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Notizie su Israele 362 - 2 ottobre 2006

1. Cose che accadono solo nell'esercito israeliano
2. Il più classico modello di dietrologia
3. Uno strano fenomeno
4. Israeliani ansiosi
5. Importanza degli insegnamenti della Torah
6. Sepolti vivi
7. Ebrei dispersi tornano in Israele
8. Musica e immagini
9. Indirizzi internet
Salmi 125:1-2. Quelli che confidano nel Signore sono come il monte di Sion, che non può vacillare, ma sta saldo in eterno. Gerusalemme è circondata dai monti; e così il Signore circonda il suo popolo, ora e per sempre.
1. COSE CHE ACCADONO SOLO NELL’ESERCITO ISRAELIANO




Ha dato la vita per i suoi compagni

La storia di un eroe che ha dato la sua vita per amore degli altri.

Ro’i Klein
Il protagonista di questa storia si chiama Ro’i Klein, comandante aggiunto dell’unità 51 della brigata «Golani». Abitava a Eli, colonia situata in Samaria. Ro’i, 31 anni, sapeva suonare bene il sassofono e nella sua vita i libri e la letteratura occupavano un posto importante.
    Si è sempre sentito in dovere di servire il proprio Paese, la sua gente, lo Stato di Israele.
    Spesso ha dichiarato di sentire come un privilegio il fatto di poter servire l’esercito. Ha dato la sua vita per proteggere il suo popolo nel corso dei combattimenti contro la milizia di Hezbollah nel villaggio libanese di Bent Jbail.
    Qui il combattimento fu decisamente sanguinario. Probabilmente è stato il combattimento più duro sostenuto da soldati israeliani nel corso di questa guerra. Nell’arco di dieci minuti in una sola giornata otto soldati israeliani sono stati uccisi in questo villaggio. 27 altri sono stati gravemente feriti. Molti di loro sono stati raggiunti quando sotto il fuoco di Hezbollah hanno cercato di portare soccorso ai propri compagni feriti.
    Erano le 5 del mattino quando la brigata «Golani» penetrò nel villaggio noto per essere uno dei bastioni della milizia di Hezbollah in questa regione. I soldati sapevano che avrebbero dovuto affrontare una guerriglia e si aspettavano di incontrare i combattenti di Hezbollah.
    Ignoravano tuttavia che questi gli avevano teso una vera e propria imboscata.
    Ad un tratto, numerosi soldati nemici apparirono improvvisamente davanti ai soldati israeliani nascosti in una strettoia. I terroristi aprirono immediatamente il fuoco.
    Nel frattempo giunsero altri terroristi che lanciarono delle granate, e nel giro di pochi minuti molti soldati sono morti o sono stati feriti gravemente. I lanci intanto continuavano. Nel frattempo alcuni soldati israeliani che giungevano da un’altra direzione capirono quello che stava accadendo e tentarono di aiutare i propri compagni.
    Purtroppo però il loro aiuto non servì a salvare delle vite umane. Troppo tardi.
    Ro’i Klein arrivò con i suoi uomini. Hanno cercato di evitare i terroristi per raggiungere e liberare i propri amici feriti. Non dimentichiamo che qualunque azione si svolgeva sempre sotto i lanci delle bombe e delle granate.
    Nel momento in cui credevano di aver allontanato o evitato i terroristi in una certa zona, eccoli giungere o ecco arrivare una granata improvvisa.
    A quel punto essi si trovano bloccati in un vicolo o in una zona da cui è impossibile fuggire. Ro’i non ci pensa due volte. Si lancia sulle granate per impedire che esse colpiscano i suoi amici, e li difende con coraggio facendo tutto quel che gli è possibile.
    Ro’i Klein subisce inevitabilmente delle profonde ferite, ma resta in vita, per alcuni istanti. E’ a quel punto che dice la preghiera «Shema Israël» (vedi Deuteronomio 6:4-5).
    Ultimi secondi di vita: lo sguardo dei suoi camerati ancora vivi.
    Questa storia è diventata in breve nota a tutti i soldati ed è giunta anche alle orecchie dei comandanti.
    L’atto eroico di questo soldato è stato riportato alle autorità del Paese, e il Primo Ministro Ehud Olmert ha citato pubblicamente l’eroismo di questo soldato nel corso di un discorso al Knesset. Visibilmente emozionato, ha parlato dell’evolversi della guerra e dell’eroismo di Ro’i.
    Ha espresso le condoglianze personali e quelle del popolo alla vedova sua moglie e ai suoi due bambini, Gilead di tre anni e Yoav di quasi un anno. Ha dichiarato che ogni cittadino Israeliano dovrebbe essere fiero di essere difeso da uomini del calibro di Ro’i Klein. ZL

(Da “Notizie da Israele”, periodico evangelico)





2. IL PIU’ CLASSICO MODELLO DI DIETROLOGIA




Le teorie cospirazioniste

Chi ha guadagnato dagli attacchi dell'11/9? Chi ha beneficiato del crollo di Wall Street nel 1929? Chi è responsabile delle epidemie di Aids? Se si crede ad alcune delle teorie cospirazioniste, un solo gruppo può essere accusato di tutto ciò: gli ebrei.
    Le teorie complottistiche sono state sviluppate, nella storia, da individui, comunità religiose e entità politiche per spiegare gli eventi negativi, trovare un capro espiatorio o assecondare paure e fantasie paranoiche.
    Secondo queste teorie il mondo è diviso in due campi: il manipolatore e i manipolati, coloro che sanno (una minoranza segreta) e coloro che non sanno (la grande maggioranza).
    Esse hanno un modo rassicurante per spiegare gli eventi mondiali in modo semplice; sono una comoda sintesi per giustificare la complessità delle società.
    Per molte persone che hanno sofferto tanto - a causa di perdite finanziarie, gravi malattie, disastri naturali - è difficile non riuscire a comprendere le origini di questi mali e quindi anche le spiegazioni più terribili sono preferite all'incertezza e al mistero.
    Le teorie cospirazioniste sono pericolose perché la loro semplicità resiste a tutti i tentativi di smontarle. Peggio, coloro che osano mettere in discussione la loro serietà sono accusati di essere agenti dei complottisti. I cospirazionisti si assumono l'eroico dovere di infiltrare il "nemico" per interpretare le tracce esoteriche, per svelare i complotti e denunciarne gli schemi.

Una vecchia storia

Accusare gli Ebrei di essere i maggiori complottisti non è cosa nuova. Fin dai primi anni del Cristianesimo, gli Ebrei venivano associati alle trame per controllare il mondo ed instaurare una tirannia ebraica. Nel Medio Evo ogni qualvolta un bambino cristiano scompariva o veniva trovato morto, gli Ebrei ne erano i responsabili. Venivano accusati di usare il sangue per impastare le loro Matzot (pane azzimo che si mangia durante la Festività della Pasqua n.d.FdG).
    Le teorie cospirazioniste moderne sono cominciate nel XIX secolo con la pubblicazione della novella "Biarritz" del tedesco Hermann Goedsche nel 1868 in cui si racconta che il diavolo apparve ad un misterioso rabbino cabalista (che studia la Kabalà, opera esoterica che interpreta i testi biblici) per pianificare una "cospirazione ebraica".
    Nel capitolo chiamato "Nel cimitero ebraico di Praga", Goedsche descrive un incontro notturno dei "rappresentanti delle dodici tribù di Israele" per discutere la presa di potere nel mondo. Biarritz fu un successo commerciale e probabilmente inspirò l'autore dei "Protocolli dei Savi di Sion" qualche anno dopo. Libercolo, questo,  che non ha mai smesso di essere pubblicato. Nel 2003 alla televisione egiziana mandarono in onda una soap opera basata su di esso dal titolo "Il cavaliere senza cavallo", in cui si raccontava degli incontri segreti degli anziani ebrei che uccidevano bambini cristiani per spillare il loro sangue in occasione della Pasqua.
    Ma anche in altre zone del Medio Oriente sono di moda storie simili: nel 1997 Nabil Ramlawi, il rappresentante palestinese all'Onu accusò Israele di ordire un complotto per uccidere i bambini palestinesi "Le autorità israeliane hanno iniettato a 300 bambini palestinesi il virus dell'HIV (Aids) durante gli anni dell'Intifada". Gli israeliani sono stati anche accusati di aver diffuso il morbo della mucca pazza attraverso la cioccolata al latte britannica, uccidendo i bambini arabi per poter prendere i loro organi per utilizzarli nei trapianti. Sono stati perfino accusati di aver operato dei bambini per poter loro rimuovere e rubare gli occhi.
    Di molti dei problemi associati ad altre tragedie recenti si è data la responsabilità agli ebrei. Ali Abdullah, un insegnante di una scuola religiosa nel Bahrain ha accusato gli israeliani di aver pianificato l'attacco terroristico nella scuola Cecena a Beslan.
    "Non ho dubbi che questo lavoro sia stato fatto dagli israeliani che vogliono danneggiare l'immagine dei musulmani e che collaborano con i russi nella lotta contro i Musulmani ceceni".
    Il 20 gennaio 2005 in un'intervista televisiva il Professore yemenita Ahmad Muhammad Al'Ajal affermò: "Per quanto riguarda i rapimenti di bambini avvenuti nei posti colpiti dal terremoto e dallo Tsunami nel sud est asiatico questa pratica è un'abitudine delle organizzazioni mondiali sioniste e questo è ciò che fanno. Ma in segreto. Commettono un crimine e poi rimproverano la nazione araba e islamica... Molti studi hanno provato che una larga percentuale del mercato della schiavitù appartiene alle forze globali del Sionismo, i cui tentacoli diffondono il male in tutto il mondo."

I cospirazionisti americani

La tv degli Hezbollah, Al-Manar, l'Agenzia di stampa nazionale iraniana e il quotidiano egiziano Al-Ahram, però,  non sono i soli fornitori delle teorie cospirazioniste. Sorprendentemente anche l'America è stata un terreno fertile per questo tipo di affermazioni.
    Nel 1991, il televangelista Pat Robertson pubblicò il  "The New World Order" (Il nuovo ordine mondiale),  influenzato da numerose teorie cospirazioniste,  comprendenti anche il libro antisemita di Nesta Webster (1876-1960). Robertson traccia la genealogia della cospirazione nel mondo fino alla piccola loggia, Freemason, fondata nel 1778 in Baviera dal tedesco Adam Weishaupt e chiamata Illuminati. Secondo questa supposizione, l'Illuminati fu successivamente infiltrata da banchieri ebrei che se ne impadronirono, come scrive Robertson: "Quello stesso anno, 1782, il quartier generale dell'Illuminata Freemasonry si spostò a Francoforte, un centro controllato dalla famiglia Rotschild. Si dice che in questa città gli ebrei vennero ammessi per la prima volta alla Freemason. Se veramente i membri della famiglia Rotschild o altre persone a loro vicine, furono corrotti dall'occultismo dell'Illuminata Freemasonry di Weishaupt, possiamo scoprire il legame tra l'occulto e il mondo della finanza. Basta ricordare che Lord Rotschild era membro e finanziatore del circolo English Round Tables di Cecil Rhodes e che Paul Warburg, architetto del Sistema della Federal Reserve era un agente dei Rotschild."
    L'immagine dei teorici americani della cospirazione non sarebbe completa senza Lyndon LaRouche, un perenne candidato alla Presidenza degli Stati Uniti. Il 5 Settembre del 1978 egli sostenne in un editoriale su New Solidarity che "esiste un intero apparato sionista negli USA che è una minaccia alla sicurezza nazionale" con "legami sovversivi e illegali" a vari elementi in un complotto internazionale comprendente i servizi segreti israeliani e britannici. Secondo questo editoriale, è possibile un solo contrattacco a questo supposto nemico: "La piovra sionista dev'essere eliminata. I leaders della Lobby ebraica devono essere indagati e le varie organizzazioni smantellate oppure registrate come agenti stranieri".

L'11 settembre

Gli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001 hanno generato una lunga serie di teorie di questo tipo secondo le quali gli agenti israeliani sono responsabili di questa tragedia, per poter confermare il piano ebraico per governare il mondo. Altri cospirazionisti hanno affermato che i 4000 israeliani che si riteneva lavorassero nel World Trade Center rimasero a casa quel giorno perché il Mossad li avvisò della distruzione delle Torri Gemelle.
    Un professore egiziano, Dott. Gamal Ali Zahran, capo del dipartimento di scienze politiche all'università Suez Canal, scrisse poco dopo l'11 settembre nel quotidiano Al Ahram che gli ebrei, azionisti delle compagnie aeree e assicurative vendettero le loro azioni dieci giorni prima degli attacchi e le ricomprarono dopo ad un prezzo più basso, per ottenere enormi profitti.
    Infine il fatto che un uomo d'affari ebreo si dicesse fosse il proprietario del World Trade Center, fu un elemento aggiuntivo alla teoria del complotto, poiché ottenne milioni di dollari dalla compagnia assicurativa dopo la distruzione. Qui la fandonia antisemita della cospirazione ebraica incontra lo stereotipo antisemita dell'avidità degli ebrei.
    I cospirazionisti in genere trovano sostegno dalla cultura popolare che usa abitualmente i complotti, i codici e i piani segreti. I libri come "Angeli e Demoni" di Dan Brown, i film come "Independence Day", e video games come Lara Croft Tomb Raider sono costruiti sulle tradizionali teorie cospirazioniste alle quali  si aggiunge un network sotterraneo, segreti piani rivoluzionari e altri elementi esoterici.
    I cospirazionisti non mostrano nessun segno di cedimento. Negli ambienti estremisti, l'odio per gli Ebrei rimane un potere unificante tra gruppi altrimenti opposti, dai sostenitori della supremazia bianca ai fondamentalisti Musulmani e Cristiani, passando per i militanti no global e gli estremisti di destra.
    
(Fuori dal Ghetto, 27 settembre 2006)





3. UNO STRANO FENOMENO




L’ebreo che odia sé stesso

di Federico Steinhaus

L’ebreo che odia sé stesso è una figura classica della complessa psiche ebraica; nei due millenni di diaspora che gli ebrei hanno trascorsi in condizioni di estrema debolezza, immersi in un ambiente ostile, in perenne lotta per la sopravvivenza fisica, questo personaggio-chiave di una patologia dell’ insicurezza ha avuto modo di evolversi per adattarsi al mondo circostante.
E’ singolare, tuttavia, che questa figura così fortemente simbolica sia riuscita a sopravvivere fino ad oggi, in considerazione del fatto che gli ultimi due secoli sono stati, per gli ebrei occidentali, un’epoca di graduale parificazione, nei quali l’ emarginazione sociale è diminuita drasticamente ed il benessere economico e culturale sono divenuti uno standard di vita condiviso.
La spiegazione del prolungarsi di questo fenomeno anche nel nostro attuale contesto sociale è forse più semplice e visibile di quanto non si pensi, ed è speculare all’analisi che si occupa dell’antisemitismo.

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La nascita dello stato d’Israele, le sue drammatiche vicende tra il 1948 ed oggi, la diffusione dell’islam radicale e della sua ideologia/teologia della violenza ed in parte la scomparsa dell’ impero sovietico hanno modificato profondamente la natura ed il modus operandi dell’antisemitismo tradizionale. La Shoah inoltre determina uno spartiacque che di fatto svuota l’antisemitismo ottocentesco basato sul concetto di razza ed i cambiamenti intervenuti nella seconda metà del Novecento nella Chiesa cattolica hanno cancellato l’antico antigiudaismo basato sul concetto di deicidio.Pertanto, negli ultimi 50 anni l’odio nei confronti degli ebrei è stato gradualmente sostituito dall’odio verso Israele, che è diventato il simbolo sostitutivo dell’oggetto di questo odio, esattamente come il termine sionista ha sostituito quello di ebreo nel codice linguistico degli antisemiti.
Queste mutazioni hanno influenzato anche la figura dell’ebreo che odia sé stesso. Oggi è di moda l’ebreo che proclama il suo odio verso il sionismo e verso Israele. Sono pochi, ma fanno molto rumore perché vengono immediatamente collocati su un piedistallo mediatico che fornisce loro una visibilità globale (e non pochi guadagni). Cosa c’era di più allettante per gli antisemiti di un tempo dell’ebreo che parla male del popolo ebraico? E cosa ci potrebbe essere di più invitante oggi di un ebreo che odia Israele ed il sionismo? “Ecco, persino lui che è ebreo la pensa come noi!” è l’abituale introduzione o conclusione, implicita od esplicita, di ogni citazione che sfrutti questo fenomeno per i propri fini.
Emanuele Ottolenghi, noto saggista e politologo, già docente ad Oxford ed ora direttore esecutivo del Transatlantic Institute di Bruxelles, ha scritto un articolo sull’ argomento per la National Review Online (20.9.2006) in cui analizza questa tipologia di ebreo partendo da alcuni fatti recenti e da un libro, “The Jewish Divide over Israel: Accusers and Defenders” (Paul Bogdanor e Edward Alexander), che approfondisce il distorsivo rapporto che esiste fra alcuni

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intellettuali ebrei (e non) e le loro opinioni su Israele.

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Come si spiega che un saggio di Chomsky balzi dal posto 15.000 nella lista dei bestsellers al posto numero uno dopo che il dittatore sudamericano Chavez, feroce antisemita pardon antisionista ed anti-israeliano, lo mostra e cita dalla tribuna delle Nazioni Unite?
E come si spiega che giornalisti professionalmente non eccelsi come Robert Fisk diventino delle star internazionali? E che le lamentazioni su un presunto boicottaggio della loro opera intellettuale da parte della lobby sionista fatte da John Mearsheimer e Stephen Walt induca il settimanale Independent di Londra a dedicare la copertina ad una bandiera americana in cui, in perfetto stile dello specialista nazista Goebbels, le stelle statunitensi sono sostituite dalla ebraica stella di Davide?
Eppure, commenta Ottolenghi, se questa lobby ebraico-sionista esistesse veramente e fosse potente come urlano certi personaggi, come si spiegherebbe che nessuno di costoro sia stato licenziato, o gli sia stato negato il visto d’ingresso negli Stati Uniti o in Israele, o sia stato incarcerato per aver scritto quanto hanno scritto?
E’ singolare, anche, che gli ebrei che si distinguono in questa opera di pubblica denigrazione si definiscano spesso i veri custodi ed interpreti della tradizione ebraica, ed accusino Israele di aver cancellato l’anima pura dell’ebraismo. Essi si presentano come i soli autentici successori dei profeti biblici che fecero grande la religione ebraica, che invece secondo loro Israele avrebbe tradita rinnegando il loro antico insegnamento. Peccato, commenta Ottolenghi, che questi denigratori sistematici di Israele parlino a nome di profeti di cui non hanno mai letto gli scritti, che sono talmente densi di incitamenti alla violenza contro il nemico da non poter essere fraintesi come paladini del pacifismo, e che siano spesso persone lontane dalla fede, laiche se non addirittura agnostiche.

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I soli ebrei che gli antisemiti sono disposti a tollerare sono quelli che hanno abbandonato la loro religione e rinnegano l’identificazione con le radici ebraiche. Nella scia delle conversioni forzate e dell’obbligo all’assimilazione agli ebrei è sempre stato negato dagli antisemiti il diritto a definire da soli la propria identità culturale religiosa e storica: se volevano sopravvivere, essi dovevano essere come il mondo esterno voleva che fossero.
Questo è quanto avviene oggi in relazione all’identità nazionale degli ebrei come popolo, unica eccezione in un mondo che si autoproclama multiculturale e multi-identitario, ma che per quanto riguarda gli ebrei si irrigidisce su schemi antichi. I numerosi esempi citati nel libro che Ottolenghi commenta ne forniscono una evidente dimostrazione.
Possiamo trarre una conclusione, per quanto provvisoria e frammentaria, da questa breve analisi?
Forse, con cautela e con le necessarie riserve culturali, possiamo affermare che la legittimità di ogni forma di critica che si rivolga contro le decisioni dei governi d’Israele non deve essere soffocata da questo genere di considerazioni.
L’odio antiebraico è altra cosa: la sua visceralità ed irrazionalità si nutrono di schemi “eterni” (l’ebreo avido, il complotto giudaico, l’ebreo senza patria e così via) mentre la critica si basa su considerazioni razionali legate a valutazioni contingenti. Chiunque critichi si colloca nei confini della legittimità delle proprie opinioni, ma a chiunque esprima odio non deve essere riconosciuto un diritto di cittadinanza nel consesso delle persone civili, raziocinanti, rispettose delle diversità.

(Informazione Corretta, 27 settembre 2006)





4. ISRAELIANI ANSIOSI




Più della metà degli israeliani teme per l'esistenza stessa dello stato ebraico

TEL AVIV - Nella giornata del digiuno del Kippur, in cui gli ebrei sono soliti fare un bilancio della loro esistenza, la maggior parte degli israeliani temono che la esistenza stessa dello stato di Israele sia in pericolo. Due terzi ritengono comunque che malgrado tutto, Israele sia ancora il posto migliore per loro al mondo. Lo ha rilevato un sondaggio di opinione condotto dal quotidiano Maariv.
In risposta alla domanda: «Temi forse per la esistenza stessa dello stato di Israele?», il 54 % hanno risposto affermativamente, e il 45 % negativamente.
«In quale Paese preferiresti vivere ?», è stato chiesto ancora. Israele è al primo posto, con il 63 % dei voti; seguono gli Usa (9), Australia-Nuova Zelanda (6), Svizzera (5) e Canada (3).
Due israeliani su tre temono che Israele possa essere colto di sorpresa da un attacco militare così come avvenne nel giorno del Kippur del 1973, da parte di Egitto e Siria. Ma adesso il paese più temuto è l’Iran: il 54 % lo indicano come il ’Nemico n.1’, seguito dai palestinesi (8), Hezbollah (7) e Siria (7).
Sulla scia di questo senso di ansietà - seguito al conflitto con gli Hezbollah e alla sensazione che presto il Libano tornerà a rappresentare una minaccia immediata per la Galilea - il quotidiano Yediot Ahronot pubblica oggi una lunga inchiesta sulla capacità di Tel Aviv di assorbire, o meno, un attacco di razzi Shihab iraniani. Questo scenario, spiega il giornale, potrebbe diventare reale già nei prossimi mesi se il presidente George Bush decidesse di attaccare l’Iran per bloccare i suoi progetti nucleari.

(La Gazzetta del Mezzogiorno, 1 ottobre 2006)





5. IMPORTANZA DEGLI INSEGNAMENTI DELLA TORAH




Come si respinge la minaccia iraniana?

Ho un amico che nacque arabo musulmano. Come ogni musulmano che si rispetti fu educato sul Corano. Dalle parole di Maometto nella "Sura sui figli d'Israele" capi' che D.o si fece conoscere al mondo attraverso Abramo, Isacco e Giacobbe; che il popolo ebraico e' quello prescelto e che in futuro il Signore portera' la benedizione al Mondo attraverso il popolo ebraico. Per questo aiuto' il popolo d'Israele quando era in Libano e per cio' rischio' quasi di perdere la vita, ma alla fine e' riuscito a salire in Israele e a farsi ebreo. Subito dopo la guerra in Libano mi ha raccontato che durante le ostilita' e' apparso alla televisione degli hezbollah "Al manar" uno dei maggiori esponenti religiosi iraniani, un mufti i cui decreti obbligano i fedeli.
    Costui disse chiaramente: «Attenti a non maledire Israele, a non dire che sono codardi, a non infangare il nome d'Israele. E perche'? Perche' chi maledice Israele e' come se maledicesse D.o. Nel nome d'Israele c'e' il nome di D.o. "Israele" e' "Giacobbe" colui al quale il Signore si rivelo' nel sogno della scala, colui che e' il figlio di Isacco che fu legato sull'altare e nipote di "El halil" - Abramo - amico di D.o. Costoro sono sepolti nella grotta di Macpela' a Hebron, dove noi preghiamo e consideriamo il posto uno dei piu' sacri. Quando voi maledite il nemico al di la' del confine usate le parole infedeli, traditori, coloro che hanno abbandonato la retta via. Ma fate attenzione a non dire il nome santo "Israele" perche' chi maledice Israele maledice se' stesso perche' il Signore disse ad Abramo: "Chi ti benedice sara' benedetto e chi ti maledice sara' maledetto".»
    Queste parole furono pronunciate come decisione che obbliga.
    Da quel giorno su Al Manar dicono "paiina" (nemici) e non "Israele". Hanno capito che e' vietato profanare il nome d'Israele, ma bisogna dire "quelli che non vivono secondo Israele". Ma costui non ha detto niente di nuovo. Anche la Torah dice che se rispetteremo' la volonta' del Signore "ci temeranno e ci rispetteranno i popoli della terra". Ma noi dobbiamo sentire cio' che c'insegna la Torah da colui che Ahmadinejad rispetta. Forse veramente la risoluzione per neutralizzare la minaccia iraniana e' fare teshuvah (ritorno a D.o). E' meglio sforzarsi a fare teshuvah invece che sforzarsi a chiedere l'aiuto di Bush, Anan e degli europei.
    Bisogna ricordarsi che i musulmani credono nella Bibbia. Essi chiamano se' stessi i credenti. A differenza dei cristiani essi non pretendono di sostituirsi a noi ed essere il "vero Israele". Essi sanno che alla fine saremo noi a portare Pace e Giustizia e ad essere i Profeti del Signore. Essi sanno che possono colpirci ed urlare "Allah akbar" solo quando non seguiamo le vie del Signore.
Ma se noi facciamo la volonta' del Signore non hanno il permesso di colpirci secondo la loro stessa religione. La Torah c'insegna che senza di essa non c'e' Vita mentre con essa c'e' Pace e Giustizia per l'Umanita'.
Un soldato israeliano racconto' che una volta catturarono un comandante di hamas e costui disse loro: "Vedendovi capisco che vinceremo la guerra!"
I soldati lo guardarono stupiti ed allora aggiunse: "State mangiando del pane lievitato e adesso e' Pesach (Pasqua ebraica) e dovreste mangiare pane azzimo. State profanando la Terra Santa ed Essa vi rigettera'!"
    Talvolta bisogna ascoltare il nemico per capire l'importanza degli insegnamenti della Torah!
    Che incominci un anno di Pace e Prosperita' per l'Umanita'.
 
(Harav Shmuel Eliahu, Rav di Safed, "Ec mitgavrim al Haium Hairani?", Mayanei Hayeshuah n. 266, 23/9/06, p. 6; liberamente tratto e tradotto dall'ebraico da Eleazar Ben Yair).





6. SEPOLTI VIVI




L'ultimo ebreo nato nella Vienna nazista

Zirkusgaße (vicolo del circo) si trova nella Leopolstadt, il secondo distretto di Vienna, quello che di solito i turisti non visitano, benché immediatamente adiacente al centro storico. Ma è anche un distretto facilmente identificabile, perché coincide con l'"isola" formata dal Danubio e dal Donaukanal. Accanto al civico 37 di Zirkusgaße si trovava una sinagoga. Una delle tante, perché il secondo distretto, ovvero la Leopoldstadt, era la zona di Vienna abitata dagli ebrei, da quando nel 17. secolo, l'imperatore aveva riservato ad essi alcuni caseggiati.
    Abbiamo citato il numero 37 della Zirkusgaße non a caso: perché i 46 inquilini di quell'edificio, tutti ebrei, furono rastrellati dai nazisti tra il febbraio 1941 e l'ottobre 1942 e deportati nei campi di concentramento. Non ne sopravvisse nessuno. E tuttavia, nel settembre 1944, nella cantina di quella casa ormai svuotata dei suoi legittimi abitanti e rioccupata da viennesi "ariani", venne alla luce un bambino ebreo, l'ultimo bambino ebreo nato nella Vienna nazista. Si chiama Fritz Rubin-Bittmann. La sua è una delle migliaia di storie tragiche e stupende che il progetto "Una lettera alle stelle" ha portato alla luce.
    I suoi genitori, Sidonie e Josef Rubin-Bittmann, erano "U-Boote", ebrei cioè che avevano tentato di sottrarsi alla deportazione seppellendosi in una cantina o in una soffitta come Anna Frank, sperando di non essere denunciati da qualche zelante delatore. Erano cioè ebrei "sommersi", come i sommergibili in fondo al mare (U-Boote significa appunto sommergibile). Avevano trovato rifugio in Ferdinandstrasse 6, non lontano dalla Zirkusgaße, un una stanza senza finestre. Quando nella primavera 1944 Sidonie rimase incinta, il padrone di casa non ne volle più sapere della coppia: considerava troppo rischioso un parto in casa sua.
    I coniugi Rubin-Bittmann dovettero così lasciare il loro ripostiglio e, su consiglio di un amico, trovarono rifugio nella cantina della Zirkusgaße 37. Qui, il 5 settembre 1944, venne alla luce Fritz, l'ultimo ebreo nato a Vienna sotto i nazisti. Naturalmente non fu possibile per la coppia tenere il bambino. L'affidarono alla famiglia del capocondominio, che già aveva un neonato, i cui vagiti si sovrapponevano a quelli di Fritz, evitando di suscitare sospetti.
    Sidonie e Josef sono deceduti una trentina di anni fa. Fritz è diventato medico e ha un ambulatorio assieme al fratello nato dopo la guerra.

(Il Gazzettino On Line, 25 settembre 2006)





7. EBREI DISPERSI TORNANO IN ISRAELE




TEL AVIV – Un gruppo di 218 persone provenienti da una zona montuosa del nord-est dell'India è pronto per essere accolto in Israele. Si tratta dei presunti discendenti della tribù Bnei Menashe [Manasse], una delle dieci disperse dopo l'esodo dalla Terra promessa di cui parla la Bibbia. La notizia è stata confermata ieri da fonti governative israeliane.
    Per Michael Freund, fondatore della Shavei Israel [associazione che aiuta gli "ebrei dispersi" a tornare in Israele ndr] si tratta di "un punto di svolta. È un evento storico, perché i membri della tribù dispersa potranno tornare a casa dopo 27 secoli".
    I membri della tribù si sono già convertiti all'ebraismo in maniera formale in India, nonostante le proteste – anche a livello diplomatico – di New Delhi. I rabbini inviati negli Stati indiani del Mizoran e Manipur dal capo rabbino sefardita di Israele, Shlomo Amar, hanno seguito la conversione dei tribali e li hanno dichiarati "discendenti di ebrei".
    La tribù conta circa 7mila membri: di questi, già mille vivono fra la Striscia di Gaza e gli insediamenti in Cisgiordania. Per gli avvocati che hanno perorato la loro causa presso i governi israeliano ed indiano, il punto d'arrivo dei dispersi "non nasce da una decisione politica, ma pratica". Sono i coloni di quelle zone, infatti, gli unici che hanno stanziato dei fondi per "far tornare i loro fratelli in patria".
    Il Mizoram è uno Stato a prevalenza cristiana, mentre la maggior parte della popolazione del Manipur è indù. All'inizio del 20° secolo, i membri della tribù si erano convertiti al cristianesimo.
    Zaitthangchungi, un ricercatore locale e autore del libro "L'identità dei mizo (abitanti del Mizoram) di Israele", ha dichiarato che "la maggioranza della popolazione non conosce la lingua ebraica, anche se sono molti che ora hanno cominciato a studiarla". "I riti che officiano – continua – sono invece del tutto analoghi a quelli praticati in Israele".

(AsiaNews, 30 settembre 2006)





MUSICA E IMMAGINI




Sunrise, Sunset




INDIRIZZI INTERNET




Ghetto Ebraico di Venezia

The Friends of Israel Gospel Ministry




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