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Notizie ottobre 2011

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La fabbrica delle bugie trasforma i killer in eroi

di Fiamma Nirenstein

Gli italiani che leggono parte della stampa italiana non sapranno mai come sono davvero andati gli scontri che hanno coinvolto Israele e Gaza nelle ultime ore. Quasi tutti i media hanno fatto lo stesso: accusare Israele come fosse un demone assetato di sangue. Si chiama "blood libel" vecchio stereotipo antisemita. La notizia nei titoli e nei pezzi (vedi Repubblica di ieri) è che gli israeliani si sono avventati su Gaza, l'hanno bombardata e hanno fatto cinque morti. Tutto per qualche scalcinato "razzo"caduto sul sud d'Israele. La verità è diversa: Israele ha subito un attacco missilistico su un milione di abitanti del sud, comprese le città di Ashod e Ashkelon. I missili sono ormai quasi tutti Grad, lunga gittata e precisione di tiro. Ne sono caduti più di cinquanta in due giorni su una popolazione da giorni chiusa in casa, in cui le scuole sono chiuse, gli ospedali zeppi, gli uffici e i negozi inattivi. Un padre di quattro figli è stato ucciso dentro casa, i feriti sono decine. Israele invece non ha mirato sulla popolazione di Gaza, ma sulla cellula che ha sparato e sulle armi. Non si devono fermare gli assassini quando si avventano sugli innocenti?Gli ebrei devono morire in silenzio nel loro Paese? La disinformazione su Israele è un colossal mediatico: ci hanno raccontato che Mohammed Al Dura, il bambino-icona palestinese, è stato ucciso dai soldati, e pare sia morto di fuoco palestinese; che a Jenin fu perpetrata una strage, ma il numero di palestinesi uccisi pareggia quello dei soldati, che gli israeliani sparavano sulle ambulanze in Libano e invece erano buchi confezionati per i fotografi.. Per rispetto del lettore, la leggenda dei poveri palestinesi perseguitati deve finire. Sono gli Israeliani a essere perseguitati con i missili.

(il Giornale, 31 ottobre 2011)

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Tunisia, mandato di arresto per la vedova di Arafat

TUNISI - Le autorità tunisine hanno emesso un mandato di arresto internazionale per Suha Arafat, vedova dello scomparso presidente palestinese Yasser Arafat, nell'ambito di un'inchiesta per corruzione relativa alla famiglia Ben Ali, che è stata per decenni al governo.
Lo ha riferito il ministero della Giustizia.
Suha Arafat ha trascorso molta parte della sua vita in Tunisia e per molti anni è stata vicina alla moglie dell'ex presidente Zine al-Abidine Ben Ali, costretto a fuggire nel gennaio scorso a causa della rivoluzione dal paese nordafricano.
"La Tunisia ha emesso un mandato di arresto nei confronti della signora Arafat sul sospetto che sia coinvolta in casi di corruzione finanziaria con la famiglia della moglie di Ben Ali", ha detto Shokri Nafti, portavoce del ministero della Giustizia.
La famiglia Arafat stabilì rapporti con la Tunisia nel periodo in cui l'Organizzazione per la liberazione della Palestina venne esiliata e trasferì il suo quartier generale a Tunisi tra gli anni 80 e i primi anni 90.
Dopo la morte del leader palestinese nel 2004, la vedova ricevette il passaporto tunisino ed è stata vista di frequente nel paese con la moglie di Ben Ali, Leila Trabelsi, ex parrucchiera i cui parenti hanno ottenuto il controllo di buona parte dell'economia.
Suha Arafat è stata poi spogliata della nazionalità tunisina ed espulsa nel 2007, dopo una lite con Leila Trabelsi.
Dall'inizio della rivoluzione, i magistrati hanno perseguito decine di persone legate alla ex first lady con l'accusa di corruzione.
Il tribunale ha anche condannato in contumacia Ben Ali e la moglie per appropriazione indebita, possesso di droga e armi e corruzione. I due hanno sempre respinto le accuse.

(Reuters, 31 ottobre 2011)

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Israele: Steinitz preoccupato per il 2012

«Siamo preoccupati per il 2012». Lo ha dichiarato il ministro delle Finanze israeliano, Yuval Steinitz, il quale, commentando i dati invero positivi dell'economia dello Stato ebraico nel 2011, ha tuttavia sottolineato: «La nostra barca dell'economia e dell'impiego non è affondata, ma siamo minacciati da nuvole nere che si raccolgono all'orizzonte e dalla tempesta che ci circonda».
Il riferimento esplicito è alla delicata situazione in cui versano i mercati europei e quello statunitense, segnati dall'incertezza. «Per il 2011 - ha spiegato il ministro - avremo una crescita pari al 4.8% (3.8% secondo la Banca d'Israele, ndr). Stiamo completando il nostro secondo anno di crescita significativa, particolarmente buona soprattutto in confronto a quello che sta accadendo nelle economie europee e negli Stati Uniti. Crescita rapida significa basso tasso di disoccupazione. Finora i segnali sono positivi». Ma un cambio di passo potrebbe non essere lontano, ha messo in guardia Steinitz. «Siamo preoccupati per il 2012. Intorno a noi registriamo una crisi che va peggiorando rispetto all'inizio del 2011. Negli ultimi sei mesi, le previsioni ottimistiche si sono dissolte, mentre Usa e Europa sono tornate a uno stato di grave crisi, senza miglioramenti nel campo dell'occupazione. L'economia dell'Europa occidentale ha collassato».

(FocusMO, 31 ottobre 2011)

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Colloqui per la costruzione di un impianto elettrico in Israele

di Marcelllo Berlich

Kyryat Gat
Secondo quanto si è appreso nei giorni scorsi, ICP, facente capo a Israel Corporation, sarebbe in una fase avanzata dei negoziati per l'acquisizione di Tzomet Energy, e per realizzare un grande impianto elettrico, che dovrebbe sorgere vicino la località di Kyryat Gat, nel nord del Negev.
La realizzazione dell'impianto porterà secondo le stime la capacità produttiva di
Israel Corp. a 1.244 megawatt, pari al 10 per cento circa della capacità produttiva complessiva dello Stato di Israele; l'acquisizione in corso dovrebbe inoltre consolidare la posizione di Idan Ofer, azionista di controllo della compagnia, quale maggiore produttore privato di energia in Israele.
Tzomet Energy è una joint venture costituita da Rapac Communication and Infrastructure Ltd. e Dalkia Israel Ltd., facente a sua volta capo a. Veolia Environnement SA. La stessa Dalkia è peraltro partner di OPC con una quota del 20 per cento nella centrale da 437 megawatt realizzato a Mishor Rotem, vicino Dimona.

(Portalino.it, 31 ottobre 2011)

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Attrazione a New York: una pietra del Muro del Pianto

Una pietra del Muro del Pianto di Gerusalemme è l'attrazione dei visitatori di una mostra che ha aperto questo fine settimana presso il Dibkbri Museum di New York. I visitatori come tradizionalmente fanno a Gerusalemme possono lasciare nelle fessure i bigliettini con preghiere, invocazioni, ringraziamenti.
La pietra pesa tre tonnellate ed è stata spedita da Gerusalemme a New York. Non è stata tolta dal Muro, ma faceva parte di reperti trovati negli scavi vicino al Muro del Pianto. Il titolo della mostra è "The Dead Sea Scrolls - vita e la fede nella Bibbia" , organizzata dal Consolato israeliano a New York, il Ministero Israeliano del Turismo e delle Antichità e espone anche 20 Morto Rotoli della Bibbia che sono stati trovati nel deserto della Giudea quattro dei quali non sono ancora stati divulgati al pubblico. Si possono anche ammirare 500 reperti archeologici che fanno parte della collezione archeologica israeliana più grande mai presentati al di fuori di Israele. La mostra rimarrà a New York fino ad aprile per poi raggiungere Londra .

(FocusMO, 31 ottobre 2011)

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L'Unesco ha accettato la Palestina come membro

GENOVA - La conferenza generale dell'Unesco ha accettato, pochi istanti fa, l'adesione della Palestina come membro a pieno titolo dell'organismo. L'organizzazione è quindi diventata «la prima agenzia Onu ad accogliere la Palestina come membro a pieno diritto».
Israele potrebbe unirsi agli Stati Uniti nella decisione di sospendere i finanziamenti all'Unesco ora che l'adesione dello stato di Palestina all'organizzazione delle Nazioni Unite è avvenuta. È quanto ha riferito all'agenzia "France Presse" Nimrod Barkan, l'ambasciatore israeliano presso l'Unesco. I palestinesi hanno raggiunto i 2/3 dei voti dei 193 stati membri dell'Onu e hanno visto riconoscersi il pieno ingresso nell'agenzia delle Nazioni Unite per Scienza, Educazione e Cultura .
L'adesione della Palestina sarebbe un passo «prematuro e controproducente», lo ha detto il sottosegretario Usa all'istruzione, Marta Kanter. Fonti diplomatiche a Parigi spiegano che gli Usa si oppongono all'adesione della Palestina all'Unesco anche invocando una legge interna americana, che prevede di sospendere i finanziamenti ad ogni organismo Onu che accetti l'ingresso di uno Stato che non è riconosciuto internazionalmente. Il contributo Usa rappresenta un quarto del bilancio totale dell'Unesco. «Se lo dovessero tagliare sarebbe una mazzata», dicono fonti interne all'organismo, auspicando che l'amministrazione del presidente Barack Obama trovi una soluzione.

(Il Secolo XIX, 31 ottobre 2011)

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In memoria della Shoah e dei giusti d'Italia

di Rita De Angelis

  
Il 12 marzo del 1996 io e mio padre abbiamo avuto l'onore di ricevere il riconoscimento dall'ambasciatore israeliano a Roma, e il ringraziamento dei figli degli ebrei salvati da mio nonno, tra i quali un signore molto anziano che mi ha mostrato le lettere che mio nonno si era incaricato di fare recapitare all'epoca alla sua famiglia insieme ai soldi che lui aveva inviato. È stato veramente un grande gesto, e solo allora ho capito la grandezza della cosa e penso che non lo dimenticherò mai.
Il 27 gennaio si celebre il ricordo della Shoah, il genocidio degli ebrei perpetuato dai nazisti a partire dal 1938. La loro colpa: essere di un'altra "razza". Nel 2000 l'Italia ha istituito la Giornata della memoria, aderendo alla proposta internazionale di celebrarla nell'anniversario dell'apertura dei cancelli di Auschwitz, il 27 gennaio 1945, un'occasione per raccontare nuovamente al mondo l'immane sterminio
Nel libro "I Giusti d'Italia" i non ebrei che salvarono gli ebrei si parla degli ebrei salvati dagli italiani tra il 1943 ed il 1945. La ricerca è nata allo Yad Vashem, il museo e centro di ricerca israeliano dedicato alle vittime dell'Olocausto, e curata in Italia da Liliana Picciotto. Una ricerca ispirata al grido di dolore di Primo Levi al suo ingresso in Auschwitz .
In questo libro si rende merito al macellaio del Ghetto, Enrico De Angelis, mio nonno, che il giorno della deportazione, salvò 42 ebrei, nascondendoli dietro la saracinesca del proprio negozio di macelleria.
La stessa cosa avvenne in un altro paese d'Italia, Cotignola in provincia di Ravenna, in cui altri 40 ebrei vennero salvati. Quelle persone non ebree salvarono gli ebrei dallo sterminio e dalla deportazione rischiando la propria vita e senza trarne alcun vantaggio personale. Nobili espressioni di resistenza civile al nazifascismo. Puri atti di eroismo in un momento in cui la coscienza collettiva si era smarrita. Il libro contiene 385 storie, raccontate senza fronzoli ed in maniera semplice, che non devono essere dimenticate, ma ricordate, in memoria di un genocidio razziale che ha segnato per sempre in maniera negativa il mondo e gli uomini.

(Agora Vox, 31 ottobre 2011)

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Pellegrinaggi italiani in Israele, trend in ripresa

C'è la percezione di una lieve ripresa nella domanda di pellegrinaggi dall'Italia verso Israele. La conferma arriva da Tzvi Lotan, direttore dell'Ente del turismo israeliano in Italia. "Dopo un 2010 che ha raggiunto il record di arrivi e i primi mesi del 2011 che hanno confermato questa tendenza, abbiamo assistito a un calo progressivo, legato probabilmente al timore generato da eventi esterni come le rivolte in alcuni Paesi arabi", ha detto il direttore. Gli arrivi dall'Italia al momento si assestano intorno a -25% e "prevediamo di chiudere l'anno con la stessa percentuale", ha detto il direttore. Le prospettive per il 2012 parlano di una ripresa dei flussi, incoraggiati anche dall'aumento della domanda di pellegrinaggi in Terra Santa, che in termini di arrivi dall'Italia rappresenta il 65% di share.

(TTG, 31 ottobre 2011)

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Il ruolo del rabbino, in Ariostea

L'autore di "Rabbini" dialoga con Rav Luciano Meir Caro

FERRARA - Mercoledì 2 novembre alle 17 nella sala Agnelli della biblioteca comunale Ariostea (via Scienze 17), per il ciclo 'Invito alla lettura' sarà presentato 'Rabbini' (Edizioni Laterza 2011) di Gadi Luzzatto Voghera.
Nel corso dell'incontro l'autore dialogherà con il Rabbino della Comunità Ebraica di Ferrara Rav Luciano Meir Caro. L'evento è a cura della libreria Sognalibro.
Il libro presentato è un'opera che mette in luce la complessità della figura del rabbino capace di riunire in sé sapere giuridico, pensiero scientifico, creatività letteraria insieme alla cura e alla custodia della tradizione israelita.
L'autore, unendo le prospettive storica e geografica, ha ricercato dove e quando l'istituzione del Rabbino ha assunto ruoli di guida della comunità ebraica e in quali modi, secondo quali condizionamenti e limiti ha esercitato ed esercita tuttora la propria funzione.

(Ferrara24Ore, 31 ottobre 2011)

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Lancio di un razzo Grad su Ashdod

Solo otto ore è durata la tregua tra Israele e Gaza, e subito sono ricominciati i tiri di razzi e di obici dalla striscia di Gaza; questa volta le città colpite sono state Ashdod e Asquelon, mentre un razzo sparato in direzione di Beersheva è stato bloccato dal sistema anti-missili.
Il video mostra i risultati di un razzo appena caduto, nella notte, su Ashdod.
A causa della situazione di pericolo, 200.000 bambini non sono stati mandati a scuola in molte città che distano fino a 40 chilometri dalla striscia di Gaza.




(Juif.org, 30 ottobre 2011 - trad. Emanuel Segre Amar)

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Fa pena lo sceicco che offre un milione per un nuovo Shalit

di Fiamma Nirenstein

Che pena quando a fronte di tante aspirazioni che noi pretendiamo si levino dal mondo arabo con la loro primavera, di fatto ci si deve accorgere che quella più evidente, quella più pubblicizzata è sempre la stessa: far fuori qualche ebreo, aggredire Israele. È la migliore di tutte le pubblicità, venghino venghino signori e signore. Adesso, dopo che alla restituzione di Gilad Shalit ha corrisposto il rilascio di 1027prigionieri palestinesi, quasi tutti con le mani lorde di molto, molto sangue innocente, si sa che Hamas e sottovoce anche Fatah hanno seguitato a promettere qualche altro rapimento, così da soddisfare l'inesausto desiderio di avere altri assassini a casa. Ma chi ha voluto battere tutti nel mettere energia in questo invito è lo sceicco saudita Khaled Bin Talal Bin Abdelaziz, che ha promesso 900mila dollari a chi rapirà un bel soldato israeliano nuovo di zecca per procedere ad altri indegni commerci di carne umana. Perché 900mila? Perché c'è un altro sceicco che aveva promesso di già 100mila dollari, e così insieme uno si può fare un bel milioncino tondo. Un degno obiettivo secondo Khaled Bin Talal, uno dei 7000 membri della famiglia saudita regnante, evidentemente cercava un modo di mettersi in vista, e .. oh si che l'ha trovato.

(il Giornale, 30 ottobre 2011)

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Condannata ex soldatessa per aver passato documenti alla stampa

Anat Kam
Quattro anni e mezzo di carcere: questa la condanna inflitta sabato dal tribunale distrettuale di Tel Aviv alla ex soldatessa Anat Kam, giudicata colpevole di aver prelevato duemila documenti delle forze armate (in parte segreti) e di averli in seguito passati al quotidiano Haaretz. La Kam, secondo i giudici, ha agito sulla spinta di motivazioni ideologiche, nell'intento di mettere in cattiva luce il comportamento delle forze armate in Cisgiordania. Kam - che nel frattempo si è congedata dalle forze armate e ha intrapreso a sua volta una carriera giornalistica - è stata riconosciuta colpevole di aver Copiato segretamente migliaia di documenti negli anni 2005-2007, quando fungeva da segretaria nell'ufficio del comandante delle forze armate israeliane in Cisgiordania, gen. Yair Naveh.

(Falafel Cafè, 30 ottobre 2011)

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Tornano gli "indignados"

In 30mila manifestano a Tel Aviv

Nuove proteste in Israele contro il carovita e le ingiustizie sociali. Trentamila "indignados", secondo una stima degli organizzatori, hanno manifestato a Tel Aviv e in altre località. La ripresa della protesta avviene alla vigilia della seduta del governo che approverà una serie di incentivi fiscali al fine di alleviare al costo della vita. Misure che non sono considerate sufficienti da parte dei precari.

(TGCOM.it, 30 ottobre 2011)

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Arnoldo Foà: 95 anni e mi ricordo quella volta che piansi

"Quando finì la seconda guerra mondiale tornai ad essere me stesso, con il mio nome e cognome. Non ero più un ebreo, non ero più Puccio Gamma"

di Francesca Gambarini

La voce è roca e dolce. Altro che burbera. Sempre sorniona, identica a quella che quarant' anni fa divertiva ospiti e telespettatori a Ieri e oggi, la storica trasmissione Rai di cui YouTube conserva incredibili spezzoni. E incanta ancora, come incantavano i suoi recital di poesia, da Ariosto a Neruda. Arnoldo Foà, 95 anni, colonna portante del sistema spettacolo italiano, una storia fatta di migliaia di ore passate sul palcoscenico, dietro una cinepresa, in uno studio televisivo, al telefono è rilassato e si diverte come un ragazzino che gioca con la nave dei ricordi. Il Festival internazionale del cinema di Roma lo celebra tra pochi giorni con un documentario (il 31 ottobre proiezione speciale alla Casa del cinema, ore 15), diretto da Cosimo Damiano Damato e prodotto da Marcello Corvino. Il titolo è di quelli definitivi: lo sono il teatro.

- Esagerato?
  Un po' sì (scoppia a ridere di gusto, quasi gorgheggia, ndr)! Però è vero: io mi sento il teatro. Ragazzi, il teatro è una cosa seria. È la vita. Non è quella cosa che si prova per divertirsi. Uno per fare l'attore deve conoscere prima se stesso e poi deve aver conosciuto il mondo. Non saprei dire in quale altro modo si diventa attori. Devi averlo dentro. Guardi che non è una cosa banale quella che le sto dicendo.

- No, certo ... E a lei come venne in mente di fare questo mestiere?
  Avevo 14 anni e mezzo quando ci pensai la prima volta. A 18 da Firenze, dove vivevo e studiavo, andai a Roma, al Centro sperimentale di cinematografia. Mi buttarono fuori nel 1938, per la razza, perché ero ebreo. Che poi è strano: io sono ebreo di famiglia, ma sono sempre stato ateo. Comunque sia, piansi tanto quella volta. Pianse anche il direttore della scuola. Ci volevamo bene. Ma io non potevo più recitare.

- Si è mai pentito di aver scelto il palcoscenico?
  Ho amato tanto il mio mestiere, con tutti i suoi problemi. Fare l'attore è un sacrificio, che crede? Uno pensa che è solo recitare o dirigere, ma in mezzo ci sono la guerra, i momenti in cui non lavori, gli impresari pasticciani e quelli disonesti, le incomprensioni. A un certo punto ho capito che da certi teatri ero escluso per questioni politiche. Mi sono detto: "Bene, vuol dire che sono un artista indipendente, che i miei testi non sono inutili e non scorrono via come l'acqua".

- Chi è il vero attore per Foà?
  Ce ne sono due tipi. I bravi attori e gli attori-sole. Sole nel senso che quando entrano in scena illuminano, scaldano e riempiono la sala di una tale meraviglia che non ci si può credere. Un bravo attore si può sempre trovare. Ma di quegli altri ne nascono davvero pochi in un secolo.

- Qualche nome ...
Totò: era uno serio. So che dire così di un comico fa ridere, ma io l'ho stimato tanto anche per questo. Si lavorava bene con lui. E poi Renzo Ricci e Salvo Randone, classe fatta a uomini. E Vittorio Gassman, sì certo. Poi, forse ... forse Foà (ride di nuovo, una risata tenera e forte)!.

- Con i big del teatro milanese, Paolo Grassi e Giorgio Strehler, come andò?
  Male. Non eravamo sulla stessa strada, non riuscimmo ad accordare i nostri strumenti. Che vuole? Capita.

- E con gli stranieri?
  Con Alain Delon e Jean Paul Belmondo ci si capiva subito. Con Delon eravamo ancora più intimi, perché mi è sempre piaciuto lavorare con persone molto intelligenti. Come Orson Wells: forse era un uomo un po' complicato, ma un vero genio.

- Negli anni Sessanta è stato consigliere comunale per i radicali a Roma. Lo rifarebbe?
  Mai. Trovo che in politica ci siano molto più egoismo e violenza oggi rispetto ad allora. Parliamo di un sistema che non si occupa dei cittadini ma pensa solo a se stesso. lo queste cattiverie non le comprendo. E poi, dov'è finito il rispetto per la cultura? I politici sono i primi a non averlo. L'Italia senza la cultura non è niente, non è per niente un paese interessante. Se ne vada chi sta al governo, si recuperi la memoria di un paese che è senza testa. Lo devono fare i giovani: chi se no? lo lo devo fare?

- Ma se Berlusconi le proponesse un programma di teatro in tv, a Canale 5?
  Qualsiasi cosa Berlusconi proponga, io non ci sento. Me lo levi di torno, questo Berlusconi.

- Ha progetti per l'anno nuovo, sta scrivendo qualcosa?
  Mi sono fermato. Non ho lasciato niente di incompiuto e niente voglio iniziare. Voglio solo vivere senza dolori, vicino ad Anna (Procaccini, la sua quarta moglie, sposata undici anni fa, ndr).

- A teatro ci va ancora?
  Teatro? Abbia pazienza, per me è una scocciatura serale più che un divertimento.

- Il suo erede?
Non c'è bisogno di eredi. C'è bisogno che le nuove generazioni coltivino la memoria per imparare dal passato, non per emularlo, e soprattutto per inventare un futuro.

- Che cosa legge la sera prima di dormire?
  Un bel niente. Alla mia età ... Ma se devo scegliere, torno da Dante. Che è il mondo, la perfezione, la consolazione.

- Il suo ricordo più vivo?
  L'emozione provata quando fu annunciata la fine della seconda guerra mondiale. Da quel momento sono tornato a essere io, Arnoldo Foà, con il mio nome e cognome. Non ero più un ebreo, non ero più Puccio Gamma. Avevo accettato quel compromesso perché volevo e dovevo lavorare. Ma tornare a essere me stesso è stata una gioia grandissima.

(il Fatto Quotidiano, 30 ottobre 2011)

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Religioso saudita offre 100.000 dollari a chi rapisce un soldato israeliano

  
Awad al-Qarni
Una settimana dopo il rilascio del soldato israeliano rapito Gilad Shalit, l'eminente religioso saudita dr. Awad al-Qarni ha offerto una ricompensa di 100.000 dollari a chi rapisce soldati israeliani.
Con questo intende rispondere ad un annuncio pubblicato dalla famiglia Libman che ha offerto una ricompensa simile per chi cattura la persona che ha ucciso il loro parente Shlomo Libman. Libman è stato ucciso dai terroristi vicino alla colonia di Yitzhar nel 1998.
Ufficiali dell'esercito israeliano hanno ordinato di evitare i sequestri, anche a costo della vita del soldato.
Hamas promette di rapire altri soldati.
"La stampa ha riferito che i coloni sionisti pagheranno enormi quantità di denaro a chi uccide i prigionieri palestinesi liberati", ha detto al-Qarni. "In risposta a questi criminali dichiaro al mondo che ogni palestinese che riuscirà a catturare un soldato israeliano e lo scambierà con prigionieri sarà ricompensato con un premio di 100.000 dollari," ha scritto sulla sua pagina Facebook.
Il messaggio di Al-Qarni è stato già ripreso ed esteso più di 1.000 volte in giornali affiliati ad Hamas in Gaza.
Al-Qarni è spesso ospite in trasmissioni televisive e gestisce il suo personale sito web in cui discute di varie questioni di diritto religioso. L'argomento Palestina-Islam gli sta particolarmente a cuore.
Nel frattempo a Gaza il ministro di Hamas Fathi Hamad ha ammesso che il ritiro di Israele dalla Striscia ha permesso ad Hamas di nascondere Gilad Shalit per tanto tempo.
In un'intervista con il quotidiano libanese as-Safir, Hamad ha detto che la "campagna militare a Gaza ha abolito qualsiasi accordo di sicurezza con Israele e la liberazione della Striscia ci ha permesso di nascondere Shalit per cinque anni".
Hamad ha sottolineato che Izz al-Din al-Qassam, ala militare di Hamas, 'è riuscito a tenere prigioniero Shalit nonostante i tentativi israeliani di liberarlo ed ha ammesso che hanno pagato un prezzo pesante per tenere prigioniero Shalit.
"Ecco perché l'affare è un trionfo per il popolo palestinese e per gli abitanti di Gaza che hanno sacrificato 600 vite umane durante la prima risposta di Israele all'audace rapimento."

(ynet news, 25 ottobre 2011 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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Un giornale: «Tel Aviv pensa a un intervento contro l'Iran»

TEL AVIV - Rafforzato sul fronte interno dallo scambio di prigionieri con Hamas che ha riportato a casa il militare Ghilad Shalit, il premier israeliano, Benyamin Netanyahu, torna a rivolgere lo sguardo allo scottante dossier iraniano.
E fra le voci critiche cresce l'allarme sulla possibile tentazione d'una "avventura militare" contro la minaccia nucleare attribuita a Teheran. A evocarne per ultimo lo spettro è stato ieri, sull'intera prima pagina, il diffuso quotidiano Yediot Ahronot che - sotto il titolo "Pressione atomica" - sottopone ai lettori un angosciante interrogativo: "È possibile che Netanyahu e (il ministro della difesa) Ehud Barak abbiano deciso a quattr'occhi, malgrado l'opposizione dei responsabili della difesa e senza un dibattito pubblico, di attaccare le istallazioni nucleari in Iran forse già prima dell'inverno?". Il pezzo, firmato dal celebre columnist Nahum Barnea, non offre risposte definitive. Eppure il giornalista sostiene che effettivamente "Netanyahu e Barak appaiono come coloro i quali spingono verso un attacco". Ancora mesi fa la popolarità di Netanyahu, assediato dai venti della protesta sociale degli "indignati", era precipitata ai livelli minimi. Ma il discorso tenuto alle Nazioni Unite alla fine di settembre (per ostacolare la richiesta di Abu Mazen di garantire alla Palestina la piena adesione all'Onu) e soprattutto lo scambio di prigionieri con Hamas sembrano aver avuto un effetto balsamo. Rivitalizzando gli indici del consenso, anche a beneficio del suo partito (Likud, destra). Due recenti sondaggi confermano che, se le elezioni politiche si svolgessero adesso, il Likud tornerebbe a essere di gran lunga il primo partito (con 33-37 seggi sui 120 della Knesset, rispetto ai 27 conseguiti nel 2009).

(Corriere Canadese, 29 ottobre 2011)

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Con Getonic di Tel Aviv gli artisti vendono direttamente su Facebook

di Francesca Caputo

Ormai nel modo del Web 2.0 - grazie a numerose piattaforme sviluppate da imprese come BandCamp e TopSpin - gli artisti riescono sempre con maggiore frequenza a bypassare i ciruiti ufficiali di etichette discografiche e canali di distribuzione, innescando un rapporto commeriale più diretto (e sicuramente più redditizio) con i propri fan, tramite il "negozio" incorporato nel sito Internet dell'artista, da cui poter acquistare download, cd, biglietti, merchandising e altri prodotti.
Ora, una soluzione ancora più innovativa e immediata, arriva da una start up di Tel Aviv che ha aperto Getonic, un sito ancora in fase beta, il cuiwidget permette di effettuare l'acquisto direttamente dalla bacheca di Facebook, eliminando ulteriori passaggi intermedi.
Brenden Mulligan di OneSheet l'amministratore delegato della società israeliana Amit Or, ha spiegato questo progetto: "Volevamo dare alle band l'opportunità di incontrare i fan nel luogo in cui si trovano invece di ridirigerli altrove. Oggi la gente è impaziente e non ha voglia di cliccare su un link che la porta su altri siti per ascoltare la tua musica. Così abbiamo creato un widget grazie al quale l'intero processo, dall'ascolto di un sample all'acquisto, accade in un posto solo".
Getonic inoltre permette delle modalità di pagamento molto più comode.
Infatti alternativa a PayPal, l'utente può farsi addebitare il costo direttamente sul telefono cellulare evitando quei lunghi processi di "check out" che spesso scoraggiano il completamento dell'operazione di acquisto".
La società israeliana Amit Or, ci tiene a sottolineare che: "Questa soluzione è di gran lunga la preferita dal pubblico. Dal momento che molte persone, e soprattutto i più giovani, non hanno accesso a una carta di credito, i pagamenti via cellulare sono al momento decisamente preferiti a quelli tramite Paypal. In futuro pianifichiamo di aggiungere nuove opzioni di pagamento, come ad esempio i crediti su Facebook".
Inoltre un'altra particolarietà innovativa di Getonic è il ruolo attivo dato ai fan che - cliccando sulla sezione "shop" o attivando l'applicazione "Partners Program" disponibile sulla pagina Facebook degli artisti iscritti al servizio (già diverse migliaia) - possono diventare rivenditori della musica dell'artista preferito, contribuendo a diffonderne la conoscenza attraverso la sua rete di contatti e di conoscenze in cambio di una percentuale di ogni singolo incasso.

(sonirika.com, 29 ottobre 2011)

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Manifestazione a Bengasi per chiedere l'applicazione della Sharia

Jalil: La Sharia sarà in futuro la principale fonte di legislazione della Libia. Intanto il CPI conferma «contatti informali» con Saif al Islam.

BENGASI - Più di duecento uomini hanno manifestato a Bengasi (est) per chiedere che la sharia (legge islamica) sia la base della legislazione della nuova Libia.
«Il Corano è la base e la nostra costituzione deve essere basata sulla sharia», hanno sottolineato i manifestanti raccolti a Piazza della Liberazione, da dove è partita a metà febbraio la contestazione popolare che è diventata un conflitto armato e ha messo fine a 42 anni di regno ininterrotti di Muammar Gheddafi. «Siamo un Paese musulmano e la nostra costituzione deve riflettere le nostre credenze religiose», ha dichiarato Ahmed al Moghrabi, che guida la preghiera in una moschea di Bengasi. «Sono i nostri uomini che hanno fatto la rivoluzione, non l'Occidente», ha aggiunto.
«Sotto Gheddafi, (la sharia) non era applicata ufficialmente, ma nelle nostre case la seguiamo, dunque le nostre mogli sono già abituate»: lo ha affermato Sabri Ali, uno degli organizzatori del raduno. «In Libia, ci sono tanti trentenni e quarantenni che non sono ancora sposati. E ci sono migliaia di vedove che hanno perso il marito al fronte contro Gheddafi. Potranno inoltre ricominciare una nuova vita», ha proseguito, facendo allusione alla poligamia, autorizzata dall'islam ma solo sotto determinate condizioni in Libia.
Jalil: La Sharia sarà in futuro la principale fonte di legislazione - In occasione della proclamazione della «liberazione» totale della Libia domenica sulla piazza di Bengasi, tre giorni dopo la morte di Muammar Gheddafi, il presidente del Consiglio nazionale di transizione (Cnt), Mustafa Abdel Jalil, ha ripetuto che la sharia sarà in futuro la principale fonte di legislazione. Queste dichiarazioni hanno suscitato preoccupazioni, principalmente nei Paesi occidentali e fra le donne, che temono conseguenze per i loro diritti.
Il CPI conferma «contatti informali» con Saif al Islam - Il procuratore della Corte penale internazionale, Luis Moreno-Ocampo, ha confermato «contatti informali» tra il tribunale e il figlio del Colonnello Gheddafi Saif Al-Islam, in merito a una sua ipotetica resa all'Aja.
«Abbiamo dei contatti in via informale con Saif Al Islam tramite alcuni intermediari», ha dichiarato il procuratore della Cpi, che lo vuole processare per crimini contro l'umanità. «L'ufficio del procuratore gli ha detto molto chiaramente che se si consegnerà alla Cpi, avrebbe il diritto di essere ascoltato davanti alla corte e sarà considerato innocente fino a prova contraria».
Secondo una fonte tuareg, Saif al Islam sarebbe entrato nel territorio del Niger e sarebbe entrato in contatto con i vertici delle forze armate del Niger nell'area di Agadez.

(Diario del Web, 29 ottobre 2011)

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In Israele calcio sempre più arabo

TEL AVIV - Il calcio israeliano e' sempre piu' arabo. Lo si avverte ovunque: nei campi di periferia, fra le squadre giovanili, nei club di serie A e anche nella Nazionale bianco-azzura con la stella di Davide. Le statistiche di quest'anno sono eloquenti. Gli attaccanti piu' in vista - Wissam Amasha e Ahmed Saba - sono arabi. Dei dieci attaccanti israeliani piu' prolifici, quattro sono arabi. Dei 192 goal realizzati finora in serie A, 39 sono stati frutto dell'estro di giocatori israeliani non ebrei.

(ANSA, 28 ottobre 2011)

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Il ritorno nella Terra dei Cedri

Intervista a Scialom Bahbout, rabbino capo di Napoli e di tutto il Meridione

di Maria Natalia Iiriti

BELVEDERE MARITTIMO (CS) - Il ritorno nella Terra dei Cedri: questo il tema dell'incontro promosso dal Dipartimento Educazione e Cultura dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, dalla Comunità ebraica di Napoli e da Shavè Israel che si terrà a Belvedere Marittimo in provincia di Cosenza dal 28 ottobre al primo novembre. Quattro giorni per incontrarsi, pregare e riflettere sulla realtà dell'ebraismo meridionale, costruire i presupposti per la rinascita di una comunità. La Calabria ha radici ebraiche molto profonde che affiorano nelle tracce epigrafiche e nelle testimonianze storiche. La sinagoga ebraica di Bova Marina restituita da testimonianze archeologiche, la prima opera in ebraico stampata a Reggio Calabria, il campo di internamento di Ferramonti di Tarsia durante la seconda guerra mondiale, Santa Maria del Cedro, località dove i rabbini di tutto il mondo si danno appuntamento per scegliere i cedri migliori per celebrare la festa delle capanne. "La presenza ebraica in Italia è sempre stata modesta, ma ha un profilo di continuità di oltre 2200 anni, continuità che non si è mai interrotta", afferma Sergio Della Pergola, docente universitario presso l'Università di Gerusalemme e esperto della diaspora del popolo ebraico "Il marchio di fabbrica degli Ebrei italiani è quello di avere avuto la tenacia di restare". Nel 1170 l'83% della popolazione ebraica si concentra proprio al Sud: i numeri sfiorano il 71% nel 1491, alla vigilia dell'espulsione degli Ebrei dai domini spagnoli. Lo Shabato previsto a Belvedere nasce dal desiderio della comunità ebraica calabrese di tornare ad un ebraismo vissuto. Oltre ai momenti di spiritualità comunitaria è previsto l'approfondimento di vari temi, quali la storia degli Ebrei in Calabria, proposte e progetti per lo sviluppo dell'ebraismo nel Sud e una visita a Santa Maria del Cedro.
Abbiamo posto alcune domande a Scialom Bahbout, rabbino capo di Napoli e di tutto il Meridione.

Scialom Bahbout
- Qual è il senso che si può dare a questo ritorno?
  In ebraico ritorno si dice teshuvà che significa sia ritorno che pentimento e ritorno all'antico stato. In effetti gli ebrei di Calabria sono solo in parte ebrei immigrati nel territorio calabro. Nella maggior parte dei casi si tratta di persone che sono di lontana origine ebraica, discendenti di quegli ebrei che in seguito all'editto di Isabella di Spagna nel 1492 si erano formalmente convertiti al Cristianesimo per sfuggire al rogo o alla persecuzione o semplicemente per non dovere emigrare alla ricerca di altre terre più ospitali. Ciò che meraviglia è il fatto che siano riusciti a mantenere "residui" di identità ebraica a distanza di cinquecento anni.

- Com'è nato questo ritorno?
  Ritengo che sia stato decisivo il fatto che già alcuni anni or sono (correva il 2004), assieme ad alcuni volenterosi ed entusiasti, creammo una piccola Comunità a Trani, una città con una storia culturale ebraica molto importante. Alcuni calabresi hanno partecipato alle prime riunioni a Trani e poi ad altre riunioni organizzate in Sicilia da rav Stefano Di Mauro. Da qui è stato breve il passo per organizzare attività e riunioni religiose, nonché per chiedere la restituzione di un una antica "sinagoga" alla rinascente comunità ebraica.

- Può farci qualche esempio di usi mantenuti dai "marrani"?
  In molte famiglie hanno mantenuto alcuni riti come l'uso di accendere i lumi del sabato al venerdì, magari in cantina o in un armadio; l'uso di non mangiare alcuni alimenti oppure gli usi legati al lutto. Molto spesso era la madre che prima di morire svelava al figlio che loro erano di origine ebraica.

- Vi sono stati casi di gruppo clamorosi?
  Il caso più noto è quello presentatosi anni fa al rabbino capo di Roma, Elio Toaff, che fu chiamato dal rabbino di Liegi in Belgio per chiedergli se gli risultava che esistevano ebrei in Calabria: un gruppo di minatori calabresi si era infatti presentato in Sinagoga e sosteneva che erano ebrei. Rav Toaff fece una verifica e alla fine concluse che si trattava di "marrani", cioè di ebrei convertiti al cristianesimo che avevano ricevuto l'ordine tassativo di non rivelare che erano ebrei fin tanto che si trovavano in Calabria: il divieto cessava una volta usciti dal proprio territorio. Questo gruppo fece ritorno al popolo ebraico e poi emigrò in Israele.

- Quali sono gli elementi che permettono a una persona di capire se è di origine ebraica?
  Direi innanzi tutto i cognomi, ma spesso, a causa dell'uso di trasmettere il nome dei nonni ai nipoti, anche i nomi propri. Poi naturalmente la presenza di usi "strani" e non spiegabili sulla base di usi locali. I nomi non sono sempre molto chiari: a volte si deve fare una vera e propria analisi storica sul cognome per capire se può essere ricondotto a origini ebraiche. Certamente ci sono migliaia di persone di origine ebraica, ma com'è noto, per l'ebraismo, l'ebraicità si trasmette attraverso la madre e non il padre. Quindi anche quando si intuisce che c'è una lontana origine ebraica, una persona che voglia tornare all'ebraismo deve attraversare un periodo di studio e di partecipazione alla vita comunitaria, esattamente come chi chiede di abbracciare l'ebraismo.

- Quali prospettive ci sono per la costituzione di una Comunità ebraica in Calabria?
  Per il momento si tratta di piccoli nuclei, ma sembra che altre famiglie stiamo riscoprendo le proprie radici: il mondo della comunicazione odierno facilita il ritorno proprio in quanto permette di fare entrare in contatto persone che altrimenti non avrebbero occasione di incontrarsi. Da una realtà virtuale si può poi passare in tempi più o meno lunghi a una realtà concreta.

- Come giudica questo fenomeno nel 150o anno dalla costituzione dell'Unità d'Italia?
  L'unità d'Italia è un processo che è costato (e costa tuttora) molto. La separazione nord - sud è un argomento che ha occupato tutti i governi dall'Unità in poi. La caratteristica delle comunità ebraiche è quella di essere in stretta e continua relazione le une con le altre. Il flusso da sud a nord e viceversa avrebbe certamente a insaldare l'unità d'Italia: gli ebrei avrebbero potuto fare da "cerniera" e soprattutto avrebbero potuto contribuire allo sviluppo economico del Paese. Purtroppo l'espulsione del 1492 ha reso impossibile tutto ciò e quando i Borboni intorno al 1830 chiamarono i Rothschield per raddrizzare l'economia del regno era oramai troppo tardi. Considerata la crisi strutturale dell'economia nel meridione, penso che una maggiore presenza dell'imprenditoria ebraica non potrebbe che giovare allo sviluppo.

Programma dello Shabaton
    
(Calabria Ora, 28 ottobre 2011)

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Apple nei guai per l'applicazione antisemita

di Tommaso Caldarelli

Scoppia la polemica in Francia: il database delle personalità giudaiche finisce in tribunale

"Ebreo o non ebreo?": questo il titolo di un'applicazione sviluppata per l'AppStore versione francese e fino a qualche tempo fa liberamente scaricabile su iTunes. Si trattava essenzialmente di un database ben organizzato in cui si poteva capire quale dei nomi noti, liberamente ricercabili grazie ad un motore interno, fosse di ascendenza giudaica: nel database, moltissimi famosi di Francia, fra cui il presidente della Repubblica Sarkozy ("nonna ebrea"), Dominique Strauss-Kahn, notoriamente di religione ebraica, e altri VIP di cui venivano messi in ordine tutti i parenti e i legami ebraici. Chiaramente discutibile dunque l'impianto stesso dell'applicazione, che si proponeva di offrire agli utenti un rapido e veloce sistema per individuare gli ebrei. E perché mai dovrebbe interessare all'utente medio?

EBREO O NON EBREO - L'applicazione è stata rimossa dall'Apple Store alla prima denuncia della Lega Antirazzista francese: l'applicazione "si basava su una caratteristica etnica o religiosa, il che è illegale in Francia". "Juif ou pas juif" è stata così rimossa dal mercato francese ed europeo: ma, scrive Le Monde, "è ancora liberamente scaricabile nel resto del mondo". Il che per la Licra, la suddetta lega antirazzista, è inaccettabile: ovvero, scrive il quotidiano francese, il ritiro dal mercato francese "è solo il primo passo"; e una causa presso il tribunale parigino è già stata incardinata dall'avvocato Daniel-Olivier Kaminski. "Ci rallegriamo del ritiro", dice Kaminski, ma il punto è e resta l'intenzione di "sradicare completamente" l'applicazione da tutto il territorio francese: "Esiste ancora, e resta accessibile in Francia da parte dei clienti che l'hanno scaricata prima che venisse ritirata dalla vendita". Insomma, riassume Le Monde, quel che viene chiesto ad Apple è quantomeno "innovativo", visto che Cupertino dovrebbe rimuovere a distanza l'applicazione dagli apparecchi dei clienti, "senza alcun avviso" nei loro confronti. "Tecnicamente non c'è problema" ad agire in questo modo: farebbe fede una dichiarazione di Steve Jobs del 2008, che aveva sostenuto la possibilità per Apple di entrare liberamente negli apparecchi di tutto il mondo.

LA CAUSA - Apple oppone dei contro-argomenti legali.

Secondo la legge francese, chi ospita un contenuto illecito è responsabile solo se si rifiuta di sopprimerlo dopo essere stato avvertito - e non è questo il caso. Apple afferma che ci si debba rivolgere all'autore dell'applicazione, perché, per contratto, è il solo responsabile del contenuto, e deve assicurarsi lui stesso che non violi alcuna legge.

Inoltre, e prevedibilmente, "la distruzione a distanza" di un contenuto è una violazione clamorosa del diritto di proprietà, visto che si tratta di entrare senza neanche chiedere il permesso dentro il dispositivo di una persona che ha scaricato l'applicazione per sua libera scelta. "I più anziani si ricorderanno di un periodo nero della nostra storia; i più giovani si rivolteranno contro l'apparizione in Francia di file discriminatori dal punto di vista religioso o etnico", dice ancora l'avvocato, probabilmente ottimista in materia. Ma c'è una caratteristica particolarmente interessante: lo stesso creatore dell'applicazione, Yohan Levi, è ebreo. "Ho creato l'applicazione per la comunità ebraica", dice.


Come si vede dal video di France 3, le associazioni rappresentative della comunità ebraica sembrano non aver gradito.

(Giornalettismo, 28 ottobre 2011)

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Nove milioni di israeliani derubati dell'identità

GERUSALEMME - Secondo alcuni è il furto di dati anagrafici più massiccio della storia; e il sospetto è che possa essere servito a qualche setta di zeloti per vagliare la purezza ebraica di aspiranti sposi (o spose). Nove milioni di cittadini israeliani sono stati derubati delle loro identità, l'intera popolazione del Paese (7,5 milioni di persone) e oltre un milione di defunti.
Numeri di documenti personali, indirizzi, date di nascita, stato di famiglia, parentele, liste elettorali: l'anagrafe d'Israele è stata violata e ridotta a un colabrodo. La razzia virtuale è avvenuta nel 2006, ma solo questa settimana il ministero della Giustizia ha reso nota la vicenda, annunciando l'individuazione dei supposti colpevoli.
Il principale indiziato è un ex impiegato a tempo determinato del ministero degli Affari Sociali. L'uomo era all'epoca incaricato della sicurezza dell'archivio: ora, invece, deve rispondere dell'accusa di aver trafugato e rivenduto circa seimila giga-bytes di materiale. Non è ancora chiaro l'intero panorama delle finalità dell'operazione, mentre sulla dinamica gli inquirenti sembrano piuttosto sicuri. Il funzionario, sostengono, avrebbe passato le informazioni copiate a un suo amico, ebreo religioso, il quale le avrebbe a sua volta girate a un compagno di studi conosciuto tra i banchi di una yeshiva (scuola talmudica) di Gerusalemme.
Dopo altri passaggi di mano, le informazioni sono finte fra l'altro, forse in modo fortuito, sul desk di un programmatore, che le ha usate per creare un programma - chiamato `Agron 2006‘ e approdato qualche tempo dopo in rete - in grado di offrire agli utenti di verificare (a pagamento) l'albero genealogico di ogni cittadino israeliano. Non è escluso, però, che i dati carpiti siano stati usati anche ad altri scopi. In tutto, sei persone sono state incriminate per la diffusione e l'utilizzo delle informazioni rubate.
E molti di loro sono ebrei osservanti ortodossi. I media nazionali si interrogano ora su questo dettaglio - la marcata caratterizzazione religiosa della combriccola - e c'è chi ipotizza che all'interno della comunità dei cosiddetti timorati (gli haredim) vi fossero ambienti interessati in particolare alla possibilità di indagare «il tasso di ebraicità» degli israeliani. In vista, per esempio, di futuri matrimoni (che in Israele sono obbligatoriamente religiosi). Il processo dovrebbe poter chiarire anche questo aspetto inquietante; per ora, gli inquirenti si sono limitati a fornire comunque informazioni generiche, rivelando che i dati sono stati utilizzati da ‘`privati cittadini, uomini d'affari‘` e da ‘`soggetti potenzialmente ostili‘`.
«La diffusione di certi dettagli personali - ha spiegato un portavoce della polizia - può rendere in effetti molto semplici frodi, furti e falsificazioni, a danno della sicurezza dei cittadini».
La consapevolezza di simili minacce ha suscitato nel Paese un acceso dibattito sull'opportunità di dotare lo Stato ebraico del previsto archivio biometrico, la cui sperimentazione dovrebbe partire entro fine anno. Questo nuovo schedario della popolazione conterrebbe infatti informazioni personali ancor più delicate del registro anagrafico: le impronte digitali, per esempio.
E oggi voci note del mondo della politica e della società civile ne chiedono come minimo la sospensione. «L'archivio biometrico, come ogni altro archivio, potrebbe essere attaccato dagli hacker», ha ammesso lo stesso ministro della Pubblica Amministrazione, Michael Eitan. «Anche riguardo all'anagrafe - ha notato - ci avevano assicurato che fosse inviolabile. E abbiamo visto com'è andata a finire».

(Il Secolo XIX, 28 ottobre 2011)

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Israele teme l'arrivo di armi dalla Libia per Hamas

28 ottobre 2011 - In Libia non si combatte più, e ora le armi potrebbero emigrare verso la Striscia di Gaza. E' questo il principale timore delle autorità israeliane, che si dicono preoccupate soprattutto per l'arrivo di sistemi sofisticati che potrebbero abbattere anche gli aerei civili.
"Non abbiamo informazioni specifiche che le armi dalla Libia vengono contrabbandate nella Striscia di Gaza, ma sappiamo che Hamas è desideroso di migliorare le sue capacità di attacco". Queste le dichiarazioni di un funzionario israeliano che ha voluto mantenere l'anonimato, e che ha paventato anche la possibilità che i missili anti-aerei libici finiscano per colpire i veivoli civili israeliani.
Missili come gli SA-24, centinaia dei quali sono letteralmente 'scomparsi' dalla Libia (come ammesso anche recentemente dalla Nato), potrebbe essere già entrati nella Striscia.
Preoccupazione che per Tel Aviv si è già tradotta in prevenzione: Israele sta sviluppando costosi sistemi anti-missile da montare sugli aerei civili, e il suo più fedele alleato, gli Stati Uniti, ha promesso un milione di dollari di aiuti per i libici, parte dei quali dovranno essere destinati proprio al recupero e alla distruzione delle armi abbandonate e che ancora mancano all'appello.

((Osservatorio Iraq, 28 ottobre 2011)

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Israele corteggia Intel

  
Il governo israeliano sta cercando di persuadere Intel a investire in Israele. I ministri delle Finanze e del Lavoro stanno lavorando congiuntamente per convincere il gigante dell'informatica americano, il quale sta pianificando un investimento da 4.8 miliardi di dollari per costruire un nuovo centro di produzione. Sei mesi fa, Intel aveva ricevuto una garanzia da 600 milioni di dollari da parte del Centro di promozione degli investimenti del ministero del Lavoro di Tel Aviv affinché uno degli impianti dell'azienda americana costruito in Israele (a Kiryat Gat) venisse ingrandito. Il ministero aveva poi concesso un ulteriore incentivo a condizione che Intel costruisse una nuova fabbrica nel nord del Paese.
Ma la cifra proposta dagli israeliani non aveva soddisfatto gli americani, i quali lo scorso settembre avevano annunciato di stare considerando l'apertura di nuovi impianti in Irlanda. Israele, tuttavia, non si è perso d'animo: «Quel treno non ci è ancora sfuggito», ha dichiarato una fonte governativa. «Useremo ogni mezzo per cercare di trattenere l'investimento nel nostro Paese. Intel sta riflettendo seriamente se convenga andare in Irlanda: lì dovrebbero costruire da zero un impianto che in Israele esiste già, a Kiryat Gat, e questo costerebbe molti soldi. Senza dimenticare la difficile situazione economica in Europa e l'incertezza che agita i mercati locali». Tra i fautori dell'opzione israeliana, vi sono anche i referenti della divisione locale della multinazionale statunitense, i quali starebbero spingendo con i vertici della compagnia, che si trovano negli Stati Uniti, per convincerli a investire nello Stato ebraico. «Gli uomini di Intel in Israele - ha rivelato la stessa fonte -, credono che investire qui sia la logica conseguenza della strategia seguita negli ultimi dieci anni: la quale, per altro, è costata miliardi di dollari di infrastrutture e risorse umane. Ma al quartier generale negli Usa vedono le cose diversamente, forse perché sono influenzati dall'opinione di dirigenti che in passato hanno lavorato in Irlanda».

(FocusMO, 28 ottobre 2011)

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Egitto e Israele, ancora scambi

IL CAIRO - Dopo lo scambio del soldato israeliano Gilad Shalit, rapito oltre cinque anni fa da Hamas, con oltre mille detenuti palestinesi, ieri è stata la volta di Ilan Grapel, il giovane con doppia nazionalità israeliana e americana, arrestato dalle autorità egiziane a giugno con l'accusa di essere una spia israeliana.
Grapel è stato scambiato con venticinque detenuti egiziani condannati per traffico di armi e droga, che sono rientrati in Egitto tramite il valico di Taba. Secondo fonti egiziane anche Grapel è passato per lo stesso valico per rientrare in Israele, ma in serata da Tel Aviv è giunta la notizia che il giovane è rientrato in patria con un volo dal Cairo.
Mentre il primo scambio è stato visto come un successo della diplomazia egiziana, quello di ieri è stato criticato in Egitto perché giudicato "al ribasso". In cambio della presunta spia l'Egitto, hanno fatto notare alcune forze politiche, ha avuto solo delinquenti comuni che rappresentano una parte di circa ottanta detenuti egiziani presenti nelle carceri israeliane.
Lo scambio, secondo quanto ha fatto trapelare un'alta fonte militare egiziana ripresa dal quotidiano israeliano Yediot Ahronot, potrebbe però avere un risvolto ben più sostanzioso per l'Egitto. Una clausola dell'accordo infatti prevederebbe la fornitura di nuovi F16 americani all'aviazione egiziana. Il ritorno in patria di Grapel e dei detenuti egiziani rappresenta in ogni caso una ulteriore tappa nel miglioramento delle relazioni fra Egitto e Israele, precipitate ai minimi storici dopo l'assalto dell'ambasciata israeliana al Cairo all'inizio di settembre. Un ulteriore segnale del normalizzarsi della relazioni è stata anche la ripresa delle forniture di gas egiziano il 23 ottobre, dopo l'ennesima sospensione causata dall'attacco al gasdotto nel Sinai il mese scorso.
La liberazione di Grapel, che le televisioni egiziane mostrano da ieri mattina nelle foto scattate mentre partecipava alle manifestazioni in piazza Tahrir a gennaio, era nell'aria già da giorni. I media egiziani l'attendevano già all'inizio di ottobre in concomitanza con la visita al Cairo del segretario usa alla difesa Leon Panetta, ipotizzando perfino che la presenta spia potesse ripartire dal Cairo direttamente con l'esponente dell'amministrazione Usa. Panetta è ripartito da solo, ma al Cairo ha incontrato il capo del consiglio militare egiziano, Hussein Tantawi, per fare il punto della situazione e della collaborazione militare fra i due paesi, molto stretta già durante l'epoca Mubarak.

(Corriere Canadese, 28 ottobre 2011)

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L'Ufficio del Turismo israeliano si affida a Cohn&Wolfe

Alla presenza di amici, collaboratori, operatori del settore, partner di business e stampa, l'Ufficio Nazionale Israeliano del Turismo ha festeggiato ieri a Milano Sukkot, una delle più importanti ricorrenze dell'ebraismo.

Alla presenza di amici, collaboratori, operatori del settore, partner di business e stampa, l'Ufficio Nazionale Israeliano del Turismo ha festeggiato ieri a Milano Sukkot, una delle più importanti ricorrenze dell'ebraismo, il cui simbolo è proprio una sukka (capanna).
In questa occasione l'ente ha annunciato la collaborazione con Cohn & Wolfe, società internazionale di relazioni pubbliche, guidata in Italia da Elena Silva. Lavorando a stretto contatto con l'ufficio Press & PR dellente, Cohn & Wolfe si occuperà della pianificazione e realizzazione delle attività di relazioni pubbliche legate alla comunicazione della destinazione in Italia.
Città e natura, storia e modernità, religione e divertimento: Israele è un Paese dalle mille opportunità. Obiettivo delle attività di pubbliche relazioni sarà quello di presentare la varietà e ricchezza dellofferta turistica del Paese facendo leva sugli aspetti meno conosciuti dal pubblico italiano per contribuire a incrementare il numero dei turisti che ogni anno visitano la destinazione.
Tzvi Lotan, Direttore dellUfficio Israeliano del Turismo, ha dichiarato: "Una straordinaria opportunità di collaborazione così da poter raggiungere gli obiettivi prefissati. Cohn & Wolfe ha già sposato la nostra filosofia: stupire! In parte siamo già riusciti a farlo, grazie anche alla nostra campagna di comunicazione e continueremo a farlo grazie alla collaborazione con un partner che ha subito impiegato uno staff entusiasta, giovane e dinamico".
Elena Silva, Amministratore Delegato di Cohn & Wolfe, ha commentato: "Oltre che un grande onore, lavorare per lUfficio Israeliano del Turismo è una grande opportunità per noi. Ci permette di mettere a frutto la nostra esperienza nel settore del turismo, confrontandoci con un Paese straordinario, di crescente interesse per i viaggiatori italiani".
Il team di Cohn & Wolfe che si occupa dellUfficio Nazionale Israeliano del Turismo è coordinato da Chiara Roncaglio, Group Manager di Cohn & Wolfe Italia.

(PubblicitaItalia, 27 ottobre 2011)

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Palestinesi lanciano un missile Grad contro una città israeliana

Raid dei caccia israeliani contro quattro bersagli a Gaza alle prime ore di oggi. L'attacco è stato deciso dopo che militanti palestinesi per la prima volta da settimane erano tornati a colpire le città israeliane, con il lancio di un missile Grad caduto in un campo aperto vicino alla città di Ashdod. I bersagli presi di mira per rappresaglia includevano tre zone della parte centrale di Gaza considerate covi di gruppi militanti ed un edificio situato nel sud della Striscia dove secondo i militari israeliani venivano custodite armi. Nessun ferito è stato segnalato da una parte o dall'altra in quello che è stato il primo scontro da quando Hamas ha acconsentito a procedere allo scambio di prigionieri che ha portato al rilascio di Gilad Shalit.

(L'Unico, 27 ottobre 2011)

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Il tappeto volante diventa realtà, grazie alla fisica quantistica: voleremo come Aladino

Uno studente della Tel-Aviv University ha mostrato gli effetti del 'quantum di blocco' o 'cattura quantum' durante la conferenza annuale sulla scienza in Maryland, USA. Risultato strabiliante: un disco di zaffiro, rivestito da un sottile strato di ceramica, si è alzato in volo grazie a una reazione chimica.

di Fabio Arrigoni

  
Potrebbe apparire come un effetto speciale tratto da un film di Harry Potter, con tanto di magie e incantesimi, oppure una scena tratta da un vecchio film di Michael J. Fox, Ritorno al futuro II, nella quale si vedeva il giovane Marty McFly volare a bordo di un tecnologico skateboard, invece, è pura realtà dei giorni nostri. La straordinaria scoperta è stata resa pubblica nei giorni scorsi. Uno studente della Tel-Aviv University ha mostrato gli effetti del 'quantum di blocco' o 'cattura quantum' durante la conferenza annuale sulla scienza in Maryland, USA. L'esperimento è stato realizzato utilizzando un disco di zaffiro, rivestito da un sottile strato di ceramica composto da ossido di bario, rame e ittrio, raffreddato poi a -185 gradi (il vapore acqueo che si vede nelle immagini è dovuto all'esposizione del disco con l'ambiente temperato). Il disco diviene un super-conduttore proprio a causa del congelamento, conducendo elettricità senza resistenza, e non permettendo alcuna dispersione di energia. Il fenomeno di levitazione è dato dall'effetto Meissner, ovvero l'espulsione del campo magnetico interno di un oggetto super-conduttore, mentre la capacità di seguire un determinato percorso dato dai magneti, che emerge come la brillante novità dimostrata dagli scienziati israeliani, dipende appunto dalla sottigliezza dello strato di materiale super-conduttivo, il quale permette che il campo magnetico penetri anche al suo interno. L'effetto si ottiene anche quando il magnete congelato viene capovolto all'interno del campo magnetico stesso.
Insomma, in poche parole, potrebbe aprirsi un nuovo scenario futuro, che permetterebbe di muoversi.

(Affaritaliani.it, 27 ottobre 2011)

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Se il terremoto riavvicina Turchia e Israele

di Fiamma Nirenstein

Il terremoto che domenica scorsa si è abbattuto sulla Turchia è un disastro che fa male al cuore. Adesso, molti gruppi internazionali sono alle prese con il salvataggio e soprattutto con il ricovero e il primo soccorso degli sfollati. Fra loro, a segnale che il destino è il fautore del mondo, e non la politica anche dei più astuti, scorgiamo con stupore alcuni soccorritori con una bandiera (ideale) ornata da una stella di Davide. Israele è là a aiutare la Turchia, che sotto la presidenza di Erdogan non ha fatto che attaccarla in maniera brutale fino all'odio dichiarato e sconnesso, rompendo una vecchia alleanza, considerando Hamas uno dei suoi migliori amici.
La prassi che accompagna un grande disastro è tragicamente usuale, e Israele che è specialista in protezione civile ha subito offerto, con gli altri, aiuto. Ma il governo, mentre ancora le macerie gridavano, ha risposto «no, Israele stia a casa». Ma Erdogan sa bene cosa sanno fare gli israeliani in questi casi: nel 1999, anno del grande terremoto, è rimasta famosa la scena dei soccorritori ebrei che estraggono una bambina di dieci anni rimasta sepolta per 100 ore. Altri undici sepolti vivi furono salvati da loro, e 140 corpi furono da loro disseppelliti. Stavolta a Erdogan è sembrato di dover far prevalere la sua furiosa antipatia politica al rischio di dovere qualcosa a quei nemici contro cui è lucroso avventarsi per conquistare l'opinione pubblica islamista. Ma alla fine, non è andata così: che sia stato il dolore, che sia semplicemente il fatto che a volte una mano santa ti costringe a capire che ci sono cose più importanti della propaganda, per esempio la vita. Non importa. Speriamo che da cosa nasca cosa. Intanto, gli israeliani sono partiti per portare strutture di ricovero e conforto. Ce la mettono tutta come scolaretti alla prova. Siamo certi, e speriamo con la gente turca, che prenderanno dieci e lode.

(il Giornale, 27 ottobre 2011)

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Trani, comunità ebraica: Yom ha-shabbath con scrittori e giornalisti americani

di Nicoletta Diella

TRANI - In Italia si contano 45 mila di ebrei tra cui 35 mila regolarmente iscritti alle Comunità delle città in cui risiedono. Gli ebrei italiani, rispetto ai circa 15 milioni di ebrei che vivono in tutto il mondo, rappresentano il 2,6 per mille. La comunità ebraica di Trani, in collaborazione con il Primo Levi Center di New York e l'Assessorato al Mediterraneo della Regione Puglia, ha organizzato per venerdi 28-sabato 29 ottobre presso la Sinagoga Scolanova di Trani lo Yom ha-shabbath, le celebrazioni per il sabato ebraico.
Per l'occasione saranno ospitati in Sinagoga scrittori e giornalisti americani giunti appositamente nel capoluogo della sesta provincia pugliese, per scrivere in merito alla rinascita dell'ebraismo nella città e nel Meridione ma anche per conoscere usi e costumi della vita ebraica nel territorio.
Le tefilloth, ossia le preghiere dello Shabbath si svolgeranno presso la Scolanova di Trani e saranno tenute dal rabbino capo di Napoli Rav Shalom Bahbout secondo i seguenti orari:
domani venerdi 28 ottobre: Kabbalath Shabbath alle ore 18, sabato 29 ottobre: Shachrith alle ore 9, Musaf alle ore 12, Divrè Torà a partire dalle ore 16, Minchà e seudath shelishit a partire dalle ore 18, Havdalà alle ore 19:30.
In Italia esistono ufficialmente 20 Comunità, a ciascuna delle quali fa capo una circoscrizione territoriale che comprende anche piccole Comunità o semplici nuclei che, per la loro esiguità, non possono costituire una Comunità organizzata a sé stante. Tutte, grandi o piccole che siano, hanno una vita interna organizzata e regolata dallo Statuto dell'ebraismo italiano. Lo scopo delle Comunità è quello di provvedere al soddisfacimento delle esigenze religiose, associative, sociali e culturali degli ebrei. Molte e particolarmente qualificate sono le istituzioni.
Trani è il faro dell'ebraismo in tutta la Puglia, ma anche nel mondo. Il più antico codice ebraico è nato a Trani da Isaia il Giovane e sono due i grandi maestri dell'ebraismo mondiale che vi hanno vissuto: Isaia da Trani nel tredicesimo secolo e Mosè da Trani nel sedicesimo secolo. Nella storia più recente in Puglia, che mostra nel 1940 un episodio a Sannicandro Garganico di conversione collettiva che ha portato numerosi pugliesi in Israele, la piccola comunità ebraica di Trani che fa capo a Napoli, è oggi un riferimento per tutta la regione.

(il Quotidiano Italiano, 27 ottobre 2011)

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Un ebreo candidato al Parlamento in Tunisia

Si chiama Jacob Lellouch, possiede un ristorante ed è uno dei 1500 ebrei che vivono in Tunisia. Si è presentato alle recenti elezioni, le prime elezioni democratiche del paese che è stato il primo di quell'area a ribellarsi alla dittatura.
Era il secondo candidato nelle liste dell'Union, un partito popolare e repubblicano. E ha perso. Però ha vinto. Perché, come afferma lui stesso, il suo intendimento era dimostrare ai suoi connazionali che anche chi fa parte di minoranze non musulmane può fare politica in Tunisia. E quindi ha raggiunto il suo obiettivo. Ci saranno altre occasioni per occuparsi concretamente della cosa pubblica, comprese le elezioni locali.
Lellouche, inoltre, non è preoccupato per l'attesa vittoria del partito islamista moderato Ennahad che era stato bandito dal precedente regime. "Il futuro di questo paese", conclude, "non è o bianco o nero, ma ha anche molte sfumature di grigio". E speriamo anche di rosa, aggiungo io.

(Paperblog, 27 ottobre 2011)

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Israele preme per accelerare i lavori a Leviathan

Il ministero delle Infrastrutture israeliano spinge l'acceleratore sulle risorse gaspetrolifere. Con una comunicazione ufficiale, ha ordinato alle compagnie petrolifere Delek (israeliana) e Noble Energy (texana) di velocizzare le trivellazioni esplorative del Leviathan, il giacimento-gigante scoperto a largo di Haifa. Le stesse raccomandazioni sono state inviate anche alle compagnie che detengono i diritti di sfruttamento dei vicini giacimenti Alon e Ruth.
«In accordo con la politica del ministero che punta a migliorare la supervisione delle licenze sulle risorse gaspetrolifere nelle acque israeliane - si legge nel documento - è stato deciso di richiedere alle società di eseguire le trivellazioni esplorative secondo scadenze più brevi rispetto a quelle stabilite in origine. Inoltre, d'ora in poi le compagnie petrolifere dovranno portare a termine le esplorazioni entro una data precisa, a prescindere da quanto stabilivano eventuali permessi concessi in precedenza».

(FocusMO, 26 ottobre 2011)

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Un ponte di mosaico per l'alleanza con Israele

Dal Mar sette opere contemporanee per l'esposizione a Netanya. Taglio del nastro anche per il lavoro musivo commissionato alla ravennate Francesca Fabbri

RAVENNA - Sette mosaici contemporanei in volo per Israele, per l'esposizione Mosaic Code. E' stata allestita a Netanya, in occasione della manifestazione Netanya in Mosaic. A fornire le opere della città bizantina il Mar (Museo d'arte della città): a contattarlo è stata la curatrice della mostra, Esti Drori, che
  L'opera Lens di Arianna Gallo, tra i mosaici prestati
insieme a Doron Polak ha curato parte del padiglione israeliano alla Biennale di Venezia: ha chiesto al direttore Claudio Spadoni e alla curatrice del centro internazionale di documentazione sul mosaico (Cidm), di selezionare le opere della collezione contemporanea per la sezione intitolata "Ravenna contemporanea" nella Gallera Al Hatzuck.
E' la prima volta che un nucleo di opere musive originali di una raccolta pubblica viene richiesto per un'esposizione internazionale. La scelta tra i mosaici conservati al Mar - che coprono gli ultimi sessant'anni di produzione musiva, a contatto con le neo avanguardie e con gli esiti più contemporanei della ricerca artistica - è ricaduta su "Della Memoria" di Marco De Luca, "Movimento n.14" di CaCO3, "Folla" di Luca Barberini, "Lens" di Arianna Gallo, "Fruscio" di Takako Hirai, "Blu oltremare" di Lino Linossi, "Windstill" di Almuth Schöps. Tutte opere nate tra il 2003 e il 2010 che si caratterizzano per una ricerca sciolta dalla tradizione e per un uso del linguaggio musivo che pone in primo piano la resa dei materiali e dell'ordito.
Spazio anche a un'artista ravennate, Francesca Fabbri, di Akomena, censita nella banca dati del Cidm. La città israeliana le ha commissionato un mosaico: il titolo è "Abbraccio Mediterraneo" ed è stato collocato in posizione dominante sul mare all'esterno della galleria espositiva. "L'opera - spiega l'artista - un pilastro di acciaio specchiante che non contamina il paesaggio e che allo stesso tempo rappresenta una presenza aerea che ne assume le sembianze, riceve e rimanda a rappresentare l'apertura e l'emanazione di questa nazione e nel contempo la precisa architettura rappresenta e ne auspica la stabilità".
Il 17 ottobre scorso, al termine della serie di eventi, si è tenuto il convegno "Mosaico Antico Israeliano", organizzato dalla Israel Antiquities Authority, con un intervento di Linda Kniffitz sul mosaico antico e contemporaneo a Ravenna.

(Romagna Noi, 26 ottobre 2011)

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L'urto della Sharia

di Orso Di Pietra

Mustafa Abdel Jaill, esponente di punta del Consiglio di Transizione Libico, ha annunciato che la legislazione del nuovo stato liberato dalla dittatura di Gheddafi sarà basata sulla sharia. La dichiarazione ha sollevato grandi preoccupazioni nel mondo occidentale. Perché sharia vuol dire anche poligamia e questo, come ha commentato Margherita Boniver, urta non solo contro la dignità della donna ma anche con il diritto internazionale e con le leggi sull'immigrazione in vigore in tutte le democrazie.
Questa preoccupazione, però, sarebbe stata espressa anche dagli ambienti più avanzati della società civile libica. Dove si sostiene che la poligamia prevista dalla sharia urta soprattutto contro il buon senso visto che nell'età moderna è già complicato avere a che fare con una sola moglie.
Figurarsi con due o tre!

(l'Opinione, 26 ottobre 2011)

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Israele, la grande fuga dei dati biometrici

Arrestato un dipendente del ministero del Welfare. E' accusato di aver distribuito le informazioni biometriche di 9 milioni di cittadini israeliani. Si chiede ora l'abolizione del database gestito dal governo

di Mauro Vecchio

ROMA - In manette è finito un dipendente del ministero israeliano del Welfare, accusato di aver rastrellato le informazioni personali di circa 9 milioni di cittadini locali. Una mostruosa fuga di dati risalente all'anno 2006, quando il software Agron 2006, attraverso cui era possibile interrogare il database, era finito tra i vasti meandri delle reti di file sharing.
Lo stesso impiegato aveva infatti provveduto a far circolare la gran quantità di dati, accuratamente copiati in seguito all'accesso al database biometrico voluto dalle autorità in terra israeliana. Le informazioni erano dunque passate di mano in mano, fino al misterioso sviluppatore di Agron.
Altri sei sospetti sono ora stati arrestati dalla polizia locale, apparentemente coinvolti nell'imponente offensiva nei confronti degli archivi biometrici gestiti dal governo. Agron aveva offerto ai vari condivisori la possibilità di spulciare tra informazioni relative a date di nascita, indirizzi, carte d'identità.
Il ministro ai Servizi Governativi Michael Eitan ha così chiesto l'abolizione di un database vulnerabile e zeppo di dati riservati, al centro di false promesse su una presunta "chiusura ermetica". "Chi può assicurare che dipendenti scontenti non inizino a diffondere le nostre impronte digitali?", ha continuato Eitan.
Lo stesso Ministro ha dunque sottolineato come il database biometrico non sia affatto al riparo da eventuali attacchi da parte di malintenzionati. Possibilità che metterebbe a rischio la privacy di milioni di cittadini israeliani.

(Punto Informatico, 26 ottobre 2011)


Nel 2006 i cittadini israeliani non arrivavano a sette milioni in tutto!

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In memoria di Irena Sendler

Poco tempo fa è venuta a mancare una signora di 98 anni. Ecco la sua storia esemplare

Irena Sendler
Poco tempo fa è venuta a mancare Irena Sendler una signora di 98 anni. Ecco la sua storia esemplare.
Durante la seconda guerra mondiale, Irena, ha ottenuto il permesso di lavorare nel ghetto di Varsavia. Aveva un ulteriore motivo.
Era al corrente dei piani che i nazisti avevano per gli ebrei
Irena portò in salvo migliaia di neonati nascondendoli nel fondo della sua cassetta degli attrezzi che portava nel retro di un'ambulanza. I bambini più grandi li nascondeva un sacco di iuta ...
Teneva anche un cane, che aveva addestrato ad abbaiare quando i soldati nazisti si avvicinavano.
I soldati, naturalmente, temevano il cane e il suo latrato copriva il pianto dei bambini.
Durante tutto questo tempo, è riuscita a salvare circa 2500 tra bambini e neonati.
Fu catturata, e i nazisti , le ruppero entrambe le gambe e le braccia picchiandola selvaggiamente.
Irena tenne un registro dei nomi di tutti i ragazzi che clandestinamente aveva portato fuori dai confini e lo teneva in un barattolo di vetro, sepolto nel suo cortile.
Dopo la guerra, cercò di rintracciare tutti i genitori che potessero essere sopravvissuti per riunire le famiglie.
La maggior parte di loro erano stati gasati. Irena ha continuato a prendersi cura di questi ragazzi, mettendoli in case famiglia o trovando loro famiglie affidatarie o adottive.
Irena è stata proposta per il Premio Nobel della Pace. Non è stata nominata.

IN MEMORIA - 63 ANNI DOPO
Io sto facendo la mia piccola parte per l'inoltro questo messaggio. Spero che prenderete in considerazione il fatto di fare lo stesso. Sono trascorsi ormai più di 60 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale.
Questo scritto è dedicato alla memoria dei sei milioni di ebrei, 20 milioni di russi, 10 milioni di Cristiani e 1900 preti cattolici che sono stati assassinati, massacrati, violentati, bruciati,
morti di stenti e umiliati!
È di importanza fondamentale che il mondo non dimentichi mai, affinchè una tale barbarie non accada mai più.

(Abitare a Roma, 26 ottobre 2011)

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Rasssegna stampa su Israele

di Emanuel Segre Amar

I giornali radio di questa mattina hanno diffuso la notizia che la Turchia, dopo il disastroso terremoto di domenica, ha finalmente accettato di aprire le proprie frontiere agli aiuti offerti "da una trentina di stati, tra i quali Israele"; già pochi minuti dopo il sisma, sentito anche in Israele, Netanyahu aveva telefonato a Erdogan (e subito dopo Peres al presidente Gul), offrendo di far partire le squadre esperte nelle operazioni necessarie dopo simili catastrofi (recentemente utilizzate anche in Giappone ed a Haiti), ma l'offerta era stata respinta. A distanza di giorni, finalmente gli aiuti potranno arrivare, ma le conseguenze di questo ritardo ricadono solo sugli abitanti del sud est turco.
   Libia e Tunisia sono ancora al centro dei commenti dei quotidiani di oggi; Pio Pompa scrive sul Foglio che fin dalla scorsa estate Francia e Gran Bretagna preparavano, con loro uomini sul terreno, quella che è poi stata la fine di Gheddafi (mentre gli USA preferivano restare fuori da quei giochi), ed ora si chiede se Sarkozy avrà sorriso alla vista di certe immagini, sapendo che adesso la sharia rischia di essere messa a fondamento della nuova Libia.
   Un attento lettore del Corriere fa osservare che, dopo i bombardamenti effettuati da Reagan nell'86, Gheddafi aveva dimostrato, pur tra mille follie, di aver cambiato strada, ed aveva sempre tenuto sotto controllo gli imam più fanatici, conscio che da lì veniva il pericolo, censurando, ad esempio, i discorsi del venerdì; ma Sergio Romano non coglie, nella sua risposta, questo aspetto della realtà.
   Paola Peduzzi sul Foglio scrive che, man mano che vengono alla luce le tante fosse comuni, i ribelli libici vengono accusati di crimini di guerra. Guardando poi a quanto succede in Tunisia, fa un paragone con quanto avvenuto con le elezioni di Gaza; tutti sanno che oramai i salafiti, soprattutto nel sud tunisino, si sono infiltrati dentro le file di Ennahda facendo crescere l'intolleranza. La democrazia ha le sue regole ben precise, aggiunge, e non si può comperare la rivoluzione, ma non dobbiamo neppure distrarci. Bisogna fare attenzione alla Taqiyya, la dissimulazione lecita (lecita per gli islamici, dalla lettura del Corano), che fa dire quanto si considera utile al momento anche se si pensa di voler fare il contrario; in tal modo si finisce con lo scrivere un bel libro dei sogni.
   Bernard Guetta su Repubblica considera motivo della vittoria degli islamici tunisini la divisione profonda tra i partiti laici le cui correnti non hanno saputo mettersi d'accordo (ma dimentica di ricordare anche gli enormi mezzi finanziari a disposizione di Ennahda). Guetta sembra dare credito al ripudio della violenza proclamato dai vincitori, che hanno scelto di arrivare al potere con la schedina (?) elettorale, facendo eleggere anche candidate dai capelli sciolti, e sembra rallegrarsi di simile scelta, certo che la teocrazia non seduca più; l'unica critica la muove considerandoli una destra non illuminata, che tuttavia non va demonizzata, ed alla cui conversione democratica si deve credere. La lotta contro i vincitori deve essere solo politica per la difesa dei diritti di chi ha dimostrato di non volerli.
   Diverso il commento di Luigi Geninazzi che sulle colonne di Avvenire scrive che Ennahda, cioè Rinascita, o Rinascimento, a ricordo di una stagione gloriosa per il mondo arabo del XIX secolo, mostra sì un volto tollerante, ma troppo diverso da quello delle sue origini (ed il passato sta lì a severa testimonianza). Ad ulteriore dimostrazione della sua tesi Geninazzi porta l'esempio di quanto succede in Egitto dove i Fratelli Musulmani hanno già abbassato la maschera e stanno criticando lo stato secolare di Erdogan.
   Un ulteriore elemento sul quale riflettere lo propone Alessandra Coppola che sul Corriere osserva che gli islamici di Ennahda hanno ottenuto oltre il 55% dei voti espressi dai 152000 tunisini residenti in Italia (e negli altri paesi europei ed in USA i risultati sono analoghi ndr).
   Andrea Morigi per i lettori di Libero è andato a scovare documenti giudiziari italiani che mostrano rapporti tra i sostenitori italiani di Ennahda e movimenti sovversivi. Al contrario Antonio Panzeri, che si firma come eurodeputato del PD, sullo stesso quotidiano mostra di credere ancora in un futuro democratico per la Tunisia dove lo stesso leader uscito vincitore è stato obbligato dalla folla a fare la coda davanti al suo seggio elettorale.
   Anche in Egitto la situazione sembra essere molto pericolosa, e intanto, come scrive Daniele Raineri sul Foglio, Obama telefona al presidente Tantawi per chiedergli di abolire la Legge di Emergenza. Forse l'esperienza di quanto è successo con Gheddafi non è servita molto. Intanto Israele ed Egitto hanno deciso lo scambio tra 25 prigionieri egiziani detenuti nelle carceri israeliane (nessuno colpevole di assassinio) con l'israeliano Ilan Grapel, già accusato di spionaggio, ma ora solo più di danneggiamenti. Per meglio comprendere la situazione dell'Egitto Raineri denuncia poi che il blogger copto Maikel Nabil, colpevole di avere iniziato uno sciopero della fame, è stato trasferito in un ospedale psichiatrico.
   Roberta Zunini va ad intervistare un palestinese, condannato a 30 anni e liberato nell'operazione che ha riportato a casa Shalit; egli non è stato mai maltrattato dai carcerieri israeliani, ma subito dopo la giornalista scova nella stessa casa una giovane, detenuta per un anno ed ora agli arresti domiciliari (strana combinazione che fossero insieme, se lei è agli arresti domiciliari ndr), la quale mostra un livido sulla propria coscia, che automaticamente diventa la prova di un calcio ricevuto dalla guardia israeliana, da portare a testimonianza al lettore italiano.
   Desidero chiudere questa rassegna con la bella lettera scritta da Bernardo Poliero al Riformista, dopo la morte di Irena Poliero a 98 anni in Polonia; ha salvato da sola, prima di essere scoperta dai nazisti, 2500 neonati e bambini sottraendoli dal ghetto di Varsavia, ed è stata proposta invano, l'anno scorso, per il Nobel per la pace; la lettera deve servire affinché il mondo non dimentichi mai quanto è avvenuto, e perché una tale barbarie non accada mai più.
   
(Notiziario Ucei, 26 ottobre 2011)

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Israele prepara aiuti per la Turchia. In partenza case prefabbricate

GERUSALEMME - Primi segnali di distensione tra Israele e Turchia, che dopo l'iniziale rifiuto ha accettato gli aiuti israeliani per il terremoto che ha devastanto la provincia sud-orientale di Van. I media israeliani riferiscono che un carico di case prefabbricate caricate su navi e' pronto a partire per la Turchia. La disponibilita' israeliana arriva dopo piu' di un anno di tensione con i turchi in seguito all'uccisione di 9 componenti della spedizione 'Freedoom flotilla' che tentava di raggiungere Gaza in nave .

(AGI, 25 ottobre 2011)

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La Banca d'Israele mantiene il tasso al 3%

La Banca d'Israele mantiene al 3% il tasso d'interesse per novembre. La decisione è stata presa ieri del Comitato Monetario, il quale conta sei membri, tra cui il governatore dell'istituto, Stanley Fischer. La Banca d'Israele ha spiegato che mantenere invariata la percentuale di interesse permette di avere uno spazio di manovra per rispondere agli eventi delicati a cui assistiamo oggi tanto nelle economie locali che nel mercato globale.
La scelta è stata inoltre determinata in considerazione della prevista diminuzione dell'inflazione, che dovrebbe scendere a circa 1.7-2.2%, e del ritmo di crescita rallentato. Non solo. Gli economisti israeliani sono preoccupati anche di possibili rovesci nell'eurozona, che potrebbero essere causati da difficoltà nell'attuazione del piano di salvataggio per i Paesi che stanno fronteggiando una crisi del debito. Anche l'andamento dell'economia statunitense continua a impensierire i vertici della banca d'Israele, i quali hanno però fatto sapere che alcuni dati macroeconomici recenti si sono rivelati migliori del previsto.

(FocusMO, 25 ottobre 2011)

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Scampata la minaccia di sciopero generale in Israele

Ofer Eini, presidente di Histadrut, il maggiore sindacato del Paese, ha infatti deciso di rinunciare a questa forma di protesta in seguito all'atteggiamento incoraggiante assunto dal governo sui contratti dei lavoratori pubblici. Esecutivo e parti sociali hanno iniziato una serie di colloqui «molto seri» sulla spinosa questione contrattuale, stando ai giudizi riportati dalla stampa israeliana. «Niente sciopero questa settimana, né la prossima», hanno annunciato oggi le principali testate.
Nelle ultime settimane la minaccia di sciopero generale era stata evocata a più riprese dalle rappresentanze dei lavoratori, che vi avrebbero fatto ricorso nel caso in cui il governo non avesse ascoltato le loro istanze. Ma già lo scorso venerdì 21 ottobre, il ministro delle Finanze, Yuval Steinitz, aveva promesso a Eini di impegnarsi per «correggere le distorsioni» nel settore del pubblico impiego.

(FocusMO, 25 ottobre 2011)

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New York, donne in fondo nei bus per ebrei ortodossi

di Valentino Salvatore

  
A New York è polemica per la scelta di un'azienda di trasporti privata, gestita da ebrei ortodossi, di far sedere le donne in fondo agli autobus e tenerle separate dagli uomini, scrive Reuters. Si tratta della Private Transportation Corp, convenzionata col servizio di autobus pubblici: gestisce la linea B110, che passa proprio nei quartieri degli ebrei ortodossi di Brooklyn. Non riceve fondi statali, ma non beneficia nemmeno di deroghe sugli standard anti-discriminazione sulla base di principi religiosi.
Un reporter, studente della Columbia University, ha fatto emergere la situazione, pubblicando la storia di una donna cui alcuni uomini avevano intimato di sedersi in fondo al mezzo. Questo sarebbe uno di altri casi segnalati.
Il dipartimento cittadino per i trasporti si è rivolto all'azienda proprio per avere spiegazioni e rimarcando che le pratiche adottate sono "una diretta violazione" della convenzione e "potrebbero condurre alla fine dell'accordo", si legge nel comunicato inviato alla PTS da Anna Koenig, direttore esecutivo dell'agenzia pubblica. Lo stesso sindaco, Michael Bloomberg, ha dichiarato durante una conferenza stampa che "chiaramente non è permessa" la separazione per generi sugli autobus.

(UAAR Ultimissime, 25 ottobre 2011)

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Israele: aziende hi-tech 1,57 miliardi di dollari di fondi

Tra luglio e settembre 2011 le compagnie di hi-tech israeliane hanno raccolto, in patria e all'estero, finanziamenti pari a 522 milioni di dollari. Lo afferma uno studio dell'Istituto di ricerca Israel Venture Capital (IVC). In particolare, nel terzo quarto dell'anno in corso, le aziende start-up produttrici di software si sono aggiudicate 115 milioni di dollari pari al 22% del totale dei finanziamenti al settore. Seguono le imprese di telecomunicazioni (114 milioni di dollari) e le internet start-up (93 milioni).
La cifra complessiva (522 milioni) corrisponde all'8% in meno rispetto al trimestre precedente, ma anche al 53% in più in confronto allo stesso periodo del 2010. I dati diffusi da IVC sono ancora più interessanti se si prendono in considerazione i mesi gennaio- settembre 2011. Dall'inizio dell'anno alla fine del mese scorso, le compagnie tecnologiche israeliane hanno ottenuto in tutto fondi per 1.57 miliardi di dollari: circa il 71% in più rispetto allo stesso intervallo temporale nel 2010.

(FocusMO, 25 ottobre 2011)

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La primavera araba è un buco nero

di Fiamma Nirenstein

I risultati elettorali del primo Paese in cui si è votato liberamente fanno temere per il futuro. I risultati della primavera araba saranno diversi dalle nostre aspettative.

Il partito islamico annuncia la probabile vittoria
I risultati della rivoluzione araba detta "primavera" saranno del tutto diversi dalle nostre aspettative: certo il povero Muhammed Bouazizi che con tragica e spontanea mossa si immolò e dette fuoco ai regimi arabi corrotti non si sarebbe immaginato che le prime elezioni libere nel suo Paese, dove il numero di minigonne è il maggiore di quello di tutto il mondo arabo, sarebbero state vinte, come pare certo, dal partito islamico Ennahda, che si presenta come islamico moderato. Né l'inno alla non violenza che noi occidentali abbiamo cantato per l'insorgenza araba prevedeva nel suo immaginario un linciaggio feroce come quello di Gheddafi. Né si pensava che gli egiziani si sarebbero di nuovo attardati in un regime militare, con morti e violenze sulle donne. La rivoluzione araba è in fase di misteriosa transizione, ha la faccia di un'incertezza violenta e dello scontro millenario fra sunniti e sciiti, specie fra Arabia Saudita e Iran.
Abbiamo esclamato, noi occidentali, che si è aperto un mondo migliore. In realtà, con tutto il rispetto per l'aspirazione alla libertà che ha portato tanti giovani, tanti coraggiosi, a sfidare la morte contro orribili dittatori assassini come Gheddafi, se guardiamo negli occhi la realtà, è un buco nero. Abbiamo il dovere verso noi stessi e verso il mondo arabo di cercare di influenzarlo per quel che possiamo.
Sul terreno interno alle rivoluzioni, gli islamisti liberati dalla condanna al silenzio si presentano nelle più diverse varianti. Egitto, Tunisia, Libia, Siria, sono tutti luoghi in cui per lunghi anni si sono organizzati nella clandestinità e hanno raccolto larghi consensi nelle moschee. Alla lunga è possibile che, facendosi interlocutore a fronte di gruppi peggiori, Ennahda in Tunisia o la Fratellanza Musulmana in Egitto diventino interlocutori apparentemente praticabili nell'immediato, ma certo non amichevoli nel futuro.
A livello internazionale, la ricerca dei musulmani moderati è sempre stata popolare. Ma la Turchia, molto blandita, è ormai il migliore difensore dell'Iran e di Hamas, il peggior nemico di Israele, un Paese in lotta per l'egemonia e vedremo i risultati nel futuro. L'Arabia Saudita, disorientata dall'attacco che lambisce il suo territorio, investe molti soldi perché i "suoi" musulmani siano i vincitori. Ma i moderati sono davvero tali?
Se guardiamo al nostro investimento per esempio nel conflitto israelo-palestinese, non funziona: alla fine Hamas ha successi di popolo e Abu Mazen per emularlo rifiuta le trattative. È impressionante anche come Abu Mazen si sia entusiasmato per il ritorno dei prigionieri assassini terroristi scambiati con Gilad Shalit, e di come abbia già costruito loro, e quindi al terrorismo più accanito, un monumento ideologico (e anche economico: ha regalato a ciascuno 5000 dollari contro i 2000 elargiti da Hamas) che non potrà essere tanto facilmente rimosso. L'Arabia Saudita sarebbe gratificata dall'ascesa nelle rivoluzioni di un modello islamista che tiene a bada i salafiti e non rompe con gli americani, ma è un gioco scivoloso.
L'Iran, sostenitore di Assad, non è credibile nel sostegno delle rivoluzioni anche per la terribile repressione contro i propri dissidenti ed è a rischio nell'area mediorentale perché l'alleato siriano assediato gli mette in crisi anche il rapporto con gli Hezbollah in Libano. In Libia ha sostenuto Gheddafi per contrastare gli Usa, in Tunisia non ha influenza, e soprattutto i rapporti con gli Usa sono al punto più pericoloso a causa del complotto contro l'ambasciata saudita a Washington e dopo che le indagini sul nome di Gholam Shakuri, un alto ufficiale delle forze Quds, ne hanno fatto un sospetto in prima linea. Qualche consolazione l'Iran l'ha ottenuto da un'alleanza inedita con l'Egitto in concorrenza con i sauditi. Ma il suo scontro duro per l'egemonia è appena cominciato.
Una cosa è certa: la gratitudine verso il mondo occidentale, piani Marshall o meno, svanirà presto. I bisogni di questi Paesi, sempre ricchi di ogni bene solo per le loro elite corrotte, resteranno inesausti, nessun ritiro dall'Irak cancellerà l'antagonismo di un mondo che si sente ferito e incompatibile col nostro sui diritti umani, la condizione delle donne, l'antisemitismo, il cristianesimo. L'impero ottomano fu distrutto da noi occidentali, i mujahidin hanno cacciato i sovietici con l'aiuto americano, l'Irak e la Libia hanno messo fine con lo stesso aiuto alle loro dittature. Questo non ha cambiato la percezione dell'Occidente.

(il Giornale, 25 ottobre 2011)

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La tragedia dei prigionieri del Sinai e il mondo che tace.

Stupri, torture e vendita di organi per gli ostaggi trattenuti nel Sinai dai mercanti di uomini. Davanti a questa tragedia il mondo rimane immobile.

Fu Don Mosè Zerai, presidente di Habeshia, a lanciare il primo grido d'allarme verso la fine di novembre 2010, quando un gruppo di circa 250 profughi, inclusi 80 eritrei, era stato sequestrato mentre cercava di attraversare il Sinai per raggiungere la "salvezza" in Israele.
Alcuni di loro avevano già visto le terribili prigioni libiche, dopo essere stati respinti dai paesi che si affacciano sul mediterraneo, nonostante la convenzione di Ginevra che prevede il diritto per i profughi di ottenere asilo, e lasciato il carcere in seguito ad un'amnistia, hanno intrapreso l'orribile viaggio che li ha portati nelle mani degli aguzzini....

(LiberoReporter, 25 ottobre 2011)

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Comunità ebraica di Trani: è tempo di Shabbat

La comunità ebraica di Trani, in collaborazione con il Primo Levi center di New York e l'assessorato al mediterraneo della Regione Puglia, organizza lo Yom ha-shabbath (il sabato ebraico). Saranno ospitati in Sinagoga scrittori e giornalisti americani giunti appositamente a Trani per scrivere in merito alla rinascita dell'ebraismo nella città e nel Meridione ma anche per conoscere usi e costumi della vita ebraica nel territorio.
Le tefilloth (preghiere) dello Shabbat si svolgeranno presso la Scolanova di Trani e saranno tenute dal rabbino capo di Napoli Rav Shalom Bahbout. Questo il programma:

Ore 18: Kabbalath Shabbath
Quando: 28 ottobre 2011, ore 18
Dove: Santa Maria Scolanova

(TraniWeb, 25 ottobre 2011)

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Finalmente liberi gli eroi del popolo palestinese

Grazie al ricatto per la liberazione del soldato Shalit, il popolo palestinese ha potuto finalmente riabbracciare i suoi eroi accogliendoli con oceaniche manifestazioni di giubilo, tra questi:
  • Walid Anajas, ammazzò una dozzina di israeliani al Moment Café di Gerusalemme,
  • Abed al Hadi Ganaim, scaraventò un bus israeliano da un precipizio uccidendo sedici persone,
  • Abdul al Aziz Salaha, linciò due riservisti israeliani a Ramallah (è il tipo che si affaccia dalla finestra con le sue le mani sporche di sangue),
  • Nasser Yataima, uccise trenta sopravvissuti all'Olocausto al Park Hotel di Netanya,
  • Musab Hashlemon, partecipò all'uccisione di sedici ebrei a Beersheba,
  • Fadi Muhammad al Jabaa, organizzò un attentato su un autobus di Haifa uccidendo undici persone,
  • Husam Badran, mise la bomba nella discoteca Dolphinarium di Tel Aviv dove morirono venti adolescenti ebrei provenienti dalla Russia e preparò l'attentato al ristorante Matza dove morirono quattordici persone,
  • Zaher Jabarin e Yihya Sanawar, specialisti nell'uccisione di bambini "coloni".
  
Wafa al Biss
Come ci ricorda su il Foglio, Giulio Meotti, dal carcere esce anche Wafa al Biss, che spiega: "Credo nella morte, volevo uccidere cinquanta ebrei perché una donna musulmana, da martire, diventa la regina delle 72 vergini". Wafa cercò di farsi saltare in aria in un ospedale con nove chili di esplosivo fra le gambe. A domanda se fosse pronta a uccidere anche dei bambini ebrei, Wafa ha risposto: "Sì, tutti, neonati e bambini".
Libera anche Mona Awana, giornalista professionista palestinese, che con Internet ha adescato Ofir Rahum; questo sedicenne israeliano trovò in chat un messaggio di Mona che lo invitò ad un appuntamento segreto. Senza dirlo a nessuno, Ofir indossò i vestiti più belli, prese il primo autobus e finalmente incontrò Mona. Mona gli sorrise subito, lo prese per mano e lo portò da Gerusalemme a Ramallah. Ofir fu torturato dagli amici di Mona, ammazzato in maniera indicibile quindi il suo corpo fu legato nudo sul cofano di un auto e portato come un trofeo per le strade di Ramallah.
Il popolo palestinese, finalmente, riabbraccia i suoi eroi.

P.S.: per approfondimenti sulle gesta degli eroi palestinesi: "Non smetteremo di danzare" di G. Meotti, Ed. Lindau

(Giustizia Giusta, 24 ottobre 2011)


Avrebbe fatto strage dei medici che le avevano salvato la vita

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Da un sito pro Hamas

Medaglie di merito agli ex detenuti. L'Università islamica di Gaza s'impegna ad accoglierli

GAZA - L'università islamica di Gaza ha ospitato una festa in onore dei prigionieri palestinesi liberati dalle carceri israeliane.
All'inizio della celebrazione, Jamal al- Khudari, capo del Consiglio d'amministrazione dell'Università, e alla guida del comitato per rompere l'assedio su Gaza, ha dichiarato: "Le parole non riescono a descrivere il conforto degli abitanti della Striscia di Gaza, sin da quando è stata annunciata la conclusione dell'accordo".
Al-Khudari ha comunicato che "l'Università islamica si sta impegnando a sviluppare dei percorsi di studio speciali, pensati appositamente per aiutare gli ex detenuti che intendano continuare a studiare". I nuovi corsi verranno annunciati fra un mese.
Nel corso dell'inaugurazione è giunto a sopresa, il primo ministro del governo di Gaza, Isma'il Haniyah, per onorare gli ex detenuti consegnando loro delle medagie di merito. Haniyah non ha rilasciato dichiarazioni.
Ciascun ex detenuto ha ricevuto una medaglia nel corso della celebrazione, alcuni di essi sono intervenuti, altri hanno intonato dei canti.

(InfoPal, 24 ottobre 2011)

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Striscia di Gaza: dopo la scarcerazione si ritorna alla lotta contro Israele

Un aspirante kamikaze palestinese liberato da Israele nello scambio di prigionieri per il soldato Gilad Shalit ha detto a giovani studenti nella Striscia di Gaza il giorno dopo il suo rilascio che spera che il suo esempio venga seguito nella lotta contro Israele. "Spero che si continui a camminare lo stesso percorso già intrapreso e se Dio vuole, vedremo alcuni di voi come martiri," ha detto Wafa al-Biss a decine di giovani che lo hanno accolto nella sua casa nel nord della Striscia. Biss è stato arrestato nel 2005 da soldati israeliani nei pressi dell'ospedale Soroka Beersheba, al confine di Erez. Gli hanno trovato addosso 10 kg di esplosivo cucito nella sua biancheria intima.
Biss è stato condannato a 12 anni di carcere per tentata strage. Ritornato libero ha subito ricominciato a professare il verbo suicida contro Israele: "Daremo anime e sangue per redimere i prigionieri. Daremo anime e sangue per te, Palestina". Biss ha detto che aveva progettato di farsi saltare in aria al posto di blocco ma il cattivo funzionamento del detonatore non lo ha permesso. Ora, Biss intende completare gli studi universitari di psicologia, ma ha aggiunto che rimane insensibile agli avvertimenti israeliani di agire contro coloro che una volta scarcerati fossero tornati alla militanza armata . Biss è stato uno dei 477 palestinesi liberati da Israele nella prima fase di scambio con Hamas a Gaza che ha posto fine a cinque anni di prigionia per il soldato Shalit. Altri 550 prigionieri Palestinesi saranno liberati entro la fine dell'anno.

(FocusMO, 24 ottobre 2011)

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La nuova Libia fra sharia, democrazia e vendetta

A Sirte giustiziati 53 fedelissimi di Gheddafi

di Ignazio Stagno

TRIPOLI - La Libia del dopo Gheddafi comincia a prendere forma. Bisogna capire cosa succederà nel Paese che dovrà mettersi sui binari democratici dopo quarant'anni di dittatura.
    Basti pensare che le generazioni più giovani sono nate sotto la dittatura, non hanno mai conosciuto la libertà di pensiero e di espressione. Ma sono gli stessi giovani libici che hanno dato il via alla rivolta contro il regime. Il nodo da sciogliere è come intendano gestire questa delicatissima fase di transizione. Tante voci si rincorrono e tante anime dialogano dentro la nuova Libia. Islam moderato contro chi rivuole la sharia, la legge islamica. Prima di tutto bisogna capire i tempi. Cioè entro quanto tempo considerare chiusa la fase di transizione. A fare chiarezza ci prova il primo ministro del Cnt Mahmoud Jibril che ha spiegato che questo processo può durare da una settimana a un mese. Il presidente del Cnt si porta già avanti e annuncia senza mezzi termini che per , la Libia
"come nazione musulmana la sharia è alla base della legislazione: tutte le leggi che contraddicono i principi dell'Islam sono annullate".
    
Queste dunque le prime promesse sul fronte interno davanti ad una piazza che raccoglie la Libia in festa. Ma davanti all'Onu i leader del Cnt Mustapha Abdul Jalil e Mahmoud Jibril sposano una posizione comune, promettendo un Paese democratico, moderno, aperto e rispettoso della dichiarazione universali dei diritti umani. Ma mettere davvero insieme tutte le anime del Paese non è facile.
    Al primo posto c'è il problema delle anime islamiche più integraliste. All'interno del Cnt, Abdulhakim Beladhj, capo del Consiglio militare di Tripoli, autoproclamatosi governatore della capitale, con un passato da leader del Gruppo islamico dei combattenti libici, ritenuto vicino alla rete guidata da al Zawahiri, membro di Al Qaeda.
    Poi c'è da mediare con la componente tribale. Alcune tribù sono molto potenti, come i Warfalla e i Magariha, e rivendicano un ruolo guida. Come i Senussi, che sono più una confraternita e potrebbero avere una funzione chiave per il coordinamento della nuova Libia. La prima cosa che dovrà fare il Cnt è dare al Paese una forza di sicurezza nazionale che risponda alle autorità lettimamente designate. Il primo banco di prova per la nuova Libia riguarda i prigionieri di guerra.
    Oltre settemila prigionieri sono rinchiusi da settimane all'interno disquallide prigioni di fortuna in Libia, senza che alcuna accusa sia stata mossa a loro carico. Questi detenuti sono stati anche vittime di torture ed abusi, stando alle denunce dei gruppi per il rispetto dei diritti umani e alle testimonianze rese dagli stessi detenuti. Le prigioni sono gestite da milizie locali che fanno parte dei ribelli. Il nuovo governo non ha ancora detto nulla su come intenderà agire contro i fedelissimi di Gheddafi.
    "Quello che abbiamo passato è inusuale. Non abbiamo un tribunale che si occupi di questo", spiega Ali Sweti, avvocato che lavora con le forze rivoluzionarie a Misurata e gestisce un carcere allestito all'interno della sede di un liceo. Intanto oggi l'organizzazione per i diritti umani Human Rights Watch (Hrw) fa sapere che la scorsa settimana in un albergo di Sirte sono stati giustiziate 53 persone appartenenti alle milizie di Gheddafi.
    "Abbiamo trovato 53 corpi in decomposizione, apparentemente di sostenitori di Gheddafi, in un albergo abbandonato di Sirte e alcuni di loro avevano le mani legate dietro la schiena quando sono stati uccisi - ha detto Peter Bouckaert, responsabile di Hrw che sta indagando sulla vicenda - questo caso richiede l'immediata attenzione delle autorità libiche perché indaghino su quanto accaduto e ne chiamino a rispondere i responsabili".
    
Questi episodi lanciano un'ombra sulla nuova Libia che sta cominciando a correre verso il futuro. Ma fa anche pensare ai tanti regolamenti di conti che fanno parte, purtroppo, degli effetti collaterali di tutte le guerre civili e non. La speranza è che Tripoli si metta alle spalle il passato torbido e si imbarchi in una nuova avventura che sia semplicemente civile.

(il Giornale, 24 ottobre 2011)


"Per la Libia come nazione musulmana la sharia è alla base della legislazione". Pochi giorni fa Sarkozy ha detto che parlare di uno stato ebraico non ha senso perché "uno stato non è né ebraico, né cattolico". Ha senso invece parlare di uno stato musulmano? Se no, perché non lo dice? E perché non lo dicono e non lo scrivono tutti quelli che rimproverano a Israele di voler essere uno stato ebraico?

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Libia. Frattini: la Sharia rispetti le altre religioni

ROMA, 24 ottobre 2011- "Cio' che conta e' che la base" della nuova costituzione libica "lasci liberta' di religione". E' cosi' che il ministro degli Esteri Franco Frattini ha commentato l'annuncio dato ieri dal presidente del Cnt Moustafa Abdel Jalil in merito al fatto che la costituzione della nuova Libia sara' ispirata alla sharia, la legge islamica. Intervenendo a margine della conferenza su 'Le donne agenti di cambiamento nel sud del Mediterraneo' in corso alla Camera dei Deputati, Frattini ha sottolineato l'importanza che nella Libia del dopo-Gheddafi venga rispettata la "liberta' di religione, di costruzione di chiese cristiane" come "avviene in Tunisia, in Egitto e (finora, ndr) in Libia". Riguardo al fatto che nella nuova legislazione libica potrebbero non trovare piu' posto norme secolari, come quella che garantiva il divorzio, il capo della Farnesina ha detto che si tratta di "scelte interne" e "riteniamo si debbano rispettare". Questo "fino a quando queste scelte non si pongono contro i diritti fondamentali e della vita della persona. A quel punto avremo il dovere di farci sentire", ha concluso Frattini.

(MNews.it, 24 ottobre 2011)


Il Ministro Frattini può cominciare fin da subito a farsi sentire, perché anche per quanto riguarda i diritti umani, per una nazione musulmana è il Corano che conta, non l’Onu.

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«Io ebreo, costretto a scappare»

TRIPOLI - Se non sarà accolto nel suo Paese d'origine, «la nuova Libia perderà un test chiave per la democrazia, tradendo le aspettative dell'Occidente». C'è delusione nelle parole di David Gerbi, l'unico ebreo riuscito a tornare in Libia con lo scoppio della rivoluzione ma invitato a lasciare il Paese circa una settimana fa, dopo che la sua presenza aveva scatenato diverse "manifestazioni antisemite" nei suoi confronti. Gerbi racconta come dopo aver lasciato la Libia abbia incontrato anche l'ostilità dei «funzionari e medici» libici a Roma. Lui era partito da Tripoli sullo stesso aereo su cui viaggiavano 15 feriti libici. «Li ho assistiti durante il volo e loro mi hanno chiesto di aiutarli anche una volta ricoverati a Roma. Così in questi giorni sono andato a trovarli comprando anche il cibo che volevano», spiega il 56enne, psicoterapeuta, che, tuttavia, è stato presto allontanato anche dalla sua attività "volontaria" di assistenza.
«Domenica mattina, al Roma American Hospital, alcuni funzionari dell'ambasciata mi hanno detto di non mettere più piede nell'ospedale. Hanno costretto i pazienti a dire che non avevano più bisogno di me», è il suo racconto. E, sottolinea, «l'ambasciatore Gaddur non si è mosso direttamente ma in questi giorni era diventato ostile e ha lasciato che i suoi funzionari intervenissero». L'episodio si è aggiunto alle manifestazioni antisemite che nei giorni scorsi lo hanno costretto a lasciare Tripoli. Gerbi, fuggito a Roma nel 1967 coma altre migliaia di ebrei libici, era tornato con lo scoppio della rivoluzione, si era unito ai ribelli e, nella capitale, dopo 44 anni aveva riaperto la sinagoga, «ridotta ad una discarica», per «avere un luogo in cui pregare». Le proteste sono scoppiate prima davanti all'edificio, poi fuori dall'albergo dove era rimasto chiuso nei giorni successivi per motivi di sicurezza.

(Corriere Canadese, 24 ottobre 2011)

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In arrivo la biografia di Sharon, è polemica

Nella "scatola nera" dell'ex premier molte rivelazioni scottanti

TEL AVIV - Desta già prime polemiche la biografia di Ariel Sharon, scritta dal figlio Ghilad, che raggiungerà le librerie israeliane solo fra qualche giorno. Sharon si trova in coma profondo dal gennaio 2006, ma il figlio ha egualmente completato la sua opera affondando le mani in "scatoloni di cartone pieni di appunti" dell'ex generale ed ex premier, trovate nella sua residenza privata. Le rivelazioni, spiega Sharon Jr., sono state verificate e integrate con interviste a dirigenti politici fra cui l'ex presidente Usa George W. Bush e l'ex premier britannico Tony Blair. Il libro contiene alcune sorprese, anticipa il quotidiano Yediot Ahronot, che per primo ha potuto visionarlo. Fra queste lo stenogramma di un incontro segreto (presumibilmente all'inizio degli anni Duemila) fra Shimon Peres, allora ministro degli Esteri, e Abu Mazen che attendeva ancora di essere nominato primo ministro, alle dipendenze del presidente dell'Anp, Yasser Arafat. «Se si sapesse di questo incontro, sarei un uomo morto», confidò allora Abu Mazen a Peres, per aggiungere che «Arafat non è una persona realistica» Secondo Ghilad Sharon, Peres informò Sharon di aver discusso con Abu Mazen, in un precedente colloquio, della estromissione politica di Arafat. Le prime polemiche in Israele riguardano intanto la decisione di Sharon di sgomberare gli insediamenti ebraici dalla striscia di Gaza, nell'estate del 2005. Ghilad Sharon afferma di essere stato lui stesso, già nell'ottobre 2003, a instillare nel padre la persuasione che quegli ottomila coloni, esposti di continuo ad attacchi terroristici, non avevano futuro in una Striscia popolata da un milione e mezzo di palestinesi ostili.
Un editorialista del quotidiano Israel ha-Yom rileva che se la versione di Ghilad Sharon è vera, costituisce una "macchia" nella biografia di Sharon. Il quale ne viene fuori - secondo l'articolista - come "un populista flaccido", e non come "uno statista alla Ben Gurion, come invece amava presentarsi".
La biografia ripercorre le maggiori vicende pubbliche e private nella tribolata vita di Sharon.
Un capitolo fa anche riferimento alle stragi compiute dai falangisti libanesi nei campi profughi palestinesi di Sabra e Shatila in una Beirut allora presidiata in forze dall'esercito israeliano (1982). Sharon, ricorda il figlio, si oppose alla costituzione della Commissione ufficiale di inchiesta sulle stragi, che ordinò la sua rimozione dal ministero della difesa per non aver previsto e impedito le stragi perpetrate dai falangisti. Ghilad Sharon scrive che in quella occasione il padre protestò con forza con il premier Menachem Begin, rinfacciandogli di "aver consegnato un ebreo" ai suoi nemici.

(Corriere Canadese, 24 ottobre 2011)

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Terremoto in Turchia, Israele offre aiuti umanitari

Malgrado le recenti tensioni politiche con Ankara, Israele ha offerto aiuti umanitari immediati alla Turchia in seguito al terremoto che ha devastato oggi la zona di Van. Il ministro degli esteri Avigdor Lieberman ha fatto sapere che Israele e' disposto a fornire assistenza di emergenza alla Turchia, cosi' peraltro come ha gia' fatto in circostanze simili in passato. Da parte sua il ministro della difesa Ehud Barak ha ordinato alle forze di protezione civile dell'esercito di essere pronte con un breve preavviso a inviare una spedizione di soccorso alla popolazione civile in Turchia, se cio' si rendesse necessario. I mezzi di comunicazione locali ricordano che similmente, un anno fa, il premier turco Recep Tayyip Erdogan mise da parte i forti contrasti politici con Israele quando invio' soccorsi ad Israele, che era in difficolta' nel domare un furioso incendio divampato sul monte Carmelo.

(MeteoWeb, 23 ottobre 2011)

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Hamas: OK a uno Stato palestinese in Cisgiordania e Gaza

Senza nessun riconoscimento di Israele e in attesa di liberare l'intera area

Mahmoud Al-Zahhar
Il Dr. Mahmoud Al-Zahhar, membro dell'ufficio politico di Hamas, ha detto che il suo movimento ad ogni costo e a qualunque sacrificio non lascerà prigionieri palestinesi nelle carceri dell'occupazione.
Zahhar ha detto questo durante il sermone del venerdì che ha dato nella Gran Moschea a Gaza City, alla presenza del primo ministro Ismail Haneyya e di decine di prigionieri liberati dalla Cisgiordania.
Zahhar ha invitato tutti gli interessati a capire bene la lezione: "Loro possono rilasciare i nostri prigionieri in qualunque modo vorranno: con decisioni interne, decisioni internazionali o intervento delle Nazioni Unite".
Ha poi ribadito la posizione di Hamas riguardo allo stabilimento di uno Stato palestinese nei confini del 1967 o in qualsiasi parte liberata della Palestina senza riconoscere l'occupazione di Israele e senza cedere un centimetro di terra.
Il leader di spicco di Hamas ha auspicato l'accelerazione della riconciliazione nazionale e dell'unione delle forze palestinesi dicendo: "Quelli che chiedono la liberazione della Palestina e rifiutano di cedere anche un granello di sabbia della Palestina non possono accettare che la Striscia di Gaza e la Cisgiordania restino separate".
"Se gli sforzi sono rivolti a lavorare per uno Stato palestinese sui confini del 1967, lavoriamo pure insieme per raggiungere questo stadio, ma questi non sono i nostri confini, perché i nostri confini sono ben noti: essi comprendono tutta la Palestina ".

(IMRA, 23 ottobre 2011 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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Il governo libico: «La sharia sarà la principale fonte di legge»

Prendendo la parola a Bengasi nel corso della cerimonia con cui la Libia è stata dichiarata ufficialmente libera dal regime di Gheddafi, il leader governo provvisorio, il Consiglio Nazionale di Transizione, Mustafa Abdul-Jalil, ha detto che
«La sharia sarà la principale fonte di legge, ogni norma che contraddice l'Islam sarà abrogata»
Poco dopo ha detto che, per questa ragione, si deve intendere nulla la legge che metteva un tetto al numero di matrimoni che ogni uomo poteva contrarre.

(il Post, 23 ottobre 2011)

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Elevata allerta in Israele per timore di attentati

Dopo l’accoltellamento di un giovane ebreo ortodosso a Gerusalemme

TEL AVIV, 22 ott - La polizia israeliana ha deciso di elevare lo stato di allerta nella maggiori citta' del Paese in seguito all'accoltellamento di un giovane ebreo ortodosso avvenuto oggi a Gerusalemme est da parte di un adolescente palestinese. Il giovane e' da diverse ore sottoposto a un intervento chirurgico e le sue condizioni sono definite gravi.
La polizia ritiene per il momento che l'assalitore, che si e' dato alla fuga, sia stato spinto da motivazioni nazionalistiche.

(ANSA, 22 ottobre 2011)

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Israele: scontro tra archeologi, ebrei accusano palestinesi di "revisionismo"

Il sito Ynetnews.com rende noto come la ricerca archeologica in Israele sia influenzata da condizionamenti religiosi e anche politici. Secondo l'articolo gli studiosi palestinesi starebbero avviano una vera e propria campagna di "revisionismo", per minimizzare la presenza degli ebrei in Palestina nei tempi più antichi. D'altro canto, anche gli studiosi ebrei cercano di confermare tramite l'archeologia i racconti della Bibbia. In particolare, viene criticato il professor Hamdan Taha, il ministro dell'Autorità Palestinese che si occupa di antichità e cultura.

(UAAR Ultimissime, 21 ottobre 2011)

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Abu Mazen chiede la liberazione di altri prigionieri

  
Mahmoud Abbas avanza pretese con Netanyahu perché pensa che Hamas ha svenduto Shalit a Israele. Lui aveva chiesto di più, e Olmert glielo aveva promesso.

Mahmoud Abbas ha chiesto a Israele di liberare altri prigionieri palestinesi. Con le 1027 persone liberate nello scambio con Gilad Shalit il governo Netanyahu non avrebbe ancora adempiuto ai suoi obblighi. Abbas ha detto che il predecessore di Netanyahu, Ehud Olmert, gli aveva promesso in colloqui segreti un numero di liberazioni molto maggiore. Adesso si aspetta che l'attuale primo ministro mantenga la promessa fattagli da Olmert.
Olmert gli avrebbe promesso, in due incontri, che dopo il rilascio di Shalit sarebbe stato liberato un numero maggiore di palestinesi. Questo sarebbe attestato da protocolli israeliani verbalizzati per iscritto. Abbas ha annunciato che nei prossimi giorni invierà una richiesta ufficiale a Netanyahu. Osservatori politici vedono nell'azione di Abbas un tentativo di ottenere visibilità per il suo movimento Fatah rispetto ad Hamas.

(israel heute, 21 ottobre 2011 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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Klezmatics featuring Joshua Nelson- Brother Moses Smote The Waters

Concerto di Natale - Prima data italiana

Joshua Nelson, voce, pianoforte
Lorin Sklamberg, voce, fisarmonica, chitarra, pianoforte
Frank London, tromba, tastiere, pianoforte, voce
Lisa Gutkin, violino, voce
Matt Darriau, sassofono contralto, clarinetto, pianoforte
Paul Morrissett, basso elettrico, flicorno baritono
Richard Barshay, batteria, percussioni

Quando il grande gospel incontra la tradizione ebraica: un gruppo trascinante e celeberrimo come i Klezmatics, fra i più significativi e popolari interpreti della tradizione musicale yiddish, si presenta assieme ad un supremo interprete del gospel afroamericano, il cantante Joshua Nelson, erede della leggendaria Mahalia Jackson. Uno spettacolo di eccezionale teatralità, che rilegge la religiosità ebraica e quella neroamericana alla luce di un profondo coinvolgimento emotivo e spettacolare.
www.klezmatics.com

(Corriere della Sera, 21 ottobre 2011)

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Arik Einstein compone un canto per Gilad

Uno dei giganti della musica israeliana ha composto una canzone per celebrare il ritorno del soldato Gilad Shalit dopo oltre cinque anni di prigionia a Gaza. La sera del 17 ottobre Arik Einstein, considerato da molti come il padre della pop music israeliana, e il suo collega musicale Guy Bocata hanno composto una canzone esclusivamente per il ritorno di Gilad. Si chiama "Ora che sei qui".




Testo e video della canzone di Arik Einstein tradotti in italiano:

"Ora che sei qui"

Noi non dimenticheremo mai
Il dolce momento
In cui abbiamo sentito che era finita
E stavi per tornare vicino a noi.
Un sorriso di bambino innocente
Si è dipinto sui nostri volti,
Il primo brivido
Dopo cinque anni.
Ora che sei qui
Prenditi tempo
Non correre veloce.
Ricorda, dimentica, ridi.
Sarai sempre un eroe
Ti è permesso di piangere.
Non è affatto semplice
Perdonare il destino.

(Des Infos.com, 21 ottobre 2011 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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Bari - 'Una Terra dai mille volti'. Settimana di cinema israeliano indipendente

Si terrà presso il cinema Abc di Bari, da lunedì 24 a sabato 29 ottobre, la rassegna "Cinematov 2011: Una Terra dai mille volti - Settimana di cinema israeliano indipendente", organizzata dall'associazione Kaleidoscopio e curata da Marta Teitelbaum.
Realizzata in collaborazione con Regione Puglia, Stato d'Israele - Ministero degli Affari Esteri, Comune di Bari, Apulia Film Commission, cinema Abc, la rassegna è alla sua seconda edizione e nella prima versione si è svolta a Milano nel novembre 2009.
Questa seconda edizione di Cinematov propone una selezione di otto lungometraggi e tre cortometraggi israeliani, volti a mostrare quella "terra dai mille volti" che è lo Stato d'Israele, luogo non solo di conflitti e drammi, ma anche di storie normali, di poesia, letteratura e arte.
Tutte le serate di proiezione all'Abc saranno introdotte e seguite da momenti di presentazione e dibattito: da lunedì e martedì a coordinarli ci sarà il critico del Corriere della Sera Giancarlo Grossini, mentre da mercoledì a sabato il compito toccherà al giovane critico israeliano Shai Tagner.
La cinematografia israeliana è una delle più dinamiche al mondo, particolarmente apprezzata dalla critica internazionale. Proiettati con successo da Venezia a Cannes, da Sidney a Los Angeles, film come Valzer con Bashir, Lebanon, Beaufort non lasciano indifferente nessuno. Una delle ragioni dell'interesse suscitato da queste pellicole sta nella libertà con cui i registi israeliani trattano il conflitto in Medio Oriente....

(Puglialive, 21 ottobre 2011)

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Il tappeto di Aladino ora può volare grazie alla fisica quantistica

ROMA, 20 ott. - Il tappeto di Aladino ora può volare grazie alla fisica quantistica. O almeno è quanto sostiene un gruppo di scienziati dell'università di Tel Aviv che ha applicato le teorie quantistiche alla realizzazione di questo disco/modello che "levita" su un piano.
La teoria scientifica che spiega il risultato raggiunto è complicata ed è meglio lasciarla a letture più mirate, qui ci limitiamo a raccontare un esperimento apparentemente sorprendente.
E' stato preso un disco di zaffiro, rivestito da un sottilissimo strato di ceramica composto da ossido di bario, rame ed ittrio ed è stato raffreddato a -185 gradi, e questo spiega il fumo del disco a contatto con la temperatura ambiente.
Una volta raggiunta questa temperatura il disco diventa un super-conduttore, il che significa che conduce elettricità senza resistenza e quindi non si disperde energia.
Di solito un super conduttore espelle il campo magnetico ma, quando è molto sottile, il campo magnetico penetra all'interno. Naturalmente, poiché stiamo parlando di fisica quantistica, qui lo fa in un modo non lineare crea cioè tubi di flusso. Questi tubi, a loro volta, intrappolano il super conduttore a mezz'aria. Il risultato, che si chiama quantum di blocco, è il superconduttore che resta chiuso nello spazio e quindi può muoversi in assenza di attrito, levitando. Al di là dell'esperimento sono interessanti le possibili applicazioni, una per tutte l'applicazione di super conduttori ai trasporti renderebbe possibile il raggiungimento di grandi velocità in condizioni di sicurezza maggiori di quelle raggiungibili con la levitazione magnetica dove manca la "trappola" che vincola il superconduttore alla superficie.

(Adnkronos, 20 ottobre 2011)

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Rassegna di cinema israeliano indipendente a Bari

L'Associazione Kaleidoscopio, Regione Puglia, Comune di Bari, ABC Centro di cultura cinematografica, Apulia Film Commission, Stato d'Israele/Ministero degli affari esteri presentano "Cinematov 2011: una terra dai mille volti".
Si terrà venerdì 21 ottobre, alle 12.00 presso la Sala giunta del Comune di Bari, la conferenza stampa di presentazione della rassegna cinematografica "Cinematov 2011: una terra dai mille volti", settimana dedicata al cinema israeliano indipendente che si terrà all'ABC dal 24 al 29 ottobre.
Alla conferenza stampa interverranno: Marta Teitelbaum, curatrice della rassegna; Silvia Godelli, assessore regionale al Mediterraneo, Cultura e Turismo; Michele Emiliano, sindaco di Bari; Francesca Rossini, segretario Agis Puglia e Basilicata e cinema ABC e Silvio Maselli, direttore di Apulia Film Commission.
Per sette giorni il cinema ABC di Bari, sala gestita dall'Agis e capofila del Circuito d'Autore di Apulia Film Commission, ospiterà il meglio della cinematografia indipendente israeliana, con l'intervento anche di critici italiani e israeliani quali Giancarlo Grossini e Shai Tagner.

(RB Magazine, 20 ottobre 2011)

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Israele: la francese EDF punta sul solare

Il gigante francese dell'energia EDF punta a espandere le proprie attività nel campo dell'energia solare in Israele. EDF costruirà fattorie del sole di piccole e medie dimensioni in collaborazione con Dalkia, joint venture tra la stessa EDF e la spagnola Veolia Environnement. I progetti parlano di cinque fattorie del sole per una capacità totale di 39.5 megawatt, nei pressi di altrettanti kibbutz.
Dalkia, attraverso la propria filiale israeliana Dalkia Israel, fornirà servizi di manutenzione degli impianti, e non solo: costruirà anche stazioni energetiche private, impianti di cogenerazione e aziende elettriche alimentate a biocarburanti. EDF ha iniziato a espandersi in Israele due anni fa; il responsabile locale è Sigal Naim. In questi anni, insieme a Dalkia, ha avviato la costruzione di impianti per una capacità complessiva di 150 megawatt. Inoltre, attualmente è in lizza in una gara indetta dal ministero delle Finanze per costruire un impianto fotovoltaico da 30 megawatt presso comune di Ashalim, nel sud del Paese.

(FocusMO, 20 ottobre 2011)

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Sarkozy sente aria di voto e indossa la kefiah

"Uno 'Stato ebraico' non ha molto significato perché un Stato non è nè ebraico nè cattolico. Uno 'Stato del popolo ebraico' è una discussione che si può fare, ma 'Stato ebraico' non ha molto senso". Lo ha dichiarato il presidente francese, Nicolas Sarkozy, durante un intervista all'agenzia di stampa AFP e a due radio della comunità ebraica francese, Radio J e RCJ.
Ci siamo. Sarkozy è evidentemente già in campagna elettorale, dopo la scelta dello sfidante François Hollande, da parte del Ps francese. Il presidente inizia già a battere su due brutte abitudini della classe dirigente francese: la religione della 'laicità' e le pulsioni anti-israeliane francesi. Lasciare più di due milioni di elettori musulmani alla sola sinistra francese è una regalia che Sarkozy pare non voglia fare.

(l'Occidentale, 19 ottobre 2011)

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Un film israeliano vince il Napoli Film Festival 2011

E' il film israeliano "A cinque ore da Parigi" di Leon Prudovsky, il vincitore del concorso Europa-Mediterraneo nell'ambito della XIII edizione del Napoli Film Festival che si chiude mercoledì 19 ottobre a Castel Sant'Elmo.
Sono invece il documentario "Il loro Natale" di Gaetano Di Vaio e il cortometraggio "La Colpa" di Francesco Prisco, con Gianmarco Tognazzi e Teresa Saponangelo, i vincitori dell'edizione 2011 dellle due sezioni del concorso Schermo Napoli.
Tra i premiati anche il documentario "Ageroland" di Carlotta Cerquetti, che vince il premio "Avanti", che prevede l'inserimento nel circuito distributivo Lab 80.

(RB Casting, 19 ottobre 2011)

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Il primo treno, 70 anni fa

Il 18 ottobre del 1941, 1013 ebrei berlinesi furono caricati su un treno merci sul binario 17 della stazione di Grunewald, un quartiere occidentale della città, e deportati in un ghetto dell'Europa orientale. Erano i primi ebrei residenti a Berlino a essere deportati. Negli anni seguenti, si calcola che più di 56 mila ebrei berlinesi furono uccisi o deportati. Il duro e difficile viaggio nei vagoni dei treni merci iniziò per molti al binario 17 della stazione. I convogli erano diretti verso i ghetti dell'Europa orientale e, a partire dal 1942, verso il campo di concentramento di Theresienstadt e i campi di sterminio di Auschwitz e Birkenau.

Decine di persone hanno deposto rose sul Memoriale del binario 17 della stazione di Grunewald, da dove
70 anni fa è partito il primo treno

Il 27 gennaio del 1998 è stato inaugurato il Memoriale del binario 17, costituito da 187 placche in acciaio ognuna delle quali testimonia il numero delle persone deportate e la destinazione dei singoli treni che sono partiti tra l'ottobre del 1941 e il febbraio del 1945. Martedì, settant'anni dopo la partenza del primo treno, decine di persone hanno visitato il Memoriale, deposto rose bianche e partecipato a una cerimonia di commemorazione per gli ebrei deportati e uccisi durante il nazismo.

(il Post, 19 ottobre 2011)

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"Alt ai macelli ebrei e islamici". È polemica sul blitz della Lega

Bocciato in Regione lo stop alle pratiche rituali: il Carroccio puntava a impedire l'uccisione
senza ricorrere allo stordimento. Gli islamici: "C'è una deroga che risale agli anni Ottanta"


di Luca De Vito e Andrea Montanari

È fallito il blitz della Lega Nord in consiglio regionale per vietare la macellazione rituale «non accompagnata da preventivo stordimento dell'animale», praticata dalle comunità islamica ed ebrea. La mozione, con cui il Carroccio chiedeva un giro di vite per «fronteggiare il fenomeno delle macellazioni rituali svolte al di fuori di centri autorizzati» è caduta sotto il fuoco delle polemiche, mettendo inoltre a nudo una pesante frattura nello schieramento di maggioranza. Ad affossare la proposta sono stati i consiglieri del Pdl, che al momento della votazione o sono rimasti fuori dall'aula o si sono astenuti.
A nulla è servita la tentata mediazione del pidiellino Sante Zuffada, che aveva proposto di inserire un emendamento per ridimensionare il testo della mozione, riportandola nei limiti delle competenze regionali. Nelle file del Pdl c'è stato addirittura chi ha votato "no" insieme con l'opposizione, come il capogruppo Paolo Valentini. Che ha dichiarato: «Se c'è un problema di ordine pubblico la sede in cui discuterne non è il consiglio regionale. Sono contrario a provvedimenti che limitano la libertà religiosa». Soddisfatto il pd Fabrizio Santantonio: «L'impostazione della mozione non aveva a cuore la salute dei consumatori o il benessere degli animali ma solo un obiettivo politico e ideologico».
L'uscita della Lega aveva scatenato forti reazioni anche da parte delle associazioni religiose. Se da una parte era scattata la protesta contro un'operazione ritenuta discriminatoria, dall'altra c'era chi ricordava che le richieste messe nero su bianco dai lumbard erano in conflitto con le leggi nazionali già esistenti. «Mi sembra un'iniziativa politica che contrasta con l'ordinamento del nostro paese — aveva detto Hamid Distefano, amministratore delegato di Halal Italia, l'ente riconosciuto dallo Stato che si occupa della certificazione di conformità alle regole islamiche per il trattamento delle carni — La deroga allo stordimento per la macellazione rituale, infatti, risale a un decreto degli anni Ottanta. È l'ennesima occasione persa per evitare delle strumentalizzazioni. Così si rischia di mettere in difficoltà chi, come noi, lavora per migliorare la formazione degli operatori di questo settore»
La proposta leghista aveva riscosso scarso successo anche tra gli ambientalisti. «Ben vengano iniziative che disincentivano il consumo della carne — aveva dichiarato Paola Brambilla, presidente regionale del Wwf — ma dal punto di vista del benessere dell'animale non so quanti sia pertinente la proposta: esistono studi che spiegano come la macellazione normale sia più traumatica per gli animali di quella rituale».

(la Repubblica, 19 ottobre 2011)

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Cori razzisti, si muove la giustizia sportiva

di Guglielmo Buccheri

La notte del derby «offeso» dai cori antisemiti delle curva Nord laziale finisce dentro un fascicolo della procura sportiva. L'inchiesta sui fatti dell'Olimpico è ufficialmente aperta: da ieri sul tavolo del pm del pallone Stefano Palazzi c'è una cartellina pronta ad essere arricchita dal materiale probatorio e ad essere esaminata accuratamente dagli 007 della Figc.
    La Federcalcio si muove. E lo fa raccogliendo il grido di allarme lanciato dalla Comunità ebraica. «E' ora di intervenire, di denunciare episodi che si verificano con allarmante regolarità ad ogni partita della Lazio all'Olimpico...», così il presidente degli ebrei romani Riccardo Pacifici. La prima mossa del palazzo del calcio è arrivata dalla procura federale che, in piena autonomia come prevedono le norme interne alla federazione, ha deciso di aprire un'indagine (il governo politico del calcio non ha alcuna facoltà di intervenire sull'operato o le iniziative degli organi di giustizia sportiva). Gli 007 di Palazzi dovranno raccogliere le prove alla base della forte denuncia della Comunità ebraica e, solo una volta raccolto il materiale, decidere se archiviare o chiedere il processo sportivo. Nel referto scritto dall'arbitro nell'immediato dopo gara, documento su cui si basano le eventuali sanzioni del giudice del calcio, non c'è traccia dei cori antisemiti perché durante la partita niente si è messo ditraverso. Nessuna annotazione sull'atteggiamento razzista della curva laziale; non è possibile rintracciare nemmeno quanto scritto dagli investigatori federali presenti a bordo campo domenica sera, così il lavoro della procura della Federcalcio è rivolto soprattutto all'individuazione di filmati o dvd.
    Ieri mattina, i vertici della Figc si sono messi in contatto con quelli della Comunità ebraica per esprimere solidarietà del palazzo del pallone: in particolare il direttore generale Antonello Valentini ha chiamato al telefono l'assessore alle relazioni esterne Ruben della Rocca. E la stessa Comunità ebraica della Capitale si è detta pronta a fornire le prove di come anche in altre gare della stagione in corso sia finita nel mirino della curva allo stadio (in particolare ci sarebbe un video anche per la partita LazioPalermo del 26 settembre scorso sempre allo stadio Olimpico).
    Intanto all'ultimo derby romano guarda anche la stampa tedesca perché in Germania è scoppiata la polemica per lo striscione «Klose mit uns», uno degli slogan rielaborato dal «Gott Mit Uns», slogan adottato dai nazisti. L'edizione on line di Der Spiegel il giorno dopo la stracittadina titolava «Klose nuovo eroe nello scandalo del club» scrivendo nell'articolo che l'attaccante tedesco «avrebbe fatto bene a dissociarsi da tele striscione...» e che «una parte della tifoseria laziale non fa mistero delle sue simpatie fasciste...». Ieri, dal quartier generale di Formello, sede della Lazio, lo stesso Klose, decisivo
  
all'ultimo minuto del tempo di recupero con il gol vittoria per i laziali, ha precisato come «la politica debba rimanere sempre fuori dallo sport, in ogni sua manifestazione possibile...».
    L'indagine sulla notte di domenica è aperta. Nelle prossime ore si concluderà il lavoro degli uomini della procura sportiva, poi il processo o l'archiviazione (decisivo sarà l'ascolto dei possibili filmati del pre-partita dell'Olimpico). Dalla Comunità ebraica c'è apprezzamento per la sensibilità dimostrato dalla Figc e c'è la volontà di ripartire da quest'ultimo episodio con più forza verso un progetto che possa servire per distendere il clima e favorire la comprensione. Allo studio c'è la possibilità di creare tornei o eventi coinvolgendo formazioni palestinesi. Una svolta che possa evitare il nascere di una nuova escalation del razzismo da curva.

(La Stampa, 19 ottobre 2011)

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Gilad Shalit

La liberazione è avvenuta. Tutto il mondo adesso ne parla e quindi non è il caso di aggiungere altre parole. Resta un senso di disagio e di cupo malessere che i commenti di vario genere non fanno altro che accrescere. Comunque la si rigiri, resta il fatto che il male ha trionfato. Temporaneamente, ma ha trionfato. M.C.

(Notizie su Israele, 18 ottobre 2011)

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Berlino: 70 anni fa, dal Gleis 17 vennero deportati i primi ebrei

70 anni fa, dal binario 17 della stazione Gruenewald di Berlino, partiva il primo treno con 1089 deportati ebrei. Domani al binario 17 saranno deposte rose bianche per commemorare le vittime del terrore nazista

di MassimoDemontis

Sono passati 70 anni da quel drammatico, disumano, orribile 17 ottobre 1941.
Quel giorno, dal binario 17, Gleis 17, della stazione Gruenewald di Berlino partì il primo treno che deportò 1089 ebrei, bambini, donne, uomini, medici, insegnanti, commercianti, artisti, avvocati, pensionati, neonati nel ghetto di Litzmannstadt (nome della città Lódz) in Polonia, dal nome del generale e membro della NSDAP Karl Litzmann.
Molti altri treni seguirono, diretti nei campi di concentramento di Riga, Minsk e Theresienstadt. Da qui venivano poi portati nel campo di sterminio di Auschwitz per essere brutalmente assassinati. Dall'ottobre del 1941 al febbraio del 1945, passarono per il binario 17 di Gruenewald 55.000 ebrei, dei 160.000 della comunità ebraica di Berlino, presi dai nazisti con la forza e con la violenza dalle loro case e spintonati attraverso le strade della città per raggiungere la stazione che li portò incontro alla morte.
Pochi giorni prima del 17 ottobre, la Gestapo aveva cominciato a internare ebrei nella sinagoga del quartiere Moabit nella Levetzowstrasse. Domani al binario 17 saranno posate rose bianche in ricordo degli ebrei deportati dai nazisti. Interverranno il sindaco di Berlino Klaus Wowereit, Lala Suesskind, presidentessa della comunità ebraica e la scrittrice Inge Deutschkron, sopravvissuta al terrore nazista.

(rassegna.it, 17 ottobre 2011)

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L'incredibile storia del figlio del fondatore di Hamas

Il 21 ottobre esce per Gremese "Figlio di Hamas. Dall'Intifada ai servizi segreti israeliani". Racconta la storia vera del figlio di Hassan Yousef, fondatore di Hamas, che per rifiuto della violenza ha tradito l'organizzazione palestinese dal suo interno, rivelando segreti e piani terroristici e proponendo una scelta di pace, rischiando la sua vita e quella dei suoi familiari. E' stato tradotto in Francia, Germania, Russia e Giappone, e ha venduto centinaia di migliaia di copie nel mondo.

"Gli avvenimenti narrati in questo libro sono i miei ricordi più nitidi, districati da quel groviglio che è stata la mia vita nei territori occupati da Israele e tessuti insieme, così come si presentavano, in modo consecutivo o simultaneo. Per ragioni di prudenza ho intenzionalmente omesso molti dettagli relativi a operazioni riservate condotte dallo Shin Bet, il servizio di sicurezza israeliano, e posso confermare che le informazioni rivelate in questo libro non compromettono in alcun modo l'attuale guerra globale contro il terrorismo, in cui Israele esercita un ruolo primario. Infine, Figlio di Hamas - come il Medio Oriente - è una storia in continua evoluzione. Per questo vi invito a mantenere i contatti, visitando il mio blog all'indirizzo http://www.sonofhamas.com, in cui troverete i miei commenti sugli avvenimenti più recenti. Sarete aggiornati anche su ciò che Dio deciderà di fare della mia famiglia, del mio libro e di me".
    
GLI AUTORI - Mosab Hassan Yousef è nato a Ramallah, Cisgiordania, nel 1978. Suo padre è uno dei membri fondatori di Hamas. Ex membro attivo del movimento, Mosab è stato più volte arrestato dallo Shin Bet e sottoposto a terribili torture. Vive in USA come rifugiato politico. Ron Brackin, giornalista, è stato a Ramallah, Gaza e a Gerusalemme nel periodo della seconda Intifada. Già addetto stampa del Congresso a Washington.

(Affaritaliani.it, 17 ottobre 2011)

Notizie su Israele 486

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L'Alta corte israeliana discute appelli contro lo scambio di prigionieri

GERUSALEMME - Gli israeliani che si sono opposti allo scambio di prigionieri con Hamas hanno richiesto oggi l'intervento della Corte suprema per bloccare il rilascio di centinaia di palestinesi in carcere in cambio della liberazione del soldato israeliano Gilad Shalit.
Il primo passaggio dello scambio, in programma per domani, dovrebbe far scrivere la parola "fine" a una vicenda che ha tenuto col fiato sospeso gli israeliani negli ultimi cinque anni, in cui Shalit è rimasto prigioniero nella Striscia di Gaza.
In base alla legge israeliana, chi è contrario al rilascio dei 477 prigionieri palestinesi, molti dei quali condannati per attacchi mortali, può fare appello prima che lo scambio avvenga.
Finora sono state presentate alla Corte suprema quattro richieste, da parte dell'Almagor Terror Victims Association e dalle famiglie delle vittime degli israeliani uccisi in attacchi palestinesi.
La Corte non è solita intervenire in quelle che considera questioni politiche e relative alla sicurezza.
"Comprendo la difficoltà di accettare che i vili che hanno commesso quei crimini orribili contro i vostri cari non pagheranno del tutto il prezzo che meritano", ha scritto il premier Benjamin Netanyahu in una lettera, diffusa dal suo ufficio e indirizzata alle famiglie delle vittime.
Hamas ha preparato festeggiamenti per un rientro da eroi a Gaza per 295 prigionieri. I palestinesi considerano i compagni in carcere come prigionieri di guerra nella battaglia per la creazione dello Stato. Israele ha nelle proprie carceri circa 6.000 prigionieri palestinesi.
Un sondaggio del quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth ha rilevato che il 79% dell'opinione pubblica è a favore dell'accordo con Hamas.
Shalit, oggi 25enne, fu catturato nel 2006.

(Reuters, 17 ottobre 2011)

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Shalit, Netanyahu scrive ai parenti delle vittime del terrorismo palestinese

Il primo ministro ha scritto. Ha preso carta e penna e tirato giù una lettera. Sobria. Contenuta. Come si addice a chi ha dovuto prendere decisioni difficili in momenti altrettanto difficili. Dopo due giorni di forti contestazioni Benjamin Netanyahu ha rotto il silenzio e ha inviato una lettera ufficiale ai parenti delle vittime del terrorismo palestinese.
«Care famiglie», ha scritto Netanyahu di suo pugno, «vi scrivo a malincuore. Capisco e conosco il vostro dolore. Appartengo anche io a una famiglia in lutto per colpa del terrorismo. Mio fratello è stato ucciso durante le operazioni di salvataggio degli ostaggi di Entebbe».
«So che siete rattristati», continua il premier israeliano, «so che le ferite si sono riaperte in questi giorni e che non state vivendo un momento facile. Durante i negoziati per il rilascio del soldato rapito Gilad Shalit ho avuto anche io molte perplessità e voi siete stati sempre nei miei pensieri. Prendere una decisione sul caso Shalit è stata una delle cose più difficili della mia vita. È statoarduo per me per le stesse ragioni per cui è difficile per voi adesso accettare tutto questo». «Ma come primo ministro ho la responsabilità di portare a casa Gilad e ogni soldato che viene mandato in missione per proteggere i nostri cittadini. Perché quando anche io andavo a combattere in nome dello Stato d'Israele, sapevo che il Paese non avrebbe abbandonato nessuno dei suoi».
«Ho cercato di limitare il prezzo da pagare per riportare a casa un nostro militare. Ma so anche che il prezzo è lo stesso molto pesante per tutti voi. Capisco il dispiacere nel vedere che le persone malvagie che si sono rese protagoniste di crimini spaventosi contro i vostri cari non pagheranno davvero tutta la pena che meritano. Ma spero anche che in questi momenti voi possiate trovare conforto nell'abbraccio mio e dell'intero Stato d'Israele. Condividiamo il vostro dolore. I vostri cari saranno sempre nel mio cuore».

(Falafel Cafè, 17 ottobre 2011)

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Shalit: chiusi valichi Israele-Gaza-Sinai

TEL AVIV - Off limits da stasera per tutto domani come "zona militare" i valichi a sud d'Israele con la Striscia di Gaza e l'Egitto, nell'imminenza dello scambio fra il Ghilad Shalit e diverse centinaia di detenuti palestinesi. Fonti del ministero della Difesa precisano che il provvedimento riguarderà anche il valico di Kerem Shalom, attraverso il quale Shalit dovrebbe essere riportato in Israele domattina, dopo la sua liberazione da parte di Hamas e il trasferimento in Egitto.

(ANSA, 17 ottobre 2011)

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Israele: quindici milioni per Elbit System

L'azienda israeliana Elbit Systems si aggiudica un contratto da 15 milioni di dollari in Asia. L'identità del cliente non è stata resa nota: si sa solamente che si tratta di un governo asiatico, a cui la compagnia con sede a Haifa dovrà fornire nei prossimi 18 mesi il proprio sistema Wit (Wise Intellegence Tecnology).
Si tratta di un software che supporta ogni stadio del processo di intelligence e investigativo. Wit, per esempio, è in grado di raccogliere dati da fonti diverse, come archivi e sensori, e anche di analizzare le informazioni, aiutando in tal modo gli agenti dei servizi di sicurezza nelle loro valutazioni. «Siamo orgogliosi di essere stati selezionati per fornire un servizio tanto sofisticato», ha dichiarato il manager generale di Elbit Systems Land, Bezhalel Machlis. Ieri le azioni dell'azienda specializzata in software di difesa sono salite del 2.2% e la capitalizzazione di mercato è arrivata a 1.86 miliardi di dollari.

(FocusMO, 17 ottobre 2011)

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Olimpiadi 2020: deputati israeliani contro la candidatura di Istanbul

ROMA, 17 ottobre 2011 - Un gruppo di componenti della Knesset, il parlamento israeliano, ha avviato una campagna internazionale per evitare che Istanbul si candidi ad ospitare i giochi olimpici del 2020. Il gruppo di parlamentari israeliani, guidati dal portavoce Danny Danon, ha avviato questa campagna lo scorso mese di agosto, prima che venisse espulso dalla Turchia l'ambasciatore israeliano e che venissero sospesi i rapporti tra i due paesi.
Lo riferisce il sito ynetnews.com. Danon ha incontrato i parlamentari di diverse nazioni, inclusi quelli di Stati Uniti ed Europa, chiedendo loro di unirsi alla campagna per convincere i rappresentanti del Cio a non votare per Istanbul. Danon ha anche scritto una lettera al presidente del Cio Jacques Rogge nella quale sottolinea che le Olimpiadi ''non possono essere disputate in un paese che contraddice i valori olimpici''. Sono sei le citta' che hanno presentato la candidatura ad ospitare i giochi 2020: Roma, Madrid, Istanbul, Tokyo, Baku e Doha.

(MNews.it, 17 ottobre 2011)

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Lazio-Roma: cori antisemiti dalla Nord

Lo denuncia il presidente della comunita' ebraica della capitale

ROMA, 16 ott - ''In questo momento, dalla curva Nord dello stadio Olimpico, continuano ad arrivare insulti agli ebrei e non solo. Di questo siamo stanchi e non vogliamo parlare''. Lo ha detto il presidente della comunita' ebraica di Roma Riccardo Pacifici, intervenendo nella capitale alla tradizionale fiaccolata del 16 ottobre che ricorda la deportazione degli ebrei romani da parte dei nazisti nel '43. ''Accade questo - ha aggiunto - nonostante si faccia una manifestazione come il Trofeo della Memoria''.

(ANSA, 16 ottobre 2011)

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La poetica «esplosione» del kletzmer

di Magda Poli

MILANO - Immaginate una piazza in uno shtetl, un borgo ebraico d' altri tempi nell' Europa dell' Est, dove vive un nucleo di abitanti chiassosi, litigiosi pronti per un banchetto di nozze e un' orchestrina che suona musica klezmer, musica che sembra farsi dolcemente carico di tutta la nostalgia, la malinconia, la gaiezza del mondo. In questa cornice, intessendo una semplice storia di fidanzati che si vogliono e non si vogliono e che poi si sposeranno, il divertente «Circus Klezmer» di Barcellona fa vivere uno spettacolo dalla lievità incantata. Gli acrobati, fingendosi incapaci, compiono esercizi che strappano il riso in un' atmosfera di rissosa bonarietà. Lo scemo del villaggio è il clown, il bianco della nostra tradizione, che diverte e si diverte prendendo tutto e tutti molto poco sul serio, intrecciando continue gag. I numeri si susseguono a buon ritmo sostenuti dalla gioia della musica: c' è la bella e buona, un' etera funambola, cui si contrappone la brutta e irosa, brava contorsionista e acrobata che si esibisce anche in un irresistibile grottesco striptease, e di esercizio in esercizio, coinvolgendo direttamente il pubblico, lo spettacolo si compone allegro, preciso e ilare. Ed è proprio la semplicità e la leggerezza la straordinaria forza di questo spettacolo disegnato da un gruppo di bravi artisti. Teatro Franco Parenti, fino a domenica

(Corriere della Sera, 16 ottobre 2011)

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Tournée in Italia dei Fratelli Musulmani

  
Rachid Ghannouchi
Votano anche i tunisini all'estero. E la campagna elettorale, in Italia, la fanno i Fratelli Musulmani. Se ne sono accorti una trentina di deputati Pdl, che si rivolgono al ministro Maroni per chiedere spiegazioni sulla tournée a Reggio Emilia di Rachid Ghannouchi, esponente di spicco dei Fratelli Musulmani. «Tornato in Tunisia dopo la rivoluzione, stante l'esilio ventennale cui era stato condannato per estremismo», ricostruisce Souad Sbai, prima firmataria dell'interrogazione, «è considerato, per le sue idee un estremista». A renderlo ancor più degno d'attenzione, è la sua candidatura a «primo ministro in Tunisia per il partito Ennadha, di stampo religioso a sfondo estremista». I deputati chiedono al governo se «intenda monitorare l'ingresso nel Paese di soggetti potenzialmente pericolosi per la stabilità delle rispettive comunità e, in particolare, i canali che hanno portato Ghannouchi in Italia». Se, per la prima parte, la risposta spetta all'esecutivo, Libero è in grado di rispondere alla seconda domanda. Ghannouchi era venuto a sponsorizzare l'elezione di Osama AlSaghir, 28enne tunisino, giornalista di Al Jazeera e, soprattutto, candidato in Italia per la lista Ennahda

(Libero, 16 ottobre 2011)

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La vita degli ebrei

di Ugo Volli

La notizia dell'accordo raggiunto per la liberazione di Gilad Shalit ha emozionato tutti gli ebrei e gli amici di Israele nel mondo. Il giudizio politico e militare sull'opportunità della scarcerazione di tanti temibili ed esperti terroristi in cambio di un solo soldato - peraltro privo di competenze o conoscenze particolari, senza nessun'altra speciale qualità a parte il suo essere una persona, un ragazzo, un ebreo - ha diviso l'opinione pubblica israeliana. Ma anche quelli che col ragionamento sono rimasti perplessi o contrari al rilascio di criminali pronti a ripetere i loro attacchi, col cuore sono stati certamente felici: perché davvero l'idea che tutti gli ebrei sono responsabili gli uni verso gli altri, sono in un certo senso una sola famiglia, non è un principio astratto, ma un'esperienza concreta, un modo di vivere. Non entrerò in questa discussione, perché credo di non averne il diritto, vivendo in Italia, senza subire se non di riflesso i rischi degli attentati e della cattura dei colpevoli. Credo però che chi parla di una dirigenza israeliana incapace di decidere, paralizzata, isolata, immobilista, dovrà ricredersi, perché il rischio che si è assunto Netanyahu con la sua decisione è grande e certo non preso a cuor leggero.
    Credo che questa sia anche l'occasione in cui noi, ebrei della diaspora, dobbiamo ringraziare chi ci è stato vicino, le città che hanno esposto il ritratto di Gilad sui municipi, che hanno compiuto atti simbolici come oscurare i monumenti, che gli hanno concesso la cittadinanza. Grazie, ci fanno pensare che la pianta dei Giusti delle nazioni non sia isterilita in questi anni difficili. Anche questo è un pensiero che allarga il cuore.
    Ma anche senza entrare nella difficile discussione sul prezzo del riscatto e senza mettersi a fare dietrologia politica (l'umiliazione di Abu Mazen e della Turchia tagliati fuori dallo scambio, l'esistenza di un canale che continua col governo egiziano, la funzione della mediazione tedesca, finalmente un gesto positivo da parte dell'Europa), ci sono delle ragioni di amarezza profonde. Gli ebrei si catturano, si rapiscono: Hamas ha subito promesso che si provvederà il ricambio a Shalit. Si prendono e si usano come materiale di scambio per ciò che si vuole ottenere. L'ha fatto il III Reich, chiedendo oro (per esempio a Roma, prima del rastrellamento del '43 di cui oggi ricorre l'anniversario), l'hanno fatto per secoli sovrani europei e arabi, inquisizioni, cosacchi, fino agli islamisti di oggi.
    La vita degli ebrei per tutti costoro non vale niente, può essere umiliata o distrutta senza rimorsi, ma viene venduta a caro prezzo: mille a uno, in questo caso. Un po' di solidarietà dal resto del mondo arriva, ma vi manca l'indignazione. Si condanna, ma in fondo si comprende. In questo momento la parola indignazione è diventata merce comune, produce piccoli best seller ipocriti come quello di un signore francese che non nomino, o induce a gettare sassi sulla polizia e uova sulle banche, come se il loro mestiere fosse una colpa morale e il collettivismo economico non avesse mostrato ampiamente il suo fallimento, o come una società potesse reggere senza forze dell'ordine. E ci si indigna naturalmente contro Israele, che "ruba la terra" agli arabi eccetera eccetera.
    Ma contro il sequestro di un ragazzo, il furto di cinque anni della vita sua e della sua famiglia per puro profitto, invece non ci si indigna. Non ci sono Ong che protestano, non si fanno manifestazioni. Non si dice che i palestinesi sono pieni di criminali che rapiscono la gente, sgozzano i bambini, ammazzano gli handicappati a sangue freddo, mettono bombe nei ristoranti e negli autobus. Ora è provato che i criminali, i pazzi sadici ci sono dappertutto, e questa potrebbe essere una giustificazione. Ma quel che non si dice, e per cui certamente non ci si indigna, è il fatto che questi gesti sono per lo più freddamente calcolati e programmati dai loro mandanti, sono insomma crimini premeditati anche se compiuti da esaltati. E soprattutto che chi li compie non è rifiutato, condannato, ostracizzato, ma anzi al contrario onorato e ricordato come un eroe. Cinquant'anni fa, al momento del processo Eichmann, Hannah Arendt coniò lo slogan profondamente equivoco e sbagliato della "banalità del male". Voleva indicare che le SS facevano il loro sporco lavoro convinte che fosse un dovere quotidiano, come qualunque altra incombenza. Ma per questo "dovere" venivano premiati e promossi. I terroristi palestinesi fanno sostanzialmente le stesse cose e per le stesse ragioni. Come i nazisti rapiscono, uccidono stuprano mutilano. E come loro lo fanno "per la patria". Ma nessuno si indigna contro di loro oggi. Forse per le stesse ragioni per cui nessuno si indignava settant'anni fa. Perché le vittime allora erano ebrei, affamatori del popolo, nemici della nazione, razza inferiore. E oggi sono ebrei coloni, esercito di occupazione, affamatori dei popoli, nemici delle nazioni.

(Notiziario Ucei, 16 ottobre 2011)

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Givat Hamatos - La Farnesina a Israele: receda e rispetti Ue e Quartetto

ROMA - "Abbiamo appreso con forte rammarico e preoccupazione l'annuncio israeliano sul piano di nuovi insediamenti a Givat Hamatos". Lo afferma il Portavoce della Farnesina, Maurizio Massari, il quale ricorda che "la comunità internazionale si attende dalle due Parti, israeliana e palestinese, un impegno genuino per il pronto ristabilimento di un clima di fiducia reciproca, essenziale per il rapido riavvio dei negoziati, che costituiscono l' unico possibile strumento per rilanciare concretamente il processo di Pace".
"Purtroppo - prosegue Massari, associandosi alle dichiarazioni rese ieri dall'Alto Rappresentante Ashton - questo annuncio, sommandosi in pochi giorni ad uno analogo su nuovi insediamenti a Gilo, va in direzione contraria all' obiettivo che Israele stesso afferma di perseguire: quello, appunto della ripresa del negoziato".
"Auspichiamo vivamente - conclude il portavoce del Ministero degli Esteri - che Israele possa recedere da questi propositi e muoversi nella direzione indicata dall'Ue e dal Quartetto".

(CINQUEW.it, 16 ottobre 2011)


Come abbiamo già detto, riguardo a Israele le nazioni si dividono in buone e cattive . Le cattive lo vogliono distruggere, le buone lo vogliono educare. Il pericolo maggiore per Israele non viene dalle cattive, ma da quelle buone, tra cui la nostra Italia. Saranno le nazioni buone a fornire alle nazioni cattive la buona coscienza morale per attaccare Israele e tentare di distruggerlo. Non avverrà per vile cattiveria, ma per nobile senso di bontà. Israele deve essere punito: la moralità lo richiede. M.C.

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Il 44 % degli italiani "ostile" agli ebrei. L'antisemitismo si diffonde sul web

L'indagine parlamentare conoscitiva rivela che on line si va estendendo l'idea che non è razzismo essere antisemiti. Oltre mille siti (+ 40%) dedicati alla diffusione dell'odio antiebraico

di Alberto Custodero

ROMA - Il 44 per cento degli italiani manifesta opinioni ostili agli ebrei. Nel 12 per cento dei casi questa l'ostilità si configura come antisemitismo vero e proprio. Ma l'antisemitismo, oggi, è online. Si diffonde sul Web, in modo nuovo perché trasmette agli internauti messaggi razzisti "subliminali". L'obiettivo non è convincere alla conversione all'antisemitismo, ma rendere l'antisemitismo "socialmente" accettabile nella comunità online, facendo venire meno l'equazione razzismo uguale antisemitismo.
Sono, queste, le conclusioni dell'indagine parlamentare conoscitiva sull'antisemitismo fatta da Commissioni Affari costituzionali ed Esteri in collaborazione con la presidenza del Consiglio.
    Nel 2008-09, si legge nella relazione, "s'è registrato in Italia un preoccupante incremento sulle piattaforme di Internet e nei social network di siti di tipo razzista: dagli 836 del '08 si è passati a 1172 nel '09, con un aumento del 40 per cento. In Italia, secondo la Polizia postale, sono una cinquantina i siti interamente dedicati alla diffusione dell'odio antiebraico, che pur essendo stati in passato oscurati, sono riusciti a eludere la legge italiana spostando i domini di registrazione all'estero.
    L'avvento di Internet ha trasferito e amplificato a dismisura quanto prima avveniva in forma ridotta su graffiti o in pubblicazioni di nicchia. Ma soprattutto l'avvento dei social network come Facebook e Twitter ha comportato una specifica amplificazione del fenomeno che l'australiano
    Andrè Oboler (Chief executive officer di Zionism on the Web) ha denominato "antisemitismo 2.0" richiamando il passaggio da Web 1.0 a Web 2.0 avvenuto nel 2004 con la fondazione proprio di Facebook.
    L'antisemitismo sul Web comporta importanti ricadute negative sulla realtà giovanile. Il pregiudizio antisemita fra i giovani secondo uno studio dell'Istituto ricerche politiche e socioeconomiche (Iard), è in aumento: il 22 per cento di giovani tra i 18 e i 29 anni manifesta ostilità nei confronti degli ebrei, con dati superiori alla media per quanto riguarda i maschi, i residenti al Nord, i giovani con un livello di istruzione inferiore.
    Il pericolo secondo Oboler e Stefano Gatti, esperto del Centro documentazione ebraico contemporaneo (Cdec), "non risiede tanto nei siti web tradizionali chiaramente antisemiti, ma nei social media soprattutto frequentati dai giovani. Semplici ricerche su Internet possono diffondere messaggi antisemiti. Così su Facebook o su Twitter si crea un contesto in cui l'antisemitismo e altre forme di odio diventano accettabili a livello sociale, anche se non per forza condivise, rendendo più probabile che gli stimoli della comunità online incidano su comportamenti reali. Ecco il rischio: molti rimarranno passivi e riterranno l'odio antiebraico normale, quotidiano, legittimo. Ciò genera una cultura in cui l'odio il razzismo e il comportamento antisociale possono diffondersi, con grossi rischi per l'ordine pubblico e la sicurezza".
    Neanche a farlo apposta, come l'attività della Commissione è iniziata, sono apparsi su siti razzisti e antiebraici attacchi specifici e minacce a componenti del Comitato, in particolare alla presidente Fiamma Nirenstein. Secondo l'indagine parlamentare l'antisemitismo online è da considerarsi problema globale cui contrapporre reazione globale.
    A proposito di contrasto al razzismo via Web, il capo della polizia postale Domenico Vulpiani ha ammesso che la propaganda antisemita e negazionista una volta relegata a pubblicazioni di nicchia ha trovato su Internet uno strumento facile ed economico di diffusione. Ma la legge Mancino contro le discriminazioni etniche razziali religiose, entrata in vigore prima della diffusione di Internet, sconta in proposito alcuni limiti di applicazione. I social network, del resto, non si possono certo oscurare. L'unica via è instaurare con i gestori una collaborazione per rimuovere contenuti a carattere criminale, ma questa procedura appare non agevole nel caso di affermazioni di tipo razzista o antisemita perché si pone il problema della difficoltà di assumere la veste di censore rispetto all'espressione di opinioni per quanto discutibili. Sull'argomento il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha ammesso che "vi sono difficoltà e resistenze da parte dei gestori dei social network a provvedere alla rimozione di contenuti discriminatori sulla base della semplice segnalazione della polizia postale. Di conseguenza, la Polpost provvede al monitoraggio dei siti e segnala i vari casi all'autorità giudiziaria, che a sua volta emana provvedimenti di natura giurisdizionale che consegna ai gestori dei siti. Questi ultimi, specie se con sedi all'estero, non sono tenuti al rispetto del provvedimento, ma in genere lo eseguono".
    La Commissione ha dunque formulato la richiesta che il governo provveda con urgenza a risolvere il problema della mancata sigla da parte dell'Italia al Protocollo addizionale alla Convenzione sulla criminalità informatica relativo all'incriminazione di atti di natura razzista e xenofobica commessi a messo di sistemi informatici" entrato in vigore nel 2004.
    Per quanto riguarda l'odio antiebraico nel contesto internazionale, "la novità assoluta che l'indagine ha contribuito a far emergere è l'elemento genocida, che consiste nel promettere che gli ebrei possano subira un'altra Shoah. È questo un elemento che emerge dai discorsi del leader iraniano Ahmandinejad dal banco dell'Assemblea generale Onu e a cui fanno eco in Europa le posizioni di alcuni gruppi estremi sia di destra che di sinistra cui non corrisponde una adeguata azione di contrasto da parte della comunità internazionale. Preoccupa a livello europeo l'ascesa in Ungheria del partito di estrema destra Jobbik che deventato terzo partito del Paese con il 15 per cento, sembra contare sull'appoggio di importanti segmenti della società così come di analoghe formazioni in altre zone d'Europa".
    L'Agenzia europea per il Diritti Fondamentali con sede a Vienna nel 2010 ha pubblicato un documento sul periodo 2001-09 che attesta come l'antisemitismo sia costantemente cresciuto nell'ultimo decennio e come in Italia esso si sia mantenuto a livelli piuttosto elevati rispetto alla precedente rilevazione 1991. Il 2009 è stato l'"anno terribile" in Europa occidentale per l'antisemitismo dalla fine della Seconda Guerra.
    La tedesca Fredrich Ebert Foundation ha svolto uno studio in 8 Paesi europei fra cui l'Italia ponendo la domanda "considerata la politica dello Stato di Israele, posso capire perché la gente non ami gli ebrei". Nel nostro Paese ha risposto sì il 25 per cento, Germania e Inghilterra 35 per cento, Olanda 41, Portogallo 48 e Polonia addirittura 55. E i "tragici fatti di Oslo del luglio di quest'anno, si legge, testimoniano la terribile potenzialità violenta insita nei gruppi estremisti, in particolare neonazi".
    Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica di Roma, ha evidenziato il pericolo del nuovo antisemitismo rappresentato dall'antisionismo e dagli episodi violenti di cui si sono resi protagonisti immigrati musulmani in Europa. Ha segnalato la saldatura che esiste tra alcune organizzazioni islamiche e gruppi nenonazi che è alla base di aggressioni alle comunità ebraiche, alle loro sinagoghe, scuole, cimiteri.
    L'indagine parlamentare ha concluso osservando però che gli ebrei non sono attualmente la minoranza nei cui confronti si manifestano le forme più crude di intolleranza in Italia. La ricerca non lo dice, ma al momento nel nostro Paese la minoranza più esposta a intolleranza sembra essere quella Rom.

(la Repubblica, 16 ottobre 2011)

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Caso Shalit, manifestanti in Giordania festeggiano il rilascio dei detenuti palestinesi

AMMAN, 14 ott. - Centinaia di manifestanti hanno festaggiato oggi nel campo profughi palestinese di Wihdat, in Giordania, il rilascio di circa mille detenuti palestinesi dalle carceri dello Stato ebraico nell'ambito del recente accordo per la liberazione del caporale israeliano Gilad Shalit. Lo riferisce l'agenzia d'informazione 'Dpa'. La manifestazione odierna e' stata organizzata dai Fratelli Musulmani giordani e si e' svolta dopo la preghiera di mezzogiorno.

(Adnkronos, 15 ottobre 2011)

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Gilad e Shvuel, due tragedie

di Deborah Fait

Shvuel Schijveshuurder (a destra) con il fratello Meir
Gilad ritorna a casa. In Israele ci aspetteranno giorni di grande gioia, di esaltazione addirittura, di immensa felicita' per la liberazione del nostro ragazzo rapito cinque anni fa in Israele e portato chissa' dove a Gaza.
    Cinque anni terribili per la sua famiglia, per tutta Israele e soprattutto per lui al quale , oltre alle torture fisiche, avranno inferto anche la tortura psicologica del "tutti ti hanno abbandonato".
    E' il gioco crudele dei rapitori. Non tutti sono contenti in Israele, ci sono le famiglie dei superstiti, dei sopravvissuti agli anni del terrore. Ci sono quelli che non possono non pensare alle loro famiglie sterminate da assassini che saranno liberati.
    Come si puo' pretendere che accolgano la notizia colla stessa gioia che provo io? Che provano tutti gli israeliani fortunatamente non colpiti dal terrorismo? Nella pagina degli esteri della Stampa del 14.10 si legge un articolo sulla profanazione del monumento a Rabin. Chi lo ha profanato? secondo chi ha scritto l'articolo, e' stato un estremista di destra, un fuori di testa, un nemico della pace. No, non e' cosi'! Non usciamo dalle proporzioni, non travolgiamo la verita', come sempre. Chi ha versato la vernice sul monumento a Rabin e' un ragazzo, il suo nome e' Shvuel Schijvershuurder, la cui famiglia, tutta la sua famiglia di cinque persone, e' stata sterminata nell'attentato da Sbarro nel 2001. Shvuel era appena un adolescente rimasto senza genitori e fratelli perche' due assassini avevano deciso di ammazzare degli ebrei che un venerdi a mezzogiorno erano andati a mangiare una pizza prima dei preparativi per lo Shabat.
    I due assassini, tra cui una donna orgogliosa dell'azione compiuta tanto da dire sorridendo che lo rifarebbe, verranno liberati e saranno tra i 1027 terroristi che l'accordo per Gilad dovra' liberare. Provate a mettervi un mano sul cuore, provate a pensare se l'assassino della vostra famiglia, tutto il vostro mondo, fosse mandato libero, felice come una Pasqua per aver ammazzato degli odiati ebrei e strafelice per avere ancora un'opportunita' di poterlo rifare e poi ditemi se non potete capire il gesto di questo ragazzo che non e' un estremista ma che ha voluto richiamare l'attenzione sulla tragedia che migliaia di persone stanno vivendo in Israele.
    Assistere alla liberazione degli assassini delle loro famiglie, vederli ridere, soddisfattti e orgogliosi. La TV israeliana ha mandato in onda un'intervista coll'assassina di Sbarro: e' felice, angelica, orgogliosa. L'altra, sua compagna di cella, quella che ha portato tra le mani dei terroristi Ofir, un ragazzino quindicenne di Ashdod, guardando tranquilla mentre i suoi complici lo tiravano fuori dalla macchina per sparargli raffiche di mitragliatrici e poi gettarlo sul ciglio della strada come un straccio, e' altrettanto felice.
    Shvuel ha oggi 27 anni, e' amareggiato, come lui molte migliaia di israeliani sopravvissuti allo sterminio delle loro famiglie in un periodo accuratamente preparato da Arafat e soci per indebolire lo spirito di Israele colpendo solo i civili, le famiglie, la gente di Israele con decine di attentati al giorno.
    Un periodo da ricordare come un incubo e chi non lo ha vissuto non puo' nemmeno immaginare quello che abbiamo passato tra terrore e disperazione. Il mondo se ne fregava, i pacifisti venivano qui a urlare contro di noi che morivamo colpiti da milioni di chiodi e biglie che uscivano col fuoco dai candelotti che i terroristi portavano addosso.
    Ci urlavano contro, i maledetti. Facevano cortei per le strade d'Europa i maledetti, con le bandiere colorate, urlavano Palestina libera e islamica.
    E noi morivamo. A ogni morto israeliano altri cortei, bandiere di Israele bruciate a significare lo spregio e l'odio di questi mentecatti. Sono morti migliaia di israeliani, giovani, vecchi, bambini, donne nell'indifferenza del mondo intero, anzi, peggio, sono stati assassinati per il godimento del mondo intero.
    Io li leggevo i messaggi su internet "se lo meritano, ben gli sta, facciano a meno di stare la', non e' terra loro".
    Fra due giorni Gilad sara' libero grazie a molti mediatori, grazie alla situazione creatasi cogli inverni arabi che qualcuno si ostina a chiamare primavere. Molti si autoloderanno, si arrogheranno il merito della liberazione di Gilad. La cosa importante e' che un figlio di Israele torni a casa.
    A Ron Arad non fu concesso, ricordiamolo in questi giorni. Io mettero' un fiocco azzurro alla finestra, accanto a quello giallo per Gilad. Che Ron ci perdoni per non aver saputo fare in modo di salvarlo. Ci perdonino tutti i dispersi mai piu' tornati e morti tra le torture atroci dei nemici.
    Martedi 1027 assassini saranno liberati per un ragazzo ebreo. Quanto poco valgono sti palestinesi!

(Informazione Corretta, 15 ottobre 2011)


Di Shvuel Schijveshuurder la stampa israeliana aveva parlato pochi giorni prima che fosse diffusa la notizia dell'accordo sulla liberazione di Gilad Shalit .

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69% degli israeliani favorevole all'accordo per il rilascio di Shalit

GERUSALEMME - Piu' di due terzi degli israeliani sono favorevoli all'accordo con Hamas per la liberazione del soldato Gilad Shalit in cambio del rilascio di un migliaio di detenuti palestinesi. Da un sondaggio commissionato da Channel 10, emerge che il 69% sostiene l'intesa anche se il 62% ammette che potra' portare a un deterioramento della sicurezza. Solo per il 32% la decisione non avra' alcun impatto.

(AGI, 15 ottobre 2011)

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«Tutti vittime per Shalit», Israele si ribella allo scambio

di Fiamma Nirenstein

Saranno liberati centinaia di terroristi assassini: le famiglie dei morti pronte ad andare in tribunale

Dunque Gilad Shalit tornerà martedì, e lo farà attraverso il Cairo cui verrà consegnato in un gioco opportunistico che riflette il distacco di Hamas dalla sua sede di Damasco ormai in fiamme, e quella del governo militare egiziano nel caos alla ricerca di consenso internazionale. Israele vibra nell'attesa, alla contentezza corrispondono anche indignazione, paura, disperazione: il figlio superstite della famiglia Schijveshuurder, Shvuel (un 27enne che nel 2001 ha avuto il padre, la madre e tre fratelli uccisi con altre 12 persone nella Pizzeria Sbarro di Gerusalemme) che da allora da segni di squilibrio, ha vandalizzato il monumento a Yitzhak Rabin a Tel Aviv. Ron Kerman, padre di Tal, una ragazzina uccisa sull'autobus numero 27 a Haifa nel 2003 ha attaccato Noam Shalit: «Per salvare tuo figlio hai vittimizzato tutta Israele». Si preparano anche manifestazioni organizzate e ci si rivolge al Bagaz, l'Alta Corte, per fermare lo scambio.
    Il fatto è che il prezzo è micidiale, e non solo numericamente. Non solo si tratta di 1027 vite contro una. Si tratta di misurare il valore di una vita umana come noi la concepiamo, sull'accettazione del male assoluto. Qui vediamo un'autentica inondazione di tagliagole, di morti viventi, e si sa già per statistica che il cinquanta per cento torneranno a colpire. Fra questi assassini di cui i palestinesi festeggiano il ritorno ci sono: Nasser Batima, responsabile dell'eccidio di 30 persone al Park Hotel di Netanya, 200 feriti; Husam Bodran che ha pianificato l'attacco alla discoteca del Dolphinarium a Tel Aviv nel 2001, qualcuno si ricorderà i corpi straziati di 21 ragazzini. Sempre Bodran è responsabile dell'uccisione dei 14 innocenti che pranzavano ad Haifa nel 2002. Ci sono Yehie Sinwar e Jihad Amur, coinvolti nel rapimento del soldato Wachsman, che lo fecero saltare per aria con una cintura quando un commando cercò di liberarlo. Abd Al Gadi Gnaim che ha buttato giù da un dirupo un autobus di linea fra Gerusalemme e Tel Aviv uccidendo 16 passeggeri. Ci sono molte donne che guidando col velo hanno accompagnato i terroristi suicidi a uccidere centinaia di innocenti.
    Ma alla cronista resta particolarmente indigeribile fra (si dice) 27 donne, la liberazione di Mona Jaud Awana che con internet ha attratto dalla cittadina di Ashkelon il sedicenne Ofir Rahum. Si è avventurato fuori del paese per la prima volta in autobus per finire nelle mani dei compagni di Awana, che l'hanno fatto a pezzi in un garage di Ramallah. La cronista ha visitato la sua casa e il suoi genitori. Ora suo padre col cuore a pezzi e la testa confusa tuttavia si congratula con Noam Shalit perché riavrà suo figlio. Nella storia dei molti altri attentati che si srotola davanti agli occhi degli israeliani mentre gli assassini escono, c'è la storia di un piccolo Paese che è pronto a dare per la vita tutto, mentre i suoi nemici sono assassini pronti a tutto per la morte. E lo saranno ancora.

(il Giornale, 15 ottobre 2011)

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Messaggio di Berlusconi alla comunità ebraica di Roma

Nell'anniversario del rastrellamento e della deportazione degli ebrei del ''Ghetto'' di Roma,

ROMA, 15 ott - Il Presidente del Consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi, ha inviato al dottor Riccardo Pacifici, Presidente della comunita' ebraica di Roma, nella tragica ricorrenza del rastrellamento e della deportazione degli ebrei del ''Ghetto'' di Roma, avvenuto all'alba del 16 ottobre 1943 ad opera delle truppe naziste, il seguente messaggio di partecipazione:

''Caro Presidente, anno dopo anno si fa presente alla nostra mente e al nostro cuore, rinnovando i medesimi sentimenti di orrore, la triste ricorrenza del 16 ottobre. L'alba di quel giorno, nel 1943, vide la comunita' ebraica romana vittima innocente della piu' bruta e spregevole violenza. La deportazione ad Auschwitz, gli stenti, le sofferenze indicibili, la morte, ne furono l'epilogo che interpella il nostro dovere di memoria.
E' un dovere che grava innanzitutto sulle istituzioni e per il quale il Governo profonde i propri sforzi rendendo via via piu' incisiva la sua azione, a partire dalla cura delle nuove generazioni, rese consapevoli attraverso le iniziative messe in atto nelle scuole. Tramandare la memoria e insieme contrastare i rigurgiti, sempre in agguato, di negazionismo e di antisemitismo e', come e' noto, l'orizzonte in cui svolge la propria azione il Comitato di coordinamento per le celebrazioni in ricordo della Shoah, organismo governativo la cui durata e' stata di recente rinnovata. Il lavoro svolto dal Comitato ha portato frutti positivi, incrementando nei mass-media, nel mondo scientifico e culturale e nell'opinione pubblica, la coscienza di quanto sia imprescindibile tramandare la memoria per costruire un futuro ispirato per sempre ai valori di liberta', autodeterminazione, rispetto reciproco e, infine, comune condivisione delle reciproche umane ricchezze.
Quest'anno sono lieto di poter annoverare, tra le iniziative sostenute dal Governo, l'attivazione del sito internet che presenta in video i vivi racconti di tanti testimoni, tra cui molti sopravvissuti. Si tratta, come Lei sa, della realizzazione della parte italiana di un imponente progetto internazionale, promosso dalla Shoah Visual History Foundation di Los Angeles, che il Ministero per i beni e le attivita' culturali ha fatto proprio e che ora ospita all'interno del proprio spazio virtuale. La viva voce di coloro che hanno subito la vile persecuzione rimane il mezzo piu' potente per tramandarne l'orrore ed anche la tragica data del 16 ottobre 1943 ricorre in molti racconti. La tecnologia ha offerto una prima risposta alla sfida, di per se' invincibile, di tramandare e far vivere nel futuro una storia altrimenti inenarrabile.
Mi permetta quindi di unire, quest'anno, ai sinceri sentimenti di commossa partecipazione che esprimo a nome di tutto il Governo a Lei a all'intera Comunita' ebraica romana, anche una speranza, quella di aver posto un punto fermo, che speriamo irreversibile, nel dovere della Memoria''.

(ASCA, 15 ottobre 2011)

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Pitigliani Kolno'a Festival, dedicato al cinema israeliano e di argomento ebraico

  
La Casa del Cinema a Roma
ROMA - Torna dal 12 al 16 novembre alla Casa del Cinema di Roma, il Pitigliani Kolno'a Festival, festival di cinema giunto alla sesta edizione, diretto da Dan Muggia e Ariela Piattelli, che propone decine di nuovi titoli e prestigiosi ospiti: unica kermesse cinematografica in Italia dedicata al cinema israeliano e di argomento ebraico, presenta film, documentari, capolavori ispirati da grandi libri e avrà come ospite d'onore la Bezalel Academy of Art and Design. Novità di quest'anno: il PKF Professional Lab, laboratorio di idee e di future collaborazioni tra le professioni del cinema italiano e israeliano. Tra i film presentati, molti dei quali accompagnati dai rispettivi registi ed interpreti, Mabul di Guy Nattiv, 2 Night di Roy Werner, The Matchmaker di Avi Nesher, documentari come Teacher Irena di Itamar Chen e Wondering Eyes di Ofir Trainin
Altra novità, il percorso interamente dedicato al metalinguaggio, al rapporto del cinema con le altre arti, dal titolo "Cinema e letteratura israeliana" per scoprire come i registi si confrontano con i capolavori di Abraham B. Yehoshua, David Grossman e Yehoshua Kenaz, grandi scrittori nel panorama letterario israeliano contemporaneo.
Ma anche i "Percorsi ebraici" dedicati alle donne, la sezione "Jewish Animation" dedicata all'animazione, i dialoghi tra i documentaristi italiani di Doc/it e dei 100 autori con i loro colleghi israeliani rappresentanti dell'Israeli Documentary Forum.

(Megamondo, 14 ottobre 2011)

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Egitto, contrabbando di armi attraverso la penisola del Sinai

Scoperto traffico proveniente dalla Libia e diretto in Palestina

Ufficiali militari egiziani denunciano lo smercio d'ingenti quantitativi d'armi provenienti dalla Libia attraverso il deserto del Sinai e poi diretti a Gaza tramite i tunnel utilizzati per il contrabbando con l'Egitto.
La notizia è stata riportata dal 'Washington Post', nel quale si leggono le dichiarazioni dell'ex generale egiziano Sameh Seif el Yazal: "Crediamo che alcuni gruppi palestinesi abbiamo raggiunto un accordo con i libici per dotarsi di armi speciali quali missili terra-aria da spalla".
Il sequestro degli arsenali oltre ad aver preoccupato le autorità egiziane, ha messo in allarme i funzionari israeliani ed americani che temono ritorsioni e nuovi attacchi in Israele.
Maggiore cooperazione è stata quindi richiesta alle forze armate egiziane per un controllo più serrato nelle aree di confine. Mentre, già a partire dai mesi scorsi, sono stati inviati rinforzi per un numero pari alle ventimila unità.

(PeaceReporter, 14 ottobre 2011)

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Profanato il monumento a Rabin, arrestato un estremista di destra

Sul memoriale graffiti e slogan degli ultranazionalisti contro il premier laburista ucciso nel 1995

Il monumento in onore a Yitzhak Rabin
ROMA, 14 ott. - Il monumento in onore a Yitzhak Rabin non lontano dal municipio di Tel Aviv è stato profanato con graffiti e scritte in vernice di contenuto politico. Gli slogan apparsi sul memoriale - eretto nella piazza dove il premier laburista e premio Nobel per la pace fu ucciso il 4 novembre 1995 - inneggiano a Yigal Amir, l'assassino di Rabin e fanno riferimento al cosiddetto "prezzo da pagare": ossia il modo in cui i coloni ebrei ultraortodossi definiscono di solito le aggressioni o le rappresaglie contro i palestinesi e contro la minoranza araba in Israele, ma anche nei confronti degli israeliani più moderati.
Secondo l'edizione online del Jerusalem Post, la polizia avrebbe già arrestato un uomo sulla ventina sospettato della profanazione. "L'ho visto lanciare la vernice" ha raccontato un guardiano notturno del municipio al quotidiano israeliano in lingua inglese. "Sono accorso verso di lui e lo afferrato per la giacca. Gli ho detto di non resistere. Mi ha ascoltato ed è rimasto tranquillo" ha riferito il testimone. La stessa fonte parla del sospetto come di un "ragazzo dall'aria normale". I colleghi della guardia hanno seguito la scena attraverso le telecamere poste all'esterno dell'edificio municipale e hanno chiamato la polizia.
Il sospetto - hanno poi confermato le forze dell'ordine - è un 27enne di Givat Shmuel, nel centro del paese. Sempre stando a fonti di stampa, avrebbe perso entrambi i genitori nell'attentato suicida al fast-food 'Sbarro' di Gerusalemme nel 2001, in cui morirono 15 civili e altre 130 persone rimasero uccise. In una lista non confermata dei prigionieri di Hamas che Israele libererà in cambio del rilascio di Gilad Shalit, atteso per questa settimana, appare anche il nome di uno dei terroristi coinvolti nell'attentato al ristorante.

(TMNews, 14 ottobre 2011)

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Quando l'Islam seguì la svastica

Così Husseini, Gran Muftì di Gerusalemme, si piegò a Hitler Eredità pesante Il giovane Sadat collaborò con Rommel e anche nella sua autobiografia del 1978 scrisse del Führer con entusiasmo

di Luciano Canfora

Lo storico statunitense Jeffrey Herf ha pubblicato nel 2009 un robusto saggio sulla Propaganda nazista per il mondo arabo (ora in traduzione italiana presso le edizioni dell' Altana, Roma, pp. 462, 20, con una appropriata prefazione di Sergio Romano). È uno studio molto documentato, riguardante un fenomeno che, per varie ragioni, è rimasto ai margini della ricerca storica. «Documentare e interpretare l' impegno della propaganda nazista rivolta agli arabi e ai musulmani del Medio Oriente e del Nord Africa», con una particolare attenzione agli anni tra il 1939 e il 1945: questo è il preciso ambito del libro e non bisogna chiedergli di più....

(Corriere della Sera, 14 ottobre 2011)

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Israele, hi-tech: ottimo il giudizio di Barclays Capital

Barclays Capital ha migliorato la stima del settore hi-tech israeliano: da "neutrale" a "positivo". «Pensiamo che il settore tecnologico sia molto meno esposto ai rischi geopolitici e a potenziali cambiamenti politici», ha spiegato la banca d'investimenti britannica. In particolare, tra i settori più redditizi a lungo termine, Barclays ha annoverato i microtelefoni, il cloud computing e la gestione di dati mobili. Tuttavia, la stessa banca ha contestualmente invitato alla prudenza riguardo al futuro più prossimo: «Non abbiamo ragioni specifiche per aspettarci che le stime di crescita a breve termine di questo settore vengano ridimensionate. Ma la lezione del 2008 ci insegna che la domanda può diminuire piuttosto in fretta».

(FocusMO, 14 ottobre 2011)

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L'ultimo ebreo afghano

Simentov è l'unico membro della comunità nel Paese

di Paolo Massa

Zebulon Simentov
A Kabul tutti lo chiamano semplicemente l'ebreo. È l'ultimo sopravvissuto di una comunità un tempo fiorente in Afghanistan. Zebulon Simentov, nato a Herat, nella parte occidentale del Paese, vive nella capitale e si occupa dell'unica sinagoga rimasta aperta, deserta per mancanza di fedeli. Lui, però, non ha perso l'abitudine di pregare ogni giorno.
In passato è stato un mercante di tappeti e oggetti di antiquariato, prima che un funzionario pubblico gli confiscasse 30 mila euro di beni nel suo negozio. Da allora gli è rimasta solo la sinagoga in Flower Street a Kabul, che considera come una seconda casa. E riesce a sopravvivere grazie alle donazioni di associazioni ebraiche all'estero e all'aiuto offertogli da alcune famiglie musulmane della capitale.

- Da fine 800 la decimazione dovuta a leggi anti-ebraiche
  La storia di Simentov è la prova di quanto i tempi siano cambiati in Afghanistan. Fin dal decimo secolo, Kabul è stato il centro nevralgico dei commerci tra l'Asia centrale e l'India, e all'epoca quella dei mercanti ebrei era tra le classi più influenti.
I dati della Biblioteca virtuale ebraica, un'enciclopedia online pubblicata dall'American-Israeli Cooperative Enterprise, parlano chiaro. A metà 800, la popolazione di religione ebraica era stimata attorno alle 40 mila persone. Il numero poi scese, anno dopo anno.

- L'esodo verso l'Asia
  Un declino che ebbe inizio nel 1870 dopo che le politiche anti-ebraiche messe in atto dalla autorità afghane causarono un esodo di massa verso l'Asia centrale, la Persia e la Palestina. Nel 1933 l'ennesima campagna contro gli ebrei li bandì da molte città, escluse però Kabul e Herat.
Dei 600 ebrei rimasti nel 1969 parecchi fuggirono con l'invasione sovietica del 1979. Nel 1996, con l'arrivo al potere dei talebani, gli ebrei afghani erano ridotti a una decina. Nel 2005 (quattro anni dopo l'invasione americana) dei due rappresentanti della comunità ebraica rimasti ne morì uno: Yitzah Levin. Da quel momento Zebulon Simentov restò solo.

- Yitzah e Zebulon, lotta tra i sopravvissuti
  Tra Yitzah e Zebulon non corse mai buon sangue, nonostante abbiano vissuto fianco a fianco durante l'invasione sovietica e il regime fondamentalista dei talebani. Tra i due volavano spesso reciproche accuse: di essere spie del Mossad, il servizio segreto israeliano, oppure di voler far soldi vendendo l'unica sinagoga presente a Kabul. Tanto che quando morì Levin i sospetti ricaddero su Simentov, che venne scagionato dai risultati dell'autopsia che stabilirono che a causare il decesso era stato il diabete.
Ora Simentov vive da solo a Kabul, dopo che anche la moglie e le due figlie hanno deciso di trasferirsi qualche anno fa in Israele, dove abitano più di 10 mila ebrei afghani. A chi gli chiede se ha intenzione di raggiungere la sua famiglia, lui risponde categorico: «Andare in Israele? Perché dovrei andarci se non ho nessun business laggiù e se non so nemmeno parlare l'ebraico?».

(Lettera43, 13 ottobre 2011)


La storia dell'ultimo ebreo di Kabul è una vicenda che periodicamente fornisce lo spunto per un articolo di colore. Sull'argomento Notizie su Israele ha già ripreso dalla stampa almeno 4 articoli: due nel 2005, uno nel 2008, uno nel 2010. E precisamente, nei notiziari nn. 282, 308, 445, 478.

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Caccia egiziani pattugliano il Sinai, violato l'accordo del 1979

IL CAIRO - L'Egitto ha inviato aerei da guerra in Sinai per pattugliare la penisola e, in particolare, i confini con Israele: ad annunciarlo e' stato il capo delle forze aeree, il generale Reda Hafiz. La decisione va contro il trattato di pace firmato nel 1979 con lo Stato ebraico, che limita la presenza militare egiziana nel Sinai. "Il Sinai fa parte del nostro territorio e non abbiamo bisogno di permessi per aumentare le nostre forze sul nostro territorio" .

(AGI, 13 ottobre 2011)

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Israele finisce a testa alta

Malta - Israele 0-2 - La campagna israeliana per UEFA EURO 2012 si conclude in modo positivo, con una vittoria a Malta.

di Domenico Aquilina

Ormai senza speranza di qualificazione già dal mese scorso, dopo aver perso in Croazia, Israele gioca solo per l'orgoglio, e finisce al terzo posto nel Gruppo F grazie a due reti di Lior Refaelov e Rami Gershon.
Refaelov segna all'11' con un bellissimo tiro al volo dall'interno dell'area maltese, su passaggio perfetto di Taleb Twatha. Bebras Natcho domina il centrocampo israeliano con passaggi precisi e veloci, mentre Refaelov è una minaccia costante.
La squadra di casa, che gioca per migliorare il suo bottino nel girone (solo un punto), migliora nel secondo tempo e quasi pareggia a sorpresa, ma il bel colpo di testa di Gareth Sciberras rimbalza contro il palo. Israele mette in cassaforte i tre punti nei minuti finali della partita, con una rete ben costruita di Gershon, il cui colpo di testa su precisa punizione di Nacho batte il portiere maltese Andrew Hogg.

(UEFA.com, 13 ottobre 2011)

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Shalit - Un gruppo di Gaza diffonderà un video della sua prigionia

Per dimostrare che è stato trattato bene durante i cinque anni

ROMA, 13 ott. - Le Brigate Salah al-Din, una fazione estremista palestinese della Striscia di Gaza, coinvolta con il sequestro di Gilad Shalit nel 2006, ha annunciato che diffonderà un video con le immagini del soldato israeliano per dimostrare che è stato trattato bene durante il suo sequestro. Lo riporta il sito web del quotidiano israeliano Haaretz.
Il portavoce del gruppo, Abu Mujihad, ha detto ai microfoni di radio A Shams che il video documenta i rapporti tra Shalit e i suoi sequestratori e le modalità seguite per nascondere il luogo dove è stato tenuto in ostaggio alle forze di sicurezza israeliane. Il portavoce ha precisato che il video sarà diffuso quando saranno liberati i detenuti palestinesi come previsto dall'accordo raggiunto da Israele e Hamas per la liberazione di Shalit.
Il soldato israeliano, salvo sorprese, dovrebbe rientrare in patria martedì o mercoledì. Contestualmente Israele scarcererà 450 detenuti palestinesi e 27 detenute donne. Entro due mesi saranno rilasciati altri 550 detenuti selezionati dalle autorità israeliane.

(TMNews, 13 ottobre 2011)

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Shalit: cresce l'attesa, fra qualche polemica

Il presidente Peres firmerà la grazia per la liberazione dei 1.027 detenuti palestinesi

TEL AVIV - Millenovecentotrentacinque giorni di prigionia nella Striscia di Gaza, più un'altra settimana. È questo, all'ingrosso, il conto alla rovescia verso il ritorno a casa del caporale Ghilad Shalit, all'indomani dell'annuncio dell'accordo fra Israele e Hamas per la sua liberazione in cambio del rilascio di 1.027 detenuti palestinesi.
In Israele la gioia dei genitori, Aviva e Noam, e della famiglia dell'ostaggio è condivisa da molti, ma non cancella gli interrogativi e la reazione polemica di qualcuno. Mentre fra i palestinesi l'atmosfera è di tripudio, ma a cantare vittoria sono soprattutto gli islamico-radicali di Hamas: decisi a gustarsi una rivincita interna rispetto al presidente moderato dell'Anp, Abu Mazen (Mahmud Abbas), rilanciato il mese scorso dalla sfida all'Onu sul riconoscimento d'uno Stato di Palestina.
Sul piano operativo, il dossier è ora nelle mani del presidente israeliano Shimon Peres, dopo il via libera ufficiale concesso nella notte dal governo, su proposta del premier Benyamin Netanyahu, col voto contrario di tre ministri su 29: i "falchi" Avigdor Lieberman, Uzi Landau (Israel Beitenu, destra ultranazionalista) e Moshe Yaalon (capofila dell'ala dura del Likud di Netanyahu).
Peres, che ha definito «coraggiosa» la decisione del premier di accettare lo scambio, ha ricevuto ieri le carte dall'esecutivo. Spetterà a lui concedere la grazia ai 1.027 palestinesi: un atto scontato, ma che - anche a causa delle festività ebraiche di Sukkot - entrerà in vigore solo la settimana prossima. La vicenda appare comunque all'ultimo atto. Lo testimonia anche la scelta di papà e mamma Shalit di ripiegare - dopo un incontro con Peres - la tenda in cui sono rimasti accampati per mesi, sotto le finestre del primo ministro, per perorare la causa della trattativa.

(Corriere Canadese, 13 ottobre 2011)

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Pesaro - Si apre la sinagoga

La Sinagoga di Pesaro
PESARO - Domenica 16 ottobre, terza domenica del mese, la sinagoga sefardita di via delle Scuole sarà eccezionalmente aperta alle visite gratuite del pubblico il mattino dalle ore 10 alle 13.
L'apertura straordinaria di questo luogo della cultura cittadina è possibile grazie alla collaborazione di "Salviamo il Centro Storico", associazione di volontariato onlus che persegue esclusivamente la finalità di sensibilizzare persone e istituzioni al tema della crescita economica, sociale, culturale e urbana di Pesaro con particolare attenzione al centro storico e alle sue criticità.
"Si tratta - sottolinea l'assessore alla cultura del Comune Gloriana Gambini - di un esempio concreto e positivo di collaborazione con le associazioni del territorio, realtà che contribuiscono a mantenere attiva la città e permettono di ampliare la fruizione pubblica di monumenti ed edifici storici fornendo personale volontario.
Sempre in occasione della Stradomenica, la sinagoga sarà visitabile anche la terza domenica di novembre e dicembre, sempre dalle 10 alle 13.
Info 0721 387541-295, call center 199 151 123, www.pesarocultura.it.

(fanoiforma.it, 13 ottobre 2011)

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Prolungata l'operatività del giacimento di Yam Tethys

Il ministro delle Infrastrutture israeliano, Uzi Landau, ha ordinato di abbassare il ritmo di sfruttamento del giacimento di gas Yam Tethys. La mossa punta ad allungare di altri due anni l'operatività di questa giacimento offshore, di dimensioni limitate. In tal modo, Israele si vuole garantire un minimo di riserva di carburante, che dovrebbe durare almeno fino a quando il metano proveniente da un altro giacimento marittimo, Tamar, sarà commercializzabile.
Il "passaggio di consegne" tra Yam Tethys e Tamar è previsto per il 2013. Landau ha dunque posto un tetto massimo all'acquisto di gas proveniente da Yam Tethys da parte della Israel Electric Corporation (Iec), l'azienda nazionale dell'elettricità. «Non più di 2.5 miliardi di metri cubi all'anno», ha stabilito il ministro. Il quale, peraltro, ha coordinato i suoi sforzi con il ministero dell'Ambiente: le limitazioni alle forniture di metano porteranno infatti necessariamente Iec a dover utilizzare carburanti alternativi, più inquinanti.

(FocusMO, 12 ottobre 2011)

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Circus Klezmer

In scena fino al 16 ottobre al Teatro Franco Parenti di Milano

di Maurizio Carra

MILANO - E' difficile recensire uno spettacolo come "Circus Klezmer" ideato e messo in scena da Adriàn Schvarzstein al Teatro Franco Parenti. Se fossimo costretti a definirlo con una parola non avremmo dubbi nel dire "magico". Magia sia in senso teatrale con invenzioni fantastiche, sia come stupefazione, sia come poesia che ci riscatta da questo mondo tecnologico e frenetico. Quando si spengono le luci della platea, anche gli adulti accantonano la razionalità e si lasciano trasportare dal ritmo struggente della musica di matrice ebraica (klezmer) e dalla leggerezza e dalla bravura degli straordinari artisti/clown che con la loro impressionante capacità gestuale riescono ad esaltare il linguaggio del corpo rendendo "marginale" la parola che perde il valore semantico e si esprime attraverso suoni e tonalità.
L'azione si svolge in un villaggio ebraico in un posto e in un tempo indefinito dove viene celebrato in modo surreale e comico un matrimonio in un fluire continuo dove vengono coinvolti in esilaranti siparietti, con la complicità di bravissimi musici, acrobati, giocolieri e il pubblico della sala che si presta al gioco. Un tocco di grazia e di poesia è stata esibita da una giovane acrobata che, appesa ad una sorta di liana fatta da tessuto bianco, si è esibita in funamboliche ed emozionanti evoluzioni.
Insomma uno spettacolo divertente ricco di fantasia, creatività, grazia, eleganza, ritmo, armonia. Insomma di poesia. Il linguaggio dei corpi e le atmosfere magiche e il fascino della musica costituiscono un unicum che riesce a coinvolgere ed emozionare gli spettatori.
Tutti attori e musicisti meritano una particolare menzione dal regista e attore
Adriàn Schvarzstein ai bravissimi Helena Bittancourt, Luis Nino "Toto", Alba Sarraute, Joan Català e Rebecca Macauley (violino), Nigel Haywood (clarinetto) e Petra Rochau (fisarmonica).
Spettacolo dunque originale, sorprendente e incantevole. Da non perdere.

(Teatrionline, 12 ottobre 2011)

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Arawa Power riceve la prima licenza di energia solare in Israele

L'Israeliana Arawa Power ha ricevuto ieri la prima licenza permanente di energia solare per la sua azienda a Kibbutz Ketura. L'impianto da 4,95 megawatt ad energia solare, il primo in Israele, è in funzione dal 30 agosto scorso. Arava Power possiede 12 licenze per strutture medie ad energia solare con una capacità totale di 68 megawatt, il 21% della quota è stata assegnata dall'Autorità Public Utilities.
La società Arava Powert ha investito 300 milioni di NIS in questi progetti. Il Ministro delle Infrastrutture Nazionali, Uzi Landau, ha dichiarato: " Quanto è avvenuto e' fondamentale per la lotta di Israele verso l'indipendenza energetica. Continueremo a cercare di rendere la produzione di energia in Israele più verde possibile, ovunque sia possibile. Le Energie rinnovabili hanno altresì il potere di creare centinaia di posti di lavoro, soprattutto in periferia. " "Questo è un altro passo nel trasformare Israele in una potenza nel campo dell' energia rinnovabile e interrompere la sua dipendenza dall'energia importata"., ha affermato il CEO di Arawa Power, Jon Cohen, al quale si è aggiunta la dichiarazione del presidente Yosef Abramowitz : "Ci aspettiamo di annunciare a breve altre due innovazioni. La prima riguarda le licenze per i progetti di energia solare destinati alla comunità beduina, la seconda un impianto da 40 megawatt di energia solare in Ketura, che sarà in grado di fornire un terzo dei bisogni di energia a Eilat".

(FocusMO, 12 ottobre 2011)

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1027 ad uno

di Silvana De Mari

Ghilad potrebbe essere liberato in cambio di 1027 detenuti, tutti detenuti dopo essere stati processati per reati contro la persona, per terrorismo, per omicidio, per decine di omicidi.
1027 ad uno.
Questa cifra che regola lo scambio ci dice che le culture di vita, quelle che si battono per liberare gli ostaggi danno un peso alla vita 1027 volte superiore alle culture di morte. Ho visto un video trasmesso dalla televisione palestinese dove la madre di un terrorista suicida offriva i pasticcini alle amiche per festeggiare la morte del figlio. La madre che è andata all'Onu a fare da madrina a uno stato che vive in una cultura di morte non è fiera di essere la madre di uomini che hanno studiato nuovi antibiotici o nuove colture, o semplicemente e magnificamente la madre di uomini che vivono in pace, ma ci mostra la fierezza di essere la madre di pluriomicidi di cui uno suicida.
I cinque anni che vanno dai 18 ai 23 sono fondamentali nella vita di un individuo, sono strutturali. È intollerabile che siano stati rubati. Come intollerabile è il dolore inflitto ogni singolo giorno alla famiglia di Ghilad. Ed è una gioia che sia finito. Ma ora vorrei ricordare il dolore inflitto alle famiglie di tutti gli ostaggi: gli uomini italiani di Procida e Trieste, luoghi dove ho abitato e che porto nel cuore, uomini di tutte le parti del mondo, da mesi in cattività in ostaggio in condizioni spaventose della pirateria islamica, un altro tratto del terrorismo.
Noi, le culture di vita alla fine strisciamo, ci inginocchiamo, paghiamo denaro, restituiamo alla libertà criminali purché le vite di coloro che amiamo siano restituite.
1027 ad uno.
Nessuno dei nostri nemici si faccia illusioni: le culture di morte vincono le battaglie, ma perdono le guerre.
Come diceva Steinback, come diceva Orana Fallaci: gli eserciti dove l'individuo non conta, alla fine vengono sconfitti.
Le culture dove l'individuo non conta alla fine sono destinate a soccombere.
I figli di coloro che credono di essere i nostri nemici prima o poi sentiranno enorme e irrefrenabile la voglia di essere persone, uniche e irripetibili.
A poca distanza dal luogo dove i palestinesi ballano per strada per festeggiare questa cifra 1027, senza capire che è una cifra della loro sconfitta, il sangue dei Copti scorre come fosse un liquido senza valore.
"La tragedia dei totalitarismi, ancora di più della perdita della libertà è la perdita dell'anima." Ha scritto Edith Teresa Stein.
La laica Oriana Fallaci avrebbe usato la parola individualità al posto di animna, ma il concetto è lo stesso L'uomo persona delle culture di vita contro l'uomo formica, intercambiabile e obbediente, un uomo che può essere schiacciato senza problemi e senza rimorsi, delle culture di morte.
Che i nemici della vita, della libertà, che i nemici della felicità come sono stati chiamati, non si facciano illusioni.
Il destino ultimo dell'uomo è avere un'anima.
Bentornato a casa caporale Shalit.
E a tutti i fratelli copti che ora sono nella luce: ben arrivati a casa.

(Notizie su Israele, 12 ottobre 2011 - inviato dall'autrice)

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Palestina: ancora una condanna a morte tramite fucilazione

di Angela Zurzolo

12 ottobre 2011- Ieri, la Corte militare permanente di Jenin, nel nord della Cisgiordania, ha condannato a morte tramite fucilazione Waheed 'Atta Yaseen, ventitreenne di Deir Abu Da'if. L'accusa è quella di aver ucciso, il 20 marzo, Mahmoud Sami Hassoun, quarantacinquenne di Jenin, che aveva un banco di pegni nel centro della città. Ma è ancora possibile ricorrere in appello.
Il membro della Guardia presidenziale palestinese è stato giudicato colpevole in base al Codice penale rivoluzionario del 1979, dalla Corte dei giudici che aveva come presidente il tenente -colonnello Tawfiq Abu Nasser.
La sentenza è stata emessa in presenza dell'imputato, ma è ancora possibile ricorrere in appello. Inoltre, la condanna attende la ratifica del presidente palestinese.
Secondo i dati del Centro palestinese per i diritti umani, questa sentenza è la sesta nel 2011: due delle quali erano state emesse in Cisgiordania e quattro nella Striscia di Gaza. Il numero totale di condanne a morte dal 1994 ammonta a 118, delle quali 25 emesse in Cisgiordania e il restante a Gaza.
Il Codice penale rivoluzionario del 1979 dell'Organizzazione per la liberazione palestinese è incostituzionale. Sin dal 1995, il Palestinian centre for human rights ne ha chiesto l'abolizione, in quanto viola tutti gli standard internazionali.
Per questo, l'organizzazione chiede una moratoria immediata sull'uso della pena di morte, pratica in contraddizione con la Dichiarazione universale dei diritti umani (1984), il Patto internazionale sui diritti civili e politici (1996) e la Convenzione Onu contro la tortura (1984).

(Osservatorio Iraq, 12 ottobre 2011)

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Il mio grosso grasso matrimonio klezmer

Per la prima volta a Milano il «Circo» di Adrian Schvarzstein

di Valeria Crippa

È l'ebreo errante: tedesco d'origine, argentino d'approdo, catalano d'adozione. Tra una migrazione e l'altra, Adriàn Schvarzstein, è riuscito a essere, dai cinque ai dieci anni d'età, anche «milanese»: «Abitavo in via Settembrini - racconta -. Di Milano ricordo il gelato, il divieto di giocare a pallone in cortile e un certo modo di dire "Vieni a casa mia quando vuoi" per poi non invitarti mai». Il suo Circus Klezmer - da stasera al Parenti - è al contrario il trionfo dell'ospitalità, del buon umore conviviale sprigionato dagli svaporati personaggi di una festa di nozze in un piccolo villaggio dove la sposa (l'artista argentina Eva Swarze, nonni paterni nazisti e nonni materni ebrei-argentini) vola in scena come una figurina di Chagall. Fondato sette anni fa, il «circus» festeggerà a Milano (dove arriva per la prima volta) la 35a replica con 9 artisti, tra giocolieri, acrobati e musicisti: Petra Rochau alla fisarmonica, Rebecca Macauley al violino e Nigel Haywood al clarinetto compongono l'orchestrina klezmer che funge un po' da indiavolato coro greco in contrappunto al racconto e al canto yddish. «Le nozze senza la musica klezmer sono come un funerale senza lacrime», afferma Schvarzstein. «Credo in un circo "solidale": non potremmo fare spettacolo senza farci aiutare dal pubblico che viene coinvolto nelle nostre avventure. Mi piacerebbe che anche la frenetica Milano, così come ha fatto Londra, si fermasse con noi per un'ora a giocare. Se non impariamo di nuovo l'arte di stare insieme, saremo condannati a restare con i musi lunghi». I suoi giocolieri-acrobati non devono essere solo dei virtuosi: Adriàn li sceglie in base alla loro capacità di emozionare il pubblico. Per sé ha ritagliato un ruolo fuori dai ranghi: il pazzo del villaggio. «Mi solleticava l'idea di dire tutto ciò che è vietato. In realtà più che pazzo è un saggio che rompe gli schemi con provocazioni innocenti». Di «Circus Klezmer» Schvarzstein firma la regia e l'idea originale da cui Irma Borges ha tratto la drammaturgia che oscilla tra il registro tragico e il ridicolo, mentre disegno e scenografia sono opera della coppia Miri Yeffet e Tzabar Amita e i costumi di Paulette.

(Corriere della Sera, 12 ottobre 2011)

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L'odio contro Israele è l'oppio degli arabi

di Anna Momigliano

  
La schermidrice tunisina Azza Besbes
Una giornalista egiziana lo ha definito "l'oppio degli arabi." Ovvero l'odio incondizionato che «impedisce di parlare di Israele in qualsiasi altro termine che non sia "il nemico"». E, per estensione, di interagire con un israeliano in in qualsiasi altro termine che non sia la guerra, il rifiuto, il «con te non parlo». Con te non faccio neppure dello sport, soltanto perché sei un cittadino di Israele. La logica che ha spinto la l'atleta tunisina Azza Besbes a rifiutare, di fatto, di gareggiare contro l'israeliana Noam Mills ai mondiali di scherma a Catania.
Certo, i boicottaggi sportivi contro Israele non sono nuovi. Qualcuno ricorderà forse il caso di Shahar Pe'er, la tennista israeliana a cui fu impedito di partecipare al Campionato di Dubai nel 2009 solo per il fatto di essere israeliana. Oppure la vicenda di Mohamed Alirezaei, il nuotatore iraniano che la scorsa estate si è rifiutato di partecipare ai cento metri stile dorso perché tra gli atleti partecipanti c'era anche un israeliano. In quell'occasione il commento della squadra israeliana fu: «Se uno vuole comportarsi come un bambino, è libero di farlo».
Quello che forse andava preso in considerazione, nel caso del nuotatore Alirezaei, è che probabilmente la sua era una scelta obbligata. Infatti: il regime di Teheran è antisemita (ricordate quando Ahmadinejad negava l'Olocausto?) e ferocemente anti israeliano, ed è arrivato a porre fine alle carriere di atleti "colpevoli" di avere gareggiato contro avversari israeliani. È capitato al sollevatore di pesi Hossein Khodadadi, che è stato espulso dalla nazionale iraniana per avere partecipato a una competizione insieme a colleghi israeliani.
La Tunisia però non è l'Iran. È un Paese che sta percorrendo la difficile strada della democratizzazione, visto che elezioni democratiche sono attese alla fine di questo mese. È il Paese che, lo scorso anno, ha dato il là alla Primavera araba, ossia a quell'ondata di proteste che hanno portato alla deposizione di una serie di dittatori: a cominciare dall'algerino Ben Alì, passando per l'egiziano Hosni Mubarak, fino al libico Muhammar Gheddafi. Difficile insomma pensare che, a differenza dei colleghi iraniani, la Besbes potesse temere ripercussioni da parte del comitato atletico della sua nazione.
Allora perché la schermidrice tunisina ha deciso di boicottare la sua avversaria israeliana? Probabilmente, perché era la cosa più facile da fare. Un modo per ottenere velocemente una fama nel mondo arabo, senza dovere accettare alcuna sfida: né in senso atletico, né in senso etico. Perché, in fondo, l'odio senza se e senza ma per Israele, tanto incondizionato da estendersi alle gare sportive, si basa su questo: sul rifiuto del confronto, delle sfumature, sul crogiolarsi nel proprio "essere vittime."
Lo ha spiegato meglio di ogni altri la giornalista egiziana Mona Elthawy, che ha creato la teoria dell'«oppio degli arabi», e che tra l'altro è stata una delle voci più forti durante la rivoluzione egiziana. Elthawy sostiene che Israele, che pure meriterebbe critiche per molte azioni, è diventato un capro espiatorio per evitare di fare i conti con la realtà nel mondo arabo: «Fino a quando abbiamo Israele che ci permette di sentirci vittime, gli orrori che abbiamo perpetrato tra di noi rimarranno irrilevanti».
La giornalista egiziana accusava il dittatore Mubarak, che pure manteneva sul piano politico un trattato di pace con Israele, di avere utilizzato la retorica anti-israeliana per distogliere il suo popolo dalle colpe della dittatura, installando attraverso le TV di Stato «un odio contro Israele tra i cittadini egiziani che rasenta l'isteria collettiva». Oggi, come l'Egitto si è liberato del suo Mubarak, anche la Tunisia si è liberata del suo dittatore. Ma comportamenti come quelli della schermidrice Serra Besbes dimostrano che purtroppo alcuni algerini non si sono ancora liberati dell'oppio dei regimi arabi.

(Panorama, 12 ottobre 2011)

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Imminente la liberazione di Gilad Shalit?

GERUSALEMME 11 ottobre - Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha convocato il suo governo per una riunione urgente martedì sera per esaminare una "proposta seria" per la liberazione del soldato Gilad Shalit, come segnala all'AFP un responsabile israeliano.
"Il primo ministro israeliano Netanyahu ha convocato una riunione straordinaria del governo questa sera alle 20.00 (le 6 GMT)" ha affermato questo responsabile, coperto dall'anonimato, confermando un'informazione passata dalla radio pubblica.
Tutti i media elettronici israeliani hanno riportato l'informazione citando diversi media arabi secondo i quali un accordo sarebbe stato concluso tra Israele ed il movimento islamico palestinese Hamas. Questo accordo dovrebbe realizzarsi all'inizio di novembre e prevedrebbe la liberazione di un migliaio di prigionieri palestinesi in cambio di Shalit.
Nel frattempo le autorità israeliane dovrebbero mettere a punto le condizioni dello scambio, e permettere eventuali ricorsi israeliani alla Corte suprema, come affermato dal canale 10 della televisione israeliana. La liberazione di ciascuno dei prigionieri palestinesi dovrebbe essere sottoposta all'accordo dello Shin Beth, il servizio di sicurezza interna israeliano, secondo la stessa fonte.
Gilad Shalit, che ha anche la nazionalità francese, è stato rapito nel mese di giugno 2006 da un commando di tre gruppi armati palestinesi, tra i quali il braccio militare di Hamas, che controlla la striscia di Gaza dal giugno 2007. Da allora egli è detenuto in una località segreta. Hamas vuole effettuare uno scambio con un migliaio di palestinesi, ma i negoziati sono, fino ad oggi, falliti per l'impossibilità di trovare un accordo sui nomi dei detenuti da liberare e sul luogo della loro liberazione, perché il governo israeliano si è sempre rifiutato di rilasciare in Cisgiordania dei palestinesi che sono stati coinvolti in attentati.

(AFP, 11 ottobre 2011 - trad. Emanuel Segre Amar)

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"Gli ebrei ad Arezzo tra fine Settecento e Unità d'Italia"

L'Accademia Petrarca di Lettere, Arti e Scienze di Arezzo continua il programma di appuntamenti per il mese di ottobre con i soci e la cittadinanza presentando un tema interessante, abbastanza inusitato, che merita considerazione comunque più di quanto finora non gli sia stato riservato e del quale ormai si sono perse tracce e memoria, salvo rare eccezioni anche di natura toponomastica. La comunicazione ha per titolo "Gli ebrei ad Arezzo tra fine Settecento e Unità d'Italia" e sarà tenuta dal dr. Marco Caneschi, saggista e giornalista dell'Ufficio stampa del Comune di Arezzo, attento conoscitore dell'insediamento ebraico di quel periodo in città, di cui si sono perse tracce e memorie., salvo rare eccezioni.
L'appuntamento è fissato nel giorno venerdì 14 ottobre p.v., alle ore 17,30, presso la Casa del Petrarca, sede dell'Accademia, in via dell'Orto n. 28.

(Arezzo Notizie, 11 ottobre 2011)

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Roma aspetta ancora il Museo della Shoah, Napolitano difende il valore della pace

di Giada Farnese

ROMA - «La grande razzia nel vecchio Ghetto di Roma cominciò attorno alle 5,30 del 16 ottobre 1943. Oltre cento tedeschi armati di mitra circondarono il quartiere ebraico. Contemporaneamente altri duecento militari si distribuirono nelle 26 zone operative in cui il Comando tedesco aveva diviso la città alla ricerca di altre vittime.
Quando il gigantesco rastrellamento si concluse erano stati catturati 1022 ebrei romani. Due giorni dopo in 18 vagoni piombati furono tutti trasferiti ad Auschwitz. Solo 15 di loro sono tornati alla fine del conflitto: 14 uomini e una donna. Tutti gli altri 1066 sono morti in gran parte appena arrivati, nelle camere a gas. Nessuno degli oltre duecento bambini è sopravvissuto.» (F. Cohen, 16 ottobre 1943. La grande razzia degli ebrei di Roma).
Il ricordo della deportazione degli ebrei di Roma del 16 ottobre 1943 deve «consentire alle giovani generazioni di apprezzare pienamente il valore dell'Europa di pace in cui hanno il privilegio di vivere». Lo afferma il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano nel messaggio inviato in occasione dell'iniziativa "La memoria e l'immagine: 16 ottobre 1943. In ricordo di Tullia Zevi", nella ricorrenza della deportazione, che si è tenuta a Palazzo Giustiniani, alla presenza del presidente del Senato. «Ricordare la razzia nazista nell'antico ghetto di Roma che portò, con la complicità delle autorità fasciste, alla deportazione di più di duemila ebrei, pochissimi di loro sopravvissuti all'orrore della Shoah - sottolinea Napolitano , vuol dire riportare alla mente gli odi e i conflitti del Novecento e consentire alle giovani generazioni di apprezzare quindi pienamente il valore di quell'Europa di pace in cui hanno il privilegio di vivere. Toccherà a loro - conclude il Presidente della Repubblica - completare la costruzione delle istituzioni europee, esempio di civiltà a tutti i popoli».
«L'antipatia per la diversità, l'odio razziale, la xenofobia, avvelenano l'aria e turbano le coscienze, determinando a volte episodi di violenza inaccettabile. Occorre pertanto conoscere la storia, conoscere il passato, senza il quale non esiste né presente né futuro- ha aggiunto il presidente del Senato Renato Schifani intervenendo all'incontro "La memoria e l'immagine, 16 ottobre 1943 così vicino, così lontano" sul giorno della deportazione degli ebrei dal ghetto di Roma, promosso dall'Osservatorio della fotografia, con l'assessorato scuola della Provincia di Roma in collaborazione con il Senato. Parlando agli studenti romani detto che «la memoria e l'immagine sono fondamentali per perpetuare il ricordo di ciò che è stato ed evitare che si ripeta. Ricordare - ha detto Schifani - non significa solamente conservare la memoria, ricordare è anche non nascondere la verità, non fare finta di non capire, di non sapere, di non sentire. Importante è l'intuizione di Gunter Demning, quella delle "pietre d'inciampo". A noi tutti il compito di perpetuare la memoria con i fatti allontanando gli spettri di un passato che è stato fonte di sofferenze con l'impegno di operare per un futuro fondato sulla pace, sull'accettazione di ogni diversità e credo, per una vera convivenza democratica».
La sede del museo della Shoah di Roma sarà a Villa Torlonia che oltre a essere stata, durante il Ventennio, residenza di Benito Mussolini, l'area ha un particolare valore in quanto vi si trova una delle cinque necropoli ebraiche, un complesso di catacombe risalenti al terzo e quarto secolo, testimonianza della presenza a Roma della più antica comunità ebraica d'Europa. Il museo sarà un laboratorio di studio e di ricerca per studenti e adulti: al suo interno sarà realizzato un percorso costruito attorno a fonti di diversa origine come oggetti e documenti originali, informazioni storiche, filmati d'epoca, plastici e grafici. Il progetto del Museo della Shoah è nato nel 2006 con l'amministrazione Veltroni e doveva essere inaugurato nel 2008, ma questioni burocratiche e le elezioni amministrative che hanno portato al cambio della giunta comunale ne hanno ritardato la realizzazione. «Io non so quando partiranno i lavori del museo, ma la preparazione non è solo quella di un percorso espositivo, ma delle attività, e il primo compito è creare uno staff». Lo ha detto il direttore del museo della Shoah di Roma Marcello Pezzetti da Cracovia dove ha accompagnato i giovani romani nel viaggio della memoria ad Auschwitz. «Adesso - ha spiegato - ho undici persone, tutte giovani, tutte trentenni e di altissima qualità. Abbiamo due tedeschi, poi persone di Roma e di fuori Roma. Metà sono ebrei e metà no. Sono storici o archivisti». Pezzetti ha spiegato di procedere su più fronti, come la ricerca archivistica, la preparazione dei viaggi, la formazione degli insegnanti in collaborazione con gli enti locali coinvolgendo anche insigni studiosi internazionali della Shoah. «Il 27 gennaio - ha proseguito - inaugureremo la nostra quarta mostra, questa volta dedicata ai ghetti. Purtroppo lo staff è ancora tutto part-time, ma costituisce già lo zoccolo duro su cui verrà creato lo staff del Museo, che dovrà avere circa una ventina di persone che lavorano fisse sul territorio. Il Museo è un servizio - ha aggiunto Pezzetti - e dobbiamo cercare anche di creare posti di lavoro per dei giovani che sono bravi, meritano, e che non devono fuggire all'estero. Il Museo deve essere un centro di eccellenza e stiamo lavorando per questo. È ovvio - ha sottolineato - che appena partiranno i lavori poi bisogna mettercela tutta e va fatto in tre anni. Poi vedremo se sarà effettivamente a villa Torlonia o se si troveranno altri posti: non sta a me dirlo. Voglio comunque che lo staff si formi continuamente e che continui a studiare».
Scrive il presidente della Fondazione Museo della Shoah di Roma, Leone Pasermann: «Oggi i conflitti sono diversi, è diverso persino il razzismo e sono diverse le vittime. Ma la risposta, quella no. La risposta all'ignoranza, all'odio, alla violenza, all'intolleranza, alla xenofobia, al fanatismo, al terrorismo è la stessa che poteva essere data settanta anni fa, ma che non fu data. Questa risposta io la trovo nella solidarietà, nella cultura della vita, nel rispetto dei diritti umani.»

(Dazebao, 11 ottobre 2011)

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Rapporto antisemitismo - Nirenstein: "Dati allarmanti"

Il 44 per cento degli italiani dichiara di non provare simpatia per gli ebrei. Questo il dato più allarmante che emerge dal Documento conclusivo appena approvato all'unanimità dal Comitato di Indagine Conoscitiva sull'Antisemitismo presieduto dalla vicepresidente della Commissione Esteri della Camera Fiamma Nirenstein. Formato da 26 deputati di più estrazioni politiche, il Comitato ha posto fine a due anni di intenso lavoro con un testo, articolato in più punti e dedicato alle varie sfumature di questo fenomeno, che giunge a conclusioni inquietanti sul livello di tolleranza e apertura della società italiana e che verrà presentato al pubblico e alla stampa lunedì 17 ottobre alle 10.30 nella Sala della Lupa della Camera dei Deputati alla presenza di numerosi rappresentanti delle istituzioni politiche e religiose nazionali (per l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sarà presente la vicepresidente Claudia De Benedetti).
Incentrato su una attività di monitoraggio e di approfondimento tematico dell'antisemitismo, sia a livello internazionale che nazionale, il programma dell'indagine conoscitiva è stato pensato in una logica e prospettiva di indirizzo politico. Molte e differenziate le angolature da cui è stato affrontato il tema. "In particolare - si legge nel capitolo introduttivo dedicato ai programmi e agli obiettivi - l'indagine è stata impostata in modo da evidenziare i nuovi caratteri che tale fenomeno ha assunto rispetto a quelli tradizionali, con particolare riferimento all'odio etnico e religioso, alimentato dal fondamentalismo, e allo strumentale intreccio con l'antisionismo e con le derive negazioniste. Si è valutato che la recrudescenza dell'antisemitismo a livello mondiale, ed in particolare in Europa, unitamente al complesso rapporto con le vicende del Medio Oriente, induce a non sottovalutare gli episodi di intolleranza, che hanno avuto luogo anche in Italia, e ad adottare una impostazione del problema che coniughi i profili di interesse internazionale con quelli di interesse nazionale".
Fiamma Nirenstein si dice soddisfatta per la conclusione dei lavori, intensificatisi particolarmente nell'ultimo trimestre e parla di documento "allarmante e innovativo rispetto alla letteratura esistente in
materia". "I dati che abbiamo esaminato - spiega la deputata del Partito delle Libertà - mettono in luce la crescita verticale della piaga dell'antisemitismo. Un fenomeno che nel 2009 ha raggiunto un picco senza precedenti dalla seconda guerra mondiale. Il Documento descrive numerosi aspetti della questione esaminandoli da tutti i punti vista: si parte dal dato secondo il quale il 44 per cento degli italiani dichiara di non provare simpatia per gli ebrei per arrivare al nuovo dilagante fenomeno dell'antisemitismo online, che è probabilmente responsabile del fatto che il 22% dei giovani italiani ha un atteggiamento variamente ostile verso questa realtà".

(Notiziario Ucei, 11 ottobre 2011)

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Immobile in pedana, una tunisina boicotta Israele ai Mondiali

Bebes non tira, la rivale vince e si dispera. E' già il secondo rifiuto: domenica un fiorettista iraniano si è ritirato

di Marco Ansaldo

La tunisina Sarra Besbes che si è rifiutata di tirare
contro l'israeliana
Israele scopre le nuove frontiere del boicottaggio nello sport. Non soltanto il Kuwait, l'Arabia Saudita o l'Iran. Ora il confronto con gli atleti di Tel Aviv è rifiutato persino da un Paese come la Tunisia che non si era mai messo di traverso. Ieri, ai Mondiali di scherma di Catania, una delle migliori spadiste africane, Sarra Besbes, è salita in pedana nel girone di qualificazione contro l'israeliana Noam Mills ma è rimasta completamente passiva al punto da subire a raffica le cinque stoccate che le hanno fatto perdere l'incontro.
Un comportamento anomalo che non è sfuggito ai direttori di gara, i quali non potevano prendere provvedimenti perché non si trattava di un rifiuto ma, apparentemente, di una sconfitta. La Besbes, 22 anni, appartiene a una famiglia di schermidori: la madre era una delle specialiste più note in Tunisia, tre sorelle e un fratello fanno parte della Nazionale e il padre è nel direttivo della Federazione. Lei, Sarra, è stata campionessa africana e punta a un posto per le Olimpiadi di Londra. Insomma non è una fuoriclasse ma neppure l'ultima arrivata e c'è più del fondato sospetto che la sua sia stata una scelta ponderata e ispirata dai dirigenti della sua Federazione. Persino la rivale, vincente, ha reagito al successo con un pianto. La sconfitta per 5-0 è costata alla tunisina anche il ko definitivo, nel turno successivo le è toccata la cinese Li Na, che l'ha eliminata facilmente. La Mills invece ha proseguito il cammino eliminando la messicana Teran ed è entrata nel tabellone principale da cui giovedì uscirà la nuova campionessa del mondo. Sarra e i dirigenti tunisini hanno preferito evitare il commento. Certo che si tratta di una svolta curiosa per il Paese uscito dalla rivoluzione per approdare alla democrazia, quasi che il mondo dello sport si fosse spostato verso il fondamentalismo islamico. Qualche segnale si avverte anche in Egitto. Negli anni scorsi la squadra femminile si presentava all'appuntamento con un abbigliamento decisamente occidentale, oggi molte atlete vestono il velo. Il problema del boicottaggio è più che mai presente. Se quello della tunisina colpisce per la novità ma è stato adottato in una maniera soft, l'Iran continua nella sua politica del rifiuto netto e sbandierato in tutte le grandi manifestazioni sportive.
Domenica Sayyad Ghanbari Hamad, un fiorettista di Teheran, si è ritrovato nel girone di qualificazione l'israeliano Tomer Or e si è ritirato senza tirare con lui né con gli altri avversari che gli erano toccati nel sorteggio. Due incidenti diplomatici in due giorni. Se il boicottaggio mascherato prende piede chissà cosa succederà ai Giochi di Londra 2012.

(La Stampa, 11 ottobre 2011)

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In Germania si chiude un cerchio: tornano i giovani pro kibbutz

di Elisabetta Rosaspina

C' è chi la vede come un cerchio, un cerchio che si chiude. E chi come il sigillo di una riconciliazione definitiva, o addirittura tardiva. E chi come una nuova opportunità per richiamare in Israele altri espatriati. Ciascuno può interpretare come meglio crede il senso della rinascita in Germania di Hashomer Hatzair, il movimento giovanile che cominciò a cercare di diffondere ideali sionisti, e in particolare la filosofia del kibbutz, fin dagli anni in cui Adolf Hitler ancora arringava gli avventori delle birrerie di Monaco. Ma il valore simbolico della riorganizzazione di un gruppo che contava quasi 500 persone quando Hitler conquistò il potere e che fu spazzato via dal nazismo cinque anni dopo, e infine fu oscurato dalle ben più imponenti dimensioni dell'Olocausto, non ha lasciato indifferenti gli israeliani, alla fine delle annuali celebrazioni dello Yom Kippur. Dopo 73 anni, ritorna. In Germania. Hashomer Hatzair aveva già ristabilito la sua presenza nel 1949, in Austria. Ma Berlino sembrava ancora lontana, poteva ancora evocare in qualche superstite gli incubi della lunga Notte dei Cristalli. Il quotidiano Haaretz ha riservato alla notizia la prima pagina e un titolo sentimentale: «Eterna gioventù». Di quei giovani che, tra il 1928 e il 1938, concepirono e vagheggiarono la vita in un kibbutz pur vivendo ne restano pochi. Dovevano essere adolescenti come Yoav Burstein, che partì per la Palestina a 15 anni, proprio all'indomani del pogrom, e raggiunse il kibbutz dei suoi sogni. Sognano i kibbutz, adesso, i giovani ebrei in Germania? Vorrebbero davvero lasciare Berlino per Gerusalemme i diecimila israeliani contabilizzati dalla loro ambasciata? Izhar Ben-Nahum, ricercatore storico interpellato da Haaretz , è quasi brutale: «Se lo chiedete a me, non dovrebbero esserci ebrei in Germania». Ma è a loro che bisognerebbe chiederlo.

(Corriere della Sera, 11 ottobre 2011)

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Il Gran Muftì di Siria minaccia Europa e Israele

"Se attaccherete pronti a immolare i nostri figli" . Europa e Israele dovranno stare bene attenti a non attaccare militarmente la Siria. Proprio dalla Siria, dal Gran Muftì, carica di nomina governativa, arriva la minaccia per i paesi occidentali. Se attaccheranno il paese arabo, la Siria è pronta a scatenare una vera e propria guerra santa, dando il via ad una serie di attacchi suicidi contro l'Ue e Israele.
"Nel momento in cui il primo missile colpirà la Siria, il Libano e la Siria - ha annunciato il Muftì - (questi Paesi) lanceranno tutti i loro figli come attentatori suicidi sul territorio europeo e della Palestina". Lo shaykh Ahmad Bader Hassun, Gran Muftì di Siria, ha lanciato l'avvertimento ieri sera dalla tv di Stato siriana, ripreso oggi dalla tv panaraba al Arabiya. Lo shaykh ha perso l'anno scorso uno dei suoi figli in un agguato per il quale sono stati accusati alcuni terroristi, secondo il governo pagati da servizi segreti stranieri ed è noto per le sue prediche a favore del dialogo islamo-cristiano. Punto di vista che in questo caso - forse complice l'uccisione del figlio - pare avere dimenticato.

(FocusMO, 11 ottobre 2011)

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Gerusalemme: chiusa una strada alle donne

Per evitare promiscuità sessuali durante una manifestazione.

Ignorando una sentenza specifica della Corte Suprema israeliana, una corrente di ebrei ultraortodossi ha ordinato la «preclusione alle donne» della principale arteria del rione religioso di Mea Shearim (Gerusalemme), in occasione della prossima Festa dei Tabernacoli che tradizionalmente richiama una folla di visitatori.
Un cosiddetto 'Comitato rabbinico per la purezza del nostro campo' ha stabilito che, per evitare indesiderate promiscuità sessuali nella prevedibile ressa, le donne del rione faranno bene a rinunciare per alcuni giorni alla strada principale del rione e a passare per vie secondarie. L'anno scorso un provvedimento analogo aveva destato la indignazione di organizzazioni israeliane per i diritti civili, che già sono impegnate contro la «segregazione per sessi» nei mezzi pubblici di trasporto che collegano le località degli ebrei ortodossi. Ma finora le pressioni sociali all'interno dei rioni ortodossi hanno prevalso sulle sentenze della Corte Suprema.

(Lettera43, 11 ottobre 2011)

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San Severino Marche: cittadinanza onorifica ai fratelli 'Di Segni'

La Città di San Severino Marche renderà omaggio, il 30 ottobre prossimo, ai fratelli Frida, Elio e Riccardo Di Segni, quest'ultimo rabbino capo di Roma, discendenti di una famiglia ebrea che, sfollata dalla Capitale, venne ospitata in località Serripola fra gli anni 1943 - 1944.
Ai fratelli "Di Segni" il Comune assegnerà la cittadinanza onoraria che sarà conferita nel corso di una cerimonia ufficiale in programma al teatro Feronia a partire dalle 15,30. Già sostenuta dalla locale sezione dell'Anpi, intitolata al capitano Salvatore Valerio, la decisione di conferire la cittadinanza onoraria ai fratelli Di Segni è stata accolta con voto unanime, nei mesi scorsi, dal Consiglio comunale di
   
San Severino Marche
San Severino Marche con la seguente motivazione: "Essi hanno saputo sottolineare con la loro testimonianza il profondo contributo offerto da tutta la popolazione locale a favore della comunità ebraica e di quanti, negli anni 1943-1944, cercarono rifugio dall'oppressione nazifascista. Quali testimoni dell'attività prestata dal padre, Mosè Di Segni, hanno consegnato alla Città intera un'importante pagina di storia permettendo di ricostruire uno spaccato del passato di cui, ancora oggi, la comunità locale va fiera".
    Da sempre profondamente legata alla Città di San Severino Marche, la famiglia Di Segni, grazie anche alla collaborazione dell'Anpi, in questa occasione ha deciso di rendere pubblico un memoriale del dottor Mosè Di Segni, noto medico che durante la guerra di Liberazione si arruolò nella formazione partigiana del Battaglione Mario e prestò tantissime cure non solo ai membri della formazione stessa ma all'intera popolazione civile settempedana. A lui tante persone devono ancora oggi la vita.
    Insieme alle testimonianze dei figli Frida, Elio e Riccardo e a quelle di altre illustri figure, il memoriale è diventato un libro dal titolo "Mosè Di Segni medico partigiano. Memorie di un protagonista della Guerra di Liberazione" che, curato da Luca Maria Cristini ed edito dalla Riserva Naturale Regionale del Monte San Vicino e del Monte Canfaito, verrà presentato sempre domenica 30 ottobre al termine della cerimonia di conferimento della cittadinanza onoraria.
    "La pubblicazione del manoscritto del tenente Di Segni - spiega Luca Maria Cristini - offre un documento il cui alto valore deriva dal fatto di essere testimonianza diretta ed immediata di un protagonista dei fatti. Esso ci ricostruisce sentimenti ancora vivi, ci fornisce un'istantanea eccezionale dello stato d'animo dei patrioti in montagna nel quale, talvolta, riusciamo con vero disagio a calarci. Il livello di esasperazione della lotta ci appare in tutta la sua evidenza nei cinici bollettini dei feriti e dei caduti nemici, questi fanno piombare con raggelante immediatezza il lettore nella brutalità delle vicende di quei giorni. Dal punto di vista puramente storico, invece, il documento è una fonte inesauribile di informazioni: gli studiosi della storia di Liberazione vi potranno trovare molti spunti per approfondire e verificare quanto emerse nelle ricerche condotto fino ad oggi".
    In passato al dottor Di Segni è stata assegnata anche la Medaglia d'Argento al Valor Militare sul Campo per essersi distinto "per zelo e coraggio nell'assolvere le funzioni relative alla sua alta missione in parecchi fatti d'Arme durante i quali, rischiando la vita, trasse a salvamento numerosi feriti del suo reparto, nei combattimenti e nelle azioni di rastrellamento effettuati dai nazifascisti e dalle SS tedesche. Nel fatto d'arme del 23 marzo 1944 a Valdiola mentre era intento, nel pieno della battaglia, a soccorrere i feriti del reparto ed a curarne il successivo sgombro nei casolari retrostanti, accortosi che l'avversario con una fulminea manovra cercava di accerchiare il battaglione, ne dava l'allarme incitando i patrioti ad arginare l'irruenza nemica. Postosi perciò alla testa dei patrioti accorsi (…) suscitò e guidò la entusiastica reazione che culminò nella vittoria".
    Riccardo Di Segni dal 2001 è rabbino capo della Comunità Ebraica di Roma. E' considerato tra le massime autorità spirituali e morali ebraiche in Italia. È vice presidente del Comitato nazionale per la bioetica istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Continua ad esercitare anche la sua professione di medico, come primario di radiologia all'ospedale San Giovanni di Roma.
    Elio Di Segni è docente di Cardiologia all'Università Israelitica di Tel Aviv dopo essere stato assistente in Medicina al Pio Istituto di Santo Spirito ed agli Ospedali Riuniti di Roma oltre che assistente in Cardiologia al Lancisi di Ancona. E' stato ed è tuttora membro dell'Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri e della Società Israelitica per la Salute. Al suo attivo ha oltre cento pubblicazioni.
    Frida Di Segni è scrittrice ed autrice di libri sulla storia degli ebrei in Italia dove viene più volte citata e ricordata con grande partecipazione ed affetto anche la città di San Severino Marche. Da sempre attiva nel mondo del volontariato quale alto rappresentante della Croce Rossa Internazionale, risiede ad Ancona e da anni rappresenta la comunità ebraica nelle Marche.

(viverecivitanova, 11 ottobre 2011)

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Rassegna stampa su Israele

di Emanuel Segre Amar

Dopo gli scontri dei giorni scorsi che hanno visto la morte di quasi quaranta copti ed il ferimento di alcune centinaia di persone, tutti i quotidiani di oggi analizzano quegli avvenimenti. Dan Segre sul Giornale si chiede, con la sua solita lucidità, chi stia dietro questi incidenti; i Fratelli Musulmani, dei cani sciolti o i capi militari spaventati per il proprio futuro? I militari terranno il controllo, scrive Segre, ma si chiede pure: quali militari? Gli alti ufficiali che oggi detengono il potere, o i capitani ed i tenenti che oggi si tengono nascosti, ma che hanno le armi in pugno?
    Sergio Romano sul Corriere della Sera scrive che i militari egiziani sperano di aver trovato alleati nei battaglioni dei Fratelli Musulmani, e ritiene che questa "non sia una cattiva strategia". Aggiunge Romano che i religiosi hanno individuato il nemico nella comunità copta, che è detestabile perché ad essa appartengono i ceti sociali più dinamici della società egiziana. Verrebbe voglia di invitare Romano ad allargare questo ragionamento e cercare di comprendere quanto sta realmente succedendo in tutto il Medio Oriente.
    Chi questo lo ha compreso perfettamente è Fausto Biloslavo che, in un articolo pubblicato sul Giornale, riprende la gravi parole pronunciate dal Gran Muftì di Damasco (noto in Medio Oriente come attivo sostenitore del dialogo!): se l'Europa lancia missili sulla Siria, i kamikaze saranno pronti a colpire la UE. Scrive ancora Biloslavo che in Tunisia ed in Libia la primavera sta aprendo la strada ai fondamentalisti, mentre i cristiani iraniani esuli in Europa vengono minacciati dai Soldati dell'Imam nascosto.
    Andrea Fontana su Nazione, Resto del Carlino e Giorno scrive che i generali egiziani, forse memori di quanto successe in Iran, cercano di proteggere il proprio futuro per il giorno nel quale i Fratelli Musulmani saranno al potere.
    Emblematica è, sullo stesso tema, la fine dell'articolo di Pierre Chiartano pubblicato su Liberal: "Catherine Ashton ha espresso la sua preoccupazione, ed ora i cristiani saranno più tranquilli. I ministri degli esteri europei hanno condannato le violenze contro i copti, ed allora il governo del Cairo ha avviato un'indagine". L'ironia di Chiartano sembra cogliere perfettamente la realtà di questi giorni.
    Luigi Accattoli, ancora su Liberal, osserva che, almeno fino ad ieri, troppi quotidiani hanno preferito non parlare della strage dei copti, e tanti altri lo hanno fatto in sordina, aggiungendo che "i cristiani dovrebbero creare una Lega Cristiana antidiffamazione a somiglianza di quella ebraica".
    Avvenire ha iniziato la collaborazione con Giorgio Israel del quale ha pubblicato, nei giorni scorsi, un interessante articolo, già ripreso da queste pagine. Oggi due lettori di Avvenire plaudono a questa iniziativa del quotidiano cattolico "non prono al politicamente corretto", e, in risposta, il Direttore ringrazia, ma scrive anche che "non tutti condividono l'analisi di Giorgio Israel".
    Piero Laporta su Italia Oggi cita, dal canto suo, ampi stralci dell'articolo di Israel lodando Avvenire che ha colto l'opportunità di offrire una visione comune ad ebraismo e cattolicesimo, augurandosi che possa far riflettere e coinvolgere anche i musulmani.
    In Francia il Figaro ritorna sull'iniziativa dello scrittore israeliano Yoram Kaniuk e scrive che già 200 persone hanno chiesto di vedere cancellata dai propri documenti la propria appartenenza alla religione ebraica. La Corte Suprema israeliana si deve ancora pronunciare in merito, dopo la sentenza del tribunale favorevole a Kaniuk, ma il quotidiano francese, quando scrive che oltre il 50% degli israeliani osserva comunque lo Yom Kippur ed il digiuno, mostra di non comprendere il significato dell'ebraismo laico.
    Le Monde, in un articolo di Laurent Zecchini, esprime severi giudizi contro gli estremisti ebrei che si sono macchiati dei crimini già stigmatizzati da chi scrive nella settimana scorsa. Purtroppo Zecchini non dimostra la dovuta imparzialità e, citando come fa spesso B'Tselem, vede il male quasi da una parte sola, e non comprende che se i militari di stanza nei pressi delle colonie rimangono strategicamente fermi, così non è per la polizia subito inviata dal governo ad investigare ed anche, come è appunto successo nei giorni scorsi, ad arrestare i colpevoli man mano che venivano identificati.
    Sul Riformista Andrea De Consoli parla della sua recente visita ai luoghi santi durante la quale si è lasciato commuovere dai muezzin a tal punto da scrivere che "in questo momento di primavera araba se un governo israeliano dovesse finalmente accogliere i palestinesi in uno stato laico (è questo che vogliono Fatah e Hamas? ndr) e plurale (è finita la ricerca dei due stati in pace tra di loro? ndr), Israele diventerebbe in poche ore il centro della diplomazia mondiale, l'acqua sui tanti fuochi fondamentalisti", per concludere il suo articolo scrivendo che ciò "accadrà quando nascerà un nuovo Rabin". Vorrei invitare i lettori a ricordare le parole che si leggevano su Rabin quando il generale era il capo del governo di Israele.
    Ritengo infine di chiudere l'odierna rassegna invitando i lettori a leggere A.Alf. su Avvenire che riporta le sacrosante parole di Vasco Rossi, scatenato contro Nonciclopedia: "andatevela a vedere prima di parlare" ha tuonato il noto cantante dopo che qualcuno ha scritto su Nonciclopedia che Anna Frank "se l'è voluta perché ebrea". E' il solito ritornello della colpa che ricade sul più debole, e triste è, al contrario, leggere su Europa, a questo proposito, che "un cantante ultrasessantenne non capisce i meccanismi del web... chiunque voglia una rete libera sa che fa parte del gioco. Se poi si chiede, vengono cancellati." Fa parte del gioco? Basta chiedere e vengono cancellati? Ma che cosa scrive Europa! E poi ancora: "le querelle di un vecchio ex ribelle contro dei ragazzini sono patetiche". Bel modo di insegnare i fondamentali della vita ai giovani. Vadano a rileggersi, i responsabili di Europa, le cifre dell'antisemitismo in Italia riportate oggi da Dimitri Buffa e ci meditino sopra, mentre, coi lettori di Moked, io ringrazio Vasco Rossi.

(Notiziario Ucei, 11 ottobre 2011)

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Una smentita alle teorie del complotto

di Enrico Franceschini

C'è gente ancora convinta che l'attacco alle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001 non fu opera di al Qaeda, bensì della Cia e del governo americano, magari con l'aiuto del Mossad. Una significativa smentita di questa tesi (che William Langewiesche, il pluripremiato giornalista americano autore di "American Ground", bellissimo libro su Ground Zero, ha definito "conseguenza dell'ignoranza su come funzionano il governo americano, il traffico aereo, i servizi segreti e un sacco di altre cose", quando l'ho incontrato a un dibattito al Festivaletteratura di Mantova del mese scorso) ora viene da…al Qaeda stessa. Sull'ultimo numero della rivista "Inspire", bollettino ufficiale d'informazione in lingua inglese della rete del terrore fondata da Osama bin Laden (non sono abbonato: ne leggo un resoconto sull'Herald Tribune), un articolo critica aspramente il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad per avere ripetuto all'ultima Assemblea Generale delle Nazioni Unite la sua spesso espressa convinzione che l'attacco dell'11 settembre fu messo in scena dal governo americano per lanciare le guerre in Afghanistan e Iraq. L'articolo chiede al presidente iraniano di "farla finita di screditare la nostra organizzazione con le sue ridicole teorie su una cospirazione americana". Insomma: al Qaeda dice forte e chiaro all'Iran e a tutti i fautori della teoria del complotto, "smettetela con queste sciocchezze, siamo stati noi!" Ma immagino che qualcuno non sarà convinto lo stesso.

(la Repubblica blog, 10 ottobre 2011)

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Israele: 340 medici si licenziano

Dopo mesi di scioperi e minacce 340 medici impiegati in diverse strutture nel distretto centrale d'Israele si sono licenziati. Le dimissioni in massa sono state annunciate stamattina durante una conferenza stampa a Tel Aviv. I medici dimissionari hanno spiegato che la loro mossa va intesa come l'extrema ratio a cui sono stati costretti a fare ricorso visto il fallimento delle trattative con il ministero delle Finanze riguardo a un aumento dei salari e alcune modifiche nella regolamentazione della professione medica.
L'ultimo incontro tra le due parti risale a ieri sera: una riunione conclusasi senza risultati, visto che - stando a quanto hanno riportato i rappresentanti dei dottori - il ministero ha rifiutato di muoversi dalle proprie posizioni. Adesso, i medici chiedono l'intervento diretto del Primo ministro, Benjamin Netanyahu: «Parleremo solo con lui», hanno dichiarato i loro portavoce. Intanto, dal ministero delle Finanze arriva una durissima condanna dell'iniziativa. «I medici del distretto centrale hanno perso la loro moralità - ha accusato il vice ministro, Yitzhak Coehn -, tutto quello che vogliono sono soldi, soldi, soldi. La responsabilità per i danni sui pazienti ricade su questa gente che ha scelto di abbandonarli pur di riuscire ad estorcere altro denaro». Intanto, alla Radio Militare, la più ascoltata d'Israele, il direttore del reparto ortopedico di Rambam, dottor Doron Norman, ha messo in guardia gli ascoltatori: «Siamo sull'orlo di una catastrofe. Sconsiglio alle persone di andare in ospedale».

(FocusMO, 10 ottobre 2011)

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Tirocinanti si dimettono, caos negli ospedali israeliani

Pur abituati ad operare in condizioni di grave emergenza - a causa di conflitti o di attentati terroristici - diversi ospedali di Israele segnalano oggi di essere "vicini al caos" in seguito alle dimissioni di massa di centinaia di medici tirocinanti, mentre raggiunge così il culmine un conflitto sindacale innescato oltre sei mesi fa.
Nella mattinata hanno abbandonato i loro posti di lavoro oltre 100 medici dell'Ospedale Ichilov (Tel Aviv), 80 dell' Ospedale Rambam di Haifa e 70 dell'Ospedale Meir di Kfar Saba. Ai loro posti sono precariamente subentrati i dirigenti dei vari dipartimenti e anche pensionati richiamati di urgenza. In tutti gli ospedali delle principali città si avverte una crescente pressione sulle strutture che, secondo i dirigenti, "possono resistere ancora qualche giorno al massimo". "Poi i pazienti cominceranno a morire" hanno aggiunto.
Nel pomeriggio, su richiesta del ministero della finanze, sarà chiesto l'intervento del tribunale del lavoro affinchè obblighi i tirocinanti a ripresentarsi al lavoro, malgrado abbiano già consegnato le lettere di dimissioni settimane fa.
Anche il premier Benyamin Netanyahu cerca in queste ore di trovare una soluzione di compromesso: ma finora tutti gli incontri fra esponenti del ministero delle finanze e delegati dei medici sono terminati in un nulla di fatto.

(swisscom, 10 ottobre 2011)

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Israele esorta i cittadini ad evitare viaggi nella penisola del Sinai

GERUSALEMME, 10 ott. - Israele ha esortato i cittadini israeliani ad evitare viaggi nella penisola del Sinai nei prossimi giorni per timore di attacchi terroristici. Un "travel alert" dell'anti-terrorismo israeliano invita coloro che si trovano gia' nell'area a "partire immediatamente e tornare in Israele".
Venerdi' sera iniziera' il "Sukot", e il timore e' che la festa dei Tabernacoli possa essere occasione di nuovi attacchi terroristici nelle localita' turistiche della Penisola. Il 18 agosto scorso otto israeliani sono rimasti uccisi in un triplice attentato condotto da un commando di miliziani.

(Adnkronos, 10 ottobre 2011)

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Pacifici: istituita la pratica per restituire la casa agli eredi di Ida Marcheria

CRACOVIA, 10 ott. - "Nelle prossime settimane avvieremo una pratica con i nostri avvocati, dopo il reperimento di tutto il materiale necessario affinche' ai discendenti della famiglia di Ida Marcheria, una delle ultime donne sopravvissute al campo di Birkenau e scomparsa lo scorso 3 ottobre, possa essere restituita la casa di Trieste sequestrata dopo la deportazione in Polonia". E' quanto ha dichiarato oggi Riccardo Pacifici, presidente della Comunita' ebraica di Roma visitando il campo di sterminio di Auschwitz, dove e' giunto accanto al presidente della Regione Lazio Renata Polverini, seconda tappa del Viaggio della Memoria, promosso dalla Regione Lazio e dalla Comunita' ebraica di Roma che si chiudera' domani.
Il presidente della Comunita' ebraica ha annunciato di aver gia' contattato "l'assessore alla cultura Andrea Mariani, il prefetto della citta' Sandro Giachetti, ho scoperto quanto Ida Marcheria fosse legata a questa casa proprio in uno speciale di Raiuno -ha ricordato ancora Pacifici- sicuramente vogliamo organizzare con gli amministratori locali anche nella citta' di Trieste, in collaborazione con Regione, Comune e Provincia di Roma una cerimonia per ricordare i tre fratelli Marcheria purtroppo ormai tutti deceduti".
"Riguardo alla casa da restituire alla famiglia abbiamo buone chance per avere giustizia -ha proseguito- questa vicenda potrebbe aprire anche altri fronti non solo quelli legati all'assicurazione, ai depositi bancari, ma anche quelli legati alle proprieta' delle case mai restituite, a volte dimenticate e non e' detto che Trieste ci muoveremo in altre citta' italiane".

(Adnkronos, 10 ottobre 2011)

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Il Consiglio ebraico: stop ai vandali in moschea

"A Jaffa e in Galilea atti inaccettabili: prendete i responsabili"

ll presidente israeliano Shimon Peres, a destra il rabbino capo
Yona Metzger, a sinistra il rabbino Shlomo Amar e lo sceicco
locale Mohamad Quiwan nella moschea bruciata
BRUXELLES, 10 ott 2011 - La leadership del Consiglio mondiale ebraico (Wjc) ha condannato ''nel modo più fermo possibile il vandalismo ebraico'', con riferimento alle recenti profanazioni di luoghi sacri tanto ai musulmani quanto agli ebrei in Galilea e a Jaffa. Il presidente del Wjc, Ronald S. Lauder, in una nota ha scritto che le recenti ''profanazioni, distruzioni e incendi di moschee e di libri sacri in Galilea e a Jaffa sono una vergogna per i valori centrali dell'ebraismo e per i principi fondamentali di democrazia e libertà dello stato di Israele''. ''E' inconcepibile - ha aggiunto Lauder - che tali atti siano perpetrati da ebrei e ancor più durante le Alte Festività dello Yom Kippur. Essi sono una profanazione e una vergogna per la tradizione morale dell'ebraismo''.
EGUALE CONDANNA - Nello stesso testo il segretario generale, Dan Diker, afferma che il Wjc ''sostiene inequivocabilmente il governo di Israele nella ricerca degli autori di tali attività criminali per portarli davanti alla giustizia''. Nella nota Diker aggiunge che ''vengono inequivocabilmente condannati anche gli attacchi palestinesi contro luoghi sacri agli ebrei'' come l'aver ''imbrattato con svastiche la Tomba di Giuseppe ''così come i ripetuti assalti alla tomba di Rachele a Betlemme'' che sono ''sacre tanto per gli ebrei quanto per i Cristiani''. Anche per questi atti il Wjc fa appello al governo israeliano per la ricerca e la condanna dei responsabili.

(Quotidiano.net, 10 ottobre 2011)

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Israele investe in Cina: tre impianti fotovoltaici per $1,3miliardi

La Israel Electric Corporation (Iec) realizzerà tre impianti fotovoltaici nel nord della Cina. Il progetto vale 1.3 miliardi di dollari. Si tratta del primo investimento dell'azienda pubblica israeliana in Cina, oltre che del più importante progetto all'estero di sempre. Non solo: è anche l'esordio di Iec nel campo dell'energia solare.
Tuttavia, la compagnia sta ancora aspettando di ricevere l'ok dell'Autorità per le compagnie governative, che deve approvare la partecipazione di Iec al progetto. Gli impianti da 240 megawatt saranno costruiti su terreno privato, di proprietà di due businessman, un cinese e un israeliano; quest'ultimo, in particolare, avrebbe contattato Iec tre mesi fa, proponendo l'affare. Alla compagnia israeliana spetterebbe il 50% dell'azienda costituenda, la quale si occuperà di progettare, approvvigionare e costruire gli impianti. I partner cinesi avranno diritto al 25% (come prevede la legge di Pechino) e un importante contractor straniero - il cui nome non è stato finora reso noto - avrà il restante 25%. Un'impresa cinese fornirà i pannelli solari. Iec non ha alcuna precedente esperienza nella costruzione di simili strutture, e in Israele è per ora interdetta da questo settore. Il ministero delle Finanze ha infatti stabilito che l'azienda elettrica numero uno del Paese non acceda a nuovi campi produttivi fino a che non saranno concluse le trattative in corso per riformare la stessa compagnia.

(FocusMO, 10 ottobre 2011)

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I fratelli Di Segni cittadini onorari di San Severino Marche

Vi furono sfollati nel 1943-1944. Memoriale padre diventa libro

SAN SEVERINO MARCHE (MC), 10 ott - San Severino Marche rendera' omaggio il 30 ottobre ai fratelli Frida, Elio e Riccardo Di Segni, quest'ultimo rabbino capo di Roma, discendenti di una famiglia ebrea sfollata in localita' Serripola tra il 1943 e il 1944. A loro il Comune conferira' la cittadinanza onoraria durante una cerimonia ufficiale al teatro Feronia. Nella stessa giornata verra' presentato il memoriale del padre Mose' Di Segni, medico, medaglia d'argento al valor militare, che partecipo' alla Resistenza.

(ANSA, 10 ottobre 2011)

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Crisi: Israele approva la riforma sociale

Dopo le manifestazioni degli indignados israeliani contro il carovita

GERUSALEMME, 9 ott - Con 21 voti favorevoli e 8 contro, il governo di Benyamin Netanyahu ha approvato le linee centrali di un rapporto di riforma sociale preparato dall'economista Manuel Trajtenberg, dopo le manifestazioni organizzate dagli 'indignados' di Israele. Obiettivo immediato è far calare il costo della vita, soprattutto per quanto concerne l'edilizia pubblica, le spese correnti delle famiglie e l'istruzione. Il Rapporto prevede poi maggiori tasse alle fasce più abbienti, e tagli alle spese militari.

(ANSA, 9 ottobre 2011)

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Stefano Gay Tachè: dopo 29 anni giustizia non è stata fatta

di Piera Prister


Si aspetta ancora giustizia per l'attentato alla Sinagoga di Roma, a 29 anni da quel tragico 9 ottobre 1982. Ricorre oggi, 9 ottobre 2011, l'anniversario dell'assassinio del piccolo Stefano Tache', avvenuto esattamente il 9 ottobre 1982 di 29 anni fa, da parte di un commando di terroristi palestinesi che, seminando il terrore, gettarono bombe e con le mitragliatrici aprirono il fuoco sui fedeli che, in folto numero di circa 250 persone, dopo la benedizione uscivano dal Tempio Maggiore di Roma, dove s'era appena conclusa la cerimonia di Shemini' Atzeret, che poneva fine alla festa di Succoth.
    Come l'emerito presidente Francesco Cossiga- intervistato il 3/10/2008 da Menachem Ganz del Yediot Aharonot - disse agli ebrei: "Vi abbiamo venduti", confessando le responsabilita' degli uomini di governo di allora che, conniventi con quel crimine, quel tragico giorno avevano ritirato le volanti della polizia che di regola sono a guardia del Ghetto di Roma, cosi', quel giorno dell'attentato veramente, non c'erano poliziotti a difesa, contro quei terroristi che erano intenzionati a causare una strage con il lasciapassare, fornito loro dalle piu' alte cariche dello stato italiano.
Era un agguato! Un agguato da parte di quei terroristi dell'OLP, antisemiti a cui lo stato italiano aveva dato licenza di uccidere, pur di ingraziarsi i mandanti della strage che gli chiedevano una prova della sua fedeltà ai patti.
    E guai a sgarrare. Una specie di iniziazione mafiosa in cui il capo dell'organizzazione criminale chiede la prova di obbedienza, di fedelta' e di omerta'.
    La prova richiesta era l'uccisione di capri espiatorii ebrei, per sedare la sete di sangue di quelle belve. E strage fu, una strage con il senno di poi, annunciata! In quel giorno di festa, vigliacchi, fu colpito il piccolo Stefano di due anni e il suo fratellino Gadiel di 4 anni, insieme a 37 persone ferite che furono, in una corsa affannosa, trasportate all'ospedale Fatebenefratelli dell'isola Tiberina proprio di fronte alla Sinagoga e in altri ospedali della capitale.
    Stefano non sopravvisse, mentre il suo fratellino Gadiel rimaneva in condizioni critiche per le tante schegge penetrate nei suoi organi interni, la loro mamma veniva ospedalizzata in preda ad un violento attacco di cuore e cosi' altre decine e decine di feriti che ancora portano sui loro corpi le cicatrici delle ferite.
Il governo sapeva - c'erano stati dei patteggiamenti prima - sapeva che ci sarebbe stato un attacco al Ghetto di Roma e l'assecondo' ritirando le volanti. Le indagini che ne seguirono furono una farsa.
    La polizia accorsa sul luogo preparo' sulla base delle testimonianze, identikit degli assassini - doveva pure fingere di darsi un po' da fare - ne rilascio' quattro dei terroristi che avevano partecipato all'attacco e ne identifico' uno, nella persona di Osama Abdel al Zomar che scappo', fu arrestato in Grecia e poi estradato in Libia.
    L'Italia istrui' un processo contro di lui - che tuttora e' a piede libero come quel mostro di Lockerbie - e lo condanno' in contumacia.
    Gli ebrei subito s'erano resi conto che il governo li aveva traditi ancora una volta, pur non avendone le prove, che sono arrivate tardi dopo ventisei anni, con la testimonianza del 2008 di Cossiga e con le rivelazioni confermate da Abu Sharif, l'uomo di Arafat, sul Corriere della Sera, sulla strage di Bologna avvenuta, due anni prima.
    L'attacco alla Sinagoga di Roma era seguito ad una propaganda martellante - a-tamburo battente - di antisemitismo contro Israele e contro gli ebrei, sulla stampa, alla TV, alle radio, si respirava nell'aria, mentre pochi giorni prima dell'attentato, quello sgherro di Arafat, il capo dell'OLP, veniva ricevuto armato in Parlamento, accolto a San Pietro e in Campidoglio, abbracciato, baciato e riverito da tutti.
    Per questo l'allora rabbino capo della Comunita', Rav. Elio Toaff disse risoluto al Presidente Pertini, che voleva partecipare ai funerali del piccolo Stefano, che non gli avrebbe garantito l'incolumita' e Bruno Zevi nel suo discorso tre giorni dopo, lancio' con il suo "J' Accuse", un'accesa requisitoria contro le autorita' dello stato. Gli ebrei, di nuovo si trovarono ad esperire sulla loro pelle la triste condizione di chi veniva venduto ancora una volta, e senza' pieta', a potenze straniere.
Come erano stati venduti alla rabbia nazista pochi decenni prima nell'ottobre del 1943, cosi' allora nello stesso mese del 1982 e nello stesso luogo del Ghetto di Roma, venivano di nuovo venduti alla rabbia palestinese - dietro cui operavano e tuttora operano i signori del petrolio, della guerra e della jihad islamica.
    E da cui, ironia della sorte, noi Italiani ne siamo ancora tutti dominati e ricattati, ebrei e non ebrei se ancora dopo tanti anni non si riesce ancora a far luce sulle tante stragi depistate che hanno insanguinato l'Italia e per le quali gli autori non hanno ancora pagato, per una immunita' concessa loro da uno stato venduto e da un'altrettanta venduta stampa.

(Informazione Corretta, 9 ottobre 2011)

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«Il mio fratellino ucciso e dimenticato nella strage alla Sinagoga del 1982»

Stefano Gay Taché aveva 2 anni: morì nell'assalto ad opera di terroristi nel Ghetto. «Salviamolo dall'oblio»

di Pierluigi Battista

Gadiel Taché, fratello del
bimbo ucciso, con i genitori
«Mio fratello si chiamava Stefano. Stefano Gay Taché. Il 9 ottobre del 1982 aveva appena due anni quando fu ammazzato da un commando di terroristi mentre usciva dalla Sinagoga Maggiore di Roma, al termine della festa di Sukkot, assieme alla sua famiglia. Mio fratello aveva due anni meno di me, che mi chiamo Gadiel. Oggi, a ventinove anni da quel massacro su cui l'Italia ha steso un velo di ambiguo e imbarazzato silenzio, ho deciso di impegnarmi perché sia conservato il ricordo di un bambino ucciso nel cuore di Roma».

«Nel Ghetto che aveva già conosciuto la vergogna della deportazione degli ebrei portati ad Auschwitz il 16 ottobre del '43. In uno slargo tra via del Tempio e via Catalana che la giunta di Veltroni, accogliendo la richiesta della comunità ebraica romana, decise di intestare a Stefano Gay Taché, bambino romano, italiano, ebreo».

Gadiel Taché oggi ha trentatré anni, si è laureato in Lettere, lavora come broker assicurativo, fa il musicista e per onorare la memoria del suo fratellino strappato via dalla pioggia di granate e mitragliate degli assassini antisemiti di ventinove anni fa ha composto una canzone intitolata «Little Angel». Per anni si è difeso dietro una corazza di riserbo, di timidezza, di silenzio. Per anni lo hanno invitato a parlare alle commemorazioni: «Ma io non ho mai voluto salire su un palco e ogni volta, finita la celebrazione, tornavo a casa più triste e desolato». Anche quando, nel gennaio del 2010, papa Benedetto XVI, prima di fare il suo ingresso nella Sinagoga romana, venne a stringere la mano a lui e ai suoi genitori nei pressi della targa commemorativa dedicata a Stefano, il suo «silenzio» non si spezzò. «Il dolore me lo sono sempre portato dentro, sempre, sempre», dice Gadi: «dolore morale, ma anche fisico. Io ero accanto a Stefano quando scoppiò la bomba a frammentazione che uccise mio fratello ma devastò, oltre a me, mia madre e mio padre che insieme a tante altre famiglie, avevano portato i loro figli a celebrare una festa ebraica. Quel giorno, subito dopo l'attentato, i soccorritori mi trasportarono in elicottero al San Camillo. L'unico vago ricordo che ho di quelle ore terribili: un elicottero, e il suo rumore assordante. Dopo fui sottoposto a trenta interventi chirurgici nel corso di un anno e mezzo, alla testa, all'occhio, all'arteria femorale che doveva essere riallacciata, dappertutto. Poi, mica è finita, un'altra ventina di interventi negli anni successivi. Non sono mai guarito. Ancora adesso mi fa male sempre qualcosa. I medici mi dicono che dalle radiografie appare l'interno del mio corpo che sembra un cielo stellato, dove le stelle però non sono proprio una poesia, ma le schegge infinite che si sono conficcate dentro di me e non andranno mai via». Oggi però c'è qualcosa di nuovo che ha scosso sotterraneamente la routine dolorosa della vita di Gadiel: «È come se mi fossi risvegliato da un lungo sonno, da uno stato di torpore che mi ha sempre impedito di afferrare il significato profondo dello strazio che ha distrutto la mia famiglia con la morte di Stefano. Oggi voglio capire, informarmi, spiegarmi quello che è successo, gli eventi che lo hanno preceduto, la giustizia che non è ancora arrivata». Con il «risveglio», una voglia febbrile di informarsi, di ricostruire l'atmosfera intossicata di odio antiebraico di quel tempo, di chiarire i dettagli ancora in ombra di quella tragedia. Ora Gadiel legge con avidità i giornali dell'82, anche quelli precedenti al 9 ottobre. Legge che in Europa, da Parigi ad Anversa a Vienna, il nuovo antisemitismo, eccitato dalle proteste per l'intervento israeliano in Libano, aveva preso di mira i cimiteri e le scuole israelitiche, i luoghi di culto degli ebrei. Legge che sul muro della piccola sinagoga romana di Via Garfagnana era stato affisso nell'82 uno striscione con su scritto «Bruceremo i covi sionisti». Legge che l'antisionismo stava diventando, nell'indifferenza generale, nuovo odio per gli ebrei, anche per i bambini ebrei, come Stefano, che uscivano dal Tempio dopo aver celebrato una festa della comunità. Legge che proprio a Roma, nel mezzo di un corteo sindacale, si staccò un gruppo che depose vicino alla Sinagoga una bara in segno di oltraggio e di disprezzo e che il comunicato con cui la Cgil chiese scusa alla comunità ebraica per quell'efferatezza antisemita fu imbarazzato e reticente. Legge che, per i funerali di suo fratello Stefano, il rabbino Toaff, per evitare incidenti e contestazioni, supplicò il presidente Pertini di non presenziare alla cerimonia dopo che il Quirinale aveva accolto come un eroe dell'umanità Arafat, applaudito pochi giorni prima dell'attentato da tutte le istituzioni italiane, tranne che dall'allora presidente del Consiglio Spadolini, dai Repubblicani e dal Partito radicale di Pannella. Si chiede che cos'è quel cosiddetto «Lodo Moro» di cui parlava Cossiga: un patto con i terroristi palestinesi perché potessero agire indisturbati in Italia in cambio dell'«immunità» italiana. Legge che quel 9 ottobre, incredibilmente, nessuna camionetta, tra polizia e carabinieri, era lì a difendere la Sinagoga e gli ebrei romani.

Legge tutto questo e si chiede se, «sebbene nessuna sentenza terrena mi possa ridare indietro mio fratello Stefano, sia stata fatta giustizia con la punizione di chi faceva parte del commando di assassini». E a questa domanda Gadiel Taché si risponde: «No, non è stata fatta». L'assassino Abdel Al Zomar, condannato all'ergastolo dalla giustizia italiana, ha vissuto indisturbato nella Libia di Gheddafi dopo essere stato consegnato ai libici dalla Grecia a metà degli anni Ottanta: «So che in tutti questi anni l'Italia è stata molto blanda nel chiedere l'estradizione di Al Zomar. Adesso si trincerano dietro cavilli formali. Con Gheddafi al potere, fino all'ultimo nessuno ha preteso che gli assassini di mio fratello fossero assicurati all'Italia. Ma ora so che la comunità ebraica romana chiede formalmente al ministro Frattini di rivolgersi al nuovo governo di Tripoli per ottenere l'estradizione di Al Zomar e degli altri componenti del commando che stanno in Libia. Ovviamente faccio mia questa richiesta». E chiede qualcos'altro, Gadiel Taché: che abbia termine la «rimozione psicologica e storica» di quell'attentato terroristico da parte dell'Italia. «So per esempio», dice Gadi, «che il presidente Napolitano non è insensibile alle proteste degli ebrei romani affinché il nome di Stefano sia incluso nel triste elenco delle vittime del terrorismo in Italia che ogni anno, il 9 di maggio, vengono solennemente ricordate al Quirinale. Credo che qualcosa si stia muovendo. Voglio sperare che questa ferita della memoria italiana possa essere sanata». Ed effettivamente non si comprende perché un bambino romano, italiano ed ebreo ucciso dai terroristi non sia considerato e onorato come «vittima» del terrorismo che ha insanguinato l'Italia. Non si capisce perché debba essere solo la comunità ebraica a Roma, guidata da Riccardo Pacifici, figlio di un uomo che in quell'attentato del 9 ottobre fu ferito e riportato in vita quasi per miracolo, a intestare vie, fondazioni, scuole, premi, sinagoghe con il nome di Stefano Gay Taché. «Oggi tocca a me salvare Stefano dall'oblio collettivo, tocca a me impedire che quella tragedia sia rimossa e considerata un episodio minore della violenza che ha insanguinato il nostro Paese», promette il fratello. Per questo ha deciso di rompere il silenzio. Dopo ventinove anni. Con dentro un dolore immenso e un «cielo stellato» di schegge assassine.

(Corriere della Sera, 9 ottobre 2011)

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Israele: il mercato immobilare allo "sboom"

Il mercato immobiliare israeliano potrebbe essere a un passo dallo "sboom". E' quello che sostiene la banca Leumi, uno dei principali istituti di credito del Paese, che questa settimana ha pubblicato uno studio a riguardo. «C'è stato un chiaro cambiamento di direzione nel mercato immobiliare negli ultimi mesi - si legge nel documento -, una diminuzione delle vendite e, allo stesso tempo, un aumento dell'offerta». Le case acquistate sono state il 10% in meno tra gennaio e agosto 2011 rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, spiegano gli analisti della banca. E aggiungono: incrociando i dati raccolti, «crediamo che il ritmo a cui sale il prezzo degli immobili inizierà a rallentare nei prossimi mesi, e c'è anche la forte possibilità di una caduta netta».

(FocusMO, 9 ottobre 2011)

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Tombe profanate, allerta in Israele

Polizia contro intolleranza religiosa

La polizia e i servizi di sicurezza in Israele hanno elevato lo stato di allerta in seguito al moltiplicarsi nelle ultime settimane di episodi di intolleranza religiosa. L'ultimo risale a ieri quando a Jaffa sono stati profanati un cimitero islamico e un cimitero cristiano. In reazione, una bottiglia incendiaria è stata lanciata contro una sinagoga della cittadina.

(TGCOM.it, 9 ottobre 2011)

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Israele: Teva Pharmaceutical pronta ad acquisire l'americana Cephalon Inc.

La Commissione federale Usa per il commercio approva l'acquisizione di Cephalon Inc. da parte del gigante farmaceutico israeliano Teva. In seguito all'ok, Teva potrà vendere i generici di due farmaci prodotti da Cephalon: il trattamento contro il cancro Actiq e il rilassante per muscolo Amrix, i quali hanno, rispettivamente, un mercato annuale di 173 milioni e 125 milioni di dollari negli Stati Uniti. Le due aziende sono ancora in attesa dell'approvazione della loro transazione da parte della Commissione Antitrust dell'Unione Europea.

(FocusMO, 9 ottobre 2011)

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Renata Polverini accompagnerà ad Auschwitz i vincitori del Trofeo della Memoria

ROMA, 8 ott - Dal 9 all'11 ottobre la Presidente della Regione Lazio Renata Polverini, insieme agli assessori alla Cultura e all'Istruzione, Fabiana Santini e Gabriella Sentinelli, e al presidente della Comunita' ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, accompagnera' i giovani calciatori vincitori del Trofeo della Memoria 2011 a visitare il campo di sterminio Auschwitz-Birkenau. Il Viaggio della Memoria vedra' anche la partecipazione di una rappresentanza studentesca dell'istituto tecnico Carlo Cattaneo.
''Anche quest'anno - dichiara Polverini - la Regione Lazio rinnova il proprio impegno per far conoscere ai giovani quale tragedia sia stata l'Olocausto attraverso un viaggio che si pone l'obiettivo di promuovere tra i piu' giovani la cultura del rispetto e della tolleranza, valorizzando il significato della Memoria di cui essi stessi possono farsi a loro volta testimoni con i loro coetanei''.
Al Viaggio della Memoria partecipa anche il direttore del Museo della Shoah di Roma, Marcello Pezzetti, che illustrera' ai ragazzi il luoghi dell'Olocausto e li accompagnera' in alcune zone significative della citta' di Cracovia, ricostruendo il clima e gli avvenimenti che hanno segnato la vita della comunita' ebraica all'interno del Ghetto di Cracovia.

(ASCA, 8 ottobre 2011)

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Camera, alto antisemitismo tra i giovani

Il 22% dei giovani italiani tra i 18 e i 34 anni è antisemita. Lo rivela un'indagine conoscitiva approvata dalle commissioni Affari Costituzionali ed Esteri della Camera. Poco più di un terzo nutre nei confronti degli ebrei "un'antipatia estrema", i due terzi hanno un atteggiamento più sfumato.Punto di forza dell'antisemitismo è il web: dai 5 siti censiti nel 1995 si è passati agli 8.000 del 2008.
L'indagine giudica "inadeguate" le leggi attuali e auspica l'approvazione di una norma di contrasto al fenomeno.

(newspedia, 8 ottobre 2011)

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La gaffe del diplomatico iraniano seduto sul posto riservato a Israele

Più della diplomazia, poté la fatica. E quella voglia incredibile di sedersi da qualche parte. E così finisce che quel posto in realtà sia quello riservato al nemico numero uno dello Stato che rappresenti. Poi basta che qualche delegato presente al momento scatti una foto storica e il gioco è fatto. La polemica è servita. Per non parlare dell'imbarazzo.
I fatti. In uno dei tanti vertici all'Agenzia internazionale dell'energia atomica è presente anche Ali Ashgar Soltanieh, il delegato iraniano permanente dell'Aiea. Al margine di un lungo incontro che ha avuto luogo a fine settembre, Soltanieh si mette a discutere con il collega irlandese, Paese che presiede il comitato di sicurezza dell'Agenzia, e cubano. Complice la fatica, l'esponente iraniano si siede di fianco. Ignorando il cartellino con la scritta "Israel". Non è il solo. Perché anche gli uomini dietro, entrambi iraniani, non notano che quel posto è stato riservato in precedenza allo Stato ebraico. O, come preferiscono chiamarlo dalle parti di Teheran, l'«entità sionista».
Qualcuno non ci pensa su un secondo e scatta una foto con un telefonino. La invia a Colum Lynch, curatore del blog «Turtle bay» dove il giornalista scrive dei lavori delle Nazioni Unite per conto di Foreign Policy. E da lì la notizia esplode. In Israele i giornali hanno ironizzato sulla scena. «Ma come, dite che non esistiamo e poi vi sedete sulle nostre sedie?», scrivono alcuni quotidiani. Dall'Iran, invece, non è arrivata nessuna reazione. Anche se qualcuno scommette che Soltanieh, da sei anni inviato all'Aiea, rischi il posto. E tutto per una semplice distrazione. E una foto. E il web.

(Falafel Cafè, 8 ottobre 2011)

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Israele, la rivolta beduina

Tel Aviv vuole trasferire i nomadi del Negev. Che si ribellano.

di Giovanna Faggionato

In piazza contro la Nakba del terzo millennio. Migliaia di beduini, il 6 ottobre nella città di Beersheba, hanno indetto una grande e pacifica manifestazione per protestare contro un piano del governo israeliano che intende ricollocare 30 mila arabi del Negev in sei delle sette città edificate negli Anni 70 dallo Stato ebraico per concentrare questa minoranza araba, la più povera d'Israele.
I VILLAGGI NON RICONOSCIUTI. Il piano interesserebbe quei beduini che da decenni vivono nei cosiddetti 'villaggi non riconosciuti', piccoli agglomerati senza i servizi basilari e nemmeno segnati sulle cartine geografiche che il governo israeliano non riconosce perché edificati su territorio statale, vietato sin dagli Anni 50 alle popolazioni che da secoli abitano il Negev.
180 MILA BEDUINI NEL LIMBO. Sono circa 180 mila i beduini che vivono in questo cuneo incastonato tra il Sinai e la Giordania, metà dei quali hanno già accettato in passato il trasferimento nelle Township riconosciute. Ma questa volta, la proposta del gabinetto del premier Netanyahu ha incontrato la ferma opposizione degli arabi, che lamentano di non essere stati neppure interpellati e accusano il governo di voler dare così un'ulteriore via libera ai proprietari israeliani.
BEERSHEBA, IL PRIMO PASSO. Ora, queste tribù di semi-nomadi contano sull'opposizione di una parte della Knesset e assicurano che la manifestazione di Beersheba è solo il primo passo di una battaglia che, spesso nel silenzio, li vede protagonisti da 63 anni.

(Lettera43, 8 ottobre 2011)

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Trani, si conclude oggi lo Yom Kippur

Terminerà al tramonto di oggi, sabato 8, il "Giorno dell'espiazione" (in ebraico Yom Kippur). Come consuetudine, le preghiere del digiuno di Yom Kippur dell'anno ebraico 5772 si tengono presso la sinagoga Scolanova di Trani secondo i seguenti, restanti orari: Shachrith alle 9.30, Musaf alle 13, Minchà alle 16, Neilà alle 18, Shofar alle 19.16, termine del digiuno alle 19.34. Quest'anno i riti di Yom Kippur a Trani sono tenuti dal Maskil Marco Dell'Ariccia, che già celebrò Kippur a Trani dal 2004 al 2006.

(il Giornale di Trani, 8 ottobre 2011)

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Tripoli non è suol d'amore

"In Libia gli ebrei c'erano 2200 anni fa. Noi siamo più libici dei libici di oggi". Shalom Tesciuba,assistito da Gino Mantin, guida una comunità di quasi 6.000 persone, raccolte intorno alla sinagoga di via Padova, a Roma. Sono tutti accomunati dallo stesso destino: cacciati da Tripoli nel 1967, ai tempi della guerra dei 6 giorni, prima ancora dell'arrivo dei Gheddafi. Non si stupiscono più di tanto, adesso che la stampa - anche quella internazionale - torna a parlare della loro presenza nella Libia del dopo-Gheddafi.
    Proprio uno di loro, David Gerbi, di professione psicologo, nato a Tripoli, ma vissuto a Roma quasi tutta lavita, si è messo in testa di riaprire la più grande delle 44 sinagoghe tripoline, tutte abbandonate dopo la cacciata.
    Per ragioni anagrafiche Tesciuba e Mantin ricordano Tripoli benissimo, dato che l'hanno lasciata quando avevano più o meno 30 anni. "Dopo la guerra mondiale - racconta Shalom - eravamo 42.000, di cui 38.000 solo nella capitale". Un primo massacro di 220 ebrei nel '45 fa capire che il clima attorno a loro non è favorevole. "Alla nascita di Israele moltissimi decidono di lasciare il Paese. Con una nave francese, che si chiamava Tabur, sono partite 1.800 persone. Erano tutti tra i 18 e i 30 anni, nessuno sposato, pronti a rifarsi una vita altrove". Anche Shalom era in lista. "Ma avevo solo 13 anni. Troppo giovane per partire, non mi hanno voluto", sorride.
    Sul '67, Tesciuba e Mantin intrecciano i racconti: "Il 5 giugno scoppia il conflitto tra Egitto e Siria da un lato e Israele dall'altro. Cominciano gli atti di violenza, i saccheggi. Due famiglie intere vengono massacrate nelle loro case. Un giovane,Vito Mimun, viene ucciso per strada". Le violenze continuano, la polizia non fa molto per proteggere gli ebrei, anzi. "Le autorità ci avvertono che siamo in pericolo, facendoci capire che forse è meglio cambiare aria. Poi però ci costringono a lasciare il Paese: ci mettono in tasca 20 sterline libiche (30 euro di oggi) e arrivederci".
    È qui però che da quell'episodio remotola storia fa un salto al presente. L'americano Wall Street Journal, il britannico Guardian, oltre che Il Corriere della Sera in Italia, hanno dato la notizia che sta per essere riaperta, a Tripoli, la sinagoga di Dar Bishi a opera di Gerbi. Che ne pensano i tripolini di Roma? "I contatti con le autorità libiche non sono qualcosa che ha creato lui", ci tiene a precisare Mantin. "Nel 2004 Moussa Kussa (capo dei servizi segreti di Gheddafi, ndr) mi chiama per proporre un incontro a Tripoli. La cosa va in porto, siamo ricevuti con tutti gli onori". La delegazione "romana" sfiora perfino l'incontro col rais, non fosse che il venerdì dopo sarebbe cominciato il Ramadan "la cui data di inizio è mobile, tanto da far saltare l'evento previsto".
    Insomma, il rais seconda maniera, quello che si vuole mostrare amico dell'Occidente e vuol far dimenticare il sostegno decennale al terrorismo internazionale, ha tutta l'intenzione di far pace con gli ebrei di Libia. L'allora ministro degli Esteri Albdul Shelgem chiede loro: voi ebrei siete i veri libici, perché siete scappati? E perché non tornate qui adesso? "Evidentemente era troppo giovane per sapere che non ce ne siamo andati di nostra iniziativa", scuote la testa Tesciuba, sconsolato. "I miei figli nel '67 erano piccoli. Loro a Tripoli ci sono solo nati, della Libia che ne sanno?".
    Per questo alla comunità di via Padova il progetto di Gerbi non piace più di tanto. Sui lavori di restauro della sinagoga sarebbero pure d'accordo. Ma poi a pregare chi ci va, se gli ebrei cacciati allora, di tornare a vivere a Tripoli non ne vogliono sapere?

(Il Fatto Quotidiano, 7 ottobre 2011)

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Israele: Zehavit Cohen si dimette

Zehavit Cohen, presidente del gigante israeliano dei latticini Tnuva, ha infine rassegnato le dimissioni, dopo mesi di contestazioni e boicottaggio da parte dei consumatori israeliani. Le famiglie protestavano contro l'impennata dei prezzi dei prodotti caseari della compagnia. «La guerra del cottage», i popolari fiocchi di latte, era stata la prima manifestazione del malcontento dei cittadini israeliani, indignati per il carovita.
In particolare, la figura di Cohen aveva catalizzato la contestazione: e non a torto, si può dire oggi. Solo pochi minuti dopo l'annuncio delle dimissioni, avvenuto alcuni giorni fa, Tnuva ha infatti diffuso un comunicato in cui notificava una riduzione pari al 15% del costo al dettaglio delle proprie merci. «Abbiamo deciso di ascoltare i consumatori e chiediamo a tutti i negozi e i supermercati di applicare le nuove tariffe», si legge nella comunicazione. Anche la seconda compagnia casearia del Paese, Strauss, ha conseguentemente adeguato i propri prezzi a quelli del principale concorrente. E l'effetto a catena non sembra ancora esaurito: Tara, terzo grosso nome del settore, ha dichiarato: «Abbasseremo i prezzi in funzione delle diminuzioni osservate sul mercato».

(FocusMO, 7 ottobre 2011)

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Yom Kippur - Poche ore al più alto momento di riflessione

I rabbini italiani si preparano a lanciare il loro messaggio

di Adam Smulevich

Previsioni di tempo variabile, fra preoccupazioni e ottimismo, fra nuvole e raggi di sole, fra speranze e amarezze; critiche, polemiche, delusioni, ma anche progetti realizzati, nuovi slanci e fermi propositi di impegno e di rilancio per il nuovo anno, sotto le volte delle sinagoghe italiane. Ancora poche ore e sarà Yom Kippur, il momento più solenne del calendario ebraico. Il lungo digiuno in cui si compie un bilancio dell'anno alle spalle, in cui si chiede perdono per i peccati commessi e in cui ci si proietta in un futuro che deve diventare un nuovo inizio.
Alla vigilia di questo appuntamento capace tradizionalmente di richiamare nelle sinagoghe la massima affluenza di ebrei vicini e lontani, religiosi e laici, viaggiatori e indigeni, che aria tira nelle 21 Comunità ebraiche italiane? E soprattutto, di cosa parleranno, su cosa metteranno l'accento i rabbini italiani nel loro tradizionale discorso di Neilà che si va definendo in queste ore, e si terrà a così poca distanza dalla conclusione della solennità che costituisce uno dei momenti più sentiti e partecipati della ricorrenza?
Per molti rabbanim sono ore febbrili di preparazione e di meditazione. Abbiamo cercato di cogliere dai loro umori della vigilia alcuni spunti su quale messaggio giungerà agli ebrei italiani riuniti in preghiera nella serata di domani.
"Il discorso di Yom Kippur - spiega rav Adolfo Locci, rabbino capo di Padova - in genere è un discorso più 'religioso' di quello pronunciato per Rosh HaShanà. Il mio, che prenderà spunto dalla parashat teshuvà, verterà di conseguenza sul concetto di pentimento e sulla completa padronanza di esso. Il tutto calato in un contesto sociale comunitario con la necessità di guardare al passato ma anche al futuro".
Uno sguardo al futuro sarà rivolto anche da rav Alberto Sermoneta, rabbino capo di Bologna, che nel discorso di Rosh HaShanà aveva allargato la prospettiva alle vicende internazionali e al futuro di Eretz Israel mentre in questa occasione definirà nello specifico i concetti di teshuvà, tzedakà e tefillà e le loro interconnessioni. "La partecipazione nei precedenti giorni di moed è stata buona quindi posso immaginare che anche per Kippur il Tempio sarà gremito" aggiunge fiducioso rav Sermoneta.
L'analisi della forza della Teshuvà a partire da gesti semplici e quotidiani: questo al centro della relazione che viene in queste ore ultimata dal rav Joseph Levi, rabbino capo di Firenze. "Parlerò - racconta il rav - della capacità incredibile e sconvolgente della Teshuvà di trasformare la nostra esistenza da una visione egocentrica a una visione di bontà dove la capacità di offrirsi all'altro è al centro di tutto. Partirò da gesti alla portata i tutti.
Un sorriso in più la sera, una parola cordiale in più la mattina". Rav Eliahu Birnbaum, rabbino capo di Torino, sta pensando di articolare il suo pensiero in tre punti. Nel primo analizzerà le ragioni per cui ogni anno così tante persone si ritrovano in sinagoga per Yom Kippur e soprattutto cosa spinge chi non partecipa abitualmente ad entrare nei Batè Haknesset. Il secondo verterà sul rapporto che vi è tra ogni uomo e le sue radici culturali e religiose. Il terzo infine si declinerà sul tema della fiducia e della speranza specie nel rapporto tra ebraismo diasporico e Israele.
Grande attesa anche a Roma, dove da molti il discorso del rabbino capo rav Riccardo Di Segni è considerato un testo di riferimento per le riflessioni di tutto un anno. Ci si attende che a conclusione di un anno attraversato anche da momenti difficili e incomprensioni fra gruppi diversi il rav farà riferimento ai tanti modi e alle tante sensibilità differenti che caratterizzano le straordinarie vicende dell'ebraismo in questo paese. Una riflessione ad ampio raggio, quella che tradizionalmente compie il rabbino capo della Capitale, che toccherà quindi le molte anime della piccola ma vivace comunità ebraica italiana. Si tratta di una esigenza, quella di trovare un momento di accordo anche al di là delle profonde diversità, che tra gli altri ben conosce rav Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano, il cui discorso si rivolgerà a una comunità che ha nella varietà di culture, tradizioni e provenienze una delle caratteristiche essenziali.

(Notiziario Ucei, 7 ottobre 2011)

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La nuova Libia e gli ebrei

Un gruppo di cittadini libici ha manifestato ieri a Tripoli contro la possibile costruzione o riapertura di sinagoghe in Libia.

di Marco Tosatti

  I manifestanti anti-sinagoga a Tripoli
Un gruppo di cittadini libici ha manifestato ieri a Tripoli contro la possibile costruzione o riapertura di sinagoghe in Libia. ''Noi, rivoluzionari del 17 febbraio, rifiutiamo che vengano edificati dei templi ebrei sulla terra libica'', ha sottolineato un comunicato del gruppo, distribuito nel corso di una manifestazione.
I richiedenti di un tale progetto ''non devono essere ''israeliani, o sostenere Israele, ma devono difendere il diritto al ritorno sulle loro terre dei rifugiati palestinesi'', continua il comunicato, aggiungendo che ogni tipo di progetto deve ricevere autorizzazione senza condizioni.
''Abbiamo scoperto che un ebreo di origine libica aveva aperto le porte di un tempio chiuso da decenni, con l'autorizzazione del Cnt, ma il Consiglio ha smentito di avere dato questa autorizzazione e ha richiuso la struttura - ha indicato Walid Ramadan, 38 anni, uno dei manifestanti - non abbiamo problemi con gli ebrei dal punto di vista della religione, ma vogliamo che le cose siano fatte secondo le regole. E' ancora troppo presto per iniziative di questo tipo''.

(La Stampa, 7 ottobre 2011)

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Storia di un ebreo a Tripoli dopo la rivoluzione

Abbiamo raccolto la testimonianza di David Gerbi, psicoanalista, direttore dell'Organizzazione mondiale di ebrei di Libia, tornato nel paese al fianco dei ribelli dall'inizio della rivoluzione. Gerbi è entrato nella sinagoga di Tripoli, chiusa da 44 anni, per pregare per la festività dello Yom Kippur. Sono arrivati degli uomini armati che lo hanno minacciato e hanno chiuso nuovamente il Tempio. Gerbi era a dovuto fuggire a Roma nel 1987, costretto all'esilio insieme ad altre migliaia di ebrei. Lo ha intervistato Elena Scotoni.

(RaiNews, 7 ottobre 2011)

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Libia - Cnt in imbarazzo per la riapertura di sinagoghe

di Valentino Salvatore

Con il tramonto del colonnello Muhammar Gheddafi, il Consiglio Nazionale di Transizione libico si consolida ma deve affrontare anche la questione della libertà religiosa dei non musulmani. Il rais infatti aveva cacciato tutta la popolazione di religione ebraica dal Paese dopo la guerra dei Sei Giorni. Ma ora alcuni ebrei cominciano a tornare: diversi giorni fa David Gerbi, cittadino italiano, aveva riaperto la sinagoga di Dar Bichi a Tripoli ma era stato costretto a chiuderla, formalmente perché non in possesso delle autorizzazioni. Il governo di transizione, guidato dal presidente Jalil, sembra imbarazzato per la questione. Al momento ancora non ha rilasciato permessi per edificare luoghi di culto non islamici giudicando la faccenda "prematura". Ieri un gruppo di libici ha manifestato contro la riapertura delle sinagoghe.

(UAAR Ultimissime, 7 ottobre 2011)

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Cisgiordania sigillata per la festività di Yom Kippur

Israele chiude checkpoint e varchi nel timore di attentati

GERUSALEMME, 7 ott. - L'esercito israeliano ha annunciato la chiusura generale della Cisgiordania a partire da stanotte fino a sabato sera in occasione di Yom Kippur, la ricorrenza che celebra il giorno dell'espiazione, la festività più importante per gli ebrei. Tutti i posti di blocco e i varchi fra la West Bank e Israele sono stati chiusi, precisamente dalle 23.59 di giovedì, proprio per i festeggiamenti che iniziano stasera al tramonto e si concluderanno al tramonto di sabato: lo ha precisato in un comunicato Tsahal, l'esercito israeliano aggiungendo che sono possibili deroghe per le "persone che hanno bisogno di cure mediche".
Israele chiude abitualmente i checkpoint al confine con la Cisgiordania in occasione delle principali festività, nel timore di attentati. Le misure prese nella Striscia di Gaza, controllata dal movimento islamico Hamas dal 2007, sono ancora più rigide. Yom Kippur viene considerato il giorno ebraico più santo e solenne dell'anno. Il tema centrale è l'espiazione dei peccati e la riconciliazione. In quest'occasione è proibito mangiare, bere, lavarsi, truccarsi, indossare scarpe di pelle e avere rapporti sessuali. Il traffico aereo, i trasporti pubblici e i programmi radio-televisivi in Israele sono totalmente interrotti. (con fonte Afp)

(TMNews, 7 ottobre 2011)


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Facebook: gli israeliani sono i più assidui frequentatori. Seguono i russi e gli argentini

Secondo l'esperto Daniel Lambré, 'La vanità è la migliore spiegazione a questo fenomeno'.

INTERNET - Sono gli israeliani quelli che passano il maggior tempo su Facebook, con una media di 11,8 ore al mese per utente. Lo dice uno studio di ComScore, secondo il quale i secondi sarebbero i russi (10,6 ore), e poi gli argentini (10 ore).
Seguono i turchi (9,3 ore), cileni (8,7), filippini (8,4), colombiani (8,4), venezuelani (8), canadesi (7,2) e messicani (7,1 ). Gli americani si piazzano solo al tredicesimo posto (6,3).
Sempre secondo i dati di ComScore, 11,8 milioni di argentini, su un totale di 40 milioni di abitanti, dispongono di un account Facebook.
"Il lato affettivo e il bisogno di condivisione hanno un ruolo importante nella cultura degli argentini", ha spiegato la sociologa Silvia Lago Martinez a margine dell'appuntamento annuale del Registro degli indirizzi internet per l'America latina e i Caraibi (LACNIC), tenutosi a Buenos Aires.
Aggiungendo che "Ci sono motivi anche puramente pratici: le possibilità di connessione sono maggiori in Argentina che nel resto dell'America Latina".
"Perché un simile interesse? Difficile dirlo, ma la vanità sembra la migliore spiegazione per questo fenomeno", ha sottolineato l'esperto Daniel Lambré.

(Key4biz, 6 ottobre 2011)

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Admat qodesh

di Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma

La prima cosa che viene detta a Mosè quando si avvicina incuriosito al roveto ardente è di non avvicinarsi e di togliersi le scarpe (Shemot 3:5), perché la terra che sta calpestando è admat qodesh, che non significa terra santa, ma terra di Colui che è santo. Calpestare con le scarpe qualcosa che non è nostro è un'intrusione, una profanazione. Da domani sera fino alla fine di Kippur sarà proibito calzare scarpe di cuoio. E' una delle cinque "afflizioni" prescritte per quel giorno, che deve far pensare alla precarietà della condizione umana; in questo giorno il contatto con la terra non sarà mediato ma diretto. Ma è anche una riflessione sul potere, il possesso, la proprietà delle cose. In questo giorno non vi sono appoggi terrestri, l'appoggio va cercato in alto.

(Notiziario Ucei, 6 ottobre 2011)

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Aumento dell'elettricità in Israele

Il costo dell'elettricità in Israele potrebbe aumentare a breve del 2.5%. Si tratterebbe del secondo rincaro in due mesi: già lo scorso agosto i consumatori avevano ricevuto una bolletta maggiorata del 9%. Un ulteriore innalzamento delle tariffe sembrerebbe, tuttavia, inevitabile. La Israel Electric Corporation (Iec) deve fare fronte a una crisi di liquidità, dovuta alle spese extra sostenute per ovviare alla irregolarità nelle forniture di gas a basso costo proveniente dall'Egitto.
Negli ultimi mesi, il flusso di metano egiziano verso lo Stato ebraico è stato interrotto numerose volte, a causa di attacchi ripetuti al gasdotto che corre sotto al Sinai. Iec ha dovuto fare ricorso a carburanti più costosi per alimentare i propri impianti di produzione di elettricità, sforando di gran lunga il budget previsto in origine per l'anno in corso. Ieri la società ha annunciato l'intenzione di chiedere al governo 500 milioni di NIS (circa 100 milioni di euro) per superare le attuali difficoltà economiche. Ma la misura potrebbe non essere sufficiente: per questo Iec sta valutando la possibilità di un nuovo rincaro, anche a costo di infiammare le piazze israeliane che da mesi stanno protestando contro il caro vita.

(FocusMO, 6 ottobre 2011)

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Nobel israeliano critica i tagli alla ricerca

Neoinsignito contro la classe dirigente del suo Paese

TEL AVIV, 6 ott - Agli elogi e messaggi di orgoglio dall'establishment politico israeliano, il Nobel per la Chimica 2011 a Daniel Shechtman, il terzo in sette anni in questa branca per Israele, ha invece espresso forti critiche al suo Paese. Lo scopritore dei quasicristalli, professore emerito al Technion di Haifa, in un'intervista alla radio ha stigmatizzato i tagli di risorse imposti ai settori della scienza e dell'istruzione.
Shechtman ha parlato di tagli che "ci umiliano come scienziati".

(ANSA, 6 ottobre 2011)

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Svastiche sulla tomba di Giuseppe a Nablus

Oggi era giorno dei pellegrinaggi dei fedeli ebrei

  Palestinesi in visita alla tomba di Giuseppe
GERUSALEMME, 6 ott. - Delle svastiche sono state dipinte sui muri del luogo che ospita la Tomba di Giuseppe a Nablus, in Cisgiordania: lo ha reso noto una portavoce dell'esercito israeliano. "Questa mattina, dei soldati hanno scoperto delle svastiche dipinte sui muri dell'edificio. Dopo aver ripulito i muri i soldati hanno denunciato l'episodio all'Autorità palestinese", ha dichiarato all'Afp la portavoce.
I soldati hanno scoperto le svastiche mentre si apprestavano ad attivare un dispositivo di sicurezza per il pellegrinaggio di 1.500 fedeli ebrei. Il presidente di Yesha, la principale organizzazione di coloni israeliani, Danny Dayan, ha denunciato un "orribile" atto di vandalismo, "perpetrato mentre ci preparavamo a celebrare lo Yom Kippur", la festività più sacra del calendario ebraico. La tomba di Giuseppe è un luogo di pellegrinaggio per i coloni religiosi ma anche per migliaia di "haredim" (ebrei ultra-ortodossi). Secondo la Bibbia, Giuseppe, figlio di Giacobbe e Rachele, venduto dai suoi fratelli gelosi e condotto in Egitto dove è divenuto ministro del faraone, è stato sepolto a Sichem (oggi Nablus).
Secondo gli accordi di Oslo sur l'autonomia palestinese (1993), il sito doveva restare sotto controllo israeliano. Ma Tsahla ha lasciato il sito nell'ottobre 2000, poco dopo l'inizio della seconda Intifada.
Parzialmente distrutta dai palestinesi, la tomba è stata restaurata e trasformata in moschea. Dal 2007, grazie al miglioramento della cooperazione di sicurezza con l'Autorità palestinese, l'esercito autorizza dei pellegrinaggi notturni una volta al mese.

(TMNews, 6 ottobre 2011)

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Clinton: Voto Unesco sulla Palestina confuso e inspiegabile

Gli Usa potrebbe interrompere contributi all'agenzia Onu

SANTO DOMINGO, 6 ott. - Il voto del Consiglio esecutivo dell'Unesco in favore del riconoscimento della Palestina come membro a pieno titolo delle Nazioni Unite è "confuso" e "inspiegabile". E' quanto ha dichiarato il segretario di Stato americano Hillary Clinton, dopo che il Consiglio esecutivo dell'Unesco ha approvato ieri a maggioranza semplice (40 voti su 58, contrari gli Usa) la raccomandazione di attribuire lo status di membro a pieno diritto dell'agenzia culturale dell'Onu.
Il capo della diplomazia americana, parlando in conferenza stampa da Santo Domingo, ha chiesto che lo status della Palestina torni al tavolo dei negoziati, e non ha escluso la possibilità che gli Stati Uniti cessino di versare i loro contributi all'Unesco, la cui sede è a Parigi.

(TMNews, 6 ottobre 2011)

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L'Israele di Kenaz

di Michele Lupo

Yehoshua Kenaz
Non è uno scrittore molto noto in Italia, il settantaquattrenne israeliano Yehoshua Kenaz, autore dei racconti contenuti in "Appartamento con ingresso nel cortile", tradotto come altri suoi libri da Giuntina. Certo molto meno noto della classica triade Oz, Grossmann, Yehoshua. Non lo traduce del resto un colosso editoriale, ed è legato a una percezione sbilanciata di scrittore non modernissimo perché narratore più di caratteri che di storie, più di riflessioni interiori che di azione.
Kenaz stesso (traduttore dal francese in ebraico di classici, ispiratore di più di un film dei quali si è sempre detto insoddisfatto) confessa che pur avendo idee politiche chiarissime, orientate a sinistra, difficilmente nella sua narrativa affronta temi tout court politici - il che non vuol dire peraltro che la politica non faccia capolino qua e là, per esempio in alcuni dialoghi di questi racconti. Non foss'altro per via della peculiarità della storia israeliana, nella quale il principio che se puoi illuderti di fare a meno della politica, è certo che la politica pensa a te, ecco, questo elementare assioma, per Israele è indiscutibile.
L'asserragliamento obbligato e insieme auto-indotto dalla comunità israeliana, la tensione prodotta da una storia particolare (e da un presente tutt'altro che semplice) è certo che se rafforza l'identità politica pena la messa in causa della stessa sopravvivenza dello stato ebraico, non sembra favorire le relazioni distese fra le persone, in particolare fuori dal contesto urbano, com'è evidente nel primo racconto della raccolta (una donna sopravvissuta a un campo di concentramento, cui non mancherebbe nulla per essere considerata fra l'altro bella e attraente, sembra afflitta da escrescenze rossastre intorno alle mani; il che la induce a pensare, a dire, che si tratta di carne tedesca).
L'equilibrio psichico in queste storie sembra non di rado a rischio, non stupisce che un senso di solitudine pervada la vita di molti dei personaggi presenti, atomizzati nelle loro inquietudini più o meno razionali, più o meno sensate, anche se e quando vivono con tanto di coniugi, figli e parenti. Le storie si risolvono in ambiti più ristretti di quelli giocati nei romanzi di Oz o di Yehoshua, e tuttavia nei vicoli, negli appartamenti, negli incontri-scontri di piccole famiglie di Kenaz vivono mondi che non sono niente di meno che le cellule originarie della società israeliana degli ultimi decenni. La tensione dei personaggi che li abitano è sentimentale, si tratta di figure alquanto strambe, inquieti o inquietanti, elusive o terribilmente emotive, impressionabili. Nemmeno fortunate a giudicare dall'appartamento in cui alcuni giovani dovrebbe passare buon tempo ("La festa") e invece succede di tutto, compresa la scoperta di un cadavere nel bagno. Altrettanto esemplare quanto a cifra microcosmica un altro appartamento, abbandonato misteriosamente da un giovane e lasciato tutto alle supposizioni degli altri che cercano di capirci qualcosa. Ancora un'emotività fragile, incapace di sostenere la freddezza di un padre distratto quella di un figlio condotto al ristorante e lasciato lì senza alcuna voglia di mangiare ("La borsa nera"). Storie strane, in fondo, che sembrano uscite da un quadro di Chagall.
Yehoshua Kenaz è considerato uno dei più grandi scrittori israeliani. Nato a Petach Tikva nel 1937, ha studiato filosofia all'Università Ebraica di Gerusalemme e letteratura francese alla Sorbona. Già traduttore di classici francesi e redattore dell'autorevole Ha'aretz, è autore di romanzi e racconti tradotti in tutto il mondo. Per la Giuntina ha pubblicato La grande donna dei sogni, Voci di muto amore, Ripristinando antichi amori, Momento musicale, Appartamento con ingresso nel cortile. E' in traduzione il suo romanzo capolavoro Infiltration.

(il Recensore.com, 6 ottobre 2011)

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Israele: gli affitti più alti a Tel Aviv

Il 69.2% degli israeliani possiede la casa in cui abita, mentre il 25.7% è in affitto. I dati sono stati diffusi ieri dall'Ufficio centrale delle Statistiche israeliano, il quale ha realizzato uno studio prendendo in considerazione 14 centri abitati. La città con il tasso di proprietari più basso è Tel Aviv (45.5%), da dove - non a caso - la scorsa estate è partita la protesta degli indignados per avere abitazioni a prezzi accessibili.
I residenti di Tel Aviv hanno anche un altro motivo di malcontento: l'affitto che pagano loro è il più alto del Paese. Corrisponde a circa 1.5 volte l'affitto medio nazionale. Il numero medio di abitanti per appartamento è 3.3, la densità è pari a 0.9 persone per stanza. Bnei Barak, sobborgo religioso a est di Tel Aviv, ha la densità di inquilini maggiore: 1.2 abitanti per vano; seguono Gerusalemme (1.1) e Ashdod (1), centro nel sud d'Israele.

(FocusMO, 6 ottobre 2011)

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Addio a Litvinoff, cantore della diaspora

Lo scrittore britannico Emanuel Litvinoff, che ha raccontato la diaspora degli ebrei in Europa dopo la Shoah, è morto a Londra a 96 anni. L' annuncio della scomparsa è stato dato dalla famiglia al «New York Times». Litvinoff era noto per due romanzi sulla memoria della Shoah e sull' antisemitismo: Europei perduti e L' uomo della porta accanto .

(Corriere della Sera, 5 ottobre 2011)

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Testimonianze della cultura ebraica: ricerca e valorizzazione

FERMO - Ideato per analizzare e riflettere sulle opportunità scientifiche e divulgative offerte dal progetto di portale web europeo Europeana Judaica, il convegno Testimonianze della cultura ebraica: ricerca e valorizzazione, che si svolgerà il 6 e 7 ottobre presso la Sala dei Ritratti di Fermo, intende mettere intorno ad un tavolo studiosi di diversi ambiti disciplinari, interessati a dialogare sul rapporto tra ricerca storica e valorizzazione sociale ed economica dei risultati della ricerca, nello specifico delle testimonianze ebraiche.
Nella prima sessione, specificatamente dedicata alla ricerca storica, verranno esposti i risultati di ricerche (in alcuni casi ancora in corso) sul centrale problema della testimonianza materiale e immateriale della cultura ebraica in Europa e nel Mediterraneo, con argomenti che vanno dalla storia, all'archeologia, alla letteratura, al cinema.
Nella seconda sessione, dedicata invece alla valorizzazione, la discussione si sposterà sul problema della socializzazione, della divulgazione e dell'uso delle conoscenze acquisite anche alla luce delle più aggiornate tecnologie, attraverso l'analisi di alcuni casi particolarmente interessanti di valorizzazione (musei, biblioteche, progetti di digitalizzazione, recupero di parchi tematici). In questa sessione sarà presentato il progetto Judaica Europeana, una delle fonti informative su cui è basato il portale culturale della Commissione europea, sponsor del convegno.
La sessione serale del 6 ottobre sarà dedicata alla musica e al cinema, con un intervento della musicista Miriam Meghnagi e la proiezione del film di Pasquale Scimeca "La passione di Giosuè l'ebreo".

(LaPrimaWeb, 5 ottobre 2011)

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Trani - La comunità ebraica celebra lo Yom Kippur

Dal tramonto di venerdi al tramonto di sabato prossimo cade il giorno 10 del mese ebraico di Tishrì ed è il giorno dell'espiazione (in ebraico Yom Kippur). Come consuetudine, le preghiere del digiuno di Yom Kippur dell'anno ebraico 5772 si terranno presso la Sinagoga Scolanova di Trani secondo i seguenti orari: venerdi 7 ottobre inizio del digiuno alle ore 18.11, inizio delle preghiere alle ore 18.30; sabato 8 ottobre Shachrith alle ore 9.30, Musaf alle ore 13, Minchà alle ore 16, Neilà alle ore 18, Shofar alle ore 19.16, termine del digiuno alle ore 19.34.
Quest'anno i riti di Yom Kippur a Trani saranno tenuti dal Maskil Marco Dell'Ariccia, che già celebrò Kippur a Trani dal 2004 al 2006.
Yom Kippur cade 10 giorni dopo Rosh haShanà (il Capodanno ebraico) e costituisce uno dei momenti più importanti del calendario religioso e sociale dell'Ebraismo; in questo giorno il Signore scrive sul Libro della Vita il destino di ogni uomo per l'anno ebraico appena iniziato e vengono espiate le colpe commesse dall'uomo verso Dio, mentre le colpe commesse verso il prossimo vengono perdonate solo a riparazione del torto inflitto, materiale o di altro genere.
Alla vigilia di Kippur è mitzvà (precetto) fare un pasto abbondante, ognuno deve baciare padre e madre verso sera quando va in Sinagoga e deve chieder loro perdono se il figlio non ha chiesto di esser perdonato i genitori debbono egualmente perdonarlo. Prima dell'inizio del Kippur si usa accendere il lume con la benedizione che richiama sia lo Shabbath che lo Yom Kippur. Il Kippur è l'unico digiuno prescritto dalla Toràh; tutti gli altri digiuni del calendario ebraico sono stati istituti dai Maestri in segno di lutto o in ricordo di particolare eventi tragici della storia del popolo d'Israele. Kippur non è un giorno di lutto ma anzi è uso mettere arazzi e stoffe molto belle in Sinagoga e così pure mettere una bella tovaglia sulla tavola per il giorno di Kippur come per lo Shabbath; è uso indossare abiti bianchi di Kippur. Durante Yom Kippur, oltre alle proibizioni relative allo Shabbath, è proibito mangiare e bere, lavarsi (se non sommariamente le mani), ungersi con creme, calzare sandali o scarpe di cuoio (sono permesse calzature purché non contengano cuoio), avere rapporti coniugali.

(traniweb, 5 ottobre 2011)

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Il Nobel rende omaggio a Israele e premia Shechtman per la scoperta dei quasicristalli

  
Dan Shechtman
STOCCOLMA - Assegnato questa mattina il premio Nobel per la Chimica 2011. Vincitore del prestigioso riconoscimento l'israeliano Dan Shechtman, professore di scienze materiali al Technion Institute of Technology e all'Iowa State University. Decisiva per l'attribuzione del premio la scoperta dei quasicristalli, forme strutturali ordinate ma non periodiche individuate grazie a un lavoro di ricerca iniziato nel 1982 e portato a termine nonostante alcune perplessità espresse più volte nel passato da esponenti della comunità scientifica. "Il professor Shechtman - si legge nel comunicato diramato dall'Accademia Reale delle Scienze di Svezia - ha fondamentalmente alterato il modo in cui la chimica considera la materia solida. A differenza di quanto si riteneva ha scoperto che gli atomi possono disporsi in una forma non periodica. Si tratta di una scoperta estremamente controversa ed è per questo motivo che gli venne chiesto di lasciare il suo gruppo di ricerca. Tuttavia la sua battaglia a difesa delle proprie idee ha costretto gli scienziati a riconsiderare le loro concezioni sulla natura stessa della materia". La notizia della vittoria di Shechtman ha suscitato molte reazioni di entusiasmo in Israele dove i Nobel per la Chimica salgono così a quattro unità complessive (undici se si considerano tutte le discipline) dopo i successi di Ada Yonath (2009), Aaron Ciechanover (2004) e Avram Hershko (2004). Tra gli altri ha espresso la propria soddisfazione il ministro con delega all'educazione Gideon Sa'ar, che ha definito il traguardo raggiunto da Shechtman "un grande motivo d'orgoglio per il sistema educativo e per l'intero Stato d'Israele". L'assegnazione del Nobel per la Chimica segue di poche ore l'attribuzione del premio Nobel per la Medicina al francese Jules Hoffmann e a due medici ebrei, l'americano Bruce Beutler e il canadese Ralph Steinman. Nel caso di Steinman, deceduto pochi giorni prima del conferimento del premio, la direzione del Nobel ha confermato ieri l'iscrizione nel registro dei vincitori.

(Notiziario Ucei, 5 ottobre 2011)

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Chiesa cattolica, relazioni pericolose

Il patriarca Bechara Rai, uomo vicino a Hamas e Iran

di Francesco Peloso


Il nuovo patriarca maronita del Libano, monsignor Bechara Rai, uomo forte e spregiudicato della Chiesa cattolica in Medio Oriente, ha difeso il dittatore siriano Bashar al Assad e ha riallacciato i rapporti con Hezbollah di cui non si può chiedere, ha sostenuto, il disarmo, senza prima un accordo con Israele.

ALLA CONFERENZA SULL'INTIFADA CON HAMAS - Rai ha rotto così con la tradizione precedente della Chiesa maronita favorevole all'indipendenza del Libano e al disarmo delle milizie. Non solo: il monsignore ha mandato, nei giorni scorsi, una propria delegazione a Teheran dove si è svolta una conferenza internazionale sull'Intifada alla quale hanno preso parte, fra gli altri, i vertici di Hamas e l'ala filosiriana libanese.
Tutti uniti per dire no ai negoziati, no a Abu Mazen, sì al conflitto.

L'UOMO DEL VATICANO IN MEDIORIENTE - E intanto sulla stampa libanese circola una notizia rilanciata dalla Chiesa maronita: Bechara Rai sarebbe stato incaricato dal Vaticano di rappresentare diplomaticamente la Santa Sede su tutti gli scenari del Medio Oriente.

(Lettera 43, 5 ottobre 2011)

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Come si ride in yiddish

Comicità ebraica e acrobazie. Ecco «Circus Klezmer»

di Daniela Zacconi

«Circus Klezmer»
MILANO - Poche forme di spettacolo vivono della commistione di ridicolo e tragico, di una miscela di comico e grottesco capace di offrire un messaggio espressivo leggero e insieme profondo. Il circo, di sicuro, con i suoi clown e il loro universo dolce-amaro. E il mondo del teatro e della musica klezmer, cioè le forme di espressione delle comunità ebraiche dell'Europa Orientale. Sterminati e dispersi dai pogrom prima e dal Nazismo poi, ebrei russi, polacchi e balcanici sono fuggiti dai loro «shtetl», i villaggi-ghetto, ma la loro cultura e le forme di intrattenimento hanno continuato a circolare, aprendosi negli ultimi decenni a una felice rinascita che trova fan entusiasti anche nelle platee dei «goyim», i non ebrei.
Ha puntato quindi sull'universalità dei due generi Adriàn Schvarzstein, argentino di Buenos Aires vissuto in Italia, Israele e Spagna, che ha creato «Circus Klezmer», spettacolo che si nutre delle profonde affinità fra arte circense e tradizione ebraica orientale, capaci di tenere il pubblico in bilico fra commozione e risate. Al Parenti da martedì, «Circus Klezmer» è insieme una parata di numeri da circo e un gustoso modello di comicità yiddish. Ideatore, regista e attore, Schvarzstein racconta la storia di un matrimonio che rischia di saltare perché il matto del paese ha perso le fedi dei due sposi. E mentre gag e trovate si susseguono, stacchi musicali invitano alla danza, scambi verbali e canzoni risultano comici e patetici in virtù della loro sostanziale incomprensibilità, visto l'uso della lingua yiddish, nel racconto si fa strada una dimensione onirica, con una sposa volante fra veli bianchi che fa pensare a Chagall e gli spettatori in sala direttamente coinvolti in quella che, con tali premesse, non può che essere una festa di nozze indimenticabile.

Teatro Parenti. Ore 21.15 (merc. ore 19.30; sab. ore 15 e 19.30; dom. ore 16.30). V. Pier Lombardo 14. Tel. 02.59.99.52.06. Euro 40/16. Dall'11 al 16 ottobre

(Corriere della Sera - Milano, 5 ottobre 2011)

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Assad: «Pronto a bombardare Tel Aviv»

L'agenzia Fars: decisa reazione in caso di un attacco Nato nel Paese.

Il presidente siriano Bashar al-Assad ha minacciato l'Occidente e il vicino israeliano: nel caso in cui la Siria finisse sotto un attacco Nato, le forze di Damasco metterebbe a ferro e fuoco Tel Aviv.
Lo ha riferito l'agenzia semi-ufficiale siriana Fars, dando conto di un incontro del presidente con il ministro degli Esteri turco, Ahmad Davutoglu.
Nel corso di questo vertice, Assad avrebbe dichiarato: «Se una folle misura fosse presa contro Damasco non avrei bisogno di più di sei ore per trasferire razzi e missili sulle alture del Golan per lanciarli contro Tel Aviv». ]

IRAN E LIBANO PRONTI ALL'ATTACCO - Il presidente siriano sarebbe pronto anche a chiedere al movimento sciita libanese di Hezbollah di lanciare contro Israele un attacco «che l'intelligence israeliana non potrebbe nemmeno immaginare». Hezbollah è padrone della regione meridionale del Libano e il suo arsenale viene rifornito anche tramite il corridoio siriano.
Per Assad, «tutto questo accadrà in tre ore, ma nelle successive tre l'Iran attaccherebbe le navi militari nel golfo Persico».
Decisiva, in questo senso, la riunione del Consiglio di sicurezza dell'Onu a New York per discutere di una risoluzione di condanna delle repressioni in Siria.

FUOCO DEI CECCHINI CONTRO LE DONNE - Nella giornata del 4 ottobre, intanto, gli scontri hanno fatto altre 11 vittime.
A Homs, sono stati uccisi sette civili. Tra questi, secondo gli attivisti dell'Ondus, c'é Layla Sharmini, una donna 45enne di Talbisse, raggiunta mortalmente da un colpo esploso da un cecchino governativo.
Quattro siriani, di cui un civile e tre soldati, invece, hanno perso la vita nella regione di Idlib, non distante dalla frontiera turca, durante gli scontri tra le forze fedeli al regime e i militari disertori.

L'ULTIMO DISERTORE FUGGE IN TURCHIA - Le defezioni tra le fila di Assad sono cresciute considerevolmente nelle ultime settimane, culminando con il forfait di Riad al-Assad, ex colonnello delle forze armate, l'ufficiale più alto in grado ad aver disertato finora.
Parlando dalla Turchia, dove ha trovato rifugio, l'ex militante del regime ha precisato che la recente e «brutale operazione» a Rastan è stata condotta dall'esercito governativo «per trovarmi e arrestarmi». Riad ha raccontato: «Hanno sostenuto che mi avevano arrestato alla fine dell'operazione. Queste notizie puntano a demoralizzare la popolazione, la gente siriana deve conservare il morale alto».

(lettera43, 4 ottobre 2011)

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Shoah: tre italiani riconosciuti come Giusti fra le nazioni

ROMA, 4 ott. - Tre italiani saranno insigniti domani del riconoscimento di "Giusto fra le nazioni" per aver salvato ebrei perseguitati durante il periodo nazi-fascista, a rischio della propria vita. La medaglia sara' conferita alla memoria di Don Oddo Stocco e Ida Mozzachiodi in Cobertaldo, e consegnata personalmente a Pierina Lessio Gazzola. La cerimonia si svolgera' a San Zenone degli Ezzelini, in provincia di Treviso, secondo quanto ha reso noto oggi l'ambasciata israeliana.
La cerimonia avra' inizio alle ore 9.15 nel municipio, dove il sindaco, Luigi Mazzero, incontrera' Livia Link, Consigliere per gli Affari Pubblici e Politici dell'Ambasciata d'Israele a Roma. La cerimonia proseguira' nella Chiesa di San Zenone a cui fara' seguito una benedizione corale. Una via verra' poi intitolata a Don Oddo Stocco. La medaglia di Giusto fra le nazioni viene conferita dal memoriale dell'Olocausto Yad Vashem di Gerusalemme.

(Adnkronos, 4 ottobre 2011)

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Oktoberfest nel villaggio cristiano palestinese di Taybeh

ROMA, 4 ott - Si e' svolta lo scorso fine settimana nel villaggio cristiano palestinese di Taybeh, l'ottava edizione dell'Oktoberfest, promossa dal Ministero del Turismo e delle Antichita' dell'Autorita' palestinese. Taybeh, 35 km a nord-est di Gerusalemme, e i suoi 1300 abitanti, hanno potuto far gustare a migliaia di ospiti giunti dalla Cisgiordania, la tradizionale birra locale, ben 100 mila litri in due giorni, esportata in tutto il mondo insieme ad altri prodotti tipici come miele, olio, candele, ricami, lampade e sapone.
''La sfida per i cristiani e' quella di trovare un lavoro per sfamare le proprie famiglie, altrimenti sono costretti ad emigrare'' dichiara padre Raed Abushalia, parroco latino di Taybeh uno degli artefici dell'iniziativa. ''Per questo abbiamo sviluppato molte attivita' negli ultimi anni: produzione e commercializzazione di olio, cosmetici, miele.
Abbiamo un atelier di ceramica che produce le lampade della pace vendute in tutto il mondo''. Attivita' che permettono a 36 famiglie di ricevere un salario ma anche di coprire il costo della casa di riposo aperta dalla parrocchia 6 anni fa.
In sei anni da Taybeh sono state vendute 500 tonnellate di olio d'oliva, mentre sono 12.000 i pasti serviti ogni anno nella casa di accoglienza e 80.000 le chiese del mondo che hanno acquistato le lampade della pace. Il tutto mentre sta per partire una radio cristiana che trasmettera' in tutto il paese.

(ASCA, 4 ottobre 2011)

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Il Medio Oriente secondo l'Iran

Due popoli in due stati? No, un solo stato che distrugga Israele

di Dimitri Buffa

"La nostra posizione è quella della resistenza armata fino a quando il regime sionista sarà sconfitto". Chi ancora crede che tutti i palestinesi, e i loro sponsor armati, come i terroristi di Hamas ed Hezbollah, nonchè l'Iran di Ahmadinejad, vogliano spingere Israele ad accettare la soluzione dei "due popoli in due stati", entro i mitici confini del 1967, si sbaglia di grosso ripetendo slogan ormai privi di significato reale.
Insomma nella migliore delle ipotesi comportandosi da conformista. Mentre nella peggiore… Fatto sta che Khaled Mashaal, intervenendo a Teheran alcuni giorni orsono alla Quinta Conferenza Internazionale a Sostegno dell'Intifada Palestinese, ha letteralmente dichiarato: "Noi ci auguriamo che tutti gli Stati arabi si rendano conto che non vi sono alternative all'opzione di perseguire la via della resistenza armata.
Prima dobbiamo liberare tutta la Palestina, poi istituire in essa uno Stato. I palestinesi devono fare ricorso alla resistenza armata, per quanto costosa possa essere, finché la Palestina non sarà liberata e Israele distrutto". Ovviamente tutto ciò non tira acqua al mulino di Abu Mazen che sta tentando, sempre meno convintamente, di replicare il doppio gioco che già fu di Arafat, cioè presentarsi all'Onu come una colomba che chiede pace e uno Stato indipendente e di fatto comportarsi in Cisgiordania come un interlocutore di chi la pensa nella suddetta maniera.
Khaled Meshaal per chi non lo sapesse è il vero capo di Hamas, o meglio della mafia armata che domina quel gruppo integralista islamico, e adesso, dopo le rivolte in Siria e la decisione di Assad di liberarsi di gente come lui, fa la spola tra il Sud del Libano degli Hezbollah e l'Iran.
Al di là delle stupidaggini che si dicono nei convegni in questi giorni, la realtà con cui lo Stato di Israele si deve confrontare è questa. Meshaal, tra l'altro, ha anche ribadito l'opposizione di Hamas alla domanda di "indipendenza unilaterale palestinese" alle Nazioni Unite tanto voluta dal presidente dell'Autorità Palestinese.
In compenso ha invitato Abu Mazen a convocare un vertice nazionale "per riesaminare la politica palestinese" e sviluppare una strategia nazionale volta ad "eliminare l'occupazione sionista". C'è da dire che tutto ciò era ampiamente prevedibile ed è anche una delle ragioni per cui la sortita autunnale all'Onu non ha provocato grandi entusiasmi neanche in Europa.
Probabilmente, se continuerà così, non ci sarà neanche bisogno per gli Usa di porre il veto nel Consiglio di Sicurezza dell'Onu perché la maggioranza di nove Stati a sei, per ora, Abu Mazen se la sogna.

(l'Opinione, 4 ottobre 2011)

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Roma, ultimo saluto a Ida Marcheria per le vie del Ghetto

Il presidente della Comunita' ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, ha annunciato che il feretro di Ida Marcheria sara' sepolto vicino ai due fratelli sopravvissuti con lei allo sterminio, come da desiderio della stessa Marcheria. Pacifici racconta che "la madre di Ida prima di entrare nella camera a gas le aveva chiesto di rimanere sempre vicino ai fratelli".
Al corteo funebre hanno partecipato anche i ragazzi dell'Istituto superiore 'Renzo Levi' di Roma: "Ogni persona che scompare e' una persona che non potra' piu' raccontare - spiega uno dei professori all'Adnkronos) - e senza la testimonianza diretta delle persone che hanno sofferto sulla loro pelle l'ingiustizia e la cattiveria umana, non sara' piu' possibile trasmettere ai ragazzi delle sensazioni. Per noi e' una perdita educativa".
Dopo la visita al Ghetto, il rito funebre e' proseguito al Cimitero Ebraico del Verano, dove ad accogliere il feretro, c'era il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni.

(Adnkronos, 4 ottobre 2011)

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Si rinnova ad Eilat l'IMAX Theater

L'IMAX Theater a Eilat
L'IMAX Theater, il più celebre centro per il divertimento e le famiglie a Eilat, è stato di recente riaperto, completamente rinnovato e ampliato. Tra le principali novità, l'IMAX accoglie oggi un Museo delle Cere. Agli occhi dei visitatori si apre così una galleria di oltre 150 sculture di cera, che ritraggono star internazionali tra cui Robert De Niro e Angelina Jolie, personaggi entrati nel Guinness dei Primati per vari record, icone della mitologia greca e delle antiche leggende della tradizione e altre celebrità del mondo musicale e culturale. Inoltre, alcune figure sono state create eccezionalmente per il nuovo Museo delle Cere Israeliano: icone come il Primo Ministro David Ben-Gurion, Yizhak Rabin, Ilan Ramon. L'IMAX Theater offre oggi anche la possibilità di assistere a proiezioni di film in 3D su uno schermo eight story high con un impianto digital sound da 12.000 watt. Situato nel centro di Eilat, l'IMAX è facilmente accessibile e a breve distanza dai principali hotel sulla spiaggia nord di Eilat. Il cinema è aperto da domenica a giovedì dalle 11 a mezzanotte, il venerdì dalle 11 fino a un'ora prima di Shabbat e il sabato dalle 21 all'una del mattino. Turisti e visitatori possono anche optare per lo speciale biglietto valido 3 giorni, che permette di accedere a varie proiezioni di film in 3D e di visitare il Museo delle Cere Israeliano (99 NIS adulti; 89 NIS bambini).

(Tribuna Economica, 3 ottobre 2011)

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Voleva restaurare la sinagoga, ebreo minacciato

di Davide Frattini

TRIPOLI — Il portone è di nuovo sbarrato, stretto dalla catena e bloccato dai mattoni. La sinagoga è rimasta aperta un solo giorno, il primo dopo 44 anni. David Gerbi racconta in lacrime di essere stato minacciato, costretto ad andarsene dopo aver pregato ieri mattina. «Mi hanno avvertito che un gruppo di miliziani stava arrivando con l'ordine di sgomberare». Gerbi — fuggito in Italia nel 1967, a 11 anni, quando la rabbia araba per la sconfitta nella guerra dei Sei giorni ha travolto gli ebrei — è ritornato a Tripoli alla fine di agosto, sugli stessi pick-up che hanno portato i ribelli dentro la capitale. Ha incontrato due volte Mustafa Abdul Jalil, leader del Consiglio di transizione, e gli è stato promesso di entrare a far parte del «parlamento» provvisorio come rappresentante degli ebrei libici. «Il nuovo governo deve dimostrare se questo sarà un Paese democratico o razzista, se sono in grado di superare la propaganda di Muammar Gheddafi che prima ci ha espulsi e poi ci ha demonizzati». Il ragazzo delle brigate fa da guardia alla sinagoga, mentre lo sceicco Jamal al Gazawi, capo religioso della zona, spiega che nessuno ha attaccato Gerbi, gli hanno chiesto un documento ufficiale «per dimostrare che avesse l'autorizzazione a riaprire il tempio». «La città vecchia è protetta da vincoli — aggiunge Salem al Asabi, che rappresenta il nuovo potere locale — e prima di spostare una pietra ci vuole il permesso». David crede poco alle spiegazioni burocratiche. «Mi è stato detto che stanno preparando una protesta dopo la preghiera di venerdì. Dalla piazza dei Martiri marceranno verso la sinagoga». Il caso sta imbarazzando il presidente Jalil. Che parla di «questione prematura». «Chiunque abbia la cittadinanza libica può godere dei pieni diritti, a patto che non abbia altra nazionalità». I rapporti con la comunità ebraica di origine libica trascinano dietro quelli con Israele, argomento tabù per il governo.

(Corriere della Sera, 4 ottobre 2011)

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Netanyahu ha incontrato ieri a Gerusalemme il Segretario della Difesa Usa Leon Panetta

"Lei giunge in Medio Oriente in un momento di enorme convulsione - ha dichiarato il primo ministro Netanyahu - probabilmente questa situazione globale ricorda quanto è accaduto dalla fine della Prima Guerra Mondiale e mai come adesso è particolarmente importante rafforzare l'alleanza di sicurezza tra Israele e gli Stati Uniti". Il primo ministro Netanyahu ha ribadito la volontà di ricerca della pace da parte di Israele con il popolo palestinese.
"La pace deve essere raggiunta, come ha detto il Presidente Obama, attraverso negoziati diretti tra le parti. Ieri, Israele ha accolto favorevolmente la dichiarazione del Quartetto che invoca la trattativa diretta, senza precondizioni." Netanyahu ha anche incoraggiato Panetta che incontrerà il presidente Abbas a ritornare al tavolo della trattativa. "Credo che la sicurezza abbia un ruolo importante - ha continuato Netanyahu - sicurezza e riconoscimento sono i due fondamenti di tale discussione. Panetta dal canto suo ha assicurato" il costante impegno per la sicurezza di Israele. Siamo stati forti alleati, siamo stati partner forti. Ci siamo sempre assunti l'impegno di fare tutto il possibile per favorire la sicurezza di Israele e come Segretario della Difesa, ho intenzione di continuare tale impegno. "

(FocusMO, 4 ottobre 2011)

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La sfida dello scrittore: ebreo senza religione

di Aldo Baquis

Yoram Kaniuk
Nel 1948 ha combattuto in prima linea per lo Stato di Israele e ha visto gli amici morire come mosche. Adesso ha la netta sensazione che lo Stato laico di Israele stia soccombendo sotto un establishment rabbinico «invadente e di stampo iraniano», che gli provoca repulsione. E allora lo scrittore più indisciplinato e anticonformista di Israele, Yoram Kaniuk (81 anni), è tornato in prima linea per scardinare il connubio (a suo parere divenuto perverso) tra «popolo ebraico» da un lato e «religione ebraica», dall'altro. Nei registri dello stato civile israeliano sono tutt'uno.
Quando, mesi fa, è andato al ministero degli Interni per esigere di essere registrato al tempo stesso «membro del popolo ebraico» e «senza religione», l'impiegata è rimasta sbigottita: mai nessuno, prima di lui, aveva avanzato una richiesta del genere. Ma adesso il tribunale distrettuale di Tel Aviv ha assecondato la sua iniziativa, in ossequio al principio della libertà dell'Uomo. «Una decisione coraggiosa, uno sviluppo storico», ha esclamato Kaniuk.
Dopo un decennio trascorso nella ruggente New York degli Anni 50, Kaniuk era rientrato in Israele con una celebre ballerina, Miranda, di fede cristiana. Col passare degli anni i due bohémien hanno avuto due figlie, che in Israele non sono state riconosciute come ebree. L'anno scorso è arrivato un atteso nipotino, che il ministero degli Interni ha registrato come «senza religione».
«Ero stufo di essere in minoranza, unico ebreo della famiglia - ha osservato maliziosamente lo scrittore -. Ho deciso allora di essere esattamente come mio nipote: privo di religione». Con l'ortodossia ebraica non vuole rapporti: «Ho detto loro: io ora esco». Ma ancora si sente legato al popolo ebraico e allo Stato di Israele. «Quando Ben Gurion parlava di uno Stato ebraico - ha rincarato, con tono beffardo - non pensava certo che un giorno in Israele 400 rabbini sarebbero andati a ispezionare le bollicine dell'acqua minerale per verificare se fossero compatibili con la halacha», l'ortodossia ebraica.
Da parte loro i rabbini gli mandano a dire che «quando uno nasce ebreo, resta ebreo. Non si sfugge». Davvero non si sfugge? Kaniuk il ribelle la sa lunga: nemmeno da morto i rabbini avranno il suo corpo - ridacchia - perché lo ha già donato alla scienza.

(La Stampa, 4 ottobre 2011)


«Quando uno nasce ebreo, resta ebreo. Non si sfugge», dicono i rabbini ortodossi. Non si sfugge? Ma allora, perché se un ebreo dichiara di credere in Gesù gli si dice che non è più ebreo? Come mai in questo caso “si sfugge”?. Attenzione alla risposta, perché il Dio d’Israele, che è l’unico vero Dio, ascolta. E nella Sacra Scrittura sta scritto che oltre a un libro della vita esiste anche un libro della verità (Daniele 10:21). M.C.

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Sinistra reazionaria

di David Bidussa

Sulla pagina Facebook "Giuliano Pisapia sindaco X Milano" mi sono imbattuto in una discussione sugli auguri del sindaco per Rosh Ha-shanah e per la liberazione di Gilad Shalit. L'ho letta con attenzione. Ne ho dedotto che l'antisemitismo a sinistra esiste e di solito, come a destra, si accompagna a una visone complottista della storia. Non è un fenomeno nato improvvisamente come ripiegamento dopo la sconfitta del comunismo. E' una vicenda che ha accompagnato a lungo il pensiero politico dentro la sinistra.
Così come esiste una destra rivoluzionaria che a lungo ha affascinato anche esponenti della sinistra, e su cui ha proficuamente chiamato a riflettere molti anni fa lo storico Zeev Sternhell, esiste una sinistra reazionaria, sia matrice riformista sia a matrice estremista. La definizione non è mia ma del politologo francese Marc Crapez che nel 1997 ha pubblicato un libro (La gauche réactionnaire. Mythes de la plèbe et de la race dans le sillage des Lumières, Paris, Berg International, Paris 1997) sui cui contenuti varrebbe la pena riflettere con attenzione. Una sinistra reazionaria che ha affascinato anche esponenti della destra estrema e della destra conservatrice. In ogni caso non basta dirsi contrari all'antisemitismo, amare Woody Allen o dire che tra i propri amici migliori ci sono anche alcuni ebrei, per essere fuori da quel cono d'ombra. Per esserne fuori davvero, condizione necessaria, e non so se già sufficiente, è avere, almeno una visione della storia e della crisi sociale che non si fonda sull'idea di complotto, di "poteri forti", di perfidi potenti" che dominano la vita di "ingenui cittadini".
La discussione nata sulla scorta del messaggio lanciato lo scorso mercoledì dal Sindaco di Milano in occasione della festa del capodanno ebraico, invece, questi elementi linguistici, concettuali, culturali e dunque anche politici, li ha tutti. In questo senso non rappresenta una deriva, o un disguido, né un fatto folclorico. Comunque non è il frutto di un'incomprensione. E' un fenomeno culturale profondo e credo che questo episodio rappresenti solo l'inizio di un fenomeno che si alimenterà di un clima culturale dove la rabbia per la crisi è crescente, dove la necessità di individuare un capro espiatorio sarà sempre più diffusa, dove l'idea che l'attuale condizione collettiva sia il risultato di un effetto combinato tra finanzieri scaltri e senza scrupoli (novelli perfidi Robinson) e risparmiatori di animo buono truffati (novelli ingenui Venerdì) guadagnerà sempre più consenso.
In breve: una fase in cui probabilmente il mito sarà più potente della capacità di analisi razionale. Gli argomenti che in quella discussione sono transitati sono solo un primo campanello di un nuovo tempo che potrebbe iniziare. E dove i due dati che mi sembrano più preoccupanti sono sia l'inconsistenza della classe politica, sia la debolezza della società civile, con buona pace del cittadino Diego Della Valle.

(Linkiesta, 3 ottobre 2011)

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Delegazione israeliana in Cina per attivare progetti scientifici

Una delegazione di scienziati israeliani è partita per la Cina, dove nei prossimi giorni sono previsti incontri con locali compagnie di bioscienza. L'evento è stato organizzato su iniziativa del Centro industriale israeliano per la Ricerca e lo Sviluppo. Le aziende israeliane e cinesi che decideranno di partecipare a progetti congiunti riceveranno un finanziamento pubblico pari al 50% delle spese.
Le prime saranno finanziate dall'Ufficio scientifico del ministero dell'Industria, del Lavoro e del Commercio di Tel Aviv; le seconde da parte del ministero della Scienza e della Tecnologia di Pechino. Questo accordo si inserisce in una tendenza in forte crescita: sempre più spesso le compagnie di bioscienza israeliane guardano a est. «I legami economici tra noi e la Cina - ha dichiarato il capo dell'Ufficio scientifico di Tel Aviv, Avi Hasson - sono cresciuti significativamente negli ultimi anni. Il ministero dell'Industria, del Lavoro e del Commercio dispone di molti strumenti per incentivare ulteriormente questi rapporti. Per esempio, accordi di ricerca con province e città cinesi».

(FocusMO, 3 ottobre 2011)

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Abbiamo ricevuto dalla scrittrice Silvana De Mari la segnalazione di una notizia grave per la "leggerezza" e l'ignoranza con cui vengono diffuse notizie false quando si tratta di Israele. E insieme alla notizia abbiamo ricevuto anche il suo commento.

La notizia ANSA è questa:


Stella di David nera imbratta la statua di Wojtyla alla stazione Termini

ROMA, 1 ott - Una stella di David nera e' stata tracciata da ignoti sulla statua raffigurante Giovanni Paolo II che si trova davanti alla stazione Termini di Roma. L'opera, inaugurata a maggio scorso, aveva scatenato polemiche perche' secondo molti non rappresentava in maniera fedele il pontefice polacco proclamato beato ed e' previsto che sia sottoposta a modifiche. Sono in corso indagini per individuare gli autori del gesto.
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Notizia ripresa da altre agenzie, tra cui Quotidiano.net:

Una stella nera sulla statua raffigurante Giovanni Paolo II davanti alla stazione Termini


ROMA, 1 ottobre 2011 - A Roma ignoti hanno deturpato la statua dedicata a papa Giovanni Paolo II davanti la stazione Termini, al centro di numerose polemiche per la somiglianza più a una 'garitta' che al beato Karol Wojtyla: sul monumento è stata disegnata una Stella di David - tradizionale simbolo ebraico - con della vernice nera. Delle indagini si occupa la polizia, che visionerà i filmati delle numerose telecamere presenti nella zona per scoprire i responsabili. Il Comune di Roma si è attivato per cancellare il disegno.


E questo è il commento di Silvana De Mari:

    Nella foto qui sopra si vede chiaramente la stella a cinque punte.
    Esiste qualcuno talmente zuzzurellone da non sapere che questa è la stella delle BR e la scambia per la stella di Davide?
    E perché la nostra informazione è affidata a questo branco di analfabeti? Peraltro in un paese di esecutori di graffiti come l'Italia dove ho visto un enorme pene dipinto sul muro della chiesa si Castelfranco Veneto, quella che contiene la meravigliosa tavola del Giorgione, dove il portale laterale della chiesa di San Giorgio di Chieri è ricoperta di oscenità, che una stella sia stata fatta sulla statua di Woitila, è una notizia di livello nazionale?
    Una stella che imbratta la statua di Woitila, è una notizia? Offende la religione cristiana? In quanto appartenente alla spiritualità biblico evangelica sono rimasta allibita per il preservativo che ricopre la statua di Benedetto XVI e per la Madonna che piange lacrime di sperma (non so in quale Museo civico di Bologna sia stata organizzata la mostra che includeva queste due opere, ma sono certa fosse finanziata dal comune) o per papa Benedetto XVI che bacia sulla bocca Osama Bin Laden (ultima biennale di Venezia, anche quella fatta con i miei soldi di contribuente). In quanto appartenente alla spiritualità biblico evangelica (oltre che come amante della lirica) mi considero profondamente offesa da Mosè vestito da Bin Laden nell'opera di Rossini, anche quella finanziata con le mie tasse.
    Posso affermare che dagli anni settanta in poi faccio prima a fare la lista delle chiese su cui NON ho visto né una falce e un martello né una stella a cinque punte delle BR, che di quelle che erano pulite.
    I perfidi ebrei contro la statua del papa tanto amato: come resistere alla tentazione?
    Scommettiamo che dopo oggi migliaia di stelle di Davide riempiranno le nostre strade accanto a "morte ai palestinesi" oppure "morte al papa" o altro?
    Ci vogliamo scommettere?
    Questa notiziola in realtà è gravissima. Dio mi è testimone della mia assoluta mancanza di stima per la maggioranza dei giornalisti italiani e in particolare per quelli del terzo canale, ma nessuno può essere così disinformato da confondere la stella a sei punte (una bandiera israeliana mentre la bruciano non l'hanno mai vista? con una a cinque (mai sentito parlare di BR?) o talmente ingenuo da ritenere che un graffito su una statua, difficilmente viene in mente qualcosa di più irrilevante, sia una notizia di livello nazionale. Non esiste nemmeno la possibilità teorica della buona fede.
    Questa falsa notizia, falsa sia nel senso di non vera, falsa sia nel senso che un graffito su una statua non è una notizia, in realtà, non può che essere nata per essere un suggerimento. Fate graffiti offensivi e firmateli con la stella di Davide.
    La demonizzazione e disumanizzazione dell'ebreo continua come una gioiosa macchina da guerra che grazie al vittimismo palestinese e a tutti i suoi cantori, potrebbe portare come un piano inclinato al nuovo olocausto. Se non ci fossimo noi, è il caso di dirlo, che saremo quello che fa la differenza e che fermeremo e invertiremo il processo, che creeremo la fratellanza tra cristianità e ebraismo tra Europa e stato di Israele.
    Grazie a questa ed altre notizie irrilevanti, nessuno si è accorto della mattanza dei cristiani in terra islamica. Oggi la chiesa di San Giorgio in Egitto è stata bruciata da fedeli islamici infiammati dal loro iman.
    E noi? Noi guardiamo la stella (a cinque punte, ma domani ricomparirà con le sei regolamentari) sulla statua di Woitila.
    E invece no. Non ci siamo caduti. Tutta la mia amicizia, tutto il mio amore alla chiesa copta in Egitto che in questo momento sta subendo il martirio. Ed al popolo di Israele che non lo subirà mai più.

(Notizie su Israele, 3 ottobre 2011)

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Israele: 2 milioni di euro il costo aggiuntivo per il gas egiziano

Le forniture di gas irregolari provenienti dall'Egitto costano a Israele 10 milioni di NIS al giorno (circa 2 milioni di euro). La cifra è stata calcolata dal ministero delle Infrastrutture di Tel Aviv, il quale ha preso in considerazione i costi aggiuntivi che la Israel Electric Corporation (Iec), ente nazionale dell'elettricità, ha dovuto sostenere finora per fare fronte agli ammanchi di gas. In particolare, le spese sono lievitate a causa dell'utilizzo di carburanti alternativi e più costosi, come diesel e benzina. «Questi dati - ha dichiarato il ministro delle Infrastrutture, Uzi Landau - mettono in luce la necessità che Israele si garantisca l'indipendenza energetica. E' l'obiettivo numero uno che ci siamo posti». Da mesi le esportazioni di carburante naturale egiziano in Israele sono soggette a interruzioni a causa di ripetuti attacchi contro il gasdotto che corre sotto il deserto del Sinai, collegando i due Paesi.

(FocusMO, 3 ottobre 2011)

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La sinagoga di Tripoli

Riaperta dopo 44 anni e già di nuovo chiusa, solleva la complicata questione della minoranza ebrea che fu costretta all'esilio dal regime

La sinagoga di Tripoli
Domenica la sinagoga di Tripoli è stata riaperta per la prima volta dopo 44 anni. Il luogo di culto della comunità ebraica libica era stato chiuso nel 1967, dopo la guerra dei Sei giorni e prima del colpo di stato militare che portò al potere Muammar Gheddafi. La riapertura della sinagoga è una sfida coraggiosa alla nuova leadership libica, scrive il Wall Street Journal, che ora dovrà dimostrare di essere capace di tutelare quel pluralismo democratico di cui dice da tempo di essere portatrice.
L'uomo che ha riaperto la sinagoga si chiama David Gerbi ed era scappato a Roma nel 1967 quando aveva solo dodici anni. «Questo è un test importante per il nuovo governo», ha detto, «per capire se sarà discriminatorio o se la Libia sarà davvero una nuova democrazia. La mia intenzione è di restaurarla e farne un luogo di culto attivo». Il modo in cui il nuovo governo libico gestirà i rapporti con la minoranza ebrea in esilio avrà un ruolo importante nel definire la sua credibilità agli occhi degli interlocutori internazionali, scrive il Wall Street Journal.
I nuovi leader libici hanno l'opportunità storica di ripristinare i diritti delle minoranze perseguitate dal regime, e il ritorno degli ebrei esiliati è certamente una delle questioni più delicate da affrontare. La maggior parte degli ebrei libici, circa 40mila, lasciò il paese tra il 1948, la nascita dello stato di Israele, e la guerra dei Sei giorni del 1967. Il loro numero ora, contando anche i loro discendenti, dovrebbe comprendere circa 200mila persone. Molte delle famiglie che scapparono si lasciarono alle spalle le loro proprietà e ora potrebbero rivendicare il diritto di tornarne in possesso.
A complicare ulteriormente la situazione c'è poi il fatto che molti degli ebrei libici che fuggirono si rifugiarono in Israele, di cui poi diventarono cittadini. E la maggior parte della popolazione libica non sembra favorevole all'ipotesi di accoglierli. La richiesta di riaprire la sinagoga era stata ignorata dal Consiglio Nazionale di Transizione, ma Gerbi ha deciso di farlo comunque. «Non ci sarà nessun problema in futuro», hanno fatto sapere dal governo libico «ma non era questo il momento adatto: una questione così delicata deve essere prima affrontata apertamente dal governo e sarebbe stato opportuno aspettare l'insediamento di un nuovo governo regolarmente eletto».
Il CNT sostiene che la scelta di riaprire la sinagoga in modo unilaterale potrebbe esporre Gerbi e la sinagoga al rischio di attentati estremisti, che potrebbero a loro volta destabilizzare una situazione ancora molto fragile e screditare l'immagine e il funzionamento del nuovo governo. Gerbi invece è convinto che il suo lavoro a contatto con la comunità locale di musulmani basterà a far accettare la riapertura della sinagoga. È riuscito a ottenere il supporto dei ribelli che controllano quel quartiere della città e di due imam della moschea locale. Domenica molte persone sono entrate nella sinagoga incuriosite dalla possibilità di rivedere un luogo che era stato chiuso per così tanto tempo. Molti lo hanno visto per la prima volta.

Aggiornamento - Alcuni uomini armati hanno sprangato nuovamente la sinagoga di Tripoli che David Gerbi aveva riaperto dopo 44 anni. Gerbi ha detto di essere stato minacciato di morte.

(ilPost, 3 ottobre 2011)

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'Furioso' Netanyahu per l'attacco israeliano alla moschea

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha reagito con furia, lunedì, dopo aver visto le immagini di una moschea nel nord di Israele che è stata incendiata durante la notte, ha detto in una dichiarazione il suo ufficio. Netanyahu era "furioso" quando ha visto le foto della moschea in un villaggio beduino nella regione nord della Galilea, che ha subito gravi danni in un incendio doloso durante notte, con le parole "prezzo" e "vendetta" scarabocchiati sulle pareti. "Le immagini sono scioccanti e non appartengono allo stato di Israele," dichiarazione citata di Netanyahu.
La moschea nel nord di Israele è stata incendiata durante la notte con slogan scarabocchiati sulle pareti esterne, in quello che la polizia ha denunciato come "un incidente dal prezzo molto grave." Il portavoce della polizia, Mickey Rosenfeld, ha detto alla AFP che un certo numero di sospetti entrati nella moschea nel villaggio beduino di Tuba Zangaria hanno appiccato il fuoco, causando gravi danni ai tappeti e le pareti.
All'esterno della moschea sono stati scarabocchiati le parole "prezzo" e "vendetta" in ebraico, ha detto Rosenfeld. Hanno anche scritto la parola "Palmer", in un apparente riferimento a Asher Palmer, un colono israeliano è morto con il figlio neonato in Cisgiordania occidentale il 23 settembre dopo che la sua auto è stata colpita da pietre lanciate dai palestinesi, causando l'incidente.
La linea dura dei coloni ebrei hanno adottato quello che chiamano il " prezzo" della politica in cui attaccano i palestinesi e le loro proprietà in risposta alle misure del governo israeliano contro gli insediamenti. Il distretto di polizia del Nord con il Comandante Roni Attia hanno costituito una squadra speciale di indagine per affrontare l'incidente, e la polizia aumenterà la sicurezza della zona per evitare "incidenti casuali", ha detto Rosenfeld. "Questo è un incidente grave e ha un caro prezzo", ha detto Roni Attia della polizia . Egli ha invitato i residenti della zona a preservare l'ordine pubblico e permettere alla polizia di investigare l'incidente senza disturbi.

(FocusMO, 3 ottobre 2011)

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Addio Ida Marcheria, una vita a Roma dopo Auschwitz

E' morta oggi a Roma Ida Marcheria, aveva 82 anni. Era una delle ultime sopravvissute alle deportazioni ad Auschwitz degli ebrei italiani. Lo ha reso noto la Comunità ebraica romana.
Ebrea di famiglia originaria dell'isola di Corfù, era nata a Trieste il 13 agosto del 1929. Nel novembre del 1943 fu catturata dai tedeschi e deportata ad Auschwitz, da dove fu liberata dai sovietici nel 1945.
Trasferitasi dopo la guerra a Roma, era diventata una testimone della Shoah e della terribile esperienza nel campo di sterminio. Più volte invitata a ricordare per il Giorno della Memoria, aveva a Roma una cioccolateria famosa nel quartiere Trieste.

(RaiNews, 3 ottobre 2011)

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Nuovo museo a Eilat

Eilat, località balneare israeliana sul mar Rosso, presenta una nuova attrazione: il museo delle cere all'Imax Theater 3D. Agli occhi dei visitatori si apre così una galleria di oltre 150 sculture di cera, che ritraggono star internazionali tra cui Robert De Niro e Angelina Jolie, personaggi entrati nel Guinness dei primati, icone della mitologia greca e delle antiche leggende. L'Imax Theater offre oggi anche la possibilità di assistere a proiezioni di film in 3D su uno schermo eight story high con un impianto digital sound da 12 mila watt. Situato nel centro di Eilat, l'Imax è facilmente accessibile e a breve distanza dai principali hotel sulla spiaggia nord di Eilat. Turisti e visitatori possono anche optare per lo speciale biglietto valido tre giorni, che permette di accedere a varie proiezioni di film in 3D e di visitare il Museo delle cere.

(Travel, 3 ottobre 2011)

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Indignados d'Israele

Condizioni molto diverse dalla Spagna ci sono in israele teatro, soprattutti la città di Tel Aviv, di un grande movimento di indignati focalizzato soprattutto sul caro vita che rischiava di travolgere la classe media. Una novità dirompente in un paese abituato a discutere e a confrontarsi normalmente sulle questioni dei rapporti con i palestinesi.

(RaiNews, 2 ottobre 2011)

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Il mondo va avanti

di Andrea Fiano, New York

Nei giorni scorsi ero a Washington per assistere agli incontri del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. Sono quindi andato a un incontro promosso da Bank Hapoalim, la maggiore banca commerciale israeliana. Si trattava di un breakfast di presentazione della banca e dell'economia israeliana, alla presenza di un ex ambasciatore americano in Israele. Il bello è arrivato subito, quando Yair Serrousi, chairman di Bank Hapoalim, ha cominciato la sua presentazione: "Ringrazio tutti i partecipanti e le autorità presenti, ma un saluto particolare va a un nostro amico presente in sala, che da poche ore e' diventato padre".
E chi era il festeggiato? Hashim Shawa, Chairman e General Manager della Bank of Palestine con sede a Ramallah.
In sala e' scoppiato un grande applauso, mentre Shawa si è alzato per ringraziare.
Molto emozionante, e di ottimo auspicio.
Shawa e' rimasto fino alla conclusione della presentazione e alla fine ha risposto alle domande dei giornalisti facendosi fotografare a piu' riprese con i dirigenti della Bank Hapoalim, mentre le foto venivano spedite in tempo reale alla stampa israealiana.
Ho pensato che il mondo va avanti, a prescindere da quello che si può leggere sui giornali.

(Notiziario Ucei, 2 ottobre 2011)

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La vita è bella (in Israele) per nove abitanti su dieci

Malgrado il senso di isolamento e di accerchiamento. Malgrado le rivoluzioni arabe alle porte. Malgrado la minaccia iraniana. E malgrado le crisi con Egitto e Turchia. Ecco, malgrado tutto questo, lo Stato ebraico è «un posto dove è bello vivere». Parola d'israeliano. Anzi: d'israeliani. In cifre: l'88 per cento, secondo un sondaggio commissionato dallo Yedioth Ahronoth, il quotidiano più venduto nel Paese.
Il 67% dello stesso campione d'intervistati aggiunge anche di essere di buon umore, in questo momento. Il 74%, poi, si dice soddisfatto della propria situazione economica. Insomma, «indignados» o meno, in Israele si vive che è una meraviglia.
Per carità, non tutto è rose e fiori. Ci sono anche dichiarazioni negative. O meglio: avvisaglie di pessimismo. Tanto che lo stesso giornale ha evidenziato come le risposte date, prese nel loro complesso, siano un po' schizofreniche. Quasi polarizzate.
Un esempio? Quasi la metà degl'intervistati (il 45%) teme che Israele, in quanto Stato ebraico, sia esposto a rischi esistenziali. Tradotto: rischia da un momento all'altro di essere cancellato dalla faccia della Terra. Per non parlare dei negoziati di Pace, ormai diventati «la telenovela politica e mediatica più lunga di sempre»: in questo caso, quasi due terzi degl'israeliani pensano che non si raggiungerà mai un accordo con i palestinesi.
Ecco, a proposito del tavolo di negoziati. Oggi lo Stato israeliano, per bocca del suo primo ministro Benjamin Netanyahu, ha accettato la richiesta del Quartetto (Usa, Ue, Onu e Russia) di riprendere al più presto le trattative con i palestinesi. E senza precondizioni. «Ora ci aspettiamo da Ramallah la nostra stessa disponibilità», ha aggiunto il premier. Anche se, a leggere tra le righe del comunicato poi letto su tutte le radio e le tv, qualche intoppo c'è già: «Israele ha alcune riserve che saranno avanzate nel corso delle trattative», scrive il documento. Certo, visti i tempi e gli uomini, tornare su uno stesso tavolo - un anno dopo i colloqui di Washington - sarebbe un bel passo in avanti.

(Falafel Cafè, 2 ottobre 2011)

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Lo scrittore Yoram Kaniuk non è più ebreo

GERUSALEMME - Lo scrittore israeliano, Yoram Kaniuk, ha ottenuto dal tribunale di essere riconosciuto "senza religione" e non piu' "di religione ebraica". Lo riporta il quotidiano Haaretz ricordando che Kaniuk aveva fatto ricorso a maggio scorso per la modifica del suo status religioso dopo che il ministero degli Interni aveva rifiutato la richiesta. "E' una decisione di importanza storica" ha dichiarato lo scrittore, 81enne, al quotidiano. "La liberta' dalla religione e una liberta' che deriva dal diritto alla dignita' umana - ha detto lo scrittore - va solo soppesata la serieta' delle intenzioni". .

(AGI, 2 ottobre 2011)

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Netanyahu smentisce la crisi con Angela Merkel

Per giornali locali rapporti tesi dopo estensione insediamenti

GERUSALEMME, 2 ott - L'ufficio di Benyamin Netanyahu ha formalmente smentito la fondatezza di vistosi titoli apparsi sulla stampa locale relativi ad una profonda crisi di fiducia fra il premier e la cancelliera tedesca Angela Merkel in seguito alla estensione degli insediamenti ebraici a Gerusalemme est. "I rapporti con il governo tedesco e la cancelliera Merkel sono buoni e stretti" ha precisato l'ufficio del premier israeliano. "Quando si manifestano dissensi, sono poi esaminati in uno spirito sereno".

(ANSA, 2 ottobre 2011)

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Il pastore evangelico iraniano ora è condannato a morte per "reati contro la sicurezza"

Lo ha dichiarato il governatore generale Gholam-Ali Rezvani. Pronta la smentita dell'avvocato di Yusef Nadarkhani: "In tribunale i giudici hanno parlato di apostasia dell'islam". Il pastore evangelico si era convertito al cristianesimo a 19 anni. È stato arrestato nel 2009. Lo scorso luglio la Corte suprema aveva ribaltato la sentenza.

TEHERAN - Il tribunale di Rasht (provincia settentrionale di Gilan) ha condannato a morte il pastore evangelico Yusef Nadarkhani per essere un "traditore sionista" e aver commesso "crimini contro la sicurezza". Lo riferisce il governatore generale della provincia Gholam-Ali Rezvani all'agenzia nazionale Fars, specificando che "non si tratta di una questione religiosa, perché nel nostro sistema nessuno può essere giustiziato per aver cambiato fede". Tuttavia, Mohammad Ali Dadkhan, legale del pastore, smentisce le dichiarazioni del governatore, affermando che il suo assistito sarà giustiziato per apostasia dell'islam.
L'avvocato riferisce che è la prima volta che le autorità parlano di "reati contro la sicurezza" per il suo cliente. "Al momento della sentenza - spiega - i giudici hanno parlato di apostasia, senza fare menzione di altri crimini. Queste nuove accuse devono essere riesaminate".
Yusef Nadarkhani, 32 anni, si è convertito al cristianesimo a 19 anni ed è diventato pastore di una piccola comunità evangelica chiamata Chiesa dell'Iran. Arrestato nell'ottobre del 2009, è stato condannato a morte per apostasia secondo la sharia (legge islamica), che prevede il rovesciamento della sentenza in caso di ritorno all'islam. Dopo essere ricorso in appello, nel luglio scorso la Corte suprema iraniana ha annullato la sentenza, rimettendo il caso al tribunale di Rasht (città natale di Nadarkhani) che ieri ha confermato la condanna a morte.
Diversi Paesi occidentali hanno condannato la sentenza contro Nadarkhani e chiesto il suo rilascio. Tra questi, Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Francia e Polonia.

(AsiaNews, 2 ottobre 2011)

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Alenu leschabeach

di Ugo Volli

Parecchi mesi fa ho scritto della difficoltà che un ebreo non può non sentire nel ciclo delle feste invernali cristiane: tutto un mondo intorno che festeggia nelle maniere più diverse, dalla devota messa di mezzanotte alle mutande rosse di chi intende godersi il capodanno nella maniera più libertina, e il senso di essere fuori posto per chi non crede a queste cose e non intende inchinarvisi. In questi giorni, per noi solenni alti o perfino "terribili" (noraim allude a tutte queste cose), la discronia è invertita: per noi ci può essere la gioia, l'augurio, l'esame di coscienza, il pentimento, magari la serenità di una determinazione rinnovata. Tutt'intorno le cose sono normali e pochissimi si accorgono dello sforzo interiore che sono per noi i Moadim, nella migliore delle ipotesi facendoci amabilmente gli auguri e scambiandole per una festona simile a quella del 31 dicembre, altre volte protestando per il suono molesto dello shofar, o non comprendendo perché scompariamo per alcuni giorni. Anche tale situazione crea inevitabilmente una tensione, una forma di disagio, un'estraneità. E' chiaro che questa estraneità fa parte del significato delle feste: infatti, come accade per molte regole ebraiche, al senso teologico e morale che costituiscono una dimensione semiotica, se ne associa una sociologica, un dispositivo che induce alla coesione del gruppo.
E anche se può essere sgradevole, bisogna capire che si tratta di una tensione positiva, un prezzo che si paga per essere se stessi, per non affogare in un'assimilazione dei costumi che è annullamento dell'identità e distruzione culturale. Essere fieri delle nostre feste, dei nostri simboli, della nostra identità, non aver paura della differenza e della contrapposizione dei tempi e dei contenuti che essi veicolano, è una condizione necessaria per continuare nella difficile impresa della vita ebraica. Il fatto storico, ricordato da Rav Cipriani in un commento di questo Rosh Hashanà che la preghiera "Alenu leschabeach", forse la più forte affermazione identitaria dei nostri siddurim, fosse inizialmente stata concepita per il rito di Rosh Hashanà conferma questo pensiero. Perché quel che viviamo in questi giorni è il senso di inchinarci davvero davanti al Signore di tutto, mentre tutt'intorno si adora "il vuoto", che non è oggi l'idolo di qualche politeismo e tantomeno l'intuizione della divinità incarnata del Cristianesimo per quanto lontana da noi; ma piuttosto il culto dei "nuovi riti e nuovi miti", dei consumi e dell'apparire, del consenso e del buon senso che costituisce la vera idolatria assimilatrice del nostro tempo. Sentirsi strani e vivere con orgoglio questa "stranezza", coltivare l'autonomia del nostro pensiero e dei nostri costumi è dunque una buona cosa, induce uno sguardo su noi stessi e su chi condivide il nostro destino, impone una presa di distanza critica dal mondo in cui siamo immersi. E' l'esercizio che i nostri avi hanno proseguito fedelmente per secoli e secoli, diventato materialmente assai più facile ma moralmente più ostico da quando le discriminazioni legali sono cessate e le comunità si sono aperte. Ma la forza di questa differenza perseguita con fierezza è grande, come mostra l'aneddoto di Rosenzweig, richiamato nel seno del popolo ebraico proprio da un Yom Kippur vissuto sulla soglia.
Un'ultima considerazione. Fra i nostri usi migliori di questo tempo - più che un uso, un obbligo - vi è quello di chiedere scusa a chi si sia ferito o offeso nell'anno precedente. So di aver urtato più di qualcuno proprio con i miei scritti e me ne scuso qui. Non ho voluto aggredire delle persone, ma combattere idee che trovo pericolose per Israele e l'ebraismo, parole che danno forza ai nemici che vogliono distruggerci, atteggiamenti autodistruttivi e disfattisti. A tutti chatimà tovà.

(Notiziario Ucei, 2 ottobre 2011)


«Sentirsi strani e vivere con orgoglio questa "stranezza", coltivare l'autonomia del nostro pensiero e dei nostri costumi è dunque una buona cosa, induce uno sguardo su noi stessi e su chi condivide il nostro destino, impone una presa di distanza critica dal mondo in cui siamo immersi.»

Sono parole che ne fanno venire in mente altre:
"Per fede Abraamo, quando fu chiamato, ubbidì, per andarsene in un luogo che egli doveva ricevere in eredità; e partì senza sapere dove andava. Per fede soggiornò nella terra promessa come in terra straniera, abitando in tende, come Isacco e Giacobbe, eredi con lui della stessa promessa, perché aspettava la città che ha le vere fondamenta e il cui architetto e costruttore è Dio. Per fede anche Sara, benché fuori di età, ricevette forza di concepire, perché ritenne fedele colui che aveva fatto la promessa. Perciò, da una sola persona, e già svigorita, è nata una discendenza numerosa come le stelle del cielo, come la sabbia lungo la riva del mare che non si può contare. Tutti costoro sono morti nella fede, senza ricevere le cose promesse, ma le hanno vedute e salutate da lontano, confessando di essere forestieri e pellegrini sulla terra" (Ebrei 11:8-13).


Essere forestieri e pellegrini sulla terra è anche il destino dei cristiani che vogliono seguire davvero il loro Maestro. Per loro la diaspora è un ordine. E il senso della loro estraneità aumenta quando il mondo in cui vivono si autodefinisce "giudaico-cristiano" ed è infastidito da una stranezza che ai suoi occhi non appare né giudaica né cristiana.

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Netanyahu condanna le dichiarazioni di odio dell'Iran

Dopo il nuovo appello dell’ayatollah Khamenei alla distruzione di Israele

GERUSALEMME, 1 ott. - Il Primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha condannato le dichiarazioni di "odio" pronunciate oggi dalla Guida suprema della Repubblica islamica dell'Iran, Ali Khamenei, che ha invocato la creazione di uno Stato palestinese al posto di Israele.
"Le dichiarazioni cariche di odio degli ayatollah che inneggiano alla distruzione di Israele rafforzano la nostra determinazione a tenere duro per garantire la sicurezza dei nostri cittadini e ad esigere che Israele sia riconosciuto come Stato ebraico", in un qualsiasi accordo di pace, ha dichiarato il Primo ministro, secondo una nota ufficiale. "Israele continuerà a lavorare per la pace, assicurandosi che la sicurezza dei suoi cittadini sia garantita per le generazioni future", ha proseguito Netanyahu.
Un qualsiasi piano che divida la Palestina "è inaccettabile", ha ribadito oggi l'ayatollah Khamenei inaugurando una conferenza internazionale a Teheran sulla Palestina. "Un piano che preveda due governi equivale ad una accettazione di un governo sionista sulla terra di Palestina", ha esclamato ancora il numero uno iraniano che ha nuovamente chiamato Israele "tumore canceroso". "L'obiettivo finale è di liberare tutta la Palestina, dal Mediterraneo al mar Morto", ha concluso Khamenei.
Alla conferenza partecipano rappresentanti parlamentari di una ventina di Paesi oltre ad esponenti palestinesi come il capo di Hamas, Khaled Meshaal, e quello della Jihad islamica, Ramadan Abdallah.

(TMNews, 1 ottobre 2011)

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San Gabriele 2012: vince l'interpretazione israeliana del... frutto proibito

E' proprio il francobollo israeliano nel quale si vede nitidamente Eva nell'atto di porgere il frutto poribito ad Adamo (complice, il famoso serpente tentatore) ad avere vinto la 29a edizione del Premio di filatelia religiosa "San Gabriele" svoltasi a Legnago il 25 settembre.

di Francesco De Carlo

Con il francobollo in cui si vede chiaramente che "Eva passa la mela proibita ad Adamo", Israele si è aggiudicato il ventinovesimo Premio "San Gabriele" dedicato alla migliore emissione postale ispirata a temi religiosi. Nel disegno vagamente naif di Diana Shimon Meir Eschrl è, infatti, mostrata Eva chde nella lussureggiante cornice del Paradiso terreste, porge ad Adamo il frutto poibito. Il serpente tentatore fa bella presenza dietro i due, attorcigliato attorno ad un albero secolare.

(Philweb.it, 1 ottobre 2011)

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Il Congresso Usa blocca 200 mllioni di dollari di aiuti ai palestinesi

ROMA, 1 ott. - E' costata cara l'iniziativa del presidente palestinese Abu Mazen di richiedere all'Onu il riconoscimento di uno Stato palestinese indipendente. Come rivela oggi il quotidiano britannico The Independent, il Congresso americano ha bloccato l'erogazione di 200 milioni di dollari in aiuti per l'Autorità Palestinese.
Gli aiuti, che servivano a progetti per l'assistenza alimentare e sanitaria e per migliorare le istituzioni palestinesi, dovevano essere trasferiti all'Anp durante l'anno fiscale americano, che si chiude oggi. Il loro congelamento rappresenta il segnale più tangibile della serietà della minaccia dei leader del Congresso di bloccare i fondi anche il prossimo anno, se Abu Mazen continuerà a ricercare il riconoscimento di uno Stato alle Nazioni Unite, al di fuori del negoziato con Israele.
La Casa Bianca, che pure si oppone all'iniziativa palestinese, è però contraria a sanzioni di questo tipo, in quanto ritiene che l'assistenza ai palestinesi sia fondamentale per ottenere una soluzione del conflitto con gli israeliani basata sul principio dei due Stati - israeliano e palestinese - coesistenti in pace.

(TMNews, 1 ottobre 2011)

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In Israele scoppia lo scandalo delle intercettazioni illegali

Piccolo o grande fratello, si vedrà. Resta il fatto che in Israele è scoppiato da qualche giorno il problema intercettazioni. Stavolta, a differenza nostra, non c'entrano né le Procure e nemmeno premier ricattati. Stavolta è tutta colpa della tecnologia. E di clienti - mogli e mariti, soprattutto - che per rispondere alla loro gelosia prendono strade al limite della legge. In tutto questo c'è un giallo vero e proprio: a un certo punto è stato tirato in ballo anche il gabinetto del primo ministro.
E allora. Si è saputo che centinaia di telefonini di cittadini israeliani potrebbero essere in questo momento spiati potenzialmente da chiunque. Quasi tre settimane fa la polizia ha arrestato 22 persone sospettate di aver prodotto, venduto e utilizzato un software in grado di spiare gli smartphone
La notizia, tenuta nascosta per qualche giorno, è piombata nelle redazioni dei giornali da una fonte interna alla polizia. Ad allarmare gli utenti di telefonia è stato il fatto che il dispositivo incriminato, SpyPhone, si poteva comprare tranquillamente via web. Il software costa da un minimo di 315 euro a un massimo di 600 e l'azienda produttrice promette «risultati altamente professionali». Tra le opzioni dell'utente c'è pure quella di ricevere via e-mail una copia di tutti i messaggi inviati e ricevuti da un determinato apparecchio, oltre alla lista delle chiamate.
Le indagini però hanno iniziato a prendere una piega diversa dopo un paio di giorni. Quando uno degli accusati ha raccontato che l'ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu avrebbe ricevuto e installato SpyPhone per poter ascoltare le conversazioni dei cittadini. La polizia non ha né confermato, né smentito. Mentre dal gabinetto del premier è arrivata una smentita.
Israele non è però nuova a questo tipo di scandali. Tra vittime e mandanti, decine di compagnie erano state coinvolte sei anni fa in una vicenda di spionaggio industriale gestito da investigatori privati che si erano infiltrati nei telefonini della concorrenza dei propri clienti. L'anno successivo, nel 2006, scoppiò un nuovo scandalo quando venne fuori che il telefono del capo di gabinetto dell'allora primo ministro, Ehud Olmert, veniva tenuto sotto controllo.

(Falafel Cafè, 1 ottobre 2011)

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Daniele Finzi sul palco dei diari
Premio Pieve 2011 a Ettore Finzi e Adele Foà

ANGHIARI (AR) - Ettore Finzi e Adele Foà con il loro intenso epistolario d'amore ai tempi delle persecuzioni razziali sono i vincitori del Premio Pieve 2011. Sul palco dei diari il figlio Daniele, che ha curato la raccolta di lettere e diari dal titolo “Conoscersi in trasparenza”, ha ricevuto il premio per un testo che a parere della Giuria Nazionale rivela "uno sguardo finora poco conosciuto sulla realta' dell'emigrazione ebraica dall'Europa in un luogo come la Palestina allora sotto il mandato britannico, e dove era ancora lontana la nascita di uno Stato ebraico indipendente. La lettura di questo epistolario suscita un crescente interesse per il continuo dialogo fra sentimenti, diversita' di opinioni, speranze, progetti per il futuro, fra i quali domina il desiderio di tornare in Italia una volta finita la guerra".

(Il Fendente, 1 ottobre 2011)


COMMENTO di M.C. - E' con particolare commozione che riporto questa notizia, segnalata cortesemente da un amico. Mia moglie ed io abbiamo conosciuto bene la coppia Finzi-Foà e abbiamo potuto coltivare con loro una bella amicizia di cui conserviamo un bellissimo ricordo. Ettore Finzi, coadiuvato all'occorrenza dalla moglie Adele, ci spiegava con competenza e semplicità fatti e avvenimenti dell'ambiente ebraico, e anche episodi della loro vita di "rifugiati" in Israele dopo la promulgazione delle leggi razziali. E' stato lui a spiegare per primo al nostro piccolo gruppo di evangelici ignoranti in materia la storia del sionismo, accettando di venire a parlarne nella nostra chiesa di quel tempo. Sapeva ascoltare con paziente gentilezza e commentare con acuta ironia. Sono stati per noi dei veri amici. Cercheremo di procurarci il loro epistolario.

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La richiesta dello stato palestinese all’Onu accetta il regime sionista

TEHERAN, 1 ott - La richiesta di riconoscimento di uno Stato palestinese all'Onu rappresenta l'accettazione del ''regime sionista'' e ignora i diritti del popolo palestinese a tornare nella sua terra come era prima del 1948. Lo ha affermato la Guida suprema iraniana Ali Khamenei, aprendo la quinta conferenza internazionale sull'Intifada Palestinese. Khamenei ha aggiunto che ''nostro obiettivo e' liberare la Palestina'' contro ogni piano che tenda a dividerla.

(ANSA, 1 ottobre 2011)

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Notizie archiviate

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