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Notizie agosto 2012

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Gli Usa riducono la partecipazione alle esercitazioni militari con Israele

WASHINGTON, 31 ago. - Gli Stati Uniti hanno prima rinviato di sette mesi fa e poi ridotto la partecipazione delle proprie forze all'esercitazione congiunte con Israele, che si svolgeranno a fine ottobre, proprio a ridosso dalle elezioni presidenziali. E' quanto rivela "Time", sottolineando che il taglio di Washington - che prevede la riduzione di due terzi delle truppe americane e del numero e della potenza dei sistemi di missili intercettori che sono il fulcro delle esercitazioni - non e' dovuto solo, come afferma il Pentagono, a problemi di budget, ma ai timori e alle tensioni con Israele riguardo ad un possibile attacco preventivo israeliano contro l'Iran. "In pratica quello che gli americani ci stanno dicendo e' 'non ci fidiamo di voi'", ha dichiarato al settimanale americano un alto ufficiale dell'esercito israeliano. Il ridimensionamento di "Austere Challange" fara' quindi inviare solo 1500 militari, forse anche 1200, invece che 1500 e i sistemi Patriot arriveranno senza le squadre addette al loro funzionamento. Invece di due navi da guerra dotate di sistema di difesa missilistico Aegis nelle acque israeliane ne arrivera' una sola. Per l'analista israeliano Efraim Inbar la logica americana e' trasparente: "non vogliono far pensare che stiano preparando qualcosa insieme agli israeliani contro l'Iran".

(Adnkronos, 31 agosto 2012)

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Allo stadio Olimpico ancora cori antisemiti

La denuncia di Vittorio Pavoncello, consigliere dell'Ucei: "Mi appello alla Figc e alla Uefa, servono pene esemplari"

Ancora cori razzisti dalla curva Nord. "Ieri sera, allo Stadio Olimpico, in occasione della partita Lazio-Mura, valevole per l'accesso ai Gironi di Europa League, i tifosi laziali hanno intonato, per l'ennesima volta, cori anti ebraici" denuncia Vittorio Pavoncello, presidente di Maccabi Italy, componente dello European Jewish Parliament, consigliere Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. "Dire che la misura è colma è un eufemismo - aggiunge Pavoncello, che poi rivolge un appello alla Figc, al presidente Abete e al presidente Uefa, Michel Platini "perchè si scriva, finalmente, la parola fine a questa vergogna".
"I tifosi ebrei laziali, quelli che vanno allo stadio per sostenere la squadra del cuore, quelli che vanno allo stadio coi propri figli, sono stufi di essere insultati, loro amano la Lazio, soffrono per questa situazione - dice Pavoncello - Loro che sono andati allo stadio nonostante non fosse un incontro di grande richiamo, nonostante la qualificazione alla fase a gironi, fosse tranquilla. C'era stato un incontro lo scorso aprile, tra tifosi laziali ebrei e il presidente Lotito, su questo argomento. Ora, alla prima occasione, nuovamente questi cori offensivi. C'è soltanto una strada da seguire: pene esemplari. La Lazio viene considerata, come i suoi tifosi, una squadra razzista e intollerante, in tutta Europa, la parte sana del tifo laziale non merita questa infamia. All'indomani della storica visita della Nazionale italiana di calcio ad Auschwitz, è decisamente un passo indietro".

(la Repubblica, 31 agosto 2012)

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Monaco '72: 40 anni dall'attacco terroristico ai Giochi Olimpici

Giovedì 6 settembre 2012, alle ore 21,00

Festivaletteratura Mantova
Chiostro Museo Diocesano
Incontro con Shaul LADANY


"UN UOMO IN MARCIA"

intervengono:
Andrea SCHIAVON (autore della biografia di Ladany Cinque cerchi e una stella - add editore)
e Matteo CORRADINI
con il contributo dell'Ufficio Culturale dell'Ambasciata di Israele in Italia

Shaul P. Ladany
Shaul P. Ladany, un docente di ingegneria prestato all'atletica, ha fatto parte della squadra israeliana ai Giochi Olimpici di Monaco, sopravvivendo all'attacco di Settembre Nero che il 5 settembre 1972 causò la morte di 11 israeliani, 5 terroristi e 1 poliziotto. All'interno della delegazione Ladany era l'unico reduce da un campo di concentramento, quello di Bergen-Belsen, il lager dove morì Anna Frank.
Nato a Belgrado nel 1936, in una famiglia ebrea di origine ungherese, Ladany ha attraversato marciando il XX secolo, come una sorta di Forrest Gump. Ha vissuto il '68 a New York da studente della Columbia, ha combattuto le Guerre dei sei giorni e di Yom Kippur (pagandosi il biglietto aereo per rientrare in Israele) e ha gareggiato, vincendo, per le vie di Londra. Sulla sua strada ha incrociato la Storia: da Eichmann a Sharon, da Bikila agli All-Blacks, da Nixon alla Thatcher, tutti riuniti dalla marcia di Shaul.
Ladany oggi è professore emerito di ingegneria gestionale alla Ben-Gurion University of Negev (la stessa in cui insegna Amos Oz) con all'attivo 13 libri, oltre un centinaio di pubblicazioni e 8 brevetti registrati. Il Comitato Olimpico Internazionale gli ha conferito la Pierre de Coubertin Medal e il suo nome è stato inserito nell'International Jewish Sports Hall of Fame.

http://www.addeditore.it/ladany.html
Andrea Mosconi
ufficio stampa add
366 58 65960
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add editore
via Buozzi 10
10123 Torino
t. 011 5629997
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La Turchia vuole gli immensi giacimenti di gas di Cipro. Ma Cipro preferisce Israele

Cipro ha scoperto un gigantesco giacimento di gas naturale al largo delle sue coste. La parte dell'isola occupata dai turchi lo rivendica, ma Israele e Stati Uniti sono pronti a difendere i greci.

Highslide JS
Tutto si può dire tranne che Cipro sia un'isola fortunata. Da quando 38 anni fa la Turchia l'ha invasa, il paese è diviso nel Nord occupato dai turchi, la repubblica turca di Cipro del Nord (riconosciuta solo dalla Turchia), e nel Sud di lingua greca, la repubblica di Cipro. Le tensioni al confine non sono mai mancate, ma dalla fine dell'anno scorso si sono acutizzate a causa della scoperta di un ricchissimo giacimento di gas naturale al largo delle coste di Cipro, sponda greca. Una compagnia statunitense, la Noble Energy, conduce i lavori per costruire una piattaforma che permetta di sfruttare il giacimento, aiutata da un'azienda israeliana, in cambio di parte dei profitti derivanti dalla vendita del gas.

ENORME RICCHEZZA - Secondo le stime il giacimento contiene 3,5 milioni di miliardi di metri cubi di gas, tanto che potrebbe soddisfare il fabbisogno mondiale di gas per un anno intero, ma soprattutto potrebbe risollevare Cipro, che è la quinta economia più in difficoltà di tutta l'Unione Europea. Inutile dire che, trovandosi il giacimento nell'area economica di giurisdizione della repubblica di Cipro, i leader greci non hanno alcuna intenzione di dividere i proventi con l'altra metà dell'isola. Motivo per cui la Turchia ha più volte dato in escandescenze, inviato aerei a sorvolare l'area e minacciato di far intervenire anche la marina. Secondo Richard Morningstar, ex inviato speciale degli Stati Uniti per l'energia euroasiatica, «questo è un problema che va oltre Cipro, oltre Israele, oltre la Grecia, ma che riguarda tutta la regione». Il ministro dell'energia cipriota Sylikiotis ha affermato di recente: «Non voglio neanche sentir parlare di condivisione». Per non restare con le mani in mano, la parte turca ha cominciato a esplorare il mare di sua giurisdizione, finora senza successo. Secondo alcuni analisti citati dal New York Times, ci vorranno ancora una decina d'anni prima che Cipro possa vendere il gas naturale, un tempo sufficiente, dicono, perché si trovi un eventuale accordo tra le due parti dell'isola, magari in favore della riconciliazione.

ISRAELE - Il coltello dalla parte del manico, però, c'è l'ha la repubblica di Cipro. Gli Stati Uniti appoggiano tacitamente la parte greca, che gode anche del favore di Israele. Tel Aviv, infatti, da una parte non è più in buoni rapporti con la Turchia da anni, soprattutto dopo il caso di 2 anni fa della Mavi Marmara (nave su cui morirono nove turchi, uccisi dagli israeliani, mentre cercava di raggiungere Gaza), dall'altra sta cercando il modo di sganciarsi dalla dipendenza dal gasdotto egiziano, che rifornisce Israele. I rapporti tra Fratelli Musulmani, al governo in Egitto, e Israele non sono affatto idilliaci e la recente visita del presidente egiziano Morsi in Iran, insieme ai continui attacchi al gasdotto da parte di estremisti che interrompono la fornitura a Israele, non sono segnali incoraggianti. Un motivo in più per appoggiare Cipro e cercare un buon accordo che assicuri forniture di gas da un paese non ostile.

GUERRA - Israele perciò ha tutto l'interesse a difendere Cipro, anche inviando un contingente militare sull'isola. Ipotesi smentita da entrambe le parti ma che se la Turchia si rendesse ancora più aggressiva, potrebbe verificarsi.

(Tempi, 31 agosto 2012)

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Apartheid in Israele ? Chiedetelo al Tenente Colonnello Al-Huzel

   
Il tenente colonnello Al-Huzeil
Il 6 agosto scorso terroristi della jihad islamica globale hanno aperto il fuoco contro militari egiziani presso Rafah (ai confini con la striscia di Gaza e con Israele), hanno preso il controllo di un posto di sorveglianza dell'esercito egiziano, hanno fatto strage dei soldati egiziani presenti e si sono impadroniti di due mezzi militari coi quali si sono scagliati contro il territorio israeliano. Uno dei due veicoli è esploso alla frontiera fra Egitto e Israele, l'altro è stato neutralizzato dal rapido intervento delle forze aeree israeliane.
   Se l'attentato progettato dai terroristi attraverso il Sinai è stato sventato lo si deve alla vigilanza dei soldati israeliani, in particolare quelli del battaglione al comando dal tenente colonnello Al-Huzeil.
   Nero e musulmano, il tenente colonnello Al-Huzeil, comandante del battaglione di ricognitori beduini del deserto delle Forze di Difesa israeliane, ha ricevuto una nuova decorazione militare, questo mese, per aver guidato i soldati che hanno sventato l'attentato terroristico del 6 agosto alla frontiera israelo-egiziana. Nel 2008 era già stato decorato per aver sventato un attentato terroristico al valico di frontiera di Kerem Shalom, fra Israele e striscia di Gaza.
   Che vi siano arabi israeliani che servono nelle Forze di Difesa del paese non è certo una novità. Questo battaglione in particolare venne creato nel 1987 con lo scopo di rispondere alle esigenze specifiche dei soldati beduini e incoraggiare in questo modo il loro reclutamento nelle Forze di Difesa. La maggior parte dei comandanti del battaglione sono beduini e spesso sono i primi delle rispettive famiglie a prestare servizio nelle forze del paese.
   I cittadini israeliani della comunità arabo-beduina, infatti, non sono obbligati a prestare servizio di leva, per cui tutti i soldati del battaglione sono volontari. Ogni giorno rischiano la vita nei pressi della striscia di Gaza e del confine con l'Egitto, effettuando servizi di pattugliamento in zone relativamente vicine alle case dove vivono le loro famiglie. Si tratta di soldati che hanno preso parte attiva in tutti i principali conflitti che hanno visto come teatro la striscia di Gaza.
   Per la difesa israeliana, essi sono depositari di competenze uniche ed essenziali per la sicurezza del paese. Proprio la scorsa settimana, dei riservisti beduini hanno lasciato per alcuni giorni famiglie, amici e lavoro per tornare ad esercitarsi sul terreno nei pressi della striscia di Gaza. Questi periodi di ritorno in servizio, comuni a tutti gli israeliani che hanno completato il servizio militare, permette di mantenere tutte le unità aggiornate, addestrate e affiatate.
   Per i soldati del battaglione di ricognitori beduini del deserto è anche l'occasione per condividere la loro esperienza con le nuove generazioni di soldati schierati nella zona. "Ogni soldato del battaglione ha già avuto a che fare con gli esplosivi e si è trovato sotto il fuoco nemico o ha dovuto affrontare i terroristi durante il suo servizio di leva - spiega uno dei riservisti del battaglione - Noi vogliamo condividere la nostra esperienza con altri soldati operativi in quest'area, in particolare attorno alla striscia di Gaza dove lo stato d'allarme è praticamente costante".

(Osservatorio Sicilia, 31 agosto 2012)

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Un razzo da Gaza centra una casa in Israele

GERUSALEMME - Un razzo sparato da Gaza ha centrato una casa nel sud di Israele all'alba di oggi. Non vi sono vittime ma, ha riferito la polizia israeliana, "una persona e' stata trasferita in ospedale in stato di shock". Un altro razzo e' finito nella regione di Ashkelon senza causare danni. La scorsa settimana c'era stata una serie di lanci di razzi sparati da gruppi salafiti.

(AGI, 31 agosto 2012)


I razzi sparati da Gaza su Israele ormai sono come la grandine. Per la grandine si riferisce che è caduta e si fa sapere se ha fatto danni. Altro non c’è da dire. Per la grandine infatti non si cercano responsabili, non si parla di motivazioni, né di colpe. Un increscioso disagio della natura: questo sono i razzi sparati da Gaza. L’elemento morale emerge solo nella ritorsione. Al contrario dei razzi di partenza, i missili di ritorno non sono come la grandine: per loro c’è un autore e un responsabile. Qui è giusto parlare di colpa e indicare il colpevole: Israele. E l’indignazione morale, espressa o sottintesa, è adeguata e doverosa. M.C.

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Energia solare: la mosca bianca del kibbutz di Kvutzat Yavneh

Storia di un paradosso. In un Paese che ha sviluppato tecnologie tra le più avanzate al mondo per lo sfruttamento dell'energia solare e che gode di una fornitura pressoché infinita di sole la politica non sostiene la diffusione della tecnologia solare...

Il kibbutz di Kvutzat Yavneh
Verrebbe da dire "tutto il mondo è paese" perché le difficoltà di diffusione su larga scala di impianti fotovoltaici domestici anche in Israele patisce ritardi e un a burocrazia farraginosa. La notizia viene da Associated Press che sottolinea come l'energia solare fornisca solo una piccola percentuale del fabbisogno energetico del Paese mediorientale, segnando il passo anche rispetto alla ben più fredda e meno assolata Europa. Le aziende che fanno ricerca e produzione nel settore sarebbero infatti frustrate da una burocrazia governativa, costrette a guardare con invidia alle esperienze straniere. Da cinquant'anni a questa parte, quando Israele era all'avanguardia per l'installazione di semplici scaldabagni solari sui tetti delle case poco si sarebbe mosso.
   Ecco allora che spicca per innovazione la piccola comunità (320 abitanti) del kibbutz di Kvutzat Yavneh, con la sua tradizionale fattoria collettiva e 16 impianti fotovoltaici scintillanti immersi tra vigneti e alberi di melograno nella zona meridionale del Paese. I pannelli solari forniscono alla comunità quasi tutta l'acqua calda necessaria e l'elettricità che generano viene venduta al fornitore di energia principale di Israele (Israele Electric Corp). Il campo solare, costruito dalla israeliana ZenithSolar Ltd. nel 2009 e unico impianto di questa portata realizzato dalla compagnia, ha una capacità massima di circa un quarto di megawatt di energia (termica ed elettrica) e Roy Segev, co-fondatore di ZenithSolar, sottolinea le difficoltà di sviluppo del settore locale, lamentando l'abbandono della politica e scarsi investimenti pubblici, manifestando l'invidia per l'industria tedesca e italiana nonostante la minor quantità di irraggiamento solare disponibile.
   Israele ha una capacità solare effettiva - la quantità di energia che può generare continuamente in condizioni ideali - di 212 megawatt, la maggior parte dei quali proveniente da impianti istallati sui tetti delle abitazioni, secondo la società elettrica. Ma questo rappresenta meno del 2% della capacità nazionale e si situa molto al di sotto dell'obbiettivo israeliano dichiarato di ricavare 1.480 MW da fonte solare entro il 2014 e di generare il 10% del proprio fabbisogno di energia elettrica da fonti rinnovabili entro il 2020.

(valori.it, 31 agosto 2012)

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Israele Opera Festival, appuntamento con Turandot

Dopo tre anni di tutto esaurito, l'Israele Opera Festival è arrivata alla sua quarta edizione. L'ultima - caratterizzata da una spettacolare produzione della Carmen, diretta dal maestro Daniel Oren ai piedi della fortezza di Masada - ha visto la partecipazione di oltre 50 mila persone tra israeliani e turisti. Per giugno 2013 è prevista la Turandot di Giacomo Puccini, con centinaia di attori che canteranno su uno speciale palco eretto nel deserto, in prossimità del mar Morto. Come sfondo la maestosa fortezza di Masada. Il maestro israeliano Daniel Oren dirigerà l'Israel Symphony Orchestra Rishon LeZion e il coro dell'Opera di Israele. L'Opera è prevista per il 6, 8, 9 e il 10 giugno 2013, con la cantata in italiano e sottotitoli in inglese e in ebraico. Prevista anche un'integrale rappresentazione dei Carmina Burana di Carl Orff, il 7 giugno. Il sito www.israel-opera.co.il è ora disponibile in sei lingue: inglese, russo, tedesco, italiano, francese ed ebraico. I pacchetti che comprendono albergo, biglietti per l'opera e i trasferimenti sono disponibili per i turisti su www.turandot-at-masada.com

(Travel, 31 agosto 2012)

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Trani - Ulpan - Corso intensivo di lingua ebraica moderna

Alla Sinagoga Scolanova di Trani

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Nell'ambito della manifestazione 'Lech Lechà - Settimana di Arte, Cultura e Letteratura Ebraica', che dal 2 al 8 settembre si svolgerà in 10 città della Puglia con un ricco programma in dieci moduli articolati fra conferenze, musica, lingua e gastronomia ebraica, presentazioni di libri e molto altro ancora, si terrà Ulpàn - Corso intensivo di lingua ebraica moderna.
   Il corso - che ha già riportato numerosissime prenotazioni da tutta Italia - durerà dal 3 al 7 settembre (dalle 9,00 alle 13,00) ed è a cura del prof. Eitan Lerer e in collaborazione con l'Università degli Studi del Salento, Lecce. Il corso ha un costo di 20 euro a copertura delle spese del materiale didattico da utilizzarsi durante le lezioni. E' necessario disporre di proprio materiale di supporto didattico (quaderni, penne, ecc.). Chiunque voglia partecipare deve prenotarsi al n. di cell. 331.3989353 oppure presentarsi presso la Sinagoga Scolanova di Trani lunedì 3 settembre alle ore 9,00.
   L'ebraico è una lingua semitica, si scrive da destra verso sinistra e appartiene alla stessa famiglia della lingua araba, aramaica, amarica, tigrina; l'ebraico moderno è la prima lingua ufficiale dello Stato di Israele e, nella Diaspora, è prevalentemente la seconda lingua del popolo ebraico. Per lingia ebraica (in ebraico ivrit) si intendono quella biblica (o classica) e quella moderna. Il suo alfabeto comprende 22 lettere di valore consonantico e, come quello arabo, non trascrive le vocali; esse sono aggiunte sotto forma di piccoli segni posti sopra o sotto le consonanti.
   Nel capitolo 10 della Genesi è citato un antenato di Abramo di nome Ever. Nella Bibbia ricorre più volte la parola ivrì (ebreo) mentre il nome della lingua impiegata per la sua redazione è leshòn kòdesh (lingua sacra). Durante il periodo del Secondo Tempio la maggior parte degli ebrei abbandonò l'uso quotidiano dell'ebraico come lingua parlata a favore dell'aramaico.
   Gli ebrei della Diaspora continuarono ad adoperare l'ebraico solo per la tefillà (preghiera) e lo studio della Torà, mentre nella quotidianità si esprimevano in lingue locali o in altri idiomi come yiddish, giudeo-spagnolo (o ladino), giudeo-romanesco o giudeo-veneziano; l'ebraico continuò a fungere da lingua scritta soprattutto per scopi religiosi, filosofici, scientifici, medici e letterari.
   Il secolo XIX segnò l'inizio dei movimenti risorgimentali e delle aspirazioni nazionalistiche; il sionismo trasformò l'ebraico in lingua parlata della comunità ebraica in terra di Israele (lo yishuv) e per gli ebrei che immigravano nella Palestina ottomana. Eliezer Ben Yehuda, ebreo lituano emigrato in Palestina nel 1881, fu tra i più entusiasti promotori dell'uso volgare dell'ebraico; lui stesso creò nuove parole per i concetti legati alla vita moderna. Sotto il Mandato britannico, l?ebraico divenne terza lingua ufficiale dopo l'arabo e l'inglese; nel 1948 l'ebraico divenne la lingua principale dello Stato d'Israele.
   Il corso intensivo di studio della lingua ebraica moderna si terrà presso la Sinagoga Scolanova di Trani da lunedì 3 a venerdì 7 settembre, dalle 9,00 alle 13,00 e sarà tenuto dal prof. Eitan Lerer. Data l'intensità del corso (4 ore giornaliere) nei cinque giorni a disposizione, l'insegnamento sarà prevalentemente basato su elementi didattici. Sarà altresì dato spazio a elementi di lingua ebraica contemporanea nella cultura israeliana; a tal scopo saranno utilizzati testi di canzoni o letterari, poetici, comici.

(Puglialive, 30 agosto 2012)

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Dimenticanze

di Daniel Funaro

Questa è stata la settimana della sentenza su Rachel Corrie, l'attivista americana morta a Rafah e diventata eroina della propaganda anti israeliana. Peccato però che in ciò che ha fatto non ci fosse nulla di eroico. La Corrie nel 2003 è stata travolta da un bulldozer israeliano durante un'operazione militare. Il tribunale israeliano ha stabilito che nessuna responsabilità per la sua morte può essere attribuita all'esercito, in quanto il manovratore non poteva vederla e lei si trovava al posto sbagliato, nel momento sbagliato. Nulla di strano, sappiamo tutti che non è saggio opporsi con il proprio corpo a un'operazione militare che aveva, tra l'altro, come obiettivo quello di distruggere i tunnel che riforniscono di armi e missili i terroristi palestinesi. Così, ancora una volta, siamo costretti ad ascoltare l'ipocrita indignazione di chi accusa di ogni malefatta Israele, ma si dimentica di tutto ciò che accade intorno. Si dimentica delle donne siriane per esempio, senza un nome e senza il risalto dei media; trucidate mentre cercano di difendere i propri figli dalla brutalità del regime di Assad, la cui unica colpa sembra essere quella di combattere la battaglia sbagliata, quella per la loro libertà, che però sembra non interessare a nessuno.

(Notiziario Ucei, 30 agosto 2012)

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Rimesso in moto lo storico mulino a vento di Gerusalemme

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GERUSALEMME - Per la prima volta dopo 136 anni le ali del mulino a vento di Gerusalemme sono tornate a girare. All'inaugurazione dell'edificio restaurato, avvenuta lo scorso martedì, il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha onorato il contributo dei cristiani sionisti.
   Il restauro del mulino a vento è stato reso possibile da una donazione dei "Cristiani per Israele" olandesi. Netanyahu si è rivolto a loro. parlando a questo punto in inglese: "Non credo che lo Stato ebraico e il sionismo moderno sarebbero stati possibili senza il sionismo cristiano", ha detto il Primo Ministro, secondo una dichiarazione del suo ufficio. "Penso che molti sostenitori cristiani della rinascita dello Stato ebraico e della riunificazione del popolo ebraico nel 19o secolo hanno reso possibile l'ascesa del sionismo, del moderno sionismo ebraico".
   Poi Netanyahu ha aggiunto: "Abbiamo sempre avuto il desiderio fermamente radicato di ritornare nel nostro paese e di ricostruirlo." Per secoli il popolo ebraico ha pregato per questo. Che il sogno si sia avverato è una cosa di cui Netanyahu ha ringraziato tra l'altro "i molti amici cristiani che abbiamo avuto, tra cui gli olandesi". Questa prima componente della nascita del sionismo "è oggi ben rappresentata dai nostri amici olandesi che hanno sostenuto Israele con il cuore e con tutto quanto è stato possibile. E noi conosciamo bene la profondità di questo sostegno." Gli israeliani apprezzano i loro amici e non li dimenticheranno mai.
   Il Primo Ministro israeliano ha poi continuato il suo discorso in ebraico e ha parlato dei filantropi ebrei come di una seconda componente. Questi "sono arrivati in momenti critici, quando prima dello Stato la comunità era debole e il suo destino era appeso a un filo". Si sono segnalati in modo particolare il barone Rothschild e Moses Montefiore, che fece costruire il mulino al di fuori delle mura della città, al fine di creare posti di lavoro. Ha dato "un contributo di grande importanza nel convincere gli ebrei a uscire fuori delle mura. Ha contribuito alla loro base economica in un momento molto difficile, mentre il barone Rothschild sosteneva le prime comunità." Inoltre, ha aiutato gli ebrei ad acquisire conoscenze nella gestione aziendale e nello sviluppo dell'economia.
   La terza componente, secondo le parole di Netanyahu, è costituita dagli ebrei che sono venuti nella terra di Israele per costruirvi case, insediarvisi e svilupparla.
   La posizione del mulino per il capo del governo è collegata con ricordi d'infanzia: "Su questo campo ho giocato al calcio, e di tanto in tanto ci sono ritornato" ha detto. Non era facile, perché Gerusalemme era ancora divisa da un muro. C'era una quantità di misure di sicurezza da osservare. "Da ragazzo e da adolescente, mi ricordo di queste restrizioni. Ma è stato il palcoscenico della mia giovinezza, e si dice che un uomo si definisce sullo scenario della sua gioventù. Siamo cresciuti con il mulino a vento: questo mulino a vento, che per noi è sempre stato un simbolo." Rappresenta lo spirito di Gerusalemme.
   Dopo la sua costruzione nel 1857, le ali del mulino hanno girato ancora, con interruzioni, per vent'anni.
   Netanyahu infine ha tagliato il nastro, e dopo 136 anni il mulino si è rimesso in movimento. E in quel momento molte colombe bianche sono volate in cielo.
    La costruzione è stata riportata al suo modello originale, e fra qualche mese il mulino potrà di nuovo macinare il grano, scrive il quotidiano "Ma'ariv". Oggi due motori elettrici fanno girare le ali quando manca il vento. Il mulino resterà in funzione cinque giorni la settimana.

(israelnetz, 30 agosto 2012 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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Morte di Agostino Piazzesi. Pacifici: «La comunità ebraica onora la sua memoria»

Il presidente della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, ha espresso il suo cordoglio per la scomparsa di Agostino Piazzesi, l'ultimo dei pescatori che salvarono 30 ebrei dai nazisti trasportandoli da Isola Maggiore e Sant'Arcangelo nel giugno del '44. Pacifici ha fatto pervenire al deputato umbro Walter Verini la lettera seguente, con la preghiera di inviarla «ai familiari, all'Amministrazione, alle autorità locali».
    Caro Walter,
    ad esequie avvenute, veniamo a sapere della scomparsa di Agostino Piazzesi. Un uomo coraggioso che, come altri casi, salvò l'onore dell'Italia, mettendo in sicurezza nel giugno del 44 trenta ebrei catturati dalle truppe nazifasciste ad Isola Maggiore sul Lago di Trasimeno, trasportandoli con la sua barca di pescatore, verso la terra ferma, per poi consegnarli al Parroco di Passignano, Don Ottavio Posta, che provvide alla loro incolumità e definitiva salvezza.
    Agostino Piazzesi per questa sua azione eroica, rischiò la vita, per questo venne insignito Cavaliere della Repubblica alcuni anni fa.
    Uomini come lui, rimarranno impressi nei nostri cuori di generazione in generazione. La Memoria secondo la tradizione ebraica, è un precetto. La memoria dei Giusti è un dovere civico.
    Queste sono le storie che dobbiamo valorizzare e raccontare ai nostri figli, spiegando che accanto alla brutalità dell'uomo in quegli anni bui e terribili, ci furono coloro che seppero disobbedire. Che non si adeguarono all'opinione prevalente. Sopratutto non furono indifferenti, aprendo le luci della speranza a chi fuggiva e si nascondeva.
    Vorrei per questo chiederti di estendere questo messaggio ai familiari, alle autorità locali, al sindaco di Passignano (sua città natale) pronti - nei tempi e nei modi da concordare - a costruire un evento alla presenza di tanti giovani che possa, a nome della nostra Comunità, onorare la sua memoria.
(Umbria24, 30 agosto 2012)

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Heil Hitler

In India un negozio ha il nome del criminale nazista

di Michael Sfaradi

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Non passa giorno che ne succeda una nuova, o meglio una vecchia che cambia forma e colore ma che ha sempre lo stesso comune denominatore: L'antisemitismo e la banalizzazione dell'olocausto. Solo pochi giorni fa mi sono occupato dell'imbarazzante pubblicità di una ditta distributrice di gas in Estonia che ora mi ritrovo a dover parlare di un negozio di abbigliamento in India. L'antisemitismo, come dicevo, e l'amore postumo per il vecchio Führer sembrano un richiamo commerciale che solo in pochi, soprattutto in tempo di crisi, riescono ad evitare. Penso che se Adolf, minuscolo di proposito, avesse immaginato il successo dei sui brand a livello mondiale, li avrebbe sicuramente registrati facendo così incassare alla sua amata Germania sostanziose royalties.
   Insomma, Hitler e i suoi simboli rimbalzano, come una palla matta, da un angolo all'altro di mondo pubblicizzando ogni tipo di merceologia. Oggi ci troviamo in India, per la precisione nella cittadina di Achmedabad, nella provincia del Gujarat dove due manager rampanti hanno aperto un negozio di abbigliamento da uomo chiamandolo Hitler, con tanto di svastica nel puntino sopra la 'i'. Rajesh Shah, uno dei due proprietari del negozio ha dichiarato al Times of India che aveva solo sentito che Hitler era un uomo duro. Questa scusa è davvero difficile da mandare giù, anche perché i filmati della Shoà hanno girato, in questi ultimi anni, in tutti gli angoli di mondo. Comunque il sig. Shah, seguendo il classico copione che vediamo sempre in questi casi, ha confermato che non era sua intenzione provocare nessuno, ma che voleva solo omaggiare l'amato nonno che, per il carattere severo che aveva, era soprannominato con il nome del dittatore nazista.
   Fermo restando i traumi infantili che nonno Hitler deve aver lasciato sui suoi nipoti, il negoziante non ha perso il senso degli affari ed è disposto a cambiare l'insegna e i biglietti da visita del suo negozio previo indennizzo di 572 euro. La notizia può sembrare davvero di poco conto, e lo sarebbe pure se si trattasse di un caso isolato. Invece, quasi quotidianamente, ci ritroviamo davanti ad atti di antisemitismo e di richiamo alle peggiori dittature, quasi che l'umanità, dopo decenni di pace relativa, si sia stancata e voglia un'altra bella guerra mondiale che distrugga un po' tutto e sfoltisca questa umanità che ha raggiunto un numero di individui troppo grande per essere sopportato. Da dove cominciare allora? Semplice, dagli ebrei. Quelli che misero Gesù in croce, che furono gli untori durante il medioevo e che oggi come allora e come sempre tengono in mano il destino del mondo per mezzo dell'economia. Tutto è buono pur di ricominciare, e non serve tanta fantasia, basta riesumare qualcuno degli stereotipi tipici che c'è sempre il cretino di turno pronto a prendere la falce, o il martello, e dare il via ad un nuovo pogrom. Il gas estone e il negozio indiano sono solo gli ultimi esempi, gli ultimi tentativi di accendere il fuoco di nuove persecuzioni. Non posso sapere quale sarà il prossimo esempio, ma vi prometto che vi terrò informati.

(l'ideale, 29 agosto 2012)

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Bulgaria, i parenti delle vittime israeliane visitano il luogo dell'attentato a Burga

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BURGA, 29 ago. - I parenti dei turisti israeliani morti nell'attentato del 18 luglio all'aeroporto di Burga, in Bulgaria, hanno visitato oggi il luogo dell'attacco, lasciando fiori e accendendo candele in memoria dei loro cari. Le famiglie dei cinque, deceduti mentre si trovavano a bordo di un pullman, hanno attraversato il parcheggio in cui sostava il bus. A morire in quell'occasione, oltre agli israeliani e all'attentatore suicida, fu anche l'autista bulgaro.
Ieri i parenti delle vittime avevano partecipato a una cerimonia nella maggiore sinagoga della Bulgaria, dove sono stati raggiunti dal presidente bulgaro Rosen Plevneliev e dal vice premier israeliano Moshe Yaalon. "Daremo la caccia agli esecutori dell'attacco con tutta la forza che abbiamo e non ci arrenderemo finché non li avremo presi tutti", ha detto Yaalon nel discorso in sinagoga. Israele ha attribuito l'attentato al gruppo militante Hezbollah, ma le autorità bulgare non hanno voluto per ora appoggiare questa ipotesi.

(LaPresse, 29 agosto 2012)

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Monaco '72, i dossier israeliani

GERUSALEMME - L'Archivio di stato israeliano ha reso oggi pubblici 45 documenti sulla Strage alle Olimpiadi di Monaco del 1972 che costò la vita ad 11 atleti israeliani. In uno di questi il capo all'epoca del Mossad Zvi Zamir accusa la polizia tedesca di «non aver fatto neppure il minimo sforzo per salvare le vite umane».
   Le carte - che raccontano lo sviluppo progressivo degli avvenimenti e le reazioni all'interno del governo israeliano anche nei confronti dell'esecutivo tedesco - sono stati rese note proprio per ricordare la ricorrenza dei 40 anni del massacro compiuto la notte tra il 5 e il 6 settembre 1972 da un commando palestinese di "Settembre Nero".
   Prima delle recenti Olimpiadi di Londra sono stati in molti - compreso il presidente americano Barack Obama e i familiari delle vittime - a chiedere al presidente del Comitato Olimpico Internazionale Jacques Rogge - che partecipò come velista ai Giochi di Monaco - un minuto di silenzio durante la cerimonia di apertura. Richiesta che Rogge non ha voluto esaudire.
   La strage costò la vita a 11 atleti israeliani: i documenti, finora segretati, raccontano il susseguirsi degli avvenimenti e le reazioni all'interno del governo israeliano anche nei confronti dell'esecutivo tedesco. Zamir, intervistato dalla Radio Militare, commentando la pubblicazione dei dossier ha oggi aggiunto: «Ogni qual volta mi si parla della nuova Germania non posso cancellare dalla memoria le immagini degli atleti israeliani, legati con funi, trascinati fra palestinesi armati, in un villaggio olimpico dove c'erano decine di migliaia di persone... Di nuovo ebrei prigionieri, trascinati verso la loro morte, in terra tedesca. Questo, non lo dimenticherò mai».
   Dai documenti emerge, a fronte dell'evolversi della situazione, lo stato di prostrazione e disperazione che colpì il governo israeliano nel tentativo di liberare gli ostaggi dal campo di aviazione militare di Furstenfledbruck, vicino a Monaco: la stessa Golda Meir - che si rivolse direttamente più volte ai vertici tedeschi - se ne rese conto. Di fronte all'alternarsi di speranza e delusione ammise: «Se c'è stata una manifestazione tangibile della schizofrenia, fu quella notte».
I 45 files, scritti a macchina, descrivono come il governo israeliano seguì la missione di salvataggio poi fallita, come Zvi Zamir monitorò da vicino la stessa missione e come fu testimone del massacro. Ma anche i sentimenti misti in Israele nei confronti della autorità tedesche e la grande rabbia nei confronti del Comitato Olimpico che decise di continuare i Giochi.
   L'ultimo documento è dell'8 novembre 1972: il ministero degli esteri racconta un incontro «teso» tra Golda Meir e l'ambasciatore tedesco in Israele. La Germania aveva infatti deciso di liberare tre dei terroristi sopravvissuti alla strage di Monaco dopo il dirottamento di un aereo della Lufthansa nell'ottobre di quell'anno.

(Il Secolo XIX, 29 agosto 2012)

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L'umorismo ebraico a Vicenza

di Paola Farina

  
Meshuge Klezmer band
Il tema dell'edizione della Giornata Europea della Cultura Ebraica 2012, un fenomeno culturale più che un aspetto profondo tradizione ebraica, che si è sviluppato e rafforzato nel corso dei secoli nel magico mondo ebraico.
Il programma comprende una visita guidata al reparto ebraico del cimitero acattolico, sito in via fratelli Bandiera e poi, nel pomeriggio alle 16:30 un concerto di musica klezmer della Meshuge Klezmer band, con intrattenimento e proiezioni video: un vero crogiolo di sentimenti, cultura ed ironia ebraica con Hamos Guetta.
Il senso della Giornata non deve essere inteso come una rappresentazione di barzellette, ma va focalizzato il modus vivendi ebraico di affrontare e cercare di risolvere lo stato di conflitto, mostrando le contraddizioni logiche e la forza secolare di chi ironizzando sulle proprie debolezze e sulla stessa forza di resistere nonostante tutto, ha sempre trovato la forza di minimizzare le difficoltà, esprimendo nello stesso tempo la propria fiducia "alla vita". Ne è derivato un vero stile di esistenza, che si è riprodotto con un sorriso in tutte le Comunità, in tutti i paesi, trasformando le persecuzioni in prove che il coraggio dà la forza di superare.
   L'ironia da una parte rappresenta un desiderio di tenerezza, di rimanere nel mondo intoccabile dei "ragazzi" e delle "ragazze" in gamba, dall'altra rafforza il "saper ridere", anche di sé e "da grande" e della propria condizione, è una particolarità che si è sviluppata nel mondo ebraico nel corso dei secoli, percorrendo infiniti percorsi geografici che hanno fatto assumere all'umorismo ebraico valenze differenti, di luogo in luogo.
   L'umorismo è stato in certe circostanze una specie di membrana che soprapponendosi come una seconda pelle e come una seconda pelle è diventato una metafora che ha aiutato gli ebrei, talvolta privati di fondamentali diritti, quando non vittime di persecuzioni, a "sopravvivere psicologicamente", a rimanere mentalmente integri di fronte a mille difficoltà e peripezie.
Si dice che la vita è tutta una commedia, non a caso una delle frasi celebri di Woody Allen è "I muri del mio appartamento sono talmente sottili che quando taglio le cipolle piangono i vicini. Questo è un tipico esempio di umorismo veloce, un atto di cui possiamo essere tutti protagonisti e tutti spettatori.
   L'umorismo ebraico si basa sulla brevità intelligente e sulla velocità di composizione, sono flashes di vita, momenti creativi, battute a doppio senso, aforismi che spesso si basano sulle difficoltà dell'individuo umano…quale miglior tempo di quello attuale per parlarne e concludo proprio con una battuta ancora di Woody Allen, scritta molti anni fa, ma riconducibile all'attuale momento economico che ci sta bacchettando "Forse è vero che il denaro non ci dà la felicità, ma almeno smetti di fartene un problema.

(Inviato dall'autrice, 29 agosto 2012)

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Antisemitismo a Berlino: aggredito un rabbino con la figlia

BERLINO, 29 ago. - Un rabbino e' stato aggredito in strada a Berlino mentre tornava a casa con la figlia di sei anni. Il grave episodio di intolleranza e' avvenuto martedi' pomeriggio nella Beckerstrasse, una strada della periferia della capitale tedesca. Un giovane, che la polizia ha descritto "di origine presumibilmente araba", ha sbarrato la strada al 53enne rabbino, chiedendogli se fosse ebreo. Nel frattempo sono sopraggiunti da dietro altri tre giovani, "probabilmente connazionali del primo", che hanno sbarrato ogni possibile via di fuga al rabbino e alla bambina. Il primo aggressore ha poi cominciato a colpire l'uomo al viso, insultando la religione ebraica e la madre del rabbino e minacciando di uccidere la figlia. I quattro aggressori si sono poi dileguati e ora sono ricercati dalla polizia. Il rabbino e' stato medicato al volto per le ferite in un pronto soccorso. Il borgomastro berlinese Klaus Wowereit ha condannato "con la massima durezza" l'aggressione di carattere antisemita. Il portavoce del Forum ebraico per la democrazia e contro l'antisemitismo ha sottolineato che la vittima dell'aggressione insegna religione in una scuola ebraica ed e' "il primo rabbino ordinato in Germania dopo l'Olocausto".

(AGI, 29 agosto 2012)

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Israele è "un mostro" e "tutti noi vogliamo calpestare la sua testa"

Arabi israeliani alla TV dell'Autorità Palestinese


- Hussein Abu Hussein, avvocato arabo israeliano:
 "La Germania nazista era uno stato basato sul diritto per un certo tempo e ha trovato rifugio nella legge: Lo Stato di Israele [tuttavia] fu fondato fin dall'inizio sulla rapina e il furto della patria di una nazione. In realtà, la definizione corretta e vera definizione legale di quello che è successo ai palestinesi è furto di patria ... noi soffriamo di una grande ingiustizia dal mostro gigante. Questo mostro ci attacca tutti i giorni e morde nella nostra carne nel Negev, in Galilea, nel Triangolo, a Gerusalemme, e nei territori occupati, la Cisgiordania e Gaza. Ogni giorno morde nel nostro corpo."

- Mohammad Bakri, attore arabo israeliano:
  "Io voglio calpestare la testa di questo mostro."

- Hussein Abu Hussein:
  "Tutti vogliamo calpestare la sua testa, ma parlare non basta. Ognuno ha il proprio ruolo.»

(Palestinian Media Watch, 29 agosto 2012 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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Fratelli Musulmani: impossibile la visita di Mursi in Israele

IL CAIRO, 29 ago. - "Non c'e' alcuna possibilita'" che il presidente egiziano, Mohammed Mursi, visiti Israele. Lo ha affermato l'esponente dei Fratelli Musulmani egiziani, Gamal Heshmat, che con un articolo sul magazine online 'al-Wafd' ha replicato all'offerta del ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman, che ieri ha auspicato una visita di Mursi nello Stato ebraico. "Sarebbe inimmagginabile accettare l'invito di Israele", ha sottolineato Heshmat, precisando che anche l'ex presidente egiziano Hosni Mubarak, malgrado ritenesse Israele un "asset strategico", e' stato nello Stato ebraico una sola volta, in occasione dei funerali di Yitzhak Rabin. "Se Mubarak non ha mai visitato (Israele, ndr), come potrebbe farlo Mursi?", ha concluso l'esponente dei Fratelli Musulmani. Ieri Lieberman ha invitato il presidente egiziano a visitare Gerusalemme per incontrare le autorita' dello Stato ebraico. "Certamente auspichiamo di vedere presto Mursi ospite dei governanti israeliani", ha affermato Lieberman. "Vogliamo vederlo rilasciare interviste ai media israeliani, vogliamo vederlo a Gerusalemme ospite del presidente Shimon Peres", ha aggiunto il capo della diplomazia israeliana nel corso di una conferenza.

(Adnkronos, 29 agosto 2012)

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Arte, umorismo e gastronomia. Per la giornata della cultura ebraica

ROMA - Ricco cartellone di manifestazioni nella prima domenica di settembre. Vernissage, spettacoli, concerti e laboratori teatrali in programma dal mattino fino a sera

di Viola Giannoli

ROMA - Da Groucho Marx a Woody Allen, da Jerry Lewis ad Adam Sandler, da Sacha Baron Cohen a Mel Brooks. Risate di gusto o a denti stretti. È "l'umorismo ebraico" che attraversa la storia della commedia moderna con talenti unici, originali, a loro modo irripetibili. Ed è anche il tema della Giornata europea della cultura ebraica che domenica 2 settembre coinvolgerà, con un pizzico di leggerezza, sessantaquattro città italiane, tra cui Roma e Fondi, alla scoperta dei luoghi e delle tradizioni del "Popolo del libro".
   Promossa dall'Unione delle comunità ebraiche italiane, la manifestazione si snoderà nella capitale tra visite guidate, eventi, spettacoli, concerti e mostre d'arte dal mattino fino a sera. Si inizia alle ore 10 con la gita al Tempio Maggiore, al Museo Ebraico e al Tempo dei Giovani Panzieri Fatucci. Non mancherà la visita alla "culla" romana: il Ghetto appena dietro la Sinagoga e il quartiere Trastevere. È inoltre in programma l'apertura straordinaria della Catacomba ebraica di Vigna Randanini, dalle 10.30 alle 17.30.
   Spazio poi all'arte con il vernissage, nei giardini del Tempio, di "Post strutture di Uemon Ikeda", un'installazione che raffigura la Stella di David. La personale di Teresa Coratella, "I simboli della tradizione ebraica", sarà esposta al Palazzo della Cultura al Portico d'Ottavia. Ancora un'inaugurazione al Tempietto di piazza Costaguti, dove arte e danza contemporanea si mescoleranno in una performance sull'opera dell'artista George De Canino. Dalle ore 19.30, Duccio Levi Montera reciterà sonetti in giudaico romanesco e svelerà l'installazione di Fiorella Ivaldi, "I giovani e la piazza". Al Pitigliani, lo spettacolo "Il sapiente, lo stolto e altre saggezze", in scena il 1o settembre, lascerà il posto a mostre didattiche sul cibo, sulle migrazioni, le feste e le tradizioni ebraiche.
   Satira politica, televisiva e di costume saranno protagonisti alla Sala Margana, tutto il giorno, e al Palazzo della Cultura, in serata, con mostre, dibattiti, incontri, concerti, monologhi e laboratri teatrali. Lo humour, ma anche il saper ridere di sé, diventa qui per gli ebrei uno strumento di difesa, una barriera tra la vita e il mondo da cui guardare, filosoficamente, tra l'amaro e il divertito, alle tragedie o agli imprevisti quotidiani.
   E come l'umorismo anche la musica guida nella scoperta, in largo Stefano Gaj Taché, dove alle 18.30 inizia un percorso musicale nel quartiere ebraico con i Fool's Wing, "Gli allegri pifferai". Sul litorale la visita guidata alla Sinagoga alle 12 è il preludio al pranzo a base di pietanze rigorosamente giudaico romanesche. E nemmeno Fondi si è sottratta alle celebrazioni con un programma fitto ed interessante che prevede percorsi guidati e conferenze.

Per informazioni e per il programma completo: www. ucei. it/giornatadellacultura

(la Repubblica - Roma, 29 agosto 2012)

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Rassegna stampa su Israele

di Emanuel Segre Amar

"Israele colpisce in territorio egiziano con un drone"; questo è il titolo pubblicato sul Foglio di oggi a presentazione di un articolo di Davide Raineri nel quale non si esprime affatto questa "certezza", tra l'altro neppure sfiorata da una trasmissione della CNN che Raineri cita. Molte potrebbero essere le cause della morte di questo terrorista, coinvolto nella recente uccisione di 16 poliziotti egiziani e, giusto un anno fa, nell'assalto terrorista ad Eilat che causò la morte di sette israeliani. Desidero sottolineare, ancora una volta, come proprio simili affermazioni perentorie, e magari lontanissime dalla realtà, contribuiscono a creare, in Europa, la situazione pesante che è sotto gli occhi di tutti.
   Tutti i giornali dedicano articoli alla sentenza del tribunale di Haifa che ha assolto lo Stato israeliano da qualsiasi responsabilità per la morte della "pacifista" americana Rachel Corrie; in particolare, su Avvenire si legge che adesso "Israele si guarda allo specchio", ma non si scrive che, se c'è un paese abituato da sempre a guardarsi allo specchio, questo è proprio Israele. Se poi, nello stesso articolo, si ritorna, senza ragione alcuna, sull'episodio del ragazzino arabo aggredito la settimana scorsa da coetanei ebrei (forse tutti già identificati, notizia omessa nell'articolo ndr) scrivendo che "nessuno ha mosso un dito" (notizia già dimostrata dal sottoscritto falsa nella rassegna di mercoledì scorso), si ha un secondo esempio di come con certe parole si vuole creare quella situazione pesante della quale parlavo poche righe più sopra. Commentando questa sentenza Michele Giorgio, sul manifesto, ricorre alle parole "crimini di guerra", e Umberto De Giovannangeli, su l'Unità, non è meno severo.
   Rolla Scolari dedica un articolo pubblicato sul Giornale all'invio, nei giorni scorsi, da parte di Netanyahu, di una delegazione presso l'anziano rabbino Ovadia Yosef; già nel passato, in momenti cruciali per il paese, vollero conoscere il suo parere, tra gli altri, uomini come Rabin (prima degli accordi di Oslo) e Sharon (prima del ritiro da Gaza).
   In questi giorni si riuniscono, a Teheran, monarchi, capi di stato e di governo di 130 paesi, alla presenza, per il sottoscritto vergognosa, del Segretario dell'ONU Ban Ki-moon che forse dovrà/potrà nuovamente cenare, tra gli altri, proprio col dittatore Al Bashir, ricercato dal tribunale internazionale dell'Aja; è un'ennesima dimostrazione di quanto in basso è sceso questo consesso internazionale. Pochi quotidiani dedicano attenzione a questo convegno che si tiene a Teheran, e Cecilia Zecchinelli, sul Corriere, è una lodevole eccezione. I lettori del quotidiano milanese potranno così leggere che la colomba, simbolo di pace, è stata scelta come logo, e che bambini offrono fiori ai delegati. Tutto questo avviene sotto lo sguardo di Ban Ki-moon che dovrebbe condannare i crimini dei mullah contro la pace nel mondo e contro i bambini iraniani (oggi magari condannati a morte, ieri utilizzati per far esplodere le mine davanti ai tank nella guerra contro l'Irak).
   Tutti i quotidiani, al contrario, raccolgono la notizia che il tribunale di Nanterre, vicino a Parigi, ha deciso di riaprire l'inchiesta sulla morte di Arafat, e forse ne farà riesumare la salma. Ne parlano, tra gli altri, Elisabetta Rosaspina sul Corriere e, all'estero, il Financial Times.
   Invece solo Tiziana Barrocci, su Europa, parla della visita di Morsi a Pechino, preceduto da una ampia delegazione di uomini d'affari egiziani; lo scopo della visita non è solo discutere della situazione della Siria, ma soprattutto mettere a punto una cooperazione economica, e sembra quindi dimostrarsi, una volta di più, quanto la politica di Obama stia riducendo il peso degli USA in Medio Oriente. E nulla avverrà nell'incontro del 27 settembre tra lo stesso Obama e Netanyahu, come scrive Pio Pompa sul Foglio; oramai i paesi occidentali, ed i loro alleati turchi e sauditi, hanno compreso che l'Iran avrà la sua bomba che darà il via ad una progressiva nuclearizzazione dell'area. Nel suo articolo Pompa scrive anche che nell'attentato che pochi giorni or sono uccise gli uomini più vicini ad Assad, avrebbe dovuto morire lo stesso rais, salvato all'ultimo istante da una telefonata. Ben diverso il contenuto dell'articolo di Robert Fisk che, per il Fatto Quotidiano, intervista al ministero degli esteri di Damasco uno degli uomini più vicini ad Assad; i lettori potranno leggere che dietro le violenze in Siria stanno gli USA che operano tramite i loro alleati turchi e sauditi. E per Selim Sezer sul manifesto la penetrazione dell'imperialismo, in particolare in Siria, cerca di rendere permanenti le divisioni etniche, religiose e settarie.
   Sullo stesso quotidiano Marco Politi riprende le polemiche sollevate da Yedioth Ahronoth per la nomina di mons. Giuseppe Lazzarotto a nunzio in Israele. L'articolo ricorda le gravi responsabilità del nunzio quando rappresentava il Vaticano in Irlanda e rifiutò qualsiasi collaborazione all'inchiesta sui preti pedofili, preti responsabili di crimini che durarono lunghi anni, nonostante tentativi di uomini coraggiosi di parlarne in Vaticano.
   Di grande interesse è l'articolo scritto da Richard Guédon per Le Monde, e ne raccomando la lettura a tutti coloro che sono interessati al problema della circoncisione che sta scuotendo l'Europa.
   Infine, sulla scia del bel pezzo di Rossella Tercatin apparso ieri su queste colonne, Natale Maria Serena sul Corriere, ed ancor più Richard Newbury sul Foglio raccontano la vita del dr Guttmann ed il progresso scientifico che egli promosse nel mondo della medicina; egli fu un ebreo tedesco che, dopo aver salvato, dando prova di infinito coraggio, tanti correligionari braccati dai nazisti, alla fine si decise a riparare in Inghilterra dove insegnò a curare i portatori di gravi handicap fino a far disputare le prime gare tra di loro, in concomitanza con le olimpiadi di Londra del '48; a Roma '60 si tennero le prime para-olimpiadi che proprio oggi si inaugurano nuovamente, a Londra. Il dr Guttmann è un altro grande personaggio ebreo al quale il mondo tutto deve moltissimo.

(Notiziario Ucei, 29 agosto 2012)

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Il Museo del Buon Samaritano

   
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Il Museo Buon Samaritano, che si trova nei pressi di Ma'ale Adumim, aprirà le sue porte al grande pubblico nel mese di agosto. Il museo è l'unico del suo genere in Israele, ed è uno dei tre in tutto il mondo. E' situato sulla strada fuori di Gerusalemme che è associata con la città biblica di Ma'ale Adumim e il confine tra le tribù di Beniamino e di Giuda (Giosuè 15:07 e 18:17). Secondo l'articolo, il sito fa riferimento alla locanda menzionata nella parabola del Buon Samaritano nel Nuovo Testamento (Luca 10:25-37). Tre diversi tipi di persone religiose sono menzionate in questa parabola: gli ebrei, Gesù e un samaritano che fece una buona azione. Il museo è stato costruito per riflettere su questa parabola, ed i mosaici sono stati selezionati con cura secondo gli stessi principi. Questo è il motivo per cui i diversi artefatti storici in mostra provengono da sinagoghe ebraiche, sinagoghe samaritane, e chiese.

(Caspari Center, 28 agosto 2012 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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Due nuove scoperte di gas nel delta del Nilo

BP Egypt ha annunciato la scoperta dei due giacimenti di gas Taurt Nord e Seth Sud nella concessione offshore di El Burg, nel delta del Nilo, portando la compagnia inglese a quota 5 scoperte effettuate nella stessa concessione, dopo quelle di Satis-1, Satis-3 e Salmon-1. BP ha precisato che i due pozzi sono stati trivellati dalla IEOC ad una profondita' rispettivamente di 110 e 78 metri sotto il livello del mare. Hesham Mekawi, Presidente della BP Egypt ha dichiarato che queste scoperte confermano l'impegno della compagnia di sviluppare il potenziale ancora inesplorato del Delta del Nilo ed evidenziano il rapporto di cooperazione che intercorre con il Ministero del Petrolio egiziano nella scoperta di nuovi bacini di gas al fine di incrementare l'offerta energetica del Paese nel prossimo futuro.

(AGI, 29 agosto 2012)

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Quel medico pioniere che inventò le Paralimpiadi

di Rossella Tercatin

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Prende il via il 29 agosto 2012 la quattordicesima edizione dei Giochi paralimpici, la quadriennale competizione per atleti diversamente abili. Ad animare nuovamente Londra, dopo le Olimpiadi terminate il 12 agosto, arriveranno 4200 atleti da tutto il mondo, migliaia di giornalisti, oltre un milione di spettatori. E per la prima volta, renderà omaggio al medico cui questa grande festa dello sport nel suo spirito più alto si deve: sir Ludvig Guttmann. Nato nel 1899 nella città mineraria Tost in Germania da una famiglia ebraica, iniziò a lavorare come volontario in ospedale a 17 anni, e vide per la prima volta un paziente paraplegico, un minatore che morì per le conseguenze di una frattura alla spina dorsale. Studente di medicina a Freiburg, Guttmann fu attivo membro di un'associazione ebraica che lavorava per contrastare l'antisemitismo nelle Università tedesche, incoraggiando anche i suoi compagni a praticare sport e allenarsi per essere non soltanto in forma, ma più sicuri di se stessi e orgogliosi della propria identità ebraica. Con l'avvento del nazismo nel 1933, il dottor Guttmann perse il suo posto di assistente di neurologia all'Università di Amburgo, dove lavorava con alcuni tra i più grandi medici dell'epoca, e si trasferì all'ospedale ebraico di Breslau, di cui divenne direttore. Nel 1938, quando il clima per gli ebrei di Germania si faceva sempre più irrespirabile, diede ordine di accogliere tutti i pazienti che si fossero rivolti all'ospedale per cure, anche se non di religione ebraica e fu pronto a difendere la sua decisione davanti alla Gestapo, che ispezionò l'istituto la mattina successiva per chiedere conto dei 63 nuovi pazienti. A quel punto Guttamann comprese che era arrivato il momento di andarsene, e con l'aiuto del Council for Assisting Refugee Academics arrivò in Inghilterra nel 1939. A quell'epoca, il tasso di mortalità in seguito a fratture alla colonna vertebrale nell'esercito alleato era altissimo. Anche chi sopravviveva al trauma iniziale (circa uno su cinque), aveva un'aspettativa di vita di tre mesi, senza alcun aiuto da parte della società o della scienza medica. Con l'arrivo di Guttmann cambiò tutto. Il medico tedesco accettò di aprire un centro specializzato, e attraverso cure e allenamento fisico, ma anche la vera e propria pratica sportiva, dal tiro con l'arco alla piscina e alla palestra, Guttmann riusciva a curare i suoi pazienti non solo nel corpo, ma anche nello spirito. Proprio a Londra, in occasione delle Olimpiadi del 1948 ospitate dalla capitale inglese, 16 atleti, uomini e donne, scoccarono le loro frecce nel giardino dell'ospedale, nella prima gara paralimpica di sempre. E nel 1960, in occasione dei Giochi olimpici di Roma, si ebbe la prima edizione ufficiale delle Paralimpiadi quadriennali. Nel 1968 i Giochi paralimpici portarono una grande gioia a Israele, dove vennero disputati per festeggiare il ventesimo anniversario dell'Indipendenza dello Stato ebraico. Nominato cavaliere dalla regina Elisabetta II nel 1956, Guttmann, morì nel 1980. Un pioniere della medicina, ma soprattutto della capacità di creare un'immagine forte e positiva di ciò che il mondo aveva sempre considerato malato e debole.

(Notiziario Ucei, 28 agosto 2012)

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«Bersani dixit»

di Federico Steinhaus

Ebbene, ci siamo. Bersani ha detto quanto noi, da anni, diciamo sia pure con modalità diverse e con una finalità incompatibile con quelle di Bersani.
Bersani ha detto che le sinistre estreme di Di Pietro e Grillo sono, in realtà, fasciste. Lo ha detto come insulto, come definizione di una forma mentis e di un comportamento politico.
Noi, da anni oramai, denunciamo in tutti i modi possibili, ma sempre senza insulti ed anzi con analisi politologiche ideologiche e linguistiche approfondite, che nella sinistra agisce un malessere riguardo al rapporto con Israele, e che questo malessere porta una fetta non irrilevante della sinistra ad andare a braccetto con l'islamismo e con l'estrema destra nelle loro pulsioni antisemite.
Abbiamo evidenziato questa situazione incresciosa in convegni (riscuotendo anche il consenso di esponenti seri ed onesti della stessa sinistra, e sono tanti) , abbiamo mostrato vignette antisemite firmate da disegnatori satirici osannati dalla sinistra, abbiamo chiarito in mille modi come si distingua l'antisemitismo da una semplice e lecita critica alla politica dei governi israeliani, abbiamo segnalato i convegni in cui esponenti della sinistra si ritrovavano con fascisti ed islamisti per denigrare Israele.
Bersani, tutto questo dovrebbe saperlo, ma non ha mai detto una parola in proposito. Ora spara l'insulto "fascista" alla stregua delle usanze comuniste, magari fra un pò proporrà di far rivivere i comitati antifascisti che tutto facevano fuorché opporsi al fascismo (io ne ho fatto parte e ne so qualcosa), ma certamente non ha inteso affiancarsi a quanto denunciamo noi.
Noi, semplicemente, ci siamo impadroniti di quell'accusa lanciata da Bersani a qualcuno che gli fa ombra, per andare a scavare un pò più a fondo nei sotterranei della sinistra. Un pretesto, diciamolo apertamente nella speranza che i lettori ci vogliano perdonare.

(Informazione Corretta, 28 agosto 2012)

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Scopri con noi le meraviglie di Gerusalemme

di Francesca Binfarè

La città Santa rivela i suoi segreti grazie alla tradizione, alla sua storia e all'incontro con la modernità. Il mix risulta molto affascinante, un intreccio di fede, religione e divertimento: tutto da scoprire.

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Gerusalemme
Esistono due Gerusalemme, una terrena e una celeste.
Il suo nome stesso, Yerushalayim, è plurale. Gerusalemme, infatti, è spirituale e umana, mescola preghiere e divertimento: anche chi non è spinto dalla fede può scoprire una città unica al mondo.
Archeologia, negozi, spettacoli, locali: una metropoli dai colori chiari, vivace e frizzante, e per niente antica.
Quando si cammina per le strade di Gerusalemme ci si sente al sicuro: valgono le raccomandazioni di sempre, niente di più.
L'abbigliamento deve essere rispettoso della sacralità di certi luoghi: meglio se mettete in valigia gonne al ginocchio e pantaloni lunghi. Bisogna avere una giacca o un foulard per coprirsi le spalle. Acqua, cappellino, occhiali da sole sempre a portata di mano.
Una raccomandazione è d'obbligo: è necessario presentarsi con largo anticipo all'aeroporto, sia all'andata sia al ritorno; inutile fare il check in online, i bagagli vengono tutti controllati.
Finire nelle maglie dei controlli più stretti - molto frequenti - significa passare lungo una rigida trafila che richiede circa un'ora e mezza di tempo (controllo bagagli e domande relative al viaggio).
Ma vale la pena, per scoprire Gerusalemme.

(style.it, 27 agosto 2012)

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Raid di Israele contro Hamas a Gaza

L'aviazione israeliana ha effettuato tre raid contro campi di addestramento di Hamas all'interno della Striscia di Gaza, senza procurare feriti. Lo rendono noto alcuni testimoni. Un elicottero ha lanciato sei missili su due campi del braccio armato di Hamas nel nord-ovest, mentre un aereo ha sganciato quattro razzi su un altro campo nel sud. L'esercito israeliano ha confermato due soli attacchi precisando che gli obiettivi erano ''un sito di fabbricazione di armi ed un deposito''.

Immagini del raid notturno

(ANSA, 28 agosto 2012)

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Il Presidente della Regione Veneto riceve l’Ambasciatore d’Israele in Italia

COMUNICATO STAMPA No 1459 DEL 28/08/2012

Venezia, 28 agosto 2012

Il Presidente della Regione del Veneto Luca Zaia ha ricevuto questa mattina, a Palazzo Balbi, l'Ambasciatore d'Israele in Italia Naor Gilon. Nel corso del lungo e cordiale colloquio, sono state ricordate le collaborazioni in atto in campo economico, culturale e produttivo e la reciproca volontà di un loro ulteriore sviluppo.
Zaia ha inoltre evidenziato gli ottimi rapporti da sempre esistenti con la Comunità ebraica veneta e veneziana, ricordando la ricorrenza, nel 2016, dei 500 anni dalla creazione del "Ghetto" di Venezia da parte del Senato della Serenissima, sulla omonima isola, nome che è poi entrato nel vocabolario mondiale. Nel tempo la comunità di Venezia è cresciuta e si è sviluppata ricevendo influssi ebrei da tutta l'Europa e diventando un modello di accoglienza e di "fertilizzazione" culturale.
"E' una ricorrenza alla quale stiamo lavorando e che vogliamo celebrare al più alto livello - ha affermato Zaia - con una serie di iniziative nel corso dell'intero anno con le quali intensificare anche i rapporti tra Veneto ed Israele". In proposito l'ambasciatore Naor Gilon ha dato la propria disponibilità a collaborare per la sua migliore riuscita.
A cura dell'Ufficio Stampa della Regione Veneto

(Regione del Veneto, 28 agosto 2012)

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Gatti delle sabbie: una rara specie vede la luce in Israele

di Federica Vitale

   
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Si chiamano gatti delle sabbie questi deliziosissimi cuccioli di felino nati al Ramat Gan Safari di Tel Aviv. In tutto sono quattro batuffoli di pelo di una specie molto rara di esemplari considerati in via di estinzione.
Sono nati tre settimane fa. Il parto è avvenuto dopo i consueti 63 giorni di gestazione. Un parto atteso quanto sperato poiché la nascita di questi cuccioli riaccende le speranze di allargare la famiglia di questa specie che ha come dimora il parco zoologico israeliano.
La razza è quella nota al mondo scientifico come Felis Margarita. Sono inseriti tra le specie in via di estinzione dal 2002. All'epoca, solo 200 esemplari rimanevano a proseguirne la specie. "All'inizio di agosto", racconta Sagit Horowitz, portavoce dello zoo di Tel Aviv, "eravamo felici per aver ritrovato due piccoli cuccioli nelle profondità di una tana insieme a Rotem. Il giorno seguente i guardiani ne videro tre e il giorno dopo ancora furono sorpresi di trovarne quattro".
Rotem è mamma gatta, giunta dalla Germania nel 2010. Fu fatta accoppiare con un altro esemplare, Sela, un gatto di provenienza polacca. Il lieto evento è parte di una collaborazione europea che si propone di tutelare questa specie considerata a rischio di estinzione dall'International Union for Conservation Nature.
"In principio eravamo preoccupati che lei [la madre dei cuccioli] non riuscisse a cavarsela coi gattini. È un duro lavoro, ma se la sta cavando perfettamente e tutti i cuccioli stanno bene e sono contenti", conclude Keren Or, coordinatore del centro informazione dello zoo.
Adesso, per i cuccioli, inizia il momento di abbandonare la tana e di cominciare ad esplorare i dintorni. I visitatori ne saranno sicuramente deliziati. Solo tra qualche tempo, quando saranno grandi a sufficienza, i gatti verranno trasferiti in altri zoo per continuare a riprodursi.
Benvenuti al mondo, gatti delle sabbie.

(nextme, 27 agosto 2012)

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Nuovo razzo palestinese da Gaza contro Israele

Si tratta del quarto lancio di razzi da Gaza nelle ultime 24 ore. Ieri hanno provocato danni materiali, ma non vittime.

GERUSALEMME - Un razzo Qassam sparato da miliziani palestinesi appostati nel Nord della striscia di Gaza è esploso stamane in una zona che fortunatamente era disabitata, presso la città israeliana di Sderot (Neghev).
L'attacco è coinciso con la riapertura delle scuole in Israele, al termine delle vacanze estive, in un momento in cui le strade erano relativamente affollate.
Si tratta del quarto lancio di razzi da Gaza nelle ultime 24 ore. Ieri hanno provocato danni materiali, ma non vittime.

(RaiNews24, 27 agosto 2012)


“... hanno provocato danni materiali, ma non vittime.” Il tentato omicidio contro ebrei non è un fatto importante: ci dev'essere il morto per fare notizia. Ed è proprio questo che molti aspettano.

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EDIPI alla XIII Giornata Europea della Cultura Ebraica

Come ogni anno la prima domenica di settembre EDIPI si mobilita a livello nazionale per esser presente a questa importante iniziativa culturale organizzata dall'UCEI. Questa è l'occasione in cui EDIPI distribuisce gratuitamente agli interessati copia della pubblicazione di Derek White "L'ebraicità di Gesù".
Quest'anno la città capofila della manifestazione è Venezia dove sono confluite le iniziative più interessanti.
Ecco nel dettaglio il programma che si svolgerà nell'area dell'antico Ghetto Ebraico e che vedrà l'apertura con visita gratuita delle sinagoghe Tedesca, Canton e Levantina.
  • 11:00   Inaugurazione Giornata, saluto delle autorità - Sala Montefiore.
  • 11:00   "Il riso di Mosè" Laboratorio per bambini - Aula didattica.
  • 11:00 - 18:00   "Tra calli e campielli" narratori itineranti nel Ghetto.
  • 11:45   Dario Calimani "Lo humor ebraico, rido ergo sum" visita guidata alla mostra "Jewish            Humor in photographs, litography and video"
  • 13:00   possibilità del pranzo a menù fisso presso il ristorante Kasher "Hostaria del Ghetto" con            piatti tipici della tradizione ebraica.
  • 14:00 - 18:00   "It hurts to laugh", l'umorismo di Mel Brooks e G. Wilder.
  • 16:00   "Tra umorimo e ironia" storielle e racconti in Sukka a cura di U.Fortis e A.Zanon - Museo            Ebraico.
  • 17:00   "Il riso di Mosè", laboratorio per famiglie di letture animate e realizzazioni sceniche con            maschere di gomma - Aula didattica.
  • 21:00 - 22:00   "Shalom Bàit. La pace in famiglia" - Direzione musicale e clarinetto di Dan            Rapoport con i solisti del quadrivium Ensemble - Regia e ideazione di Alexandra Wilson.
Inoltre alle 9:30 sarà possibile effettuare una visita guidata all'antico cimitero ebraico del Lido a cura del Comandante Aldo Rizzo.
Durante la giornata saranno allestiti alcuni stand gastronomici organizzati dalla Scuola di cucina ebraica di Venezia "La cucina del Ghetto", dal ristorante kasher "Hostaria del Ghetto e dall'ADEI di Venezia. Per l'occasione il presidente di "Evangelici d'Italia per Israele", Ivan Basana, consegnerà al presidente della comunità ebraica di Venezia Amos Luzzato una copia del libro di Marcello Cicchese, "La superbia dei Gentili" in vista di un convegno sull'antisemitimo che si terrà a Padova per la Giornata della Memoria.
Per informazioni: www.edipi.net e www.ucei.it

(Edipi, agosto 2012)

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Siria - Israele tifa per i ribelli

di Gigi Riva

Che cosa conviene a israele? fino a ieri il governo di Netanyahu, spaventato da una primavera araba di cui temeva lo sbocco, credeva fosse preferibile che restasse al potere a damasco bashar al-assad, tiranno sanguinario, però un «male conosciuto», piuttosto debole e dunque poco pericoloso per la sicurezza di un confine comunque tribolato per via delle alture del golan, occupate dallo Stato ebraico durante la "Guerra dei Sei Giorni" (1967) e dove adesso viene prodotto dell'ottimo vino.
   Qualcosa e' cambiato dopo un anno e mezzo di guerra civile prima strisciante e poi conclamata, dopo quasi 15 mila morti e un'esecrazione della comunità internazionale che, se non è sfociata in un intervento armato sul modello libico, sta provocando l'isolamento del regime. soprattutto israele ha molto più chiara, adesso, la lista delle priorità (numerose) che deve affrontare da qui al prossimo futuro. E nell'elenco, al primo posto, c'è l'Iran sempre più vicino ad avere l'arma nucleare.
   Nella bilancia tra vantaggi e svantaggi pesa la consapevolezza dell'utilità che si ricaverebbe se si spezzasse l'asse che unisce damasco a teheran. e che trova una linea di continuità nell'appoggio che i due regimi garantiscono agli hezbollah libanesi spina nel fianco sul confine nord. cacciato assad, gli ayatollah si troverebbero senza il miglior alleato nell'area e sarebbe più agevole procedere a quei bombardamenti dei siti nucleari considerati ormai inmminenti e fortemente sponsorizzati, nel governo, sia dallo stesso Netanyahu sia dal ministro della Difesa Ehud Barak. Per l'avventura bellica esiste una «finestra di opportunità» che scade in coincidenza delle elezioni americane di novembre. Un Obama impegnato nella campagna per la conferma del mandato non potrebbe opporsi in modo deciso, pena alienarsi il voto della potente lobby ebraica interna. E il via libera all'operazione sarebbe la merce di scambio per una posizione più malleabile di Gerusalemme sulla Siria.
   Le incognite riguardano le armi chimiche e batteriologiche di cui damasco dispone in abbondanza e che per ora sono saldamente nelle mani del regime. così come i missili e i razzi in grado di colpire il territorio d'Israele. Se si affermasse a Damasco un esecutivo più ostile dell'attuale o, peggio ancora, una formazione fondamentalista sunnita, quell'ingente arsenale sarebbe una minaccia seria e diretta.
   Da qui la consapevolezza che è preferibile giocare un ruolo nella transizione, riuscire magari a pilotarla assieme alle altre forze dell'occidente. per poi sedersi al tavolo di un negoziato al quale israele si potrebbe presentare con un'importante carta da giocare: la restituzione delle alture del golan. per usare un linguaggio caro ai politici di gerusalemme si tratterebbe di una «dolorosa concessione», foriera, però, di una «pace fredda» in un'area delicata, così come sono «freddi» gli accordi in atto con Egitto e Giordania. Dalla crisi siriana uscirà un Medio Oriente dagli equilibri molto diversi rispetto a quelli conosciuti.

(l'Espresso, 27 agosto 2012)

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Dormire serve anche per imparare

   
ROMA - Un nuovo studio coordinato da Anat Arzi dell'Istituto Weizmann di Rehovot, in Israele, pubblicato su Nature Neuroscience ha dimostrato che durante il sonno si può imparare. Dormire non serve quindi solo a "liberare la memoria" aiutando ad organizzare i ricordi, secondo lo studio il cervello è in grado di assimilare informazioni e reagire allo stesso modo a suoni e odori, sia durante il sonno che mentre si è svegli.
In sostanza, l'uomo può apprendere nuove informazioni mentre dorme e questo può inconsciamente modificare il suo comportamento di veglia.
«Ora che sappiamo che un qualche tipo di apprendimento durante sonno è possibile -commenta Arzi -vogliamo scoprire quali sono i limiti e quali informazioni possono essere apprese durante il sonno».
Gli esperimenti di apprendimento durante il sonno sono notoriamente difficili da condurre. Per prima cosa, si deve essere sicuri che i soggetti stiano realmente dormendo e che rimangano in quello stato durante le "lezioni".
I ricercatori hanno sperimentato un tipo di condizionamento che coinvolge dei soggetti esposti ad un segnale seguito da un odore, in modo tale da indurre loro reazioni simili sia per il segnale che per lo stesso odore. L'abbinamento di suoni e odori presenta diversi vantaggi, non sveglia il dormiente e consente al cervello di elaborare e reagire ai messaggi, anche durante il sonno.
«Mentre si dorme il cervello reagisce agli odori come quando si è svegli - prosegue Arzi - inspiriamo profondamente quando l'odore di un profumo è piacevole, ma rendiamo l'inspirazione più breve quando l'odore è sgradevole».
Una volta svegli, i soggetti sottoposti all'esperimento, pur non avendo coscienza di aver ascoltato suoni o annusato odori, hanno reagito allo stesso modo ai suoni, anche in assenza di odori ovvero respirando in modo più profondo ascoltando il segnale associato all'odore piacevole e in modo più breve ascoltando il suono associato al cattivo odore.

(La Stampa, 27 agosto 2012)

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Odio di sé

di Ugo Volli

Poiché diversi illustri collaboratori di questo sito [Moked] si sono lamentati dell'uso da parte di un innominato dell'"odiosa" espressione "odio di sé" e asseriscono di non comprenderla, e io temo di essere uno dei pochissimi se non l'unico a utilizzarla qui, mi corre l'obbligo di una spiegazione. L'"odio di sé" potrebbe chiamarsi in molti altri modi, per esempio come ha proposto di recente Uzi Silber in una dissenting opinion ospitata da Haaretz, Jewish flu, influenza ebraica: "contagiosa ma contenibile, benché in definitiva incurabile". Esso è ovviamente un'etichetta, un nome semplificato inventato cent'anni fa da Theodor Lessing per un fenomeno molto complesso e purtroppo diffuso nel nostro popolo soprattutto ma non solo in tempi recenti, dopo l'emancipazione. Esso consiste nel fatto che un ebreo assuma il punto di vista dei nemici del suo popolo riguardo all'ebraismo, agli ebrei, al popolo ebraico, a Israele. Una persona del genere non si odia personalmente, è chiaro, salvo in casi estremi come quello di Otto Weininger, giovanissimo autore di un libro violentemente antisemita come Sesso e carattere, che constatando che la conversione al protestantesimo non gli toglieva di dosso la sua ripugnante natura ebraica, si uccise per eliminarla, ottenendo con ciò il plauso di Hitler. Odia piuttosto l'ebreo che è in lui, o gli ebrei da cui vorrebbe distinguersi, o in genere si limita ad assumere il punto di vista degli antisemiti, accordandosi il permesso o attribuendosi il dovere di giudicare "il suo prossimo" dall'alto del suo punto di vista illuminato e virtuoso. In passato questo giudizio aveva a che fare con la "perfidia" ebraica la sua contrapposizione alla "vera fede"; poi si trasformò in rifiuto del ruolo economico-sociale degli ebrei (Marx), del loro carattere "femminile" (Weininger), della loro inferiorità razziale o intellettuale, del potere bancario e/o rivoluzionario che esercitavano. Negli ultimi decenni l'odio per l'ebreo è diventato odio contro Israele, contro "L'occupazione di terre altrui... La colonizzazione perversa capillare ed inarrestabile di terre espropriate contro tutte le norme della legalità internazionale... Lo sradicamento di migliaia di ulivi... Il razionamento dell'acqua... La demolizione sistematica di case palestinesi... La costruzione di una prigione a cielo aperto... Il disprezzo razzista per chi chiede i propri diritti di popolo... L'apartheid de facto... Il muro della vergogna" (cito da un articolo apparso ieri sull'Unità, firmato da un attore che viene identificato da buona parte del pubblico italiano come esponente della cultura ebraica e che non nomino qui per rispetto dei lettori).
   Erano ebrei affetti da odio di sé buona parte degli informatori e dei censori dell'Inquisizione che collaboravano ai suoi processi indicando le pratiche ebraiche da proibire e i passi dei libri da bruciare. Erano ebrei, oppure ebrei convertiti o discendenti da ebrei colpiti dall'"influenza ebraica" numerosi intellettuali che contribuirono a costruire e a diffondere gli stereotipi antisemiti: da Marx a Karl Kraus, da Lombroso a Simone Weil. Vi furono degli ebrei che cercarono di iscriversi al partito nazista, riuniti in un'associazione nazionalista tedesca (Der Verband nationaldeutscher Juden). Dopo la nascita di Israele e il conflitto coi palestinesi, il loro numero è cresciuto, da Chomski a Ilan Pappe, da Toni Judt a Naomi Klein, da Schlomo Sand a Judit Butler ai loro imitatori italiani. Non si tratta di un movimento, ovviamente, né di un sistema filosofico coerente.
   Vi sono fra loro atei e religiosi, come gli ultraortodossi Naturei Karta e quella Rabbi Lynn Gottlieb del movimento renewal, cioè per così dire l'estrema destra e l'estrema sinistra dell'ebraismo religioso, che hanno entrambi ritenuto opportuno sollecitare e ottenere e pubblicizzare incontri con il maggior antisemita dei nostri anni, il presidente iraniano Achmedinedjad. Vi è chi nega l'esistenza del popolo ebraico descrivendolo come un mito sionista (Sand) e chi invece ritiene che l'esistenza di Israele sia in contraddizione con l'ethos ebraico autentico che sarebbe per sua natura "diasporico" (Boyarin), chi se la prende con lo stato di Israele per il "peccato originale" di aver "rubato la terra" ai palestinesi (Pappe), chi si limita a condannare "le politiche del governo israeliano" (guarda un po' di tutti i governi israeliani) e chi condanna i "crimini di guerra" dell'esercito, magari salvo poi pentirsene, come il giudice Goldstone, che se la prende con "i coloni", chi parla di "stato di apartheid", chi di "razzismo". C'è chi come fece il direttore di Haaretz in una conversazione con l'ambasciatore americano, invoca uno "stupro" americano su Israele per costringerlo a fare quel che deve, cioè "la pace" nei termini voluti dagli arabi, e chi rivendica di amare Israele, ma nei termini di un "tough love", un amore duro, che dovrebbe imporgli di nuovo quelle politiche che gli israeliani non vogliono: è il caso della lobby americana ebraica di sinistra J Street, finanziata da Soros e attestata per esempio riguardo all'Iran su posizioni più lontane da Israele della non certo simpatetica amministrazione Obama. E' naturalmente necessario distinguere l'odio di sé dalla legittima critica politica. Ma in realtà anche l'odio di sé è del tutto legale, in un sistema democratico: diagnosticarlo in qualcuno non significa attribuire a chi lo pratica un reato o togliergli il diritto di parlare, ma semplicemente provare a decifrare le radici ideologiche e psicologiche della sua posizione e suggerire la sua insostenibilità dal punto di vista ebraico, indicarla come esterna all'ebraismo. Se l'appartenenza all'ebraismo nella grande maggioranza dei casi viene da una determinazione familiare, il suo mantenimento richiede, oggi come nel passato, una scelta, "un'adesione al destino storico del popolo ebraico" (rav Soloveitchik). E' questo brit goral, quest'accettazione della dimensione collettiva dell'ebraismo che è negata dall'odio di sé. Chi vive in questa condizione antepone la propria accettazione da parte del mondo circostante, la propria ideologia, nel migliore dei casi la propria nuova fede o etica all'appartenenza all'ebraismo. Che lo faccia per viltà, per conformismo, per opportunismo oppure per convinzione metafisica o per una scelta che ritiene altamente morale, non ha molta importanza dal mio punto di vista: spesso questi motivi si mescolano inestricabilmente e le conseguenze di tale mossa non cambiano. L'inquisizione l'altro ieri come il partito staliniano ieri come oggi la grande mobilitazione mediatica contro Israele usano volentieri chi si presta come teste d'accusa contro l'ebraismo. Le conferenze dei Pappé i libri dei Chomski, i rapporti dei Goldstone, le manifestazioni di certe Ong israeliane finanziate dall'Europa, certi articoli di Haaretz hanno una diffusione e un impatto certamente molto al di là della loro diffusione nel mondo ebraico.
   Insomma, l'odio di sé esiste ed è certamente odioso - il fenomeno, non il nome. Ed è anche peculiare, senza paragoni con le critiche che ogni stato e ogni governo si trova a subire. Perché il nostro non è solo l'unico popolo di cui si sia programmato la "soluzione finale", ma Israele è il solo stato la cui semplice esistenza sia minacciata fin dalle origini, sottoposto a ininterrotte aggressioni terroristiche, a campagne di delegittimazione e di odio, di boicottaggio e di isolamento. L'odio di sé, la volontà da parte di ebrei che si ritengono "illuminati" di negare il diritto all'esistenza e all'autodifesa di Israele è paragonabile ai "neofiti" che incoraggiavano l'Inquisizione alla distruzione degli ebrei. O, se si vuole, a posizioni come quelle di Lessing Rosenwald, presidente dell' American Council for Judaism che nel 1944, in piena Shoah, paragonava la spinta per fondare uno stato ebraico al "nazionalismo hitleriano". Combattere quest'odio di sé, che oggi ha largo spazio sulla stampa "progressista" di mezzo mondo, che dove può cerca di condizionare contro Israele le comunità ebraiche e ancor più i poteri politici, mi sembra un compito importante e per nulla banale.

(Notiziario Ucei, 26 agosto 2012)


L'odio di sé degli ebrei dunque oggi ha assunto la forma dell'accanimento contro lo Stato ebraico d'Israele. L'autore dell'articolo ha indicato ebrei che cercarono di iscriversi al partito nazista, che diffusero stereotipi antisemiti, che negano oggi l'esistenza stessa del popolo ebraico, che accusano Israele di aver rubato terra ai palestinesi e di praticare l'apartheid, che chiamano "crimini di guerra" le azioni militari dell'esercito israeliano, che chiedono agli americani di "stuprare" Israele, e altro ancora. E tuttavia non nega a queste persone di essere ancora ebrei: protebbe indicarli come "ebrei che sbagliano". Viceversa, se un ebreo dichiara di credere in Gesù come il Messia d'Israele, questa persona cessa di essere ebreo, perché secondo l'autore "essere un ebreo cristiano è come essere un quadrato rotondo: una contraddizione in termini". Certo, per quegli ebrei messianici nati e cresciuti in Israele che hanno fatto tre anni di militare nell'esercito israeliano, e magari hanno rischiato la vita partecipando ad azioni di guerra contro i palestinesi a Gaza o gli hezbollah nel Libano per difendere il loro Stato d'Israele di cui sono cittadini fin dalla nascita, sentirsi dire da un ebreo che vive e fa carriera in Italia che loro non sono più ebrei, deve sembrare un po' strano. Ma si sa, quando c'è di mezzo Israele anche le più grandi stranezze a molti non sembrano più tali. M.C.

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Tre razzi da Gaza sul sud di Israele. Danneggiate due fabbriche

GERUSALEMME, 26 ago. - Tre razzi lanciati dalla Striscia di Gaza sono piovuti nel sud di Israele, danneggiando due fabbriche a Sderot ma senza causare vittime. Lo ha riferito l'esercito israeliano. Due razzi sono caduti nella zona industriale della citta' israeliana, che dista un chilometro dal confine co l'enclave palestinese, mentre un terzo e' finito in un campo. Due israeliani si sono fatte curare per i postumi dello choc. La situazione lungo la frontiera tra Israele e la Striscia di Gaza e' tornata sotto controllo negli ultimi due mesi dopo che a giugno i militanti palestinesi avevano lanciato 150 razzi e Israele aveva risposto con una serie di raid che avevano causato 15 morti.

(AGI, 26 agosto 2012)

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Torre Pellice - I valdesi all'appuntamento del Sinodo

di Ada Treves

Torre Pellice - La sede del Sinodo Valdese
Si apre questo pomeriggio a Torre Pellice, nel cuore delle valli piemontesi che sono la casa dei calvinisti italiani, il Sinodo delle Chiese metodiste e valdesi, appuntamento annuale che oltre a svolgere le sue funzioni istituzionali è anche un'occasione di incontro per la minoranza protestante. Oltre ai 180 partecipanti di diritto ai lavori, sia pastori che laici, in molti infatti tornano nelle valli e colgono il momento per ritrovarsi.
   La comunità valdese, che conta su circa 25 mila componenti in Italia e ha alle spalle una storia millenaria, ha percorsi storicamente intrecciati a quelli delle comunità ebraiche, sia nell'essere pochi e ostinatamente diversi, che nei percorsi concordatari che nella percezione comune. Questo senso di vicinanza è ovviamente molto più sentito nelle aree dove la presenza valdese è più forte e in particolare nelle realtà ebraiche piemontesi. Molti per esempio sono i valdesi che hanno frequentato e frequentano la Scuola ebraica di Torino e anche le amicizie e la collaborazione hanno radici profonde.
   Le affinità fra le comunità ebraiche e valdesi hanno portato anche recentemente a occasioni di collaborazione e lo scorso luglio i valdesi Simona Menghini e Sergio Velluto hanno partecipato ai lavori di Redazione Aperta, l'appuntamento annuale che raccoglie tutta la redazione e numerosi collaboratori di Pagine Ebraiche ospiti della Comunità ebraica di Trieste. È stata una interessante occasione di confronto su temi importanti come la comunicazione verso l'esterno e la raccolta delle risorse, in particolare l'Otto per mille, argomento su cui la comunità valdese, forte anche di un ultimo incremento annuale del 12 per cento, mette da sempre a segno risultati di tutto rispetto.
   Il Sinodo comincia oggi e si concluderà venerdì con l'elezione del nuovo Moderatore, il presidente della Tavola valdese - l'organo esecutivo, composto da sette persone - che ha svariati compiti, tra cui mettere in pratica le decisioni sinodali, curare gli interessi comuni e quelli delle chiese locali. Inoltre la Tavola deve preparare una relazione annuale della propria attività, che viene esaminata nel Sinodo successivo.
   Il numero sette ricorre anche nei percorsi dei singoli pastori, perché è il periodo massimo di permanenza in carica in una stessa chiesa, dopo il quale il pastore (o la pastora) viene destinato ad altra sede, prassi sicuramente faticosa, soprattutto per le famiglie, ma che a detta dei diretti interessati garantisce rapporti equilibrati e porta ad un enorme arricchimento, sia per le comunità che per i singoli coinvolti.
   Ogni anno il Sinodo ha alcuni appuntamenti principali in cui i partecipanti si confrontano e su cui vengono definite delle linee guida. Quest'anno obiettivo puntato sui giovani, in una società sempre più multiculturale come è quella italiana, sulle politiche migratorie e la laicità dello Stato e senza perdere di vista l'attuale crisi economica e finanziaria con tutte le sue implicazioni, anche sotto il profilo religioso.
   "L'illusione di uno sviluppo senza limiti è finita - spiega la Moderatora uscente Maria Bonafede - e dobbiamo liberarci di questa idolatria. Si tratta di immaginare e praticare nuovi stili di vita e le chiese possono fare molto a questo riguardo."
  La pastora Bonafede, che è stata la prima donna a ricoprire questo incarico, ha raccontato: "Io non mi sono trasformata in un uomo diventando Moderatora: sono rimasta quello che ero. Una difficoltà che credevo di trovare e che non ho trovato affatto è il riconoscimento degli altri, delle altre chiese, compresa la Chiesa Cattolica. Per loro era normale: si elegge una Moderatora e quello è."
   Crisi economica e giovani, relazioni con le altre confessioni religiose, migrazioni, bioetica, famiglie al plurale, fede e omosessualità. Sono tanti i temi che hanno attraversato la chiesa e la società in questi anni, e in una sorta di bilancio sul suo settennato, prima di passare il testimone, ha aggiunto: "Sicuramente le questioni etiche sono state importanti. Credo che abbiamo raggiunto delle buone posizioni di apertura e accoglienza, pur nel rispetto della sensibilità, della propria fede, della ricerca biblica. Credo che le aperture che si sono create in questi anni debbano essere solchi da continuare a percorrere. Direi che è una realtà viva, preoccupata della sua testimonianza ma anche della sua sussistenza. È una realtà però, in cui si sono affacciate in questi anni molte belle energie giovani che vanno valorizzate. Non è una chiesa vecchia o di vecchi. Ma che può rendere una testimonianza efficace in Italia. Quindi direi viva, preoccupata e anche da incoraggiare."

(Notiziario Ucei, 26 agosto 2012)


I valdesi hanno certamente in comune con gli ebrei il fatto di essere stati una minoranza crudelmente perseguitata, come tanti altri cristiani giudicati “eretici”, dall’istituzione ecclesiastica cattolico-romana. Anche loro, inoltre, si considerano un popolo-chiesa, con una sua storia ormai secolare che si tramanda di padre in figlio. Ma questo oggi può essere considerato un altro tentativo, poco conosciuto ma tuttavia presente, di imitazione del popolo ebraico: una forma minore di teologia della sostituzione. I paralleli sono moltissimi: il loro Eretz Israel sono le Valli valdesi, la loro Gerusalemme è Torre Pellice, il loro Sinedrio è il Sinodo. Hanno i loro luoghi sacri, gravidi di storia, le loro feste ricorrenti, i loro costumi, le loro tradizioni, i loro rabbini. che sono i ministri ordinati e che nei tempi eroici della loro storia si chiamavano “Barba”, proprio come gli anziani di Israele (zachen = barba) . Va detto, comunque, che mentre il popolo ebraico, passato presente e futuro, ha un posto ineliminabile nel messaggio cristiano, non esiste alcuna necessità, sempre da un punto di vista cristiano, della perpetuazione istituzionale di un fenomeno sociale che pure può aver avuto la sua importanza e il suo valore nel passato. Quello che per tanto tempo è stato mantenuto nel frigorifero della storia, quando è portato all’aria aperta quasi certamente marcisce. “Chi vuol salvare la propria vita la perderà”, ha detto Gesù, e questo si può applicare a chiunque voglia mantenere una propria “identità” per il solo fatto che è la “propria” identità.
Nell’articolo si fa riferimento all’Otto per mille, ma pochi sanno che l’accettazione di questa funesta propaggine del Concordato tra Stato e Chiesa Cattolica è un clamoroso cedimento spirituale del movimento valdese, a cui per un certo tempo si opposero strenuamente, e inutilmente, gli stessi estensori dell’Intesa con i valdesi, al punto che l’allora Moderatore della Tavola Valdese si rifiutò di apporre la sua firma personale al documento dell’accordo, chiedendo ed ottenendo di essere sostituito in questo atto. Il dialogo tra valdesi ed ebrei può certamente servire a rafforzare la sinistra all’interno del mondo ebraico italiano, perché gli attuali valdesi, almeno in quella parte che si esprime pubblicamente, oltre ad essere in maggioranza filopalestinesi, probabilmente ne condividono molte valutazioni etiche e politiche. Saranno gli ebrei a decidere se questo è utile per loro. M.C.

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Sinai: sale a 120 il numero dei tunnel di Gaza ostruiti dagli egiziani

Continua a passo di carica l'operazione avviata delle forze armate egiziane per ostruire i tunnel del contrabbando al confine fra il Sinai e la Striscia di Gaza palestinese controllata dagli islamico-radicali di Hamas. Il numero delle gallerie rese impraticabili dalle unità del genio è salito ad almeno 120, hanno riferito oggi fonti dei servizi di sicurezza del Cairo.
"La distruzione dei tunnel va avanti su base quotidiana e non si concluderà fino all'ostruzione di tutte queste condotte sotterranee" clandestine, hanno sottolineato le fonti.
L'ordine di distruzione dei tunnel è stato dato dopo il sanguinoso attacco condotto nel Sinai due settimane fa da un commando (identificato come jihadista) contro una postazione delle Guardie di Frontiera egiziane con un bilancio di 16 militari uccisi. Commando di cui avrebbero fatto parte anche palestinesi e che si è poi lanciato in un tentativo di infiltrazione in Israele sventato dalle forze israeliane.
La distruzione sistematica delle gallerie - attraverso cui passano armi e miliziani, ma anche generi di prima necessità diretti nella Striscia - ha suscitato recriminazioni e delusione a Gaza, dove Hamas - nato da una costola dei Fratelli Musulmani - confidava sull'ascesa al potere nell'Egitto del dopo-Mubarak del presidente Mohamed Morsi (esponente della Fratellanza) per una svolta netta e immediata a proprio favore delle relazioni fra i palestinesi e il grande vicino egiziano.

(swissinfoch, 26 agosto 2012)

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Una nave dall'Iran diretta in Siria passa a Suez

GERUSALEMME - Una nave iraniana diretta in Siria, che secondo l'intelligence trasportava armi, ha attraversato il Canale di Suez senza essere ispezionata dalle autorita' egiziane. Lo ha riferito radio Gerusalemme, che citava informazioni in merito apparse sul quotidiano egiziano al-Ahram. Il massimo responsabile del Canale di Suez, il generale Mohab Mamish, ha confermato che le autorita' egiziane non hanno ritenuto opportuno verificare il carico della nave, ignorando cosi' richieste Usa.

(ANSA, 26 agosto 2012)

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Hamas non invitato in Iran

Haniyeh non sarà a Teheran

L'Iran non ha invitato il premier di Hamas a Gaza, Ismail Haniyeh, a partecipare al vertice dei non allineati in programma la prossima settimana a Teheran. Lo riferisce il portavoce del vertice, Mohammad Reza Forqami. La notizia dell'invito, circolata sui media arabi, aveva scatenato polemiche tra i movimenti palestinesi, che avevano sottolineato il rischio di fomentare le divisioni interne.

(TGCOM.it, 25 agosto 2012)

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Guy Hever, il soldato israeliano ventenne sparito nel nulla nel 1997

di Leonard Berberi

Che fine ha fatto Guy Hever? È ancora vivo il sergente dell'esercito israeliano numero 5210447? È fuggito? È stato ucciso? È prigioniero di qualche fazione palestinese? È stato torturato dai siriani? Le domande sono le stesse da quindici anni. Per la precisione: dal 17 agosto 1997. Giorno in cui questo ragazzo di 20 anni, israeliano e con indosso la divisa dell'esercito dello Stato ebraico, ha fatto perdere le sue tracce in una base sperduta nelle Alture del Golan, a un chilometro dal confine con la Siria.
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Guy Hever (nel tondo) insieme ai suoi compagni nella base sulle
Alture del Golan pochi giorni prima di sparire nel nulla
   L'unica sua traccia, lasciata lì, in mezzo a quel pezzo di terra che strizza l'occhio al deserto, ecco, l'unica traccia è un libro «Il viaggio nel tempo». Perché, per il resto, Guy Hever s'è portato con sé, nel buco nero dov'è finito dal torrido agosto di tre lustri fa, pure il fucile d'ordinanza. «È uno dei misteri più sconcertanti», ricorda The Times of Israel.
   C'è una madre che aspetta questo ragazzo con gli occhiali e lo sguardo innocente. Si chiama Rina Hever. Non smette di lasciare le sue foto in giro per Israele. Istantanee di un adolescente. Un adolescente che oggi avrebbe 35 anni. «Questo è peggio del lutto stesso», dice Rina. «Non sapere nulla sul proprio figlio, nemmeno se sia vivo o meno».
   Guy Hever (nel tondo) insieme ai suoi compagni nella base sulle Alture del Golan pochi giorni prima di sparire nel nulla
   C'è un dolore particolare in questa madre. «Il giorno prima io e mio marito Eitan eravamo stati alla base a stare un giorno con Guy», ricorda. «Il giorno dopo sarebbe dovuto tornare a casa, ma è scomparso qualche ora prima, con il suo fucile in dotazione, le piastrine identificative e un documento internazionale con il certificato della Convenzione di Ginevra».
   I giorni successivi Rina un po' di fiducia ce l'aveva. Israele è un Paese piccolo e unito - ne era convinta - la gente non sparisce per troppo tempo. E invece. Passano i giorni. E le settimane. E i mesi. E gli anni. Ma di Guy non c'è traccia. Una delle piste parla di allontanamento volontario. Poi si fa largo l'ipotesi del suicidio o della morte per incidente e il corpo forse in qualche anfratto del Golan, o forse nascosto dalle erbacce, oppure precipitato in qualche burrone o dilaniato dalle mine disseminate lungo questo confine insidioso.
   E allora iniziano le ricerche. Soldati, poliziotti, uomini della Scientifica, volontari, cani. Hanno usato pure aerei e robot da mandare nei campi minati. Nulla. Nemmeno il suo fucile è stato trovato. Così, negli ultimi anni, è rimasta in piedi l'unica ipotesi plausibile agli occhi dei genitori del soldatino: il rapimento per mano siriana. Anche se due persone della comunità drusa - una psichiatra e un cacciatore - hanno raccontato di aver visto quel giorno, il 17 agosto 1997, un soldato israeliani camminare solo e un po' smarrito verso il confine siriano.
   «È vivo, me lo sento», confida la madre. E non c'è solo il sentimento a cui ci si aggrappa fino in fondo, fino a quando non ci s'imbatte nel corpo esanime della persona amata. C'è anche la speranza
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  Guy Hever, da piccolo, insieme alla madre Rina  
che Guy percorra la stessa strada di Massaf Abu Toameh, un arabo-israeliano che nel 1988 era andato in vacanza in Grecia e poi era sparito. Tredici anni dopo, nel 2001, s'è fatto vivo, dopo essere stato tenuto prigioniero in Siria. «Dopo tutto questo tempo mio fratello è tornato a casa, malato e giù di morale, ma è tornato», ha scritto il fratello, Khaled Abu Toameh, giornalista del Jerusalem Post. «E la cosa più choccante è che tutto questo è successo sotto il mio naso, dietro al cortile di casa».
   Nel febbraio del 1997 una sedicente sigla terroristica, i Comitati di resistenza per la liberazione delle Alture del Golan, annunciano sul web la loro disponibilità «a rilasciare un soldato israeliano catturato nel Golan» in cambio della scarcerazione dei prigionieri drusi detenuti nelle galere dello Stato ebraico. Ma dopo quell'annuncio non è mai successo nulla.
   Pochi mesi dopo, Marion Keunecke, residente a Berlino e studiosa del Giudaismo per vent'anni in Israele, scuote la famiglia Hever. E l'esercito. Racconta del suo viaggio ad Aleppo, in Siria. Spiega di essere stata fermata e interrogate dai servizi segreti locali e poi cacciata dal Paese. Ma ricorda anche che tra quelli che l'interrogavano «c'era questo ragazzo che mi faceva domande in un ebraico perfetto». Pelle olivastra, faccia smagrita. Era Guy? Guy, il ragazzo ventenne sparito dal Golan, era passato a lavorare per i siriani? «Con una certezza del 90% ho conosciuto vostro figlio, il soldato Guy Hever, durante un interrogatorio il 3 maggio 2005, verso le 22 a Damasco, in Siria», scrive la donna ai genitori del giovane.
   La tedesca dice il vero? «Di certo non mentiva», risponde Dan Hadany, ex militare delle forze aeree e ora ingaggiato dagli Hever a trovare il figlio. «Sappiamo come si comportavano in quegli anni i siriani e sono certo che Guy sia loro prigioniero».
   Ora in Siria il regime è sul punto del collasso. Aleppo è dilaniata dalle bombe. Damasco pure. Di Guy continua a non esserci traccia. «Ma io l'aspetto qui, il mio ragazzo», dice la madre. «Lo so che è vivo, lo so che ritornerà a casa sano e salvo». E mentre lo dice tutt'intorno risaltano i disegni del figlio scomparso, fatti sin da quand'era piccolo.

(Falafel Cafè, 25 agosto 2012)

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In Israele uno spot pubblicitario sdrammatizza la tensione della guerra con l’Iran

Ideato da una casa israeliana produttrice di cioccolato alla nocciola

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La tensione legata ad un possibile attacco israeliano alle infrastrutture atomiche in Iran viene in questi giorni sdrammatizzata da uno spot pubblicitario ideato da una casa israeliana produttrice di cioccolato alla nocciola. Lo spot - apparso ieri in anteprima sulla rete televisiva Canale 10 - mostra alti ufficiali statunitensi e responsabili israeliani alla difesa, seduti sui lati opposti di un tavolo, intenti in apparenza a discutere la opportunita' di un attacco.
Il dirigente israeliano non ha dubbi: ''In 33 minuti - garantisce - entriamo (in Iran) e usciamo''. Ma l'alto ufficiale statunitense (l'attore britannico John Cleese, un ex 'Monty Pyton') scuote la testa. E' palesemente contrario.
Fino a quando gli cade l'occhio su un vasetto di cioccolata da spalmare, e il suo sguardo si illumina. Con il naso imbrattato di cioccolato, l'alto ufficiale pronuncia allora un termine in gergo ebraico (il nome del prodotto) che esprime una sensazione indiscutibile di entusiasmo.
Il dirigente israeliano e' pronto ad afferrare l'insperata palla al balzo: interpretata in maniera molto arbitraria la soddisfazione del militare statunitense, si lancia sul telefono rosso per ordinare ai bombardieri di decollare. Il resto - lascia intendere lo spot - apparterra' alla Storia.

(ANSA, 25 agosto 2012)

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In Europa l'Hezbollah è di casa

Etichettato come terrorista dagli Stati Uniti, il gruppo sciita militante Hezbollah ha uffici in tutta Europa, ma insiste nell'affermare di essere soltanto un'organizzazione politica e umanitaria che raccoglie fondi destinati alla leadership del gruppo che si trova in Libano. Il New York Times (15 agosto 2012) si chiede se i servizi di sicurezza europei siano abbastanza attenti.

di Nicholas Kulish

Mentre le autorità statunitensi suonano l'allarme per quella che a loro dire è una nuova seria minaccia proveniente dal gruppo sciita militante Hezbollah, migliaia di affiliati e di sostenitori di questa organizzazione agiscono senza tante restrizioni in Europa, raccogliendo fondi che sono poi spediti alla leadership del gruppo in Libano.
Washington e Israele sostengono che Hezbollah sia un'organizzazione terroristica appoggiata dall'Iran, che abbia le mani sporche di sangue, che stia lavorando a stretto contatto con la Turchia per addestrare, armare e finanziare la letale repressione in Siria dei ribelli a opera dell'esercito. Tuttavia, l'Unione Europea continua a trattarlo in primo luogo come un movimento libanese politico e sociale.
Mentre Israele acuisce i timori di un colpo preventivo sui siti nucleari iraniani, gli analisti dell'intelligence mettono in guardia che Iran e Hezbollah reagirebbero con attacchi contro loro bersagli all'estero.
Le autorità israeliane e statunitensi hanno attribuito proprio a Hezbollah e Iran l'attentato all'autobus in Bulgaria del mese scorso, che ha provocato la morte di sei persone, cinque delle quali turisti israeliani, affermando che quell'operazione rientra in una serie di offensive clandestine, frutto di complotti orditi in Thailandia, in India, a Cipro e altrove. I difensori di Hezbollah sostengono che non ci sono prove documentate del presunto coinvolgimento del gruppo nell'attentato.
Nel suo rapporto annuale sui rischi nel paese, l'agenzia tedesca di intelligence ha reso noto che anche se si crede che Hezbollah operi in tutto il continente europeo, è in Germania che si troverebbe il centro delle sue attività, con oltre 950 membri e sostenitori presenti l'anno scorso, in aumento di 50 unità rispetto al 2010.
In Europa Hezbollah ha mantenuto un basso profilo fin dagli attentati dell'11 settembre 2001, continuando per altro a raccogliere fondi destinati ad attività umanitarie in Libano, alla costruzione di scuole e piccoli ospedali e, secondo quanto affermano le agenzie d'intelligence occidentali, ad attività terroristiche.
I servizi di sicurezza europei non perdono d'occhio i sostenitori politici del gruppo, ma secondo gli esperti i controlli diventano inefficaci quando si tratta di stare dietro alle cellule dormienti che rappresentano il pericolo maggiore. "Hanno agenti reali e ben addestrati in Europa che non entrano in azione da lungo tempo. Ma se venisse loro ordinato, potrebbero farlo da un momento all'altro", ha detto Alexander Ritzmann, consulente politico dell'European Foundation for Democracy a Bruxelles, che ha testimoniato davanti al Congresso Usa su Hezbollah.
"Se ci fossero prove concrete che Hezbollah è impegnato in azioni di terrorismo, l'Ue prenderebbe in considerazione l'idea di inserire l'organizzazione nell'elenco delle associazioni terroristiche", ha detto Erato Kozakou-Marcoullis, il ministro degli esteri di Cipro che ricopre il ruolo di presidente a rotazione dell'Unione europea.
La netta antitesi di opinioni riflette i molteplici ruoli che Hezbollah ha ricoperto sin da quando si è affermato in Libano dopo l'invasione israeliana del 1982. La sua ala militante si è resa responsabile di una serie di rapimenti e di attacchi molto ben organizzati in patria ed è stata accusata di attentati all'estero. Ma il gruppo è diventato anche fornitore di servizi sociali che lo sconquassato governo libanese è stato incapace finora di fornire e si è trasformato da allora in una forza politica, con due ministeri di gabinetto e una dozzina di seggi in parlamento.
Il segretario generale del gruppo, Hassan Nasrallah, ha detto che essere inseriti nella lista nera europea sarebbe "devastante per Hezbollah, perché le fonti dei nostri finanziamenti si prosciugherebbero e il sostegno politico morale e materiale andrebbe distrutto".
Rispetto agli Stati Uniti, l'Europa è da sempre molto più tollerante nei confronti dei gruppi militanti islamici. Prima degli attentati dell'11 settembre, Al Qaeda aveva aperto un ufficio stampa per i media a Londra. Buona parte della pianificazione e dell'organizzazione necessarie agli attentati si svolse ad Amburgo, in Germania, dove viveva il capo del complotto, Mohamed Atta.
Per anni le autorità statunitensi si sono lamentate in via riservata della riluttanza da parte della Germania a reprimere le attività che aggirano di fatto le sanzioni contro l'Iran. Le pressioni paiono aver dato qualche frutto, visto che l'anno scorso la Germania ha finalmente approvato l'inclusione della European-Iranian Trade Bank, con sede ad Amburgo, nella lista nera dell'Unione Europea.
Nondimeno, laddove i governi di Stati Uniti e Israele vedono fervere i preparativi di Iran e Hezbollah per dare il via ad azioni di terrorismo internazionale con le loro cellule dormienti, gli europei distinguono categoricamente tra una rete terroristica internazionale quale è Al Qaeda e quello che considerano un conflitto che vede schierati da una parte Israele e gli Stati Uniti e dall'altra Iran, Siria ed Hezbollah.
Alcuni analisti ritengono che i gruppi sciiti come Hezbollah pongano meno rischi rispetto a organizzazioni sunnite militanti quali per l'appunto Al Qaeda. "Il pericolo maggiore da parte dei militanti islamisti arriva dai salafiti: non dagli sciiti, ma dai sunniti", ha affermato Berndt Georg Thamm, un esperto di terrorismo di Berlino, facendo riferimento al movimento dalla linea dura dell'Islam sunnita.

- Tacito accordo
  Il divario delle percezioni da una sponda all'altra dell'Atlantico è a tal punto ampio che le autorità Usa sembrano più preoccupate dalla minaccia di Hezbollah in Europa degli stessi europei. I Paesi Bassi hanno dichiarato Hezbollah un'organizzazione terroristica nel 2004, dicendo di non voler fare distinzioni tra l'ala politica del gruppo e quella terrorista, cosa che invece fa il Regno Unito, per il quale soltanto l'ala militante è schedata.
Ritzmann ha detto: "I britannici lo considerano un espediente: se cambiano li tolgono dall'elenco. I francesi, invece, non pensano che sia intelligente metterli nell'elenco delle associazioni terroristiche, vista la loro importanza come attori politici". "Non c'è un parere unanime su Hezbollah, dunque, e ciò non cambierà in un immediato futuro", ha confermato Thamm.
In Europa gli scettici pensano che quando Hezbollah è diventata un'entità più politica, il gruppo abbia preso le distanze dal proprio passato terroristico, arrivando addirittura a dimenticarselo del tutto, e che Israele attizzi le paure nel tentativo di legittimare un attacco agli impianti nucleari iraniani.
Secondo alcuni esperti, le autorità della sicurezza del continente sarebbero reticenti a inserire il gruppo nell'elenco delle associazioni terroristiche perché sembrano aver constatato una tacita distensione, in virtù della quale Hezbollah non compie attentati e le autorità delle forze dell'ordine in Europa non interferiscono con il suo lavoro di raccolta fondi e di organizzazione.
"C'è il timore di attirarsi le ire di Hezbollah e in definitiva di scatenare attentati nei rispettivi paesi", dice Bruce Hoffman, professore di studi sulla sicurezza a Georgetown ed esperto di terrorismo, "Perché mai raccogliere un sasso da terra per vedere che cosa c'è sotto?".

(PresseEurope, 25 agosto 2012 - trad. Anna Bissanti)

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La batteria israeliana batterà il petrolio?

di Dimitri Buffa

   
Provino ora i soliti imbecilli politically e islamically correct a boicottare questo nuovo brevetto israeliano: la batteria per auto elettrica con un'autonomia di oltre cinquecento chilometri. Un'invenzione che, in prospettiva, potrebbe sbarazzarci per sempre dell'inquinamento, del ricatto energetico degli sceicchi, della benzina a due euro il litro e dei petrolieri alla Moratti che hanno fatto in Italia, e nel mondo, il bello e il cattivo tempo per gli ultimi cinquant'anni. Ebbene questa cosa è adesso a portata di mano: ne parla Nocamels.com, sito dedicato agli sviluppi tecnologici in Israele.
   L'Israeli national center for electrochemical propulsion, fondato qualche mese fa, è già dotato per i prossimi 4 anni di un budget di 45 milioni di sheqel (circa 11,7 milioni di dollari). Al centro lavoreranno un centinaio di ricercatori, suddivisi in 12 team provenienti dall'università di Tel Aviv, dal Technion, dall'università di Bar Ilan e dal Centro universitario Ariel della Samaria. Secondo quanto scrive No Camels - Israeli Innovation News, «tranquillamente e con una scarsa copertura mediatica, sembra che Israele abbia realizzato il suo obiettivo nazionale per sviluppare una batteria in grado di fornire energia sufficiente per un viaggio di 500 km con una singola ricarica». Una simile innovazione energetica non poteva che venire da Israele, paese assediato dai paesi arabi e dall'Iran, cioè dai maggiori produttori mondiali di petrolio, paesi da cui in prospettiva Israele non vorrebbe dipendere neanche per un litro di petrolio o un metro cubo di gas.
   Il presidente del Centro, Doron Urbach, del dipartimento di chimica di Bar Ilan, spiega a No Camels che «il petrolio non ha futuro, sia a causa delle politiche che a causa delle future scarsità. C'è stato un cambiamento di mentalità nei politici che ha permeato l'automotive industry ed è andato tutto verso i produttori di batterie. Tutti vogliono le auto elettriche. In realtà, è già possibile guidare per 150 chilometri con un'auto elettrica, che è sufficiente per l'israeliano medio, ma vogliamo aumentarli». Il più grande successo dell'elettrochimica moderna sono le batterie ioni-litio ricaricabili. Si tratta di una grande batteria per dispositivi elettronici, ma per una automobile ci sarebbe bisogno di molte di queste batterie. Oggi, una batteria come una che la Better Place utilizza nelle sue auto elettriche pesa 300 kg, ed è sufficiente per uno spostamento di 150 km.
   «Il nostro obiettivo - dice Urbach - è quello di estendere questo range senza peso e volume aggiuntivi». Un altro dei problemi che si trovano di fronte regolarmente i produttori di auto elettriche è la bassa velocità di ricarica delle batterie che, per contro, si scaricano molto rapidamente. Il nuovo centro israeliano sta quindi lavorando allo sviluppo di super-condensatori che possano fornire la quantità richiesta di energia nella quantità di tempo desiderato e che potrebbero fornire una soluzione allo stoccaggio di energia, un problema decisivo per tutta la comunità scientifica. Le nuove batterie avanzate potrebbero ridurre la dipendenza dal petrolio, uno dei problemi più grossi per un paese come Israele circondato da stati arabi ostili che spesso interrompono le vie di rifornimento, come è capitato con l'Egitto nel gasdotto del Sinai in seguito ad attacchi terroristici mai sufficientemente contrastati dalle autorità del Cairo.

(l'Opinione, 25 agosto 2012)

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Israele, lo scenario psichedelico delle stalattiti

Nelle pendici occidentali dei Monti della Giudea, un museo naturale si estende su una superficie di 5 mila metri quadrati. Sono le grotte Avshalom Shoham, conosciute anche come Soreq Cave, scoperte nel 1968, custodite segretamente dal governo per diversi anni e solo recentemente aperte ai visitatori. Secondo i geologi la formazione di queste stalattiti e stalagmiti, lontane 2 chilometri dalla cittadina di Beit Shemesh, contiene stalattiti alte fino a quattro metri e antiche fino a 300 mila anni. La grotta, che porta il nome di un soldato israeliano, Shoham, è considerata uno degli scenari più incantevoli al mondo.

(la Repubblica, 24 agosto 2012)

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Scoperto come raddoppiare la produzione di energia marina

Con 'point absorber' ideati da scienziati israeliani e inglesi

ROMA, 24 ago - Raddoppiare l'energia prodotta dagli oceani usando nuovi metodi per prevedere la forza delle onde. La scoperta viene da uno studio di ricercatori inglesi e israeliani, finanziato in parte dall'Ue e presentato sulla rivista 'Renewable Energy'.
I ricercatori provenienti dall'universita' inglese di Exeter e da quella israeliana di Tel Aviv sono riusciti a estrarre oltre il doppio dell'energia generata oggi grazie allo sviluppo di dispositivi in grado di prevedere con precisione la forza dell'onda successiva e di sfruttarla. Tali dispositivi galleggianti, chiamati 'point absorber', sono composti da parti mobili che seguono il moto ondoso e producono energia che poi immettono nella rete elettrica. Rispondendo in modo adeguato all'onda successiva, spiegano i ricercatori, la possibilita' che i dispositivi vengano danneggiati e' estremamente ridotta e quindi, a differenza dei sistemi attuali, possono essere lasciati in funzione anche in condizioni meteorologiche instabili.
''La nostra ricerca potrebbe far fare grandi passi in avanti allo sviluppo dell'energia marina rinnovabile'', ha detto Guang Li dell'universita' di Exeter. ''Ci sono significativi benefici nell'energia delle onde ma il progresso di questa tecnologia si e' dimostrato difficile. Lo studio potrebbe fare si' che l'energia del moto ondoso giochi un ruolo significativo nella fornitura dell'energia che usiamo''.
Il prossimo passo, ha aggiunto Markus Mueller, coautore dello studio, ''e' quello di verificare quanto potrebbe essere efficace questo approccio su larga scala, testandolo nei grandi parchi di convertitori dell'energia del moto ondoso''.

(ANSA, 24 agosto 2012)

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Manovre militari nel Sinai: raggiunta un’intesa tra Egitto e Israele

GERUSALEMME, 24 AGO - Intese sono state raggiunte fra Egitto ed Israele circa la natura delle operazioni condotte dall'esercito egiziano nel Sinai settentrionale in reazione ad un attacco sferrato da terroristi islamici all'inizio del mese.
Lo riferisce il qiornale arabo al-Hayat, citato dai mezzi di comunicazione israeliani.
Il giornale - solitamente ben informato - precisa che il nuovo ministro egiziano della Difesa, generale Abdel Fattah al-Sisi, ha avuto un colloquio telefonico con il suo omologo israeliano, Ehud Barak. Questa conversazione è giunta dopo che la stampa israeliana aveva espresso vivo allarme per la introduzione nel Sinai settentrionale da parte dell'Egitto di mezzi blindati, di aerei da combattimento e di armamenti non previsti dagli accordi di smilitarizzazione che 30 anni fa accompagnarono gli accordi di pace di Camp David. Al-Sisi, secondo al-Hayat, ha rassicurato Barak circa le finalità dell'operazione lanciata dall'esercito egiziano a breve distanza dal territorio israeliano e ha ribadito l'impegno del proprio Paese a rispettare gli accordi di Camp David.

(ANSAmed, 24 agosto 2012)

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L'auto solare palestinese: 5mila dollari per andare a 20 km orari

Costruita in due mesi da un produttore di sanitari

   
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HEBRON - Il sole potrebbe essere la risposta pulita ed economica ai problemi di indipendenza energetica dei palestinesi. I proprietari della Royal Industrial Trading Company, azienda che abitualmente si occupa di sanitari, ci credono tanto da aver deciso di dedicare del tempo al business delle auto solari. Usando materiali recuperati in azienda, gli ingegneri palestinesi hanno costruito il loro primo modello solare in due mesi e spendendo solo 5mila dollari."E' solo il primo passo - dice Nabel Az-Zagheer, presidente della società - speriamo di costruire altri due mezzi. Se il lavoro procederà bene cominceremo a produrre in serie e a vendere". L'auto, omologata per 4 persone, ha un'autonomia di circa 10 ore con una sola carica e può raggiungere una velocità massima di 20 chilometri all'ora. Non molto, ma gli ingegneri hanno buone prospettive per i modelli futuri.

(TMNews, 24 agosto 2012)

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Tre estremisti di Gaza erano coinvolti negli attacchi contro i checkpoint egiziani

Secondo quanto dichiarato il 23 agosto da un funzionario per la sicurezza di Hamas, i sondaggi rivelano che all'inizio di questo mese nella penisola del Sinai tre estremisti dalla Striscia di Gaza sono stati coinvolti in attacchi contro checkpoint egiziani.
È la prima volta dopo gli attacchi che Hamas ammette il coinvolgimento di estremisti provenienti dalla Striscia di Gaza.
Il funzionario ha inoltre sottolineato che i tre estremisti non sono realmente coinvolti negli attentati, ma hanno solamente fornito "supporto tecnico" per il gruppo armato.

(CRI online, 24 agosto 2012)

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Europa League - Hapoel Tel Aviv verso la qualificazione

di Rossella Tercatin

Forse quella dell'Hapoel Tel Aviv non sarà la favola del Kyriat Shmona, cenerentola del calcio israeliano diventata regina della Ligat Ha'al lo scorso anno, che in questi giorni cerca di un invito per il debutto al più prestigioso ballo del pallone d'Europa, la Champions League. Se la settimana prossima non riuscirà a ribaltare il 2-0 rimediato mercoledì sera a Minsk contro il Bote Borisov, la squadra della cittadina all'estremo confine settentrionale di Israele, martoriata dai razzi di Hezbollah e divenuta un simbolo della voglia di non mollare, si troverà costretta a riporre l'abito bianco in attesa di tempi migliori. Nel frattempo, il calcio israeliano può comunque festeggiare un successo in Europa: la vittoria per 3-1 dell'Hapoel Tel Aviv in casa dei lussemburghesi del F91 Dudelange. E se è vero che sulla carta l'impegno contro la squadra campione del piccolo stato europeo non risultava irresistibile, il Dudelange aveva comunque dato buona prova di sé eliminando gli austriaci del Red Bull Salzburg nel primo turno preliminare di Champions League, prima di essere a sua volta sconfitta dal Maribor di Slovenia e finire dunque a disputare i preliminari dell'ex Coppa Uefa.
I rossi dell'Hapoel hanno fatto il loro dovere, portandosi in vantaggio dopo solo quattro minuti dall'inizio del match grazie al gol di Omer Damari, che al diciottesimo del primo tempo si è poi guadagnato il rigore trasformato in raddoppio da Tal Ben-Haim. Punito per un momento di eccessivo rilassamento con un gol del Dudelange, il Tel Aviv si è comunque assicurato una gara di ritorno in discesa con il sigillo finale di Elroei Cohen, che ha fissato il risultato sul 3-1. L'appuntamento è per il giovedì 30 agosto. Solo allora l'Hapoel potrà conquistare la certezza di poter festeggiare la sua sesta avventura europea negli ultimi sette anni. E magari di portare a giocare in Israele alcune delle squadre più blasonate d'Europa dall'Inter al Liverpool.

(Notiziario Ucei, 24 agosto 2012)

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La Federcalcio ungherese condanna gli slogan antisemiti

In amichevole con Israele ultras invocano Buchenwald e Mussolini

ROMA, 24 ago. - La Federazione calcio ungherese ha preso le distanze oggi dagli atteggiamenti antisemiti assunti dai tifosi durante l'amichevole Ungheria-Israele (1-1) del 15 agosto, ma non ha assunto alcuna iniziativa concreta.
"Tali comportamenti non possono passare sotto silenzio", ha affermato la federazione, aggiungendo che anche in passato ha condannato comportamenti razzisti, antisemiti e xenofobi. Nel comunicato, inoltre, la federazione s'è detta determinata a sradicare tali comportamenti dagli stadi magiari.
Nella riunione di direzione della federazione, che s'è tenuta ieri, è stato messo in campo un nuovo programma per la sicurezza negli stadi. Il presidente della federazione, Erik Banki, è anche parlamentare della Fidesz, il partito al potere a Budapest.
Nel corso dell'incontro amichevole tra le nazionali di Ungheria e Israele, alcuni tifosi magiari hanno urlato insulti contro gli israeliani. Hanno evocato il campo di sterminio nazista di Buchenwald e qualcuno ha urlato "Viva Mussolini".

(TMNews, 24 agosto 2012)

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C'è un Gps nel nostro Dna

Università di Tel Aviv: si può determinare con maggiore precisione la posizione geografica degli antenati e le loro migrazioni

di Massimo Spampani

MILANO - Un Gps nel nostro Dna, per andare alla ricerca delle nostre origini. Un gruppo di ricerca internazionale guidato dai microbiologi molecolari dell'Università di Tel Aviv insieme ai ricercatori dell'Università di California, Los Angeles, sta dando un nuovo significato al termine «mappatura genetica». Utilizzando un modello probabilistico che associa i tratti genetici a ogni coordinata sul globo, gli scienziati hanno sviluppato un metodo per determinare più precisamente la posizione geografica delle origini ancestrali di una persona.

LA STORIA GENETICA - Il nostro Dna è una molecola unica, diversa da quella di tutte le altre persone, ma allo stesso tempo narra la storia genetica della nostra famiglia. Una storia «trasportata» dalla molecola attraverso le generazioni. Ecco allora un nuovo sistema per tracciare un «albero genealogico» di impronta decisamente tecnologica basato sulle informazioni contenute nell'intimo del nucleo cellulare. Il nuovo metodo pubblicato sulla rivista Nature Genetics, è in grado di individuare posizioni più specifiche per gli antenati di un individuo, per esempio ponendo il padre a Parigi e la madre a Roma. Questo metodo ha il potenziale per rivelare le origini, la discendenza e i modelli di migrazione delle diverse popolazioni umane e animali. Potrebbe anche essere un nuovo modello per gli studi sul genoma.

MUTAZIONI - Ci sono punti nel genoma umano chiamati SNPs che si manifestano in modo diverso in ogni individuo. Questi punti in passato possono aver subito mutazioni e le mutazioni possono essere state poi trasferite a una grande parte della popolazione di una determinata regione geografica. La probabilità che una persona possieda queste mutazioni oggi varia a seconda della posizione geografica di quei suoi primi antenati. «Abbiamo voluto indagare per esempio», spiega Eran Halperin dell'Università di Tel Aviv, «la probabilità di avere la mutazione genetica 'A' in una posizione particolare sul genoma, in funzione delle coordinate geografiche. Quando si considerano molte di queste posizioni insieme in un quadro più ampio, è possibile attribuire alle popolazioni con la stessa mutazione il punto di origine».

IL TEST - Per testare il loro metodo i ricercatori hanno esaminato campioni di Dna di 1.157 persone provenienti da tutta Europa. Utilizzando un algoritmo matematico probabilistico basato sulle mutazioni nel genoma, sono stati in grado di determinare con precisione il loro punto di origine ancestrale, solo attraverso i dati del Dna e il nuovo modello matematico. E così è stato possibile svelare due punti separati sulla mappa per l'origine del padre e della madre. Il modello può essere esteso per identificare le origini dei nonni, bisnonni e così via.

APPLICAZIONI - Il nuovo metodo potrebbe avere applicazioni negli studi genetici della popolazione - per esempio per lo studio di una malattia che abbia colpito un determinato gruppo. O per studiare la tendenza degli europei del sud ad avere una mutazione in un gene che provoca l'intolleranza al lattosio, una mutazione del gene mancante nei Paesi del nord Europa. Ma un'altra interessante applicazione potrebbe riguardare il regno animale. «In linea di principio», dice il professor Halperin, «si potrebbe capire da dove gli animali sono migrati e di conseguenza avere informazioni sui cambiamenti dell'habitat a causa di cambiamenti climatici susseguitisi nella storia o di altri fattori>.

(Corriere della Sera, 24 agosto 2012)

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Lo speaker della Knesset: attaccare subito l'Iran

GERUSALEMME, 24 ago - "Se non attaccheremo oggi in Iran perderemo il nostro potere di deterrente, che è il nostro bene strategico più importante, e ci troveremo in una situazione molto complessa": questo l'avvertimento lanciato oggi dallo 'speaker' (presidente) della Knesset (parlamento) Reuven Rivlin, un dirigente del Likud.
In un'intervista al quotidiano nazionalista Makor Rishon, Rivlin critica il Capo dello Stato Shimon Peres, che di recente ha consigliato al governo di non affrettarsi ad agire contro le infrastrutture nucleari in Iran e di mantenere piuttosto un saldo coordinamento con gli Stati Uniti. Secondo Rivlin, prima di criticare il governo su una questione così importante Peres avrebbe fatto meglio a rassegnare le dimissioni.
Ma il vivo consiglio a rinviare un blitz israeliano in Iran giunge intanto anche dall'ex capo di stato maggiore, gen. Gaby Ashkenazi. Le sanzioni internazionali, a suo parere, funzionano ed esiste "la speranza che la primavera araba arrivi prima o poi anche a Teheran". Secondo Ashkenazi l'eventuale offensiva israeliana deve attendere. Nel frattempo dovrebbero proseguire invece le attività segrete di sabotaggio contro le infrastrutture atomiche in Iran.

(ANSAmed, 24 agosto 2012)

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Europa cieca: l'Iran vuole cancellare Israele

di Fiamma Nirenstein

Le gran paginate di dibattito sulla possibilità, l'imminenza, la probabilità terrificante per molti, che Israele attacchi gli impianti nucleari iraniani, sono un pensiero sostitutivo di quello più logico e semplice che nasce da un drammatico, e tuttavia semplice, riconoscimento della realtà. L'Iran vuole distruggere Israele. Ma noi europei siamo maestri di negazione, protagonisti storici dell'immaginario poetico. L'idea di fondo in tutti questi dibattiti è: il solito rompiscatole cioè Israele, guidato da un violento di destra, si vuole avventurare in un'azione bellica che ci travolgerà tutti.
Uffa, questo Israele è veramente un pericolo per tutti fino dalla sua nascita. Ma la verità è l'opposto. Israele non ha mai minacciato l'Iran, nè nessun altro. L'Iran invece, ma noi non siamo davvero capaci di crederci, sta costruendo una bomba atomica per distruggere Israele. La distruzione di Israele è indispensabile all'Iran per imporre la sua bandiera al Medio Oriente, sciiti e sunniti lo vedono come il disgustoso nemico dell'Islam intero, e come il rappresentante ufficiale dell'Occidente, USA, Europa, Washington e la Roma del Papa. Gli Shihab 2 e 3 sono destinati a tutti noi: il fine è rifondare il califfato, chi ha letto Khomeini, chi lesse Bin Laden, chi ha letto Al Banna e i suoi discendenti Fratelli Musulmani... sa che quando un leader islamico parla, è meglio starlo a sentire.
   Ora, quando agirà Israele? Quando il pericolo sarà definitivo, incontrovertibile. L'Iran ha già abbastanza uranio arricchito per fare la bomba, ma non ha ancora deciso di assemblarlo. Quando lo deciderà e sarà pronta a "estirpare il cancro Israele", come da Khamenei a Ahmadinejad fino all'ultimo scagnozzo dell'esercito iraniano hanno annunciato, allora sarà il tempo giusto. Punto. Piaccia o non piaccia Israele non si lascerà fare a pezzi. Gli ebrei non accetteranno di essere sterminati una seconda volta. Questa è tutta la storia.
   A quel punto, Obama o non Obama, USA o non USA, Europa o non Europa non conterà nulla. Il consenso internazionale non varrà una cicca quando stanno per ammazzarti. Prima sì, quando l'Occidente potrebbe agite più decisamente con le sanzioni. Ma dopo, Netanyahu non essendo un paranoico, agirà solo nel momento indispensabile. Infine: le strombazzate fughe di notizie non sono credibili, Israele ha sempre saputo tenere i suoi segreti, dalla distruzione di Osirak a quella siriana e tante altri casi... I "leaks" sono sistemi di deterrenza che vanno nell'uno e nell'altro senso, e cercano di indurre gli USA e l'Europa a fare sul serio. Quei grandi piani di attacco li avrei potuti scrivere io, o un bambino che giuoca alla guerra. Ma per favore.

(il Giornale, 21 agosto 2012)

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Il Codice di Aleppo, altro che Dan Brown

Appassionante come un romanzo, la vera storia del capitale manoscritto biblico attraverso oltre mille anni di vicissitudini

di Elena Loewenthal

Questa è una storia che non ha nulla da invidiare a quella del Codice da Vinci. Anzi: ha dalla sua il conforto della verità, non è stata inventata ma esiste da un numero incalcolabile di anni, secoli e millenni. Matti Friedman ha deciso di narrarla in un libro che s'intitola The Aleppo Codex. A True story of Obsession, Faith and the Pursuit of an Ancient Bible, appena pubblicato negli Stati Uniti per Algonquin Books e che speriamo presto di vedere anche in italiano, perché si legge come un romanzo, incollati alla pagina, e non fa mancare emozioni forti. Il Codice di Aleppo, infatti, è ben più di un manoscritto della Bibbia ebraica: è il più antico giunto fino a noi, prima della scoperta dei rotoli del Mar Morto. È soprattutto il codice canonico dove si stabilisce il sistema che fissa per l'eternità il suono e il significato del testo sacro con un minuzioso sistema di puntazione e segni grafici concepito appositamente per la parola trasmessa da Dio a Mosè sul Sinai e di lì in poi di generazione in generazione.
   Non a caso, infatti, questo codice è stato chiamato con confidenziale riverenza «Corona» nei quasi settecento anni in cui è rimasto conservato, nascosto e riverito nel retro di una sinagoga di Aleppo, in Siria.
   Friedman racconta la sua storia in un sapiente avvicendarsi di secoli, scenari, figure umane di passaggio. Il Codice di Aleppo venne trascritto probabilmente a Tiberiade nel X secolo, tutto dalla stessa mano e dalla stessa testa, che di sicuro conosceva a memoria il testo integrale della Bibbia ebraica. Dalle rive di quel lago dalla lunga memoria il manoscritto approda a Gerusalemme, dove la storia biblica si riflette sulla pietra quasi bianca delle mura, varca il mare e giunge ad Al Fustat, al Cairo: qui fu sicuramente fra le mani del grande Mosè Maimonide, che lo consultò nella stesura delle proprie opere. E poi, per vie quanto mai traverse e imperscrutabili, la Corona arriva ad Aleppo. Ogni volta che questo rotolo di pergamena passa da una mano all'altra lo accompagnano vicende concitate, guerre, segreti condivisi, ma soprattutto il senso di una missione come nessun'altra: chi lo custodisce sa che una specie di maledizione bracca chi lo cede, anche se per necessità e per la sua sopravvivenza.
   Ma soprattutto sa che ha per le mani un testo unico, l'unico vero scrigno della parola divina. Ad Aleppo il codice sembra ritrovare la stanzialità cui il suo inestimabile valore ha diritto. Viene tenuto nascosto, osservato di quando in quando con un affetto sovrumano: per secoli e secoli la vita della comunità ebraica locale ruota tacitamente intorno a questo tesoro che pochi sanno dove si trovi di preciso. Poi arriva il Novecento, arrivano il sionismo e un conflitto che prende le mosse: a partire dal novembre del 1947, quando l'Onu vota a favore della spartizione della Palestina in due Stati, uno arabo e uno ebraico, i tempi per gli ebrei che magari da millenni vivevano nei paesi arabi si fanno sempre più duri. Disordini, violenze, cacciate.
   Durante i tumulti di Aleppo, il codice viene danneggiato, ma sopravvive. I suoi custodi fingono che sia andato perso, per evitare che sia cercato. Alcune pagine scompaiono misteriosamente, Friedman ne segue il cammino come un segugio di razza. Nel 1944, mentre la famiglia rimasta in Europa viene sterminata, il grande studioso Umberto Cassuto si reca ad Aleppo da Gerusalemme dove vive e ha l'occasione di restare a tu per tu con il manoscritto (a patto di non fotografarlo, cosa che era sentita come una profanazione).
   Nel 1948 nasce lo Stato d'Israele, e da Tel Aviv e Gerusalemme s'incomincia a pensare di salvare, oltre alle vite di centinaia di migliaia di profughi ebrei cacciati dai paesi arabi, anche i libri: ma è così difficile superare il muro di segreti, omertà e paure che protegge il codice. Nove anni più tardi un commerciante di formaggio di Aleppo, Murad Faham lascia per sempre la Siria dove la sua famiglia viveva da secoli. La «Corona», affidatagli il giorno prima dai notabili della sinagoga (se non lo porti via tu, il codice sarà perduto per sempre, vista l'aria che tira), stava avvolta in un telo bianco, di quelli che si usavano per le forme di formaggio. I gendarmi alla frontiera frugarono fra le merci, ma non trovarono il manoscritto.
   Il mercante poté lasciare la Siria grazie al passaporto iraniano che non si sa bene come si era procurato per espatriare: alla luce di ciò che avviene oggigiorno in quella regione, la scena di un ebreo costretto con la morte nel cuore a lasciare la sua Aleppo per non tornarci mai più, con un passaporto iraniano per le mani e Gerusalemme come meta è davvero una beffa del destino. Ma è così che il Codice di Aleppo ha trovato la strada verso la salvezza e da allora riposa in pace, più vivo che mai, al Museo d'Israele, indisturbato sotto il trambusto di visitatori che sciama per le sale al piano di sopra, e non ha modo di arrivare nel suo rifugio.

(La Stampa, 24 agosto 2012)

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Un milione di palestinesi a Gerusalemme per il Ramadan

Prove di dialogo tra i due Paesi

   
ROMA - Prove di dialogo tra israeliani e palestinesi: Israele, infatti, ha autorizzato l'ingresso a oltre un milione di palestinesi a Gerusalemme, durante il periodo del Ramadan. Uno stop alle restrizioni che è anche un primo accenno di fiducia nelle relazioni tra le parti." Ci sono persone che non possono mettere piede in questi luoghi da dieci anni. È la prima volta dopo tantissimo tempo che superano la green line a causa dei controlli di sicurezza tra israeliani e palestinesi", afferma Talal, responsabile di un'agenzia di turismo. Migliaia di palestinesi si sono potuti così recare in preghiera sulla spianata delle Moschee, nella città vecchia di Gerusalemme. Altri hanno potuto farsi il bagno nelle spiagge israeliane: luoghi finora proibiti senza un permesso speciale. "Siamo molto contenti, i miei nipoti non avevano mai visto la spiaggia. Non potevo credere che avessero accettato di farci venire al di qua del muro. Siamo anche potuti andare a Gerusalemme e grazie a Dio abbiamo potuto pregare nella città", dice questa donna che arriva dalla Cisgiordania. Decisioni che si inseriscono nella politica del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e del presidente dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen di chiudere un negoziato tra le due parti.

(TMNews, 23 agosto 2012)

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Berlino - Rav Metzger: "Milah alla base dell'anima ebraica"

di Rossella Tercatin

Rav Yona Metzger
"La religione ebraica e quella musulmana devono continuare a poter essere praticate in Germania" dichiarava una risoluzione indirizzata al governo guidato dalla cancelliera Angela Merkel e sostenuta dai leader di maggioranza e opposizione del Parlamento tedesco. Una risoluzione che invitava l'esecutivo a intervenire perché la circoncisione, pratica fondamentale tanto per gli ebrei quanto per i musulmani, potesse essere praticata in Germania senza il timore di conseguenze legali.
In questi giorni i rappresentanti della Repubblica federale tedesca incontrano a Berlino il rabbino capo ashkenazita di Israele Yona Metzger allo scopo di trovare una soluzione.
La sentenza pronunciata dal Tribunale di Colonia lo scorso 26 giugno che qualificava la circoncisione del neonato per scelta dei genitori come un reato penale, ha provocato infatti non pochi problemi. Molti ospedali tedeschi, e persino austriaci e svizzeri hanno vietato di praticare la circoncisione fino a che non si ristabilisca un quadro legale chiaro. Nel frattempo, solo un paio di giorni fa, è uscita sui giornali la notizia che un rabbino tedesco, David Goldberg, sarebbe stato denunciato da un medico per aver praticato la milah su un bambino in Baviera.
Rav Metzger ha dichiarato ai giornalisti di essere fiducioso che una soluzione di compromesso possa essere presto raggiunta, insistendo però sul fatto che debba essere consentito ai mohelim, coloro che praticano la circoncisione secondo la legge ebraica, di continuare a operare, per preservare il significato sacro del rito, che rappresenta un dettame di D-o per gli ebrei. "Questo è il nostro credo, e la base stessa dell'anima ebraica" ha spiegato.

(Notiziario Ucei, 23 agosto 2012)

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Lieberman: Abbas fa ''terrorismo diplomatico''

GERUSALEMME, 23 ago - Il leader palestinese Mahmud Abbas sta facendo del ''terrorismo diplomatico'' contro Israele, comportamento pericoloso da paragonare alla minaccia di violenza rappresentata da Hamas. A dichiararlo e' il ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman.
E' la seconda volta in pochi giorni che Lieberman attacca personalmente il presidente palestinese lanciando un appello alle potenze mondiali affinche' spingano l'Autorita' palestinese a eleggere un nuovo leader per promuovere il processo di pace.

(ASCA, 23 agosto 2012)

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Tre università israeliane tra le prime cento al mondo

Highslide JS
  L'Università Ebraica di Gerusalemme
La Hebrew University di Gerusalemme, il Technion Institute of Technology Israel e il Weizmann Institute of Science fanno parte della lista 2012 delle prime 100 università nel mondo. La classifica accademica delle università - 2012 (ARWU) - è stata elaborata come ogni anno dai ricercatori della Shanghai Jiao Tong University in Cina. E’ considerata la più affidabile di tutte le classifiche delle università nel mondo. L'elenco comprende le prime 500 università tra più di 1.000 università valutate in tutto il mondo.
E' la prima volta che diverse università israeliane sono classificate a un livello così alto.
La Hebrew University figura al 53o posto, il Technion al 78o e il Weizmann Institute al 93o.
La maggior parte delle prime 20 università sono americane, con le prime quattro: Harvard, Stanford, MIT e l'Università di California a Berkeley.
L'Università di Cambridge nel Regno Unito si è classificata al 5o posto e la Oxford University al 10o.
Dal momento in cui è apparsa la prima classifica ARWU nel 2003, la Hebrew University è sempre stata tra le prime 100. Fino ad oggi il Technion ed il Weizmann Institute figuravano tra le università classificate tra 101 e 150. Inoltre, quest'anno anche l'Università di Tel Aviv è stata classificata tra 101 e150, e l'Università Ben-Gurion del Negev e l'Università Bar Ilan si sono classificate tra i posti 301 e 400.
Le classifiche sono state anche ristrette a determinati settori, il che ha portato un maggiore riconoscimento a Israele.
In matematica la Hebrew University è arrivata al 16o posto, l'Università di Tel Aviv al 30o e il Technion al 74o.
In informatica il Weizmann Institute ha terminato al 12o posto, il Technion al 15o, la Hebrew University al 27o e l'Università di Tel Aviv al 29o.
"Questo dimostra che gli investimenti senza precedenti del governo nel mondo accademico israeliano portano risultati", ha detto il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. "Investiamo 7 miliardi di NIS nelle università per un programma pluriennale nelle università, nei centri di eccellenza e per riportare a casa gli accademici israeliani che hanno lasciato il paese."
Netanyahu ha aggiunto che "i nostri sforzi hanno avuto successo. Sono particolarmente contento per la classifica ottenuta dalle istituzioni israeliane di istruzione superiore in informatica, con quattro di loro tra le 30 più importanti istituzioni del mondo. Questo è un altro segno che Israele continua ad affermarsi come potenza mondiale nell'Hi-Tech."
La classifica ARWU prende in considerazione ogni università che ha dei laureati con premi Nobel, i ricercatori più citati, o articoli pubblicati su Nature o Science. Inoltre, la classificazione include università con grandi quantità di documenti indicizzati dal Science Citation Index-Expanded (SCIE) e dal Social Science Citation Index (SSCI). I criteri sono la qualità dell'istruzione e degli insegnanti, i risultati della ricerca e le prestazioni pro capite.

(Siliconwadi.fr, 21 agosto 2012 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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42 miliardi di dollari, è il costo del possibile conflitto di Israele contro l'Iran

di Luca Pistone

Un intervento armato contro l'Iran potrebbe incidere pesantemente sull'economia israeliana. Secondo le previsioni del gruppo BDI-Coface, se Israele dovesse optare per l'azione militare al fine di frenare le ambizioni nucleari di Teheran, i relativi danni economici non sarebbero inferiori ai 167 miliardi di shekel (42 miliardi di dollari), equivalenti al 5,4% del PIL israeliano del 2011 (870 miliardi di dollari).
"I danni indiretti ammonterebbero a 24 miliardi di shekel all'anno per i successivi tre o cinque anni a causa del crollo delle imprese", continua BDI-Coface. La stampa locale non esclude raid aerei contro gli impianti nucleari iraniani in vista delle elezioni presidenziali statunitensi il prossimo novembre.
BDI-Coface osserva come i 32 giorni di guerra contro il Libano nel 2006 avessero portato ad una riduzione dello 0,5% della crescita economica di Israele, mentre i costi diretti quali danni alle proprietà civili e alle infrastrutture ad un'ulteriore riduzione dell'1,3%.
"Qualora dovesse iniziare una guerra di simili dimensioni, durata e danni, è possibile spettarsi danni per 16 miliardi di shekel". Il conflitto con il Libano si era sviluppato maggiormente nel nord di Israele, che produce il 20% delle produzioni del paese. "In caso di guerra sarebbe coinvolto anche il centro del paese", che da solo produce il 70% dell'attività economica israeliana.
All'inizio del mese, anche il governatore della Banca di Israele Stanley Fischer ha paventato lo scenario di una "drammatica crisi economica" se si dovesse scegliere la soluzione bellica.

(Atlas, 23 agosto 2012)

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Il nuovo ambasciatore d'Italia in Israele incontra i rappresentanti delle associazioni italiane

Francesco Maria Talo'
Da pochi giorni in Israele, e subito dopo un primo incontro di lavoro presso il Ministero degli Affari Esteri israeliano a Gerusalemme, il nuovo Ambasciatore d'Italia in Israele, Francesco Maria Talo' si e' voluto incontrare con i rappresentanti delle piu' importanti associazioni italiane operanti nell'ambito della collettivita' italiana.
L'incontro si e' tenuto, oggi mercoledi' 22 agosto nel primo pomeriggio nei locali adiacenti il Museo d'Arte ebraica italiana U. Nahon e la Sinagoga Italiana di Conegliano Veneto a Gerusalemme; l'Ambasciatore Talo' e' giunto all'incontro accompagnato dal Consigliere d'Ambasciata Gabriele Altana.
Dopo una breve visita al Museo, ove e' allestita una Mostra su Emanuele Luzzati, l'Ambasciatore Talo' ha fatto la conoscenza con alcuni rappresentanti del Com.It.Es. d'Israele con il Presidente Beniamino Lazar, con i rappresentanti della Hevrat Yehudei Italia, con la sig.ra Cecilia Hemsi Nizza, Angela Polacco Lazar, Samuele Giannetti e Angelo Piattelli; presenti anche rappresentanti dell'Associazione Immigrati dall'Italia, del Notiziario in lingua italiana "Kol Haitalkim", e del sig. Giuliano Orvieto fondatore del Centro del Restauro. Durante la visita al Museo l'Ambasciatore Talo' ha ricevuto le spiegazioni da parte della curatrice la dr.ssa Contessa e delle dr.ssa Noemi Tedeschi.
Nell'incontro caldo, cordiale e nel contempo informale, dopo i saluti di augurio e un brindisi di benvenuto, l'Ambasciatore Talo' si e' presentato, tracciando brevemente un suo programma, in special modo ribadendo la collaborazione che si augura che si avra' con tutta la collettivita' italiana e con le istituzioni operanti a favore della collettivita' italiana.
L'Ambasciatore Talo' presentera' le credenziali al Presidente dello Stato d'Israele Shimon Peres nelle prossime settimane; nelle prossime settimane e' prevista la visita in Israele del Ministro degli Esteri Giulio Terzi.

Ufficio segreteria del Com.It.Es. d'Israele
P.O.Box 4672 - 91046 Gerusalemme - tel. 00972 (0) 502212626
e-mail: info@comites.org.il - www.comites.org.il

(politicamente corretto, 23 agosto 2012)

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Israele non più isola felice: boom di licenziati

di Massimo Lomonaco

TEL AVIV, 23 ago - La Knesset, il Parlamento israeliano, è stata riunita - nonostante le ferie estive - per una sessione straordinaria dedicata alla crisi economica e all'ondata di licenziamenti che si sta abbattendo anche sullo Stato ebraico: non più 'isola felice' di fronte alle turbolenze del mondo occidentale. La sessione - invocata da Dalia Itzik, presidente di Kadima (opposizione centrista), la quale ha duramente criticato la politica economica del premier Benyamin Netanyahu (Likud, destra) - la dice lunga sui venti di crisi che si riflettono fin qui dall'affannata Europa. Il paese principe dello 'start up' - per quanto ancora lontano dal vortice recessionistico del Vecchio Continente - ha registrato in questi ultimi tempi le robuste manifestazioni degli 'Indignati' israeliani che - anche con proteste drammatiche come quelle di due uomini morti dopo essersi dati fuoco per protesta - hanno fatto sentire la voce di chi si sente ormai marginalizzato dalla crisi economica.
   Nel mese di giugno - ha rivelato un rapporto del Servizio israeliano per l'occupazione - sono state ben 16.084 le persone che hanno perso il lavoro: il numero più alto dal 2009, con una prevalenza di donne. La città più colpita è Tel Aviv, seguita da Gerusalemme. Il tasso di disoccupazione nella popolazione attiva - sempre secondo il rapporto - è al 5,58%. Cattive notizia anche per chi è in cerca di lavoro: luglio - ha detto Boaz Hirsch, direttore del Servizio dell'Impiego, citato dal sito Ynet - ha fatto registrare un aumento della domanda "dello 0,5% rispetto al mese precedente, portando il numero totale (degli iscritti al collocamento) a 187.200 unita".
   Un clima di crescente inquietudine si percepisce anche nel settore dei mass media locali e in diverse redazioni: decine di dipendenti della televisione commerciale Canale 10 (sullo sfondo di 150 lettere di licenziamento) hanno organizzato un picchetto di protesta a Gerusalemme, di fronte alla residenza del premier Netanyahu, visto che l'emittente rischia di chiudere se entro il mese prossimo non restituirà debiti per 40 milioni di shekel (otto milioni di euro). Severi tagli di personale sono in vista inoltre nel diffuso quotidiano Yediot Ahronot e nel suo sito web, Ynet. Il prestigioso quotidiano Haaretz sta riducendo il numero di pagine e ha abolito l'inserto politico del venerdì. E prospettive non proprie rosee incombono pure sul Maariv. Tutto questo in un momento in cui il governo ricorre all'incremento di tariffe e tasse per far fronte all'impennata del deficit di bilancio. E in cui i prezzi segnano una tendenza al rialzo, compresi quelli dei generi controllati come il pane.
   Il ministero dell'Industria e del Lavoro ha reso noto di recente l'aumento del costo del pane (sovvenzionato e fermo da febbraio 2011) del 6,53% giustificandolo con l'aumento del costo globale del grano. Mentre, per la fine del 2012 - secondo le stime del Centro per lo Sviluppo e la Cooperazione internazionale Agricola - potrebbero salire tra il 6 e il 13% il prezzo dei latticini, dell'8-17% le uova, del 6-14% il pollame.
   La Knesset dovrà provare a indicare ora contromosse per contrastare questi venti di crisi. Ma sulle ricette non sembra facile trovare un accordo.

(ANSAmed, 23 agosto 2012)

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Speed sisters, le palestinesi su auto da corsa contro pregiudizi

Un team di ragazze gareggia e sogna la Formula 1

   
RAMALLAH - Donne sprint contro i pregiudizi. Si chiamano Speed Sisters le tre ragazze palestinesi che hanno trasformato la passione per le auto sportive in un lavoro, formando il primo team da corsa femminile del Medio Oriente. "Questo sport è stato monopolizzato dagli uomini, ma le ragazze si sono fatte largo sulla scena locale e internazionale. Il nostro gruppo ha la forza dell'audacia, dato che è composto di solo donne palestinesi" spiega Maysoon.La storia è iniziata più di dieci anni fa: le ragazze sono state notate dalla Federazione palestinese, che ha offerto loro la possibilità di formare la squadra. Superando le difficoltà politiche, ma anche lo scetticismo di genitori e opinione pubblica, sono arrivate a correre in Formula 3: "Amo correre da quando ero bambina. Quando ho cominciato tutti erano contrari, era inaccettabile che una ragazza palestinese competesse con 67 ragazzi. Sono stata la prima donna a gareggiare nel 2004, sino ad allora era inaccettabile, ma io sono arrivata ottava anche se non sapevo molto di macchine". Tutt'altra storia quella di Betty, che viene da una famiglia di corridori."Io mi sono messa alla prova, e le donne palestinesi hanno dimostrato il loro valore in politica e nello sport: possiamo dimostrare al mondo che meritiamo uno Stato". Galvanizzate dalla visita al circuito di Silverstone, in Gran Bretagna, le ragazze puntano a competere a livello internazionale, il sogno è la Formula 1. Intanto saranno protagoniste di un film, in uscita nel 2013.

Video

(TMNews, 22 agosto 2012)

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Inaccettabile per Israele il marchio “made in Palestina” del Sudafrica

GERUSALEMME - "Inaccettabile". Il ministro degli Esteri di Israele ha definito cosi' la decisione del Sudafrica di dare il via libera al marchio 'prodotto nei territori occupati palestinesi' alle merci che provengono dagli insediamenti israeliani in Cisgiordania. Questa decisione, si legge in una nota del ministero israeliano, rappresenta "una sfacciata discriminazione basata su distinzioni di carattere nazionale e politico". Per questo, l'ambasciatore del Sudafrica in Israele verra' convocato nella giornata di giovedi'. Si tratta, dicono fonti del ministero degli esteri di Tel Aviv, di una decisione senza precedenti che "fa venire in mente idee di tipo razzista che il governo del Sudafrica, piu' di ogni altro, dovrebbe respingere".

(AGI, 22 agosto 2012)

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Teheran presenta il nuovo missile balistico a corto raggio Fateh-110

È la versione potenziata di un precedente vettore terra-terra, con migliori capacità di lancio e longevità. Per il presidente Ahmadinejad è un "deterrente" e un'arma di "difesa" contro attacchi provenienti dall'estero. Nuove voci di un possibile raid militare israeliano nelle prossime settimane.

Il Fateh-110
TEHERAN - Teheran ha annunciato la produzione di una nuova versione di missili terra-terra a corto raggio, chiamata Fateh-110 o "il conquistatore". È stato lo stesso presidente Mahmoud Ahmadinejad a mostrare ieri il modello aggiornato del vettore balistico, a distanza di poche settimane dai primi test sul campo. Nel suo messaggio, il capo di Stato ha sottolineato che l'Iran sta cercando di sviluppare le proprie capacità di difesa "non in un contesto di aggressività, ma come deterrente" contro attacchi provenienti dall'esterno. Intanto continua la ridda di voci su una possibile - e prossima - azione militare da parte di Tel Aviv
Da Tel Aviv non parte nessuna azione militare per il semplice fatto che la capitale d'Israele è Gerusalemme e lì si trova la sede del suo governo. Ma il cattolico AsiaNews fa finta di non saperlo.
, in un'escalation di tensione cui hanno contribuito le stesse parole di Ahmadinejad che di recente ha definito Israele "insulto all'umanità" e un "cancro da estirpare".
   Intervenendo a una cerimonia in programma per la presentazione del nuovo missile Fateh-110, il presidente ha spiegato che l'Iran intende solo "difendere se stesso". Non vi sarebbero infatti mire di "conquista" o piani per invadere altre nazioni, ma solo la precisa volontà di "difendere noi stessi, il nostro territorio e la nostra esistenza". Egli aggiunge anche che il vettore sarà necessario a "difendere la dignità umana".
   Secondo quanto riferisce l'agenzia ufficiale iraniana Irna, l'aggiornamento garantirà una migliore velocità di lancio, maggiore longevità e l'uso anche in condizioni atmosferiche sfavorevoli. E, rivolgendosi a Stati Uniti e Israele, il governo iraniano ricorda che il Paese è pronto a rispondere in modo "adeguato" in caso di attacchi.
   In questi giorni, intanto, emergono nuove voci di azioni militari israeliane nei confronti dell'Iran, accusato di promuovere un programma nucleare con finalità belliche; Teheran ha sempre smentito, sottolineando che l'atomica è finalizzata alla produzione di energia per scopi civili. Il premier Benjamin Netanyahu sembra determinato a lanciare un attacco prima delle elezioni presidenziali statunitensi a Novembre. Una decisione che incontra però una decisa opposizione interna e in seno alla comunità internazionale.

(AsiaNews, 22 agosto 2012)


Con asettico stile curiale il cattolico AsiaNews descrive un Ahmadinejad che pensa solo a difendersi e un Netanyahu che pensa solo “a lanciare un attacco”. Si capisce bene da che parte stanno, ma come al solito si atteggiano a “super partes”. E con il riferimento a Tel Aviv confermano che a loro proprio non va giù che la capitale d’Israele sia Gerusalemme. M.C.

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Liebermann: "L'Egitto ritiri i mezzi militari dal Sinai"

GERUSALEMME - Il dispiegamento egiziano di carri armati nel Sinai, alla ricerca dei terroristi che il 6 agosto scorso uccisero 16 soldati, rischia di innescare una grave crisi con Israele, che ha ricordato le clausole attraverso cui il Trattato di Camp David prevede la smilitarizzazione dell'area. "Torno a insistere sul rispetto delle condizioni del Trattato, altrimenti e' quest'ultimo che rischia di essere messo in discussione", ha detto il ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Liebermann, agli ambasciatori europei in un incontro che si e' tenuto ieri a Gerusalemme .

(AGI, 22 agosto 2012)

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Rileggetevi Grossman

di Mattia Feltri

   
Klaus Schroeder
Salta fuori che la metà dei liceali tedeschi non sa che Adolf Hitler era un dittatore. Un terzo di loro pensa fosse, anzi, uno strenuo difensore dei diritti umani, una specie di Gino Strada coi baffetti. È una ricerca seria, condotta dalla Freie Universität di Berlino attraverso 7.400 interviste a studenti dei cinque maggiori Länder. In Germania gli è preso a tutti un colpo: «Possibile che i nostri ragazzi siano così bestie?».
Senz'altro sì, è possibile. Ma le domande giuste erano altre. Per esempio: com'è che noi genitori non siamo stati capaci di ficcargli in testa nulla? Oppure: ma che diavolo gli insegnano a scuola? Tanto è vero che il responsabile del sondaggio - il professore di Scienze politiche Klaus Schroeder - un dubbio se l'è fatto venire: «Forse dovremmo aumentare le lezioni di storia contemporanea e diminuire lo studio di altre epoche».
Ci si sta avvicinando al cuore del problema. Si presume infatti che in Germania, come in Italia (a parte gli imbarazzi dei tedeschi nel parlare del loro Führer), i genitori siano distratti o a loro volta ignoranti, mentre i professori siano tutti pozzi di scienza incapaci di parlare al cuore. Se ci danno dentro con Hitler, la Shoah e il nazismo, di sicuro non lo fanno (anche) attraverso George Orwell, Arthur Koestler, Jorge Sempròn o, per farla breve, attraverso Vasilij Grossman: tutti noi conteremmo sulle dita di una mano i conoscenti che abbiamo letto il suo Vita e destino, una specie di Divina Commedia del Novecento (copyright Giampiero Mughini).
Quanti docenti di storia si saranno imbattuti in quel romanzo che è la pelle sanguinante del secolo delle idee assassine? Perché sarebbero bastate due dita di testa per fotocopiare la dozzina di pagine (capitolo diciotto) di cui è costituita la lettera che Anna Semerova, ebrea ucraina, scrive al figlio Viktor Strum. Sono i mesi dell'assedio di Stalingrado. La lettera comincia così: «Viktor caro, per quanto mi trovi oltre la linea del fronte e dietro il filo spinato di un ghetto ebraico, sono convinta che questa mia lettera giungerà fino a te. Non riceverò la tua risposta, invece, perché non ci sarò più».
E finisce così: «Viktor, mio caro… È l'ultima riga dell'ultima lettera che ti scrive tua madre. Vivi, vivi per sempre… Mamma». Basterebbero queste dodici raggelanti pagine, basterebbe leggerle e farle leggere, per farsi un'idea viscerale della Shoah e di chi fosse Hitler. Se si legge tutto il libro ci si fa un'idea precisa anche di chi fosse Stalin, così, per evitarsi la prossima sorpresa.

(Il Sole 24 Ore, 22 agosto 2012)

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L'Unione Europea a Israele: basta insediamenti illegali

BRUXELLES, 22 ago - Israele ''deve fermare immediatamente tutte le attivita' di insediamento in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est'', attivita' che ''sono illegali e minacciano'' la soluzione dei due-Stati. Lo ha scritto la rappresentante per la politica estera europea, Catherine Ashton, in un nota in cui si dice ''seriamente preoccupata per le implicazioni della recente decisione delle autorita' israeliane di pubblicare un bando di gara per 130 alloggi addizionali nell'insediamento di Har Homa''.

(ANSA, 22 agosto 2012)


La questione della “legalità” degli “insediamenti” israeliani in Giudea-Samaria e a Gerusalemme Est è un chiodo fisso su cui si continua a battere e ribattere. E’ un argomento giuridico da cui si vuole ricavare forza politica, e purtroppo ci si riesce, anche perché i difensori di Israele non sembrano interessati al tema. Alla difesa della verità giuridica si preferisce l’esercizio del pragmatismo politico. E così fioriscono i consiglieri politici di Israele, che sono come i direttori tecnici della nazionale italiana: se ne trovano a milioni. E l’effetto che producono sullo svolgimento dei fatti è esattamente lo stesso. M.C.

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Terra Promessa sui monti calabresi

di Francesco Prisco da Serrastretta

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C'è stato un tempo in cui l'ebraismo era fiorente nel Mezzogiorno d'Italia. Centri come Siracusa e Trani ospitavano sinagoghe assai frequentate e talvolta esprimevano saggi conoscitori della Torah. «In Calabria comunità importanti erano a Catanzaro, Lamezia Terme e Serrastretta», racconta la rabbina italo-americana Barbara Aiello.
   E ci sono rimaste fino al 1555, anno in cui la bolla papale Cum nimis absurdum ghettizzò definitivamente i seguaci dell'Antico Testamento obbligandoli nella maggior parte dei casi ad abiurare e abbracciare il cristianesimo.
   Certe tracce però non si cancellano del tutto: «A Serrastretta - prosegue la rabbina Aiello - per ben cinque secoli è rimasta viva la pratica di molti riti ebraici che hanno finito per essere adottati da gran parte della locale comunità cattolica. Quella che, per capirci, vanta antenati ebrei». Qualche esempio? Questa cittadina di 3.300 anime a poco più di 800 metri sul livello del mare è conosciuta soprattutto per il distretto della sedia artigianale. Vi si producono sedie di ogni dimensione ma le più piccole hanno una funzione particolare. «Vengono introdotte in casa - racconta la Aiello - quando muore un parente caro. Servono da inginocchiatoi e, insieme con i panni neri per coprire gli specchi, fanno parte del locale rito funebre. Che poi è lo stesso della Shiv'ah ebraica».
   La rabbina Aiello non ha dubbi: «Almeno il 40% dell'odierna popolazione della Calabria discende da ebrei obbligati a scegliere il cristianesimo per forza o per necessità». La tradizione ebraica li chiama anusim, cioè "costretti". «Io stessa - prosegue la rabbina - provengo da una famiglia di anusim. Mia nonna, originaria di Serrastretta, prima di accendere le candele dello Shabbat, si barricava in casa al riparo da sguardi indiscreti. Solo quando la mia famiglia emigrò negli Stati Uniti, capì che non avrebbe avuto più nulla da temere».
   Anche per rendere omaggio alle sue origini, la Aiello ormai tredici anni fa si è fatta ordinare rabbina e da cinque anni trascorre più tempo a Serrastretta che in Florida, intenta a far rifiorire il giudaismo calabrese che fu nella sua sinagoga Ner Tamid del Sud (Luce eterna del Sud). È l'unica rabbina riformata d'Italia, punto di riferimento per almeno 80 famiglie della penisola che sapevano d'avere antenati calabresi e che, con lei, hanno riscoperto radici giudaiche.
   La sinagoga che ha fondato ogni anno ospita inoltre centinaia di ebrei statunitensi che vengono a celebrare bar mitzvah «nel posto in cui l'ebraismo ha vissuto per cinque secoli in clandestinità». Sono i loro pellegrinaggi la prima fonte di sostentamento per la comunità della Aiello. Che apre sempre le porte a chi non trova casa nell'ortodossia. «Discendo da una famiglia di anusim - racconta Angela Amato che frequenta la sinagoga di Serrastretta - il mio intento iniziale era intraprendere il cammino dell'ebraismo ortodosso, ma ho incontrato difficoltà. La comunità di rabbi Barbara invece mi ha accolto».
   Che non ci sia feeling fra la Aiello e l'ebraismo ufficiale italiano - di tradizione ortodossa - lo si comprende subito parlando con Elia Richetti, presidente dell'Assemblea rabbini d'Italia. «L'ebraismo riformato - precisa quest'ultimo - è un fenomeno tutto americano. In Italia non esiste altra via all'ebraismo che non sia l'ortodossia. L'unica comunità meridionale - aggiunge il rabbino Richetti - resta quella di Napoli. Il fenomeno Aiello è ascrivibile al rinnovato interesse verso le origini ebraiche del Sud. C'è tanta curiosità, qualche volta cultura, molte altre folklore».
   La Aiello intanto prosegue la sua missione. Anche perché a Serrastretta, cittadina nella quale le stelle di David riaffiorano persino sul pavimento dell'antico palazzo Pingitore, l'accoglienza che ha ricevuto è stata ottima. Cinque anni fa a Lamezia Terme accadde l'esatto opposto: la rabbina, intenta a dare vita a un centro di studi ebraici, si ritrovò contro istituzioni e cittadini. Nella sinagoga di Serrastretta invece a volte si vede persino il dinamico parroco del posto don Gigi Iuliano, per il quale «gli ebrei sono fratelli maggiori nella fede». O il giovane sindaco Felice Molinaro che condivide con la rabbina un'iniziativa di fund raising per realizzare una copertura che renda fruibile tutto l'anno l'anfiteatro dedicato all'eroina locale Dalida. «Ci basterebbero 100mila euro - spiega il primo cittadino - per avere a disposizione una struttura utilizzabile sia per attività culturali che religiose». Progetti in comune con la Aiello ne ha anche il lametino Lorenzo de' Medici Gatti, discendenza certificata dalla nobile casata toscana per parte di padre e da ebrei polacchi per parte di madre, nel curriculum un'apparizione a un reality tv: «Il mio gruppo - spiega - ha in cantiere investimenti da 16 milioni per realizzare un residence di lusso a Nocera Terrinese.
   Costruiremo anche una sinagoga da 200 mila euro, destinata alla clientela russa e americana. La rabbina celebrerà matrimoni in riva al mare». Perché, se non altro, l'ebraismo riformato di Calabria un miracolo già l'ha fatto: attrarre in quest'angolo di profondo Sud visitatori provenienti da tutto il mondo.

(Il Sole 24 Ore, 22 agosto 2012)

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Rassegna stampa su Israele

di Emanuel Segre Amar

Come già scriveva ieri Ugo Volli su queste colonne, anche oggi non sono molte le notizie da riportare dopo la lettura dei giornali. Ma questo avviene anche perché notizie di primo piano non sono riportate dagli inviati. Nei giorni scorsi, si è appreso infatti, il governo israeliano ha inviato ferme proteste ai governanti egiziani che stanno introducendo nel Sinai non soltanto uomini e mezzi atti a combattere il terrorismo, ma rampe di missili terra aria, in spregio agli accordi di pace. Solo una breve del manifesto ne parla oggi, e in modo distorto (alla Casa Bianca gli israeliani si sono rivolti infatti perchè gli USA sono garanti della pace, ma la protesta è stata inviata anche direttamente agli egiziani tramite i normali canali diplomatici).
   Non si parla nei giornali italiani nemmeno della denuncia, avvenuta in Baviera, del rabbino Goldberg, reo di aver praticato delle circoncisioni rituali. La notizia si trova sull'Herald Tribune e sul Suddeutsche Zeitung, ma nessuno osserva che solo le circoncisioni rituali ebraiche, sicuramente una minoranza, vengono perseguitate. Sarebbe bene che in Europa qualcuno cominciasse a chiedersi il perché.
   Il Corriere sottotitola "Centinaia di persone hanno assistito alla scena senza intervenire" un articolo nel quale Francesco Battistini, col solito astio nei confronti degli israeliani, parla dell'attacco di un gruppo di ragazzini di età compresa tra i 13 ed i 17 anni ad un loro coetaneo arabo che si era trovato nei pressi quando una ragazzina di 15 anni gridò di essere stata violentata. Eppure nel testo dell'articolo si può ben leggere che un ragazzo ebreo allontanò gli assalitori e prestò le prime cure al malcapitato. Si legge poi che le principali autorità israeliane sono intervenute (Battistini dimentica di citare Netanyahu, pur nominato da Michele Giorgio sul manifesto...), e si legge che un sociologo considera questi episodi alla stregua di tanti simili che avvengono in Europa ed in America. Ha ragione Battistini a rimproverare i genitori, sempre pronti a difendere i loro pargoli, ma avrebbe dovuto ricordare che i leader arabi sono sempre pronti a esaltare le gesta dei loro "terroristi", a differenza di quanto fanno quelli israeliani. Addirittura sta girando in rete, in questi giorni, l'intervista televisiva di una terrorista della pizzeria Sbarro che sorride felice, insieme all'intervistatore, man mano che ricorda i particolari di quella triste giornata della seconda intifada.
   E di seconda intifada si parla in un articolo dell'Herald Tribune dedicato ad uno spettacolo teatrale che ricorda quel triste periodo della recente storia. Peccato che, all'inizio, il giornalista scriva che tutto sarebbe avvenuto per colpa della passeggiata di Sharon sulla spianata delle moschee. La "passeggiata" era stata concordata con le autorità islamiche, e Arafat aveva già organizzato l'intifada, ma le bugie, ripetute all'infinito, alla lunga diventano realtà, nella testa di alcune persone.
   Importante sull'Herald Tribune, almeno per la firma di Dennis Ross, è un articolo dedicato alla guerra annunciata tra Israele ed Iran. Per gli israeliani la diplomazia ha fallito, mentre per Obama c'è ancora tempo, e lo stesso Netanyahu non ha ancora denunciato il fallimento della diplomazia. Dal 2007 l'Iran conosce tutto quanto è necessario per costruire la bomba nucleare, e quindi ora si può solo ritardare ma non impedire agli ayatollah di costruirla. L'America deve convincere l'Iran a ricorrere ad un uso solo civile dell'atomo, e nel frattempo mettere a punto, con gli amici dei 5+1, la strategia da perseguire il giorno dopo che si veda che la diplomazia ha fallito. Nel frattempo deve offrire ad Israele, in cambio di un rinvio dell'attacco, armi più potenti e impegni precisi di difendere, in seguito, Israele qualora la guerra sia l'unica opzione rimasta. Non ho evidentemente argomenti per controbattere a Ross, ma non posso non osservare che la Turchia, il cui leader è considerato uno di politici più vicini ad Obama, sta aumentando del 30% i propri scambi con l'Iran. Bel modo di garantire le sanzioni.
   Le Monde dedica un articolo alla guerra che si combatte in Israele ogni giorno per difendere una tregua in realtà impossibile da difendere; i soldati sono impegnati in prima persona, ed uno di questi, ex para ed oggi membro del gruppo breaking the silence, racconta episodi che saranno anche reali, ma che vanno ambientati nella quotidiana realtà, senza di che non si può comprendere nulla.
   Guido Olimpio riporta sul Corriere le parole di Obama che minaccia di intervenire se Assad userà le armi chimiche delle quali dispone in abbondanza. E' difficile per chi scrive comprendere la logica del presidente, mentre molto più chiaro è l'ex parlamentare e magistrato tedesco che ha avuto il privilegio di incontrare Assad due volte e che è intervistato da Francesca Paci su La Stampa. Il rais è sostanzialmente filo occidentale, e proprio Hillary Clinton avrebbe modo di risolvere la situazione se accettasse di incontrarlo; peccato che non lo faccia. Al contrario, si legge, per chi manovra gli interessi legati al petrolio, è meglio tenere lontana la democrazia per non dovere, ad ogni elezione, rinegoziare tutti gli accordi.
   Lorenzo Cremonesi, nelle sue sempre raccapriccianti cronache, descrive la morte di altri due giornalisti, e Domenico Quirico, su La Stampa, accanto a scene di vita quasi normale (una famiglia felice per aver appena comperato un paio di scarpe ed un ragazzo che monta un puledro) scrive del ragazzino che, solo e disperato, piange accanto al padre appena ucciso dalla guerra. Fausto Biloslavo, sul Giornale, scrive che molte delle defezioni dei vip siriani sarebbero favorite da lauti compensi in denaro.
   Infine Mara Gergolet sul Corriere riprende una orribile vignetta messa ieri in rete da un leader dell'estrema destra del FPO; anche per questo è bene che l'Europa inizi a riflettere con attenzione.

(Notiziario Ucei, 22 agosto 2012)

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Vietato cantare e ridere in Arabia Saudita, anche se sei italiana

Due hostess di Meridiana fly rischiano il licenziamento

di Costanza Bonacossa

Highslide JS
   L’amministratore delegato di Meridiana fly
 con alcune hostess
Ridere e cantare in pubblico è un evidente pregiudizio per l'azienda. Per questo due assistenti di volo della compagnia aerea sarda Meridiana fly si sono viste recapitare una contestazione disciplinare e sono state sospese dall'attività lavorativa per avere «osato» ridere e cantare durante un trasferimento in pick-up dall'aeroporto all'hotel. Siamo a Jeddah, una delle più grandi città dell'Arabia Saudita, paese dove vigono le rigide regole della sharia, la «legge di dio» per i musulmani più intransigenti. Ma si dà il caso che le due hostess siano italianissime e dipendenti della compagnia aerea Meridiana fly, azienda fondata dal principe ismaelita Karim Aga Khan che ha chiuso un contratto di «wet lease», ovvero ha affittato aereo più equipaggio alla compagnia di bandiera algerina Air Algerie.
   Il presunto fattaccio - le due infatti respingono con forza ogni addebito - è accaduto i primi di agosto durante un trasferimento dall'aeroporto King Abdulaziz della città saudita all'hotel della famosa e lussuosa catena internazionale Radisson Blue nella Medina Road di Jeddah. Dopo la tratta Algeri-Jeddah, due assistenti di volo di Meridiana fly si trovavano a bordo di un pullman dedicato esclusivamente all'equipaggio tutto italiano che doveva essere trasferito in albergo. La fine di una giornata di lavoro intenso. Secondo quanto contestato dall'azienda, le due hostess a bordo del pick-up avrebbero iniziato a cantare e a ridere in maniera eccessiva, dimostrando, secondo la compagnia aerea, di non rispettare le norme di comportamento previste in Arabia Saudita: norme che in casi come questo, ricorda l'azienda, possono comportare l' intervento della polizia religiosa saudita. Gli agenti in questione fanno parte della famigerata Mutawwa'in, la polizia religiosa del «Dipartimento per la prevenzione del vizio e la promozione della virtù», preposta, tra le altre cose, al controllo dei luoghi pubblici, alla sorveglianza degli spazi religiosi e degli orari della preghiera, alla protezione dei valori islamici e della società da «eventuali derive». La direzione risorse umane di Meridiana nella contestazione spiega che fatti come questo non risultano conformi al contratto di lavoro vigente e a quanto previsto dal documento «planned information» che disciplina le operazioni con Air Algerie.
   Nelle indicazioni fornite agli equipaggi dalla compagnia aerea sarda per lo svolgimento delle mansioni con il vettore algerino viene infatti chiesto alle assistenti di volo donna di evitare trucchi vistosi e profumi troppo intensi e, inoltre, si avvisa tutto il personale navigante di evitare di mangiare, bere e fumare in pubblico durante il giorno nel periodo del Ramadan, quest'anno dal 20 luglio al 20 agosto. Ma non c'è alcun riferimento a impedimenti che riguardino manifestazioni di gioia come ridere o cantare. Nonostante questo la contestazione rimarca che il comportamento delle due dipendenti risulta in contrasto con i doveri derivanti dal rapporto di lavoro e inoltre ha creato un evidente pregiudizio per la compagnia sotto il profilo dell'immagine. Alle dipendenti viene ricordato che hanno dieci giorni di tempo per presentare alla compagnia le loro ragioni al termine dei quali, senza una valida giustificazione, l'azienda potrà adottare il provvedimento disciplinare più idoneo che potrebbe essere anche il licenziamento.
   Vista la gravità del comportamento Meridiana fly ha ritenuto indispensabile provvedere anche alla sospensione dall'attività lavorativa delle due dipendenti. La vertenza va però detto che rientra all'interno di un clima infuocato, con una serie di contestazioni disciplinari piovute sulla testa dei naviganti di Meridiana fly nell'ultimo semestre, in quelle che i dipendenti giudicano come vere e proprie azioni intimidatorie. Non a caso è di pochi giorni fa la lettera con cui alcuni assistenti di volo denunciano condizioni di lavoro «gravose e mobbizzanti», a cui il personale di volo di Meridiana fly sarebbe sottoposto dalla gestione definita «medievale» dell'amministratore delegato Giuseppe Gentile e di altri esponenti del management della compagnia aerea.
   Denunce e malcontento che da tempo ormai invadono il web attraverso siti specializzati, stampa online e bacheche di settore. Si parla anche di dipendenti modello, con anni di lavoro alle spalle e curriculum di tutto rispetto, trattati alla stregua di una banda di sovversivi, estremisti ed indisciplinati, contro i quali agire a colpi di dubbi procedimenti disciplinari. Un clima già avvelenato che, secondo sindacati e diversi dipendenti, sarebbe ulteriormente esacerbato da continue vessazioni e pressioni, secondo un disegno in cui il dipendente non costituisce più una risorsa dell'azienda.

(Il Fatto Quotidiano, 20 agosto 2012)

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Nipoti di nazisti ed ebrei marciano assieme ad Auschwitz

Ricordare assieme il passato per poterlo infine seppellire. I nipoti di nazisti e i sopravvissuti dell'Olocausto e i loro discendenti sono tra le centinaia di persone che lunedì hanno cominciato una marcia attraverso la Polonia passando per i campi di concentramento nazisti.
"Sono qui oggi per chiedere perdono. Mi dispiace, mi dispiace molto".
Una marcia del dolore e del ricordo cominciata ad Auschwitz e che terminerà venerdì a Treblinka per un totale di 100 chilometri percorsi.
"Siamo qui come discendenti della generazione di chi ha compiuto questi crimini. Vogliamo chiedere perdono per quel che hanno fatto i nostri nonni perché loro non hanno avuto parole per chiedere perdono".
La settimana dedicata alla marcia si è aperta con una cerimonia presso il memorial di Birkenau. La prima delle marce della memoria risale al 2007 e si tenne a Tubinga.

(euronews, 22 agosto 2012)

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Portavoce di Israele a euronews: "Non interferiamo in Siria"

- Mohammed Shaikhibrahim, euronews: "Da Gerusalemme è collegato con noi Mark Regev, portavoce del premier israeliano. Benvenuto a euronews."
  Mark Regev: "Sono molto lieto di essere con voi."

- "Israele si sta preparando ad attaccare l'Iran?"
  "Finora, nonostante la pressione diplomatica, le sanzioni economiche, altri sforzi della comunità internazionale, il regime iraniano continua la sua corsa alle armi nucleari - armi che sarebbero puntate contro il mio Paese, quindi è molto importante che manteniamo tutte le opzioni sul tavolo."
"Israele non ha ancora preso una decisione. Ma sappiamo che se decideremo di usare la forza, ciò comporterà dei costi. Però devo dire che non agire e vedere l'Iran ottenere un'arma nucleare comporterebbe costi molto maggiori e molto più importanti."

- "Israele dispone della potenza militare necessaria per porre fine alle ambizioni nucleari iraniane?"
  "Non entro mai nei dettagli operativi, mi spiace."

- "Vi preoccupa che il gruppo libanese Hezbollah possa intervenire? Cosa ne pensa dell'ultimo discorso di Hassan Nasrallah, in cui ha affermato che le vite di migliaia di israeliani diventerebbero un inferno se Israele attaccasse il Libano?"
  "Lo consideriamo una minaccia e siamo pronti al confronto militare, ma non lo consiglierei a nessuno e specialmente a Hezbollah… E' facile dire le cose a parole ma penso che dovrebbe essere più cauto perché non è nel suo interesse cominciare una battaglia con Israele. Non dovrebbe metterci alla prova."

- "Qual è la sua posizione sui sanguinosi eventi in Siria?"
  "Abbiamo espresso la nostra indignazione, la nostra preoccupazione per il popolo siriano che soffre sotto questo regime brutale. Ogni giorno ci sono sempre più uccisioni di persone innocenti in Siria e questo deve finire. Ovviamente, siamo preoccupati anche per i depositi di armi chimiche in Siria. Non vogliamo che queste armi arrivino nelle mani di estremisti né di Hezbollah né di al Qaida o di altre organizzazioni estremiste.
"Vogliamo vedere una Siria che - si spera - sia più stabile e che viva in pace con Israele. Questa è la nostra speranza ma ovviamente non stiamo interferendo, se non dicendo che appoggiamo i diritti del popolo siriano ad avere un governo migliore."

- "Pensa che la sicurezza di Israele sia minacciata dalla relazione di Hamas con il nuovo partito di governo in Egitto?"
  "Posso dire solo che abbiamo un problema con Hamas. Hamas si è impossessato della Striscia di Gaza e anziché investire sul futuro della gente di Gaza, anziché cercare di costruire una vita migliore per la gente di Gaza, Hamas mantiene un comportamento estremista e sta investendo su un futuro conflitto con Israele."

- "Un'ultima domanda. Come rispondete a chi accusa Israele di avere ucciso Yasser Arafat?"
  "Semplicemente, non è vero. Penso che nessuno stia prendendo queste accuse sul serio e vorrei ricordare ai Palestinesi che tutti i documenti sulla salute di Arafat e sulle sue cure ce li hanno loro - cioè la sua famiglia o il governo dell'Autorità palestinese. Quindi dico loro: invece di coltivare teorie del complotto, perché non rendere pubblico tutto quanto? Questo chiarirebbe sicuramente la questione…."

- "Grazie al portavoce del premier israeliano, Mark Regev da Gerusalemme, per essere stato con noi."
  "Piacere mio."

(euronews, 21 agosto 2012)

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Il deserto: un luogo dell'anima

A Mitzpe Ramon, nel deserto del Negev, lontano da tutto. Prima avamposto militare, oggi rifugio per artisti, mistici e turisti un po' speciali (che fanno scelte ecologiche e praticano sport)

di Carla Perrotti

Sono 43 anni che vivo in Israele e, prima di oggi, ero stata a Mitzpe Ramon forse due volte. Eppure è un luogo straordinario. Se a qualcuno, di questi tempi di vacche magre, venisse finalmente voglia di fare il profeta, gli consiglierei senza alcun dubbio di farci l'apprendistato. Il Mitzpe (letteralmente «osservatorio») è un posto magico, un territorio dell'anima, un paesaggio lunare, onirico, nel cuore del deserto. E la notte ti offre il miracolo di uno stupefacente cielo di stelle talmente vicine che ti sembra di poterle quasi toccare. Mitzpe Ramon è situato nel sud di Israele, alla fine del mondo praticamente, lontano da qualsiasi altro luogo, nel deserto del Negev. La città più vicina è Dimona, a 64 chilometri di distanza. Situato sull'antica Via delle Spezie, in un promontorio alto più di 800 metri, si affaccia su una grande depressione del suolo nota come Cratere di Ramon, grande ben 360 km....

(Traveller, 21 agosto 2012)

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Netanyahu ha inviato un messaggio a Morsi

di Aviel Schneider, da Gerusalemme

Highslide JS
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha fatto sapere al nuovo governo del Cairo che non tollererà altre truppe e carri armati nella penisola del Sinai. Questo messaggio forte è stato trasmesso attraverso Washington al nuovo presidente egiziano Mohammed Morsi.
Il governo israeliano teme che l'esercito egiziano in pratica non farà nulla contro i covi terroristici islamici nel Sinai, e che al contrario la nuova situazione sarà sfruttata soltanto per mobilitare forze egiziane vicino al confine con Israele. L'esistenza di gruppi terroristici nel Sinai e i loro attacchi contro Israele sono nell'interesse del governo egiziano, perché offrono al Cairo una plausibile scusa per far stazionare un potente esercito nel Sinai.
Secondo i dirigenti israeliani, il governo egiziano in questo modo infrange il trattato di pace tra Israele ed Egitto. Secondo l'accordo del 1979, nel Sinai non possono stazionare truppe egiziane. In pubblico il governo di Israele sta attento a non criticare l'Egitto, sul piano politico Israele tiene chiusa la bocca.
Ma dietro le quinte in Israele ora è noto che al ministero degli Esteri israeliano e all'ufficio del governo sono estremamente preoccupati per la mobilitazione di truppe egiziane nel Sinai. Nelle ultime settimane il Cairo ha introdotto nel Sinai carri armati e nuove truppe senza alcuna consultazione con Gerusalemme. Israele vede in questo un segnale di avvertimento che il nuovo presidente del Cairo non ha alcun interesse all'accordo di pace con Israele e cerca invece nuovi rapporti con l'Iran.

(israel heute, 21 agosto 2012 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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Si alza la tensione tra egiziani ed israeliani

di Piernicola Nobili

Qualche giorno fa, più precisamente nei giorni vicino al periodo di Ferragosto, gli italiani mentre erano intenti a mangiare ognuno la propria fetta di anguria, hanno dovuto apprendere, proprio dalle principali agenzie di stampa, che, mai come in questo periodo, tutta l'area geopolitica israeliana si è surriscaldata.
In Israele si parla di tensione alle stelle e di possibili preparativi per un attacco o per una "guerra lampo" di al massimo un mese. D'altronde, non si poteva aspettare un miglioramento dopo che tutti i Paesi intorno ad Israele, soprattutto quelli che un tempo erano laici, hanno cambiato bandiera politica e potrebbero modificare la loro linea d'azione rispetto allo Stato ebraico.
Sembra un copione già scritto e più volte letto soprattutto quando le attuali autorità egiziane, quelle del dopo Mubarak, stanno muovendo i propri carri armati all'interno del territorio del Sinai Settentrionale. Si tratta di una patetica dimostrazione di forza o di una mobilitazione parziale? Questo non è chiaro, sta di fatto che gli israeliani, in particolare Benjamin Natanyahu, attuale premier di Tel Aviv, tramite i suoi canali diplomatici tradizionali, ha fatto sapere che desiderebbe che gli egiziani rimuovano i tank dal territorio del Sinai settentrionale.
È un atto che dà molto fastidio agli israeliani, soprattutto perché un "movimento di truppe" all'interno dell'area del Sinai, smilitarizzata con un'intesa più di trent'anni fa, lancerebbe un chiaro e non troppo velato messaggio allo Stato ebraico.
Un movimento di truppe vuole semplicemente affermare che gli egiziani, di fatto, sono in grado di poter muovere truppe all'interno del loro territorio più orientale nonostante questo sia stato smilitarizzato da un trattato bilaterale.
Gli israeliani sono giustamente agitati anche perché devono gridare con sempre maggiore veemenza per poter chiedere un maggiore impegno delle attuali autorità egiziane nella lotta contro le forze del terrorismo islamico che, sembrerebbe, si siano arroccate negli angoli più impervi del Sinai.

(Italiaglobale.it, 21 agosto 2012)

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I piloti a Netanyahu: pronti ad eseguire l'ordine di attacco all'Iran

La lettera inviata dai piloti di Aviazione, Esercito e Marina segue l'appello alle forze aeree a rifiutare di bombardare le centrali atomiche iraniane diffuso da 400 israeliani

Non è la risposta che si aspettavano i firmatari dell'appello a non attaccare l'Iran diffuso in rete nei giorni scorsi. A quell'appello i piloti riservisti dell' Aviazione militare, dell'Esercito e della Marina hanno replicato con una lettera indirizzata al primo ministro Netanyahu nella quale di dicono pronti ad eseguire qualsiasi ordine in qualsiasi momento.
Lo riferisce il giornale online "Time of Israel" aggiungendo che i piloti inoltre condannano gli appelli a non eseguire gli ordini impartiti dall'establishment politico-militare.
Nei giorni scorsi più di 400 israeliani, tra i quali diversi accademici, avevano firmato un appello che chiede ai piloti dell'Aviazione militare di rifiutare l'ordine di bombardare le centrali nucleari dell'Iran, che il governo di Benyamin Netanyahu potrebbe dare già nelle prossime settimane, a voler dar credito alle indiscrezioni di stampa.
«Noi non conosciamo i vostri nomi...ma sappiamo una cosa: il nostro destino, il nostro futuro è nelle vostre mani. Presto potreste ricevere l'ordine (di attaccare l'Iran), scegliere di dire di no», è scritto nell'appello che circola in internet.
Tra i firmatari ci sono il professor Menachem Mautner, ex preside della facoltà di giurisprudenza dell'università di Tel Aviv; Anat Biletzki, ex direttrice del centro per i diritti umani "B'Tselem"; e Nurith Gertz del College Sapir.
Tra le ragioni indicate nell'appello per non attaccare ci sono la rappresaglia iraniana contro le città israeliane, la possibilità di una contaminazione da radiazioni della popolazione civile iraniana, il disastro economico globale e il pericolo per i piloti di essere abbattuti e catturati, con la conseguenza che il paese sarebbe poi costretto ad accettare uno scambio di prigionieri per ottenere la loro liberazione a condizioni molto sfavorevoli.
Più di tutto l'appello sottolinea che l'attacco alle centrali iraniane non causerebbe l'interruzione definitiva dei programmi nucleari di Tehran ma finirebbe solo per ritardarli di qualche anno.

(globalist, 21 agosto 2012)

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Nel cimitero israelitico di Acqui Terme un museo dedicato agli ebrei

   
Il cimitero israelitico di Acqui Terme
Sarà allestito grazie ad un gruppo di cittadini, anteprima il 2 settembre alla torre civica

ACQUI TERME - Un museo dedicato agli ebrei acquesi verrà allestito nel cimitero ebraico grazie al contributo scientifico e intellettuale di un gruppo di acquesi che da tempo s'impegnano persona per divulgare il patrimonio culturale che fu della comunità ebraica di Acqui ormai estinta.
L'annuncio è stato dato in occasione della presentazione della tredicesima Giornata europea della cultura ebraica che si terrà il 2 settembre.
Quel giorno sarà possibile visitare il cimitero ebraico, Villa Ottolenghi e un'anteprima del museo, parte del quale sarà allestito nell'occasione all'interno dei locali comunali della torre civica, a pochi passi da dove erano localizzati sinagoga e ghetto.
Sarà proprio la sinagoga che non esiste più il tema della mostra curata da Luisa Rapetti, Lionello Archetti-Maestri, Marco Dolermo e Patti Uccelli.

(La Stampa, 21 agosto 2012)

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Netanyahu in cerca di appoggio in vista di un’azione bellica

Il Primo ministro avrebbe chiesto agli ultraortodossi il via libera alla guerra

GERUSALEMME - L'appoggio a una possibile azione bellica israeliana contro l'Iran: è quanto il primo ministro Benyamin Netanyahu starebbe cercando di ottenere dall'influente rabbino Ovadia Yosef, capo spirituale di Shas, partito ultraortodosso della maggioranza di governo, apparso finora contrario all'ipotesi di un attacco militare non concordato con gli Usa.
Lo sostiene oggi la stampa israeliana, riferendo che la richiesta sarebbe stata illustrata all'anziano rabbino sefardita dal consigliere per la sicurezza nazionale Yaakov Amidror, che venerdì scorso ha in effetti fatto visita a Yosef insieme con il Ministro degli interni e leader politico di Shas, Eli Yishai.
Una mossa che - affermano i commentatori - si inquadra nell'azione condotta da Netanyahu e dal ministro della difesa Ehud Barak per provare ad assicurarsi almeno il via libera di Shas in seno al governo e al Gabinetto di sicurezza: dove al momento i due non sembrano poter contare su una maggioranza di sì a un'eventuale azione solitaria contro l'Iran.
Non si sa - precisa la stampa - se l'inviato di Netanyahu abbia avuto effetto su Yosef: la radio militare ha però riferito che il rabbino, dopo l'incontro con Amidror, si sarebbe mostrato meno «determinato» nella sua opposizione all'azione militare.

(Corriere del Ticino, 21 agosto 2012)

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L'antisemitismo divampa, ma i giovani possono essere salvati

di Roberto Malini

TREVIGLIO - Hanno tracciato una svastica vicino a casa mia: certi segni ritornano e sfregiano l'illusione di vivere in un mondo civile. Alcuni giorni fa, in treno, ho sentito alcuni giovanissimi frequentatori dei centri sociali milanesi esprimere le più turpi ingiurie contro gli ebrei. Li ho ripresi e ho insegnato loro a riconoscere le nuove calunnie antiebraiche, con le quali sono stati indottrinati dai loro "fratelli maggiori". "Leggete pure Indymedia, ragazzi, ma anche un buon articolo di Luciano Tas. Cercate la verità e allontanatevi dalle ideologie che conducono alla caccia alle streghe". All'inizio i ragazzi sembravano piuttosto irritati dal mio intervento. Uno di loro sbuffava, altri due si scambiavano risatine beffarde. Dopo un po' però, hanno cominciato ad ascoltarmi. Quasi subito si sono scusati per i toni offensivi usati contro gli ebrei, riconoscendo di aver parlato senza riflettere: "Siamo stati stupidi, ma non siamo razzisti. Lo dimostra il fatto che ci battiamo contro i Centri di espulsione per migranti e gli sgomberi di campi Rom". Quindi si sono mostrati interessati riguardo alla situazione umanitaria a Gaza, perché avevano visto foto che mostravano una povertà estrema. Gli ho parlato della visita effettuata l'anno scorso da parte della Croce Rossa Internazionale e delle conclusioni esposte da Mathiilde de Riedmatten: "Non esiste crisi umanitaria a Gaza"*. Sono molto giovani e il loro margine di crescita civile è enorme, purché non siano rovinati da cattivi maestri. Mi hanno promesso di leggere "Israele: 21 domande e 21 risposte" di Luciano Tas. Alla fine del nostro scambio di idee, li ho trovati ricettivi e desiderosi di confrontarsi con nuovi punti di vista. Mi hanno chiesto l'indirizzo di posta elettronica, che ho dato loro. Mi hanno promesso di scrivermi.
   Vi sono, al contrario, gruppi antisemiti che non sembrano avere possibilità di ripensamento, riguardo alle loro ideologie improntate a un odio totale e irrazionale contro il popolo ebraico. StormFront, WhitePride e gli altri gruppi di estrema destra prendono spesso di mira, nei loro deliranti e pericolosi blog, noi che ci impegniamo pubblicamente per la verità e la Memoria. Lo stesso fanno, paradossalmente ma non troppo, gli pseudo-anarchici, che di frequente, nei loro "media indipendenti" propagandano tesi identiche a quelle care ai nostalgici di Hitler e Mussolini. Altri blog, come quello di Andrea Carancini (ma ce ne sono a decine!), cercano di far proseliti fra le persone meno colte e consapevoli, riproponendo all'infinito tesi negazionistiche. Come difendersi dall'avanzata di antisemiti, revisionisti e neonazisti? Opponendo alla loro arrogante ignoranza la forza della verità, della civiltà e della memoria, valori di fronte ai quali odio e calunnia - alla fine - si dileguano.

(il Mezzogiorno, 20 agosto 2012)

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In Israele torna la paura: boom di richieste di maschere anti-gas

Dal 2010 sono raddoppiate: circa 4.000 richieste al giorno per timore di possibile utilizzo di armi chimiche siriane

Distribuzione di maschere antigas  
ROMA, 20 ago. - Israele torna ad avere paura. Nei centri di Gerusalemme che distribuiscono maschere antigas la richiesta si è impennata vertiginosamente nelle ultime settimane. Il boom di domande è causato dalla situazione di conflitto in Siria, dopo che le autorità israeliane hanno espresso la loro preoccupazione sul possibile utilizzo di armi chimiche siriane nel caso di una caduta del regime del presidente Bashar al Assad.
Nel centro di distribuzione la gente è in coda e attende di ricevere gratuitamente la propria maschera. Per averla è sufficiente mostrare un documento d'identità.
Sulle t-shirt dei negozianti si può leggere la scritta: "Prenda la sua maschera, faccia la scelta della vita". La distribuzione di maschere antigas è iniziata a marzo del 2010 dopo una decisione del governo di dotare tutti gli israeliani di questo strumento. E ora, l'aggravarsi della situazione in Siria ha fatto aumentare le richieste: da circa 2mila domande al giorno a più del doppio.

(TMNews, 20 agosto 2012)

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La guerra Iran costerebbe cara, ma anche la pace

Analisti valutano il costo dei vari scenari

ROMA, 20 AGO - Il costo della guerra con l'Iran e quello della pace. La questione è all'ordine del giorno in Israele, dove da mesi si moltiplicano le voci su un prossimo conflitto con Teheran. Ma se prima il fulcro del dibattito era capire se lo Stato ebraico avrebbe attaccato, ora le speculazioni sembrano concentrarsi sul costo di un'eventuale guerra.
«La guerra con l'Iran potrebbe costare 42 miliardi di dollari» titola oggi il sito di Arutz Sheva, network vicino alla destra religiosa israeliana. Il dato è ripreso da uno studio del Business Development Institute (Bdi) di New York, che ha basato la propria stima sull'analisi dei costi del secondo conflitto israelo-libanese (oltre un mese di guerra nel 2006). «Le conseguenze di un attacco all'Iran sono difficili da prevedere - scrive invece il Globes, autorevole testata economica -, tuttavia non c'è dubbio che inciderebbero sostanzialmente sull'economia nazionale per un certo periodo di tempo». Già ora, del resto, «lo spettro della guerra aleggia come una nuvola nera sul mercato israeliano». Ma se fare la guerra costerebbe caro, anche la pace ha il suo prezzo, come fa notare Yarom Ariav, ex direttore generale del ministero dell'Economia, considerato un esperto in materia di spese militari. «Se Israele non attaccasse e l'Iran diventasse una potenza nucleare - ha dichiarato Ariav al quotidiano Haaretz -, il contraccolpo economico sarebbe considerevole: il nostro rating peggiorerebbe e dovremmo aumentare di molto il budget per la difesa e la sicurezza nazionale». Al netto di considerazioni di altro genere (strategiche, etiche, etc), appare dunque molto complicato capire quale dei due scenari sarebbe il meno oneroso.
Ma anche l'incertezza si paga: «Il clima attuale è un deterrente per chi vuole investire nel Paese», scrive oggi il sito d'informazione Ynet. Ne fa le spese persino il settore immobiliare - una gallina dalle uova d'oro negli ultimi anni - che nella prima metà del 2012 ha registrato «un dimezzamento degli investimenti stranieri rispetto all'anno precedente».

(ANSAmed, 20 agosto 2012)

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'Oro puro', monili etruschi a Gerusalemme

  
In rassegna millenni di lavorazione del pregiato metallo

GERUSALEMME, 20 ago - Sensibile da sempre al fascino dell'oro - che fra l'altro tremila anni fa decorava il Tempio di Salomone - Gerusalemme dedica la sua attenzione alla lavorazione di questa materia pregiata fin dall'alba della Storia. E nella mostra 'Oro puro' (Pure Gold) del Museo delle Terre della Bibbia (blmj.org) vengono esposti, fra l'altro, anche tesori dell'arte etrusca, finora poco nota in questo Paese. Nel complesso, ci sono 250 oggetti provenienti da Mesopotamia, Egitto, Persia, Mar Nero e Cina.

(ANSA, 20 agosto 2012)

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Missili anti-aereo egiziani nel deserto del Sinai?

L'Egitto ha installato missili anti-aereo nel deserto del Sinai, senza avvisare Israele e in violazione del trattato di pace israelo-egiziano.
"Stiamo parlando di missili anti-carro e missili anti-aereo, che l'esercito egiziano ha introdotto nel Sinai in violazione del trattato di pace tra i due stati", ha dichiarato un commentatore di The Voice of Israel.
Sarà confermata la notizia? Che faranno gli Stati Uniti, garanti del trattato di pace fra Egitto e Israele?

“Egypt Reportedly Sets up Anti-Aircraft Missiles in Sinai Desert”

(Notizie su Israele, 20 agosto 2012)

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Lo Shin Beth arrestò quattro membri del FPLP a maggio

ROMA, 20 ago - Il servizio di sicurezza interno israeliano denominato Shin Beth ha arrestato quattro membri del Fronte popolare di liberazione della Palestina (Fplp) che avevano pianificato il rapimento di alcuni cittadini israeliani. Gli arresti risalgono al mese di maggio. "Lo scorso maggio, con l'aiuto dell'esercito e della polizia israeliana, lo Shin Beth ha arrestato una cellula armata dell'Fplp che si apprestava a sequestrare cittadini israeliani che servissero da moneta di scambio per la liberazione di detenuti palestinesi", ha indicato il comunicato. I quattro uomini pensavano di sequestrare un "soldato o un colono" israeliano al fine di ottenere in particolare "la liberazione di Ahmed Saadat, capo dell'Fplp, detenuto in Israele per il suo coinvolgimento in vari attacchi terroristici in particolare l'omicidio del ministro (del Turismo) Rehavam Zeevi (nell'ottobre 2001)", ha aggiunto il comunicato.

(Prima Pagina News, 20 agosto 2012)

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Israele prima del Tempio

L'Università Ebraica di Gerusalemme ha annunciato la scoperta di oggetti che per la prima volta fanno luce su come il rituale religioso venisse organizzato in Giudea al tempo del Re David.

di Marco Tosatti

L'Università Ebraica di Gerusalemme ha annunciato la scoperta di oggetti che per la prima volta fanno luce su come il rituale religioso venisse organizzato in Giudea al tempo del Re David. Durante i recenti scavi archeologici a Khirbet Qeiyafa - una città fortificata in Giudea adiacente alla valle di Elah - l'archeologo Yosef Garfinkel e i suoi colleghi hanno ritrovato una ricca raccolta di ceramiche, utensili in pietra e metallo, e diversi oggetti d'arte di cui molti destinati al culto.
   Queste scoperte includono inoltre tre grandi stanze che servivano da santuari, sia per la loro architettura sia per i ritrovamenti effettuati all'interno queste stanze corrispondono abbastanza fedelmente alla descrizione biblica di come si svolgesse un rituale religioso durante il periodo del Re David. Questa scoperta è straordinaria in quanto è la prima volta che vengono ritrovati i santuari risalenti al periodo dei primi re biblici.
   Poiché questi santuari sono precedenti di circa 30-40annni la costruzione del tempio di Salomone a Gerusalemme, forniscono la prima evidenza fisica di come si svolgesse un culto al tempo di Re David, con implicazioni significative per l'archeologia, la storia, e gli studi biblici e religiosi. La tradizione biblica testimonia come il popolo di Israele celebrasse i propri riti religiosi in modo diverso, essendo monoteista e an-iconico (divieto di figure umane o animali), rispetto a tutte le altre nazioni del Vicino Oriente Antico.
   Tuttavia, non è chiaro quando queste pratiche siano state formulate, se effettivamente durante il periodo della monarchia (X-VI secolo a.C.), o solo più tardi, in epoca persiana o ellenistica. L'assenza di immagini cultuali di esseri umani o animali nei tre santuari fornisce la prova che gli abitanti del luogo praticavano un culto differente da quello dei Cananei e dei Filistei, osservando il divieto di immagini scolpite. I ritrovamenti di Khirbet Qeiyafa indicano inoltre che uno stile architettonico elaborato era sviluppato fin dal tempo del re David. Questa costruzione è infatti tipica delle attività di un regno e indica così che la formazione dello Stato, la creazione di una élite, un certo livello sociale e sviluppo urbanistico della regione esistevano già ai tempi dei primi re di Israele.
   Questi reperti rafforzano la storicità della tradizione biblica e la sua descrizione architettonica del Palazzo e del Tempio di Salomone. Il professor Garfinkel dell'Università Ebraica di Gerusalemme ha dichiarato: "Questa è la prima volta che gli archeologi hanno scoperto una città fortificata in Giudea risalente al tempo di Re David. Anche a Gerusalemme non abbiamo una chiara città fortificata di quell'epoca. Così, le varie proposte interpretative che negano completamente la tradizione biblica per quanto riguarda il Re David e sostengono che egli era una figura mitologica, o un semplice capo di una piccola tribù, si sono dimostrate errate grazie a queste scoperte".
   Garfinkel ha continuato: "Nel corso degli anni, migliaia di ossa di animali sono state trovate, tra ovini, caprini e bovini, ma non maiali. Ora abbiamo scoperto tre sale dedicate al culto, con vari armamentari, ma non è stata trovata neanche una figura umana o di animale. Questo suggerisce che la popolazione di Khirbet Qeiyafa osservava i due divieti biblici: sul maiale e sulle immagini scolpite - e quindi praticavano un culto diverso da quello dei Cananei e dei Filistei".

(La Stampa, 20 agosto 2012)

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Israele schiera una batteria anti-missile al confine con l’Egitto

GERUSALEMME, 20 ago. - Una batteria anti-missilistica e' stata schierata da Israele nei pressi di Eilat, sul Mar Rosso, in prossimita' della frontiera con l'Egitto: lo ha annunciato una portavoce dell'Esercito, precisando che si tratta del sistema di difesa aerea 'Iron Dome', in grado d'intercettare e distruggere razzi, missili a corta portata e proietti d'artiglieria lanciati da una distanza compresa tra i 4 e i 70 chilometri. La mossa fa seguito all'attacco di mercoledi' scorso con due razzi 'Grad' contro la stessa Eilat, rimasto peraltro privo di conseguenze e rivendicato on line da 'Ansar Jerusalem', gruppo islamista ultra-radicale. Gli ordigni sarebbero stati scagliati sulla localita' balneare israeliana dal Sinai egiziano.

(AGI, 20 agosto 2012)

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Da Israele a Cannero per studiare gli agrumi del Lago Maggiore

Domani in visita al parco Eliezer Goldschmidt, uno dei maggiori ricercatori mondiali

di Sergio Ronchi

CANNERO RIVIERA (VB) - Eliezer Goldschmidt, professore all'università di Gerusalemme e tra i massimi ricercatori mondiali nel settore degli agrumi, sarà domani a Cannero. Trovandosi in Italia per approfondire i suoi studi, ha chiesto di visitare il «Parco degli agrumi» (recentemente inaugurato dal Comune e dall'università di Torino), nonché i giardini della località del Lago Maggiore che a 46 gradi di latitudine Nord è la più settentrionale al mondo in cui crescono arance, mandarini, pompelmi, limoni e cedri. Con Goldschmidt ci sarà anche Giancarlo Bounous, dell'università di Torino.
Dopo il ricevimento in municipio con il sindaco Maria Pia Bottacchi, i due esperti visiteranno il «Parco degli agrumi» e i giardini di alcune proprietà private. In programma anche incontri con imprenditori che si stanno specializzando in questa coltivazione, come Fabio Carmine. Un giro in barca sul lago consentirà di avere una visione d'insieme della zona e di altri agrumi storici che crescono nei dintorni.

(La Stampa, 20 agosto 2012)

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Giornata europea della cultura ebraica

Meno di due settimane all'appuntamento con la Giornata europea della cultura ebraica, che domenica 2 settembre coinvolgerà oltre sessanta località in Italia e decine di paesi europei. Tema scelto per l'edizione 2012, l'umorismo ebraico.Tra film, laboratori, mostre e musica, gli appuntamenti in programma racconteranno dunque una delle caratteristiche più affascinanti della realtà ebraica: l'arte di saper ridere e far ridere, nei momenti positivi e in quelli più difficili. Da Woody Allen a Mel Brooks, agli autori di comics, l'ironia è un filo portante che percorre un'intera cultura declinandosi nei secoli in mille forme e contenuti.
Di seguito l'intervento di Amos Luzzatto, presidente della Comunità ebraica di Venezia, città capofila della rassegna. Il programma completo su www.ucei.it/giornatadellacultura. Le iniziative europee su www.jewisheritage.org




"Sorrisi. Più o meno amari"

di Amos Luzzatto

Su quale fondamento culturale nasce e si sviluppa l'umorismo ebraico? Non certo sulla vita serena, abbondante di risorse e di soddisfazioni di una collettività umana apprezzata dal mondo che la circondava, senza preoccupazioni materiali e morali. Se nella Storia degli ebrei ci sono stati anche periodi con queste caratteristiche, essi sono stati fugaci e inerti, vere parentesi eccezionali. Dispersi in Comunità spesso piccolissime, generalmente incompresi, considerati strani residui di tempi e di società passate, spesso detestati o derisi, gli ebrei traevano la loro forza anche dalla capacità di ridere, più spesso di sorridere dei propri limiti e dei propri difetti facendoli diventare un modo di vivere come tanti altri: questi siamo noi, questi sono i nostri limiti e la nostra realtà: non siamo migliori, ma forse neppure peggiori degli altri.
   Vi porterò un esempio letterario. Nell'Europa orientale, dove l'Impero zarista raccoglieva la massima parte degli ebrei del Continente, alla fine del XIX/inizio del XX secolo scriveva in yiddish (poi tradotto in ebraico sotto la sua guida) lo scrittore Schalom Jakov Abramowitz, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Mendale Moikher Sfurim, Mendale il libraio (1835-1917), un classico dell'umorismo ebraico. Un suo racconto famoso, I viaggi di Beniamino terzo è stato tradotto anche in italiano. Vi si narra la storia di un Don Chisciotte ebreo che vuole simulare le gesta di due viaggiatori ebrei medioevali, dal nome di Beniamino, come il protagonista. Beniamino terzo vive in un mondo fantastico, che è la sua realtà; ha una rispettabile cultura ebraica tradizionale, è poverissimo, trasforma in realtà vecchi miti e vuole raggiungere le tribù ebraiche scomparse attraversando il fiume leggendario e pericoloso che porta non acqua ma sassi, il Sambatyon; questo fiume "riposa" il Sabato, quando però un ebreo osservante non dovrebbe attraversarlo. Nel suo primo tentativo subisce un colpo di sole e viene riportato al suo villaggio da un contadino ucraino. Come comunicare con il soccorritore? Quello non parla lo yiddish, (e perché dovrebbe?), e quanto a Beniamino, lui conosceva un tempo una sola lingua straniera, i làzis del commentatore biblico Rashi; ma ora li ha dimenticati. Fatica inutile: si tratta infatti di parole del francese antico, linguisticamente anche interessanti, ma che sicuramente il contadino ucraino non avrebbe capito.
   Ecco qui l'umorismo ebraico, che sorride, con amaro affetto, dei propri limiti, persino del triste isolamento linguistico e culturale di molte comunità ebraiche. È consapevole di questo limite, di questa debolezza. Ma poi ci ride sopra, si stringe nelle spalle, dice "mèile!", che è una specie di "e va bene!" e riprende la dura vita di tutti i giorni.
   Certo, le migrazioni del XX secolo, i pogrom dei nostri tempi e il nuovo feroce antisemitismo dell'Europa progredita hanno introdotto motivi nuovi, non ultima la scoperta di società nuove. Ed ecco l'immigrato in America che si ostina a dire che sua moglie is in the chicken to cook a kitchen, ma si esprime correttamente non appena trovato un lavoro. O l'immigrante dalla Russia che a tavola, al compito viaggiatore francese che gli dice bon appetit e lui risponde Goldmann, convinto che il francese si sia presentato con il suo cognome, ma, una volta capito l'equivoco e formulato correttamente l'augurio, ha la sorpresa di sentirsi rispondere Goldmàn. Certo, c'è anche questo, c'è il witz che cerca di rendere la vita sopportabile. E ci sono i miti novelli, come quelli del magico, onnipotente Rothschild. Anche l'Italia è stata teatro di immigrazione ebraica, da altri lidi del Mediterraneo e poi anche dall'Europa centro-orientale. In linea di massima, i nuovi arrivati si assimilavano bene all'ebraismo italiano e all'Italia in genere.
   Non sempre, però. Io stesso ho cercato di descrivere nel mio libro Hermann le difficoltà di ambientamento di un dotto ebreo tedesco, uno di quelli che sono designati come jekke. In Israele esiste una intera letteratura umoristica su di loro, che insiste spesso su equivoci linguistici, come nel caso dei due guardiani, uno jekke e uno sefardita, che comunicano con il vocabolario. Il primo, allarmato per rumori sospetti, vuol dire al compagno "gib acht!"(fai attenzione), ma traduce con "ten shmone!"(dai otto); e quando questi gli chiede che cosa sia successo, il primo, stringendosi nelle spalle, per dire "ich weiss!" (che ne so!), traduce "io bianco". C'erano barriere linguistiche? Certo; ma anche queste sono state superate con il sorriso. Mi sia concesso ricordare a questo proposito che fra i primi teatri in lingua ebraica nella nascente Israele non c'era solo la gloriosa Habima che metteva in scena il Dibbuk, ma anche la compagnia del Matatè, La scopa, che presentava pezzi umoristici. Possiamo affermare che anche nell'epopea della costruzione di questa nuova realtà sociale, culturale e statuale che si chiama Israele l'antico e sempre nuovo umorismo ebraico ha trovato il suo spazio e ha dato il suo irrinunciabile contributo.

(Pagine Ebraiche, settembre 2012)

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Borgio Verezzi, la musica ebraica chiude la stagione di concerti

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  Le Nuages Ensemble
BORGIO VEREZZI (SV) - Si concluderà mercoledì 22 agosto la rassegna di concerti organizzata dal Comune di Borgio Verezzi e dalle associazioni Le Muse Novae e Corelli. Il quartetto femminile Les Nuages Ensemble presenterà alle 21:15 in piazza San Pietro, un concerto gratuito dedicato alla musica Klezmer, la "musica dell'anima" delle comunità ebraiche dell'Europa orientale.
Nato come musica che accompagna feste di matrimonio, funerali o semplici episodi di vita quotidiana delle comunità ebraiche delle aree rurali dell'Europa orientale, il klezmer fonde melodica, ritmica ed espressività provenienti dalle regioni con cui il popolo ebraico è venuto in contatto: Balcani, Polonia e Russia. E' una musica che esprime dolore e sofferenza, ma anche ilarità, esuberanza, presenza di spirito, ironia, ingredienti vitali inseparabili tra loro, comunicati con uno stile di esecuzione pervaso da grande entusiasmo ed intensità di espressione, che coinvolge e tocca l'anima degli spettatori.
Le Nuages Ensemble sono nate nel 2007 dall'unione di quattro musiciste provenienti da percorsi professionali eterogenei. Dopo aver conseguito il diploma in Conservatorio, hanno vissuto esperienze musicali nel panorama del folk irlandese, scozzese e svedese, in formazioni bandistiche, nell'etno-world music nonché in ambito classico e orchestrale.
Fondamentali gli studi svolti presso il Conservatorio Charles Munch di Parigi, dove hanno preso parte ad un corso di specializzazione in musica klezmer, in seguito al quale è maturata la decisione di creare un gruppo di sole donne nell'intento di incrementare la presenza femminile in un ambito musicale frequentato quasi esclusivamente da uomini. Nel corso degli anni le Nuages si sono esibite in numerosi concerti in diversi cartelloni di importanti rassegne etniche e non solo. Nel luglio 2010 è uscito il primo cd del gruppo, intitolato "Appartenenze", raccolta di dodici tracce a rappresentare la ricerca e la particolare cifra stilistica del quartetto.

(IVG.it, 20 agosto 2012)

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Tunisia - Salafiti attaccano un corteo a sostegno della Palestina

L'aggressione è scattata nella giornata di Al Quds. A Biserta interrotto il festival al Aqsa: vi partecipava Samir Kuntar, un libanese detenuto per molti anni in Israele.

Militanti salafiti, una corrente sunnita radicale, ha attaccato a bastonate un corteo di centinaia di tunisini a sostegno dei diritti dei palestinesi sotto occupazione militare israeliana. Lo riferisce l'agenzia di stampa UPI precisando che l'aggressione è avvenuta due giorni fa nella città di Gabes, in occasione delle manifestazioni per la Giornata Internazionale Al Quds (Gerusalemme).
Un testimone ha detto alla UPI che una trentina di salafiti si sono scagliati contro il corteo affermando che si trattava di «una manifestazione di sciiti», in riferimento alla Giornata per Al Quds che viene promossa annualmente dall'Iran. Hanno inoltre bruciato alcune bandiere palestinesi e scandito slogan contro lo Sciismo. L'aggressione, che ha provocato feriti e contusi, è andata avanti per circa un'ora, ha aggiunto il testimone, anche per l'assenza di forze di polizia.
L'UPI riferisce inoltre che la sera prima, a Biserta, altri salafiti avevano interrotto il festival "al Aqsa" (nome della moschea di Gerusalemme) perché vi partecipava Samir Kuntar, un druso simbolo della resistenza armata libanese, incarcerato in Israele per molti anni.
I salafiti, corrente sunnita radicale in forte espansione anche in Tunisia, provano una profonda avversione nei confronti dei musulmani sciiti - che considera «pagani» - e dell'Iran.

(globalist, 19 agosto 2012)

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La Tel Aviv calda e seducente nelle immagini della sua Street Art

SANREMO - Senza voler entrare troppo nel merito della sua storia e delle sue peculiarità geografiche, vale la pena ricordare che Tel Aviv (letteralmente: collina di primavera) ha recentemente compiuto il suo secolo di vita...
Lontano dal consumismo, nel cuore della Miami del Medio Oriente, tra avanguardie e tradizioni. Calda, seducente, all'avanguardia, ma anche trasgressiva, decadente, eccentrica e sfuggente. Pochi aggettivi che servono a rendere chiaramente l'idea di una delle città più "avanti" del panorama culturale internazionale.
Nata nel 1909 dall'iniziativa di un gruppo di residenti, guidati dal futuro sindaco Meir Diziengoff, che acquistarono alcuni terreni accanto alla città di Giaffa (Yafo), presto è diventata un grande centro commerciale e, ancora più avanti, di sviluppo del terziario. Il nome della città fa riferimento a un passo della Bibbia, contenuto nel Libro di Ezechiele, in cui per "collina della primavera" si intende quel luogo dove, nella visione del profeta, trovano dimora i fuoriusciti che rientrano in patria dopo l'esilio.

(Riviera24.it, 19 agosto 2012)

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Attacco di "militanti" nel Sinai: feriti tre soldati e un poliziotto

EL-ARISH (Egitto), 18 ago - Tre militari e un poliziotto egiziani sono rimasti feriti da una granata rpg lanciata da militanti contro un convoglio di sicurezza nella penisola del Sinai. Lo riferiscono fonti della sicurezza egiziane, rimaste anonime, secondo cui l'attacco è avvenuto questa mattina lungo un'importante strada che collega la città di el-Arish a Rafah, nella Striscia di Gaza. I soldati stavano tornando da un'operazione contro sospetti militanti, durante la quale hanno arrestato due persone. Domenica 5 agosto, 16 soldati egiziani sono rimasti uccisi in un attacco di militanti vicino al confine tra Israele e Gaza. In seguito all'episodio le autorità del Cairo hanno rafforzato la sicurezza nell'area.

(LaPresse, 18 agosto 2012)

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Sharia nella nostra indifferenza

di Daniele Galli

I recenti fatti di cronaca impongono una seria riflessione sulle politiche dell'integrazione. Il Governo intervenga per ostacolare le dilaganti forme di violenza contro le donne.

   
Dio non voglia, ma potrebbe accadere anche questo, perché a questo ci porteranno la politica dell'accoglienza tout court e la nostra indifferenza all'escalation delle prove di sharia in corso. Porto Empedocle: una donna musulmana è stata picchiata a sangue dal marito, in strada, perchè si era tolta il velo per il troppo caldo. Mestre, 13 agosto: tredicenne rom venduta a 3.000 euro per un matrimonio combinato. Segregata, stuprata e torturata da suocera e marito. Modena 10 agosto: marocchina picchiata dal padre al supermercato, setto nasale rotto, 21 giorni di prognosi. Non vuole il velo e non vuole sposare l'uomo prenotato dalla famiglia.
Sono i fatti che conosciamo solo dell'ultima settimana. La politica dell'ospitalità tout court, che non pone né formali obblighi di integrazione, né condiziona l'effettivo permanere sul nostro territorio nazionale al rispetto della normativa vigente, che non previene, non educa e non interagisce con questi nuovi cittadini per poterli davvero integrare, è formalmente responsabile del continuo reiterarsi sul nostro territorio di fatti e atteggiamenti intollerabili che sono senza dubbio e senza alibi atti di continua, assurda violenza psichica e fisica schiavista. Il Governo intervenga con provvedimenti di legge ad hoc e pretenda il rispetto delle norme disattese che già ci sono, per evitare una deriva di violenza misogina paragonabile al nazismo.

(Lo Spiffero, 18 agosto 2012)

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Minacce a Israele nella giornata di Al Quds

Dall'Iran all'Arabia Saudita, dal Libano a Gaza, il mondo sciita insorge contro Israele nella giornata di Al Quds. Nella Striscia governata da Hamas, più di mille persone si sono radunate per celebrare Gerusalemme, Al Quds in arabo, in un evento ideato nel 1979 in Iran per rivendicare la città santa all'Islam.
In Libano la ricorrenza - che cade nell'ultimo venerdì del mese del Ramadan - è stata usata dal movimento filo-iraniano Hezbollah di Hassan Nasrallah per agitare lo spettro di missili di precisione in grado di uccidere decine di migliaia di israeliani.
Eco alla retorica anti-israeliana riproposta dal presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, che a Teheran ha parlato dello Stato ebraico come di un tumore destinato a scomparire.
Mentre nella Repubblica islamica si grida "morte a Israele" e si bruciano le bandiere occidentali e quelle con la stella di David, in Israele i cittadini iniziano a credere al concretizzarsi di una pioggia di missili in rappresaglia a un attacco contro gli impianti nucleari iraniani.
E corrono ai ripari attrezzandosi con maschere ant-gas messe a disposizione in tutta fretta dal governo.

(euronews, 18 agosto 2012)

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La nuova guerra coinvolgerà solo Iran e Israele?

di Ugo Volli

Fra qualche settimana potremmo svegliarci una mattina e leggere sui giornali che le basi dove l'Iran prepara la sua bomba atomica sono state bombardate. Potrebbe essere che il bombardamento sia stato compiuto dall'esercito israeliano da solo, o forse insieme agli americani. Leggeremmo sui giornali allora di rappresaglie, attacchi missilistici dell'Iran sulle città israeliane, tentativi di blocco dello stretto di Hormuz, fra Golfo Persico e Oceano Indiano da dove passa un terzo della produzione petrolifera mondiale, attacchi terroristici sul territorio israeliano e magari anche nel resto del mondo da parte di Hamas e Hezbollah. Una nuova guerra, o se si vuole un nuovo atto dell'infinita guerra mediorientale, che continuerebbe e farebbe crescere ancora i conflitti in corso: quello in Siria e quello dello Yemen, dove almeno entro certi limiti le parti sono le stesse che si scontrerebbero sul nucleare iraniano: da un lato l'America, l'Inghilterra, l'Arabia saudita, dall'altro l'Iran con i suoi satelliti (Siria, Hezbullah, forze "rivoluzionarie" in Yemen e in Arabia) e i suoi protettori (Russia, entro certi limiti anche la Cina).
   Ma la guerra che si sta per aprire non è un conflitto fra Iran e Israele? Solo in parte. Israele nel caso siriano ha assunto un atteggiamento di prudenza, non si è schierato, anche per non dare pretesti ai suoi nemici per travestire una guerra civile da "resistenza antisionista". Così non reagì durante la prima guerra del Golfo quando Saddam Hussein cercò di giustificare la sua "resistenza" spedendo a freddo i suoi missili Scud sulle città israeliane. Nel caso iraniano questo atteggiamento di attesa non è possibile, come vedremo. Ma l'Iran non sta giocando solo contro Israele, sta anche cercando di stabilire la propria egemonia sul mondo islamico e sulla regione del Golfo, così strategica perché è la prima al mondo nella produzione del petrolio. Se l'Iran avrà la bomba atomica cui continua a lavorare da vent'anni ed è ormai quasi pronta, potrà imporre la sua volontà sull'Arabia Saudita, il Kuwait, gli altri stati arabi e attraverso questi a tutto il mondo. Non sarà più attaccabile, come oggi non è attaccabile la folle e un po' grottesca dittatura nordcoreana che spara addosso ad americani e sudcoreani e opprime la sua popolazione senza timore di rappresaglie dato che basterebbe una delle sua atomiche su Seul per fare milioni di morti. Così l'Iran, se avesse la bomba, coi missili che ha già potrebbe arrivare a Gerusalemme, ma anche a Roma, a Riad, a Mosca, a Karachi, sui pozzi di petrolio. Sarebbe insomma irrefrenabile. Con la differenza che la Corea del Nord non ha altre mire strategiche se non la sopravvivenza della sua monarchia comunista, mentre l'Iran vuole esportare la rivoluzione islamica, costruire un solo impero musulmano dominato dalla setta sciita e destinato a diventare una potenza egemone su Asia, Africa ed Europa. Non sono ipotesi, è un programma politico-religioso che è stato ripetutamente espresso ed è evidente a chi consideri le scelte strategiche della rivoluzione iraniana in questi anni. Un programma insopportabile per l'America, che si vedrebbe espulsa dal Medio Oriente e immensamente indebolita (con evidente soddisfazione di Russia e Cina, che per questo scherzano col fuoco persiano). Ma pericolosissimo per l'Europa, che è il ventre molle dell'Occidente rispetto al mondo islamico, per la vicinanza e l'immigrazione.
   E allora perché Israele? Che c'entra lo stato ebraico? La ragione è molto semplice. L'opinione pubblica araba e in genere musulmana, dopo sessantacinque anni, vive ancora con odio e rancore il fatto che si sia costituito, nel centro del territorio che essi considerano "appartenente all'Islam", uno stato "infedele" e ancor peggio guidato da quegli ebrei contro cui nutrono un forte sentimento razzista, fin dai tempi del Corano. Ogni volta che un dittatore ha voluto prendere la testa del mondo arabo, ha proclamato di voler guidare i fedeli alla distruzione di Israele. Così fece Nasser, per esempio, e così Saddam Hussein. Così ha fatto Khomeini prendendo il potere in Iran trent'anni fa e sulla stessa strada si sono messi i suoi successori. Il paradosso vuole che in realtà gli interessi geopolitici della Persia sono sempre stati compatibili con quelli di Israele, perché l'avversario naturale dell'una e dell'altro sono gli arabi. E infatti fino alla rivoluzione di Khomeini, la Persia era per Israele un alleato importante, faceva parte con Turchia ed Etiopia del "secondo cerchio" il quale aggirava gli arabi che accerchiano Israele. Non vi è un contenzioso economico, militare, di confine fra Israele e Iran. Vi è solo la coincidenza della scelta strategica di osteggiare Israele per guidare il mondo islamico e il fanatismo religioso dei suoi capi.
   
Fatto sta che da venti o trent'anni almeno gli iraniani dichiarano non solo di odiare Israele, ma di volerlo "cancellare dalla carta geografica"; finanziano i suoi nemici terroristi come Hamas e Hizbullah e si impegnano direttamente nel terrorismo antiebraico. Non tutti sanno che l'attuale ministro della difesa di Teheran, Ahmad Vahidi, è stato incriminato dalle autorità argentine come responsabile diretto del terribile attentato al centro sociale ebraico di Buenos Aires, che nel 1994 fece un centinaio di vittime. L'Iran dunque non predica solamente la distruzione di israele, fa il possibile per metterla in pratica. Armato di bomba atomica, l'attacco a Israele sarebbe la prima mossa per mostrare il proprio potere a tutti i vicini in maniera "islamicamente corretta". La disparità del territorio (22mila chilometri quadrati contro un milione e mezzo) e della popolazione (7 milioni contro 80), oltre all'atteggiamento fanatico e apocalittico della dirigenza fanno sì che le possibili rappresaglie israeliane non bastino probabilmente a fermare l'escalation nucleare dell'Iran. Che potrebbe anche non dover usare l'atomica, ma semplicemente farsene scudo per alimentare guerra e terrorismo dietro una "zona di immunità". Quella stessa "zona di immunità" che Israele ha usato per sopravvivere in un ambiente ostile e immensamente più ricco e numeroso, e che l'Iran userebbe per rovescaiare gli equilibri del Medio Oriente.
   Israele deve reagire prima che questa "zona di immunità" sia consolidata e se lo farà, sperabilmente con l'appoggio americano, aiuterà non solo se stesso, ma anche l'Islam sunnita e l'Europa. Sotto il pregiudiziale rifiuto di bandiera della guerra vi sono molti, dall'Arabia Saudita alla Gran Bretagna che sperano che Israele si assuma il compito di eliminare un gravissimo pericolo all'equilibrio mondiale. E' un compito difficilissimo, perché gli iraniani capiscono benissimo questa necessità e combattono con Israele e l'America da anni una guerra sotterranea fatta di attacchi informatici, sabotaggi, false comunicazioni. Sarebbe molto bello se la semplice pressione della comunità internazionale, le sanzioni, il peso dell'economia fermassero l'Iran, senza bisogno della guerra. Ma ormai è chiaro che questi strumenti non bastano. Prima o poi gli aerei si alzeranno, con la Stella di Davide o le Strip and Star americane sulle ali, e cercheranno di bloccare l'atomica persiana. Ma per favore, non dite che si tratta di un attacco israeliano all'Iran; è una difesa del mondo contro il rischio ben più grande di un'arma atomica in mano ad assassini e terroristi, ben decisi a usarla per dominare il mondo.

(ilsussidiario.net, 18 agosto 2012)

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Ultimo venerdì di Ramadan, in migliaia a Gerusalemme

Migliaia di palestinesi affluiscono a Gerusalemme, sotto rafforzate misure di sicurezza, per celebrare l'ultimo venerdì di preghiera del Ramadan. Israele permette l'accesso solo agli uomini sopra i quarant'anni e sotto i dodici, e alle donne.
I palestinesi considerano una punizione collettiva le restrizioni, imposte da Israele in particolare dalla seconda Intifada nel 2000, e difendono il loro diritto all'accesso alla moschea di Al Aqsa, terzo luogo sacro dei musulmani, che si trova a Gerusalemme est, annessa da Israele nel 1967.
Il mese di Ramadan si è svolto come al solito in un clima di tensione, cui si aggiunge il timore di un attacco israeliano contro Teheran. In Iran oggi come ogni anno si tengono manifestazioni di solidarietà con i palestinesi. Il mese di digiuno dovrebbe finire intorno al 19 agosto, in base al sorgere della luna nuova, osservato questa sera in modo diverso nei vari Paesi musulmani.

(euronews, 17 agosto 2012)

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Fiamma Nirenstein: distruggere Israele è la politica estera degli Ayatollah.

di Matteo Rigamonti

   
Non c'è nulla di nuovo tanto nelle dichiarazioni di Khamenei che vuole la distruzione dello Stato di Israele quanto nel fatto che quest'ultimo si prepari con soluzioni militari per scongiurare un simile rischio. Ne è convinta Fiamma Nirenstein, giornalista di lungo corso e ora deputata del Pdl e vicepresidente della Commissione esteri alla Camera che ha commentato per ilsussidiario.net due recenti notizie: la dichiarazione dell'Ayatollah Ali Khamenei, la Guida suprema della Repubblica islamica iraniana, che ha detto "Israele finirà per scomparire dal panorama geografico" e la notizia della presunta esistenza di un piano israeliano per attaccare l'Iran rivelato dal blogger israelo-americano Richard Silverstein.
   "La distruzione di Israele è il leit motiv di tutta la politica estera iraniana e degli Ayatollah", spiega Nirenstein, "sarebbe sciocco e da incompetenti pensare che sia un fatto casuale. L'Iran vuole distruggere Israele perché si tratta di una parola d'ordine di parecchie organizzazioni islamiste intorno a loro. E' un tema capace di coalizzare il mondo islamico intorno all'Iran. È un gesto egemonico, di alleanza nei confronti del resto del mondo islamico. Se tu odi Israele e vuoi distruggerlo", continua Nirenstein, "allora coalizzi intorno a te centinaia di milioni di persone. Ma è la cosa più corruttiva della mente araba e islamica che si sia mai vista perché distoglie dai temi del progresso, della democrazia, della libertà. E in secondo luogo", secondo Nirenstein, "l'idea di costruire la bomba atomica rafforza questa immagine di stato guida dell'Iran".
   Parlando invece del piano di Israele per attaccare l'Iran svelato dal blogger, il vicepresidente della Commissione esteri si domanda: "ma è proprio vero che Israele è pronto ad attaccare? Io sarei un po' perplessa… i piani di Israele non sono mai usciti dal segreto prima che venissero attuati. Israele sta molto attento ai suoi segreti. I servizi segreti e l'esercito sono sempre stati molto competenti. Personalmente mi permetto di dubitare fortemente che quello dato alla stampa dal blogger sia il piano di Israele. Anche perché sembra fatto da un bambino: radar, telefoni, bombardamenti alle strutture nucleari… se qualcuno ci sta lavorando lo starà facendo sicuramente in maniera più segreta e seria".
   Resta il fatto che "il pericolo per Israele è reale: dal momento in cui l'Iran dovesse avere la bomba atomica, la minaccia alla vita di Israele sarebbe evidente. Io penso che agirà se nessuno dovesse riuscire a far ragionare l'Iran".

(ilsussidiario.net, 17 agosto 2012)

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Champions League - L'Hapoel al varco della storia

di Adam Smulevich

È un appuntamento con la storia, un treno da prendere al volo perché è arduo immaginare quando passerà nuovamente in Alta Galilea. Pochi giorni ancora e l'Hapoel Kyriat Shmona, la matricola terribile del calcio israeliano, trionfatrice a sorpresa della passata edizione della Ligat Ha'al (il massimo campionato professionistico nazionale), si giocherà l'accesso alla fase ai gironi della Champions League nel doppio spareggio eliminatorio con i bielorussi del Bate Borisov. Una sfida da vivere in apnea per gli uomini allenati da Gili Landau, in sella al destriero Hapoel dallo scorso giugno, che arriva dopo due turni dentro o fuori superati con qualche brivido (nell'ordine contro gli slovacchi dello Zilina e contro gli azeri del Baku) e che rappresenta l'ultima reale insidia - ma dal punto di vista degli accoppiamenti poteva andare decisamente peggio - per fissare il nome del club nella leggenda.
   Nata 11 anni fa grazie al profetico uomo d'affari Izzy Sheratsky ("Pochi anni e lotteremo per il titolo", disse tra l'ironia collettiva il giorno della presentazione ufficiale) e approdata in rapido volgere di tempo dalla quarta divisione al palcoscenico delle big, l'Hapoel Kiryat Shmona è una squadra unica nel suo genere. Prima ancora di essere autrice di un miracolo calcistico che ha pochi eguali nel mondo è infatti un mirabile esempio di come nello sport molto spesso si celino gli anticorpi più efficaci per fronteggiare le situazioni anche più estreme. Come quelle che quotidianamente si vivono a Kiryat Shmona, estremo confine settentrionale di Israele, uno dei luoghi simbolo del complicato presente mediorientale col suo carico giornaliero di razzi esplosi dagli Hezbollah del vicino Libano. Sheratsky puntava proprio a questo: a vincere sul campo, e le sue prime parole da presidente non lasciavano spazio a dubbi, ma soprattutto a regalare un'opportunità di aggregazione alla città intera, 22mila abitanti sempre in sospeso tra la drammatica opzione 'restare o andare via'. Missione doppiamente compiuta: accolto con notevole interesse e curiosità dall'opinione pubblica, oggi l'Hapoel ha svestito i panni di squadra simpatia per indossare quelli più ambiti e impegnativi di top team.
   Di pari passo è andata l'opera di coinvolgimento - grandi e piccini, calciofili e allergici al pallone guariti a suon di goal e promozioni - tanto che gli spalti del pur minuscolo Municipal Stadium (appena 5mila posti a sedere, in Italia una capienza da club semidilettantistico) sono quasi sempre pieni di tifosi, calore ed entusiasmo.
   Da mercoledì si cercherà di alzare l'asticella di un grado ulteriore. Andata a Borisov, ritorno sei giorni dopo in Israele. Una settimana per scrivere pagine mai lette da queste parti. Una settimana per capire se il sogno di vedere Messi, Cristiano Ronaldo, Rooney e compagnia calciante dalle parti di Kiryat Shmona si rivelerà un'effimera illusione estiva o la squisita consapevolezza di un autunno da protagonisti.

(Notiziario Ucei, 17 agosto 2012)

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L’Israel Museum si apre agli ortodossi

di Aldo Baquis

Highslide JS
Donne ortodosse in visita all'Israel Museum  
GERUSALEMME, 17 ago - Un momento di svolta nei rapporti fra la cultura israeliana laica e il mondo ortodosso ebraico si e' avuto questa estate quando l’Israel Museum di Gerusalemme (imj.org.il) ha dedicato una delle esposizioni agli 'hassidim': ossia a quegli ebrei ortodossi che vivono la propria esistenza totalmente immersi in un'atmosfera di misticismo.
   Quando si sono aperti i cancelli della mostra (che presenta gli 'hassidim' sotto un aspetto etnografico, in particolare nei loro rituali e nei loro abbigliamenti) i dipendenti del Museo hanno notato con stupore che fra i visitatori si affollavano comitive di ebrei ortodossi: ed era quella la prima volta in assoluto che li vedevano, in decine di anni di attivita'.
   L'emozione e' stata tale - scrive il quotidiano Haaretz - che adesso il Museo esamina per la prima volta la possibilita' di venire incontro ai timorati consentendo loro visite separate per uomini e donne (solo nel padiglione degli Hassidim), in ore straordinarie in cui l'istituto sarebbe altrimenti chiuso.
   La totale ostilita' del mondo rabbinico verso la rappresentazione (anche artistica) delle fattezze umane e' radicata nei secoli. Eppure alcuni mesi fa quando la mostra 'Hassidim: non solo bianco e nero' era in fase avanzata di allestimento, uno dei piu' autorevoli esponenti del mondo ortodosso - il Rebbe di Kalarin - ha rotto il ghiaccio, visitando il Museo. Gli oggetti esposti - fra cui il 'Talled' (manto rituale) del rabbino hassidico Baal Shem Tov e antichissimi libri di scritti di proprio pugno da illustri maestri di dottrina - lo hanno scosso e commosso. Nei rioni ultraortodossi di Gerusalemme - alcuni distanti appena un paio di chilometri dal Museo che ha fama internazionale - e' stato immediato il passa-parola, a cui ha fatto eco la stampa religiosa. Anche questa settimana genitori ortodossi accompagnati da proli numerose si sono spinti nelle aule del Museo, ostentando una certa dose di coraggio personale: perche' in altri padiglioni sono esposte ''aborrite'' nudita' femminili e perche' il Museo Israel e' aperto anche nella giornata del riposo sabbatico. Dunque, almeno sulla carta, dovrebbe essere boicottato dai timorati.
   Ma la curiosita' ha prevalso. La mostra 'Hassidim' apre una serie di finestre: sul mondo dei bambini, sulla vita delle donne, sulla figura dell' 'Admor': il capo della corte rabbinica che esercita un'autorita' assoluta sui propri seguaci (gli 'hassidim'). I visitatori sono accompagnati per mano in un mondo che - dopo la Shoah - sembrava essere stato spazzato via in maniera definitiva e che invece nelle ultime generazioni sta riprendendo quota e fiducia in se stesso. Tre seminaristi di collegio rabbinico che, in occasione del carnevale ebraico, vestono lussuose livree settecentesche sembrano presi a prestito dalla Polonia del secolo scorso: ma la loro foto e' stata scattata di recente alla periferia di Tel Aviv.
   'Hassidim' non e' dunque solo una mostra di rimpianto melanconico per una cultura fiorita secoli nell'Europa orientale, ma e' anche uno spunto per riflettere sulla futura integrazione di questa corrente di ortodossi, fedeli a riti antiquati, nel moderno e dinamico stato di Israele. Anche da qui, afferma la stampa, l'importanza dell'inaspettata apertura del dialogo fra l’Israel Museum e la comunita' dei timorati piu' radicali.

(ANSAmed, 17 agosto 2012)

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Israele alza la quota di lavoratori palestinesi

di Luca Pistone

Il Governo israeliano alzerà la quota dei lavoratori edili palestinesi ai quali è permesso entrare in Israele nell'arco di poche settimane. Secondo la stampa locale, fino a 30.000 lavoratori sarà concesso l'ingresso, una misura presentata dalle autorità come un "intervento assistenziale" all'Autorità Nazionale Palestinese (ANP).
In luglio Tel Aviv ha destinato 180 milioni di shekel (45 milioni di dollari) all'ANP "alla luce della sua grave situazione finanziaria".
I funzionari israeliani hanno detto al sito web di notizie Walla che il nuovo provvedimento, che segue l'aumento dello scorso mese di 5.000 operai edili palestinesi, "è anche nell'interesse della sicurezza di Israele".
L'aumento della quota è stato discusso durante gli incontri tenuti dal maggior generale Eitan Dangot, coordinatore della Attività del Governo nei Territori, e da Amnon Ben Ami, a capo dell'Autorità della Popolazione e dei Confini (PIBA).
Alla base dell'atto vi è anche l'espulsione di quasi 1.000 immigrati stranieri provenienti dall'Africa, che ha portato ad una carenza di lavoratori edili in Israele. Negli ultimi mesi il ministro dell'Interno Eli Yishai ha applicato il piano Going Home, che prevede il rimpatrio di 50.000 immigrati africani; 1.000 originari del Sud Sudan e della Costa d'Avorio sono già stati deportati mentre altri 1.000 sono trattenuti nelle strutture PIBA.
Le autorità PIBA, responsabili dell'immigrazione clandestina, hanno dichiarato di "preferire" i lavoratori palestinesi a quelli di altri paesi, dal momento che hanno meno probabilità di stabilirsi in Israele.
Il Jerusalem Post riporta che il numero dei lavoratori palestinesi provenienti dalla Cisgiordania e occupati in Israele è aumentato da 77.000 nel primo trimestre a 80.000 nel secondo trimestre del 2012. Tuttavia, i dati dell'Ufficio Centrale di Statistica Palestinese indicano che solo 41.000 di loro hanno regolari permessi di ingresso.

(Atlas, 17 agosto 2012)

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Guerra siriana, misteri libanesi

Sequestri eccellenti minacciano Beirut

di Tiziana Barrucci

   
Il conflitto siriano ha preso la via di Beirut? Gli eventi degli ultimi tre giorni, fatti di rapimenti, rappresaglie e dichiarazioni bellicose, riportano alla mente quanto poco basti al Libano per infiammarsi, e quanto forte sia ancora il suo legame con il mastodontico vicino siriano.
   I fatti sono meno complicati di quanto sembrino: mercoledì venti cittadini siriani, un turco e un saudita vengono rapiti dalle milizie del clan sciita di al Muqdad nella zona meridionale del Libano, roccaforte degli sciiti Hezbollah, sostenitori di Assad. Tra gli ostaggi anche un comandante ferito dell'esercito libero di Siria. Che in un video, diffuso dal clan al Muqdad attraverso gli schermi della tv libanese Mayadeen confessa di aver ricevuto soldi dal parlamentare libanese Khaled al-Daher per combattere contro Assad, questione subito smentita dallo stesso Daher. Ma il rapimento, in sostanza, ha un altro obiettivo: vera e propria ritorsione per l'altro sequestro, avvenuto qualche giorno prima a Damasco e messo in atto dai ribelli siriani, di Hassan al Muqdad, uomo chiave proprio di quel potente clan sciita libanese.
   A complicare il tutto, come se ce ne fosse bisogno, la notizia della morte, in seguito smentita, di 11 pellegrini sciiti rapiti lo scorso maggio a nord di Aleppo da parte di ribelli sunniti siriani. E così, manifestazioni incrociate di parenti e clan, mercoledì sera, hanno messo a ferro e fuoco la strada per l'aeroporto di Beirut, le cui attività sono state temporaneamente sospese. Tornata la calma, non è però ancora chiaro se essa sia apparente oppure no. Se per i più quei rapiti nel sud del Libano non avevano altra colpa se non quella di essere siriani, lavoratori per lo più giovani coinvolti in una crisi più grande di loro; è un fatto che ieri per le strade libanesi, si siano susseguiti sporadici atti di vandalismo: numerosi negozi appartenenti a cittadini siriani sono stati oggetto di atti barbarici e alcuni operai provenienti da Damasco sono stati addirittura cacciati via con la forza dai loro posti di lavoro.
   È guerra? «Ciò che è accaduto è una chiara indicazione che in Libano siamo sull'orlo del caos - dichiara una fonte politica anonima al quotidiano libanese The Daily Star - la tempesta siriana ha raggiunto il Libano. Non c'è più scampo».
   Una visione catastrofista che non è ancora condivisa da tutti, ma che ha la sua ragione di essere: le autorità libanesi decideranno di cavalcare l'onda e fare l'ingresso ufficiale nella guerra civile del vicino? Secondo l'editorialista Rami Khouri, tra i più influenti analisti politici libanesi, la questione va inquadrata solo in un'ottica di equilibirio sirio-libanese, nulla a che vedere con la guerra civile di Damasco.
   Sarà così? Ieri, comunque, il governo di Beirut si è riunito in seduta straordinaria per discutere della crisi. Mentre il portavoce della tribù libanese sottolineava come nuovi rapimenti di esponenti dell'esercito libero siriano potessero essere messi in campo minacciando l'uccisione del cittadino turco, qualora il loro Hassan venisse ucciso. «Se ammazzano Hassan il primo ostaggio a morire sarà il turco», ha ribadito. Tranquillizzando, si fa per dire, i cittadini del Golfo arabo su suolo libanese: «Per quanto riguarda Qatar, Arabia Saudita ed Emirati arabi, non sono target del clan al Muqdad» ha fatto sapere dopo che i rispettivi governi avevano ordinato ai loro cittadini, per lo più in vacanza in Libano per scappare dalla calura del Golfo, di lasciare il paese, non ritenuto più meta sicura. Il clan ha quindi ripetutamente smentito che dietro il rapimento ci fosse Hezbollah, un rapimento avvenuto però proprio nella roccaforte del gruppo di resistenza sciita. È chiaro che il clan al Muqdad così come molti altri, veda il conflitto siriano con la lente del settarismo. Nonostante Damasco fosse ritenuta una repubblica secolare, i musulmani sunniti (vedi Arabia Saudita, Qatar e via discorrendo) cercano di far saltare un uomo - Assad - che, in quanto di religione alawita, gravita nella sfera sciita, dominata dall'Iran e dai suoi alleati, appunto Hezbollah.
   Da qui anche la rappresaglia anti Turchia - il rapimento di un uomo d'affari che aveva da poche ore messo piede nel paese - paese che sostiene apertamente i ribelli anti raìs. Un Assad che è stato abbandonato ufficialmente dalle nazioni musulmane: anche l'organizzazione per la cooperazione islamica riunita alla Mecca ha sospeso Damasco (con voto contrario di Teheran). Un atto formale che non cambia gli equilibri, almeno non quanto potrebbe fare Beirut se entrasse nello scontro.

(Europa, 17 agosto 2012)

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Scontro Israele-Iran: "La minaccia è più seria che mai"

di Michele Marelli

"Un Iran dotato di una bomba nucleare diventerebbe intoccabile e potrebbe portare avanti la sua politica estera. Inoltre, tutti i gruppi estremisti che fanno capo alla Repubblica Islamica si sentirebbero legittimati ad 'alzare la voce'". Con un'intervista ad Affaritaliani.it, Ahmad Rafat, giornalista e scrittore iraniano, ex direttore di Adnkronos International ed esperto di Medio Oriente, analizza gli sviluppi nella crisi israelo-iraniana: "Se Obama continuasse, come adesso, ad avere una maggioranza di soli 5 punti di percentuale su Romney, non potrebbe permettersi di rinunciare all'appoggio di chi in America sostiene Israele". E conclude: "Un attacco israeliano godrebbe del sostegno di molti Paesi del Golfo Persico e del Mondo arabo".

- Da venerdì, in seguito a un articolo uscito sul quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, si parla con più certezza di settimane e non di mesi per quanto riguarda un potenziale attacco di Israele all'Iran. La preoccupazione è reale?
  È una minaccia che va presa seriamente, soprattutto considerate le reazioni sia in Israele che in Iran. In Israele sabato scorso c'è stata una manifestazione davanti al Ministero della Difesa, che ha visto la presenza dello scrittore David Grossman, per scongiurare la possibilità di un attacco che andrebbe contro gli interessi israeliani. Nel frattempo arriva una sorta di conferma da Teheran: notizie - non confermate ufficialmente dal Governo - in cui si parla di preparazione di rifugi, di scorte di cibo… Si sa però che c'è stato un vertice - questo, confermato - indetto dall'Ayatollah Khamenei con le più alte autorità militari, sia delle forze armate regolari che dei Pasdaran. Inoltre, il fatto che l'ex premier israeliano Olmert si sia espresso contro la guerra indica come questa volta questa possibilità sia più tangibile di quanto non lo sia stata in passato.

- La minaccia, dunque, è seria…
  Sì, anche perché, nonostante si sia a lungo parlato di una 'via diplomatica' per fermare il programma nucleare iraniano, bisogna ammettere che finora la diplomazia ha fallito. L'Iran sta continuando i suoi esperimenti e le sanzioni non sono servite a niente. Pertanto, coloro che pensano che "l'altra opzione" - come viene chiamata la soluzione militare - potrebbe rivelarsi più efficace si sentono rafforzati e continuano a sponsorizzarla. Dunque sì, la minaccia è più seria che mai.

- Israele ritiene fallimentare la politica di negoziazione di Obama?
  
Bisogna essere sinceri: gli americani in termini di negoziati hanno fatto ben poco. Per parlare di negoziato, qualcuno deve mettere qualcosa sul tavolo. È un do ut des…

- Quindi secondo lei l'America ha espresso un desiderio ma non si è effettivamente mai seduta a quel tavolo…
  Raramente e in maniera non sistematica. In ogni caso, l'unica cosa che l'attuale dirigenza della Repubblica Islamica vuole ottenere dagli Stati Uniti è la garanzia che nessuno interverrà per cambiare le cose in Iran.

- Come mai Israele teme così tanto il programma nucleare iraniano? Risulta difficile pensare che l'Iran, un minuto dopo essersi dotato della bomba atomica, si decida a sferrare un attacco contro lo Stato ebraico…
  Cito Shimon Peres, a cui feci un'intervista sette-otto anni fa, agli albori del programma nucleare iraniano. Mi disse che il timore non era che l'Iran sganciasse effettivamente una bomba, anche perché sia in Israele che nei Paesi limitrofi non resterebbe anima viva. Il problema è che un Iran dotato di una bomba nucleare diventerebbe intoccabile e potrebbe portare avanti la sua politica estera. Inoltre, tutti i gruppi estremisti che fanno capo alla Repubblica Islamica si sentirebbero legittimati ad 'alzare la voce'…

- È stata data anche una 'deadline' indicativa: il 1o ottobre. Entro questa data, si suppone, il Governo islamico dovrebbe aver raggiunto i temuti 250 kg d'uranio arricchito al 20%...
  Bisogna anche considerare il fattore meteorologico. Un attacco aereo contro l'Iran si potrebbe lanciare o entro la fine di ottobre o dopo marzo. In quella zona, d'inverno, ci sono neve e nebbia. L'esito di un intervento militare sarebbe dunque gravemente compromesso dalle condizioni climatiche, nel periodo compreso tra inizio novembre e fine febbraio.

- Khaled Fouad Allam, in un'intervista concessa ad Affaritaliani.it qualche giorno fa, ha dichiarato che, finché alla Casa Bianca ci sarà Obama, Israele non avrà il coraggio di sferrare un attacco senza il consenso dell'alleato americano. Eppure c'è chi fa una valutazione diversa: se Israele decidesse di attaccare l'Iran negli ultimi giorni della campagna elettorale americana, Obama si troverebbe con le spalle al muro, non potendo abbandonare in extremis Nethanyahu. Lei cosa pensa?
  Credo che il consenso dell'Amministrazione Obama dipenda dai sondaggi elettorali. Mi spiego: se Obama continuasse, come adesso, ad avere una maggioranza di soli 5 punti di percentuale su Romney, non potrebbe permettersi di rinunciare all'appoggio di chi in America sostiene Israele. Se il vantaggio aumentasse e il distacco dal candidato repubblicano fosse del 10%, Obama potrebbe anche opporsi.

- Come verrebbe visto, dal resto del Medio Oriente, un attacco israeliano?
  
Questo è il punto: un attacco israeliano godrebbe del sostegno - non dichiarato, forse, ma reale - di molti Paesi del Golfo Persico e del Mondo arabo. Arabia Saudita, Kuwait, Emirati Arabi Uniti e altri vedrebbero di buon occhio - pur non appoggiandolo, per ovvi motivi - un attacco all'Iran, in questo momento. Qualche giorno fa qualcuno ha scritto: "Un attacco israeliano unificherebbe il Mondo arabo".

Il Governo saudita ha recentemente dichiarato che non concederà mai ai caccia israeliani il permesso di sorvolare il proprio spazio aereo per un attacco all'Iran. Il tempismo è sospetto e l'impressione è che ci si trovi davanti a una excusatio non petita…
  In Arabia Saudita c'è chi non aspetta altro che uno 'schiaffo' alla Repubblica Islamica, ho notizie certe su questo. Io, dunque, leggerei il comunicato in un altro modo: hanno fatto questa dichiarazione per poi far passare, dopo aver messo le mani avanti, gli aerei israeliani. Quando i caccia americani attaccavano l'Afghanistan, è giusto che si sappia, passavano sopra i cieli dell'Iran. La Repubblica Islamica non li ha mai autorizzati, ma non li ha nemmeno mai fermati.

- L'Arabia Saudita, dunque, potrebbe fare la stessa cosa?
  
L'ipotesi che i sauditi decidano di abbattere un aereo israeliano è inimmaginabile. Basta pensare a quali problemi si andrebbe incontro con il comune alleato: gli Stati Uniti.

(Affaritaliani, 16 agosto 2012)

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Aeroporto di Agrigento, imprenditori israeliani in Provincia

Gli israeliani, con i quali il presidente già nei mesi scorsi aveva avuto contatti, hanno confermato il loro interesse, e hanno definito, insieme a D'Orsi, alcuni aspetti relativi sia alla realizzazione che alla gestione.

Highslide JS
La delegazione di imprenditori israeliani
dal presidente della Provincia D'Orsi       
Prosegue senza soste la battaglia della Provincia regionale di Agrigento per la realizzazione dell'aeroporto. In questo senso, il presidente Eugenio D'Orsi ha incontrato stamani nell'ufficio di Presidenza una delegazione di imprenditori israealiani, fortemente interessati alla struttura che dovrebbe nascere nella piana di Licata e per la quale la Provincia non ha lesinato sforzi, coinvolgendo direttamente anche i propri tecnici dei vari uffici che hanno realizzato il progetto dello scalo aeroportuale.
Gli israeliani, con i quali il presidente già nei mesi scorsi aveva avuto contatti, hanno confermato il loro interesse, e hanno definito, insieme a D'Orsi, alcuni aspetti relativi sia alla realizzazione che alla gestione.

"Noi procediamo per la nostra strada - ha commentato alla fine dell'incontro il presidente D'Orsi - convinti dell'importanza dell'aeroporto in provincia di Agrigento, l'unica struttura che può davvero stravolgere positivamente la nostra economia, con ricadute sul turismo e sulla commercializzazione delle nostre produzioni agricole. Gli israeliani hanno giudicato positivamente il progetto, e a questo proposito voglio evidenziare il buon lavoro e la professionalità dei nostri tecnici, che non ho esitato a richiamare dalle ferie pur di far compiere un ulteriore passo in avanti al progetto aeroporto. Non è da tutti riuscire a realizzare una riunione del genere il 16 agosto, e anche questo dato ci conforta".

(AgrigentoNotizie, 16 agosto 2012)

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L'ultima farsa dell'Onu e il dovere di Obama di condannarla

A settembre nuova buffonata del Palazzo di Vetro: 120 paesi "non allineati" si riuniscono a Teheran per applaudire il "loro" presidente Ahmadinejad. Ci saranno pure Russia e Cina...

Si avvicina settembre, il mese delle buffonate al Palazzo di Vetro, quando la solita parata di dittatori e rappresentanti di Stati con una fede forte nella NON democrazia accuserà l'America di ogni crimine contro l'umanità, anche adesso che c'è Obama. Ma quest'anno c'è un anticipo di "associazionismo" delirante, perché il Movimento dei Paesi Non Allineati tiene una delle sue periodiche conferenze in cui avviene il passaggio della presidenza da un paese ad un altro. Capisco lo sconcerto di chi stenta a credere che esista ancora oggi un Movimento di Non Allineati, che nel 1961 fu il parto di 5 leader (lo jugoslavo Tito, l'indiano Nehru, l'egiziano Nasser, il ghanese Nkrumah e l'indonesiano Sukarno) intenti, allora, a ritagliarsi uno spazio di indipendenza dai due blocchi guidati da Washington e Mosca, in "guerra fredda" tra di loro. Tito, comunista che si sentiva minacciato dal Kremlino, cercava una collocazione internazionale per tenere lontano i carri armati sovietici.
   Oltre mezzo secolo dopo, l' "equidistanza" (altro termine che connotava gli aderenti al movimento) tra America e Russia non ha più alcun senso. E, infatti, non è più questa partita che va in scena dietro la sigla dello schieramento dei "non allineati". Ma se a quel tempo porsi a metà strada tra "capitalismo" e "comunismo" poteva sembrare un tentativo sincero di terza via (di fatto, era comunque più un "non allineamento" con gli Usa che non con la Russia, sia ideologicamente sia per gli indirizzi economici socialisteggianti nelle nazioni promotrici), la versione 2012 del movimento è una farsa. Tragica, ma una farsa. Cominciamo con il dire che toccherà a Teheran ospitare il meeting di fine agosto, e che il presidente Mahmoud Ahmadinejad lo presiederà e, da protocollo, diventerà il presidente del gruppo per i prossimi 3 anni. Con questa veste, si presenterà qualche settimana dopo a New York alla Assemblea delle Nazioni Unite e parlerà a nome non solo suo, ma dei 120 membri del Movimento. Con l'Iran che è colpito da anni dalle sanzioni, votate in Consiglio di Sicurezza, come punizione per aver violato svariate direttive a proposito dei suoi piani di armamento nucleare, sarà un bel momento per la credibilità dell'Onu quello in cui il padrino del siriano Assad farà il suo discorso contro l'imperialismo degli Usa e di Israele.
   Dei 190 paesi circa che sono membri dell'Onu, 120 saranno lì ad applaudire il loro "presidente". Tanti, infatti, sono le nazioni appartenenti al movimento non allineato, che ha anche 21 paesi "osservatori". Tra i membri ufficialmente iscritti, non manca nessuno della gang dei paesi "NON democratici", e la definizione è generosa: da Cuba alla Corea del Nord, dallo Zimbabwe alla Siria, dalla Palestina all'Arabia Saudita, dal Sudan al Venezuela per citarne alcuni. Da che cosa si distanzino, che cosa voglia dire il loro "non allineamento" non è un mistero: dall'America e da Israele soprattutto, ma in generale dalla democrazia e dalla cultura occidentale.
   Basta vedere chi sarà presente a Teheran, ripulita dai barboni nelle strade (scrive il New York Times) e piena di bandiere sulla Conferenza, a rimarcare ciò che sarà il ritornello della propaganda di Ahmadinejad. "L'Iran non è affatto un paese isolato diplomaticamente come trama l'America, e noi abbiamo il diritto di perseguire i nostri piani di sviluppo atomico pacifico", dirà il presidente che vuole cancellare Israele dalla terra. Fa già un po' di sensazione che ad "osservarlo" con la loro presenza diretta a Teheran ci saranno Vladimir Putin e un rappresentante di Pechino (Russia e Cina sono tra i paesi "osservatori": ma non erano proprio loro il secondo blocco contro il quale era nato il movimento?) . Ma se ci sarà, come ha assicurato, il segretario generale dell'Onu Ban-Ki-moon, anche i ciechi avranno una ennesima visione della degenerazione galoppante della diplomazia politicamente corretta del Palazzo di Vetro: costosissima, fuorviante, e dannosa più che inutile. Una tragica farsa. Speriamo che Obama la denunci: le poche settimane che mancano al voto gli daranno il coraggio di mettere la sordina al suo innato multiculturalismo del "tutti sono moralmente uguali"?

(Libero.it, 16 agosto 2012)

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Iran, le rivelazioni sull'attacco israeliano svelano pochi segreti

di Gianandrea Gaiani

I piani dell'attacco che Israele avrebbe messo a punto contro i siti atomici e le difese strategiche iraniane rivelato ieri dal blogger israelo-americano Richard Silverstein svela in realtà ben pochi segreti. Silverstein ha pubblicato sul suo sito Tikun Olam ("Riparare il mondo" in ebraico) un estratto di un dossier che gli sarebbe stato dato da una fonte israeliana di alto livello che a sua volta l'ha ricevuto da un ufficiale delle Forze di Difesa israeliane. La fonte israeliana avrebbe fatto filtrare il piano segreto perché «questi non sono tempi normali e temo che Bibi e Barak (il premier Netanyahu e il ministro della Difesa israeliani) facciano maledettamente sul serio».
   Dichiarazioni che sostengono le proteste di quanti in Israele vogliono impedire azioni militari come i 400, fra i quali due professori di diritto, che oggi hanno firmato una petizione online per chiedere ai piloti dell'aviazione israeliana di rifiutarsi di obbedire se verrà ordinato loro il bombardamento degli impianti nucleari iraniani poiché un attacco ad impianti nucleari porterebbe alla dispersione di materiale radioattivo fra la popolazione civile e «Israele come chi ha effettuato materialmente il raid potrebbero essere accusati di crimini di guerra». Teheran non aiuta certo i pacifisti israeliani. Oggi la Guida suprema iraniana Alì Khamenei, ha definito Israele una «escrescenza artificiale in Medio Oriente destinata a scomparire».
   Sul pano militare quanto rivelato da Silverstein non costituisce nulla di nuovo rispetto alle notizie già ampiamente illustrate e ai piani previsti da diversi analisti e pubblicati in passato. In pratica si tratterebbe di una riedizione, con armi più moderne, di quanto attuato da statunitensi e alleati contro l'Iraq nel 1991 e 2003 o contro la Serbia nel 1999.
   Il dossier rivela un piano di attacco in quattro fasi: nella prima si ricorrerebbe alla tecnologia più sofisticata per annientare tutti i sistemi di comunicazione: reti informatiche, telefoni, radio, tv, le comunicazioni satellitari e le connessioni in fibra ottica degli apparati strategici e governativi che linkano i centri del potere con i siti atomici e le basi missilistiche sotterranee dei missili balistici Shahab 3 di Khorramabad e Isfahan.
   La paralisi di queste infrastrutture, ottenuta con incursioni di guerra elettronica e cibernetica, impedirebbe all'Iran di gestire la difesa aerea e la rappresaglia, cioè di coordinare una risposta attaccando Israele con missili balistici a testata chimica. La seconda fase prevede il lancio di decine di missili balistici Jericho, armi nate per portare in volo le atomiche israeliane ma modificati (come hanno fatto anche gli statunitensi con armi simili) per portare una tonnellata di alto esplosivo convenzionale e dotati di penetratore per raggiungere la profondità di qualche decina di metri sotto il suolo prima di esplodere. Armi anti-bunker per distruggere i laboratori e le basi sotterranee iraniane.

(Il Sole 24 Ore, 16 agosto 2012)

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Nella Bekaa rapito un altro siriano

Clan sciita attende mediazione Croce Rossa per rilascio suo uomo

BEIRUT, 16 ago - Un altro siriano è stato rapito oggi da un gruppo di uomini armati nella valle orientale della Bekaa nel quadro di una campagna di rapimenti annunciata ieri da gruppi sciiti vicini agli Hezbollah in ritorsione per la cattura in Siria da parte di ribelli anti-regime di un sedicente miliziano del movimento sciita filo-iraniano. L'agenzia libanese Nna riferisce del rapimento del siriano Husam Khashrum di fronte all'ospedale di Shtura, importante cittadina nella Bekaa, da parte di uomini armati che hanno aperto il fuoco contro l'auto su cui viaggiava Khashrum.
I miliziani sciiti, che ieri hanno rapito nei pressi di Beirut un cittadino turco e una ventina di siriani, attendono l'intervento del Comitato internazionale della Croce Rossa per il rilascio del loro uomo catturato in Siria. L'Esl aveva rivendicato tre giorni fa la cattura di Hasan Miqdad, che in un video amatoriale pubblicato dai ribelli stessi confessa di essere un tiratore scelto di Hezbollah giunto in Siria assieme ad altri 1.500 miliziani per sostenere "l'esercito sciita" fedele al presidente Bashar al Assad contro "le bande armate sunnite note come Esercito libero". Hezbollah, alleato di Damasco, ha smentito ogni legame con Miqdad e negato ogni coinvolgimento nella guerra in Siria.
Citato oggi dall'agenzia ufficiale libanese Nna, Maher Miqdad, segretario del clan dei Miqdad, ha detto di "aspettare da parte della Croce Rossa internazionale la rassicurazione sullo stato di salute di Hasan Miqdad, attualmente in Siria. A quel punto - ha detto - incontreremo una delegazione della Croce Rossa". Miqdad, il cui clan ha rapito ieri un cittadino turco, ha poi smentito le voci sulla loro intenzione di rapire cittadini sauditi e qatarioti, affermando che "il nostro unico problema è con il cosiddetto Esercito siriano libero" (Esl), piattaforma che riunisce i gruppi di rivoltosi siriani.

(ANSAmed, 16 agosto 2012)

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L'Europa sottovaluta Hezbollah

Stati Uniti e Israele considerano il gruppo sciita Hezbollah un'organizzazione terroristica in grande ripresa, soprattutto grazie agli aiuti economici e militari dell'Iran.
L'Unione europea invece continua a trattarlo come un semplice movimento politico e sociale libanese. Forse a causa del suo profilo basso inaugurato dopo l'11 settembre nel vecchio continente.
E la Germania, che conta ormai 950 affiliati, è il maggior centro di raccolta delle milizie di Hezbollah in Europa. L'analisi del New York Times.

(Internazionale, 16 agosto 2012)

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L'Egitto comincia a ignorare Camp David

Ricordate che Morsi ha promesso di rispettare tutti gli accordi firmati? Beh, non è vero.

da Ha'aretz

L'esercito egiziano sta collocando grandi forze anti-terrorismo in alcune parti della penisola del Sinai senza informare in anticipo Israele. Il trattato di pace tra i due paesi limita la presenza militare egiziana nel Sinai.
   Alcune delle forze egiziane nella penisola sono state inviate lì con il consenso di Israele, ma Ha’aretz ha appreso che altre forze sono state dispiegate senza la previa approvazione di Israele. Il governo israeliano è venuto a conoscenza della cosa soltanto dopo il fatto. I funzionari della difesa israeliana tuttavia hanno evitato di commentare la questione e hanno detto che vi è stata una buona cooperazione sulla sicurezza tra i due Paesi e che ci sono stati contatti regolari tra le due parti.
   Secondo gli accordi di pace conclusi nel 1979 a Camp David, all'Egitto non è consentito di introdurre carri armati in certe zone del Sinai, tra cui i dintorni di Al-Arish, dove invece nei giorni scorsi sono state trasportate decine di carri armati. Il trattato vieta anche l'uso di aerei da combattimento, compresi gli elicotteri, ma questo è stato approvato con effetto retroattivo dal gabinetto di sicurezza israeliano.
   Per il momento Israele ha deciso di non rispondere alle mosse unilaterali egiziane, probabilmente per evitare un confronto. Il fatto tuttavia è visto come fonte di futuri problemi, soprattutto per l'avvento al potere in Egitto della Fratellanza Musulmana. Gli egiziani potrebbero chiedere di mantenere la loro presenza militare attuale nel Sinai fino alla fine delle loro operazioni militari, anche se non è chiaro fino a quando.
   La situazione mette Israele in un dilemma. Solo tre giorni fa Mohammed Gadallah, consulente legale del presidente Mohammed Morsi, ha detto che il presidente sta prendendo in considerazione emendamenti agli accordi di Camp David al fine di dare all'Egitto "piena sovranità" su tutta la penisola.

(the elder of ziyon, 16 agosto 2012 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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Rapiti in Libano sostenitori dei ribelli siriani

BEIRUT/ALEPPO - L'Arabia Saudita ha avvertito i propri cittadini di lasciare il Libano, dopo che un rapimento di massa per rappresaglia per gli eventi in Siria ha innescato il timore che la violenza possa diffondersi in medio Oriente a causa del rancore religioso e delle rivalità tra le grandi potenze.
Ieri, nel giorno in cui prigionieri libanesi fatti prigionieri dai ribelli siriani sono rimasti feriti in un sanguinoso attacco aereo da parte delle forze governative, cittadini turchi e sauditi - i cui paesi sono tra i principali sostenitori degli insorti siriani, in maggioranza sunniti - sono stati rapiti insieme a 20 siriani da un gruppo sciita a Beirut in una zona controllata dal movimento Hezbollah, legato all'Iran.
La minaccia dei rapitori di sequestrare altri ostaggi provenienti da Turchia, Arabia e Qatar per favorire il rilascio di un parente catturato dai ribelli siriani a Damasco ha riportato immediatamente l'eco della lunga guerra civile libanese, e i governi arabi del Golfo non hanno perso tempo e hanno subito invitato i propri cittadini a lasciare il Paese.
Il presidente siriano Bashar al-Assad, che appartiene alla minoranza alauita - una propaggine della confessione sciita dell'Islam - ha il sostegno dell'Iran, a maggioranza sciita, e degli Hezbollah. Assad ha accusato le potenze sunnite del Golfo e la Turchia di aver promosso la rivolta in Siria, che dura da ormai un anno e mezzo.

(Reuters, 16 agosto 2012)

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Svelato piano segreto: attacco informatico israeliano contro l'Iran

Un blogger israelo-americano ha pubblicato un dossier che rivela un piano di attacco in tre fasi: nella prima si ricorrerebbe alla tecnologia più sofisticata per mettere ko Internet, i telefoni, la radio, la tv, le comunicazioni satellitari. Poi un intenso attacco missilistico mirato

di Orlando Sacchelli

Richard Silverstein
Non si sa ancora se il piano d'attacco segreto d'Israele all'Iran sia quello svelato da un blogger americano.
Resta il fatto che la tensione tra i due Paesi è sempre più alta. Ieri Richard Silverstein sul suo blog (Tikun Olam, "Riparare il mondo" in ebraico) ha scritto che un eventuale attacco di Gerusalemme contro i siti nucleari iraniani avrà inizio con un'aggressione informatica "senza precedenti", per paralizzare il regime iraniano che non riuscirebbe così "a sapere cosa avviene al suo interno". Lo riporta Ynet, l'edizione online dello Yedioth Ahronoth.Silverstein sostiene di aver ottenuto un documento ufficiale che delinea i piani di guerra dello Stato ebraico contro l'Iran da una fonte israeliana di alto livello. Oltre al cyber-attacco, i piani prevederebbero anche il lancio di decine di missili, un attacco aereo e alcuni omicidi mirati. La fonte, ha scritto Silverstein nel blog, avrebbe deciso di passare a lui il documento perché non "ci troviamo in tempi normali": "Temo che Bibi (il primo ministro Netanyahu ndr.) e (il ministro della Difesa Ehud) Barak siano seri" nella loro intenzione di attaccare i siti nucleari iraniani. Nei giorni scorsi qualcuno aveva avanzato l'ipotesi che l'attacco potesse avvenire a ottobre, in anticipo rispetto alle elezioni americane in programma il prossimo 6 novembre.

ATTACCO IN TRE FASI - Nella prima si ricorrerebbe alla tecnologia più sofisticata per mettere ko Internet, i telefoni, la radio, la tv, le comunicazioni satellitari, le connessioni in fibra ottica degli edifici strategici del Paese, comprese le basi missilistiche sotterranee di Khorramabad e Isfahan. Nella seconda fase ci sarebbe il lancio di decine di missili balistici, in grado di coprire una distanza di 300 chilometri, contro la Repubblica islamica dai sottomarini israeliani posizionati vicino al Golfo Persico. Missili "con punte rinforzate, progettate per penetrare in profondità". Secondo il dossier l'obiettivo sarebbero alcuni siti sotterranei, come quello di Fordo, che preoccupa Israele perchè scavato in una montagna vicino a Qom. Infine la terza fase, con il lancio di altri missili - questa volta da crociera - per mettere ko i sistemi di comando e controllo, di ricerca e sviluppo e le residenze del personale coinvolto nel piano di arricchimento dell'uranio. Dopo la prima ondata di attacchi un satellite passerà sopra l'Iran per valutare i danni agli obiettivi. Le informazioni saranno quindi trasferite agli aerei di guerra dotati di tecnologia sconosciuta al grande pubblico e anche all'alleato americano, invisibili ai radar e inviati in Iran per finire il lavoro, colpendo un elenco ristretto di obiettivi.

KHAMENEI: ISRAELE SCOMPARIRÀ - Intanto il leader supremo iraniano, l'ayatollah Ali Khamenei, ha espresso l'auspicio che possa nascere presto uno Stato palestinese, e che Israele invece "scompaia" dalla mappa geografica. Come riporta Ynet, parlando alla vigiliadella "Giornata di Al Quds" (Gerusalemme), che sarà celebrata domani in Iran, ha detto: "La luce della speranza risplenda sulla questione palestinese, e la terra dell'Islam ritornerà certamente alla nazione palestinese, mentreil superfluo e falso (regime) sionista scomparirà dal panorama". Parole, queste, che di certo non contribuiranno a rasserenare il clima, già teso, tra i due Paesi.

(il Giornale, 16 agosto 2012)

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Gli incubi della Germania, tornano le ombre nere del nazismo

Un gruppo estremista sfila con maschere bianche e torce

BERLINO - Appaiono nelle città tedesche nel cuore della notte, senza essere annunciati. Indossano maschere bianche e brandiscono delle torce. Sono le nuove forme di manifestazione promosse da un gruppo neonazista che si definisce "Gli Immortali", che poi posta sul Web i video delle proprie sfilate. Sono immagini inquietanti, che richiamano subito alla memoria le parate alla luce delle torce del partito nazista negli anni Trenta. Ma accade oggi, nella Germania locomotiva d'Europa del 2012."Stanno cercando - spiega il professor Hajo Funke della Libera università di Berlino - di guadagnarsi l'attenzione dei più giovani, ma la loro idea è spaventosa e mistica al tempo stesso. Siamo già stati uccisi dal sistema, sostengono, dai neri, dai musulmani, dagli ebrei. E' un'idea razzista e apocalittica, tipica di un movimento radicale".Il gruppo degli "Immortali" si è affacciato sulla scena nello scorso mese di maggio, con la sfilata di un centinaio di persone nella città di Bautzen. E lo slogan dei loro flash mob è chiarissimo: la democrazia ci sta uccidendo. Obiettivo delle invettive i sostenitori del multiculturalismo. "A livello verbale - aggiunge Funke - stanno già attaccando persone e istituzioni. E questo modo di agire non è senza violenza, anche perché sono comunque legati a gruppi violenti".Le ombre nere, dunque, tornano a strisciare per le vie della Germania. E in un momento di crisi dell'Europa la paura è che certe idee, basate proprio sulla paura, possano trovare un seguito.

Video

(TMNews, 16 agosto 2012)

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'Pronti a una guerra di 30 giorni'

GERUSALEMME - Israele ha preparato la popolazione a un eventuale conflitto che potrebbe durare 30 giorni su diversi fronti simultaneamente. Lo ha dichiarato il ministro israeliano uscente della Difesa 'interna', Matan Vilnai. ''Non c'e' alcuna ragione di essere isterici. Mai prima d'ora il fronte interno e' stato cosi' ben preparato'', ha detto il ministro al quotidiano Maariv riferendosi alla ripartizione dei compiti tra le diverse istituzioni incaricate della protezione civile in caso di guerra.

(ANSA, 15 agosto 2012)

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I palestinesi denunciano: l'Egitto nega i visti di transito per Gaza

GERUSALEMME, 15 agosto - Come riferito dall'agenzia stampa palestinese Maan, diversi palestinesi all'estero hanno denunciato l'impossibilità di rientrare nella striscia di Gaza a causa del rifiuto egiziano di emettere un visto di transito dall'aeroporto del Cairo sino al valico di Rafah, fra l'Egitto e la striscia di Gaza. Le denunce sono giunte da palestinesi in Turchia, in Algeria, ai quali è stato impedito persino di imbarcarsi su aerei diretti al Cairo.
Questo rivela quanto le misure a protezione dei palestinesi di Gaza, annunciate dal fratello musulmano presidente Mohammed Morsi, siano iniziative solo a scopo propagandistico. L'Egitto, intanto, ha reso noto che intende aprire per tre giorni il valico di Rafah, da oggi a venerdì, per la festa dell'Eid el Fitr che segna la fine del Ramadan.

(Arab Monitor, 15 agosto 2012)

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Ferragosto - La Maria dei Vangeli e la Madonna cattolica

«Nella comprensione popolare il cristianesimo comincia il giorno di Natale. A Natale infatti nasce il Cristo, e quindi lì nasce il cristianesimo. Ad accogliere il Cristo, anzi a metterlo al mondo, c'è una donna eccezionale: Maria. E di fatto è eccezionale, perché anche il Vangelo lo attesta. Ma perché? A questa domanda pretende di rispondere il culto mariano, presentando Maria come donna concepita senza peccato, come persona il cui corpo dopo la morte non ha conosciuto la corruzione perché è stata assunta direttamente in cielo, e con altre caratteristiche che la fanno diventare un essere a metà fra l'uomo e Dio. Che c'entra Israele con tutto questo? Niente, risponderebbe probabilmente un devoto cattolico cresciuto nell'insegnamento della sua chiesa, perché in effetti si fa fatica a collegare in qualche modo il culto mariano con Israele. Tuttavia il collegamento c'è: la Maria cattolica sottolinea il fatto che Israele rappresenta il passato, un passato negativo da cui bisogna ripartire voltando pagina.»

E’ un brano tratto dal libro “La superbia dei Gentili”. Quando un ebreo italiano pensa al cristianesimo di solito ha in mente il Cattolicesimo Romano. Per quel che riguarda i cristiani non cattolici probabilmente pensa a qualche variazione dottrinale più o meno grande (meno santi, meno sacramenti, niente limbo, niente purgatorio, niente papa e così via), cose che possono anche essere importanti per chi ci è dentro, ma che poco interessano un ebreo. Non è proprio così. La presentazione cattolico-romana del cristianesimo è in opposizione radicale a una comprensione davvero evangelica della fede cristiana. Per questo motivo un cristiano evangelico può sentirsi in contrapposizione con l’istituzione cattolica in modo molto più profondo di quello che può avvertire un ebreo. La figura di Maria, così come è presentata nei dogmi cattolici, e di cui oggi si festeggia la pretesa “assunzione in cielo”, è per un evangelico uno scandalo e per un ebreo uno schiaffo in faccia. Ma non tutti, sia cristiani sia ebrei, ne sono consapevoli.
Proponiamo allora la lettura di un articolo che, se pubblicato qualche secolo fa, avrebbe portato sul rogo l’autore. Come è accaduto a molti ebrei per altri motivi.

“Maria, figlia d’Israele”

(Notizie su Israele, 15 agosto 2012)

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Rassegna stampa su Israele

di Emanuel Segre Amar

Guerra con l'Iran? Sì, ma quando? E intanto Israele sembra mettere a punto tutti i preparativi necessari per rendere possibile una azione militare che deve essere all'altezza delle grandi guerre della storia di Israele. Questo è un tema trattato da quasi tutti i quotidiani di oggi. Come illustra compiutamente un editoriale del Foglio, Avi Dichter, ex capo dello Shin Bet, i servizi segreti, ed ex parlamentare di Kadima (ha appena dato le dimissioni da parlamentare dell'opposizione per poter entrare nel governo), guida da ieri il nuovo ministero della difesa interna, appendice del ministero della difesa. Ed Israele studia attentamente anche quelli che saranno i costi, diretti ed indiretti, di una guerra che dovrà essere breve per poter essere sopportabile. Ma non tutti in Israele accettano questa soluzione, e, come scrive Alix Van Buren su Repubblica, c'è chi, come lo scrittore Amos Oz, ricorre alle vie legali per ottenere che sia il governo tutto, in seduta plenaria, a decidere in favore di un intervento che, tuttavia, non è certamente solo nella testa di Netanyahu (alcuni sostengono addirittura che sia Barak più che lo stesso Bibi a spingere per questa soluzione). Netanyahu insiste con Obama affinché prospetti all'Iran il rischio di una guerra se non rinuncia al programma nucleare, ma il presidente USA non ci pensa affatto, restando legato alle proprie convinzioni che le sanzioni saranno sufficienti per bloccare il programma nucleare iraniano.
   Diverso è lo scenario di guerra siriano, che continua con le sue cifre spaventose (i giornali parlano oggi di già 23000 morti, ma nessuno descrive a dovere anche le condizioni dei vivi, alcuni dei quali stanno telefonando agli amici in Europa per spiegare quelle che sono le loro condizioni insopportabili). L'ex primo ministro fuggitivo (sunnita) rilascia un'intervista ripresa, tra gli altri, da Lorenzo Cremonesi sul Corriere, nella quale spiega di aver abbandonato il regime dopo aver perso ogni fiducia in leader corrotti e brutali che mai cambieranno. Peccato che, evidentemente, avesse ancora tale fiducia quando accettò la promozione a primo ministro solo poche settimane or sono; lui, navigato uomo di governo, non conosceva i suoi colleghi? Sono riflessioni che, a parere di chi scrive, si devono fare quando si leggono certe affermazioni. Il Corriere riprende anche un articolo di Bernard Henry Levy del quale già ieri si è parlato in tutto il mondo dopo la prima pubblicazione in Francia; BHL spiega che coerenza impone che si faccia in Siria quanto si è fatto in Libia. Non ci si deve fermare se la strada non viene aperta dall'ONU, perché altri organismi internazionali possono sostenere chi sia pronto ad intervenire. Bisogna impedire che, in un domani, si possa imputare ad Assad il bagno di sangue, ma all'Occidente le lacrime di coccodrillo. Assad è una tigre di carta, e basta imporre una no fly zone e rendere impossibile lo spostamento delle truppe governative per ottenere quanto si desidera, senza arrivare ad una soluzione militare del genere di quella dell'Afghanistan. Obama, scrive BHL, è bloccato dalle prossime elezioni, ma Hollande è nelle condizioni ideali per prendere in mano la situazione, prima che l'Iran si doti dell'arma nucleare rendendo tutto più difficile. Molto meno convincente appare tuttavia l'intellettuale francese quando si esprime sul futuro della Siria nel quale, afferma, gli Occidentali potranno essere ascoltati perché saranno visti non già come i vecchi colonizzatori, ma come gli amici che li avranno aiutati a liberarsi dal dittatore. Ma contro la no fly zone si è già espresso nei giorni scorsi Panetta, come scrive Paolo Mastrolilli su La Stampa, ed intanto Assad supera le difficoltà economiche con l'aiuto delle banche russe e si approvvigiona del necessario diesel grazie alle raffinerie dell'Angola.
   Oggi, nel frattempo, si incontrano in Arabia Saudita iraniani e sauditi nel tentativo di trovare un'intesa, almeno tra di loro, ma non certo, come scrive Lorenzo Trombetta su Europa, per "spartirsi il levante arabo con il gigante Israele"; in questo articolo si legge anche che fino al 2010 il MO era un palcoscenico gestito da petrolmonarchie del Golfo (non ci sono più? ndr), dall'Iran e da Israele. Ben debole il ragionamento di un giornalista che segue da anni le vicende dell'area. L'unica verità che scrive è che, ad entrambi i paesi interessa comunque imporre un regime islamico radicale, ma non spiega come superare la divisione sciita-sunnita. Panorama pubblica un'intervista a Robert Fisk, da anni corrispondente di guerra, che spiega che i sauditi cercano tutte le soluzioni per bloccare l'espansionismo iraniano. La dittatura di Assad, secondo Frisk, non sarebbe nulla in confronto a quella imposta a suo tempo da Saddam Hussein, e non ci si deve neppure preoccupare per quanto succederà dopo le rivoluzioni arabe. E' giusto che i partiti religiosi (Fisk si riferisce in particolare ai Fratelli Musulmani ed ai Salafiti) possano governare, e afferma che poi perderanno tranquillamente il potere scontrandosi con le oggettive difficoltà di governo (l'Iran non gli ha insegnato evidentemente nulla ndr).
   Due brevi su Avvenire e Libero spiegano che gli egiziani vogliono rivedere gli accordi con Israele per poter inviare i loro militari in un Sinai oggi smilitarizzato; i recenti episodi hanno dimostrato che il trattato di pace non ha impedito agli egiziani di compiere quanto hanno voluto e dovuto compiere, mentre la revisione degli accordi andrebbe, a parere del sottoscritto, ben oltre questo.
   Interessante un articolo di Camille Eid che, su Avvenire, spiega che Ennahda in Tunisia vuole abolire l'uguaglianza tra uomini e donne per arrivare alla loro "complementarietà", rifiutata da tante persone che hanno potuto godere di quanto Bourghiba aveva concesso, conscio del fatto che un uomo, con quattro mogli, non può essere equo come il corano comanda.
   Giulia Cerqueti su Famiglia Cristiana descrive i risultati ottenuti da una scuola di musica che, facendo studiare insieme bambini arabi ed ebrei, insegna loro a conoscersi. Questa scuola si avvale, in particolare, di tanti insegnanti ebrei giunti dalla Russia, ma non è altro che una copia di quanto, ad esempio, Edna Calò Livne fa da anni in Israele, e non menzionato dalla Cerqueti.
   Infine da segnalare l'articolo sull'International Herald Tribune che, con assoluta superficialità spiega che in fondo in Israele tutto procede per il meglio e non vi sono pericoli di sorta, interni od esterni, che i governanti debbano affrontare, e quello di Davide Mundo che sul Manifesto deplora che un soldato israeliano sia stato condannato a solo 45 giorni di prigione per avere sparato contro civili in fuga con la bandiera bianca durante la guerra di Gaza; nella sua "fede" non si accorge della democrazia e dell'osservanza delle leggi di uno stato che è capace di punire i propri soldati per questi atti, a differenza di quanto avviene in tutti i paesi limitrofi, a partire proprio dalla striscia dove Mundo passa le sue giornate.

(Notiziario Ucei, 15 agosto 2012)

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L'Iran e la bomba atomica. I mercati credono al raid di Israele

Salgono petrolio e Cds. Un altro falco arriva al ministero della Difesa israeliano, che chiede più soldi al Tesoro. Già stimati i costi di un'eventuale guerra: "Si aggireranno sui 390 milioni di dollari al giorno".

di Luca Bolognini

   
Avi Dichter
ROMA - Mercati indecisi, prezzo del petrolio in rialzo e cambi al vertice. Anche per gli investitori internazionali è possibile che Israele attacchi l'Iran prima delle elezioni americane in novembre. La minaccia nucleare posta dal regime degli ayatollah è considerata reale, anche se Teheran ha sempre precisato di non voler dotarsi di un arsenale atomico. A livello politico, tutto ruota attorno al ministero della Difesa. Avi Dichter, ex responsabile dello Shin Bet (i servizi segreti interni), si occuperà a partire da oggi della Difesa passiva.
   Considerato un falco, la sua nomina arriva a 24 ore dall'inizio delle discussioni sul budget militare. Una voce che è cresciuta costantemente a partire dal 2009. Ehud Barak, titolare della Difesa, secondo Xinhua, vorrebbe 15,5 miliardi di dollari per il 2013. Due miliardi in più di quanto concesso nel 2012 (anche se secondo il quotidiano Israel Hayom, Gerusalemme avrebbe deciso durante l'anno di incrementare i fondi di 1,5 miliardi di dollari). Il ministero della Finanza ne vorrebbe stanziare al massimo 12,5 miliardi.
   I venti di guerra soffiano sempre più forte. C'è chi dice che il 25 settembre (quando si riunirà l'Assemblea generale dell'Onu a New York) scadrà l'ultimatum che Binyamin Netanyahu ed Ehud Barak hanno posto agli Usa per dare l'ok all'attacco preventivo alle strutture nucleari iraniane. Secondo Debka, sito specializzato in notizie di intelligence, già dal primo ottobre Teheran potrebbe essere in grado di costruire un'atomica.
   I mercati nel frattempo stanno a guardare, anche se l'ipotesi di un attacco è sempre più credibile. "Gli investitori stranieri - ha spiegato ad Haaretz un alto funzionario di una banca di investimenti - questa settimana non si sono mossi sulla borsa di Tel Aviv a causa della tensione con l'Iran". Nelle ultime due settimane, da quando le voci di un possibile raid da parte di Gerusalemme si sono intensificate, i Credit default swap sui bond israeliani a cinque anni (un metodo classico con cui i mercati giudicano il rischio di investimento) sono schizzati del 7%. Ieri il prezzo del petrolio (Brent) ha raggiunto i 115 dollari a barile, il massimo negli ultimi tre mesi. Teheran ha più volte minacciato di chiudere lo stretto di Hormuz (attraverso cui passa il 40% del petrolio estratto nel Golfo Persico) in caso di ostilità. Se dovesse scoppiare la guerra, l'oro nero schizzerà alle stelle.
   Nel frattempo Gerusalemme sta stimando quanto potrebbe costargli una guerra contro gli ayatollah. Secondo un ex direttore generale del ministero dell'Economia, l'attacco potrebbe arrivare a costare 390 milioni di dollari al giorno se il 50% delle attività economiche dovesse fermarsi. "Ma - sottolinea Yarom Ariav, intervistato da Haaretz - anche un Iran nucleare avrebbe un prezzo".

(Quotidiano.net, 14 agosto 2012)

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"Così gli ebrei sono diventati un obiettivo del jihad nel mondo". Parla Michael Whine

di Manfred Gerstenfeld

"A Marzo, Mohammed Merah ha ucciso un insegnante e tre bambini ebrei davanti ad una scuola ebraica a Tolosa, in Francia. A Luglio del 2012, cinque turisti Israeliani ed un cittadino Bulgaro sono morti per mano di un terrorista suicida all'aeroporto di Burgas, in Bulgaria. Questi attacchi ed altri hanno nuovamente portato al centro dell'attenzione il tema del terrorismo contro le comunità ebraiche della diaspora e gli Israeliani all'estero." "Il terrorismo è la manifestazione più violenta del'antisemitismo contemporaneo. È la prova che le vite degli ebrei e degli Israeliani all'estero sono tuttora sotto continua minaccia. Un attacco terroristico in grado di causare numerose vittime può avere un impatto enorme sulla vita di una comunità. È anche per questo che le comunità ebraiche in Europa investono nella sicurezza più di qualsiasi altra organizzazione simile."
   Michael Whine è il Direttore del "Government and International Affairs at the Community Security Trust", l'organizzazione per la sicurezza degli ebrei inglesi. Le sue numerose pubblicazioni toccano principalmente il tema del terrorismo. "La natura di molti gruppi terroristici è intrinsecamente antisemita. La convinzione che gli ebrei, il sionismo, o Israele ostacolino la creazione di un mondo migliore è estremamente radicata in queste ideologie estremiste. È il ruolo dell'antisemitismo tradizionale nella visione che questi gruppi hanno del mondo a definire se gli ebrei saranno effettivamente l'obiettivo primario dei loro attacchi. Ad oggi però l'obiettivo primario di questi terroristi non sono gli ebrei, bensì gli Stati Uniti e i loro alleati in Afghanistan."
   "Tra i vari gruppi terroristici, quello jihadista dei Salafiti è il più pericoloso. E diversi elementi suggeriscono che ultimamente questa corrente si sta rafforzando. Fino ad oggi infatti, la maggior parte degli attacchi ai danni degli ebrei avveniva per mano di gruppi di Palestinesi laici. Altri attacchi sono stati perpetrati da altri estremisti con origini diverse: neo-nazisti, marxisti o leninisti, anarchici, nazionalisti arabi, e islamisti Sunniti radicali. Dei 51 attacchi totali - alcuni riusciti, altri pianificati ma intercettati in tempo - a cavallo tra il 2002 ed il 2010, 34 sono stati eseguiti da Al Qaeda ed i suoi alleati spinti dall'ideologia della Jihad globale. Storicamente, sono sempre esistiti collegamenti tra i vari gruppi terroristici. Tuttavia, è meglio considerare ciascuno di questi fenomeni in maniera indipendente dagli altri."
   "L'attacco terroristico più violento fu quello del Luglio 1994 a Buenos Aires, in cui un carico di esplosivo nascosto in un camion venne fatto detonare di fronte al centro AMIA (Asociacion Mutual Israelita Argentina). Morirono 85 persone. Oggi sappiamo che i mandanti di questa strage furono i leader politici iraniani. Durante gli anni '80 e '90, l'Iran ed Hezbollah hanno ripetutamente compiuto attacchi terroristici ai danni di obiettivi ebraici o Israeliani al di fuori dei confini d'Israele. Tra questi vi furono: le bombe nei centri comunitari ebraici di Parigi nel Settembre 1986 (da parte di Sciiti Libanesi controllati da Hezbollah), un tentativo fallito contro uno stabile della comunità ebraica di Bucarest nel 1992 (anch'esso condotto da Hezbollah), ed il fallito attacco contro il leader ebreo turco Jak V. Kamhi nel 1993." "Ayman al-Zawahiri, l'attuale leader di Al-Qaeda, ha ordinato più volte di attaccare anche gli ebrei oltre che gli Israeliani. Nel suo libro del 2001 "Cavalieri sotto la bandiera del Profeta" scrisse: 'Scovare gli Americani e gli ebrei non è impossibile. Ucciderli con un solo proiettile, con una pugnalata, con degli esplosivi, o con un bastone metallico, non è impossibile.
   Bruciare le loro proprietà con delle bombe molotov non è difficile. Con i giusti mezzi, anche piccoli gruppi possono rivelarsi un incubo per gli Americani e per gli ebrei'." "Nel 2008, al-Zawahiri ha dichiarato apertamente di supportate 'ogni tipo di azione contro gli interessi degli ebrei', promettendo anche di 'fare il massimo per poter colpire gli ebrei dentro e fuori da Israele'. Poco tempo dopo, ha rilasciato un video nel quale rispondeva a delle domande sul perché Al-Qaeda evitasse di attaccare Israele: 'La persona che fa queste domande non sa per caso che Al-Qaeda ha colpito gli ebrei a Gerba (Tunisia), e turisti Israeliani nel loro hotel a Mombasa? Abbiamo promesso ai nostri fratelli musulmani che faremo del nostro meglio per colpire gli ebrei dentro e fuori da Israele e, con l'aiuto di Allah, ce la faremo'."
   "Ci sono numerosi altri leader musulmani radicali che incitano all'assassinio. Per esempio Sheikh Himam Sa'id, la Guida Suprema dei Fratelli Musulmani in Giordania, in un suo discorso ai Palestinesi di Hebron ha detto: 'Voi ora state dichiarando guerra agli ebrei. Questa è il vostro scopo. Abbiamo visto come, in un giorno del 1929, avete massacrato gli ebrei di Hebron. Oggi, massacrateli di nuovo in questa terra, in Palestina'." "I servizi di sicurezza Israeliani, Americani ed Inglesi a volte hanno reso noto di aver intercettato complotti terroristici contro obiettivi ebraici o israeliani. Le comunità ebraiche continuano a ricevere allarmi, e ciò suggerisce la necessità di innalzare i livelli di sicurezza negli edifici comunitari. Tuttavia, le condizioni di sicurezza probabilmente non miglioreranno negli anni avvenire, nonostante oggi vi sia una maggiore consapevolezza delle minacce che vanno affrontate."


Manfred Gerstenfeld fa parte del consiglio di amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs, dove è stato presidente per dodici anni. E' autore di numerosi libri di argomento ebraico.

(Il Foglio, 14 agosto 2012)

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Itinerari turistici digitali per promuovere la cultura ebraica

La Sinagoga di Firenze
FIRENZE - Itinerari turistici digitali per promuovere la cultura ebraica non solo in Toscana ma in tutta Europa, grazie alle più moderne tecnologie: è l'ambizioso progetto a cui sta lavorando la Comunità Ebraica di Firenze in collaborazione con la società Frankenstein.
"L'idea è nata per caso lo scorso anno mentre stavamo realizzando le riprese in 3D di alcuni monumenti ebraici per la comunità di Firenze - ci spiega Giuseppe Burschtein, presidente di Frankenstein, società che si occupa di realizzare contenuti per internet, e lui stesso appartenente alla comunità ebraica fiorentina - Il patrimonio della cultura ebraica è immenso ma troppo spesso è prerogativa solo dei membri della comunità mentre è giusto che tutti possano conoscerlo e fruirne; così abbiamo pensato di ideare un progetto per la sua promozione sfruttando proprio le più moderne tecnologie".
La Frankenstein ha già creato per la Comunità Ebraica di Firenze, il sito "Firenze Ebraica", che consente di conoscere tutto quello che riguarda cultura e tradizione ebraica a Firenze, oltre ad avere effettuato un video in 3D che mostra i principali monumenti di Firenze, Siena e Monte San Savino, e presto completerà l'opera con quelli delle comunità di Pisa e Livorno.
Ma il nuovo progetto vuole essere molto di più: al passo infatti con l'evoluzione tecnologica, l'idea è quella di dare al turista interessato la possibilità di sapere tutto quello che c'è da conoscere sul patrimonio ebraico nel momento stesso in cui ci si trova ad ammirarlo.

Il progetto infatti dovrebbe svilupparsi in 3 tappe: 1. Censimento e geolocalizzazione su Google dei principali monumenti ebraici; 2. realizzazione di video in HD e 3D di tutti i beni censiti; 3. Creazione di un sistema di augmented reality che consenta di ottenere, tramite smarthphone o tablet, tutte le informazioni su quel dato monumento nel momento stesso in cui lo stiamo ammirando.
Questo consentirà di creare dei veri e propri itinerari turistici per far scoprire non solo il patrimonio culturale ebraico ma anche le tradizioni e usanze di questo popolo.
"Oggi giorno il turismo si sta evolvendo sempre più - prosegue Burschtein - Non ci si accontenta del semplice viaggio si vuole vivere un'esperienza: si può dire che i turisti hanno lasciato il posto ai viaggiatori e noi vogliamo assecondare questa nuova esigenza".
Un progetto a cui sembra interessata anche l'Unione Europea: al momento infatti sono in corso trattative per ottenere finanziamenti non solo con alcune fondazioni private ma anche con la stessa UE.

Se le trattative andranno in porto, secondo Burschtein i tempi di realizzazione dovrebbero essere di 6 mesi per creare l'itinerario del patrimonio toscano, 12 per quello italiano e 24 mesi per quello europeo.
"Il nostro obietttivo principale è creare un itinerario della cultura ebraica a livello europeo ma dipenderà dai finanziamenti che riusciremo a mettere insieme - conclude Burschtein - Quel che è certo è che, se non dovessimo trovare i fondi per completare l'intero progetto, faremo sicuramente la parte toscana: è un impegno a cui teniamo troppo".
Intanto la Comunità Ebraica prosegue nel cammino della divulgazione online delle proprie tradizioni: al momento sono in fase di realizzazione una serie di 12 video che serviranno a spiegare in maniera divulgativa gli aspetti principali di usi e costumi ebraici. Il primo sarà presentato il prossimo 2 settembre in occasione della Giornata Europea della Cultura ebraica che quest'anno è dedicata al tema dell'umorismo.

(ObiettivoTre, 14 agosto 2012)

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Miracolo allo zoo di Tel Aviv: nascono quattro gatti delle sabbie

Al parco zoologico di Tel Aviv, il Ramat Gan Safari, sono nati quattro piccoli felini appartenenti alla razza considerata ormai estinta in questo Paese e a rischio critico in tutto il mondo: il gatto delle sabbie. Appena nati e già ecco che spunta il primo evidente segno di appartenenza alla specie: le grandi orecchie appuntite.
Video
(la Repubblica, 14 agosto 2012)

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A chi interessano ancora i negoziati con i palestinesi?

di Aviel Schneider, da Gerusalemme

  
I negoziati di pace israelo-palestinesi sembrano giacere in un coma irreversibile. Nei media israeliani non se ne parla. Nel 1993, quando furono stipulati gli accordi di pace di Oslo, nessun altro problema sembrava più importante dei negoziati con i palestinesi. A quel tempo le questioni sociali non erano sul tappeto. I titoli riguardavano questioni come la controversa Orient House, la collina Har Hill a Gerusalemme, gli attacchi terroristici in tutto il mondo e i trucchi politici di Yasser Arafat.
Negli ultimi cinque anni in Israele l'ordine del giorno è cambiato. I problemi sociali hanno acquistato priorità rispetto ai colloqui di pace, che d'altra parte non possono essere cancellati dalle notizie di attualità. La popolazione israeliana ha ormai capito, dopo 20 anni dai negoziati di Oslo, che il tempo per un trattato di pace con i palestinesi semplicemente non è maturo.
Un altro tema che ha fatto allontanare dall'attenzione i negoziati di pace è lo sviluppo nel Medio Oriente arabo e la minaccia che ne scaturisce. I popoli arabi rovesciano i loro governi, uno dopo l'altro, cosa che nessun esperto di Medio Oriente poteva prevedere. Perfino gli arabi sono rimasti sorpresi dal potere che hanno sui loro regimi dittatoriali e dal fatto che possono abbatterli. Inoltre, l'armamento nucleare iraniano è una minaccia ben maggiore per Israele. Tutto questo ha relegato il conflitto israelo-palestinese nelle ultime pagine dei giornali.
Questo naturalmente infastidisce i leader dell'Autorità Palestinese, che per questo motivo cercano continuamente nuovi messaggi creativi per non allontanare l'attenzione pubblica mondiale dal problema palestinese. "Stiamo lottando per avere più attenzione nel mondo", ha detto a Israel Heute da Ramallah il leader di Fatah, Abu Sufian Saida. "Sembra come se nessuno s'interessi più del nostro conflitto. I popoli arabi sono occupati con i loro problemi, e per noi questo non è buono", ha detto Saida.
Il leader palestinese Mahmoud Abbas ha provato allora, ancora una volta, a convincere le Nazioni Unite a riconoscere lo Stato palestinese come osservatore alle Nazioni Unite. Che cosa stia accadendo dietro le quinte, nessuno lo sa esattamente. Entrambe le parti, Israele e i palestinesi, potrebbero essere sorpresi da un nuovo trattato di pace, proprio come anche gli accordi di Oslo del settembre 1993 arrivarono inaspettati per Israele.

(Israel Heute, 14 agosto 2012 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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Ignoranza e disinformazione sulla realtà israeliana. La Rai contribuisce

di Emanuel Segre Amar

I telespettatori di RAI 1 sabato notte hanno potuto vedere uno speciale del TG1 dedicato a Gerusalemme. Due tranquilli "storici" hanno girovagato per la città vecchia mostrando le diverse porte, ed insieme hanno dato un'immagine della "Città Santa" regolarmente distorta.
Molte le immagini che tutti coloro che sono stati lì conoscono: una città piena di commerci e di gente indaffarata. Ma la prima impressione era quella di una popolazione araba del tutto tranquilla (come a Gerusalemme infatti oggi si riscontra), di una popolazione cristiana dedita solo al mantenimento di una minoranza che deve restare per il bene di tutti (come è di sicuro, ma si poteva osservare che avviene solo lì, in un Medio Oriente dal quale i cristiani devono scappare), mentre degli ebrei si sono visti solo soldati armati (e possibilmente con viso duro, il che non corrisponde alla realtà) e ortodossi intenti a pregare o a camminare coi loro caratteristici cappelli e l'inconfondibile passo. Della storia ebraica (a differenza di quelle cristiana ed araba) solo un breve cenno, quando si è "nominato" il tempio di Salomone. Si è vista una panoramica della Gerusalemme est, ma nulla di quella ovest, che in casa RAI a quanto pare, non esiste proprio.
Fin dall'inizio si è mostrato il "muro", del quale non è stata spiegata la ragion d'essere, ma che è stato definito "gelido" nella sua lunghezza di oltre 400 chilometri, destinata a superare i 700. Naturalmente si sono mostrati solo tratti in cemento, come se fosse tutto, e non solo il 4%, in cemento, e, per non perdere l'occasione, si è detto che "supera in ferocia quello di Berlino".
E poi si è sentita una vuota espressione di speranza, che non manca mai nella Città Santa, quando si è detto che si arriverà alla pace con tutti i popoli qui residenti ancora presenti sul posto "quando ci sarà un altro Rabin"; già, solo questa mancanza impedisce di raggiungere la pace? Verrebbe voglia di chiedere a questi signori come mai proprio sotto Rabin, dopo la firma degli accordi di Oslo, sia iniziata un'esplosione di attentati terroristici senza precedenti.
Non sono mancate falsità storiche, come quando si è detto che per gli arabi "Gerusalemme è santa come La Mecca e Medina", e, più avanti, quando si è affermato che "qui arrivò Maometto".
Gli ebrei sono stati illustrati come degli estranei che evitano di mescolarsi alla popolazione locale, preferendo passare "per la via dei tetti per non incontrare il vicino", e mostrando il muro del pianto, del quale non è stato spiegato l'origine ed il significato, ci si è volutamente soffermati sulla telecamera che gira continuamente per controllare quanto avviene: "presidio severo, angoscioso; anche questo è Gerusalemme", ha potuto sentire il teleascoltatore.
Con programmi di questo genere trasmessi dalla principale rete italiana non possiamo stupirci se ignoranza e disinformazione sulla realtà israeliana sono così diffuse.

(Notizie su Israele, 14 agosto 2012)

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Raid sulle centrali iraniane previsto questo autunno

Si preannuncia un raid aereo delle forze israeliane nonostante l'opinione contraria dei generali e dei vertici della Difesa. Netanyahu e Barak sono piu' determinati che mai. Si aspettano che Usa facciano lo stesso.

Un'israeliana indossa una maschera anti gas
NEW YORK - Negli ultimi giorni l'opinione pubblica israeliana e' stata tempestata da una serie di articoli speculativi tutti incentrati sulla possibilita' di un attacco militare imminente contro i siti nucleari iraniani.
   A livello di calendario, ora si parla settimane e non piu' di mesi e alcuni osservatori ritengono che Israele intende agire nel periodo precedente alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti - approfittando del fatto che potrebbe essere difficile e sopratutto dannoso per il presidente Barack Obama trattenere il suo appoggio ai falchi israeliani, cosi' importanti in chiave di vittoria elettorale. Anche dal momento che Mitt Romney ha gia' indicato il suo sostegno per un'azione unilaterale da parte dello Stato ebraico.
   Martedi' scorso e' stato pubblicato un articolo sul giornale Ma'ariv in cui si leggeva che il premier Benjamin Netanyahu e il suo vice Ehud Barak hanno fissato il termine del 25 settembre come scadenza ultima per Obama in cui gli Stati Uniti affermino chiaramente la volonta' di intraprendere un'azione militare. La data coincide con l'apertura dell'assemblea generale delle Nazioni Unite a New York, e corrisponde alla vigilia di Yom Kippur, una delle date piu' importanti del calendario ebraico.
   L'implicazione diretta e' che, in assenza di una dichiarazione pubblica, Israele vuole portare avanti i propri piani per colpire il programma nucleare iraniano. A tutti i costi.
   Ma sono due articoli usciti venerdi' che hanno scatenato la tempesta in corso. Scrivendo sul quotidiano piu' venduto in Israele, Yedioth Ahronoth, Nahum Barnea e Simon Shiffer, tutti commentatori molto autorevoli, hanno dichiarato che "se dovesse dipendere da Binyamin Netanyahu e Ehud Barak, un attacco militare israeliano alle centrali nucleari in Iran si terra' nei prossimi mesi autunnali, prima delle elezioni americane di novembre".
   Questo nonostante non ci sia un solo funzionario di alto livello nell'estabishment israeliano - ne' tra le Forze di Difesa israeliane ne' ai vertici dei settori dell'intelligence e della sicurezza e nemmeno il presidente - che in questo momento sia a favore di un intervento israeliano".
   Ma Netanyahu e Barak - definito da Haaretz colui che prende le decisioni - sono determinati come non mai, secondo gli autori dell'articolo. Nonostante le assicurazioni offerte dagli Stati Uniti, con il presidente Obama che ha promesso di impegnarsi per fermare il programma nucleare iraniano, "Netanyahu ha valutato che si trattava di discorsi vuoti e che Obama non prendera' alcun provvedimento. Barak e' piu' ottimista, ma la sua conclusione non si discosta di tanto.
   Il concetto espresso dai due leader di Israele - rispettivamente primo ministro e capo del dicastero della Difesa - e' che il paese non puo' affidare il proprio destino e la propria sicurezza a uno stato straniero. "Mentre gli Stati Uniti possono vivere con un Iran nucleare, Israele non puo' permetterselo".

(Wall Street Italia, 14 agosto 2012)

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Israele dovrà bombardare il Libano e Gaza in caso di guerra con l'Iran

Il Libano e la Striscia di Gaza rappresenteranno una grave minaccia per Israele in un'eventuale guerra con l'Iran, dichiara in un'intervista ad una radio israeliana l'ex direttore del Mossad Dani Yatom. Secondo lui il pericolo viene dalle migliaia di missili che il movimento sciita Hezbollah e il movimento palestinese Hamas hanno immagazzinato in Libano e nella Striscia di Gaza. Pertanto ad Israele risulterà necessario bombardare il Libano e la Striscia di Gaza per proteggersi dagli attacchi missilistici, conclude Yatom.

(La Voce della Russia, 14 agosto 2012)

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L'esercito israeliano testa un sistema di allerta via sms

di Luca Pistone.

Dall'inizio della settimana la popolazione israeliana riceve messaggi di testo dall'Esercito, un nuovo sistema di allarme che entrerà in piena funzione da settembre nella prospettiva di un attacco agli impianti nucleari iraniani.
Gli SMS saranno inviati fino al prossimo giovedì nelle due lingue ufficiali (ebraico e arabo) e in inglese e russo. Il testo recita: "Retroguardia: test di sistema di allarme telefonico" e un numero di serie.
I primi telefoni cellulari a ricevere gli SMS di allerta sono stati quelli dei cittadini di Ramle. Oggi è il turno di Haifa e Tel Aviv, domani di Gerusalemme e giovedì di tutte le località israeliane, spiega un portavoce dell'Esercito.
Il quotidiano locale Haaretz riferisce che "la sezione dell'Esercito incaricata della popolazione civile sta preparando un testo di emergenza per avvisare i cittadini che entrano in zone minacciate dal fuoco nemico".

(Atlas, 14 agosto 2012)

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L'ordine segreto dei jihadisti: Non attaccare le Olimpiadi di Londra

di Pio Pompa

I Giochi di Londra sono finiti e, con essi, il grave timore di attentati che ne potessero segnare drammaticamente la storia. L'allerta, però, rimane inalterata: "Alla soddisfazione, per un così positivo risultato, è immediatamente subentrata la consapevolezza che qualcosa di irreparabile stia accadendo sul fronte della guerra al terrorismo", confida al Foglio una fonte mediorientale di intelligence. "Siamo riusciti a intercettare un documento, fatto circolare con la massima segretezza dai vertici dei vari gruppi jihadisti schierati contro il regime di Bashar el Assad, in cui viene categoricamente vietata ogni operazione terroristica diretta contro i paesi che stanno finanziando e armando i ribelli siriani".
Ciò sulla scorta di una scelta, tattica e strategica, volta a impedire che l'offensiva islamista, originatasi con la primavera araba, possa essere interrotta da iniziative in grado di arrestarne il cammino risultato, sin qui, privo d'ostacoli. Colpire le Olimpiadi avrebbe definitivamente spezzato una così insperata e favorevole congiuntura che vede l'occidente assistere, quasi inerme, alla prepotente e contestuale avanzata delle forze fondamentaliste. Non è un caso, dunque, che il documento contenga precisi riferimenti ai Giochi preannunciando immediate ritorsioni nei confronti dei gruppi jihadisti che avevano manifestato l'intenzione di sconvolgerne lo svolgimento con attentati suicidi. "
Tuttavia - continua la nostra fonte - gli aspetti più inquietanti espressi nel documento riguardano da un lato l'invito a mantenere indecifrabile sul suolo siriano la reale composizione dello schieramento qaidista, dall'altro i rapporti venutisi a stabilire tra jihadisti di lungo corso (quasi tutti provenienti dalla Libia e dall'Iraq) e agenti dei servizi segreti di diversi paesi, precedentemente conosciuti in quelle aree di crisi. Rapporti da cui i qaidisti starebbero traendo enormi vantaggi non solo in termini di forniture di mezzi e di armi ma, soprattutto, informativi. In tal modo, sarebbero in grado di assumere un ruolo cruciale negli attacchi ai gangli vitali del regime. Lasciare nelle mani dei jihadisti l'agenda della crisi siriana sarebbe un errore di incalcolabile portata".
Chissà cosa avranno pensato, gli estensori del documento, nell'apprendere la notizia diffusa sabato dalla Cnn, secondo cui il segretario di stato americano, Hillary Clinton, nel suo viaggio in Turchia, avrebbe chiesto ai rappresentanti dell'opposizione siriana chiarimenti su chi siano i ribelli che combattono il regime di Assad.

(Il Foglio, 14 agosto 2012)

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Sessismo ultra-ortodosso: dopo il bus anche l'aereo

  
A un'americana, Deborah Ryder, che si trovava a bordo di un volo El Al da New York a Tel Aviv è stato impedito di sedersi al suo posto perché degli uomini ultra-ortodossi si sono rifiutati di sedersi accanto a una donna.
Non è la prima volta che El Al deve affrontare casi come questo, e il minimo che si possa dire è che la società non gestisce molto bene la cosa.
Secondo Deborah Ryder, "in forma sottile l'assistente di volo mi ha fatto capire che gli uomini erano religiosi, che loro mi hanno visto e si sono rifiutati di alzarsi dai loro posti. [...] Era chiaro che l'assistente di volo non sapeva come affrontare la situazione. Gli uomini non hanno nemmeno chiesto se potevano sedersi lì, e io mi sono sentita umiliata. Se mi avessero chiesto prima, sarebbe stato diverso. Non avrei mai immaginato di dover provare qualcosa del genere."
Secondo la radio dell'esercito israeliano, in seguito Deborah Ryder ha contattato El Al e ha chiesto un risarcimento da parte della società di 50 000 Nis per il pregiudizio subito e la discriminazione tra i sessi.
Ha fatto inviare una lettera tramite il suo avvocato, Orly Erez Lukhovski, per esigere che El Al diffonda linee direttrici chiare per i dipendenti della società su come si deve agire in simili casi.

(JForun.fr, 14 agosto 2012 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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Hamas si congratula con il nuovo ministro della Difesa egiziano

Il primo ministro di Hamas Ismail Haniyeh ha telefonato al nuovo ministro egiziano della Difesa Abdel Fattah al-Sisi per congratularsi con lui dopo essere stato nominato dal presidente Mohammed Mursi al posto di Hussein Tantawi.
Durante la conversazione telefonica, Haniyeh ha detto a Sisi che il popolo palestinese teme per la sicurezza dell'Egitto e che il governo della Striscia di gaza intende per questo collaborare con il Cairo.

(Aki, 13 agosto 2012)

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L'Hapoel Kiryat Shmona prepara lo storico assalto alla Champions League

Cresce l'attesa per il match che di andata che tra una settimana opporrà i campioni di Israele dell'Hapoel Kiryat Shmona ai bielorussi del Bate Borisov nell'ultimo turno preliminare di Champion's League. Un'occasione forse irripetibile per la matricola terribile del calcio israeliano che punta alla prima storica qualificazione tra i big del pallone preparandosi anche spiritualmente alla difficile sfida di Minsk.

(Notiziario Ucei, 13 agosto 2012)

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«Priebke a spasso come un turista». Protesta sotto casa dell'ex nazista

Esponenti della comunità ebraica con striscioni davanti alla sua abitazione: «Si rischia di farlo fuggire come Kappler»

«Priebke come un turista», sit-in sotto casa  
ROMA - Una protesta pacifica e silenziosa per «chiedere giustizia», di fronte all'abitazione romana che ospita l'ex ufficiale nazista, Erich Priebke, agli arresti domiciliari. Un gruppo di ragazzi ma anche adulti della comunità ebraica della capitale, si sono presentati, la mattina di lunedì 13, intorno alle 8, nella piccola strada dietro via di Boccea, con un duplice scopo. Da un lato, ricordare che gli ebrei «non dimenticano e non perdonano» il boia nazista. Dall'altro, manifestare il loro sdegno per le libere uscite di Priebke, a passeggio per Roma «come un turista». Una protesta che raccoglie anche il malumore di molti commercianti della zona, che vivono quelle passeggiate come un'offesa, alla memoria della città di Roma.
   
MANIFESTANTI CON LA KIPPAH - I manifestanti, molti dei quali indossavano la kippah, hanno esposto due striscioni, vernice nera su tela bianca: «Priebke Boia nazista, non ti dimentichiamo, non ti perdoniamo. Am Israel Hai» (il popolo di Israele vive, ndr) con la stella di David, e un altro che recitava «Priebke assassino nazista, a passeggio come un turista. Vergogna». Nessun momento di tensione con i militari che presidiano, giorno e notte, l'abitazione in cui risiede l'ex nazista condannato all'ergastolo. In un volantino sono state, inoltre, spiegate le ragioni di quel presidio composto, durato circa quindici minuti: «Siamo qui perché noi ebrei non dimentichiamo il male che Erich Priebke ha fatto al nostro popolo. Perché non dimentichiamo e non perdoniamo la malvagità, la brutalità e la violenza inaudita che i criminali, nazisti come Priebke, hanno inflitto ai nostri genitori, ai nostri nonni e bisnonni. Perché non dimentichiamo che Priebke ha personalmente torturato, ucciso, incaricato di uccidere e di torturare donne e uomini di ogni età e di ogni credo religioso. Perché sono passati 70 anni e le ferite non si sono rimarginate e non si rimargineranno mai».
Carabinieri pattugliano la zona (Omniroma)

IL PRECEDENTE DI KAPPLER - Quello che non si tollera, è il fatto che l'ex ufficiale delle SS esca sempre più spesso dalla sua abitazione: «Non vogliamo e non possiamo accettare che un assassino, un nazista condannato all'ergastolo, possa girare indisturbato per le vie di Roma. Non possiamo tollerare che lo Stato italiano, il nostro Stato italiano, permetta ad un pluriomicida, assassino, di fare la vita di un vacanziere in pensione, scorrazzando indisturbato nella città, come un normale cittadino». E non manca un riferimento alla fuga di un altro criminale nazista: «Siamo qui anche perché non dimentichiamo che il 15 agosto del 1977, un altro criminale nazista, Herbert Kappler, fu fatto fuggire indisturbato. Loro malgrado, il popolo ebraico non è svanito nei forni crematori di Auschwitz o nelle fosse Ardeatine. Noi siamo qui, vivi a chiedere giustizia».

(Corriere della Sera, 13 agosto 2012)

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Inquietudine in Israele per la decisione di Morsi

GERUSALEMME, 13 ago - La decisione di Mohamed Mursi, che ieri ha rimosso il capo delle forze armate e ministro della Difesa Hussein Tantawi suscita 'inquietudine' in Israele. 'E' prematuro fare valutazioni, ma stiamo osservando quello che accade con qualche inquietudine' ha detto un responsabile del governo coperto dall'anonimato: 'La cooperazione militare e' necessaria piu' che mai per ristabilire l'ordine alla frontiera e nel Sinai. La nuova gerarchia militare lo sa, occorre sapere cosa vogliono i politici'.

(ANSA, 13 agosto 2012)

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Un "decisore" israeliano: "Non possiamo aspettare un anno per vedere chi ha ragione"

di Alfatau

Un anonimo "decisore" israeliano, accreditato come altissimo funzionario, figura-chiave dell'establishment della sicurezza dello Stato ebraico, ha rilasciato al giornalista del quotidiano Haarezt Ari Shavit, un'intervista che riteniamo esplosiva poiché espressamente manifesta la volontà israeliana di colpire l'Iran prima della primavera del 2013, senza attendere oltre le decisioni Usa.
   Il misterioso personaggio, facilmente identificabile per chi abbia seguito le vicende dei protagonisti della sicurezza israeliana, ribadisce dapprima concetti ben noti sul pericolo rappresentato da un Iran nucleare, enumerando le principali ragioni che spiegano questa visione: un Iran nucleare innescherebbe una corsa all'atomica in tutta la regione; il pericolo che armi atomiche iraniane giungano in mano a gruppi terroristici; la minaccia agli Emirati Arabi, paragonata all'occupazione della Renania da parte della Germania nel 1936; "l'immunità politica" che un Iran dotato di armi atomiche acquisirebbe anche nei confronti delle opposizioni interne, con un conseguente indebolimento di tutte le forze "moderate" in Medio Oriente.
   Sono gli argomenti ormai ben noti dei "falchi" israeliani, per cui è molto più interessante e probabilmente fondamentale, invece, l'analisi della divergenza (gap) tra l'attuale posizione statunitense e quella del governo israeliano. "Per gli Americani - afferma "il decisore", gli Iraniani non si stanno ancora avvicinando alla zona di immunità [il momento nel quale i loro impianti nucleari non sono più vulnerabili ad un attacco, N.d.T.], perché gli Americani dispongono di bombardieri e bombe più potenti e della capacità di reiterare l'attacco per un numero indefinito di volte. Per noi, l'Iran potrebbe entrare prima nella zona di immunità. E quando questo avviene, significa consegnare nelle mani degli Usa una questione vitale per la nostra sopravvivenza. Non si può porre la responsabilità per la propria sicurezza nelle mani nemmeno del proprio migliore e più leale amico. (...) Dal punto di vista del presidente americano, il momento non è ancora venuto. Gli Usa saranno in grado di agire anche l'anno prossimo. Per questo gli Americani ci stanno dicendo che sarebbe un grosso errore agire adesso. Dopo tutto, sono in grado di colpire gli Iraniani mettendoli a tappeto, mentre tutti pensano che noi possiamo al massimo fargli un occhio nero. Per questo sembrerebbe meglio anche per noi, secondo loro, che siano i soli ad agire, non noi. Ma come Stato sovrano, gli stiamo dicendo, su questioni vitali per la nostra sicurezza non possiamo mettere in mani altrui il nostro destino. (...) Cinque anni fa, gli iraniani avevano 800 kg di uranio arricchito e oggi ne hanno oltre sei tonnellate e mezzo. Se aspettiamo fino alla prossima primavera, avranno sufficiente uranio arricchito al 20 per cento per fare una prima bomba. Più andranno avanti, più saranno tentati di superare la soglia, di superarla di nascosto. Questo è un pericolo reale per noi, che presto non saremo più in grado di fermare. Il problema resterà serio per il mondo e per noi, ma solo il mondo sarà in grado di occuparsene. Non saremo più un attore, a quel punto. Per noi la questione si sposterà dall'ambito dei decisori a quello degli analisti e degli storici. Non possiamo permettere che ciò accada. Quindi c'è un effettivo gap [una divergenza] fra gli Americani e noi."
   A questo punto, il misterioso personaggio sviluppa un'interpretazione della visione iraniana che è importante riportare in quanto evidenzia come, diversamente da quello che spesso si dice in Occidente, gli uomini dell'establishment israeliano non considerano affatto l'estremismo di Ahmadinejad il fattore di rischio decisivo del nucleare iraniano. Al contrario.
   "Mi riferisco ad un discorso che l'ex-presidente iraniano Akbar Rafsanjani tenne una decina di anni fa. Rafsanjani è percepito in occidente come un iraniano moderato. Ma chi legge le parole di questo iraniano, perderà qualsiasi illusione. Vedrà che quello che noi stiamo fronteggiando è un unico ragionamento che potrebbe portare ad un'apocalisse. Perché, cosa ha detto Rafsanjani? Dice che tra Musulmani e Israele non c'è compromesso possibile e quindi non ci sarà nemmeno un equilibrio fondato sulla deterrenza. Dice che Israele non è una superpotenza con un territorio di dimensioni continentali. Non è nemmeno il Giappone che ha assorbito Hiroshima e Nagasaki e in 15 anni è diventato un potenza mondiale. Israele è uno Stato da una bomba sola. Dopo una sola bomba atomica, non sarà più quello che era o che riteneva di essere. Una sola bomba è sufficiente a porre fine alla storia del Sionismo. Invece, dice Rafsanjani, il mondo musulmano ha un miliardo e mezzo di persone e dozzine di Paesi. Anche se Israele colpisce duramente il paese che lancia la bomba, l'Islam rimarrebbe intatto. Una guerra nucleare non farebbe scomparire il mondo musulmano ma danneggerebbe in modo irreparabile Israele".
   Difronte all'obiezione di Ari Shavit sugli enormi costi che un attacco israeliano all'Iran potrebbe avere, l'anonimo interlocutore sviluppa la sua analisi:
   "La sua domanda è quale sia l'obiettivo dell'operazione. Non prendiamoci in giro. Il nostro obiettivo non è di annientare il programma nucleare iraniano. Ma bisogna rendersi conto del fatto che la questione è il collegamento tra la nuclearizzazione dell'Iran e la caduta del regime degli ayatollah in Iran. Se abbiamo successo nel ritardare il programma nucleare di sei, otto o dieci anni ci sono buone possibilità che il regime non sopravviva fino al momento critico. Così il nostro obiettivo è ritardare."
Anche sul piano delle conseguenze per Israele, "il decisore" risulta estremamente determinato:
   "Israele è una nazione forte. Abbiamo buone capacità. Il numero di vittime che ci possiamo aspettare sul fronte interno in caso di guerra con l'Iran, Hezbollah e Hamas è inferiore al numero delle perdite del Quarto Battaglione della Brigata Harel nel 1948*. Ma nel 1948 era chiaro a tutti che non c'erano alternative. Questo ci ha dato a livello nazionale forza e determinazione. Se comprendiamo che anche ora non c'è scelta, avremo bisogno lo stesso di tutta la nostra forza a livello nazionale. Ricordo che da ogni punto di vista, compreso quella di preservare vite umane, occuparsi di un Iran nucleare tra pochi anni sarà molto più complesso che prevenirlo adesso. Non dobbiamo ascoltare coloro che in ogni situazione preferiscono l'inazione all'azione."
La domanda che viene spontanea è a chi sia in realtà rivolta un'intervista di così forte impatto, proposta in un momento in cui la gran parte dell'opinione pubblica è distratta ma gli addetti ai lavori sono in grado di decifrare perfettamente l'importanza del messaggio: gli Iraniani sono perfettamente in condizione di sapere chi è "il decisore", idem gli Statunitensi. E forse proprio a questi ultimi è quindi rivolto l'avviso più forte: non ci si faccia illusioni che Israele preferisca attendere l'esito delle elezioni, non è un obbligo, per lo Stato ebraico. In cambio, Israele farà chiaramente capire, quando colpirà, che lo sta facendo da solo e per proprio conto.
   "Non dovremmo assolutamente trascinare deliberatamente gli Stati Uniti in guerra. Se decidiamo di intraprendere questa operazione, deve essere un atto indipendente che si giustifica da solo, senza attivare nessuna reazione a catena. Un Paese non va in guerra nella speranza o nell'attesa che un altro Paese si unisca al conflitto. Un atto del genere sarebbe una scommessa irresponsabile".
   Ma in questo modo, in realtà, il legame fra l'azione israeliana e i tempi della transizione elettorale americana diviene più forte che mai, dimostrando che il continuo, crescente, inarrestabile collegamento fra le strategie israeliane e gli Usa sta ormai condizionando irrefrenabilmente la politica nord-americana, come bene ha dimostrato Gaetano Colonna in Medio Oriente senza pace.
   Con ogni probabilità, il messaggio è quindi indirizzato anche a quei settori israeliani che esitano a colpire da soli e che vorrebbero ricavare, come dividendo proprio della politica appena ricordata, un intervento americano che sia risolutivo, senza esporre lo Stato ebraico ad un confronto diretto con l'Iran. Anche su questo "il decisore" conclude con un invito senza mezzi termini alla chiarezza.
   "Se Israele perde l'occasione di agire e diventa chiaro che non ha più il potere di agire, la probabilità di un'azione americana diminuirà. Perciò non possiamo attendere un anno per scoprire chi ha ragione: chi dice che la probabilità di un'azione americana è alta, chi dice sia bassa. Non possiamo aspettare, per scoprire poi una bella mattina che noi contavamo sugli americani ma ci siamo ingannati perché gli americani alla fine non agiranno. Dobbiamo guardare in faccia la realtà con assoluta chiarezza. Perfino una realtà crudele deve essere vista con totale chiarezza. Israele è forte, Israele è responsabile, Israele farà quello che deve fare".


Secondo fonti ufficiali israeliane, l'intera Brigata Harel perse 313 uomini nel conflitto del 1948.

(Antimafia, 12 agosto 2012)

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Windjet: il calvario dei turisti israeliani in attesa a Fiumicino


Duecento turisti israeliani sono rimasti bloccati per oltre venti ore allo scalo di Roma Fiumicino per la sospensione totale dei voli della Windjet. I passeggeri erano diretti a Tel Aviv con un volo charter della compagnia siciliana e sono stati costretti a dormire in aeroporto arrangiandosi su pavimenti e poltrone. "Abbiamo saputo che la compagnia era entrata in crisi un'ora e mezza prima della partenza" racconta una turista, "Non ci sono alternative e noi siamo qui ormai da 24 ore".

(la Repubblica, 12 agosto 2012)

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Morsi annulla Costituzione ad interim e nomina un nuovo ministro della Difesa

IL CAIRO, 12 ago. - Il presidente egiziano Mohammed Morsi ha cancellato la Costituzione ad interim che concede ampi poteri ai militari, ha reso noto un suo portavoce.
Morsi ha anche nominato un nuovo ministro della Difesa al posto del potente maresciallo Hussein Tantawi. Il nuovo titolare della Difesa, riferisce la tv di Stato, è il generale Abdel Fatah al-Seesi. Mentre Tantawi diventerà consigliere presidenziale. Nominato poi l'ex giudice Mahmoud Mekki come vicepresidente.
L'annuncio choc sul cambiamento dei vertici militari avviene dopo che l'Egitto ha avviato martedì un'ampia operazione militare, chiamata Aquila, per riprendere il controllo del Sinai in seguito all'attacco compiuto domenica scorsa uomini armati contro una postazione di polizia nella penisola, costato la vita a 16 agenti. Mercoledì Morsi aveva destituito il capo dell'intelligence, Murad Muwafi, e il governatore della regione del Nord del Sinai, Abdel Wahab Mabrouk.
Al posto di Muwafi è stato nominato il generale Mohamed Raafat Shehata, ex comandante della Guardia repubblicana. Inoltre, Mohamed Ahmed Zaki è stato nominato nuovo capo della Guardia repubblicana, mentre a Maged Moustafa è stato assegnato al ministero degli Interni con il compito di coordinare gli apparati di sicurezza centrali, come aveva spiegato il portavoce di Mursi, Yasser Ali.

(Adnkronos, 12 agosto 2012)

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Bar Mitzvà dopo 50 anni

ASTI - La sinagoga di Asti, la cui realizzazione risale ad alcune centinaia di anni fa, e che è anche una delle tre sinagoghe di rito Appam (il nome deriva dalle iniziali delle tre sinagoghe che seguivano il rito suddetto: Asti, Fossano, Moncalvo), ha rivissuto la gioia della celebrazione di un Bar Mitzvà dopo ben cinquant'anni di assenza. Il festeggiato David Mattia Caschi-Scarzella è stato preparato da Rav Levi e da suo figlio Rav Shmuel Hezkia.
I festeggiamenti sono iniziati giovedì mattina con la preghiera e con la lettura della Torà insieme a un gruppo di amici venuti a festeggiare da lontano, per poi proseguire con la preghierà di venerdì sera solo con i familiari e il giorno di Shabbat con oltre sessanta persone della città tra cui anche il sindaco di Asti, Fabrizio Brignolo che, insieme ai presenti si è unito ai balli per il Bar Mitzvà ed è rimasto molto impressonato dai festeggiamenti.

(Chabad.Italia, 12 agosto 2012)

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L'Iran accelera sul nucleare bellico

Giornali israeliani citano fonti del governo e dell'intelligence americana

GERUSALEMME - L'Iran ha accelerato il lavoro per la costruzione di testate nucleari: lo scrivono oggi giornali israeliani di opposte tendenze politiche, citando fonti nel governo di Benyamin Netanyahu e asserite informazioni provenienti dall'intelligence Usa. Il giornale progressista Haaretz, spesso critico del governo Netanyahu, cita un anonimo funzionario israeliano per il quale un nuovo rapporto di intelligence statunitense cita un "aggiornamento" su "progressi iraniani" nello sviluppo di una testata atomica "ben oltre quanto noto" agli ispettori Onu. Secondo il conservatore e filo-governativo Israel Hayom, lo stesso rapporto americano - National Intelligence Estimate (Nie) - parla di "sforzi accresciuti" nel programma atomico iraniano, tra cui quelli per realizzare testate per missili balistici. Nessuno dei due giornali fornisce citazioni dirette delle fonti o prove dettagliate. L'Iran ha sempre negato di aver intenzione di dotarsi di armi atomiche, affermando che il suo programma nucleare ha solo fini pacifici.

(ANSA, 12 agosto 2012)

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Israele - Iran, la guerra delle medaglie (in francese)


Durante i Giochi Olimpici di Londa, israeliani e iraniani vogliono vedere chi vincerà più medaglie.

(infolive.tv, 12 agosto 2012)

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Uomini armati attaccano i caschi blu nel Sinai

IL CAIRO, 12 ago. - Uomini armati hanno attaccato un campo di caschi blu nella parte centrale della penisola del Sinai, senza tuttavia causare vittime. Gli aggressori sono fuggiti prima dell'arrivo delle forze egiziane, riferiscono fonti della sicurezza. Altri due attacchi armati sono avvenuti contro posti di blocco della sicurezza della citta' di Sheikh Zuwaid, vicino al confine con la Striscia di Gaza. Poliziotti e militari hanno risposto al fuoco e gli assalitori sono fuggiti sulle vicine montagne.

(Adnkronos, 12 agosto 2012)

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L'importanza di non tacere

di Ugo Volli

Ma ha senso "fare il tifo per Israele" dalle tribune, o fuor di metafora, scrivere e parlare per lo Stato ebraico stando in Italia, in Francia, negli Stati Uniti, insomma dovunque salvo che nel campo dove la partita si gioca davvero, cioè in Eretz Israel? Non sarà una pratica appena rilevante sul piano psicologico dell'incoraggiamento alle squadre, o magari senza neanche quell'effetto: un puro sfogo della passione, come quando si fa il tifo da casa davanti alla televisione e ti sentono solo i vicini, che magari vogliono dormire e non gradiscono? E' una domanda seria che non può evitare di porsi chi in questa attività investe parecchio tempo, energia e passione. Volendo sviluppare un'attività ebraica, non sarebbe meglio studiare i testi della nostra tradizione, come gli intellettuali ebrei fanno da millenni, o in senso più laico e "moderno" occuparsi di storia, di antropologia, di arte o di cucina ebraica, lasciando che che lo Stato di Israele pensi da sé alla propria sicurezza, come riesce a fare con successo dalla sua fondazione o anche prima?
   Sarà l'illusione del tifoso che pensa di poter influenzare la partita col proprio desiderio, ma io credo che operare per difendere Israele nel mercato delle idee, fare quel lavoro che si è a lungo definito hasbarà (comunicazione, informazione - ma sembra che il termine non vada più di moda), farlo dalla diaspora, dall'Italia, su queste pagine sia utile, e anzi essenziale. Provo a spiegare perché. In primo luogo, naturalmente, noi ebrei della diaspora non siamo puri spettatori fuori dalla partita. Il rapporto fra antisemitismo e demonizzazione di Israele è circolare e ci coinvolge: è l'"odio antico" contro gli ebrei che provoca l'ostilità assolutamente fuori misura che Israele incontra in buona parte dell'opinione pubblica internazionale; ed è il rancore antisraeliano ad alimentare ulteriormente l'antisemitismo. Difficile ignorare questo nesso per gli ebrei della diaspora. O accettano di condannare Israele, come fu per esempio chiesto agli ebrei italiani da fonte autorevolissima pochi giorni prima dell'attentato alla sinagoga di Roma in cui fu ucciso il piccolo Gay Taché, o incombe loro l'obbligo di continuare a spiegare ai loro concittadini, giorno dopo giorno, perché Israele ha ragione ed è giusto stare dalla sua parte.
   In secondo luogo, nel mondo contemporaneo, la guerra è in buona parte comunicazione, le armi si muovono solo dopo un fuoco di sbarramento di idee e di parole; spesso i fatti sono provocati apposta per essere "notiziabili", cioè per produrre una reazione dell'opinione pubblica. Questa regola generale è particolarmente vera per Israele: flottiglie e attentati destinati a suscitare reazioni, marce della terra e Giornate della Nabkah, calunnie sulle "colonie", sulle armi israeliane o su progetti fantascientifici per distruggere le Moschee di Gerusalemme, manifestazioni e scontri degli "attivisti" internazionali, tutta un'attività senza rilievo militare diretto ma di forte impatto comunicativo serve a produrre eventi che possano essere rimproverati a Israele e a sostenere la sua criminalizzazione. Israele in questa guerra della comunicazione combatte male e a fatica: essendo una democrazia pluralista con equilibrio dei poteri e dominio della legge, non può mentire, tramare, organizzare crimini come i suoi nemici governati da dittature. Non eredita come gli arabi (e il mondo cattolico che in questo assomiglia loro) una millenaria letteratura d'odio né gli apparati propagandistici nazisti e comunisti che sono appannaggio dei suoi nemici in Europa. Inoltre la mentalità israeliana è in buona parte ancora quella sabra che fa da sé, bada ai fatti e non alle chiacchiere, non crede di dover dimostrare nulla a nessuno, ha uno spirito aperto o se vogliamo una fiducia un po' ingenua nella volontà degli altri di riconoscere le cose come sono.
   Il risultato di questa situazione, cui vanno aggiunti altri fattori negativi come la potenza dei petrodollari o l'antica ostilità cristiana contro gli ebrei, è uno stato dell'opinione pubblica in cui la colpevolezza di Israele nel conflitto mediorientale è un fatto scontato che non occorre dimostrare e così la moralità di aiutare i suoi nemici. Hamas, Hizbullah, Fatah, i terroristi salafiti ecc. sono spesso giustificati dall'opinione pubblica in gesti che non sarebbero certamente accettati dall'Ira o dall'Eta o dai tibetani o da qualunque altro movimento nazionalista o rivoluzionario proprio perché diretti contro Israele. Boicottaggi e altre manifestazioni di odio sono proposte e realizzate solo contro lo Stato ebraico, in mezzo a tutti i conflitti che dilaniano il mondo. Insomma vi è uno schieramento anti-israeliano largamente maggioritario a livello globale, che ha il carattere ormai di un pregiudizio, cioè precede e sostituisce il giudizio sui fatti. Qualunque cosa accada - la rivolta in Siria, i lanci di missili da Gaza e le successive rappresaglie, perfino gli attentati più sanguinosi come quello ultimo in Bulgaria - sono presentati come colpa di Israele. La stampa nella sua grande maggioranza e soprattutto nei suoi settori di sinistra che si autodefiniscono di élite (Le Monde e Il Pais, Il Guardian e il New York Times, in Italia Republica) alimenta questo pregiudizio con una disinformazione sistematica. Vi sono settori del mondo ebraico che per interesse o per ideologia, o anche solo per l'illusione di deviare da sé la pressione di quest'odio, fanno il possibile per unirsi al coro o per cercare una posizione "al di sopra delle parti", che è di sostanziale complicità. Continueranno senza dubbio anche loro ad essere oggetto di antisemitismo, ma intanto fanno danno: "se lo dicono anche loro" che Israele ha torto, le sue colpe devono certamente essere evidenti.
   Si può ignorare questa situazione? Non credo che questo sia possibile né per Israele né per l'ebraismo, senza ricadere almeno in parte in quest'ultima forma di complicità. Anche essendo forte sul piano tecnologico economico e militare, avendo magnifici risultati interni e una forse temporanea ma notevole tranquillità ai confini, Israele non può permettersi di ignorare l'odio che lo circonda e non può non cercare di controbattere, mostrando i fatti che documentano il suo buon diritto. E gli ebrei della diaspora devono partecipare a questo sforzo in prima fila, se non vogliono collaborare alla propria stessa futura rovina. Non possiamo permetterci il lusso di tacere. Non solo per generosità, amore, attaccamento; ma semplicemente perché è un fatto che gli ebrei sono responsabili l'uno per l'altro, e soprattutto perché siamo considerati come tali dai nostri nemici. Qualunque cosa faccia Israele verrà rinfacciata a tutto il popolo ebraico; chiunque vorrà ferirlo potrà colpire noi. Dunque è necessario combattere la guerra della propaganda, denunciare le falsità diffuse dai nostri nemici, spiegare quel che la stampa tace. E' necessario mostrare le ragioni di Israele, spiegare pazientemente quel che accade, comunicare le realizzazioni dello Stato ebraico e il suo carattere democratico. Non si tratta di fare il tifo, ma di comunicare, spiegare, chiarire, fare controinformazione. Parlando alla popolazione generale, prima di tutto, ma anche chiarendo le cose al nostro interno, per fornire argomenti ed evitare che si diffonda quel fenomeno della complicità coi nostri nemici che non è una tentazione permanente, oggi più che mai.
   Questo non significa intervenire nel dibattito interno israeliano o pretendere dall'estero dove effettivamente "si vede meno" di dirigere la politica israeliana. Chi ha intenzione di farlo farebbe certamente bene innanzitutto a trasferirsi lì. Ma proprio per questo è necessaria una comunicazione non certo acritica ma sempre positiva, che accolga le ragioni di Israele così com'è e non come uno può legittimamente sognare che sia. Il messianesimo, l'ideale di una perfezione etica collettiva è una nobile tradizione culturale e religiosa del nostro popolo e così l'aspra critica dell'insufficienza e del peccato; ma non è certamente questa oggi la comunicazione utile da diffondere nel mondoi. Si tratta invece di segnalare tutto quel che c'è di buono (ed è tantissimo) in Israele, tutti i pericoli e gli attentati che la stampa internazionale non descrive (e sono tantissimi anche loro), tutta la funzione positiva dal punto di vista democratico che Israele compie nella sua regione, tutti i pregiudizi e le menzogne che lo circondano.
   Non è poco, richiede un impegno di documentazione e di comunicazione decisamente faticoso e difficile. Siamo in tanti in tutto il mondo che dedichiamo a questo sforzo tempo ed energie - tanti ma molto meno dei professionisti dell'odio verso Israele (e dei dilettanti che li seguono). Sarà un lavoro inadeguato, a tratti avrà un tono un po' troppo polemico o stridulo. Non bisogna illudersi di poter condizionare direttamente l'azione dei governi, o conquistare la maggioranza dell'opinione pubblica. Ma rompere l'unanimità, il luogo comune della condanna di Israele sì, far circolare l'informazione che manca, esporre i dati e i fatti che sono nascosti, smentire le calunnie: questo sì, è possibile e necessario. Dunque per favore, non diteci che dovremmo starcene zitti e lasciare che la propaganda islamista (o comunista o neonazista, sono molto simili) dipinga Israele come l'origine di tutti i mali del mondo. Tacere oggi, non partecipare alla guerra dell'informazione sarebbe peggio di un peccato, sarebbe un errore.

(Notiziario Ucei, 12 agosto 2012)

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Un sms annuncerà un attacco missilistico contro Israele

Parte in Israele un test nazionale per preparare la popolazione ad eventuali attacchi da parte di Iran o Hezbollah

GERUSALEMME - L'esercito israeliano ha annunciato l'avvio di un test nazionale, oggi, per un sistema di allarme che avvisa la popolazione di un attacco missilistico in arrivo attraverso sms. Messaggi in ebraico, arabo, inglese e russo verranno inviati ad abitanti di diverse regioni tra cui quelle di Tel Aviv, Gerusalemme e Haifa.
Il testo sarà "Comando di difesa passiva. Test del sistema di allerta mobile", secondo un comunicato dell'esercito.
L'esperimento durerà fino a giovedì, quando sarà condotto a livello nazionale. Secondo i media locali, l'esercitazione serve a preparare la popolazione a possibili lanci di missili da parte dell'Iran o degli Hezbollah libanesi, in seguito a un eventuale attacco contro i siti nucleari iraniani.

(ANSA, 12 agosto 2012)

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Noa contestata in concerto

Il gruppo Ism propone il boicottaggio accademico e culturale di Gerusalemme e accusa anche Pisapia e Boeri: "Sono al servizio del governo israeliano". La cantante non si scompone.

Highslide JS
MILANO, 11 agosto 2012 - Contestazione anti-Israele durante il concerto della cantante Noa al Castello Sforzesco. Alcune associazioni per il boicottaggio di Israele hanno esposto bandiere della Palestina, distribuendo volantini con critiche ad alcune affermazioni della cantante israeliana contro Hamas.
Critiche anche all'amministrazione comunale di centro sinistra: ''La fabbrica del falso israeliana trasforma una ignobile razzista in una infame pacifista - si legge nel volantino - Giuliano Pisapia e Stefano Boeri sono al servizio del governo israeliano''. Frasi, firmate dalla sigla Ism nell'ambito della 'campagna di boicottaggio accademico e culturale di Israele', alle quali Noa ha risposto dal palco. ''Non mi danno fastidio le contestazioni, penso che siano fatte in buona fede perche' non sono bene informati
Non hanno nemmeno voglia di essere informati. Quello che cercano non sono i fatti, ma qualche pretesto per dare sfogo al loro odio contro Israele. E per loro sono tutti buoni.

- ha detto - nella mia vita mi e' capitato di cambiare idea ma sono sempre rimasta coerente con i miei ideali''.

(Il Giorno, 11 agosto 2012)

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Cisgiordania - Sale la protesta contro le uccisioni di donne

A Ramallah nuovo sit in contro l'aumento delle uccisioni «per motivi d'onore». Il caso di Nancy Zaboun assassinata il mese scorso in pubblico a Bethlehem.

Basta alle uccisioni di donne, sì all'aumento delle pene per i responsabili degli omicidi. Sono questi gli slogan che centinaia di palestinesi hanno scandito ieri nel centro di Ramallah per denunciare l'impennata degli omicidi di donne compiuti per cosidetti «motivi d'onore» da mariti, fratelli e padri.
Quest'anno si è registrato un aumento delle uccisioni «d'onore». Il caso più brutale è avvenuto a Betlemme dove Nancy Zaboun, una giovane madre di 27 anni, è stata sgozzata dal marito in un mercato della città davanti a decine di persone. Zaboun, che veniva regolarmente picchiata dal marito, Shadi Abdallah, di 32 anni, è stata uccisa solo per aver chiesto il divorzio, peraltro a breve distanza dal tribunale dove aveva appena preso parte alla prima udienza convocata dal giudice.
Le organizzazioni in difesa dei diritti delle donne e di tutela dei diritti umani, sottolineano l'indifferenza delle isituzioni palestinesi. Nancy Zaboun aveva più volte denunciato le percosse subite dal marito ma la polizia non aveva mai preso provvedimenti. Lo stesso avviene nella maggior parte delle denunce di violenze domestiche che le donne presentano alle autorità (in numero peraltro largamente inferiore rispetto ai casi effettivi).
Lo scorso anno almeno 11 donne sono state uccise per motivi d'onore nei Territori occupati palestinesi. Quest'anno sono già 12 e a nulla sembra essere servito l'emendamento voluto lo scorso anno dal presidente dell'Anp Abu Mazen al codice penale che ha innalzato le pene previste per i responsabili dell'assassinio «per onore». La legge peraltro continua a prevedere forti attenuanti per l'omicidio di donne compiuto in stato d'ira.

(globalist, 11 agosto 2012)

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Londra 2012 - Ginnastica Ritmica: Israele e Italia in finale

Oggi 11 agosto 2012 a Londra si giocano le fasi finali delle Olimpiadi di Ginnastica Ritmica. Quattro turni (alle ore italiane 14:30 , 15:03 , 15:37, 16:10) per il corpo libero individuale; le finali a squadre si giocheranno invece domani, 12 agosto, alle ore 14:30 e alle 15:16. L'Italia è presente alle finali di Ginnastica Ritmica a squadre, grazie all'ottima prestazione di ieri del team composto da Elisa Blanchi, Elisa Santoni, Romina Laurito, Anzhelika Savrayuk, Marta Pagnini e Andreaa Stefanescu: due secondi posti nelle due prove con cerchi e nastri, dietro la Russia, hanno permesso di ottenere un punteggio complessivo di 55.800 punti, tanto quanto basta per giocarsi la finale di domani. Le azzurre devono recuperare i 0.575 punti che le dividono dalla Russia. In attesa dei risultati dell'Italia. Sono in tutto 96 le atlete che il 9 agosto sono scese in pista per gareggiare nelle competizioni di ginnastica ritmica a Londra 2012, di queste solo 24 hanno accesso alle fasi finali.
Neta Rivkin
In attesa di conoscere gli esiti della nostra nazionale, vi facciamo fare la conoscenza di una grande atleta di questa competizione: si chiama Neta Rivkin, viene da Israele e con la sua nazionale è anche lei presente alle finali di Ginnastica Ritmica a Squadre All-Round, insieme a Giappone, Bielorussia, Grecia, Germania, Bulgaria, Spagna, Ucraina e, appunto, Italia e Russia.
All'età di 17 anni, Neta aveva partecipato alla prima gara olimpica con la squadra della nazionale: 14o posizione alle Olimpiadi di Pechino e record storico come atleta israeliana più giovane che avesse mai partecipato alle olimpiadi. La prima medaglia arriva nel 2011: è di colore argento, ed è ottenuta nella disciplina del cerchio singolo ai Campionati Europei di Ginnastica Artistica in Bielorussia. Seguono, sempre nel 2011, un'altra medaglia di argento (sempre in Bielorussia, gara a squadre) e due medaglie di bronzo, una ai Mondiali di Montpellier, in Francia, e l'altra ai World Series Cup di Tashkent, in Uzbekistan. La sua allenatrice storica è Ela Samofalov, che per prima la fece approdare ad un campionato del mondo dopo aver disputato 8 competizioni ufficiali tra i 15 e i 17 anni.
A Londra, Neta Rivkin sta dando il meglio di sé nelle gare di squadre. Il team israeliano è allenato da Raya Irgo, allenatrice veterana che è stata bravissima nel raggiungere le prime otto posizioni in gara senza dover sudare troppo con le concorrenti.
La danza scelta dalla squadra di Neta Rivkin si è esibita sulle note della klezmer, un genere musicale classicheggiante, di tradizione ebraica, che, stando a quanto riferiscono le cronache sportive di questi giorni, è approdato a Londra 2012 con alcune variazioni russe e polacche. Questo tipo di musica viene utilizzata nelle feste di matrimonio e nelle ricorrenze più importanti delle persone. Violino, clarinetto, ottoni, tromba e percussioni accompagnano le esibizioni delle ginnaste israeliane.
Com'è andata Neta Rivkin? Molto bene: con il nastro ha ottenuto un punteggio complessivo di 108.9 punti. Pare che la folla, composta perlopiù da spettatori inglesi, si sia letteralmente esaltata durante la turbolenta esibizione di "Shalom Aleichem", con la quale ha scalato la classifica complessiva passando dal 14oall'8o posto. Un passo falso con il cerchio ha addirittura rallentato la sua scalata ai primi posti della classifica a punti: i 27.725 del primo turno sono diventati 27.450 nel turno con il cerchio e addirittura 26.200 in quello con la palla.
In una intervista concessa al giornalista Allon Sinai del Jerusalem Post, Neta Rivkin ha detto di non preoccuparsi, perché "mi sto esibendo come da routine, non sono nervosa e cercherò di mantenere questa calma anche nelle finali di sabato (oggi, ndr). Conosco bene l'esibizione che dovrò fare e la musica che mi accompagnerà la porto sia dentro il cuore che dentro la testa. Non vi deluderò". Che tipo, è molto convinta di sé e questo sicuramente l'aiuterà! L'errore con il cerchio è stato definito da lei "stupido", alla luce del fatto che "nessun'altra ginnasta della mia nazionale ha compiuto errori grossolani". Eppure, in Israele la perdonano facilmente e puntano tutto su di lei: il successo è dietro l'angolo, per una ginnasta che, a soli 21 anni ha già scritto la storia della sua nazionale.

(Donna10, 11 agosto 2012)

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Pineto incontra Israele

Nel capoluogo adriatico la maestra israeliana Miriam Arman per promuovere nuovi scambi culturali

Highslide JS
   Miriam Jaskierowicz Arman,
 direttore dell'Istitute of Voice
 Development di Tzfat, Israele
PINETO (TE) - Un grande evento dedicato al canto e alla musica potrebbe essere ospitato a Pineto nel prossimo mese di maggio.
Il progetto è stato illustrato nel corso della visita in città di Miriam Jaskierowicz Arman, direttore dell'Istitute of Voice Development di Tzfat in Israele.
Una visita importante che apre alla città di Pineto l'opportunità di stringere rapporti culturali con una delle realtà più felici dell'intero Mediterraneo.
"Gli scambi culturali tra Pineto e Israele - ha sottolineato il sindaco Luciano Monticelli - ci offrono la possibilità di aprire la nostra bella città al mondo attraverso l'arte e per questo ringrazio l'artista Anna Dell'Agata, presidente del Centro Agathè per l'Arte e la Scienza e l'associazione Arteconvivio, rappresentata da Astrea Amaduzzi e Mattia Peli, per averci permesso di conoscere e incontrare una delle personalità più attive in campo internazionale, nell'articolato universo del canto".
Molto soddisfatto anche l'assessore alle Manifestazioni Filippo D'Agostino, che ha mostrato grande
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L'incontro con Miriam Arman  
interesse per le prospettive che si potrebbero aprire grazie agli scambi tra Pineto e Israele.
Miriam Jaskierowicz Arman vanta infatti una lunga carriera nel settore come pedagoga vocale e ricostruzioni sta della voce, oltre ad essere attiva anche nel campo della pittura.
Nel salutare gli amministratori e la città, Miriam Jaskierowicz Arman ha espresso la volontà di invitare in Israele il sindaco di Pineto e i rappresentati di Arteconvivio Italia, motore primo dell'illustre scambio culturale, Astrea Amaduzzi, soprano ed esperta docente di Belcanto Italiano e il maestro Mattia Peli, direttore d'orchestra e pianista, che sono tra l'altro stati chiamati da Arteconvivio Italia ad organizzare il prossimo Concorso Mondiale pinetese "Belcanto Italiano 2013".

(GiulianovaNews, 11 agosto 2012)

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Egitto e Israele: “Dai partiti islamisti una spirale infinita di estremismo”

di Pietro Vernizzi

Hamas ha lanciato un appello al presidente egiziano dei Fratelli musulmani, Mohammed Morsi, affinché riapra il valico di Rafah tra il Sinai e Gaza. Dopo gli attentati contro alcuni posti di blocco dell'Esercito, il governo del Cairo aveva dichiarato la chiusura a oltranza del valico. Ismail Haniyeh, leader dell'esecutivo di Hamas nella Striscia, si è rivolto a Morsi chiedendogli di "astenersi dall'infliggere ulteriori sofferenze ai palestinesi di Gaza". Una situazione che può aiutare a comprendere i consolidati rapporti tra Hamas e Fratelli musulmani, e il loro atteggiamento nei confronti dei gruppi estremisti che cercano di "superarli a destra". Ilsussidiario.net ha intervistato l'editorialista di Avvenire, Camille Eid.

- Che cosa ne pensa delle dichiarazioni di Hamas?
  Hamas è molto attenta a non rovinare da subito i rapporti con Mohammed Morsi, il nuovo presidente egiziano, perché ci tiene a mostrare un cambiamento nello stile e nel comportamento, e il rais egiziano ha a sua volta la stessa ambizione. Nessuno si aspettava questo attacco delle bande armate contro i posti di blocco egiziani e l'uccisione di 16 o 17 militari. Hamas ha voluto prendere con forza le distanze da qualsiasi coinvolgimento palestinese o di gruppi vicini.

- Morsi si è dimostrato all'altezza della situazione?
  Il presidente egiziano ha preso subito in mano l'operazione, ordinando all'Esercito una grande operazione militare contro le bande armate che da anni girano indisturbate nella Penisola del Sinai. Una missione di questo tipo era quasi inattesa da parte di un presidente islamista e appartenente ai Fratelli musulmani. Chi ha compiuto l'attacco voleva forzare l'Egitto per creare una nuova situazione al confine con Israele, coinvolgendo il Cairo nella questione relativa alla Striscia di Gaza. Il presidente egiziano ha dimostrato una levatura da statista e la capacità di badare agli interessi dell'Egitto prima che a quelli loschi di alcune bande che cercano di trascinare il Paese in un conflitto con lo Stato confinante.

- Come sono i legami tra Hamas e Fratelli musulmani?
  Idilliaci. Hamas è nato dalle viscere dei Fratelli musulmani cui Ahmed Yassin, fondatore del gruppo palestinese, apparteneva a pieno titolo. Dal punto di vista storico Hamas è l'emanazione palestinese dei Fratelli musulmani, cioè di un movimento basato su una predicazione religiosa. Solo negli ultimi anni ne sono nati dei partiti politici in vari Paesi come Egitto, Tunisia, Libia e presto anche in Siria. Hamas ha preceduto tutti, nascendo appunto come braccio politico del movimento religioso.
La Striscia di Gaza, dopo la salita al potere di Hamas, pullula di gruppi salafiti, alcuni anche vicini ad Al Qaeda, tra cui il gruppo Al-Galgala protagonista in passato di scontri armati con la polizia di Hamas. Sono quindi gruppi con decine e decine di affiliati, e che sono giunti a dichiarare l'"Emirato Islamico di Gaza" trascinando Hamas nella lotta armata. Il loro obiettivo era quello di superare Hamas a destra, dimostrandosi ancora più islamisti. Il partito palestinese ha cercato di controllare queste formazioni, uccidendone l'emiro Abdul-Latif Moussa, ma gli estremisti continuano a essere presenti e a mettere in imbarazzo il governo di Hamas lanciando i loro missili contro i kibbutz. Resta il fatto che questi gruppi non appartengono ad Hamas, alcune di queste denominazioni hanno invece giurato fedeltà ad Al Qaeda.

- Chi c'è veramente dietro questa galassia?
  Sostanzialmente tre movimenti. In primo luogo le Brigate di Ansar al-Sunna, che in arabo significa "I Partigiani della tradizione islamica". Questo movimento professa il sostegno al jihadismo internazionale e ha rivendicato il lancio di razzi contro Israele l'11 e il 18 marzo scorso, mentre l'alto rappresentante Ue per la politica estera si trovava in visita a Gaza. E' l'unico ad avere organizzato raid di questo tipo? Lo hanno fatto anche "I Soldati Partigiani di Dio", in arabo Jund Ansar Allah. Il suo fondatore è stato lo sceicco Adul-Latif Moussa nel 2007 a Rafah. La formazione estremista ha proclamato un emirato islamico a Gaza, scatenando un tafferugli con la polizia di Hamas in cui hanno perso la vita 22 persone.

- In Palestina è presente anche Al Qaeda?
  Sì, è nata a metà del 2005 e l'anno successivo ha rivendicato alcuni lanci di razzi contro i kibbutz di Neve Dekalim e Ganei Tal. Al Qaeda accusa Hamas di aver rinunciato all'applicazione della sharia islamica e della jihad contro Israele, in cambio di posti di potere.

(ilsussidiario.net, 11 agosto 2012)

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Appello di Hamas all'Egitto: riaprite il valico di Rafah

Haniyeh si rivolge a 'fratello Morsi': non fare soffrire il popolo

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Il valico di Rafah
GAZA - Un appello urgente affinché l'Egitto autorizzi la riapertura immediata del valico di Rafah fra il Sinai e Gaza è stato lanciato dal leader dell'esecutivo di Hamas nella Striscia, Ismail Haniyeh. In un messaggio pubblico, Haniyeh si è rivolto al "fratello Mohammed Morsi", il presidente dell'Egitto, invitandolo ad astenersi dall'infliggere ulteriori sofferenze ai palestinesi di Gaza. La chiusura ad oltranza del valico è una delle misure adottate dall'esercito egiziano in seguito al cruento attacco di domenica ad una sua postazione nel Sinai settentrionale da parte di miliziani islamici. Ieri forze egiziane hanno iniziato la otturazione di tunnel di contrabbando fra il Sinai e Gaza, nel contesto della lotta ingaggiata contro le fazioni islamiche. Ma oggi, si apprende da Gaza, sotto il controllo di Hamas le attività di contrabbando sono riprese in una ventina di tunnel specializzati nella introduzione nella Striscia di materie prime fra cui cemento e benzina. L'Egitto, scrive la stampa palestinese, chiede intanto a Hamas la consegna di tre dirigenti del suo braccio armato (Ayman Nofel, Riad al-Atar e Mohammed Abu Shamal) sospettati di essere coinvolti, anche indirettamente, nell'attacco in cui hanno perso la vita 16 agenti egiziani. Nel frattempo Israele ha autorizzato l'Egitto - in deroga agli accordi di smilitarizzazione - a fare uso nel Sinai settentrionale di cinque elicotteri da combattimento per debellare le fazioni islamiche estremiste attive in quella regione.

(ANSAmed, 10 agosto 2012)

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L’Egitto riapre il valico di Rafah per permettere il rientro di palestinesi a Gaza

GAZA, 10 ago - L'Egitto ha riaperto temporaneamente il valico di Rafah, per permettere ai palestinesi di rientrare nella Striscia di Gaza. Il passaggio di frontiera era stato chiuso in seguito all'attacco di domenica scorsa, in cui erano stati uccisi 16 soldati egiziani. Secondo le autorità del Cairo, autori dell'attacco sarebbero militanti islamici provenienti dalla penisola del Sinai e dalla Striscia. Maher Abu Sabha di Hamas ha fatto sapere che il valico rimarrà aperto per due giorni, ma agli abitanti di Gaza non sarà in ogni caso permesso di entrare in Egitto.

(LaPresse, 10 agosto 2012)

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Catanzaro si accorda con Tel Aviv per la vigilanza del territorio comunale

La giunta dell’amministrazione comunale di Catanzaro, presieduta dal sindaco Sergio Abramo, assistito dalla segretaria generale, Vincenzina Sica, ha approvato su proposta dell'assessore alla mobilità, traffico e personale, Massimo Lomonaco, un atto di indirizzo con il quale si da mandato al Comandante della Polizia municipale, generale Antonio Salerno, di stipulare un accordo, tra l'amministrazione comunale e la società BunKer sec Ltd con sede a Tel-Aviv (Israele) per la vigilanza del territorio comunale. L' intesa prevede, infatti, l'incarico alla BunKer sec Ltd di redigere, a titolo gratuito, il progetto "Safe City" (città sicura) incluso il programma "Traffic control center". Il progetto "Safe City" prevede l'applicazione della tecnologia Data center che Catanzaro potrà noleggiare anche ad altri Comuni. Con il programma "Traffic control center" sarà possibile fornire sistemi di rilevazione automatica capaci di riconoscere le violazioni stradali, nonché segnalare eventuali furti di auto. Prevista anche la formazione del personale di Polizia municipale e delle Forze dell'Ordine grazie al contributo formativo del personale del settore intelligence della Società. Il progetto "Safe City" ha già ricevuto adesioni da diversi Paesi quali : Israele, stato ad alto rischio terrorismo, Messico, Asia, Africa ecc…dove è operativo da diversi anni. Nell'intendimento dell'accordo,quindi, la città di Catanzaro diverrà la Città più sicura d'Europa Il progetto, infatti, oltre a migliorare notevolmente la qualità della vita, rafforza la cooperazione e il coordinamento tra tutte le Agenzie che operano in città, aumentando la sicurezza pubblica e rendendo le strade più protette proprio grazie al programma "Traffic control center"

(CatanzaroInforma, 10 agosto 2012)

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Yediot Ahronot: possibile attacco di Israele all'Iran "in autunno"

Sondaggio: 37% degli israeliani dichiara che un Iran nucleare potrebbe condurre ad un "secondo Olocausto"

GERUSALEMME, 10 ago. - Un possibile attacco militare dello Stato ebraico alle infrastrutture nucleari dell'Iran è finito oggi di nuovo sulle prime pagine dei principali giornali israeliani dopo le dichiarazioni del ministro della Difesa Ehud Barak che ieri ha definito "urgente" questa eventualità.
Il quotidiano Yediot Aharonot titola "Netanyahu e Barak decisi ad attaccare l'Iran in autunno". Secondo Nahum Barnea e Shimon Shiffer, storici editorialisti del giornale, il Primo ministro Benjamin Netanyahu e Barak lanceranno un attacco "anche prima delle elezioni americane del 6 novembre".
Il quotidiano Haaretz apre invece la sua edizione del week-end con gli avvertimenti di un responsabile che afferma, in condizione di anonimato, che Israele oggi è ancora più in pericolo che alla vigilia della guerra del 1967. "Il coltello alla nostra gola è al momento più affilato di prima della Guerra dei Sei giorni", afferma. Maariv pubblica in prima pagina un sondaggio secondo cui il 37% degli israeliani dichiara che un Iran nucleare potrebbe condurre ad un "secondo Olocausto". Netanyahu ha più volte ribadito che armi di distruzione di massa in mano agli "ayatollah iraniani" potrebbero portare ad "un altro genocidio".

(TMNews, 10 agosto 2012)

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Territori palestinesi, ragazza di quindici anni come sindaco


Ha solo 15 anni ma ha le idee molto chiare: vuole portare aria nuova nella città di Allar, in Cisgiordania. Bashaer Othman è il sindaco più giovane del mondo: su quella poltrona siede grazie a un'iniziativa che punta a coinvolgere in politica i giovani palestinesi. Bashaer ha il compito di prendere per due mesi il posto del primo cittadini eletto: deve gestire la città, con la supervisione del collega adulto, può prendere decisioni e firmare documenti. Unico veto, le decisioni di bilancio. "La vera difficoltà che ho dovuto affrontare - spiega la ragazza - è data dalla mia giovane età. Ho 15 anni e non so nulla di come si lavora in Comune". I piccoli problemi quotidiani non la fermano: grazie all'aiuto di uno staff esperto svolge bene il suo lavoro."La decisione di nominarla è arrivata da chi governa la città: a sceglierla è stato il Consiglio dei giovani. Penso sia una buona idea, è educativo" commenta il sindaco. Lei tiene a precisare che da quando siede sulla poltrona di primo cittadino tutto fila liscio."Noi portiamo le nostre idee alla gente palestinese: vogliamo capiscano che nulla è cambiato, grazie al lavoro dei nostri colleghi, alla presenza del Consiglio dei giovani e ai lavoratori del Comune. Mi hanno aiutato molto". Un'esperienza istruttiva per Bashaer, anche se a termine: dopo l'estate tornerà sui banchi di scuola.

(La Repubblica, 9 agosto 2012)

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Israele autorizza Il Cairo al sorvolo del Sinai

GERUSALEMME - Il governo israeliano ha autorizzato Il Cairo al sorvolo del Sinai alla ricerca di terroristi islamisti. Il via libera e' arrivato attraverso un allentamento dei vincoli del trattato di pace del 1979, che limita i movimenti militari egiziani nella penisola in cui domenica scorsa hanno trovato la morte in un attacco 16 guardie di frontiera del Cairo. .

(AGI, 10 agosto 2012)

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Arabia Saudita: niente aerei Israeliani in rotta verso l'Iran

Minacciato l'abbattimento di qualsiasi caccia diretto a Tehran

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Una strana dichiarazione è stata riportata oggi da fonti stampa internazionali a seguito di una prima pubblicazione in Israele.
L'Arabia Saudita, antagonista storico dell'Iran e alleato degli Stati Uniti in Medio Oriente (ricordiamo che la maggior parte delle difese aeree e dell'aeronautica militare saudita è di origine americana), avrebbe affermato oggi che nessun aereo militare israeliano potrà passare nel proprio spazio aereo se diretto verso l'Iran.
Questa notizia scuote l'animo internazionale, dal momento che una missione preventiva contro l'Iran è stata da tempo annunciata sia da Israele, ma anche dagli stessi Stati Uniti. Alla base del potenziale attacco vi è il tentativo di arginare l'influenza iraniana sullo Stretto di Hormutz, la lingua di mare che collega il Golfo Persico all'Oceano Indiano.
Già in passato azioni di questo tipo vennero eseguite da Israele con il supporto dell'opinione internazionale vista la potenziale pericolosità degli studi sul nucleare condotti in Iran. Il Paese ha sempre affermato che tali programmi siano diretti unicamente alla produzione di energia, ma Israele e Stati Uniti hanno sempre accusato Teheran di mirare in realtà alla realizzazione di armi nucleari.
Quella sull'Arabia Saudita è una delle rotte prestabilite da Israele per condurre attacchi a lunga distanza contro l'Iran, e venne infatti utilizzata già nel luglio 1981, quando una squadriglia di caccia israeliani bombardarono un sito nucleare di Osirak. Non un capello venne torto a quegli aerei per l'occasione, ma oggi la situazione sembra essere cambiata.
L'Arabia Saudita, che dispone di un arsenale di tutto rispetto basato, come detto, su tecnologia americana, è oggi uno dei Paesi meglio equipaggiati di tutto il Medio Oriente. L'annuncio di oggi mette in guardia Israele: ogni missione svolta sul cielo saudita porterà a conseguenze, e ogni aereo militare con la stella di Davide diretto o proveniente dall'Iran sarà abbattuto all'istante.

(Avionews, 9 agosto 2012)

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La Bibbia ebraica riveduta e corretta: il professor Cohen scova 1.500 errori

RAMAT GAN (Israele) - Ha passato gli ultimi 30 anni a compiere un'impresa davvero biblica: correggere tutti gli errori testuali presenti nei testi sacri ebraici e dare una versione definitiva e giusta dell'Antico Testamento.
Protagonista dell'impresa è Menachem Cohen, docente della scuola giudaica d'Israele. Le sue correzioni si sono basate soprattutto sugli errori grammaticali e le corrispondenze simboliche. E alla fine ha realizzato la più importante revisione della Bibbia Ebraica degli ultimi 500 anni.
Dopo aver studiato migliaia di manoscritti medievali, l'ottantaquattrenne professore ha identificato circa 1.500 inesattezze nei testi, e le ha corrette nei suoi 21 volumi, che finiranno di essere pubblicati nel 2013.
Si tratta di un progetto dalle dimensioni immense, che sottolinea l'importanza data dall'Ebraismo ad ogni minima notazione calligrafica, alla precisione del riferimento.
Secondo la legge ebraica, un rotolo della Torah viene giudicato nullo anche se solo una lettera è sbagliata o messa al posto sbagliato.
Ma Cohen non chiede che vengano fatti cambiamenti alle scritture dei sacri rotoli della Torah usati nei riti ebraici, ma invita ad usare una versione più accurata negli studi divulgati.
L'ultima revisione dell'Antico Testamento risale al 1525, quando Jacob Ben-Hayim pubblicò il Mikraot Gedolot, o Grandi Scritture, a Venezia.
La sua versione, che univa varianti testuali e commenti, è rimasta quella standard per generazioni, presente nelle librerie di tutti gli ebrei osservanti nel mondo.
Questo fino all'impresa di Cohen, che si è rifatto soprattutto al Codice Aleppo, un testo su pergamena di mille anni fa, considerato la coppia più accurata della Bibbia.
Per secoli è stato custodito in una grotta nella grande sinagoga di Aleppo, in Siria, lontano dalla maggior parte degli studiosi. Nel 1974 la folla siriana bruciò la sinagoga, e il Codice scomparve per breve tempo, prima di ricomparire, dieci anni dopo, in Israele.
Ora il Codice è stato digitalizzato, e Cohen se ne è servito nel suo lavoro, nonostante circa un terzo del Codice (200 pagine) siano sparite.
Lo studioso si è rifatto anche al Codice di Leningrado, considerato la seconda versione più autorevole della Bibbia Ebraica, e ai commentari dell'XI secolo del Rabbi Shlomo Yitzhaki, noto anche come Rashi.
Con l'aiuto di suo figlio Shmuel, di un programmatore di computer, Cohen ha lanciato la propria versione digitale, e spera che diventerà uno dei capisaldi nel sistema educativo di Israele.
Come ha detto lui stesso, il suo intento primario era di "correggere il passato e preparare il futuro".

(Blitz quotidiano, 9 agosto 2012)

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LiveU, così Israele ha conquistato le Olimpiadi

di Francesca Matalon

Una tecnologia modernissima, un innovativo sistema che sfrutta la rete cellulare per le dirette televisive, per quello che si può davvero considerare l'evento sportivo più antico al mondo. I primi giochi olimpici della storia infatti si svolsero nel 776 a.e.v. Per più di un millennio ininterrottamente, ogni quattro anni si fermavano addirittura le guerre per permettere ad atleti e migliaia di spettatori di partecipare e assistere alle gare. Una vera e propria migrazione da ogni città dell'Ellade verso Olimpia. E ancora oggi si può dire che i giochi olimpici mantengano l'importanza che avevano nell'antichità, e su scala di gran lunga maggiore, considerato il numero di Paesi che partecipano. Però ormai è sufficiente migrare in salotto davanti al televisore per vivere in diretta le emozioni delle gare, senza troppa fatica.
   Questo è possibile anche grazie a una tecnologia brevettata in Israele, che già dall'edizione di Pechino 2008 permette a moltissime reti televisive di tutto il mondo di trasmettere in diretta le competizioni in modo ancora più semplice, economico e sicuro che nel passato. Si tratta di LiveU, un sistema che sfrutta la rete di trasmissioni cellulari per inviare le immagini ai centri delle emittenti televisive. La soluzione funziona con qualsiasi tipo di telecamera, e si serve di modem 3G e 4G che aggregano tutte le connessioni dati contemporaneamente per ottenere un'elevata larghezza di banda e una trasmissione senza intoppi. E anche i livelli di larghezza di banda e il segnale cambiano attraverso i diversi collegamenti. E per fare questo è sufficiente un dispositivo delle dimensioni all'incirca di un computer portatile.
   Nata nel 2006, LiveU è l'unica azienda finora a fornire questo tipo di servizio. Ha il suo quartier generale in Israele e una succursale negli Stati Uniti, nel New Jersey. Fra i suoi clienti si contano reti televisive di tutto il mondo. Per le Olimpiadi di Londra se ne servono la statunitense NBC, molte reti che trasmettono in tutta l'America latina, come le brasiliane Globosat e TV Record e la messicana Televisa, e soprattutto la BBC. La rete inglese si avvale di questa tecnologia da anni per trasmettere grandi eventi televisivi, per esempio tutte le dirette delle elezioni di metà mandato degli Stati Uniti nel 2010 e la visita in Irlanda della regina Elisabetta nel 2011. Ma in questo modo sono già stati mandati in onda anche grossi eventi sportivi fra cui diversi Super Bowls, i celebri All Star Games dell' NBA e i mondiali di calcio in Sudafrica di due anni fa. E poi Grammy Awards, serate degli Oscar, persino il Carnevale brasiliano è andato in diretta con questo sistema.
   Prima che LiveU sviluppasse questa soluzione le reti televisive si affidavano al satellite per inviare i video ai centri di trasmissione. Ma le trasmissioni satellitari richiedono una linea di connessione al satellite, perciò questo sistema risulta poco pratico per dirette da luoghi chiusi, sotto ponti, o dentro grotte, e persino quando il cielo è molto nuvoloso. Situazione quest'ultima che a Londra non è del tutto improbabile, a pensarci bene. Ariel Galinski, Vicepresidente di LiveU, ha spiegato: "Usando la rete cellulare non solo il nostro dispositivo può trasmettere da luoghi dove il satellite sarebbe fuori discussione, ma è anche molto più economico rispetto all'affitto di un furgone satellitare o dell'utilizzo di un telefono satellitare, il cui costo al minuto è elevatissimo".
   Per le Olimpiadi di quest'anno LiveU ha distribuito in totale un centinaio di dispositivi, un risultato davvero importante per una startup israeliana. E migliorare la qualità della trasmissione di questi grandi eventi è un risultato davvero importante anche per gli spettatori di tutto il mondo: perché è vero che oggi ci sono gli aerei, ma naturalmente Pechino o Londra sono molto più lontane per chi vive dall'altra parte del globo terrestre di quanto Olimpia lo fosse per un abitante di una qualsiasi polis greca. E forse anche stare seduti davanti a un televisore, con una bibita ghiacciata o una cioccolata calda a seconda dell'emisfero in cui ci si trova, a guardare atleti che parlano tutte le lingue e hanno la pelle di tutti i colori gareggiare sotto i cinque cerchi, può essere un modo per dimenticarsi per un momento delle guerre.

(Notiziario Ucei, 9 agosto 2012)

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Caos sul Garda per il vino di Adolf Hitler

Le bottiglie in vendita segnalate da una coppia di ebrei americani. La procura di Verona indaga per apologia di fascismo.

di Alessandro Gonzato

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La foto di Hitler sulle etichette di una marca di bottiglie di vino e di birra ha scatenato la reazione del procuratore della Repubblica di Verona, Mario Giulio Schinaia, che ha aperto un fascicolo per apologia del fascismo. Tutto è partito dalla segnalazione di due coniugi ebrei statunitensi in vacanza a Garda, sulla sponda veronese del Lago. Entrato in un piccolo supermercato, l'avvocato Matthew Hirsch, 53 anni, di Philadelphia, è rimasto allibito nel vedere che su uno scaffale c'erano delle bottiglie di vino con il Fuhrer ritratto sull'etichetta e il motto «Ein Volk, ein Reich, ein Führer» («Un popolo, un impero, un capo!»). Costo del prodotto, marcato "Linea della storia", 9 euro e 50 centesimi.
Sullo stesso ripiano, a fianco di una bottiglia dedicata a Papa Giovanni Paolo II, ce n'era un'altra, sempre con l'immagine di Hitler e la scritta «Mein Kampf» («La mia battaglia»), il "catechismo" della gioventù hitleriana in cui Hitler durante la sua carcerazione - nel 1924 - delineò le future strategie del partito nazista. Non c'era soltanto Hitler sulle bottiglie, ma anche altri comandanti della Germania nazista come Hermann Göring e Heinrich Himmler.
A quel punto, il turista americano, inorridito, di fronte ad una parata di immagini dei responsabili degli orrori dell'Olocausto e della morte nei lager di alcuni suoi familiari e di quelli della sua signora, ha deciso di chiedere spiegazioni ad un dipendente del negozio. Il quale però ha risposto che oltre a quelle bottiglie dedicate al nazismo ve n'erano tante altre con l'immagine di Che Guevara e di Stalin e che quindi si trattava di «etichette storiche» e nulla più. Ma le spiegazioni non hanno placato l'indignazione della coppia di turisti. «Se un'azienda imbottiglia ed etichetta tali prodotti» ha commentato la signora Cindy «evidentemente in Italia è permesso e l'affare rende. Ma con che coraggio si fanno soldi sulla tragedia di milioni di morti ammazzati?».

(Libero-news.it, 9 agosto 2012)

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Ritrovata a Hippos una figura romana del III secolo

Missione dell’Università di Haifa in una cittadella sul Lago Tiberiade

TEL AVIV, 8 ago - Gli archeologi dell'Universita' di Haifa hanno avuto un balzo al cuore quando durante una nuova stagione di scavi a Hippos (Lago di Tiberiade) si sono trovati fra la mani una grande pietra di basalto: rivoltandola hanno scoperto la figura di un abitante della citta', presumibilmente un romano vissuto nel III sec.d.C.''Una scoperta sorprendente'', ha detto il responsabile degli scavi, Michael Eisenberg. Sepolta da quasi 17 secoli, la scultura si pensa appartenesse ad una tomba.

(ANSA, 9 agosto 2012)

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Chiusi i tunnel tra Rafah e Gaza. Scontri tra polizia egiziana e attivisti nel Sinai

L'Egitto ha cominciato a chiudere le centinaia di tunnel che collegano la zona di Rafah, nel Nord del Sinai, alla Striscia di Gaza. Lo hanno riferito fonti della sicurezza. I tunnel vengono generalmente utilizzati per il contrabbando; secondo il Cairo - e Israele - il commando di terroristi che domenica ha ucciso 16 guardie egiziane era arrivato dalla Striscia attraverso questi canali sotterranei.
Scontri tra la polizia egiziana e uomini armati si registrano nella principale città del Sinai del Nord, El-Arish, dove le forze di sicurezza portano avanti un'offensiva senza precedenti per reprimere i fondamentalisti islamici. Fonti di sicurezza locali confermano che mezzi blindati e per il trasporto di truppe sono in movimento in direzione di El Arish, dove i combattimenti avvengono all'esterno di una stazione di polizia, in risposta ai raid aerei contro i terroristi del Sinai in cui sono rimasti uccisi venti militanti in un vicino villaggio. Raid che l'esercito egiziano ha definito «un successo totale». Secondo l'esercito, l'operazione di ieri mira ad «assicurare il controllo e ristabilire la sicurezza (nella penisola) dando la caccia e colpendo gli elementi terroristici armati».
Gli scontri si protaggono da domenica sera, quando un commando armato aveva ucciso sedici guardie di frontiera egiziane nei pressi della frontiera con Israele, prima di penetrare in territorio israeliano dove era stato neutralizzato. Dopo l'attacco, il presidente egiziano Mohamed Morsi aveva dichiarato di aver fornito «istruzioni chiare» per riprendere «il controllo totale del Sinai».

(La Stampa, 9 agosto 2012)

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Sanità: l'Abruzzo guarda ad Israele



Incontro in Regione a L'Aquila tra il presidente Chiodi, i vertici delle Asl abruzzesi e l'ambasciatore israeliano per una collaborazione in ambito sanitario.

(TV Set, 8 agosto 2012)

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Egitto: i terroristi volevano affondare gli accordi di pace con Israele

TEL AVIV, 8 ago - Assestare un duro colpo al regime egiziano e far sprofondare in fiumi di sangue gli accordi di pace fra Egitto ed Israele: questi i due obiettivi politici che, secondo Israele, si erano prefissi i terroristi che hanno attaccato nel Nord del Sinai una caserma della guardia di frontiera, uccidendo 16 agenti egiziani. Lo ha affermato in una intervista a radio Gerusalemme Amos Ghilad, un consigliere politico del ministro israeliano della difesa Ehud Barak. "Volevano sovvertire l'ordine regionale", ha detto Ghilad.
"La loro intenzione era colpire duramente il regime egiziano, indipendentemente dalla sua identità, far crollare gli accordi di pace e provocare un cambiamento generale nel Medio oriente.
Si tratta di un genere di attentati elaborati nella scuola di pensiero di al-Qaida o della Jihad mondiale". Ormai questo tipo di terrorismo, secondo Ghilad, "minaccia tutta la regione. Se dovesse vincere, crollerebbe tutto". "A quanto pare - ha aggiunto - l'Egitto volta ora pagina, ha raggiunto una nuova consapevolezza... Farà tutto il possibile per combattere il terrorismo. Questa è peraltro la sua responsabilità".

(ANSAmed, 8 agosto 2012)

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Attacco del Sinai: i tunnel di Gaza nel mirino. Sale la tensione

Fiato sospeso nella strascia di Gaza: 'l'Egitto di Morsi non ci punisca'

di Sami el-Ajrami

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  La rete di tunnel a Rafah
GAZA - Gli echi della battaglia infuriata nel nord del Sinai fra l'esercito egiziano e unità di miliziani islamici rischiano ormai di deflagrare fra i palestinesi della confinante Striscia di Gaza e generano nella gente un crescente senso d'ansia. Da un lato, gran parte della popolazione si mostra indignata per l'uccisione, domenica sera, di 16 militari egiziani e la giudica un crimine imperdonabile. Ma dall'altro sale il timore che la reazione delle forze del Cairo si rivolga presto anche verso i tunnel del contrabbando fra Sinai e Striscia, usati anche perr per l'approvvigionamento di generi di prima necessità. Dall'estremità meridionale della Striscia si vedono mezzi pesanti organizzarsi, pronti all'apparenza alla demolizione dei tunnel. Anche se nel Sinai settentrionale, nella zona di el-Arish, miliziani islamici hanno attaccato di nuovo nelle scorse ore le forze egiziane, proprio per impedire - si dice - che quelle gallerie clandestine siano messe fuori uso. Intanto il ministro degli interni dell'esecutivo di Hamas, Fathi Hammad, ha compiuto un sopralluogo sul confine con l'Egitto. Ai gestori dei tunnel ha ricordato che per il momento é vietata loro qualsiasi attività. Il Cairo sospetta che da lì siano passati gli assalitori (o parte degli assalitori) che domenica hanno massacrato i 16 militari e un'inchiesta è tuttora in corso.
Da questa vicenda, viene fatto notare, Hamas ha in effetti molto da perdere. Certo, in un momento così delicato, non vuole irritare in alcun modo il nuovo governo egiziano e il presidente islamico 'fratello' Mohammed Morsi. Al tempo stesso la supervisione dei tunnel (stimati in un migliaio, di cui 400 particolarmente attivi) rappresenta per la leadership di Gaza un introito importante. In contatti discreti dietro le quinte, Hamas pare voler cercare dunque di salvare il salvabile.
A pesare c'è poi la chiusura a tempo indeterminato, ordinata dall'Egitto dopo la strage, del valico di Rafah: unico punto di transito disponibile per la popolazione di Gaza, Israele a parte. Ancora di recente, reduce da una visita al Cairo, il capo dell'esecutivo di Hamas, Ismail Haniyeh aveva annunciato che quel valico, grazie a Morsi, sarebbe rimasto aperto più che in passato. L'attacco di domenica ha però ribaltato le cose.
Su chi abbia in realtà ordinato la chiusura a oltranza di Rafah, esistono a Gaza opinioni diverse. Molti credono che Morsi avrebbe preferito astenersi da misure di punizione collettiva della Striscia, ipotizzando che il capo del Consiglio militare, Hussein Tantawi, gli abbia imposto invece la linea della fermezza. E concludono: "Il rischio, per i palestinesi di Gaza, é finire tutti vittime delle lotte di potere al Cairo".

(ANSAmed, 8 agosto 2012)

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Egitto, il brivido antico degli ebrei: temono i Fratelli musulmani

Sono rimasti pochissimi e temono il potere della nuova dirigenza

IL CAIRO - Un brivido antico corre nei vicoli del Cairo. Celine è sola, spaventata e malata. Lei è una delle ultime ebree, ospite di una terra che non li vuole più. Una volta nella capitale egiziana erano 80mila, oggi sono solo una ventina. "Certo che sono spaventata, come potrei non esserlo. Cerco di dormirci sopra e dimenticare". I timori non sono infondati. La nuova dirigenza egiziana, i Fratelli musulmani, vuole il jihad e la liberazione della Palestina. L'offensiva contro gli ebrei per ora è solo verbale. Ma si spinge sino a minacciarne la morte. Non è stato facile convincere Celine a farsi intervistare. Aveva paura che i vicini di casa la vedessero parlare con una troupe televisiva. Alla fine ha acconsentito ma ritornando a casa è stata accolta da invettive crudeli. "Nella mia casa c'è qualche fanatico". Nel XII secolo pii giudei camminavano su questi lastricati per andare a studiare dal celebre medico Rabbi Moses ben Maimon. Ahmed, musulmano, ha raccolto molti ricordi degli ebrei che una volta vivevano qui. "Il quartiere una volta era pieno di ebrei. Erano tutti amici miei. Ma se ne sono andati negli anni '50. Ogni tanto tornano e ci sediamo insieme a parlare dei vecchi tempi". Quella di Ahmed è una voce nel deserto. "Israele è uno stato razzista che non rispetta i trattati. Un ebreo israeliano non è il benvenuto in Egitto". Celine è sempre più preoccupata. "Temo le leggi che potranno mettere in vigore. Non sono democratici e affermano che il problema futuro sarà la guerra con il piccolo paese". Il piccolo paese, che pochi osano menzionare apertamente, è Israele.

Video

(TMNews, 8 agosto 2012)

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Collaborazione Abruzzo-Israele in materia di servizio sanitario

Gianni Chiodi                           Naor Gilon  
L'AQUILA, 8 ago - L'Abruzzo guarda ad Israele per migliorare il servizio sanitario regionale e modernizzare l'offerta sul territorio. E' con queste premesse che si e' tenuto oggi all'Aquila una riunione tra il presidente della Regione, Gianni Chiodi, e l'ambasciatore di Israele in Italia, Naor Gilon, che di fatto ha avviato una nuova collaborazione in materia sanitaria destinata a diventare modello di riferimento in ambito nazionale.
Il modello sanitario israeliano e' considerato uno dei migliori al mondo e quello che maggiormente si avvicina ai modelli di assistenza pubblica dei Paesi occidentali; da qui l'idea di sviluppare con lo stato di Israele una collaborazione che riguarda in particolare il sistema delle emergenze-urgenze sul territorio.
Alla riunione con il presidente Chiodi e l'ambasciatore Gilon erano presenti il presidente del Consiglio regionale, Nazario Pagano, i direttori generali delle quattro Asl abruzzesi, il responsabile dell'associazione Monte Sinai, Enrico Mairov, e il capitano dei carabinieri, Emilio Di Genova, che insieme hanno ideato il progetto ''Abruzzo Regione sicura''.

(ASCA, 8 agosto 2012)

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Rassegna stampa su Israele

di Emanuel Segre Amar

La notizia del giorno è la lettera inviata, tramite canali diplomatici, dal presidente egiziano Morsi al presidente israeliano Peres; una breve del Corriere la esalta con parole come: "mano tesa ad Israele da parte di Morsi" e solo alla fine cita la precedente inviatagli da Peres al momento dell'elezione, per di più dimenticando la seconda inviatagli più recentemente in occasione dell'inizio del ramadan. Non sembra un buon metodo di informare da parte del primo quotidiano italiano. Perfino Michele Giorgio riferisce delle due lettere di Peres, anche se poi si lascia andare a parole di riconoscimento dell'esistenza di Israele da parte dei Fratelli Musulmani e di un loro invito alla moderazione fatto ai capi di Hamas. Aggiunge Giorgio che Morsi dovrà prestare attenzione massima solo ai problemi interni del paese, dimenticando che l'esperienza insegna che, proprio per coprire i momenti difficili interni si è preferito, nel passato, agire contro il nemico sionista.
   Nessun giornale italiano riporta che in Egitto si nega che tale lettera sia stata scritta, come è ampiamente riportato dai media israeliani.
   Come osservava ieri Ugo Volli, nella stampa di casa nostra la visita del candidato repubblicano Romney in Israele ha avuto piccolissima eco; oggi non se ne parla più, ma lo fa un articolo del Wall Street Journal. Dopo aver ricordato la dura reazione palestinese alle parole di Romney, l'articolista osserva che, in campo democratico, si ricorda un Carter che considerava Israele stato di apartheid. Più sfumata, almeno fino ad un'eventuale rielezione, è la posizione di Obama, che, nei momenti del bisogno, compie gesti e pronuncia parole di amicizia verso Israele. Più che la vicinanza spirituale a personaggi come il reverendo Wright, il rabbino di estrema sinistra Wolf o il professor Khalidi, la sua posizione sarebbe dettata dal considerare intimamente che Israele occupa la terra d'altri, controlla i soldi d'altri, gestisce i diritti d'altri; Obama vorrebbe rivedere Israele, membro dell'Internazionale Socialista, tornare, in tutti i sensi, alla situazione pre '67. Al contrario Romney crede intimamente che Israele si è creato il proprio successo con le proprie mani, così come i palestinesi si sono creata la loro difficile situazione attuale.
   Due articoli sul Figaro ritornano sulla morte di Arafat; in uno la vedova Suha, in un'intervista, si presenta come la brava vedova e madre, un po' ingenua, che ora si è decisa ad intervenire per rispondere alle sollecitazioni di tanti amici. Nell'altro articolo si evidenzia che tracce di polonio sono facilmente riscontrabili in natura, e se a distanza di tanti anni queste sono ancora riscontrabili sugli indumenti intimi e sul pigiama, significa che al momento della morte queste sarebbero state 500.000 volte più forti. Ma ciò avrebbe comportato una forte anemia che gli esami ematici dell'epoca non hanno riscontrato, così come non sono stati evidenziati problemi midollari che non avrebbero potuto mancare. In Italia riprende questo tema E. St. su La Stampa.
   La settimana scorsa elogiavo il coraggio di Cremonesi, inviato in Siria, e, dalla lettura dei quotidiani di oggi, lo stesso coraggio va riconosciuto a Domenico Quirico (La Stampa) e, soprattutto, a Daniele Ranieri. Sul Foglio Ranieri illustra dal vivo una situazione che ricorda l'armata Brancaleone: se un ribelle si accorge di avere la propria pistola inceppata, cerca di rimetterla in funzione agitandola e cercando di sparare fuori del finestrino dell'auto che intanto sta guidando in mezzo a persone e cose. Se si incontra una casa scoperchiata, non si deve pensare subito ad un bombardamento effettuato dai velivoli di Assad, ma anche alle bombe magari esplose anzitempo mentre venivano maneggiate senza perizia. Il nord contadino sembra essere schierato comunque contro il regime, indifferentemente dal credo delle famiglie, come reazione ad una pesante interferenza del regime nella vita contadina. Infine, in questo interessante articolo pieno di verità ignote si legge che quando i ribelli hanno bisogno di aiuto per compiere una azione complessa, chiamano gli uomini di al-Qaeda che, ben organizzati, sono in grado di compiere vere azioni militari. Anche M. Bernabei su Rinascita scrive che al-Qaeda è l'unica forza organizzata in Siria con forze arrivate da paesi stranieri con l'intento di creare uno stato islamico e non uno stato siriano. Al Cairo l'anziano al-Maleh è stato incaricato di formare un governo provvisorio, ma alcune fazioni (Gian Micalessin sul Giornale) gli hanno già opposto il proprio rifiuto.
   L'altro inviato italiano, Domenico Quirico, racconta le scene quotidiane che si vedono nel grande ospedale di Aleppo dove si vive e si muore nelle condizioni più drammatiche per tutti, medici (coadiuvati da veterinari), feriti e semplici rifugiati. Discutibile appare quando afferma che i ribelli non combattono un jihad e fanno festa agli occidentali. Paolo G. Brera su Repubblica scrive che l'Assemblea generale dell'ONU, e non il Consiglio di Sicurezza, si appresta a votare documenti che non possono essere impediti dal veto russo e cinese, ma che non avranno potere coercitivo. Brera aggiunge che anche a Damasco si sta ricominciando a sparare. mentre tutta la popolazione civile è rimasta senza più nulla da mangiare e senza la possibilità di fuggire. Possibilità di fuga che, per i disperati che sono riusciti a raggiungere la Turchia, viene ora resa ancor più difficile, come scrive Mirko Molteni su Libero, dalla barriera fatta di reticolati e telecamere che la Grecia sta erigendo sul confine con la Turchia europea.
   E' sempre difficile comprendere a caldo la corrispondenza tra le parole dei media ed i fatti reali; ieri il Tg della RAI ha intervistato la madre del carabiniere rapito in Yemen che ha negato che la fidanzata dell'italiano abbia ricevuto sms, ma oggi questo viene tranquillamente scritto da Gianandrea Gaiani su Libero che si domanda anche come mai un responsabile della sicurezza della nostra ambasciata andasse in centro città da solo (a fare shopping?).
   Da seguire nei prossimi giorni la notizia scritta su Tempo da Mau. Pic. che vorrebbe il capo dell'intelligence saudita, nominato appena il 19 luglio, ucciso da un commando forse siro-iraniano.
   Pio Pompa, raccogliendo come spesso fa informazioni confidenziali, scrive sul Foglio che gli atleti libanesi, protetti da Hezbollah, che hanno rifiutato di allenarsi in prossimità degli israeliani, saranno premiati al loro ritorno in patria; nell'articolo scrive anche, sempre parlando di Hezbollah, che il video della cattura dei due sergenti israeliani di pattuglia presso il confine libanese, avvenuta nel 2006, è stato tagliato nelle scene che mostrano l'uccisione a sangue freddo dei due uomini feriti.
   Infine Elena Doni su l'Unità dedica un articolo ad un'orchestra di giovani palestinesi che sta compiendo un tour in Italia; il titolo "Note di pace per resistere" preannuncia parole che sarebbe facile poter condividere se questa fosse la realtà sul terreno. Nel testo si può leggere, a proposito degli orchestrali: "fino al 1948 le loro famiglie vivevano in Palestina". Queste parole hanno oggi un significato politico che non era corrispondente alla realtà di quel periodo storico.

(Notiziario Ucei, 8 agosto 2012)

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Raid aerei egiziani sul Sinai: almeno 20 morti

Elicotteri e jet hanno bombardato il villaggio di al Arish, dove erano nascosti i radicali islamici che hanno ucciso 16 guardie di frontiera egiziane. Un test per il presidente Morsi. Israele chiede più sicurezza e sottolinea la presenza di radicali del Jihad globale nella Striscia di Gaza. Hamas si difende.

La penisola del Sinai, dove sono situate
molte località turistiche egiziane, è smilitarizzata.
A causa dei minori controlli è divenuta rifugio
dei terroristi
IL CAIRO - Le forze di sicurezza egiziane, aiutate da elicotteri di combattimento e jet, hanno lanciato missili uccidendo 20 militanti islamisti, dopo un attacco avvenuto tre giorni fa contro un posto di blocco egiziano, costata la vita a 16 guardie di frontiera. Un comandante dell'esercito di stanza nel Sinai ha confermato che l'area colpita è il villaggio di al Arish, dove si nascondeva il gruppo islamista.
L'offensiva militare è ancora in corso ed essa rappresenta un test per il neopresidente Mohammed Morsi. La zona in questione comprende anche il valico di Rafah che permette ai palestinesi della Striscia di Gaza il contatto libero con il mondo esterno. Ma il passaggio è anche usato per contrabbandare merci e armi per colpire Israele.
Israele chiede maggiore controllo e sicurezza da parte degli egiziani sui gruppi islamisti che non obbediscono nemmeno ad Hamas, che governa la Striscia. Per garantire il controllo, Morsi deve essere duro con questi gruppi radicali islamisti, rischiando di provocare le ire e lo scontento dei radicali che lo sostengono e dei musulmani in genere.
In effetti, i Fratelli Musulmani egiziani attribuiscono l'attacco di tre giorni fa a "un complotto" di Israele. Ma un responsabile egiziano della sicurezza, ha sottolineato che l'azione era da attribuire a militanti islamisti che operano nel Sinai, insieme a radicali venuti da Gaza.
Nitzan Nuriel, ex capo dell'ufficio antiterrorismo di Israele, parlando alla radio israeliana, si dice convinto che "agenti del Jihad globale si stanno unendo in azioni terroriste sia nella Striscia di Gaza che nel Sinai e questo è molto, molto problematico".
I sospetti e le accuse di Israele ed Egitto rischiano di gettare una luce ancora più negativa su Hamas, il gruppo radicale che gestisce il potere nella Striscia. Hamas ha subito condannato l'attacco di tre giorni fa definendolo "terrorismo" e ha dichiarato che "i gruppi della resistenza palestinese sono impegnati a combattere solo contro l'occupazione israeliana ed essi lanciano le loro operazioni solo a partire da territori palestinesi".

(AsiaNews, 8 agosto 2012)

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Gaza, il sangue egiziano e i tifosi a distanza

di Sherif El Sebaie

L'uccisione di sedici guardie di frontiera egiziane e il ferimento di altre dieci per mano di jihadisti provenienti da Gaza, nel tentativo (prontamente bloccato dalle forze aeree israeliane) di infiltrarsi in Israele è soltanto una piccola anteprima di uno scenario catastrofico che il sottoscritto ha già largamento anticipato.
   Sono del 2008 i miei articoli a sostegno della chiusura ermetica della frontiera egiziana con Gaza (attuata nuovamente in seguito all'attentato). Una chiusura sicuramente dolorosa per le conseguenze che ha sulla popolazione civile già provata da un blocco totale ma necessaria per evitare che questo sputo di terra diventi un chiodo nella bara dell'Egitto e la pietra tombale della causa palestinese, con conseguenze ancora peggiori per i civili di entrambe le parti.
   Purtroppo la cosiddetta "primavera egiziana" (sic) ha comportato l'adozione della politica delle "porte aperte" che Mubarak ha osteggiato proprio per evitare il passaggio della "patata bollente" di Gaza in campo egiziano (con grande felicità di Israele). Non a caso il giorno in cui si è deciso questo cambio di rotta, mentre i gallinacei festeggiavano la "dimostrazione della solidarietà e della fratellanza panaraba", qui ci si preoccupava già per il cupo futuro annunciato.
   Ed eccoci qua: ancora una volta l'Egitto si ritrova a pagare un pesante tributo di sangue per una causa per cui ha già largamente dato e in cui - sinceramente parlando - non ha nessun interesse, ancor meno in questo momento delicato politicamente e economicamente. In appena un giorno sono state uccise più guardie di frontiera egiziane di quelle uccise in trent'anni di governo di Mubarak, la vecchia volpe di cui tutto si può dire tranne che non fosse in grado di districarsi in uno scenario geopolitico delicato mantenendo buone relazioni con tutti.
   Da quando si è fatto da parte, non solo si sono deteriorati i rapporti con Israele (e en passant con l'Arabia Saudita e alcuni paesi del Golfo) ma è l'intera penisola del Sinai ad essere sfuggita al controllo del Cairo, con beduini che bloccano gli aeroporti e rapiscono i turisti manco fosse lo Yemen. Nel giro di un anno e mezzo quello che era un motore dell'economia turistica egiziana si sta trasformando in un campo di battaglia tra israeliani e palestinesi, con gli egiziani a prendersela sia da una parte che dall'altra.
   Saranno contenti, i tifosi a distanza della causa palestinese, quella Gauche sardine che difende gli "interessi" di Gaza stando magari a qualche chilometro di distanza di sicurezza. La distanza giusta per non beccarsi i missili di Israele e per non rischiare di finire sgozzati dai Salafiti. Tanto prima o poi scoppierà un'altra bella guerra che potranno seguire dagli schermi di Aljazeera, giusto in tempo per sfornare un po' di editoriali e pubblicare qualche nuovo libro in cui versare lacrime di coccodrillo sugli arabi bistrattati.
   Ma hanno poco da rallegrarsi: se i frutti dell'apertura di credito nei confronti di Gaza e dei decreti di grazia presidenziale assegnati a jihadisti condannati alla pena capitale hanno già cominciato a germogliare sulla frontiera egiziana, quando scoppierà la guerra che ardentemente desiderano (purché a fare da carne da cannone siano i figli di altri) l'odore marcio di questi frutti si sentirà molto lontano, e arriver&yagrave; fin dentro casa loro. Potete starne certi.


Sherif El Sebaie

(Salamelik, 7 agosto 2012)

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Scientificamente provata l'efficacia del miele contro la tosse

L'efficacia del miele contro la tosse è stata dimostrata da uno studio condotto dall'università israeliana di Tel Aviv.

di Stefania Russo

  
Il consiglio di mangiare un cucchiaino di miele prima di andare a dormire per combattere tosse e mal di gola non è più uno dei tanti rimedi della nonna privo di qualunque fondamento e per questo motivo poco seguito dai genitori stanchi di dover passare notti insonni per la tosse invernale dei bambini, preferendo al contrario affidarsi a sciroppi e altri prodotti farmaceutici.
A provare che si tratta di un metodo efficace sulla base di riscontri scientifici e non di racconti tramandati da generazione in generazione è stata l'università israeliana di Tel Aviv, che ha condotto uno studio i cui risultati verranno pubblicati a settembre sulla rivista Pediatrics. Più nel dettaglio, i ricercatori hanno preso in esame 300 bambini di età compresa tra 1 e 5 anni, tutti con la tosse, e dato ad alcuni di questi, prima di andare a dormire, un cucchiaino di miele e agli altri una sostanza molto simile ma che in realtà non era miele. Ebbene, nei pazienti a cui era stato somministrato miele i miglioramenti sono stati evidenti già dal giorno successivo, mentre negli altri la malattia ha fatto il suo corso.
Questa è senza dubbio una buona notizia, non solo perché in questo modo si evita di somministrare ai bambini prodotti farmaceutici come gli sciroppi per la tosse, che in alcuni paesi come Canada e Stati Uniti sodo addirittura proibiti per i bambini di età inferiore rispettivamente ai 6 e ai 4 anni, ma anche dal punto di vista economico, dal momento che il miele costa decisamente meno di uno sciroppo per la tosse.
Il dottor Herman Avner Cohen, che ha condotto lo studio, ha sottolineato che il miele è una sostanza ricca di antiossidanti e utile contro qualsiasi infezione generata dal raffreddore, inoltre è denso e quindi stimola la salivazione, lubrifica il muco e libera le vie respiratorie superiori.
Le proprietà curative del miele, ricordiamo, in passato sono già state accertate dal dipartimento di Pediatria e scienze della sanità pubblica dell'università della Pennsylvania, inoltre l'Organizzazione mondiale della sanità lo cita come potenziale trattamento anti-raffreddore.

(Aciclico, 7 agosto 2012)

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Attacco del Sinai: l’Egitto si prepara a demolire i tunnel di Gaza

Ai funerali dei militari vittime dei terroristi il presidente non c'è

di Danila Clegg

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I funerali dei 16 soldati egiziani uccisi nel Sinai  
IL CAIRO - Dopo la sbornia di entusiasmo per la vittoria in Egitto di un esponente dei Fratelli musulmani, per Hamas e la striscia di Gaza il ritorno alla realtà è brusco. Dopo il grave attacco al posto di frontiera nel Sinai arriva infatti la risposta egiziana.
   Su un piazzale a Rafah sono arrivati bulldozer, escavatrici e pompe idrauliche che dovranno distruggere i tunnel che collegano la località egiziana alla Striscia e attraverso i quali passano merci e beni di consumo di tutti i generi per aggirare il blocco imposto da Israele dopo la vittoria di Hamas nel 2007.
   Il raid di due giorni sta facendo pagare prezzi alti in termini di popolarità anche al presidente egiziano Mohamed Morsi, che non si è fatto vedere ai funerali militari delle sedici vittime dell'attentato. L'operazione a Rafah, ha detto una fonte della sicurezza all'ANSA, dovrebbe cominciare fra un paio di giorni, il tempo per fare arrivare in zona i rinforzi per garantire la protezione degli uomini e dei mezzi impegnati nell'operazione. E anche, forse, per dare il tempo ad Hamas di dare qualche segnale concreto sulla sua intenzione e capacità di garantire la sicurezza nella zona.
   Si prevede, infatti, che l'operazione possa non filare liscia visto che sul contrabbando attraverso i tunnel vivono migliaia di persone. Certe famiglie della zona come i Barahema, i Zaarab, e gli Abu Rubaa hanno minacciato di usare la forza per bloccare la minacciata demolizione. Fonti della sicurezza fanno notare che questi clan possiedono armi pesanti, obici e mortai.
   Ma uno dei capi tribù del Sinai del Nord, Aref Abu Ekr, ritiene, invece, che sia ormai arrivato il momento di chiudere definitivamente i tunnel per porre fine "all'infiltrazione di terroristi". Mentre un altro capo, Sulayman el Beira, della tribù El Massoura di Rafah, ha sottolineato la necessità di aprire un vero proprio terminal commerciale al valico che porta a Gaza come alternativa alla chiusura dei tunnel.
   Creati nel 2006, ne erano stati scavati oltre 1600 fino al 2008-2009 ma poi si sono ridotti a circa seicento. Attraverso questi passaggi passa di tutto, beni di prima necessità, viveri, benzina e gasolio col quale arginare la penuria di carburante e i continui black out elettrici a Gaza. Ma l'accusa sempre più insistente é che i tunnel servano soprattutto per fare passare armi e miliziani da e per la Striscia.
   L'Egitto, preso fra dolore e voglia di vendetta, ha assistito ai funerali delle guardie di frontiera uccise nel raid. Le televisioni di Stato hanno trasmesso la cerimonia in diretta con lo schermo listato a lutto. Migliaia di persone si sono accalcate sotto un sole cocente per seguire le bare fino al monumento del milite ignoto. Ma al corteo funebre non si è visto Morsi né il primo ministro Hisham Kandil. Al secondo sono state lanciate scarpe prima della cerimonia religiosa in una moschea, mentre slogan venivano scanditi contro il presidente. Il suo ufficio ha fatto sapere che Morsi è andato in visita ai feriti del commando. Poco dopo il portavoce, che ha riconfermato l'impegno dell'Egitto a rispettare i trattati internazionali, ha detto che Morsi ha preferito non andare ai funerali per non disturbarli col trambusto che avrebbe creato la sua sicurezza. Ma questa

(ANSA, 7 agosto 2012)

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L'accordo di Catanzaro con Israele rende la città più sicura

Al via un progetto di monitoraggo del territorio con una sofisticata tecnologia

Un progetto pilota per "Catanzaro città più sicura d'Europa". E' l'obiettivo dell'Accordo di cooperazione che si sta sviluppando tra Calabria e Israele voluto dalla Giunta regionale. Un accordo - spiega una nota del Comune - dagli aspetti molteplici che ha già portato i primi risultati nel settore del turismo con l'avvio del collegamento diretto Tel Aviv aeroporto di Lamezia Terme.
   La cooperazione, riguarda anche il campo della ricerca e dello sviluppo scientifico e tecnologico. Proprio in questo campo s'inserisce il Progetto pilota che porterà Catanzaro a sperimentare sul suo territorio un sistema di sicurezza all'avanguardia.
   Ad illustrare questo sistema messo in atto dalla Bunker Sec, società multinazionale che fattura tre miliardi di dollari l'anno, la piu' grande società di sicurezza presente a livello mondiale, gestita dal generale Major Meir Dagan, e' stato l'amministratore delegato della società, Guycaspi, accompagnato da alcuni tecnici della societa'.
   All'incontro che si e' svolto a palazzo de Nobili, presenti anche Enzo Saladino, responsabile della Cooperazione bilaterale Calabria - Israele, il sindaco Sergio Abramo, il comandante della Polizia municipale, Antonio Salerno, accompagnato da alcuni ufficiali e sottoufficiali del Corpo, gli assessori Massimo Lomonaco, Domenico Concolino e Patrizia Carrozza ed i consiglieri, Mario Camerino e Agostino Caroleo. La BunkerSec - si legge - è un fornitore di soluzioni complete, che offre la piena integrazione dei servizi che combinano ogni elemento di un sicuro impianto mission-critical.
   "The company is a part of international group involved in aviation, security, energy and real estate projects worth hundreds of millions of dollars." L'azienda fa parte del gruppo internazionale del settore aereo, sicurezza, energia e in progetti immobiliari del valore di centinaia di milioni di dollari. Mette a disposizione un ben protetto data center capace di soddisfare e superare le esigenze dell'organizzazione nel rispetto delle norme regolamenti internazionali.
   "Saremo i primi a sperimentare questa nuova tecnologia - ha spiegato il sindaco Sergio Abramo - attraverso la firma di un protocollo d'intesa che prevede l'utilizzo dei fondi Pon sicurezza. Si tratta di mettere in pratica una tecnologia militare in campo civile per monitorare 24 ore su 24 l'intero territorio ed essere pronti ad intervenire celermente su ogni situazione. Una tecnologia - ha proseguito il sindaco - che possiamo anche utilizzare per il controllo della viabilità e con la rilevazioni automatica delle infrazioni stradali. Si tratta, quindi - ha concluso il Primo cittadino - di un fiore all'occhiello per la nostra Citta' che grazie al nostro impegno è stata scelta come modello di sperimentazione a livello europeo".

(CatanzaroInforma.it, 7 agosto 2012)

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Monaco 40 anni dopo: le famiglie delle vittime criticano il CIO


Parole come pietre contro il Presidente del Comitato Olimpico Internazionale Jacques Rogge durante la cerimonia di commemorazione del massacro di Monaco. Quarant'anni dopo la strage di 11 atleti e tecnici israeliani alle Olimpiadi del 1972, il rifiuto da parte dell'organizzazione di far osservare un minuto di silenzio in occasione della cerimonia di apertura di Londra 2012 continua a scatenare veleni.
"Vergogna al Comitato Olimpico Internazionale perché avete abbandonato 11 membri della vostra famiglia olimpica. Avete discriminato le vittime di Monaco solo perché isreaeliani ed ebrei" ha attaccato la vedova di una delle vittime.
La cerimonia tenutasi alla Guildhall di Londra è stata organizzata, come in occasione di ogni Olimpiade sin 2000, dallo Stato Ebraico e non dal Comitato Olimpico.
Il 5 settembre del 1972 un commando palestinese del gruppo Settembre Nero fece irruzione nelle stanze della delegazione israeliana del villaggio olimpico di Monaco uccidendo 11 persone tra tecnici e atleti.

(euronews, 7 agosto 2012)

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Il mondo dello sport non dimentica

LONDRA - Grande commozione ieri sera al prestigioso Guildhall di Londra per la cerimonia di commemorazione delle undici vittime israeliane del terrorismo alle Olimpiadi di Monaco in occasione del quarantesimo anniversario della strage. Oltre un migliaio le persone che si sono strette attorno alle vedove Ankie Spitzer e Ilana Romano e a tutta la federazione israeliana presente nella capitale inglese con numerosi dirigenti e atleti.
L'appuntamento, organizzato dal Comitato Olimpico israeliano in collaborazione con l'ambasciata di Israele a Londra e con la comunità ebraica d'Inghilterra, ha chiamato a raccolta le principali cariche istituzionali del paese assieme ai massimi vertici dello sport mondiale. In primis il presidente del Comitato Olimpico Internazionale Jacque Rogge, cui la vedova Spitzer ha indirizzato accuse molto precise riguardo la mancata concessione di un minuto di silenzio in memoria degli undici caduti nel corso della cerimonia inaugurale dei Giochi ("il comportamento del CIO - ha detto - è stato vergognoso e non ha giustificazioni di alcun tipo"). Tra gli invitati anche il presidente del Maccabi Italia e consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Vittorio Pavoncello, cui è stato dato merito di essersi attivamente prodigato per sensibilizzare l'opinione pubblica italiana su questo tragico capitolo di storia olimpica. "Una commemorazione bellissima, intensa e struggente - racconta in procinto di affrontare il viaggio di ritorno a Roma - nel corso della quale gli israeliani hanno dimostrato di non aver paura di dire quello che pensano. Anche se non si è voluto tributare il minuto di silenzio è comunque motivo di orgoglio aver fatto sì che tutto il mondo abbia parlato di questa iniziativa evitando che su di essa potesse tristemente cadere il velo dell'oblio".
Tra gli interventi più attesi quello del premier britannico David Cameron. "L'attentato di Monaco - ha spiegato - fu un crimine perpetrato non solo nei confronti di Israele e del popolo ebraico ma di tutta l'umanità. Un crimine che non possiamo dimenticare e che ricordiamo oggi in questa città che fu colpita dal terrore appena sette anni fa e che, patria del multiculturalismo e dell'incontro tra popoli, accoglie in questi giorni sportivi da ben 204 paesi". Parole molto significative anche dal ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle. "Quel giorno - ha affermato - ad essere colpita fu l'intera famiglia olimpica. L'attentato di Monaco rappresentò un vile attacco ai valori di pace e armonia che da sempre contraddistinguono questa competizione. Saremo sempre al vostro fianco. La Germania non ha dimenticato e mai dimenticherà".

(Notiziario Ucei, 7 agosto 2012)

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Ebrei ortodossi: arriva il velo per i timorati

TEL AVIV, 7 ago - Per proteggere la pudicità degli ebrei ortodossi da qualsiasi possibile tentazione del mondo esterno viene ora proposto loro di acquistare un velo scuro da indossare sotto al cappello. In questo modo, il loro raggio visivo si riduce notevolmente, così come la probabilità di imbattersi per strada in scene che rischierebbero di turbarli. L'offerta, riporta il quotidiano Maariv, arriva da una società popolare fra gli ebrei ultraortodossi, che offre loro anche adesivi speciali da apporre alle lenti degli occhiali. Gli adesivi, spiega il giornale, riducono il raggio visivo a un paio di metri: abbastanza per poter camminare speditamente per strada senza inciampi, e al tempo stesso per sentirsi al riparo da immagini non desiderate. La stessa società ha trovato una soluzione "modesta" anche per quegli ortodossi che decidono di spostarsi in aereo: uno schermo pieghevole di cartone per metterli al riparo da occhi indiscreti.

(ANSAmed, 7 agosto 2012)

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Attacco a Israele: per Hamas è complotto

di Stefano Magni

Un misterioso commando ha dato l'assalto ad un check point dell'esercito egiziano, poco dopo il tramonto di domenica. I militari, che stavano consumando la loro tradizionale cena iftar (dopo il tramonto di un giorno di digiuno, nel mese sacro del Ramadan), sono stati colti completamente di sorpresa, da questi uomini dal volto coperto, in abiti beduini e pesantemente armati. Sedici egiziani hanno perso la vita nello scontro a fuoco. E, quel che poteva essere preludio di numerose nuove vittime, due loro mezzi blindati sono stati catturati e dirottati dal commando sulla frontiera con Israele. Uno dei due trasporto-truppe è esploso al valico di frontiera. Era imbottito di esplosivo e, probabilmente, il suo scopo suicida consisteva proprio nell'aprire un varco. L'altro mezzo, comunque, ha avuto solo il tempo di entrare in territorio israeliano, prima di essere centrato e distrutto dai missili dell'aviazione. Un sopralluogo delle Forze di Difesa Israele ha permesso di trovare otto cadaveri (tuttora non identificati) degli ex appartenenti al commando.
   Non è il primo incidente di questo genere che coinvolge l'area di frontiera del Sinai, da un anno a questa parte uno dei territori più incontrollabili e pericolosi del mondo. È una triste tradizione fu inaugurata nel 1985 con il massacro di turisti a Ras Burqa ed è proseguita fino al recente attacco del 18 giugno scorso. Senza dimenticare l'altro recente (e gravissimo) attacco alla strada per Eilat del 18 agosto 2011: 8 morti e 40 feriti. E come non ricordare, poi, i numerosi sabotaggi ai gasdotti del Sinai per Israele?
   In tutti i casi la matrice (sia secondo le autorità egiziane che per quelle israeliane) è il radicalismo islamico locale, talvolta affiliato ad Al Qaeda. Hamas è sospettato di collusione/promozione di queste azioni: è il partito islamista che governa Gaza che controlla quel settore della frontiera. Anche in quest'ultimo, grave, attacco alla frontiera, l'esercito egiziano punta il dito contro non ben specificati jihadisti. Il movente ci sarebbe. La settimana scorsa si era a lungo discusso sulla presunta lettera inviata dal neo-presidente egiziano Mohammed Morsi a Israele. Un documento in cui il nuovo capo di Stato prometteva la ripresa del dialogo con lo Stato ebraico. Morsi, per evitare critiche dai suoi stessi militanti dei Fratelli Musulmani, ha negato l'autenticità di quel testo. Ma gli israeliani hanno mostrata una copia ai media, dimostrando che si trattasse di un documento ufficiale. Qualcuno, negli ambienti islamici più militanti, non deve averla presa bene. L'agguato di ieri potrebbe essere letto come un avvertimento.
   Nel mondo della politica mediorientale, però, domina sempre la teoria del complotto sionista. Secondo Hamas e la Jihad islamica, infatti, i membri del commando sarebbero stati pagati da Israele, per rovinare i rapporti fra Gaza e l'Egitto. Dopo l'attacco, questi ultimi hanno certamente subito un danno: il valico di Rafah è stato chiuso e gli ultimi accordi commerciali sono andati in fumo. Pur essendo l'uno la filiazione degli altri, fra Hamas e i Fratelli Musulmani sono sorti, per lo meno, dei dubbi reciproci. Ma da qui a credere che gli israeliani abbiano pagato un commando terrorista per attaccarsi da soli…

(l'Opinione, 7 agosto 2012)

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Un'analisi genetica permette di ricostruire una mappa della diaspora ebraica

Highslide JS
ROMA, 7 ago - Una recente analisi genetica sugli ebrei provenienti dal Nord Africa ha permesso di ricostruire una mappa genetica complessiva delle diaspore ebraiche. Lo studio condotto dai ricercatori dell'Albert Einstein College of Medicine della Yeshiva University e' stato pubblicato on line negli Atti della National Academy of Sciences.I risultati hanno confermato il record storico della stabilizzazione in Medio Oriente degli ebrei durante l'antichità classica, dove matrimoni e proselitismo portarono alla nascita di popolazioni distinte rimaste intatte per più di duemila anni. Secondo l'autore dello studio Harry Ostrer i risultati hanno offerto una base biologica per la definizione di "ebraicità". "Abbiamo ottenuto un'impronta digitale genetica completa delle varie sottopopolazioni degli ebrei. I dati potranno aiutarci a scoprire legami genetici per le malattie cardiache, il cancro, il diabete e altre malattie comuni". I ricercatori hanno analizzato il patrimonio genetico di 509 ebrei provenienti da 15 popolazioni insieme ai dati genetici di 114 persone provenienti da sette popolazioni non ebree del Nord Africa. Gli ebrei del Nord Africa hanno mostrato un alto grado di endogamia. Sono stati individuati due sottogruppi della popolazione generale: ebreo marocchino/algerino ed ebreo tunisino/libico.

(Prima Pagina News, 7 agosto 2012)

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Il «nuovo Egitto» accusa Israele per la strage voluta da Al Qaida

di Fiamma Nirenstein

Tutto è tragicamente chiaro: il Sinai è preda di bande terroriste di origine qaidista che attaccano Egitto e Israele insieme.
   Ma con l'avvento della Fratellanza Musulmana alla prima occasione per dimostrare di saper tenere la testa sulle spalle, invece fuoriesce dal nuovo Egitto di Mohammed Morsi, il presidente che appartiene alla Fratellanza, uno scriteriato proclama complottista. Che peccato, dopo i quindici morti egiziani cercare, invece dei colpevoli, il solito capro espiatorio: Israele, la seconda vittima dell'attacco col Paese delle piramidi. E invece dopo l'attacco terroristico di domenica notte lungo il confine fra Egitto e Israele a Kerem Shalom, dopo che si è capito che il Sinai è un nido di terrorismo internazionale, i Fratelli Musulmani se ne sono usciti affermando che l'attacco è stato organizzato dal Mossad per mettere in difficoltà Morsi, e che questo è provato dal fatto che Israele aveva detto ai suoi compatrioti (ma quante volte negli ultimi anni!) di lasciare la vacanza in Sinai. Quindi, conclude la Fratellanza, urge rivedere il trattato di pace. Morsi per ora tace, ma è difficile che il suo partito abbia stampato tanta risoluzione sul suo sito, assolvendo di fatto i terroristi di Al Qaida che invece mettono sottosopra l'Egitto. Basta ricordare quante volte è esploso il gasdotto fra Israele e l'Egitto, e quanto sfondo sociale ci sia alla presenza terrorista a causa della miseria. Mubarak affrontava i ribelli con durezza e piglio, Morsi invece non li sbatterà in prigione, nè li condannerà a lunghi anni in carcere: sono i suoi fratelli di ispirazione religiosa e politica, la sua folla, che ora, delusa e affamata, già lo minaccia.
    Il fatto che adesso l'Egitto abbia fatto chiudere il passaggio di Rafah è stato seguito da una esclamazione di rabbia di Hamas, che l'ha vista come una «punizione collettiva». Ma Hamas sa bene quanti terroristi provenienti da Gaza si aggirano per il Sinai, gente di Al Qaida o di Magle Shoura al Mujahddin, che alla richiesta di non passare il confine con l'Egitto risponde «non c'è nessun confine fra i Paesi musulmani. Il Mujahaddin conosce solo i confini dati da Allah», ovvero quelli della Ummah Islamica. Qui è il nodo.La spiegazione dell'attentato di domenica, sofisticato, ambizioso, sta tutta qui, in un disegno ideologico. Egitto e Israele hanno capito il rischio: gli egiziani danno la caccia ai miliziani con elicotteri da guerra, Israele ha chiuso i valichi ed è in massima allerta, Netanyahu è andato in visita al valico e ha detto «ci difenderemo».
    L'esercito egiziano, forse proprio perché ha pagato lo scotto di 16 morti scontando una palese debolezza, rimonta in sella annunciando che «il nemico della nazione va affrontato con la forza». Che sta succedendo? Poco dopo l'uccisione di Bin Laden il nuovo capo di Al Qaida Ayman Al Zawahiri annunciò una politica di «jihad regionale». Il mezzo: attentati contro «gli eretici» locali nei vari Stati arabi. L'obiettivo: il controllo dell'intero Medio Oriente. La dimensione strategica: «avvicinarsi ai confini dell'entità sionista» circondandola. Durante l'attacco di Rafiah i terroristi indossavano divise egiziane: che ci sarebbe stato di meglio che gli israeliani uccidessero qualche egiziano? O viceversa? La guerra complessiva contro Israele è il primo sogno della Jihad islamica. E non c'è più nessuno Stato sovrano sui confini di Israele che freni l'atteggiamento comune di odio per lo Stato Ebraico e che fermi l'incitamento, come si vede dalle dichiarazioni della Fratellanza Egiziana ora al governo: le rivoluzioni arabe aiutano tutti i comportamenti estremisti. L'Egitto è nelle mani di Morsi e dei salafiti. La Siria è diventata una meta per tutte le organizzazione jihadiste.
    Gli Hezbollah in questo periodo hanno interesse alla maggiore confusione possibile, cui spinge anche il loro sponsor, l'Iran. Il piatto per i jihadisti estremi è molto ricco. Adesso oltre all'Egitto e a Israele ci sarebbe anche Hamas interessato a evitare che Morsi venga messo in difficoltà. Ma il suo odio per Israele è troppo grande: ha perfino dichiarato che «in qualche modo» i 16 soldati egiziani sono morti per colpa sua.

(il Giornale, 7 agosto 2012)

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Highslide JS
Gerusalemme, torna il festival Hutzot Hayotzer

L'annuale festival Hutzot Hayotzer si svolgerà dall'8 al 18 agosto 2012 a Gerusalemme. Arti e artigianato equo e solidale saranno in mostra presso l'Hutzot Hayotzer Arts and Crafts Center, i Giardini Mitchell, l'anfiteatro Merrill Hassenfeld, di fronte la Torre di David. Il festival, che presenterà esempi di soffiatura del vetro, un mercato internazionale di prodotti alimentari e performances interattive di teatro di strada, sarà aperto tutte le sere (tranne il venerdì) dalle 18 alle 23 ed il sabato a partire da un'ora dopo la fine dello Shabbat fino a mezzanotte. Alcune delle più note rock star di Israele proporranno poi concerti gratuiti all'aperto a partire dalle 21:30 di ogni sera, escluso venerdì.

(Travel, 6 agosto 2012)

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Attacco del Sinai: imbarazzo di Hamas per la complicità di cellule di Gaza

Il governo della Striscia cerca di placare l'ira delle autorità egiziane

di Sami al-Ajrami

GAZA - Il violento blitz dei jihadisti del Sinai - che ieri hanno preso d'assalto una caserma egiziana, vi hanno fatto strage, si sono impossessati di due blindati e immediatamente si sono lanciati all'assalto di un vicino valico israeliano - sembra aver colto totalmente di sorpresa Hamas. Una sorpresa che si colora in queste ore d'imbarazzo nei confronti delle autorità del Cairo (e della leadership 'amica' dei Fratelli Musulmani), per il denunciato coinvolgimento nell'attacco di cellule palestinesi della Striscia di Gaza.
   L'episodio, risoltosi in un bagno di sangue, ha già provocato conseguenze, con la chiusura a tempo indeterminato da parte dell'Egitto del valico di Rafah, fra il Sinai e la Striscia. E rischia di spegnere sul nascere gli entusiasmi suscitati a Gaza dall'ascesa al potere in riva al Nilo dei Fratelli Musulmani (punto di riferimento politico-ideologico per Hamas). Ancora poche settimane fa, con l'insediamento di Mohammed Morsi alla carica di presidente dell'Egitto, la popolazione di Gaza era scesa in piazza per festeggiare l'evento: per ore raffiche di arma automatica erano state sparate verso il cielo in segno di gioia. Ieri invece, dopo la uccisione di 16 agenti egiziani, Morsi non ha esitato a puntare il dito accusatore proprio all'indirizzo dei dirigenti di Gaza. Nelle ultime ore questi ultimi hanno fatto a gara nel denunciare l'attacco, nell'esprimere cordoglio ai congiunti delle vittime e nel promettere che i complici dell'eccidio eventualmente scoperti all'interno della Striscia riceveranno punizioni esemplari.
   "Quello di ieri è stato un crimine odioso", ha esclamato fra gli altri Ahmed Bahar, vicepresidente del Consiglio legislativo palestinese e uomo di spicco di Hamas. "Apriremo immediatamente un'inchiesta", ha assicurato. Da parte sua, il 'ministero degli interni' di Hamas ha proclamato lo stato d'allerta e ha provveduto a chiudere i tunnel di contrabbando scavati sotto il confine con l'Egitto: con una mossa che da un lato mira ad impedire ai jihadisti la libertà di movimento fra la Striscia e il Sinai, ma dall'altro colpisce l'ingresso di merci necessarie alla popolazione. Animato da una ideologia che coniuga il radicalismo religioso con la lotta armata, in anni passati il braccio armato di Hamas aveva trovato spazio di cooperazione con i gruppi della galassia iper-integralista che s'ispira alle parole d'ordine di Al Qaida: in particolare li aveva spronati ad attaccare Israele per ostacolare il processo di pace e mettere in difficoltà il pragmatico presidente dell'Anp Abu Mazen. Ma dal 2007, quando Hamas ha conquistato il potere a Gaza, la sua logica è mutata al punto da prendere di petto due anni fa - armi alla mano - una formazione jihadista-salafita, guidata dallo sceicco Abdel Latif Mussa. Sul terreno caddero allora 23 combattenti islamici ultrà (incluso il capo religioso) e 150 rimasero feriti. In tempi recenti la leadership di Gaza ha per altro verso continuato a beneficiare della latitanza di potere nel Sinai: divenuto agli occhi d'Israele una zona franca per terroristi e trafficanti di ogni risma sull'onda del caos seguito alla caduta di Hosni Mubarak in Egitto; ma funzionale agli interessi di Hamas sul fronte del contrabbando di merci e di armi. Anche su questo punto la prospettiva è tuttavia cambiata con l'arrivo al potere al Cairo di Morsi: una svolta che Hamas giudica "di portata storica" e che imporrebbe adesso come priorità assoluta il mantenimento di relazioni di reciproca fiducia col presidente dell'Egitto. Di qui l'imbarazzo per i fatti di ieri; e l'obbligo di provare a mettere quanto prima una sordina alla guerra per bande lungo il confine.

(ANSAmed, 6 agosto 2012)

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La cultura ebraica protagonista ad Acqui il 2 settembre

  
ACQUI TERME - Si tratta di un progetto realizzato nell'ambito XIII Giornata europea della Cultura Ebraica e prevede visite guidate ai luoghi più suggestivi presenti in città.
Il 2 settembre sarà possibile dunque rivivere l'atmosfera e la storia della Beth ha-keneseth, la Sinagoga andata distrutta nel 1971 e conoscere luoghi della città fortemente segnati dalla comunità ebraica. L'itinerario inizia da Palazzo Robellini, in piazza Levi 12, prosegue per la Torre di città, sede della mostra "La Beth ha-keneseth di Acqui"; visite guidate si snodano attorno alla fonte della Bollente, un tempo il"ghetto" e, oltre le mura, con servizio navetta, al Prato ebraico e a Villa Ottolenghi.
A completare la Giornata saranno proiettati filmati sull'umorismo ebraico nello Spazio dell'Associazione Campo di Carte in piazza della Bollente, sarà organizzato un concerto di musiche Klezmer eseguite dal violinista Alex Leonte e sarà possibile degustare vini kasher.

(acquese.it, 6 agosto 2012)

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Respinto un blitz dei miliziani islamici. L'aviazione israeliana distrugge due tank egiziani

I carri armati erano stati stato catturati dopo un attacco a un posto di blocco egiziano nel Sinai. Nella zona del Neghev vicina alla striscia di Gaza è stato proclamato lo stato di massima allerta. Il presidente egiziano Mori convoca la giunta militare.

L'aviazione israeliana ha colpito e distrutto un mezzo blindato egiziano penetrato in territorio israeliano. Il tank era stato stato catturato da miliziani islamici. Un secondo blindato egiziano è esploso poco prima di varcare il confine. Nella zona del Neghev vicina alla striscia di Gaza è stato proclamato lo stato di massima allerta dopo il lancio di decine di razzi palestinesi contro insediamenti civili israeliani.
Tre miliziani sono rimasti uccisi nel blindato egiziano distrutto dall'aviazione israeliana dopo essere penetrato in Israele. Lo riferisce radio Gerusalemme. I miliziani si erano impossessati dei blindati in un attacco ad un posto di blocco nel Sinai in cui 15 agenti del Cairo sono rimasti uccisi. Il veicolo stava tentando di infiltrarsi nel Paese dall'Egitto nelle vicinanze del valico di Kerem Shalom.



- Allerta nel Neghev
  Gli abitanti della zona hanno avuto ordine severo di restare nelle loro abitazioni nella sensazione che possa essersi verificata una infiltrazione in Israele di miliziani palestinesi armati. All'origine della fiammata di violenze l'uccisione, a sud di Gaza, di un miliziano membro di un gruppo vicino ad Al Qaida da parte di un velivolo militare israeliano.

- Morsi convoca giunta militare
  Ricorrendo alle sue prerogative presidenziali Mohammed Morsi ha convocato una riunione urgente al Cairo del Supremo Consiglio Militare egiziano (Scaf) dopo l'attacco contro un posto di frontiera in Sinai in cui hanno per la vita 15 agenti. Lo Scaf, guidato dal ministro della Difesa, il maresciallo Mohamed Hussein Tantawi, e l'organizzazione che di fatto controlla l'Egitto si dalla caduta di Honsi Mubarak nel febbraio del 2011.

- Stato d'allerta a Rafah
  E' stato decretato lo stato di allerta nella zona di Rafah in seguito all'attacco contro un posto di frontiera. Lo riferiscono fonti della sicurezza egiziana spiegando che il resposabile della sicurezza del Sinai, il governatore e il resposabile del controllo alla frontiera sono accorsi sul posto. La zona è stata chiusa a tempo indeterminato.

- Hamas condanna l'attacco alla frontiera egiziana
  Hamas ha condannato l'attacco contro il posto di frontiera egiziano, costato la vita a 15 poliziotti. "Hamas condanna l'uccisione di soldati egiziani e presenta le sue più profonde condoglianze alle famiglie delle vittime, ai dirigenti e al popolo egiziano", afferma un comunicato diffuso nella Striscia.

(TGCOM.it, 6 agosto 2012)

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Egitto - Giro di vite contro gli "infedeli" dopo il massacro al confine

CAIRO - Le autorità egiziane hanno definito "infedeli" gli estremisti islamici che ieri hanno ucciso 16 poliziotti al confine con Israele.
L'Egitto ha promesso di reagire duramente contro il massacro che ha messo a dura prova le relazioni diplomatiche con palestinesi e israeliani.
"Elementi jihadisti", come li ha chiamati un funzionario egiziano, hanno valicato il confine egiziano dalla striscia di Gaza per condurre un assalto contro una stazione di polizia, uccidendo 16 agenti e rubando due veicoli corazzati.
Gli assalitori si sono poi diretti verso Israele, dove sono stati uccisi dalle forze israeliane.
Il ministro della Difesa Ehud Barak ha confermato che gli otto attentatori sono stati uccisi nell'attacco, aggiungendo di sperare che quanto accaduto dia la "sveglia" all'Egitto, a lungo accusato di aver perso la presa sulla penisola del deserto del Sinai.
La strage rappresenta un test diplmatico per il neoeletto presidente Mohamed Mursi, in carica dalla fine di giugno.
L'esercito egiziano ha sottolineato in un comunicato che "gli egiziani non dovranno aspettare a lungo per assistere ad una reazione".

(Reuters, 6 agosto 2012)

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Netanyahu: Israele può contare solo su se stesso

GERUSALEMME - Il fallito attacco del commando terroristico - che ha tentato di penetrare in Israele dal Sinai - dimostra che lo Stato ebraico "puo' contare solo su se stesso" per quanto riguarda la protezione dei suoi cittadini.
Ad affermarlo e' stato il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, che ha espresso "tristezza" per la morte delle 16 guardie egiziane, uccise dal commando. Lo riferiscono i media israeliani. Netanyahu ha voluto visitare - assieme al ministro della Difesa, Ehud Barak - il luogo ove e' avvenuto l'attacco, l'area di Kerem Shalom. Netanyahu ha sottolineato che "Israele ed Egitto hanno un interesse comune nel mantenere sicuro il confine tra i nostri due Paesi". Il primo ministro si e' inoltre congratulato con le forze di sicurezza israeliane per aver saputo prevenire "un attacco di gran lunga maggiore".
Anche il capo di Stato maggiore israeliano, il generale Benny Gantz, anch'egli in visita a Kerem Shalom, ha sottolineato che "e' stato evitato un disastro di grandi proporzioni" .

(AGI, 6 agosto 2012)

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Grecia-Israele: Peres ad Atene, focus su energia e difesa

Progetto di un gasdotto attraverso Cipro

Highslide JS
Karolos Papoulias e Shimon Peres  
ATENE, 6 ago - Sara' in particolare centrata su questioni energetiche e di difesa la visita di tre giorni ad Atene del presidente israeliano Shimon Peres, che arriva stamani ad Atene per una serie di colloqui con i responsabili e gli esponenti politici greci.
Lo riferiscono i media greci citando fonti del Consiglio dei ministri, secondo cui in mattinata Peres incontrera' prima il capo dello Stato greco Karolos Papoulias e successivamente il primo ministro Antonis Samaras. La visita di Peres è la quinta di un responsabile israeliano di alto livello in Grecia negli ultimi due anni, durante i quali i due Paesi hanno rafforzato la collaborazione nel settore della difesa.
"Noi speriamo di sviluppare migliori relazioni d'amicizia con la Grecia. E' un Paese amico e dobbiamo affrontare gli stessi problemi", ha detto Peres in un'intervista trasmessa sabato sera alla tv privata greca Mega.
Alla domanda circa la possibilità della realizzazione di un nuovo gasdotto che colleghi Israele all'Europa passando prima per Cipro e poi per la Grecia, Peres ha affermato che si tratta di "una necessità geografica ed economica".

(ANSAmed, 6 agosto 2012)

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Spot di Romney contro Obama: non è amico d'Israele

Il candidato repubblicano punta al voto ebraico per battere il presidente

di Patrizio Cairoli

Una settimana dopo la fine del suo controverso tour all'estero, in cui ha seminato polemiche in Gran Bretagna, Israele e Polonia - arrivate, in verità, senza troppa risonanza all'opinione pubblica statunitense - Mitt Romney ha mandato in onda uno spot sul "prezioso rapporto" tra Israele e Stati Uniti, per cercare di capitalizzare lo stretto legame con l'unica democrazia in Medio Oriente e il suo primo ministro, Benjamin Netanyahu, amico di vecchia data. L'obiettivo è quello di convincere la comunità ebraica americana a tradire il presidente, Barack Obama. E a votare repubblicano.


"Chi condivide i vostri valori?" è la domanda introduttiva della voce narrante, che aggiunge: "Come presidente, Barack Obama non è mai andato in Israele e si rifiuta di riconoscere Gerusalemme come sua capitale". Poi: "Mitt Romney sarà un presidente diverso, un leader forte al fianco dei nostri alleati. Lui sa che l'America ha un profondo e prezioso rapporto con Israele".
Lo spot mostra Romney in compagnia di Netanyahu e le immagini del discorso tenuto a Gerusalemme: "Parliamo lo stesso linguaggio di libertà e giustizia". Lo spot si conclude con la voce narrante che ricorda: Israele, come gli Stati Uniti, "rispetta i diritti delle persone di tutte le religioni"; poi, le immagini di Romney che nel suo discorso definisce Gerusalemme "la capitale d'Israele".

(america 24, 5 agosto 2012)

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Israele testa con successo missili balistici di difesa

GERUSALEMME - La Difesa israeliana ha terminato con successo il test di missili balistici di difesa Arrow II. Il missile intercettore e' riuscito a distruggeere un altro missile lanciato da una nave in mare. Lo ha riferito una fonte della Difesa, spiegando che il test e' stato seffettuato per far fronte ad una eventuale minaccia diretta a Israele da Paesi del Medio Oriente. .

(AGI, 5 agosto 2012)

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Il presidente del comitato olimpico internazionale con la sciarpa dei palestinesi


Sarà per questo che non ha giudicato opportuno il minuto di silenzio per la strage di atleti israeliani fatta dai palestinesi a Monaco nel 1972?

(Notizie su Israele, 5 agosto 2012)

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Hezbollah offre aiuto al raìs traballante

di Fiamma Nirenstein

Uno dei mantra mediorientali è la necessità di conservare la pace in Libano, e a questo scopo ci serviamo di un oneroso contingente internazionale, l'Unifil. Ma la stabilità del Libano è un castello al cui interno sono già penetrati i guerrieri più sovversivi, gli Hezbollah, la milizia sciita filoiraniana, custode degli interessi della Siria di Assad, che a sua volta li ha rimpinzati di armi. Un recente articolo del giornale libanese Al Joumhouria racconta che Nasrallah avrebbe «messo a disposizione di Assad tutte le forze degli Hezbollah nel caso che il regime siriano abbia bisogno di urgente assistenza». Anzi: «Nasrallah ha offerto... due tipi di assistenza: le (sue) forze speciali, anche se per mandarli in battaglia in campo aperto a combattere i rivoluzionari »; e in secondo luogo, «Nasrallah ha invitato Assad nella sua residenza personale (un vero bunker ndr) o a incontrarsi nella ambasciata iraniana a Beirut, se necessario ». Sarà vero? Hezbollah e forze siriane sono state più volte individuati con gli uomini di Assad contro gli insorti; l'articolo rivela anche che prima della morte del ministro della Difesa Daoud Rajha gli Hezbollah avevano un piano militare per intervenire direttamente in supporto del regime dispiegando radar e missili nella valle della Beqaa e mandando 2000 uomini delle unità di elite.

(il Giornale, 5 agosto 2012)

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La comunità ebraica: «Ok alla Festa della Palestina, invitino anche noi»

«È un momento culturale». Lo scorso anno la rassegna «Unexpected Israel» subì una campagna di boicottaggio

di Maurizio Giannattasio e Annachiara Sacchi

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Maggio 2009 - Palestinesi a Milano  
MILANO - «Invitate anche noi alla Settimana della Cultura Palestinese». Mentre il centrodestra e la Lega vanno all'attacco del sindaco Giuliano Pisapia sui 120 mila euro stanziati per l'evento, la comunità ebraica accoglie positivamente la rassegna che si terrà dal 3 al 6 ottobre in vari luoghi della città e rilancia: «Ben venga tutto ciò che è cultura - spiega il neopresidente della Comunità ebraica, Walker Meghnagi -: condividiamo l'iniziativa del Comune. Mi auguro che sia un festival culturale e non trascenda in un incontro politico. Se venissi invitato non mi tirerei indietro». Sulla stessa lunghezza d'onda, Daniel Nahum, portavoce della comunità: «La considero un'iniziativa positiva visto che si tratta di cultura. Sarei molto contento se fossi chiamato a partecipare. Sono momenti che possono avvicinare i due popoli. Se arrivasse l'invito sarebbe un bel segnale». Dello stesso parere Ruggero Gabbai, consigliere pd e membro della comunità: «Bene qualsiasi iniziativa che possa far crescere il dialogo. Basta che non sia unilaterale. Io stesso parteciperò a una delle tavole rotonde».
Situazione completamente diversa rispetto a un anno fa, quando il Comune diede il via libera a «Unexpected Israel» in piazza Duomo. La kermesse israeliana finì al centro di una campagna di boicottaggio da parte delle associazioni filopalestinesi. Manifestazioni, appelli sul web e anche qualche minaccia sui siti antagonisti. Proprio in quell'occasione, Pisapia aveva annunciato il Festival palestinese: «Milano è una città accogliente e ospitale e non può in alcun modo diventare la sede in cui si riproduce uno scontro che da troppo tempo non trova una soluzione positiva e pacifica. Anche per queste ragioni la nostra città ospiterà Expo 2015 e continuerà a lanciare messaggi di pace e di dialogo. E dopo "Unexpected Israel", Milano ospiterà nei prossimi mesi un'iniziativa perché venga conosciuta la realtà attuale della Palestina».
Detto fatto. Nei primi mesi del 2012 un gruppo di associazioni - tra cui Arci, Teatro Verdi, Vento di Terra, Salaam Ragazzi dell'Ulivo, Camera del Lavoro, assieme al ministero della Cultura palestinese, alla Comunità Palestinese lombarda e alla Missione diplomatica palestinese - hanno proposto al Comune di sostenere la realizzazione di «Philastiniat» che coinvolgerà la Scuola d'Arte drammatica Paolo Grassi, la Statale, la Casa della Poesia, la Libreria Feltrinelli e il Cinema Anteo. Costo complessivo: 120 mila euro.
E proprio sulla cifra si è scatenata l'opposizione: «Una follia in un momento di crisi - attacca il segretario lombardo della Lega, Matteo Salvini -. Ci mancavano 120 mila euro a un centro ricreativo di sinistra per la Palestina. Presenteremo subito un'interrogazione parlamentare. Noi con quella cifra sistemeremmo per un anno una trentina di padri separati sulla soglia della povertà». «È uno schiaffo in faccia non agli ebrei ma ai milanesi - dice l'ex vicesindaco, Riccardo De Corato -. Se parliamo di qualche migliaia di euro è già troppo. Allora cosa bisognerebbe dare agli americani per il 4 luglio o ai francesi per il 14 luglio? Ancora una volta Pisapia è ostaggio della sinistra radicale».

(Corriere della Sera, 5 agosto 2012)

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L'olio "4 ORE" riceve la medaglia d'oro in Israele

  
MOIE (AN) - E' con profondo orgoglio che l'azienda moiarola Monte Schiavo - Tenute Pieralisi Srl Soc. Agr. annuncia la medaglia d'oro assegnata all'olio extravergine di oliva "4 ORE Frantoio - Leccino" al "Concorso Internazionale di Olio d'Oliva nel Mediterraneo Terra Olivo Jerusalem - Israel".
L'olio "4 Ore Frantoio - Leccino" è ottenuto da olive raccolte secondo i tempi tradizionali, di colore giallo verdino. Caratterizzato da note di frutta, mandorla acerba e cenni floreali, quest'olio combina un timbro dolce ad un discreto contributo di piccante, che si abbinano perfettamente a tutti i piatti della cucina mediterranea.
Il successo dell'olio "4 Ore" premia il costante ed attento lavoro del frantoio Monte Schiavo nel raccogliere e lavorare le olive, dando vita ad un olio che ha saputo conquistare anche palati "esotici".
Continua dunque il successo della Monte Schiavo, i cui riconoscimenti confermano il costante impegno dell'azienda nella produzione d'eccellenza.

(vini e sapori, 4 agosto 2012)

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Strage di Burgas - L’attentato anti-israeliano è stato organizzato all'estero

Lo sostiene un alto responsabile del ministero dell'Interno bulgaro

SOFIA, 4 ago. - L'attentato anti-israeliano all'aeroporto bulgaro di Burgas, che il 18 luglio ha provocato sei morti e una trentina di feriti, è stato organizzato all'estero. E' quanto ha dichiarato un alto responsabile del ministero dell'Interno bulgaro, sottolineando che la bomba è stata invece fabbricata in Bulgaria.
"Posso affermare con sicurezza che l'attentato è stato pianificato, organizzato e compiuto da persone che sono molto lontane dalla Bulgaria", ha dichiarato il capo di gabinetto del ministero, Kalin Georgiev, in una intervista concessa al giornale 24 Ore.
"Vengono, agiscono e ripartono", ha spiegato Georgiev senza precisare se potevano esserci stati dei complici locali. "Non si può parlare di terrorismo locale. Le persone che hanno preparato l'attentato non si sono servite di strutture criminali locali per la loro logistica", ha aggiunto.
Per contro, la bomba è stata probabilmente fabbricata in Bulgaria. "Non vi è nulla di particolare nella sua fabbricazione. I nostri esperti sostengono che non è stata fabbricata lontano", perchè sarebbe stata pericolosa da trasportare, ha precisato l'alto responsabile, aggiungendo che i suoi componenti erano dei prodotti facili da procurarsi legalmente in qualsiasi Paese.

(TMNews, 4 agosto 2012)

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Il Talmud di Scicli

SCICLI, 4 agosto - Da ieri è disponibile disponibile presso le migliori librerie della provincia di Ragusa il libro "Il Talmud di Scicli" di Massimo Melli, con il contributo di Aharon Nathan, per i tipi della Edizioni ilminutod'Oro.
Il Talmud, che in ebraico significa insegnamento, studio, discussione, è un commentario a fatti e temi di natura religiosa, scientifica e filosofica.
In questo caso si tratta di un saggio narrativo in cui storie e percorsi di vita danno il via fino a mescolarsi con dissertazioni filosofiche, scientifiche e religiose.
Gli autori, hanno voluto dedicare questa loro fatica a Scicli, non soltanto perché luogo fisico dei principali eventi ma soprattutto per una ragione storica che si scoprirà leggendo.

QUARTA DI COPERTINA:
A proposito di quel che dice il Talmud, una di queste sere ti inviterò a visitare Scicli, la città santa per l'ebraismo. Se è vero che chi salva una vita salva tutta l'umanità, Scicli ha salvato migliaia di vite umane ai tempi delle persecuzioni contro gli Ebrei.
Due vecchi amici, un cattolico italiano e un ebreo iracheno, intraprendono una complessa disputa teologico-scientifica sulla vita, sull'Universo, su Dio e gli strumenti da Lui usati nella Creazione. All'interno di una cornice di episodi che porteranno il lettore a conoscere realtà inusuali, germoglia una teoria scientifico-religiosa assolutamente originale che darà vita a un commentario, un "Talmud" appunto che gli autori hanno voluto dedicare a Scicli. Non senza una ragione.

(ondaiblea, 4 agosto 2012)

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Uxoricidio a Betlemme

La città cisgiordana di Betlemme è rimasta inorridita lunedì quando una donna è stata brutalmente pugnalata a morte, in pieno centro, dopo aver osato chiedere il divorzio da un marito che già in passato era ricorso a violenze. Ai funerali della donna - Nancy Zaboun, 29 anni, madre di tre figli piccoli - ha presenziato anche il governatore di Betlemme, Abdel Fattah Hemayel. Ma adesso anche le istituzioni palestinesi sono sotto accusa: perchè, secondo organizzazioni femminili, in passato avrebbero mostrato clemenza verso chi infierisce contro le donne, specialmente nel focolare domestico. La morte di Nancy poteva e doveva essere evitata, affermano le attiviste di un centro di assistenza di Betlemme. Sposata da dieci anni con ex ufficiale di polizia, Shadi Abedallah (32), la donna aveva denunciato ripetutamente di venire da lui percossa, al punto di necessitare cure mediche. Aveva così deciso di troncare il rapporto coniugale e domenica la sua richiesta di divorzio era stata finalmente presa in esame. Ma il giorno successivo Abedallah l'ha affrontata nella centrale via al-Madbasa (non lontano dalla Chiesa della Natività) e, secondo quanto riferito da testimoni, «l'ha sgozzata come un capretto». All'orrore per il delitto - avvenuto di fronte a numerosi passanti - sono seguite le proteste di gruppi femminili che hanno organizzato manifestazioni a Betlemme e a Ramallah, di fronte al Palazzo di Giustizia. «No alla violenza contro le donne» si leggeva in uno dei cartelli. E anche: «Palestinesi, vergogna per la uccisione delle nostre donne». Fra l'altro hanno chiesto al presidente dell'Anp Abu Mazen di indire una commissione di inchiesta. Dall'inizio dell'anno, secondo stime ufficiose, dodici donne sono state uccise in Cisgiordania all'interno del loro ambiente domestico. Attiviste per i diritti civili sostengono che in questi casi gli assassini hanno la fondata speranza di non essere puniti, o di ricevere pene relativamente miti. Turbata per l'accaduto, la ministra palestinese per le questioni femminili Rabiha Diab ha detto che l'assassino di Nancy Zaboun dovrebbe ricevere «una pena esemplare». Le istituzioni, ha aggiunto, devono sforzarsi di più per difendere le donne dalle violenze familiari. Abu Mazen, da parte sua, ha chiesto alle forze di sicurezza di garantire loro maggiore protezione. Colto in flagrante, Abedallah attende ora di conoscere la propria sorte. Secondo informazioni giunte a Ramallah, alcuni notabili starebbero già intercedendo a suo favore e discutendo una 'sulhà (conciliazione) fra la sua famiglia e quella della sua vittima: «per il bene - è stato spiegato - dei tre orfani».

(La Stampa, 3 agosto 2012)

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Però dovremmo essere un paese normale

di Deborah Fait

Qualcuno di voi, signore e signori, amici, ha mai ricevuto in regalo dal proprio governo una bella maschera antigas? State dicendo di no, vero? Vi viene anche un brivido di orrore al pensiero, vero? Bene, ieri ha suonato alla mia porta un baldo giovanotto, aveva un pacchetto in mano che mi ha consegnato dopo avermi fatto firmare una ricevuta. e se ne e' andato con un sorriso facendomi tanti auguri di buona giornata, "Yom Tov Lach". Gli avvisi sulla scatola di cartone marrone dicono "Do not open" , non aprire perche' potrebbe rovinarsi il contenuto, aprire solo su ordine dell' Esercito di Israele. Dentro il pacchetto che c'e'? Ormai lo avrete indovinato! C'e' la mia maschera antigas, la seconda che ricevo da quando sono venuta a vivere in Israele. Nel 2006 Zahal aveva fatto raccogliere tutte le maschere, 6 milioni di maschere, una per ogni abitante di Israele, quelle consegnateci nel 2001 quando c'era un forte pericolo di attacco contro Israele per vendicarsi dell'attacco USA all'Afghanistan, e, prima ancora, nel 1991 durante la guerra del Golfo. Dalle camere a gas, dopo 70 anni, ecco le maschere antigas.
   Eccoci sempre minacciati di genocidio, ieri dai tedeschi, oggi dagli arabi, domani.... vedremo. E poi dicono che dobbiamo essere un paese normale! Si certo, quale paese normale distribuisce ai propri cittadini da 0 a 100 anni delle maschere per non morire soffocati in caso di guerra con i propri vicini, i pacifici e gioiosi arabi? E lo sapete cosa contiene il kit? Oltre alla maschera, nera, brutta, spaventosa solo a vedersi, nella scatola c'e' anche una siringa pronta per essere usata in caso di guerra chimica, la dovreste prendere nel pugno e piantarvela nella coscia ma.... ma.... ma... se uno, preso dal panico, lo facesse e l'aria non fosse ammorbata dai veleni, morirebbe in ogni caso. La siringa deve essere usata solo in caso che i nostri vicini decidessero di mandarci antrace e altre carinerie del genere. Nel 2000 e' nato il mio primo nipote e quando lo abbiamo portato a casa dall'ospedale ci consegnarono un enorme pacco, regalo per il bimbo, conteneva una culla antigas. In caso di guerra avremmo dovuto mettere Jonatan la' dentro e rinchiuderlo ermeticamente.
   Pero' dovremmo essere un paese normale.
   Oggi piu' di 4 milioni di israeliani hanno ricevuto il nuovo kit... just in case ma quel just in case e' facile che accada. Dicono che la Siria abbia le armi chimiche e se le spara siamo fritti. Dicono che l'Iran ogni giorno ci minaccia di distruzione. Dicono che Hezbollah, mano terroristica dell'Iran, abbia gia' le armi chimiche nei suoi arsenali ma la cara vecchia Europa ha detto che Hezbollah non e' mica un'organizzazione terroristica, no non sono mica terroristi, no sono politici, anzi sono un'organizzazione umanitaria. Nel 1991, durante la guerra del Golfo, gli abitanti di Israele dovevano andare anche a fare la spesa col kit a tracolla, non potevano uscire di casa senza perche' le sirene potevano suonare da un momento all'altro. Saddam Hussein all'epoca colpi' Israele con 39 scud, per fortuna senza sostanze velenose all'interno delle bombe.
   Pero' dovremmo essere un paese normale.
   Ad oggi piu' di 4 milioni di cittadini hanno gia' ricevuto le loro bella maschere e a breve tutti le avranno, bambini, adulti, cani gatti, persino quelle preparate per le gabbie degli uccellini, persino quelle fatte in modo da contenere le barbe dei religiosi. Si, amici miei, poi dicono che dovremmo essere un paese normale. Ditemi, lo avete voi un opuscolo con tutte le regole che una famiglia deve osservare in caso di guerra? No vero? Invidiosi? E' un opuscolo pieno di simpatiche illustrazioni per salvarsi da un attacco nemico. Si, un paese normale. Ho messo la mia scatola marrone nell'armadio della camera da letto, sotto ai vestiti, pronta per essere aperta se qualcuno dei nostri vicini dovesse decidere che e' arrivata l'ora di una nuova definitiva Shoa'.
   Allora per primi dovranno essere messi in salvo i bambini e vi assicuro che sono terrorizzati, i bambini piangono, gli manca il fiato, c'e' chi soffre di asma e si sente soffocare, c'e' chi vomita per la paura ma nessuna pieta', tutti i bambini devono mettere la maschera. Poi gli adulti, i vecchietti, che devono essere aiutati come i bambini. E gli animali di casa. Infine rinchiudersi nella "camera della guerra" e aspettare col cuore in gola e le siringhe in mano, la radio accesa, quelle radio che funzionano anche in caso di guerra, in attesa di ordini di Zahal. E poi che la fortuna ci assista.
   Pero' dovremmo essere un paese normale.
   Sì, amici, ci dicono che dovremmo essere un paese normale. Con che coraggio ce lo dicono? Chi al mondo sa cosa si prova aprendo l'armadio alla vista di quella scatola? Chi sa cosa si prova quando si porta a casa un neonato che, oltre al talco e alle cremine, riceve anche una culla di plastica dove infilarlo e rinchiuderlo? Bene cambiamo argomento perche' voglio darvi una notizia.
    Parliamo della Siria dove Assad, l'assassino bastardo, sta sterminando i siriani. Ne ha ammazzati gia' centinaia di migliaia, forse non si sapra' mai il numero esatto, altre centinaia di migliaia cercano di scappare e il mondo si limita a dire "nu nu nu, Assad, smettila su mo' ". Bene, mentre il popolo siriano muore come le mosche, la moglie dell'assassino, Asma Assad (sì, lo so, per noi italiani Asma non e' un bellissimo nome ma quello ha la signora), e' a Londra dove riesce a spendere 420.000 dollari al giorno in mobili per il suo palazzo di Damasco. Vuole evidentemente imitare l'altra moglie, ormai, grazieaddio, vedova, la famosissima Suha Arafat che ha speso, e spende ancora, milioni di dollari nei negozi di Parigi, Londra, Tunisi, per distrarsi dalla vedovanza. Ehh sì, amici miei, le mogli dei dittatori arabi sono personcine a modo, piene di sensibilita', degne compagne dei loro mariti assassini.

(Informazione Corretta, 3 agosto 2012)

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L'esercito siriano colpisce un campo profughi palestinese, almeno venti morti

BEIRUT - Almeno 20 persone sono state uccise nel campo profughi palestinese di Yarmouk, a Damasco, dai colpi di mortaio sparati dall'esercito siriano fedele al presidente Bashar al-Assad. Lo ha riferito l'emittente 'al-Arabiya', citando attivisti locali.
Inoltre colpi di mortaio sparati dalla Siria sono caduti nelle ore scorse nella regione di Akkar, nel nord del Libano. Lo ha riferito l'agenzia d'informazione libanese 'Nna', precisando che i proiettili hanno sfiorato le citta' di Bireh e Kherbet Daoud, ma hanno colpito alcuni villaggi nei pressi del fiume an-Nahr al-Kabir. L'Nna non ha riferito al momento di eventuali vittime.

(Adnkronos, 3 agosto 2012)

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Donne palestinesi manifestano contro la violenza domestica

   
Con lo slogan "No all'uccisione delle mogli" donne palestinesi in Cisgiordania hanno espresso la loro opposizione alla violenza domestica. Per manifestarlo, ieri e l'altro ieri le donne sono scese in strada.

BETLEMME - In risposta al fatto che un uomo nel villaggio Batir, vicino a Betlemme, ha assassinato sua moglie, l'"Unione Generale delle Donne Palestinesi" ha organizzato due manifestazioni. Le donne hanno protestato condannando l'omicidio come "barbaro" e "disumano". Secondo l'agenzia di stampa "Ma'an", le donne hanno criticato anche la polizia palestinese dicendo che hanno ignorato le denunce di violenza domestica e maltrattamenti. Le manifestanti hanno anche invitato il presidente palestinese Mahmoud Abbas ad indagare sull'omicidio.
Due giorni dopo il delitto è stata organizzata la prima delle proteste. Ad una donna di ventinove anni era stato tagliato il collo. Poco dopo suo marito è stato arrestato. Oltre a questo, nelle ultime due settimane sono stati commessi altri quattro omicidi nella Striscia di Gaza e nella città di Tulkarem in Cisgiordania. Le 15 diverse organizzazioni femminili che hanno partecipato alla manifestazione hanno detto che questo aumento della violenza contro le donne deve finire. Chiedono a questo proposito leggi più severe, un trattamento più rispettoso delle donne e punizioni per coloro che attaccano le donne.
In futuro le associazioni vogliono organizzare altri eventi per risvegliare l'attenzione sulla violenza contro le donne. Chawla al-Azraq, dell'"Unione Generale delle Donne Palestinesi", dice che i palestinesi dovrebbero informarsi su questi fatti e assumersi la responsabilità di assicurare che tale violenza finisca.

(Israelnetz, 3 agosto 2012 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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Israele prevede le possibili perdite tra i civili in caso di guerra con Siria, Iran e Hezbollah

Gli analisti del ministero della Difesa israeliano hanno preparato una previsione delle possibili perdite tra i civili in una guerra contro il movimento libanese Hezbollah, la Siria e l'Iran, scrive Haaretz. Secondo questi dati nel conflitto contro Hezbollah e l'Iran Israele potrebbe perdere circa duecento civili. Nel caso la Siria entri in guerra guerra le perdite salirebbero fino a trecento persone. L'analisi è basata sulle stime del numero dei missili posseduti dai potenziali nemici così come dal livello di formazione e dagli errori commessi dall'esercito di Israele nelle precedenti guerre. In una possibile guerra molto dipenderà dall'intelligence e dai piloti militari. La prima dovrà identificare i siti da cui verrebbero lanciati i missili mentre ai secondi spetterebbe il compito di distruggerli.

(La Voce della Russia, 3 agosto 2012)

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"Turisti israeliani, lasciate il Sinai"

Invito delle autorità per il rischio terroristico

Tutti i cittadini israeliani sono stati invitati a lasciare "subito" il Sinai, la penisola egiziana. Vi sono indicazioni, secondo le autorità, di possibili attentati contro israeliani in quella regione.
Oltre ad attentati sarebbero previsti sequestri di persone. Attualmente sul Mar Rosso soggiornano centinaia di israeliani. Il Sinai, dopo la caduta del presidente egiziano Mubarak (che ha una residenza a Sharm el Sheikh) è meno difeso dall'esercito.
Nell'agosto dell'anno scorso nel sud di Israele erano state uccise 8 persone da un gruppo armato in un agguato. Lo Stato ebraico sta costruendo lungo il confine egiziano un muro allo scopo di scongiurare azioni terroristiche.

(RSI.ch, 3 agosto 2012)

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Netanyahu cala nei sondaggi, la protesta riparte

Nella settimana in cui il governo vara l’austerità

TEL AVIV, 3 ago - Nella settimana in cui il governo israeliano ha approvato un piano di austerità economica che comporta notevoli sacrifici per i salariati la popolarità del premier Benyamin Netanyahu (Likud) registra un netto calo e la protesta sociale torna a sollevare la testa. Secondo un sondaggio pubblicato da Haaretz, il 60 per cento degli israeliani non sono contenti dell'operato del loro premier. Si tratta di un record di malcontento nei suoi confronti, nota il giornale, in quasi quattro anni di governo. Anche la popolarità del suo partito registra una flessione. Se elezioni si svolgessero oggi il Likud riceverebbe 25 seggi su 120 alla Knesset (ne ottenne 27 nelle elezioni politiche passate), mentre il partito laburista all'opposizione balzerebbe a 21 seggi (rispetto agli 11 attuali). Haaretz collega questi umori negativi per il governo sia alla politica economica sia alle indecisioni mostrate da Netanyahu sulla questione del servizio di leva obbligatorio per gli ebrei ultraortodossi. Questo lo sfondo di una manifestazione di protesta che avrà luogo domani a Tel Aviv con il sostegno del movimento studentesco universitario, degli attivisti sociali e dei gruppi di pressione impegnati per l'arruolamento degli ortodossi nelle forze armate o almeno in servizi di pubblica utilità.

(ANSAmed, 3 agosto 2012)

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Angola-Israele: rapporto di apertura e amicizia

Visita in Israele del ministro degli Esteri angolano, Georges Rebelo Chikoti. Obiettivo della missione diplomatica il rafforzamento della cooperazione bilaterale, particolarmente sviluppata in campo agricolo e in quello della formazione. Il Presidente israeliano, Shimon Peres, in occasione del colloquio con Chikoti ha elogiato il lavoro del governo angolano, affermando di seguire "da vicino lo sviluppo economico, la stabilità nel paese e il processo elettorale attualmente in corso". L'Angola, ha detto Peres, è un paese "con un grande potenziale in ragione delle sue risorse naturali e delle capacità del suo popolo" ed è diventato un punto di riferimento in Africa e nel mondo per la crescita economica, superando le difficili condizioni determinate dalla lunga guerra civile. Chikoti ha ricordato che l'Angola ha raggiunto la pace al suo interno, anche con il sostegno di Israele, per questo i due paesi hanno la possibilità di costruire un rapporto pieno di apertura e di amicizia".
Il ministro degli Esteri di Israele, Avigor Lieberman, in occasione del suo incontro con l'omologo angolano ha espresso l'interesse dello Stato ebraico a divenire un membro osservatore dell'Unione Africana. Chikoti e Lieberman hanno analizzato la situazione internazionale, con particolare riferimento all'Africa e soprattutto alle aree di conflitto, dall'onda islamica in Mali alla situazione nella Repubblica Democratica del Congo. Chikoti ha visitato il museo della Shoah Yad Vashem e deposto una corona di fiori al memoriale dell'Olocausto.

(Orizzonte Duemila, 2 agosto 2012)

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Da Israele tecnologia contro i furti

Un esperto consiglia come proteggere la propria abitazione in periodo di ferie

di Andrea Ciappi

EMPOLI, 2 agosto 2012 - Alta tecnologia israeliana per proteggere case ed aziende se si va per qualche giorno in vacanza. Sono gli ultimi ritrovati quanto a sistemi d'allarme. Argomento più che mai d'attualità, non solo perché è agosto, ma anche perché da tempo l'Empolese è bersagliato da raid di ladri in ville, appartamenti, ed anche strutture turistiche (i casi più recenti nel comprensorio di Gambassi-Montaione). A fare il punto della situazione è Piero Quagli, della vigilanza Globo.
Le domande di partenza sono queste: come proteggere le proprie case ed aziende dalle "attenzioni" dei ladri? Quali sono i migliori accessori nel campo della sicurezza? "Ci possiamo difendere sempre di più con la tecnologia - afferma Quagli - cioè con un efficiente sistema d'allarme collegato col pronto intervento della vigilanza. In tal caso, i buoni risultati si vedono.
Ma non bisogna affidarci a sistemi d'allarme grossolani piazzati in modo fai-da-te. Quelli sono subito messi ko dai ladri. Occorrono sensori antirottura ed antisfondamento molto difficili da sabotare, con collegamenti immediati con le forze dell'ordine e le vigilanze".
Andando più nel dettaglio, prosegue Quagli, "c'è un sistema di origine israeliana, ma adesso in uso in molti Paesi d'Europa, per il quale se uno entra in giardino il sistema stesso misura il peso della persona, la identifica in base a determinati parametri fisici e l'allarme scatta se non sono congruenti a quelli di chi in quella pertinenza ha titolo per starci. Questo sistema è fatto di serpentine e sensori che si distribuiscono nella proprietà, pressoché impossibili da individuare e da neutralizzare da parte dei ladri. Ovviamente, però, anche in questo caso è bene completare la filiera, vale a dire il collegamento del sistema con le vigilanze. In Israele, Stato molto evoluto in materia di sicurezza, avevano studiato questi strumenti per circostanze di guerra e terrorismo".
Andiamo ora ai proprietari di case ed aziende, come si devono muovere in concreto? "Devono acquistare i sistemi d'allarme da persone qualificate e con alta professionalità. Servono sistemi dotati di batterie con ampia autonomia, che anche se sabotati riescono lo stesso a 'comunicare' con le centrali". E i costi? "Impianti hi-tech con diversi sensori anti-apertura ed anti-scasso, e di rilevamento di estranei, possono andare dai 1500 ai 2000 euro. E' anche un ottimo investimento, perché durano anni, addirittura decenni, con una buona manutenzione. C'è da aggiungere che l'installatore professionale offre reperibilità 24 ore su 24, e la vigilanza controlla tutto, se il sistema funziona oppure no. Con una spesa dai 40 ai 60 euro si collega il sistema d'allarme alla vigilanza ed alla pattuglia che può intervenire in qualsiasi momento. L'ausilio delle telecamere della videosorveglianza è prezioso, sempre che siano collegate alle centrali di controllo: possono arrivare le immagini in diretta, cosa che consente di intervenire rapidamente. E le immagini, molto nitide se realizzate con infrarosso, possono servire per le indagini delle forze dell'ordine. Non solo: le immagini stesse possono così arrivare anche al Pc in uso al proprietario, che da distanza può controllare quanto avviene attorno alla sua casa o all'azienda. Con questo sistema, noi delle vigilanze possiamo attuare, di tanto in tanto, delle video-ronde".

(La Nazione, 2 agosto 2012)

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Usa-Israele, no all'intervento militare in Iran

E' l'Iran il fulcro del meeting di mercoledi' tra Israele e Stati Uniti. Il segretario Usa alla difesa, Panetta, è stato accolto dal suo omologo, Barak.
Nel complesso scacchiere mediorientale, le strade della diplomazia occidentale portano a Teheran e all'annosa, irrisolta questione del nucleare.
Se l'Iran nega da anni lo sviluppo di armamenti, Israele denuncia costantemente la minaccia.
Una preoccupazione condivisa da Washington.
"Non voglio alimentare speculazioni - ha detto Panetta alla fine del meeting - su quello che faremo o che non faremo. La mia speranza è lavorare insieme a Israele, dal momento che abbiamo un obbiettivo comune: cioè impedire all'Iran di avere armi nucleari".
"Insieme al primo ministro israeliano - ha proseguito il segretario alla Difesa - credo che dobbiamo vagliare ogni ipotesi e ogni sforzo prima di scegliere un intervento militare. Questo è un punto importante".
L'Iran afferma che gli impianti nucleari presenti sul suo territorio siano destinati ad esclusivo uso civile, una versione che non ha mai convinto la comunità internazionale.
Se l'opzione militare non sembra probabile nell'immediato, il ministro israeliano Barak ha pero' precisato che un eventuale ricorso alle armi è comunque una decisione che spetta a Israele.

(euronews, 1 agosto 2012)

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Israele: servizio militare obbligatorio per tutti, anche per gli ortodossi

Niente più esonero militare per gli ebrei ultraortodossi. Dalla mezzanotte di martedì, anche loro possono essere chiamati al servizio militare, come il resto della popolazione israeliana.
Lo scorso febbraio, la Corte Suprema israeliana ha dichiarato incostutizionale la legge Tal, cioè quella che esonera gli ultraortodossi e permette agli studenti dei seminari un rinvio del servizio militare che in Israele dall'età di 18 anni è obbligatorio per tutti. 3 anni per gli uomini e 2 per le donne.
La decisione ha subito scosso il paese e innescato un acceso dibattito. Per gli israeliani laici e per una grossa fetta della società quella legge era ingiusta e discriminatoria nei confronti della maggioranza della popolazione. Da tempo in molti chiedevano questa modifica legislativa....

(euronews, 1 agosto 2012)

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Il progetto di portare a Napoli la mostra dell'artista Justin Peyser

NAPOLI- La Commissione Cultura, presieduta da Maria Lorenzi, ha incontrato questa mattina il Rabbino Capo rav Scialom Bahbout della Comunità Ebraica di Napoli e Francesca Pietracci, dell'Associazione Culturale Approdi, per discutere del progetto di realizzare una mostra dell'artista Justin Peyser presso uno spazio museale di Napoli. Presenti alla riunione l'Assessora alla Cultura Di Nocera e la dottoressa Silvana Dello Russo, Direttore centrale Cultura, Turismo e Sport. Justin Peyser, newyorkese di origine ebraica, ha sempre avuto attenzione per lo spazio in relazione all'architettura, ed è coinvolto nel restauro e nella riqualificazione di aree neglette della città di New York, come il Bronx.
Ha realizzato 10 grandi sculture che rappresentano personaggi misteriosi e senza volto, che simbolicamente rimandano alla diaspora del popolo ebraico: la mostra, intitolata "Diaspora", è attualmente allestita a Venezia ed ora potrebbe approdare a Napoli.Il progetto di portare a Napoli la mostra dell'artista newyorkese è stata accolta favorevolmente dalla Commissione e dall'Assessora Di Nocera; su suggerimento del consigliere Mansueto, la Commissione potrebbe, aderendo alla Settimana della Cultura Ebraica - che inizia la prima domenica di settembre - cogliere l'occasione per presentare la Mostra con la proiezione di un video. Si tratta del video a cura di Marco Agostinelli sul viaggio in nave delle sculture per arrivare a Venezia: lo stretto di Gibilterra, Algeri, Libia, Lampedusa, Grecia, Puglia, Albania, Dubrovnic. La location della Mostra potrebbe essere Castel Nuovo - con un percorso articolato tra le sale del Museo Civico - oppure il PAN.

(Napoli Village, 1 agosto 2012)

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Terrore ai Giochi

di Pio Pompa

Nessun minuto di silenzio è stato concesso dal Comitato olimpico internazionale per ricordare gli undici atleti israeliani uccisi da terroristi palestinesi alle Olimpiadi di Monaco del 1972. Di contro si è ceduto al ricatto della squadra libanese di judo che, rifiutandosi di allenarsi nelle vicinanze di atleti israeliani, ha preteso e ottenuto l'installazione di una barriera invalicabile di separazione "dai cani di Gerusalemme". Due lottatori libanesi di judo hanno sollevato il caso quando si sono accorti di essere stati collocati a poca distanza da cinque membri della squadra olimpica d'Israele. Il Comitato olimpico nazionale del Libano ha evitato commenti, ma una fonte mediorientale d'intelligence rivela al Foglio: "Dopo riscontri minuziosi, che hanno coinvolto colleghi di diversi servizi arabi e occidentali, abbiamo potuto accertare la presenza all'interno della delegazione olimpica libanese di elementi organici a Hezbollah che, unitamente a uomini della brigata iraniana al Quds, ne gestiscono e controllano il soggiorno nella capitale britannica". Dietro la sortita dei lottatori di judo libanesi c'è la regia di Teheran e del Partito di Dio. "Tant'è - continua la fonte d'intelligence - che lo stesso Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah, si sarebbe personalmente complimentato con i due judoka, promettendo loro un riconoscimento formale per il coraggio mostrato nel rifiutare di allenarsi a fianco del nemico". A Beirut era stato diffuso, in coincidenza della cerimonia di apertura dei Giochi e tramite un nuovo canale tv fondato da militanti fuoriusciti da al Jazeera, un video inedito sulla cattura, il 12 luglio 2006, dei due sergenti israeliani, Eldad Regev e Ehud Goldwasser, feriti durante l'attacco di un commando Hezbollah nel nord d'Israele. L'operazione a Londra e il video fanno parte del messaggio di guerra rivolto a Gerusalemme da Teheran e dal Partito di Dio: siamo in grado di colpirvi dove e quando vogliamo. La tracotanza cresce quanto più ondivago appare l'occidente nei confronti dell'offensiva terroristica e mediatica contro Israele. "Una tracotanza - aggiunge il nostro interlocutore - che non ha impedito al leader di Hezbollah di rimuovere, vigliaccamente, dal video le immagini dell'assassinio a sangue freddo dei sergenti, nonostante fossero gravemente feriti".

(Il Foglio, 1 agosto 2012)

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Ricordare, partecipare

di Francesco Lucrezi

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Credo di non essere stato il solo, tra i lettori di questo notiziario, di fronte allo spettacolo della inaugurazione delle Olimpiadi di Londra, a essermi sentito diviso tra contrastanti sentimenti. Da una parte, il desiderio di partecipare, come tutti, a quella che vorrebbe essere una grande festa dell'umanità unita, l'idea di un mondo accomunato nel nome degli ideali olimpici di fratellanza, lealtà, solidarietà. I volti sorridenti dei giovani atleti, provenienti dai cinque continenti, non potevano non suscitare una spontanea simpatia umana, rievocando antiche, ingenue speranze di un futuro migliore per l'intera famiglia umana. Allo stesso tempo, come dimenticare che quella grande festa era stata organizzata nel segno di un eloquente, tristissimo rifiuto, quello di rivolgere un pensiero di commemorazione a dei giovani atleti trucidati, quarant'anni fa, proprio nello scenario olimpico, sfregiato e insanguinato in nome di un odio cieco e bestiale? Un rifiuto odioso, ma non certo sorprendente, se buona parte dei Paesi membri del CIO continua a non volere Israele nelle varie competizioni internazionali, asiatiche e mediterranee. Israele non esiste, nella politica, nella geografia e nello sport: i suoi atleti, da vivi, non devono giocare, e, da morti, nono sono mai esistiti, e non vanno commemorati. Ed è ricominciata puntualissima, d'altronde, la disgustosa buffonata degli sportivi 'islamici' che rifiutano il contatto con i "nemici sionisti": ieri gli judoka libanesi hanno chiesto un paravento che li separasse, durante l'allenamento, dai ripugnanti mostri - richiesta, ovviamente, immediatamente esaudita -, ed è stata immediatamente smentita, con sdegno, la dichiarazione di un responsabile iraniano, secondo cui i suoi atleti non rifiuterebbero il confronto. Certo, le Olimpiadi non sono soltanto questo, ma sono anche questo: meglio fare finta di niente, e godersi le gare in santa pace, invece di farsi il sangue acido, come sempre?
Di grande consolazione, in questo triste scenario, la manifestazione "Just one minute", che, il giorno prima dell'inaugurazione, ha visto spontaneamente riuniti, in tante città del mondo, alla stessa ora, gruppi di liberi cittadini, spinti a incontrarsi unicamente dal desiderio di ricordare i nomi di quegli undici atleti a cui fu impedito di gareggiare e di vivere, e di dire alle loro famiglie e al loro Paese che non tutti li hanno dimenticati, che il mondo non è solo il regno dell'odio, della viltà, dell'indifferenza.
Una vera perla di umanità e nobiltà d'animo la lettera di compiacimento che è stata inviata al Presidente del CIO, Jacques Rogge - per la sua scelta di non commemorare le vittime del '72 - da Jibril Rajoub, Presidente dell'Associazione calcistica palestinese, secondo il quale "lo sport deve fungere da ponte per favorire l'amore, i legami e l'amicizia fra i popoli, e non deve essere utilizzato come fattore di separazione e di disseminazione di razzismo fra i popoli". Complimenti. Per l'ennesima volta, l'ANP ha dato eloquente dimostrazione della sua interpretazione dei concetti di 'amore' e 'amicizia'. Almeno, un contributo alla chiarezza. Da parte, si badi, dei 'moderati' dell'ANP, non certo dei 'duri' di Hamas.
Comunque, c'è poco da fare, la richiesta di Israele è stata respinta, il CIO, e il mondo, hanno dimostrato, ancora una volta, da che parte stanno, quelli di "Just one minute", senza dubbio, sono una minoranza. L'ANP ha ragione di essere soddisfatta. Anche se forse, sempre in nome dell'amore e dell'amicizia fra i popoli, avrebbero gradito una commemorazione - del tipo di quelle che vengono regolarmente celebrate in Palestina, per casi analoghi - dei terroristi autori della strage di Monaco. Ma, forse, sarebbe stato chiedere un po' troppo.

(Notiziario Ucei, 1 agosto 2012)

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La polizia bulgara diffonde un'immagine del kamikaze di Burgas

Un'immagine ricostruita al video mostra un ragazzo con pelle bianca e occhi chiari.

SOFIA, 1 ago. - La polizia bulgara ha diffuso un'immagine ricostruita al video del sospetto autore dell'attacco kamikaze in Bulgaria costato la vita a cinque turisti israeliani, all'autista bulgaro del bus e allo stesso attentatore suicida. L'immagine mostra un giovane uomo dalla pelle bianca, occhi chiari, folta capigliatura castana scura e una fronte ampia. "Il viso del kamikaze all'aeroporto di Burgas è stato ricostituito con l'aiuto di tecnologie moderne e sulla base di dati disponibili", ha annunciato il ministero degli Interni.
Il ministero "ha chiesto ai cittadini" di comunicare tutte le informazioni legate all'uomo della foto". I resti della testa e delle gambe del kamikaze sono stati ritrovati dagli inquirenti dopo l'esplosione della bomba, avvenuta il 18 luglio davanti a un autobus che doveva trasportare turisti israeliani dall'aeroporto di Burgas (est della Bulgaria) a una località balneare sul Mar Nero.
Gli inquirenti dispongono delle impronte digitali e genetiche del sospetto kamikaze, che però non figurano in alcuna banca dati dei servizi segreti di tutto il mondo.

(TMNews, 1 agosto 2012)

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Rassegna stampa su Israele

di Emanuel Segre Amar

La notizia del giorno è la lettera inviata, tramite canali diplomatici, dal presidente egiziano Morsi al presidente israeliano Peres; una breve del Corriere la esalta con parole come: "mano tesa ad Israele da parte di Morsi" e solo alla fine cita la precedente inviatagli da Peres al momento dell'elezione, per di più dimenticando la seconda inviatagli più recentemente in occasione dell'inizio del ramadan. Non sembra un buon metodo di informare da parte del primo quotidiano italiano. Perfino Michele Giorgio riferisce delle due lettere di Peres, anche se poi si lascia andare a parole di riconoscimento dell'esistenza di Israele da parte dei Fratelli Musulmani e di un loro invito alla moderazione fatto ai capi di Hamas. Aggiunge Giorgio che Morsi dovrà prestare attenzione massima solo ai problemi interni del paese, dimenticando che l'esperienza insegna che, proprio per coprire i momenti difficili interni si è preferito, nel passato, agire contro il nemico sionista. Nessun giornale italiano riporta che in Egitto si nega che tale lettera sia stata scritta, come è ampiamente riportato dai media israeliani.
   Come osservava ieri Ugo Volli, nella stampa di casa nostra la visita del candidato repubblicano Romney in Israele ha avuto piccolissima eco; oggi non se ne parla più, ma lo fa un articolo del Wall Street Journal. Dopo aver ricordato la dura reazione palestinese alle parole di Romney, l'articolista osserva che, in campo democratico, si ricorda un Carter che considerava Israele stato di apartheid. Più sfumata, almeno fino ad un'eventuale rielezione, è la posizione di Obama, che, nei momenti del bisogno, compie gesti e pronuncia parole di amicizia verso Israele. Più che la vicinanza spirituale a personaggi come il reverendo Wright, il rabbino di estrema sinistra Wolf o il professor Khalidi, la sua posizione sarebbe dettata dal considerare intimamente che Israele occupa la terra d'altri, controlla i soldi d'altri, gestisce i diritti d'altri; Obama vorrebbe rivedere Israele, membro dell'Internazionale Socialista, tornare, in tutti i sensi, alla situazione pre '67. Al contrario Romney crede intimamente che Israele si è creato il proprio successo con le proprie mani, così come i palestinesi si sono creata la loro difficile situazione attuale.
   Due articoli sul Figaro ritornano sulla morte di Arafat; in uno la vedova Suha, in un'intervista, si presenta come la brava vedova e madre, un po' ingenua, che ora si è decisa ad intervenire per rispondere alle sollecitazioni di tanti amici. Nell'altro articolo si evidenzia che tracce di polonio sono facilmente riscontrabili in natura, e se a distanza di tanti anni queste sono ancora riscontrabili sugli indumenti intimi e sul pigiama, significa che al momento della morte queste sarebbero state 500.000 volte più forti. Ma ciò avrebbe comportato una forte anemia che gli esami ematici dell'epoca non hanno riscontrato, così come non sono stati evidenziati problemi midollari che non avrebbero potuto mancare. In Italia riprende questo tema E. St. su La Stampa.
   La settimana scorsa elogiavo il coraggio di Cremonesi, inviato in Siria, e, dalla lettura dei quotidiani di oggi, lo stesso coraggio va riconosciuto a Domenico Quirico e, soprattutto, a Daniele Ranieri. Sul Foglio Ranieri illustra dal vivo una situazione che ricorda l'armata Brancaleone: se un ribelle si accorge di avere la propria pistola inceppata, cerca di rimetterla in funzione agitandola e cercando di sparare fuori del finestrino dell'auto che intanto sta guidando in mezzo a persone e cose. Se si incontra una casa scoperchiata, non si deve pensare subito ad un bombardamento effettuato dai velivoli di Assad, ma anche alle bombe magari esplose anzitempo mentre venivano maneggiate senza perizia. Il nord contadino sembra essere schierato comunque contro il regime, indifferentemente dal credo delle famiglie, come reazione ad una pesante interferenza del regime nella vita contadina. Infine, in questo interessante articolo pieno di verità ignote si legge che quando i ribelli hanno bisogno di aiuto per compiere una azione complessa, chiamano gli uomini di al-Qaeda che, ben organizzati, sono in grado di compiere vere azioni militari. Anche M. Bernabei su Rinascita scrive che al-Qaeda è l'unica forza organizzata in Siria con forze arrivate da paesi stranieri con l'intento di creare uno stato islamico e non uno stato siriano.
   Al Cairo l'anziano al-Maleh è stato incaricato di formare un governo provvisorio, ma alcune fazioni (Gian Micalessin sul Giornale) gli hanno già opposto il proprio rifiuto. L'altro inviato italiano, Domenico Quirico, racconta le scene quotidiane che si vedono nel grande ospedale di Aleppo dove si vive e si muore nelle condizioni più drammatiche per tutti, medici (coadiuvati da veterinari), feriti e semplici rifugiati. Discutibile appare quando afferma che i ribelli non combattono un jihad e fanno festa agli occidentali.
   Paolo G. Brera su Repubblica scrive che l'Assemblea generale dell'ONU, e non il Consiglio di Sicurezza, si appresta a votare documenti che non possono essere impediti dal veto russo e cinese, ma che non avranno potere coercitivo. Brera aggiunge che anche a Damasco si sta ricominciando a sparare. mentre tutta la popolazione civile è rimasta senza più nulla da mangiare e senza la possibilità di fuggire. Possibilità di fuga che, per i disperati che sono riusciti a raggiungere la Turchia, viene ora resa ancor più difficile, come scrive Mirko Molteni su Libero, dalla barriera fatta di reticolati e telecamere che la Grecia sta erigendo sul confine con la Turchia europea.
   E' sempre difficile comprendere a caldo la corrispondenza tra le parole dei media ed i fatti reali; ieri il Tg della RAI ha intervistato la madre del carabiniere rapito in Yemen che ha negato che la fidanzata dell'italiano abbia ricevuto sms, ma oggi questo viene tranquillamente scritto da Gianandrea Gaiani su Libero che si domanda anche come mai un responsabile della sicurezza della nostra ambasciata andasse in centro città da solo (a fare shopping?).
   Da seguire nei prossimi giorni la notizia scritta su Tempo da Mau. Pic. che vorrebbe il capo dell'intelligence saudita, nominato appena il 19 luglio, ucciso da un commando forse siro-iraniano.
   Pio Pompa, raccogliendo come spesso fa informazioni confidenziali, scrive sul Foglio che gli atleti libanesi, protetti da Hezbollah, che hanno rifiutato di allenarsi in prossimità degli israeliani, saranno premiati al loro ritorno in patria; nell'articolo scrive anche, sempre parlando di Hezbollah, che il video della cattura dei due sergenti israeliani di pattuglia presso il confine libanese, avvenuta nel 2006, è stato tagliato nelle scene che mostrano l'uccisione a sangue freddo dei due uomini feriti.
   Infine Elena Doni su l'Unità dedica un articolo ad un'orchestra di giovani palestinesi che sta compiendo un tour in Italia; il titolo "Note di pace per resistere" preannuncia parole che sarebbe facile poter condividere se questa fosse la realtà sul terreno. Nel testo si può leggere, a proposito degli orchestrali: "fino al 1948 le loro famiglie vivevano in Palestina". Queste parole hanno oggi un significato politico che non era corrispondente alla realtà di quel periodo storico.
   
(Notiziario Ucei, 1 agosto 2012)

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