fra i casi più discussi la protesta dei medici e quella denominata "mehaat hacottage" ossia la protesta contro il prezzo del formaggio bianco spalmabile (e di tutti i prodotti alimentari di prima necessità). Quest'ultima si è trasformata ormai da tempo nella protesta contro la salita vertiginosa del prezzo della casa in questi ultimi anni.
E' vero che l'economia d'Israele oggi è in ottime condizioni rispetto ad altre, ma chi paga il prezzo di questa crescita? La risposta è semplice e univoca: il cittadino medio, soprattutto se è un salariato. Il sistema economico israeliano è forte e lo shekel è forte rispetto al dollaro, ma l'israeliano che deve mantenere la sua famiglia è sempre più debole. La macroeconomia è in salita ma la micro è in calo.
La borsa di rehov Ehad Haam a Tel Aviv è in salita, ma il potere d'acquisto dello shekel è in calo ed è sempre più difficile per l'israeliano medio pagare l'affitto, per non dire comprarsi un appartamento, cosa che, quando lo stato era coinvolto nella costruzione di case, era quasi alla portata di ognuno. La produttività è in crescita e così la quantità di denaro che è in circolazione, ma la distribuzione dei capitali è diseguale al punto di porre Israele fra i paesi del Terzo mondo quanto a divari economici fra i cittadini. E' la solita storia della distribuzione dei polli: ci sono dieci persone e dieci polli, cioè in media un pollo a testa, ma la media non cambia se due persone ne hanno quattro ognuno e gli altri otto devono spartirsi i due polli rimanenti.
Sotto la guida di Netanyahu, anni fa come ministro delle Finanze e oggi come capo del governo, in Israele si sta assistendo alla (s)vendita a privati della gestione di quasi tutti i beni e i servizi che in uno Stato normale dovrebbero essere garantiti a tutti: l'acqua e le fonti di energia, le comunicazioni e i trasporti, l'istruzione, la sanità e ovviamente le banche. Ma come si sa il privato è portato a badare al proprio interesse più che a quello del pubblico, e, in mancanza di concorrenza, alza i prezzi quanto più possibile. Si sta assistendo alla graduale rinuncia dello Stato alla sua funzione principale, che è quella di essere al servizio del cittadino, di tutti i cittadini, e non solo delle poche famiglie che stanno controllando tutta l'economia.
I servizi di assistenza sociale sono praticamente estinti e tutto l'appoggio ai bisognosi è ormai nelle mani di organizzazioni volontarie. La situazione è poi ancora più grave in quanto lo Stato ha rinunciato quasi del tutto a far rispettare le regole sui minimi salariali e sui contributi pensionistici, appunto per non toccare gli interessi degli imprenditori, così oggi molti giovani diplomati o laureati non riescono a guadagnare abbastanza per mantenere dignitosamente una famiglia. Anche il sindacato Histadrut preferisce difendere gli interessi dei grandi Consigli di fabbrica (portuali, elettromeccanici, lavoratori delle grandi imprese energetiche), molto meno quelli dei lavoratori delle piccole imprese e i precari (che non osano scioperare temendo di perdere il posto di lavoro).
Forse questa protesta dilagante è un sintomo positivo di presa di coscienza da parte del ceto medio israeliano. E a questo contribuisce probabilmente anche il miglioramento del grado di sicurezza in seguito agli accordi di pace con i più importanti paesi arabi confinanti. Le recenti rivoluzioni nei paesi arabi vicini pongono degli interrogativi, ma la sensazione di sicurezza dell'israeliano medio non vacilla. La gente sta guarendo dalla sindrome del perseguitato, dell'ebreo del ghetto circondato da nemici, e si sta accorgendo che è venuto il momento di affrontare anche i problemi economici e sociali interni. Questi problemi non minacciano la nostra esistenza fisica, ma l'identità di uno Stato ebraico e democratico insieme, come i fondatori lo hanno voluto e come è scritto nella dichiarazione d'Indipendenza.
Affinché la parola "Shoah" non scompaia dai manuali scolastici francesi
Lettera inviata al ministro francese dell'educazione, Luc Chatel *
Il ministero dell'educazione nazionale Francese ha deciso di cancellare dai manuali scolastici di storia la parola "Shoah", tenendo a mente la "francesizzazione", ma lasciando al contempo libero spazio al termine palestinese "nakba" negli stessi libri.
Tale decisione si rivela come un vero e proprio schiaffo inferto ai milioni di morti provocati dal regime nazista, fondato sull'unica specificità di un giudaismo reale o immaginato.
La decisione ingiusta di dare supporto alla parola "nakba" (termine utilizzato politicamente negli ultimi tempi che ha lo scopo di contrapporre alla parola "Shoah" una versione palestinese di un supposto genocidio), e di cancellare dalla Storia tutto il simbolismo, le particolarità, l'industrializzazione e lo sradicamento degli ebrei d'Europa è mostruosa.
Con questa petizione noi chiediamo di iscrivere definitivamente il termine Shoah all'interno di questo periodo doloroso per così tanti francesi.
"Una circolare pubblicata sul Bollettino ufficiale dell'Educazione nazionale raccomanda di sostituire la parola Shoah con "annientamento".
Questa parola sarebbe più rigorosa, ed essendo il ruolo della scuola quello di assicurare la difesa e l'illustrazione della lingua francese, sembra del tutto naturale bandire qualsiasi importazione dall'ebraico.
Nel rispetto di tale raccomandazione, il manuale di storia presentato dalle edizioni Hachette per le prime classi, ricorda dunque l'annientamento degli Ebrei fatto dalla Germania nazista, ma evita di utilizzare tale parola".
../..
Ne consegue dunque che il capitolo consacrato alla divisione della Palestina comporta un piccolo riquadro che indica agli allievi il vocabolario che è necessario conoscere. Ma se la parola ebraica Shoah è oramai proscritta, si introduce, in cambio, la parola araba "nakba" con la seguente definizione: "nakba (in arabo catastrofe), espulsione dei Palestinesi nel 1948".
Si può leggere l'articolo completo (in francese) di Guy Konopnicki nel sito Primo collegandosi al seguente indirizzo.
Grazie per il Vostro aiuto, grazie soprattutto per Loro.
Chi lo desidera potrà firmare l'appello collegandosi al seguente indirizzo.
* Articolo segnalato e tradotto da Emanuel Segre Amar, che qui vivamente ringraziamo.
Gli indignati israeliani si accampano per le strade di Tel Aviv. Nel terzo fine settimana consecutivo di mobilitazione giovani, studenti ed esponenti della classe media tornano a protestare contro gli affitti troppo alti, i salari minimi troppo bassi e il costo dell'istruzione. Giustizia sociale, la richiesta, in un Paese dove un israeliano su cinque vive sotto la soglia di povertà.
E il premier Benjamin Netanyahu ha istituito un panel che dovrà cercare delle risposte: "Questo comitato porterà avanti il dialogo con le diversi parti, ascolterà le loro angosce e i loro suggerimenti e metterà a punto raccomandazioni che verranno portate davanti al gabinetto socio-economico guidato dal ministro delle Finanze".
E mentre l'indice della Borsa di Tel Aviv a metà giornata lascia sul terreno più del 6%, dal governo fanno sapere che entro un mese dovrebbero arrivare le prime conclusioni degli esperti. Nella notte intanto sono scesi in piazza più di trecentomila israeliani in diverse città in quella che è stata la più grande marcia nella storia dello Stato non legata alla questione mediorientale.
Trani, torna ad animarsi la sinagoga con il digiuno ebraico
Gli ebrei di Puglia e dell'Italia meridionale saranno a Trani oggi, lunedì 8 agosto, e domani, martedì 9, per il digiuno di «Tishà beav» dell'anno ebraico 5771. Gli ebrei, in particolare, digiunano in ricordo della distruzione del Tempio di Gerusalemme e della cacciata degli ebrei dai territori sotto il dominio spagnolo. La tefillà di Tisha beav sarà tenutà nella Sinagoga Scolanova da Rav Shalom Bahbout, rabbino capo di Napoli e dell'Italia meridionale. A Trani il digiuno inizia alle 20.22 di oggi e termina alle 21.01 di domani.
Il governo israeliano stabilisce linee guida per gestire importazione e fornitura di marijuana a scopo terapeutico. Ieri il Consiglio dei Ministri, nella riunione di inizio settimana, ha approvato una procedura per consentire in modo controllato l'utilizzo di cannabis come medicinale e per la ricerca scientifica. «In determinati casi - si legge in una dichiarazione dei ministri - l'uso di cannabis è necessario».
Il portavoce del premier, Benjamin Netanyahu, ha spiegato: «Tutto il processo sarà supervisionato dal ministero della Salute, di concerto con la Polizia di Stato e l'Ente nazionale anti-droga». «Queste tre istituzioni - ha aggiunto il funzionario - saranno anche responsabili delle importazioni di marijuana dall'estero e delle piantagioni locali». Finora in Israele circa 6.000 ammalati all'anno chiedevano - e nella maggior parte dei casi ottenevano - di poter utilizzare cannabinoidi a scopo terapeutico; molti di loro erano malati terminali (soprattutto cancro e sclerosi multipla) e soffrivano per dolori cronici. Ma sino a ieri il governo non prendeva in carico direttamente né la fornitura, né l'importazione di marijuana e le piantagioni nello Stato ebraico erano vietate. Nell'arena politica e nella società israeliana il dibattito sull'opportunità di consentire la marijuana come anti-dolorifico è andato avanti a lungo. Negli scorsi anni era nato anche un partito per perorare questa causa, il Partito della foglia verde, ma malgrado alcuni sondaggi incoraggianti nel 2008, nel 2009 il movimento non era riuscito a entrare in Parlamento.
Da luglio intensificati i tiri dei palestinesi su Stato ebraico
GERUSALEMME, 7 AGO - Un razzo lanciato oggi dalla Striscia di Gaza, ha colpito il sud di Israele, nel settore di Shaar Negev, senza fare vittime o danni, ha annunciato un portavoce dell'esercito israeliano. Il lancio e' giunto nonostante l'arresto, ieri nella Striscia, da parte dei servizi di sicurezza di Hamas di due affiliati di un gruppo integralista che in passato aveva lanciato razzi su Israele. Dallo scorso luglio si sono moltiplicati i tiri dei palestinesi ai quali Israele risponde con raid.
È la prima Borsa ad aprire, chiude al -7%. In rosso anche le altre piazze del Medio Oriente
di Leonard Berberi
MILANO - Una cosa così, alla Borsa di Tel Aviv, non succedeva dal 21 settembre 2008, poco dopo il fallimento di Lehman Brothers: allora come domenica mattina le contrattazioni israeliane sono state bloccate per 45 minuti per eccesso di ribasso del secondo più importante indice, il TA-100. Mentre per trovare un crollo simile a quello di oggi bisogna fare un salto al novembre di tre anni fa: oggi come allora il listino dei titoli principali, il TA-25, ha ceduto quasi il 7 per cento.
UN PRIMO «ASSAGGIO?» - Se si voleva un assaggio di quello che potrebbe succedere lunedì sulle borse occidentali, basta guardare le performance di quelle mediorientali. Dove il taglio del rating degli Stati Uniti di venerdì ha fatto crollare sabato la borsa dell'Arabia Saudita, con un passivo di oltre cinque punti percentuali. Domenica, la musica è stata la stessa. E così, oltre a Tel Aviv, hanno chiuso in rosso anche i listini di Kuwait e Qatar (entrambe a -2.51%), Emirati Arabi Uniti (-3.69) ed Egitto (-3.75).
CHIUSE LE CONTRATTAZIONI - In Israele è stata una mattinata nervosa. La società che gestisce gli indici telematici del Tel Aviv Stock Exchange ha deciso di chiudere per tre quarti d'ora le contrattazioni. Motivo ufficiale: «Abbiamo deciso di dare ancora qualche minuto agli operatori per farli lavorare poi nel modo più logico possibile», ha spiegato Idit Yaaron. Nella realtà, gli esperti avevano notato un eccesso nella richiesta di vendita delle azioni ancora prima che la Borsa israeliana aprisse i battenti. Nella notte tra sabato e domenica, poi, c'è stata una riunione d'emergenza a casa del ministro israeliano delle Finanze, Yuval Steinitz.
PRIMA BORSA AD APRIRE - Tel Aviv è tra le prime borse al mondo ad aprire la settimana di contrattazioni e a subire quindi gli effetti le novità che arrivano da Occidente. «Continuiamo a nutrire la massima fiducia nella capacità americana di risolvere la crisi», ha dichiarato Steinitz. «Ma il downgrade americano ci ricorda che navighiamo in acque agitate e per questo dobbiamo fare molta attenzione a quello che sta succedendo».
I quotidiani israeliani annunciano domenica mattina che misure per rispondere alle proteste popolari contro il costo della vita saranno prese dal primo ministro Benjamin Netanyahu, con la formazione di una commissione di esperti che studi nuove misure economiche da prendere.
Sabato sera una grande manifestazione - le stime parlando di due o trecentomila persone, comunque considerate un successo - ha percorso le strade di Tel Aviv, seguendo quelle già organizzate nei precedenti fine settimana. Altre manifestazioni con migliaia di partecipanti si sono svolte a Gerusalemme e in altre città. I dimostranti chiedono interventi economici per ridurre il costo della vita e misure per garantire un futuro occupazionale meno incerto ai giovani.
Gli ebrei ricordano la distruzione del tempio di Gerusalemme
Digiuno di 25 ore. Due appuntamenti a Scolanova
La Sinagoga di Trani
Il Rav Shalom Bahbout sarà a Trani lunedì e martedì in occasione del digiuno di Tisha beav. Tisha beav cade in piena estate. Una delle norme che contraddistinguono l'estate ebraica è il fatto che in pieno agosto gli ebrei usino fare un digiuno completo di quasi 25 ore, astenendosi dal mangiare cibo e bere acqua. Se il digiuno di Kippur è stato in qualche modo metabolizzato dalla società non ebraica, quello del 9 di Av (Tishà beav) sotto la calura estiva è più arduo da capire. I motivi fondamentali del digiuno del 9 di Av sono diversi: la distruzione del primo e secondo tempio di Gerusalemme ma anche la cacciata degli ebrei dalla Spagna e quindi la devastazione del mondo sefardita.
Pochi sanno che l'allora primo ministro israeliano Menahem Begin propose di ricordare in questo giorno anche la Shoà, la disintegrazione delle comunità askenazita e della sua cultura. Che questo giorno sia un condensato del dolore del popolo ebraico era in qualche modo già scritto nella Torà: infatti, secondo i calcoli dei Maestri, esso corrisponde al giorno in cui tornarono gli esploratori inviati da Mosè per verificare le condizioni di abitabilità e possibilità di conquista della terra promessa. Il popolo sobillato da 10 dei 12 esploratori rifiutò di entrare nella terra bramata e pianse in quella notte che rimarrà segnata per tutta la storia ebraica. E' questa una notte vissuta molte volte dal popolo ebraico, una notte lunga quanto l'esilio che è l'elemento che rappresenta l'unicità dell'esperienza ebraica, una notte costellata anche da momenti di eroica resistenza all'oppressione e ai tentativi di eliminazione delle comunità ebraiche in molti paesi, mediante veri e propri pogrom o tramite conversioni forzate al cristianesimo.
Il Regno delle Due Sicilie è stato teatro sia di conversioni forzate sia di espulsioni di quegli ebrei che non hanno voluto rinnegare la propria identità. Se c'è in Italia una terra in cui questa giornata è particolarmente significativa da ricordare, è proprio il Meridione dal quale gli ebrei furono espulsi a più mandate: l'editto della regina Isabella del 1492 raggiunse anche tutti i territori sotto il dominio spagnolo, così che nel giro di circa 50 anni l'espulsione raggiunse gli ebrei di Napoli (23 novembre 1510) e infine gli ebrei di Trani, ultimo baluardo dell'ebraismo: nel 1541 gli ebrei furono costretti ad abbandonare le proprie case, i propri beni e le sinagoghe, prestamente trasformate in chiese.
Il 9 di Av è un momento importante nella memoria ebraica ovunque risiedano gli ebrei ma lo è tanto più per coloro che oggi vivono nel Meridione d'Italia: qui la ferita è ancora fresca e i tentativi per rimarginarla non hanno ancora sortito il desiderato effetto della rinascita completa. Un aneddoto narra che Napoleone Bonaparte, grande estimatore del popolo ebraico, una sera si recò presso una sinagoga di Parigi e con stupore notò vide che questa era immersa nel buio, rotto da poche candele e dai pianti sommessi dei presenti. Napoleone chiese ai suoi accompagnatori cosa fosse successo di così grave e gli fu risposto che quella sera era Tishà beav e gli ebrei ricordavano la distruzione del tempio di Gerusalemme avvenuta circa 1800 anni prima e pregavano per la sua ricostruzione. A sentir ciò Napoleone esclamò: «Un popolo che ha una memoria così poderosa è destinato ad avere un grande futuro».
I maestri dicono che la memoria e la speranza nella ricostruzione hanno accompagnato sempre e ovunque il popolo ebraico e ne hanno garantito la continuità perché il giorno in cui fu distrutto il tempio, nacque il Messia.
Dopodomani è Tishà be Av, il digiuno che commemora la doppia distruzione del Tempio, a opera dei babilonesi e dei romani. Il significato religioso della ricorrenza è ovvio; ma è pure chiaro che questa data ha un senso profondo anche nella storia politica del popolo ebraico, perché in entrambi i casi significa la perdita di ogni barlume di indipendenza e di autogoverno. Nel nostro calendario accade spesso che i contenuti religiosi e quelli politici si intreccino. Hanno questo carattere Purim, Hannukkah, Pesach, tutti i digiuni salvo Kippur, perfino Sukkot (se si fa caso al riassunto storico che era richiesto di fare a coloro che portavano le offerte vegetali al tempio). Difficile trovare un'altra religione che contenga tanti riferimenti nazionali, o una nazione la cui storia sia così marcata religiosamente. L'unicità di Israele sta anche in questo. Lo stesso carattere si ritrova nelle nostre scritture: il Tanakh è naturalmente la fonte della nostra fede ma anche la storia della costituzione e della difficile esistenza del nostro popolo nei suoi primi mille anni di storia.
La distruzione del Tempio, oltre alla fine del culto, comportò l'uscita del popolo ebraico dalla storia politica: per un secolo e mezzo almeno la prima volta, per dieci volte di più dopo la conquista romana. Non fu un caso se le rivolte politiche successive, come quella di Bar Kochbah, assunsero un aspetto anche religioso e furono appoggiate da grandi maestri come Rabbi Akivà: perché l'autogoverno della Terra di Israele è un prerequisito alla pratica di molte mitzvot, certamente; ma anche perché più in generale nella nostra tradizione non è possibile tagliare nettamente gli aspetti politici, giuridici e sociali da quelli religiosi. Il popolo ebraico dell'esilio è anche religiosamente ferito e misero. L'idea di una religione puramente privata, intesa come pura fede, nasce dall'insediamento cristiano nell'Impero Romano, ma non corrisponde affatto all'ebraismo, che è per sua natura pubblico, non utopico (che letteralmente vuol dire senza luogo) ma pratico, dedito al fare collettivo, e "topistico", orientato ai luoghi.
In seguito al fallimento di tutti i tentativi di resistenza all'impero romano, che si svilupparono per secoli, in seno all'ebraismo si svilupparono posizioni che giustificavano la perdita della storia come una punizione divina, che non andasse contrastata cercando di recuperare l'indipendenza politica e la terra perduta. Sono posizioni che ancora adesso sono sostenute dalla parte più estrema del mondo haredì, e da una certa quota di utopisti di sinistra. Non è un caso che vi sia stato e vi sia ancora un sionismo religioso, ma che l'impulso decisivo all'impresa della fondazione di Israele venne dagli ambienti laici e progressivi, ma in polemica con i socialisti puri del Bund. Il sionismo è stato socialista con Ben Gurion, conservatore con Begin, religioso con Rav Kook e i suoi allievi. Ha avuto per avversari tutti coloro che rifiutavano l'autonomia politica dell'ebraismo.
Ricordare questa data per noi oggi dunque, oltre al più vasto senso religioso, deve richiamarci all'unità del popolo ebraico (la cui mancanza secondo i maestri fu fra le cause della caduta del Tempio), e pensarla intorno a Israele, la cui sicurezza è minacciata oggi come allora. All'epoca del secondo Tempio si discusse se aveva senso continuare a rispettare il digiuno, nonostante la ricostruzione e si decise di farlo, perché le ragioni di fondo del lutto non erano scomparse. A maggior ragione questo è vero oggi, quando ancora vivono i testimoni della Shoah e i confini dello Stato di Israele sono ancora gravemente minacciati.
Sconfiggere l'Iran, almeno via web. E' questo l'obiettivo di Israele che, seocndo il Sunday Times, avrebbe già istituito un unità virtuale in grado di controllare e sabotare molte atttivtà di Teheran considerate "pericolose".
Sconfiggere l'Iran, almeno via web. E' questo l'obiettivo di Israele che, seocndo il Sunday Times, avrebbe già istituito un unità virtuale in grado di controllare e sabotare molte atttivtà di Teheran considerate "pericolose". Il nuovo cyber comando, sempre secondo il Times, ha un ruolo centrale nel programma difensivo di Tel Aviv.
Ha già portato a termine alcune missioni di spionaggio soft come l'hacheraggio della versione iranian di facebook e di altri socila network.
Soprattutto, il Sunday afferma che anche dietro lo Stuxnet virus, che nel 2009 sabotò le sofisticate centrifughe indispensabili per arricchire l'uranio di Teheran, sia stato sviluppato da tecnici isrealiani e americani.
Lo scorso aprile, gli uffici governativi iraniani sono stati oggetto di un attacco informatico che avrebbe causato danni limitati ma effettivi. Una fonte militare di Tel Aviv citata dal quotidiano afferma che gli obiettivi di iIraele nel cyberspazio iraniano sono il programma nuclerare e l'establishment militare insieme alla infrastrutture civili. "Un attacco contro questi punti nevralgigi, speiga la fonte, potrebbe mandare in tilt tutto il sistema virtuale dell'Iran" .
Hamas cattura miliziani sospettati di lanci di razzi su Israele
Agenti della Forza Esecutiva, il corpo di polizia creato da Hamas nella Striscia di Gaza, hanno catturato due militanti fondamentalisti considerati tra i responsabili degli attacchi con razzi contro Israele, che hanno provocato a piu' riprese la reazione armata dello Stato ebraico: lo hanno riferito in via riservata fonti delle forze di sicurezza facenti capo allo stesso Movimento di Resistenza Islamico che amministra l'enclave palestinese, secondo cui i due sospetti sono stati arrestati a Gaza citta' .
Dopo la strage di Breivik, un insegnante israeliano che vive in Norvegia, David Katznelson, ha detto: " La Norvegia non è un posto ospitale per gli ebrei". Ha poi aggiunto che una volta qualcuno dipinse con lo spray una svastica sulla sua buca delle lettere, e che i suoi studenti ebrei avevano timore di rivelarsi in quanto tali. Ha anche osservato che quando in una riunione non sono presenti degli ebrei, i norvegesi si sentono liberi di dirne tutto il male possibile.(1)
In Norvegia gli ebrei sono meno di 2000, e hanno esperienze differenti. Chi ha figli in età scolastica spesso si chiede come si debba reagire ai frequenti attacchi che subiscono a scuola. E' meglio dirlo pubblicamente, oppure può causare danni maggiori ? Altri ebrei norvegesi affermano di non essersi mai imbattuti in un aperto antisemitismo.
Durante la guerra a Gaza (2009-2010), si tenne a Oslo la più grande manifestazione antiebraica nella storia della Norvegia. Ne conosciamo i particolari grazie a Erik Eiglad, che si trovava lì in quel momento e che raccontò in un reportage in inglese quanto aveva visto.(2) Dopo i disordini, una donna ebrea scrisse- in forma anonima - su Verdens Gang, il quotidiano più diffuso del paese, come erano cambiate le sue opinioni sulle autorità norvegesi:
" In un paese democratico come la Norvegia, dove i diritti umani sono costantemente in primo piano, avevo sempre creduto che noi ebrei eravamo al sicuro .... dopo quanto è successo in Medio Oriente questo inverno, non mi sento più sicura ma in pericolo.... anche alcuni membri della nostra comunità hanno ricevuto minacce di morte, le misure di sicurezza intorno alla sinagoga sono aumentate .... la fiducia che avevo in chi guida questo paese non è più quella che avevo un tempo ".(3)
La situazione della comunità ebraica nel suo insieme è diversa da quella dei singoli ebrei. Può sopravvivere solo con il sostegno del governo norvegese, che, fra le altre cose, garantisce la sicurezza anche fisica delle istituzioni ebraiche. Chi nella comunità ebraica norvegese aveva una decina di anni fa messo in guardia sulla crescita dell'antisemitismo, si era visto recapitare lettere contenenti proiettili.
Per questo motivo la comunità decise di tenere un basso profilo. Durante la seconda guerra del Libano nel 2006, la sinagoga di Oslo subì un attentato da parte di un pachistano, tale Arfan Batthi, il cantore del tempio fu aggredito, il cimitero ebraico dissacrato, mentre molti ricevevano minacce antisemite al telefono o per lettera.
Tanto che il governo aumentò le misure di sicurezza intorno agli edifici comunitari a Oslo e alla sinagoga di Trondheim, che divennero i luoghi più controllati della nazione. Oggi però è chiaro che il governo non trasse le dovute conclusioni da quanto accadeva e che forse gli ebrei non erano gli unici obiettivi di un odio a lungo sedimentato, e che misure di sicurezza avrebbero dovuto essere prese in tutto il paese.
I leader della comunità ebraica di Oslo mi dissero lo scorso anno che devono sempre essere in buoni rapporti con qualunque governo. Questo significa che non si deve mai tirare troppo la corda perchè potrebbe spezzarsi.
In situazioni come queste può succedere. Anne Sender, che è stata a capo della comunità, ha cercato di fare tutto quanto poteva, non riuscendoci sempre. Una di queste fu quando dichiarò al quotidiano Dagbladet che lei apprezzava molto il Ministro degli Esteri Jonas Gahr Stoere. Le dichiarazioni di Stoere confermano che è un antisemita part-time e un sostenitore indiretto del terrorismo contro Israele.(4)
La tendenza anti-israeliana in Norvegia negli ultimi anni dimostra quanto la comunità ebraica debba tenere un basso profilo per quanto riguarda Israele. L'attuale governo assume spesso posizioni contro lo Stato ebraico, mentre è molto cauto verso il terrorismo palestinese, arrivando anche indirettamente a promuoverlo.
Mentre c'è stata una auto-censura nella comunità ebraica, l'eccessivo odio contro Israele da parte del governo e della élite culturale sono così forti e frequenti, che alcuni ebrei non se la sono più sentita di rimanere in silenzio. Nell'autunno 2010, il governo norvegese ha sponsorizzato una mostra anti-israeliana dell'artista Hakon Gullvag a Damasco. Una delle "opere" uscì sul quotidiano Aftenposten. Il rabbino di Oslo, Yoav Melchior, scrisse al giornale che aveva dovuto nasconderlo a suo figlio, visto che nella prima pagina del supplemento culturale vi era stampata una bandiera israeliana con la stella di Davide insanguinata, soldati mascherati ed i palestinesi quali vittime. Una azione contro il silenzio dell'élite culturale norvegese di fronte ad una manifestazione di odio antisemita, mentre aveva invece reagito contro le vignette danesi su Maometto.(5)
La situazione attuale in Norvegia, dopo la strage, si può definire confusa. Non è ancora chiaro come il governo e la società reagiranno nei tempi lunghi alla carneficina di Breivik. Possono convivere con il fatto che l'assassino è " uno di noi norvegesi ", oppure cercheranno altrove un responsabile ? Promuovere l'immagine prioritaria di Breivik come uno pro-Israele può essere una tentazione per chi si propone di irrobustire l'anti-israelismo dopo quanto è già stato fatto in molti anni. Alcuni norvegesi pensano che diventerà ancora più difficile in Norvegia stare dalla parte di Israele (6). Ne sono convinti anche amici non ebrei con i quali ho parlato.
Ebbene, fra poche settimane il governo norvegese dovrà cominciare a combattere un antisemitismo ancora più grande nelle scuole, spesso anche fisicamente violento, che è stato in parte alimentato dalle stesse dichiarazioni governative e da una parte rilevante della élite culturale del paese.
Note:
[1] Alex Weisler, "As Norway's Jews mourn, concern about muting of pro-Israel voices," JTA, 26 July
2011.
[2] Eirik Eiglad, the Anti-Jewish Riots in Oslo
[3] "Betraktninger fra en jødisk mor," Verdens Gang, 31 May 2009. [Norwegian]
[4] Eirik Alver, "Sendebudet,"Dagbladet, 11 March 2010. [Norwegian]
[5] Joav Melchior, "Hva slags Virkemiddel?" Aftenposten 21 October 2010. [Norwegian]
(*)Manfred Gerstenfeld è Presidente del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta. Ha pubblicato 20 libri, fra i quali due riguardano l'anti-israelismo e l'anti-semitismo norvegese.
(Informazione Corretta, 6 agosto 2011 - trad. Angelo Pezzana)
Il clarinettista Francesco Socal,
specialista della musica klezmer
AsiagoFestival omaggia Venezia. Il filo conduttore della 45a edizione del festival asiaghese, che inizia oggi alle 21, sarà la città di Venezia, città stato e città sogno, straordinario laboratorio artistico e ineguagliabile fonte di ispirazione dei più grandi musicisti di ogni epoca e origine. Stasera alle 21 il Festival prende il via con un tuffo nella musica "klezmer", la musica della diaspora ebraica, quale tributo ideale alla comunità del Ghetto e al suo indissolubile e fecondo legame con la città lagunare. "Klezmer: errando si impara - viaggio nella musica ebraica dalle origini ai giorni nostri" è il titolo del concerto che sarà proposto al Palazzo del Turismo Millepini (in caso di maltempo nella chiesa di San Rocco).
Sul palco il Rejouissance Ensemble con il clarinetto di Francesco Socal, nonché il violoncello e la voce recitante di Guido Rigatti con un suggestivo programma di musiche autenticamente klezmer, quella nata nei ghetti e nei villaggi dell'Europa dell'Est dove i "Jewish Klezmorim", o musicisti itineranti, suonavano in tutti gli eventi mondani come matrimoni e festival.
Il Réjouissance Ensemble nasce da un'intuizione della direttrice d'orchestra Elisabetta Maschio, fondatrice dell'Orchestra Giovanile Réjouissance, che dall'anno 2007 affida i suoi migliori talenti alla direzione del giovane clarinettista klezmer Francesco Socal. I principi fondamentali del lavoro di Socal sono l'utilizzo minimo di parti e note scritte, la valorizzazione e l'esercizio della memoria, l'utilizzo dell'orecchio nell'analisi ed apprendimento di un tema, di un'armonia, di un ritmo, lo sviluppo e la variazione di un materiale tematico in maniera personale arricchita da elementi stilistici tipici.
Il Festival proseguirà, domani sera, con una produzione in esclusiva, la riproposizione in prima esecuzione moderna dei lavori di Julio Zacchino, organaro e organista attivo a Venezia nella seconda metà XVI secolo, esplorata attraverso il prisma pittorico e letterario che di Marietta Tintoretto darà la scrittrice Melania Mazzucco, autrice del romanzo "Jacomo Tintoretto e i suoi figli. Biografia di una famiglia veneziana", voce narrante della serata.
NORTH YORK - La polizia sta investigando dopo che graffiti antisemiti sono comparsi sul muro esterno della sinagoga di Bayview Avenue, vicino all'incrocio con Finch Ave.
Il graffito, che recita "Islam Will Rule" e comprende anche una svastica, è stato scoperto dal personale della sinagoga giovedì pomeriggio. Ieri agli agenti di polizia sono tornati alla sinagoga per prendere visione dei video delle telecamere di sorveglianza che controllano anche l'area dove è apparsa la scritta.
Il Ceo del Canadia Council for Israel e Jewish Advocacy - Cija - Shimon Fogel, ha dichiarato di essere «in stretto contatto con la polizia per assicurare che vengano presi provvedimenti immediati a tutela della sicurezza del Beth Tikvah's, di tutta la comunità ebraica e delle sue istituzioni».
«Sappiamo che questo atto oltraggioso - ha concluso Fogel - sarà condannato dai musulmani canadesi e da tutti i membri della comunità, di qualsiasi religione essi siano, perché condividono i valori della sicurezza, pace, e rispetto».
Ramadan: Gerusalemme; 100.000 su spianata, nessun incidente
Si sono concluse senza incidenti di rilievo le preghiere del primo venerdì di Ramadan sulla spianata delle Moschee di Gerusalemme, terzo luogo santo dell'Islam al mondo. Lo hanno reso noti fonti della polizia israeliana, schierata in forze con più di 2.000 agenti nella città vecchia dal primo mattino, "a scopo precauzionale".
Malgrado le limitazioni d'accesso stabilite dalle autorità di pubblica sicurezza d'Israele (con divieti nei confronti degli uomini sotto i 50 anni e le donne sotto i 35), oltre 100.000 fedeli musulmani hanno partecipato ai riti officiati nella Moschea al-Aqsa e nel Duomo della Roccia. Fra loro, circa 63.000 palestinesi della Cisgiordania in possesso d'autorizzazione all'ingresso a Gerusalemme e quasi 40.000 arabi di Gerusalemme o provenienti da località interne ai confini israeliani.
L'afflusso e il deflusso, per quanto rallentati dai controlli capillari, non ha dato luogo finora a tensioni particolari, hanno confermato testimoni oculari. Le restrizioni degli accessi alla spianata delle Moschee (luogo venerato anche dagli ebrei come Monte del Tempio e alla base della quale sorge il cosiddetto Muro del Pianto) sono una misura ricorrente imposta dalle autorità israeliane per prevenire il timore di disordini in occasione di periodi di fibrillazione, ma anche di qualunque festività religiosa importante.
Israele: via il riferimento a Dio dall'omaggio a militari caduti
L'invocazione a Dio resterà fuori dall'omaggio cerimoniale dedicato ai caduti dell'esercito israeliano. Lo ha deciso ieri il capo di stato maggiore, generale Benny Gantz - come riferisce oggi con evidenza la stampa - sull'onda delle polemiche suscitate nel Paese, e fra gli stessi ranghi militari, dalla crescente influenza di rabbini e nazional-religiosi nelle forze armate.
La questione riguarda il testo dell'Yzkor, recitato nelle cerimonie in memoria dei caduti. Testo nel quale alla formula 'Israele non dimenticà erano state sostituite le parole "Dio non dimentica". Un cambiamento accolto con disagio da alcune famiglie di caduti non religiose o comunque ostili agli ambienti dell'ebraismo osservante. Di qui la decisione di Gantz di affidare la contesa a una commissione interna, la quale alla fine ha stabilito di ripristinare il testo originario.
Nate con connotati laici, e forti legami col vecchio sionismo socialista dei kibbutz, le forze armate israeliane (Tzahal) - in cui sono chiamati a servire tutti i diciottenni del Paese, i ragazzi per un triennio e le ragazze per un biennio - hanno cambiato pelle in modo significativo negli ultimi anni: sulla scia dei mutamenti della stessa società. Nelle sue file è cresciuto in particolare il peso degli osservanti, a partire da quei reparti d'elite imbottiti ormai di giovani coloni sensibili all'ideologia nazional-religiosa radicale. Un fenomeno che - a quanto denunciato di recente in rapporti indirizzati a Gantz da alti ufficiali dello stato maggiore - comporta talora problemi di doppia lealtà, di violazioni disciplinari o anche di mancato rispetto di norme che dovrebbero garantire pari dignità a donne in divisa e soldati delle minoranze non ebraiche (drusi, beduini, cristiani - o non credenti - d'origine russa).
Tre nuovi raid aerei israeliani sono stati compiuti nella notta sulla Striscia di Gaza, l'enclave palestinese controllata dagli integralisti di Hamas, in risposta agli ultimi lanci di razzi dalla Striscia verso il sud d'Israele. Lo riferisce un portavoce militare precisando che le incursioni hanno preso di mira cinque obiettivi: tre tunnel del contrabbando al confine con l'Egitto e due altri siti imprecisati, usati per "finalità terroristiche".
Al momento non risultano vittime. Un raid condotto ieri sera su un sobborgo di Gaza City aveva invece causato almeno due feriti, stando a quanto riportato da fonti dei servizi medici locali. In quella occasione, gli aerei israeliani - secondo il portavoce militare - avevano attaccato direttamente una postazione di lancio da cui pochi minuti prima era partito l'ultimo razzo, il terzo in 24 ore, esploso in campo aperto a sud della cittadina israeliana di Kiryat Gat senza conseguenze.
Una nuova intensificazione dei botta e risposta fra i tiri di razzi da Gaza e le rappresaglie aeree israeliane è stata segnata nell'ultima settimana da episodi dopo una fase di relativa quiete. Secondo il portavoce militare israeliano, dall'inizio del 2011, i razzi e i proiettili di mortaio lanciati dalla Striscia verso Israele sono stati finora quasi 350, sia pure senza causare morti. Il portavoce ha ribadito che Israele si riserva di reagire a ogni minaccia e che considera Hamas responsabile ultimo di tutti gli attacchi, quale che sia la specifica sigla estremista coinvolta
ROMA, 5 ago - Luxottica Group S.p.A., leader mondiale nell'ottica di fascia alta, lusso e sportiva, ha annunciato oggi di aver firmato un accordo in base al quale acquisirà Erroca, la principale catena di negozi specializzati nel segmento "sole" in Israele con oltre 60 punti vendita.
Grazie a questa operazione, che prevede la graduale conversione dei punti vendita al marchio Sunglass Hut, la principale catena al mondo specializzata nel segmento "sole", Luxottica entra con attività retail in Israele, Paese nel quale è già solidamente presente con la divisione Wholesale e che rappresenta un Paese dalle ottime potenzialità.
"Questa operazione è particolarmente significativa per Luxottica, in quanto segna l'ingresso della nostra divisione Retail in un Paese fra i più dinamici e dalle migliori prospettive per il nostro settore", ha commentato Fabio d'Angelantonio, Executive Vice President, Sun & Luxury Retail di Luxottica. "Il posizionamento di Erroca è perfettamente in linea con i valori di Sunglass Hut e siamo convinti che grazie a questa operazione avremo l'opportunità di rafforzare la presenza dei nostri marchi nel Paese e in generale di stimolare la crescita di tutta la categoria degli occhiali da sole di qualità".
"Israele rappresenta un mercato particolarmente importante per Luxottica", ha aggiunto Paolo Alberti, Executive Vice President, Wholesale di Luxottica. "L'impegno e la dedizione di Luxottica verso i suoi clienti, nonché l'eccellenza del servizio nei loro confronti rimarranno ai massimi livelli e potranno addirittura crescere, date le positive ricadute per tutto il settore che questo investimento avrà".
L'ingresso nel mercato retail israeliano si inserisce nella strategia di espansione globale di Sunglass Hut nei Paesi della cosiddetta sun belt, regioni dall'elevato potenziale di crescita e con un significativo numero di giorni di sole all'anno. Solo nel corso del 2011, Sunglass Hut ha fatto il suo ingresso in Messico, Brasile e Cina.
Il valore complessivo della transazione, che è soggetta all'approvazione dell'autorità competente e il cui perfezionamento è previsto entro la fine del mese di ottobre 2011, è di circa 20 milioni di euro.
La rete di punti vendita Erroca è composta da circa 60 negozi di occhiali da sole, presenti nei centri commerciali delle più importanti città e località turistiche di Israele, da Gerusalemme a Tel Aviv a Eilat. E' previsto che il fatturato di Erroca nel 2011 sia di circa 25 milioni di euro.
Centenari: "scudi genetici" contro il "logorio della vita moderna"
Centenari si nasce e non si diventa. E chi "beve birra campa cent'anni" non solo per la salubrità della bevanda, quanto per lo "scudo genico" che fermerebbe qualasiasi "effetto nocivo". Conto il "logorio della vita moderna" i ricercatori israeliani non hanno dubbi: l'ambiente non c'entra.
di Tommaso Cicconi
La genetica sarebbe alla base (anche) della longevità. Per diventare vecchi non basterebbe quindi cercare di "mantenersi" in forma, evitando ad esempio di consumare alcol e tabacco (e altre sostanze tossiche immaginabili) ma bisognerebbe avere la "solita predisposizione genetica". Una ricerca che preoccupa molti e non solo quelli che "non avrebbero" i geni per diventare "vecchi", quanto quei giovani che, forse, in futuro, si dovranno sottoporre ad un possibile "esame" di longevità, magari per un posto di lavoro precario o per un mutuo cinquantennale ("Longevità: arriva il 'death test', dice quanto ti rimane da vivere" http://is.gd/5uXlSK).
Lo studio dell'"Albert Einstein College of Medicine of Yeshiva University" di New York pubblicata online dalla rivista "Journal of the American Geriatrics Society" svelerebbe la prerogativa di una vita più lunga proprio ai portatori di "difese genetiche" che altri, ovviamente, non posseggono. I ricercatori israeliani hanno studiato dei soggetti della popolazione di ebrei ashkenaziti che hanno vissuto almeno per 95 anni, in modo indipendente (quindi non in comunità), scoprendo che il loro stile di vita "longevo" non solo non era migliore degli altri coetanei ma anzi, i "ragazzi" bevevano anche un po' di più e facevano attività fisica meno degli altri.
Sul Journal of the American Geriatrics Society si legge una dichiarazione dell'autore della ricerca, Nir Barzilai, direttore dell' Institute for Aging Research della Yeshiva University che afferma: "Questo studio suggerisce che i centenari potrebbero possedere geni che li aiutano a tamponare gli effetti più nocivi di uno stile di vita malsano". Insomma i vecchietti centenari avrebbero degli "scudi genetici" contro il "logorio della vita moderna", citando Ernesto Calindri dell'antico spot del Cynar. La ricerca ha coinvolto 477 ebrei askenaziti di età compresa tra i 95 e i 122 anni di cui il 75 per donne.
La scelta degli ebrei askenaziti è stata presa perché "geneticamente più uniformi di altre popolazioni, rendendo più facile individuare le differenze genetiche presenti", dice lo studio. Interessanti i dati della popolazione di "confronto". I dati per paragonare lo stile di vita degli ebrei askenaziti provengono da 3.164 persone nati intorno allo stesso periodo, ed esaminati tra il 1971 e il 1975 per il National Health and Nutrition Examination Survey. Ovviamente questa nuova ricerca è solamente uno studio e non rappresenta la risposta "definitiva" al problema dell'invecchiamento. E' innegabile (e lapalissiano) infatti che uno stile di vita sano porti ad una salute e quindi anche ad una longevità maggiore.
Ad Acco scoperto un edificio del periodo bizantino
Ad Acco, splendida città posta sulla costa del Mediterraneo, la Authority dei beni di Israele ha portato alla luce un edificio pubblico di periodo bizantino risalente a 1500 anni fa che può essere identificato come un edificio di culto. Secondo Nurit Feig, direttore dello scavo per conto della Israel Antiquities Authority, "fino ad oggi le fonti cristiane ricordavano Acco ed il suo vescovo come una delle fondamentali località per il costituirsi della religione cristiana. Di ciò, ora sembra emergere dall'archeologia una prima tangibile prova. Si tratta di una scoperta importante per lo studio di Acco perché fino ad ora non sono stati ritrovati reperti risalenti al periodo bizantino, salvo quelli emersi dal quartiere residenziale situato vicino al mare".
Israele: ad ottobre trivellazioni al largo di Cipro
La compagnia petrolifera texana Noble Energy Inc., partner della israeliana Delek, comincerà a trivellare il giacimento di gas Block 12, a largo di Cipro, il prossimo primo ottobre. Lo ha rivelato ieri il quotidiano nazionale "Cyprus Mail". Block 12, situato nella zona economica esclusiva di Nicosia, si trova al confine con le acque territoriali israeliane, vicino al giacimento-gigante Leviathan di cui Noble Energy detiene le licenze di sfruttamento, insieme al suo partner israeliano Delek Group Ltd. e a Ratio Oil Exploration LP. Delek Energy Systems, sussidiaria del gruppo Delek, ha un'opzione per acquistare il 30% dei diritti sul Block 12.
Nicosia ha firmato un contratto di cooperazione con Noble, concedendole di esplorare una vasta porzione dei suoi fondali, in cui rientra il giacimento offshore. In un paio di mesi dall'inizio delle trivellazioni, i risultati raccolti dagli americani dovrebbero permettere alle autorità cipriote di avere un'idea precisa sulla quantità di gas presente nel Block 12. Il direttore del Cyprus Energy Service, Solon Kassinis, ha spiegato: «Attualmente, Noble sta trivellando il giacimento offshore israeliano Noa; il contratto con Cipro prevede che inizi le esplorazioni nella nostra area entro ottobre». Kassinis ha poi dichiarato di aver effettuato un viaggio in Israele per incontrare diversi ministri e presentare loro le sue idee per incrementare la collaborazione energetica tra i due Paesi. «Ho avuto un'impressione molto positiva. Sono convinto che presto avremo altri incontri a questo proposito». Secondo il "Cyprus Mail", «sono circolate molte voci non ufficiali riguardo alla cooperazione tra Cipro, Israele e Grecia a proposito di una futura esportazione di gas israeliano verso Cipro, ma anche sull'idea di utilizzare l'isola come un ponte per far arrivare il carburante naturale da Israele all'Europa».
Da oggi per chi possiede Android, ipad, iphone et similaria sarà possibile, grazie all'iniziativa del mensile "Shalom" e della Comunità ebraica di Roma che ne è l'editore di riferimento, provare il brivido del cosiddetto "ebraismo 2.0". In realtà il più autorevole giornale della Comunità ebraica italiana, fondato nel 1967, compie una piccola rivoluzione, soprattutto a partire dal numero del mese di settembre, offrendo gratuitamente, l'opportunità di scaricare il tradizionale magazine, più una serie di contenuti multimediali.
Il nuovo servizio è stato sviluppato dalla Paperlit Inc., leader di mercato nello sviluppo e gestione delle applicazioni, e ditta che ha curato analoga cosa per "La Repubblica", e sarà disponibile sulle piattaforme Apple (Iphone, I-Pad, I-Pod Touch) e Android. Ogni mese gli utenti potranno leggere il magazine, arricchito di contenuti audio, video e delle gallerie fotografiche, e potranno ogni giorno sfogliare le principali news quotidiane.
Sviluppare questa applicazione, ha detto Riccardo Pacifici, l'attuale presidente della Comunità ebraica romana, la più antica della diaspora essendo stata presente nella capitale dal 220 avanti Cristo, cioè da tre secoli prima della seconda distruzione del Tempio di Gerusalemme da parte dell'imperatore romano Tito, è costato all'incirca 10 mila euro.
Che è poco in termini assoluti, ma non una spesa indifferente per un mensile che non si regge su sovvenzioni pubbliche ma solo sulla pubblicità che l'editore spera di attirare con questa sinergia informatica che idealmente collegherà la rivista in edicola con il sito internet già esistente (www.shalom.it, oltre a quello della comunità, www.romaebraica.it) all'applicativo su smartphone e tablet. "Shalom" offrirà informazioni ed approfondimenti che spaziano in diversi settori: dalle vicende mediorientali, alla conoscenza del pensiero religioso ebraico, alla scoperta (più volte alla riscoperta) delle comunità ebraiche presenti in Italia o che vivono all'estero, al vasto segmento della letteratura, dell'arte, della musica, dello spettacolo e del cinema che vede l'impegno e la partecipazione di tanti artisti ebrei.
Altri argomenti? Israele, le sue relazioni con i vicini arabi, l'irrisolta questione palestinese, le minacce alla esistenza dello stato ebraico portate dall'Iran, ma anche le grandi innovazioni della società israeliana. "Shalom - ha spiegato in occasione della conferenza stampa, il Presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici - non è un giornale come gli altri.
È un giornale di parte, nel senso che è dalla parte di Israele, ma questo senza far venire meno il dibattito interno, i distinguo di posizioni, anche le critiche, garantendo il panorama di orientamenti e di opinioni di cui si compone la Comunità ebraica italiana"."Forti di questa storia, vogliamo diventare - ha spiegato Riccardo Pacifici - un punto di riferimento sia per il mondo dell'informazione e sia per il pubblico in genere, offrendo analisi e informazioni originali e non consuete, per diffondere la cultura, il pensiero e l'opinione del mondo ebraico italiano".
"Gli ebrei italiani, e in particolare la Comunità di Roma quale maggiore e storica radicata presenza ebraica in Italia - ha sottolineato il Presidente Pacifici - vogliono contribuire al dibattito culturale del Paese, esprimendo una sensibilità, una attenzione e un presidio ideologico a qualsiasi deriva razzista, xenofoba, antisemita o antisionista.
Per questo puntiamo a rafforzare, anche attraverso "Shalom", la comunicazione della Comunità"."Dietro "Shalom" - ha ricordato il direttore responsabile, il giornalista Giacomo Kahn - c'è una piccola ma agguerrita redazione, ma vi è anche l'aiuto e la partecipazione di tanti opinionisti, intellettuali e scrittori italiani, anche non ebrei, che nel corso di questi anni hanno visto nel contributo ebraico all'informazione, un elemento di ricchezza della nostra società".
La sola notizia positiva da diverso tempo è israeliana. In mezzo all'apocalisse della crisi economica, lo Stato ebraico ha investito cinque miliardi di dollari in energia rinnovabile. Comprensibilmente, in Europa - a parte Moked e Pagine Ebraiche - non ne parla nessuno: mica è una notizia antisemita. Si tratta di capire se sia piò difficile vedere che lo Stato fascioimperialista di Israele è ambientalista, o fare finta di nulla quando l'invincibile armada mediatica della Flotilla va a fondo speronata dalla portaerei della zia di Sara Scazzi.
Commessa insulta gli ebrei. Mediaworld costretta a scusarsi
Cliente protesta, lei gli chiede il cognome: «Li riconosco da come si chiamano». Poi aggrava la situazione: "Si dice così anche dei negri". Così l'azienda interviene e alla fine arrivamo le scuse per la comunità ebraica di Venezia
di Marta Artico
MESTRE. "Ma quello è un ebreo di merda". La frase lapidaria è stata pronunciata da un'impiegata all'interno di Mediaworld, il megastore dell'elettronica di via Don Tosatto, mentre parlava al telefono con qualche conoscente. A sentirla, per caso, un cliente che come gli altri stava attendendo il suo turno, il quale più degli altri si è sentito chiamato in causa dalle parole della donna, perché di famiglia ebrea.
L'episodio è avvenuto lo scorso fine settimana. Il testimone è il figlio di Dario Calimani, cugino di Riccardo Calimani, scrittore e noto storico dell'ebraismo italiano. Il ragazzo, evidentemente scocciato, per tutta risposta ha chiesto: "E se io fossi ebreo?". A questo punto l'impiegata ha alzato gli occhi, guardando chi aveva di fronte e, anziché scusarsi per l'uscita infelice, ha domandato al giovane se volesse polemizzare, chiedendo di conoscere il cognome della famiglia per verificare se era davvero ebreo, sostenendo di saper riconoscere gli ebrei dal solo cognome.
"La donna - racconta Dario Calimani - ha pure ribattuto candidamente che come si dice ebreo di merda, in alcuni ambienti si dice anche negro di merda".
La vicenda si è conclusa con le scuse del capo area e del direttore. "E' vero - conferma il responsabile delle relazioni esterne di Mediaworld - è accaduto e ci scusiamo come gruppo e come azienda con tutta la comunità ebraica: è stata una frase mal detta e maleducata da parte del dipendente esuberante, che non ha tenuto conto dell'educazione e della civiltà comune. Prendiamo le distanze dall'affermazione e ci uniamo alle scuse del direttore del punto vendita, Fulvio Scibè. Al nostro interno - prosegue - provvederemo a prendere le corrette misure a riguardo. L'antisemitismo qui non c'entra, è una frase maleducata espressa pubblicamente che non va detta punto".
"La gravità - spiega Dario Calimani, padre del giovane - è la mancanza di cultura civile. Invece che chiedere scusa l'impiegata ha domandato a mio figlio se voleva far polemica, è pura follia. Evidentemente viviamo in una società che dà per scontato che essere razzisti e separare anche linguisticamente la maggioranza dalla minoranza per offenderla è normale, sono scioccato e purtroppo la definizione "ebreo di merda" la sento per la strada, è invalso questo linguaggio. Che sia negro, ebreo, romeno, albanese poco importa, è pericoloso non parlarne, non possiamo passare sotto silenzio un linguaggio razzista, sta prendendo piede una prepotenza di carattere sociale che è disarmante. Si crede di poter dire a chiunque quello che si vuole. I politici ci stanno insegnando l'immoralità, l'arroganza, la falsità, la prevaricazione e il privilegio".
Israele - Appello degli indignados: sabato "manifestazione di massa"
All'indomani dell'approvazione di una nuova legge sulla casa
GERUSALEMME, 4 ago. - Gli indignados israeliani hanno lanciato oggi un appello per una "manifestazione di massa" sabato sera a Tel Aviv e in altre città del Paese.
"Tutti quelli che sono coinvolti in questa protesta hanno lanciato un appello per una manifestazione di massa sabato sera a Tel Aviv e in altre città contro il governo", ha detto alla France presse uno dei leader del movimento, Stav Shafir. Sabato scorso, circa 150.000 persone hanno sfilato per le strade di Tel Aviv e di altre città israeliane al grido "il popolo chiede giustizia sociale".
"Dall'inizio della 'protesta delle tende', tre settimane fa, il governo non ci ascolta, per questo dobbiamo rafforzare il movimento - ha aggiunto Shafir - speriamo in una partecipazione più massiccia di quella della scorsa settimana". La protesta è scoppiata a metà luglio, quando i dimostranti che denunciano il carovita hanno piantato centinaia di tende lungo Via Rothschild, in una zona ricca di Tel Aviv.
L'appello è stato lanciato all'indomani dell'approvazione in Parlamento di una nuova legge sulla casa, contestata dal movimento perchè favorirebbe la costruzione di alloggi di lusso piuttosto che di abitazioni a prezzi contenuti. I dimostranti stanno anche redigendo un documento da presentare al governo, in cui verranno presentate le rivendicazioni del movimento nei settori della casa, ma anche del welfare, dell'istruzione, della salute e della politica economica.
Turchia: intercettate armi iraniane dirette in Siria
Le autorità turche hanno intercettato una spedizione di armi provenienti dall'Iran e dirette in Siria. Lo rivela il giornale tedesco Suddeutsche Zeitung citando fonti diplomatiche turche secondo cui i destinatari finali sarebbero i membri di Hezbollah. Ankara non ha confermato ufficialmente il sequestro, come riferisce il quotidiano Today's Zaman, ma secondo le fonti citate dalla stampa tedesca il convoglio di camion trasportati armi e munizioni è stato fermato nella provincia di Kilis, nel sud est della Turchia. Al momento non è noto quando il convoglio è stato intercettato. Ad aprile, ricorda la stampa turca, le autorità di Ankara avevano svelato un tentativo di esportazione illegale di armi da parte di Teheran, che tentava così di sviare le sanzioni imposte dalle Nazioni Unite.
La foto in bianco e nero che vedete è datata 15 novembre 1933. Ritrae la vecchia Philharmonie di Berlino. Sul palco l'orchestra di casa, i Berliner philharmoniker, pronti per un concerto. Sin qui nulla di strano. Se non fosse per la grande svastica che, incorniciata di fori, sovrasta l'orchestra. E per quell'oratore davanti al podio del direttore che altri non è che Joseph Goebbels, ministro per l'Educazione del popolo e la Propaganda di Adolf Hitler. Inaugura la Camera della cultura del Reich. E i Berliner sono la colonna sonora dell'evento. Di più: sono l'orchestra del Reich.
A indagare il passato dell'orchestra tedesca, che molti avrebbero voluto dimenticare, è Misha Aster (storico canadese che vive a Berlino) in un volume, L'orchestra del Reich, che arriva in Italia pubblicato da Zecchini (pagine 339, euro 25). Un'inchiesta che «svela» il patto stretto dai Berliner con il potere. Tutto ha origine da problemi di soldi più che politici. Perché l'orchestra nata nel 1882, in quel 1933 che vide la nomina di Hitler a cancelliere del Reich non se la passa bene. Una gravissima crisi economica si trascina dagli anni Venti e ne minaccia la sopravvivenza: ha spese per un milione di marchi e i finanziamenti non bastano. I creditori bussano quotidianamente alla porta. Goebbels lo sa bene. Per questo gioca le sue carte.
Nel libro, non ci sono giudizi. Solo fatti. Scovati in documenti degli archivi di Stato, tra le carte dei Berliner e nelle raccolte private dei musicisti. Per raccontare la storia di uno "sfruttamento reciproco". Quello del Reich che, come aveva intuito Goebbels, poteva usare i Berliner come uno strumento di propaganda nel mondo e di rafforzamento dell'identità nazionale, specie attraverso i concerti trasmessi alla radio, in patria. E quello dei Berliner che consegnandosi al potere potevano garantirsi la sopravvivenza.
Certo, il prezzo da pagare è stato alto. In termini di autonomia, innanzitutto, perché gli orchestrali, «da sempre imprenditori di se stessi, diventavano dipendenti pubblici con l'esenzione dalla leva militare». Anche i vertici sono di nomina statale: unico privilegio che i Berliner mantennero era la scelta del direttore musicale. Inutile dire che il repertorio doveva parlare assolutamente tedesco. «Ma soprattutto l'orchestra era a disposizione del Reich, presenza fissa ai raduni di partito a Norimberga, ai compleanni del Führer, ai raduni della gioventù nazista». Oltre che prestigioso biglietto da visita da esibire all'estero o in occasione di grandi eventi come le Olimpiadi di Berlino del 1936.
Un prezzo, che, però, non sembrava pesare ai musicisti, autonomi dal Nazionalsocialismo se è vero «che solo uno su cinque aveva la tessera di partito». Così come non l'aveva Wilhelm Furtwängler, direttore dei Berliner dal 1922 al 1945 (ricoprirà l'incarico anche dal 1952 al 1954, anno della sua morte, quando cederà il podio a Herbert von Karajan che, a differenza di Furtwängler, la tessera del partito nazista l'aveva presa). Figura non del tutto amata dai nazisti, ma utile al disegno di Goebbels in quanto privilegiava il repertorio tedesco mettendo sui leggii Beethoven, Bruckner, Brahms, Wagner e Strauss.
Anche in questo caso, evidenzia, Aster, «ci fu un rapporto di reciproco sfruttamento: Furtwängler in cambio di prestigio, visibilità e eccellenti retribuzioni si prestava agli scopi politici del regime. Non prendendo però mai posizioni politiche. Tant'è vero che quando fu chiesta l'espulsione dall'orchestra di quattro musicisti ebrei il direttore si oppose adducendo motivazioni artistiche sulla qualità dei musicisti».
I Berliner, ma soprattutto Furtwängler pagarono questi dodici anni a servizio del Reich. Il direttore, accusato dagli americani di aver sostenuto il regime e di aver fatto propaganda antisemita, subì un processo, ma venne dichiarato innocente. Non bastò perché dovette rinunciare al podio della Chicago symphony per il boicottaggio minacciato da prestigiosi sponsor e da musicisti ebrei.
I Berliner sono sopravvissuti. Seppur lentamente, hanno ripreso a suonare nel mondo. Ma in molti, specie nel lungo periodo che sino al 1989 vide Karajan sul podio (dopo di lui venne Claudio Abbado, dal 2002 al timone c'è Simon Rattle), preferirono dimenticare la cosa.
Figlio di Gheddafi: patto con islamici radicali contro i ribelli
Saif al Islam assicura di avere negoziato un'alleanza con il leader nell'est del paese. "I liberali fuggiranno o saranno uccisi"
TRIPOLI, 4 ago. - La famiglia di Muammar Gheddafi ha stretto un'alleanza con i ribelli islamici del paese per respingere l'offensiva dell'opposizione laica di Bengasi: lo ha detto uno dei figli del colonnello, Saif al Islam, in un'intervista al New York Times pubblicata oggi. "I liberali fuggiranno o saranno uccisi", ha spiegato l'erede designato del rais, spiegando che la Libia somiglia sempre più ad Arabia Saudita e Iran. E allora?" si è domandato lasciando intuire che la 'svolta' islamica non dispiacerebbe al regime di Tripoli.
Saif al Islam ha assicurato di avere negoziato "un patto" con ali Sallabi, uno dei leader islamici nell'est del paese nelle mani dei ribelli. Quest'ultimo ha confermato al quotidiano statunitense di avere avuto dei colloqui con il figlio del colonnello senza tuttavia parlare di accordi già raggiunti. In passato, in realtà, Gheddafi e la sua famiglia avevano ripetutamente accusato gli islamici radicali di essere alla guida della protesta. Tra loro potrebbero esserci "terroristi", ha detto Saif, ma va "accettato". E dovrà prenderne atto anche la comunità internazionale, ha aggiunto.
"Ci chiedono un compromesso. Ok, vogliono che dividiamo il potere. Ok, ma con chi?", ha insistito Saif al Islam. Secondo Tripoli, gli islamici sono la risposta perché "rappresentano la vera forza sul terreno. So - ha concluso - che fra di loro ci sono terroristi. Che sono macchiati di sangue e che questa non è una buona cosa. Ma bisogna accettarli".
In attesa della redazione definitiva del piano di spesa pluriennale della difesa israeliana, fonti locali riportano la notizia secondo cui l'Air Force (Iaf) starebbe esercitando pressioni sul ministro della difesa affinché venga incluso nel piano anche l'acquisto di un numero "Limitato" di aerei Tilt-rotor Bell-Boeing V-22.
I velivoli sarebbero stati valutati positivamente dalla Iaf anche in seguito della visita di una delegazione di piloti e tecnici israeliani negli Stati Uniti per ispezionare la versione MV-22B Osprey dei Marine. Secondo le fonti l'aeronautica israeliana disporrebbe di un budget di riserva per le emergenze, nel caso in cui la spesa non potesse essere inserita nel piano.
Nei giorni scorsi la stampa locale aveva dato la notizia secondo cui l'Air Force sarebbe interessata anche all'acquisto di un secondo squadrone di aerei F-35 Joint Strike Fighter (il primo squadrone di 20 unità venne comprato lo scorso ottobre tramite un accordo di 2,75 miliardi di dollari).
Nell'esercito israeliano un quinto dei soldati è straniero
Più della società - e del governo - poté l'esercito. Quell'ammasso di soldati giovanissimi soffocati dal caldo e dagli abiti militari e guidato da comandanti spesso spregiudicati, ma sempre più in linea con il sentimento di una nazione.
E allora. Dicono le ultime statistiche - mentre nelle periferie di Tel Aviv gli immigrati vengono sempre più emarginati - ecco, dicono le statistiche militari che il 20,2 per cento dei soldati dello Stato ebraico sono di origine straniera. La maggior parte di questi è arrivata in Israele quando aveva meno di sedici anni.
Si tratta soprattutto di ragazzi etiopi e provenienti dal Caucaso. Giovanissimi - sia uomini che donne - facilmente rintracciabili lungo le strade (desertiche) che portano da Tel Aviv verso Ashdod e Ashkelon, per arrivare fino a Beersheba, nel pieno mare sabbioso del Negev.
Le novità non finiscono qui. Sempre secondo le statistiche dell'Idf, l'esercito israeliano, negli ultimi tempi c'è stato anche un incremento notevole dei soldati di leva registrati all'anagrafe come ebrei ultraortodossi (storicamente restii a indossare la divisa): ce ne sono circa 700, ma il numero è destinato a crescere. L'altra novità riguarda la minoranza beduina: anche in questo caso l'aumento è rilevante. Se nel 2005 si registravano 345 soldati provenienti dai villaggi beduini, cinque anni dopo la cifra arriva a 492.
Non sono dati qualsiasi questi. E non indicano una maggiore propensione alla guerra. Semplicemente: dimostrano che, mentre a Gerusalemme il governo è indaffarato a creare muri piuttosto che ponti, nelle file militari la piena integrazione è ormai raggiunta. O quasi.
(Falafel Cafè, 3 agosto 2011)
Trattandosi di esercito, e quindi di guerra, il riferimento papale a muri e ponti poteva utilmente essere evitato. Fare ponti al nemico che vuole entrare per distruggerti non è quanto di meglio ci possa essere in fatto di strategia militare.
Quando, il 14 maggio del 1948, i "founding Fathers" di Israele ebbero l'ardire di pronunciare la Dichiarazione di Indipendenza - sfidando in modo clamoroso la legge del più forte, che avrebbe voluto il minuscolo, neonato staterello rapidamente schiacciato dalle soverchianti forze nemiche -, la loro non fu solo la rivendicazione di uno storico, millenario diritto di sovranità nazionale (di cui, secondo la teologia medioevale, il popolo 'deicida' avrebbe dovuto essere privato in eterno, come punizione per il suo irreparabile crimine - come disse Dante, per "la vendetta de la vendetta del peccato antico" -), né la mera riappropriazione di quel semplice diritto all'esistenza che il nazismo aveva voluto negare (a fatti, e non a parole) agli ebrei, nell'indifferenza del mondo civile; ma fu anche una riaffermazione, nonostante tutto, dei superiori princìpi del diritto e della legalità internazionale, di cui i mostri del XX secolo avevano fatto strame. Diritto degli individui, diritto dei popoli, diritto degli Stati: pace, cooperazione internazionale, rifiuto di ogni arbitrio e di qualsiasi prevaricazione, libertà per tutti e sicurezza per ciascuno. Questi i valori fondanti del moderno Stato di Israele, che, sulle ceneri della tirannia nazifascista, sperava che le forze uscite vincitrici dal titanico conflitto avrebbero voluto e saputo costruire una nuova famiglia universale di popoli liberi e uguali, la cui coesistenza sarebbe stata regolata per sempre, appunto, dal diritto, e non dalla forza.
La nascita dell'ONU, nel 1945, aveva suscitato l'effettiva speranza di un nuovo ordine di legalità mondiale, che in tale Assemblea avrebbe visto il riconoscimento e la tutela di tutti i diritti di tutti i popoli: una speranza talmente radicata, nei padri di Israele, che le Nazioni Unite sono menzionate, nella Dichiarazione d'Indipendenza -un testo di soli 18 commi -, ben cinque volte, a testimoniare come gli ideali affermati nella Carta di San Francisco - volti alla costruzione di un mondo di pace, giustizia e fratellanza - sembrassero, all'epoca, in assoluta sintonia con l'ideale sionista. Non c'è bisogno di ricordare quanto, negli anni a seguire, la speranza di Israele sarebbe andata delusa, e in che misura le Nazioni Unite avrebbero tradito la loro propria originaria, asserita vocazione. Israele sarebbe rimasta, nonostante tutto, la patria del diritto, combattendo tutte le sue guerre, come è stato detto, "con una mano legata dietro la schiena": ma molto, troppo spesso, nella sua battaglia per il diritto e per la legalità, si sarebbe trovata sola, con buona parte del mondo schierata dall'altra parte della barricata.
È soprattutto a questa delusione, a questo tradimento che ci sembra dedicato il libro di Jonathan Curci e Raffaele Petroni, con preambolo di Scialom Bahbout e prefazione di Antonio Donno, recentemente pubblicato per le Edizioni Messaggi: L'esistenza dello Stato d'Israele, il Medio Oriente e la Comunità internazionale. Considerazioni sul conflitto. Un volume che offre una precisa e dettagliata ricostruzione della contrastata storia dei rapporti tra Israele e i suoi vicini e avversari, ripercorsa in tutti i principali aspetti politici e militari (dall'autodeterminazione all'autodifesa, dai territori contesi al negazionismo, dal pacifismo aggressivo all'uso proporzionato della forza, dai negoziati di pace alle risoluzioni ONU di condanna di Israele, fino ai più recenti eventi del Rapporto Goldstone e della Freedom Flotilla), considerati soprattutto dal punto di vista della diplomazia e del diritto internazionale. Un libro che testimonia, purtroppo, la grande solitudine di Israele nello scenario internazionale, l'ennesimo rifiuto riservato al popolo ebraico dal "resto del mondo"; eppure, un libro che offre anche, nonostante tutto, un profetico, luminoso messaggio di speranza, nelle parole finali del preambolo di Bahbout: "Gerusalemme rappresenta un punto comune di riferimento per gran parte dell'umanità: non sarebbe questa la sede più naturale e idonea per un ente come l'ONU che ha il compito di operare per portare la pace nel mondo?".
Diminuisce l'export israeliano verso gli Stati Uniti, mentre aumenta quello verso l'Europa. Dati dell'Istituto israeliano per le esportazioni e la cooperazione internazionale mostrano che a maggio-giugno 2011 le esportazioni da Israele verso gli Usa hanno fatto registrare un -9% rispetto ai mesi precedenti e -7% in confronto allo stesso bimestre del 2010.
Tra i settori più colpiti da questo calo ci sono i prodotti chimici (-12%) e macchinari industriali (-5%). «Queste cifre sono preoccupanti - commenta l'amministratore delegato dell'Istituto per le esportazioni, Avi Hefetz - e provano, ancora una volta, che l'economia globale sta recuperando con lentezza dopo la crisi. Inoltre, il cambio sfavorevole sta danneggiando le esportazioni israeliane». Hefetz stima che questa tendenza negativa potrebbe continuare anche nel 2012. Ma se sul fronte americano le cose non vanno bene, notizie migliori arrivano invece da quello europeo. Sempre a maggio-giugno 2011, la vendita di prodotti israeliani sul mercato europeo è infatti cresciuta del 10% rispetto a marzo-aprile. Particolarmente buona è stata la performance dell'export israeliano verso al Germania (+11%).
Ragusa, fino al 30 ottobre al parco archeologico "Ebrei a Camarina"
La menorah incisa
RAGUSA - Successo per la mostra "Ebrei a Camarina... e dintorni" aperta al museo di Camarina (Ragusa) dove sono esposti pezzi assolutamente inediti. L'iniziativa culturale ideata dal Parco Archeologico Terracqueo di Camarina è visitabile dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 19 di tutti i giorni in cui il museo è aperto. Resterà allestita fino al 30 ottobre prossimo. Per la prima volta sono stati esposti reperti archeologici con i segni della cultura ebraica: la menorah. La mostra inserita all'interno del padiglione Ovest, ha una serie di vetrine e dettagliati pannelli descrittivi in cui vengono riportate le principali informazioni che riguardano i pezzi esposti, perlopiù lucerne, grandi iscrizioni, lamine in oro, piccoli amuleti. "Nell'area iblea è quindi possibile circoscrivere la diffusione delle presenze giudaiche fra il IV e il V sec. A.C.", spiega l'archeologo Giovanni Distefano
Alcune famiglie sono sicuramente documentate negli insediamenti rurali fra Noto e Modica. Infatti piccoli ipogei funerari sono caratterizzati della menorah incisa a grandi tracciati in località Gesira e a Cava Lazzaro. Altre famiglie ebraiche fra il IV e il V sec. a.v. nell'ambito degli insediamenti più prossimi all'antica Camarina sono sicuramente esistite ad Acrillae dove un fanciullo della comunità, Jason, fu sepolto con una lastra in cui fu incisa una menorah. Anche nel vicus di località Piombo vicino la costa la comunità ebraica si riservò un area funeraria isolata rispetto al nucleo centrale del cimitero e rese riconoscibili le sepolture con l'incisione di una menorah. E anche nel villaggio rurale costiero di Caucana dovevano esistere alcune famiglie ebraiche a cui apparteneva una lucerna con il simbolo della menorah. Ma documenti di questo genere, probabilmente preghiere esorcistiche su lamine o su pietra, non possono direttamente associarsi a famiglie ebraiche quanto piuttosto ad un uso con intenti magici di elementi linguistici o culturali della cultura giudaica. Ma questo è un ambito di ricerca ancora molto aperto".
Israele: cresce il supporto alla "protesta delle tende"
Se in Israele si andasse al voto oggi, il leader della "protesta delle tende" vincerebbero 20 seggi alla Knesset, il Parlamento di Gerusalemme. Lo rivela un sondaggio realizzato dallo Smith Institute per il "Jerusalem Post". I risultati raccolti provano che il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, «dovrebbe prendere sul serio le manifestazioni», come scrive oggi la stampa locale.
Se i contestatori formassero un partito, potrebbero aggiudicarsi fino venti seggi su un totale di 120, e non solo. L'83% degli intervistati dichiara di supportare la protesta popolare contro il carovita in corso da quasi tre settimane e reputa che dovrebbe andare avanti. Il 45% crede che i leader della protesta dovrebbero concordare con il governo una tabella di marcia per realizzare le richieste della piazza, e il 30% è pronto a partecipare a future manifestazioni di massa.
Israele: sviluppato un sensore di "droghe dello stupro"
Il prof. Patolsky
Due ricercatori dell'Università di Tel Aviv hanno sviluppato un sensore in grado di segnalare con certezza la presenza della cosiddetta "droga dello stupro" nelle bevande consumate dai giovani nei luoghi di ritrovo.
Le droghe in questione sono sostanze che hanno un effetto sedativo e di amnesia sulle vittime facilitando così il loro sfruttamento sessuale senza che ne siano conscie. Nessuno dei sistemi di identificazione finora in uso si è rivelato sufficientemente sensibile alla presenza di queste sostanze in tempo reale.
Secondo il prof. Fernando Patolsky e il dr. Michael Yoffe, della facoltà di chimica, il sensore che essi hanno sviluppato si basa su segnali ottici di cambiamento. Quando un raggio di luce viene in contatto con una bevanda contenente la droga si verifica un cambiamento nel segnale che avverte l'utilizzatore.
Il sensore è stato testato col 100% di successo su un campione di una cinquantina di cocktail di diffusa consumazione tra i giovani, alcuni dei quali contenevano la droga.
Il sensore è capace di individuare bevande contenenti GHB (acido gamma-idro-butirico) e ketamina. I ricercatori stanno ora cercando di ampliarne la capacità di accertare la presenza di altre sostanze ipnotiche e sedative, come il Rohypnol, con risultati che, a loro dire, sono finora molto promettenti.
I ricercatori, che hanno brevettato il loro sistema, intendono ora miniaturizzarlo, rendendolo non più grande della capocchia di uno spillo in modo da permettere a tutte le potenziale vittime di 'analizzarè le bevande a loro offerte senza che il loro partner se ne accorga.
Orologio biologico umano: lo zebrafish spiega come si ripara
I segreti del funzionamento del ritmo circadiano umano potrebbero venire svelati dallo studio del sistema biologico degli zebrafish, piccoli pesci trasparenti: è quanto spiegano in uno studio pubblicato su PLoS Biology e FEBS Letters i ricercatori della Tel Aviv University (Israele) guidati da Yoav Gothilf. La scoperta, spiegano gli studiosi, potrebbe servire per mettere a punto terapie per la regolarizzazione del ritmo circadiano, il cui squilibrio può portare a depressione, ansia e problemi di peso.
Gli studiosi hanno dimostrato che una regione presente nel gene Period2 dello zebrafish chiamata LRM (Light Model Responsive) sarebbe responsabile dell'attivazione del gene stesso (presente anche negli uomini e fondamentale per la regolarizzazione del sistema circadiano). I ricercatori hanno quindi isolato la regione LRM umana e l'hanno inserita nelle cellule del piccolo pesce rilevando che, quando lo zebrafish veniva esposto alla luce, l'LRM umano «innestato» si comportava allo stesso modo, attivando il gene Period2.
In Israele cresce il costo dell'acqua, ma non s'investe in strutture idriche
L'aumento della bolletta dell'acqua in Israele va di pari passo con un crollo della spesa per le infrastrutture idriche da parte delle compagnie municipalizzate. Lo afferma uno studio dell'Ufficio centrale di Statistica israeliano, secondo il quale nel corso del 2010 gli investimenti in questo settore sono crollati del 41% rispetto ai due anni precedenti.
Se nel 2008-2009 sono stati spesi 2.5 miliardi di NIS (circa 500 milioni di euro) all'anno, nel 2010 la cifra si è invece ridotta a 1.4 miliardi di NIS. «L'istituzione di compagnie municipalizzate - spiega Oren Harambam, capo del dipartimento economico della Confindustria israeliana - puntava a rafforzare gli investimenti nel settore idrico dopo anni di negligenza. Ma i numeri mostrano che questo obiettivo non è stato raggiunto. Il costo dell'acqua, sia per usi domestici che industriali, è cresciuto esponenzialmente, eppure non ci sono stati investimenti che giustificassero questo aumento». L'Ente nazionale dell'acqua fornisce invece un'altra versione dei fatti. «I dati del 2008-2009 presi in considerazione vanno rivisti - dichiara -, perché conteggiano anche spese eccezionali, come la costruzione di impianti di desalinizzazione. In verità, nel 2010 le spese delle municipalizzate per le infrastrutture idriche sono cresciute del 30%, pari a 800-900 NIS».
Shalom diventa tecnologico e sbarca sugli smartphone
Il mensile di informazione e cultura della Comunità ebraica si potrà leggere su iPhone, iPad e sui telefoni che usano Android. Pacifici: "Abbiamo fatto questa applicazione gratuita per dialogare con tutta la società"
"Shalom" sbarca sugli smartphone. Il mensile di informazione e cultura della Comunità ebraica si potrà leggere su iPhone, iPad e sui telefoni che usano Android. A partire da settembre (mentre su Android il servizio è già attivo), gratuitamente, chiunque vorrà potrà scaricare sulle proprie piattaforme le notizie e gli approfondimenti proposti dalla rivista fondata nel 1967. Ad illustrare le nuove frontiere sono stati il presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici e il direttore del giornale Giacomo Kahn.
"Non saranno dei semplici pdf - ha detto Pacifici - abbiamo fatto questa applicazione gratuita per dialogare con tutta la società che è interessata alla cultura ebraica. L'intento è quello di far conoscere il dibattito interno della Comunità, le sfumature, le regole dell'ebraismo, ma anche i pensieri e le valutazioni sui temi della politica nazionale. Questi prodotti già sono presenti ma non esistono a livello nazionale e romano".
Pacifici ha poi parlato del futuro delle applicazioni parlando di "seconda fase". In futuro infatti "il nostro progetto è poter scaricare tutto quello che è la Roma e il Lazio ebraico ma non solo per creare veri e propri itinerari turistici specifici legati all'ebraismo che vanno dalle sinagoghe ai ristoranti kosher".
Sulle applicazioni si potranno trovare anche contenuti che non sono presenti nell'edizione cartacea di Shalom, streaming che vanno dall'informazione alla cultura alla società, video e gallerie fotografiche. Le apllicazioni offriranno anche un servizio riservato alla Comunità: sarà infatti presente una speciale sezione dedicata ai testi delle preghiere in modo da poterle avere sempre a portata di mano. "Da ieri, primo giorno di attività su Android già 50 persone hanno scaricato Shalom - ha detto Kahn - lavorare su queste applicazioni multimediali significa dare informazioni sulla nostra cultura". Shalom è il primo giornale ebraico che va sulle applicazioni ha una redazione formata da 5 redattori e si avvale anche del lavoro di alcuni collaboratori.
Egitto: al-Qaeda annuncia la nascita di una cellula nel Sinai
Miliziani annunciano la volonta' di far nascere un Emirato islamico nella regione
Con un volantino diffuso in Egitto è stata annunciata la nascita della cellula di 'al-Qaeda nella penisola del Sinai'. Il documento, apparso questa mattina su Internet, proclama che "la sharia dovrà essere l'unica fonte di legge. Per questo instaureremo un emirato islamico nella zona". Nel volantino, diffuso in diversi villaggi del nord del Sinai, si criticano anche gli accordi siglati dalle autorità egiziane con Israele e l'embargo imposto alla Striscia di Gaza.
Secondo Safwat Abdel Ghani, dirigente della 'al-Jama'a al-Ismaliya' egiziana interpellato dal giornale 'al-Youm al-Sabaa', "dietro questo gruppo non ci sono piu' di cinque persone". Diversa, pero', è l'idea delle autorità egiziane che hanno inviato rinforzi ai soldati presenti nel Sinai dopo gli scontri a fuoco e gli attentati eseguiti dai jihadisti salafiti nella regione. Secondo la tv araba 'al-Jazeera', un gruppo di cinque miliziani armati ha assaltato ieri l'ospedale di al-Arish, nel nord del Sinai, prelevando il cadavere di un giovane palestinese ucciso in uno scontro a fuoco avvenuto nei giorni scorsi durante un attacco a una stazione di polizia della zona.
Israele ammette l'uccisione dello scienziato iraniano
Tamir Pardo
BERLINO, 2 ago. - Per fermare l'atomica iraniana Israele avrebbe iniziato ad eliminare uno dopo l'altro gli scienziati maggiormente coinvolti nel programma nucleare di Teheran. Lo scrive lo Spiegel, al quale un informatore dei servizi segreti israeliani ha riferito che l'uccisione il 23 luglio a Teheran di Dariusch Rezaie, un giovane fisico di 35 anni, e' stata "la prima grande mossa di Tamir Pardo, il nuovo capo del Mossad". Lo scienziato era stato freddato da due sconosciuti in motocicletta, dopo che con la moglie era andato a prendere la figlia in un asilo nido. Il settimanale scrive che l'Aiea, l'Agenzia dell'Onu a Vienna per il controllo degli armamenti nucleari, ha confermato che lo scienziato iraniano stava lavorando allo sviluppo di un interruttore per i detonatori da impiegare nelle bombe atomiche. Rezaie e' il terzo fisico nucleare iraniano ucciso in circostanze misteriose dall'inizio del 2010. Dopo le accuse di Teheran agli Usa ed Israele per l'uccisione di Rezaie, un portavoce del Dipartimento di Stato americano aveva affermato che gli Stati Uniti "non sono coinvolti" nella sua morte, mentre nessuna smentita e' finora arrivata da Israele. Lo 'Spiegel' scrive che, secondo fonti dei servizi segreti israeliani, le uccisioni di scienziati iraniani farebbero parte di un piano per sabotare o almeno per rallentare il programma atomico iraniano. Tra le misure adottate per impedire a Teheran di dotarmi dell'arma nucleare figurerebbe anche l'impiego del virus informatico "Stuxnet", che nell'estate del 2010 ha paralizzato gli impianti del programma nucleare iraniano.
Secondo l'informatore del settimanale, negli ambienti dell'aeronautica israeliana sarebbero invece forti le pressioni per bombardare i siti nucleari di Teheran.
C'è un rapporto dei servizi segreti spagnoli che in questi giorni sta preoccupando chiunque lo abbia letto. E' quello che ha segnalato come sei paesi islamici stiano finanziando, senza badare tanto per il sottile, il circuito islamista più estremista non solo nella penisola iberica ma un po' in tutta Europa. Facendo pervenire soldi a organizzazioni e moschee dove si pratica la sharia più estremizzata, quella che comprende i matrimoni combinati, la poligamia. le percosse alle donne e una vera e propria "polizia islamica" che vigila su questo pseudo virtù religiose. Il rapporto è datato 16 maggio 2011 ed è opera del CNI, "Centro nacional de intelligencia".
I paesi in questione sono il Qatar, il Kuwait, l'Arabia Saudita, la Libia, gli Emirati Arabi Uniti e soprattutto il Marocco. Il generale a capo del Cni, Félix Sanz Roldàn scrive nel rapporto, che "non vi è sufficiente controllo dei flussi finanziari che coinvolgono sovvenzioni e aiuti da altri paesi, alla comunità islamica in Spagna ...".
Addirittura per sensibilizzare i singoli paesi arabi sotto accusa, sono stati già mandati in missione speciale ai primi di giugno l'ambasciatore Damaso de Lario e il direttore della Fondazione per il pluralismo e la coesistenza José Manuel López Rodrigo. Che si sono fatti il giro di Oman, Kuwait ed Emirati Arabi Uniti.
A fine agosto, dopo la fine di Ramadan, la missisone delicatissima in Arabia Saudita.
Anche in Spagna sono stati incontrati gli ambasciatori di questi paesi e sono stati loro mostrati i libretti di "dawa", propaganda islamica, che vengono distributi in alcune moschee.
In uno si leggono anche espressioni come queste: "L'Europa, con tutte le sue pretese di illuminare e guidare (...) è ancora dietro l'Islam". Più preoccupanti però sono le pretese di celebrare matrimoni poligamici e quella di avere istituito una vera e propria "polizia islamica" che agisce e governa i ghetti degli immigrati spagnoli e forse di altri paesi europei. Un discorso a parte va fatto per gli enti finanziati dal Kuwait: attraverso la Società per la rinascita del patrimonio islamico (Rihs, acronimo inglese) è stata possibile la costruzione di moschee in Catalogna da cui "diffondere una contraria interpretazione religiosa per l'integrazione nella società spagnola, nonchè la separazione e l'odio verso etnie non musulmane". Il Rihs del Kuwait è stato classificato nel 2008 dal Dipartimento di del Tesoro Usa, e poi dalle Nazioni Unite, nella lista nera delle organizzazioni che hanno finanziato gruppi affiliati ad Al Qaeda.
Banca di Israele taglia stime di crescita 2011 e 2012
Taglio di stima per la Banca centrale israeliana. L'istituto ha abbassato le proprie previsioni relative al 2011 attendendosi un aumento del PIL pari al 4,8%, mentre nel 2012 ci si attende un incremento meno marcato e pari al +3,9%. L'istituto prevede inoltre un tasso di inflazione in discesa al 3,9% nel terzo trimestre 2012, mentre i tassi di interesse dovrebbero mantenersi nel range 3,75-4% fino alla fine del secondo trimestre 2012. Solo 2 mesi fa la Banca centrale di Israele aveva alzato le proprie previsioni di crescita.
MILANO - Divertimento assicurato a Bat Yam, Tel Aviv, dal 23 al 25 agosto con il Festival di Danza e del Teatro da Strada. Sullo splendido lungomare di Bat Yam a sud di Tel Aviv avrà luogo dal 23 al 25 il 15o Festival Internazionale del Teatro di Strada. Il festival attrae ogni anno oltre 150mila visitatori e artisti internazionali grazie ai suoi spettacoli di teatro, danza e musica tanto di artisti Israeliani quanto di artisti provenienti da Regno Unito, Bulgaria, Belgio, Italia, Spagna, Germania, Russia e altro ancora.
Decine di spettacoli adatti a tutta la famiglia saranno presentati durante il festival.
Tra gli artisti internazionali presenti segnaliamo il tedesco Rope con la sua performance acrobatica su una corda e lo spagnolo Cosmos, acrobata che si esibisce utilizzando una gru. Da segnalare anche la performance dell'italiano Joy che racconterà, tra le altre, la famosa e commovente storia "The Red Ballon", la storia di un ragazzo che fa amicizia con un palloncino rosso.
Bat Yam è un centro importantissimo in Israele per l'arte ed il design.
Molti i laboratori ed i concerti con artisti israeliani che si svolgeranno contemporaneamente agli appuntamenti artistici; da menzionare, l'appuntamento con la musica e le canzoni di Gazoz (11 agosto).
L'8 agosto avrà luogo sulla spiaggia un workshop guidato di sculture e dipinti (www.batyam.muni.il).
Da non dimenticare l'appuntamento internazionale con la Biennale di arte di Bat Yam che avrà luogo il prossimo ottobre 2012 il cui tema principale sarà "Le Metamorfosi".
Israele a NoFrills per incentivare il settore leisure
Si punta sui city break per Tel Aviv
Si ripresenta a NoFrills l'ufficio nazionale israeliano del turismo e l'obiettivo di quest'anno è quello di aumentare l'offerta soprattutto per quanto riguarda il settore leisure: "Vogliamo incentivare le visite a Tel Aviv con i City Break. Continueremo nella promozione di un turismo indirizzato soprattutto a questo tipo di pubblico: colto e curioso e che può fare vacanza in qualsiasi periodo dell'anno", afferma Tzvi Lotan, il consigliere per gli Affari turistici dell'ambasciata d'Israele.
Altri settori su cui punta la destinazione riguardano il turismo sportivo e quello gay friendly: "Stiamo lavorando alla promozione delle maratone di Gerusalemme e Tel Aviv, e continueremo la promozione del cosidetto turismo gay friendly", osserva Lotan. Il consigliere inoltre è conscio delle difficoltà che sta attraversando il turismo e propone alcune idee: "La nostra finalità è quella di accrescere il numero di turisti italiani verso Israele, anche se le condizioni economiche sembrano peggiorate rispetto al 2010, consentendo quindi una più ridotta disponiblità di spesa del cliente finale. Stiamo lavorando per accrescere l'offerta voli e continueremo la nostra collaborazione con differenti compagnie aeree, ed anche cercheremo di allungare la durata delle catene charter esistenti", conclude Lotan.
Raid aereo di Israele contro un tunnel a Rafah, nessuna vittima
GAZA, 2 ago. - L'esercito israeliano ha lanciato nella notte un'incursione aerea contro la Striscia di Gaza che non ha fatto vittime: lo hanno riferito alcuni testimoni. Il raid è stato compiuto contro un tunnel scavato sotto la frontiera tra il sud della Striscia di Gaza e l'Egitto, all'altezza di Rafah, è stato precisato. Due esplosioni di origine non precisata sono state udite, inoltre, nell'area attorno alla città di Gaza. In un comunicato, l'esercito israeliano ha confermato che "l'aviazione ha attaccato nel sud della Striscia di Gaza un tunnel utilizzato da trafficanti". "Questo attacco è stato condotto in risposta al lancio di un razzo contro il sud di Israele che ha ferito una donna", è stato aggiunto nella nota.
Le ragioni della protesta in un documento per Netanyahu
TEL AVIV - Il popolo delle tende israeliano non si ferma. In queste ore il movimento sta elaborando un documento che definisce le richieste nei settori della casa, delle politiche di welfare, nell'istruzione, nella sanità e nella politica economica. I leader del movimento lo stanno stilando assieme a rappresentanti di studenti e altre parti sociali. La bozza del documento elenca le richieste, insieme al loro costo stimato per il bilancio dello Stato, e sostiene che il reddito atteso da questi passi potrebbe eccedere il suo costo. La carta è stata elaborata d'intesa con economisti e altri esperti.
Quando il documento sarà pronto verrà presentato al primo ministro Benyamin Netanyahu.
In tema di casa, punto focale della protesta, il documento chiede la cancellazione del progetto di legge per istituire i comitati immobiliari nazionali. Il disegno di legge mira alla creazione di sei commissioni regionali che opereranno per 18 mesi al fast-track piani di abitazioni. Il documento chiede anche nuove costruzioni di alloggi pubblici, una nuova legislazione per il controllo degli affitti. Altre richieste da parte dei manifestanti comprendono un rinnovamento della legge fiscale sul reddito, una graduale riduzione delle imposte indirette come l'Iva, fine ai processi di privatizzazione e rialzo del salario minimo al 50% del salario medio in economia.
Il documento chiede anche l'aggiunta di 500 ispettori per far rispettare le leggi del lavoro, la riduzione della dimensione media delle classi adeguandosi alla media Ocse (21,4 alunni per classe), l'aggiunta di posti per i medici e gli infermieri al sistema sanitario, insieme con posti letto negli ospedali e attrezzature mediche, per soddisfare i livelli Ocse; e l'aggiunta di poliziotti, pompieri, assistenti sociali e insegnanti per soddisfare i livelli nei paesi Ocse.
Netanyahu non si incontrerà con i leader delle proteste, né ha aperto un dialogo o negoziato con loro, ma ha intenzione di trovare soluzioni alla crisi abitativa. Il premier israeliano "è convinto che i manifestanti stanno agendo per puro motivi politici". Ha detto che l'obiettivo dei manifestanti era quello farlo dimettere. "Netanyahu ridicolizza le obiezioni dei manifestanti al disegno di legge sul comitato per l'edilizia nazionale, che per quanto lo riguarda è una componente importante della sua soluzione alla crisi".
Nel frattempo diversi leader della protesta si sono riuniti con il presidente Shimon Peres, che ha espresso il suo sostegno per il movimento.
Temevano di non intascare il loro salario nemmeno per il Ramadan, il mese sacro dell'Islam appena iniziato. Invece i funzionari dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) domani riceveranno lo stipendio di fine mese, con pochi giorni di ritardo. Lo ha assicurato ieri il premier palestinese, Salam Fayyad, il quale tuttavia ha sottolineato: «Il pagamento degli stipendi ridurrà notevolmente la capacità dell'Anp di soddisfare ulteriori bisogni nel prossimo mese». La crisi dell'Anp - che lamenta una scarsità di liquidi dovuta a una riduzione degli aiuti internazionali, in particolare di quelli dai Paesi arabi - appare dunque lontana dall'essere risolta. Fayyad ha fatto appello alla pazienza dei palestinesi, assicurando allo stesso tempo il suo «impegno instancabile» per cercare di garantire le donazioni estere necessarie per superare le difficoltà attuali. Le dichiarazioni del premier sono arrivate all'indomani di una minaccia di sciopero a oltranza avanzata da Bassam Zakarna, capo dell'unione dei lavoratori della Cisgiordania, indignato per l'atteggiamento del governo che, a suo dire, non starebbe concertando nulla con le rappresentanze lavorative. L'Anp ha circa 170mila dipendenti; per «uscire dalla strettoia e fare fronte alla crisi il governo ha urgente bisogno di 300 milioni di dollari», ha fatto sapere la scorsa settimana Fayyad in una riunione di emergenza della Lega araba al Cairo.
Israele: firmato laccordo per la centrale energetica
La compagnia israeliana Dalia Power Energies Ltd. fa squadra con il gruppo francese Alstom per costruire la più grande centrale energetica privata d'Israele. Alla fine della scorsa settimana, la società con sede nel Negev ha firmato un accordo operativo e di manutenzione con la Alstom, la quale ha vinto la gara per costruire, rifornire, far funzionare e mantenere una stazione energetica del valore di un miliardo di dollari.
La struttura sarà costruita a Tzafit, nel distretto di Gerusalemme e dovrebbe diventare la maggiore centrale privata del Paese, con una capacità totale di 835 megawatt. Il contratto appena firmato stabilisce che gli impianti saranno costruiti in tre anni e che i francesi li gestiranno e si occuperanno della manutenzione per venti anni. «Questa centrale - ha commentato l'amministratore delegato della Dalia, Eitan Meir - accrescerà in modo considerevole la capacità di produzione di energia d'Israele e rappresenterà un passo avanti sulla strada delle riforme del mercato energetico, che la competizione renderà più dinamico».
Il ministro della difesa israeliano Ehud Barak ha riferito giovedì scorso che Israele sta considerando di chiedere scusa alla Turchia. Il ministro ha parlato a margine del' incontro tenutosi la scorsa settimana con gli ufficiali americani a Washington, allo scopo di sottolineare l'importanza del legame turco-israeliani.
Durante la conferenza stampa con i giornalisti israeliani egli ha precisato che lo Stato israeliano non concorda su diversi punti del rapporto presentato dagli Stati Uniti sulla questione del freedom flottiglia, ma che tuttavia sia importante saper scegliere tra un report criticabile e il ristabilire relazioni diplomatiche con la Turchia . La pubblicazione del documento è stata rimandata per offrire ai due Paesi più tempo per la riconciliazione.
Gli aquiloni dei bambini di Gaza nel Guinness dei primati
Iniziativa nei campi estivi organizzati dall'Onu
Migliaia di bambini palestinesi sono entrati nel Guinness World record facendo volare circa 13mila aquiloni nel cielo di Gaza. L'evento si è svolto in uno dei campi estivi organizzato dall'ente delle Nazioni Unite che si occupa dei profughi insieme con organizzazioni locali, un tentativo dell'Onu di regalare attimi di normalità alla popolazione. Momenti di svago che secondo il rappresentante delle Nazioni Unite Adnan Abu Hasna ridanno anche speranza."E' un messaggio importante a livello nazionale - dice - io guardo negli occhi dei bambini e vedo la loro fiducia, vedo che cominciano a credere in un futuro più luminoso". L'iniziativa però dà fastidio visto che puntualmente alcuni dei campi vengono devastati. E' successo anche quest'anno. La colpa viene data ogni volta a degli imprecisati vandali ma dietro potrebbero esserci gruppi integralisti.
Israele - Fisher: "Non ero preparato alle proteste"
«La protesta contro il costo della vita mi ha colto di sorpresa». Il governatore della Banca d'Israele, Stanley Fischer, ha commentato ieri in conferenza stampa l'ondata di malcontento popolare che da settimane sta colpendo il Paese, coinvolgendo un ampio ventaglio di categorie sociali. Dagli studenti alle famiglie, dai medici ai lavoratori sociali, tutti sono in agitazione da due settimane e mezzo per manifestare contro il carovita, i prezzi delle case e le politiche economiche del governo. Una protesta popolare senza precedenti nella storia israeliana, a cui nemmeno Fischer era preparato.
«I recenti sviluppi sono stati imprevisti per me come, credo, per la maggior parte delle persone. Non ci sono state avvisaglie e l'economia israeliana è in buona forma, sotto tutti i punti di vista, con un tasso di disoccupazione molto basso. Ma, ha aggiunto il governatore, è impossibile non rimanere impressionati da quanto che sta succedendo». Il riferimento è a quella che la stampa locale chiama la "protesta delle tende": cittadini israeliani della classe media, esasperati dall'aumento esponenziale del costo di immobili e affitti, da 18 giorni vivono accampati in tende piantate in giardini e viali pubblici. Inoltre, sabato scorso 150mila persone sono scese in piazza in varie città israeliane scandendo slogan contro il crescente costo della vita. Fischer ha lanciato un appello al Primo ministro, Benjamin Netanyahu, affinché vengano rivisti i capitoli di spesa del budget statale, pur mantenendo una severa disciplina. «Non dobbiamo tirare fuori dal cilindro una soluzione in uno o due giorni - consiglia Fischer -, dobbiamo invece analizzare attentamente le questioni sul tavolo, perché sono complesse. Magari si potrebbero istituire commissioni di studio specifiche. E comunque, una volta messo a punto un piano operativo, sarà importante non limitarsi ad annunciarlo e tradurlo davvero in atto». Per la prima volta, il governatore ha anche replicato a chi punta il dito contro il basso tasso d'interesse esercitato dalla Banca d'Israele, indicandolo come una causa della bolla immobiliare: «Se non avessimo abbassato il tasso d'interesse, non avremmo avuto un problema abitativo, ma avremmo avuto un problema di disoccupazione, come Stati Uniti ed Europa. E senza lavoro, la gente non avrebbe potuto immaginare di comperare una casa».
Il Ghetto Ebraico, l'Isola Tiberina e le ricette della cucina tradizionale ebraico-romana
L'isola Tiberina
ROMA - Venerdì 12 agosto visita guidata al Ghetto Ebraico.
Il Ghetto Ebraico, l'Isola Tiberina e le ricette della cucina tradizionale ebraico-romana.
Una piccola area di Roma che contiene secoli di vita della città e della sua antichissima comunità, un quartiere che conserva il fascino antico e il sapore inconfondibile di una Roma ormai scomparsa.
Ne scopriremo gli importanti resti, e ricorderemo le antichissime ricette della cucina tradizionale ebraico-romana.
Il percorso parte dal cuore del ghetto ebraico per concludersi all'isola Tiberina, sede dell'antico tempio di Esculapio, dio guaritore greco, che ha mantenuto nei secoli la sua vocazione legata alla medicina ospitando tutt'ora un ospedale.
Per ulteriori informazioni e per vedere le foto relative alla visita: www.romaelazioperte.blogspot.com
Docente: Maurizio Ficari e Valeria Scuderi
Orario d'inizio: h 21.00 (Accoglienza e registrazioni da 30' prima).
Appuntamento: presso la basilica di San Bartolomeo all'Isola Tiberina.
Contributo visita: Adulti €8; ragazzi 6-18 anni €2; bambini 0- 5 anni gratuito
Prenota la tua visita al numero 3383435907 o tramite e-mail: romaelazioxte@gmail.com
Il funzionario espulso da Fatah, Muhammad Dahalan, ha lanciato nel weekend un pesante attacco nei confronti del Presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas, accusandolo di dittatura e corruzione finanziaria. Dahalan ha affermato che più di un miliardo di dollari è andato perduto da un Fondo, controllato da Abbas sin da quando venne eletto Presidente nel 2005.
L'attacco di Dahalan giunge dopo il raid delle forze di sicurezza dell'ANP, al centro di comando di Fatah situato a Ramallah. Durante il sopralluogo sono state sequestrate armi, confiscati veicoli ed arrestate alcune persone. Secondo il funzionario Abbas starebbe approfittando della disputa tra Fatah ed Hamas, le due fazioni politiche palestinesi principali, e della presenza israeliana in Cisgiordania, per esercitare il proprio potere in modo dittatoriale, privando il popolo dello stipendio.
Israele - Comuni in sciopero a sostegno degli indignados
GERUSALEMME, 1 ago. - Circa 150.000 dipendenti comunali hanno scioperato oggi in Israele in segno di solidarietà con i giovani che manifestano dalla metà di luglio contro il carovita. Intanto, il Parlamento israeliano ha bocciato oggi la proposta di rinviare la pausa estiva, al via il 7 agosto, per affrontare la crisi, sostenendo che "non è la Knesset che deve risolverla, ma il governo". "Abbiamo indetto un giorno di sciopero. I municipi sono chiusi al pubblico, gli spazzini non hanno raccolto la spazzatura - ha fatto sapere Shlomo Buhbut, Presidente del sindacato degli enti locali - come rappresentanti delle municipalità e degli enti locali, siamo con la popolazione e non possiamo restare a guardare quando tutto il popolo manifesta per chiedere giustizia sociale. Se il governo non fa nulla, non escludiamo la possibilità di altre azioni di sostegno nei prossimi giorni". Oggi è stato anche lanciato un appello su Facebook per uno sciopero di 24 ore dei lavoratori dipendenti. A metà luglio, i dimostranti che denunciano il carovita hanno piantato centinaia di tende lungo Via Rothschild, in una zona ricca di Tel Aviv. Nei giorni successivi, la protesta si è estesa ad altre città israeliane e sabato scorso circa 150.000 persone hanno sfilato per le strade di Tel Aviv e di altre località. Il movimento di protesta è sostenuto da oltre l'80% degli israeliani, stando a un sondaggio.
In Israele non esiste un periodo, come in Italia il mese di agosto, per andare in vacanza. Le persone vanno quando possono e per il tempo che possono. Spesso non si muovono per anni perché i bambini sono piccoli e una volta grandi sono nell'esercito e non si possono lasciare soli. Insomma, la vacanza spesso si prende andando al mare, che del resto è più o meno sotto casa, e tornando a dormire a casa propria la sera. Ogni tanto si può arrivare fino alla Turchia o alla Grecia, paesi che offrono soggiorni tutto compreso a prezzi stracciati.
Se questo è vero per gli adulti, cosa succede con i bambini che finiscono le scuole alla fine di giugno e le riprendono all'inizio di settembre? Cosa fanno i ragazzini mentre i genitori sono costretti a lavorare?
Ebbene: frequentano le Kaitanot. Ce ne sono di tutti i tipi e per il periodo che si desidera.
A seconda delle preferenze del bambino in questione ci sono quelle con l'accento sull'arte nelle quali si visitano musei, si partecipa anche facendo manufatti antichi o costruendo strane macchine; e anche per coloro che preferiscono le scienze c'è molto da fare. Sempre divertendosi. Per gli amanti della natura si vive e si dorme all'aperto studiando gli animali e facendo pitte e olio di oliva. Quindi si potrebbe affermare che i bambini sono occupati piacevolmente mentre i genitori lavorano. Tuttavia, se questo è in gran parte vero, bisogna anche aggiungere che il prezzo di queste Kaitanot è spesso abbastanza alto, tanto da non essere alla portata di tutti. In questo caso i bambini devono accontentarsi di quelle gestite dal Comune che sono più a buon mercato ma anche meno interessanti.
E poi diciamo la verità: andare in vacanza con genitori e fratelli ha un fascino che nessuna Kaitana al mondo avrà mai.
Libia - Sito israeliano: Younis ucciso su ordine del leader Cnt
ROMA, 1 ago. - Il comandante militare dei ribelli libici, generale Abdel Fatah Younis, è stato ucciso dietro ordine del leader del Consiglio nazionale di transizione (Cnt), Mustapha Abdul Jalil. E' quanto scrive oggi il sito israeliano Debka, citando fonti militari e di intelligence. "Jalil è una figura debole che gode di scarso rispetto, persino tra le tribù che sostengono la rivolta - scrive il sito - il suo timore era che, a un certo punto dei negoziati, il nome del generale Younis fosse saltato fuori come il candidato più indicato per rappresentare i ribelli in un governo di post-conflitto a Tripoli. Temeva quindi che Gheddafi potesse nominare il figlio Saif al Islam come suo successore e che i due avrebbero guidato il futuro governo come una squadra". Di questo piano sul nuovo governo libico si discuteva da tempo ai più alti livelli a Washington, Parigi, Mosca e Berlino, sottolinea Debka. Il ministro degli Esteri francese, Alain Juppe, ne ha parlato con le autorità britanniche solo il 26 luglio scorso, quando Londra ha affermato pubblicamente che il leader libico Muammar Gheddafi potrebbe rimanere in Libia, una volta concluso il conflitto. Due giorni dopo, evidenzia il sito, proprio Jalil ha annunciato la morte di Younis, lasciando intendere che il generale era sospettato di fare il doppio gioco. Una manovra volta a coprire il fatto che, già quattro mesi fa, Younis aveva invitato il Cnt ad arrivare a una soluzione politica per le evidenti difficoltà dei ribelli a vincere la guerra sul terreno.
Londra, gruppo integralista promuove campagna e marcia pro-sharia
di Valentino Salvatore
Si è svolta sabato scorso, nel distretto londinese di Waltham Forest, quella che è stata preannunciata come la "prima marcia" a favore dell'instaurazione di un emirato islamico in Gran Bretagna. A promuoverla, il Mac (Muslim Against Crusades), associazione integralista islamica che nelle scorse settimane ha avviato una campagna a favore dell'imposizione della sharia nelle aree abitate da nutrite comunità di fede musulmana. Meno di un centinaio di fedeli ha sfilato con cartelli come "La sharia è la soluzione di tutti i problemi" e altri inneggianti all'islamizzazione del Paese, riportano siti come Demotix.com. Nei paraggi, una contro-manifestazioe dell'ENA (England Nationalist Alliance), gruppo di estrema destra.
La campagna, segnala inoltre il Daily Mail, ha visto la diffusione e l'affissione di volantini con la dicitura "You are entering a sharia controlled zone - Islamic rule enforced" e segnali di divieto per il consumo di alcool, il gioco d'azzardo, i concerti, la pornografia, la prostituzione, le droghe e il fumo. Uno dei promotori, il trentaseienne Abu Izzadeen, dice chiaramente: "E' il primo passo" per far diventare la Gran Bretagna "uno Stato islamico", "dove gli eccessi della civiltà occidentale non saranno tollerati".