Notizie su Israele 64 - 31 dicembre 2001


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In quel giorno, il Signore stenderà una seconda volta la mano per riscattare il residuo del suo popolo rimasto in Assiria e in Egitto, a Patros e in Etiopia, a Elam, a Scinear e a Camat, e nelle isole del mare. Egli alzerà un vessillo verso le nazioni, raccoglierà gli esuli d'Israele, e radunerà i dispersi di Giuda dai quattro canti della terra

(Isaia 11.11-12)


EBREI CHE TORNANO IN ISRAELE


Salviamo l'ebraismo argentino

"E' l'occasione di portare in Israele 30.000 ebrei"

Gli inviati dell'Agenzia Ebraica in Argentina parlano di un diluvio di richieste da parte degli Ebrei.

Articolo di  Arieh Bender

Ma'ariv, 23 dicembre 2001

    Poche ore dopo l'inizio dei disordini a Buenos Aires e mentre le strade della città si riempivano di fumo, di boati e di sirene ululanti, i rappresentanti dell'Agenzia Ebraica sono rimasti allibiti dinanzi al diluvio di richieste da parte di ebrei che cercavano di controllare la possibilità di immigrare in Israele. "Dopo un'ora, oltre 100 ebrei in stato di agitazione avevano sommerso i nostri uffici nel palazzo dell'AMIA [Unione delle organizzazioni ebraiche in Argentina]. Tutti volevano cercare di sapere con urgenza se in Israele avrebbero potuto trovare casa e lavoro", racconta Quito Hasson, il capo-delegazione dell'Agenzia Ebraica in Argentina.
     Hasson si è affrettato ad inviare telegrammi urgentissimi alla direzione del Dipartimento dell'alià dell'Agenzia e all'ufficio del presidente Sallai Meridor, chiedendo di prepararsi in vista della possibilità reale di un ondata migratoria dall'Argentina. Contemporanemente ha ordinato ai rappresentanti dell'Agenzia in loco di cominciare a lavorare secondo procedure di emergenza.
     Nonostante l'intifada, l'Argentina è l'unico paese al mondo, da cui il flusso migratorio sia aumentato nel corso dell'ultimo anno. Durante questo periodo sono immigrati da quel paese 1.500 ebrei, rispetto ai 1.200 del'anno precedente, che sono venuti ad aggiungersi agli 80.000 ebrei originari dell'Argentina, che già vivono in Israele.
     "Molti membri della comunità ebraica cercano una via di uscita dal paese", riferisce Miguel (Miki) Steuerman, giornalista radiofonico e direttore della popolare stazione ebraica "Radio Chai", che trasmette da Buenos Aires. "Chi ha ancora dei soldi ed una professione ricercata, sogna di Miami, tutti gli altri pensano ad Israele. Se vi preparerete in maniera corretta e sarete in grado di fornire soluzioni per l'alloggio e l'occupazione, potete aspettarvi l'immigrazione di circa 30.000 ebrei in breve tempo".
 
Banche che appartenevano ad Ebrei sono fallite

   In questo momento, però, la situazione degli ebrei argentini è molto grave. La crisi economica che ha colpito il paese è stata la causa per cui centinaia di ebrei si sono ritrovati per strada, senza una casa – "yiddishe homeless", li chiamano lì. Un rapporto interno dell'Agenzia Ebraica rivela in pieno l'enormità della tragedia degli ebrei argentini, che è parte della triste storia di quel paese grande e fiero.
  Il crollo economico ha fatto precipitare in un attimo sotto la linea della povertà molti membri della comunità, che erano considerati appartenenti alla classe media e si occupavano di commercio al dettaglio, di piccola e media industria, di professioni libere o erano impiegati statali. Il rapporto rivela che circa 1.700 famiglie ebraiche hanno perduto la loro casa: parte di loro abitano in stanze affollate in alberghetti a buon mercato, molte altre vivono sotto i ponti, nelle piazze o nei giardini pubblici. Il numero di bisognosi presi in cura dalla comunità è salito di colpo da 4.000 a 20.000.
    "Qui ci sono ebrei poveri che non hanno da mangiare – continua Miki Steuerman – Nell'edificio in cui si trova 'Radio Chai', nel centro di Buenos Aires, funziona una cucina pubblica che forniscono centinaia di pasti caldi al giorno agli ebrei rimasti senza pane".
    Anche il sistema scolastico della comunità è rimasto duramente colpito dalla crisi. Nell'ottobre del '99 sono fallite due grosse banche di proprietà ebraica, presso cui molti dei membri della comunità e molte istituzioni ebraiche avevano depositato i loro soldi. Il danaro è scomparso. La conseguenza diretta è stata che circa 4.500 alunni hanno lascito le scuole ebraiche, che sono private e care. Da quando è cominciata la crisi economica, nel '99, sono state chiuse sette scuole ed altre tre sono state unificate. Decine di insegnanti specializzati nell'insegnamento di materie ebraiche ed ebraico sono stati licenziati. La scorsa settimana è fallita un'altra piccola banca, ed il proprietario ebreo, Daniel  Berger, è fuggito negli Stati Uniti. In quelle banche erano stati depositati 15 milioni di dollari: risparmi di ebrei ed il danaro della scuola ebraica Marc Chagall.
    Quito Hasson, il capo-delegazione dell'Agenzia Ebraica in Argentina, spiega che i disordini ed il saccheggio dei negozi di alimentari non hanno connotazioni antisemite e che i negozi saccheggiati non appartenevano ad ebrei. In ogni modo, i 200.000 ebrei argentini non aspettano la comparsa dell'antisemitismo e cercano già una via di scampo. Tra l'altro, il numero di coloro che hanno diritto ad immigrare in Israele nell'ambito della Legge del Ritorno arriva quasi al milione, a causa dell'alto tasso di matrimoni misti.
   
Molti Ebrei non hanno i soldi per il passaporto

   Nel corso dell'ultimo anno 6.000 ebrei argentini hanno cominciato le pratiche per fare l'alià. Secondo Hasson, il loro numero può aumentare di molto, ma molti di loro non hanno nemmeno i soldi per il passaporto e si vergognano di rivolgersi alle istituzioni comunitarie o all'Agenzia Ebraica, rendendo così nota la loro situazione. "Si tratta di una comunità molto fiera", spiega Hasson.
  All'Agenzia Ebraica capiscono che questo è il momento propizio per portare in Israele una comunità calorosa, autentica e sionista, che nel corso degli anni ha mantenuto uno stretto legame con Israele ed ha anche pagato un pesante prezzo di sangue nella serie di attentati alle istituzioni comunitarie. "La situazione in Argentina è gravissima – dice il presidente del direttivo dell'Agenzia, Sallai Meridor. " Se possiamo dire agli ebrei di là che lo Stato di Israele è pronto a mettere a loro disposizione condizioni speciali, che ne assicurino l'inserimento nel paese, possimo parlare di un'ondata migratoria fra i 20 ed i 30.000 ebrei circa. Il problema non è prendere decisioni. Decisioni del genere sono già state prese nel corso dell'ultimo anno ed esse stabiliscono che agli immigrati dall'Argentina, dalla Francia e dal Sud Africa venga dato un 'paniere' di facilitazioni maggiore. Bisogna mettere in pratica le decisioni e stanziare le somme necessarie".
    Meridor ricorda che gli ebrei argentini avranno bisogno di un trattamento preferenziale, poiché arriveranno senza nulla, praticamente come profughi. Non hanno soldi per l'abitazione, molti di loro hanno perduto tutte le loro proprietà in Argentina, oppure, a causa della situazione economica, non hanno la possibilità di realizzarle e portare i risparmi in Israele. Meridor ed il vice-ministro dell'Assorbimento, Yuli Edelstein, richiedono che venga concesso agli immigrati dall'Argentina un sussidio per l'alloggio di circa 25.000 dollari a famiglia, affinché possano cominciare una nuova vita. Meridor sottolinea che non si devono prendere decisioni che potrebbero essere fatali per l'alià dall'Argentina, basandosi su considerazioni economiche. "Si tratta di un bivio nazionale e non economico – dice Meridor – il primo ministro lo capisce perfettamente ed io mi auguro che dia una mano a prendere le giuste decisioni. Se le decisioni saranno dettate da considerazioni di bilancio ed il ministero del Tesoro farà fallire i programmi di ampi aiuti agli ebrei argentini, sarà un fiasco ed un danno che si protrarrà per generazioni. Si deve ricordare che la grande ondata di alià dall Russia ha smosso le ruote dell'economia israeliana ed una grande immigrazione dall'Argentina potrà aiutarla ad uscire dalla  profonda recessione in cui si trova e segnare l'inizio della ripresa".
     Oggi si dovrebbe tenere negli uffici dell'Agenzia Erbaica a Gerusalemme una seduta di emergenza di tutti coloro che si occupano della questione, compreso l'ufficio del primo ministro, i ministeri dell'edilizia, dell'assorbimento ed il ministero degli esteri. Anche da Buenos Aires seguono u con molta attenzione le decisioni previste. Agli sforzi si è unito anche il presidente della commissione parlamentare per l'immigrazione e l'assorbimento, on. Zwi Hendel, che ha indetto per un dibattito di urgenza della commissione, per fare pressioni sugli interessati. "Lo Stato di Israele deve considerare l'immigrazione degli ebrei argentini un operazione di carattere nazionale, che deve essere effettuata immediatamente", sostiene Hendel.

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Il potenziale di alià dall'Argentina è enorme – afferma Miki Steuerman, il giornalista di 'Radio Chai' a Buenos Aires – Molti ebrei vogliono andarsene in ogni caso. Ora, in effetti, tutto dipende da voi. Se riuscirete ad integrare gli ebrei argentini come si deve, i numeri saranno grandi; se il governo israeliano non prederà le decisioni giuste, gli ebrei preferiranno rimanere poveri in Argentina, piuttosto che essere poveri in Israele".

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Prevista un'ondata di Alia' dall'Argentina

Articolo di Etgar Levkovits

Jerusalem Post, 24 dicembre 2001 

    "Nel tentativo di favorire un'ondata di immigrazione dall'economicamente disastrata Argentina, i funzionari dell'Agenzia Ebraica stanno facendo pressioni sul governo, affinché venga adottato un piano che dia speciali incentivi e benefici economici agli ebrei argentini.
    Il direttore generale del dipartimento di immigrazione ed assorbimento dell'Agenzia Ebraica, Mike Rosenberg, afferma che secondo le proiezioni del Agenzia circa 3.000 ebrei argentini immigreranno nel corso del prossimo anno, raddoppiando le cifre di quest'anno.
    Ha tuttavia messo in guardia dal fatto che i numeri possono variare in alto in basso, a seconda della situazione del paese, che è ancora fluida.
    "Vi è stato un certo miglioramento della situazione in Argentina durante le ultime 48 ore, ma non prevediamo che essa si calmi", dice Rosenberg, notando che mentre sono state indette nuove elezioni per il prossimo mese di marzo, il paese si trova di fronte a tremende difficoltà economiche.
    Il portavoce dell'Agenzia, Yehuda Weintraub, sostiene che i suoi uffici hanno visto "triplicare" il numero delle persone che chiedono informazioni sull'immigrazione in Israele, da quando, la scorsa settimana, il governo ha proclamato lo stato di emergenza.
    In un incontro di emergenza dell'Agenzia Ebraica, tenutosi ieri a Gerusalemme, il presidente Sallai Meridor ha chiesto al governo di approvare immediatamente un programma dell'Agenzia, incentrato sull'assistenza speciale destinata agli immigranti dall'Argentina.
    Il programma prevede l'aumento degli stanziamenti per gli ebrei argentini, inclusi mutui più alti e l'incremento degli incentivi.
    Rosenberg afferma che il programma è una necessità, dal momento che parte degli ebrei argentini sono molto poveri ed arriveranno con "solo la camicia addosso".
    "Questa è la 'nostra vetrina delle occasioni' per darci da fare e non possiamo perderla", egli dice, mentre evita di affrontare le domande a proposito di un trattamento preferenziale poco equo, facendo notare che gli incentivi saranno applicati solo per un periodo di tempo limitato.
    Nonostante l'appoggio del Primo Ministro Ariel Sharon, non è ben chiaro da dove proverrà il finanziamento per gli incentivi.
    Secondo le statistiche dell'Agenzia, circa 1.500 ebrei hanno fatto quest'anno l'alià dall'Argentina: un aumento del 30% rispetto allo scorso anno. Sessantadue sono attesi per domani. Circa altri 6.000 hanno mostrato interesse nei confronti dell'immigrazione e si trovano nelle diverse fasi di attuazione  e preparazione.

(da "Federazione Associazioni Italia Israele")



LA RIVISTA "FAMIGLIA CRISTIANA" PARLA DI ISRAELE


Commento all'articolo "Betlemme non si arrende" di Alberto Bobbio
pubblicato su "Famiglia Cristiana" del 23 dicembre 2001

Le prime righe dell'articolo di Bobbio vanno dirette al punto: descrivere Israele come colui che porta distruzione e morte. Si parla delle vie di Betlemme devastate, senza gli addobbi natalizi, ed il cerchio si chiude: "L'esercito israeliano ha occupato Betlemme per 10 giorni in autunno e i palestinesi hanno contato i morti". Ed ecco che Israele e' l'aggressore, il carnefice, il bruto che stritola la vita di persone innocenti. Non una parola sugli attentati terroristici palestinesi che hanno causato la tragica situazione attuale del popolo palestinese, non una parola sui plurimi tentativi da parte israeliana per arrivare ad un accordo di pace, sempre rifiutati da Arafat, non una parola sulle reali cause che hanno portato a questa situazione in cui i palestinesi sono le vittime principali della dissennata politica dei loro dirigenti e dei loro "fratelli" arabi.
   E l'articolo prosegue con le falsita' affermando che all'inizio dell'attuale intifada i palestinesi erano armati solo di sassi (a parte che anche i sassi uccidono, come abbiamo visto bene noi in Europa durante gli scontri con i Black Block, ma non corrisponde a verita' dire che i palestinesi erano armati solo di sassi, perche' dietro ai ragazzini che lanciavano i sassi, c'erano i piu' grandi, al riparo, con i fucili: ci sono documenti filmati di questa realta' che si voleva nascondere a tutti i costi e che, evidentemente, qualcuno continua a voler nascondere).
   Bobbio prosegue mettendo sullo stesso piano i terroristi palestinesi e l'esercito israeliano, come se dittatura e democrazia fossero la stessa cosa, come se l'intenzione premeditata di uccidere innocenti sia la stessa cosa del difendersi dagli attacchi.
   E' poi davvero assurdo l'atteggiamento di gran parte del mondo cristiano di difendere sempre e comunque il mondo musulmano, anche se il numero dei cristiani assassinati nei paesi musulmani e' spaventosamente alto. Padre Maroun Lahham, rettore del seminario cattolico di Betlemme, riguardo alla vergognosa abitudine dei terroristi palestinesi di occupare case dei cristiani, sparare da li' e quindi causare la risposta israeliana sulle loro case, afferma nell'articolo che non vuole fare distinzioni: i cristiani sono palestinesi come tutti gli altri, il che vuol dire che i cristiani palestinesi, evidenti vittime dei terroristi palestinesi, sono la stessa cosa: affermazione che farebbe impallidire chiunque.
   Nell'articolo di Bobbio si ripete piu' volte che l'occupazione israeliana ha causato le sofferenze dei palestinesi, omettendo completamente il fatto che, se Arafat avesse accettato le offerte di Barak a Camp David - che si era spinto piu' in la' di chiunque altro nelle concessioni e comprendeva la fine dell'occupazione israeliana della Cisgiordania e di Gaza - ora i palestinesi vivrebbero in pace. Invece Arafat ha rifiutato l'offerta, senza neanche provare a dare un'alternativa e poi ha scatenato la seconda intifada, preparata a tavolino dai dirigenti dell'Autonomia palestinese proprio dopo Camp David: questo e' stato cio' che ha causato le attuali sofferenze dei palestinesi. Se Israele e' attaccato deve reagire e questo sicuramente causa altre vittime, ma non e' possibile chiedere ad Israele di lasciarsi distruggere, di lasciare che i propri cittadini innocenti vengano assassinati senza reagire.
   Bobbio continua, scrivendo altre imprecisioni: Ghilo non e' un insediamento ebraico, ma un quartiere di Gerusalemme: la storia non la si conosce, ma almeno un po' di geografia non sarebbe male averla presente, quando si scrive di certi argomenti.

(Comunicato di "Honest Reporting in Italia", 30.12.01)



FRANCESI, INGLESI, ITALIANI PROTESTANO INSIEME AI PALESTINESI


Nei dintorni di Ramallah, dove Arafat è agli arresti domiciliari, cento studenti palestinesi, insieme ad altri stranieri provenienti dalla Francia, dall'Inghilterra e dall'Italia, hanno protestato contro la politica di sicurezza israeliana. Muniti di altoparlanti e sassi, hanno circondato una stazione di polizia israeliana. I soldati israeliani hanno reagito con gas lacrimogeni.

(da "NAI - Stimme aus Jerusalem", 30.12.01)



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