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Notizie agosto 2010

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Agguato in Cisgiordania. Uccisi quattro coloni israeliani

Un uomo armato ha aperto il fuoco contro un'auto dove viaggiavano due uomini e due donne, di cui una incinta. L'attacco arriva a due giorni dalla riapertura dei negoziati diretti israelo-palestinesi

L'auto sulla quale viaggiavano le vittime
TEL AVIV - Quattro israeliani - fra cui una donna incinta - sono rimasti uccisi in un agguato presso Hebron in Cisgiordania. Si tratta del più grave attentato terroristico degli ultimi due anni. Concepito per lanciare un preciso messaggio in vista dell'imminente ripresa di negoziati di pace israelo-palestinesi a Washington. In serata, la rivendicazione da parte del braccio armato di Hamas, le Brigate Ezzedin al-Qassam. Mentre il commando assaliva a colpi di mitragliatrice un'automobile israeliana in transito presso il villaggio di Bani Naim (Hebron), il presidente dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen era impegnato a Washington in un colloquio con il segretario di Stato Hillary Clinton e il premier israeliano Benyamin Netanyahu era in volo verso gli Usa, fra gli ultimi preparativi in vista delle trattative. "Non sarà il terrorismo a decidere le frontiere di Israele", ha commentato, appresa la notizia. "Gli attentatori pagheranno un duro prezzo", ha detto il ministro della Difesa, Ehud Barak.
LA DINAMICA DELL'AGGUATO. - E' stata feroce, secondo quanto racconta la squadra medica giunta per prima sul luogo dell'incidente. Dopo aver bloccato l'autombile israeliana con una prima sventagliata di colpi, gli attentatori hanno estratto i passeggeri - due giovani uomini e due donne - e li hanno uccisi sparando a bruciapelo. Sul terreno sono stati trovate decine di bossoli. I soccorritori non hanno potuto che confermare la morte dei coloni sul posto.
LA RIVENDICAZIONE. - Pochi minuti dopo la diffusione delle prime notizie sull'attentato un anonimo portavoce della Brigate dei martiri di al-Aqsa ne ha rivendicata la paternità: ma sulla autenticità del messaggio restano dubbi.
Viene invece considerata più credibile la successiva rivendicazione di Hamas che, da Gaza - dopo aver manifestato grande compiacimento per l'attacco, definito " reazione naturale" alle attività israeliane contro i palestinesi - ha fatto sapere che l'attentato è opera del suo braccio armato, le Brigate Ezzedin al-Qassam. La sensazione che l'attentato possa essere stato ispirato da Hamas (che all'inizio del mese ha lanciato dal Sinai diversi razzi verso Eilat e Aqaba, sul Mar Rosso) è condivisa anche dai servizi di sicurezza dell'Anp i quali collaborano con le forze armate israeliane nella ricerca degli attentatori.
COPRIFUOCO NEL VILLAGGIO, LA RABBIA DEI COLONI. - Il villaggio di Bani Naim è stato posto sotto coprifuoco e sembra che le forze israeliane siano in procinto di entrare nel settore palestinese di Hebron. Fra i coloni della zona la rabbia è molto forte. Alcune settimane fa, nella stessa località si è verificato un agguato analogo, nel quale ha perso la vita un agente di polizia. La graduale rimozione dei posti di blocco militari facilita l'organizzazione di attacchi sulle principali arterie della Cisgiordania. Esponenti politici nazionalisti hanno dunque indirizzato dure critiche nei confronti di Netanyahu accusandolo di essere politicamente "corresponsabile" dell'attentato odierno. Sul terreno, l'esercito israeliano cerca intanto di mantenere l'ordine e di impedire a facinorosi di attaccare villaggi palestinesi.

(la Repubblica, 31 agosto 2010)

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(euronews, 31 agosto 2010)

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Trovati i resti del primo banchetto

Scoperti i resti del più antico banchetto pubblico della storia: vi partecipò una comunità di circa 35 persone e per l'occasione, 12.000 anni fa, si imbandì un pasto a base di tartarughe e altri animali selvatici. I resti dell'antichissimo banchetto, probabilmente organizzato per commemorare un defunto, sono descritti sulla rivista dell'Accademia delle Scienze degli Stati Uniti da un gruppo di ricerca americano e israeliano dell'università del Connecticut e della Hebrew University. Scoperti nella Bassa Galilea, in Israele, i resti, spiegano i ricercatori, sono la prima prova che gli esseri umani cominciarono a banchettare e festeggiare insieme prima dell'avvento pieno dell'agricoltura, in un periodo di passaggio nel quale da una vita da nomadi gli uomini sperimentarono coltivazione e allevamento. In un luogo di sepoltura con due cavità dove vi sono anche le ossa di una donna anziana, i ricercatori hanno scoperto i resti di ben 71 tartarughe e di altri tre animali selvatici che mostrano segni di cottura e di taglio, indicando che gli animali furono macellati e cotti per sfamare una quaratina scarsa di persone. Entrambe le cavità, spiega una delle autrici, Natalie Munro, furono costruite su misura per il rito funebre e per il banchetto. I gusci e le ossa di animali, posti sotto, intorno e anche in cima ai resti di un rituale di sepoltura sciamano suggeriscono che il banchetto avvenne contemporaneamente al rituale di sepoltura e fu organizzato proprio per commemorare un defunto.

(il Giornale, 31 agosto 2010)

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Tutti contro il Consigliere. L'antisemitismo di Sarrazin imbarazza la Germania

Cresce l'imbarazzo di economia e politica tedesche, per libro e affondi contro musulmani ed ebrei di Thilo Sarrazin.


(euronews, 31 agosto 2010)

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Aerei: colloqui Israele-Lockeed per 800 ali per l'F-35

Israele ha avviato colloqui con la Lockheed Martin per costruire 800 ali del nuovo caccia F-35. Lo riferiscono fonti dell'industria aeronautica dello Stato ebraico (Iai). Si tratta di un contratto del valore di 4/5 miliardi di dollari che coprirebbe un quarto dell'intera flotta di F-35 Joint Strike Fighter (JSF) che la societa' statunitense punta a realizzare, al costo unitario di 96 milioni di dollari .

(la Repubblica, 31 agosto 2010)

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La Mavi Marmara potrebbe diventare un museo

Nave attaccata da Marina israeliana il 31 maggio scorso

ISTANBUL, 31 ago. - La Mavi Marmara potrebbe diventare un museo. La notizia è riportata dal quotidiano Zaman. La nave fu attaccata in acque internazionali dalla marina israeliana il 31 maggio scorso, mentre cercava di portare aiuti umanitari verso la Striscia di Gaza. Morirono otto cittadini turchi e un turco-americano. Un episodio che ha compromesso i rapporti diplomatici ufficiali fra Turchia e Israele.
Adesso potrebbe diventare un museo. A dare la notizia è stato Bulent Yildirim, il presidente dell'Ihh, la contestata Ong che organizzò il viaggio della Mavi Marmara. La flotta era composta in realtà da sei navi l'unica a essere attaccata fu proprio quella sponsorizzata dall'Ihh. A oche ore dall'attacco poi si scoprì che la Ong (che ha anche legami con l'esecutivo islamico-moderato al governo) era finita sulla lista nera del Mossad e della Cia con l'accusa di finanziare Hamas.
Yildirim oltre ad annunciare la sua intenzione di trasformare in museo la nave ha anche ringraziato il governo turco per il supporto dimostrato e nei confronti di Israele ha aggiunto: "Queste sono persone crudeli, così crudeli che hanno rotto anche gli equipaggiamenti a bordo delle navi (tutta la flotta in seguito all'attacco alla Mavi Marmara fu sequestrata). Ce le hanno restituite dopo mesi. Che cosa faremo adesso con la Mavi Marmara? La trasformeremo in museo. Loro hanno il loro museo dell'Olocausto. Hitler ha massacrato gli ebrei. Adesso loro stanno massacrando i musulmani in Palestina".
Attualmente una commissione delle Nazioni Unite sta esaminando l'accaduto per determinare se ci siano state violazioni delle norme internazionali o dei diritti umani. I risultati dell'inchiesta sono previsti per settembre.

(Apcom, 31 agosto 2010)

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Anche un terrorista fra i "pacifinti" della Mavi Marmara

di Dimitri Buffa

Lo ha scoperto la stampa turca perché tanto quella europea se la dorme della grossa: uno dei "pacifinti" della Mavi Marmara (la nave che faceva parte della cosiddetta "Freedom Flotilla" per Gaza, poi assaltata dai commandos israeliani) era già stato condannato a nove anni di carcere per un atto di terrorismo commesso nel 1996 in Russia. Il dirottamento del traghetto Avrasya per ottenere la liberazione di 250 terroristi ceceni. Poi il blitz delle teste di cuoio mise fine al tutto. Secondo il giornale, un gruppo di nove uomini armati guidati da Mohammed Tokcan aveva dirottato il traghetto dopo che era salpato dal porto turco di Trabzon per il porto russo di Sochi. Presero 177 passeggeri e 55 membri dell'equipaggio in ostaggio, la maggior parte russa, e alcuni turchi, e dissero che avrebbero accordato il loro rilascio in cambio di 250 detenuti ceceni in Russia. Dopo intense trattative, in cui i servizi segreti turchi "Mit" avevano partecipato, furono convinti a dirigere il traghetto al porto di Istanbul. Era il 19 gennaio del 1996. Secondo l'articolo, uno dei dirottatori era Erdinç Tekir, che era pure stato ferito durante l'operazione. Condotto di fronte a un tribunale speciale turco venne condannato a una pena di nove anni di carcere. Ne ha scontati solo 3 e mezzo per altri reati comuni mentre la pena per terrorismo gli venne condonata per buona condotta. In una conversazione telefonica con un corrispondente di Hürriyet, Tekir ha detto che, dopo essere stato imprigionato per 3 anni e mezzo, si è offerto volontario per Ihh e poi ha partecipato alla flottiglia per Gaza imbarcandosi sulla Mavi Marmara. In risposta alla richiesta del corrispondente Hürriyet per un colloquio faccia a faccia, ha detto che, in considerazione della fatica per il Ramadan, ha rimandato il tutto a dopo le vacanze.
Tutto ciò era stato raccontato dal popolare quotidiano turco Hürriyet lo scorso 20 agosto. Intervistato da un sito web islamico, Erdinç Tekir ha ammesso di aver partecipato all'attacco terroristico con lo scopo di ottenere il rilascio dei prigionieri ceceni, come parte della sua attività per promuovere la causa della Cecenia.
E' questa, quindi, la prima prova della presenza di un turco con un passato terrorista tra gli operativi Ihh che combatterono contro la marina israeliana a bordo della Mavi Marmara. La maggior parte dei nove "pacifinti" uccisi e dei 53 feriti appartenevano a Ihh o a reti dell'integralismo islamico turco ad essa collegate. D'altra parte, nessun attivista dei diritti umani dell'Europa o del mondo arabo-musulmano è stato trovato tra i morti e i feriti (con l'eccezione di una donna dall'Indonesia). Tra i feriti c'erano invece delinquenti, alcuni dei quali esperti di arti marziali e con esperienza di buttafuori o di body guard. Non ci sono per ora informazioni che indichino che l'Ihh sia stato coinvolto nel sequestro della Avrasya. Tuttavia, il gruppo armato che ha preso il controllo del traghetto ha avuto il supporto di elementi islamici in Turchia. Inoltre lo stesso Erdinç Tekir ha ammesso in un sito web islamico vicino all'Ihh di essere stato, a suo tempo, "attivo per la causa abkhazo-cecena". Informazioni attendibili raccolte dai servizi israeliani indicano anche che l'Ihh, in passato, avesse avuto rapporti con reti globali della Jihad e del terrorismo islamico in Medio Oriente, nonché con i radicali islamici separatisti della Cecenia. Tali relazioni con l'Ihh includevano il supporto logistico per la Jihad con cellule terroristiche in Bosnia, Siria, Iraq, Afghanistan e Cecenia, in particolare per la fornitura di armi e finanziamenti. Un istituto di ricerca danese che esponeva le connessioni passate dell'Ihh avute con Al Qaeda e dei contatti con le reti globali della Jihad ha scritto che le autorità turche avevano sequestrato documenti, da cui risultava che alcuni membri dell'Ihh, attualmente detenuti, erano stati mandati a combattere in passato in Afghanistan, Bosnia e Cecenia.

(l'Opinione, 31 agosto 2010)

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Internet: al via la registrazione di siti web con url in ebraico

GERUSALEMME, 30 ago. - Ha preso il via oggi il processo di pre-registrazione di nuovi domini Internet in lingua ebraica. E' quanto scrive il sito del quotidiano Arutz Sheva, spiegando che saranno presto disponibili le Url di siti web scritte con i caratteri ebraici. Anche chi gia' dispone di un dominio in inglese scritto in caratteri romani con l'estensione .co.il e .org.il potra' registrare lo stesso dominio con l'alfabeto ebraico.

(Adnkronos, 30 agosto 2010)

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Piperno: l'Italia non diventi lo zerbino di Gheddafi

ROMA, 30 ago - "Lo spettacolo offerto ancora una volta da Gheddafi è indecente, non vorremmo che il nostro paese divenisse il palcoscenico per le prediche integraliste del dittatore libico". Duro il commento del Presidente dell'Unione Giovani Ebrei d'Italia Giuseppe Piperno.
"Il prossimo incontro lo faccia con noi e ci renda conto delle condizioni disumane degli immigrati in Libia, dei diritti umani non rispettati o degli ebrei cacciati e uccisi dal suo paese nel 1967. È giunta l'ora che una volta per tutte vengano definiti gli indennizzi e i risarcimenti degli ebrei dovuti scappare dai pogrom del 1967 e di tutti gli italiani con l'avvento al potere di Gheddafi nel 1970, questione di cui siamo certi il governo Berlusconi se ne farà interprete" aggiunge Piperno. "Invece che invitare l'Europa alla conversione, Gheddafi studi e si renderà conto che i suoi show sono possibili grazie a quella cultura ebraico cristiana che hanno reso oggi l'Europa libera, laica e democratica" conclude il comunicato.

(Iris, 30 agosto 2010)

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Rinnovabili: presto l’energia elettrica anche dalle patate

Progetto dei ricercatori della Yissum Research Development Company dell'Universita' di Gerusalemme

ROMA - Presto si potra' ricavare energia elettrica dalle patate bollite, alimento diffuso in circa 130 Paesi nel mondo e disponibile in tutte le stagioni dell'anno.
A sostenerlo alcuni ricercatori della Yissum Research Development Company dell'Universita' di Gerusalemme che hanno progettato una batteria partendo dalle patate che sostituisce le pile da 1,5 Volt con un costo 50 volte inferiore.
La batteria e' stata realizzata ponendo una fetta di patata comune in contatto con due elettrodi, uno di zinco e uno di rame, che collegati tra loro vanno a formare la batteria e si e' visto che, bollendo la patata prima di usarla in elettrolisi, l'energia elettrica prodotta e' fino a 10 volte superiore rispetto a quella derivante da una patata cruda. Questo semplice procedimento, inoltre, consente alla batteria di rimanere attiva per giorni o addirittura settimane: minore e' la resistenza del ponte salino nella batteria di patate, piu' le batterie sono, dunque, longeve ed efficienti.
La ricerca nei processi elettrolitici sulla materia vivente puo' essere utilizzata per molte applicazioni, compresa la produzione di energia elettrica, come per dispositivi elettronici medici impiantati e auto-alimentati.
''La capacita' di fornire energia elettrica con mezzi cosi' semplici e naturali - ha dichiarato Yaacov Michlin, dello Yissum Research Development Co - potrebbe essere di beneficio per milioni di persone nei Paesi in via di sviluppo, portando luce e telecomunicazione nella loro vita, in zone attualmente prive di infrastrutture elettriche''.

(ANSA, 30 agosto 2010)

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Scoperto in Israele un frammento del Codice di Hammurabi

GERUSALEMME, 30 ago. - Per la prima volta e' stato ritrovato in Israele un documento, risalente a 3.700 anni fa, che contiene un codice legale parallelo ad alcune parti del famoso Codice di Hammurabi. Il testo e' scritto su frammenti di una tavoletta in caratteri cuneiformi che risale all'eta' del bronzo (secoli XVIII-XVII a.C.), rinvenuti negli scavi effettuati nel corso di questa estate dall'Universita' di Gerusalemme a Tel Hazor, nel nord di Israele. Gli scavi nel sito della citta' cananea di Hazor sono diretti da Amnon Ben-Tor e Sharon Zuckerman dell'Istituto di Archeologia dell'Universita' Ebraica di Gerusalemme.

(Adnkronos, 30 agosto 2010)

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National Geographic: a Tel Aviv la Miami beach del Mediterraneo

di Rossella Tercatin

Spiaggia di Tel Aviv
Sabbia fina, ombrelloni, bar e ristoranti, campi da calcio e beach volley, palestre all'aperto. È il lungomare di Tel Aviv, chilometro dopo chilometro in grado di soddisfare le esigenze di qualsiasi amante della tintarella. Oggi la vivace spiaggia che nella lunga estate israeliana diventa il cuore della vita della città, diurna e notturna, ha visto ufficializzare le sue ambizioni di meta ideale per vacanze all'insegna delle due emme (mare & movida). La prestigiosa rivista National Geographic ha inserito la spiaggia di Tel Aviv al nono posto della top ten delle spiagge cittadine del mondo. Prime tre classificate Barcellona, la sudafricana Cape Town, e Honolulu, arcipelago delle Hawaii, tanto per capirci. Scrive il National Geographic: "Nella 'bolla', come viene spesso definita la città per la tendenza dei suoi abitanti a rimanere indifferenti di fronte alle tensioni della regione, si trovano ristoranti, locali, discoteche aperte fino all'alba. E di giorno è a disposizione una spiaggia che si estende per oltre otto miglia (13 chilometri), letteralmente a pochi passi dalla città". Così Tel Aviv si è guadagnata la definizione di Miami Beach del Mediterraneo, e vede legittimata la sua aspirazione a diventare un polo di attrazione per il turismo giovane, che abbina volentieri bagni e discoteche alla visita delle bellezze naturali e storiche che Israele offre in ogni luogo. Considerando che nelle sere d'agosto, lungo la promenade (tayelet in ebraico), si sente parlare più francese, inglese e italiano dell'ebraico, il percorso sembra imboccato.

(Notiziario Ucei, 30 agosto 2010)

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Concerto per la Giornata Europea della Cultura Ebraica

Riva del Garda (TN)
Auditorium del Conservatorio
Domenica 5 settembre, ore 20.30

Recital pianistico in occasione della Giornata Europea della Cultura Ebraica.
Concerto "in commemorazione dei compositori-musicisti ebrei Mendelssohn, Szpilman e Bernstein".
Musiche di Mendelssohn, Chopin, P.Ben-Haim, Bernstein, J.Bock ed E.Gold.

Pianista: Mattia Peli

I PARTE

Felix Jacob Ludwig Mendelssohn(1809-1847)
(a 200 anni dalla nascita del compositore ebreo-tedesco,
le cui musiche vennero bandite dal regime nazista)
Phantasie über ein irländisches Lied "The Last Rose of Summer" Op. 15 (1827)
4 "Venetianische Gondellieder" dai "Lieder ohne Worte", libri I, II, V
Op. 19 n. 6 (1829-30), Op. 30 n. 6 (1833-34), Op. 62 n. 5 (1842-44),
Allegretto non troppo (1837)

Frederic Chopin (1810-1849)
(In Memoriam Wladyslaw Szpilman(1911-2000),
pianista polacco sopravvissuto miracolosamente alla Shoàh
nascondendosi per due anni, tra il 1943 e il 1945, nel ghetto di Varsavia)
9 Mazurke
Op. 68 n. 2 (1827), Op. 17 n. 4 (1832-33), Op. 24 n. 1 e n. 4 (1833-34)
Op. 67 n. 3 (1835), Op. 30 n. 3 (1836-37), Op. 41 n. 1 (1838-39)
Op. 63 n. 3 (1846), Op. 67 n. 4 (1846)
Notturno n. 20 in do # minore Op. posth. (1830)


II PARTE

Paul Ben-Haim (1897-1984)
5 Pieces Op. 34 (1943)
Pastorale - Intermezzo - Capriccio agitato - Canzonetta - Toccata

Leonard Bernstein (1918-1990)
(in commemorazione del compositore ebreo-americano, a 20 anni dalla scomparsa)
Four Sabras ('4 nativi d'Israele') (1950 ca.)
Ilana the dreamer - Idele the Chassidele -
Yosi the Jokster - Dina the Tomboy who weeps alone
from "Bridal Suite" ('Suite del matrimonio ebraico') (1960)
Interlude: Bell, Book and Rabbi - 3 Wedding Dances
The 1st Waltz(Canon) - Cha-cha-cha - Hora (trascr. Mattia Peli)

Jerry Bock (1928)
da Fiddler on the Roof (Il violinista sul tetto) (1971)
Tradition - Sabbath Prayer - Wedding Dance (trascr. Mattia Peli)
Ernest Gold (1921-1999)
Tema principale dal film "Exodus" del 1960 (trascr. Mattia Peli)

Ente Organizzatore:
Associazione Amicizia Ebraico-Cristiana dell'Alto Garda

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La TV di Mahmoud Abbas insegna ai bambini che le città israeliane sono Palestina occupata




Conduttrice alla ragazza: "Vivete a Gerusalemme. Visitate le città occupate nel 1948 (città israeliane)?"
Ragazza (Lujayn): " Sono stata a Hebron."
Conduttrice: "No, Hebron è una città [nell'Autorità Palestinese] in cui tutti possiamo entrare. Le città occupate - come Lod, Ramle, Haifa, Giaffa, Acro (tutte città israeliane) - le avete visitate?"
Ragazza: "Sono stata a Haifa e a Giaffa."
Conduttrice: "Diteci, sono belle?"
Ragazza: "Sì…"
Conduttrice: "Speriamo che tutti i bambini della Palestina possano andare nei territori occupati che noi non conosciamo e non abbiamo mai potuto vedere. Personalmente, non ci sono mai stata.

(Palestinian Media Watch, agosto 2010 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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Hezbollah e Siria creano un comando militare unificato

Stampa Kuwait: Cooperazione militare in vista di un attacco di Israele

ROMA, 30 ago. - Le milizie sciite libanesi di Hezbollah e l'esercito siriano avrebbero dato vita ad una cooperazione militare in vista di un possibile conflitto armato con Israele: è quanto riporta la stampa kuwaitiana.
Secondo quanto riferisce il quotidiano israeliano Ha'aretz Hezbollah e Damasco avrebbero creato un quartier generale unificato, oltre a scambiarsi informazioni sui possibili bersagli strategici israeliani.
Le due forze armate inoltre si dividerebbero i fronti in caso di attacco israeliano, oltre ad aver lavorato a dei piani su una possibile offensiva di artiglieria contro le forze dello Stato ebraico.

(Apcom, 30 agosto 2010)

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Giornata europea della cultura ebraica: domenica 5 settembre a Saluzzo

Visite guidate gratuite alla sinagoga con i suoi affreschi ottocenteschi

Sinagoga di Saluzzo
Anche Saluzzo partecipa alla Giornata della Cultura ebraica, giunta ormai alla sua undicesima edizione. Un modo per l'ebraismo italiano ed europeo di far conoscere la propria identità, le proprie tradizioni, la propria storia e la propria vivacità.
Alla base dell'iniziativa, infatti, vi è la convinzione che solo la grazie alla conoscenza è possibile abbattere i pregiudizi e gli stereotipi per rappresentare un importante momento di apertura verso l'Altro, in una società che dovrebbe tendere ad includere e non ad escludere, ad accettare l'alterità piuttosto che a rigettarla.

Il tema della Giornata della Cultura 2010 è arte e ebraismo. Il 5 settembre sarà possibile visitare gratuitamente numerose sinagoghe e siti culturali ebraici di tutta Italia.

Durante la giornata anche la sinagoga di Saluzzo sarà aperta per visite guidate gratuite dalle 10 alle 19. Si potranno ammirare i suggestivi affreschi ottocenteschi tornati alla luce dopo un paziente lavoro di restauro: una caratteristica che rende la Sinagoga pressoché unica in Italia. L'attuale tempio fu inaugurato nel 1833 o 1834, ma la prima notizia documentata sulla residenza degli ebrei nel saluzzese risale alla fine del 1400 e si ritiene che la sinagoga sia il frutto di più stratificazioni successive.

La vista sarà quindi l'occasione per ripercorrere la storia e la memoria di una comunità che ha fatto parte integrante di Saluzzo e ha contribuito in maniera significativa allo sviluppo della città; una comunità brutalmente decimata dall'Olocausto nazifascista e di cui il tempio rappresenta una visibile testimonianza

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Visite guidate a cura di Pierreci Codess Coopcultura
In collaborazione con Comunità ebraica di Torino

Quando: domenica 5 settembre 2010, dalle 10.00 alle 19.00
Dove: Saluzzo, via Deportati Ebrei 29
Durata media della visita: 45 minuti ca.
Ingresso gratuito.   Non è necessaria la prenotazione

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Per informazioni e per prenotare visite in altre date
Ufficio IAT di Saluzzo: 0175 46710

(Cuneocronaca.it, 30 agosto 2010)

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Europei di basket - Sconfitta indolore e qualificazione per Israele

Al termine di un girone pieno di emozioni e colpi di scena, la nazionale israeliana di basket, nonostante la sconfitta subita domenica sera in Montenegro (79-69), stacca il biglietto buono per i Campionati Europei del 2011 in Lituania. Se gli uomini di Shivek si fossero imposti sul parquet di Podgorica, cosa che era nelle loro possibilità, avrebbero chiuso i conti come prima forza del raggruppamento, ottenendo la certezza di un posto a Vilnius. La vittoria non è arrivata ma poco male: grazie a una serie di combinazioni favorevoli, la seconda posizione in classifica vale comunque la qualificazione diretta. Montenegro spesso davanti e ospiti molto imprecisi (Casspi solo 5/20 dalla lunga distanza), il ko slavo è giusto ma non fa male. Festa grande anche per le donne: il quintetto rosa, sconfiggendo la Romania per 79 a 72, si è guadagnato l'accesso agli Europei femminili.

(Notiziario Ucei, 30 agosto 2010)

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Riprendono i negoziati in Medioriente, leader rabbinico maledice Abu Mazen

Giovedì a Washington Israele e Palestina a colloquio. Netanyahu rilancia sulle colonie, Hamas chiude ogni discorso

GERUSALEMME - È decisamente teso il clima in Israele e tra i palestinesi dei Territori, quando mancano pochi giorni all'apertura dei negoziati di pace diretti israelo-palestinesi, previsti da giovedì prossimo a Washington. Accanto ad affermazioni molto caute sulla possibilità di un'intesa da parte del premier israeliano Benyamin Netanyahu e accanto a una campagna pacifista dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) rivolta all'opinione pubblica israeliana, sono risuonate, da una parte, le violente maledizioni di un leader rabbinico secondo il quale il presidente palestinese Abu Mazen (Mahmud Abbas) «deve morire» e, dall'altra, minacce dell'organizzazione fondamentalista Hamas da Gaza, sempre contro la dirigenza palestinese.
A Gerusalemme, aprendo ieri la seduta del governo, il premier Netanyahu ha affermato che «se la leadership palestinese affronterà le trattative con la nostra stessa serietà sarà possibile un accordo che durerà generazioni». Il premier ha ribadito tre principi fondamentali per un'intesa: il riconoscimento di Israele come Stato ebraico, la definitiva fine di ogni rivendicazione palestinese e l'adozione di misure di sicurezza tali da impedire in Cisgiordania situazioni come quelle della Striscia di Gaza e del Sud Libano, controllate da milizie armate nemiche di Israele. Netanyahu ha precisato che non sarà cambiata la moratoria di soli dieci mesi - scade il 26 settembre prossimo - per l'avvio di nuovi insediamenti edili ebraici in Cisgiordania. Gli ha risposto Nabil Shaat, esponente dell'Anp: la delegazione palestinese abbandonerà il tavolo dei negoziati se Israele riprenderà ad ampliare gli insediamenti.
Intanto però diversi dirigenti dell'Anp hanno preso parte a una forte campagna pubblicitaria che intende rassicurare l'opinione pubblica israeliana, affermando che fra i palestinesi «vi è un partner di pace». Gli organizzatori della campagna, finanziata da un ente governativo Usa, si rivolgeranno nei prossimi giorni agli israeliani attraverso grandi cartelli stradali e via internet.
Messaggi di pace sono stati registrati da noti esponenti politici, ritenuti pragmatici e moderati. La dirigenza palestinese dell'Anp deve però fare i conti anche con le minacce proferite nei suoi confronti da Hamas, che rifiuta ogni intesa con il «nemico sionista». «Le vostre teste - avverte Hamas - saranno schiacciate se alle prossime trattative scenderete a compromessi sul diritto al ritorno dei profughi, su Gerusalemme e sulla Palestina». A questo clima di veleni ha poi dato il suo pesante contributo un influente rabbino, Ovadia Yosef, leader spirituale del partito ultraortodosso Shas, membro della coalizione di governo.
In un sermone pronunciato in una sinagoga di Gerusalemme ha auspicato la morte del presidente dell'Anp, Abu Mazen, e la "perdizione" del popolo palestinese. «Che si estinguano i nostri nemici e coloro che ci odiano». «Che periscano Abu Mazen e tutti quegli scellerati», ha esclamato l'anziano rabbino. Immediata la replica dell'Anp che ora esige le scuse.
«Un appello al genocidio dei palestinesi», «un sermone razzista», «Israele coltiva la cultura dell'odio per i palestinesi»: questi alcuni dei commenti di noti esponenti dell'Anp. Sembra essere rientrato nel quadro dei preparativi per i negoziati di pace il colloquio che il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak ha avuto ieri ad Amman con re Abdallah di Giordania. Barak avrebbe sottolineato che la Giordania ha un ruolo importante da svolgere per una «pace regionale».

(Corriere Canadese, 30 agosto 2010)

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Sarrazin: gli ebrei hanno un gene particolare

Adesso Thilo Sarrazin ce l'ha con gli ebrei, che "hanno un gene perticolare", dice, così come i baschi.


(euronews, 29 agosto 2010)

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Guerra di potere Anp-Hamas nelle moschee

L'Autorita' nazionale teme prediche 'eversive' di imam integralisti

TEL AVIV, 29 ago - Una sorda guerra di potere, maturata per mesi, sta divampando in Cisgiordania fra l'Anp e i suoi rivali ideologici di Hamas. L'area di maggiore frizione viene identificata dalle forze di sicurezza nelle moschee, che l'Autorita' guidata da Abu Mazen teme siano usate da predicatori simpatizzanti del movimento integralista palestinese per fomentare dissenso.Venerdi' agenti dell'Anp hanno impedito con la forza a un esponente politico di Hamas di tenere sermoni in 2 moschee di Hebron.

(ANSA, 29 agosto 2010)

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Petrolio - le riserve del giacimento al largo di Israele: 4,2 mld barili

GERUSALEMME - Nel giacimento Leviathan a 120 km dalle coste israeliani ci sarebbero 4,2 miliardi di barili di petrolio. Lo ha annunciato il consorzio israelo-statunitense Delek Group, che a partire da ottobre iniziera' le prime operazioni di prospezione. Secondo il consorzio vi e' il 17% di probabilita' di trovare 3 miliardi di barili a una profondita' di 5.800 metri, e un 8% di trovarne altri 1,2 miliardi a 7.200 metri .

(AGI, 29 agosto 2010)

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Gli israeliani chiedono la liberazione di Shalit sbagliando interlocutore

di Angelo Pezzana

Gilad Shalit compie oggi 24 anni, e questo è il quinto compleanno che lo vede sempre nella mani di Hamas, quando, 1525 giorni fa, fu rapito in territorio israeliano al confine con Gaza durante un attacco
  
nel quale fu ferito ad una spalla e a un braccio, mentre due suoi compagni furono uccisi. Non si sa se è ancora vivo, e se lo è in quali condizioni si trova, di lui è stata inviata solo una cassetta nella quale chiede al governo israeliano di impegnarsi per la sua liberazione. Nella storia dei rapimenti di soldati israeliani, uccisi e comunque non rilasciati da vivi, il caso Shalit rappresenta una novità nel comportamento della famiglia. In tutti i casi precedenti, i famigliari dei soldati scomparsi, pur nella comprensibile disperazione, non avevano mai intrapreso iniziative ufficiali per la loro liberazione, come è avvenuto con la famiglia di Gilad. Noam e Aviva, i genitori, hanno dato vita a quello che può essere definito unmovimento internazionale di opinione, con lo scopo di convincere il governo israeliano ad assumere ogni iniziativa che possa portare al rilascio di Gilad. In tutte le capitali del mondo democratico si susseguono da anni. E precisamente dal 2007, quando gli appelli generici per la liberazione del giovane caporale, si sono tramutati in un poderoso gruppo di pressione, con il suo centro in una piccola tenda, ma piazzata e funzionante 24 ore su 24, davanti a un indirizzo prestigioso, la residenza ufficiale del Premier Bibi Netanyhau a Gerusalemme. Da allora è tutto un susseguirsi di manifestazioni, all'inidirizzo unico ed esclusivo di Bibi. È a lui che si rivolge un grande striscione che recita "non abbandoneremo nessun soldato sul terreno", una regola morale dell'esercito che impegna il governo a fare di tutto per riavere, vivi o morti, i propri soldati. Quella tenda è lì a ricordarlo da ormai tre anni, con l'aggiunta un mese e mezzo fa dei genitori di Gilad, che ne hanno fatto la loro casa. L'emozione in Israele per la sorte del soldato Shalit è enorme, e si direbbe che aumenta di giorno in giorno, grazie all'impegno di centinaia di volontari. Non solo giovani o gente comune,ma intellettuali, scienziati, premi Nobel, fanno la coda per firmare gli appelli, prendere quel nastro giallo che farà poi mostra di sè legato ai finestrini delle auto, alle maniglie di borse e valigie, mentre dentro la tenda c'è una sedia vuota, con un cartello sul quale è scritto: «Sedia riservata per Gilad Shalit». La ragione di questo coinvolgimento sta nella predisposizione tutta israeliana per le cause umanitarie. Una caratteristica ben nota al terrorismo palestinese, che la sfrutta fino in fondo. Cosa può esserci di più utile di un presidio che mette sotto accusa Netanyahu per non avere ancora aderito alle richieste di Hamas? Gli israeliani che ne richiedono la liberazione, sembrano non valutare che in cambio di Gilad, Israele dovrebbe liberare più di mille criminali condannati per aver commesso attentati orribili contro i civili in Israele. Una volta liberi, tornerebbero a commetterli. Può agire in questomodo ungoverno responsabile ? Molti sostengono che la famiglia Shalit, avrebbe dovuto piantare la tenda davanti alla sede della Croce Rossa Internazionale, che in tutta questa storia rappresenta il vero scandalo, non essendosi mai mossa con decisione per controbattere la decisione di Hamas di impedire qualunque indagine, o visita, al prigioniero Gilad. Hamas ha detto no, e la CRI ha risposto va bene così. È alla CRI che si deve chiedere conto, non a Netanyahu. Nella mani di Hamas, Gilad è un'arma di ricatto formidabile, non perchè avrà il potere di liberarlo, ma perchè ne attribuisce la responsabilità della prigionia al Primo Ministro d'Israele. Una passione umanitaria nobile, ma con il bersaglio sbagliato.

(Libero, 29 agosto 2010 - ripreso da Informazione Corretta)

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(Guysen TV, 29 agosto 2010)

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Israele-Turchia: Ankara conciliante

Dopo soluzione crisi, Turchia lieta di ricevere Netanyahu

GERUSALEMME, 29 ago - Dal ministero degli esteri turco e' partito un messaggio conciliante per Israele in cui si indica che le relazioni potranno riprendere. La condizione e' una soddisfacente soluzione della crisi dopo l'invio a Gaza della nave turca Mavi Marmara. In un colloquio col quotidiano di Tel Aviv Yedioth Aharonoh, la fonte ha perfino detto che la Turchia sara' lieta di ricevere il premier israeliano Benyamin Netanyahu.

(ANSA, 29 agosto 2010)

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Immigrato irregolare ha fatto parte della scorta di Netanyahu

Quando era leader dell'opposizione

GERUSALEME, 29 ago. - Un immigrato irregolare ha a lungo vissuto in Israele sotto falsa identità e ha lavorato nella scorta di Benjamin Netanyahu, all'epoca leader dell'opposizione, prima della sua nomina a primo ministro un anno e mezzo fa. Lo ha indicato il quotidiano Yediot Aharonot.
Arrivato in Israele nel 1994, Hercia Gregorian, nato in Armenia, ha intrapreso studi di teologia per diventare sacerdote. Bisognoso di denaro l'uomo, che oggi ha 34 anni ed è cintura nera di karate, si è arrangiato per ottenere una falsa carta di identità oltre che un'autorizzazione autentica per il porto d'armi, per essere impiegato come guardia. Una cosa tira l'altra, la sua reputazione di serietà si è consolidata: è stato reclutato dal Likud, partito di Netanyahu, per integrare la scorta di quest'ultimo da parte dello Shin Bet (servizio interno di sicurezza).
La frode è stata scoperta casualmente, perché una donna ha sporto denuncia contro il comportamento violento della guardia del corpo.

(Apcom, 29 agosto 2010)

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Documentario sulla deportazione, di Andrè Waksman

Appuntamenti in prossimità della commemorazione della traversata degli Ebrei di St. Martin Vesubie

CUNEO - Anche quest'anno si svolgerà la commemorazione della traversata degli Ebrei di St. Martin Vesubie. La camminata si farà domenica 5 settembre verso il colle Ciriegia. Nei giorni precedenti a Cuneo, Borgo Sorgo San Dalmazzo e Valdieri sarà proiettato un breve film di Andrè Waksman che ebbe i familiari internati a Borgo San Dalmazzo e inoltre sarà presentato il libro sulla Deportazione in Italia, relativo alla situazione di tutti i deportati (civili militari, ebrei...), curato da Brunello Mantelli e Nicola Tranfaglia. Il documentario sarà trasmesso venerdì 3 settembre alle 17 a Cuneo (Centro di Documentazione Territoriale) e alle 21 a Borgo nell'Auditorium e sabato 4 settembre alle 21 a Valdieri nella sede del Parco Naturale Alpi Marittime. Interverranno il regista e la co-autrice.
Il film racconta, anche attraverso la narrazione di testimoni diretti, la storia degli ebrei che nell'estate del 1943 , mentre i ghetti di tutta l'Europa bruciavano, si ritrovarono a Saint Martin Vésubie nelle Alpi Marittime. Erano giovani, famiglie ed anziani in fuga per anni dal Nazismo che in questo villaggio provarono a dimenticare la guerra grazie alla protezione delle forze di occupazione italiane. 1200 ebrei di tutte le nazionalità conobbero una pausa di pace per "Il tempo di un'estate". L'otto settembre tutto crollò: con l'armistizio i soldati italiani ripassarono la frontiera portandosi dietro centinaia di ebrei di Saint Martin per sottrarli ai tedeschi che nel frattempo invadevano le Alpi Marittime e l'Italia Settentrionale. I profughi scesero con enormi difficoltà a Valdieri dal Colle Ciriegia e dal Colle delle Finestre e raggiunsero Borgo San Dalmazzo. Quasi cinquecento ebrei furono arrestati a Borgo e deportati ad Auschwitz, gli altri si salvarono grazie ai montanari, ai partigiani ed al clero locale che rischiarono la vita per aiutarli. Testimone di questo tragico evento è stato il regista stesso che, bambino, ha dovuto affrontare con la sua famiglia la fuga tra le montagne.

(targatocn, 29 agosto 2010)

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Hamas: schiacceremo le teste dei dirigenti dell'Anp

Hamas: "Abu Mazen e al-Fatah non rappresentano la Palestina, ne' Gerusalemme, ne' i profughi ne' la moschea di al-Aqsa". Il premier israeliano Benyamin Netanyahu: "Se la leadership palestinese affrontera' le trattive con la medesima serieta' che abbiamo noi e' possibile raggiungere un accordo duraturo che garantisca pace e sicurezza a entrambi i popoli".

GAZA CITY, 29-08-2010 - Le teste dei dirigenti dell'Anp "saranno schiacciate" dai miliziani di Hamas se alle prossime trattative di pace con Israele gli uomini di Abu Mazen faranno compromessi "sul diritto del ritorno dei profughi, su Gerusalemme e sulla Palestina". L'esplicita minaccia e' stata espressa ieri da Halil al-Haya, dirigente politico di Hamas, gruppo fondamentalista islamico che governa Gaza, inserito tra i movimenti terroristi anche dall'Unione Europea.
Le parole arrivano mentre le relazioni fra l'Anp e Hamas sono di nuovo molto tese in seguito a misure limitative imposte di recente dai servizi di sicurezza di Abu Mazen in alcune moschee della Cisgiordania. Secondo al-Haya l'obiettivo delle trattative che saranno avviate il 2 settembre a Washington e' di "cancellare la presenza palestinese, consentire la ebraicizzazione di Gerusalemme e l'espansione degli insediamenti, e negare il diritto del ritorno".
In questo stato di cose Hamas, secondo al-Haya, si attende dai palestinesi della Cisgiordania che "si sollevino" contro le trattative. "Abu Mazen e al-Fatah - ha insistito - non rappresentano la Palestina, ne' Gerusalemme, ne' i profughi ne' la moschea di al-Aqsa".
In ogni caso Hamas non riconoscera' alcun accordo "col nemico sionista", ha avvertito al-Haya. Qesto intervento e' giunto poche ore dopo che i servizi di sicurezza dell'Anp avevano impedito l'ingresso in una moschea nella zona di Hebron ad un noto predicatore, figura di spicco di Hamas.
Secondo alcuni mezzi stampa, l'Anp teme che Hamas possa mobilitare le moschee della Cisgiordania per organizzare proteste contro il presidente Abu Mazen.

(RaiNews24, 29 agosto 2010)

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Leader spirituale dello Shas, "Abu Mazen deve morire"

GERUSALEMME, 29 ago. - Si alzano i toni alla vigilia della ripresa dei colloqui diretti tra israeliani e palestinesi, in programma venerdi' prossimo a Washington. Il capo spirituale del partito ultraortodosso israeliano Shas, il rabbino Ovadia Yosef, ha affermato che il presidente dell'Anp "Abu Mazen e i palestinesi devono morire". In un sermone in sinagoga, l'ottanovenne rabbino ha auspicato che "Dio mandi la peste" e faccia "perire da questo mondo" i "nemici malvagi e implacabili di Israele". Lo Shas fa parte del governo Netanyahu con quattro ministri e il suo leader Eli Yishai e' titolare dell'Interno e vicepremier.
Il durissimo attacco ricalca quello del 2001 quando il leader spirituale del partito israeliano esorto' "ad annientare gli arabi". In passato Yosef ha attaccato anche gli ebrei laici, i progressisti, le donne e i gay.
Abu Mazen e' finito nel mirino anche di Hamas che ha minacciato di "schiacciare la testa" dei dirigenti del'Anp se faranno concessioni a Israele "sul diritto al ritorno dei profughi, Gerusalemme e la Palestina". Il dirigente del movimeno islamico, Halil al-Haya, ha affermato che i negoziati diretti puntano "a cancellare la presenza palestinese, ad avallare il dominio ebraico di Gerusalemme e l'allargamento degli insediamenti". Hamas e' di nuovo ai ferri corti con l'Anp dopo le restrizioni imposte da Abu Mazen ad alcune moschee fondamentaliste della Cisgiordania. (AGI) .

(AGI, 29 agosto 2010)

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100 anni del kibbutz alla Biennale

Padiglione di Israele alla 12a Mostra internazionale di architettura in programma a Venezia. Si intitola ''Ninnananna per mio padre'' il video-poema che il regista Amos Gitai ha dedicato al padre, l'architetto Munio Weinraub Gitai, e al refettorio che egli realizzo' nel 1963 per il kibbutz di Kfar Masaryk in Israele.

Kibbutz Tel Yosef, 1928. Architetto Richard Kauffmann
ROMA, 29-08-2010 - "L'insediamento umano e' un prodotto della Societa'. Forma la piu' genuina espressione della struttura della societa', aspettative, sogni, e risultati. Cosi', la costruzione dell'insediamento e' il simbolo della Societa' e la sostanza della sua creazione". Scriveva cosi' Samuel Bickels, architetto, parlando del kibbutz, che compie 100 anni. Una istituzione che ha rappresentato una delle principali basi sociali dello Stato d'Israele.
Il kibbutz e' protagonista del Padiglione di Israele alla 12/a Mostra internazionale di architettura in programma a Venezia dal 29 agosto al 21 novembre.
Si intitola 'Ninnananna per mio padre', il video-poema che il regista Amos Gitai ha dedicato al padre, l'architetto Munio Weinraub Gitai, e al refettorio che realizzo' nel 1963 per il kibbutz di Kfar Masaryk in Israele. Una delle opere esposte nel padiglione
Lo spazio espositivo - curato da Galia Bar-Or e Yuval Yasky - celebra un secolo di kibbutz, con "un'architettura senza precedenti" basata su un modo di vita legato "per scelta volontaria" all'uguaglianza, all'aiuto reciproco e alla spartizione di quanto si possiede. Un'architettura che ha incluso "egualitarismo economico, proprieta' collettiva e servizi di educazione e di sanita' globali".
I due piani della rassegna sono occupati da una speciale installazione formata da duecento blocchi di carta con riprodotte immagini dei kibbutzim, tratte dagli archivi storici di Israele. I visitatori della mostra che lo desiderano potranno strappare e portare con se' le pagine che ritengono piu' interessanti.
Oltre al video di Gitai, ce ne saranno quattro originali sui kibbutzim oggi, "due che mostrano gli edifici pubblici (la sala da pranzo del kibbutz Merchavia e la casa della cultura del kibbutz Heftziba) e due che presentano il processo di privatizzazione in corso (i differenti spazi del kibbutz Yad Hanna e del kibbutz Givat Brenner). Spazio anche ad altri due filmati, uno d'archivio e uno di Malcha Hess che presenta la zona dei rifiuti del kibbutz Sde Eliyahu.

(RaiNews24, 29 agosto 2010)

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Sarrazin nell'occhio del ciclone: "Gli ebrei hanno geni diversi dagli altri"

Il membro del direttorio della Buba commenta in un'intervista a Welt am Sonntag uno dei passaggi più controversi del suo libro, già nella bufera per le sue tesi anti immigrati.

Non si placa la bufera tedesca per "La Germania si distrugge da se'", il libro contro l'immigrazione islamica del membro del direttorio della Bundesbank Thilo Sarrazin che sara' presentato domani dall'autore. In un'intervista al domenicale Welt am Sonntag, Sarrazin, ex ministro delle Finanze socialdemocratico della citta'-Stato di Berlino, e' tornato su uno dei passaggi piu' controversi, la specificita' genetica degli ebrei. "Tutti gli ebrei hanno un determinato gene, i baschi hanno geni specifici, che li distinguono da tutti gli altri", ha affermato.
IL MITO DELLA RAZZA - Sarrazin, che ha anche rivelato di avere una trisnonna italiana e antenati francesi per parte di padre, ha risposto con sarcasmo le critiche del cancelliere tedesco, osservando che "la signora Merkel e' diventata uno dei migliori sponsor del libro". Immediata la reazione all'intervista del segretario del Consiglio della comunita' ebraica, Stephan Kramer, secondo il quale "chi tenta di definire gli ebrei attraverso il loro patrimonio genetico, anche se lo fa con le migliori intenzioni, e' vittima del mito della razza che gli ebrei non condividono".
NON CADREMO NELLA TRAPPOLA - "Gli ebrei in grado di riflettere non si faranno ne' provocare, ne' cadranno nella trappola di Sarrazin", spiega Kramer, al quale fa eco l'ex vice presidente della comunita' ebraica, Michel Friedman, per il quale "non ci puo' piu' essere tolleranza per questa intolleranza (di Sarrazin, ndr). Di diverso avviso lo scrittore di origine ebraica e columnist dello 'Spiegel', Henryk M. Broder, il quale afferma che nei riguardi di Sarrazin si e' scatenato "il primo caso di caccia alle streghe dalla meta' del XVII secolo". Nelle furiose polemiche in corso da una settimana interviene duramente anche il vice cancelliere e ministro degli Esteri, Guido Westerwelle (Fdp), secondo il quale "nella discussione politica non c'e' posto per affermazioni che favoriscono il razzismo o addirittura l'antisemitismo".
NON SI PUO' MANDAR VIA - A chiedere indirettamente la cacciata di Sarrazin dalla Bundesbank e' il ministro della Difesa, Karl-Theodor zu Guttenberg (Csu), per il quale "ogni provocazione ha un suo limite e questo limite e' stato chiaramente superato". Ma il presiedente della Buba, Axel Weber, potrebbe rimuoverlo solo "per gravi motivi di salute o per manchevolezze gravi" nell'esercizio del suo lavoro, motivazioni difficilmente sostenibili sul piano giuridico. L'unico che potrebbe per legge sollevare dal suo incarico Sarrazin sarebbe il presidente della Repubblica, Christian Wulff, ma una decisione del genere, mai adottata finora nei 60 anni di esistenza della Buba, rischierebbe di produrre lacerazioni ancora piu' drammatiche nell'opinione pubblica tedesca.

(AGI, 29 agosto 2010)

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Saltati tunnel clandestini a Gaza

L'Egitto ha distrutto 12 tunnel di contrabbando che passavano sotto la striscia di Gaza, collaborando con gli ufficiali locali in modo tale che nessuno si trovasse dentro durante il processo.
Dopo la morte di 9 attivisti alla fine di marzo, l'Egitto ed Israele hanno leggermente allentato l'embargo.
L'Egitto ha distrutto 12 tunnel di contrabbando che passavano sotto la striscia di Gaza, collaborando con gli ufficiali locali in modo tale che nessuno si trovasse dentro durante il processo.
Dopo la morte di 9 attivisti alla fine di marzo, l'Egitto ed Israele hanno leggermente allentato l'embargo.
Ora possono passare più alimenti e materiali da costruzione, anche se questi ultimi sono destinati solamente alle Nazioni Unite, il resto della popolazione è ancora dipendente dai tunnel clandestini.
L'Egitto sta mantenendo il suo posto di frontiera a Rafah da giugno, il periodo più lungo nella storia del blocco, per consentire ai palestinesi con i documenti appropriati di attraversare, anche se alcuni dicono che molti dei permessi siano ancora negati.

(We-News, 28 agosto 2010)

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Libano, alta tensione Hezbollah/sunniti filosiriani

di Elena Lattes

In Italia non è stato dato nessun risalto, ma nella serata di martedì scorso in Libano gli Hezbollah e un gruppo sunnita filosiriano si sono scontrati violentemente a Beirut, causando la morte di almeno tre persone, tra i quali Muhammad Fawaz, comandante locale del "Partito di Dio" e il ferimento di altre 10. E' il più grave incidente avvenuto dal maggio 2008, quando gli Hezbollah penetrarono nei quartieri sunniti di Beirut, in seguito al tentativo da parte del governo di chiudere la rete di telecomunicazioni del gruppo sciita, e uccisero 80 persone.
Questa volta pare che le ostilità siano iniziate per impedire a Muhammad Fawaz di passare in automobile nei pressi di una moschea frequentata dai simpatizzanti del gruppo sunnita Al-Ahbache. I sunniti hanno sparato alla vettura e i gli sciiti alla moschea usando armi automatiche e lanciagranate a razzo.
Entrambi gli schieramenti si sono poi affrettati a sostenere che lo scontro a fuoco è stato un episodio isolato e non ha carattere né politico né confessionale.
Il governo, da parte sua, ha auspicato la formazione di una commissione che impedisca la proliferazione di persone armate non appartenenti alle forze ufficiali e il capo dell'esercito, Samir Geagea, ha lamentato, il giorno dopo, che nessuno è stato arrestato, nonostante le centinaia di individui armati circolanti liberamente nelle strade della Capitale.
Tuttavia la tensione è enormemente salita nelle ultime settimane, in concomitanza con lo svolgimento del processo per l'omicidio di Rafik Hariri e in seguito alla richiesta da parte degli Hezbollah al Presidente Ahmadinejad di un maggiore supporto armato. Si suppone che i filosiriani e filoiraniani si stiano impegnando per distrarre l'opinione pubblica dal procedimento giudiziario, visto anche l'attacco agli israeliani oltreconfine all'inizio del mese e quanto riporta il quotidiano libanese Al-Akhbar secondo il quale un inviato del governo siriano ha minacciato il presidente francese Nicolas Sarkozy sostenendo che le forze Unifil in Libano correrebbero seri rischi nel caso in cui il Tribunale internazionale accusi gli Hezbollah dell'assassinio di Hariri. L'arabia Saudita ha tentato di mediare, proponendo alla Corte Internazionale di convertire l'accusa in un rapporto come quelli che spesso rilascia, ma Nasrallah ha seccamente rifiutato definendo lo stesso Tribunale un "progetto israeliano senza nessuna credibilità".

(Agenzia Radicale, 28 agosto 2010)

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UBS, niente soldi a Gaza

La banca non effettua pagamenti verso certi paesi, o a seguito di sanzioni internazionali, o per valutazioni proprie.

La banca si rifiuta di fare i versamenti in Palestina. Deve essere stata questa la risposta ricevuta da una donna, appartenente all'associazione "Collectif Urgence Palestine", che tramite UBS voleva fare un versamento per motivi umanitari a Gaza.
Un portavoce della banca ha confermato al giornale romando "La Liberté" la notizia, spiegando che questa prassi è entrata in vigore già nel settembre 2008. Anche i versamenti verso l'Iran e verso la Corea del Nord non sono possibili: le restrizioni, nell'ambito del traffico pagamenti, verso determinati paesi sono dovute o a sanzioni internazionali o a delle valutazioni proprie della banca. Versamenti a organizzazioni umanitarie sarebbero tuttavia ancora possibili.

(Ticino Libero, 28 agosto 2010)

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Gerusalemme commemora il 5o compleanno di Shalit in prigionia

Una manifestazione di solidarietà con Ghilad Shalit è stata indetta stasera a Gerusalemme dai sostenitori del soldato israeliano tenuto prigioniero a Gaza, nell'occasione del suo quinto compleanno nelle mani di Hamas.
"Ghilad aveva 19 anni quando fu fatto prigioniero e oggi ne compie 24" ha notato il fratello maggiore Yoel. Alla manifestazione - che avrà luogo di fronte alla residenza ufficiale del primo ministro Benyamin Netanyahu - hanno aderito personalità del mondo politico (fra cui l'ex presidente del parlamento Dalya Yitzik, una dirigente di Kadima) e dello spettacolo, fra cui l'attrice cinematografica Yael Abecassis.
Per l'occasione sarà letta in pubblico una lettera che il presidente Nicola Sarkozy ha scritto alla famiglia Shalit, che ha anche la nazionalità francese. Da due mesi i familiari di Ghilad Shalit vivono sotto una tenda nella centrale via Gaza di Gerusalemme, a poche decine di metri dalla residenza del primo ministro, allo scopo di mantenere vivo l'interesse sulla sorte del militare e per perorare uno scambio di prigionieri con Hamas.
Sempre stasera, nella stessa zona, si svolgerà una contro-manifestazione di attivisti secondo i quali "Israele non deve arrendersi al terrorismo" e deve dunque respingere le condizioni avanzate da Hamas per il rilascio di Ghilad Shalit.

(l'Occidentale, 28 agosto 2010)

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Giancarlo Galan: il mitico pomodoro di Pachino è stato creato in Israele

Fu poi trasferito in Sicilia, dove ha trovato condizioni ideali

"Sembra che il mitico pomodoro di Pachino, sia stato prodotto in un laboratorio israeliano, sperimentato nei campi israeliani e poi trasferito in Sicilia dove ha trovato le condizioni perfette". Lo ha detto il ministro per le Politiche agricole Giancarlo Galan, che intervenendo a Cortina Incontra ha parlato dell'importanza della ricerca e della sperimentazione sugli ogm. Riguardo le presunte origini israeliane del pomodoro di Pachino, Galan ha precisato: "Non so se sia vero. Ma nessuno l'ha smentito". La battaglia contro gli ogm, che Galan definisce "ideologica", assomiglia alla "caccia alle streghe, che sono cessate di esistere quando si è finito di parlarne". Bisogna quindi lasciar perdere "le ideologie" e "affrontare la questione con illuminismo". Il problema segnalato dal ministro è che oggi siamo senza ricercatori perché sono fuggiti all'estero" ed è così che "dobbiamo chiedere ai francesi. La ricerca si fa nelle università". Galan ha fatto quindi notare che "tra i prodotti che mangiamo oggi - ha detto Galan - non ce n'è uno che assomigli a quelli di una volta, quando le pannocchie di mais erano grandi come una penna".

(Apcom, 27 agosto 2010)

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Scenari di pace sulla stampa israeliana

A prefigurare uno degli scenari di pace, il cosiddetto "corridoio terrestre" Cisgiordania-Gaza, e' stato oggi nella sua intera prima pagina il quotidiano Israel ha-Yom, vicino a Benyamin Netanyahu. Forse la notizia va vista anche come un tentativo dell'ufficio del premier di rasserenare l'atmosfera visto che nel suo governo c'è chi è molto scettico.

GERUSALEMME, 27-08-2010 - "Signori in carrozza. Dalla stazione centrale di Ramallah sta per partire il Gaza Express. La prima fermata e' l'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv. Il nostro arrivo a Gaza e' previsto fra 90 minuti circa...". Un annuncio, oggi fantascientifico per milioni di palestinesi che da dieci anni non possono affatto transitare fra Cisgiordania e Gaza, che potrebbe assumere un sapore molto diverso se andranno felicemente in porto i negoziati di pace israelo- palestinesi che riprendono a giorni a Washington.
Un anno per i negoziati, prevede oggi la stampa, poi dieci anni per la loro realizzazione con l'intervento personale del presidente Usa, Barack Obama. A prefigurare uno degli scenari di pace, il cosiddetto "corridoio terrestre" Cisgiordania-Gaza, e' stato oggi nella sua intera prima pagina il quotidiano Israel ha-Yom, vicino a Benyamin Netanyahu. Forse la notizia va vista anche come un tentativo dell'ufficio del premier di rasserenare l'atmosfera dopo che mercoledi' il suo ministro degli esteri, Avigdor Lieberman, ha rovesciato una buona dose di scetticismo sull' esito delle trattative.
Israel ha-Yom scrive di aver trovato negli uffici della Ferrovia nazionale israeliana i progetti di un "corridoio ferroviario" fra Ramallah e Gaza. Il ministero dei trasporti ha opposto un "no comment", mentre il governo militare israeliano nei Territori ha confermato che si studiano progetti diversi per approntare in Cisgiordania una nuova rete ferroviaria "a beneficio di israeliani e palestinesi". Il quadro che traspare da questo progetto ha un che di pastorale. Con la sua realizzazione i palestinesi potranno dimenticarsi una volta per tutte le esasperanti code e le ispezioni ai posti di blocco militari israeliani.
Saliti a bordo del Gaza Express dai loro finestrini vedranno sfrecciare davanti agli occhi paesaggi bucolici: ci saranno ponti lanciati sulle vallate cisgiordane piu' pittoresche e una decina di chilometri di gallerie. Poi il treno sfiorera' l'aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv e in lontananza vedranno sfavillare i grattacieli della metropoli ebraica. Quindi il treno pieghera' a sud, costeggiando il Mediterraneo. Superato il porto di Ashqelon entrera' nella Striscia di Gaza.
In una prima fase i passeggeri non potranno lasciare i vagoni durante il viaggio. Ma una volta stabilizzate le relazioni fra i due popoli sara' messa loro a disposizione anche la fermata dell'aeroporto Ben Gurion: un'ora dopo aver lasciato Gaza o 25 minuti dalla partenza da Ramallah saranno dunque in sala partenze, pronti al decollo per l'estero. Israel ha-Yom sostiene che al progetto si sta lavorando alacremente da tempo. Cio' non vuol dire necessariamente che presto o tardi diventera' realta'.
Proprio in questi giorni gli abitanti di Tel Aviv hanno infatti appreso che non si fara' la linea metropolitana promessa loro negli anni Settanta dalla premier Golda Meir. Progetti da allora ne sono stati concepiti a decine, tutti sfumati nel nulla. E anche la "Metropolitana di Tel Aviv" e' divenuta un sinonimo di "Fata Morgana".

(RaiNews24, 27 agosto 2010)

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Fornitura di missili anticarro francesi al Libano ostacolata da Usa e Israele

Elicottero francese Gazelle
Israele e gli Stati Uniti stanno cercando di impedire un accordo franco-libanese che prevede la fornitura all'Esercito Libanese di 100 sistemi missilistici anti-carro Hot destinati ad armare gli elicotteri modello Gazelle che la Francia ha già fornito al Libano.
La questione riaccende l'intenso dibattito che si sta svolgendo negli Usa sull'ipotesi di ridurre l'aiuto militare americano all'Esercito Libanese a causa delle pressioni israeliane. Dopo l'incidente avvenuto fra israeliani e forze armate libanesi al confine meridionale del Libano lo scorso 3 agosto, nel quale sono caduti un ufficiale israeliano e due soldati libanesi, Israele ha accusato l'esercito libanese di essere infiltrato dalle forze di Hezbollah.
Il portavoce del Dipartimento di Stato americano P.J. Crowley ha difeso il programma di assistenza militare al Libano, affermando che esso "è interesse nazionale degli Usa e contribuisce alla stabilità della Regione": invece alcuni parlamentari, ad esempio Howard L. Berman, presidente democratico del Comitato per la politica estera della Camera aveva chiesto di bloccare una tranche in corso di pagamento di 100 milioni di dollari di aiuti militari al Libano, richiesta che di norma non può essere ignorata dalla Casa Bianca.

(Clarissa.it, 27 agosto 2010)

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Sclerosi multipla, un test la diagnostica 9 anni in anticipo

Sperimentata un esame del sangue capace di individuare gli indicatori della malattia molto prima di quanto è possibile fare oggi

Un test del sangue potrebbe predire l'insorgere della sclerosi multipla con nove anni di anticipo rispetto a quelli ora in uso. A metterlo a punto un team di ricercatori israeliani che ha pubblicato la scoperta sulla rivista scientifica "Neurobiology of Disease".
Lo studio ha esaminato campioni di sangue di 20 soldati israeliani di 19 anni, nove dei quali hanno poi sviluppato la malattia. Centinaia di geni sono stati analizzati alla ricerca di indicatori che mostrassero qualche differenza fra i soggetti sani e quelli che poi si sarebbero ammalati.
"I pazienti che hanno sviluppato la sclerosi multipla avevano una sorta di firma nel sangue diversa dagli altri", ha spiegato Anat Achiron, dell'Università di Tel Aviv. "Questo risultato può essere utilizzato per individuare la sclerosi multipla con largo anticipo, fino a nove anni prima, rispetto a quando si manifestano i sintomi".
Secondo l'esperto l'analisi del sangue si potrebbe applicare anche ai familiari di chi ha la malattia, che ha una forte componente ereditaria. Attualmente non ci sono cure per la sclerosi multipla, ma esistono farmaci in grado di rallentarne la formazione, se somministrati precocemente.

(Staibene.it, 27 agosto 2010)

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Netanyahu a Putin: Non dovete vendere armi alla Siria

Il ministro della Difesa Ehud Barak si recherà a Mosca

Missile P-800 Yakhont
ROMA, 27 ago. - Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha chiesto al primo ministro russo Vladimir Putin di bloccare la vendita di armi russe alla Siria, tra cui anche i missili supersonici P-800 Yakhont. Lo riporta il sito web del quotidiano israeliano Haaretz. Israele considera questi missili pericolosi per le sue navi militari nel Mar Mediterraneo. In un colloquio con Putin, Netanyahu ha detto al leader russo che i missili venduti in passato dalla Russia alla Siria sono stati poi trasferiti alle milizie sciite di Hezbollah, e utilizzate contro l'esercito israeliano nella Seconda guerra del Libano del 2006. Intanto, secondo quanto riporta sempre Haaretz, il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak si recherà prossimamente a Mosca per discutere della questione con il suo omologo russo Anatoli Seryukov. Mai un ministro della Difesa israeliano si è recato in visita in Russia, e per gli israeliani si tratta di un avvenimento di portata storica. "Abbiamo lavorato su questa visita per più di un anno ed è molto importante per noi", ha detto una fonte israeliana.

(Apcom, 27 agosto 2010)

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Unicoop tra gli sponsor della Giornata Europea della Cultura Ebraica

di Adam Smulevich

FIRENZE - Nello scorso maggio dagli scaffali dei punti vendita Conad e Coop sparivano alcuni prodotti (provenienti dai Territori occupati) di Agrexco, nota azienda esportatrice, in parte di proprietà statale, con quartier generale a Tel Aviv. Boicottaggio? Il sospetto di molti era che alla base della decisione ci fosse l'intenzione - d'altronde iniziative analoghe sono all'ordine del giorno - di penalizzare l'economia israeliana. In quei giorni di grande tensione (poi rientrata) tra gli ebrei italiani e i vertici delle due catene di distribuzione, una delegazione guidata da Guidobaldo Passigli, presidente della Comunità ebraica di Firenze, incontrava Franco Cioni, direttore delle politiche sociali di Unicoop Firenze che attualmente sta lavorando ad alcuni progetti sul conflitto mediorientale, per cercare di sanare la frattura. Nel corso dell'incontro, oltre al chiarimento desiderato ("ho spiegato al presidente Passigli che i giornali hanno ingigantito i fatti e da parte sua c'è stata molta comprensione", dice Cioni), arriva la proposta di lanciare un messaggio forte alla società, coinvolgendo Unicoop tra gli sponsor della Giornata Europea della Cultura Ebraica fiorentina. Guanto di sfida raccolto: a partire da lunedì i manifesti della GECE 2010, che si svolgerà domenica 5 settembre con tema Arte ed ebraismo, saranno esposti in oltre cinquanta punti vendita delle province di Firenze e Siena (prevista anche una vasta diffusione a livello regionale), mentre sul prossimo numero della rivista settimanale edita dalla Coop che raggiunge circa un milione di soci sparsi per la Toscana, ci sarà una mezza pagina di pubblicità dedicata alla manifestazione. Probabile, anche se ancora da confermare, l'intervista a uno dei protagonisti della Giornata per Informacoop, trasmissione che fa parte del palinsesto di alcuni canali televisivi cittadini. "Era necessario ripartire col piede giusto dopo le incomprensioni di maggio - spiega Cioni -. Trovo che la sponsorizzazione di un evento così ricco di significato sia il modo migliore per dimostrare il profondo rispetto e l'amicizia che ci legano alla Comunità ebraica di Firenze". Amicizia che va avanti da anni: Unicoop Firenze era uno degli sponsor della Giornata Europea della Cultura Ebraica già nel 2008. "Le diversità sono un valore e non un qualcosa da assopire, per questo partecipiamo con entusiasmo a iniziative di questo genere", conclude Cioni.

(Notiziario Ucei, 27 agosto 2010)

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Diabete? Combattilo con il pompelmo

Gli antiossidanti del pompelmo efficaci come un trattamento farmacologico

La dieta è importante e, in questo caso lo è ancora di più. Infatti, non solo il diabete ma, a quanto pare, anche l'obesità si può combattere efficacemente con frutto delizioso, il pompelmo.
Questo è quanto sostiene uno studio condotto dai ricercatori della Hebrew University di Gerusalemme, i quali hanno constatato che una sostanza antiossidante, chiamata naringenina, è in grado si svolgere lo stesso lavoro di farmaci sintetici utilizzati tradizionalmente contro il diabete di tipo 2.
La malattia si manifesta quando l'organismo non è in grado di produrre una quantità adeguata di insulina, sostanza che regola i livelli di zuccheri nel sangue.
L'aumento di peso espone i diabetici a ulteriori rischi per la salute, ma con l'utilizzo della naringenina, la sostanza che dà il caratteristico sapore amarognolo al frutto del pompelmo, si può aumentare la sensibilità del corpo all'insulina, permettere al fegato di bruciare i grassi anziché immagazzinarli e mantenere un peso ottimale. Gli effetti, secondo gli scienziati, sarebbero paragonabili a quelli che si ottengono con l'utilizzo del Fenofibrato e del Rosiglitazone, due farmaci dall'azione ipolipemizzante.
Sebbene l'autore dello studio, il dottor Yaakov Nahmias, considererebbe la cura a base di antiossidanti del pompelmo un rimedio efficace e naturale, esponendo i risultati della ricerca sulle pagine della rivista scientifica PLoS One ha dichiarato: «Le sostanze chimiche come la naringenina sono state a lungo ricercate dall'industria farmaceutica, ma il loro sviluppo è stato afflitto da problemi di sicurezza. Questo è un passo avanti ma non dobbiamo esagerare pensando che mangiando grandi quantità di pompelmo funzionerà come una bacchetta magica - non lo farà».
Certo, una bacchetta magica che risolva tutti i nostri problemi ancora gli scienziati non l'hanno trovata, tuttavia, se esistono rimedi naturali che possono aiutarci a vivere meglio, possiamo già considerarlo un grande traguardo.

(La Stampa, 27 agosto 2010)

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Europei di basket - Israele a un passo dalla qualificazione
    
Missione quasi compiuta: la nazionale israeliana di basket vede la qualificazione ai prossimi Europei in Lituania sempre più vicina. Giovedì sera sono arrivati altri due punti, forse quelli decisivi, contro la Finlandia, sconfitta con un perentorio 85 a 71 sul parquet della Nokia Arena di Tel Aviv. Due punti che ad essere la vendetta, ampiamente attesa, per il brutto ko di Helsinki nel match di andata, significano anche secondo posto matematico nel girone (a scapito dell'Italia che resta in corsa per gli spareggi) e possibilità, fino a pochi giorni fa insperate, di primato (ricordiamo che agli Europei si qualificano le prime e le due migliori seconde dei vari raggruppamenti). L'ultima sfida prevista dal calendario è uno spareggio al vertice: Montenegro contro Israele, entrambe appaiate in testa alla classifica con dieci punti. Chi vince è sicuro di volare a Vilnius, chi perde ha buone possibilità di prendere lo stesso aereo.

Israele - Finlandia 85 - 71
Classifica Girone A
Montenegro e Israele 10, Italia 8, Lettonia 4, Finlandia 2

(Notiziario Ucei, 27 agosto 2010)

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La metropolitana della discordia

A Gerusalemme è polemica dopo la proposta di dividere il treno fra uomini e donne per i quartieri ultra-ortodossi

di Antonio Marafioti

Dividere la metropolitana leggera in scomparti maschili, in testa, e femminili, in coda, per blandirela popolazione ultra-ortodossa di Gerusalemme. La proposta è stata lanciata dai vertici di CityPass l'azienda incaricata di costruire i treni per il trasporto pubblico nella città santa.
La polemica. È scoppiata subito dopo le dichiarazioni di Yair Naveh, amministratore delegato di City Pass, il quale, nella giornata di presentazione della linea, che entrerà a pieno regime nella prossima primavera, ha parlato di "vetture mehadrin" per la metro. "Mehadrin" è un termine usato per descrivere quelle persone che rispettano alla lettera i dettami della Torah (raccolta delle sacre scritture ebraiche ndr). Naveh, ex generale di ferro in forza all'Israel Defense Forces, ha spiegato a chi chiedeva delucidazioni sulla sua proposta: "Il treno è stato costruito per servire tutti e l'opzione può essere facilmente adottata dal momento che il mezzo è diviso in vagoni. Non è un problema dichiarare mehadrin tre o quattro vetture". Fra coloro che criticano l'idea per il timore dei suoi effetti segreganti c'è uno degli assessori comunali di Gerusalemme Rachel Azariya che ha affermato: "Naveh sembra ignorare la sentenza dell'Alta Corte che proibisce questo tipo di segregazione. Non credo che egli abbia il diritto di decidere come residenti di Gerusalemme dovrebbero comportarsi nella sfera pubblica. È stato incaricato - ha concluso Azariya - di eseguire un progetto ma questo non significa che egli possa dire alla gente dove potersi o non potersi sedere".
Ricorsi storici. In Israele il principio di eguaglianza nei trasporti pubblici era stato violato un anno fa quando la compagnia di autobus Egged, finanziata con denaro pubblico, ha scelto di far pagare un prezzo ridotto agli haredi (ultra-ortodossi) a cui venivano anche riservati posti particolari all'interno dei mezzi., Questo dopo le proteste a Meah Sharim, il quartiere di Gerusalemme abitato dagli ultra-ortodossi, che riunì, il 25 aprile 2009, oltre duemila persone. Oggi la proposta di Naveh sembra ignorare quegli avvenimenti e non tener conto del fatto che la metropolitana in quanto servizio pubblico non può obbligare i passeggeri ad adeguarsi alle pratiche religiose di un piccolo gruppo. La tensione fra i vertici politici e quelli di CityPass sono arrivati ad una settimana di distanza da un'altra querelle sorta dopo che il consorzio privato aveva indetto un sondaggio per chiedere ai cittadini se fossero "infastiditi" dal fatto che la tratta metropolitana includesse le fermate nei quartieri arabi di collegamento con gli insediamenti israeliani a Gerusalemme Est. La stessa rilevazione statistica domandava agli intervistati se fossero preoccupati dal fatto che i passeggeri, tanto ebrei quanto arabi, potessero salire a bordo dei treni senza subire un controllo di sicurezza.
Nel campione statistico c'era anche Ofra Ben-Artzi, cognata della first lady Sara Netanyahu, che ha sostenuto: "Ho detto al sondaggista se riteneva possibile che questo tipo di domande potessero essere poste a Londra o New York. Questo testimonia il livello di razzismo che abbiamo raggiunto".

(PeaceReporter, 26 agosto 2010)

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Ankara a Usa: Vogliamo rapporti amichevoli con Israele

Una delegazione turca in visita a Washington

ROMA, 26 ago. - La Turchia intende mantenere rapporti cordiali e amichevoli con Israele, nonostante le tensioni degli ultimi mesi. Ankara lo ha assicurato agli Stati Uniti, in occasione di una visita a Washington di una delegazione turca, guidata dal sottosegretario agli Esteri Feridun Sinirlioglu, ricevuta da funzionari del Dipartimento di Stato e della Difesa, come riportano i media israeliani.
Le relazioni tra Turchia e Israele, una volta stretti alleati, si sono deteriorate a seguito dell'offensiva israeliana nella Striscia di Gaza dell'inverno 2008/2009, e hanno toccato il fondo dopo il blitz israeliano dello scorso maggio contro la flottiglia umanitaria diretta a Gaza, sponsorizzata dalla Turchia, in cui persero la vita nove turchi. Secondo un diplomatico turco membro della delegazione, l'incidente della flottiglia è stato un "episodio tra amici".

(Apcom, 26 agosto 2010)

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Disordini a Gerusalemme Est

Scontri a Gerusalemme Est. Nel quartiere di Silwan alcuni abitanti palestinesi hanno dato alle fiamme diversi veicoli e lanciato pietre e bottiglie molotov contro la polizia israeliana.


(euronews, 26 agosto 2010)

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Israele - Difesa, cosa cambia al vertice

di Sergio Minerbi

Tra qualche mese prenderà servizio il nuovo Capo di stato maggiore, generale (Aluf) Yoav Galant, che attualmente dirige l'esercito sul fronte meridionale. Finisce così la burrasca provocata nelle ultime settimane da uno pseudo documento che preconizzava la strategia necessaria a Galant per diventare Capo di stato maggiore. Secondo le indagini della Polizia il documento era falso e circolava tra gli ufficiali di stato maggiore già da qualche mese. Quale fosse il suo scopo non è chiaro e forse poteva anche mirare a silurare la candidatura di Galant. Lo pseudo documento, il suo lancio vistoso per mezzo di una rete televisiva locale, le illazioni sul suo autore, hanno occupato l'opinione pubblica per alcuni giorni. Alla fine sembra che si trattasse di una burrasca in un bicchier d'acqua. Il ministro della Difesa Ehud Barak ha scelto Galant tra una rosa di candidati tutti atti al grave compito. Spero che sia possibile cominciare a diminuire le spese di bilancio destinate alla Difesa (più di 55 miliardi di shekel), ma le notizie degli ultimi giorni parlano invece dell'eventuale acquisto di 25 aerei da combattimento americani del tipo F-35 che possono sfuggire ai radar nemici e costa cifre folli sebbene sia stanziato sui fondi degli aiuti americani.

(Notiziario Ucei, 26 agosto 2010)

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Auschwitz, Rabbini e Imam insieme

"Missionlin.org" pubblica questa notizia, che rilanciamo. Alcuni leader islamici a Auschwitz e Dachau insieme ad alcuni rabbini lanciano questo messaggio: "Condanniamo l'antisemitismo in ogni sua forma. Nessuna creatura di Dio deve subire discriminazioni in base alla sua fede o convinzione religiosa. Siamo testimoni dell'assoluto orrore e tragedia, l'Olocausto in cui sono periti 12 milioni di esseri umani, tra cui 6 milioni di ebrei".

di Marco Tosatti

"Condanniamo l'antisemitismo in ogni sua forma. Nessuna creatura di Dio deve subire discriminazioni in base alla sua fede o convinzione religiosa. Siamo testimoni dell'assoluto orrore e tragedia che è stata l'Olocausto in cui sono periti 12 milioni di esseri umani, tra cui 6 milioni di ebrei". È questo uno dei concetti più forti espresso dal gruppo di imam musulmani che nei giorni scorsi, insieme ad un gruppo di rabbini ebrei, hanno fatto visita ai campi di sterminio nazisti di Auschwitz e Dacau. L'iniziativa, svoltasi nei giorni scorsi e sponsorizzata dalla Fondazione Konrad Adenauer e dal Centro per la comprensione interreligiosa di Carlstadt, ha portato importanti capi islamici degli Stati Uniti in una visita che un esponente dell'Amministrazione Obama - Hannah Rosenthal, incaricata per la lotta all'antisemitismo all'interno del Dipartimento di Stato Usa - non ha esitato a definire di "importanza storica". Anche perché - come spiegava l'agenzia Religion News - "è in crescita la negazione dell'Olocausto in vari circoli, islamici e non, nel mondo": è noto il caso del presidente iraniano Ahjadinejad che ha definito la Shoah "un mito". "Condanniamo ogni tentativo di negare la realtà storica e dichiarato che tali tentativi di negare o in qualche modo giustificare questa tragedia sono contrari all'etica islamica" hanno scritto gli otto imam, tra i quali figurano Musammil Siddiq, presidente del Fiqh Council del Nordamerica, Muhamad Maged, vicepresidente della Società islamcia del Nordamerica, Syed Naqvi, direttore del Centro di informazione islamico di Washington, e altri. Al contempo il documento anti-semita cita anche "i giusti islamici di Bosnia, Turchia, Tunisia, Marocco e Albania" che aiutarono molti ebrei a sfuggire allo sterminio nazista (proprio su questo tema il Centro Pime di Milano ha promosso la mostra Giusti dell'islam, che dal 2008 gira nelle città italiane divenendo occasione concreta di incontro tra cristiani, ebrei e musulmani. Clicca qui per saperne di più). Il bilancio della "missione" è decisamente positivo, a sentire i partecipanti: "Quasi tutti noi avevamo le lacrime agli occhi" ha spiegato l'imam Saddiqi. "Ho recitato le parole del Corano che dicono che chi uccide una persona, uccide il mondo intero, e chi salva una vita, salva il mondo intero. "E' stata un'esperienza travolgente" ha rimarcato lo sceicco Yasir Wadhi, decano dell'AIMaghrib Institute. "Non ho mai visto niente di simile. Sono rimasto sconvolto dal vedere una tale disumanità. Non riesco a comprendere come si sia potuta verificare una tale malvagità".

(La Stampa, 26 agosto 2010)

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Trovati i ferri del ginecologo mostro

Erano in una casa di Auschwitz, appartennero a Carl Clauberg, che li usava per esperimenti nei lager

VARSAVIA - Oltre 150 ferri chirurgici e ginecologici sono stati scoperti di recente in una casa di Auschwitz, la città del sud della Polonia che ospitò il campo di sterminio nazista durante la Seconda Guerra Mondiale. «Si tratta di una delle più grandi scoperte degli ultimi anni - ha detto il portavoce del museo locale -. Con ogni probabilità questi strumenti sono stati utilizzati dal ginecologo Carl Clauberg».
ESPERIMENTI NEI LAGER - Il medico, membro delle SS, effettuò ad Auschwitz una serie di esperimenti sui metodi di sterilizzazione di massa delle donne. Centinaia di detenute del campo di concentramento furono utilizzate come cavie umane e morirono a seguito degli interventi di Clauberg. Con l'arrivo dell'Armata Rossa, Clauberg fu trasferito nel gennaio 1945 al campo di Ravensbrouck, nei pressi di Berlino, dove continuò a praticare le sue esperienze. Fatto prigioniero dai sovietici nel giugno 1945, fu condannato a 25 anni di prigione prima di essere rinviato in Germania Ovest nel 1955. Qui fu incriminato a seguito di una serie di denunce depositate da superstiti. Morì nel 1957.
IL CAMPO DEGLI STERMINI - Gli strumenti chirurgici sono stati scoperti in una casa che si trovava durante la seconda guerra mondiale in una zona chiusa di Oswiecim (il nome polacco di Auschwitz), prima destinato alla detenzione di prigionieri polacchi, poi (a partire dal 1942) principalmente allo sterminio degli ebrei d'Europa. Circa un milione di ebrei sono morti ad Auschwit-Birkenau, così come almeno 70.000 polacchi non ebrei, 21.000 rumeni, 15.000 prigionieri di guerra sovietici e da 10.000 a 15.000 altri prigionieri. (fonte: Afp)

(Corriere della Sera, 26 agosto 2010)

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Domenica 5 settembre la Giornata Europea della Cultura Ebraica

Il programma della Giornata Europea della Cultura Ebraica che si svolgerà presso la Sinagoga di Siena

SIENA - Arte ed Ebraismo: questo il binomio scelto quale 'fil rouge' delle manifestazioni della Giornata Europea della Cultura Ebraica, che nel 2010 giunge alla sua undicesima edizione. Dalle mostre di arte figurativa - e dal complesso rapporto che gli ebrei intrattengono con essa - alla letteratura, dalla musica alle rappresentazioni teatrali alle decine di happening ed eventi grandi e piccoli , l'ebraismo italiano ed europeo si apre ad un pubblico di anno in anno più numeroso e interessato, per farsi conoscere, per parlare con gli altri, per combattere stereotipi e pregiudizi....

(SienaFree.it, 26 agosto 2010)

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Libano: scontri tra Hezbollah e sunniti a Beirut, 3 morti

BEIRUT, 25 ago - Sono tre i morti in uno scontro a Beirut tra il gruppo sciita Hezbollah e un'organizzazione sunnita.
Abdel Qader al-Fakhani, portavoce del gruppo sunnita filo-siriano al-Ahbash, ha detto alla radio locale che due membri di Hezbollah e un partigiano del suo gruppo sono stati uccisi negli scontri avvenuti questa notte.
Si tratta del peggiore episodio di violenza che abbia sconvolto la capitale libanese dal maggio 2008, quando 100 persone sono state uccise negli scontri tra i sostenitori di Hezbollah e quelli del primo ministro filo-occidentale libanese Saad Hariri.
Il combattimento di oggi, condotto con armi automatiche e granate, e' scoppiato nel quartiere a maggioranza musulmana di Burj Abi Haidar, roccaforte del movimento sciita Amal, alleato di Hezbollah.
Lo scontro e' nato da una discussione sulle strisce di un parcheggio nei pressi di una moschea.
Hezbollah e al-Ahbash hanno fatto sapere in una dichiarazione congiunta che il ''deplorevole episodio e' un fatto isolato e non ha alcuna base politica o confessionale''.

(ASCA, 25 agosto 2010)

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(Guysen TV, 25 agosto 2010)

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Iran: Pronti a fornire armi se Beirut lo chiederà

Dopo appello di Hezbollah a governo libanese

TEHERAN, 25 ago. - Se il Libano dovesse richiedere assistenza, l'Iran è pronto a vendere armi a Beirut: lo ha dichiarato il ministro della Difesa iraniano, generale Ahmad Vahidi. Le dichiarazioni di Vahidi giungono il giorno dopo la richiesta avanzata dal ledaer delle milizie sciite di Hezbollah, Hassan Nasrallah, perché il governo libanese si rivolga all'Iran per ottenere assistenza militare. Il governo libanese ha intanto aperto un conto corrente presso la banca centrale del Paese per ricevere fondi destinati all'acquisto di forniture belliche: l'iniziativa costituisce una protesta contro la decisione dell'Amministrazione Obama di sospendere gli aiuti militari stanziati per il 2009 - pari ad oltre cento milioni di dollari - nel timore che le armi possano essere utilizzate contro Israele o finire negli arsenali di Hezbollah; dal 2006 ad oggi Washington ha fornito al Libano 720 milioni di dollari in aiuti militari.

(Apcom, 25 agosto 2010)

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Libano: omicidio Hariri, insufficienti le prove di Hezbollah

Daniel Bellemare, procuratore del Tribunale internazionale, responsabile del caso dell'omicidio del premier libanese Rafiq Hariri, il giorno 24 ha emesso una dichiarazione che ritiene insufficienti le prove offerte da Hezbollah sul coinvolgimento israeliano.
Secondo la dichiarazione, dopo una valutazione iniziale sui materiali in DVD offerti da Hezbollah, l'ufficio del Libano del Tribunale internazionale ritiene che si tratti solo dei materiali resi noti il 9 agosto scorso nel corso di una conferenza stampa dal leader di Hezbollah Sayyed Hassan Nasrallah, insufficienti a provare che Israele sia coinvolto nella trama dell'omicidio.

(Il Denaro, 25 agosto 2010)

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Firenze: insulti razzisti e minacce a buttafuori senegalese, denunciati 2 israeliani

FIRENZE, 25 ago. - Due giovani israeliani sono stati denunciati nella notte a Firenze. I due studenti, entrambi 26enni, sono stati fermati verso le 2 dalla polizia di fronte ad un locale in via Verdi, mentre stavano aggredendo verbalmente un dipendente di origine senegalese con insulti a sfondo razziale. La lite era cominciata circa una mezz'ora prima quando i ragazzi erano stati allontanati dal locale a seguito delle lamentele di una turista americana che aveva ricevuto eccessive attenzioni dal gruppetto di amici.
Gli stranieri inizialmente si erano allontanati minacciando i presenti che sarebbero tornati addirittura armati di pistola; poi, dopo alcuni minuti si sono ripresentati impugnando tra le mani grossi bastoni di legno, che altro non erano che gambe divelte da un tavolo di un ristorante dei dintorni.
Quando la polizia ha bloccato i due stranieri, ha ricostruito i fatti sentendo le numerose testimonianze dei presenti e di coloro che poco lontano avevano assistito sbigottiti al danneggiamento del tavolino del ristorante. I due sono stati denunciati per minacce aggravate, danneggiamento e porto di oggetti atti ad offendere.

(Adnkronos, 25 agosto 2010)

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Champions League - Il sogno dell'Hapoel diventa realtà
    
Il sogno è diventato realtà. L'Hapoel Tel Aviv, club vincitore dell'ultima Ligat Toto, si è qualificato per la prima volta nella sua storia alla fase a gironi della Champions League. È il secondo anno consecutivo che una squadra israeliana fa capolino tra le 32 grandi d'Europa: nella scorsa stagione l'impresa era riuscita al Maccabi Haifa, poi entrato nel libro dei record (negativi) del torneo con zero goal e zero punti fatti. Anche l'ultimo ostacolo prima del salto nell'elite del pallone, quel Salisburgo che a suo tempo fu allenato da Trapattoni, è stato superato. Ma quanta sofferenza: dopo il convincente 3 a 2 ottenuto in trasferta, la gara di ritorno sembrava una mera formalità, quasi una passerella davanti al pubblico amico. Complice una sfortunata autorete di Douglas Da Silva (anche se le responsabilità maggiori del fattaccio sono del portiere Vincent Enyeama) in conclusione di primo tempo, il sogno ha rischiato di trasformarsi nel più brutto degli incubi. Un altro goal e gli austriaci avrebbero condannato i rossi di Tel Aviv a una drammatica eliminazione: sugli spalti del Bloomberg Stadium iniziava a serpeggiare la tensione. I brividi, nonostante un netto predominio territoriale dei padroni di casa che gettavano al vento una lunga serie di occasioni propizie per pareggiare, si sono tramutati in gioia sfrenata solo pochi istanti prima del triplice fischio finale. Cioè quando la botta sul primo palo di Eran Zahavi ha gonfiato la rete avversaria, scongiurando ogni possibile ribaltone. Da quel momento era il delirio: una città che vive di basket, scopriva che anche il calcio poteva darle grandi emozioni.

Hapoel Tel Aviv - Salisburgo 1-1
Autorete Da Silva (S), Zahavi (H)

(Notiziario Ucei, 25 agosto 2010)

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C'è del marcio in Norvegia

Il veleno scorre nella socialdemocratica, perbenista, pacifista e multiculturale Norvegia. Si chiama odio per Israele. Il governo di Oslo ha annunciato il boicottaggio di due colossi economici israeliani che hanno lavorato negli insediamenti . Gli ebrei in Norvegia sono appena lo 0,003 per cento della popolazione totale, eppure Oslo è un baluardo mondiale dell'antisionismo e dell'antisemitismo. Siamo nel paese che il Global Peace Index pone da anni in cima alla lista dei paesi più "pacifici" del mondo. Il fondo sovrano della Norvegia (quello che ha il compito di amministrare i soldi del petrolio) ha disinvestito dalla società israeliana Elbit, perché ha contribuito alla barriera di separazione che tiene lontani gli attentatori suicidi dal territorio israeliano. L'autore del famoso romanzo "Il mondo di Sofia", l'eroe nazionale Jostein Gaarder, si è augurato la distruzione d'Israele. Da anni sui quotidiani norvegesi appaiono vignette antisemite. Sul giornale Dagbladet, l'ex primo ministro israeliano Olmert è apparso come il capo di un campo di sterminio. La leader socialista Kristin Halvorsen guida molte campagne di boicottaggio d'Israele, a cui ha preso parte anche la chiesa luterana. E la prestigiosa Università di Trondheim sono tre anni che discute se trasformarsi in un ateneo deisraelizzato, come Heidelberg o Friburgo durante la guerra, da cui Adorno, Arendt e Einstein furono costretti a scappare. C'è del marcio nella placida Norvegia.

(Il Foglio, 25 agosto 2010)

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Israele, lingue «sorelle» per capirsi di più

di Fulvio Scaglione

«Tante parole nuove dovranno essere inventate, e quando l'ebraico non basterà, la lingua araba, sorella della nostra, ci fornirà i suoi suggerimenti». L'auspicio di Eliezer Ben-Yehuda, l'ebreo russo che, arrivato in Palestina nel 1881, si dedicò a far rinascere l'ebraico come lingua moderna, non si è realizzato. O, per meglio dire, si è realizzato come molte cose da quelle parti: l'ebraico, come lo Stato di Israele, è rinato per conto suo, a dispetto e spesso anche "contro" l'arabo. Con il passare dei decenni, inoltre, il rafforzamento dello Stato ha potenziato la penetrazione della lingua: gli studenti israeliani di lingua araba (già impegnati con una lingua madre che tra lo scritto e il parlato presenta notevoli differenze) devono raggiungere un'alta padronanza dell'ebraico per aspirare alla migliore educazione scolastica e professionale. L'arabo, poi, ha subito in Palestina una sorte unica al mondo.
Lingua dominante in tutta la regione, è diventata lingua secondaria in quella sottile striscia di terra, pur essendo patrimonio della corposa minoranza palestinese (20% della popolazione totale di Israele) come di una parte significativa (almeno il 40%) della stessa popolazione israeliana, originaria di Paesi arabi. Non è notizia da poco, dunque, quella che arriva dallo Stato ebraico, dove la lingua araba diventerà materia di studio obbligatorio già in quinta elementare. Il provvedimento è stato illustrato dal ministro per le Minoranze, il laburista Avishay Braverman, che alle precisazioni tecniche (il nuovo corso partirà dalle scuole delle zone centrali e settentrionali di Israele, quelle meridionali arriveranno in un secondo tempo), ha aggiunto l'auspicio di un «rafforzamento dei legami tra arabi ed ebrei in Israele».
L'auspicio è molto meno peregrino di quanto una lettura superficiale potrebbe far credere. Per capirsi, va da sé, bisogna riuscire a parlarsi: insegnare l'arabo solo a partire dall'inizio del liceo e con la possibile alternativa di lingue più "simpatiche" (russo o francese), come avveniva prima, equivaleva a emarginarlo dall'orizzonte culturale dei giovani israeliani. Anticiparne lo studio di quattro o cinque anni vuol dire cambiare radicalmente prospettiva. E poi da tempo le autorità dello Stato ebraico si preoccupano della capacità di Israele di "raccontarsi" agli arabi. Un anno cardine è stato il 2006, quando il ministero degli Esteri varò una sezione in arabo (la prima dei grandi siti ufficiali) che ebbe un immediato successo.
Da allora le iniziative si sono moltiplicate (nel 2009 Israele ha scelto un film in lingua araba, "Ajami", come proprio candidato agli Oscar), per intensificarsi nel 2010: entro l'anno dovrebbe partire un canale televisivo satellitare israeliano in lingua araba e lo stesso premier Netanyahu ha deciso di dotarsi di un portavoce, Ofir Gendelman, specializzato nei contatti con i media arabi. Propaganda? "Hasbara", come si dice laggiù per indicare una via di mezzo tra pubbliche relazioni e diplomazia? Il tentativo di mettere a frutto la lezione del capitano Avichai Edri, la cui intervista in arabo ad al-Jazeera, durante la guerra di Gaza, ha raccolto più di un milione di visioni su YouTube? Può darsi. Ma anche una propensione a parlare di sé, e a spiegarsi ai "vicini", che rende Israele più aperto al Medio Oriente a cui pure appartiene e che per molto tempo ha visto come un'entità solo ostile.
A proposito: sempre quest'anno, il governo israeliano ha deciso che il 7 gennaio, data di nascita di Eliezer Ben-Yehuda, diventi il Giorno della lingua ebraica. Perché per parlare agli altri, come Ben-Yehuda sapeva e ripeteva, è bene prima capire se stessi.

(Avvenire, 25 agosto 2010)

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Israele: lo sciopero del ministero degli Esteri influenza la visita del premier negli Usa

Alla vigilia della partenza del premier Benjamin Netanyahu per gli Usa per partecipare ai negoziati di pace diretti tra Palestina e Israele, il Sindacato del Ministero degli Esteri israeliano il 24 agosto ha inviato un telegramma ai lavoratori dell'ambasciata israeliana negli Usa, chiedendogli di fare uno sciopero e di non fornire servizi alla visita di Netanyahu.
Un esponente del governo israeliano che intende mantenere l'anonimato ha rivelato che lo sciopero del personale del ministero degli Esteri creerà degli inconvenienti alla visita, rifiutando però di commentare se possa influenzare o meno i negoziati di pace.

(Il Denaro, 25 agosto 2010)

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Palestina: i Paesi arabi tagliano i fondi alla ANP. E' la fine della pacchia?

di Sharon Levi

Sembra proprio che l'Autorità Nazionale Palestinese sia arrivata al capolinea, almeno per quanto riguarda i maggiori finanziatori arabi che hanno tagliato notevolmente - quando non annullato completamente - gli aiuti economici. Insomma si sono stancati di finanziare un gruppo di corrotti che pensa solo a fare gli affari suoi e che per di più gira buona parte di questi finanziamenti a Gaza (controllata da Hamas) per il pagamento degli stipendi dei dipendenti statali.
A riferire della difficile situazione finanziaria in cui versa la povera ANP è stato ieri il portavoce del Governo palestinese, Ghassan al-Khatib, in una improvvisata conferenza stampa indetta per lanciare l'allarme ai donatori internazionali e alle Nazioni Unite avvisando che se le cose non cambieranno il prossimo mese di settembre non ci saranno soldi per pagare gli stipendi agli oltre 148.000 dipendenti pubblici.
Nel mirino di Ghassan al-Khatib ci sono in particolare quelli che fino a ieri erano i maggiori finanziatori dell'Autorità Nazionale Palestinese, cioè Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti. Secondo quanto riferisce il portavoce del Governo palestinese fino a questo momento nel 2010 i sauditi hanno versato nelle casse palestinesi "solo" 30.600.000 dollari. Nello stesso periodo dello scorso anno (2009) i versamenti erano stati invece di 241,1 milioni di dollari. Gli Emirati Arabi Uniti poi hanno effettuato un taglio pressoché totale con nessun versamento quest'anno mentre nel 2009 avevano versato nelle casse palestinesi qualcosa come 173.900.000 dollari.
E così a causa di questi "ingiustificati tagli" da questo mese la ANP sarà costretta ad adottare misure restrittive un po' su tutto, a partire dall'utilizzo del parco macchine, 2000 veicoli di vario tipo a disposizione della nomenclatura palestinese che dovranno "girare di meno". Tagliati anche i fondi per le "attività di rappresentanza" (cene, viaggi, festini ecc. ecc.) così come quelli destinati al mantenimento delle centinaia di inutili uffici che non si sa nemmeno bene cosa facciano. Davvero un duro colpo per il Governo palestinese.
Ufficialmente il motivo dei tagli è da individuarsi nella crisi economica globale che, a quanto pare, ha colpito anche i ricchissimi emiri del Golfo. In realtà Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti intendono lanciare un messaggio chiaro alla ANP: basta con gli sprechi e con le sottrazioni indebite di fondi. All'inizio del 2010 i Paesi donatori arabi, in particolare gli Emirati Arabi Uniti, avevano chiesto alla ANP dettagliati resoconti finanziari, volevano cioè vedere dove finivano tutti i soldi che davano ai palestinesi. Quei resoconti non sono mai arrivati. Da qui i considerevoli tagli.
Secondo Ghassan al-Khatib alla base della considerevole crescita economica in Cisgiordania (+ 8%) ci sarebbero proprio gli aiuti al Governo palestinese, per cui anche la crescita si fermerebbe se non riprenderanno al più presto i versamenti.. In effetti non sarebbe proprio così. I Paesi donatori hanno potuto constatare che solo il 13% degli aiuti complessivi destinati alla Palestina vengono impiegati in progetti di sviluppo e nella costruzione di infrastrutture. Il resto viene impiegato in parte per mantenere l'imponente macchina burocratica e le migliaia di dipendenti pubblici (compresi quelli di Gaza), ma per buona parte di quelle somme non c'è alcuna giustificazione plausibile sulla loro destinazione.
L'Autorità Nazionale Palestinese ha chiesto alle Nazioni Unite e all'Unione Europea di farsi carico delle somme non versate da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti avvertendo che se ciò non avverrà a settembre non potrà pagare gli stipendi dei dipendenti statali con conseguenze tutte da verificare. La Palestina, pur essendo uno dei Paesi più piccoli al mondo, è attualmente il maggior beneficiario mondiale di aiuti economici ricevendone molti di più di quanto ne ricevano altri Paesi in via di sviluppo (per fare un esempio gli aiuti pro-capite ai palestinesi sono quasi il triplo di quelli che riceve il Congo e il quadruplo di quelli che riceve lo Zambia). Tuttavia, a differenza di qualsiasi altro Paese al mondo, la Palestina non ha fino ad oggi mai dato alcuna giustificazione sull'utilizzo delle centinaia di milioni di dollari che ogni anno riceve dai Paesi donatori. Ora i Paesi arabi se ne sono accorti e hanno tagliato i fondi. Quando lo capiranno anche i Paesi europei e le Nazioni Unite?

(Secondo Protocollo, 24 agosto 2010)

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Israele. L'arabo diventa obbligatorio nelle scuole

L'arabo diventa materia di studio obbligatoria per migliaia di studenti israeliani a partire dalla quinta elementare. La 'rivoluzione' parte dalle scuole di Haifa e del nord dello Stato ebraico, dove la comunità araba è più consistente.
Già 200 scuole, si legge su 'Ynet', il sito web del quotidiano israeliano 'Yedioth Ahronoth', hanno aderito al programma. Le lezioni di arabo sinora erano previste solo alla fine delle medie o all'inizio della scuola superiore. "L'obiettivo - nelle parole di Orna Simchon, funzionario del distretto nord del ministero dell'Istruzione - è trasformare la lingua in un ponte culturale, in un mezzo di comunicazione".
Il distretto ha progettato, insieme all'Abraham Fund, il programma 'Ya Salam' che prevede due ore settimanali di lingua e lezioni di cultura araba. Attualmente in Israele ci sono mille insegnanti di arabo, la maggior parte dei quali sono ebrei. Quest'anno 50 docenti arabi inizieranno a insegnare lingua e letteratura araba nelle scuole. Nel 2000, 1.506 studenti scelsero di studiare l'arabo, mentre lo scorso anno erano 2.187. In Israele gli studenti devono studiare l'inglese e come altra lingua possono scegliere tra arabo, francese, russo o aramaico.

(l'Occidentale, 24 agosto 2010)

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(Guysen TV, 24 agosto 2010)

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Contro la delegittimazione di Israele tre importanti iniziative

di Angelo Pezzana

Se ne discute da tempo immemorabile, Israele sembra essere prigioniero di una ragnatela tessuta con il filo resistente della disinformazione, il cui prodotto finale ha assunto chiaramente il nome di delegittimazione. Le tappe per arrivarci si sono chiamate boicottaggio, diffamazione, disinvestimenti a danno dell'economia israeliana, uso spregiudicato delle organizzazioni per i diritti umani attraverso la collaborazione di Ong il cui fine ha portato, appunto, alla messa in discussione dello Stato ebraico in quanto democratico. Senza contare i tentativi di mettere sotto accusa la classe dirigente del paese, politica e militare, per mezzo di azioni legali a livello internazionale. Un insieme di condizioni che stanno, finalmente, trovando una reazione, una risposta adeguata alla sfida.
Si comincia in Israele, dal 29 agosto al 2 settembre,con un seminario organizzato dal Ministero degli esteri, sulle importanti "sfide legali" che Israele si trova ad affrontare, ad esempio gli aspetti provocati dalle guerre asimmetriche che hanno modificato i rapporti tradizionali che esistevano quando ad entrare in conflitto erano due stati e non entità terroristiche. La funzione degli organismi internazionali e il loro convolgimento nelle crisi regionali, per capire quali azioni possono essere intraprese per evidenziarne l'uso parziale delle loro risoluzioni.
Per assurdo che possa sembrare, ad essere messo sotto accusa è Israele, uno stato che agisce nella piena legalità internazionale, ma che viene presentato come se quella legalità venisse ignorata nelle sue azioni militari di difesa contro il nemico aggressore.
Sotto gli auspici dell'Università di Boston, organizzato dall'associazione americana 'Camera' un altro seminario, il 10/11 ottobre dal titolo " Una guerra con altri mezzi", che vedrà al centro degli interventi quello di Alan Dershowitz, il famoso avvocato e attivista pro-Israele, tra i più grandi esperti su come rispondere alle accuse che sfruttano argomenti legali per screditare lo Stato ebraico.
A Roma, invece, il 7 ottobre, alle ore 18,30, al Tempio di Adriano, in Piazza di Pietra, la grande manifestazione nazionale e internazionale di solidarietà con Israele, organizzata dall'On.Fiamma Nirenstein alla presenza di José Maria Aznar, fondatore movimento europeo 'Friends of Israel'. Questa manifestazione fa seguito all'appello "Per la verità, per Israele", che ha raccolto finora migliaia di adesioni.
Gerusalemme, Boston, Roma, un buon inizio rendere concreto e visibile il pericolo che Israele deve affrontare, la delegittimazione, una parola che i nostri media non hanno ancora imparato ad usare, ma che sta dietro a tutte le infinite iniziative che trovano invece gratuita e cordiale ospitalità sui mezzi di informazione.

(Informazione Corretta, 24 agosto 2010)

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Europei di basket - Israele passeggia in Lettonia
    
La nazionale israeliana di basket, dopo la brutta e inattesa sconfitta interna con l'Italia, era chiamata a un pronto riscatto in Lettonia per tenere ancora vive le speranze di qualificazione ai campionati europei del 2011 (si qualificano le prime e le due migliori secondi dei vari raggruppamenti). Missione compiuta: il quintetto di Israele ha sbancato Riga con un roboante 92 a 56 che consolida il secondo posto nel gruppo A. Gli uomini di Shivek non avevano alternative ai due punti: un passo falso e sarebbero stati superati in classifica dagli azzurri. Dopo un avvio titubante - forse causato dalla tanta tensione accumulata nelle scorse ore - gli ospiti hanno preso rapidamente il largo, chiudendo i giochi a metà partita. I padroni di casa, più arrendevoli di quanto si potesse immaginare alla vigilia, hanno opposto una resistenza modesta. Adesso, per essere sicura di ottenere la qualificazione diretta senza dover affrontare la lotteria dei gironi di ripescaggio, la nazionale israeliana deve vincere i due ultimi match in calendario contro Finlandia (in casa) e Montenegro (in trasferta).

Lettonia-Israele 56-92
Classifica Gruppo A:
Montenegro 10 (5-1), Israele 8 (4-2), Italia 8 (4-3), Lettonia 4 (2-5), Finlandia 2 (1-5)

(Notiziario Ucei, 24 agosto 2010)

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La Cina sotto braccio con Israele

La tv di Stato cinese celebra le relazioni con Israele attraverso un documentario che esalta la civiltà ebraica

"Passeggiata in Israele, la terra del latte e del miele" è il titolo del documentario prodotto dalla tv di Stato cinese Cctv, in collaborazione con il governo israeliano. Dodici puntate che rappresentano una dichiarazione d'amore e di ammirazione promanata dai canali di Pechino a suggello delle relazioni sino-israeliane che vanno ben oltre quelle diplomatiche avviatesi solo nel 1992. Quando, alla fine del mese scorso la Cctv ha presentato la nuova serie televisiva, gli uffici dell'ambasciata israeliana a Pechino hanno accolto con entusiasmo l'iniziativa dell'emittente di Stato che offre al popolo cinese gli strumenti per conoscere "le meraviglie dello Stato di Israele e il contributo che la civiltà ebraica ha fornito all'umanità".
La produzione del documentario-spot è solo l'ultima vicenda che riguarda il controverso rapporto tra i due paesi. Sebbene, come si diceva, lo scambio delle credenziali diplomatiche risalga solo al 1992, vale la pena sottolineare che Israele fu il primo e il solo paese del Medioriente, a cavallo tra gli anni '40 e '50 del secolo scorso, a riconoscere la sovranità della Repubblica Popolare Cinese, mentre i paesi della Lega Araba che espressero parere sfavorevole al suo ingresso nelle Nazioni Unite, attribuivano alla sola Taiwan la rappresentanza del popolo cinese. Nonostante, successivamente, negli anni '80 la Cina si presentava come avvocato della causa palestinese, i rapporti tra Tel Aviv e Pechino - anche se sotterranei - non si sono mai interrotti. In virtù di una lucida visione politica e pur di arginare l'influenza dell'Unione Sovietica nel Medioriente, Israele non ha esitato a fornire armi sofisticate alla Cina: secondo quanto riportò il New York Post nel 1997, già nel 1979 il premier israeliano Menachem Begin autorizzò Shaul Eisenberg - agente del Mossad e ricchissimo uomo d'affari - a concludere accordi con Pechino per dieci miliardi dollari per la modernizzazione dell'esercito cinese in ordine a un controbilanciamento della potenza militare sovietica che, ricordiamolo, in quegli anni metteva piede in Afghanistan. La collaborazione militare tra i due paesi è durata per oltre vent'anni, fino a quando gli Stati Uniti non fecero arrivare voci di disapprovazione a Tel Aviv che dovette cancellare la vendita di un avanzatissimo sistema radar: Israele invitò la Cina a considerarlo "un incidente occorso in famiglia" e non una crisi tra i due paesi. Per molto tempo Israele è stato uno dei maggiori fornitori di armi della Cina che non solo rimpinguava le casse israeliane ma nello stesso tempo si impegnava (a favore di Israele) a non vendere a sua volta armi ai paesi nemici della Stella di David.
Negli anni le relazioni tra i due paesi hanno assunto connotazioni commerciali di notevole importanza: la Cina è diventata il secondo partner commerciale (dopo gli Usa) di Israele. Il volume delle esportazioni ha subito una crescita esponenziale nell'ultimo decennio arrivando ai dieci miliardi di dollari previsti per il 2010. La Cina è tanto assetata di petrolio quanto di acqua e Israele è leader incontrastata nei processi di desalinazione e purificazione dell'acqua nonché nelle tecniche irrigue, fondamentali per l'agricoltura cinese. Non è un caso che la israeliana Netafim abbia deciso di installare le sue industrie di agrotecnica in Cina puntando tutto sullo sviluppo di quel mercato. Per capire quanto sia influente Israele sulla Cina è utile ricordare quanto apparso sulle colonne del New York Times sui retroscena della votazione della Risoluzione Un 1929 del 9 giugno 2010 riguardante le nuove e più dure sanzioni nei confronti dell'Iran: diversamente da quanto si prevedeva (astensione o voto contrario), la Cina si è espressa a favore. Il merito sarebbe stato tutto di un paio di missioni a Pechino con le quali "il Paese del latte e del miele"avrebbe messo in chiaro che si votavano le sanzioni o un attacco preventivo sarebbe stato inevitabile, con le conseguenti ripercussioni sulle forniture di petrolio iraniane destinate alla Cina.
Le dodici puntate del documentario prodotto dalla Cctv aprono adesso un altro spiraglio dando una forte accelerazione al turismo israeliano. E' scontata la previsione che vedrà gruppi di turisti cinesi prenotarsi per una passeggiata in Israele.

(PeaceReporter, 24 agosto 2010)

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La realtà geopolitica dietro i colloqui israelo-palestinesi

Il governo israeliano e l'Autorità Nazionale Palestinese (ANP) hanno dato il loro accordo per impegnarsi in colloqui di pace diretti il 2 settembre, a Washington. Nessuna delle due parti ha espresso il minimo entusiasmo riguardo ai colloqui. In parte, questo dipende dal fatto che cominciare dei negoziati con entusiasmo indebolisce la posizione negoziale. Ma la ragione più profonda è semplicemente che ci sono stati tanti colloqui di pace fra le due parti, e così tanti fallimenti, che è difficile per una persona razionale riporre in essi molti speranze. Per di più, i fallimenti non si sono verificati per ragioni banali. Si sono verificati a causa di profonde divergenze di interessi e prospettive di ognuna delle due parti.
Questi colloqui in particolare sono ulteriormente danneggiati dalla loro origine. Nessuna delle due parti li desiderava ardentemente. Essi hanno luogo perché li desiderano gli Stati Uniti. Di fatto, in un certo senso, ambedue i lati colloquiano perché non vogliono alienarsi gli Stati Uniti e perché è più facile parlare e fallire che rifiutarsi di parlare....

(il legno storto, 24 agosto 2010)

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Controinformazione “obiettiva” dal mondo arabo-islamico

Ci è arrivata la segnalazione di un articolo sulla città di Gerusalemme tratto da ARABCOMINT, un sito che si presenta così:

ARABCOMINT e' un portale che si occupa prevalentemente d'informazione dal mondo arabo-islamico, con riferimento particolare all'area del Vicino Oriente. Nostro obiettivo e' cercare di correggere in parte la disinformazione che circonda argomenti quali Islam, mondo arabo, Palestina, con l'ausilio delle più grandi ed obiettive firme del giornalismo internazionale.

L’ausilio fornito dalle “più grandi ed obiettive firme del giornalismo internazionale” ha consentito al portale di offrire ai lettori un’illuminante presentazione storica della città di Gerusalemme, che qui riportiamo integralmente.

Gerusalemme
E' una delle piu' antiche citta' del mondo ed i monumenti ivi lasciati dagli originali abitatori, i Gebusiti, appartenenti alla tribu' dei Cananei, stanziatisi in Palestina dalla penisola arabica, testimoniano che la citta' fu fondata intorno al 3000 avanti Cristo. Il suo nome risale a Salem, insieme a Sahar il dio cui gli abitanti della citta' rendevano culto. Fu durante il primo periodo della sua storia che, attorno a Gerusalemme, furono erette mura fortificate per proteggere la citta' dall'attacco dei popoli invasori. Il nucleo della vecchia citta' fortificata rappresenta oggi il cuore di Gerusalemme est, la citta' della pace. La storia ci testimonia che lo stanziamento dei Gebusiti nell'area dell'attuale Gerusalemme e' precedente di almeno un millennio e mezzo l'avvento del re Davide e del cosiddetto "regno d'Israele", se c'e' mai stato.
La storia di Gerusalemme e' continuata in epoca greca, romana e bizantina, per raggiungere il massimo splendore in epoca islamica. Intorno alla meta' del 1900, diverse equipes di archeologi, studiosi, scolari biblici e ricercatori hanno cominciato ad effettuare scavi archeologici attorno alla citta' e al di sotto di essa, in particolare nella zona di Haram esh-Sharif (la spianata delle moschee) portando alla luce resti di molte civilizzazioni e culture, particolarmente di quella islamica. Molte di queste ricerche sono state finanziate dagli stessi governi israeliani succedutisi negli ultimi trent'anni: la ricerca dei resti del Tempio di Salomone non ha dato risultati. Il 7 giugno 1967, l'esercito d'Israele occupa la spianata delle moschee di Al Aqsa e della Cupola della Roccia - che gli ebrei chiamano monte del Tempio - nonche' tutta Gerusalemme est. L'8 ottobre 1990, fu compiuto uno dei peggiori massacri della storia di Gerusalemme; qualche giorno prima della strage un gruppo di fanatici ebrei ortodossi progettarono una marcia sulla spianata delle Moschee di Gerusalemme per sistemare la pietra miliare del "Terzo Tempio" che di li' a poco avrebbero costruito. Alla marcia parteciparono circa 200.000 israeliani scortati dall'esercito, mentre le forze d'occupazione sbarravano le vie d'accesso alla citta'. Inoltre chiusero le porte d'ingresso della moschea, in cui migliaia di palestinesi erano giunte per resistere alla prepotenza degli occupanti. Allorche' I fedeli musulmani si opposero e tentarono d'impedire la sistemazione della pietra nella spianata delle Moschee, le forze d'occupazione iniziarono il massacro, usando tutte le armi che avevano a disposizione, compreso il micidiale gas nervino. I coloni ebrei che partecipavano alla marcia parteciparono al massacro, che vide la morte di 23 palestinesi e il ferimento di altri 850.

Sarebbe interessante conoscere i nomi delle “più grandi ed obiettive firme del giornalismo internazionale” che hanno contribuito alla stesura di questo articolo. Uscendo dall’ironia, c’è da chiedersi con desolazione com’è possibile che ci siano persone che leggono cose come queste e continuino a prendere in considerazione le notizie provenienti da simili fonti su fatti di attualità riguardanti Israele. M.C.

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Trieste - Percorso di vita e voglia di futuro

Lo straordinario successo di partecipazione e di coinvolgimento registrato dall'intervento del rav Roberto Della Rocca al Museo ebraico della Comunità di Trieste (un successo che va ben al di là dei termini numerici di una sala straboccante di pubblico nonostante il torpore di queste giornate estive) testimonia del crescente interesse che la minoranza ebraica in Italia sta suscitando anche nella società circostante.
Accolto dal presidente della Comunità ebraica triestina Andrea Mariani e dalla presidente del museo ebraico "Carlo e Vera Wagner" Gianna Wagner De Polo, il direttore del dipartimento Educazione e cultura Ucei ha presentato la nuova edizione italiana di "Percorso di vita. Idee, spiritualità e valori ebraici nella società moderna" (Mamash edizioni), un testo che illustra alcuni dei principi più profondi dell'ebraismo, dimostrando come queste idee possano e debbano guidare le nostre decisioni, le nostre scelte più importanti, le nostre relazioni e il nostro sviluppo interiore.
Daniele Cogoi, triestino oggi presidente in Gran Bretagna della comunità ebraica di Chelsey, ha onorato la propria famiglia in memoria dei genitori Dario e Claudia sostenendo questa edizione che sarà fra l'altro offerta in dono a tutti i giovani della comunità.
Nei momenti di festa che hanno fatto seguito alla conferenza, sulla rinnovata terrazza del museo di via del Monte, ai piedi del colle di San Giusto, si respirava già un'aria di grande progettualità per le numerose scadenze autunnali che attendono la comunità e l'insieme delle istituzioni ebraiche italiane (a cominciare dalla Giornata europea della cultura ebraica, ormai alle porte), di apertura alla cittadinanza e di desiderio di comprendere la propria identità, di preservarla e di tramandarla nelle generazioni. "Per questo motivo - ha affermato il presidente della Comunità Andrea Mariani - al di là del tema dell'arte che caratterizza quest'anno la Giornata della cultura, fra le varie iniziative in cantiere molte saranno dedicate al tema del matrimonio ebraico". Nella grande sinagoga della comunità giuliana si celebreranno in questi giorni numerosi matrimoni ebraici, anche come segno, alla vigilia del nuovo anno ebraico, di fiducia e di speranza per un futuro positivo.

(Notiziario Ucei, 24 agosto 2010)

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Il fondo petrolifero della Norvegia si riprende il suo denaro

Il ministero norvegese delle finanze ha comunicato che il fondo petrolifero nazionale del suo paese boicotterà due società israeliane: Africa Israele, e la sua succursale, Dania Sibos. La ragione invocata da questo paese del nord Europa sta nel fatto che queste società sono implicate nella costruzione a favore di ebrei in Giudea-Samaria. "La commissione d'etica" che sorveglia le attività del fondo norvegese che ha investito 440 miliardi di dollari, e che vuole proibire l'espansione della presenza ebraica in Giudea-Samaria, si è espressa nel modo seguente: "La prosecuzione degli investimenti a favore di queste due società rappresenta una violazione dei diritti dell'uomo, e fa perdurare una situazione di guerra e di tensione”.

(Israel7, 23 agosto 2010 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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Il super-frumento creato dagli israeliani. E il sogno del grano da fare con la Siria

Secondo i ricercatori israeliani batte in qualità e convenienza tutti i tipi usati dall'industria alimentare

di Francesco Battistini

GERUSALEMME - Non bastavano i cinesi, con la storia che lo spaghetto l'hanno inventato loro. Le mani in pasta, adesso, ce le mettono pure gl'israeliani: un'équipe d'agronomi del Volcani Institute, il centro sperimentale del ministero dell'Agricoltura - per intenderci, quello che ha reso famose nel mondo la "le fragole strappate al deserto" - ha annunciato d'avere messo a punto una nuova super-pasta. O meglio, un super-frumento: un grano duro, creato in laboratorio, che secondo i ricercatori israeliani batte in qualità e convenienza tutti i tipi usati dall'industria alimentare. «Ha alte qualità nutrizionali, è strutturato per difendersi dai parassiti più aggressivi, cresce in quantità superiori e a costi meno elevati, insomma ha tutte le caratteristiche richieste al grano che serve a fare la pasta", elenca Uri Kushnir, il direttore del Dipartimento di scienze agrarie che ha condotto la ricerca. Il team ha già testato il nuovo frumento, ricevendo un «alto gradimento" da esperti italiani e (chissà perché) svizzeri. «Sono convinto che questo nuovo tipo di grano troverà acquirenti in Italia, Canada e Nord Dakota», dice il dottor Kushnir: due grandi gruppi alimentari del nostro Paese si sarebbero già interessati.
CAMPI E PIONIERI - Al Volcani Institute sono entusiasti dei risultati. Il nuovo grano duro è stato coltivato in tre aree, chiamate coi nomi di tre pionieri e ministri dell'agricoltura israeliana (Gvati, Uzan ed Eliav) e a sorprendere sono state innanzi tutto le quantità raccolte: 6,6 tonnellate per ettaro, più di quanto se ne ricavi da un «normale» campo dell'Arizona. «Non è un prodotto geneticamente modificato - spiegano gli scienziati -, si basa sulla 'fusione' di tre varietà di grano molto differenti fra loro, secondo una tecnica che abbiamo imparato dai giapponesi». Kushnir e i suoi hanno mescolato un grano di tipo americano, uno tradizionale usato in Israele e il Triticum Dicoccum, conosciuto anche come il grano emmer, una specie di farro selvatico: «L'emmer è il più antico di tutti. Lo usavano in Medioriente già 10-15mila anni fa. Ha un'enorme adattabilità». Proprio questa caratteristica ha fatto sì, dicono gli agronomi, che il super-grano inventato ora sia resistentissimo a insetti, a parassiti e a temute malattie come la ruggine gialla, il fungo-killer che ogni anno distrugge milioni di tonnellate di raccolto. Ma basta questo, a farlo diventare pasta? «Non tutto il grano duro può essere trasformato in farina per la pasta. Dev'essere con le proteine richieste e un alto contenuto di glutine, che lo renda morbido il giusto alla lavorazione, e poi la farina prodotta deve avere un inconfondibile colore giallo: tutto il grano che abbiamo prodotto risponde a queste esigenze».
IL BREVETTO CONTESO - La battaglia per il (nuovo) grano è già cominciata. Dal Canada, reclamano un'invenzione simile: «Ma noi siamo arrivati prima - garantiscono gli agronomi israeliani -, il nostro brevetto è del 2005». Al Volcani Institute stanno già elaborando un altro genere di farina, per il pane stavolta, considerata l'ideale per i diabetici: «Assorbe gli zuccheri più lentamente ed è molto più sana del riso». Kushnir dice che la sua tecnologia può servire anche alla pace: «C'è un grano duro molto diffuso nei Paesi arabi, il Freekeh. Lo usano come il riso o come il couscous. Se ne parlava già nella Bibbia: quando è verde, e viene bruciato, dà un fumo forte e profumato. Sa qual è il Paese che lo produce in maggiore quantità?». Domanda difficile… «La Siria. La nemica Siria. Il mio sogno è rifarlo, più resistente e più economico. Sempre che loro accettino di collaborare…».

(Corriere della Sera, 23 agosto 2010)

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Cultura ebraica, tutta da scoprire

Una giornata di incontri e conoscenza per abbattere il pregiudizio e favorire il dialogo. Il 5 settembre torna la Giornata europea della cultura ebraica. Il filo conduttore sarà "Ebraismo e arte": le iniziative di Modena, Carpi e Finale Emilia.

Una giornata di incontri e conoscenza per abbattere il pregiudizio e favorire il dialogo. Sono le ragioni che hanno portato all'istituzione della Giornata europea della cultura ebraica, giunta quest'anno all'11esima edizione. Le iniziative organizzate in una cinquantina di città e cittadine italiane, con Livorno capofila, sono di diverso tenore: il filo conduttore è il tema "Ebraismo e arte" che dà conto della peculiarità dell'ebraismo, prima religione monoteista che, al contrario di quelle pagane, deve fare i conti con il divieto di raffigurare il divino. La nostra provincia, grazie alla tolleranza degli Estensi, ospitò una folta comunità ebraica. Stabilendosi nelle nostre zone portarono con sé libri e antichi manoscritti tramandati di padre in figlio come il più prezioso dei tesori. L'inquisizione però li raggiunse anche a Modena e oltre ad essere chiusi in ghetti, le loro opere furono bruciate in piazza. E' questa storia che potrà essere ripercorsa il 5 settembre tra Modena, Carpi e Finale Emilia. A Modena sarà possibile visitare la sinagoga di piazza Mazzini, l'Archivio della Comunità, le strade de vecchio ghetto e il Cimitero ebraico, interessato da lavori di restauro. Anche a Carpi apertura straordinaria del cimitero ebraico, del museo monumento al deportato, dell'ex sinagoga e dell'ex Campo di Fossoli. Visite guidate infine pure a Finale Emilia dove saranno aperti per l'occasione il cimitero e il ghetto ebraico e sarà possibile degustare piatti della tradizione. E poi incontri e approfondimenti: la docente universitaria Anna Foa, a Finale, parlerà di diaspora e diaspore; Ermanno Cavazzoni a Carpi terrà un reading dal titolo "Narrare con un po' di ebraismo alle spalle"; Diego Papouchado, a Modena, presenterà il libro "Viaggio in un ghetto emiliano - Storia degli ebrei di Modena dal Medioevo al secondo dopoguerra". E poi ancora mostre, musica, e libri.

(Emilianet, 23 agosto 2010)

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La pace e la realtà

di Ugo Volli

Fra molti segnali di giubilo da parte americana e uno scetticismo più o meno mascherato da parte di tutti gli altri, l'amministrazione Obama ha annunciato l'inizio delle trattative di pace fra Israele e palestinesi (solo quelli di Ramallah, non Hamas che non è gradito e non gradisce) fra una decina di giorni con un vertice a Washington. La pace è naturalmente una cosa buona, ma è una prospettiva lontana. Bisogna chiedersi: al di là dell'effetto positivo sulla traballante campagna elettorale democratica per il voto di midterm di novembre, che cosa verrà davvero da questi incontri?
La speranza naturalmente è un diritto e magari un dovere di chiunque. Ma esiste un punto di equilibrio fra Israele e le istituzioni palestinesi, che continuano a educare i propri figli all'inesistenza di Israele, alla Palestina "dal fiume al mare" e all'"eroismo" dei "martiri" terroristi suicidi? E' ragionevole pensare che questo punto di equilibrio siano quei confini del '49 contro cui il mondo arabo ha fatto quattro volte guerra e i palestinesi hanno organizzato infiniti attentati e che sul piano militare mettono tutta Israele (fra l'altro Tel Aviv, Gerusalemme, l'aeroporto) a portata di razzi tipo quelli che partono ogni giorno da Gaza? E' possibile distruggere gli insediamenti ebraici in Giudea e Samaria facendo Judenrein il nuovo stato, lasciando però in Israele le popolazioni arabe che gli sono nemiche, magari in attesa che diventino maggioranza ed elimino così lo stato ebraico? E questa "pace", non sarebbe piuttosto secondo la morale islamica una "tregua" da rompere al momento opportuno per cacciare in mare in nemici, come spiegava Arafat ai suoi sostenitori? Quanto varranno eventuali garanzie internazionali? Si è vista l'efficacia dei caschi blu in Libano... E' chiaro che la trattativa sarà l'occasione di fortissime pressioni su Israele in queste direzioni. Una soluzione formale, non importa quanto realizzabile e mantenibile, è quello che tutti i "mediatori" vogliono, per poter dire che hanno avuto successo dove prima nessuno era riuscito. Ma se l'America può ritirarsi anzitempo dall'Iraq e magari domani dall'Afghanistan, lasciando ad altri il compito di raccogliere i cocci e illudendosi di non pagare il prezzo di questa ritirata, certo gli israeliani dopo una resa non potrebbero rifugiarsi al di là di un oceano.
Per chi non sia accecato dall'ideologia e veda la dimensione reale del conflitto, si tratta di problemi difficilissimi, di cui non si intravvede una soluzione equilibrata. Sullo sfondo, nel frattempo, continuano ad addensarsi il rischio nucleare iraniano, la crescita dell'islamismo, la rinascente condizione di capro espiatorio assegnata a Israele e agli ebrei in tutto il mondo, la ritirata sempre più precipitosa dell'Occidente nel teatro dello scontro di civiltà. Chi come Netanyahu ha il compito di guidare per Israele questa fase di trattative, si trova di fronte uno dei compiti politici più difficili della storia ebraica, avendo anche alle spalle un paese e un mondo ebraico profondamente diviso su temi decisivi. Come ebrei della Diaspora non possiamo che cercare instancabilmente di ristabilire la verità dei fatti contro la martellante campagna anti-israeliana. E pregare per lui.

(Notiziario Ucei, 22 agosto 2010)

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Stratega della guerra contro Hamas guiderà le forze armate israeliane

Con un colpo di scena, il ministro della difesa Ehud Barak ha annunciato ieri di aver scelto il generale Yoav Galant come prossimo capo di Stato maggiore delle Forze di Difesa di Israele in sostituzione di Gaby Ashkenazi, il cui mandato terminerà a febbraio. Con questa nomina Barak ha cercato di mettere fine a rivalità esplose ai vertici dello Stato maggiore due settimane fa con la pubblicazione di un documento, risultato poi falso. Nel documento era tracciata una strategia che avrebbe garantito la nomina di Galant alla carica. Nella successiva indagine della polizia è emerso che Galant era estraneo al testo, passato fra le mani di persone a lui ostili, fra cui lo stesso Ashkenazi.
Galant è figlio di una profuga ebrea polacca, Fruma Segal, giunta dopo la seconda guerra mondiale a bordo della tribolata nave Exodus. Arruolato nella unità di elite della marina militare, la Flottiglia 13 (commando) - della quale diverrà anni dopo il comandante - Galant ha partecipato ad una lunga serie di operazioni oltre le linee, tuttora segrete. Personaggio inquieto, all'inizio degli anni 80 si trasferisce per due anni in Alaska per fare il taglialegna. Al ritorno, completato il corso ufficiali, svolge diverse mansioni di comando in Marina ma è poi uno dei pochi ufficiali a lasciare l'arma per passare all' esercito dove supera i corsi di addestramento nelle divisioni corazzate. Nel 2002 il premier Ariel Sharon lo vuole al suo fianco come assistente militare e sul terreno quando, nel 2005, ordina lo sgombero da Gaza. È al comando della forze israeliane durante l' Operazione Piombo Fuso a Gaza nel 2008.

(il Giornale, 23 agosto 2010)

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(Guysen TV, 22 agosto 2010)

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Israele: "Nostri turisti maleducati"

"Sono sempre più incivili in Italia"

Desta crescente imbarazzo in Israele il comportamento non sempre esemplare mantenuto da turisti israeliani in alberghi e ristoranti in Italia. La situazione - scrive il quotidiano Yediot Ahronot - è giunta al punto che in alcuni alberghi vengono adesso stilate regole puntigliose di comportamento, in ebraico, allo scopo di avvertire gli escursionisti israeliani che danni ed intemperanze saranno puniti.
Un operatore turistico israeliano ha riferito al giornale che in alcuni ristoranti la presenza di turisti israeliani non è più gradita perché "spostano i tavoli a piacimento per sedere accanto agli amici" e respingono in cucina pietanze da loro ordinate per errore, non avendo ben compreso il menu in italiano. Yediot Ahronot cita ad esempio un albergo di Verona che vieta agli escursionisti israeliani l'ingresso con borse nella sala da pranzo dopo aver constatato che durante la colazione molti di loro preparano quantità "industriali" di panini (necessari per sfamarsi durante la giornata) e svuotano sistematicamente i cestini della frutta.
Alcune ville in Toscana, incalza il giornale, sono adesso restie ad ospitare escursionisti israeliani avendo subito danni e vandalismi. In un'intervista alla radio militare, una guida turistica israeliana attiva da anni in Italia, ha confermato di aver visto lui stesso turisti israeliani comportarsi in maniera molto impropria. Si tratta, a suo parere, di un fenomeno che riguarda strati sociali differenti e non solo quelli che rappresentano un turismo definibile "popolare" o si affidano a viaggi organizzati.

(TGCOM.it, 22 agosto 2010)

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Ahmadinejad presenta primo drone prodotto da Teheran

TEHERAN, 22 ago. - L'Iran presenta il suo primo drone, un aereo comandato a distanza, prodotto interamente nel paese. E' stato lo stesso presidente Mahmoud Ahmadinejad a presiedere la cerimonia di inaugurazione del velivolo di 4 metri in occasione della celebrazione della "Giornata dell'industria bellica nazionale", secondo quanto riporta la Fars. Il drone iraniano e' stato battezzato "Karar", che significa caccia, dal momento che sara' in grado di trasportare e sganciare missili esplosivi.

(Adnkronos, 22 agosto 2010)

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Cinque anni fa il ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza

Oggi il 54% degli israeliani lo ritiene un errore

GERUSALEMME, 22 ago. - Cinque anni fa l'ultimo degli 8mila coloni ebraici della Striscia di Gaza abbandonava il territorio costiero: la decisione del ritiro unilaterale presa dall'allora premier Ariel Sharon rimane ancor oggi controversa in Israele, mentre per la popolazione del Territorio costiero le speranze di un futuro migliore sembrano al momento essere rimaste lettera morta.
Secondo un sondaggio pubblicato nel luglio scorso, il 54% degli israeliano considera il ritiro un errore, mentre solo il 25% lo ritiene ancora una decisione giusta: "Il ritiro non ci ha portato né pace né sicurezza, ed è divenuta una base controllata dalla filo-iraniana Hamas: non commetteremo più uno sbaglio simile", aveva dichiarato il premier israeliano Benjamin Netanyahu l'anno scorso commentando la possibile ipotesi di un ritiro dalla Cisgiordania.
Sharon, pur essendo simbolo del conservatorismo israeliano, era stato spinto ad abbandonare Gaza sia dai costi economici dell'occupazione sia dalla possibilità di ottenere un accordo di pace alle condizioni israeliane; non a caso lo Stato ebraico aveva mantenuto il controllo delle frontiere terrestri e marittime del territorio. Lo sgombero era stato oggetto di critiche feroci sia da parte dei coloni - la maggior parte dei quali trasferiti in Cisgiordania - che della destra religiosa: un gruppo di rabbini ultraortodossi aveva addirittura celebrato una cerimonia di maledizione nei confronti del premier, colpito pochi mesi dopo da un ictus.

(Apcom, 22 agosto 2010)

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Libano: non parte ancora la nave di aiuti per Gaza

Libano: è ferma nel porto di Tripoli la Mariam, la nave di attiviste filo palestinesi che intende forzare il blocco di Gaza.


(euronews, 22 agosto 2010)

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Israele farà accordi soltanto quando l'odio avrà un freno

di Fiamma Nirenstein

I negoziati inizieranno il 2 settembre, ma la storia insegna che in passato i ritiri territoriali non hanno portato sicurezza

Ok, che inizino dunque il 2 settembre i negoziati fra israeliani e palestinesi che Obama e Hillary Clinton hanno annunciato: non si può che essere contenti di questa nuova speranza di accordo che secondo la Clinton dovrebbe essere raggiunto in un anno. Netanyahu e Abu Mazen non possono che preparare le valigie per Washington, verso questa nuovo photo-opportunity; il premier israeliano dovrà intanto accettare di bloccare di nuovo le costruzioni sia negli insediamenti sia a Gerusalemme; Abu Mazen dovrà accettare di pessimo umore un invito in cui non crede. Anche perché sa che un milione e mezzo di palestinesi non risponde al suo governo né al potere di Fatah. Pieni di paura o di fanatismo, sono i sudditi di Hamas a Gaza, e Hamas ha già dichiarato guerra ai nuovi colloqui. I palestinesi rispondono a due poteri, e fingere che Abu Mazen possa disporre di tutti quanti, ignora il nuovo ordine stabilito in medio oriente da una presenza iraniana che foraggia, esercita, arma l'organizzazione terroristica che domina Gaza.
L'inviato americano per il medio oriente George Mithcell, che pure sta trascinando Abu Mazen al tavolo (Netanyahu già da tempo aveva accettato) ha messo le mani avanti per spiegare che le prospettive sono incerte. I passi avanti c'erano stati, altroché, tanto è vero che Abu Mazen insiste che ricomincino da dove erano stati lasciati, e non da zero. Ma se questo ricominciare da dove si era lasciato fosse autentico e non relativo alla mappa delle concessioni, allora c'è di che riflettere. Mitchell non deve dimenticare che «ritiro» non vuole dire «pace»: quando con gli accordi di Oslo l'esercito israeliano uscì da Gerico, Jenin, Ramallah, Betlemme, da tutte le città palestinesi della Cisgiordania, quando dunque gli agglomerati di popolazione, furono lasciati, i territori liberati non divennero la base del prossimo Stato palestinese, ma basi da cui i terroristi suicidi intrapresero i loro viaggi di morte verso le città israeliane.
Gerusalemme: la divisione a sua volta non garantisce la pace, perché la convinzione del mondo palestinese è che essa debba appartenere completamente al mondo arabo e musulmano. Quando nell'ambito di Olso si arrivò a discutere a Camp David fra Ehud Barak, Bill Clinton e Arafat del destino del Monte del Tempio, Barak propose che Arafat se lo tenesse tutto fuorché la parte inferiore: Arafat negò allora ogni connessione storica, morale, culturale del popolo ebraico al Tempio distrutto dai Romani nel 70 d.C, e disse che non poteva fare accordi su Gerusalemme se non voleva essere immediatamente assassinato.
Gerusalemme è per il mondo islamico un punto su cui è quasi impossibile trovare un accordo di cui giordani, sauditi, egiziani e ormai anche iraniani possano ritenersi soddisfatti. Il punto, come per la terra di Israele, è che essi non riconoscono agli ebrei lo status di popolo, di nazione legata a quel luogo, ma solo quello di una religione che come tale deve vivere, identicamente alla religione cristiana, in condizione di sottomissione, e non certo in quella della sovranità, sotto il potere musulmano. Poi c'è il ritiro da Gaza nel 2005. Dopo lo sgombero, Israele si ritrovò vicino di un piccolo stato islamico estremista che risponde al potere iraniano e usa la terra liberata come rampa di lancio per i razzi. Lo stesso accadde nel 2000 con Hezbollah in Libano.
Più recentemente, l'accordo dell'ex premier Ehud Olmert con Abu Mazen, benché ancora più largo di quello di Oslo, non fu accettato, benché riconoscesse ai palestinesi anche il diritto alla riunificazione familiare sulla base del diritto al ritorno, la divisione di Gersualemme con la definizione di un bacino sacro a sovranità internazionale. Abu Mazen non spiegò mai il perché, ma le motivazioni sono di carattere ideologico.
Proprio in questi giorni è stato inaugurato un monumento nel nome di Abu Samed «eroico martire» che con una cintura suicida si fece saltare per aria in un ristorante uccidendo un ragazzino di 16 anni e ferendo decine di persone. In Cisgiordania, due piazze sono state intitolate a Dalal Mughrabi, che con un attentato a un autobus uccise 37 passeggeri. Le concessioni territoriali da Israele verranno, la storia lo dimostra, se cambierà l'atteggiamento ideologico, se l'odio avrà un freno. Se Israele si sentirà sicuro. Non è invece certo che i palestinesi siano d'accordo nel volere due Stati per due popoli, piuttosto che un popolo in armi contro un altro.

(il Giornale, 22 agosto 2010)

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Studenti palestinesi allo Yad Vashem contro negazionismi e stereotipi reciproci

TEL AVIV, 22 ago - Ventidue studenti palestinesi, fra i quali diverse ragazze con il velo islamico sul capo, sono giunti a Gerusalemme per visitare lo Yad Vashem e conoscere la Shoah, al di fuori dei pregiudizi della loro cultura di appartenenza e dei risentimenti nei confronti di Israele. L'iniziativa è frutto di un progetto quanto mai insolito di cui il quotidiano Yediot Aharonot, nella sua edizione online, racconta la storia. L'idea è nata della volontà di Mujahid Sarsur, un ragazzo di 21 anni. Nato e cresciuto in Cisgiordania, sotto il marchio dell'occupazione israeliana, Mujahid ammette di non aver mai sentito il bisogno di far sue le sofferenze storiche del popolo ebraico. Finché, durante un periodo di studio a New York, non ha avuto l'occasione di fare amicizia con un coetaneo israeliano, che gli ha parlato della Shoah e del significato che essa riveste per gli ebrei. Facendogli sorgere la convinzione che fosse necessario immedesimarsi in quella tragedia per favorire il dialogo. Di qui la decisione di organizzare, al suo ritorno, visite guidate allo Yad Vashem. La direzione del museo ha apprezzato e gli ha dato una mano. Mujahid afferma d'aver compreso che "la Shoah ha un enorme impatto sulla società israeliana", e che i palestinesi devono approfondirlo per imparare a "vivere in pace" con i loro vicini. "Cambiare il nostro modo di pensare la Shoah significa anche creare ponti", spiega. Al suo fianco, Noor, di appena 15 anni, osserva che il Sionismo continua a non piacergli, dicendosi però persuaso che, dopo le deportazioni e le persecuzioni, molti ebrei non abbiano "altro posto dove andare". Per Dorit Novak, direttrice dell'istituto di studi annesso a Yad Vashem, la visita è "un'iniziativa benedetta": oggettivamente "limitata", ma da incoraggiare, per non cedere al "modo distorto con cui il mondo arabo espone la Shoah". E andare oltre "gli stereotipi reciproci".

(Notiziario Ucei, 22 agosto 2010)

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Scetticismo sui dialoghi "diretti" fra Israele e Palestina

di Joshua Lapide

Anche se Netanyahu e Abbas hanno accettato di incontrarsi il 2 settembre prossimo, i problemi sembrano insormontabili: le colonie, Gerusalemme, il ritorno dei profughi. Scettica è Hamas, ma anche personalità moderate palestinesi e israeliani. Fonte di AsiaNews: basta con i palliativi. Occorre una grande iniziativa internazionale.

GERUSALEMME - Il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente dell'Autorità palestinese Mahmoud Abbas hanno accettato l'invito offerto ieri da Hillary Clinton, segretario di Stato Usa, a recarsi a Washington il 2 settembre per riprendere dialoghi diretti interrotti 20 mesi fa. Essi avranno un anno di tempo per giungere a "risolvere le questioni finali".
All'incontro nella capitale Usa saranno invitati anche il presidente egiziano Mubarak, il re Abdallah di Giordania e il rappresentante del Quartetto (Usa, Onu, Ue, Russia), nella persona del politico Tony Blair.
Nelle parole della Clinton, i dialoghi dovrebbero essere "senza precondizioni", proprio come Netanyahu ha sempre predicato in questi mesi. I palestinesi avevano invece sempre richiesto che i dialoghi si svolgano a condizione di un congelamento delle colonie israeliane nella West Bank e a Gerusalemme est. E questa era stata anche la posizione Usa e di Barack Obama.
Per molti osservatori, anche israeliani, la diffusione delle colonie è tale da rendere ormai impossibile costituire uno Stato palestinese geograficamente unitario, lasciando spazio solo a piccole isole palestinesi, simili ai "bantustan", alle riserve nel vecchio Sudafrica razzista.
Il comunicato del Quartetto osa dire qualcosa sul futuro Stato palestinese, affermando che i dialoghi porteranno a un accordo "che termini l'occupazione iniziata nel 1967 e faccia emergere uno Stato palestinese indipendente, democratico, viabile che viva fianco a fianco in pace e sicurezza con Israele e i suoi vicini". Anch'esso però non cita il destino degli insediamenti ebraici.
L'approssimativo desiderio di dialogo pare quindi velleitario dato i problemi rimangono e appaiono insormontabili: le colonie; lo status di Gerusalemme; i confini della futura Palestina; il diritto al ritorno dei profughi. In più, i due leader, Netanyahu e Abbas, appaiono troppo deboli per trovare una soluzione: Netanyahu è sostenuto da una estrema destra che non vuole accettare alcun compromesso su colonie e Gerusalemme; Abbas è capo di una formazione moderata, ma debole e divisa dal resto dei palestinesi."Questi negoziati diretti - ha detto al New York Times Zakaria al Qaq, dell'università al Qods - sono l'opzione per gli zoppi e i disperati". E ha aggiunto: "È un atto di autoinganno che non porterà da nessuna parte".
Nonostante ciò, politici e capi di Stato americani ed europei hanno espresso rande gioia per i dialoghi. Ad essi fa da contrappunto lo scetticismo di Hamas, che li ha bollati come un tentativo Usa di "prendere in giro il popolo palestinese".
Ma lo scetticismo è condiviso anche da personalità liberal israeliane, come Yossi Beilin, che ha definito la proposta "un gigantesco errore dell'amministrazione americana". Secondo Beilin, l'abisso fra le due parti è troppo grande e Netanyahu non è nelle condizioni di poter dialogare.
Fonti di AsiaNews a Gerusalemme confermano che "c'è troppa stanchezza di fronte al durare del conflitto Israele - Palestina. Molti nella regione sono divenuti disfattisti, hanno perso la speranza che la pace sia possibile. Al massimo si impegnano ormai solo in tentativi di gestire la crisi e non di risolverlo. C'è anzi la mentalità che i contrasti siano troppo forti, che le contraddizioni siano alla fine troppo radicati e irrisolvibili, per cui ciò che si può pensare al massimo è curare la gestione della crisi, tentando di contenerlo, non facendolo giungere a aperti scontri violenti; fornendo sempre nuovi piccoli palliativi. In ultima analisi però questa posizione - anche se comprensibile - è fallimentare. Alla fine, il contenimento della crisi non fa che alimentare quei fuochi sotterranei che prima o poi rischiano di venire in superficie con perdite per tutti".
Il tentativo Usa rischia di essere un "nuovo palliativo". Occorre invece "una grande iniziativa internazionale per portare a una riconciliazione complessiva di tutti i Paesi della regione".

(AsiaNews, 21 agosto 2010)


Si comincia dunque a parlare di una "grande iniziativa internazionale" che, "per portare a una riconciliazione complessiva di tutti i Paesi della regione", alla fine si vedrà costretta, con rammarico delle "nazioni buone", a intraprendere un'inevitabile azione di forza contro il testardo Stato ebraico che si ostina a considerare Gerusalemme come sua unica, eterna e indivisibile capitale, con tutto quello che da questo consegue. Riconciliazione, in questa visione ecumenica delle cose, non può che significare distruzione della sovranità dello Stato ebraico e mortificazione delle sue rivendicazioni. Che allo Stato del Vaticano un'iniziativa di questo tipo non sia sgradita, non sorprende. Ma la cosa non finirà come a molti piacerebbe.
"Nazioni buone e nazioni cattive"

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Ramadan tranquillo sulla Spianata delle moschee

Duemila poliziotti schierati, ma finora nessuna tensione. Maggiori facilitazioni per i permessi da Cisgiordania e Gaza. L'esercito invitato a non fumare, bere o mangiare in pubblico durante il mese di digiuno. Duemila metri cubi d'acqua in più a Betlemme, dove vi è carenza da mesi.

GERUSALEMME - Per il secondo venerdì di ramadan, la polizia israeliana ha schierato 2 mila soldati a Gerusalemme est per prevenire possibili disordini in occasione della preghiera del venerdì. Lo stesso è avvenuto la scorsa settimana. La polizia ha confermato che non si attende "particolari disordini".
Venerdì scorso, il primo del mese sacro ai musulmani, decine di migliaia di persone si sono radunate per la preghiera lungo sulla spianata, prospiciente al Muro del Pianto. Alla fine della preghiera, la folla si è dispersa senza incidenti, ma sotto una spessa sorveglianza della polizia israeliana. Il gran Mufti di Gerusalemme e altre autorità islamiche hanno però criticato Israele perchè non ha permesso l'entrata nella città e al luiogo santo a migliaia di giovani musulmani.
Durante il mese di Ramadan l'esercito ha reso più facile l'accesso alle moschee, dove si trova quella di Al-Aqsa, considerato il terzo luogo più importante dell'islam, dopo le moschee di Mecca e Medina.
Di solito palestinesi della West Bank, di Gaza e di Gerusalemme est sono esclusi dalla visita al luogo santo senza permessi, difficili da ottenere. Durante il mese sacro, musulmani maschi sopra i 50 anni e donne sopra i 45 potranno recarsi alla spianata delle moschee per la preghiera senza permessi. Alcuni passaggi per entrare in Israele hanno esteso l'orario di apertura e ai militari è stata data indicazione di non mangiare, fumare o bere in pubblico durante il Ramadan.
Per questo mese, l'amministrazione israeliana ha accettato di fornire la municipalità di Betlemme un sovrappiù di 2 mila metri cubi d'acqua al giorno. Da mesi Betlemme soffre di carenza d'acqua e la gente è costretta a comprarne per riempire i serbatoi posti sui tetti delle loro case

(AsiaNews, 20 agosto 2010)
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(Guysen TV, 20 agosto 2010)

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Israele: Useremo la forza per fermare la nave diretta verso Gaza

"Cercano di causare scontro e fare crescere tensione in Regione"

NEW YORK, 20 ago. - Israele si riserva il diritto di utilizzare "tutti i mezzi necessari" per impedire a un'imbarcazione di aiuti umanitari, con a bordo militanti pro-palestinesi, di entrare a Gaza. Lo ha affermato l'ambasciatore d'Israele alle Nazioni Unite, Gabriela Shalev. In una lettera al segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, Shalev riferisce che il gruppo organizzatore del viaggio "è sospettato di avere legami con l'organizzazione terroristica Hezbollah". Pur essendo perfettamente al corrente dei canali ufficiali autorizzati per trasportare gli aiuti alla Striscia di Gaza, gli organizzatori "cercano di causare uno scontro e fare crescere la tensione nella nostra Regione", prosegue la lettera. "Riguardo all'attuale situazione di conflitto armato tra l'organizzazione terroristica Hamas e lo Stato ebraico (...), Israele si riserva il diritto, in conformità alle leggi internazionali, di utilizzare tutti i mezzi necessari" per impedire a questa barca di "violare il blocco navale di Gaza". Ieri, un'associazione libanese cha organizza la spedizione umanitaria per Gaza, ha annunciato che domenica un'imbarcazione con a bordo militanti pro-palestinesi e aiuti lascerà il Libano per Cipro. Il 31 maggio scorso, un attacco condotto dall'esercito israeliano contro una flottiglia umanitaria internazionale diretta verso Gaza è costato la vita a nove passeggeri turchi.

(Apcom, 20 agosto 2010)

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Hamas: "No a colloqui di pace"

"Respingiamo l'invito a negoziati diretti"

Hamas respinge la ripresa dei colloqui di pace diretti con Israele annunciata per settembre dal segretario di Stato Usa, Hillary Clinton. "Hamas respinge l'invito americano ai palestinesi in vista di riprendere i negoziati diretti con gli israeliani", ha detto un portavoce di Hamas. "Il popolo palestinese non si sentirà vincolato ai risultati di questo invito subdolo", ha aggiunto il portavoce del gruppo estremista palestinese.

(TGCOM.it, 20 agosto 2010)

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Europa League - Sconfitta parigina per il Maccabi Tel Aviv
    
Non è sempre domenica. Anzi, non è sempre mercoledì: il Maccabi Tel Aviv, impegnato nell'andata dell'ultimo turno preliminare di Europa League in casa del PSG, non ripete l'exploit esterno che ventiquattro ore prima ha consegnato le chiavi della qualificazione Champions ai cugini dell'Hapoel (3 a 2 in casa del Salisburgo) e perde in modo netto (2 a 0) sul campo di una delle sorelle nobili del calcio francese. Dopo aver fatto fuori l'Olimpiacos, gli israeliani sognavano il bis. Luyindula in avvio e Hoarau al sessantesimo minuto li riportano sulla terra. Adesso si fa dura: per rimediare al ko parigino servirà un'impresa. Anche se Avi Nimni, general manager del Maccabi, butta il cuore oltre l'ostacolo e tiene accesa la fiammella della speranza: "Ce la possiamo fare".

PSG - Maccabi Tel Aviv 2-0
Luyindula (P), Hoarau (P)

(Notiziario Ucei, 20 agosto 2010)

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Cipro non farà salpare navi umanitarie dirette a Gaza

NICOSIA - Cipro non consentirà alla nave con attiviste e aiuti umanitari diretta alla Striscia di Gaza di salpare dai suoi porti, dice oggi la polizia dello stato insulare.
Le donne hanno detto di voler portare aiuti umanitari nel territorio palestinese sottoposto al blocco israeliano, partendo domenica dal Libano alla volta di Cipro a bordo della nave Mariam.
Israele ha detto che non permetterà alle navi di raggiungere Gaza, area controllata dal 2007 da Hamas, gruppo militante palestinese. Nove turchi filo-palestinesi sono rimasti uccisi il 31 maggio quando i commando israeliani hanno abbordato la flottiglia di navi con aiuti umanitari diretta a Gaza.
"La nostra posizione è chiara. L'arrivo e la partenza di imbarcazioni per e da Gaza attraverso i porti di Cipro sono proibiti e metteremo in pratica la nostra decisione", ha detto a Reuters Michalis Katsounotos, portavoce della polizia di Cipro.
I porti di Cipro sono stati usati dagli attivisti come base per raggiungere Gaza dal 2008 fino a metà 2009. Le autorità hanno introdotto l'anno scorso un divieto, citando gli interessi dello stato insulare.
Yasser Qashlaq, un organizzatore della spedizione del Mariam, ha risposto duramente sostenendo che la nave partirà comunque domenica sera dal porto di Tripoli, nel nord del Libano.
Qashlaq ha detto che Cipro non ha il diritto di fermare le imbarcazioni dirette a Gaza e dovrebbe spiegare per iscritto le ragioni di questa decisione. Il Libano non permette alle navi di raggiungere direttamente Gaza perché è ancora formalmente in guerra con Israele, che controlla le acque davanti a Gaza.
Israele ha allentato il blocco su Gaza dopo la dura opposizione della comunità internazionale nei confronti della presa della nave turca Mavi Marmara, pur sostenendo di avere il diritto di usare "tutti i mezzi necessari" per evitare l'ingresso delle imbarcazioni a Gaza.

(Reuters, 20 agosto 2010)

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Dalla cucina ebraica buoni piatti di Puglia

di Giacomo Annibaldis

Forse qualcuno non ci crederà, ma la gastronomia pugliese molto deve agli ebrei. La nostra «caponata», ad esempio, non si discosta - se non per l'introduzione di ingredienti secondari - dall'antica «caponata alla giudìa», di cui si hanno sicure testimonianze fin dal Medioevo. Lo afferma Ariel Toaff, che in questi giorni - nell'ambito del «Festival dei Sensi» in Valle d'Itria, appuntamento il 22 a Martina Franca - presenterà un «menù ideale» di cibi pugliesi in debito con la culinaria ebrea.
    Figlio del noto rabbino-capo Elio Toaff e ora docente in Israele (conosciuto al grande pubblico per la polemica che ha seguito il suo volume Pasqua di sangue), lo storico rincara la dose: «Non credo possano sussistere dubbi sull'influenza del gusto gastronomico ebraico (e arabo) sulla cucina tradizionale pugliese e sull'introduzione di piatti tipicamente giudaici nei ricettari della Puglia».
    Qualche altro piatto esemplare? «Ricordo il ruolo importante occupato dalla melanzana, considerata in Italia - dal '500 e fino ai tempi in cui scriveva Pellegrino Artusi, fine '800 - "cibo da ebrei", nella cucina dell'Italia meridionale. Le notissime melanzane ripiene (farcite con uova, pecorino e pangrattato), vanto della gastronomia della Puglia, compaiono nei ricettari ebraici fin dal Rinascimento. Così pure le cosiddette melanzane alla tarantina, riempite con un composto di cacio grattugiato, olive nere, capperi, menta e basilico».
    Ariel Toaff continua a imbandire la tavola, ammannendo tradizionali sapori. La portata del pesce gli fa ricordare lo «scapece», il pesce fritto o bollito per essere poi marinato in aceto, con spezie e aromi.
    «Nel ricettario ebraico di David De Pomi, edito a Venezia nel 1575, si celebravano le alici e gli sgombri infarinati e fritti nell'olio d'oliva, con l'aggiunta di aceto, aglio tritato e cipolle affettate. Questi piatti tipici compaiono inalterati nella cucina pugliese, così come le cosiddette alici "ar raganate", cioè ricoperte di pangrattato, con l'aggiunta di aglio e menta, origano e capperi, olio d'oliva e aceto, per poi essere cotte al forno. Nei libri di cucina ebraici più antichi questa preparazione tipica va sotto il nome di "tortino di alici al forno alla giudìa"».
    Non scopriremo adesso che anche le orecchiette erano ebraiche ... «E invece sì. Studi recenti hanno dimostrato la sua introduzione in Puglia dalla Provenza nel Medioevo, negli anni della dominazione normanno- sveva. Ad importare le orecchiette in terra pugliese sarebbero stati gli ebrei di origine provenzale, che avevano inventato in origine questo tipo di pasta legandola ai giorni del loro carnevale (Purim). Non dobbiamo quindi meravigliarci se in molti ricettari della cucina tradizionale ebraica compaiono fino ad oggi le orecchiette alle cime di rapa, giusto vanto della grande arte alimentare pugliese».
    Alcuni potrebbero chiederle: esiste davvero una cucina ebraica? Oppure, data la mobilità forzata o volontaria degli ebrei nei secoli e nel Mediterraneo, la loro culinaria non è altro che un'appropriazione di piatti dei vari Paesi in cui sono passati? « L'esistenza di una identità alimentare ebraica, pur nelle diverse cucine in cui è articolata, da quella degli ebrei nelle terre di lingua tedesca a quella giudeo-italiana di antica data, per non dimenticare quella degli ebrei emigrati dopo il 1492 dalla penisola iberica, non può essere seriamente posta in discussione. L'identità alimentare ebraica si manifestava e si manifesta ancor oggi non soltanto in rifiuti riconducibili ai divieti alimentari biblici, ma anche e soprattutto in adozioni e scelte diverse spesso di grande rilevanza. Non abbiamo quindi a che fare con il limitato ventaglio delle preparazioni culinarie e gastronomiche legate alle festività e alle celebrazioni religiose, di cui portano il segno indiscutibile ed evidente, come il pane azzimo e i piatti tipici del sabato. Infatti gli ebrei nel corso della loro storia hanno saputo misurarsi con scelte alimentari di indiscutibile rilievo, alternative e contrapposte a quelle comunemente adottate dalla società circostante, come la sostituzione della carne di maiale e dei suoi insaccati con quella dell'oca e dei suoi derivati».
    Quindi un elemento distintivo della gastronomia ebraica è nei sui divieti: la "kasherut ". Ci spiega in cosa consiste? «I divieti alimentari ebraici sono tutti riconducibili alla normativa alimentare della Bibbia. Tra i quadrupedi sono permessi quelli che hanno l'unghia bipartita e sono ruminanti. Quindi bovi, vitelli, agnelli, capretti, montoni, cervi, bufali etc. sono ammessi alla consumazione, mentre la carne di maiale e del cinghiale, quella equina e dei cammelli, così come la carne dei conigli e delle lepri, è da considerarsi proibita. Tra gli animali acquatici sono permessi soltanto i pesci in possesso di pinne e squame. Proibiti sono quindi i cetacei, i pescicani e i gattucci, le anguille, i capitoni e le murene e naturalmente molluschi e crostacei. La mensa ebraica tradizionale bandisce le cozze, i polpi, le seppie, i calamari, i granchi, i gamberi, le vongole, le ostriche e le aragoste. Tra i volatili sono vietati i rapaci oltre a cigni, pellicani e struzzi».
    E c'è anche il problema del sangue. «Infatti c'è da aggiungere che anche gli animali permessi vanno macellati con una tecnica speciale che, mediante il taglio dell'esofago e della trachea, consenta la completa fuoruscita del sangue».
    Insomma un ebreo non mangerebbe polpi e cozze. Ma spargerebbe parmigiano sul ragù di carne? «Le norme alimentari ebraiche proibiscono ogni commistione tra cibi di carne e cibi di latte, partendo dal verso biblico "Non cuocerai il capretto nel latte di sua madre". Non è ammesso servirsi del latte e dei suoi derivati, come burro, panna e formaggio, nelle pietanze a base di carne e perfino di consumare carne e latticini nel corso dello stesso pasto. Dalla mensa ebraica sono quindi banditi i sughi e le salse con carne, parmigiano o pecorino, i brodi di carne coperti di formaggio e quindi ovviamente anche il ragù col parmigiano».
    Ce n'è abbastanza di bocconi di storia per capire che, a differenza della nostra, la cucina ebraica è stata messa davvero alla prova... del fuoco.
    
(La Gazzetta del Mezzogiorno, 20 agosto 2010)

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Gaza, palestinesi senza casa occupano un edificio di Hamas

GAZA - Quaranta famiglie le cui abitazioni sono state distrutte durante il conflitto con Israele hanno occupato in questi giorni un edificio che appartiene al movimento fondamentalista Hamas, che governa la Striscia di Gaza, in segno di protesta per l'incapacità delle autorità ad assicurare loro un rifugio.
Arrabbiate per aver trascorso in tenda già due inverni, e ora esposte a un'intensa ondata di calore, le famiglie hanno occupato gli appartamenti non rifiniti e hanno già resistito a un primo tentativo della polizia di sfrattarli.
"Il caldo e il freddo fanno male ai nostri bambini. Dove siete?", c'è scritto su uno striscione che spicca su una parete del palazzo, nella prima aperta iniziativa contro il governo da quando Hamas ha preso il potere a Gaza, nel 2007, disarmando le forze fedeli al presidente palestinese Mahmoud Abbas.
Bassam Jamil, uno degli occupanti, dice che nell'edificio - ancora in costruzione a Jabalya, nel nord della Striscia - ora vivono 43 famiglie. Il palazzo appartiene al ministero dell'edilizia popolare.
"Abbiamo perso la fede nella possibilità che qualcuno ricostruisca le nostre case. Ci siamo rifugiati nel palazzo per sfuggire al caldo delle tende in cui vivevamo", dice Jamil.
Migliaia di case e officine sono state distrutte dai bombardamenti israeliani nel corso dell'offensiva tra dicembre del 2008 e gennaio del 2009 contro i militanti di Hamas, allo scopo di bloccare i lanci di razzi sulle cittadine israeliane che sorgono vicino alla Striscia.
I donatori internazionali hanno promesso circa 5 miliardi di dollari per la ricostruzione ma ancora non si sono visti soldi, in parte a causa della faida tra Hamas e Fatah. Il blocco da parte di Israele del territorio ha anche ridotto i rifornimenti di cemento e acciaio, che secondo lo Stato ebraico Hamas potrebbe usare per scopi militari.

(Reuters, 20 agosto 2010)

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Elon Lindenstrauss
"Nobel" per la matematica a un israeliano

Lindenstrauss ottiene il riconoscimento con altri tre scienziati

GERUSALEMME, 19 ago - Elon Lindenstrauss, dell'Istituto Einstein dell'Universita' Ebraica di Gerusalemme, e' uno dei vincitori della Medaglia Fields. Il riconoscimento e' considerato l'equivalente del Nobel. Gli altri tre sono i professori Ngo Bao Chau dell'Universita' di Parigi-Sud, Cedri Villani dell'Istituto Henri Poincore di Parigi e Stanislav Smirnov dell'Universita' di Ginevra. Il premio, che viene assegnato una volta ogni quattro anni, e' organizzato dall'Unione Internazionale di Matematica.

(ANSA, 19 agosto 2010)

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Il direttore del Mc Donald's: "Un'incomprensione. Sono dispiaciuto"

"E' stata un'incomprensione. Sono dispiaciuto per quello che è successo all'interno del locale e per la scenata. Noi cerchiamo sempre di andare incontro al cliente". E' il commento del direttore del Mc Donald's di piazza Luigi Sturzo a Roma dove ieri un uomo si è visto rifiutare la richiesta di sostituzione dei panini alla carne degli 'Happy Meal' delle sue figlie con quelli con il pesce. Alla base della richiesta dell'uomo ci sono dei motivi religiosi legati alla cultura kosher della cucina ebraica.
"I cambiamenti all'interno dell"Happy Meal' non si possono fare - spiega il direttore - anche perchè ci sono dei tasti prestabiliti in cassa che non permettono di effettuare queste variazioni". "Il cliente, che mi ha detto di essere ebreo solo alla fine della discussione, ha insistito troppo e per questo mi sono dimostrato inflessibile altrimenti avrei potuto offrirglielo io. Ma un Happy Meal con il pesce non esiste".

(la Repubblica - Roma, 19 agosto 2010)

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I cristiani a Gaza. Minoranza tollerata, ma fino a che punto? (in francese)


(Guysen TV, 19 agosto 2010)

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Champions League - Il sogno della città che non dorme mai

di Adam Smulevich

Un piede e mezzo tra le stelle. Il 3 a 2 con cui mercoledì sera l'Hapoel Tel Aviv ha espugnato il campo del Salisburgo nel match di andata del quarto e ultimo turno preliminare di Champions League sembra tanto il lasciapassare per accedere al gotha del calcio europeo. Tre goal per arrivare al giorno della verità (il ritorno è in programma tra sette giorni) con un fortino di sicurezze, tre goal per assaporare una prelibatezza dolce come la mela nel miele: la squadra più forte della città che non dorme mai vuole continuare a sognare. Guai a chi la desta: per la prima volta nella sua storia tocca con mano la qualificazione tra le grandi del pallone e di aprire gli occhi non se ne parla proprio. La costruzione del sogno Hapoel passa attraverso alcuni uomini chiave: il primo è un portiere nigeriano pazzerello, Vincent Enyeama, che ai Mondiali in Sudafrica si era permesso di parare tutto il parabile a sua maestà Leo Messi e che in Austria si prende la responsabilità di tirare un calcio di rigore dopo appena tre minuti di gioco. Il secondo è un talento sopraffino, Ben Sahar, ragazzo lanciato a suo tempo da Mourinho e al centro di una controversia (poi rientrata) per il mancato assolvimento degli obblighi di leva. Tanta voglia di emergere e una rete pesante come un macigno nella serata austriaca del vecchio pupillo di Mou. Il terzo è un 23enne che coniuga sport e religione, Itay Shechter. Indossa i tefillin, frequenta un corso di Torah e segna: suo il goal che porta l'Hapoel sul 3 a 1 mettendo il sigillo (o quasi) alla qualificazione. Itay si commuove, estrae una kippah dalla tasca e piange di gioia: l'arbitro lo ammonisce senza pietà. Se tra una settimana andrà come deve andare, tra un mese arriveranno sfide e avversarie di grande fascino. Tutto da verificare l'impatto con una realtà così competitiva: forse Enyeama non ripeterà il miracolo e Messi gliene farà quattro, forse Ben Sahar non vedrà mai la porta, forse crolleranno pericolose illusioni, forse il pubblico di Tel Aviv fischierà, forse un sacco di altre cose. Ma in fondo chi se ne importa, il bello sarà esserci.

(Notiziario Ucei, 19 agosto 2010)

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Esulta indossando la kippah e viene ammonito

Farà molto discutere quanto accaduto ieri sera durante il match dei preliminari di Champions League tra Salisburgo e Hapoel Tel Aviv. Dopo il gol, l'israeliano Itay Shechter festeggia indossando la kippah (il copricapo indossato dagli ebrei osservanti) ma il direttore di gara lo ammonisce. Oltre al danno la beffa: il giocatore era diffidato e salterà la prossima partita.



(Leggo Online, 19 agosto 2010)

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La Kippà della Champions

di Menachem Lazar

SALISBURGO, AUSTRIA - Nella partita per i preliminari della Champions League tra l'Hapoel Tel Aviv e l'RB Salisburgo, vinta dagli Israeliani, Itay Shechter ha indossato una Kippà nascosta nei calzini dopo aver segnato. Chi gli ha dato la Kippà?
Itay mentre era in partenza da Tel Aviv si è fermato al Bet Chabad nell'aeroporto per indossare i Teffilin (filatteri), uno suo grande ammirattore e tifoso del Hapoel Tel Aviv da 45 anni, Moshe Zinger malato di cancro che non manca una partita anche in trasferta, si è fermato e gli ha regalato una Kippà rossa, il colore della sua squadra del cuore invece di quella nera che aveva, Itay gli ha promesso che indosserà Teffilin ogni giorno con la Kippà.
Altri giocatori hanno già chiesto a Moshe per un Kippà del genere, Moshe dal canto suo dice che la vittoria gli ha dato nuove energie e non si sente più malato, il fatto che Itay abbia indossato la Kippà l'ha riempito di gioia. Shechter da parte sua dice che non aveva intenzione di provocare nessuno.
Purtroppo l'arbitro e il pubblico non hanno approvato il gesto ma forse in futuro vedremo dei giocatori giocare con la Kippà sin dal primo minuto.
Nella foto: Itay Shechter con la Kippà e Moshe Zinger e sua figlia Dana.

(Chabad.Italia, 19 agosto 2010)

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Israele, i coloni studiano per riscrivere Wikipedia

I corsi organizzati dalla destra nazionalista, in palio anche il premio "miglior editor sionista"

TEL AVIV - Wikipedia sarà la prossima meta di conquista del movimento dei coloni israeliani, deciso a far filtrare «i punti di vista» della destra nazionalista ebraica fra le pagine virtuali della più popolare enciclopedia in versione elettronica. A questo scopo, come riporta la versione online di "Haaretz" , sono stati inaugurati corsi per navigatori-militanti. L'obiettivo dichiarato è quello di fornire gli strumenti indispensabili per essere più efficaci: imparare a registrarsi, ma anche a pubblicare certe informazioni in modo tale da superare il vaglio dei gestori e della community di Wikipedia.
Un territorio, quello del web, che è da tempo al centro di schermaglie fra le anime più militanti di Israele e del mondo arabo. I due schieramenti sono pronti a misurarsi a colpi di editing e puntualizzazioni reciproche su alcune delle voci più spinose di Wikipedia: come ad esempio i riferimenti a certi villaggi palestinesi (soffocati dall'occupazione israeliana secondo la descrizione tratteggiata dai contributi della sinistra pacifista; additati come covi di violenza nelle repliche della destra).
Ecco quindi la necessità di preparare una schiera di correttori di bozze virtuali, accreditati dalla Yesha come «patrioti» e seguaci ortodossi della causa. A finanziare i corsi, accanto al movimento dei coloni, c'è un'altra organizzazione della destra radicale israeliana, Israel Sheli,
che si professa «nazionale» e «sionista». In palio è annunciato pure un premio per il "Miglior Editor Sionista" destinato a chi riuscirà a piazzare il maggior numero di «informazioni corrette» fra le voci dell'enciclopedia, e a contrastare i punti di vista sgraditi.
In passato la destra israeliana aveva già incaricato blogger militanti di difendere in rete idee magari marginali, ma diffuse in modo compatto e attivo da manipoli di navigatori coordinati fra loro. La differenza è che questa volta l'obiettivo è specifico e sensibile: Wikipedia.
Fra i primi allievi, radunatisi a Gerusalemme per l'inaugurazione del progetto, Haaretz ha intercettato soprattutto giovani: quasi tutti di idee nazional-religiose e quasi tutti provenienti dagli insediamenti dei coloni. «Sono qui perchè voglio migliorare la mia capacità d'impatto», ha spiegato Einat Bornstein, deplorando coloro che nel web «hanno paura di dare risposte di destra». «La prima voce su cui voglio scrivere - le ha fatto eco Ruthie Avraham - è la voce
Famiglia ebraica: per affermare che essa è la sola vera risposta alla crisi da isolamento dell'Occidente»

(La Stampa, 19 agosto 2010)

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Turchia - Boom di import da Israele nonostante le tensioni diplomatiche

Nei primi 7 mesi del 2010 segnato il 32% in più rispetto a 2009

ISTANBUL, 19 ago. - Alla faccia della crisi diplomatica che dura dalla fine di maggio i rapporti commerciali fra Turchia e Israele vanno a gonfie vele. Lo dice il quotidiano Hurriyet, secondo il quale nei primi 7 mesi del 2010 c'è stato un incremento del 32% dell'export israeliano verso la Mezzaluna, pari a 811 milioni di dollari.
Bene anche l'opposto. Le esportazioni dalla Turchia verso Israele sono aumentate del 30% nello stesso periodo, pari a 1,04 miliardi di dollari.
I rapporti fra Turchia e Israele sono tesi soprattutto da maggio, quando l'attacco israeliano alla Mavi Marmara, che portava viveri sulla Striscia di Gaza, ha provocato nove morti fra i passeggeri della Mezzaluna. Il fatto ha suscitato una dura reazione da parte della Turchia, che ha richiamato l'ambasciatore ad Ankara e interrotto tutti i contratti nel campo dell'industria di difesa e della fornitura di acqua ed energia.
I rapporti fra i due Paesi erano già critici dall'inizio del 2009, quando il premier Erdogan attaccò frontalmente il presidente israeliano Simon Peres a causa dell'operazione piombo fuso condotta da Israele sulla Striscia di Gaza in risposta agli attacchi di Hamas e nella quale persero la vita centinaia di civili.

(Apcom, 19 agosto 2010)

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A settembre la Giornata Europea della Cultura Ebraica.

La Sinagoga di Casale
CASALE MONFERRATO - Mentre proseguono i lavori di restauro all'interno della Sinagoga e del museo (per cui il complesso resterà chiuso per tutto il mese di agosto) la Comunità Ebraica di Casale ha diffuso il programma della Giornata Europea della Cultura Ebraica che si svolgerà domenica 5 settembre.
Si comincia alle 10, con l'apertura alla Sinagoga, al Museo dei Lumi e al Museo degli Argenti (ingresso libero). Alle 11 sarà presentato il libro 'Cento Lumi per Casale Monferrato', pubblicato dalle edizioni Skira, in una tavola rotonda su arte, ebraismo e interpretazione con Stefano Levi Della Torre, Stefano Piantini e Arturo Schwarz. Coordina Maria Luisa Caffarelli. In chiusura Claudia De Benedetti, anticiperà i contenuti dell'esposizione dei Lumi di Casale, che si inaugurerà l'8 novembre 2010 in Parigi, al Musee d'Art et d'Histoire du Judaisme.
Con l'occasione sarà consegnata una copia del libro a tutti gli artisti, autori delle Channukkà, che saranno presenti.
La Sinagoga e i musei saranno aperti anche il pomeriggio, con ingresso gratuito e visite guidate. Saranno possibili visite guidate al Vecchio Cimitero ebraico dalle 14 alle 15 su prenotazione.
Il 5 settembre è inoltre l'ultimo giorno di visita per la mostra 'Immagini e Somiglianze' di Stefano Levi Della Torre.

(Casalenews, 18 agosto 2010)

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Flottiglia, arrestati soldati israeliani

Durante assalto rubarono pc e cellulari

Almeno quattro militari israeliani sono stati arrestati nell'ambito delle indagini sul furto di computer e telefonini di attivisti a bordo della "Flottiglia" attaccata il 31 maggio mentre cercava di rompere il blocco della Striscia di Gaza. In manette anche un ufficiale, comandante di una delle unità dei reparti d'elite, accusato dalla polizia militare israeliana di aver rubato fra 4 e 6 computer portatili.
Secondo quanto riportato dall'edizione online del giornale Yediot Ahronot sarebbe stato arrestato anche un soldato, che avrebbe aiutato l'ufficiale a piazzare parte del maltolto mentre sono in stato di fermo due militari, coinvolti nell'acquisto della refurtiva. "L'inchiesta è appena agli inizi - ha detto una fonte militare - ma se quello che sembra sarà provato si tratta di una vicenda imbarazzante e vergognosa. Questi soldati non comprendono il valore dell'uniforme che indossano".
Sdegno e preoccupazione per il gran numero di scandali nei ranghi delle Forze Armate sono arrivati da parte di esponenti politici israeliani, soprattutto di opposizione. Le prime accuse di furti a bordo della flottiglia erano state mosse proprio dai reduci fin dal loro rilascio. Un'attivista italiana aveva denunciato anche l'uso della sua carta di credito avvenuto dopo che questa era stata confiscata con i suoi effetti personali dai militari.

(TGCOM.it, 19 agosto 2010)

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Arrestato rabbino: predicava l’uccisione di non ebrei

La polizia israeliana ha arrestato il rabbino Elitzur per aver incitato ad uccidere i non-ebrei, anche bambini. Il religioso aveva espresso le sue terorie in un libro, 'The King's Torah' scritto insieme a un altro rabbino. Nel testo si legge che i bambini e i neonati dei nemici di Israele possono essere uccisi perche' e' chiaro che quando cresceranno ci faranno del male' .

(AGI, 19 agosto 2010)

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I “coloni” lanciano un "editing sionista" su Wikipedia

Lo Yesha Council organizza un corso per modificare articoli dell’enciclopedia

ROMA, 18 ago. - Per anni Wikipedia è stato uno dei terreni di scontro politico fra destra e sinistra israeliana, per questioni quali lo status delle colonie ebraiche in Cisgiordania o la descrizione degli incidenti fra coloni e polizia: lo Yesha Council, l'organo di autoregolamentazione degli insediamenti, ha lanciato oggi l'operazione di "editing sionista" dell'enciclopedia on-line.
Come riporta il quotidiano israeliano Ha'aretz, l'iniziativa consiste in un corso che insegna a registrarsi, contribuire e modificare gli articoli dell'enciclopedia: lo scopo, secondo il Consiglio, "non è quello di rendere Wikipedia di destra ma di includere il punto di vista" dei coloni. Al corso hanno partecipato una cinquantina di alunni, la maggior parte religiosi.

(Apcom, 18 agosto 2010)

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Francesco Cossiga. Il ricordo degli ebrei italiani. E un nodo da sciogliere

di Valerio Mieli - Adam Smulevich

Molti gli attestati di stima e di partecipazione al dolore provenienti dal mondo ebraico per la morte del senatore a vita ed ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Stamane alla Camera ardente erano attesi fra gli altri il Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna e il rabbino capo di Roma Riccardo di Segni,.
Lo stesso Rav Di Segni, ricordando la figura di Cossiga ha voluto raccontare un aneddoto curioso: "Quando stavo per essere nominato rabbino capo Cossiga mi chiamò al telefono. Con il suo inconfondibile accento mi consigliò di accettare l'incarico ma di non abbandonare la professione di medico. È un consiglio che ho seguito".
Il Rav ha anche sottolineato la grande disponibilità data da Cossiga negli ultimi anni, le sue frequenti telefonate nel corso delle quali "testimoniava il suo dissenso e la sua solidarietà su fatti di antisemitismo, ma anche su dichiarazioni di esponenti politici riguardo Israele e le questioni mediorientali E qualche volta anche quando erano dichiarazioni di istituzioni e uomini della Chiesa. Ci teneva a farmelo sapere".
Attestati di stima anche da Renzo Gattegna, Presidente dell'Unione Comunità Ebraiche Italiane, che di Cossiga ricorda "l'amicizia e la grande vicinanza agli ebrei, alla cultura ebraica e allo stato di Israele di cui era un profondo conoscitore". Gattegna ribadisce la partecipazione personale al dolore dei familiari. "In diverse occasioni di incontro - spiega il presidente UCEI - abbiamo potuto apprezzare quanto fossero profondi e radicati in tutto il nucleo familiare i principi costituzionali di libertà, di democrazia e di categorico rifiuto di ogni forma di discriminazione".
Riccardo Pacifici, Presidente della Comunità ebraica di Roma, dopo aver ripercorso il legame costruito da Cossiga in ogni fase della sua vita politica con i leader ebraici italiani ("era un uomo prossimo al mondo ebraico non solo per scelta politica ma anche come uomo di fede"), mette l'accento su un nodo sanguinoso ancora da sciogliere: "Cossiga ci lascia dopo aver rivelato una vicenda per noi molto importante quanto dolorosa. Quella che legava il terrorismo palestinese dell'Olp allo stato italiano negli anni Settanta e Ottanta, il cosiddetto lodo Moro, ovvero l'immunità goduta dall'Olp in Italia in cambio del mancato ricorso ad azioni terroristiche sul suolo nazionale. Vicenda che, come la storia ci insegna, non trovò applicazione da parte della stessa Olp in Europa e in Italia, dove ci furono gli attentati al Caffè de Paris, all'aeroporto di Fiumicino, alla nave Achille Lauro e soprattutto alla sinagoga di Roma del 9 ottobre 1982 con l'uccisione del piccolo Stefano Tache". Per questo motivo, conclude Pacifici, "auspichiamo che i complici di allora diano risposte alle rivelazioni dell'amico Francesco Cossiga".
Verità scottanti che erano emerse solo nell'ottobre del 2008, nel corso di un'intervista esclusiva rilasciata da Cossiga al giornalista Menachem Gantz del quotidiano israeliano Yediot Aharonot. In quella circostanza Cossiga aveva spiegato che in cambio di una mano libera in Italia, "i palestinesi avevano assicurato la sicurezza del nostro Stato e l'immunità di obiettivi italiani al di fuori del Paese da attentati terroristici, fin tanto che tali obiettivi non collaborassero con il sionismo e con lo Stato d'Israele". "Per evitare problemi - si legge nell'intervista - l'Italia assumeva una linea di condotta che le permetteva di non essere disturbata o infastidita. Poiché gli arabi erano in grado di disturbare l'Italia più degli americani, l'Italia si arrese ai primi".
Poi un'altra dichiarazione choc del Picconatore: "Posso dire con certezza che anche oggi esiste una simile politica. L'Italia ha un accordo con Hezbollah per cui le forze UNIFIL chiudono un occhio sul processo di riarmamento, purché non siano compiuti attentati contro gli uomini del suo contingente". Cossiga viene a conoscenza di questi intricati legami con il terrorismo palestinese quando è nominato ministro dell'Interno nel 1976. "Già allora mi fecero sapere - afferma spalancando un cassetto fino ad allora sigillato - che gli uomini dell'OLP tenevano armi nei propri appartamenti ed erano protetti da immunità diplomatica. Mi dissero di non preoccuparmi, ma io riuscii a convincerli a rinunciare all'artiglieria pesante e ad accontentarsi di armi leggere". Qualche anno più tardi, quando Cossiga diventa presidente del Consiglio, l'accordo tra Stato e terroristi emerge con maggiore chiarezza: "Durante il mio mandato una pattuglia della polizia aveva fermato un camion nei pressi di Orte per un consueto controllo. I poliziotti rimasero sbigottiti nel trovare un missile terra-aria, che aveva raggiunto il territorio italiano per mare". Nel giro di alcuni giorni una sua fonte personale all'interno del SISMI (Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Militare), che lui chiama "gola profonda", passa al segretario del governo informazioni in base alle quali il missile andava restituito ai palestinesi. L'input è libanese: "In un telegramma arrivato da Beirut era scritto che, secondo l'accordo, il missile non era destinato ad un attentato in Italia, e a me fu chiesto di restituirlo e liberare gli arrestati".
Su quella pagina buia e mai veramente approfondita era tornato proprio negli scorsi giorni uno dei commentatori del notiziario quotidiano dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane che scrive coperto dallo psudonimo "Il Tizio della sera". Il suo pensiero, espresso in terza persona, ci fa ulteriormente riflettere su come il caso Moro sia un capitolo di storia italiana ancora poco conosciuto: "Scopre due anni dopo un'intervista di Cossiga al quotidiano israeliano Yediot Aharonot che esisteva un cosiddetto accordo Moro, dal nome e dalla volontà dello statista ucciso dalle Brigate Rosse, e che secondo tale accordo stipulato negli anni Settanta l'Italia non si sarebbe intromessa negli affari dei palestinesi, come far viaggiare armi di provenienza sovietica sul territorio nazionale, e che in cambio i palestinesi non avrebbero colpito obiettivi italiani; e con la bocca spalancata dallo stupore come un immenso hangar, scopre che gli ebrei italiani, anzi chegli italiani ebrei, risultavano esclusi dall'equazione e che in modo implicito essi avrebbero potuto essere uccisi, come poi in effetti avvenne. Smette di leggere l'intervista perché è finita e scopre di avere finito anche lo stupore e che forse non ne avrà mai più".

(Notiziario Ucei, 18 agosto 2010)

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Israele, i rabbini contro gli smartphone. «Pericolose depravazioni da strada»

L'invito agli studenti: «Alla larga da questi strumenti che permettono di raggiungere i posti peggiori del mondo»

GERUSALEMME - I cellulari di ultima generazione? «Statene alla larga, sono depravazioni da strada». I rabbini sefarditi di Israele dichiarano guerra agli smartphone e a tutti quei telefonini che «permettono di guardare filmati, navigare su Internet e, Dio sia clemente, di raggiungere anche i posti peggiori al mondo». Una dura presa di posizione contenuta in una circolare che è stata rilanciata dal sito del quotidiano "Yedioth Ahronoth".
MODERAZIONE - «In un istante - si legge nella nota - un uomo può inciampare e cadere, Dio non voglia, nel fondo di un baratro». La circolare «intima» per questo agli studenti, in vista dell'inizio del nuovo anno scolastico, di «rimanere alla larga da queste attrezzature pericolose, di mantenersi moderati e attenti». I leader religiosi sefarditi invitano quindi «i giovani intelligenti» a lasciarsi rafforzare dalla Torah e a dedicare ogni momento libero al suo studio, «con desiderio e gioia». Un appello tanto più importante, scrivono i rabbini, in un periodo in cui «si viene a sapere di disastri quotidiani a cui è difficile opporsi» e le strade sono piene di vecchie e nuove «depravazioni» che impediscono di dedicarsi alla religione. Solo lo studio della Torah, conclude la circolare, potrà tornare utile nel giorno del giudizio.

(Corriere della Sera, 18 agosto 2010)

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McDonald's e le bimbe ebree. "Niente Happy meal con pesce"

ROMA - Angelo Pavoncello aveva portato le figlie di 7, 10 e 13 nel fast food a piazzale Sturzo e ha chiesto di sostiuire il panino alla carne per motivi religiosi. Ma si è trovato di fronte ad un netto rifiuto. A Trastevere nel ristorante di via degli Stradivari, la richiesta è stata accontentata. "Non discriminate chi ha restrizioni alimentari"
Porta le sue tre bambine di 7, 10 e 13 da McDonald's a piazzale Sturzo e dopo aver chiesto di sostituire il panino alla carne con quello con il pesce dentro l'Happy Meal, perché la religione ebraica non consente di assumere alcuni cibi, si è sentito rispondere che le regole impediscono di cambiare il contenuto del box con i giochini tanto amati dai bambini. Una risposta che se da una parte ha gettato nello sconforto le bimbe ha molto irritato il padre Angelo Pavoncello. "Ero pronto a pagare la differenza di prezzo per non deludere le mie figlie - spiega il padre - E del resto è la prima volta che mi capita di subire una tale discriminazione anche perché in altri McDonald's in Italia e all'estero non è mai accaduto".
Pavoncello non ha però rinunciato a far valere i diritti delle sue bambine ad avere un Happy Meal, modificato nel contenuto alimentare come la religione ebraica consente, per poter così ottenere i giochini in omaggio e si è recato ad un altro McDonald's a Trastevere, in via degli Stradivari. Lì il direttore, pur facendo presente che le regole prevedono che non si modifichi il contenuto dell'Happy Meal, ben volentieri ha accontentato le bambine facendo pagare una piccola differenza. Di qui un appello ai dirigenti McDonald's Italia da parte di Pavoncello: "Non discriminate proponendo un solo tipo di Happy Meal chi come ebrei, musulmani o vegetariani hanno restrizioni alimentari".

(la Repubblica - Roma, 18 agosto 2010)

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Trani città multietnica diventa oggetto di tesi di laurea

Il compiacimento del sindaco Tarantini

«La cesta di Mosè: Trani fra Ebraismo, cristianesimo, islam». E' questo l'interessante titolo della tesi di laurea dedicata alla multietnicità della città di Trani che Michela Di Filippo, di Trani, ha realizzato per la facoltà di scienze della formazione dell'Università degli studi di Bari, laurea in sociologia delle relazioni multietniche.
Il lavoro mostra come Trani sia il crocevia di culture, religioni e comunità sociali, che a partire dal bellissimo centro storico hanno dato vita ad un modello di convivenza e contaminazione culturale che è ormai oggetto di studi sociologici ed antropologici.
Il sindaco di Trani, Giuseppe Tarantini, citato nella tesi di laurea ha dichiarato: «E' sempre una soddisfazione venire a conoscenza del fatto di essere al centro dell'interesse di studiosi per le azioni di governo della città. Mi fa particolarmente piacere che l'occasione sia quella di una analisi dettagliata del carattere multietnico e del modello di tolleranza e convivenza comunitaria che Trani rappresenta. Quando operiamo con un piccolo gesto, l'apertura di una piazza, la restituzione al pubblico di un bene religioso, l'organizzazione di eventi a carattere religioso e culturale, di fatto eleviamo ed esaltiamo il senso del sacro e quella dimensione di crocevia culturale e religioso che il nostro centro storico costituisce. E' il modello plastico di convivenza etnica. Per questo, a mio parere, merita gli ampi riconoscimenti ed attestazioni internazionali che riceve. Ma il pensiero di giovani studenti che tra le vie del porto ricercano gli elementi di dialogo e compresenza religiosa che ritrovano a Trani una delle più complesse contestualizzazioni storiche reali, credetemi, mi arreca altrettante soddisfazioni».

(TraniWeb, 18 agosto 2010)

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Atene ai paesi arabi: gli accordi con Israele sono un bene per tutti

ATENE, 18 ago - La Grecia ha rassicurato gli alleati arabi sui motivi che hanno portato a un miglioramento dei suoi rapporti con Israele, dopo la storica visita del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ad Atene.
Il miglioramento dei legami tra Grecia e Israele e' ''per il bene della Grecia e di tutto il Medio Oriente e non esclude la nostra stretta collaborazione con il mondo arabo, soprattutto con i nostri amici palestinesi'', ha dichiarato Dimitris Droutsas, vice-ministro degli Esteri in un'intervista con radio Flash.
''Il nostro riavvicinamento ad Israele non e' in contrasto con il rapporto di antica fiducia che ci lega al mondo arabo'', ha aggiunto, sottolineando come il miglioramento nelle relazione sia stato discusso con ''tutti i nostri amici del mondo arabo''.
Gli incontri di lunedi' e di oggi con il Premier israeliano sono stati ''molto utili e di successo perche' hanno portato al raggiungimento degli obiettivi fissati, approfondendo le relazioni di cooperazione con Israele'', ha affermato Droutsas. ''Il congelamento dei rapporti tra Israele e Turchia non ha nulla a che vedere con il nostro riavvicnamento politico ad Israele'', ha precisato.
Netanyahu e' stato il primo Premier israeliano ad effettuare una visita ufficiale in Grecia, un paese a lungo filo-arabo che ha riconosciuto l'esistenza di Israele solo nel 1991.

(ASCA, 18 agosto 2010)

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Raid aerei israeliani su Gaza

"Risposta ai colpi di mortaio palestinesi"

L'aviazione israeliana ha condotto 4 raid aerei contro la Striscia di Gaza senza causare feriti. Lo riferiscono fonti dei servizi di sicurezza palestinesi e testimoni. Due incursioni hanno preso di mira obiettivi situati vicino alla città di Rafah e a nord di Khan Yunes, nei pressi della frontiera con l'Egitto. Una portavoce militare israeliana ha riferito che i raid rappresentano una risposta a colpi di mortaio sparati da Gaza contro Israele.

(TGCOM.it, 18 agosto 2010)

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Un'esplosione uccide il padre dei droni iraniani

di Gianandrea Gaiani

Una guerra segreta fatta di spionaggio, attentati, incursioni mirate contro obiettivi strategici o esponenti di spicco del nemico. Alla «Shadow War» condotta dalla Cia e dalle forze speciali statunitensi raccontata dall'inchiesta del New York Times potrebbe essere attribuita anche la morte di Reza Baruni, ingegnere aeronautico iraniano che ha guidato lo sviluppo e la produzione dei velivoli teleguidati (Unmanned aerial vehicles, Uav) meglio noti come droni....

(Il Sole 24 Ore, 18 agosto 2010)

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Basket: Euro 2011, Israele-italia 76-81

Bargnani mette a segno 26 punti, gli azzurri restano in corsa

ROMA, 17 ago - L'Italia ha battuto Israele 81-76 a Tel Aviv in una partita delle qualificazioni agli Europei di basket 2011. L'Italia resta cosi' in corsa per al competizione continentale. Ventisei i punti di Bargnani, 14 di Belinelli e 11 di Maestranzi.

(ANSA, 17 agosto 2010)

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Ambasciatore Meir: l’Iran vuole la destabilizzazione del mondo

CORTINA, 17 ago - ''L'Iran vuole la destabilizzazione del mondo: i loro missili hanno una portata di 1200 km che gli consente di raggiungere Israele ma quelli di ultima generazione da 2500 e 3500 km arrivano molto piu' lontano. Potrebbero arrivare in Italia, in tutta Europa. A cosa servono questi armamenti se l'unico obiettivo e' Israele?''. Lo ha detto Gideon Meir, ambasciatore d'Israele in Italia, parlando a margine di ''Cortina InConTra''.
''L'Iran - ha continuato Meir - e' una minaccia alla stabilita' del mondo, se esiste il rischio di una terza guerra mondiale e' legato proprio a Teheran. Sta sviluppando armamenti atomici e Israele e' solo il pretesto: il vero obiettivo e' l'occidente, l'America, i valori occidentali''.

(ASCA, 17 agosto 2010)

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Proiettile di mortaio su Israele da Gaza, due soldati israeliani feriti

I Comitati di resistenza popolare, un piccolo gruppo armato palestinese legato ad Hamas, ha rivendicato l'attacco.

GERUSALEMME, 17-08-2010 - Due soldati israeliani sono rimasti feriti lievemente oggi da un proiettile di mortaio sparato dalla Striscia di Gaza verso il Negev occidentale. I Comitati di resistenza popolare, un piccolo gruppo armato palestinese legato ad Hamas, ha rivendicato l'attacco.
Ieri un miliziano palestinese della Jihad islamica era stato ucciso, mentre si accingeva a deporre una mina a ridosso del reticolato di confine tra Gaza e Israele. Secondo fonti militari israeliane, il miliziano era responsabile dell'uccisione di un ufficiale e di un soldato nel corso di un attacco il 26 marzo scorso.
Secondo l'esercito israeliano oltre 115 missili e obici di mortaio sono stati lanciati in direzione di Israele dalla Striscia di Gaza, controllata da Hamas, gruppo inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche anche dall'Unione Europea.

(RaiNews24, 17 agosto 2010)



(Guysen TV, 17 agosto 2010)

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Basket - Israele-Italia in diretta live streaming su Rai tv

Una partita ormai da dentro o fuori. Gli azzurri impegnati questo pomeriggio in Israele (palla a due alle 18.30) devono assolutamente vincere per non dire addio all'Europeo del 2011. Coach Pianigiani alla vigilia ha tracciato le linee del match che si giocherà a Tel Aviv. "Sappiamo quanto questa gara sia importante e conosciamo bene i nostri avversari, che hanno un alto tasso di talento ed esperienza - dice Simone Pianigiani - Il campo di Tel Aviv è difficile da violare contro una squadra che si esalta ed è tanto più forte in casa. Sappiamo anche -continua Pianigiani - che in questo momento dobbiamo pensare a noi. Dobbiamo giocare in modo più regolare, senza strappi: è l'unica chiave per rimanere in partita in trasferta. Così abbiamo fatto in Montenegro, ma diversamente dal passato, le percentuali di tiro ci devono sostenere maggiormente".

(ilsussidiario.net, 17 agosto 2010)

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Il governo d'Israele vara un piano di incentivi per i ricercatori

Le istituzioni israeliane preoccupate dall'esodo di scienziati - ''Israele, suo malgrado, è divenuto uno dei maggiori esportatori di cervelli del mondo''. L'allarme viene lanciato oggi da Manuel Trachtenberg, presidente di una commissione interministeriale incaricata dal governo d'Israele di arginare l'esodo all'estero di alcuni tra i migliori ricercatori del Paese. Secondo una recente ricerca di settore, pare che siano fino a 30mila gli accademici israeliani residente all'estero e il governo di Tel Aviv - che ritiene strategica per la sua sicurezza una superiorità regionale nell'innovazione tecnologica - ha deciso d'invertire la tendenza, affidando al prof. Trachtenberg l'elaborazione di un piano nazionale.''Istituiremo almeno trenta di eccellenza nella ricerca'', ha spiegato Trachtenberg, ''offriremo a centinaia di ricercatori di divenire membro del corpo accademico di una delle università, garantendogli due milioni di shekel (400mila euro) nell'arco di cinque anni per sviluppare i loro progetti''. Secondo l'edizione online del quotidiano israeliano Yedioth Arondoth, il piano prevede anche l'istituzione di una fondazione con un capitale di 220 milioni di shekel destinati al finanziamento di attività di ricerca.

(PeaceReporter, 17 agosto 2010)

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A settembre Trani riscopre il fascino della storia ebraica

Sinagoga aperta di sera, incontri e fiere per due giorni

Sabato 4 e domenica 5 settembre, Trani ospiterà la giornata della cultura ebraica, giunta all'undicesima edizione. La manifestazione avrà luogo in 28 nazioni europee. La città capofila di quest'anno è Livorno che ha ricevuto il testimone proprio da Trani, capace di organizzare lo scorso anno una delle edizioni meglio riuscite. La comunità ebraica tranese, in collaborazione con l'amministrazione comunale e l'assessorato alle politiche culturali di Trani, ha realizzato per quel giorno un'offerta multiculturale, religiosa e artistica dal titolo Trani Ebraica. Tutti gli eventi si svolgeranno dalla sera di sabato 4 settembre alla sera di domenica 5 settembre nel cuore del quartiere ebraico di Trani (con la possibilità di partecipare allo Shabbath, il sabato ebraico che inizia la sera del 3 settembre). Tutti gli appuntamenti sono presenti nell'agenda del mese di settembre di Traniweb.
Gli eventi di Trani Ebraica, ispirati alla particolare vocazione storica e multiculturale di Trani, hanno lo scopo di riportare in vita atmosfere e sensazioni condivise dalla fiorente popolazione ebraica tranese nel suo periodo di massimo fulgore. Inoltre intendono promuovere i valori sociali e le risorse del patrimonio culturale, religioso e artistico ebraico presenti nel Mezzogiorno. Rav Scialom Bahbout, tra i fondatori della piccola comunità ebraica tranese, non soltanto guiderà le celebrazioni dello Shabbath ma darà altresì lezioni e conferenze in collaborazione con David Gerbi (relatore di una conferenza sull'interpretazione dei sogni) e con l'assessore alla cultura del Comune di Trani Andrea Lovato (relatore di una conferenza su presenza ebraica e Meridione d'Italia), il quale ha anche quest'anno promosso e sostenuto l'appuntamento annuale con il pensiero e la cultura ebraica.
Fra gli appuntamenti previsti, Traniweb segnala l'apertura straordinaria nelle ore serali della Sinagoga di Scolanova. Dall'uscita dello Shabbath (intorno alle ore 21) sino a mezzanotte ci sarà l'apertura straordinaria del sito con lo scopo di arricchire la cosiddetta movida tranese con un forte elemento culturale ebraico quale la visita della Sinagoga più antica d'Europa, nel pieno centro storico della città. Così come accadde dodici mesi, sarà il quartiere ebraico e piazza Scolanova l'epicentro delle iniziative. Prima, durante e dopo ogni manifestazione, nella piazza si accederà a diversi tipi di stands di argomento ebraico, con possibilità di acquisto di materiale. Saranno esposti vasti assortimenti di editoria e discografia ebraica, kit della giornata, manufatti dell'artigianato ebraico tranese su ceramica e maiolica, una vasta gamma di prodotti gastronomici kasher e degustazione di cucina ebraica.
La chiusura di Trani ebraica (domenica 5 settembre alle 21) è affidata alla proiezione del film O Jerusalem, pellicola del 2006 di Elie Chouraqui e Didier Le Pêcheur, per la regia di Elie Chouraqui. Il film racconta, attraverso la storia di due amici (un ebreo americano ed un arabo), lo scontro per la costituzione dello Stato di Israele in Medio Oriente.
In mezzo, tanti momenti di riflessione e conoscenza: una lezione aperta al pubblico sul canto religioso e tradizionale ebraico (domenica 5 settembre alle 11.30), una lezione aperta al pubblico sulle festività ebraiche dell'imminente anno ebraico 5771 e sulle divergenze e affinità tra il calendario ebraico e l'antico calendario giuliano (domenica 5 settembre alle 16), una conferenza fuori dall'ordinario e coinvolgente sull'interpretazione dei sogni (domenica alle 17).

(TraniWeb, 17 agosto 2010)

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Hamas: Sì al progetto di una moschea vicino a Ground Zero

Mahmoud a-Zahar: i musulmani devono costruire le loro moschee ovunque

ROMA, 17 ago. - Mahmoud a-Zahar, uno dei leader più influenti di Hamas a Gaza, difende il discusso progetto per la costruzione di una moschea nei pressi di Ground Zero, il luogo degli attentati di New York dell'11 settembre 2001. I musulmani devono costruire moschee ovunque in modo che i fedeli possano pregara, così come fanno i cristiani e gli ebrei, ha detto Zahar in una intervista radiofonica. Lo riporta il sito web del quotidiano israeliano Haaretz.
Il progetto per la moschea, difeso tra gli altri anche dal presidente Usa Barack Obama in nome del diritto alla libertà religiosa, è promosso da Cordoba Intiative, una fondazione che promuove il miglioramento delle relazioni tra Islam e Occidente, la quale non ha espresso commenti sulle parole del leader di Hamas.
Intanto però, sempre il quotidiano Haaretz, citando fonti di New York, riferisce che i promotori del progetto sarebbero intenzionati a rinunciare al sito nei pressi di Ground Zero per la costruzione della moschea, e a cercarne un altro sempre a Manhattan, con un gesto di buona volontà nei confronti dei familiari delle vittime degli attacchi alle Torri Gemelle.

(Apcom, 17 agosto 2010)

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Venezia - Luzzatto: "Una grande Giornata per l'arte ebraica"

di Michael Calimani

Amos Luzzatto
Torna la Giornata della Cultura Ebraica a Venezia e la Comunità lagunare si prepara ad accogliere nuovamente l'iniziativa con un programma di appuntamenti all'avanguardia per le offerte culturali che vengono presentate in linea con una tradizione che ha radici profonde e lontane nel tempo. Ne parliamo con il presidente della Comunità ebraica di Venezia, Amos Luzzatto, che parlerà domenica 5 settembre dell'arte nella tradizione ebraica argomento che riprende il tema generale della giornata dedicata quest'anno al binomio arte ed ebraismo.

- Da sempre Venezia è simbolo di cultura, commercio e arte, riguardo a questo punto come ha contribuito nei secoli la componente alla crescita artistica della città?
  A Venezia sono presenti spesso elementi di cultura ebraica nella produzione artistica generale con quadri nei quali figurano lettere ebraiche o ipotetiche frasi in ebraico che hanno la loro importanza. Il fatto stesso che a Venezia si santifichino personaggi biblici come Giobbe, Zaccaria o Mosè, che in altri luoghi del mondo cattolico difficilmente vengono santificati, rappresenta un fatto anomalo, ma indicativo. Sulla chiesa di San Zulian per esempio esiste un'iscrizione dedicata al mecenate Tommaso Rangone, filologo e medico che sponsorizzò il rifacimento della facciata. Sono presenti tre iscrizioni all'entrata, una in latino, una in greco e una in ebraico che celebrano questo dubbio personaggio. Nell'iscrizione in ebraico però c'è qualcosa di diverso rispetto a quelle in greco e in latino, si dice infatti che tale Tommaso Rangone avesse scoperto la cura per vivere ben oltre i 120 anni d'età. Forse era un cabalista pratico o più probabilmente un ciarlatano, di certo però è il simbolo di quella presenza oggettiva della cultura ebraica nel tessuto sociale veneziano. Un altro elemento fondamentale da prendere in considerazione è l'importanza che ebbe a Venezia l'editoria ebraica.

- A Venezia si ricorda però di quando il Consiglio dei Dieci, allineandosi al parere della Chiesa del tempo decise di mettere al rogo in piazza San Marco non solo le copie rinvenute del Talmud, ma ogni compendio, sommario da esso dipendente.
  Questo è vero, ma oltre a bruciare il Talmud, ricordiamoci che a Venezia fu anche stampato, in una veste tipografica che con poche modifiche nell'edizione di Vilna è diventato poi il formato tipografico che noi oggi studiamo. A Venezia si è poi pubblicato il Maimonide, l'intera bibbia, le Mikraòt ghedolòt e molti altri testi canonici e di mistica. Il perché una comunità di media grandezza come Venezia attirasse tanto i tipografi anche non ebrei e li spingesse a dedicare tempo, lavoro e anche preparazione per la pubblicazione di testi sacri in ebraico è un argomento suggestivo che lascia aperti ancora degli interrogativi.

- E invece cosa hanno prodotto gli ebrei di Venezia a livello artistico e culturale?
  Gli ebrei di Venezia hanno avuto una caratteristica che qualche volta viene raccontata come fatto di mera cronaca: raramente in comunità delle dimensioni di Venezia confluiscono realtà ebraiche di origini e provenienze diverse come invece successe qui. La prima cosa che ci colpisce sono le sinagoghe, la Scola grande tedesca, la spagnola, la levantina, l'italiana, e la Scola Canton, probabilmente franco-tedesca. Per una comunità di qualche migliaio di ebrei, con tradizioni linguistiche e culturali diverse, modi di studiare, pregare e minhaghim diversi, il fatto di essere riunita in uno spazio talmente ristretto avrebbe dovuto scatenare accese conflittualità come successe ad esempio in altri luoghi. A Venezia invece si riscontrò una notevole convergenza e tutt'al più un po' di competizione tra le diverse Nationi che cercavano di accaparrarsi gli architetti più rinomati per la costruzione delle sinagoghe come il noto architetto e scultore Baldassarre Longhena. Ma questo non rappresenta ancora la vera arte ebraica veneziana.

- Cosa intendi quindi per arte ebraica a Venezia?
  Un esempio potrebbe essere rappresentato dai bassorilievi della Scola Canton, che raffigurano una serie di episodi biblici senza che ci sia la presenza di figure umane e quindi ipoteticamente in linea con il divieto di farsi immagini.

- Perché dici che solo per ipotesi sarebbero in linea con il divieto di interdizione visiva?
  Se vogliamo parlare in termini tradizionali, nel comandamento specifico non c'è scritto di non farsi figure umane, c'è invece scritto non ti farai nessuna figura di tutto quello che esiste in cielo o in terra al di sotto o nelle acque al di sotto della terra. Quindi in teoria anche quei bassorilievi sono immagini che contravvengono alla regola. La mia opinione ovviamente è diversa e per ora nessuno l'ha mai contestata. Il versetto prima afferma cosa non si deve fare parlando di qualsiasi immagine, poi nel versetto successivo aggiunge: "Non ti prostrerai davanti a loro e non li presterai culto", aggiungendo un ulteriore elemento di riflessione.

- Sì ma questo argomento viene appunto trattato nel versetto successivo.
  Certo, ma la divisione in versetti in tutto il Tanach è masoretica, tardiva e rappresenta già una forma di commento. Se noi leggiamo il passo senza essere condizionati dal conteggio dei versetti il significato è abbastanza chiaro. Ciò che conta non è tanto il disegno, ma l'uso che ne fai. Perché se seguissimo alla lettera la regola non si potrebbero disegnare neppure le piante, adorate per esempio nel culto cananeo. Il concetto importante è non prostrarsi davanti a tali immagini. Questa interpretazione è avvalorata da grandi studiosi e trova fondamento sia nelle fonti bibliche, ad esempio i 12 tori a sostegno del mare nel tempio di Salomone, che non bibliche.

- Riguardo alle fonti non bibliche puoi farci un esempio?
  Alla fine degli anni '20 al confine tra Iraq e Siria, sull'Eufrate, gli archeologi hanno scoperto un'antica basilica bizantina vicino alla città mesopotamica di Doura Europos. Continuando poi a scavare sotto la basilica hanno poi trovato una sinagoga risalente alla metà del terzo secolo completamente affrescata con immagini che riprendevano episodi biblici. Nelle immagini ad altezza uomo contenenti figure umane esse sono raffigurate con il volto bianco, senza lineamenti, al fine, si pensa, di non contravvenire al divieto di idolatria. Ma allora ripensando anche ai bassorilievi della Scola Canton a cosa potevano servire tali immagini? Queste opere artistiche avevano la funzione di commento alla lettura, rappresentavano commenti didattici alla Torah similmente alle immagini che ritroviamo nelle Haggadot di Pesach che ancora oggi utilizziamo durante i nostri Sedarim.

(Notiziario Ucei, 17 agosto 2010)

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Israele: un tribunale condanna lo Stato per la morte di una bimba palestinese

Un tribunale israeliano ha oggi riconosciuto la responsabilita' dello stato ebraico nell'uccisione di una bambina palestinese di 10 anni ed ha stabilito che ai familiari dovra' essere versato un risarcimento.
La piccola, Abir Aramin, nel 2007 venne colpita da un proiettile di gomma nella localita' di Anata, a nord di Gerusalemme, sparato da una guardia di frontiera israeliana in risposta ad un lancio di pietre dalla Cisgiordania.
Il tribunale ha stabilito che il militare "non ha mirato in direzione di chi lanciava le pietre" e che la sua reazione e' stata "ingiustificata".

(Blitz quotidiano, 16 agosto 2010)

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Israele: ex soldatessa deride prigionieri su facebook

GERUSALEMME - Polemiche in Israele per la foto su Facebook di un'ex soldatessa sorridente davanti a prigionieri palestinesi. Nella didascalia si legge: "Il piu' bel momento della mia vita nell'esercito". Dal social network, la foto e' stata rilanciata da diversi blog e siti web, fino ad arrivare sul tavolo dei vertici militari che hanno condannato il "grave e insensibile" comportamento.

(AGI, 16 agosto 2010)

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Calciatore punito per il Ramadan. In Iran insorgono i tifosi e i compagni

Ali Karimi
TEHERAN (16 agosto) - È una levata di scudi quella che oggi ha visto in Iran tifosi, attivisti dell'opposizione e compagni di squadra prendere le difese di Ali Karimi, il calciatore dello Steel Azin di Teheran licenziato ieri con la motivazione ufficiale che non digiunava per il Ramadan.
Una scusa, affermano i suoi sostenitori, con il capitano dello Steel Azin, l'ex centrocampista dell'Amburgo Mehdi Mahdavikia, che si chiede provocatoriamente se Karimi sia «l'unico che non digiuna». A Mahdavikia, citato dal sito dei deputati riformisti Parlemannews, risponde un altro compagno di squadra, il difensore Mehrzad Madanchi. «Il 95 per cento dei calciatori non osserva il Ramadan», se non altro perchè devono dissetarsi durante gli allenamenti, dichiara Madanchi all'agenzia ufficiale sportiva Ipna. Per poi aggiungere che sabato, prima di una partita giocata in notturna con l'Esteghlal, tutti i calciatori dello Steel Azin hanno pranzato insieme in un ristorante.
Su Facebook è stata avviata un'iniziativa per sostenere Karimi, detto il Maradona d'Asia, eletto in passato miglior giocatore del continente ed ex Bayern Monaco, che lo scorso anno, insieme a Mahdavikia e ad altri due compagni, scese in campo con la nazionale con polsini di colore verde per manifestare il suo sostegno all'opposizione dopo la contestata rielezione del presidente Mahmud Ahmadinejad.

(Il Messaggero, 16 agosto 2010)

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Il progetto di Israele di una nuova autostrada scatena l'ira palestinese

GERUSALEMME, 16 ago. (Ap) - Il governo israeliano sta portando avanti i progetti per costruire una nuova strada che porti a Maaleh Adumin, un grosso insediamento in Cisgiordania. Lo ha annunciato lo stesso esecutivo dello stato ebraico. Per il capo dei negoziatori dell'Anp (Autorità nazionale palestinese), Saeb Erekat, il progetto rappresenta il sabotaggio delle iniziative degli Stati Uniti per il rilancio dei negoziati di pace diretti tra israeliani e palestinesi. Il ministero degli Alloggi e delle Costruzioni di Israele ha spiegato in una nota che valuterà le offerte per l'appalto dell'autostrada che collegherà Gerusalemme con Maaleh Adumim, un insediamento di circa 35mila residenti. Secondo il ministero, il progetto non viola il congelamento delle costruzioni di alloggi in Cisgiordania da parte dello stato ebraico. I palestinesi chiedono invece una sospensione di tutte le costruzioni israeliane in Cisgiordania prima che ripartano i negoziati di pace diretti.

(Apcom, 16 agosto 2010)

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Cisgiordania. Il "bon ton" del check point

Un battaglione israeliano sceglie di usare toni più gentili con i palestinesi

Passerà pure per un passo modesto verso la distensione dei rapporti tra israeliani e palestinesi, ma è sicuramente degna di nota la decisione dell'Undicesima compagnia del Battaglione 7001 dell'esercito di Israele: niente più toni rudi nei riguardi dei palestinesi durante i controlli giornalieri ai check point, piuttosto un modo di fare decisamente più gentile. Un esempio? "Se fino al mese scorso come primo avvertimento dicevamo in arabo Wakef, ovvero 'Stop', ora diremo Sabah al-heir, che significa 'Buongiorno'", spiegano il soldato riservista Elezier Cohen al diffuso quotidiano israeliano Haaretz, che riporta la notizia.
Ancora più rimarcabile è la motivazione con la quale il gruppo di soldati ha deciso per il cambio di toni: "Volevamo vedere se era possibile trattare i palestinesi come esseri umani e non potenziali minacce pronte a tirar fuori coltelli o a far esplodere ordigni", ribadisce Cohen, militare sui generis che lavora nel sociale ed è apprezzato anche come poeta. "Il nostro approccio è antitetico a punto di vista con il quale veniamo educati nell'esercito", rivela.
Ora questi ragazzi che passano gran parte della loro giovinezza in divisa (in Israele il servizio militare obbligatorio dura tre anni per i maschi, due per le femmine e si può essere richiamati almeno un paio di settimana all'anno fino ai 40 anni") aggiungono sempre "per favore" al momento di chiedere i documenti alle centinaia di palestinesi che passano per il posto di controllo, li guardano negli occhi e non puntano più armi ad altezza uomo. Come reagiscono i civili dei Territori occupati di fronte a questa 'rivoluzione del linguaggio'? "Cambiano completamente atteggiamento, c'è meno tensione", risponde Cohen. "Anche perché è fuori dubbio che quasi totalità delle persone non vuole creare alcun problema e vuole andare solo il più presto possibile al lavoro".

(Vita.it, 16 agosto 2010)

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Netanyahu ad Atene. Prima visita storica del premier israeliano

ATENE, 16 ago - Il Premier israeliano Benjamin Netanyahu e' arrivato oggi ad Atene per una visita ufficiale di 24 ore. Si tratta della prima volta di un capo di governo israeliano in Grecia.
Netanyahu dovra', nel tardo pomeriggio, parlare della situazione in Medio Oriente e della cooperazione bilaterale (sia economica che militare) con il suo omologo greco George Papandreou. Quest'ultimo, a sua volta, si era recato alla fine di luglio in Israele e nei territori palestinesi.
Alla vigilia di questa riunione, Papandreou ha avuto una conversazione telefonica con il presidente egiziano Hosni Mubarak, il leader palestinese Mahmoud Abbas e il segretario generale della Lega araba Amr Moussa.
Netanyahu e' il primo Premier israeliano ad effettuare una visita ufficiale in Grecia, un paese a lungo filo-arabo che ha riconosciuto l'esistenza di Israele solo nel 1991.

(ASCA, 16 agosto 2010)

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Obama alla Turchia: siate leali o niente armi

di Paolo Martini

Il Presidente Usa Obama si rivolge personalmente alla Turchia di Erdogan, ammonendo Ankara a migliorare i suoi rapporti con Israele e a non proseguire nel suo feeling con Teheran. Altrimenti avrà poche possibilità di ottenere le armi Usa che intende comprare. Lo scrive oggi il Financial Times, ricordando che la Turchia ha intenzione di comprare armi, come i droni usati in Iraq, Paese che gli Usa intendono lasciare nel 2011, che servirebbero a colpire le basi dei curdi del PKK. "Al Congresso ci si chiede se dobbiamo ancora avere fiducia nella Turchia come alleato", dicono fonti anonime dalla Casa Bianca, chiamate dal quotidiano ad interpretare il messaggio di Obama, che dunque avrebbe così segnalato possibili problemi al momento in cui il Congresso dovrà dare il via libera alla vendita dei droni e di altri strumenti di difesa. L'Amministrazione può anche procedere senza "autorizzazione" del Congresso, ma il Congresso può poi stopparla, e comunque difficilmente il Presidente seguirà una strada che risultasse chiaramente impopolare. Uno degli elementi che hanno innervosito Washington è stato il voto contrario all'Onu, in giugno, alle sanzioni contro l'Iran. Il quotidiano Haaretz ricorda la crisi con Israele, dopo i fatti di Gaza di fine maggio, quando il ministro degli esteri turco Davutoglu parlò esplicitamente di uccisione di civili e chiese ad Israele di assumersi la responsabilità dei fatti che portarono alla morte di nove turchi, e di chiedere scusa ad Ankara. La Turchia, ricorda il quotidiano israeliano, è membro della Nato, candidata all'ingresso nella Ue, ma ha anche fortemente sponsorizzato un piano con l'Iran insieme al Brasile di Lula, nello stesso mese di maggio. Ed ha annunciato, la scorsa settimana, che avrebbe sostenuto la vendita di benzina di industrie turche all'Iran, nonostante le sanzioni volute dagli Usa sulle esportazioni verso la repubblica islamica.

(interprete internazionale, 16 agosto 2010)

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Siria: partiti palestinesi rifiutano le trattative dirette con Israele

Il 15 agosto a Damasco 11 partiti palestinesi in Siria hanno tenuto una riunione, discutendo principalmente delle trattative dirette israelo-palestinesi. La riunione ha sancito il rifiuto delle trattative dirette israelo-palestinesi, avvertendo che "la continua applicazione delle politiche di compromesso porterà gravi risultati".
Il comunicato politico, pubblicato dopo la riunione, riporta che la ragione per cui Usa d Israele esercitano pressioni sulla Palestina e la costringono a partecipare alle trattative dirette, consiste nello scopo di "coprire le aggressioni ed applicare le proprie strategie in Medioriente."

(Il Denaro, 16 agosto 2010)

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Un nuovo Sefer Torah per gli Italkim

di Rossella Tercatin

TEL AVIV - L'appuntamento era alle 19.30 (molto elastiche, nonostante la pressante richiesta di puntualità dell'invito diramato via Facebook) in Kikar Dizengoff, cuore della città tra ristoranti, caffè e grattacieli, negozi di scarpe e di abiti da sposa. Lì a due passi c'è il tempio in cui tutte le settimane di Shabbat si prega con rito italiano. L'occasione era di quelle speciali, l'Achnassat Sefer Torah, la celebrazione di un nuovo Sefer Torah del minian italiano di Tel Aviv, donato per onorare la memoria di Robert Nissim. C'era chi a Tel Aviv ci vive e chi era appena tornato dalla spiaggia Frishman, la preferita dagli italiani in trasferta in Israele, tanto che una troupe del Tg3 è andata lì a colpo sicuro per raccontare l'estate della "bolla" nell'edizione della sera di Ferragosto.
Sono sempre più numerosi gli ebrei italiani che lasciano il Belpaese per trasferirsi in Israele. Sono soprattutto giovani attratti dalla qualità delle università, dal desiderio di trovare una vita ebraica più intensa, oppure dalle opportunità di lavoro, grazie all'economia che continua a tirare nonostante la crisi globale. A partecipare alla cerimonia erano più di duecento persone, in maggioranza decisamente under trenta. Per le 20.30 erano arrivati davvero tutti, e il nuovo Sefer Torah è stato portato in corteo fino alla sinagoga nella vicina BenYeuda Street tra canti, balli e un po' di slalom tra le automobili. Al Tempio le celebrazioni sono proseguite e dopo il suono dello Shofar i nuovi rotoli della Torah sono stati riposti con cura nell'Aron Hakodesh, l'armadio sacro. Una importante occasione di ritrovo per la comunità degli italkim e per gli affezionati della città nel mese di agosto, prima di ributtarsi tra ristoranti e locali nella movida della Collina della Primavera.

(Notiziario Ucei, 16 agosto 2010)

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Al Qaida alla Turchia: tronca i legami con Israele

Il numero due di Al Qaida, Ayman al-Zawahiri, esorta la Turchia via internet a troncare con Israele e ritirarsi dall'Afghanistan.


(euronews, 16 agosto 2010)

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L'avversario è israeliano, l'iraniano boicotta la finale di Taekwondo

Il caso scoppiato alle Olimpiadi della Gioventù. Teheran ha imposto il ritiro del proprio atleta. Si rischia l'incidente diplomatico

SINGAPORE - Non c'è pace tra Israele e l'Iran neppure alle Olimpiadi della Gioventù di Singapore. Replicando alcune delle peggiori abitudini della politica e dello sport professionistico, anche tra i giovanissimi atleti è scattato il boicottaggio di una finale tra un iraniano e un israeliano.
Lo scandalo, che si configura come vero e proprio incidente diplomatico, si è verificato nel Taekwondo, dove per la finale maschile della categoria 48 kg si erano classificati l'iraniano Mohammad Soleimani e l'israeliano Gili Haimovitz. Quest'ultimo ha conquistato la medaglia d'oro, ma senza il confronto sportivo: la federazione di Teheran ha infatti imposto il ritiro al proprio atleta, che non si è neppure presentato alla cerimonia di premiazione, con il secondo gradino del podio che è rimasto tristemente vuoto.
Se per un momento si era pensato che Soleimani, grande favorito della finalissima, si fosse effettivamente infortunato, come comunicato agli organizzatori dei Giochi di Singapore, al momento della consegna delle medaglie è diventato evidente che alla base del ritiro dell'atleta c'erano in realtà motivi politici.

(La Stampa, 16 agosto 2010)

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Dopo il ritiro di Solemaini, Iran fuori dalle competizioni sportive

di Walter Giannò

L'Iran dovrebbe essere espulsa da ogni competizione sportiva internazionale. Ciò che è successo a Singapore, durante i Giochi Olimpici della Gioventù, è stato così grave da giustificare una decisione estrema del genere.
Ecco, in sintesi, il fattaccio: il giovane iraniano Mohammad Soleimani non si è presentato alla sfida per la conquista della medaglia d'oro di Taekwondo con l'israeliano Gili Haimovitz. Motivazione: infortunio. Ma il ragazzo non va neanche sul podio. Altra motivazione: è andato in ospedale.
Naturalmente due balle. Al ragazzo è stato vietato di gareggiare per motivi politici, anzi per odio razzista nei confronti dello stato israeliano e di un suo cittadino. Sentimento troppo pressante per tollerare la bandiera con la Stella di David collocata più alta di quella iraniana, con tanto di inno. Un'offesa al mondo dello sport, ai valori universali che sono rappresentati dai cinque anelli. Un razzismo politico che non dovrebbe "passare in cavalleria".
Tra l'altro, non è la prima volta che gli iraniani compiono un simile gesto: alle paraolimpiadi di Pechino del 2008, la squadra di basket, dopo aver perso con gli Stati Uniti, si ritirò dalla competizione proprio per evitare lo scontro con gli israeliani.

(BlogSicilia, 16 agosto 2010)

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Israele comprerà 20 aerei Joint Strike Fighter

di Vito Di Ventura

L'aereo Joint Strike Fighter
Il Ministro della Difesa Israeliano, Ehud Barak, dopo due anni di negoziati con il Ministero della Difesa degli Stati Uniti e la Lockeed Martin, ha approvato l'acquisto di 20 nuovi aerei F-35, noti come JFS (Joint Strike Fighter), per un valore complessivo di 2,7 miliardi di dollari. Entro il prossimo settembre si prevede che il consiglio dei ministri Israeliano approvi la spesa, mentre gli aerei dovrebbero essere disponibili nel biennio a partire dal 2015.
Le trattative sono durate così a lungo perché i militari Israeliani avrebbero voluto installare a bordo dell'aereo alcuni sistemi di produzione nazionale, ma gli americani si sono rifiutati. Alla fine gli Israeliani, pur di essere i primi nell'area Medio Orientale ad avere il nuovo aereo in linea, hanno ceduto. Ma siccome il business è business, gli Americani hanno promesso che se gli Israeliani acquisteranno altri aerei, oltre ai 20 citati, allora la Lockeed Martin provvederà a installare i sistemi richiesti.
Il problema non è affatto banale poiché si inquadra nel concetto più ampio del trasferimento di "know how" e delle tecnologie innovative utilizzate. L'F-35 è un cacciabombardiere supersonico multiruolo di quinta generazione, monoposto e monomotore, con capacità "stealth" che lo rendono "invisibile" ai radar e ai sistemi controaerei. Di "quinta generazione" significa che si tratta dell'ultimo grido in campo tecnologico. Infatti, il JSF è dotato di sistemi avanzati d'integrazione dei sensori e di elaborazione in chiave cosiddetta "Net-centrica", inseriti cioè in una rete in cui tutti i sistemi e gli operatori sul campo di battaglia (dal soldato semplice fino ai massimi livelli decisionali) sono interconnessi in tempo reale.
Inoltre, il nuovo sistema di logistica integrata e le elevate capacità di sopravvivenza e interoperabilità, rendono il JSF adatto alle missioni di proiezione in teatri lontani, d'attacco al suolo in profondità e di supporto alle operazioni di terra.
L'F-35 è destinato ad equipaggiare le forze aeree occidentali a partire dal prossimo decennio nelle tre versioni previste: 1) Convenzionale (Ctol, F-35A); 2) A decollo e atterraggio corto e verticale (Stovl, F-35B), dotata di un motore particolare che permette di operare da piattaforme navali medie e al di fuori di piste aeroportuali; 3) Basata su portaerei convenzionali (CV, F-35C), per la US Navy.
Oltre agli ordini americani, programmate in 2.400 unità, il programma coinvolge 8 paesi partner, con un potenziale di 700 ordini. Attualmente, il costo per velivolo si aggira sui 60 milioni di dollari, con un mercato potenziale che, nel corso dei prossimi 30-40 anni, si stima possa superare i 200 miliardi di dollari.
La Lockheed Martin è il "prime contractor", ma si avvale della collaborazione di un ampio numero di partner americani ed europei, fra cui la Bae Systems, la Rolls-Royce e l'italiana Alenia Aeronautica. In particolare, la partecipazione Italiana, governativa e industriale, al programma è stata ed è tuttora accompagnata da critiche e distinguo, spesso basati su pregiudizi che privilegiano un'impostazione ideologica aprioristica.
Israele, a parte gli otto partner europei che hanno in qualche modo partecipato allo sviluppo dell'aereo e che, pertanto, dovrebbero acquistare un certo numero di esemplari, sarebbe il primo Paese a comprare l'F-35 o JFS.

(ItalNews, 16 agosto 2010)

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Corsa al nucleare, Teheran sfida gli Stati Uniti

L'Iran: andiamo avanti con l'uranio arricchito, la nostra strategia non cambia

TEHERAN - L'Iran continuerà nel suo programma di arricchimento dell'uranio, anche dopo l'avvio della centrale di Bushehr con uranio fornito dalla Russia, perché ne ha bisogno per le sue future centrali. Lo ha detto il presidente della commissione Esteri e sicurezza nazionale del Parlamento, Alaeddin Borujerdi, rispondendo al portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, secondo il quale invece Teheran non ha la necessitàdi portare avanti l'arricchimento in proprio.
Commentando la notizia che la Russia comincerà ad alimentare il 21 agosto il primo reattore iraniano, Gibbs ha affermato che l'Iran «non ha bisogno di disporre della propria capacità di arricchimento del combustibile se le sue intenzioni, come dichiara, sono per lo sviluppo di un programma nucleare pacifico»
Polemica la risposta di Borujerdi: «Il portavoce della Casa Bianca - ha detto l'influente deputato iraniano all'agenzia Fars - dovrebbe migliorare la sua conoscenza della questione nucleare. La fornitura di uranio arricchito da parte della Russia per Bushehr faceva parte degli accordi con Mosca fin dall'inizio. Ma in parlamento abbiamo votato una legge che impone al governo di produrre 20.000 Megawatt di energia da centrali nucleari, e ciò significa costruire 20 reattori come quello di Bushehr».
L'Iran, ha aggiunto Borujerdi, è autorizzata a procedere nel suo programma dall'articolo 4 del Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp), di cui è firmatario, e lo farà perché «non ha alcuna fiducia negli occidentali» per l'eventuale fornitura da parte loro del combustibile necessario.
Con le loro dichiarazioni, ha aggiunto un altro deputato, Esmail Kowsari, gli Americani mostrano la natura "monopolistica" della loro politica.
La decisione di Mosca di procedere all'avvio della centrale di Bushehr è salutata intanto a Teheran come un passo verso un miglioramento dei rapporti bilaterali, che hanno toccato il loro minimo storico da quando, in giugno, la Russia è stata tra i più convinti sostenitori di nuove sanzioni contro Teheran per il suo programma nucleare, approvate dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu.
Le operazioni per l'alimentazione del reattore, ha detto il deputato Mehdi Sanei, capo da parte iraniana del gruppo di amicizia Iran-Russia, «può aiutare ad incrementare e migliorare i legami esistenti e la cooperazione tra i due Paesi e preservare il prestigio di Mosca nel mantenere i suoi impegni». Prima dell'estate l'Onu aveva attivato nuove sanzioni contro l'Iran per la sua corsa al nucleare.

(Corriere Canadese, 16 agosto 2010)

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La Giustizia e l'Ora alternativa

di Gadi Polacco, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

Complice forse anche il clima vacanziero agostano, non ha avuto grande risalto una sentenza del Tribunale di Padova che, accogliendo il ricorso presentato dai genitori di una bambina che lamentavano l'assenza di alternative all'ora di religione (quella cattolica, per la cronaca l'unica presente nella scuola pubblica a carico però di tutti), ha condannato scuola e ministero per "discriminazione indiretta nell'esercizio del diritto all'istruzione e alla libertà di religione", ribadendo che trattasi di "valori tutelati dalla Costituzione" e quindi confermando come tali insegnamenti alternativi debbano essere "obbligatoriamente offerti per rendere effettiva la scelta compiuta dallo studente".
E' scattata anche la sanzione pecuniaria pari a 1500 euro: se la cifra non è gran cosa, tenendo conto che di situazioni analogamente sanzionabili in Italia ve ne sono in abbondanza, anche dal punto finanziario se iniziassero a partire ricorsi non sarebbe quindi cosa indolore.
Ma è dal punto di vista di principio che questa sentenza è assai interessante perché dimostra, diversamente da quanto alcuni cercarono di sostenere, che quanto espresso nel maggio scorso dal Consiglio di Stato (pur rigettando la famosa sentenza del TAR del Lazio) era in realtà un boomerang per chi, compreso purtroppo il Ministro, si ostina a voler ritenere l'attuale situazione consona a una compiuta democrazia.
Scriveva infatti il Consiglio di Stato che il non attivare corsi alternativi " può incidere sulla libertà religiosa dello studente o della famiglia, e di questo aspetto il Ministero appellante dovrà necessariamente farsi carico": dinanzi all'inadempienza padovana i giudici hanno pertanto proceduto di conseguenza.
Se l'alternativa "ora cattolica" od "ora alternativa" può apparire, come al sottoscritto appare, soluzione ancora assai insoddisfacente (la Costituzione infatti vuole tutte uguali, dinanzi allo Stato, le fedi), risulta comunque assai triste che in questo paese occorra ricorrere al giudice anche per farsi riconoscere un diritto chiaramente sancito e ben noto a chi dovrebbe assicurarne l'esercizio.

(Notiziario Ucei, 16 agosto 2010)

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Ali Karimi
Non rispetta il Ramadan, Karimi licenziato

Ex giocatore del Bayern, è soprannominato il 'Maradona d'Asia'

TEHERAN,15 AGO - Ali Karimi, stella del calcio iraniano, e' stato licenziato dal suo attuale club per non aver rispettato il precetto del Ramadan.
In una nota lo Steel Azin spiega di aver dovuto mettere alla porta il trentunenne Karimi, detto il 'Maradona d'Asia', perche' 'non ha osservato il precetto e non ha digiunato durante il Ramadan'. L'ex giocatore del Bayern avrebbe anche 'insultato i funzionari della Federcalcio iraniana ed i dirigenti del club che l'hanno interrogato su questo episodio'.

(ANSA, 15 agosto 2010)

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Smantellato il muro nel rione Gilo

L'esercito di Israele inizia la rimozione dei blocchi messi dopo l'intifada

GERUSALEMME, 15 ago - L'Esercito israeliano ha iniziato a smantellare il muro di protezione contro il lancio dei razzi nel rione di Gilo, a Gerusalemme. I militari hanno annunciato in un comunicato 'il ritorno della calma' nel settore, e iniziato la rimozione dei blocchi di cemento collocati nel 2001, dopo lo scoppio della seconda Intifada nell'autunno del 2000. Il muro e' composto da circa 800 blocchi di cemento piazzati lungo 600 metri di perimetro.

(ANSA, 15 agosto 2010)

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(euronews, 15 agosto 2010)

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Un'altra vittoria per i terroristi di Al Qaida

di Fiamma Nirenstein

È più forte di lui: il 70% degli americani non vuole la moschea a Ground Zero. La sua politica, dopo essere apparsa «foriera di speranze» al 51% degli arabi, è declinata al 16. Tuttavia, Barack Obama non può fare a meno di sognare la pace universale: sin dalla sua nascita, si potrebbe dire, sin dai primordi della sua educazione politica e poi dei suoi passi come presidente, con il discorso del Cairo, l'inchino al re saudita, la critica inusitata allo Stato d'Israele, la mano tesa fino ai crampi verso un Iran che adesso nonostante le sanzioni, riceverà, il 21 di agosto, la benzina nucleare russa per procedere verso la Bomba, ha sempre avuto un disegno, nobile quanto inutile. Essere iscritto nella storia americana come il grande presidente che riuscì a creare un'amicizia, o almeno una tregua, con l'islam. Un Kennedy che invece della grande conquista dell'integrazione dei neri, realizzi un rapporto positivo con l'islam, in patria e fuori. Durante la cena di Ramadan, prima della benedizione alla moschea, Obama ha tentato di riscrivere la storia americana con la stravagante affermazione di un grande ruolo dell'islam come di una parte centrale della epopea americana, una forza che «è sempre stata parte dell'America»; ha detto che Ramadan «ci ricorda i principi comuni e il ruolo dell'islam nel fare avanzare la giustizia, il progresso, la tolleranza, e la dignità di tutti gli esseri umani».
Con tutto l'autentico rispetto per Ramadan e la libertà religiosa, intanto sorge spontanea la domanda che farebbero parecchie ragazze americane musulmane che come testimonia la scrittrice Phillys Chesler seguitano a essere vittime di clausura e delitti d'onore, o anche le vetrioleggiate dell'Afganistan, o le condannate alla lapidazione in Iran. È comunque difficile disegnare il contributo solenne dell'islam alla storia americana: non troviamo, in una cultura non specialistica, una pagina di arte, di cultura, di politica, di letteratura, di musica, di cinema, insomma di tutte le meraviglie che fanno l'America, la traccia di un'influenza islamica. Ma diciamo che Obama abbia voluto usare un tono augurale: cosa lo ha portato ad abbracciare quella che i posteri considereranno una delle maggiori bizzarrie, per non dire perversioni, del nostro secolo, la costruzione di una moschea a Ground Zero? A Ground Zero si è avvolti da un silenzio immenso nel mezzo alla metropoli: non c'è politically correct che tenga. Sei, di fronte a quei volti, immerso in un dialogo con la vita e con la morte, con l'aggressività inconsulta, con l'odio smisurato per una nazione democratica. Certamente non tutti i musulmani sono responsabili dell'attacco alle Twin Towers, ma l'islam vi ha una parte non marginale. La sua intolleranza per le altre religioni ha luogo ogni giorno nelle città arabe e in Iran, la sua determinazione a conquistare il mondo e a uccidere gli ebrei, i cristiani, i convertiti, risuona in molte madrasse, certo nel dispiacere dell'Islam moderato.
Non c'entra la libertà di religione con la grandiosa inopportunità di costruire una moschea laddove è il sacrario del dolore americano di fronte all'attacco dell'islam estremo. Ci sono luoghi che hanno un destino iscritto in ciò che semplicemente sono. Un centro culturale tedesco, con tutto il rispetto per i tedeschi d'oggi, ha scritto Charles Krauthammer, non può sorgere sulle rovine di un campo di concentramento. Giovanni Paolo II proibì alle carmelitane di creare un centro ad Auschwitz. Non era il loro luogo, non era il caso. E certo la richiesta delle Carmelitane era meno strana.
Obama dovrebbe chiedersi che cosa rappresenta oggi una moschea a 360 gradi, e concluderebbe che il suo significato non è di pura libertà religiosa, ma è anche politico, specie a Ground Zero. Non c'è stata una chiara, definitiva risoluzione di ogni rapporto del mondo musulmano con l'islam del terrorismo, esso rifiuta di definire chiaramente il terrorismo. Obama per promuovere i moderati deve differenziarne il ruolo, chiedere loro un impegno invece di promuovere l'islam in toto. Questa diviene vittoria dei più duri. Bin Laden gioirà della moschea, la sentirà come una sua vittoria. Obama non otterrà da questa ennesima profferta niente. Lo stesso accadde con Gaza esattamente 5 anni fa, il 15 di agosto, quando Sharon consegnò la Striscia ai palestinesi in cambio di niente. Non fu interpretato come un gesto di pace, ma come un gesto di debolezza. Ne nacque Hamastan che ha perseguita musulmani, ebrei, cristiani.

(il Giornale, 15 agosto 2010)

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(Guysen TV, 15 agosto 2010)

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Europei di basket - Israele batte Montenegro e si riporta in testa al girone

Per mantenere le velleità di primato nel girone di qualificazione ai prossimi Europei di basket c'era un solo risultato possibile: la vittoria. E vittoria è stata, il 77 a 73 con cui la nazionale israeliana ha sconfitto Montenegro sul parquet della Nokia Arena di Tel Aviv riapre la corsa per la leadership e proietta il quintetto di casa in testa alla classifica del raggruppamento. L'incontro è stato molto equilibrato (40 a 40 al termine della seconda frazione e 72 a 72 quando mancavano pochi minuti alla fine), Israele ha prevalso solo negli ultimi istanti di gioco grazie alla maggior lucidità sotto canestro dei suoi assi. Straordinaria la prestazione di Omri Casspi, 30 punti e indiscusso uomo partita. Adesso il calendario prevede per martedì sera la sfida (sempre a Tel Aviv) contro la nazionale italiana. Gli azzurri di mister Pianegiani arrivano affamati di punti e intenzionati a vendicarsi della sconfitta interna patita nel match di andata. Ma Israele, guarito dal mal di classifica dopo il clamoroso ko finlandese della scorsa settimana, parte con i favori del pronostico e vede la Lituana più vicina.

Classifica girone A
Israele 6, Montenegro 6, Lettonia 4, Finlandia 4, Italia 2

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Scritta nazista su un muro di Trani

di Nico Aurora

TRANI - «Bravata o non bravata, è accaduto a Trani, casa degli Ebrei, e questo non può passare inosservato. Poiché altri segnali vi erano stati, credo che una riflessione vada aperta e, intanto, mi auguro che chi di dover intervenga immediatamente per rimuovere quella orrenda scritta». A parlare è Francesco Lotor o, portavoce della comunità ebraica di Trani, che ieri sera, all'uscita dallo "shabbat", ha avuto la sgradita sorpresa di venire a conoscenza, tramite la «Gazzetta», della comparsa a Trani di una scritta antisemita dai simboli e testi inequivocabili: la svastica, la doppia "S" e la frase «Juden raus (ebrei fuori)», uno dei modi peggiori per dimostrare l'odio di una o più persone verso un popolo che la storia ha così profondamente segnato.
L'agghiacciante immagine viene da una strada paradossalmente intitolata ad un santo della Chiesa cattolica, Sant'Anibale Maria Di Francia. All'altezza del civico 68, oggi s'incontra quella scritta, fatta con lo spray, che deturpa un muro alla stessa guisa delle insulse frasi d'amore o inneggianti la squadra del cuore, ma che dal punto di vista del significato va oltre, molto, oltre, troppo oltre. Ad accorgersene per primo, un cittadino tranese, Eugenio Martello, che ha pubblicato le foto nel suo blog condannando il gesto.
«Temo non si tratti di cretini - riprende Lotoro -, ma persone responsabili che sapevano scientemente quello che stavano facendo. Una scritta simile l'avevamo vista a Barletta, tempo fa. Ci aveva fatto
male, ma non quanto questa. Perché qui siamo a Trani, la città che è tornata ad accogliere gli ebrei, la città che per gli ebrei del mondo è un faro, un riferimento un esempio. Trani - prosegue il portavoce della comunità del popolo d'Israele - è diventata "la città dei cento passi", quelli che basta compiere nel centro storico per passare dalla nostra comunità a quella cristiana e poi a quella ortodossa. È la città multi religiosa per eccellenza che rispetto e dialogo hanno reso un modello nel mondo. Tuttavia, se uscendo da quei luoghi ci ritroviamo ad assistere ad un fenomeno così grave, allora credo che le istituzioni debbano subito considerare quanto grave sia questo gesto».
La scritta apparsa sulla strada che conduce verso via Corato è il punto più alto dell'escalation di altri episodi che già avevano turbato la comunità ebraica di Trani. Lo scorso anno la scalinata della sinagoga Scolanova era stata deturpata da scritte, poi rimosse, ma non di contenuto antisemita. Lo stesso Lotoro ha rivelato alla «Gazzetta» che lo scorso mese di maggio molti di quegli stessi scalini furono ricoperti di feci umane. «In quel momento scegliemmo il silenzio - confessa -, oggi riteniamo che i due ultimi episodi siano connessi e proviamo dolore e rabbia».
Non raggiungibile il sindaco, Pinuccio Tarantini, l'assessore alla cultura Andrea Lovato, il più vicino alla comunità ebraica nell'organizzazione delle loro manifestazioni, condivide le preoccupazioni: «Certo, il segnale è inquietante, ma intanto faremo in modo che già lunedì, se possibile, quella brutta scritta sparisca».

(La Gazzetta del Mezzogiorno, 15 agosto 2010)

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Dai fumetti a YouTube. La jihad si tuffa nel pop

L'esperta: «Gli estremisti usano la cultura di massa per fare propaganda». Il proselitismo online: «Con il web è facile arruolare inglesi e statunitensi»

Al Qaeda lancia la rivista in inglese Inspire con la ricetta per costruire una bomba in piena regola saccheggiando la dispensa della mamma. Hezbollah invita nel proprio parco tematico, sulle colline nel sud del Libano, i turisti interessati alla cultura della guerriglia. I palestinesi di Hamas sfruttano da anni la forza comunicativa del fumetto nello scontro per il cuore e le menti degli antisionisti di tutto il mondo....

(La Stampa, 15 agosto 2010)

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Libano-Israele: Hezbollah sposta arsenali al confine

Secondo un rapporto delle forze armate dello Stato ebraico

GERUSALEMME, 14 ago. - Le milizie sciite di Hezbollah stanno spostando arsenali e combattenti nei villaggi del sud del Libano, dove sarebbe in corso la costruzione di una serie di bunker sotterranei in preparazione di un'eventuale offensiva: è quanto si legge in un rapporto diffuso dalle forze armate israeliane.
Israele ha reso pubbliche le informazioni di intelligence in suo possesso su quello che viene definito il "nuovo dispiegamento alla frontiera" di Hezbollah malgrado la presenza nella zona delle forze del contingente dell'Unifil, quattro anni dopo il conflitto durato 34 giorni e al quale mise fine un negoziato delle Nazioni Unite.
Secondo il rapporto l'obbiettivo di Hezbollah sarebbe quello di confondere i miliziani fra la popolazione civile e proteggere in questo modo arsenali e centri di comando, approfittando anche delle limitazioni al mandato dell'Unifil in materia di perquisizioni di abitazioni private.

(Apcom, 14 agosto 2010)

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Nave svizzera in rotta verso Gaza

GINEVRA - Vi sarà anche una nave svizzera tra quelle che faranno rotta verso Gaza per sensibilizzare l'opinione pubblica sul blocco israeliano. La partenza dovrebbe aver luogo entro la fine dell'anno. Anouar Gharbi, presidente dell'organizzazione non governativa ginevrina "Diritti per tutti" e ideatore del progetto elvetico per Gaza, ha dichiarato che "450 persone hanno già espresso il desiderio di imbarcarsi sulla barca che abbiamo noleggiato".
Gharbi, che tra l'altro coordina la campagna europea "Save Gaza", ha spiegato il rinvio della partenza, prevista in un primo tempo per la fine di luglio, col desiderio di permettere ad altri partner di aggregarsi alla spedizione. Al momento 220 Ong elvetiche sostengono il progetto per Gaza mediante la raccolta di fondi o con semplici messaggi di solidarietà. I consiglieri nazionali Carlo Sommaruga (Partito socialista) e Joseph Zisyadis (Partito del lavoro) dovrebbero partecipare all'azione. L'organizzazione "Diritti per tutti" intende autofinanziarsi facendo ricorso a fondi svizzeri. I costi stimati inizialmente ammontavano a mezzo milione di franchi. Il battello dovrebbe trasportare da 60 a 80 persone e 4000 tonnellate di aiuti, soprattutto farmaci e case prefabbricate.
Visto l'alto numero di iscrizioni alla fine la spedizione elvetica rischia di essere più importante del previsto. "Se riusciamo a raccogliere un milione di franchi - ha dichiarato Gharbi - potremmo imbarcare tutti gli iscritti". Gharbi non ha tuttavia indicato l'ammontare dei soldi raccolti finora. Stando al coordinatore della campagna europea a favore di Gaza il convoglio potrebbe annoverare fino a 30 imbarcazioni. A livello europeo gli iscritti sarebbero oltre 10'000. Per Carlo Sommaruga, "questa iniziativa ha come obiettivo di ricordare l'esistenza del blocco, non di cercare il confronto con Israele".

(VareseNotizie, 14 agosto 2010)

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La Turchia esclude l'ambasciatore israeliano dalla festa di Ramadan

ROMA, 14 ago. - Il partito per la Giustizia e lo Sviluppo (Akp) del premier turco Recep Tayyip Erdogan ha escluso l'ambasciatore dello Stato ebraico in Turchia, Gabi Levi, dalla tradizionale cena per celebrare la fine del Ramadan come protesta per l'incursione israeliana sulla "flottiglia della pace" del 31 maggio scorso, nella quale morirono nove cittadini turchi. Come riporta il quotidiano israeliano Ha'aretz, l'Akp ha precisato che l'esclusione non è dovuta a "motivi personali", ma ad un "atto simbolico" contro le politiche dello Stato ebraico. Israele e Turchia stanno conducendo inchieste separate sull'incursione: le rispettive conclusioni verranno trasmesse a una Commissione internazionale creata dall'Onu per indagare sulla vicenda, della quale fanno parte un rappresentante israeliano (per lo Stato ebraico si tratta della prima partecipazione ad una commissione dell'Onu su una vicenda che riguarda le proprie forze armate) e uno turco.

(Apcom, 14 agosto 2010)

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Libano - Forniture militari, il governo apre un conto per donazioni

Per protestare contro la sospensione degli aiuti statunitensi

BEIRUT, 14 ago. - Il governo libanese ha aperto un conto corrente presso la banca centrale del Paese per ricevere fondi destinati all'acquisto di forniture belliche: lo ha annunciato il ministro della Difesa libanese, Elias Murr.
L'iniziativa costituisce una protesta contro la decisione dell'Amministrazione Obama di sospendere gli aiuti militari stanziati per il 2009 - pari ad oltre cento milioni di dollari - nel timore che le armi possano essere utilizzate contro Israele o finire negli arsenali delle milizie sciite di Hezbollah.
Murr e il padre Michael, un parlamentare, hanno contribuito al fondo con oltre 600mila dollari; dal 2006 ad oggi Washington ha fornito al Libano 720 milioni di dollari in aiuti militari.

(Apcom, 14 agosto 2010)

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In Libano con i caschi blu. Il generale Tota: «La missione Unifil non può durare all'infinito»

di Cristina Balotelli

SHAMA (Sud del Libano). Quattro anni dopo il conflitto con Israele, in Libano regna una calma apparente. Le ostilità sono cessate, ma i nodi non risolti sono ancora lì, a cominciare dal disarmo di Hezbollah. Non solo non è avvenuto, ma si dice (ed è lo stesso 'Partito di Dio' a sostenerlo) che ora siano in possesso di molti più missili in grado di colpire ovunque lo Stato d'Israele. Nonostante la presenza dei caschi blu delle Nazioni Unite, le armi ci sono e ogni pretesto è buono per far esplodere la tensione da un momento all'altro....

(Il Sole 24 Ore, 14 agosto 2010)

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Usa, Israele, Iran: partita a scacchi in tre

di Simone Santini

Come lavora Iron Dome
Si chiama Iron Dome, una cupola d'acciaio che protegge i cieli di Israele. Il suo nome militare è più complesso: difesa attiva multipla contro missili balistici di teatro, ovvero ALTBMD, secondo l'acronimo anglofono. È un sistema d'arma anti-missile testato a luglio e che proteggerà lo stato ebraico dal lancio di vettori di medio e breve raggio, ovvero dalle minacce che possano arrivare da Gaza come dal Libano. Il sistema affianca e implementa i già acquisiti sistemi Magic Wand e Arrow, per i missili a medio e lungo raggio. Quelli che potrebbero arrivare dall'Iran.
Il sistema è di concezione americana, uno dei fiori all'occhiello della multinazionale della guerra elettronica, la Raytheon, ma allo sviluppo ha partecipato anche un consorzio di aziende europee. Con una serie di test condotti attraverso lanci di missili dal deserto del Negev, l'Iron Dome ha mostrato tutte le sue potenzialità. Ha rilevato l'origine dei lanci attraverso un sistema di radar a largo raggio, capace di coprire l'intero Medio Oriente, ed ha risposto con razzi intercettori multipli (in grado di contrastare più lanci simultanei da più direzioni) e intelligenti (intercettando i missili che potevano raggiungere obiettivi sensibili e scartando quelli fuori bersaglio).
Ulteriore caratteristica è la possibilità di avere il sistema radar per il rilevamento e l'allerta sia statico che semovente. Un impianto ALTBMD si trova infatti sulla portaerei USS Harry Truman che è stazionata negli ultimi mesi in vari tratti di mare del Medio Oriente, dalle coste prospicenti Israele, al Mar Rosso fino al Golfo Persico.
Questo sistema d'arma è strategico per Israele. I dirigenti di Tel Aviv ritengono che solo nel momento in cui si raggiungesse la certezza di poter contrastare efficacemente attacchi missilistici da più scenari, diverrebbe fattibile un raid aereo contro l'Iran senza temere una risposta distruttiva apprezzabile sia da parte di Teheran che dei suoi alleati. [...]

(Clarissa, 14 agosto 2010)

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Abraham Yehoshua: l'antisemitismo è una minaccia ancora attuale

CORTINA, 14 ago - ''L'olocausto ha cancellato 20 milioni di ebrei in cinque anni, senza un perche'. Ci uccidevano come insetti: non ci riprenderemo mai da quello che abbiamo perso''. Abraham Yehoshua parla di olocausto dal palco di Cortina InConTra. A intervistarlo, il direttore del tg La7 Enrico Mentana. ''Perche' e' successo a noi'? - ha continuato Yehoshua - Cosa c'e' di patologico nel rapporto tra Israele e gli altri Paesi'? Per questo sono preoccupato davanti all'antisemitismo: puo' succedere di nuovo, ve lo devo dire. E possiamo evitarlo con la democrazia, combattendo contro il razzismo''. E ancora: ''Anche noi non contribuiamo a scrivere una nuova pagina in Medioriente. Dobbiamo cercare la pace altrimenti saremo tutti vittime di un nuovo disastro: gli ebrei come i palestinesi''. Sul suo essere israeliano: ''Per me - che a 12 anni ho visto Gerusalemme sotto assedio e poi ho assistito alla nascita del nuovo Stato nel 1948 - essere israeliano significa tenere insieme molte contraddizioni e diversita': tutte le diversita' si uniscono insieme, viviamo nella contraddizione, siamo una contraddizione vivente. Una ricchezza che da' materiale a uno scrittore ma e' complessa da gestire per un cittadino''.

(ASCA, 14 agosto 2010)


Sull’ultimo numero di “Pagine ebraiche”, Ugo Volli ha dato una convincente spiegazione del motivo per cui autori israeliani come Amos Oz, David Grossman e Abraham Yehoshua trovano così larga ospitalità sulla stampa italiana. Ne riportiamo un estratto:
    « [...] La delegittimazione "morbida" di Israele, così diffusa nella stampa, passa anche per una distinzione sistematica fra le scelte di governo e l'identità dello Stato. Coloro che non vogliono mettersi fra coloro che negano il diritto a esistere dello Stato di Israele affermano di rifiutare "solo" le politiche del suo governo (in realtà più o meno di tutti i suoi governi, da decenni...). C'è però il problema che il popolo israeliano si sceglie i suoi governi in libere elezioni, ha una stampa libera, una magistratura indipendente, un buon numero di partiti in concorrenza, compresi i partiti arabi e quelli dell'estrema sinistra, un parlamento che decide a maggioranza dopo molte e accesissime discussioni. Insomma secondo tutte le regole Israele è una democrazia matura, cioè un sistema in cui i governi attuano politiche decise dagli elettori - il che non si può certo dire dei suoi vicini. Come si può dunque distinguere Israele dalle sue politiche, il popolo dal governo? La via più semplice è inventarsi un'anima buona che sarebbe tradita dai cattivi governanti. Quest'anima buona e pacifista è offerta dagli scrittori e (meno popolare, ma utile per boicottaggi e accuse politiche) da un importante settore dell'accademia e da un giornale di tradizione intellettuale come "Haaretz", che ha una ricca edizione online in inglese facilmente consultabile anche da noi. Dando voce a questi settori intellettuali, che sono assolutamente minoritari nel paese (l'opposizione di sinistra ebraica alle elezioni ha raccolto intorno al 5 per cento dei voti, la diffusione, "Haaretz" ha una diffusione intorno al 7 per cento) ma "prestigiosi", i giornali italiani possono controbilanciare o mascherare il fatto che l'elettorato ebraico ha appoggiato la barriera di separazione e la guerra di Gaza, è favorevole a Netanyahu e contraria a Obama, non vuole il blocco delle costruzioni a Gerusalemme, nutre molte perplessità sulla possibilità di una pace vera coi palestinesi, non vuole pagare col Golan il prezzo di una pace con la Siria, pensa che con Hamas non si debba trattare. Naturalmente lo sfruttamento è in parte reciproco: essere degli israeliani "buoni" e pacifisti consente di avere accesso a premi, fiere, corsi universitari, carriere che agli israeliani comuni sono preclusi o boicottati. Con il che non voglio certo accusare di malafede illustri scrittori e accademici, ma costatare un meccanismo di interesse reciproco che vale anche per molte Ong. Resta da chiedersi perché una parte importante dell'intellighenzia israeliana sia andata così fuori sincrono rispetto alle scelte fondamentali del paese. ma questo è un altro discorso.»
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Gesù secondo la tv di Hezbollah: non muore in croce e non risorge

di Fausto Biloslavo

Nella serie televisiva prodotta in Iran viene crocifisso Giuda, mentre Cristo fa una vita normale. Ora vogliono trasmetterla in Libano, ma è polemica

Gesù si salva dalla croce e quando muore va dritto in Paradiso senza risorgere. Invece è Giuda che finisce crocifisso. «Il Cristo» secondo l'Iran è una fiction che Hezbollah, gli amici degli ayatollah, volevano mandare in onda in Libano durante il Ramadan, il mese del digiuno islamico.
La ventina di puntate presentavano Gesù secondo il Corano, che non lo considera figlio di Dio, ma un tormentato profeta giudeo, che attende l'avvento di Maometto. Mercoledì è andata in onda la prima puntata, ma i cristiani del Paese hanno protestato con forza. Nel Libano multiconfessionale una fiction del genere può avere l'effetto di una bomba. Non a caso la Direzione generale della sicurezza di Beirut aveva chiesto per prima che «il Cristo» fosse sospeso.
La fiction doveva andare in onda su Al Manar, la tv di Hezbollah, il partito armato degli sciiti libanesi. In contemporanea, sarebbe stata trasmessa dell'Nbn, emittente televisiva legata al movimento sciita Amal. Due bastioni mediatici dell'alleanza con Siria e Iran.
Jbeil Beshara Raii
«È il più grande insulto a Gesù Cristo e alla sua Chiesa», ha tuonato il vescovo Beshara Raii, della chiesa maronita di Jbeil, in un'intervista al sito Naharnet. Il religioso si è fatto portavoce del malcontento che serpeggia nella comunità cristiana libanese. La fiction si basa sulla ricostruzione della vita di Gesù tratta dal Vangelo di Barnaba, che è un apocrifo e non riconosciuto dalla Chiesa. Raii ha ricevuto le 17 puntate in anteprima essendo responsabile della Commissione episcopale sui media in Libano. «È negata la divinità di Cristo, che non risorge e al suo posto, sulla croce, ci va Giuda. È una distorsione dell'ideologia cristiana», ha protestato il vescovo.
Gli sciiti del tubo catodico sembravano tener duro. «Non colpisce affatto i cristiani - ha detto Qassem Sweid, direttore generale di Nbn - Ci siamo accertati che sia stata prodotta in conformità al Corano e non c'è ragione che possa indurci a sospenderne la messa in onda».
In un Paese che ha vissuto una sanguinosa guerra civile, dove la religione continua a mescolarsi con la politica, basta una scintilla per far saltare tutto in aria. La fiction «mina le fondamenta di tutte le religioni e alimenta contrasti», sostiene il vescovo. E i contrasti nel Paese dei cedri si risolvono spesso a raffiche di kalashnikov.
Alla fine gli amici degli ayatollah hanno dovuto capitolare. Ieri, il ministro dell'Informazione, Tarek Mitri, ha convocato una conferenza stampa annunciando che la messa in onda de «Il Cristo» era stata cancellata. Altri parlano solo di sospensione.
La fiction è tratta da un film da 5 milioni di dollari finito di girare nel 2007 dal regista iraniano Nader Talebzadeh. Un sostenitore del presidente Mahmoud Ahmadinejad, scettico sull'11 settembre. Il Cristo iraniano sembra più un hippy invasato che Gesù. L'attore che lo interpreta si chiama Ahmad Soleimani-Nia. Prima di darsi al cinema ha fatto il soldato degli ayatollah e poi il saldatore per l'Ente atomico iraniano.
Il titolo originale è «Gesù, lo spirito di Dio». Il film ha ottenuto pure un premio in Italia, nel 2007, al festival del cinema sulle religioni. Proiettato alla rassegna di Filadelfia ha invece scatenato le proteste cristiane in California. Il regista considera la pellicola «una risposta islamica alla Passione di Cristo di Mel Gibson».

(il Giornale, 14 agosto 2010)

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Conclusa senza incidenti la preghiera del primo venerdì di Ramadan

GERUSALEMME - Si e' conclusa senza incidenti la preghiera del primo venerdi' di Ramadan alla Spianata delle Moschee di Gerusalemme. Circa 80mila fedeli musulmani si sono radunati per partecipare alla preghiera e si sono poi allontanati dal luogo di culto senza disordini, come riporta il sito del quotidiano Yedioth Ahronoth. Le autorita' israeliane temevano che la preghiera potesse essere occasione per scontri e proteste e per questo hanno schierato migliaia di poliziotti nella citta' vecchia e intorno alla Spianata delle Moschee.

(Adnkronos, 13 agosto 2010)

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Libano - Dopo polemiche, due tv sciite annullano un programma su Gesù

Le emittenti affermano di voler evitare conflitti confessionali

BEIRUT, 13 ago. - Due emittenti tv sciite libanesi hanno annullato un programma sulla figura di Gesù, affermando di non voler alimentare conflitti confessionali nel Paese.
L'emittente Al-Manar, gestita dai miliziani Hezbollah, e National Broadcasting Network (Nbn) hanno mandato in onda il programma all'inizio della settimana, in coincidenza con l'inizio del mese sacro islamico, il Ramadan, suscitando le proteste di religiosi e politici di fede cristiana. Composto da 17 episodi, il programma racconta Gesù da un punto di vista islamico: per i musulmani Gesù fu un profeta e un maestro, ma non il figlio di Dio.
Oggi, l'arcivescovo cattolico-maronita Bechara el-Rai ha dichiarato alla stampa che il programma non rispetta "Gesù, la chiesa e la cristianità".
Poco prima che l'arcivescovo parlasse ai media, le due emittenti tv hanno diffuso un comunicato in cui sostengono che il programma "mostra la grande personalità del profeta di Dio Gesù, figlio di Maria, che la pace sia con lui", ma annunciano anche la decisione di annullare la sua messa in onda, prevista per oggi, come forma di rispetto per le altre confessioni religiose libanesi.
Quando il Libano ottenne l'indipendenza dalla Francia, nel 1943, il Libano venne governato dai cristiani. Le continue richieste dei musulmani di una riforma del Paese innescarono la guerra civile del 1975-90. L'accordo raggiunto nel 1989 prevede che il potere venga condiviso dalle due comunità. Il sistema politico libanese riflette le divisioni del Paese: la Presidenza è infatti affidata a un cattolico maronita, la carica di primo ministro a un musulmano sunnita e quella del Presidente del Parlamento a uno sciita. Il governo e i 128 seggi del Parlamento sono ugualmente divisi tra cristiani e musulmani.

(Apcom, 13 agosto 2010, ore 18:54)

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Giorgina Arian Levi: cent'anni per la libertà e la "città di tutti"

Giorgina Arian Levi
ROMA, 13 ago - Ha la voce flebile, ma i pensieri fermi, Giorgina Arian Levi, che all'ASCA parla dei giovani di oggi e racconta la sua vita, scavando nei ricordi, alla vigilia del compleanno che le fara' spegnere 100 candeline. Cent'anni di storia, portati sulle spalle, sulle gambe e nello spirito che resta quello di una donna combattiva e combattente, com'e' stata per tutta la sua vita fino ad arrivare alla casa di riposo della Comunita' ebraica di Torino dove oggi trascorre le sue giornate.
Giorgina Arian Levi, nata a Torino il 15 agosto del 1910, scrittrice, insegnante e politica, ma soprattutto testimone storica di quel dramma che fu la Shoah, l'avvento del fascismo in Italia e poi il nazismo, l'Olocausto, nel 1939 e' costretta a lasciare il capoluogo piemontese per la promulgazione delle leggi razziali e si rifugia in Bolivia.
Fa in tempo pero' a laurearsi in lettere all'universita' di Torino. Torna in Italia nel 1946, inizia ad insegnare al liceo classico ''Vincenzo Gioberti'' e prende il via la sua carriera politica nel Partito Comunista Italiano. E' stata prima Consigliera comunale a Torino (1956-1964) e poi deputata al Parlamento (1963-1972), dove ricopre anche la carica di segretario della VIII commissione Istruzione e Belle Arti. L'8 luglio scorso il sindaco Sergio Chiamparino le ha consegnato il riconoscimento di ''Sigillo della Citta'': ''Qui - ha detto dopo aver ricevuto il sigillo - ho combattuto per le minoranze, ho lavorato per anni perche' questa citta' diventasse per tutti e di tutti. Vorrei ricordare che la liberta' e la democrazia sono l'unica via per una societa' sana''. E allora ecco il tema del futuro, dei giovani, con cui ha avuto sempre un legame speciale: ''Ci sono tantissimi messaggi che andrebbero mandati - racconta - a seconda dell'eta' e della categoria sociale in questo momento con quello che succede nel mondo, c'e' ancora molto da creare e i giovani devono essere informati non solo della storia della loro citta', ma della loro patria in generale e dei rapporti che l'Italia ha con gli altri paesi. Bisogna andare avanti e io sono sempre stata per l'informazione politica non solo limitata al proprio Stato, ma al livello almeno europeo.
Insomma, piu' grande, per creare un contatto con gli altri paesi. Per non dimenticare che non siamo soli sulla terra''.
Una terra che Giorgina ha attraversato fino in Bolivia quando, costretta a lasciare l'Italia, e' emigrata con il marito Heinz Arian. Qui Arian Levi si dedica all'insegnamento dei figli degli indios per poi spostarsi all'universita' di Sucre e La Paz.
La partenza per la Bolivia, racconta ancora, ''per me ha significato l'apparire di un disagio nella vita sociale e politica perche' mi sono trovata isolata, fuori dalla scuola.
Ero giovane, pero' l'ho tollerato, e ho assorbito il tema della lotta contro la discriminazione degli ebrei e anche delle persone di sinistra che lottavano per la scomparsa del fascismo, per una politica piu' piana e piu' coerente. C'era molto disagio allora e ancora oggi ci sono dei disagi politici, ma oggi possiamo superarli e tollerarli. Allora con la dittatura fascista sparpagliata qua e la' era molto difficile mantenere uno Stato in equilibrio sociale''.
Nel 1946 il ritorno in Italia, ''un paese distrutto'', e la scelta di unirsi al partito comunista italiano, ''l'unica per cercare di arrivare a un cambiamento''. Parlamentare combattiva e risoluta, fondatrice e per molti anni direttore del bimestrale ebraico torinese ''Ha Keillah'' e altrettanto a lungo consigliera della Comunita' Ebraica di Torino.
Tra i suoi libri si ricordano: ''Fuori dal ghetto. Il 1848 degli ebrei'', ''I Montagnana'', ''Isacco Levi. La religione del cuore'', la biografia scritta da Filippa Marcella ''Avrei capovolto le montagne. Giorgina Levi in Bolivia (1939-1946)'', edito Giunti nella collana di narrativa ''Astrea'' di libri sulle donne, e poi ''Tutto un secolo'', un libro di memorie.
Un testo che riassume esperienze, frammenti di infanzia, adolescenza, gioventu' e vecchiaia, lungo un unico filo rosso, quello della liberta': ''Un aspetto per me fondamentale dell'educazione ricevuta sin dall'infanzia dai miei genitori - scrive Giorgina Arian Levi - e' stata la liberta'''.

(ASCA, 13 agosto 2010)

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I diplomatici israeliani tagliano i contatti con il Mossad per protesta

TEL AVIV, 13 ago.- I diplomatici israeliani hanno annunciato che taglieranno ogni contatto con i servizi d'intelligence del Mossad. A scatenare la protesta senza precedenti, e' stata la decisione del primo ministro Benyamin Netanyahu di chiedere al Mossad di preparare la sua visita di lunedi' in Grecia dato che l'ambasciata ad Atene aderisce ad uno sciopero dei diplomatici.

(Adnkronos, 13 agosto 2010)

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Israele vuole diventare una potenza aerospaziale

Benjamin Netanyahu sta per approvare un ambizioso piano

ROMA, 13 ago. - Israele vuole diventare una superpotenza spaziale. Secondo quanto rivela il sito web del Jerusalem Post, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sta per approvare un ambizioso piano che trasformerà lo Stato di Israele in una superpotenza nel settore dei satelliti spaziali. Secondo le informazioni ottenute dal quotidiano israeliano, l'obiettivo è quello di incrementare le vendite di piattaforme spaziali israeliane per un valore di quasi otto miliardi di dollari l'anno.
Il piano, messo a punto da un team di scienziati ed economisti, prevede lo stanziamento di massicci investimenti da parte del governo israeliano per sostenere la ricerca nel settore aerospaziale. Come ha detto al Jerusalem Post il professor Haim Eshed, capo della divisione spaziale del ministero della Difesa, Israele è uno dei pochi paesi al mondo in grado di sviluppare, fabbricare e lanciare autonomamente satelliti spaziali.
Gli investimenti saranno in gran parte destinati allo sviluppo e alla costruzione di mini-satelliti come l'Ofek 9. Si tratta infatti di una specialità israeliana, ha spiegato Eshed. I mini-satelliti pesano solo alcune centinaia di chili, nulla a che vedere con i satelliti dal peso di diverse tonnellate utilizzati dai russi e dagli americani

(Apcom, 13 agosto 2010)

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Il rilancio del Museo di Israele

di Michael Calimani

Il Museo di Israele
GERUSALEMME - Riapre dopo un periodo di restauro durato tre anni, L'Israel Museum di Gerusalemme. Fondato nel 1965 tale museo rappresenta oggi una delle principali istituzioni culturali israeliane e uno dei musei a indirizzo enciclopedico più grandi al mondo. Nonostante la chiusura prolungata della maggior parte delle sale, l'istituzione è riuscita comunque a garantire una buona fruizione delle sale espositive non coinvolte nei lavori di rinnovo, il museo ha potuto infatti contare su un'affluenza di 500 mila persone all'anno, giunte da ogni parte del mondo per poter visionare da vicino oggetti entrati ormai nell'immaginario collettivo come i rotoli del mar morto, o la riproduzione in scala del secondo Tempio di Gerusalemme.
La ristrutturazione da 100 milioni di dollari, che ha coinvolto più di 400 addetti ai lavori provenienti da sette paesi diversi ha contribuito a rivitalizzare l'intera area museale che sorge a Givat Ram, in cima a una collina situata nei pressi della Knesset, il parlamento israeliano, e della Corte Suprema. Progettato in origine da Alfred Mansfeld, ebreo russo Askenazita che aveva studiato a Berlino e Parigi ed era emigrato in Palestina nel 1935, il museo, con i lavori di ristrutturazione, ha raddoppiato lo spazio espositivo, che ora sfiora 61 mila metri quadrati, ridisegnando completamente gli interni. E' stata invece mantenuta la struttura progettuale esterna in stile modernista di Mansfeld: cemento armato, sviluppo orizzontale in perfetto stile Tel-Aviv.
"Non si tratta di gettare via qualcosa - spiega James Snyder, direttore del museo dal 1997 - ma di rinnovare l'intero complesso lasciando intatta l'ossatura originale dell'edificio, strabiliante nella sua contemporaneità".
La portata e la bellezza delle collezioni esposte toglie il fiato: con più di 500 mila oggetti provenienti da tutto il mondo inseriti a rotazione nel percorso espositivo permanente. L'elemento più interessante del restauro è l'accostamento tra l'esibizione permanente di oggetti d'arte israeliani, con la imponente collezione di manufatti ebraici provenienti dall'Europa, dall'Africa, dall'Oceania, e dall'Asia. Nell'ala Morton Mandel, sezione museale dedicata alle varie comunità ebraiche del mondo, sono esposti numerosi oggetti provenienti anche dall'Italia. In particolar modo è stata ricostruita pezzo per pezzo una delle sinagoghe di Mantova, abbattute nel 1938 quando la municipalità decise di demolire il ghetto.
Per quanto riguarda l'aspetto economico dei restauri un sostanziale contributo è venuto da donatori americani, come Paul e Herta Amir da Berverly Hills,che insieme alla fondazione Gottesman di New York hanno donato 3 milioni di dollari nel 2007 per il restauro dello Shrine of the Book, avveniristica cupola del Museo Israeliano ad opera degli architetti Kiesler and Bartok, che contiene i rotoli del Mar Morto. Per ringraziarli del loro continuato contributo, i coniugi Amir hanno avuto l'onore di potersi sedere accanto al primo ministro Benjamin Netanyahu e alla moglie, Sara, durante il gala di riapertura del museo.

(Notiziario Ucei, 13 agosto 2010)

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Netanyahu pronto a offrire ai palestinesi il 90% della Cisgiordania

IL CAIRO, 13 ago. - Il premier israeliano Benjamin Netanyahu in caso di negoziati di diretti offrirerebbe ai palestinesi il 90% della Cisgiordania, esclusa pero' Gerusalemme Est. Lo riferisce il quotidiano panarabo Al Hayat. L'offerta non potrebbe comunque contentare gli arabi, per i quali Gerusalemme Est e' ineludibile come capitale del futuro stato palestinese.
Lo Stato ebraico e gli Usa premono per un passaggio dagli attuali negoziati indiretti tra israeliali e palestinesi mediati da Washington a negoziati diretti. La Lega Araba ha dato il suo via libera lasciando pero' ai palestinesi di decidere il timing. Il presidente dell'Anp Mahmoud Abbas insiste che per arrivarci serve lo stop definitivo ai nuovi insediamenti e il riconoscimento dei confini del 1967. Israele ha finora respinto queste precondizioni.
Secondo Al-Hayat, Netanyahu avrebbe dichiarato a diplomatici occidentale che la situazione attuale non e' adeguata a raggiungere un accordo finale di pace, e che presenterebbe all'autorita' nazionale palestinese un piano ad interim. Un piano che non impedirebbe ai palestinesi di avanzare future rivendicazioni sul resto della Cisgiordania e su Gerusalemme Est. Al Hayat cita inoltre fonti egiziane secondo le quali il Cairo sarebbe d'accordo ad ospitare l'eventuale lancio di negoziati diretti se sara' presente lo stesso presidente Usa Barack Obama.

(Adnkronos, 13 agosto 2010)

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Netanyahu, fare il premier di Israele è il mestiere più difficile del mondo

di Luca Meneghel

Fare il primo ministro, in Israele, è il mestiere più difficile del mondo, un drammatico gioco d'equilibrio fra interessi molteplici e contrapposti. Non è un lavoro per tutti. Ecco perché - a differenza dei politici europei e americani, formatisi nelle più prestigiose università occidentali - spesso i capi di governo dello Stato ebraico hanno alle spalle una vita molto più dura: Ariel Sharon ha cominciato a combattere giovanissimo, e ha scalato la gerarchia militare diventando generale all'età di 28 anni; Ehud Barak, l'attuale ministro della Difesa, è il soldato più decorato della storia israeliana; Shimon Peres, nel 1947, è stato scelto da Ben Gurion come responsabile del personale e dell'acquisto delle armi, e l'anno seguente era già capo della marina; Yitzhak Rabin ha comandato la brigata "Harel", fondamentale nella conquista di Gerusalemme nel 1948; Begin, nella Seconda guerra mondiale, è stato deportato in un gulag staliniano. Sono tutti uomini forti e decorati, con le spalle abbastanza larghe da fronteggiare guerre, rivolte e crisi diplomatiche più o meno profonde....

(l'Occidentale, 13 agosto 2010)

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Il minareto più alto nei Territori palestinesi: 72 metri


(Apcom, 13 agosto 2010)

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Quei ragazzini super tecnologici che proteggono i cieli di Israele

di Fiamma Nirenstein

Hanno poco più di vent'anni, vivono in un bunker, sorvegliano 24 ore su 24 il Medio Oriente. Da schermi che vedono il futuro

BIRANIT (Israele) - La vetta di una montagna dove Israele, Libano, Siria, si toccano senza simpatia. Una piccola passeggiata in mezzo a sassi e cespugli dopo un cancello scorrevole guardato da un ragazzo stanco e bruciato dal sole che controlla bene chi sei. E poi qualche vecchia baracca di legno spellata dal vento, fra i cespugli spinosi e i sassi. «Forza - dice Tzachi, 26 anni, occhi allegri color nocciola - sali su...». Una scala di ferro fra gli alberi appoggiata a una specie di vagone verniciato di nero, e poi una porta con un maniglione. E sei dentro, al buio, in un piccolo antro dove a malapena si sta in piedi. Gli occhi si abituano dopo il sole accecante, e vedi una quantità di stelline verdi in movimento inquadrate negli schermi della più incredibile tecnologia. Due lunghi ragazzini di leva, riccioli e brufoli e voce ancora stonata, controllano seduti al buio nello spazio di un metro tre schermi, quello nel mezzo mostra una mappa di tutti i colori. Il Medio Oriente. Gli altri due scrutano al centimetro, 24 ore al giorno, il cielo del nemico, qualsiasi cosa si muova dalla Siria e nel resto delle vicinanze. Ecco guarda, dice Tzachi, e mostra un punto verde a luce intermittente: «Questo lo conosciamo bene, atterra a Damasco sempre alla stessa ora. Nessun problema. Ma se laggiù si muovesse qualcosa di diverso, di nuovo, un aereo, un missile, non importa quanto piccolo, se venisse verso di noi, allora sentiresti subito una sirena. Centottanta soldati, 90 delle riserve e 90 di leva, si muoverebbero tutti insieme. E ognuno sa esattamente cosa deve fare. Ora ti mostro».
Lasciamo l'antro, fuori il sole ci acceca. Yallah, forza sali, dice di nuovo Tzachi. Di nuovo su una scala di ferro che sormonta un dislivello di qualche metro e poi su una terrazza di sassi sconnessi sotto una rete: e tutto intorno a noi, svariate batterie di Patriot, in parte rivolte verso la Siria., in parte altrove. Ogni camion porta quattro missili: «Per smuovere questa unità, se occorresse dislocarla in luogo diverso, per un Patriot ci vogliono 30 auto piene di gente. Quindi, dobbiamo avere sempre molti soldati a disposizione, e io non posso mai allontanarmi più di due minuti di corsa». Tzachi è un veterano di 26 anni, si vede che il compito di essere gli occhi di Israele lo riempie di orgoglio e di responsabilità. Sono i suoi Patriot. Ma questi missili sono stati criticati come armi imperfette, non sempre colgono il proiettile in arrivo, ai tempi dell'attacco di Saddam Hussein ci furono morti e feriti a Tel Aviv, eppure l'Iraq è più lontano della Siria: «Adesso sono molto migliorati» risponde Tzachi. Eppure sembrano così primitivi dentro quelle scatole di legno ritte sui camion. Ride: a volte tutto l'esercito può sembrare primitivo, ma dentro quelle scatole c'è tutta la tecnologia più sofisticata. E fra pochi mesi sarà disponibile anche il nuovo sistema Iron Dome, «Cupola di acciaio»: i ragazzini di Tzachi, fra i sassi e le spine avranno in mano il più avanzato sistema del mondo contro gli oggetti volanti. E Israele sa che arriveranno tempi difficili con l'Iran sempre più aggressivo e fiancheggiato dai suoi vicini.
L'esercito israeliano si sta organizzando per respingere una pioggia di missili, l'arma che negli ultimi anni, con l'aiuto dell'Iran, è diventata parte della strategia più odiosa: i Kassam, i Fajar, i Grad che piovono sui civili. Gli Hezbollah, che usavano sparare sulle cittadine del Nord fino alla guerra del 2006, sembra abbiano ricostruito un arsenale di 50mila missili compresi quelli che, come gli Scud, possono arrivare fino a Tel Aviv; la Siria è piena di postazioni balistiche contro Israele. Iran e Turchia hanno appena stretto un patto per aiutare gli hezbollah a ottenere nuove armi. Il Libano è l'avamposto della nuova strategia iraniana contro Israele.
Il maggiore Hai Lugasi, 35 anni, sposato e con figli che vivono nelle vicinanze della base, proviene dalle Forze Aereonautiche, il gioiello dell'esercito, e ci accoglie a Biranit, il comando dell'esercito israeliano del Nord, dove siamo stati tante volte durante la guerra del 2006, dopo il rapimento di Regev e Goldwasser: «Guardi, è cambiato» dice. É vero. A prima vista vedi le colline morbide come sempre, a sinistra Aita ha shaab, paesotto shiita, e a destra Kfar Remesh, villaggio cristiano. Però nel mezzo, oltre il recinto e oltre il confine internazionale segnato dall'Onu, vedi le auto bianche dell'Unifil, più in là c'è l'esercito libanese, il Laf. Non ci sono più gli Hezbollah armati e in divisa, con le bandiere gialle che scorrazzano lungo il confine, non più il rivoltante manifesto con la testa spaccata di un soldato israeliano. Di giorno gli israeliani lo buttavano giù, di notte lo rimettevano in piedi gli uomini di Nasrallah, il leader sciita più bizzarro, violento e determinato del Medio Oriente, ormai il vero padrone del povero Libano ferito. Unifil doveva impedire l'affermarsi di qualsiasi organizzazione armata fuori dell'esercito, ma non ce l'ha fatta: le regole di ingaggio sono restrittive. «Unifil - dice Hai - non ha evitato che Hezbollah ricevesse le armi iraniane dalla Siria, non ha evitato l'altro giorno che l'esercito libanese, in gran parte sciita e amico di Nasrallah ci tendesse un vero agguato, non ha evitato che quel paese che lei vede, Aita ha shaab, e tutti i 160 paesi sciiti della zona, siano diventati fortezze pronte alla prossima guerra, piene di scudi umani, scuole, ospedali, seduti sui loro missili. Ma hanno taciuto, per quattro anni anche noi abbiamo fatto buon uso della tranquillità» dice Hai. Adesso dopo l'attacco del Laf avvenuto mentre semplicemente Israele tagliava un albero nell'enclave dentro il confine e col permesso dell'Unifil, la sensazione è che il Libano stia diventando né più né meno che un nemico armato. «É' il ricatto degli Hezbollah impauriti dalla prossima condanna internazionale che sta per arrivare per l'assassinio del presidente sunnita Rafik Hariri. L'esercito libanese doveva essere lo scudo della pace, non un nemico che tende agguati e uccide i nostri uomini». Hai mostra la direzione dell'agguato: di fatto l'esercito ha giocato il ruolo degli hezbollah, e questo ha già cambiato l'atteggiamento di Israele. «Le ronde, le ispezioni, le pattuglie che partono da qui a ogni ora devono dare sicurezza alla nostra gente, chiunque porti la minaccia» dice Hai. Ci offre un bicchier d'acqua fredda, in una baracca scrostata, uguale ai tempi della guerra.

(il Giornale, 13 agosto 2010)

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Auschwitz rischia di scomparire

Il luogo simbolo dell'Olocausto sta cadendo a pezzi per il deterioramento causato dal passare del tempo. Più di un milione di persone furono sterminate sistematicamente nel campo di concentramento polacco.

di Elena Favilli

Auschwitz - Ingresso delle camere a gas
Il futuro del complesso che una volta ospitava il campo di concentramento di Auschwitz è a rischio: il luogo simbolo dell'Olocausto potrebbe scomparire per il progressivo deterioramento causato dal passare del tempo. La Fondazione Auschwitz-Birkenau ha lanciato un appello chiedendo ai governi di tutto il mondo di contribuire ai finanziamenti per la sua manutenzione - circa 4 milioni di euro all'anno - e per costruire un fondo che possa garantire la sua tutela anche in futuro.
Durante la Seconda Guerra Mondiale più di un milione di persone furono sterminate sistematicamente nel campo di concentramento polacco, il più grande tra quelli usati dal regime nazista nel suo programma di sterminio degli ebrei, la "Soluzione Finale". Tra le vittime ci furono anche molte persone considerate "indesiderabili", tra cui omosessuali, oppositori politici, zingari e testimoni di Geova.
La maggior parte degli edifici di Auschwitz furono fatti costruire con materiali scadenti dagli stessi prigionieri e naturalmente non furono progettati per durare a lungo. Oggi molte delle camere a gas, dei forni crematori e dei dormitori sono già chiusi al pubblico, mentre altri sono già collassati del tutto. «Questi edifici non furono costruiti per resistere per sessanta o settanta anni», spiega un portavoce della Fondazione Auschwitz-Birkenau intervistato da al-Jazeera, «i prigionieri che li hanno costruiti non erano ingegneri, e poi erano distrutti, affamati, stremati dalle continue vessazioni subite».
Anche molti degli effetti personali conservati nel museo di Auschwitz sono in serio pericolo. Scarpe, vestiti, valigie, spazzolini da denti, protesi. Tutto quello che veniva tolto ai prigionieri prima di essere uccisi nelle camere a gas rischia di scomparire per sempre. E con quelli alcuni dei simboli più potenti della tragedia che uccise sei milioni di ebrei in quegli anni. Ogni anno ad Auschwitz arrivano oltre un milione di persone per visitare i luoghi di quell'orrore, per non dimenticare. Un ruolo simbolico che diventa sempre più prezioso man mano che gli ultimi sopravvissuti ai campi di concentramento muoiono e che quindi si perde la possibilità di ascoltare le loro testimonianze dirette.

(Il Post, 13 agosto 2010)

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In tv il Gesù degli Hezbollah: mai morto in croce, mai risorto

Conforme al Corano, e questo è quello che conta. Il Gesù televisivo degli Hezbollah non piace a tutti, in Libano, ma poco importa: si salva dalla croce e al suo posto viene crocifisso Giuda. E quando più tardi muore, non risorge.

BEIRUT, 13-08-2010 - Conforme al Corano, e questo è quello che conta. Il Gesù televisivo degli Hezbollah non piace a tutti, in Libano, ma poco importa: si salva dalla croce e al suo posto viene crocifisso Giuda. E quando più tardi muore, non risorge.
- 'Il Cristo'
  In Libano, l'emittente privata NBN e al-Manar, la tv di Hezbollah, stanno trasmettendo una fiction televisiva a puntate liberamente ispirata alla vita di Gesù, prodotta da una tv iraniana. Nella comunità cristiana del paese la fiction è avvertita come un vero e proprio oltraggio: "Questo e' il piu' grande insulto a Gesu' Cristo e alla sua Chiesa", ha tuonato il vescovo Beshara Raii, della chiesa maronita di Jbeil, in un'intervista al sito Naharnet.
- Offesi
  Il religioso si e' fatto portavoce del malcontento che serpeggia in tutta la comunità cristiana libanese, legato soprattutto al fatto che la ricostruzione della vita di Gesu' nella fiction e' stata fatta in gran parte sulla base del Vangelo di Barnaba, un vangelo apocrifo, non riconosciuto dalla Chiesa. Secondo il vescovo Raii, la fiction trasmessa dalla tv del movimento sciita guidato da Hassan Nasrallah è una "distorsione dell'ideologia cristiana" e per questo la sua messa in onda va interrotta.
- Conforme al Corano
  Una richiesta rivolta ai responsabili di al-Manar e di NBN, con la motivazione che 'Il Cristo' "mina le fondamenta di tutte le religioni e alimenta contrasti". Ma le due tv hanno respinto la richiesta al mittente e la fiction, proprio in questi giorni, continua a essere nel loro palinsesto. "Non colpisce affatto i cristiani - ha assicurato Qassem Sweid, direttore generale di NBN - Ci siamo accertati che sia stata prodotta in conformità al Corano, non c'è alcune ragione che possa indurci a sospenderne la messa in onda".

(RaiNews24, 13 agosto 2010, ore 13:18)

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Primo venerdì di Ramadan, 2000 agenti Israele a Gerusalemme est

"Per far fronte a qualunque eventualità"

GERUSALEMME, 13 ago. - La polizia israeliana ha dispiegato 2mila uomini a Gerusalemme est in occasione della preghiera del primo venerdì del Ramadan sulla spianata delle Moschee. Lo ha annunciato un portavoce delle forze dell'ordine.
"Abbiamo dispiegato 2mila agenti per far fronte a qualsiasi eventualità", ha precisato questo portavoce, Shmulik Ben Ruby. La polizia non ha fatto riferimento a notizie su possibili disordini. E' prevista come ogni anno la partecipazione di molte decine di migliaia di fedeli alla preghiera nella moschea al Aqsa e sulla spianata. Generalmente Israele vieta ai palestinesi della Cisgiordania e della striscia di Gaza l'accesso a Gerusalemme-est, annessa dopo la sua conquista nel 1967, oltre che in territorio israeliano, a seguito del blocco in vigore da molti anni. Alcune categorie di palestinesi della Cisgiordania occupata sono state autorizzate a rendersi alla moschea al Aqsa in occasione del mese di digiuno musulmano del Ramadan.
L'esercito israeliano ha annunciato in un comunicato che durante il Ramadan, iniziato questa settimana, gli uomini palestinesi di oltre 50 anni d'età e le donne di oltre 45 anni potranno partecipare alle preghiere del Venerdì alla moschea al Aqsa. Inoltre, gli uomini sposati tra 45 e 50 anni e le donne sposate tra 30 anni e 45 anni potranno ottenere patenti speciali. La spianata delle Moschee si trova nella città vecchia nel settore orientale (arabo) di Gerusalemme.

(Apcom, 13 agosto 2010)

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Inizio del Ramadan nei territori palestinesi



(Guysen TV, 12 agosto 2010)

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Fiocco azzurro allo zoo di Tel Aviv, è nato un orang-utan

ISRAELE, 12 ago - Al Ramat Gan Zoo di Tel Aviv e' nato il primo orang-utan in 10 anni. Al nuovo arrivato, un maschio, non e' ancora stato dato un nome.
''Siamo lieti che l'evento sia avvenuto qui, dopo 10 anni, e che la madre sia Rachel'', ha dichiarato Sagit Horowitz, la portavoce dello zoo.
Si pensava che Rachel, 41 anni, fosse troppo vecchia per rimanere incinta e che il padre, 42 anni, fosse troppo provato dai due infarti che aveva subito.
Lo zoo ha cercato un cucciolo di orang-utan per anni, facendo arrivare addirittura due femmine da uno zoo tedesco, ma Horowitz alla fine ha scelto la sua vecchia compagna.
I due sono degli orang-utan di Suamtra, una specie in pericolo, il cui numero e' sceso a meno di 7300 esemplari, secondo l'Unione internazionale per la conservazione della natura, che traccia le specie in via di estinzione.

(ASCA, 12 agosto 2010)

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Europei di basket - Brusco stop per Israele
    
Quando si sprecano occasioni così è dura ripartire. Ma il quintetto israeliano non ha alternative: la sconfitta inattesa di mercoledì in Finlandia (84-83) costringe a una doppia vittoria con la nazionale montenegrina per continuare a sperare nella leadership del girone, unica strada certa per la qualificazione agli Europei di basket del 2011. Di fronte a un avversario mediocre, Israele si è trovata spesso in difficoltà. In particolare nella fase difensiva: i numerosi errori della retroguardia (ieri stranamente deficitaria) sono costati caro. Miglior realizzatore ospite Yotam Halperin con 18 punti, mentre Omri Casspi si è fermato a 17. Il commissario tecnico Arik Shivek volta pagina e guarda al futuro: "Non è il risultato che ci aspettavamo ma adesso dobbiamo alzare la testa senza piangere sul latte versato". Il prossimo incontro ha il sapore della grande sfida: sabato sera alla Nokia Arena di Tel Aviv (lo stadio del Maccabi) arriva il Montenegro, attuale capolista del raggruppamento che sogna la fuga decisiva.

(Notiziario Ucei, 12 agosto 2010)

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Israele-Palestina, reporter di Haaretz picchiato da riservisti

L'episodio è avvenuto durante una manifestazione di coloni che hanno fatto irruzione a Gerico, in territorio palestinese - Un giornalista israeliano del quotidiano Haaretz, Chain Levinson, è stato malmenato da alcuni militari mentre cercava di documentare un tafferuglio avvenuto a Gerico, in Cisgiordania. L'episodio è avvenuto martedì, ma è stato reso noto soltanto ieri. Secondo quanto ricostruito dall'edizione online di Haaretz e di altri giornali, i fatti sono avvenuti durante una marcia dimostrativa di un gruppo di coloni dell'estrema destra religiosa ebraica, penetrato nel cuore di Gerico, in pieno territorio palestinese, per raggiungere una vecchia sinagoga. Levinson, che stava seguendo la vicenda con un fotografo, ha cominciato a sua volta a scattare alcune foto con il telefonino quando i soldati sono intervenuti per interrompere il corteo (non autorizzato) e hanno fermato i coloni più facinorosi. I soldati si sono poi rivolti al reporter prima minacciandolo, poi quando gli hanno strappato il telefono e il cronista ha provato a reagire per riprenderselo, un soldato lo ha sbattuto per terra prendendolo a calci. La sequenza è stata girata da una troupe di Canale 10, pure presente sulla scena. Un portavoce militare, commentando le proteste del mondo giornalistico, ha sottolineato che gli ordini superiori prevedono che i soldati israeliani non possano in alcun modo coartare la libertà d'azione dei reporter e ha ammesso che i riservisti mostrati nelle immagini di Gerico shanno abusato del loro ruolo.

(PeaceReporter, 12 agosto 2010)

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Così Israele prepara la guerra a Teheran

Secondo un'inchiesta di “The Atlantic” Tsahal potrebbe presto bombardare la Persia

La sola presenza di un eventuale arsenale atomico iraniano spingerebbe gli israeliani ad abbandonare in massa lo stato ebraico, dichiarandosi di fatto sconfitti nella lunga guerra con i palestinesi e con chi attualmente li sostiene. È uno degli scenari dipinti in un articolo di The Atlantic, anticipato sul sito internet della rivista statunitense, a firma del giornalista americano Jeffrey Goldberg e frutto di un anno e mezzo di interviste condotte con dirigenti politici e militari israeliani, membri del governo e dei principali partiti. A descrivere al noto reporter quest'apocalisse è l'attuale ministro della difesa israeliano Ehud Barak....

(Europa, 12 agosto 2010)

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Notti insonni in Israele

di Sergio Della Pergola

In questi giorni del mese di agosto e di Elul, per gli Italiani in Israele si è aggiunta un'ulteriore fonte di preoccupazione che rende le notti insonni. Se le elezioni in Italia verranno anticipate al prossimo autunno o tutt'al più alla fine dell'inverno, per chi votare? Sempre che il diritto di voto degli Italiani all'Estero non venga soppresso.

(Notiziario Ucei, 12 agosto 2010)

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Israele - Nuovo bug nel kernel di Windows!

Microsoft, dopo il rilascio della patch che ha sistemato il bug delle scelte rapide da tastiera, ha comunicato di aver avviato cominciato a lavorare su una nuova patch dopo che un ricercatore israeliano ha rivelato un bug nel driver del kernel del sistema operativo.
Secondo Gil Dabah, un ricercatore di Tel Aviv conosciuto come "Arkon", il kernel di Windows ha una grave falla che permette agli hacker di ottenere privilegi e di eseguire codice dannoso da remoto. Tutte le versioni di Windows compreso Windows 7 sono affette da questo bug.
"Microsoft sta studiando le notizie di un possibile bug nel kernel di Windows", ha detto Jerry Bryant Venerdì. " Al completamento delle indagini, Microsoft intraprenderà le opportune precauzioni per proteggere i clienti".
Il componente ad aver tale bug è " Win32k.sys", un componente kernel del sottosistema Windows. Gli hacker utilizzando "GetClipboardData", un API che recupera i dati dagli appunti di Windows potranno sfruttarne la falla.

(AmicoPC, 12 agosto 2010)

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Gaza: esercito israeliano, abbiamo imparato la lezione

GERUSALEMME, 11 ago. - L'esercito israeliano non era preparato alla resistenza trovata a bordo della nave turca Mavi Marmara ed e' stata "una lezione che abbiamo imparato". Non ha risparmiato autocritiche il capo di stato maggiore dell'Esercito israeliano, il generale Gabi Ashkenazi, chiamato a testimoniare davanti alla commissione d'inchiesta israeliana sul sanguinoso blitz dello scorso 31 maggio in cui furono uccisi nove attivisti turchi filo-palestinesi che tentavano di forzare l'embargo e raggiungere la Striscia di Gaza.
Il generale, assumendosi la piena responsabilita' dell'accaduto, ha tracciato un resoconto dettagliato di quegli attimi drammatici con i commando israeliani che si calano dagli elicotteri e che vengono aggrediti da uomini armati di spranghe, coltelli e armi da fuoco. Il raid divento' subito "caotico", ha spiegato Ashkenazi che ha difeso a spada tratta l'operato delle forze armate. "Dopo la discesa con la corda del primo soldato, non c'era altra scelta che proseguire l'operazione", ha sottolineato il generale, che ha testimoniato dopo il premier Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa, Ehud Barak.
L'operazione - ha spiegato - prevedeva che le squadre speciali dovessero calarsi sul ponte nel piu' breve tempo possibile. Ma non ando' cosi'. L'abbordaggio sarebbe dovuto avvenire dopo il lancio di granate di stordimento sul ponte della nave in modo da tramortire gli attivisti e permettere il rapidissimo blitz delle squadre d'assalto, ha spiegato il generale. "E' una lezione che abbiamo imparato", ha aggiunto Ashkenazi, sottolineando che il secondo soldato che si calo' sul ponte "fu colpito allo stomaco da un colpo d'arma da fuoco" sparato dagli attivisti. A bordo della nave non furono ritrovate armi da fuoco, ma l'esercito israeliano spiego' che gli attivisti riuscirono a sottrarre una pistola a uno dei soldati. Le analisi sui bossoli trovati sulla nave avrebbero inoltre dimostrato che gli attivisti possedevano almeno una pistola che - secondo il generale - hanno lanciato in mare. "I militari hanno sparato solo quando era necessario", ha aggiunto il generale che ha respinto con forza le accuse di chi ha parlato di 'esecuzioni', di 'colpi sparati alla nuca'. "C'e' stato un momento in cui un soldato e' stato attaccato con una spranga... Questo significa essere e' pericolo di morte", ha spiegato il generale difendendo l'uso delle armi da fuoco quando e' a rischio la vita dei soldati.
Ashkenazi ha mostrato anche un video inedito in cui si vedono tre militari israeliani feriti, trascinati su un ponte inferiore della Mavi Marmara dopo essere stati catturati dagli attivisti. Anche il generale, come Netanyahu e Barak, ha ammesso che ci sono stati problemi di intelligence: "Non sapevamo abbastanza" sugli attivisti che erano a bordo. (AGI)

(AGI, 11 agosto 2010)

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Rara moneta rinvenuta in Israele

La moneta e' stata fusa ad Alessandria durante il regno di Tolomeo V nell' anno 191 a.C. e porta il nome della moglie di Tolomeo II, Arsinoe Philadephus.

GERUSALEMME, 11-08-2010 - Una rara moneta d'oro, risalente al secondo secolo a.C, e' stata trovata in scavi condotti in Israele a Tel Kadesh, vicino al confine col Libano, da un'equipe di archeologi delle universita' del Minnesota e del Michigan.
Lo ha annunciato l'israeliana Autorita' per le Antichita', secondo la quale la moneta del peso di 27 grammi e' molto bella e molto ben conservata. La moneta e' stata fusa ad Alessandria durante il regno di Tolomeo V nell' anno 191 a.C. e porta il nome della moglie di Tolomeo II, Arsinoe Philadephus.
Secondo il Dr. Donald T. Ariel, dell' Autorita' per le Antichita', si tratta di "una moneta straordinaria che apparentemente non era di uso popolare o commerciale ma che aveva una funzione simbolica".
Gli scavi condotti a Tel Kedesh hanno finora portato alla luce una grande stabile del periodo persiano/ellenico, usato con funzioni amministrative, comprendente una grande sala per ricevimenti, impianti per il desinare, un deposito e un archivio.

(RaiNews24, 11 agosto 2010)

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Tumori: da scienziati israeliani un naso artificiale che li scova dal respiro

ROMA, 11 ago. - Un naso artificiale che 'annusa' e scova il cancro dal respiro di un paziente. A metterlo a punto sono stati i ricercatori dell'Israel Institute of Technology (Technion) di Haifa, che spiegano i risultati dei loro test sulla rivista 'British Journal of Cancer'.
"La crescita di un tumore - affermano gli esperti - e' accompagnata da cambiamenti di geni e proteine che possono portare all'ossidazione di alcune membrane cellulari e di conseguenza all'emissione di particolari composti organici volatili. In questo studio abbiamo voluto testare l'abilita' di un nanosensore nel distinguere la presenza, nel fiato di alcuni volontari, di composti tipici di una persona sana da quelli che caratterizzano la presenza di tumori al polmone, al seno, al colon-retto e alla prostata".

(Adnkronos, 11 agosto 2010)

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Canto di Fatah: I terroristi che hanno ucciso 37 persone erano "eroi" e "uccelli di rapina"

di Itamar Marcus e Nan Jacques Zilberdik

Un avvenimento pubblico di Fatah, sotto gli auspici del presidente dell'Autorità Palestinese, ha incluso un canto che celebra l'attacco terroristico di Fatah nel 1978 in cui 37 civili israeliani sono stati uccisi in un attacco a un bus. Inoltre, in seguito due campeggi estivi per la gioventù palestinese sono stati chiamati Dalal Mughrabi, il terrorista che ha condotto l'attacco nel 1978. Il canto scelto per essere eseguito nell'avvenimento di Fatah glorifica i terroristi guidati da Mughrabi come " uccelli di rapina" e " eroi, " e inneggia a momenti celebri dell'attacco, cominciato quando i terroristi sono sbarcati dal mare in Libano.


(Palestinian Media Watch, 11 agosto 2010)

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Barak difende il blitz navale, ma tira ariaccia dentro il governo

GERUSALEMME - Ieri il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, si è presentato davanti alla Commissione d'inchiesta sul blitz delle forze speciali a bordo della nave turca Mavi Marmara, che alla fine di maggio ha provocato la morte di nove attivisti. Al contrario del premier Benjamin Netanyahu, sentito il giorno prima, che ha attaccato duramente il governo turco ma è stato vago sul processo decisionale e sulle responsabilità precise durante la preparazione del blitz, Barak è stato torrenziale: per un'ora e mezza non ha lasciato letteralmente ai tre mebri della commissione presieduta dall'ex giudice della Corte suprema Yaakov Turkel il tempo di ribattere o di formulare una domanda - cosa che con il passare del tempo è diventata inutile, considerata la mole di informazioni rovesciata in aula. Alla prima pausa utile, i membri si sono lamentati dei troppi documenti presentati soltanto il giorno prima - "non abbiamo avuto il tempo di esaminarli tutti, sarebbe stato impossibile" - e alla seconda hanno chiesto una sospensione della deposizione per consentire all'ex giudice di riposarsi. La testimonianza di Barak è sembrata una risposta diretta a quella di Netanyahu, che aveva lasciato intendere di essere stato tenuto poco al corrente dei dettagli dell'operazione: roba per gli incursori, il governo ragiona sull'opportunità e le possibili conseguenze, soprattutto, ha detto Bibi, in campo mediatico: che cosa succede se fermiamo chi tenta di forzare il blocco navale che isola Gaza e trasforma l'enclave palestinese in un approdo libero per tutti i traffici, compreso quello di armi da guerra che è già attivo adesso via terra? Barak ha detto che nel Gruppo dei sette, il cerchio ristretto di ministri più importanti che prende le decisioni che contano all'interno dell'esecutivo, si è parlato anche degli scenari catastrofici - come quello che poi si è verificato: i commando che salgono a bordo armati di paintball, le pistole innocue che sparano vernice, ma sono sopraffatti dalla violenza degli attivisti turchi e sono costretti a ricorrere alle armi da fuoco, creando una rottura delle relazioni diplomatiche con Ankara. Durante l'incontro, il capo di stato maggiore, il generale Gabi Ashkenazi, aveva messo in guardia dalla possibilità di un contraccolpo diplomatico. Barak ha detto di accettare la "piena responsabilità" per quello che è accaduto. Il suo isolamento politico cresce: il ministro può tollerare che il suo partito, il Labour, sia stato relegato dagli elettori, in una posizione marginale, all'opposizione, fino a quando rimane intatto il suo status leggendario di uomo d'armi. Ma ora il caso della Mavi Marmara getta un'ombra pure su quello. Due giorni fa Barak, innervosito, ha fatto sapere che non concederà un quinto anno alla guida delle Forze armate al generale Ashkenazi, che ha un mandato naturale di quattro anni e che non aveva chiesto un prolungamento. E' sembrato uno scatto da parte di Barak per riaffermare il proprio potere, messo in discussione. La deposizione conteneva questi tipi di messaggi trasversali destinati ai compagni di governo, ma non ha perso il suo vero significato: abbiamo accettato un'inchiesta sul nostro operato perché pensiamo che la vera responsabilità è di chi ha intenzionalmente progettato di rompere il blocco navale e di chi ad Ankara ha dato il suo permesso e il suo incoraggiamento agli attivisti. Ieri il ministro degli Esteri turco, Ahmet Davutoglu, ha attaccato il governo di Gerusalemme: "Deve prendersi la responsabilità di quanto è accaduto". Ma tutta l'incursione degli attivisti contro il blocco navale di Gaza è stato benedetto fin dall'origine dalla Turchia - il cui esecutivo è legato a doppio filo con gli organizzatori della Mavi Marmara - perché avrebbe creato - come è infatti successo - un terremoto nei rapporti diplomatici in medio oriente, da cui Ankara è uscita in posizione dominante e il premier, Recep Tayyip Erdogan, salutato come nuovo eroe dei palestinesi.

(Il Foglio, 11 agosto 2010)

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Flottiglia: gli israeliani hanno aperto il fuoco solo dopo essere stati colpiti

Gabi Ashkenazi
GERUSALEMME, 11 ago - Il capo delle forze armate israeliane Gabi Ashkenazi ha difeso l'uso del fuoco da parte delle sue truppe, quando hanno preso d'assalto la flottiglia di aiuti umanitari diretta a Gaza lo scorso 31 maggio, uccidendo nove attivisti pro-palestinesi.
Testimoniando di fronte a una commissione d'inchiesta israeliana composta da 5 membri, Ashkenazi ha dichiarato che il commando israeliano ha aperto il fuoco solo dopo che uno dei soldati israeliani, dopo essere salito sul pontile della nave turca, e' stato colpito dallo sparo di un attivista.
''Oggi ci e' chiaro che, non appena il primo soldato e' salito sulla nave, il secondo e' stato colpito'', ha detto Ashkenazi. ''I soldati hanno aperto il fuoco solo in caso di necessita''', ha sottolineato.
Il capo delle forze armate israeliane ha precisato che il soldato ha aperto il fuoco solo dopo essere stato ferito da uno sparo allo stomaco. ''Ha semplicemento estratto l'arma sparando al suo aggressore'', ha dichiarato.
Nessun'arma da fuoco e' stata trovata a bordo della nave, ma Ashenazi ha affermato che gli attivisti si sono impadroniti di almeno un'arma da fuoco dei soldati israeliani durante gli scontri e che sono state trovate le prove di un'arma non utilizzata dai soldati israeliani.
Ashkenazi ha respinto le accuse turche secondo cui alcuni dei morti sarebbero stati fucilati a distanza ravvicinata, e ha spiegato che i colpi sono stati sparati da vicino per una questione di vita o di morte. ''Si e' verificato il caso di un soldato colpito con un'ascia'', ha raccontato. ''Chiunque abbia un'ascia in mano rappresenta una minaccia per la vita''.

(ASCA, 11 agosto 2010)

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Barak voleva attaccare il Libano, Sarkozy e Clinton lo dissuasero

LONDRA, 11 ago. - Il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak ne era convinto: dopo lo scontro a fuoco di martedi' 3 agosto tra il suo esercito e quello libanese al confine tra i due Paesi era necessario attaccare il Paese dei Cedri. A fargli cambiare idea, come riportano fonti francesi citate oggi dal quotidiano londinese in lingua araba al-Sharq al-Awsat, sono state le pressioni esercitate dal capo dell'Eliseo Nicolas Sarkozy e dal Segretario di Stato americano Hillary Clinton.
Le fonti di Parigi spiegano che Barak aveva informato il ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner che "Israele intende avviare un'operazione militare su larga scala per dare una lezione all'esercito libanese e per rivendicare la morte di un alto ufficiale israeliano'', Dov Harari, ucciso negli scontri insieme a quattro civili libanesi.
A seguito di questa informazione sono iniziati contatti di alto livello tra il presidente francese Sarkozy e la Clinton, cosi' come tra i leader di Egitto, Giordania e di altri Stati arabi. Ne e' seguita una pressione diplomatica mirata a placare le tensioni e a evitare un'altra azione militare sulla scia di quella che nel 2006 vide l'esercito israeliano impegnato contro le milizie di Hezbollah. Le fonti francesi hanno spiegato che i risultati delle pressioni esercitate sono emersi in modo evidente nelle dichiarazioni di Barak, quando ha affermato che "Israele non ha pianificato l'incidente, e nemmeno l'esercito libanese".

(Adnkronos, 11 agosto 2010)

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Non paga il biglietto sul bus e aggredisce i poliziotti. In manette un palestinese

Questa notte in zona Marano è stato arrestato un 24enne palestinese che voleva salire sull'autobus senza biglietto.

RICCIONE, 11 agosto - Il giovane in seguito al divieto e all'insistenza del controllore ha iniziato ad andare in escandescenza. La situazione è degenerata quando sono intervenuti due agenti non in servizio e in attesa di salire sull'autobus. Il giovane ha iniziato a colpire con calci e pugni i poliziotti che hanno dovuto immobilizzare e arrestare il palestinese per violenza e resistenza a pubblico ufficiale. Questa mattina il processo per direttissima.

(newsrimini.it, 11 agosto 2010)

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Stoudemire su Twitter: "Sono ebreo". Ma non sa cosa sia l'antisemitismo

Amar'e Stoudemire
Amar'e Stoudemire, la stella dell'Nba, rivela su Twitter: "Sono ebreo". Ma non sa cosa sia la Shoah. Tra i cestista più pagati d'America, appena passato per 100 milioni di dollari dai Phoenix Suns ai New York Knicks, dopo un viaggio a Gerusalemme Amar'e non ha dubbi: "A fine carriera andrò a vivere in Israele". Il campione di basket più alto d'America, due metri e 15, per 15 kg, a 28 anni dopo una visita nella Terra Santa ha dato libero sfogo alla sua sete spirituale.
"Non è ebreo, ma si sente tale", minimizza ora il suo manager, "sua madre dice che in famiglia c'è qualcosa di quella tradizione, ma non so nemmeno se sia circonciso". Una stella di David tatuata sul braccia, lo studio dell'ebraico e della religione di Adamo, il sogno di potersi convertire. Ma se si gli si chiede qualcosa sull'antisemitismo nel mondo: "Non ne so molto". E sulla questione palestinese: "Sono cose che non seguo".
L'effetto del pellegrinaggio però si vede subito, anche quando si parla di sport: "Quest'anno, sono felice di giocare a New York. Dopo Israele, Manhattan è il luogo con la più alta densità d'ebrei. E io mi sento legato a ogni posto in cui vive un ebreo".

(Blitz quotidiano, 11 agosto 2010)

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Carote e acqua di rubinetto: in Israele i ministri cambiano stile

di Rossella Tercatin

Quella dell'acqua, in Israele, è una questione sempre scottante. In un paese nato nel deserto dal sogno di far fiorire il deserto, non potrebbe essere altrimenti. Sfruttamento del fiume Giordano, impianti di desalinizzazione, riciclo delle acque reflue. Problemi che sono costantemente sull'agenda del Governo. Che però, dovrà smettere di discuterne dissetandosi con costosa acqua minerale. È infatti di questi giorni l'annuncio che alle riunioni del Consiglio dei ministri smetteranno di essere servite le classiche bottigliette da mezzo litro. E come si difenderanno i membri del gabinetto Netanyahu dal torrido clima israeliano? Semplice: bevendo la più economica, ma altrettanto sicura, acqua del rubinetto. "Oltre a essere uno spreco di denaro pubblico, l'abitudine di servire acqua minerale dimostra mancanza di fiducia nell'acqua di rubinetto del nostro paese, di cui, per inciso, a essere responsabile è il Governo stesso - ha sottolineato David Kochmeister, presidente del Forum of Water Corporations, in un messaggio inviato al segretario di gabinetto Zvi Hauser - L'acqua del rubinetto in Israele è pulita e salutare, pertanto non c'è nessuna controindicazione a berla. È il momento che il Governo cominci a dare il buon esempio". La proposta del Forum è stata ritenuta ragionevole e prontamente accolta da Hauser, già famoso per aver deciso di servire alle riunioni di Governo yoghurt e verdura cruda al posto di brioche e snack al formaggio, nel tentativo di far perdere ai pingui ministri israeliani qualche chilo. E se qualcuno risulterà un po' schizzinoso, potrà sempre consolarsi aggiungendo all'acqua del rubinetto menta o limone che - ha promesso il segretario - non mancheranno mai di essere a disposizione. Ma qual è l'atteggiamento dei cittadini israeliani di fronte alla scelta tra acqua minerale e del rubinetto? Secondo un recente sondaggio pubblicato dal Jerusalem Post, soltanto un terzo della popolazione israeliana beve regolarmente acqua del rubinetto. La percentuale risulta più alta tra gli ultraortodossi (64 per cento) e tra gli arabi israeliani (il 53 per cento). I più affezionati alle bottigliette sono gli immigrati dall'ex Unione Sovietica e i giovani under 30, con una percentuale di fan dell'acqua minerale che si aggira intorno al 90 per cento. Eppure l'acqua israeliana è particolarmente buona. Nel rapporto del Ministero della Salute del 2007 figura che su 86 mila campioni esaminati, sono state rilevate irregolarità solo nello 0.4 per cento dei casi, per la maggior parte dovuti a difetti nelle tubature. La gente tuttavia resta diffidente, con oltre il 50 per cento degli intervistati convinto che l'acqua del rubinetto sia in qualche modo nociva per la salute.
Oggi il governo cerca di cambiare le cose, cominciando dalle proprie abitudini. Come per gli spuntini dietetici, resta da vedere se gli israeliani saranno disposti a seguirlo.

(Notiziario Ucei, 11 agosto 2010)

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Caffè pescarese, locali in Israele

PESCARA - Da oltre dieci anni presente sul mercato israeliano, l'azienda pescarese Saquella Caffè per consolidare la sua leadership ha concluso, nei giorni scorsi, un importante accordo che prevede la creazione di una joint venture (società italo-israeliana) con partner locali per l'apertura di una catena di Saquella Espresso Club. Dice l'azienda: "L'accordo prevede l'opening di almeno 20 Saquella Espresso Club entro 5 anni nelle più importanti città israeliane con la prima apertura già programmata a novembre, a Tel Aviv, e a Gerusalemme entro marzo 2011. I termini dell'accordo prevedono che la progettazione, la realizzazione e la formazione del personale spettano all'azienda Saquella, in modo da poter proporre tutte le specialità enogastronomiche italiane e locali, mentre al partner israeliano è riservata la commercializzazione e il marketing del progetto.
Siglata l'intesa, Enrico Saquella, ha incontrato il viceministro degli Affari esteri, Danny Ayalon, in Israele. Il ministro ha apprezzato l'iniziativa e si è detto favorevole a sostenere progetti di questo genere con l'Italia, partner da sempre privilegiato.

(InAbruzzo, 11 agosto 2010)

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Israele: per Ramadan i palestinesi più liberi di circolare

Potranno pregare ad al Aqsa senza permesso speciale

RAMALLAH, 10 ago. - L'esercito israeliano ha annunciato una serie di misure per facilitare i movimenti dei palestinesi fra la Cisgiordania e Israele durante il Ramadan, il mese sacro dei musulmani, che comincia domani. Secondo queste disposizioni, gli uomini di più di 50 anni e le donne di più di 45 potranno pregare presso la Moschea di al Aqsa, sulla Spianata delle Moschee a Gerusalemme, senza dover richiedere uno speciale permesso. In situazioni normali invece tutti i palestinesi della Cisgiordania sono obbligati a fare domanda di un visto per l'ingresso in Israele, anche nella parte est di Gersusalemme annessa da Israele nel 1967. L'esercito dello Stato ebraico ha inoltre annunciato l'estensione degli orari di apertura di alcuni check-point fra la Cisgiordania e Israele. Infine ha informato che i soldati israeliani sono stati invitati ad astenersi dal mangiare, dal bere o dal fumare nei luoghi pubblici durante il Ramadan, specialmente ai check-point.

(Apcom, 10 agosto 2010)

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Libano: L’Iran offre aiuti militari all’esercito di Beirut

A circa un mese dall'annunciata visita ufficiale in Libano del presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad, e una settimana dopo gli scontri tra militari di Beirut e Tel Aviv lungo il confine provvisorio, la Repubblica islamica offre il proprio sostegno all'esercito libanese.

Un soldato libanese imbraccia un fucile
fabbricato neli Stati Uniti
L'edizione telematica del quotidiano di Beirut "an Nahar" riferisce oggi che l'ambasciatore iraniano in Libano, Ghazanfar Abadi, ha offerto il sostengo del proprio paese al generale Jean Qahwahi, capo dell'esercito libanese durante il loro incontro svoltosi ieri.
L'offerta dell'Iran, che in Libano sostiene il movimento armato sciita anti-israeliano Hezbollah, arriva dopo che la commissione Esteri del Congresso americano aveva congelato il 2 agosto le previste forniture militari statunitensi all'esercito di Beirut per un valore di circa 100 milioni di dollari.
La decisione era stata assunta alla vigilia dei sanguinosi scontri verificatisi il 3 agosto lungo il confine provvisorio tra Israele e Libano e nei quali sono morte in tutto quattro persone: un alto ufficiale israeliano, due soldati e un civile libanese.
Dalla sospensione delle ostilità tra Stato ebraico e Paese dei Cedri nell'agosto 2006, gli Stati Uniti hanno fornito a Beirut aiuti militari per un valore di oltre 700 milioni di dollari.

(swisscom, 10 agosto 2010)

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Identificato il gene del dolore

GERUSALEMME - Scienziati israeliani dell'Università ebraica di Gerusalemme hanno identificato per la prima volta un gene che è in collegamento con la percezione di dolori cronici provocati da ferite ai nervi. Con questo i ricercatori sperano di ottenere migliori possibilità di trattamento.
Secondo una comunicazione dell'Università ebraica, si calcola che il 20 percento di tutti gli adulti soffrano di dolori cronici. Le cause di tali disturbi erano fino ad ora praticamente sconosciute.
Mediante ricerche sui topi fatte in precedenza, gli scienziati avevano identificato una regione sul cromosoma 15 in cui si supponeva che ci fossero geni che hanno influenza sulla percezione del dolore. Alla fine i ricercatori sono riusciti a limitare la regione interessata a 155 geni e a scoprire tra questi il gene responsabile. Secondo il rapporto, si tratta del gene Cacgn2.
Dopo i test fatti sui topi, i ricercatori hanno verificato se il gene ha influenza anche sulla percezione del dolore nell'uomo. Ricerche fatte su pazienti malate di cancro al seno hanno confermato il risultato.
Lo studio è stato pubblicato sulla versione internet della rivista scientifica "Genome Research".

(israelnetz.com, 10 agosto 2010 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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Israele: Prepararsi a una guerra in cui i missili colpiranno il centro del paese

GERUSALEMME, 10 ago. - "In un prossimo conflitto i missili arriveranno fino al centro del paese". Lo ha previsto il viceministro degli Esteri israeliano, Matan Vilnai, secondo il quale "bisogna prepararsi a qualsiasi scenario". "La cosa migliore da fare e' far partecipare la gente delle citta' ai preparativi per un'emergenza", ha detto Vilnai, in una visita a Herzliya, a nord di Tel Aviv, organizzata proprio per discutere con le autorita' locali di come affrontare un nuovo possibile conflitto.

(Adnkronos, 10 agosto 2010)

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Quando il conte difese i suoi collaboratori di fede ebraica

di Arrigo Petacco

Centocinquant'anni fa, quando si era appena conclusa la Seconda guerra d'Indipendenza, per gli ebrei italiani ancora non spirava buona aria. Solo nel Regno di Sardegna i cittadini di religione israelita godevano di tutti i diritti civili, mentre altrove erano dovunque ghettizzati. Forse fu proprio per il timore che la legge liberale promulgata da re Carlo Alberto venisse applicata (come effettivamente lo sarà) anche nelle regioni che, in seguito a quella guerra, furono annesse al Regno sardo che la stampa cattolica sferrò un violento attacco contro il conte Camillo di Cavour accusato di condurre una «politica ecclesiastica persecutrice». Alfiere di questa campagna fu «L'Armonia», giornale cattolico di Torino, il quale con un articolo di fondo intitolato «Il Conte di Cavour e il suo Isacco», rivelò con toni scandalistici che il suo segretario particolare Isacco Artom era ebreo. «Che M. de Cavour, scriveva l'articolista, non sia ni un homme d'esprit ni un homme serieux basterebbe a provarlo la circostanza dell'onorare che esso fa di specialissima confidenza un ebreo, applicato al suo gabinetto particolare, al quale non si perita di commettere la sua fiducia e la redazione dei suoi scritti. Il fortunato segretario e confidente è certo avvocato Insacco A... appartenente non so a quale ghetto e certo degnissimo del favore di cui gode presso il Gran Rabbino di Leri...».
Cavour rispose immediatamente con questa nobile lettera che fu pubblicata in prima pagina dal giornale liberale «L'Opinione» il 2 agosto del 1860.

«Sig. Direttore.
Che L'Armonia segua una scala crescente di contumelie e di ingiurie sta bene per un giornale che propugna opinioni estreme e blandisce le più ardenti passioni. Ma che per colpire me scagli basse insinuazioni contro un giovane e distinto impiegato, rimasto del tutto estraneo alle lotte politiche, è ciò che muoverà a sdegno, ne sono convinto, gli onesti di tutti i partiti.Ove poi l' Armonia avesse creduto di fare un gran colpo palesando un fatto da me voluto tener segreto, s'inganna a partito. Giacché non vi son fatti nella mia vita politica, di cui maggiormente mi compiaccio, che di avere potuto scegliere a collaboratori intimi ed efficaci nel disimpegno dei negozi più delicati e difficili, prima il signor Costantino Nigra, poscia il signor Isacco Artom, giovani di religione diversa, ma d'ingegno singolare e precoce, di zelo instancabile, di carattere aureo. (...) Questa pubblica testimonianza ch'io mi credo in debito di rendere al signor Artom, sarà ne sono certo, confermata da quanti lo conoscono ed in particolare modo dai suoi capi, di cui gode sempre l'intera fiducia e dei suoi colleghi che giustamente lo stimano e apprezzano. (...) La pubblica opinione farà giustizia di ignobili attacchi per parte di coloro che rimpiangono i tempi in cui la diversità di culto bastava per allontanare dai pubblici uffici i giovani i più istruiti e i più capaci».

(Il Resto del Carlino, 10 agosto 2010)

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Netanyahu curato in ospedale

GERUSALEMME, 10 ago - Il premier israeliano Benyamin Netanyahu e' stato curato stamane in ospedale a Gerusalemme per un'infezione alla pianta del piede. L'intervento e' durato circa mezz'ora e il premier ha fatto ritorno nel suo ufficio per lo svolgimento delle sue attivita', secondo un comunicato governativo.

(ANSA, 10 agosto 2010)

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Quella sosta ad Auschwitz

di Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas

Più che un'opinione vorrei condividere un dubbio: è giusto far transitare ad Auschwitz i ciclisti in gara al Giro di Polonia? Finora mi pare che il consenso sia stato unanime tra commentatori e addetti ai lavori, e va dato atto a organizzatori e corridori di aver evitato sbavature o scivoloni.
L'intento era certamente positivo, così come è auspicabile che l'iniziativa possa favorire la consapevolezza della storia tra gli appassionati della corsa; tanto più in Polonia, un paese che ha ancora molte questioni aperte con il proprio passato, permeato di un feroce antisemitismo messo sbrigativamente in conto all'aggressore tedesco. D'altra parte le immagini erano un po' impressionanti: la schizofrenia tra la tragedia immane di quei luoghi e il circo allegro del ciclismo (ammiraglie, fotografi, direttori sportivi, vallette, fidanzate, corridori, motociclisti al seguito) personalmente mi ha infastidito. Forse è un riflesso condizionato a cui non bisogna dare peso, anzi probabilmente occorre privilegiare il potenziale divulgativo.
Ma rimane il dubbio. La memoria dei lager e della Shoah non va sacralizzata - alcuni anni fa un rabbino mi confidò di non voler, come si fa abitualmente, suonare lo shofar ad Auschwitz - né monumentalizzata: essa va resa attuale soprattutto a beneficio delle nuove generazioni che meno conoscono la storia; occorrerebbe anzi cercare di collegare la tragedia della Shoah ai massacri e ai genocidi di oggi, invitando i giovani a uno slancio di responsabilità. Ma rimane il dubbio che non sia una gara ciclistica il modo migliore per condurre questa operazione. E che alla fine, nella percezione degli spettatori, anche il lager possa trasformarsi in un traguardo di fine tappa, smontato dagli addetti prima ancora che gli ultimi del gruppo siano giunti all'arrivo.

(Notiziario Ucei, 10 agosto 2010)

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Flottiglia: per Barak è stata una provocazione premeditata

Ehud Barak
GERUSALEMME, 10 ago - Continua la testimonianza del ministro della Difesa israeliano Ehud Barak nel corso dell'inchiesta sul raid israeliano contro la Flottiglia per Gaza.
''La flottiglia del 21 maggio e' stata una provocazione premeditata'', ha detto di fronte alla commissione incaricata di giudicare la legalita' dell'attacco.
Barak ha affermato che ''l'immagine che e' emersa dalle discussioni che si sono tenute ad aprile e' che le organizzazioni (dietro la flottiglia - ndr) stavano preparando un conflitto armato per mettere in imbarazzo Israele''.
Il Ministro israeliano ha detto che diverse alternative erano state discusse nelle settimane precedenti al raid e che lui stesso e altri funzionari avevano considerato la possibilita' che gli attivisti potessero attaccare le truppe una volta arrivati in porto.
''Siamo dispiaciuti per le perdite umane che ci sono state, ma avremmo perso piu' vite se avessimo agito diversamente'', ha detto Barak, difendendo poi il blocco a Gaza. ''Il blocco navale e' assolutamente fondamentale per impedire a Gaza di trasformarsi in un enorme arsenale. E' stato progettato per bloccare il trasferimento di razzi e altri mezzi di guerra''.
Il Ministro ha negato che il blocco impedisca il passaggio dei beni di prima necessita' e degli aiuti umanitari.

(ASCA, 10 agosto 2010)

Come si vive a Gaza

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Polonia: un incendio distrugge una baracca nel campo nazista di Majdanek

VARSAVIA, 10 ago - Un incendio ha distrutto nella notte una baracca di legno nel campo di concentramento di Majdanek, costruito dai nazisti nell'est della Polonia, vicino a Lublino.
''Piu' di meta' della baracca e' bruciata. All'interno si trovavano all'incirca 10.000 suole e scarpe dei prigionieri, che non erano state esposte a causa del loro cattivo stato di conservazione'', hanno dichiarato i responsabili del museo del campo. ''La causa dell'incendio per il momento non e' ancora nota, ma verra' aperta un'inchiesta'', hanno aggiunto.
La baracca, una vecchia cucina del campo, non era accessibile ai visitatori.
Il campo, costruito nel 1941, e' stato in funzione fino al 1944. Secondo le stime degli storici, 150.000 persone sono state imprigionate a Majdanek, tra cui 60.000 ebrei.

(ASCA, 10 agosto 2010)

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Wiesbaden restituisce a una famiglia ebrea un quadro rubato dai nazisti

BERLINO, 10 ago - Il museo Wiesbaden, nell'omonima citta' tedesca, ha restituito ai suoi legittimi proprietari un'opera d'arte che i nazisti rubarono ad una famiglia ebrea. L'opera, "Ritratto doppio di una coppia giovane", un quadro del pittore barocco olandese Pieter de Grebber (1600-1653), apparteneva agli ebrei Jakob y Rosa Oppenheimer, collezionisti d'arte a Berlino. Da oggi e' proprieta' dei loro discendenti.
Nel 1933 il regime nazista chiuse l'azienda degli Oppenheimer, alla quale apparteneva anche una galleria d'arte. Nel 1935, le autorita' culturali naziste cominciarono a mettere all'asta le opere e il quadro di de Grebber venne comprato da un gallerista privato che nel 1937 lo vendette al museo Wiesbaden.
Intanto, iniziate le persecuzioni di Hitler contro gli ebrei, gli Oppenheimer dovettere fuggire in esilio. Prima si nascosero in Francia e poco dopo l'occupazione militare del paese ad opera delle truppe tedesche furono internati in campi di concentramento diversi: Jakob venne liberato nel 1941 in ragione del suo debole stato di salute ma mori' di li' a poco; mentre sua moglie Rosa fu trasferita nel 1943 nel campo di sterminio di Auschwitz, dove mori'.

(Adnkronos, 10 agosto 2010)

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Rabbino Di Segni: Nozze di Chelsea Clinton contro le norme ebraiche

"Ruoli e precetti religiosi sbandierati come segni identitari"

Il rabbino capo della comunità ebraica di Roma critica il matrimonio di Chelsea Clinton con l'ebreo Marc Mezvinsky e lo definisce un "fulgido esempio di perfetta integrazione ebraica al top della società generale e di disintegrazione della società ebraica". "La 'figliola' di Clinton (come qualche anno fa la chiamavano in un programma televisivo italiano) ha fatto parlare di sé nei giorni scorsi per il suo matrimonio con un giovanotto ebreo", scrive Di Segni in un corsivo sul notiziario odierno delle comunità ebraiche italiane. "Al clamore mediatico ha fatto riscontro il silenzio del mondo ortodosso ebraico americano, che ha preferito non parlare per non dire cose tanto ovvie quanto sgradevoli al grande pubblico. La cerimonia è stata fatta di Shabbat pomeriggio, con lo sposo ammantato in un talled e concelebrata da un 'rabbino' e un pastore. Bisogna riflettere su questo uso improprio di ruoli (rabbino) e precetti religiosi (tzitzit) sbandierati come meri segni identitari proprio nel momento in cui l'identità va in crisi. Fulgido esempio - conclude il rabbino capo di Roma - di perfetta integrazione ebraica al top della società generale e di disintegrazione della società ebraica".

(Apcom, 9 agosto 2010)

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Flottiglia - Netanyahu: "Fiero del mio esercito"

"L'indagine ci renderà onore"

Netanyahu di fronte alla commissione d'inchiesta

"Ho fiducia nei combattenti dell'esercito israeliano e l'intero Stato d'Israele è fiero di loro". Queste le parole di Benyamin Netanyahu, che ha difeso l'operato dei suoi soldati, comparendo come testimone davanti alla commissione Turkel che indaga sul raid militare del 31 maggio contro le navi della Freedom flotilla nel quale morirono nove attivisti turchi. "L'indagine stabilirà la verità", ha aggiunto il premier israeliano.
"Sono certo che nel corso della vostra indagine stabilirete che lo stato d'Israele e il suo esercito hanno agito secondo la legge internazionale e che i combattenti israeliani a bordo della Marmara hanno dimostrato coraggio nell'adempimento del dovere e nel proteggersi da una reale minaccia alle loro vite", ha aggiunto Netanyahu. Il primo ministro, che ha difeso anche il blocco navale imposto alla Striscia di Gaza, ha iniziato la sua testimonianza a Gerusalemme, davanti alla commissione guidata dal giudice a riposo Jacob Turkel.

(TGCOM.it, 9 agosto 2010)

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I nemici di Hamas assassinati e gettati in mare

di Fiamma Nirenstein

Sulla spiaggia di Gaza riaffiorano i corpi delle vittime di un acerrimo regolamento di conti tra le fazioni Il movimento islamista al potere consolida con la violenza la propria posizione: chi si oppone viene eliminato

La calda, affollata spiaggia di Gaza cinque anni fa, al momento dello sgombero, era per i proprietari degli alberghi e dei ristoranti affacciati sulla sabbia la rappresentazione della vita dopo gli israeliani: turismo in costume da bagno, giornalisti che si abbronzano e fanno la siesta sulle sdraio mentre gli asinelli sospinti dai ragazzini giocano con la schiuma del Mediterraneo. Per i camerieri, pesce fresco da spinare in cambio di buone mance. Il mare, orlato da palme ed edifici moderni per il turismo. Avrebbe dovuto andare così. Ma sin dal primo momento, quando Hamas prese il potere, quella spiaggia è stata percorsa da rivoli di sangue, sovente sangue di fratelli palestinesi invisi al potere assoluto dell'organizzazione integralista. Uscire di metafora è troppo facile: dalle voci dei palestinesi locali, spaventati e confusi, si sa che è molto frequente l'affiorare di corpi riportati dalle onde sulla spiaggia. I giornali riportano spesso un'ecatombe di affogati, ma si sa che non è colpa solo del mare: spesso quei morti hanno anche una pallottola in testa, e fra di loro si trovano personaggi della nomenclatura, burocrati, ufficiali della polizia e degli uffici di sicurezza.
La gente ne parla a bassa voce, ma sa che su tutti questi personaggi c'è un marchio, quello di «traditore», «spia». La parola «collaborazionista», ci spiega il giornalista israeliano esperto di mondo palestinese Alex Fishman del quotidiano Yediot Aharonot, ha ormai una quantità di versioni: se sei Jesous (spia) o Madsus (impiantato) o Amil (agente) o Matawin (collaborazionista) o Unsur Munshur (elemento sospetto), proprio come nell'Urss di Stalin, puoi essere trascinato in silenzio nella «piantagione», luogo che al tempo degli insediamenti fungeva da serra per pomodori e fiori. Ma ora si dice in slang, puoi esservi «piantato» a parecchi metri di profondità, e addio al mondo. A Gaza, tutti fingono di trovare necessaria la caccia in corso, la frenesia indicata dagli avvisi che, piazzati per le strade, chiedono alla gente di collaborare; anche i predicatori lo chiedono nelle moschee e così i maestri nelle scuole. Il prossimo anno il curriculum scolastico sarà arricchito oltre che dal solito insegnamento su come diventare «martiri» uccidendo gli ebrei, da un capitolo su come scoprire i traditori del regime con cui tanta parte del consesso europeo sembra desideroso di parlare e fare accordi.
La frenetica caccia al traditore in cui viene trascinata Gaza ha come sfondo una gran confusione e un desiderio di serrare le fila: Hamas è al bivio fra l'eccitazione creata dal potere iraniano che la riempie di armi e dal sostegno delle varie flottiglie internazionali, mentre il presidente Abu Mazen è sospinto da Obama verso colloqui di pace con Israele. Non c'è tempo da perdere: Hamas da una parte vuole creare confusione, così la pensa l'ala militare, ma vuole la simpatia internazionale, pensa invece il governo di Haniye. Un giornale arabo che esce a Londra, Asharq Al Awsat, ha raccontato che Omar Abed Al Razak, un leader di Hamas, ha incontrato martedì in Israele ufficiali israeliani: il tema forse, Gilad Shalit, o la minaccia di rapimenti in Cisgiordania. È comunque l'incontro ad apparire bizzarro: sarebbe l'ennesima prova che il gruppo che guida la politica di Hamas parla con Israele e non coincide con quello che ne guida la guerra, capitanato da Ahmed Jabaari.
I missili lanciati nei giorni scorsi contro Ashdod, quelli finiti dal Sinai su Eilat e Aqaba mostrano quanto sia attivo; e così anche l'esplosione che nel centro di Gaza, a Dir Elk Balah, ha ferito 50 persone. L'ala militare ritiene sia il momento di riprendere ad assalire Israele, provocarne le reazioni, impedire il processo di pace. Haniye invece vuole mettere a frutto la politica delle flottiglie, spingere alla solidarietà per l'organizzazione terrorista quelli che non si accorgono della pena di morte come regola, del burka imposto alle donne, dell'abolizione di ogni libertà. «Gaza libera», penosamente ripetono i radicali estremisti europei, anche dopo che Israele ha sollevato l'embargo di terra. A Gaza nei negozi si trova ormai tutto. Hanye vuole fare fruttare questa situazione per ottenere consenso. Ma Jabari sa che ormai nei suoi depositi sono stipati 6.000 missili di vario tipo, che possono anche raggiungere Tel Aviv. Gli albergatori di Gaza, per lui, possono aspettare.

(il Giornale, 9 agosto 2010)

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Europei di basket - Israele demolisce la Lettonia

Dopo la vittoria esterna (71-79) contro gli azzurri, il quintetto israeliano era chiamato a una conferma non scontata contro la Lettonia. Ma il 110 a 88 con cui ha demolito la compagine baltica ha dato una risposta inequivocabile: la squadra è di valore assoluto ed è in piena corsa per la qualificazione agli Europei in Lituania del 2011. Protagonista assoluto della serata Omri Casspi con 21 punti e otto rimbalzi, che ha dimostrato ancora una volta (ma si sapeva già) perché calca con successo i parquet della Nba. In doppia cifra anche altri cinque giocatori di casa: tra i migliori Yotam Halperin con 18 punti e cinque assist. Mercoledì è in programma il terzo incontro del girone eliminatorio: Israele tenta la fuga in casa della Finlandia.

(Notiziario Ucei, 9 agosto 2010)

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La Libia libera un prigioniero israeliano in cambio di aiuti

Un israeliano di origini libiche arrestato in Libia con l'accusa di spionaggio è stato liberato in cambio dell'assenso di Israele all'arrivo a Gaza del carico di una nave di aiuti per i palestinesi. Secondo quanto ha riferito stamane la stampa israeliana Rafael Haddad, 34 anni, ha riavuto la libertà nel quadro di un'intesa tra Israele e Libia segretamente mediata da un uomo d'affari austriaco che ha rapporti con i dirigenti libici e israeliani. Lo riferisce oggi l'Ansa.
La Libia aveva chiesto a Israele il mese scorso di non impedire alla nave Amalthea, battente bandiera moldava e noleggiata da una fondazione umanitaria libica, di raggiungere la Striscia di Gaza - sotto blocco navale israeliano - per scaricare un carico di aiuti per i palestinesi. Grazie a un compromesso la nave aveva poi deposto il carico nel porto egiziano di El Arish e Israele a sua volta aveva accettato di non ostacolare il trasferimento a Gaza di una ventina di strutture prefabbricate.
La Libia a sua volta ha liberato Haddad, dopo cinque mesi di prigione, lo scorso sabato. Haddad era entrato in Libia - tecnicamente in stato di guerra con Israele - lo scorso marzo, grazie a un passaporto tunisino del quale e' titolare. In Libia Haddad aveva pero' insospettito i servizi di sicurezza dopo essere stato colto a fotografare siti ebraici e beni appartenuti a ebrei libici, ed era stato arrestato. Or Shalom, l'organizzazione degli ebrei originari dalla Libia, ha confermato che Haddad era andato in Libia con questo compito. Gli ebrei libici rivendicano le loro proprietà dalle quali furono espropriati dopo il colpo di stato del leader libico Muammar Gheddafi nel 1969. Haddad, apparentemente, doveva documentare fotograficamente l'esistenza di questi beni.

(rassegna.it, 9 agosto 2010)

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Germania: chiusa una moschea

Era frequentata da attentatori dell'11 settembre

BERLINO - Le autorità di Amburgo, nella Germania settentrionale, hanno annunciato oggi la chiusura di una moschea frequentata dai responsabili degli attentati dell'11 settembre 2001 negli Stati Uniti.
In un comunicato, il ministero dell'interno della città-stato e il capo della cellula di coordinamento anti-terrorismo affermano che, oltre alla chiusura della moschea Taiba, è stata decisa la messa al bando dell'omonima associazione culturale, senza precisare i motivi del provvedimento. Una conferenza stampa è stata indetta per le 10.30.
La moschea Taiba, già moschea Al-Quds (Gerusalemme in arabo), era frequentata da Mohammed Atta, il principale autore degli attentati dell'11 settembre a New Tork e Washington, e da alcuni dei suoi 18 complici, secondo i servizi di sicurezza.

(Corriere del Ticino, 9 agosto 2010)

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Rabbino israeliano accusato di pedofilia

La polizia israeliana ha trasmesso ieri alla magistratura una richiesta di incriminazione per molestie sessuali nei confronti del rabbino Mordechai Elon, noto esponente nazional-religioso responsabile in passato di prestigiose scuole talmudiche e al centro da mesi di un presunto scandalo di pedofilia.

GERUSALEMME, 9-08-2010 - La polizia israeliana ha trasmesso ieri alla magistratura una richiesta di incriminazione per molestie sessuali nei confronti del rabbino Mordechai Elon, noto esponente nazional-religioso responsabile in passato di prestigiose scuole talmudiche e al centro da mesi di un presunto scandalo di pedofilia. Lo scrivono oggi i media.
Gli investigatori ritengono d'aver raggiunto "prove sufficienti" sugli abusi attribuiti al rabbino nei riguardi di almeno due suoi ex allievi, entrambi minorenni.
La vicenda ha suscitato scalpore in Israele per la fama di Elon, che in passato ha insegnato a Gerusalemme e appartiene alla corrente filo-sionista dell'ebraismo religioso: più influente nella vita pubblica e meno appartata rispetto alla realtà degli ortodossi e degli ultraortodossi (haredim).
Sospeso dalle attività di maggior prestigio e relegato in provincia già da tempo, Elon è stato additato pubblicamente da un'assemblea di rabbini quale presunto molestatore solo pochi mesi fa. Denuncia che ha indotto il procuratore di Stato israeliano, Yehuda Weinstein, ad affidare un'indagine alla polizia, conclusa ora con la richiesta d'incriminazione.
Il rabbino continua peraltro a proclamarsi innocente e vittima di un fosco tentativo di discredito. Il suo legale, Yair Golan, ha dichiarato oggi che Elon "non ha compiuto reati e continuerà a battersi in difesa della propria reputazione, collaborando con la magistratura", convinto che alla fine "la procura non procederà al rinvio a giudizio".

(RaiNews24, 9 agosto 2010)

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È la Champions League, ma l'autogol pazzesco sembra da dilettanti

Le prime partite di calcio internazionale regalano già episodi divertenti ed originali. Ecco le immagini con un incredibile autogol realizzato dalla formazione kazaca dell'Aktobe nella sfida contro gli israeliani dell'Hapoel Tel Aviv

La somma in una stessa azione tra un tiraccio di un difensore verso la propria porta e una papera del portiere non può che dare come risultato...un autogol assurdo.
Questa sorta di equazione matematica applicata al calcio si è realizzata in Israele nella partita valida per i preliminari di Champions League tra l'Hapoel Tel Aviv e l'Aktobe, formazione dello stato del Kazakistan.
Con il risultato già fermo sul 2-0 per gli israeliani, infatti, la squadra ospite ha deciso di complicarsi ulteriormente la vita con un'azione autolesionista in cui il difensore Khalifa Elhadj Ba ha colpito male e senza guardare la palla dopo un colpo di testa innocuo a metà campo di un calciatore avversario.
La sfera si è andata così a infrangere sul palo della propria porta, ma a quel punto il numero 1 kazako, invece di bloccare normalmente la sfera o di respingerla fuori dall'area di rigore, ha tentato un goffo rinvio il cui epilogo è stato di finire nella sua rete insieme alla palla.
Non il massimo per uno scenario già internazionale come quello della prestigiosa competizione continentale. Nel video qui in basso l'assurdo autogol dell'Aktobe.


(Ciaopeople Magazine, 8 agosto 2010)

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Tensioni Israele-Libano. L'Iran si schiera con Beirut

L'Iran "rimarrà al fianco dei popoli e dei governi del Libano e della Siria" di fronte alle "aggressioni e minacce" di Israele e fornirà "ai fratelli qualsiasi aiuto richiedano". Lo ha detto oggi il ministro degli Esteri Manuchehr Mottaki in una conferenza stampa congiunta con il suo collega libanese Ali Al-Shami, in visita a Teheran.
Ma Mottaki, alla domanda se ritenga prossima una nuova guerra in Medio Oriente, ha risposto che "è possibile, ma molto improbabile". Mottaki, citato dall'agenzia Isna, ha anche annunciato che il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad si recherà in visita a Beirut "alla prima occasione utile dopo il mese di Ramadan", che finirà il 9 settembre. Attualmente, ha affermato ancora il ministro degli Esteri iraniano, ci sono "nuovi segni di una caduta del regime sionista", cioe' Israele.
Non mancano i segni di nervosismo tra Israele e Libano. Colpi di avvertimento contro un peschereccio libanese in navigazione a ridosso del confine sono stati sparati durante il week end da una motovedetta israeliana a pochi giorni dalla sparatoria di frontiera - la più grave dalla guerra del 2006 - costata la vita a due militari e a un giornalista libanesi e a un tenente colonnello israeliano.
La notizia, diffusa nelle scorse ore da fonti ufficiali a Beirut, è stata confermata stamattina dalla Radio militare in Israele. L'incidente non ha provocato feriti né danni al peschereccio, ma conferma il clima di tensione malgrado il ritorno a una certa normalità lungo la linea di confine terrestre, garantita anche e soprattutto dalla presenza del contingente Onu di Unifil schierato nel sud del Libano (con forte presenza italiana) dalla fine del conflitto del 2006.
Sullo sfondo restano d'altronde le schermaglie sulla sparatoria dei giorni scorsi. Proprio ieri, visitando le postazioni di confine, il presidente del Libano, Michel Suleiman, ha elogiato l'esercito per il comportamento tenuto in occasione dello scontro. Comportamento che Israele - forte anche del verdetto di Unifil secondo cui le pattuglie israeliane coinvolte si trovavano dal loro lato della Linea Blu che segna l'attuale frontiera - ha invece ripetutamente condannato. E per il quale, stando a indiscrezioni di stampa, chiede ora la punizione dell'ufficiale libanese piu' alto in grado (un capitano) coinvolto nell'episodio sul terreno.

(Blitz quotidiano, 8 agosto 2010)

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Israele: nucleare, scarcerato Vanunu

Dopo altri tre mesi per aver incontrato una cittadina straniera

TEL AVIV, 8 ago - Scarcerato oggi dopo altri 3 mesi di reclusione l'ex tecnico nucleare israeliano Mordechai Vanunu, condannato a suo tempo per spionaggio Vanunu, 50 anni, era tornato di recente in carcere con l'accusa di aver violato il divieto d'incontrare cittadini stranieri. E' stato rilasciato dopo 'un lieve sconto' di pena. Vanunu negli anni '80 denuncio' i programmi nucleari israeliani (da sempre top secret nel Paese) e fu condannato a 18 anni. Libero, continuo' a incontrare stranieri

(ANSA, 8 agosto 2010)

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Olio d'oliva reggino premiato in Israele

CATANZARO - L'olio d'oliva Ottobratico dell'azienda San Giorgio di San Giorgio Morgeto, nel reggino, ha vinto il primo premio assoluto all'International TerraOlivo Mediterranean Olive Oil Competition' di Gerusalemme in Israele. Il prodotto calabrese ha primeggiato su una schiera composta da oltre 180 campioni di olio extravergine di oliva provenienti da ben 14 paesi.
La giuria, composta da esperti di analisi sensoriale e chef di Spagna, Italia, Argentina, Uruguay ed Israele, ha testato circa 200 oli extra vergini di oliva provenienti da ogni parte del pianeta emettendo il risultato finale che ha incoronato l'olio d'oliva dell'azienda calabrese.
Ai successi dell'azienda San Giorgio, che recentemente si è affermata anche in una competizione di settore ad Amburgo in Germania, danno il loro contributo anche i divulgatori agricoli dell'Arssa che seguono e sostengono i progressi del settore.

(Reggio TV, 8 agosto 2010)

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Il Giro di Polonia sosta a Auschwitz

Di solito le gare ciclistiche concentrano le emozioni più intense nel finale: scatti e controscatti, fughe solitarie che vanno a buon fine e volate di gruppo. Gli organizzatori del Giro di Polonia hanno deciso di invertire il termometro del pathos dando un significato inestimabile alla corsa. Località di partenza della sesta tappa: Auschwitz. "Uno sciame colorato di farfalle all'inferno", questa l'espressione usata da Claudio Gregori sulla Gazzetta dello Sport per descrivere il gruppo che transitava davanti all'ingresso del campo di sterminio di Birkenau. I rappresentanti delle 34 nazioni in gara hanno posato ciascuno una rosa bianca davanti al cancello, gli italiani Bennati e Cataldo sono entrati nel blocco 21 e hanno letto le lapide con le parole di Primo Levi: "Da qualunque Paese tu venga fa che il tuo viaggio non sia stato inutile". Poi, uscito a pezzi dalle baracche della morte, lo sciame colorato di farfalle ha ripreso il suo volo verso la libertà- a.s.

(Notiziario Ucei, 8 agosto 2010)

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Usa: morto lo storico Tony Judt

Aveva 62 anni, il decesso e' avvenuto a New York

TEL AVIV, 8 ago - E' morto a New York, a 62 anni, lo storico ed editorialista Tony Judt, voce critica fra le piu' note della politica dei governi d'Israele. Judt era un esperto di vicende postbelliche europee e di Medio Oriente. Nominato per il premio Pulitzer nel 2006, come storico, per un monumentale saggio sull'Europa del dopo-guerra intitolato 'Postwar', Judt e' deceduto per le complicazioni legate alla sclerosi amiotrofica laterale (Sla) che gli era stata diagnosticata qualche tempo fa.

(ANSA, 8 agosto 2010)

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Gruppo israeliano acquista lo storico Hotel Lutetia di Parigi

L'Hotel Lutetia
PARIGI, 7 ago - Lo storico hotel Lutetia di Parigi, quartier generale dei nazisti durante la seconda guerra mondiale e usato dopo la liberazione per ospitare i sopravvissuti ai campi di concentramento, e' stato acquistato dal gruppo israeliano Alrov.
Le Louvre Group, seconda societa' in Europa nel campo alberghiero dopo Accor, ha annunciato in una nota la cessione del Lutetia, senza pero' precisare il prezzo a cui e' stato venduto.
Secondo indiscrezioni, per acquistare lo storico immobile, che quest'anno spegne le 100 candeline, il gruppo Alrov avrebbe sborsato 150 milioni di euro e avrebbe gia' messo a punto un piano per trasformarlo in un hotel di lusso sulla riva sinistra della Senna.
Il Gruppo Alrov, fondato nel 1978, e' conosciuto per essere proprietario di due famosi hotel di Gerusalemme: il David Citadel e il Mamilla. Lo scorso anno, Alrov ha riportato ricavi per 185,6 milioni di euro e un profitto netto di 94 milioni.
Le Louvre Hotel Group, invece, e' controllato dal fondo statunitense Starwood Capital, che ha un debito di 1,6 miliardi di euro e vuole uscire dal settore degli hotel di lusso.

(ASCA, 7 agosto 2010)

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Incontro segreto Israele-Hamas, islamisti smentiscono

GERUSALEMME - Rappresentanti di Israele e di Hamas si sarebbero incontrati in segreto a Netania, a nord di Tel Aviv. A rivelarlo e' il quotidiano arabo, Al-Asharq Al-Awsat, che cita fonti palestinesi. All'incontro, il rappresentante del movimento islamico, che controlla la Striscia di Gaza dal giugno del 2007, sarebbe stato Omar Abed al-Razak, ex ministro del Tesoro dell'Anp tra il 2006 e il 2007, quando a capo dell'Autorita' nazionale palestinese c'era Ismail Haniye.

(AGI, 7 agosto 2010)

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Il 5 settembre la XI Giornata Europea della Cultura Ebraica

La manifestazione quest'anno coinvolge 28 paesi europei e 62 città italiane

MILANO, 7 agosto 2010 - Si tratta di uno degli appuntamenti più importanti per promuovere la cultura ebraica in tutti i suoi aspetti, nell'intento e nell'esigenza comune di far conoscere un popolo ricco di tradizioni e di cultura millenaria. Il tema di questa edizione, comune a tutti i paesi che aderiscono all'iniziativa, sarà Arte ed Ebraismo, argomento che trova nelle nostre città d'arte interessanti e inediti sviluppi.

La Giornata Europea della Cultura Ebraica - che gode dell'Alto Patronato del Presidente della Repubblica ed è patrocinata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca e dal Ministro per le Politiche Europee - vede crescere di anno in anno i consensi del pubblico: lo scorso anno, solo in Italia, oltre sessantamila persone hanno preso parte alle manifestazioni.
Il programma, in continuo aggiornamento e già consultabile sul sito www.ucei.it/giornatadellacultura, consente di costruire e sperimentare gli itinerari più diversi, a seconda dei propri gusti e della propria sensibilità: dalle tradizioni religiose alle usanze, dall'arte alla letteratura, dal buon cibo alla musica, dalla storia all'archeologia, l'ebraismo italiano ed europeo si mette a disposizione di giovani e meno giovani, di studenti, appassionati di cultura ebraica e semplici curiosi che vogliano trascorrere una giornata di scoperta, cultura, confronto e, perché no, divertimento.

Queste le località dove si svolge la Giornata in Italia:
Alessandria, Ancona, Asti, Biella, Bologna, Bova marina, Bozzolo, Carmagnola, Carpi, Casale Monferrato, Cherasco, Chieri, Cittanova, Correggio, Cuneo, Ferrara, Finale Emilia, Fiorenzuola D'Arda, Firenze, Genova, Gorizia, Ivrea, Livorno, Lugo Di Romagna, Mantova, Merano, Milano, Modena, Moncalvo, Mondovì, Monte San Savino, Napoli, Ostiano, Padova, Parma, Pesaro, Pisa, Pitigliano, Pomponesco, Reggio Calabria, Reggio Emilia, Roma, Sabbioneta, Saluzzo, San Nicandro Garganico, Senigallia, Siena, Siracusa, Soncino, Soragna, Torino, Trani, Trento, Trieste, Trino Vercellese, Udine, Urbino, Venezia, Vercelli, Verona, Viadana, Vicenza.

(MI-Lorenteggio, 7 agosto 2010)

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Gaza, chiusa la centrale elettrica per mancanza di carburante

A causa di un contenzioso fra Hamas e Anp

GERUSALEMME, 7 ago. - L'unica centrale elettrica della Striscia di Gaza è stata chiusa per mancanza di carburante nel pieno di una ondata di caldo. Lo ha annunciato un responsabile dell'impianto. Quest'ultimo, che fornisce al territorio palestinese il 20% del fabbisogno energetico, ha problemi a rifornirsi di carburante a causa di disaccordi con il rivale governo palestinese della Cisgiordania.
Hamas, che controlla la Striscia di Gaza, dovrebbe riscuotere le bollette e l'Anp acquistare il carburante. Secondo Ghassan Khatib, portavoce dell'Anp, Hamas non sta inviando soldi a sufficienza. Il gruppo militante smentisce.
La centrale fornisce a Gaza City e ai suoi dintorni dalle 6 alle 10 ore di elettricità al giorno. Il resto del territorio riceve elettricità dall'Egitto e da Israele.

(Apcom, 7 agosto 2010)

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Discendenti di nazisti e di vittime insieme a Kiev

Chiedere perdono per le colpe dei padri, ricordare l'Olocausto insieme ai discendenti delle vittime che lo subirono.
I figli delle vittime e quelli dei carnefici nazisti erano gli uni accanto agli altri a Kiev in Ucraina: nel luogo dove trentaquattromila ebrei furono fucilati nel settembre del 1941.
"Abbiamo una responsabilità particolare: siamo qui per chiedere perdono. La nostra storia, la storia dei 200 tedeschi che oggi sono qui, è trovare le parole che i nostri padri e i nostri nonni non riuscirono a trovare".
E' il secondo anno consecutivo che Jobst Bittner, pastore protestante di Tubinga, organizza a Kiev la Marcia per la vita, con l'obiettivo di favorire una riconciliazione dopo gli orrori di una delle epoche più cupe del Novecento.
Sotto l'occupazione nazista dell'Ucraina, vennero massacrati circa un milione e mezzo di ebrei.

(euronews, 6 agosto 2010)

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Hamas vuole sequestrare coloni in Cisgiordania

Secondo il comandante delle forze israeliane nel Territorio

ROMA, 6 ago. - L'organizzazione estremista palestinese di Hamas avrebbe lanciato un appello au suoi militanti in Cisgiordania perché sequestrino coloni ebraici: è quanto afferma il comandante delle forze israeliane nel Territorio, generale Nitzan Alon, le cui dichiarazioni sono state riportate dal quotidiano Ha'aretz.
Alon ha inviato una lettera al Consiglio Yeshua - l'organo di autogoverno delle colonie - nel quale si avverte che l'obbiettivo dei sequestri sarebbe quello di ottenere dei guadagni a breve termine, e non di avviare negoziati simili a quelli seguiti al rapimento del militare Gilad Shalit, prigioniero nella Striscia di Gaza ormai da quattro anni.
Nel corso della seconda intifada si registrarono diversi sequestri, uno dei quali si concluse con l'omicidio dell'ostaggio.

(Apcom, 6 agosto 2010)

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Baseball: Memorial Scialoja, Israele è campione

Israele, vincitore delle Tuscany Series
La finale tra Grosseto e Israele, posticipata di qualche minuto a causa di un violento temporale che si è abbattuto su Castellina Scalo nel primo pomeriggio di giovedì, non ha avuto storia : dal terzo inning, quando le mazze israeliane hanno colpito duramente il bravo partente maremmano Ferri, sfruttando un suo calo, non c'è stato più nulla da dire e la finalissima si è incanalata su un percorso che ha portato il torneo nel paese della Stella di David: 8 a 1 il risultato alla fine dei sei inning di gioco, con il Grosseto che, in attacco, non è riuscito a concretizzare molto ed ha subito i lanciatori avversari, anche se questi ultimi non sono stati al livello delle precedenti partite, forse visibilmente emozionati per l'importanza della finalissima.
Alla fine, il Grosseto è riuscito a mettere a segno una sola valida (con Pignotti al 2') e nulla più, con il punto segnato all'ultimo attacco grazie a due errori difensivi degli avversari. Dall'altra parte, i battitori di Israele hanno avuto vita facile in particolare con il rilievo di Brandi alla quinta ripresa, quella nella quale gli azzurri israeliani hanno segnato il punto della vittoria definitiva; Brandi ha subito qualcosa come tre valide ed ha effettuato svariati lanci pazzi su solo sette battitori avversari affrontati.

(SienaFree.it, 6 agosto 2010)

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Metà studenti arabi favorevole alla censura web

ROMA - Circa la metà degli studenti arabi è a favore di una maggiore censura di internet. E' il risultato di un'indagine dell'American University of Beirut, che arriva nel momento in cui alcuni paesi mediorientali minacciano il blocco di determinati servizi di comunicazione sugli smartphone BlackBerry.
Condotta su oltre 2.700 studenti di università e scuole superiori in Libano, Giordania ed Emirati Arabi, la ricerca, ripresa dal settimanale economico Arabian Business, rileva che circa il 40% degli studenti è favorevole a un aumento della censura della rete. A questi si aggiunge un 8% secondo cui l'accesso ai contenuti web dovrebbe essere "completamente limitato o proibito".
Nonostante il supporto dato alla censura, gli studenti adottano un comportamento occidentale quando si tratta di scaricare musica, giochi e film illegalmente. Quattro intervistati su cinque hanno infatti ammesso di non aver mai acquistato un contenuto online malgrado ne abbiano scaricato almeno uno.

(ANSA, 6 agosto 2010)

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Il mondo arabo deluso dal presidente

di Christian Rocca

A giugno un sondaggio Gallup aveva svelato un crollo dell'immagine di Barack Obama e degli Stati Uniti nel mondo islamico. Il gradimento del presidente era sceso di parecchi punti percentuali. Una brutta notizia per la politica estera della Casa Bianca, ma niente rispetto al risultato di una nuova ricerca presentata ieri dal centro studi Brookings Institution. Nel mondo arabo, si legge, «c'è un cambiamento sostanziale nella percezione di Barack Obama sia come persona sia come presidente degli Stati Uniti». L'anno scorso, il 51% esprimeva ottimismo e speranza nei suoi confronti. Ora soltanto il 16 per cento. Solo il 5% giudica Obama favorevolmente ed è al contempo ottimista sulla sua politica estera. Il presidente americano non è entrato nella lista degli statisti più ammirati, al contrario di Erdogan, Chavez, Ahmadinejad, Nasrallah, bin Laden e Saddam (ci sono anche Sarkozy e Chirac).
Il conflitto arabo israeliano è, da sempre, l'argomento che interessa di più l'opinione pubblica. Sensibilmente mutato, invece, l'atteggiamento nei confronti dell'Iran. Il mondo arabo, secondo la Brookings, considera una cosa buona l'eventualità di un Iran dotato di armi nucleari. L'anno scorso soltanto il 29% degli interpellati sosteneva che l'acquisizione iraniana di armi nucleari fosse un elemento positivo per il Medio Oriente. Ora è il 57% a pensare che gli ayatollah atomici possano migliorare la situazione nella regione.

(Il Sole 24 Ore, 6 agosto 2010)

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Gli islamici non confondano religione e politica

MILANO, 6 ago. - La comunita' islamica milanese eviti "una volta per tutte di confondere la politica con le questioni religiose''. E' l'invito del presidente del Consiglio regionale lombardo, Davide Boni (Lega Nord). ''Resto convinto - afferma - che Milano abbia ben altre questioni piu' urgenti da risolvere che non quella di prevedere in tempi brevi una nuova moschea sul territorio milanese".
"Certamente - continua Boni - non e' ipotizzando la discesa in campo di 100mila militanti musulmani alle prossime elezioni comunali, cosi' come ventilato dalla stessa comunita' islamica, che puo' in alcun modo cambiare i fatti o preoccupare in qualsiasi modo le istituzioni lombarde e milanesi".
"Dinanzi a queste provocazioni - conclude Boni - che lasciano il tempo che trovano, chiederei piuttosto alla comunita' islamica di chiarire se i propri fedeli, con la scusa di chiedere un luogo di culto, non siano invece piu' interessati a fare politica, presentandosi in una fantomatica lista islamica. E' bene infatti ribadire come in questo Paese, a differenza di altri Stati del mondo arabo, non esiste alcuna sharia o legge islamica che tenga: quindi risparmino pure tempo e denaro".

(Adnkronos, 6 agosto 2010)

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A una mostra di Tel Aviv Lieberman dipinto come "porco"

E in patria scoppia la polemica

TEL AVIV, 6 ago. - Una statuetta di un maiale che rappresenta il capo della diplomazia israeliano, Avigdor Lieberman, accoglie il visitatore ad una esposizione sul ministro ultra-nazionalista che, ancor prima della sua apertura ieri a Tel Aviv, ha fatto scoppiare la polemica in Israele. L'associazione Forum legale per la terra di Israele, organizzazione in difesa delle colonie in Cisgiordania, ha chiesto via lettera al ministero dell'Educazione e agli organizzatori di chiudere l'esposizione perchè viola le leggi contro la "diffamazione e l'incitazione all'odio". La mostra presenta anche delle foto, ritoccate, che trasformano il ministro in diavolo con due occhi iniettati di sangue o ancora in un porco. "Volevo semplicemente trasmettere un messaggio chiaro. Se lo mettete nel contesto dell'esposizione non c'è dubbio che Lieberman è un maiale", spiega l'artista israeliana Zoya Cherkassky, 33 anni. Per la curatrice dell'esposizione, Doreet Levitte Harten, le proteste del Forum legale sono "ridicole" anche se ammette che la mostra non ha un obiettivo strettamente artistico. "Si tratta di un mix di arte e di politica. E' Lieberman che si attira gli strali con la sua ideologia. Non temo di dire che sono le sue idee fascistizzanti che fanno paura", dice. Un altro artista, Uri Katzenstein, ha presentato un gadget costituito da tre cacciaviti elettrici, che azionano degli steli di ferro che girano freneticamente. "E' un meccanismo che sfugge ad ogni controllo come Liebermann", spiega. "Dipingono Lieberman come un neo-nazista, cosa che è ridicola in uno Stato ebraico", afferma il Forum legale. Quest'ultimo si indigna inoltre del fatto che i biglietti di invito al vernissage, che recano il nome russo del ministro "Evet" - titolo dell'esposizione - siano stati scritti in lettere gotiche (tedesche), alludendo al Terzo Reich. Avigdor Lieberman, leader populista originario dell'ex Urss, si è ritagliato una reputazione di "uomo forte". Denunciato come "fascista" e "razzista" dai suoi detrattori, è soprannominato "Zar", "Rasputin" o "Kgb" dai giornali. Tutto questo non ha affatto nuociuto alla sua popolarità, di un uomo che si presenta come vittima della vendetta delle elite, particolarmente per il milione di nuovi immigranti arrivati in Israele dall'ex Urss negli ultimi 20 anni. Il suo partito, Israel Beiteinu, ha ottenuto 15 seggi su 120 alle elezioni del 2009, divenendo il terzo partito di Israele. (con fonte Afp)

(Apcom, 6 agosto 2010)

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Libano. Ancora tensione con Israele

Dopo gli scontri di martedì continua l'allerta

Nuova allerta per i soldati libanesi dispiegati nel sud del Libano dopo gli scontri di martedì con i militari israeliani lungo la Linea Blu di demarcazione del confine tra Israele e il Paese dei Cedri. Nella notte, si legge sul sito web del quotidiano libanese 'An Nahar', per i soldati dell'Esercito libanese è scattato lo stato d'allerta nei pressi del villaggio di Kfar Kila, a ridosso della frontiera con lo Stato ebraico, dopo che molti militari israeliani hanno preso posizione dalla parte opposta del confine.
La situazione, si legge, è poi tornata alla normalità dopo l'intervento di Unifil, la forza Onu dispiegata nel sud del Paese dei Cedri. Gli scontri di martedì erano costati la vita a due soldati e un giornalista libanesi e a un alto ufficiale israeliano.

(Vita.it, 6 agosto 2010)

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Romania - La Banca centrale crea una commissione sul conio di una moneta 'antisemita'

Vi è effigiato l’ex patriarca e premier Miron Cristea

BUCAREST, 6 ago. - Il governatore della Banca centrale di Romania Mugur Isarescu ha annunciato la costituzione di una commissione per valutare sul conio di una moneta sulla quale è raffigurata l'effigie di Miron Cristea, patriarca ortodosso dal 1925 al 1939 e primo ministro tra il 1938 e il 1939, che tolse il diritto di cittadinanza agli ebrei romeni.
La commissione dovrebbe valutare la vicenda e potrebbe anche chiedere di rinunciare alla moneta, che è stata coniata a luglio. Isarescu ha respinto ogni accusa di antisemitismo a nome della banca.
La scorsa settimana Radu Ioanid, che guida gli archivi del Musero dell'Olocausto, ha chiesto il ritiro immediato della moneta.

(Apcom, 6 agosto 2010)

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Israele restituisce le navi turche della flottiglia di assistenza a Gaza

Il 5 agosto Israele ha restituito alla Turchia tre navi che battono bandiera turca sequestrate dopo l'attacco del 31 maggio alla flottiglia di assistenza a Gaza.
Lo stesso giorno il ministero della Difesa israeliano ha pubblicato una dichiarazione, secondo la quale ha preso la decisione in base ad una richiesta della Turchia.
Nello stesso tempo il ministero ha inviato una nota diplomatica alla Turchia, che chiede al governo turco "di impedire ad altre navi di partecipare ad iniziative volte ad infrangere il blocco di Gaza".

(Radio Cina Internazionale, 6 agosto 2010)

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Museo Shoah, iniziati i lavori in via Piangipane a Ferrara

Nel Museo Nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah, che sorgerà nell'area delle ex Carceri di Ferrara grazie all'impegno e al volere della Fondazione Meis - alla quale partecipano il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, il Comune e la Provincia di Ferrara, l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e la Fondazione di Documentazione Ebraica Contemporanea (CDEC) - sono iniziati i lavori di restauro della Palazzina Direzionale con ingresso su via Piangipane.
L'edificio è destinato a diventare il primo nucleo operativo del futuro Museo, dove troveranno sede gli uffici e saranno ricavati i primi spazi espositivi per le attività temporanee, in attesa che il prossimo 30 settembre 2010 si chiuda il Bando di concorso internazionale di progettazione del Meis.
I lavori sono finanziati dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali con Legge n. 91 del 17 aprile 2003.
In occasione dei primi lavori di restauro, l'area di cantiere nei giorni scorsi è stata delimitata da una recinzione perimetrale esterna realizzata con pannelli esplicativi del progetto e dei termini del Bando, al fine di rendere partecipe la comunità locale sull'identità del luogo e le sue finalità. Il Meis, infatti, si pone come obiettivo quello di far conoscere la storia, il pensiero e la cultura dell'ebraismo italiano e di rendere testimonianza della Shoah nel nostro Paese, diventando così il punto di riferimento per la storia dell'Ebraismo in Italia e un polo multiculturale attivo nell'incontro e confronto fra culture e religioni diverse.

(Estense.com, 6 agosto 2010)

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Usa: «L’Iran è il più grande sponsor del terrorismo»

L'Iran è il più grande sponsor del terrorismo. Lo afferma il Dipartimento di Stato americano che considera Iran, Cuba, Sudan e Siria paesi sponsor del terrorismo. Nel rapporto annuale sul terrorismo si continua a sottolineare la minaccia posta da al Qaeda e dai suoi gruppi affiliati, malgrado i successi ottenuti lo scorso anno in Pakistan nello sforzo per contrastarli, anche perché si è radicalizzata in altre regioni del mondo, nella penisola araba, con al Shabaab, e nel Maghgreb. Nel rapporto si dice che Teheran appoggia anche Hamas e Hezbollah. La sponsorizzazione del terrorismo da parte dell'Iran «ha un impatto diretto sugli sforzi internazionali volti a promuovere la pace, minaccia la stabilità economica nel Golfo, mettendo in pericolo la pace nel Libano meridionale e minando la crescita della democrazia». La Corea del Nord rimane invece fuori dalla lista nera dei paesi che sostengono il terrorismo.
Cuba ha respinto «categoricamente» il suo nuovo inserimento nella lista nera dei Paesi che secondo gli Stati Uniti sostengono il terrorismo. Lo ha detto Josefina Vidal, direttore per l'America del Nord del Ministero degli esteri cubano. «Chiediamo l'immediata esclusione del nostro paese» da questa lista, ha aggiunto Vidal in un comunicato diffuso dal Ministero degli esteri. Gli Stati Uniti «mettono in dubbio la serietà dell'impegno intrapreso da Cuba nella lotta contro il terrorismo internazionale e confermano uno degli aspetti più irrazionali della loro politica di ostilità contro Cuba».

(Il Secolo XIX, 5 agosto 2010)

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Un fumetto online per spiegare la "frottola" dell'Olocausto

Lanciato da una ong iraniana vicina al regime, il sito di propaganda antisionista riscrive la storia dello sterminio degli ebrei. Il museo Yad Vashem: "Tentativo di distorcere la verità"

L'Olocausto raccontato a fumetti con gli occhi dell'Iran: una sporca bugia, solo sagome e niente vittime, "un'ipocrita giustificazione dell'appropriazione indebita della Palestina". Sbarcano su internet su una serie di vignette irriverenti su come i sionisti hanno manipolato la storia. Prima domanda: come fece Hitler a sterminare 6 milioni di ebrei se in Europa c'erano in circolazione solo 5,4 milioni? Risposta sarcastica, se non fosse per il dramma: il Fuhrer invitò i restanti 600 mila e tutti subito accettarono. Prosegue così, mistificando le camere a gas, irridendo i forni crematori e ironizzando sugli stereotipi sul popolo ebraico. 40-50 pagine dedicate "al pretesto che ha causato migliaia di vittime innocenti", con sottofondo colonna sonora la Pantera rosa di Henry Mancini.
Un sito intero (holocartoons.com) per negare l'Olocausto, caricature di ebrei intenti a coltivare i propri vizi e testi carichi d'odio. L'agenzia Fars annuncia il debutto sul web di un fumetto uscito nel 2008, opera di una fondazione culturale iraniana non governativa, l'istituto culturale Khakriz, che però segue la dottrina del presidente Ahamadinejad, impegnato ad affermare fin dal 2005 che la "storiella" sullo sterminio degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale non è niente più che una "frottola".ù
Teheran ha assunto un "approccio cinico e volgare per distorcere la realtà e la verità". Secondo il museo dell'Olocausto a Gerusalemme, Yad Vashem, "questo è l'ultimo tentativo iraniano per influenzare coloro che ignorano la storia e la gravità dello sterminio perpetrato da Hitler durante la guerra".

(Libero-news.it, 5 agosto 2010)

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Libano - Israele abbatte l'albero conteso. L'Onu: «Aveva ragione»

Una riunione tripartita d'emergenza si è tenuta ieri sera tra rappresentanti dell'esercito libanese, israeliano e dell'Unifil (la forza dell'Onu dispiegata nel Sud del Libano) a Ras Al Naqura, al confine tra Libano e Israele dopo gli scontri di ieri tra militari dei due Paesi lungo la Linea Blu di demarcazione della frontiera.
Per l'Unifil, lo sradicamento degli alberi che hanno innescato la sparatoria erano «in territorio israeliano», come ha spiegato il portavoce militare della Forza delle Nazioni Unite in Libano (Unifil), tenente Naresh Bhatt: «Unifil ha stabilito che gli alberi tagliati dall'esercito israeliano si trovavano a Sud della Linea Blu (tracciata nel 2000 dall'Onu dopo il ritiro israeliano, ndr), dalla parte israeliana del confine internazionale», ha indicato il comunicato.
Anche il governo libanese ha confermato che non c'è stata violazione israeliana. In una conferenza stampa il ministro dell'Informazione Tareq Mitri ha detto che lo sradicamento di un albero «è avvenuto a Sud della Linea Blu». Il portavoce dell'esercito libanese ha confermato che i suoi militari hanno sparato per primi.
«Il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, ha auspicato che non ci sia «un'escalation» dopo gli scontri di due giorni fa alla frontiera tra soldati israeliani e libanesi, che hanno provocato cinque morti: «È stata una provocazione molto grave e abbiamo reagito in modo misurato, equo e immediato. Occorre evitare che un incidente locale possa degenerare in una vera crisi». L'incidente di ieri, ha proseguito Barak, «non è stato programmato né dallo stato maggiore dell'esercito libanese a Beirut né da Hezbollah». Il ministro ha però avvertito che Israele reagirà «a qualsiasi provocazione». Il titolare della Difesa si è inoltre lamentato che Stati Uniti e Francia abbiano «fornito armi sofisticate al Libano, che sono state utilizzate in occasione degli scontri di ieri e che potrebbero finire nelle mani di Hezbollah».
La comunità internazionale ha chiesto alle parti moderazione.

(il Giornale, 5 agosto 2010)

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Israeliani e libanesi sotterrano i militari uccisi negli scontri

(Guysen TV, 5 agosto 2010)

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Crollo del turismo israeliano in Turchia: -90%

Dopo il blitz contro la flottiglia umanitaria

ANKARA, 5 ago. - Il turismo israeliano ha voltato le spalle alla Turchia. Secondo gli ultimi dati registrati dal ministero del turismo di Ankara, i visitatori israeliani sono diminuiti del 90% nel mese di giugno rispetto allo stesso mese dell'anno precedente: in termini assoluti, sono stati appena 2.600 gli israeliani in visita in Turchia nel 2010, furono 27.000 nel giugno 2009.
Dopo il blitz armato israeliano del 31 maggio contro la flottiglia umanitaria turca diretta a Gaza, il governo di Tel Aviv ha invitato i suoi cittadini ad evitare di recarsi in Turchia. "L'avvertimento" è stato revocato solo a luglio, in considerazione della fine delle proteste popolari contro Israele.

(Apcom, 5 agosto 2010)

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Nuovo cinema a Jenin, finanziato da leader dei Pink Floyd

Progetto lanciato 5 anni fa dal regista tedesco Markus Vetter

JENIN (Cisgiordania), 5 ago. - La città di Jenin ha oggi un cinema. La sala cinematografica è stata aperta grazie all'impegno del regista tedesco Markus Vetter, che cinque anni fa girò un documentario, 'Heart of Jenin', sulla morte di Ahmed, 12 anni, ucciso dai soldati israeliani che avevano scambiato la sua pistola giocattolo per una vera arma. Il padre di Ahmed, Ismail Khatib, decise allora di donare gli organi del figlio, salvando così la vita a bambini israeliani e arabi.
Durante le riprese del documentario, il regista individuò una vecchio cinema abbandonato, chiuso agli fine degli anni '80, e decise di adoperarsi per la sua riapertura. Il progetto ha avuto il sostegno della Germania, del governo della Cisgiordania e del leader dei Pink Floyd, Roger Waters.

(Apcom, 5 agosto 2010)

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L'Iran lancia un sito web a fumetti per negare l'Olocausto

Finanziato da una fondazione culturale non governativa

ROMA, 5 ago. - Una ong iraniana ha lanciato un sito a fumetti il cui obbiettivo è quello di "dimostrare che l'uccisione di sei milioni di ebrei nella Seconda Guerra Mondiale, conosciuta come Olocausto, è un bugia": è quanto riporta il quotidiano israeliano Ha'aretz. L'agenzia iraniana Fars sottolinea che il sito - finanziato da una fondazione culturale non governativa - è "dedicato a tutti coloro che sono morti con il pretesto dell'Olocausto", un'allusione alle vittime palestinesi.

(Apcom, 5 agosto 2010)

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Quel rav che rese la Coca-Cola una bibita kosher

di Adam Smulevich

Siete spaparanzati sotto il sole, a due passi dal mare e avete un bel libro tra le mani? Nel caso stiate leggendo questo articolo probabilmente no. Comunque fra poco avrete sete, poggerete il libro da una parte e focalizzerete la vostra attenzione sul borsone in cui tenete al fresco cibi e bevande. Molti di voi estrarranno dal frigo ambulante una bottiglia che contiene un liquido scuro con tante bollicine e dopo averlo bevuto tutto di un fiato rivolgerete un pensiero di gratitudine al suo inventore. Che poi sarebbe John Stith Pemberton, farmacista e medico statunitense che sul finire del diciannovesimo secolo ebbe la felice intuizione di lanciare sul mercato la Coca-Cola, inizialmente pensata come farmaco contro il mal di testa e solo in un secondo momento concepita come bevanda dissetante. Ma se oltre a consumatori accaniti di Coca-Cola siete anche rigidi osservanti delle regole della kasherut, c'è almeno un'altra persona che dovete (idealmente) ringraziare. Si tratta di Rabbi Tuvia Geffen, maestro di origine lituana che dal 1910 al 1970 fu guida spirituale della Comunità ebraica di Atlanta e figura di spicco del rabbinato ortodosso nordamericano. Nei primi anni Trenta sua figlia Helen, studentessa di chimica in odore di laurea, analizza il contenuto della Coca-Cola e scopre che la bevanda contiene una glicerina derivata da grassi animali. Helen ne parla immediatamente con il padre: Rabbi Geffen è molto turbato dalla scoperta anche perché alcuni rabbini locali - ignorando la presenza della glicerina o applicando in modo errato la regola che prevede di non considerare un ingrediente se è meno di un sessantesimo degli ingredienti totali ed è stato aggiunto accidentalmente - hanno rilasciato da tempo una certificazione di kasherut. Così contatta Harold Hirsch, membro di spicco della comunità ebraica di Atlanta e capo degli affari legali della Coca-Cola, spiegandogli che deve andare a fondo della questione e rendere la verità di dominio pubblico: la bevanda non è kosher. Hirsch si attiva e incontra Asa Candler, proprietario della Coca-Cola. Quando a Candler viene riferito che gli ebrei non possono acquistare i suoi prodotti perché proibiti dalla kasherut, lui sbotta ed esclama: "Che cosa! Ci sono persone che non possono bere Coca-Cola? Fate qualcosa per risolvere questo problema!". Viene fissato un incontro tra Rabbi Geffen e uomini di fiducia di Candler, nel corso del quale il rav diventa depositario di un segreto di cui sono a conoscenza solo pochi eletti: la formula che rende la bibita una miscela unica. I vertici della Coca-Cola gli comunicano inoltre la buona notizia, da quel momento la glicerina e un altro derivato a base di mais saranno sostituiti da ingredienti alternativi. Il nostro esce vincitore ottenendo un doppio successo: in un colpo solo la bibita con le bollicine diventa kosher e kosher lePesach.

(Notiziario Ucei, 5 agosto 2010)

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Un numero verde contro il terrorismo suicida

di Manuel Disegni

Per il governo tedesco, dare il proprio appoggio ai musulmani che si oppongono ai loro correligionari estremisti e fondamentalisti rappresenta un'assoluta priorità. Per questa ragione, in Germania, è stato attivato Hatif, in arabo telefono, un servizio hotline per la prevenzione del terrorismo suicida. La commissione del governo federale che ha curato il progetto dichiara che il "principale obiettivo è quello di combattere la violenza praticata in nome dell'Islam".
La gestione dell'iniziativa è affidata ai servizi segreti di Berlino, i quali hanno insistito con la componente politica della commissione per mantenere riservati i dati sugli investimenti monetari e umani. Congiuntamente l'intelligence teutonica sta lavorando anche ad un programma di protezione per chi denuncerà e testimonierà la trame delle organizzazioni terroristiche, e anche per i pentiti. "Vogliamo aiutare chi, coinvolto negli ambienti dell'Islam radicale e violento, vuole tentare di uscirne", dichiarano i servizi.
La loro stima è che in Germania vivano e siano attivi trentaseimila estremisti, di cui alcuni potenzialmente violenti, su una popolazione islamica di oltre quattro milioni. Isolare le frange più movimentiste all'interno della comunità musulmana è la scelta strategica del nuovo governo federale. Il servizio Hatif,per rivolgersi ad un pubblico moderato il più allargato possibile, funzionerà in tedesco, arabo e turco.
L'auspicio è che l'esempio lanciato da Berlino sia seguito in tutto il mondo, islamico e occidentale. "Puntare sulla prevenzione è - spiegano i tedeschi - la strategia vincente". Attualmente programmi simili non esistono in Europa: cercare di facilitare le cose a chi vuole voltare la faccia al terrorismo per abbracciare un Islam più pacifico è la lezione che viene dalla Germania.

(Notiziario Ucei, 4 agosto 2010)

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Libano, per Unifil gli israeliani erano sul loro lato del confine

BEIRUT, 4 ago - Per l'Unifil si trovava in territorio israeliano l'albero che i militari di Tel Aviv volevano sradicare ieri. L'azione ha poi innescato violenti scontri con l'esercito libanese. La forza Onu nel sud del Libano ha affermato che a seguito delle prime indagini condotte sul luogo degli scontri, 'l'albero che stava per essere sradicato dall'esercito israeliano era situato a sud della Linea Blu'' di demarcazione tra i due Paesi, quindi in territorio israeliano.

(ANSA, 4 agosto 2010)

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Gli ebrei ortodossi: 'Matrimoni misti minacciano il popolo eletto'

TEL AVIV - L'anatema è arrivato a mezzo stampa, sulle colonne di Yated Neeman, uno dei giornali degli ebrei più ortodossi d'Israele (haredim): bersaglio, il matrimonio dell'ebreo americano Mark Mezvinski con Chelsea Clinton, figlia di Bill e Hillary.
Un evento seguito con simpatia negli Usa, ma che secondo gli haredim dà ossigeno a un fenomeno - quello dei matrimoni fra ebrei e cristiane - che nell'interpretazione dei custodi più severi della Torah minaccia addirittura di provocare un "nuovo Olocausto": un genocidio "spirituale" del popolo eletto.
"Non ci occuperemmo di questa vicenda familiare - si legge nell'editoriale di fuoco pubblicato sull'argomento da Yated Neeman - se non fosse per un 'piccolo' dettaglio: lo sposo è ebreo". Un dettaglio irrilevante per Bill Clinton, "secondo il quale non c'è differenza fra ebrei e cristiani", polemizza l'autore dell'articolo, ma che invece dovrebbe preoccupare - e non poco - gli israeliti osservanti.
Una madre non ebrea, deplorano gli ortodossi, non può partorire figli ebrei e le coppie miste rappresentano dunque un passo verso "l'annichilimento del popolo ebraico, della sua identità e della sua eredita"'. Un giudizio senz'appello che nell'ottica del giornale degli haredim israeliani chiama in causa anche le 'colpe' degli ebrei riformati: in maggioranza negli Usa e che in molti casi "si sentono parte della Nazione americana" oltre che di quella ebraica.
Accuse che suscitano oggi sulle pagine di Yediot Ahronot la reazione di Yoram Kaniuk, scrittore fra i più illustri della letteratura israeliana e marito felice, da mezzo secolo, di una donna cristiana d'origine statunitense. Secondo Kaniuk, Mark e Chelsea sono semmai da "invidiare", perchè gli Usa non sovrappongono in modo rigido l'appartenenza etnica ebraica con la religione, e sono pronti a riconoscere come ebrei i figli che potranno venire dalla loro unione. Cosa che in Israele ai figli di Kaniuk - eroe della guerra d'indipendenza del '48 - continua di fatto a non essere concessa.

(TicinOnline.ch, 4 agosto 2010)

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Frattini, è aumentato l'armamento di Hezbollah

ROMA, 4 ago. - L'armamento di Hezbollah in Libano "e' crescituto in qualita' e quantita' cosi' come la presenza sul territorio" dei miliziani del 'Partito di Dio'. Lo ha affermato il ministro degli Esteri, Franco Frattini, nel corso dell'informativa alla Camera sugli scontri di ieri tra militari israeliani e palestinesi al confine tra i due Paesi. "Si e' fatto piu' forte il senso di accerchiamento dello Stato di Israele", ha aggiunto Frattini che ha rivolto un appello agli 'attori' della regione, Egitto, Arabia Saudita e Turchia, per "migliorare la situazione nell'area".

(AGI, 4 agosto 2010)

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Venti di guerra tra Israele e Libano. Scontri a fuoco sul confine: 5 morti

di Fiamma Nirenstein

Convocato il Consiglio di sicurezza. Il premier Netanyahu: «Il governo di Beirut è responsabile». Hezbollah minaccia: «La prossima volta spareremo anche noi»

L'incidente più grave che il confine israelo-libanese abbia conosciuto dalla guerra del 2006, e che ha causato un morto israeliano più un ferito grave e quattro morti libanesi, ha qualcosa di surreale: un attacco a fuoco da parte dell'esercito libanese, non di Hezbollah, di cui è difficile vedere le ragioni se non in una crisi d'odio tipica del conflitto arabo-israeliano, o in un piano molto sofisticato che promette guerra. Le guerre qui nascono fra i cespugli delle montagne e la polvere di strade sterrate con spari e rapimenti inaspettati. Così fu il 12 luglio del 2006 vicino a Zarit; stavolta, e speriamo non sia guerra, a metà della caldissima giornata di ieri l'esercito libanese ha reagito con l'artiglieria alla presenza di una pattuglia israeliana in una delle enclave vicino al kibbutz Misgav haAm, fra la linea blu, il confine stabilito dall'Onu, e la barriera di sicurezza israeliana: nelle enclave Israele ha il permesso di entrare, ma data l'incertezza dell'appartenenza, entrarvi è sempre un rischio, come si è visto in un simile incidente nel 2007. Stavolta si trattava di ripulire da cespugli e alberi per garantire la visibilità, e pare che l'esercito israeliano sia entrato anche con macchine fotografiche molto sgradite ai libanesi.
L'esercito libanese, secondo la versione israeliana ha dunque mitragliato la pattuglia israeliana. Forse è stato allora che i colpi libanesi hanno ucciso il comandante delle riserve israeliano Dov Harari, che pure era completamente in territorio israeliano, e sono stati feriti altri due soldati, di cui uno gravemente. La dinamica non è chiara. Si sa dal portavoce dell'esercito che allora gli israeliani hanno attaccato la postazione dell'esercito libanese che sparava ai suoi, uccidendo tre soldati libanesi e un giornalista che era con loro.
Il Libano sostiene che Israele ha torto perché era entrato nel suo territorio. Sia il Libano che Israele si sono rivolti al Consiglio di Sicurezza dell'Onu per ottenere la condanna; Bashar Assad ha telefonato al presidente libanese Suleiman per dichiarargli di essere al fianco del Libano, una metafora davvero interessante da parte di chi l'ha occupato per trent'anni e oggi tiene un piede oltre la porta tramite Hezbollah; i leader arabi non hanno perduto l'occasione per condannare «l'aggressività di Israele».
L'Unifil, la forza di interposizione istituita dopo la guerra del 2006 dall'Onu, ancora non si pronuncia sulle responsabilità, ma certo avverte, come ultimamente quando è stata assalita dagli amici di Hezbollah in vari villaggi del Sud, la sua intrinseca debolezza dovuta alle regole di ingaggio. Israele sostiene che proprio all'Unifil ha notificato, senza obiezioni, le sue operazioni di sistemazione nell'enclave vicino a Taibe. Il comandante della Forza dell'Onu, Sante Bonfanti, si è fatto un giro d'elicottero per verificare che le cose tornassero tranquille, e dice che adesso sembra tornata la normalità. Ma il Libano in questo momento soffre di una pesante crisi di instabilità, e l'Unifil risulta più disarmata che mai. Tutto può succedere. L'esercito libanese, che dovrebbe essere il garante della calma nella zona sud occupata da Hezbollah con i suoi 50mila missili, conta parecchie divisioni completamente sciite, amiche di Hezbollah: per questo all'esercito non piace sorvegliare il confine per frenare gli uomini di Nasrallah. E oggi Hezbollah, organizzazione sciita legata all'Iran e alla Siria, ha tutto l'interesse a che si crei un poderoso diversivo in Libano, perché il Tribunale internazionale ha annunciato la sua incriminazione per l'assassinio del presidente Rafik Hariri.
Il Libano è nella morsa armata di Hezbollah, che ha anche impedito il positivo sviluppo della Rivoluzione dei Cedri seguita all'assassinio di Hariri. Stavolta è rimasto in seconda fila, anche se in serata Nasrallah ha detto: «Al prossimo attacco risponderemo con le armi». Il generale Gadi Eisenkot ha definito l'evento «un agguato pianificato», e il premier Netanyahu ha detto di ritenere il governo libanese responsabile della provocazione. È legittimo chiedersi se lo scontro di ieri sia correlato ai missili sparati nel week-end su Sderot e Ashkelon e a quelli che lunedì hanno colpito Eilat e Aqaba: il terrorismo sunnita e sciita agisce insieme più di quanto non sia mai stato; l'Iran intende tenere Israele occupata mentre procede nel programma nucleare; Hamas vuole impedire il processo di pace fra israeliani e palestinesi. Tutti questi scoppi parlano di parecchie armi e di molta aggressività nell'aria. Non c'è che da sperare che il governo libanese sia forte più di quanto non usi.

(il Giornale, 4 agosto 2010)

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Egitto: i razzi su Aqaba sono stati lanciati da palestinesi di Gaza

IL CAIRO - L'Egitto chiama in causa militanti di gruppi palestinesi provenienti da Gaza per i razzi che lunedi' hanno colpito la citta' portuale giordana di Aqaba e quella adiacente israeliana di Eilat. Lo ha indicato un fonte della sicurezza egiziana, facendo capire per la prima volta che i razzi sarebbero partiti dal Sinai.
"L'Egitto non accettera' l'uso del suo territorio da parte di chiunque per danneggiare i suoi interessi nazionali", ha detto la fonte citata dall'agenzia Mena, secondo la quale si sono intensificati gli sforzi da parte egiziana per determinare le circostanze del lancio dei razzi, che hanno provocato un morto e cinque feriti nella citta' di Aqaba.

(RaiNews24, 4 agosto 2010)

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Frattini: non ipotizzabili colloqui con Hamas: "Proclama la distruzione di Israele"

"E' chiaro che se noi riconoscessimo un ruolo separato ad Hamas, riconosceremmo che ci sono due stati palestinesi. Invece di stato palestinese ce n'e' solo uno, quello di Al Fatah. E dunque Abu Mazen è il nostro unico interlocutore", ha commentato Frattini.

ROMA, 4-08-2010 - Secondo il ministro degli Esteri Franco Frattini, il coinvolgimento di Hamas nei negoziati di pace tra israeliani e palestinesi "oggi non è ipotizzabile" per "due ragioni principali": "primo, perche' lo statuto di Hamas proclama la distruzione di Israele come obiettivo, ed evidentemente non si puo' negoziare a queste condizioni; secondo, perche' gli egiziani si stanno impegnando da molto tempo, e noi vogliamo sostenere il loro sforzo, per una riconciliazione interna palestinese".
"E' chiaro che se noi riconoscessimo un ruolo separato ad Hamas, riconosceremmo che ci sono due stati palestinesi. Invece di stato palestinese ce n'e' solo uno, quello di Al Fatah. E dunque Abu Mazen è il nostro unico interlocutore", ha commentato Frattini.

(RaiNews24, 4 agosto 2010)

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Australia, le chiese cristiane boicottano le merci di Israele

Il maggior raggruppamento ecumenico in Australia, il Consiglio nazionale delle chiese che include la chiesa cattolica oltre a chiese protestanti e ortodosse, ha approvato una risoluzione che esorta i fedeli a boicottare le merci israeliane prodotte nei territori palestinesi occupati. La mozione, proposta dalla Uniting Church (metodisti e presbiteriani) su richiesta delle chiese mediorientali, chiede di promuovere il boicottaggio ed esorta i cristiani ad includere la giustizia per i palestinesi nelle conversazioni.
Immediata la reazione della comunità ebraica in Australia. Il presidente del Consiglio esecutivo dell'ebraismo, Robert Goot, ha scritto al Consiglio nazionale delle chiese per chiedere un incontro e definisce "una sorpresa molto spiacevole" l'iniziativa. "Ci sentiamo traditi da persone che a lungo abbiamo considerato amiche", scrive Goot, aggiungendo che la risoluzione "risveglia dolorosi ricordi di tempi passati in Europa, quando le chiese si facevano trascinare dall'onda di pregiudizi contro la gente ebraica". A differenza della campagna internazionale di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni verso Israele, cui aderiscono anche dei sindacati australiani, la risoluzione delle chiese rimane in gran parte simbolica. Gli unici prodotti citati finora sono dei cosmetici ricavati dal fango del Mar Morto.

(Blitz quotidiano, 3 agosto 2010)

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Scontri fra israeliani e libanesi

Scontri armati tra soldati libanesi e israeliani sono in corso lungo il confine provvisorio tra i due Paesi, nei pressi della località di Adaisse. Un primo bilancio parla di un soldato e un civile libanese feriti nel corso di uno scambio di lanci di razzi e raffiche di armi automatiche. Almeno due razzi katiuscia sarebbero inoltre stati lanciati dal sud del Libano verso il nord di Israele, secondo quanto riferisce la tv al Arabiya.
L'emittente afferma inoltre che lo Stato ebraico avrebbe risposto sparando colpi di artiglieria contro una postazione dell'esercito libanese nei pressi di Adayyse, lungo la Linea Blu di demarcazione tra i due Paesi. Il soldato Hassan Nazzal e il civile Ibrahim Abbud, entrambi libanesi, sono rimasti feriti negli scontri.
Fonti libanesi hanno riferito che tutto è cominciato quando i militari israeliani hanno cercato di abbattere un albero fuori dal loro territorio. Secondo la radio pubblica israeliana, invece, alcuni soldati israeliani stavano effettuando dei lavori sul versante israeliano del confine quando alcune persone in uniforme dell'esercito libanese hanno intimato loro di cessare i lavori. Gli israeliani hanno risposto che si trovavano sul loro lato del confine e hanno continuato i lavori quando è stato aperto il fuoco contro di loro e hanno risposto.
I militari italiani della missione Unifil (ossia la Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite) non risultano coinvolti negli scontri a fuoco tra libanesi e israeliani in corso a ridosso della Linea Blu, di demarcazione fra Libano e Israele. Lo sottolineano fonti della Difesa, le quali spiegano che la località interessata non è nel settore della missione Onu a comando italiano. Le forze italiane schierate in Libano, compresa la componente navale che pattuglia le coste, sono attualmente circa 1.900.

(TGCOM.it, 3 agosto 2010)

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L'Italia parte male, ko con Israele

Bargnani un gigante senza squadra. L'amarezza del neo ct Pianigiani: commessi troppi errori in difesa

di Francesco Carotti

Andrea Bargnani, 25 anni, ha messo a referto 20 punti
BARI - È vero quando coach Pianigiani diceva: «Non si può giudicare tutto da un risultato, conta il lavoro sul lungo termine», perché la rivoluzione operata dal cittì senese è tangibile e porterà dei risultati, però la prestazione offerta ieri sera a Bari dai suoi azzurri è stata brutta e al di sotto delle attese. Era l'esordio delle qualificazioni a Euro 2011, c'era pressione e tutti gli occhi addosso, ma la Nazionale è apparsa confusa. E lontana dall'essere una squadra pronta per ambire a qualcosa di importante.
Eppure era partita fortissima, producendo con i due Nba, Belinelli e Bargnani, un 11-3 fatto di corsa e recuperi che sembrava promettere bene. Ma la difesa non era attenta, si è fatta battere in tutti gli uno contro uno («Troppi errori in difesa, ci hanno fatto perdere la fiducia in fretta», dirà il cittì), permettendo ad Israele di prendere il controllo della gara. Nel secondo periodo subivamo un 2-20 tramortente soffrendo la capacità di Israele di muovere il pallone e pagando la riluttanza ad attaccare la difesa schierata. Al riposo lungo è 33-45.
La musica non cambia nella ripresa: Israele ha pazienza in attacco, noi lottiamo per provare a rientrare, affidandoci però troppo alle individualità. Il break allora ce lo dà un lampo di difesa, portandoci sul 55-60, ma dura poco: la forza di Israele è giocare di squadra, senza momenti di buio, cosa che ancora non appartiene alla nostra nazionale, che sconta la giovane età di un gruppo nuovo. Nell'ultimo parziale due bombe di Vitali ci illudono (64-72), ma è un fuoco di paglia. Abbiamo pagato percentuali risibili dall'arco (5/29) e scelte di tiro discutibili (Belinelli), che con un'avversaria in palla non sono state perdonate. Era già un primo vero dentro-fuori, perché Israele è la candidata più attrezzata a vincere il girone, e gli azzurri hanno mancato l'appuntamento. Prima era dura, ora si fa durissima. Si gioca per il secondo posto.

(La Stampa, 3 agosto 2010)

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PalaFlorio, riapertura choc: sconfitta azzurra e fischi all'inno israeliano

In 4mila hanno assistito alla sconfitta dell'Italia. A contestare i dimostranti per la causa palestinese

di Angelo Alfonso Centrone

BARI - I fischi e le contestazioni alla nazionale israeliana durante l'inno oscurano 40 minuti di pallacanestro. Sarà ricordata per questo la seconda inaugurazione del PalaFlorio, che è coincisa con Italia-Israele (71-79), primo delle quattro partite baresi valide per la qualificazione ai prossimi europei. L'incontro sul piano diplomatico è una sconfitta per una città che si propone da sempre come terra di accoglienza. All'esterno del PalaFlorio, mentre oltre 4mila appassionati sono in coda ai cancelli, un ragazzino si affanna nel tentar di suonare una vuvuzela e una trentina di dimostranti per la causa palestinese, tra cui Michele Rizzi, alle ultime elezioni candidato alla presidenza della Regione per Alternativa comunista, distribuiscono volantini.
Il PalaFlorio è tirato a lucido. Unico neo è l'assenza della tanto pubblicizzata aria condizionata. Quaranta minuti prima dell'inizio dell'incontro, sulle note della colonna sonora di Guerre stellari, entrano gli azzurri per riscaldare la mano e prendere confidenza con il canestro. Poco dopo è la volta degli israeliani, che vengono accolti dal pubblico barese con una marea di fischi, tanto che deve intervenire lo speaker per riportare un clima sportivo. Episodio che si ripete durante l'esecuzione degli inni. Nel parterre spiccano tanti vip e politici tra cui Michele Emiliano, sindaco di Bari, Antonio Laudati, procuratore della Repubblica di Bari, Gianni Petrucci, presidente nazionale del Coni, e Walter Magnifico, ex cestista azzurro di San Severo. Dopo un minuto di silenzio per ricordare i due militari italiani morti in Afghanistan, il rimbalzo della palla a due e la palla va agli ospiti: Halperin realizza da due, subisce fallo e trasforma il terzo libero aggiuntivo. Il pubblico del PalaFlorio si ammutolisce per un attimo, ma poco dopo ci pensano il Mago e Rocky a ribaltare la situazione con un break di 11-0 (14-3). Dura poco. Gli israeliani recuperano e sulla sirena chiudono il primo quarto in vantaggio sul 20-19, prendendo poi il largo nelle altre frazioni. Troppi tiri forzati da fuori, poca lucidità e schemi ancora da collaudare ridimensionano gli azzurri di Pianigiani. Le schiacciate e le stoppate dei ragazzi di Toronto non sono bastate.

(Corriere della Sera, 3 agosto 2010)

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Antisemitismo quotidiano

di Silvano Bottaro

Ha scritto non molto tempo addietro Sergio Harari sul "Corriere della sera" che l'antisemitismo non è solo quello di Auschwitz , delle leggi razziali del 1938, della Shoah e del negazionismo, ma è anche quello che sperimentiamo nella vita di tutti i giorni. Aggiungendo, fra l'altro, che mai come in quest'ultimo anno gli sia capitato di sentirsi a disagio per battute e frasi idiote pronunciate con assoluta normalità, come se non si stesse dicendo nulla di male, né tantomeno qualcosa di razzista.
Gli è infatti - anche se, nell'attuale clima culturale favorevole come non mai alla multietnicità e al multiculturalismo, si stenterebbe a crederlo - che l'antisemitismo sta inopinatamente tornando a riempire la nostra quotidianità un po' ovunque nel nostro Paese. E Venezia, sotto questo profilo, non fa di certo eccezione.
La radicata e preconcetta incapacità di taluni nostri concittadini non proprio esemplari ad accettare la diversità e a rispettarla, mista a ignoranza e a una buona dose di antisemitismo d'antan di matrice sia religiosa che laica mai sopito, sta generando e alimentando fortunatamente soltanto in alcune zone di Cannaregio confinanti con il Ghetto e in persone poco o per nulla acculturate un deplorevole e imbarazzante clima di ostilità nei confronti degli ebrei della comunità veneziana Chabad-Lubavitch - presente in Ghetto, accanto ad altre comunità ebraiche, con un suo centro e altre attività di carattere religioso ed educativo - i quali vengono invariabilmente guardati con diffidenza e insofferenza affatto gratuite da parte di molti abitanti di tali zone, oltre che per il loro numero ritenuto eccessivo sulla base di considerazioni meramente personali e soggettive, soprattutto per se stessi: per il solo e semplice fatto di essere ebrei, in altre parole, e di non nascondere affatto tale loro identità grazie al tradizionale e tipico abbigliamento che li contraddistingue. A causa del quale essi vengono inoltre fatti spesso oggetto di battute idiote da parte di qualche esimio sprovveduto che, in ossequio a quale eccelso criterio di gusto estetico non è dato sapere, non si perita di ritenere oltremodo ridicolo e fonte di ilarità, anziché rispettarlo e ritenerlo una questione strettamente appartenente a loro e alle loro regole, il fatto che vestano in genere di nero, portino per lo più la barba e che tutti indistintamente non rinuncino durante il giorno al tipico copricapo ebraico di forma circolare (kippah) e alle frange fuori dai pantaloni (tzitzit) come impone loro di fare la Torah.
Onde evitare siffatti comportamenti assai poco onorevoli e dignitosi per una città rispettosa delle diverse fedi religiose quale si ritiene debba essere Venezia, ritengo valga senz'altro la pena ricordare a quei veneziani che ancora non lo sapessero che la comunità in questione, piaccia o non piaccia a taluni,fa oggettivamente e legittimamente parte da più di vent'anni anni della vita religiosa, sociale e culturale cittadina e, lungi dall'essere un isolato covo di fanatici religiosi come da più parti è stata talora a torto tacciata, appartiene a uno fra i più grandi movimenti chassidici del giudaismo ortodosso che amministra migliaia di centri, comunità, sinagoghe e scuole sparsi in tutto il mondo. Fornendo assistenza, attività educative e altri servizi non solo ai propri adepti, ma anche agli ebrei in generale. Che è ciò che accade del resto anche a Venezia, dove il centro Chabad-Lubavitch è, fra le altre cose, anche un punto di riferimento per le migliaia e migliaia di ebrei provenienti da tutto il mondo che ogni anno visitano il Ghetto con l'intento fra l'altro, non solo di partecipare alle proprie cerimonie religiose in occasione di festività particolari e di mangiare secondo le proprie tradizioni alimentari pur trovandosi in viaggio e distanti da casa, ma anche di acquisire, attraverso le testimonianze storiche presenti in Ghetto, ulteriori tasselli della propria storia e della propria identità.
E varrà altresì la pena ricordare - sempre a quei veneziani che ancora non lo sapessero - ai fini di una auspicabile maggiore considerazione e rispetto, il tributo di sangue pagato dal movimento a cui la comunità veneziana Chabad-Lubavitch appartiene in seguito all'attacco terrorista di Mumbai del novembre 2008, in cui, come si ricorderà, uno dei luoghi prescelti dai terroristi islamici fu proprio il Centro Assistenziale Chabad Lubavitch della città indiana, dove vennero trucidati il rabbino capo e la moglie insieme a numerosi loro confratelli e collaboratori.
E ciò, si badi bene, nonostante che il movimento Chabad-Lubavitch sia notoriamente più dedito in genere alla preghiera che all'attivismo politico e assai lungi dal contemplare e propugnare, a differenza di altre componenti dell'ebraismo, sia il sionismo che la legittimità della definizione di Israele quale Stato ebraico. Ma a talune menti obnubilate del mondo arabo il solo e semplice fatto di essere ebrei - al di là delle proprie opinioni e del proprio agire - basta e avanza evidentemente per legittimare e giustificare anche l'agire più truce ed efferato nei loro confronti.

(Blogolandia, 3 agosto 2010)

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Razzi di Hamas contro la Giordania per sabotare i negoziati

Ai primi segnali di una ripresa dei negoziati tra israeliani e palestinesi, l'estremismo islamico ha lanciato la sua offensiva. Ieri mattina a finire nel mirino è stata la città di Eilat, il paradiso turistico d'Israele sul Mar Rosso, solitamente ai margini del conflitto. La pioggia di missili diretta su Eilat di prima mattina ha quasi completamente mancato il bersaglio, e uno dei razzi è esploso nella zona alberghiera della vicina città giordana di Aqaba, uccidendo un tassista e ferendo altre quattro persone. Soltanto uno dei missili ha colpito Israele, senza provocare danni, e altri tre sono finiti in mare....

(Il Foglio, 3 agosto 2010)

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Hamas, nessuna responsabilità nel lancio di razzi su Eilat e Aqaba

GAZA, 3 ago. - Hamas ha negato qualsiasi coinvolgimento nei razzi lanciati ieri conto Eilat e la citta' giordana di Aqaba, sul Mar Rosso, dove si e' registrata la morte di una persona e il ferimento di altre cinque. Al momento, nessun gruppo terroristico ha rivendicato l'attacco. ''Israele sa chi ha lanciato quei razzi'', ha detto oggi Salah Al Bardawil, alto esponente del movimento islamico, accusando lo Stato ebraico di voler ''cercare scuse per riprendere gli attacchi sulla Striscia di Gaza'' e affermando che ''noi non c'entriamo niente con il lancio di razzi su Eilat. Noi non vogliamo la guerra''.

(Adnkronos, 3 agosto 2010)

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Regole di vita

di Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas

Tobia Zevi
A me pare che l'«affaire-aragosta» sia particolarmente interessante. Chiariamo i fatti: sembra ovvio che l'accusa mossa a Lev Chadash - aver mangiato aragosta durante il seder di Pesach - sia falsa. L'«Associazione per l'ebraismo progressivo» ha sporto denuncia al Bet Din di Milano per diffamazione, e se, come pare probabile, avrà ragione, destinerà i soldi del risarcimento in beneficenza.
Il lettore non ebreo avrà una certa difficoltà a comprendere la gravità dell'accusa. L'osservanza delle regole è centrale nell'ebraismo, e questo ci differenzia dai fedeli di altre confessioni. Da questo punto di vista l'«affaire-aragosta» ben sintetizza un elemento portante dell'ebraismo: D-o, così come il diavolo, si annida nei dettagli, ed è a quelli che noi dobbiamo prestare attenzione. Non esiste una mizvà marginale e una fondamentale, poiché l'ebraismo si sostanzia nella ritualità quotidiana. Basti pensare che lo shabbat - ovvero la regolarità - è insieme a Kippur la più importante delle festività (Shabbat shabaton), come a dire che non serve cercare picchi di santità assoluta, quanto piuttosto un livello costante e possibilmente crescente di moralità.
Ma è interessante anche la replica di Lev Chadash all'accusa infamante. «Mai ci saremmo sognati di fare una cosa del genere». Perché, verrebbe da chiedersi? Non sarebbe tutto sommato logico che chi si propone di reinterpretare le mizvoth possa immaginare di mangiare i frutti di mare? Il bello è proprio qui: in un meccanismo squisitamente ebraico, che sottopone la lettera della norma a ogni tipo di interpretazione,non può esistere una contrapposizione tra ebrei - anche organizzati - che si concretizzi in una dialettica bianco-nero. «Noi rispettiamo tutte le mizvoth e noi nessuna». Tra ebrei si discute sulla modalità di osservanza, si contratta, si approfondiscono gli aspetti fondamentali, si tentano soluzioni creative. Nessuno potrà mai ebraicamente sostenere, alla maniera del figlio rashà (malvagio) durante il Seder di Pesach: «Questo precetto non è importante, a me non interessa!».
Insomma, chi non considera semplicemente buffa la produzione di gamberi di merluzzo per avere frutti di mare kosher, ma che coglie in questo lo spirito creativo e originale dell'ebraismo, in cui anche il divieto va sezionato e interpretato, non sorriderà dell'«affaire-aragosta». Perché un ebraismo capace di discutere e di mediare, è un ebraismo che saprà restare unito.

(Notiziario Ucei, 3 agosto 2010)

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Attacco al turismo israeliano

di Roberto Bongiorni

Dal Sinai egiziano? La domanda che inquieta le autorità israeliane ed egiziane non ha ancora trovato risposta. Ma è la stessa che si sono posti i media della regione, arabi e israeliani: da dove sono stati sparati i cinque razzi che ieri hanno colpito la città giordana di Aqaba e quella israeliana di Eilat?
Israele sospetta che l'attacco sia stato sferrato dal Sinai egiziano, un'area controllata dalle tribù di beduini, molte delle quali dedite al contrabbando con la Striscia di Gaza, e dove si nascondano pericolosi gruppi islamici. La Giordania, l'unico paese arabo, insieme all'Egitto, che riconosce Israele, si è limitata a condannare l'attacco, ribadendo l'impegno nella lotta al terrorismo. Le autorità egiziane, più volte criticate per la loro perdita di autorità in Sinai, sono invece scettiche: «I soli colpi che possono essere sparati dal Sinai sono i mortai, in grado di volare sopra le alture», ha risposto Abdel Fadeel Shousa, governatore del sud del Sinai. In assenza di rivendicazioni e nuovi indizi, ci si deve aggrappare alla cronaca. Alle otto di ieri mattina cinque razzi sono stati lanciati verso Eilat. Due hanno colpito Aqaba, due sono finiti in mare, un altro è atterrato, senza fare danni, nella periferia della città israeliana. Difficile non pensare a un attacco contro Israele. Eilat è una città turistica sul Golfo di Aqaba, l'unico fazzoletto di terra israeliana, imprigionato tra Egitto e Giordania, che si affaccia sul Mar Rosso. Una sorta di Rimini mediorientale per turisti israeliani. Sempre gremita, con centinaia di hotel, bizzarre illuminazioni, casinò e discoteche. La pista più credibile è che l'obiettivo dei razzi fossero gli hotel di Eilat. Invece due di loro sono caduti vicino all'Intercontinental di Aqaba, uccidendo un tassista, e ferendo altri cinque giordani.
I razzi, tuttavia, non sono una novità per Aqaba. Lo scorso 22 aprile un missile colpì la città, senza provocare vittime. Anche in quell'occasione Israele ha subito sospettato che provenisse dal Sinai. La pista Hamas, però, non è stata esclusa. Anche perché negli ultimi giorni c'è stata una pericolosa escalation. Domenica mattina alcuni razzi sono stati lanciati dalla Striscia verso la città israeliana di Ashkelon (nessuna vittima). Immediata la rappresaglia di Gerusalemme contro un campo di addestramento di Hamas e un tunnel per il contrabbando. Poche ore dopo, un comandante di Hamas, Issa al-Batran, è stato ucciso. Tra domenica e lunedì un'altra esplosione ha distrutto la casa di un capo di Hamas, ferendo 33 persone.
L'escalation arriva nel giorno in cui le Nazioni Unite hanno dato il via libera all'inchiesta internazionale per far luce sul raid compiuto dalla marina israeliana contro una nave di attivisti filo-palestinesi diretta a Gaza, lo scorso 31 maggio. In quell'occasione morirono nove turchi. Compiendo un passo indietro Israele ha accettato l'inchiesta, assicurando la sua collaborazione: «Israele non ha nulla da nascondere - ha commentato il premier Benjamin Netanyahu - l'interesse nazionale di Israele è che vengano alla luce tutti i fatti e la verità in relazione alla vicenda della flottiglia. È un principio che noi promuoviamo». Faranno parte del team d'inchiesta l'ex premier neozelandese Geoffrey Palmer e altri 3 commissari: uno israeliano, uno turco e un americano.

(Il Sole 24 Ore, 3 agosto 2010)

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Le interviste antisemite nella sede della FNSI

di Dimitri Buffa

Sembra incredibile ma lo scorso 22 luglio nella gloriosa sede della FNSI (Federazione Nazionale Stampa Italiana) a Roma, quella di Corso Vittorio Emanuele II, 349, si è svolta un'intervista di sapore tipicamente antisemita, a cura della giornalista Giovanna Canzano, all' "esperto" di economia Giorgio Vitali.
Questo è il link dove potrete vedere e giudicare con i vostri occhi il tutto: - Noi possiamo solo riportare quello che abbiamo fatto fatica a credere di avere davvero udito.
La giornalista Canzano è una militante di questi movimenti della nuova destra, più o meno sociale, ed esordisce così: "Siamo con Giorgio Vitali presso la sede della Federazione nazionale della stampa italiana per una conferenza dal titolo "La crisi economica internazionale ed italiana"... Sentiamo Giorgio Vitali cosa ci dice di questa conferenza stampa."
Parola all'intervistato: "Siccome prevedo di essere ascoltato da persone che già sanno tante cose è inutile che mi dilungo... mi limito soltanto a dire che la crisi internazionale finanziaria che è scoppiata qualche anno fa è stata ampiamente voluta dalle forze della lobby... soprattutto della lobby ebraica che ha in mano la finanza internazionale e che ha utilizzato la crisi per sostenere il progetto di aggressione all'Iraq e all'Afghanistan e probabilmente anche all'Iran... questo è il progetto globale... tuttavia il fatto che questa crisi che è anche legata al fatto che il potere finanziario può stampare la carta moneta che vuole… e vendere, quando noi parliamo di signoraggio, parliamo di vendita della carta moneta ai cittadini... questa situazione ha allarmato tutti i popoli i quali si sono resi conto da una parte di essere vittime di un'enorme rapina e dall'altra parte hanno cominciato a prendere in considerazione le teorie delle tante persone che già da un secolo e mezzo cercavano di rendere edotta la popolazione mondiale di quanto si tramava alle loro spalle … a questo punto devo dire una cosa che colpisce molto ma che mi hanno dato la notizia solo questa mattina: in Francia hanno coniato una moneta metallica da 25 euro... fatto di grande innovazione perché per convenzione internazionale la moneta metallica è fatta dallo stato nell'interesse del cittadino di proprietà del cittadino... mentre la carta moneta è di proprietà dei banchieri come una cambiale e il cittadino è costretto a comprarla... sempre e comunque pagandoci sopra degli interessi... "
Il delirio continua un altro minuto con argomenti come quello banalissimo che "la Francia anticipa le rivoluzioni" e che "l'Italia potrebbe seguirne l'esempio". Tre minuti e 45 secondi in tutto, quanti bastano a Vitali per dare elementi di economia che vanno bene per l'uomo di Neanderthal ma inzeppandoci dentro il pregiudizio antisemita secondo cui la crisi è stata "ampiamente voluta" dalla "lobby ebraica", la quale "detiene il potere finanziario mondiale". Goebbels forse avrebbe potuto fare di meglio ma sicuramente non l'avrebbe fatto all'interno dei locali della Fnsi, un sindacato considerato di sinistra.
Non basta: sempre nei locali della Fnsi, qualche giorno dopo, altro giro altra intervista: nel filmato che si può vedere a questo sito stavolta a essere intervistato, nell'ambito di una conferenza stampa tititolata "Morire per Maastricht", il professor Antonio Pantano, sedicente maggiore esperto italiano di Ezra Pound, sempre sulla crisi e sulle previsioni economiche della stessa che erano già presenti nelle profezie del noto poeta. Che aveva l'unico piccolo difetto di essere stato un nazista e di avere dato anche lui la colpa agli stessi soggetti per quel che riguarda il crack del 1929. Insomma un ciclo di interviste del culturame fascistoide e nazistoide che ancora residua in Italia e con la cornice della sede romana della Fnsi che stavolta è anche inquadrata nelle immagini, con il proprio logo che campeggia sullo sfondo di questa intervista. In questo caso, il professore nell'individuare i soggetti responsabili della crisi odierna non nomina esplicitamente gli ebrei ma cita Pound, parlando di "certi personaggi che hanno nelle mani... negli artigli" il potere economico e che sono "sempre gli stessi... " dai tempi di Pound.
Poi c'è un paragone tra la Morgan Stanley di oggi e la banca Morgan dell'epoca, e insomma chi vuole capire ha capito.
E tante grazie al sindacato unitario dei giornalisti italiani per l'ospitalità fornita... presumibilmente gratuita. Comunque domenica sera questi due video sono andati in onda sulla web tv radicale durante il programma "Israel chat" che il sottoscritto conduce alle 18 e 30. Se qualcuno si fosse reso conto dell'enormità della cosa batta adesso un colpo.

(l'Opinione, 3 agosto 2010)

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3 Agosto 1944: il dramma dell'Einstein italiano

l grande fisico Albert Einstein aveva un cugino italiano, Roberto Einstein, ingegnere, ebreo. All'entrata in vigore delle leggi razziali, si era ritirato assieme alla moglie ed alle figlie Luce e Cici, escluse dall'università e dalla scuola media, in una tenuta di sua proprietà, "il Focardo", in località Le Corti, in Toscana.
Nonostante la villa fosse stata requisita dal comando germanico, gli Einstein, protetti dal fattore e dai contadini affezionati alla generosa famiglia ebrea, non subirono alcuna persecuzione né minaccia dagli ufficiali della Wehrmacht.
Le cose cambiano improvvisamente nei primi giorni di Agosto del 1944 quando le forze armate del terzo reich si ritirano dalla zona; l'ing. Roberto Einstein viene convinto dai contadini a nascondersi in un bosco vicino per evitare di essere coinvolto in qualche pericoloso "colpo di coda" della ritirata tedesca. La moglie e le figlie rimangono invece al casolare; i contadini pensavano che solo il cugino del grande Einstein potesse essere oggetto di qualche rappresaglia dei nazifascisti. Ed infatti al "Focardo" al posto dei più umani e meno esaltati ufficiali della Wermach arriva una pattuglia di feroci SS che catturano la signora Einstein e le due figlie. Le sottopongono per tutta la notte a sevizie ed atroci torture. Ad un certo punto la moglie viene portata dalle SS nel bosco in cui era nascosto il marito, e la obbligano a chiamare con insistenza il suo nome. Roberto Einstein vorrebbe consegnarsi nella speranza di porre fine alle sofferenze della moglie e delle figlie, ma i contadini lo trattengono: sarebbe stato inutile, le SS lo avrebbero certamente ucciso senza risparmiare le donne.
La moglie viene riportata nella Villa. Si odono ancora urla strazianti, ed all'improvviso una raffica di mitra.
Le SS hanno ucciso le tre donne, pare anche violentandole prima di sparare loro contro. All'alba del giorno successivo le SS abbandonano la Villa, dandola alla fiamme. Undici mesi dopo lo stesso ing. Roberto Einstein che aveva assistito impotente, a poca distanza, allo strazio delle moglie e delle figlie, si suiciderà sull'unica tomba in cui erano stati raccolti i poveri resti delle tre donne.

(Telesanterno, 3 agosto 2010)

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Ban Ki-Moon: annunciata una commissione d'inchiesta sul blitz israeliano

Con l'accordo di Israele, con gli Usa e la Turchia soddisfatti, il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-Moon, ha annunciato oggi che una commissione d'inchiesta di quattro esperti, tra cui un israeliano e un turco, indagheranno sul blitz israeliano contro una flottiglia internazionale di aiuti, il 31 maggio, che provocò 9 morti.
In una dichiarazione diffusa al Palazzo di Vetro, Ban ha precisato che la commissione verra' presieduta dall'ex premier neozelandese Geoffrey Palmer e dal presidente uscente colombiano Alvaro Uribe. Da Gerusalemme il premier Benyamin Netanyahu ha detto che "Israele non ha nulla da nascondere", motivando in questi termini l'assenso del suo Paese alla commissione istituita per verificare i fatti sul mortale raid della marina militare israeliana contro una nave di attivisti filo-palestinesi, parte di una flottiglia di sei battelli diretti a Gaza.
"L'interesse nazionale di Israele - ha precisato Netanyahu - è che vengano alla luce tutti i fatti e la verita' in relazione alla vicenda della flottiglia. E' un principio che noi promuoviamo".
Il blitz della marina, nel corso del quale nove cittadini turchi erano stati uccisi, aveva portato le relazioni tra Israele e Turchia, fino a due anni prima alleati strategici, quasi sul punto di rottura delle relazioni.
Il via libera israeliano alla commissione d'inchiesta rappresenta verosimilmente un primo passo verso la ricucitura tra i due Paesi.
La Turchia ha infatti accolto favorevolmente l'annuncio di Ban, con l'accordo israeliano di massima per cooperare con gli esperti. "Fin dall'inizio la Turchia ha chiesto una commissione internazionale sotto l'egida dell'Onu per indagare sul blitz - hanno indicato alla France Presse fonti governative turche -. Ora, a seguito delle iniziative di Ankara insieme all'Onu, agli Stati Uniti e all'Europa, Israele ha accettato di cooperare con la commissione".
Secondo la fonte, che ha chiesto di mantenere l'anonimato, ''si tratta di una decisione molto importante perche' la commissione rappresenta un passo molto importante verso la riparazione dell'ingiustizia subita dalla Turchia nel blitz". Anche gli Stati Uniti hanno accolto favorevolmente l'annuncio del segretario generale dell'Onu. In una dichiarazione diffusa oggi a New York, Susan Rice, la rappresentante permanente degli Stati Uniti all'Onu, ha ringraziato i governi di Israele e Turchia, sperando che la commissione permettera' di superare i dissensi tra i due Paesi dopo l'incidente, in modo da "riparare i loro forti legami storici".

(DirettaNews.it, 3 agosto 2010)

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Cresce il carisma di Erdogan, un nipote di un leader di Hamas ha il suo nome

GAZA, 2 ago. - Se c'e' un indizio del carisma in crescita di un personaggio, leader politico o artista che sia, lo si trova nell'uso di affibbiare ai nuovi nati il suo nome.
Cosi', nella Striscia di Gaza il nipote di Ismail Haniyeh, capo del governo di Hamas, si chiamera' "Recep Tayyip Erdogan", in omaggio al primo ministro turco che tre mesi fa sponsorizzo' la missione della Freedom Flottilla che cerco' di rompere l'embargo a Gaza.

(AGI, 2 agosto 2010)

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Esplode la casa di un comandante di Hamas a Gaza. Israele: "Non siamo stati noi"

Una forte esplosione, nella Striscia di Gaza, ha completamente distrutto la casa di un comandante militare di Hamas, che è rimasto ucciso. Fonti palestinesi sostengono che l'esplosione sia avvenuta dopo il passaggio di un aereo israeliano, ma le autorità ebraiche negano.
Il comandante di Hamas, suggeriscono da Israele, era un esperto nella preparazione di esplosivi, dunque lo scoppio potrebbe essere il risultato di un errore.
Più di trenta, a seconda delle fonti, il numero dei feriti, trasportati con ogni mezzo negli ospedali della Striscia.
Dopo una relativa calma, da qualche giorno si assiste alla ripresa degli attacchi palestinesi e delle ritorsioni israeliane.
Ieri, aerei con la stella di Davide hanno condotto un raid su Rafah, puntando sui tunnel che permettono alla Striscia di comunicare con l'Egitto.
Un intervento in risposta al lancio di missili palestinesi sulla zona di Askelon e Sderot, che pur causando danni materiali, non hanno prodotto vittime.
In questo clima di tensione in crescita, si fanno sempre più flebili le possibilità che i vertici dell'Anp tornino a negoziati diretti con Israele, come chiede da tempo il premier Netanyahu.

(euronews, 2 agosto 2010)

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Israele. Sì all'espulsione di oltre 400 figli di illegali entro un mese

Il governo israeliano ha deciso oggi di espellere entro un mese 400 figli di lavoratori stranieri irregolari insieme ai genitori, concedendo la residenza temporanea fino al compimento del ventunesimo anno ad altri 800.
Il governo ha così adottato le raccomandazioni di una commissione apposita che ha stabilito una serie di criteri per la concessione della residenza a 1200 famiglie di lavoratori stranieri non in regola. Questa sarà data a bambini che già nel precedente anno scolastico erano iscritti a una scuola statale, che sono iscritti a una scuola elementare o di grado più elevato per il prossimo anno scolastico, che hanno vissuto per cinque anni di seguito nel paese o, se non sono nati nel paese, che sono giunti in Israele prima di compiere 13 anni.
Inoltre devono parlare l'ebraico e i loro genitori devono essere entrati nel paese legalmente. Nei casi limite il ministero dell'interno si consulterà con una commissione interministeriale. Il premier Benyamin Netanyahu ha detto che la decisione del governo si basa da una parte su principi umanitari e dall' altra sulla necessità "di non creare incentivi per l' afflusso di centinaia di migliaia di lavoratori stranieri in Israele".
Secondo le statistiche ufficiali sono oltre 200.000 i lavoratori stranieri in Israele dei quali più di 100.000 lavorano illegalmente.

(l'Occidentale, 2 agosto 2010)

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Strage di Bologna - Fioravanti: Cossiga mi disse che furono i palestinesi

ROMA, 2 ago. - "La strage fu provocata da esplosivo palestinese in transito per la stazione bolognese, ma esploso per errore". Questa la tesi sostenuta dall'ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, sulla strage del 2 agosto 1980 e rivelata a Valerio Fioravanti, ritenuto, dalla sentenza della Cassazione del 1995, esecutore della strage insieme alla moglie Francesca Mambro. Un'accusa dalla quale gli ex terroristi dei Nar si sono sempre dichiarati innocenti. Ne parla lo stesso Fioravanti, in un'intervista a Repubblica, nella quale racconta anche come Cossiga escludesse qualsiasi ruolo di Gheddafi nella strage, ritenuta, secondo alcune ipotesi, una ritorsione del leader libico al tentativo di ucciderlo, circa un mese prima, sui cieli italiani.

(Adnkronos, 2 agosto 2010)

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Europei di basket: Italia - Israele, in palio mezza qualificazione

Stasera tutti sintonizzati sulle frequenze di Rai Sport: alle 20.30 è in programma Italia-Israele, incontro inaugurale del girone A di qualificazione agli Europei di basket del 2011 in Lituania. Scenario della sfida, sulla carta molto equilibrata, il Palaflorio di Bari. Davanti a circa 3000 spettatori si daranno battaglia le due squadre migliori del girone insieme al Montenegro: gli azzurri sono alla disperata ricerca di un rilancio dopo alcune stagioni a dir poco disastrose, la nazionale israeliana è da tempo una realtà a livello continentale. Il match vale mezza qualificazione: a Vilnius andranno (evitando ulteriori spareggi e brividi) solo le prime e le due migliori seconde dei vari raggruppamenti, quindi meglio non rischiare e iniziare il viaggio verso nord con due punti. In campo un pezzo di Nba: il neo ct Pianigiani si affida ai numeri di Bargnani e Belinelli, mentre gli ospiti hanno nella classe di Casspi il valore aggiunto. Oltre alla star dei Sacramento Kings, occhi puntati sulle triple di Bluthenthal e sulle giocate del play Halperin. Ansia e speranza in Casa Italia. Marco Belinelli, guardia dei Toronto Raptors e uomo simbolo del nuovo corso azzurro, è fiducioso: "C'è un certo nervosismo ma siamo un bel gruppo e abbiamo le potenzialità per risalire ai livelli che ci competono. Israele? Una buona squadra con grosse individualità". Omri Casspi, re israeliano del canestro, vende cara la pelle: "Quello di stasera è un incontro fondamentale perchè la squadra che vince diventa il team da battere". Il ragazzo di Tel Aviv indica la via: "Gli italiani sentono molta pressione dovuta alla recente crisi di risultati, dobbiamo approfittarne per vincere".

(Notiziario Ucei, 2 agosto 2010)

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Razzi su porti Israele e Giordania, 1 morto ad Aqaba

GERUSALEMME - Alcuni razzi a corto raggio provenienti dal Sinai egiziano -- area dove in passato hanno operato i militanti islamici -- hanno colpito oggi i porti israeliani e del Mar Rosso giordano, uccidendo un civile giordano e ferendo altre tre persone.
Lo hanno riferito fonti di polizia israeliane e della Giordania.
Una fonte del ministero dell'Interno giordano ha detto che uno dei quattro civili feriti dal razzo, che ha colpito l'area di un hotel nel porto di Aqaba, è morto in seguito alle lesioni. La polizia israeliana ha detto invece di non avere notizia di vittime.
Il presidente israeliano Shimon Peres ha condannato l'attacco e ha detto che Israele e Giordania sono "alleati nell'inflessibile impresa di sradicare il terrorismo".
"C'è un vero e proprio scontro in Medio Oriente tra i paesi moderati che vogliono la pace e gli estremisti, che vogliono sabotarla in tutti i modi", ha detto Peres.
Interrogato sull'origine dell'attacco, la fonte del ministero giordano ha detto senza dubbio che "veniva da ovest". Gli esperti stanno indagando sul luogo dell'attacco per tentare di individuare la provenienza dei missili a corto raggio.
Il comandante distrettuale della polizia di Eilat, Moshe Cohen, ha detto a Radio Israele che i suoi uomini stanno ancora cercando conferma che le cinque esplosioni avvertite stamattina fossero dovute ad un bombardamento.
"Sembra che due dei presunti razzi (o granate) -- ha aggiunto -- siano caduti in mare, mentre un altro ha colpito Aqaba".
Alla domanda sulla provenienza dell'attacco, Cohen ha risposto che "è un po' presto per dirlo, ma è ragionevole ritenere che sia giunto dalla zona meridionale", riferendosi al confinante Egitto, il cui deserto del Sinai ha assistito ad alcuni episodi violenti attribuiti ai militanti islamici.
Alcuni esponenti delle forze di sicurezza egiziane hanno però detto all'agenzia di stampa di stato di escludere l'ipotesi che i razzi potessero provenire dal Sinai.

(Reuters, 2 agosto 2010)

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Rabbini in Missione

GENOVA - Quattro giovani in giro per Toscana, Liguria e Piemonte per trovare ebrei che forse non sanno neanche di esserlo, leggi come ne hanno trovato uno al porto di Genova.
Levi Piha, Mendy e Yossi Labi e Avremi Friedman, giovani studenti di Yeshiva Chabad, hanno viaggiato in diverse città come Livorno, Viareggio, Genova, Sanremo, Torino, ecc... per incontrare ebrei e collegarli con la loro comunità o anche solo per fargli fare una mitzvà con la speranza che sia solo la prima di molte.
Sono stati un Shabbat a Livorno, uno a Genova ed uno a Torino ospiti della comunità locale.
Ci hanno mandato una storia incredibile che gli è accaduata nel porto di Genova, scritta da Avremi Friedman: ....

(Chabad.Italia, 1 agosto 2010)

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Pallacanestro: Domani sera Italia - Israele

La lunga attesa è ormai finita. Fra poco più di ventiquattro ore, alle 20,30 di domani sera, la nazionale italiana di pallacanestro giocherà contro Israele il primo dei quattro incontri di qualificazione in programma al PalaFlorio di Bari.
I cancelli del rinnovato impianto di Via Caldarola saranno aperti alle 18,30: gli organizzatori invitano i possessori di biglietto e quanti vorranno acquistarlo nelle prossime ore (sul circuito bookingshow.com o direttamente presso la struttura, dalle 17,30 di domani pomeriggio) a recarsi al palazzetto con largo anticipo. I parcheggi nell'area adiacente il PalaFlorio avranno un costo di due euro a posto auto, nei posti delimitati da strisce blu.

(Tuttobasket.net, 1 agosto 2010)

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La guerra degli ebrei per le aragoste

di Francesco Manacorda

Da una parte il cappellone nero e la barba candida di Rav Shlomo Bekhor, rabbino Chabad-Lubavitch, uno dei movimenti ortodossi dell'ebraismo; dall'altra Rav Haim Fabrizio Cipriani, guida religiosa della comunità ebraica «riformata» e progressista Lev Chadash di Milano e Roma. Tra i due contendenti, inconsapevole e involontaria pietra dello scandalo, l'aragosta. O meglio le proibitissime e «succulente aragoste » che - denuncia poche settimane fa Rav Bekhor in una mail spedita ai suoi seguaci - alcuni testimoni gli assicurano essere state mangiate proprio nella sinagoga riformata e proprio nella cena rituale di Pesach, la Pasqua ebraica. L'accusa, per gli ebrei osservanti, è tra le più gravi: l'aragosta, come tutti i crostacei, è infatti alimento vietato perché non kasher, ossia non conforme ai precetti della Torah. Rav Bekhor non lesina le ironie, parlando del «salto di qualità» che avrebbero fatto gli ebrei riformati: se agli ultimi Mondiali, palloni che hanno passato la linea di porta non sono diventati goal - scrive - nella sinagoga Lev Chadash si è riusciti invece a «fare superare all'aragosta la linea della kasherut». La reazione degli accusati è netta. Ugo Volli, semiologo e presidente della sinagoga «riformata», prima scrive direttamente al rabbino ortodosso parlando di «insinuazione gravissima e insultante» e spiega che quanto da lui raccontato «ha il difetto di essere completamente falso. Non c'erano aragoste, crostacei, o alcun cibo non kasher al nostro seder». E al cronista fornisce la prova regina con una battuta: «Al di là di tutto, le pare che a una cena da venti euro a testa avremmo mai servito aragosta!?». Dopo un acceso scambio di missive - dove gli attacchi personali si mescolano a raffinate disquisizioni teologiche - Volli ricorre assieme a Cipriani alle più alte autorità religiose con richiesta di convocazione immediata al Bet Din, il tribunale rabbinico, e di risarcimento danni. Vuole - come scrive in una lettera al rabbino capo di Milano Rav Alfonso Arbib - soddisfazione per «la menzogna propagata da Rav Bekhor», che «ci diffama gravemente » e chiede un risarcimento di 5000 euro da devolvere a un'associazione benefica. La querelle teologico-alimentare - «la guerra dell'aragosta», come è stata già ribattezzata - agita e in qualche caso fa sorridere la comunità ebraica. Ma dietro il caso che scalda gli animi ci sono anche e soprattutto le difficoltà di convivenza - a Milano come nel resto d'Italia - tra le diverse anime dell'ebraismo. Sia all'interno della comunità ortodossa che in Italia - ma non nel resto del mondo - è maggioritaria e in cui si riconosce la maggioranza dei circa settemila iscritti milanesi, che a sua volta si può dividere sommariamente in tre grandi aree: i tradizionalisti e i «mistici» chassidici cui appartengono anche i Lubavitch, e gli ortodossi «moderni». Fuori dalla comunità ortodossa ci sono invece, tra gli altri, gli ebrei «riformati », aperti ad esempio all'uguaglianza tra sessi, che a Milano contano qualche centinaio di aderenti e sono spesso scelti anche da chi - per vicende personali come il caso classico di figli di coppie «miste» - trova difficoltà nell'essere accettato dalle sinagoghe più tradizionaliste. Tensioni che non sono a senso unico. C'è la giovane di padre ebreo e madre convertita in un'altra comunità italiana, da decenni iscritta alla comunità, che si vede negare la circoncisione per il figlio appena nato. Ma c'è anche il caso recentissimo delle improvvise dimissioni di Rav Roberto Colombo e di sua moglie Anna Arbib, pilastri della scuola ebraica di Milano; dimissioni che la vox populi vuole decise dopo l'elezione alla guida della comunità, in maggio, di una maggioranza più laica e meno tradizionalista che in passato. «In Italia il problema della diversità è più sentito che in altri paesi anche perché si applica a un contesto con una sola comunità in ogni territorio all'interno della quale devono convivere giocoforza diverse anime», spiega Guido Vitale, coordinatore dei dipartimenti Cultura e Informazione dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane. Dunque, invece che una miriade di comunità sull'esempio Usa, un ebraismo ortodosso in rapporti spesso difficili con chi segue strade diverse. E con l'aumentare dei matrimoni misti le tensioni sembrano destinate ad aumentare. «Gli ortodossi - commenta David Bidussa, direttore della biblioteca della Fondazione Feltrinelli ed aderente alla comunità ortodossa - credono che la via più facile per salvare la comunità sia quella di mantenerla come comunità di "puri", mentre il passato ci insegna che è l'"ibridazione" a salvarla

(La Stampa, 1 agosto 2010)

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Ashkelon ancora bombardata. Razzo di Hamas contro il dialogo

di Michael Sfaradi

Esperti della polizia israeliana rimuovno i resti del razzo
lanciato da Gaza su Ashkelon
Alle 8,38 ora locale di venerdì 30 luglio (le 7,38 ora italiana) un razzo del tipo Grad lanciato dalla striscia di Gaza ha colpito il centro della città di Ashkelon. Era dalla fine dell'operazione "Piombo Fuso" che la città israeliana non si trovava sotto bombardamento. Il razzo è esploso nel giardino di un condominio causando ingenti danni e distruggendo una decina di automobili parcheggiate nelle vicinanze. L'esplosione è avvenuta non lontano da un centro vacanze in quel momento affollato, si è rischiata una strage di civili e solo per un miracolo non sono stati registrati morti e feriti. Otto persone, fra cui una donna in stato interessante, sono state ricoverate in preda ad attacchi di panico. I medici del "Barzilai Medical Center" di Ashkelon stanno lottando per salvarle la gravidanza. Secondo testimoni l'esplosione è stata di una potenza tale che il palazzo colpito e investito dall'onda d'urto, si è mosso visibilmente. Tecnici della protezione civile ne stanno ora vagliando la tenuta; nel caso dovesse essere considerato "a rischio crollo" dovrà essere demolito. Secondo i servizi di sicurezza israeliani il razzo, di fabbricazione iraniana, aveva un calibro di 122 mm ed è stato lanciato da una zona denominata "Giabalia" che si trova a Nord della striscia di Gaza al ridosso dei confini con Israele. Gli artificieri dell'esercito israeliano, accorsi sul luogo dell'impatto, hanno rivelato che il tipo di razzo esploso ieri non era mai stato usato in precedenza. Con un diametro di 6mm più grande di quelli comunemente usati dai terroristi di Hamas, ha una gittata di 22km, quattro in più del modello precedente e può montare una testata esplosiva da un chilo e trecento grammi più pesante di quelle comunemente usate. Hamas è entrata in possesso di questo tipo d'arma, il lancio di ieri è la prova che nonostante il ferreo controllo ai confini con la striscia di Gaza, armi, esplosivo, e materiale per confezionamento e messa in opera, sono arrivati nelle mani di chi vede la pace nella regione solo con la distruzione dello Stato ebraico. Anche se non è possibile sapere quanti nuovi ordigni, e di che tipo, siano stati contrabbandati nell'enclave terroristica, secondo i servizi segreti israeliani fra i 3000 e le 7000 unità, è ora più chiaro, per chi vuole vedere, che la potenzialità militare di Hamas è ora in grado, grazie all'ausilio iraniano, di colpire più in profondità il territorio israeliano e questo sarà un ulteriore problema in caso di riapertura delle ostilità. A questo punto crediamo che i blocchi navali e terrestri intorno alla striscia, al contrario di quello che chiedono le cancellerie di mezzo mondo, verranno rafforzati e che da Israele ci sarà una richiesta all'Egitto di maggiore controllo sul confine di sua competenza e al valico di Rafah. Il primo ministro israeliano Netanyahu, a margine della riunione di gabinetto ha detto che il suo governo segue con estrema attenzione l'evolversi di questa situazione e si riserva il diritto di rispondere nei tempi e nei modi più opportuni. Dal punto di vista politico il messaggio che è stato lanciato da Hamas insieme all'ordigno è estremamente chiaro e rivolto a tutti: a Gaza c'è un solo padrone che comanda e che decide… a prescindere dalle chiacchiere dell'assemblea della Lega Araba.

(l'Opinione, 1 agosto 2010)

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Nuovo raid israeliano dopo il lancio di un razzo palestinese

In precedenza un razzo a piu' lunga gittata era stato lanciato sulla citta' israeliana di Ashkelon. Anche in quel caso nessuna vittima, ma danni materiali e persone sotto shock.

Ashkelon, edificio danneggiato dopo il razzo
palestinese
ROMA, 1-08-2010 - Un nuovo raid dell'esercito israeliano, in risposta al lancio di razzi palestinesi. L'esercito ha bombardato due tunnel che vengono utilizzati per il contrabbando di armi per i terroristi verso Gaza, controllata dagli integralisti islamici di Hamas. Al momento non si hanno notizie di vittime. Bombardato anche un campo di addestramento miliziano a Gaza.
Israele risponde cosi' al lancio di nuovi razzi da Gaza sul suo territorio. Ieri un razzo palestinese e' caduto vicino alla citta' israeliana di Sderot danneggiando un edificio di un centro universitario.
In precedenza un razzo a piu' lunga gittata era stato lanciato sulla citta' israeliana di Ashkelon. Anche in quel caso nessuna vittima, ma danni materiali e persone sotto shock.
Il movimento terrorista Hamas ha promesso vendetta dopo la morte ieri di un capo del braccio militare, morto nei raid di sabato notte in cui sono rimaste ferite anche 11 persone.
Il ministro dell'industria israeliano Benyamin Ben Eliezer ha detto questa mattina alla radio che "Israele non ha intenzione di restare a guardare" mentre i missili continuano ad essere lanciati contro il suo territorio. "Non vogliamo provocare una escalation - ha aggiunto - perche' questo e' esattamente quello che vuole Hamas. E' per questo che le nostre risposte sono dure ma mirate".
Il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha oggi attribuito ad Hamas, il movimento estremista islamico al potere nella striscia di Gaza, la diretta responsabilita' dei tiri di razzi su Israele negli ultimi due giorni.
"Considero Hamas direttamente responsabile di ogni attacco proveniente dalla striscia di Gaza in direzione di Israele ed e' in questo modo che la comunita' internazionale dovrebbe vedere la questione" ha detto Netanyahu ribadendo che Israele "ha il diritto di difendere i suoi cittadini".

(RaiNews24, 1 agosto 2010)

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Tel Aviv a fuoco se Israele attacca

L'ambasciatore iraniano presso le Nazioni Unite, Mohammad Khazai, ha avvertito che la Repubblica islamica mettera' "a fuoco Tel Aviv" in caso di un attacco militare contro le proprie installazioni nucleari.

TEHERAN, 1-08-2010 - L'ambasciatore iraniano presso le Nazioni Unite, Mohammad Khazai, ha avvertito che la Repubblica islamica mettera' "a fuoco Tel Aviv" in caso di un attacco
militare contro le proprie installazioni nucleari.
"Se il regime sionista compie la minima aggressione contro il territorio iraniano, metteremo a fuoco Tel Aviv", ha affermato il diplomatico, citato oggi dall'agenzia Fars.
Khazai ha aggiunto che Teheran non rinuncera' all'arricchimento dell'uranio, perche' anche in tal caso, "le attivita' e i piani contro l'Iran non finiranno e i nemici cercheranno altre scuse ogni giorno per agire contro l'Iran".

- Restano in carcere i prigionieri Usa
  L'Iran ha respinto l'appello di Obama che aveva chiesto il rilascio dei tre americani arrestati lo scorso anno. E' materia assolutamente giudiziaria", ha detto Ramin Mehmanparast, portavoce del ministero degli Esteri, "e come tale verra' trattata. Qualsiasi sforzo o pressione di natura politica non avra' conseguenze sul giudizio indipendente della magistratura.

(RaiNews24, 1 agosto 2010)

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Usa - Gruppo ebraico si oppone alla moschea vicino a Ground Zero

Il progetto prevede un centro islamico a due isolati dal luogo degli attentati

NEW YORK, 31 lug. - L'organizzazione ebraica Anti-Defamation League si oppone al progetto di costruire una moschea e un centro islamico nei pressi di Ground Zero. Un'opposizione che non è frutto di bigottismo, precisa, quanto piuttosto della consapevolezza che "la costruzione di un centro islamico porterà nuovo dolore alle vittime".
Il progetto, presentato dall'organizzazione Cordoba, prevede la costruzione della moschea e del centro islamico a due isolati dal sito degli attentati dell'11 settembre 2001. Il gruppo ha sede a New York e ha l'obiettivo di migliorare i rapporti tra Islam e Occidente. Cordoba ha acquistato la proprietà in questione per 4 milioni di dollari, con l'intento di costruire un edificio di 13 piani e un centro islamico, da 100 milioni di dollari, di cui farà parte anche una moschea.
Anti-Defamation League ha riconosciuto a Cordoba il diritto di costruire nel sito prescelto, sottolineando però come siano state sollevate "alcune questioni legittime" riguardo ai finanziamenti e a possibili legami con "gruppi la cui ideologia contrasta con i nostri valori condivisi". "In definitiva, non si tratta di una questione di diritti, ma di una questione su cosa sia giusto", aggiunge.
Il progetto ha ottenuto il sostegno del sindaco di New York, Michael Bloomberg, ma il dissenso verso l'iniziativa ha assunto carattere nazionale con l'opposizione, tra gli altri, dell'ex Presidente della Camera, Newt Gingrich, e dell'ex governatrice dell'Alaska Sarah Palin.

(Apcom, 1 agosto 2010)

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Notizie archiviate

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