Soffri e gemi, figlia di Sion, come donna che partorisce, perché ora uscirai dalla città, abiterai per i campi, e andrai fino a Babilonia. Là tu sarai liberata, là il SIGNORE ti riscatterà dalla mano dei tuoi nemici.
(Michea 4:10)
ILAN RAMON E' TORNATO A CASA
Ieri sera [10 febbraio], nella base di Lod dell'aviazione israeliana, si è svolta la cerimonia funebre ufficiale del primo astronauta di Israele, Ilan Ramon. Erano presenti, tra gli altri, il Presidente della Repubblica Moshe Katzav e il Primo Ministro Ariel Sharon.
| | | Moshe Katzav, Ariel Sharon e la famiglia Ramon |
Quest'ultimo ha detto che Ilan Ramon ha toccato il lato nascosto nel cuore di ogni ebreo e di Israele. "Il suo volto giovanile e il suo costante sorriso, l'espressione fresca del suo viso e i suoi occhi raggianti hanno toccato la nostra anima. Egli rifletteva Israele dal suo lato migliore, così come noi vogliamo vederlo e lo amiamo".
Tre astronauti provenienti dagli USA, due dall'Europa e uno dal Canadà hanno partecipato alla cerimonia di commemorazione. Era presente anche l'Ambasciatore dell'India in Israele, per testimoniare la sua solidarietà e prendere parte al cordoglio. Kalpane Chawla, uno dei membri dell'equipaggio del "Columbia", era indiana di nascita.
Assaf, di quindici anni, stava con la madre Rona vicino alla bara e ha letto una lettera di David Brown, uno dei membri dell'equipaggio:
| | | Rona Ramon con il figlio Assaf |
"I miei compagni di navicella sono come la mia famiglia. Dividersi sarà difficile. Uno dei momenti per me più commoventi è stato quando Ilan ha letto una lettera di uno dei sopravvissuti dell'Olocausto, che aveva perduto la sua figlia di sette anni. Ilan
aveva portato con sé quella lettera. Ero inorridito al pensiero che su un pianeta così bello potesse esserci una tale crudeltà. Vorrei quindi godere la terra nella sua autentica bellezza fin nel più piccolo particolare. Se fossi nato nel cosmo sarei desideroso di visitare la meravigliosa terra più di quanto non ho desiderato volare nel cosmo. E' veramente un bel pianeta".
Il Presidente Katzav ha detto che Ilan Ramon è diventato un eroe ebreo stimato internazionalmente non solo perché è volato nel cosmo, ma anche per i simboli ebraici che ha portato con sé nel suo viaggio nello spazio. Con quegli oggetti voleva tenere alto il rispetto per l'ebraismo durante il volo.
Ilan Ramon verrà sepolto oggi nel cimitero del Moschaw Nahalal, in forma privata.
Migliaia di emails con parole di condoglianza sono già arrivate da tutto il mondo nella casella postale elettronica
preparata dall'esercito per la famiglia Ramon. Tutti possono scrivere. La mailbox rimarrà aperta fino alla fine di febbraio. Dopo di che tutte le emails arrivate fino a quel momento saranno raccolte in un libro e consegnate alla famiglia Ramon su un CD-Rom.
(NAI-Stimme au Jerusalem, 11.02.2003)
ROMA INTITOLA UN PARCO ALLA MEMORIA DI UN "GIUSTO TRA LE NAZIONI"
Discorso dell'Ambasciatore Gol alla cerimonia inaugurale
ROMA, 10 febbraio 2003
Un paio di settimane fa l'Italia ha commemorato la Giornata della Memoria. Ancora una volta, sono rimasto impressionato e commosso nel vedere come qui, più che negli altri stati europei, la tragedia del nostro popolo sia ricordata con tanti eventi e a tutti i livelli.
In questo contesto, è per me un onore essere qui oggi per la dedica di un parco cittadino in nome di Giovanni Palatucci, un Giusto italiano.
L'8 dicembre 1941, in una lettera ai genitori, Giovanni scriveva "Ho la possibilità di fare un po' di bene, e i beneficiati da me sono assai riconoscenti. Nel complesso riscontro molte simpatie. Di me non ho altro di speciale da comunicare".. Quello che lui chiama un "po' di bene" in realtà era la salvezza di centinaia di ebrei.
Nel novembre 1937 viene assegnato alla Questura di Fiume con l'incarico di responsabile dell'ufficio stranieri. Come dirigente di quell'ufficio avrebbe dovuto combattere la fuga degli ebrei. Ma al contrario, egli riuscì, grazie ad alcuni collaboratori, a raggirare le leggi razziali e ad aiutare gli ebrei pur sapendo di correre un grande rischio e di mettere in pericolo la sua stessa vita.
Il 13 settembre 1944 venne arrestato dalla polizia di sicurezza germanica con l'accusa formale di cospirazione e spionaggio per il nemico: la sua fine viene decisa dalle autorità tedesche che lo condannano per la sua attività a favore delle migliaia di profughi ebrei che riuscì a sottrarre alle persecuzioni naziste. Il 22 ottobre 1944, a seguito della commutazione della condanna a morte nella deportazione, giunge nel campo di sterminio di Dachau. Il 10 febbraio 1945 muore, dopo aver subito circa quattro mesi di stenti e torture. Il suo corpo viene gettato in una fossa comune sulla collina di Leitenberg, insieme ai corpi di centinaia di ebrei e di prigionieri politici.
Nell'aprile del 1953, a Ramat Gan viene dedicata una strada in ricordo di tutti coloro che generosamente e coraggiosamente agirono per la salvezza degli ebrei. Tra questi venne ricordato anche Giovanni Palatucci, che sacrificò la sua vita a soli 36 anni.
Nel settembre del 1990, l'istituzione del Memoriale Ebraico dell'Olocausto dello Yad Vashem a Gerusalemme, gli conferisce l'onore di essere riconosciuto "Giusto tra le Nazioni". E da allora, sul Viale dei Giusti in Yad Vashem, una lapide ricorda anche il nome del "Giusto" Giovanni Palatucci.
L'Italia sta facendo la cosa giusta nel commemorare uomini come Palatucci, uomini semplici che con la loro grandezza morale rappresentano un esempio educativo importantissimo per le giovani generazioni.
(Ambasciata d'Israele a Roma, 10.02.2003)
APPELLI A BOICOTTARE LE RELAZIONI CON IL MONDO ACCADEMICO ISRAELIANO
Quegli intellettuali politicamente 'no correct'
di Ariel Viterbo
Un'ennesima campagna anti-israeliana attraversa Europa e Stati Uniti. A condurla questa volta sono esponenti del mondo accademico. Come mossa di pressione sul governo israeliano e gesto di protesta verso la politica di "repressione" contro i palestinesi, docenti e ricercatori di vari Paesi hanno deciso di boicottare i loro colleghi israeliani. In Inghilterra l'iniziativa è stata lanciata lo scorso aprile da una coppia di professori, lui biologo lei sociologa, con una petizione firmata da decine di loro colleghi e pubblicata sul quotidiano The Guardian. L'idea era quella di troncare ogni rapporto con esponenti del mondo accademico israeliano, astenersi dall'invitarli a congressi, rifiutarne gli articoli o le richieste di collaborazione, bloccare il trasferimento di denaro dall'Europa alle istituzioni accademiche in Israele. In concreto si sono realizzate per ora solo piccole "epurazioni", in sé abbastanza ridicole ma certamente umilianti per chi le ha subite. Ad esempio, la direttrice di due riviste scientifiche inglesi ha licenziato dalla redazione due docenti israeliani, sostenendo di non poter sopportare l'idea di collaborare con le università israeliane nelle quali insegnano i due. Negli Stati Uniti la campagna ha assunto il motto "Divest from Israel": annullare ogni investimento in fondi e società che hanno interessi in Israele. Anche qui il mondo accademico guida la crociata: in cinquanta università americane si sono organizzate petizioni a favore del divestment da Israele e migliaia di studenti, laureati e docenti le hanno firmate. Il movimento di protesta contro Israele è ancora limitato (si pensi che il numero dei Campus statunitensi supera i 2600) ma è già violento ed attivo. Le manifestazioni hanno spesso assunto toni nettamente antisemiti e si sono verificati casi di assalti fisici a studenti ebrei. Cosicchè la comunità ebraica americana ha già lanciato un grido d'allarme, avvertendo il pericolo insito in un nascente movimento antiisraeliano ed antisemita.
Dove la campagna di boicottaggio pare non essere riuscita è in Francia, nonostante i numerosi episodi di antisemitismo verificatisi nel Paese negli ultimi anni. Anche qui due docenti universitari hanno preso l'iniziativa, nello scorso maggio, di pubblicare un appello ai loro colleghi ed alle istituzioni accademiche francesi per attivare il boicottaggio contro le università israeliane. Appello raccolto dai sindacati dei docenti, i quali hanno concentrato i loro sforzi nella prestigiosa università "Parigi 6", istituzione che è legata alle Università di Tel Aviv e Beer Sheva da accordi di collaborazione nel campo delle scienze. Il presidente dell'Università, acceso sostenitore della causa palestinese, ha raccolto anche lui con entusiasmo l'appello, portando alla decisione del suo Ateneo di sospendere ogni contatto con Israele. L'intenzione era quella di allargare il boicottaggio alle altre università, ma la reazione del mondo politico, intellettuale e giornalistico francese ha bloccato sul nascere la campagna. I docenti stessi dell'università parigina si sono schierati contro il loro presidente e l'autorevole giornale Le Monde ha lanciato una campagna di stampa contro il boicottaggio. L'intervento dell'ambasciata di Israele presso le autorità francesi e una grande manifestazione organizzata dalle istituzioni ebraiche, hanno definitivamente stroncato l'iniziativa. Le altre università parigine si sono rifiutate di aderire al boicottaggio e tutto il mondo politico si è schierato contro. "Parigi 6" è rimasta sola e si pensa che sarà costretta a fare marcia indietro.
Il fallimento della campagna di boicottaggio in Francia non muta però la sostanza di un'onda di iniziative contro Israele, onda che attraversa Europa ed America, invitandole ad affiancarsi ai Paesi arabi e musulmani, tradizionali boicottatori di Israele. Onda nera, che spesso colpisce anche gli ebrei locali, identificati automaticamente come sostenitori di Israele, anche quando si distinguono nella critica alla politica di questo o quel governo israeliano. A lungo termine, il fallimento della campagna dipenderà in massima parte dalla mobilitazione non solo delle rappresentanze israeliane ma anche e soprattutto delle comunità ebraiche locali. La battaglia non è solo a favore di Israele: il rischio è quello di quello di far trionfare le forze che non hanno mai abbandonato i loro deliri antisemiti.
(Shalom, febbraio 2003)
SE QUESTO NON E' ANTISEMITISMO, COS'E' L'ANTISEMITISMO?
"Vivo da qualche tempo in uno stato di angoscia quasi continuo"
di Donatella Misler
Vedere, da due anni a questa parte (forse da prima, ma io non me ne ero accorta), a poco piu' di 50 anni dal trauma della Shoah, riapparire un antisemitismo vecchio e nuovo allo stesso tempo, che poggia su simboli inconsci che non sono mai stati rimossi, ma che sono travestiti con formule in parte nuove ed in parte vecchissime, e questo nella generale indifferenza della gente comune e di una "sinistra" pseudo pacifista e mediatica, prontissima ad abbracciare le cause amplificate dalla televisione, ma indifferente a tutte le altre, ma fa sentire sempre piu' piena di ammirazione per la mia mamma (non ebrea) che era sicuramente una persona intelligente e piena di buon senso, ma che non era un intellettuale famoso, non aveva fatto l'universita', non aveva certamente a disposizione gli strumenti informativi di cui disponiamo oggi, ma che al momento delle leggi razziali ha saputo istintivamente stare dalla parte giusta (ed oggi e' una delle poche persone non ebree che condivide la mia indignazione).
Ho fatto questa premessa perche' gli episodi che sto per citarvi (non sono i primi, ne', temo, saranno gli ultimi) mi riportano al clima di quegli anni.
1) Primo episodio (che da' il titolo a questo messaggio) (Citato dal Corriere di sabato 8 febbraio 2003)
Il professor Riccardo Zipoli, direttore del dipartimento di studi euro-asiatici dell'Universita' veneziana di Ca' Foscari, ha lanciato un appello a non partecipare a conferenze in Israele ed a non esaudire le richieste scientifiche e culturali provenienti da quel paese.
Quest'appello e' stato sottoscritto, oltre che da Riccardo Zipoli, anche da altri sei docenti dello stesso ateneo : Gabriella Buffa, Alessandro Costantini, Rodolfo Delmonte, Francesco Gatti, Daniela Meneghini, Malcolm Sylvers e da altri quattro docenti di atenei italiani e cioe' : Giuseppe Martella di Urbino, Federico Zanettin di Perugia, Ehab El-Shaer di Bari ed Anna Readaelli di Genova.
Questo episodio e' molto grave, a parte il numero estremamente esiguo dei docenti coinvolti (ma niente esclude che nei prossimi giorni non si aggiungano altre firme) perche' fa parte di una
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campagna tesa a delegittimare le universita' israeliane (e quindi di fatto lo stato di cui fanno parte), partita in Inghilterra (in ambiente liberal, era stata lanciata dal Guardian), rilanciata negli Usa, approdata in Francia ed adesso arrivata anche in Italia.
Inutile dire che quest'attacco alle universita' israeliane e' unico nel suo genere. Non ci sono state MAI campagne di boicottaggio
contro universita' di altri stati, per quanto reazionari, fascisti e dittatoriali fossero i loro regimi.
A quando i licenziamenti dei professori ebrei? (quelli israeliani hanno gia' cominciato e licenziarli dalle universita' inglesi )
A queste 11 firme della vergogna vorrei contrapporre le 12 firme dell'onore.
Solo dodici professori universitari italiani rifiutarono il giuramento fascista e furono licenziati (si sa, gli italiani "tengono famiglia"...) Di questi dodici, gli unici a riscattare l'onore del corpo docente italiano, 8 erano ebrei.
2) Secondo episodio (letto su Haaretz del 8 febbraio 2003)
Il negozio di libri Inner della citta' universitaria di Oxford in Inghilterra, specializzato in libri che studiano la mente, il corpo e lo spirito, ha deciso di non vendere piu' libri di autori israeliani (chiunque essi siano).
Inutile dire che anche in questo caso il boicottaggio colpisce SOLO israeliani e non tocca autori di governi totalitari che reprimono i diritti civili nel mondo.
A quando i roghi dei libri?
La proprieta' del negozio ha scritto ai distributori israeliani da cui si servivano normalmente dicendo che anche se sanno che loro (dato il tipo di libri venduti) sono contro la politica del loro governo, visto che perderanno dei soldi si daranno da fare ancora di piu' per cambiare queste politiche.
A questa affermazione Ehud Ben Ezer, uno degli autori che non saranno piu' venduti nel negozio di Oxford ed ex candidato alla Kesset per il Metzer ha risposto : " Io capisco molto bene il vostro pregiudizio storico riguardo a noi, ebrei, "quando perdiamo soldi." Invece sappiate che possiamo benissimo perdere soldi, ma non l'integrita' e la coscienza."
3) Terzo episodio (citato su Sefer n. 100)
Clara Kopciowski, autrice ebrea di libri per ragazzi basati su storie di pace ed amicizia nonostante la guerra, e' stata invitata a parlare ad un gruppo di ragazzi tra 15 e 18 anni di una scuola dell'hinterland milanese sul tema : "la speranza".
Inaspettatamente, e senza nessun aggancio con il tema trattato, dapprima alcuni ragazzi isolati l'hanno attaccata con frasi del tipo : " Se vi hanno perseguitato qualche ragione ci sara'..." "Voi ebrei che..". Poi un professore (non di religione) ha fatto un lungo e duro intervento sul tema del deicidio, ed anche se forse non tutti i presenti condividevano quest'impostazione, alla fine i ragazzi in sala lo hanno applaudito calorosamente.
Di fronte a questi episodi (ed a molti altri di cui si legge quotidianamente sui giornali), io mi chiedo :
- Se questo non e' antisemitismo, cos'e' l'antisemitismo?
- Se questo e' antisemitismo, che senso ha commemorare la Shoah e poi restare indifferenti a questi atti? Il senso della giornata della memoria non e' solo quello di commemorare il passato, ma di evitare che si ripeta nel presente.
- Per questo occorre conoscere e combattere questi episodi.
Perche' domani non si possa dire : "Io non sapevo"
(Gruppo Rimon, 10.02.2003)
CHIRAC FA RIMA CON IRAQ
Il giornalista Shaul Tzadka ha pubblicato sul giornale israeliano "Maariv" un editoriale che riflette il pensiero di una parte importante dell'opinione pubblica israeliana per quanto riguarda l'asse Parigi-Berlino nella crisi irachena.
«In realtà, gli europei non si preoccupano per niente della natura del regime iracheno. Del resto, l'assenza di democrazia nel mondo arabo non turba affatto la loro tranquillità. In Europa ci sono degli opinionisti che pensano che la pace del mondo sia minacciata molto più seriamente da Bush che da Saddam. Quelli si convinceranno dei crimini di Saddam soltanto quando si troveranno le sue impronte dopo un attacco chimico nel metrò di Parigi o quando un immenso "fungo" iracheno avvolgerà Berlino. La prova: la metà dei tedeschi si oppone a un attacco contro l'Iraq anche se fosse provato che questo paese possiede armi non convenzionali... L'Europa preferisce dimenticare che sono stati gli americani a salvarli dalla distruzione nella seconda guerra mondiale. Questa Europa evita accuratamente di riconoscere il ruolo degli Stati Uniti per il rispetto della pace nel mondo. E' questa debolezza europea, di fronte alla potenza economica dell'America, che determina il suo comportamento e la sua retorica nella crisi irachena: gli europei mangiano hamburger americani, vedono film americani e nello stesso tempo sbraitano contro l'egemonia americana...
Quanto alla Francia, è sempre stata amica di Bagdad. Non per nulla Chirac fa rima con Iraq. L'ex capo della diplomazia britannica, David Owen, la settimana scorsa ci ha ricordato che la Francia si apprestava, nel 1981, a fornire dell'uranio alla centrale nucleare vicino a Bagdad, poche settimane prima che questa fosse distrutta da Ilan Ramon e i suoi compagni, piloti dell'aviazione israeliana. La Francia, che si considera ancora una grande potenza, fa un gioco conosciuto, ma sporco. Certamente non vuol dare l'impressione di essere al soldo degli Stati Uniti. Teme anche per il futuro delle sue relazioni con le capitali del mondo arabo. Ma è sempre più chiaro che all'ultimo momento prenderà in corsa il treno americano. Ha fatto così anche ai tempi della guerra in Afganistan. In effetti, la Francia ha l'abitudine di raggiungere il posto di combattimento solo quando sa con certezza che sarà tra i vincitori dello scontro....»
(Proche-Orient.info, 10.02.2003)
UN NUOVO RECORD NEL GUINNESS DEI PRIMATI
BE'ER SHEEVA - Il medico israeliano Shlomo Walfish, del centro medico "Soroka", ha stabilito un insolito record mondiale nella capitale del deserto Be'er Sheva: come riportato dal quotidiano Ma'ariv, martedì ha annunciato che alla data di venerdì scorso aveva circonciso 25.000 ebrei.
Walfish cominciò le circoncisioni quando negli anni '70 immigrarono in Israele molti ebrei provenienti dall'ex Unione Sovietica. Considera la sua attività come l'adempimento di un importante comandamento.
All'inizio degli anni '90 l'ondata di immigrazioni dalla Russia era particolarmente forte. Qualche volta venivano circoncisi anche 60 uomini al giorno. "Abbiamo lavorato dalla mattina alla sera", commenta il professore.
Per la circoncisione oggi Walfish ha a disposizione un team stabile: un anestesista, due infermiere e un rappresentante del tribunale rabbinico di Be'er Sheva collaborano con il medico. Un israeliano di provenienza russa opera gratuitamente come interprete.
Venerdì scorso Walfish ha circonciso il suo venticinquemillesimo ebreo: un neoimmigrato ventinovenne che frequenta la sua stessa sinagoga.
(israelnetz.de, 11.02.2003)
IL CANDIDATO ALLA PRESIDENZA DEGLI STATI UNITI GRADITO AGLI ARABI
Un editorialista saudita gradisce la candidatura di Joseph Lieberman
In un articolo pubblicato sul quotidiano saudita londinese Al-Sharq Al-Awsat (1), l'editorialista Walid Abu Murshid indica quattro ragioni per cui gli arabi dovrebbero gradire la candidatura del senatore Joseph Lieberman a presidente degli Stati Uniti. Ecco alcuni estratti dell'articolo:
"Ultimo, ma non meno importante [nell'elenco dei candidati] il senatore Joe Lieberman (Conn.), ex candidato alla vicepresidenza con Al Gore, ha annunciato la sua intenzione di "correre" per salvare 'il Sogno americano' , che rischia di scomparire durante il regno di Bush".
"Ciò che il candidato Lieberman non ha detto è che 'il Sogno americano' si è trasformato in un incubo durante il regno di Bush. E ciò che nessun candidato alla presidenza americana ha rivelato finora è la propria posizione a proposito dell'ultimo colonialismo esistente nel 21° secolo: l'occupazione israeliana della West Bank e di Gaza ".
"C'è qualcosa di buono per il Medio Oriente da parte di candidati che non hanno pronunciato una parola su di esso? Forse è ancora presto per attendersi una posizione pubblica relativa al caso palestinese e alla guerra preventiva di George Bush contro il terrorismo [che è] ancora agli inizi".
"La reazione riservata dagli ebrei americani all'annuncio di Joseph Lieberman, ebreo ortodosso, della sua candidatura per la presidenza, incoraggia la preferenza per la sua candidatura per più di una ragione".
Prima ragione: gli ebrei saranno incolpati di tutto
"La [prima] ragione è la stessa riserva ebraica, la paura che ' gli ebrei saranno incolpati di tutto quel che viene fatto dall'amministrazione americana', come affermato dalla Lega anti-diffamazione [sionista]: una paura che potrebbe portare il presidente ebraico a offrire ai palestinesi quello che non è stato offerto dall'unico presidente cattolico (John Kennedy) e dai capi di tutte le sigle protestanti che l'hanno seguito alla Casa Bianca, per finire con George Bush".
Seconda ragione: dovrà provare d'essere prima americano che ebreo
"La seconda ragione è che il primo presidente ebraico degli Stati Uniti deve provare che mette il suo americanismo davanti al suo ebraismo. La prova più visibile per questo sarebbe la collocazione del conflitto del Medio Oriente lontano dalla evidente tendenza del suo ebraismo e il mantenimento degli interessi americani in Medio Oriente".
Terza ragione: buono per le ambizioni delle minoranze non-cristiane negli Stati Uniti
"La terza ragione è l'apertura americana relativa ad un ebreo che ottiene il principale lavoro a Washington. Se l'apertura americana è tale da permettere di dare la gestione degli affari nazionali a un ebreo, sarebbe di buon augurio per le ambizioni delle minoranze non-cristiane".
Quarta ragione: potrebbe far scoppiare tendenze antisemitiche negli Stati Uniti
"La quarta ragione è la possibilità che l'elettore americano rifiuti di cedere la gestione dei suoi affari a un presidente non-cristiano. Un tale rifiuto potrebbe far scoppiare tendenze antisemitiche, che spingerebbero le organizzazioni sioniste in America a lanciare un confronto con l''establishment' protestante, anglosassone, in America. Qualsiasi lotta 'di parte' che coinvolga le organizzazioni sioniste all'interno degli Stati Uniti ridurrebbe, nella lunga corsa, l'influenza sionista a Washington".
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Nota:
(1) Al-Sharq Al-Awsat, 19 gennaio 2003.
(The Middle East Media Research Institute n° 461, 31.02.2003)
L'ANSA COMUNICA UN TERRIBILE RISCHIO CORSO DA FEDELI MUSULMANI
(ANSA) - TEL AVIV, 7 febbraio - Artificieri della polizia israeliana sono riusciti a neutralizzare un ordigno, pericolo potenziale per centinaia di fedeli di una moschea di Tel Aviv. La radio militare israeliana ha riferito che nei gabinetti della moschea e' stato trovato un corpetto esplosivo nascosto da due militanti della Jihad islamica che si apprestavano a farlo esplodere oggi in una citta' israeliana. I due sono stati catturati ieri in Cisgiordania, al termine di una febbrile caccia all'uomo.
COMMENTI
Certo che l'"ANSIA", pardon l'ANSA, non si smentisce mai: ansiosa per centinaia di fedeli musulmani che avrebbero potuto saltare in aria... mentre per i probabili destinatari, niente! Eli (Merano)
Oltre all'ansia per la sorte dei poveri musulmani, la preoccupazione dell'ANSA potrebbe anche essere un'altra. Il ritrovamento di un ordigno esplosivo in una moschea potrebbe far venire il dubbio che le moschee, diffuse ormai in tutto il mondo, possano essere luoghi in cui i fedeli si preparano a esercitare il loro islamico dovere della jihad in senso stretto, quella che prevede la distruzione fisica degli infedeli, a cominciare naturalmente dagli ebrei. L'ANSA ha voluto subito fugare questo dubbio: i due "militanti" erano isolati; tutti gli altri non sapevano niente, non avevano visto niente, non c'erano. O meglio, sì, c'erano, ma adoravano. M.C.
INDIRIZZI INTERNET
Israel's War Against Palestinian Terror
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