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Notizie su Israele 332 - 3 febbraio 2006

1. Estratti dallo Statuto di Hamas
2. Stato palestinese o «Nazione araba»?
3. Due facce della medesima medaglia
4. Nessuna seria intenzione di pace
5. Un calcio nei denti
6. I palestinesi si rilassano
7. Musica e immagini
8. Indirizzi internet
Ezechiele 11:16-17. Perciò di': "Così parla DIO, il Signore: Sebbene io li abbia allontanati fra le nazioni e li abbia dispersi per i paesi, io sarò per loro, per qualche tempo, un santuario nei paesi dove sono andati". Perciò di': "Così parla DIO, il Signore: Io vi raccoglierò in mezzo ai popoli, vi radunerò dai paesi dove siete stati dispersi, e vi darò la terra d'Israele".
1. ESTRATTI DALLO STATUTO DI HAMAS




Mahmoud Al-Zahar, leader di
Hamas
Dallo Statuto del Movimento di Resistenza Islamico (Hamas)

In nome di Allah, il Clemente, il Misericordioso.

"Voi siete la migliore comunità che sia stata suscitata tra gli uomini, raccomandate le buone consuetudini e proibite ciò che è riprovevole e credete in Allah. Se la gente della Scrittura credesse, sarebbe meglio per loro; ce n'è qualcuno che è credente, ma la maggior parte di loro sono empi. Non potranno arrecarvi male, se non debolmente; essi vi combatteranno, volteranno ben presto le spalle e non saranno soccorsi. Saranno avviliti ovunque si trovino, grazie a una corda di Allah o a una corda d'uomini. Hanno meritato la collera di Allah, ed eccoli colpiti dalla povertà, per aver smentito i segni di Allah, per aver ucciso ingiustamente i Profeti, per aver disobbedito e trasgredito" (Corano 3, 110-112).

"Israele sarà stabilito, e rimarrà in esistenza finché l'islam non lo ponga nel nulla, così come ha posto nel nulla altri che furono prima di lui" (parole dell'imam e martire Hassan al-Banna [fondatore dei Fratelli Musulmani, 1906-1949], possa Allah avere misericordia di lui).

"Veramente, il mondo islamico sta bruciando, ed è pertanto obbligatorio che ognuno si dia da fare per occuparsi dell'incendio per quanto può, senza aspettare che lo facciano altri" (shaykh Amjad al-Zahawi [eminente studioso irakeno della shari'a, 1883-1967], possa Allah avere misericordia di lui).

[...]

Il Movimento di Resistenza Islamico ... ha sempre cercato di corrispondere alle promesse di Allah, senza chiedersi quanto tempo ci sarebbe voluto. Il Profeta – le preghiere e la pace di Allah siano con Lui – dichiarò: "L'Ultimo Giorno non verrà finché tutti i musulmani non combatteranno contro gli ebrei, e i musulmani non li uccideranno, e fino a quando gli ebrei si nasconderanno dietro una pietra o un albero, e la pietra o l'albero diranno: O musulmano, o servo di Allah, c'è un ebreo nascosto dietro di me – vieni e uccidilo; ma l'albero di Gharqad non lo dirà, perché è l'albero degli ebrei" (citato da al-Bukhari e da Muslim).

[...]

Il Movimento di Resistenza Islamico crede che la terra di Palestina sia un sacro deposito (waqf), terra islamica affidata alle generazioni dell'islam fino al giorno della resurrezione. Non è accettabile rinunciare ad alcuna parte di essa. Nessuno Stato arabo, né tutti gli Stati arabi nel loro insieme, nessun re o presidente, né tutti i re e presidenti messi insieme, nessuna organizzazione, né tutte le organizzazioni palestinesi o arabe unite hanno il diritto di disporre o di cedere anche un singolo pezzo di essa, perché la Palestina è terra islamica affidata alle generazioni dell'islam sino al giorno del giudizio. Chi, dopo tutto, potrebbe arrogarsi il diritto di agire per conto di tutte le generazioni dell'islam fino al giorno del giudizio?

Questa è la regola nella legge islamica (shari'a), e la stessa regola si applica a ogni terra che i musulmani abbiano conquistato con la forza, perché al tempo della conquista i musulmani la hanno consacrata per tutte le generazioni dell'islam fino al giorno del giudizio.

[...]

Le iniziative di pace, le cosiddette soluzioni pacifiche, le conferenze internazionali per risolvere il problema palestinese contraddicono tutte le credenze del Movimento di Resistenza Islamico. In verità, cedere qualunque parte della Palestina equivale a cedere una parte della religione. Il nazionalismo del Movimento di Resistenza Islamico è parte della sua religione, e insegna ai suoi membri ad aderire alla religione e innalzare la bandiera di Allah sulla loro patria mentre combattono il jihad.

"Allah ha il predominio nei Suoi disegni, ma la maggior parte degli uomini non lo sa" (Corano 12, 21).

Di tanto in tanto, si sente un appello a organizzare una conferenza internazionale per cercare una soluzione al problema palestinese. Alcuni accettano l'idea, altri la rifiutano per una ragione o per un'altra, domandando il rispetto di una o più condizioni come requisito per organizzare la conferenza o per parteciparvi. Ma il Movimento di Resistenza Islamico – che conosce le parti che si presentano alle conferenze e il loro atteggiamento passato e presente rispetto ai veri problemi dei musulmani – non crede che queste conferenze siano capaci di rispondere alle domande, o restaurare i diritti o rendere giustizia agli oppressi. Queste conferenze non sono nulla di più che un mezzo per imporre il potere dei miscredenti sui territori dei musulmani. E quando mai i miscredenti hanno reso giustizia ai credenti?

"Né i giudei né i nazareni saranno mai soddisfatti di te, finché non seguirai la loro religione. Dì: 'È la Guida di Allah, la vera Guida'. E se acconsentirai ai loro desideri dopo che hai avuto la conoscenza, non troverai né patrono né soccorritore contro Allah" (Corano 2, 120).

Non c'è soluzione per il problema palestinese se non il jihad. Quanto alle iniziative e conferenze internazionali, sono perdite di tempo e giochi da bambini. Il popolo palestinese è troppo nobile per mettere il suo futuro, i suoi diritti, e il suo destino nelle mani della vanità. Come afferma un nobile hadith: "Il popolo della Siria è la frusta di Allah sulla Terra. Con loro si prende la sua rivincita su chi vuole. Ai loro ipocriti è vietato regnare sui loro credenti, e muoiono nell'ansia e nel rimorso" (riferito da al-Tabarani, come rintracciabile attraverso una catena di fonti fino al Profeta, e da Ahmad, la cui catena di trasmissione è incompleta. Ma deve trattarsi di un vero hadith, perché queste storie sono credibili, e Allah è veridico).

[...]

Dobbiamo instillare nelle menti di generazioni di musulmani l'idea che la causa palestinese è una causa religiosa, e deve essere affrontata su queste basi. La Palestina include santuari islamici come la moschea di al-Aqsa, che è collegata alla Santa Moschea della Mecca da un legame che rimarrà inseparabile fino a quando i Cieli e la Terra non passeranno, dal viaggio del Messaggero di Allah – possano le preghiere e la pace di Allah rimanere con Lui – fino alla stessa moschea di al-Aqsa, e alla sua ascensione da essa.

"Proteggere i musulmani dagli infedeli nella causa di Allah per un giorno è migliore del mondo intero e di tutto quanto è alla sua superficie, e un posto in Paradiso così piccolo come quello occupato dalla frusta di uno di voi è migliore del mondo intero e di tutto quanto sta sulla sua superficie; e il viaggio di un mattino o di una sera che il credente compie per la causa di Allah è migliore del mondo intero e di tutto quanto sta alla sua superficie (riferito da al-Bukhari, Muslim, al-Tirmidhi, e ibn Maya).

[...]

L'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) ci è più vicina di ogni altra organizzazione: comprende i nostri padri, fratelli, parenti e amici. Come potrebbe un buon musulmano respingere suo padre, suo fratello, il suo parente o il suo amico? La nostra patria è una, la nostra tragedia è una, il nostro destino è uno, e il nemico è comune.

[...]

Quando l'OLP avrà adottato l'islam come il suo sistema di vita, diventeremo i suoi soldati e la legna per i suoi fuochi che bruceranno i nemici. Fino a quando questo non avvenga – ma preghiamo Allah perché avvenga presto – la posizione del Movimento di Resistenza Islamico rispetto all'OLP è quella di un figlio di fronte al padre, di un fratello di fronte al fratello, di un parente di fronte al parente che soffre per il dolore dell'altro quando una spina gli si è conficcata addosso, che sostiene l'altro nella sua lotta con il nemico e gli augura di essere ben guidato e giusto.

[...]

Il Movimento di Resistenza Islamico è un movimento umanistico. Si occupa dei diritti umani, e si impegna a mantenere la tolleranza islamica nei confronti dei seguaci di altre religioni. È ostile solo a coloro che mostrano ostilità nei riguardi dell'islam, si mettono di traverso al suo cammino per arrestarlo o ostacolano i suoi sforzi.

All'ombra dell'islam, è possibile ai seguaci delle tre religioni – islam, cristianesimo ed ebraismo – coesistere in pace e sicurezza. Anzi, pace e sicurezza sono possibili solo all'ombra dell'islam, e la storia antica e quella recente sono le migliori testimoni di questa verità.

[...]

Il Movimento di Resistenza Islamico accetta l'islam come uno stile di vita. È la sua vita e il suo standard normativo. Chiunque concepisce l'islam come uno stile di vita, qui o in altri paesi, che si tratti di un gruppo, un'organizzazione, uno Stato, ogni altra realtà, troverà all'interno del Movimento di Resistenza Islamico i suoi soldati, nulla di meno.

Chiediamo ad Allah di guidarci, e di guidare altri verso di noi, e di essere giudice fra noi e il nostro popolo con verità.

"O Signore nostro, giudica secondo verità, tra noi e il nostro popolo; Tu sei il Migliore dei giudici" (Corano 7, 89).

La nostra ultima preghiera è che sia lode ad Allah, il Signore dell'universo.





2. STATO PALESTINESE O «NAZIONE ARABA»?




Gli islamisti raccolgono ciò che i nazionalisti hanno seminato

Da un articolo di Barry Rubin*

La netta vittoria degli islamisti di Hamas alle elezioni palestinesi dello scorso 25 gennaio segna il collasso del movimento nazionale palestinese. Prima di
Barry Rubin
parlare di cosa farà Hamas è importante capire cosa è andato storto per il Fatah, l'organizzazione che ha dominato la società palestinese per quasi quarant'anni.
    Le analisi di breve periodo indicano nell'inettitudine e nella corruzione che caratterizzavano la gestione di Fatah dell'Autorità Palestinese le principali cause del crollo del movimento. Ma questa è solo una parte della verità. Il motivo di fondo è che il Fatah si è dimostrato al contempo inutile e irrilevante.
    L'obiettivo di un movimento nazionale è quello di creare uno stato per il proprio popolo, garantendogli una struttura istituzionale per la sua sicurezza, per il suo sviluppo economico e per la sua identità culturale. Ma il Fatah e l'Olp, di cui Fatah era la parte principale, non hanno mai assunto il conseguimento di uno stato palestinese come loro vera priorità. Al contrario, per decenni l'obiettivo è stato quello di conseguire una vittoria totale con la quale Israele venisse cancellato dalla mappa geografica. Qualunque cosa che fosse meno di questo, compreso il conseguimento di uno stato palestinese indipendente ma più piccolo, rappresentava non solo una diversione dall'obiettivo principale, ma un vero e proprio tradimento.
    Nel 2000 Fatah e Olp ebbero la possibilità di realizzare il sogno di uno stato indipendente palestinese, sia con il vertice di Camp David sia con la successiva offerta del presidente Clinton. Benché vi fosse chi voleva arrivare all'accordo, la dirigenza palestinese rifiutò l'idea e scelse di lanciare piuttosto una guerra terroristica di cinque anni che non ottenne nulla e non fece che peggiorare le condizioni materiali dei palestinesi. Dunque, se Fatah è incapace di ottenere alcunché di concreto, perché i palestinesi dovrebbero sostenerlo?
    Inoltre, Fatah e Autorità Palestinese non hanno mai smesso di glorificare la violenza, perpetrare terrorismo e demonizzare Israele. Fatah e Autorità Palestinese hanno continuato a propagandare e rafforzare tutti i punti del programma di Hamas, escluso solo l'islamismo. Alla fine gli islamisti hanno raccolto ciò che i nazionalisti avevano seminato.
    Per anni sarà assai difficile che Fatah e nazionalisti palestinesi riescano a tornare in auge. A parte tutti gli altri loro problemi, il movimento si ritrova oggi senza il potere e i soldi che attiravano molti dei suoi aderenti e che contribuivano a garantire quel certo grado di unità e di prestigio di cui Fatah godeva. Ciò che accaduto il 25 gennaio, pertanto, non è solo un sconfitta elettorale ma l'inizio di una nuova epoca.
    Cosa rappresenta Hamas? Nonostante i disperati tentativi di trovare qualche motivo per credere che diventerà più moderato – citando qualche dichiarazione fatta in inglese ad uso delle pubbliche relazione e ignorando tutto ciò che Hamas continua a dire in arabo alla sua gente – questo non accadrà. La visione del mondo di Hamas è praticamente identica a quella di Osama bin Laden e del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. In effetti, solo la settimana prima delle elezioni palestinesi proprio Ahmadinejad disse ai capi di Hamas, incontrati in Siria, che la loro lotta non è che una parte della più vasta guerra mortale fra il mondo islamico e l'occidente. Il leader più in vista di Hamas, Ismail Haniyeh, dice che la loro missione al governo è quella di "completare la liberazione di altre parti della Palestina" Tutti i palestinesi sanno benissimo che si riferisce alla liquidazione di Israele. E verso gli ebrei, la retorica e le posizioni di Hamas non sono dissimili da quelle del partito nazista.
    Perché Hamas dovrebbe cambiare la sua politica tradizionale – si domandano i suoi capi – se li ha portati a tanto successo e a tanto consenso popolare? Essi sono genuinamente convinti, come Bin Laden e Ahmadinejad, che il rapporto di forze non ha alcuna importanza giacché Iddio li porterà sicuramente alla vittoria. Gli esponenti di Hamas hanno più volte affermato che non importa quanto possa essere lunga la lotta, né quante persone possano soffrire o morire: importa solo la meta.
    Il Fatah, ogni volta che ha dovuto scegliere tra sacrificare la propria ideologia o il benessere del proprio popolo, ha sempre scelto di sacrificare il bene della propria gente. Se i nazionalisti relativamente laici di Fatah hanno generalmente seguito questo schema, rifiutando la moderazione, perché Hamas dovrebbe fare diversamente?
    Agli occhi degli israeliani, i risultati delle elezioni generano sconforto, ma non sono una sorpresa. Dopo una dozzina di anni di "processo di pace" con Fatah, la grande maggioranza degli israeliani, su un po' tutto lo spettro politico, era già giunta alla conclusione che non esiste un valido interlocutore palestinese con cui fare la pace. Il trionfo di Hamas non fa che rafforzare questa percezione. Israele è disposto ad accettare uno stato palestinese, ma i palestinesi non sono disposti ad accettare uno stato di Israele.
    Per l'occidente, la vittoria di Hamas pone una grande sfida. Ripeterà l'errore di coloro che pensarono di assecondare la Germania nazista negli anni '30 e l'Unione Sovietica stalinista negli anni '40? Sovvenzionerà con i suoi aiuti un'organizzazione che nei propri organi ufficiali definisce quotidianamente gli ebrei "figli di maiali e scimmie" e che ha tradotto questa concezione in una lunga serie di stragi terroristiche? La prima reazione del Quartetto (Usa, Ue, Russia, Onu), sponsor della Road Map, è stata quella di chiedere a Hamas di riconoscere Israele. Quando questo non avverrà, cosa faranno?
    La vittoria di Hamas apre una nuova epoca per tutto il Medio Oriente. Qualunque soluzione diplomatica del conflitto israelo-palestinese diventa altamente improbabile per almeno altri vent'anni. Gli estremisti islamisti ne trarranno ulteriori incoraggiamento nei loro sforzi per rovesciare i regimi arabi nazionalisti e attaccare l'occidente. Alla fine, Hamas e i suoi alleati non sconfiggeranno l'occidente e non distruggeranno Israele, perché non hanno capito il mondo in cui viviamo e hanno sottovalutato i loro nemici.
    Ma che ne sarà dei loro avversarsi all'interno del mondo arabo? La sfida posta dalla vittoria degli islamisti sui nazionalisti nella politica palestinese non riguarda solo Israele né solo l'occidente. Riguarda tutti i regimi nazionalisti arabi, nei quali la combinazione di propaganda estremista, negazione della libertà e inettitudine amministrativa eguaglia quella che in ultima analisi ha determinato il suicidio politico di Fatah.
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(*) Direttore Middle East Review of International Affairs

(Jerusalem Post, 29 gennaio 2006 - da israele.net)

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3. DUE FACCE DELLA MEDESIMA MEDAGLIA




Hamas vince? Certo, sono i "degni" eredi di Arafat

di Stefano Magni

I nemici dell'esportazione della democrazia gongoleranno. In Palestina si sono tenute le prime vere libere elezioni dopo la morte di Arafat e a vincerle è stato un gruppo totalitario e terrorista: Hamas. Non si tratta di definizioni ideologiche: Hamas è totalitario nel senso che nel suo programma, islamista, è prevista la pianificazione sistematica della vita spirituale dei cittadini palestinesi. È terrorista perché ha sempre promosso il terrorismo suicida in Israele, con l'intento razzista di uccidere più Ebrei possibili: dopo un po' di tentennamenti diplomatici Hamas è stato inserito nella lista nera delle organizzazioni terroristiche sia dagli Stati Uniti che dall'Unione Europea. Di primo acchito si può pensare che questo non sia affatto un bello spot per le nascenti democrazie arabe: lasciateli votare ed eleggeranno gli islamisti. La democrazia sorge solo dopo un lento processo di maturazione e non può essere trapiantata al di fuori di chi condivide una "cultura della democrazia"? Così dicono... però la vittoria degli estremisti non avviene negli Stati dove le dittature sono state rovesciate negli anni scorsi dalle forze armate americane: in Afghanistan e in Iraq non vincono gli islamisti, anche se parte della popolazione locale rimane simpatizzante di quell'ideologia.
    E così è sempre stato: in Italia gli anglo-americani hanno rovesciato la dittatura fascista ed è sorta una democrazia; in Germania il Reich è stato sconfitto, la popolazione de-nazificata e solo allora è stata ripristinata la democrazia; in Giappone la democrazia è nata per la prima volta in una Nazione non liberale e non occidentale in seguito al trauma di una guerra persa, due bombe atomiche e la fine dell'impero. Lo storico Victor Davis Hanson fa notare come le democrazie nascano quasi sempre in seguito a processi violenti, dopo rivoluzioni o guerre. Sono rari i casi in cui dalla dittatura si passa alla democrazia senza spaccature e traumi: nella Spagna di Franco, nel Cile di Pinochet, a Taiwan e nella Corea del Sud. In tutti questi casi il regime autoritario non era rivoluzionario. La preparazione del passaggio alla democrazia nelle dittature autoritarie di destra è avvenuto con graduali iniezioni di cultura liberale. Per ora, invece, non è mai avvenuto che una dittatuta totalitaria, rivoluzionaria, lasciasse il posto a una democrazia stabile senza essere rovesciata con la forza, da una rivoluzione o da una guerra.
    I totalitarismi si sono sempre dimostrati impermeabili alle riforme, perché sono caratterizzati da una visione del mondo messianica, da obiettivi di lungo termine che vanno raggiunti senza compromessi. Questo era il regime di Arafat: non ammetteva critiche al suo operato, il suo scopo era la conquista di tutto il territorio dal Giordano al Mediterraneo per il popolo palestinese (previa distruzione dello Stato di Israele), indottrinava la sua popolazione fin dalle scuole elementari per renderla un unico, compatto, disciplinato esercito da scagliare contro Israele, educandolo anche all'uso dell'arma estrema del suicidio-omicidio. "Chiedi la morte e vi sarà data la vita" recitava uno slogan trasmesso continuamente alla Tv pubblica palestinese. Il regime di Arafat e la sua ideologia non sono mai stati sconfitti, mai delegittimati, mai messi in discussione, né dai Palestinesi, né dalle diplomazie europee che hanno mediato per la transizione palestinese alla democrazia. È normale che ora vinca Hamas: gli islamisti predicano le stesse idee che si ripetevano nella propaganda del regime arafattiano e le portano coerentemente alle loro estreme conseguenze.

(L'opinione.it, 30 gennaio 2006)





4. NESSUNA SERIA INTENZIONE DI PACE




La separazione unilaterale e la vittoria di Hamas.

Quando l'ex comandante di stato maggiore Moshe Ialon si oppose al piano di Sharon gli dissero che in un paese democratico lo staff politico impone a quello militare cio' che deve fare. Egli rispose dicendo una cosa a cui molti fecero orecchie da mercante: " Si tratta di un piano pessimo che non solo avrebbe ridato forza ai terroristi ma avrebbe aumentato anche il numero dei loro sostenitori". Per terroristi intendeva chiaramente Hamas. La maggioranza degli esperti militari ha sempre sostenuto che il piano di Sharon favoriva Hamas.
    La ragione e' molto semplice. L'uomo della strada palestinese si diceva che mentre Al-fatah non otteneva niente con le sue trattative, Hamas con le sue azioni faceva pressioni su Israele e la costringeva a fare concessioni.
    Questo era cio' che pensava, ma non ne aveva nessuna prova concreta. Cio' la ha ottenuta con il ritiro unilaterale di Sharon da Gaza e dal nord Samaria. Tale ritiro ha dato ragione alla convinzione palestinese che contro Israele si ottiene di piu' con il terrorismo, ed e' cio' che sempre afferma Hamas. In Israele si pensava che ritirandosi da Gaza si sarebbe accorciata la linea difensiva creando un confine piu' lineare e percio' piu' difendibile. Ma cio' si e' dimostrato uno sbaglio: il confine si e' accorciato ma si e' data una base di attacco ai terroristi vicino a centri nevralgici del paese. I favorevoli al piano dissero anche che Israele cedeva territori senza importanza strategica (sic!) e si liberava dalla trappola demografica ed economica e dal governare su circa 2 milioni di arabi.
    Cercarono di convincere che tale piano avrebbe recato soltanto effetti favorevoli per il paese. Han dimenticato, pero', di considerare cio' che pensa il nostro avversario! I palestinesi han visto nella ritirata unilaterale israeliana una vittoria militare di Hamas e l'elezioni lo han dimostrato. Hamas, vedendo come Israele non fosse per niente forte sulle sue posizioni, ha capito di poter partecipare alle elezioni senza deporre le armi ed abbandonare le sue intenzioni di distruzione dell' "entita' sionista". In Israele c'e' gente che, si spera inconsciamente, si considera occupante a casa propria e vuole altri ritiri unilaterali, ritiri che condurrebbero, D.o non voglia, alla sparizione del paese. Tutte le trattative han dimostrato chiaramente che i palestinesi non hanno nessuna seria intenzione di pace nei nostri confronti. Contro un nemico che ci vuole cancellare l'unica cosa da fare e' dimostrarsi i piu' forti, soltanto quando gli arabi qui residenti, e molti di loro soltanto da una o due generazioni, capiranno che combattendoci sono loro a rischiare la distruzione, accetteranno di vivere in pace sotto di noi o di tornare da dove sono venuti loro od i loro genitori.
    Venga presto il giorno in cui "saliranno i liberatori del Monte di Sion a giudicare gli abitanti del Monte di Esau', ed il Signore regnera' su tutta la Terra" (Abdia 1,21).

(A.Par, "Itnatcut venizacon aHamas",appendice di HAMODIAH, 27/1/06;
liberamente tratto e tradotto dall'ebraico da Eleazar Ben Yair).






5. UN CALCIO NEI DENTI




Israele non ha bisogno della benevolenza di Hamas

Da un articolo di Yoel Marcus

Un giorno Yaakov Herzog, intellettuale e diplomatico israeliano che fu anche uno stretto collaboratore di Golda Meir, venne invitato dalla BBC a partecipare a un dibattito. Tema: fino a quando sopravvivrà Israele? Herzog declinò l'invito con una sferzante lettera di risposta in cui diceva che sarebbe stato lieto di partecipare invece a un dibattito sul tema: fino a quando sopravvivrà l'Impero Britannico? L'aneddoto, vecchio di anni, è improvvisamente tornato d'attualità da quando Hamas ha vinto le elezioni nell'Autorità Palestinese.
    Una vittoria che non è quello che avevano in mente americani ed europei quando chiedevano democrazia dall'Autorità Palestinese. Hamas è una banda di islamisti jihadisti sanguinari la cui Carta fondamentale invoca esplicitamente la liquidazione di Israele. Hamas non solo rifiuta di negoziare con Israele in qualunque fase o circostanza, ma rifiuta di riconoscerne la stessa esistenza.
    La sorprendente vittoria elettorale di Hamas è un calcio nei denti per tutti coloro che speravano in un accordo di pace. Ora il presidente Bush e i leader europei dicono che Hamas, se vuole entrare nel governo palestinese, deve riconoscere il diritto di Israele ad esistere. Ora, l'idea stessa che il mondo intero stia pregando in ginocchio che un'organizzazione Corano-centrica come Hamas, i cui obiettivi vengono perseguiti praticando sistematicamente la strage di ebrei, si degni di riconoscere il diritto di Israele ad esistere, è in se stessa insultante. Israele è il solo stato in tutto il mondo che, pur essendo sulla mappa geografica da cinquantotto anni, non ha ancora confini definitivi e riconosciuti. La nascita di Israele fu proclamata nel maggio 1948 in forza del piano di spartizione dell'Onu, proposta rifiutata dagli arabi. Da allora fino ad oggi gli arabi hanno continuato a pagare le disgraziate conseguenze di quella scelta. Dopo meno di un giorno dalla dichiarazione di indipendenza di Israele, le due superpotenze globali lo avevano riconosciuto. Un anno dopo veniva accolto come stato membro delle Nazioni Unite, il 51esimo su un totale, oggi, di 190. Con 170 di questi stati, Israele intrattiene normali rapporti diplomatici.
    Ciò nondimeno Israele è l'unica democrazia al mondo che, fin dal giorno della sua nascita, ha dovuto combattere per difendere la propria sicurezza nazionale e per essere riconosciuta una volta per tutte. È frustrante e irritante vedere dei regimi fanatici e retrogradi proclamare che Israele, una delle democrazie più stabili e progressive al mondo, non avrebbe diritto di esistere. Non è stato il presidente iraniano ad inventare l'idea di rispedire gli ebrei d'Israele in Europa da dove sono venuti. Ahmed Shukeiry, primo segretario generale dell'Olp, diceva molto di peggio nelle sue rabbiose interviste a Radio Cairo prima della guerra dei sei giorni.
    Israele non deve chiedere il permesso di nessuno per esistere. Certamente non quello di certe società primitive e fondamentaliste che gli stanno attorno. Israele è considerato uno dei paesi al mondo più forti, più stabili, più tecnologicamente avanzati, non ultimo per la sua posizione sulla lista delle potenze nucleari. Dunque, chi è esattamente che pensa di distruggerci? Hamas? Hezbollah? La Jihad Islamica? Perché mai Israele dovrebbe trovarsi nelle condizioni di supplicare il riconoscimento da parte degli arabi?
    Sono molti coloro che si levano il cappello davanti a una nazione che ha combattuto per decenni guerre e terrorismo riuscendo nonostante tutto a conseguire incredibili risultati in ogni campo. Quando ha trovato degli interlocutori validi e affidabili, Israele ha saputo fare la "pace dei coraggiosi" anche con i suoi più fieri nemici, sebbene dovesse accettare di fare concessioni estremamente costose. Gli israeliani hanno resistito con ammirevole coraggio di fronte agli attentati suicidi e altri orrendi atti di terrorismo perpetrati da estremisti islamici, sapendo trovare dopo ogni strage la forza psicologica per tornare a condurre una vita normale.
    La vittoria di Hamas è, prima di tutto, un problema per gli stessi palestinesi. Proprio adesso, quando in Israele sta prendendo forma un sistema politico che ha abbastanza peso elettorale per arrivare a un accordo, sarebbe folle per i palestinesi distruggere ancora una volta le loro chance a causa dell'ascesa di una fazione fanatica che non è disposta ad accettare l'esistenza di Israele, e nemmeno a parlargli. Oscillando tra una forma o l'altra di fondamentalismo, i palestinesi da decenni continuano a pagare il prezzo della loro intransigenza, del loro estremismo politico, dei loro tragici errori.
    Noi israeliani continueremo a vivere e svilupparci anche senza il riconoscimento di Hamas. Non abbiamo bisogno della loro benevolenza.

(Ha'aretz, 31 gennaio 2006 - da israele.net)





6. I PALESTINESI SI RILASSANO




La vittoria di Hamas risveglia lo humour palestinese

di Wafa Amr

RAMALLAH, Cisgiordania (Reuters) - Chiamatelo pure senso dell'umorismo con un tocco di fondamentalismo.
L'ultima moda dei palestinesi è inviarsi messaggi dal cellulare dal tono scherzoso sui propri destini dopo che nelle elezioni tenutesi il 25 gennaio, il gruppo di militanti islamici ha battuto quello dei moderati di Al Fatah.
"Hamas ha fermato tutti i kamikaze prima delle elezioni perché avevano bisogno del voto dei bombaroli", recita una battuta molto popolare ultimamente.
Hamas ha rivendicato circa 60 esplosioni suicide in Israele dall'inizio della Seconda Intifada nel 2000. Ma il gruppo ha per la gran parte rispettato il cessate il fuoco dichiarato dal presidente palestinese Mahmoud Abbas in accordo con lo stato di Israele circa un anno fa.
E mentre fonti ufficiali di Hamas hanno garantito di non imporre la legge islamica nei territori occupati di West Bank o nella striscia si Gaza, alcuni palestinesi si divertono a fare battute irriverenti nei confronti del movimento fondamentalista.
"La multa per essere passati con il rosso, sarà una preghiera doppia", dice Saleh Zahran, residente di Ramallah, leggendo un messaggino dal suo cellulare.
Maurice Backlet, un professore di psicologia alla università di Bir Zeit a West Bank, ha detto che questo humour è una forma di espressione per molti palestinesi preoccupati del loro futuro, nonostante il consenso ricevuto alle urne da Hamas.
Molti palestinesi hanno confessato di avere votato Hamas per protestare contro la corruzione di Al Fatah e non per una vera e propria identificazione con il programma del movimento islamico.
"Le persone sono preoccupate per quello che Hamas farà e i palestinesi stanno esternando indirettamente le loro paure con barzellette e l'ironia", ha detto Backlet.
Una membro di Al Fatah, sotto il nome di Munira, ha detto: "Ho votato per Hamas perchè volevo dare una scossa a Al Fatah. Hanno esagerato con la corruzione e confusione.
Hamas ha vinto in territori come Ramallah, la città più occidentalizzata di tutta la Palestina, dove le ragazze si vestono in tailleur e si salutano dicendo "ciao" invece che il tradizionale "la pace sia con te".
E come recita un'altra battuta: "Prendi subito il tuo velo di Hamas adesso in vendita nei discount perchè prima o poi ne avrai bisogno".

(Reuters, 1 febbraio 2006)

COMMENTO - Si sente dire nei media: "Non si può credere che tutti i palestinesi siano terroristi". Ma si può credere che al tempo di Hitler sessanta milioni di tedeschi fossero assassini? E' chiaro, non erano tutti assassini, ma la maggior parte di loro ha considerato l'antisemitismo dei nazisti soltanto come una antiestetica escrescenza. L'odio contro gli ebrei poteva essere più o meno condiviso, ma in ogni caso non era un fatto di grande importanza. Per Hitler e per i suoi adepti invece era essenziale. E alla fine si è visto. E' certo che non tutti i palestinesi sono terroristi, ma è chiaro che per la maggioranza di loro il programma di annientamento dello Stato d'Israele non è un problema. Le elezioni democratiche lo hanno ampiamento dimostrato. Hamas ha ottenuto la maggioranza assoluta dei voti con il 56%, cosa che neppure ai nazisti riuscì subito dopo la loro ascesa al potere. Nella prima elezione "democratica" organizzata in Germania dal governo di Hitler, il 5 marzo 1933, lo NSDAP (partito nazionalsocialista) non riuscì a superare il 43,9%. Poco, rispetto al previsto, ma sufficiente a permettere di arrivare fin dove si è arrivato. M.C.





MUSICA E IMMAGINI




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INDIRIZZI INTERNET




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