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Notizie aprile 2009

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Achille Lauro, scarcerato il capo dei sequestratori

                          L'Achille Lauro
PALERMO - Il capo dei guerriglieri palestinesi che sequestrarono il transatlantico Achille Lauro nel 1985 e uccisero un passeggero ebreo-americano è stato scarcerato. Lo rivelano fonti giudiziarie.
Youssef Magied al-Molqui è stato rilasciato ieri da una prigione di Palermo e un giudice ne ha ordinato l'immediata espulsione dall'Italia, precisano le fonti.
Al-Molqui, che è sposato con un'italiana, ha scontato 24 dei 30 anni cui era stato condannato da una corte italiana dopo il sequestro. E' stato scarcerato per buona condotta.
Durante l'attacco alla nave da crociera, quattro palestinesi uccisero l'ebreo-americano Leon Klinghoffer, un uomo su una sedia a rotelle, e gettarono il corpo fuoribordo. Il corpo dell'uomo fu rinvenuto diverse settimane più tardi. Al-Molqui venne ritenuto responsabile dell'accaduto.
L'omicidio di Klinghoffer venne scoperto dopo che i sequestratori consentirono al transatlantico di attraccare in un porto egiziano e dopo che, inizialmente, riuscirono nell'impresa di fuggire.
Ma alcuni aerei da caccia statunitensi intercettarono il volo sul quale si stavano imbarcando i quattro palestinesi e lo costrinsero ad atterrare in Sicilia, dove gli attentatori vennero arrestati.
Le relazioni diplomatiche tra Italia e Stati Uniti, in quella circostanza, subirono un duro colpo dal momento che l'Italia fallì nel tentativo di impedire al leader dei ribelli palestinesi Abu Abbas, che fu l'ideatore del sequestro dell'Achille Lauro, di fuggire nell'allora Jugoslavia.
Nel 1996, al-Molqui tentò di evadere di prigione dopo aver avuto 12 giorni di libertà. Fu arrestato successivamente in Spagna. Per catturarlo, gli Usa misero anche una taglia su di lui, pari a due milioni di dollari.

(Reuters, 30 aprile 2009)

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Gaza, i malati in balia del conflitto Hamas-Fatah

di Claudio Accheri

Dopo mesi di rifornimenti medici insufficienti, valichi aperti col contagocce, e problemi strutturali dei centri ospedalieri, la situazione dei pazienti nella striscia di Gaza continua a peggiorare a causa dello scontro politico in corso tra Hamas e Fatah.
L'ultima mossa della faida interpalestinese risale allo scorso 22 marzo, quando Hamas ha occupato l'ufficio dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) guidato da Fatah e incaricato di segnalare alle autorità israeliane ed egiziane i casi che necessitano di un trasferimento presso strutture ospedaliere estere (circa 1000 pazienti al mese).
Attraverso il portavoce del ministero della sanità a Gaza, il Movimento islamico ha giustificato l'azione di forza con "la necessità di sostituire gli operatori corrotti dell'Anp".
A subire le conseguenze dell'azione di Hamas, tuttavia, è in primo luogo la società civile palestinese.
Il primo risultato dell'occupazione dell'ufficio guidato da Fatah, infatti, è stato il congelamento dei trasferimenti dei pazienti.
I funzionari di Egitto e Israele, che hanno come unico riferimento i dirigenti e gli operatori dell'Anp, non riconoscono l'autorità dei membri di Hamas che gestiscono l'ufficio occupato e, di conseguenza, non vengono avviate le procedure necessarie per il trasferimento dei pazienti.
In risposta all'azione di forza di Hamas, il governo della Cisgiordania, che gestisce il flusso di fondi per le cure mediche dei palestinesi, ha già bloccato buona parte degli investimenti destinati alla popolazione di Gaza.
Secondo gli analisti, la divisione tra il Movimento di resistenza islamica e Fatah, la formazione del presidente palestinese Mahmoud Abbas, può avere un impatto devastante sui cittadini della Striscia.
Tony Laurance, direttore ad interim dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) in Cisgiordania e a Gaza, ha affermato che "ogni mese circa 900 palestinesi, gravemente ammalati, venivano trasferiti in ospedali di Gerusalemme Est, in Egitto, in Giordania e in Israele, ma ora non riescono più a lasciare la Striscia a causa dell'ulteriore peggioramento dei rapporti tra Fatah e Hamas".
"(Hamas e Fatah) stanno giocando con la vita delle persone e il loro dolore. C'è una completa assenza di responsabilità", ha dichiarato Khalil Shaheen del Centro palestinese per i diritti umani.
Yarom Ran, membro di Phisicians for Human Rights (Phr), ha affermato che, con il collasso dell'ufficio responsabile dei trasferimenti, è stato necessario avviare delle procedure indipendenti.
Il gruppo di medici israeliani, in collaborazione con il Centro palestinese per i diritti umani, è riuscito infatti a far trasferire 35 pazienti di Gaza in strutture sanitarie all'estero.
Nonostante il risultato positivo, i rappresentanti delle associazioni indipendenti hanno affermato che non sarà possibile garantire un servizio funzionale per la mancanza di risorse economiche e umane.
Un primo cambiamento c'è stato negli ultimi giorni, quando il ministro della salute di Hamas, Basim Naim, ha annunciato la ripresa dei lavori della commissione per i trasferimenti.
Hamas ha chiesto la partecipazione di medici e operatori sanitari indipendenti, per trovare nuovi membri del comitato che siano graditi ad entrambe le parti; tuttavia la possibilità di un accordo nel breve periodo sembra molto remota. (fonte: Associated Press)

(Osservatorio Iraq, 30 aprile 2009)

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Israele a Ue: critiche al governo Netanyahu inaccettabili

"Se continueranno l'Ue non parteciperà al processo di pace"

ROMA, 30 apr. - Israele avverte l'Unione Europea: le critiche al governo Netanyahu sono inaccettabili. Secondo quanto riporta il sito web del quotidiano israeliano Haaretz, il direttore per l'Europa del ministero degli Esteri israeliano, Rafi Barak, ha detto che se dall'Europa continueranno a giungere critiche ingiustificate al nuovo governo israeliano, Israele terrà fuori l'Ue dal processo di pace con i palestinesi. Il bersaglio principale del funzionario è il commissario per le Relazioni Esterne dell'Ue, Benita Ferrero-Waldner, che recentemente ha respinto l'idea di una immediata intensificazione dei rapporti tra Bruxelles e lo Stato di Israele, in attesa di un chiarimento da parte del nuovo governo Netanyahu per quanto riguarda il suo impegno nel processo di pace. Alcuni giorni fa - riporta Haaretz - il funzionario israeliano ha iniziato a contattare i diplomatici dei Paesi europei, per discutere dell'atteggiamento dell'Europa verso il governo Netanyahu. I primi a essere chiamati sono stati gli ambasciatori di Francia e Regno Uniti, Jean-Michel Casa e Tom Phillips, e l'incaricato d'affari dell'ambasciata tedesca. Rafi Barak si è lamentato in particolare delle critiche rivolte al governo israeliano da alcuni ministri e funzionari europei. "Da alcune settimane stiamo ripetendo a tutti che il governo (Netanyahu) ha bisogno di tempo per rivedere le sue politiche", e che quindi non è opportuno "iniziare una guerra sulla stampa", ha detto il funzionario. "Israele chiede all'Europa di abbassare i toni", ha aggiunto Barak. "Se queste dichiarazioni continueranno, l'Europa non potrà partecipare al processo diplomatico, ed entrambe le parti perderanno".

(Apcom, 30 aprile 2009)

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Quando i bambini egiziani fanno clic scoprono che gli ebrei sono "bestie"

di Costantino Pistilli

Il succo di frutta aiuta a non perdere i capelli, a guarire dall'arteriosclerosi, a prevenire l'influenza. Sono solo alcuni dei consigli che si trovano sul sito Awladna, "i nostri bambini". Un sito egiziano colorato, festoso, allegro che spiega ai bambini qual è il giusto comportamento da tenere in ogni occasione: dai matrimoni al funerale, dai giochi alla scuola, per finire alle preghiere in moschea.
Awladna insegna a usare il computer e offre nozioni di base di storia e geografia. Alcune pagine sono ancora in costruzione, karibn bezn Allah, "saranno pubblicate a breve, con il permesso di Dio". Ma i giochi e i colori sgargianti, i jingles e la grafica accattivante non sono altro che l'anticamera di contenuti meno innocenti e molto più pericolosi.
Le pagine più inquietanti del sito sono piene di odio e risentimento verso il mondo ebraico. La promessa fatte ai più piccoli è che "nessuno muore, quando muore per Allah, ma vivrà in eterno con Lui". Ci sono storie, consigli e testimonianze dispensate dai genitori ai lori pargoli, ma anche tra i piccoli amici. Il nemico è sempre quello che a Gaza ha sparato senza pietà su giovani e bambini. Gli ebrei sono dei barbari selvaggi, ostili ai "veri" credenti. Sono bestie che hanno bruciato case, occupato terre, distrutto nazioni e commesso orrendi massacri uccidendo donne, bambini e anziani, tagliandogli acqua, elettricità, viveri e medicine.
I sionisti sono criminali e assassini che hanno espulso i fratelli palestinesi dalle loro case occupando la loro terra. Sentimenti che emergono dalla lettera di Bilal, un bimbo egiziano di 7 anni. Mentre Sameh, un altro piccolo da istruire, viene ammonito a non dimenticare: "i sionisti non sono solo tuoi nemici, ma i nemici di tutta l'umanità".

(l'Occidentale, 30 aprile 2009)

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Il Consiglio di Zona 1 in collaborazione con l'Associazione Amici d'Isralele invita a

ISRAELE: 61 ANNI DI VITA

Open Day con ingresso libero

In occasione del
61o Anniversario della
fondazione dello Stato d'Israele


Con il patrocinio di:
Comunità Ebraica di Milano
Keren Hayesod
Federazione delle Associazioni Italia Israele

GIARDINI DELLA GUASTALLA
Milano, Domenica 3 Maggio 2009 dalle 11.30 alle 19

Stand giudaica, libri, cosmetica Ahava
Gastronomia israeliana
Musica e danze
Attività per bambini

11.30 Apertura
12.30 Saluto delle autorità
13.15 Degustazione prodotti tipici
14.00 Canzoni israeliane con Yevgenya Kimiagar e Manuel Buda
15.30 Danze con Hashomer Hazair
17.00 Lotteria 2 biglietti AR Israele

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Un'autentica infiltrazione sionista in Iran

di Ugo Volli

Cari amici, per festeggiare Iom Haatzmaut, la festa di compleanno dello Stato di Israele (auguri!) voglio raccontarvi una storia vera carina e molto istruttiva, che non ho trovato sui giornali italiani. Dovete sapere dunque che nei giorni scorsi un inquietante senso di tradimento, un brivido di insicurezza, una rabbia impotente si è diffusa per i luoghi iraniani del potere. Il problema era questo: nei mercati di Teheran si trovavano un po‘ dappertutto degli agrumi marchiati con l‘etichetta israeliana "Jaffa sweeties Israel". Sono i celebri pomelo, buonissimi ibridi di pompelmo e mela inventati dagli agronomi israeliani. Era un‘autentica "infiltrazione sionista"! Uno scandalo, un attentato alla purezza islamica dell‘Iran! I giornali ne hanno fatto un caso da prima pagina, il capo del Centro di distribuzione agroalimentare di Teheran ha espresso ufficialmente la speranza che i colpevoli fossero assicurati al braccio della legge (poveracci loro, è un braccio che impicca e tortura...). Il ministro del commercio, per tirarsi fuori dai guai, ha dichiarato in Tv che avrebbe regalato un miliardo di rial iraniani (non so quanto valga un rial, ma dev‘essere parecchio, per gli standard locali) a chiunque potesse dimostrare che il suo ministero avesse concesso un permesso di importazione per quei terribili frutti. Alla fine tutti hanno tirato un sospiro di sollievo: è venuto fuori che la frutta non era israeliana, sono stati i soliti falsari cinesi che per aggiungere valore ai loro tarocchi gli hanno attaccato l‘etichetta sovversiva. Nessun iraniano aveva dunque commesso il peccato di comprare e mangiare merce israeliana: i combattenti islamici senza macchia vivranno felici e contenti e lotteranno insieme agli eroici paletinesi occupati.
Potete leggere questa storia (rigorosamente vera) come un apologo sul nostro tempo: i boicottaggi e la globalizzazione, i falsari e i tiranni. Potete anche riflettere sul fatto che Eurabia è avviata sulla strada dell‘Iran, molti vogliono boicottare Israele, ci hanno provato anche in Italia e soprattutto in Gran Bretagna stanno cominciando a muoversi: rule Britannia, rule on the fruits, sempre all‘avanguardia dello spirito eurabiano.
Ma io preferisco un‘altra conclusione: per quanto furbi siano, i dittatori sono sempre comici, perché hanno una maledetta paura della libertà che c‘è sempre anche nei comportamenti meno politici della gente, nel mangiare un frutto, nello spedire una cartolina. Per questo Israele vincerà (buon sessantunesimo compleanno!): perché è un paese libero circondato da nemici violenti e aggressivi, ma tirannici e quindi stupidi.

(Informazione Corretta, 29 aprile 2009)

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Israele? Per i suoi nemici non è uno Stato ebraico

di Fiamma Nirenstein

Oggi compie 61 anni, ancora non lo vogliono chiamare per nome e dicono che non aveva diritto a nascere. Ha perso 22.570 soldati in guerra, 3.000 cittadini in attentati terroristici, ma la popolazione non ha abbandonato le case di pietra, i vicoli, i ristoranti di Gerusalemme, né sono rimasti spopolati spiagge e pub di Tel Aviv; nessuno ha smesso di frequentare le scuole o le università; l'high-tech è fra le prime, la musica della Filarmonica fra le più apprezzate del mondo, la medicina, la fisica, l'agricoltura producono premi Nobel, l'Alta Corte è un esempio di correttezza. Eppure, secondo alcuni, a 61 anni lo Stato ebraico è lì per caso, paracadutato in un'area con cui non ha niente a che fare, solo per realizzare un vasto disegno colonialista e razzista, oppure, secondo altri, è stato edificato per riparare ai sensi di colpa degli Europei dopo la Shoah, che per altro non è esistita. Insomma, deve sparire: lo dicono Ahmadinejad, Hamas, gli Hezbollah, e altri lo pensano. Ad Abu Mazen, Netanyahu propone di ricominciare a discutere su «due Stati per due popoli» purché il rais riconosca Israele come Stato Ebraico, ma egli ha ripetuto anche lunedì che non accetta, e il motivo è evidente: non vuole permettere che ciò diventi un ostacolo per il «diritto al ritorno» o per l'idea di Israele come «Stato dei suoi cittadini». Arafat a Camp David rifiutò la Spianata delle Moschee pur di non riconoscere quella che è un'affermata verità storica registrata in tanti testi musulmani, ovvero che sotto la Spianata giacciono le memorie del Grande Tempio ebraico di Erode distrutto nel 70 d.c. dai Romani.
Il popolo ebraico mise le sue radici in Israele più di 4000 anni fa, il re David ne unificò le dodici tribù e fece di Gerusalemme la città ebraica per eccellenza, mai abbandonata del tutto anche in tempi di letali persecuzioni. Nell'Ottocento (ben prima della Shoah) gli ebrei tornarono ad esservi maggioranza. Intanto, quale che fosse il signore del tempo, crociati, arabi, ottomani, anche Tiberiade, Rafah, Gaza, Ashkelon, Jaffa, Cesarea, Safed, Haifa, Nablus, videro sempre, nei secoli, gruppi di ebrei attaccati alle loro pietre. Un popolo con la sua lingua e le sue usanze a casa e nella grande diaspora. Nella diaspora nacque il sionismo, il movimento che ha riportato gli ebrei a casa.
È nell'Ottocento e nei primi anni del Novecento (Tel Aviv fu fondata nel 1909) e non dopo la Shoah che il sionismo si organizza, si fonda l'Università di Gerusalemme, la Filarmonica di Tel Aviv, si muore di malaria bonificando le paludi, si fonda la scuola d'Arte Betzalel di Gerusalemme, Toscanini dirige la Filarmonica di Tel Aviv, si organizza l'immigrazione clandestina nonostante un'opposizione europea (altro che sensi di colpa!) che affonda o respinge le navi che portano i profughi anche durante la Shoah... Gli ebrei vivono la loro storia di irredentismo come tanti altri popoli, e nel 1917 la dichiarazione Balfour è il primo documento che riconosce il loro diritto all'autodeterminazione. Lontano dalla Shoah. E Churchill diceva che nessun popolo come quello ebraico è legato alla Palestina. Anche l'immagine dell'arabo ignaro penalizzato dall'imperialismo, è falsa: basta pensare a Haj Amin Al Hussein, leader palestinese amico molto attivo di Hitler , ai nazisti nascosti in Egitto, all'odio antisemita che mise in fuga dai Paesi arabi 800mila ebrei. Essi trovarono un approdo appunto, nello Stato ebraico. È interessante: quelli che lo negano, paradossalmente, creano l'evidente indispensabilità della sua esistenza.

(il Giornale, 29 aprile 2009)

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Italia-Israele - Meir: Napolitano simbolo della lotta all'antisemitismo

"I leader italiani hanno compreso il nostro intervento a Gaza"

ROMA, 29 apr. - Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano "rappresenta un simbolo e un modello della forte e decisa posizione italiana contro ogni fenomeno di antisemitismo, razzismo e xenofobia". Lo ha sottolineato l'ambasciatore israeliano in Italia Gideon Meir, nel suo intervento al ricevimento romano per i 61 anni dello Stato ebraico. Il diplomatico ha citato la visita "molto importante" di quest'anno in Israele di Napolitano, "per noi un'occasione per ringraziare ufficialmente il presidente e tutto il popolo italiano per essere saldamente al fianco della giustizia naturale e della libertà". Oltre a ciò, ha "ricordato e apprezzato" il sostegno del governo italiano, così come degli esponenti dei partiti di opposizione, alla "decisione del governo israeliano di iniziare, nel dicembre scorso, l'operazione difensiva 'Piombo fuso', diretta contro l'organizzazione terroristica di Hamas che ha preso il potere nella Striscia di Gaza". "I leader italiani - ha detto - hanno compreso che Israele è stato costretto a questa azione militare, per autodifesa, per difendere i residenti del sud del Paese, la cui vita era diventata ormai intollerabile per i missili lanciati continuamente, giorno e notte, negli ultimi otto anni, anche e soprattutto dopo il ritiro israeliano da Gaza". Meir ha poi voluto ringraziare i presidenti di Senato e Camera, entrambi presenti ai festeggiamenti: in particolare "Renato Schifani, per il coraggio e l'amicizia dimostrati a Israele" e Gianfranco Fini "per la sua ferma e salda posizione contro ogni forma di intolleranza e la sua amicizia per Israele, motivo di apprezzamento e di riconoscenza".

(Apcom, 29 aprile 2009)

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Il Consiglio di Zona 1 in collaborazione con l'Associazione Amici d'Isralele invita a

ISRAELE: 61 ANNI DI VITA

Open Day con ingresso libero

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GIARDINI DELLA GUASTALLA
Milano, Domenica 3 Maggio 2009 dalle 11.30 alle 19

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11.30 Apertura
12.30 Saluto delle autorità
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Hamas: non riconosceremo Israele come vuole Quartetto

Lo ha detto deputato Mushir Masri dopo fine colloqui con Fatah

GERUSALEMME, 29 apr. - "Hamas provera' ad essere flessibile ma non fara' concessioni a spese dei suoi principi. Non accetteremo le condizioni del Quartetto (Usa, Russia, Ue e Onu) che prevedono il riconoscimento di Israele, la fine della resistenza e la rinuncia al 78% della Palestina fatta dall'Olp". Con queste parole il deputato di Hamas, Mushir Masri, ha commentato oggi a Gaza i colloqui per la formazione di un governo di unita' nazionale avuti dal movimento islamico con Fatah, il partito del presidente Abu Mazen, e che si sono conclusi ieri sera al Cairo senza un accordo. I negoziati riprenderanno il 16 maggio, sempre nella capitale egiziana. "I problemi principali che ostacolano la riconciliazione (tra Hamas e Fatah) non sono stati risolti al Cairo - ha aggiunto Masri - il programma del nuovo esecutivo palestinese rimane il nodo piu' difficile". Secondo gli analisti la conclusione senza successo delle trattative al Cairo ha confermato le differenze ampie esistenti tra Hamas e Fatah e l'impossibilita', almeno nelle condizioni attuali, di un accordo tra le due parti. Il movimento islamico non ha intenzione di riconoscere Israele come chiede il Quartetto mentre Fatah ripete che solo il riconoscimento dello Stato ebraico garantira' ai palestinesi la fine dell'occupazione israeliana, la revoca del blocco di Gaza e, in definitiva, l'appoggio internazionale necessario per arrivare alla creazione di uno Stato indipendente in Cisgiordania, Gaza con capitale il settore arabo (Est) di Gerusalemme. Sempre oggi Saeb Erekat, capo del team palestinese nei negoziati con Israele, ha precisato che l'Autorita' Nazionale di Abu Mazen firmera' un eventuale accordo con Israele quando i territori palestinesi torneranno ad essere uniti. Hamas nel giugno 2007 ha preso, con la forza, il potere a Gaza lasciando ad Abu Mazen solo il controllo delle citta' autonome palestinesi in Cisgiordania. "Non ci sara' alcuna soluzione politica (del conflitto) sino a quando Gerusalemme, Cisgiordania e Gaza rimarranno divise", ha avvertito Erekat

(Apcom, 29 aprile 2009)

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Egitto - Mubarak: 'potenze straniere" cercano di sabotarci

IL CAIRO, 29 apr. (Adnkronos/dpa)- "Potenze straniere cercano di sabotare l'Egitto attraverso movimenti islamici", ha detto oggi il presidente egiziano Hosni Mubarak in quello che e' apparso un chiaro riferimento all'Iran e al partito libanese Hezbollah, sostenuto da Teheran. Mubarak, che parlava della festa del Lavoro, non ha fatto nomi, ma la folla che lo ascoltava ha subito lanciato slogan contro lo sceicco Nasrallah, leader di Hezbollah.
Tre settimane fa le autorita' egiziane hanno annunciato di aver sgominato una cellula del partito Hezbollah che preparava attacchi per destabilizzare il Paese. Due giorni dopo, Nasrallah ha negato le accuse ma ha ammesso di aver mandato un esponente del suo partito in Egitto per fornire "aiuto logistico" ai palestinesi della Striscia di Gaza controllata da Hamas. Gia' a fine dicembre, quando inizio' l'operazione militare "piombo fuso" a Gaza, Nasrallah aveva esortato gli egiziani a scendere in strada "a milioni" per chiedere l'apertura del confine con la Striscia. All'Iran che definiva "vecchi trucchi" le accuse contro Hezbollah, l'Egitto ha risposto con una protesta formale.
"Non interferiamo negli affari interni di alcun paese -ha detto ancora Mubarak nel suo discorso di oggi- e non permetteremo interferenze nei nostri. L'Egitto ha dato e sta dando ai palestinesi piu' di quanto diate voi. Non li usa come merce di scambio e non partecipa nello spargere il loro sangue. Lavora duro per raggiungere la loro unita'".

(Libero-news.it, 29 aprile 2009)

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Iran. Ahmadinejad: "I governi europei e Usa sono controllati dai sionisti"

Il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad ha accusato oggi i governi europei e degli Stati Uniti di essere controllati dai "sionisti", che ha definito "la gente più orribile e la più odiata da tutte le nazioni del mondo".
"Uno dei peggiori crimini dei sionisti - ha affermato Ahmadinejad parlando in un comizio a Shiraz, nel sud del Paese - è di avere penetrato i centri del potere in Europa e negli Usa. È come se questi governi dovessero loro qualcosa". Questa situazione, ha aggiunto il presidente iraniano, è dimostrata dalla mancanza di critiche da parte dei governi occidentali contro l'offensiva israeliana nella Striscia di Gaza, lo scorso inverno, e la loro definizione di "terroristi" per le milizie palestinesi di Hamas.
"Perché chiamano terrorista il popolo di Gaza che si difende? Perché sono degli sfacciati", ha affermato Ahmadinejad, mentre la folla scandiva 'Morte all'America' e 'Morte a Israele'.

(l'Occidentale, 29 aprile 2009)

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Anche Zaia e Fazio dicono sì al cambio di nome dell'infezione

ROMA (29 aprile) - Continua il dibattito sul nome da dare alla nuova influenza. Israele è stato il primo a lanciare l'appello per non chiamarla suina.
Ora anche il ministro delle Politiche agricole Luca Zaia prende posizione: «Non chiamatela influenza suina ma messicana, il nostro comparto suino, infatti, non presenta nessun problema di sicurezza alimentare». «Timori - precisa Zaia - che non hanno motivo di sussistere, secondo anche quanto dichiarato dal ministero della Salute. Diamo invece una mano ai nostri allevatori, consumando i loro prodotti».
Favorevole al cambio del nome anche il sottosegretario al Welfare Ferruccio Fazio: «Sono d'accordo sull'idea di cambiare denominazione all'influenza suina, come suggerito, fra l'altro, anche dall'Oms». «Mentre l'aviaria continua ad essere trasmessa da uccelli, come è accaduto anche di recente in Egitto - afferma - questa forma ormai è trasmessa da uomo a uomo. Quindi non ha senso chiamarla suina: è illogico. Per me andrebbe bene denominarla, come è stato proposto, nuova influenza o "messicana". Sarebbe più corretto».
Ieri la vicenda era sfociata in una mini crisi diplomatica fra Israele e Messico, subito rientrata. Il viceministro israeliano della Sanità, Yaakov Litzman, esponente d'un partito confessionale, avrebbe voluto trasformare in "influenza messicana" per evitare qualsiasi riferimento ai suini, considerati animali immondi dall'Ebraismo come dall'Islam. L'affaire ha varcato ieri l'oceano ed è sfociato nella convocazione dell'ambasciatore da parte del ministero degli Esteri messicano, irritato per le parole di Litzman. Parole che alla fine anche il diplomatico israeliano ha censurato come «una scivolata verbale», assicurando che lo Stato ebraico non intende ribattezzare d'autorità il virus all'interno dei suoi confini. E tanto meno legarne indissolubilmente il nome al Messico.

(Il Messaggero, 29 aprile 2009)

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Israele - Cina: politica ed economia su due binari distinti

da un articolo di Antonella Leonardi

[...] La Cina ha da lungo periodo rapporti tradizionali, consolidati e utili con Israele, ma negli ultimi anni le relazioni piuttosto strette con i Paesi arabi e con altri vicini scomodi di Gerusalemme, in particolar modo con l'Iran, sono fonte di imbarazzo diplomatico. La Cina punta verso il Medio Oriente per questioni di immagine, proponendosi come superpotenza alternativa a Washington, ma anche per questioni prettamente economiche di sfruttamento delle risorse energetiche, di cui la Cina è il maggior consumatore e il Medio Oriente il primo fornitore. Ed è proprio per ragioni d'affari che ci si può attendere che la Cina mantenga con Israele un atteggiamento critico, ma mai sufficientemente evidente da rischiare di mettere in discussione i rapporti economici e commerciali che intercorrono tra i due stati. La Cina è un'indiscussa potenza economica a livello soprattutto quantitativo, ma Israele dispone di quelle tecnologie avanzate di cui la Cina ha bisogno. C'è da attendersi quindi che le cose proseguano per lungo tempo nella maniera in cui si sono impostate oggi: un velato attrito nelle relazioni politiche, tale da permettere alla Cina di proporsi alle altre potenze mediorientali come alleato, che non offuschi però le stabili relazioni commerciali tra i due paesi.

(Equilibri.net, 29 aprile 2009)

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Sciogliamo il Consiglio dei diritti dell'uomo

di Bernard-Henry Lévi

Bernard-Henry Lévi
Metà fallimento? Metà successo? Possiamo discutere all'infinito sul bilancio di Durban II. Secondo me, una conferenza antirazzista preparata dalla Libia, inaugurata dall'Iran e che si conclude con un testo il cui merito è, come si va sbandierando, di aver evitato l'attacco frontale contro donne, ebrei, minoranze sessuali e religiose, liberi pensatori e popoli indigeni, è un fallimento totale.
[...]
Bisogna sciogliere il Consiglio dei diritti dell'uomo. Bisogna reinventare un Consiglio dotato di un sistema di governo che renda impossibile il suo controllo da parte di Stati assassini, come accade oggi. Bisogna inventare una procedura semplice che, così come si priva temporaneamente dei diritti civili un cittadino resosi colpevole di un atto criminale importante, permetta di escludere, finché non cambieranno regime, gli Stati canaglia, dittatoriali, colpevoli di genocidio.
È a questo prezzo che forse nascerà finalmente, su scala internazionale, una politica dei diritti dell'uomo degna di questo nome e che andrà in aiuto di tutte le vittime senza eccezione. È in questo modo che forse sarà organizzata un giorno la vera, grande Conferenza antirazzista che si dedicherà alla sorte dell'immenso popolo di morti, o di morti in sospeso, occultato, messo a tacere, cancellato dai nostri radar, oltre che dal «grande racconto» di coloro che, nel paese dei dannati della terra, vuole ormai vedere soltanto una testa: quella antisionista e, se possibile, islamista.
Recuperiamo la bella parola «antirazzismo» dalle canaglie che se ne sono impossessate. Restituiamo il suo senso a una lotta antirazzista che non ha davvero nessuna ragione di essere abbandonata nelle mani degli amici del razzista Ahmadinejad o ai mercanti di schiavi di Khartum....

(il legno storto, 29 aprile 2009)

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61o anniversario della fondazione dello Stato di Israele

di Roberto Della Rocca, rabbino

Questa sera e domani festeggeremo il 61o anniversario della fondazione dello Stato di Israele definito nelle nostre preghiere "l'inizio del germoglio della nostra redenzione". Yom ha Atzmaùt è forse una delle ricorrenze in cui risulta più difficile distinguere il momento laico da quello religioso. Ciò che da altri popoli verrebbe vissuto soltanto come una festa nazionale, nel popolo ebraico ha assunto connotazioni e significati più complessi La distinzione netta tra i momenti laici e i momenti religiosi è una lettura della realtà estranea alla Tradizione ebraica per la quale non esiste una dicotomia tra il "hol"(laico) e il "kodesh"(sacro).
Il 5 di Yiàr di 61 anni fa, appena Ben Guriòn ebbe finito di leggere la dichiarazione d'Indipendenza, Rabbi Ha Cohen Maimon, uno dei firmatari della dichiarazione stessa, si alzò in piedi e pronunciò la benedizione di "Sheecheianu" che si dice per le cose e per gli avvenimenti nuovi, benedizione nella quale si ringrazia Dio per averci fatto vivere, e partecipare a una situazione che è per noi fonte di una gioia inaspettata. Si tratta in realtà, dal punto di vista della Tradizione, del riconoscimento della miracolosa sopravvivenza ebraica e la realizzazione di quello che era stato il sogno di decine di generazioni. Yom ha Atzmaùt ci ripropone quindi l'incessante dialettica che accompagna il destino del popolo ebraico dove la storia si incontra con lo spirito, l'immanente con il trascendente e il tempo delle lacrime con il tempo delle risa.

(Notiziario Ucei, 28 aprile 2009)

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Mahmoud Abbas: " Non accetto lo Stato ebraico, chiamatelo come vi pare"

di Itamar Marcus and Barbara Crook

Il Presidente dell’Autorità Palestinese [questa è la dizione esatta, non “Autorità nazionale palestinese”, ndr] e capo di Fatah, Mahmoud Abbas, ha dichiarato inequivocabilmente lunedì che non accetta lo Stato ebraico.
“Lo dico chiaramente: non accetto lo Stato ebraico, chiamatelo come vi pare”, ha detto alla conferenza preliminare del Parlamento giovanile palestinese a Ramallah.
Alla fine della conferenza hanno presentato ad Abbas una grande carta incorniciata della “Palestina” che ricopre l’intera area di Israele.
La fotografia della carta, tenuta in alto da un sorridente Abbas, è stata pubblicata con grande rilievo in prima pagina su entrambi i quotidiani dell’AP. Si noti che sulla carta la parola “Palestine” compare in inglese.

(Palestinian Media Watch, 28 aprile 2009 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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Recensire Ratzinger

La linea politica di Benedetto spiazza perché non è politica

di Bruno Mastroianni

La linea politica di Benedetto XVI spiazza. Durban II lo dimostra. Le parole di incoraggiamento del Papa durante il Regina Coeli e il fatto che la Santa Sede non abbia boicottato la conferenza come gli altri paesi occidentali, hanno gettato tutti nella confusione. A cominciare dal rabbino Di Segni che ha detto alla Stampa: «Non riesco proprio a interpretare il gesto di Benedetto XVI». Poi Carlo Panella sul Foglio, preoccupato per questa sorta di ingenuità papal-diplomatica che, in nome dell'affinità con i paesi islamici sulle questioni etiche, non ha saputo comprendere la novità del "pericolo Ahmadinejad". Anche Repubblica ha trovato le sue spiegazioni in presunti "segnali" vaticani a Israele. Insomma come al solito, a buttarla sul politico, quasi nessuno sembra averci capito molto. I fedeli invece sono rimasti tranquilli. Hanno riconosciuto, in quel dare segnali positivi e incoraggianti nonostante la scarsa affidabilità di alcuni interlocutori, il modo di fare della Chiesa da millenni. «Non entriamo in motivazioni politiche, vogliamo dare un piccolo servizio per cambiare il cuore delle persone», ha detto monsignor Tomasi, osservatore all'Onu. Questo muoversi al di là degli equilibri di potere, questo andare oltre le diatribe in sé per arrivare ai "diatribanti", questo proporre il Bene di fronte al mondo proprio laddove sembra che i buoni non ci siano, può lasciare perplessi analisti ed esperti di relazioni internazionali, ma ricorda molto il modo di fare di Colui che al cristianesimo diede inizio. Ecco la "linea politica" di Benedetto.

(Tempi.it, 28 aprile 2009)

COMMENTO - No, non tutti sono rimasti spiazzati dalla “linea politica” di Joseph Alois Ratzinger. Anzi, chi ha capito qual è la linea teologica del Vaticano, “il modo di fare della Chiesa da millenni”. sarebbe rimasto sorpreso del contrario. Solo che, a differenza dell’autore di questo articolo, dopo averlo capito non può che esserne rimasto disgustato. Nella sua autoconsapevolezza, la Chiesa cattolica si ritiene al centro del mondo, “mater et magistra”, veicolo e sostegno di tutto il bene che può esserci su questa terra. Essendo madre di tutti, non può parteggiare per l’uno o l’altro dei suoi figli in lite. Il Vaticano è andato all’Onu per legittimarlo “spiritualmente” con la sua presenza, in realtà per cercare di rimanere sempre al centro dell’interesse mondiale. Che il Vaticano arrivi a mettere in gioco i suoi propri interessi politici, nella forma religiosa in cui li persegue, prendendo posizione aperta in favore di Israele per delle precise ingiustizie commesse nei suoi confronti, è un’illusione che solo degli sprovveduti possono continuare ad alimentare. Quanto alla legittimazione divina ricercata facendo riferimento a “Colui che al cristianesimo diede inizio”, è una responsabilità di cui un giorno dovranno rendere conto. M.C.

Ved. “La Cattedra di San Pietro sta al centro del mondo”, “Notizie su Israele 349”

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Per i "Giochi del Mediterraneo" scelta la cartina

Niente bandiere, per non sottolineare la mancanza di Israele (e Palestina). Il territorio è stato accuratamente tagliato, ma così sono scomparsi anche Libano e Siria

Scartate le bandiere, e persino la carta geografica, che occupa la vignetta, è accuratamente tagliata in modo da non comprendere Israele (e Palestina). Il vecchio problema del boicottaggio, imposto dai Paesi arabi e reiterato ancora all'appuntamento del 2009, trova il suo corrispettivo con il francobollo italiano da 60 centesimi (perché non 65, tariffa più adatta al taglio della manifestazione?), che sarà in vendita dal 5 maggio. La mappa, la quale però non cita Libano e Siria, pure partecipanti, è associata all'immancabile logo e al richiamo a quattro specialità sportive.
È l'omaggio dentellato per i XVI "Giochi del Mediterraneo", che dal 26 giugno al 5 luglio vedranno confrontarsi ventitré équipe nazionali, da Andorra all'Egitto, dalla Croazia alla Libia, in ventinove discipline differenti. Le gare saranno disputate a Pescara e in numerosi altri centri della zona fino, è stato confermato, ad alcune località abruzzesi, in questo momento impegnate nell'affrontare il dopo-terremoto. In base alle attuali programmazioni, proprio dall'Aquila partirà la staffetta inaugurale con la fiaccola.
Il suggello marcofilo sarà disponibile allo sportello filatelico di Chieti Centro, anche se le cerimonie di apertura e chiusura si svolgeranno nella città di Gabriele D'Annunzio.
Nata nel 1951 e svoltasi regolarmente ogni quattro anni, la competizione finora è stata ospitata due volte dall'Italia: nel 1963 a Napoli e nel 1997 a Bari. Nel primo caso ha originato due francobolli, nominali da 15 e 70 lire usciti il 21 settembre di quell'anno; nel 1997, invece, è toccato ad un 900 lire, disponibile dal 13 giugno.


(Vaccari News, 28 aprile 2009)

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Israele-Palestina - Zingaretti: i bambini per combattere gli stereotipi

ROMA, 28 apr - "I bambini sono piu' liberi dagli stereotipi e agiscono per istinto e proprio per questo possono sconfiggere i problemi che derivano dagli stereotipi. Le differenze sono un valore e la paura ci tiene lontani dalle differenze". Sono le parole del presidente della provincia di Roma, Nicola Zingaretti nel corso dell'incontro nella scuola Esopo dove ha inaugurato il progetto su una fiaba che il soldato israeliano, Gilad Shalit rapito nel 2005 da un commando palestinese, scrisse all'età di undici anni."Spero che il messaggio di Shalit - ha proseguito Nicola Zingaretti - arrivi a tutti i bambini del mondo per sconfiggere le paure e gli stereotipi per far vincere la pace. Partendo da una favola si trasmettono messaggi positivi". A maggio il presidente della Provincia di Roma e il presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, svolgeranno il "percorso dei giusti" in Israele mentre questa sera a Roma si svolgeranno i festeggiamenti dell'indipendenza dello Stato di Israele nella comunita' ebraica di Roma.

(IRIS press, 28 aprile 2009)

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Febbre suina: primo caso accertato in Israele

GERUSALEMME, 28 apr - Un primo caso di febbre suina e' stato diagnosticato in Israele su un ventiseienne da poco tornato dal Messico. Ne ha dato notizia la radio militare dello Stato ebraico.
Il giovane era stato ricoverato nel weekend all'ospedale Laniado di Netanya dopo essere tornato dal Messico e aver accusato sintomi influenzali.
Un altro cittadino israeliano appena tornato dal Messico e' attualmente in quarantena in un ospedale del centro del Paese mentre viene sottoposto a esami per determinare se abbia contratto la malattia.

(ASCA-AFP, 28 aprile 2009)

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Febbre suina - Israele cerca di procurarsi altro Tamiflu

Le scorte coprono il 17% non il 25% della popolazione

GERUSALEMME, 28 apr. - L'annuncio di un caso accertato di febbre suina in Israele e' stato accolto con relativa tranquillita' dalla popolazione dello Stato ebraico. Il ministero della sanita' ha pero' fatto sapere che si e' attivato per aumentare le scorte di Tamiflu, il farmaco in grado di attenuare le complicazioni, soprattutto respiratorie, causate dai virus influenzali. Il Tamiflu presente nei magazzini israeliani copre solo il 17% della popolazione contro il 25% stabilito dall'Organizzazione mondiale della sanita'. Stamani vertici del ministero della salute sono rimasti riuniti per ore per fare il punto della situazione e per preparare il Paese ad una eventuale diffusione massiccia della malattia. L'annuncio del primo caso accertato della febbre suina non ha sorpreso il Paese. Sono frequenti infatti i viaggi all'estero di una porzione cospicua della popolazione israeliana originaria, per ragioni legate alla storia del popolo ebraico, di ogni punto del mondo. Particolarmente affollata e' la rotta tra Israele e Stati Uniti mentre e' nota l'origine sudamericana e centro-americana di un numero significativo di cittadini israeliani che, in non pochi casi, mantengono stretti legami con i Paesi di provenienza. Il primo israeliano colpito dal virus e' un giovane di 26 anni rientrato venerdì da un viaggio in Messico e ricoverato domenica a Netanya, a nord-ovest di Tel Aviv. Si attendono inoltre i risultati degli esami effettuati su un secondo caso sospetto, quello di un uomo di 49 anni rientrato di recente dal Messico con sintomi della malattia.

(Apcom, 28 aprile 2009)

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Shoah - Scoperta una bottiglia con un messaggio di prigionieri di Auschwitz

Due dei firmatari sopravvissero al campo di concentramento

VARSAVIA, 27 apr. - E' rimasta nascosta per 65 anni: alcuni operai che stavano lavorando in un edificio che faceva parte dell'ex campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau in Polonia hanno scoperto una bottiglia contenente un messaggio scritto a mano da otto prigionieri, datato 20 settembre 1944. "Sappiamo che due dei firmatari sono sopravvissuti ma non sappiamo che ne è stato di loro dopo al fine della guerra", ha detto un portavoce del museo di Auschwitz, Jerzy Mensfelt. "Se sono ancora vivi avranno 80 anni circa", ha aggiunto spiegando che diffondendo al notizia di questa scoperta spera che possano venire allo scoperto. La bottiglia è stata scoperta mentre gli operai stavano abbattendo un tramezzo della scuola superiore di Auschwitz, che durante la guerra era servita da magazzino per le guardie tedesche del campo. Nel messaggio viene scritto che i suoi firmatari, un francese e sette polacchi, tutti tra i 18 e i 20 anni, erano impegnati nella costruzione di un rifugio anti-aereo. Secondo l'agenzia Pap si chiamavano Albert Veissid di Lione, Bronislaw Jankowiak, Stanislaw Dubla, Jan Jasik, Waclaw Sobczak, Karol Czekalski, Waldemar Bialobrzeski. Tra il 1940 e il 1945 la Germania nazista aveva smistato nel campo di Auschwitz-Birkenau circa 1,1 milioni di persone, quasi tutti ebrei di diversi paesi. Gli altri erano soprattutto polacchi non ebrei, rom e prigionieri sovietici. (fonte Afp)

(Apcom, 27 aprile 2009)

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Abbas a Netanyahu: No al concetto di "Stato ebraico"

di Daniel Mosseri

ROMA, 27 apr - "Non lo accetto e lo dico pubblicamente". Con queste parole il presidente dell'Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas ha risposto alle richieste del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu secondo il quale i palestinesi devono accettare la natura di "Stato ebraico" di Israele. "Chiamatevi come vi pare", ha spiegato Abbas, per il quale è più importante che Israeli congeli ogni attività di insediamento in Cisgiordania e sia disposta a tornare sui confini del 1967. La richiesta fa parte del piano elaborato dal nuovo esecutivo guidato da Netanyahu e secondo gli osservatori servirebbe a bloccare sul nascere ogni tipo di negoziato israelo-palestinese relativo al diritto al ritorno dei profughi palestinesi del 1948 (guerra di indipendenza) e del 1967 (guerra dei Sei giorni) e dei loro discendenti nelle terre israeliane. La questione va anche al di là dello schieramento al governo con Netanyahu.
In Israele ogni partito sionista ritiene che permettere l'accesso in Israele a milioni di profughi palestinesi significherebbe la fine, non violenta ma per via demografica, del moderno Stato ebraico. Anche secondo il passato governo israeliano di centrosinistra guidato da Ehud Olmert, fatti salvi poche decine di migliaia di casi di ricongiungimento familiare, la destinazione della gran parte dei profughi dovrebbe essere lo Stato palestinese che dovrebbe sorgere su Gaza e Cisgiordania. Le parole di Abbas sono state commentate con durezza da Ofir Akunis, membro del Parlamento israeliano eletto nelle file del Likud di Netanyahu: "Le parole di Abbas sono la prova addizionale che i palestinesi non puntano a una vera pace con Israele".
In altre parole, secondo Akunis, " i palestinesi non vogliono due Stati per due popoli ma due stati per un popolo" mentre il riconoscimento del carattere ebraico di Israele rimane "la condizione essenziale per far procedere il processo di pace". Molti osservatori hanno rilevato che la condizione posta da Netanyahu sia per Abbas praticamente inaccettabile. Non perché il capo dell'Anp non sia un moderato quanto piuttosto perché prima ancora che presidente unitario dei palestinesi dei Territori che lo hanno eletto, Abbas è il numero uno dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp). E l'Olp rappresenta le centinaia di migliaia di palestinesi che in Siria, in Libano e in Giordania sperano da decenni di poter tornare nelle terre che oggi sono parte integrante di Israele.

(il Velino, 27 aprile 2009)

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Frattini: Israele e Palestina a prossimi Giochi Mediterraneo

"Non credo ci saranno difficoltà"

LUSSEMBURGO, 27 apr. (Apcom) - Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, spiega ai giornalisti che insieme all'onorevole Mario Pescante sta lavorando ad un invito ai prossimi Giochi del Mediterraneo per israeliani e palestinesi. "Ci stiamo lavorando entrambi - ha spiegato il ministro incontrando i giornalisti a Lussemburgo - l'obiettivo è realizzare qualcosa che quest'anno non si è potuto fare anche perchè in realtà mancavano le domande di partecipazione". Ma per la prossima edizione dei Giochi, ha detto il ministro, "sono invitati entrambi a presentare la domanda di partecipazione, e non credo che ci saranno difficoltà a raggiungere la maggioranza dei tre quarti per approvare l'invito".

(Virgilio Notizie, 27 aprile 2009)

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Produzione casearia molisana: rabbino ebraico al convegno

SAN MARTINO IN PENSILIS (CB)- Il rabbino Akiva Padwa (nella foto) sarà a San martino in Pensilis venerdì prossimo primo maggio per partecipare a un convegno organizzato dal Comune bassomolisano in collaborazione con l'Unimol per uno dei tanti eventi correlati all'edizione 2009 della Carrese. L'incontro tratterà della produzione casearia molisana e l'intervento del rabbino, che arriverà direttamente da Londra, sarà utile per capire la visione ebraica dell'alimentazione. Akina Padwa è infatti esponente di spicco della London Beth Din Kashrut Division, la principale autorità inglese che regolamenta il rispetto della legge alimentare ebraica. E' stato Michele Vitale, vice presidente dell'associazione Italia del Gusto, ad invitare a San Martino Padwa. Sulla falsariga di questa visita Vitale incontrerà alcune relatà produttive molisane con le quali discuterà della possibilità di aprirsi al mercato ebraico.

(Spaccatermoli, 27 aprile 2009)

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Viceministro israeliano: no a nome impuro, la chiamaremo "influenza messicana".

TEL AVIV (27 aprile) - Il viceministro israeliano titolare della delega alla Sanità, esponente del partito religioso dell'Unione della Torah, si è dichiarato oggi contrario alla definizione di «influenza suina» per il virus proveniente dal Messico, ritenendo "non kosher" qualsiasi riferimento a un animale (impuro tanto per l'Ebraismo quanto per l'Islam) come il maiale.
«La chiameremo influenza messicana e non influenza suina», ha sentenziato il viceministro Yakov Litzman, un ultraortodosso dalla lunga barba bianca e che non manca mai di indossare i tradizionali abiti scuri, in una conferenza stampa convocata per fare il punto sulle misure prese dal governo per limitare i rischi di contagio. Rischi che restano al momento bassi in Israele, è stato precisato, malgrado i ricoveri precauzionali di due persone rientrate di recente dal Messico.
Sull'uso del termine «influenza suina», utilizzato dall'Oms (Organizzazione mondiale della Sanità) scende in campo anche l'Organizzazione mondiale della sanità animale (Oie) definendolo inappropriato, perchè «il virus, finora, non è stato riscontrato su degli animali». Secondo il direttore dell'Oie, Bernard Vallat, è stata avviata una discussione con l'Organizzazione mondiale della sanità per correggere il termine finora utilizzato. «Sarebbe più logico chiamarla 'influenza nord-americanà», precisano all'Oie, «come era successo per quella spagnola (1918-79) e quella asiatica (1957-58)». «Non c'è nessuna prova di trasmissione tramite l'alimentazione», confermano dall'Oie. E quindi «solo dei risultati che accertano che il virus circola tra i maiali giustificherebbe misure che limitano l'importazione della carne suina proveniente dal Messico».
Secondo l'Oie il virus non è tuttavia un classico virus umano, ma «ha caratteristiche suine, aviarie e umane». «Se il virus attaccasse gli animali - avverte l'Oie - la sua circolazione aumenterebbe e porterebbe al deterioramento della sanità pubblica mondiale». Per questo l'organizzazione, che ha sede a Parigi dal 1924 e conta 174 stati membri, ha fatto appello alla cooperazione internazionale tra i laboratori che controllano le malattie animali.

(Il Messaggero, 27 aprile 2009)

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Il racconto: così i pirati hanno attaccato la nave

Antonio Volpicelli, il commissario di bordo della nave italiana, con 991 passeggeri e 536 membri dell'equipaggio (tra i quali 134 italiani compresi due cuochi pugliesi), racconta alla Gazzetta i terribili momenti che ha vissuto insieme al comandante mentre sfuggiva all'assalto dei pirati somali. A bordo della nave la sicurezza è in mano ad agenti israeliani specializzati

di Franco Giuliano

La Melody
BARI - «Tutto è durato quindici minuti, forse venti. Se abbiamo avuto paura? Sembrava di stare in guerra. Con la differenza che invece ci trovavamo su una nave da crociera lunga 204 metri e 35 tonnellate di stazza che fila sugli oceani a una velocità di 19 nodi». Antonio Volpicelli, il commissario di bordo della nave Melody della compagnia italiana Msc Crociere, con 991 passeggeri e 536 membri dell'equipaggio tra i quali 134 italiani compresi due cuochi pugliesi, racconta alla «Gazzetta » i terribili momenti che ha vissuto insieme al comandante mentre sfuggiva all'assalto dei pirati. Volpicelli parla al telefono satellitare, mentre la nave naviga ormai al sicuro, lontana dalle coste somale. Il contatto telefonico con la nave riusciamo a stabilirlo dopo vari tentativi. Il centralino ha ricevuto ordini di non accettare alcuna telefonata, soprattutto se di giornalisti. Alla fine chiediamo di parlare con il commissario di bordo del quale riferiamo di conoscere il nome. Un dettaglio sconosciuto ai più che ci porterà fortuna. «Ci eravamo accorti della presenza di quella barca e avevamo intuito le intenzioni dei suoi occupanti - racconta Volpicelli - navigando in questi mari ormai ci si può aspettare certe avventure, ma quando le vivi davvero è completamente diverso da quel che puoi immaginare. Per un istante pensi di assistere ad un film. Poi il rumore delle armi ti porta alla realtà e dentro quel film ti ci ritrovi tu. E a quel punto devi reagire con freddezza, perché in questi casi non si sa mai come può andare a finire un'operazione militare che avviene su una nave con quasi mille passeggeri in vacanza. Soprattutto quando le raffiche dei kalashnikov, come accaduto questa volta, si conficcano nello scafo e mandano in frantumi gli oblò delle cabine». Il commissario ricorda che poco prima del conflitto a fuoco fra uomini della sicurezza e pirati, i passeggeri erano stati invitati a rinchiudersi proprio nelle loro cabine: «Avevamo capito che di li a poco la nave sarebbe stata attaccata».

Commissario ma i passeggeri si sono accorti di tutto?
«Abbiamo detto loro che stavamo per essere attaccati dai pirati. Una frase che su una nave da crociera può sembrare un gioco. In questo caso però tutti hanno preso sul serio il nostro messaggio. Abbiamo invitato tutti a ritornare nelle cabine e a restarci fino a nuovo ordine».

E poi cosa è accaduto?
«Bisognava decidere tutto in pochissimo tempo, mettere in salvo 1.500 uomini fra passeggeri ed equipaggio, organizzare le manovre della gigantesca nave e coordinarle con quelle decise in quegli istanti dal nucleo di sicurezza che doveva respingere l'attacco».

C'è stato panico?
No, ma abbiamo avuto paura. Questa non è una nave da guerra e l'equipaggio non è addestrato a reagire a simili eventi in stile militare».

La sicurezza era in mano ad agenti specializzati israeliani. Quanti ne occorrono per difendere così tanta gente?
«Ci sono dettagli che riguardano l'operazione militare che non posso rivelare per ragioni di sicurezza. Rappresentano il segreto di questa città galleggiante».

È stato il comandante Ciro Pinto, a decidere l'operazione militare del personale israeliano che ha respinto i pirati?
«A loro è affidata la sicurezza della nave e di tutta la gente che si trova a bordo. Hanno reagito all'attacco con grande professionalità e tempestività utilizzando pochissimo le armi e ricorrendo soprattutto agli idranti antincendio: gli ufficiali e l'equipaggio invece hanno gestito il resto delle operazioni di fuga».
La nostra conversazione con l'ufficiale si interrompe più volte. Proprio mentre parliamo il transatlantico sta per essere preso in consegna dalla nave militare spagnola armata e dotata di elicotteri a bordo. Il commissario ci aveva assicurato che avremmo potuto parlare con uno dei cuochi pugliesi a bordo, Salvatore Ciannamea, («in quel momento occupato a preparare la cena»). Per comprensibili motivi di sicurezza non riusciremo però a farlo.

(la Gazzetta del Mezzogiorno, 27 aprile 2009)

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Retroscena. Ex militari di Gerusalemme i professionisti della sicurezza in mare

«Usiamo gli israeliani perché sono i più bravi», sostiene il comandante Ciro Pinto. Ma anche i più favoriti, vien da aggiungere. A garantire la "bravura" delle agenzie di sicurezza israeliane è lo stesso sistema di difesa dello Stato ebraico che richiede alti livelli di addestramento per le forze convenzionali e standard elevatissimi per le forze speciali e le unità antiterrorismo. Così molti ufficiali e sottufficiali, una volta terminata la carriera, investono questa loro esperienza nella creazione di agenzie di sicurezza destinate ai più svariati settori....

(il Giornale, 27 aprile 2009)

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I nazisti di oggi stanno in Iran

di Magdi Allam

Da quando arrivai in Italia nel dicembre del 1972, per la prima volta ho partecipato alla manifestazione per la Festa della Liberazione. Ho deciso di sfilare insieme alla Brigata Ebraica a Milano per lanciare un monito chiaro e forte: attenzione che c'è poco da festeggiare perché la minaccia del nazi-fascismo da cui l'Europa si è affrancata grazie alle Forze Alleate capeggiate dagli Stati Uniti d'America, è nuovamente alle nostre porte sotto i panni del regime islamico iraniano che, da un lato, è prossimo a possedere la bomba atomica e, dall'altro, predica la distruzione di Israele e sogna un nuovo Olocausto del popolo ebraico.
Solo chi non ha occhi per vedere ed orecchie per sentire potrebbe non rendersene conto dal momento che si tratta di una realtà oggettiva che tocchiamo con mano, eppure sembriamo apparentemente incapaci di intendere e inesorabilmente destinati a subire le più tragiche delle conseguenze. Il mio sconforto si è accresciuto ieri quando ho preso atto che queste manifestazioni commemorative sono deleterie, non solo e non tanto perché come correttamente denunciano in molti si sono trasformate nel monumento dell'ideologismo di una sinistra condannata dalla Storia e nello sfogatoio delle frustrazioni delle sue frange radicali e violente, quanto perché restano il terreno di coltura della disinformazione di massa che perpetua la mistificazione della realtà e l'ottenebramento delle menti. Una prova per tutte: non si vede mai una bandiera americana né la si potrebbe vedere perché chi la sventolasse rischierebbe il linciaggio, anche se la verità storica è che a liberarci sono state principalmente le forze anglo-americane. Con il risultato che tutti dobbiamo credere alla leggenda di un'Italia ed un'Europa liberati esclusivamente dai partigiani, che certamente hanno fatto la resistenza e contribuito alla vittoria, ma il frutto del loro eroismo è potuto maturare solo nella cornice della guerra promossa dall'America.
Ugualmente in queste manifestazioni è altamente rischioso sventolare la bandiera israeliana che nasce, nel senso che ebbe il suo primo riconoscimento internazionale, a Brisighella in Romagna dove la Brigata Ebraica fu autorizzata ad esporla il 3 aprile 1945. È vero che anch'io ieri mi sono avvolto nella bandiera israeliana insieme a pochi amici ebrei formando uno scarno corteo, confortati dalla presenza di Guido Podestà, candidato PdL alla presidenza della Provincia, da Manfredi Palmeri, presidente del Consiglio comunale di Milano, con un'apparizione fugace dal segretario del Pd Franceschini e dal presidente della Provincia di Milano Penati a beneficio delle telecamere.
Ebbene l'odio nei confronti di Israele penetra fin dentro le ossa quando abbiamo sentito urlare "Assassini! Assassini!", così come si constata il prevalere del pregiudizio quando scandiscono "Palestina libera!", come se fossero gli israeliani, e non i terroristi palestinesi, ad impedire una soluzione pacifica basata sulla formula "due stati per due popoli" perché, dal loro punto di vista, Israele non avrebbe il diritto ad esistere.
La verità è che a tutt'oggi Israele è l'unico stato al mondo che si vede negato il proprio diritto alla vita sancito dalle Nazioni Unite con la risoluzione 181 del 29 novembre 1947. Così come è l'unico stato al mondo che si trova costretto a difendere la propria esistenza in solitudine, come se si trattasse di una minuzia a cui la comunità internazionale non può prestare attenzione più di tanto. Ecco perché ho ritenuto doveroso essere presente alla manifestazione ieri a Milano. È fondamentale conoscere che così come nel 1945 la Brigata Ebraica diede un significativo contributo per liberare l'Italia e l'Europa dal nazi-fascismo, oggi gli italiani e gli europei devono stringersi attorno ad Israele per liberare il mondo dal nuovo nazi-fascismo islamico che mira alla distruzione di Israele e all'annientamento del popolo ebraico. Ed è proprio perché in Europa si è consumata la tragedia immane dell'Olocausto, che oggi l'Europa deve schierarsi in prima fila nella guerra contro il nazi-fascismo islamico espresso principalmente dal regime degli ayatollah iraniano, che predica pubblicamente l'eliminazione dello Stato ebraico e mira al possesso della bomba atomica violando le risoluzioni delle Nazioni Unite.
Purtroppo l'Unione Europea dimostra sempre più di essere un colosso di materialità senz'anima, interessata alla crescita dei consumi ma incapace di definire delle scelte strategiche perché non ha dei valori condivisi e un'identità comunitaria. Lo si è visto anche nel recente vertice sul razzismo svoltosi a Ginevra, con gli stati europei che si sono presentati divisi, mettendo in scena un deplorevole reality show dove nel rispetto di un copione prevedibile, ispirato da un atteggiamento di indifferenza, ignavia e tacita collusione ideologica, hanno sostanzialmente legittimato il regime nazi-islamico di Ahmadinejad svendendo il valore fondante della nostra umanità e civiltà, la sacralità della vita che oggi più che mai s'incarna nel diritto all'esistenza dello Stato di Israele, in cambio del denaro, del petrolio e del gas iraniano.Il mio impegno nel Parlamento Europeo, se vincerò alle elezioni del 6 e 7 giugno a cui concorro come capolista dell'Udc per il Nord Ovest, è di essere l'ambasciatore della causa del diritto all'esistenza dello Stato di Israele e del popolo ebraico, favorendo l'affrancamento delle nostre menti e dei nostri cuori da un comportamento suicida che ci porta a consegnarci nelle mani del nostro aspirante carnefice, immaginando che la sorte di Israele non ci riguardi. Qui si respira l'aria della resa di Monaco e la nostra Europa rassomiglia sempre più alla definizione che Churchill diede della persona conciliante: «Uno che nutre il coccodrillo nella speranza che questo lo mangi per ultimo».

(Libero, 26 aprile 2009 - ripreso da Informazione Corretta)

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«Basta con l'antisemitismo»

Ha sfilato assieme alla Brigata ebraica il candidato del Pdl alla presidenza della Provincia di Milano Guido Podestà. Il suo invito? Non abbassare la guardia sul razzismo e soprattutto sull'antisemitismo. «È la prima volta che sfilo con la brigata ebraica - ha detto Podestà - e questo avviene in un momento in cui l'antisemitismo sta rispuntando in Europa e nel mondo». Podestà ha lanciato l'appello, ricordando gli attacchi allo stato di Israele e la negazione dell'Olocausto fatti dal presidente iraniano Ahmadinejad.

(il Giornale, 26 aprile 2009)

Sulla Brigata Ebraica

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La Liberazione dei no global: «Ebrei assassini e nazisti»

La Brigata Ebraica in Italia
Stavolta no, non le hanno ripiegate. Amici d'Israele e Giovani ebrei per celebrare il 25 Aprile hanno fatto sventolare stelle di David e bandiere americane. Simboli che una bella fetta della «piazza rossa» non riesce proprio a tollerare, senza scatenare una gazzarra di fischi e insulti.
Alle 14 lo striscione della Brigata Ebraica è in corso Venezia, circondato da Digos e polizia: «Quelle a stelle e strisce mettetele via», il consiglio degli agenti. Qualcuno lo segue. Sono oltre un centinaio dietro le insegne storiche di quei 5mila volontari partiti da Israele nel '44 per liberare l'Italia.
Il raduno della comunità ebraica è all'incrocio con via Boschetti, l'avamposto verso il centro, il più lontano possibile dai no-global, fermi in piazzale Loreto e viale Monza. Qualche autonomo diretto alle retrovie passa, e grida: «Andate a casa». Alessandra ha 30 anni, e si prende un colpo di «assassini». Si avvicina la delegazione dell'Anpi: «È un piacere vedervi qui» dicono i rappresentanti dell'organizzazione....

(il Giornale, 26 aprile 2009)

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25 aprile, l'adesione degli ebrei italiani

"La Liberazione, oltre ad essere il simbolo del riscatto del Paese nel momento in cui gli fu restituita libertà, indipendenza e dignità, significa anche, per gli ebrei italiani, la riconquista dei diritti civili brutalmente calpestati durante il fascismo e l'occupazione nazista". Così il presidente dell'Ucei Renzo Gattegna ha ribadito il profondo significato del 25 aprile per gli ebrei italiani ribadendo l'adesione del mondo ebraico a quest'anniversario di centrale importanza per la vita civile del Paese.
In occasione della giornata Liberazione il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici si è invece soffermato, dopo l'uscita di shabbat, sulla proposta di legge che prevede l'equiparazione tra partigiani e combattenti di Salò. "Qualora la proposta dovesse trovare consenso in Parlamento - ha detto - sarebbe grave e inaccettabile".
Quanto alle celebrazioni, ha affermato Pacifici, "è importante sapere che ogni anno di più il 25 aprile coagula intorno a sé forze politiche e istituzionali proiettando l'Italia in un paese al pari di altri in Europa dove giorni come questi sono momenti d'unità nazionale". "Bisogna ricordare quei partigiani che combatterono affianco delle truppe alleate per liberare l'Italia dal nazifascismo - ha detto ancora Pacifici - riscattando l'onore di un paese che usciva devastato dalla guerra e che soprattutto aveva perso la sua dignità con l'avvento del fascismo, le leggi razziste e la privazione di libertà per ogni cittadino. Sono dunque importanti le presenze bipartisan alla manifestazione di celebrazione del 64o anniversario della festa per la Liberazione svoltasi a Porta San Paolo".
Il tributo di sangue pagato dal mondo ebraico alla libertà del Paese è stato infine ricordato dal sindaco di Milano Letizia Moratti. "Nella sua cultura di libertà - ha detto - Milano aderisce convinta all'invito del Presidente Napolitano. Perché il 25 aprile ritrovi anche oggi un'Italia unita. Perché a combattere per la libertà in quel 25 aprile c'era un popolo. C'erano i partigiani, con le loro famiglie. C'erano le donne, c'erano gli ebrei italiani e milanesi, i più colpiti dalle persecuzioni della dittatura, che portavano il loro contributo di combattenti e difensori della libertà e del Paese".

(Notiziario Ucei, 26 aprile 2009)

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Scricchiola la tesi "due popoli due Stati"

Una pioggia di dettagli sulle «nuove idee» di Netanyahu precede la sua visita a Washington

Un best seller, il padre centenario, due accademici e una miriade di indiscrezioni: sono i vettori grazie ai quali, a tre settimane da giorno in cui sarà ricevuto alla Casa Bianca, il premier israeliano Benjamin Netanyahu sta facendo trapelare le «nuove idee» sul Medio Oriente che esporrà a Barack Obama.
Laureato al Mit, studente ad Harvard, a lungo residente a Boston nonché già viceambasciatore a Washington e capo della missione all'Onu, Netanyahu è il politico israeliano che meglio conosce gli Stati Uniti e la scelta di far precedere l'incontro nello Studio Ovale da una pioggia di dettagli su cosa ha in mente ripete la tattica di comunicazione che la Casa Bianca adopera per preparare il pubblico alle sue iniziative....

(La Stampa, 26 aprile 2009)

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Agenti israeliani sulle navi per la sicurezza

TEL AVIV (26 aprile) - Occorre aver compiuto un servizio militare completo di tre anni in una unità combattente di Tsahal (l'esercito di Israele) per poter entrare in una delle società israeliane che offrono protezione alle navi civili.
Sul mercato c'è crescente richiesta di personale ma le condizioni di lavoro sono difficili e occorre essere disposti a restare lontani da Israele anche per un anno intero. Agli interessati viene richiesta una buona conoscenza dell'inglese; il possesso di un altro passaporto - oltre a quello israeliano - è considerato un vantaggio.
Fra i giovani israeliani di età compresa fra 21-28 anni comunque il lavoro sulle navi non è particolarmente ambito: preferiscono invece la protezione di aerei, ambasciate, o di altre istituzioni.
La protezione delle navi commerciali e passeggeri israeliane è diventata una priorità negli ultimi anni, per la minaccia rappresentata sia da cellule di al-Qaida sia dagli Hezbollah libanesi, che secondo i servizi di sicurezza israeliani cercano di vendicare la uccisione del loro comandante militare Imad Mughniyeh, avvenuta un anno fa a Damasco.
Secondo la stampa israeliana, lo Shin Bet (servizio di sicurezza interno) provvede ad aggiornare di volta in volta i comandanti delle imbarcazioni israeliane delle minacce più o meno concrete che si profilano nei loro confronti.

(Il Messaggero, 26 aprile 2009)

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Israele, il Governo discute sull'estensione della città-colonia

L'ulteriore estensione della città colonia di Maaleh Adumin, ad est di Gerusalemme, è all'ordine del giorno del governo israeliano, malgrado la forte opposizione espressa in diverse istanze dagli Stati Uniti.

Secondo quanto ha riferito la radio militare, una commissione del ministero degli interni ha approvato la annessione a Maaleh Adumim di una piccola colonia, Kedar, dove vivono ottocento persone. La emittente ha notato che i terreni compresi fra le due località consentirebbero comunque la costruzione di 6.000 nuove unità abitative. Prima di diventare operativa, ha precisato la emittente, la decisione dalla commissione deve essere convalidata dal ministro degli interni Ely Ishay (Shas). La opposizione degli Stati Uniti a questi progetti deriva dal timore che una ulteriore estensione di Maaleh Adumim - e la sua ventilata unificazione con l'area metropolitana di Gerusalemme - rischierebbe di ostacolare ulteriormente il transito dei palestinesi dal Nord al Sud della Cisgiordania. La radio militare ha anche riferito che in un altro settore della Cisgiordania, a Bil'in (Ramallah), il tracciato della Barriera di sicurezza sarà invece modificato a favore degli agricoltori palestinesi e a scapito della vicina colonia di Beitar Illit.

(L'Unione Sarda, 26 aprile 2009)

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Iran, Israele e la guerra delle arance

Gerusalemme "invade" il mercato di Teheran: i suoi frutti conquistano i banchi dei bazar del Paese islamico. Ira di Ahmadinejad: subito inchiesta

TEHERAN - L'Iran, che considera Israele il peggior nemico e si dice sempre pronto a respingere un eventuale attacco dello Stato ebraico, è rimasto vittima in questi giorni di una piccola invasione israeliana, almeno sul fronte alimentare. Arance Jaffa, con l'etichetta "Dolce Israele" sono infatti penetrate sul mercato della Repubblica islamica, provocando reazioni di sorpresa sulla stampa di Teheran.
Il presidente Mahmud Ahmadinejad, che più volte ha auspicato la cancellazione di Israele dalle carte geografiche, ha ordinato un'inchiesta e ha promesso «una dura risposta» delle autorità, riferisce oggi il sito Internet Tabnak. Ma la stampa riformista suggerisce che l'importazione dei frutti "avvelenati", apparentemente chiusi in casse che figuravano come provenienti dalla Cina, deve essere stata opera di qualche potente commerciante con protezioni nel regime.
«Le importazioni - scrive il quotidiano Etemad Melli - sono monopolio di pochi imprenditori: non più di 5-10 per le automobili, 2-3 per i cellulari e altrettanti per la frutta. E mentre alla preghiera del venerdì i fedeli gridano 'Morte a Israelè, in certi magazzini di Teheran qualcuno cambia le scritte sulle casse israeliane per farle diventare cinesi».

(La Stampa, 26 aprile 2009)

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25 aprile - Fischi contro rappresentanti della brigata ebraica

Magdi Allam: Oggi minaccia nazi-fascista-islamica contro Israele

MILANO, 25 apr. (Apcom) - I rappresentanti della brigata ebraica, composta da 5mila sionisti che parteciparono alla guerra di Liberazione, sono stati oggetto di una piccola contestazione a base di urla e fischi durante la loro marcia nel corteo milanese. "Assassini, Palestina libera, vergogna, siete il corteo con la polizia" sono stati gli slogan pronunciati da un piccolo gruppo di contestatori. Per un breve tratto al gruppo di manifestanti con striscioni e bandiere di Israele si è accompagnato Magdi Allam il quale ha detto che "oggi dobbiamo liberare il mondo da una minaccia nazi-fascista e islamica contro Israele e il popolo ebraico".

(Virgilio Notizie, 25 aprile 2009)

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«Bus separati per uomini e donne». All'attacco i rabbini di Gerusalemme

Gli ultraortodossi: «Immondo, nella città sacra, che le persone viaggino sui mezzi toccandosi fra loro»

di Francesco Battistini

GERUSALEMME - Separati in bus. Pensiline col divisorio. Niente calche immonde. E nessun bisogno di cedere il posto alle signore. Perché le signore devono viaggiare su mezzi propri, con linee a parte, salendo e scendendo ad apposite fermate. L'ultima battaglia dei rabbini estremi è la chiacchiera preferita, sugli autobus di Gerusalemme, e gli animi si scaldano: al sindaco della città, Nir Barkat, è arrivata l'ennesima petizione degli ultraortodossi che considerano immondo, nella città sacra, vedere questi carichi di persone mischiate fra loro all'ora di punta, uomini e donne che si schiacciano (e quindi si toccano) senza pudore.
Mai più: i rabbini vogliono altre carrozze kosher, maschi di qua e femmine di là, anzi vogliono solo pullman timorati di Dio, come già ne hanno ottenuti l'anno scorso quando la compagnia municipalizzata Egged provvide alle loro esigenze e si dotò di mezzi secondo morale. Le intenzioni sono serie e l'hanno dimostrato giovedì sera, dopo un sit-in di duemila persone all'ingresso di Meah Sharim, il quartiere dei turboreligiosi: «Traveling the right way», viaggiare nel modo giusto e sulla retta via, hanno scandito sotto un palco. Al corteo hanno partecipato anche autisti della Egged, che appoggiano l'idea dei bus separati. Per le gerarchie religiose di Gerusalemme, i trasporti pubblici sono un'ossessione. Durante l'ultima campagna elettorale, hanno chiesto e ottenuto che le pubblicità sulle fiancate dei mezzi non mostrassero foto di candidate donne: la stessa Tzipi Livni s'è dovuta accontentare di scritte acchiappavoti.
    L'anno scorso, un gruppo di rabbini s'è scagliato contro gl'infernali lavori della metropolitana scoperta che, da mesi e almeno fino al 2011, stanno paralizzando il traffico cittadino. La loro preoccupazione non è l'effetto devastante del trenino, che in barba a ogni vincolo e nell'assordante silenzio dell'Unesco passerà perfino sotto le antiche mura di Suleimano il Magnifico: no, gli ortodossi temono la «contaminazione« che la nuova linea provocherà, costringendoli a entrare in quartieri che di solito evitano. Pure qui, la protesta monta e la compagnia tranviaria è dovuta ricorrere all'acquisto di carrozze speciali, blindate, a prova di sassaiole: non solo per le eventuali reazioni dei religiosi, ma soprattutto perché il trenino elettrico finirà per sfiorare anche zone calde palestinesi.
    Tanto attivismo comincia a stancare e a suscitare reazioni, in una città dove ormai i religiosi sono più del 30 per cento della popolazione. Alla manifestazione dell'altro giorno, se n'è opposta un'altra (più piccola) di giovani israeliani con cartelli che dicevano «non vogliamo diventare un altro Iran», «no all'apartheid dei trasporti», «no alla segregazione sugli autobus»… Ferma anche la risposta di Rachel Azaria, responsabile del comune di Gerusalemme: «Il trasporto è un diritto di libertà - dice -. Io non obbligo nessuno a sedersi vicino a me. E chiunque può decidere, da solo, se sedersi o no vicino a qualcun altro. Non possiamo accettare, però, che qualcuno venga a dirci come dobbiamo sederci e viaggiare sui nostri autobus. Non fosse così, non lo chiameremmo trasporto pubblico».

(Corriere della Sera, 25 aprile 2009)

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Un sacrestano accoglie i fedeli con la svastica al braccio

Un sacrestano si lascia riprendere davanti alla chiesa con una svastica al braccio mentre accoglie i fedeli nel giorno in cui (martedì scorso) Israele celebrava la giornata della memoria e sul web scoppia la polemica. È accaduto a Vigevano, dove adesso la diocesi prende le distanze dal gesto del laico Angelo Idi, 51 anni, della parrocchia di San Dionigi in Francesco, che rischia una condanna per apologia del fascismo. Dal canto suo Idi, sacrista da 5 anni, non fa mistero delle sue preferenze politiche e afferma con orgoglio: «Sono di estrema destra e fiero di esserlo. Sono un seguace della Repubblica di Salò». Intanto il vescovo di Vigevano monsignor Claudio Baggini ha subito chiesto chiarimenti al parroco, monsignor Paolo Bonato. «Il vescovo e il parroco - spiega una nota - si dissociano da simile gesto, e valuteranno anche come salvaguardare l'immagine della diocesi lesa da questo dipendente, che comunque è sottoposto alle norme del diritto del lavoro. L'auspicio è che simile gesto, dovuto ad un caso isolato e personale, non condizioni le celebrazioni del 25 aprile, che richiamano quei valori di pace, di libertà e di democrazia che devono essere sempre difesi e testimoniati nella loro attualità».

(Il Mattino, 25 aprile 2009)

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25 aprile - I mille ebrei italiani che combatterono per la libertà

Il 25 aprile è la data convenzionale nella quale con gioia celebriamo la Liberazione d'Italia dalla Repubblica Sociale Italiana e dall'occupazione del III Reich nel 1945. In effetti gli Alleati erano sbarcati in Sicilia nel luglio 1943 e Roma e Firenze vennero liberate nel 1944; ma fu nell'ultima decade dell'aprile 1945 che partigiani e alleati raggiunsero le città del nord della penisola. La Liberazione fu il risultato di un vasto e complesso impegno militare e politico.
Tra i combattenti della Resistenza italiana, vi erano circa mille ebrei, un decimo dei quali fu ucciso in Italia o in deportazione (alcuni furono deportati quali ebrei, altri come politici). Alcune decine di essi erano stranieri, giunti nella penisola nei decenni precedenti, o dopo il 1933 tedesco, o negli ultimi anni di guerra. Molti altri ebrei, provenienti da vari paesi e continenti, combatterono in Italia sotto la bandiera della Brigata ebraica o - anch'essi spesso volontari - nei reparti statunitensi e inglesi; tra essi vi furono alcuni italiani emigrati, che scelsero di rientrare a combattere in Italia per l'Italia....

(moked, 24 aprile 2009)

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Un ebreo ortodosso sfida il marchio Borsalino

Da sempre i prestigiosi cappelli italiani sono i favoriti degli "haredi" ma ora arriva un concorrente locale

Yitzhak Meir Ferster, discendente di una dinastia di fabbricanti di cappelli ed ebreo "haredi", occero ultraortodosso israeliano contro il noto marchio italiano Borsalino. Haaretz racconta di questa sfida all'ultimo feltro nel ristretto mondo degli ebrei tradizionalisti, obbligati per motivi religiosi a indossare sempre il cappello e affezionati clienti della storica azienda italiana.
Una concorrenza che alcuni anni fa è finita anche in tribunale e che ha visto la Borsalino per un certo periodo assente dal mercato israeliano, tornarci in forze aprendo negozi in franchising a Gerusalemme. Che la tensione fosse ormai elevata i lettori della stampa ortodossa lo avevano appreso durante le recenti vacanze pasquali imbattendosi in un vistoso annuncio pubblicitario: un signore italiano attempato, elegante, che fuma il sigaro e ostenta con fierezza un Borsalino. «Volevamo raggiungere gli studenti dei collegi rabbinici» ha spiegato l'agente pubblicitario, che ha coniato lo slogan: «Borsalino, c'è onore!». Quella pubblicità rispondeva ad un'altra aggressiva campagna pubblicitaria: quella del Brandolino, il cappello di Ferster, appunto, che da dieci anni contende al Borsalino i favori degli israeliani. Lo scorso autunno i rioni degli zeloti sono stati percorsi dai Commando Brandolino: gruppi di giovani che ne magnificavano la qualità e i prezzi modici, e promettevano premi. È stata una dichiarazione di guerra, combattuta poi con annunci pubblicitari e poster sui muri dei quartieri ortodossi. Mentre il confronto per aggiudicarsi i favori degli zeloti ancora infuria, il produttore di Brandolino (che in passato ha pure commercializzato i Borsalino) ha giocato con Haaretz quella che spera potrebbe essere una carta vincente: i Borsalino sono importati dall'Italia e invece i suoi cappelli - ha sottolineato - sono un prodotto locale.

(La Stampa, 24 aprile 2009)

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In “Notizie su Israele 456” abbiamo riportato un articolo di Michael Freund che paragona Israele con lo Sri Lanka . L’articolo qui sotto indicato fa capire chiaramente quanto sia ipocrita l’indignazione della comunità internazionale, e anche quella dell’uomo della strada, per i morti palestinesi che si vedono nelle immagini dei media di tutto il mondo. Nello Sri Lanka stanno avvenendo massacri dell’ordine di 4000-6000 morti, e molti non sanno neppure dove si trova quel paese. Ci sono anche le immagini commoventi dei bambini uccisi , ma i media non li riportano, non si scandalizzano, non si indignano. Perché in realtà non è l’amore per i palestinesi che li muove, ma l’odio per gli ebrei; non è la commozione per i poveri bambini, ma l’odio per gli ebrei; non è l’amore per la giustizia, ma l’odio per gli ebrei. Questo dovrebbero riconoscere e di questo dovrebbero vergognarsi. M.C.

Sri Lanka: perché il massacro dei Tamil non indigna il mondo?

di Fabia Ortensi

Cosa ci sia di diverso tra le migliaia di morti e feriti palestinesi durante l'attacco israeliano alla Striscia di Gaza nel dicembre scorso e le migliaia di civili tamil uccisi e feriti in questi ultimi mesi nell'offensiva dell'esercito contro i ribelli tamil nel Nord dello Sri Lanka, se lo chiedono insistentemente molte organizzazioni umanitarie e soprattutto i civili tamil sul campo e quelli della diaspora, che con manifestazioni in tutto il mondo (inclusi scioperi della fame e autoimmolazioni con il fuoco) hanno inutilmente chiesto l'intervento del Consiglio di Sicurezza dell'Onu per un cessate-il-fuoco.

- Una catastrofe di 'serie B'
- La situazione è definita "non meno che catastrofica" dal Comitato internazionale della Croce Rossa in Sri Lanka, che ha denunciato "centinaia di vittime" tra i civili tamil solo negli ultimi tre giorni in cui l'esercito sta tentando di dare l'ultimo affondo alla ribellione delle Tigri per la liberazione della patria tamil (Ltte) nei pochi chilometri quadrati di territorio rimasto ai ribelli; entrambe le parti si accusano reciprocamente di usare i civili come scudi umani, e questi ultimi muoiono sotto i colpi di entrambi.
Sarebbero alcune migliaia, forse addirittura 4500, i civili uccisi negli ultimi tre mesi e ancor di più quelli feriti, secondo stime accolte dal Consiglio dell'Onu per i Diritti umani....

(internationalia.net, 24 aprile 2009)

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Netanyahu: l'Ue non detterà la politica di Israele

Il premier israeliano risponde a Benita Ferrero-Waldner

ROMA, 24 apr. (Apcom) - Il premier israeliano Benjamyn Netanyahu risponde all'Unione Europea, che ieri ha respinto l'idea di una immediata intensificazione dei rapporti con Israele, in attesa di un chiarimento da parte del nuovo governo di Gerusalemme riguardo alla sua volontà di proseguire il processo di pace e di creare uno Stato palestinese indipendente. Lo riporta il quotidiano israeliano Haaretz. Per Netanyahu i rapporti tra Israele e Unione Europea non devono essere condizionati dal processo di pace, ma in ogni caso, ha detto il premier, l'Europa non detterà la politica allo Stato ebraico. "La pace è nell'interesse di Israele non meno che in quello dell'Europa, e non c'è bisogno di legare l'intensificazione delle relazioni con Israele ai progressi nel processo di pace", ha detto Netanyahu ieri in occasione della visita a Gerusalemme del premier ceco Mirek Topolanek, il cui Paese detiene attualmente la presidenza di turno dell'Ue. "Stiamo rivedendo la nostra politica", ha aggiunto, "non metteteci fretta". Ieri, in conferenza stampa, il commissario europeo per le relazioni esterne Benita Ferrero-Waldner aveva detto: "Noi crediamo che le buone relazioni con Israele sono essenziali per l'Ue, ma non crediamo che sia giunto il momento di andare oltre l'attuale livello delle relazioni bilaterali".

(Virgilio Notizie, 24 aprile 2009)

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Lieberman: "La comunità internazionale non parli per slogan"

La comunità internazionale deve "smettere di parlare per slogan" se veramente vuole contribuire a portare stabilità in Medio Oriente. È quanto ha dichiarato il ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Liberman, al Jerusalem Post, nella prima intervista concessa alla stampa del suo paese da quando ha assunto l'incarico di governo.
"Nelle ultime due settimane ho avuto molti colloqui con colleghi di tutto il mondo", ha spiegato il ministro ricordando i recenti incontri con i rappresentanti di Germania, Cina e Repubblica Ceca. "Tutti parlano come fossimo in una campagna: occupazione, insediamenti, coloni...", ha affermato.
A suo giudizio, "slogan" come questi o come "terra per la pace" e "soluzione dei due Stati" sono semplicistici e prescindono dalle cause reali del conflitto in corso. A suo giudizio, la questione palestinese è "a un punto morto" nonostante l'impegno del governo israeliano: "Israele ha dato prova delle sue buone intenzioni, il nostro desiderio è la pace", ha affermato. Le priorità a questo punto, secondo il leader di Israel Beiteinu, sono la sicurezza per Israele, la crescita economica per i palestinesi e la stabilità per entrambi i popoli....

(l'Occidentale, 24 aprile 2009)

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Esiste un popolo ebraico?

Yediot Aharonot scrive: "Per quanto strano possa sembrare, nonostante decenni di 'pace' con paesi come Egitto e Giordania, la società araba in Medio Oriente non si è mai preoccupata di porsi la domanda - Che cos'è Israele?... La nuova posizione del governo israeliano, che richiede il riconoscimento da entrambe le parti dello slogan 'Due stati per due popoli' fa ora, per la prima volta, da obiettivo per la società araba… L'esigenza di riconoscere Israele come stato ebraico o come stato del popolo ebraico li costringerà a decidere, a considerare ed a capire che cos'è Israele. Esiste un popolo ebraico? La maggioranza del pubblico arabo dirà: assolutamente no, come credono Abu Mazen e Saeb Erikat, al massimo c'è una religione ebraica e forse una cultura ebraica. Ma per accettare il loro stato, dovranno riconoscere questo popolo, la sua identità,il suo movimento nazionale - il Sionismo, e cominciare ad interessarsi seriamente ad esso, nella realtà e non nella fantasia…. Questo non sarà facile per quelli che sono stati allevati con sentimenti fortemente antisemiti o anche solo con una distaccata ignoranza di questo Israele… Dopo oltre 60 anni, il processo educazionale di pace con il mondo arabo sta cominciando. Sarà lungo e arduo, come qualunque processo educazionale, ma non c'è alternativa."

(israele.net, 24 aprile 2009)

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La sinagoga di Carmagnola apre le porte al pubblico

         La sinagoga di Carmagnola
CARMAGNOLA (TO) - Forse non tutti sanno che a Carmagnola esiste la più antica, preziosa e interessante sinagoga del Piemonte, rimasta pressoché intatta nella sua struttura interna settecentesca, realizzata quando agli ebrei non era ancora stata riconosciuta l'uguaglianza dei diritti. Soltanto nel 1848, infatti, Carlo Alberto concesse uguaglianza dei diritti civili e politici a valdesi ed ebrei.
Di norma la sinagoga non è aperta al pubblico. Tuttavia, proprio per far conoscere la bellezza degli arredi lignei settecenteschi e della sala di preghiera e la mostra permanente "Parole, oggetti, immagini, architetture, delle sinagoghe piemontesi", sono state organizzate alcune aperture della sinagoga, con visite guidate.

La sinagoga di Carmagnola sarà visitabile nelle seguenti domeniche del 2009:

- 19, 26 aprile
- 3, 10, 17, 24, 31 maggio
- 30 agosto
- 6, 13 settembre
- 18, 25 ottobre
- 1 novembre

Orario di apertura: dalle 15 alle 18.
Ingresso 2 euro.
Tutte le visite saranno guidate, a cura di Artefacta, 0118131230, 3474891662, info@artefacta.it

Alla sinagoga, costruita dentro una casa dell'antico ghetto di Carmagnola, ora scomparso, si accede da via Bertini 8.

(Parks.it, 24 aprile 2009)

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Iran, grande freddo tra Usa e Israele

Obama ha invitato il presidente palestinese Abu Mazen, quello l'egiziano Mubarak e il premier israeliano Netanyahu a Washington per l'inizio di giugno. È il rilancio della politica americana per il Medio Oriente. E, dopo otto anni di rapporti «molto speciali» con Gerusalemme, potrebbe essere l'inizio di un raffreddamento senza precedenti. Netanyahu non mostra fretta di andare a Washington, tanto che la riunione annuale dell'Aipec, la lobby pro israeliana accusata di influenzare troppo la politica statunitense, potrebbe tenersi per la prima volta senza la presenza di un premier israeliano....

(il Giornale, 24 aprile 2009)

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Terromoto: Maccabi Italia, solidarietà e aiuti a Fossa, nel segno della Tzedakà

FOSSA, 22 apr - "E' obbligo per un ebreo, aiutare chi è in difficoltà (fare Tzedakà ) e chi meglio di questa generosa popolazione lo merita, alla luce del fatto che la Tzedakà di questa gente fu quella di ospitare degli ebrei, per loro perfetti sconosciuti, rischiando la loro vita e quella dei familiari, per salvare, da morte certa, alcune famiglie ebree romane durante la Seconda Guerra Mondiale" - questa la motivazione che ha spinto l'associazione sportiva ebraica Maccabi Italia a offrire il proprio contributo in aiuto dei terremotati di Fossa - ad affermarlo è stato lo stesso presidente dell'associazione Vittorio Pavoncello. Lo stesso ha spiegato che l'associazione, nata allo scopo di stimolare lo sviluppo di programmi sportivi e culturali volti ad arricchire le Comunità ebraiche italiane, si è messa in contatto con il sindaco di Fossa, Luigi Calvisi, sin dai primi giorni dopo il sisma che ha sconvolto l'Aquilano. Oggi, nelle prime ore del mattino, alla tendopoli di Fossa, è arrivato un intero camion di vari articoli di vestiario destinati alla comunità locale. Trecento tute, altrettante paia di scarpe, acquistate dall'associazione sportiva ebraica, oltre a 700 t-shirt e 300 zainetti - donati dal comitato organizzatore della Maratona di Roma - che verranno distribuiti tra gli abitanti di Fossa con un occhio particolare per i più giovani. "La visita di oggi - ha spiegato Pavoncello - segue quella della settimana scorsa fatta dall'Unione delle Comunità ebraiche italiane e dalla Comunità ebraica romana, al cui seguito c'erano 9 nuclei familiari che devono molto agli abitanti del comune di Fossa, durante la Seconda Guerra Mondiale infatti alcuni ebrei romani vennero aiutati dagli abitanti del paese a sfuggire alla persecuzione nazista".

(Notiziario Ucei, 23 aprile 2009)

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Il Papa indossa la kefiah

E' il simbolo palestinese. Tra due settimane il viaggio in Terra Santa

di Giacomo Galeazzi

CITTÀ DEL VATICANO - Il Papa indossa la kefiah di Arafat nel giorno in cui il ministro israeliano che organizza il suo arrivo in Terra Santa gli chiede di non ricevere in Vaticano il sindaco di Hamas. A piazza San Pietro, davanti a 40 mila fedeli, Benedetto XVI si è messo sulle spalle il telo bianco e nero simbolo del patriottismo palestinese. Ieri a fine udienza due ragazzi di Betlemme hanno regalato a Benedetto XVI la tradizionale sciarpa-copricapo: un anticipo di Terra Santa arrivato in Vaticano dalla parrocchia di «Campo dei pastori», mentre il Papa si prepara a partire, tra due settimane, per Giordania, Israele e Territori palestinesi. Agli inizi del Novecento la kefiah fu associata alla rivolta araba al punto da indurre l'esercito britannico ad imprigionare ogni palestinese che la portasse. In seguito si determinò una distinzione in base ai colori. La kefiah bianca e nera (quella indossata ieri dal Pontefice) fu associata all'Olp di Yasser Arafat e ad Al-Fatah....

(La Stampa, 23 aprile 2009)

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Mubarak smentisce l'invito di Lieberman al Cairo

IL CAIRO, 23 apr. - Il premier israeliano Benjamin Netanyahu sara' in Egitto a maggio, ma da solo e non in compagnia del ministro degli esteri Avigdor Lieberman. Lo ha detto il presidente egiziano Hosni Mubarak, smentendo le notizie di un invito al Cairo del capo della diplomazia israeliana. "E' possibile che Netanyahu venga a maggio.
Qualcuno ha detto che portera' con se' il suo ministro della Difesa. Il primo ministro verra' da solo", ha detto Mubarak parlando in una cerimonia in ricordo della fine dell'occupazione israeliana della penisola del Sinai, nel 1982.
Ieri dopo l'incontro non annunciato a Gerusalemme di Lieberman con il capo dei servizi segreti egiziani, fonti politiche israeliane avevano riferito che il ministro degli Esteri era stato invitato al Cairo. Secondo gli analisti potrebbe essere il segnale di un ammorbidimento della posizione egiziana contraria ad avere rapporti con Lieberman. Il leader della destra laica di Yisrael Beiteinu aveva irritato il Cairo quando lo scorso ottobre aveva detto che Hosni Mubarak poteva "andare al diavolo" se si rifiutava ancora di visitare Gerusalemme.
Suleiman ha visto in precedenza il primo ministro Benjamin Netanyahu e il titolare della Difesa Ehud Barak.

(AGI, 23 aprile 2009)

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Lieberman: per la pace vogliamo l’iniziativa in mano nostra

TEL AVIV - Il nuovo governo d'Israele e' deciso a portare avanti il processo di pace con i Palestinesi, ma intende farlo prendendo l'iniziativa nelle proprie mani. Lo ha precisato oggi alla Radio militare il ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman, dopo lo scalpore suscitato dalle sue dichiarazioni di ieri contro l'iniziativa di pace regionale saudita e quelle precedenti contro l'intesa israelo-palestinese del 2007 di Annapolis sottoscritta con la mediazione americana per rimarcare l'impegno verso la prospettiva dei due Stati. ''Il nostro interesse e' quello di prendere l'iniziativa nelle nostre mani e di andare avanti'', ha assicurato Lieberman aggiungendo che ''non ha senso perdere tempo - ha proseguito -, noi vogliamo guidare e non essere guidati''. Ad una domanda sul suo no all'iniziativa saudita - che fissa l'obiettivo del ritiro dai territori occupati in cambio del riconoscimento collettivo di Israele da parte degli Stati arabi - ha confermato di essere contrario in particolare al riconoscimento del ''diritto al ritorno'' per tutti i profughi palestinesi, cosa che ha definito ''fuori questione''. Quanto infine ad Annapolis, ha sostenuto che non si e' mai tradotta in realta' nella parte relativa agli impegni sul terrorismo. ''Io - ha affermato - non ho visto i palestinesi riuscire a smantellare una singola organizzazione terroristica''. Intanto ieri si e' svolto a Gerusalemme il primo incontro tra il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il capo dei servizi segreti egiziani, Omar Suleiman. Secondo un portavoce della presidenza del Consiglio, in questa occasione il generale Suleiman, un funzionario che ha sempre avuto un importante ruolo nel processo di pace in Medio Oriente, ha trasmesso a Netanyahu un invito del presidente egiziano Hosni Mubarak a recarsi al Cairo nelle prossime settimane. Suleiman ha incontrato anche il ministro della difesa Ehud Barak ed ha trasmesso anche a lui un invito a recarsi in Egitto. Gia' numerosi dirigenti israeliani si sono recati in visita nella capitale egiziana da quando, nel 1979, i due paesi hanno firmato un trattato di pace. Mubarak invece non e' mai andato in Israele.

(ANSAmed, 23 aprile 2009)

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Rassegna stampa araba

Titoli delle prime pagine

ROMA, 23 apr. - Le minacce di "dure sanzioni" a Teheran e le "tre condizioni" poste a Hamas per essere accettata annunciate ieri dal segretario di stato Usa, Hillary Clinton, in primo piano sulla stampa araba di oggi: al Quds al Arabi, mette in rilievo l'irritazione' della Siria per essere stata esclusa da Washington dalle consultazioni con i leader mediorientali.

AL SHARQ AL AWSAT - quotidiano panarabo edito a Londra, apre sulle dichiarazioni del segretario di stato americano, Hillary Clinton al Congresso Usa "Washington: tre condizioni per accettare Hamas ... E dure sanzioni per l'Iran se non collabora". "presidente del Tribunale internazionale omicidio Hariri (ex premier libanese): lavoriamo per un'accordo giuridico con la Siria per l'estradizione di testimoni e sospetti". Somalia, "il presidente Sheikh Sharif: al Qaida non esiste da noi, ma ha dei simpatizzanti". Arabia saudita, "riuscita la prima operazione al cuore eseguita con l'aiuto di un robot". "Entro l'estate, i vocaboli della lingua inglese raggiungeranno un milione di parole".

AL QUDS AL ARABI - quotidiano palestinese edito a Londra, "la Siria è irritata per essere stata esclusa dalle consultazioni di Washington" con i leader mediorientali: nessuno è autorizzato a parlare per procura delle alture del Golan" occupate da Israele; il segretario di stato Una, "Clinton chiede a Hamas di riconoscere Israele e ripudiare la violenza". "Il ricatto della Clinton a Hamas", titola l'editoriale. Il capo dell'intelligence egiziana, "Suleiman consegna a Netanyahu e Barak due inviti per visitare il Cairo ed ha incontrato Lieberman". "Esercito Israele: Hamas prepara missili di lunga gettata". Cisgiordania, "società dirette dai due figli di Abu Mazen ottiene contratti Usa per riparare le strade pubbliche e migliorare l'immagine di Washington". Iraq, "timori per la ripresa dello scontro razziale a Kirkuk e i curdi minacciano di prendersi frazioni della provincia di Nineve".

AL HAYAT - giornale panarabo edito a Londra, "Clinton mette in guardia dalle minacce dei talebani alla soppravvivenza del Pakistan e minaccia sanzioni 'molto dure' contro Teheran per il dossier del nucleare"; il segretario di stato Usa, "ribadisce l'impegno per una pace totale nell'area e pone condizioni per trattare con Hamas". "iniziative per riprendere il dossier dello scambio di detenuti (tra Israele e Hamas che tiene in ostaggio il soldato israeliano Gilad Shalit dal giugno 2006) e il capo dell'intelligence egiziana, "Suleiman auspica che la questione sia separata dalle trattative per la tregua", intanto, il capo di Hamas, "Khaled Meshaal, in un'iniziativa senza precedenti subisce un 'interrogazione a distanza' dal parlamento britannico".

ASSAFIR - quotidiano libanese vicino allo schieramento anti-occidentale, titola sula visita in Israele del capo d'intelligence egiziana, "Omar Suleiman inaugura la collaborazione con il governo Natanyahu e Lieberman". "Egitto, in attesa di tornare in te stessa", titola l'editoriale critico verso il governo del Cairo. "Per alcuni istanti, il Papa indossa il Kefiah": Ieri, a piazza San Pietro, davanti a 40 mila fedeli, Benedetto XVI si è messo sulle spalle il telo bianco e nero simbolo del patriottismo palestinese.

AL WATAN - giornale saudita, titola il suo editoriale: "Netanyahu e la trappola dell'ebraicità di Israele", accusando il governo di destra israeliano di volere con "questa malvagia condizione", svincolarsi dalla soluzione dei due stati accettata dalla comunità internazionale ed "imporre al futuro stato palestinese di riprendersi oltre un milione di arabi israeliani". Pakistan, un portavoce del movimento dei Talebani che controllano (grazie ad un accordo con islamabad) la zona di Sewat, "Gli studenti coranici si impegnano a proteggere Osama Bin Laden", e i miliziani di al Qaida che si sarebbero "riversati in massa" nei pressi delle zone controllate dai talebani.

(Apcom, 23 aprile 2009)

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Israele: il Papa non riceva il sindaco pro Hamas

GERUSALEMME, 22 apr. - Il governo israeliano ha invitato la Santa Sede a cancellare l'incontro in Vaticano tra il Papa e il sindaco di Sakhnin, una citta' araba israeliana nel nord del Paese abitata da una minoranza di cristiani. Il primo cittadino per il governo israeliano e' "un guerrafondaio sostenitore dei terroristi". La richiesta e' del portavoce del ministro del Turismo, Stas Misezhnikov, responsabile del viaggio di Benedetto XVI dall'11 al 15 maggio in Israele e Cisgiordania ed esponente della destra laica di Yisrael Beiteinu, il partito del falco Avigdor Lieberman, capo della diplomazia israeliana Il sindaco di Sakhnin, Mazen Ghanaim, secondo il programma dovrebbe incontrare domenica prossima il Papa a Roma: "Si tratta di un guerrafondaio sostenitore dei terroristi che agisce contro l'interesse nazionale dello Stato che rappresenta come sindaco e pertanto chiedo alla Santa sede di non farlo ricevere dal papa", ha dichiarato Amnon Lieberman, portavoce di Misezhnikov. Lieberman ha imputato a Ghanaim di aver organizzato durante l'operazione 'Piombo fuso' nella Striscia di Gaza una manifestazione in cui sostenne "la resistenza palestinese contro la crudele e oppressiva occupazione" israeliana inneggiando "lunga vita agli shahid (martiri)". La presunta scarsa fedelta' degli arabi israeliani allo Stato ebraico e' stata proprio la piattaforma di Yisrael Beiteinu, il partito del ministro del Turismo.

(AGI, 22 aprile 2009)

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Il Vaticano ha sbagliato sulla Conferenza di Ginevra -Durban2

di Carlo Panella

Il rappresentante del Vaticano non ha abbandonato assieme a tutti i rappresentanti dell'Ue, la sala della Conferenza Onu di Ginevra sul razzismo, per protestare contro il discorso violentemente antisemita di Mohammed Ahamadinejad. Una scelta che aumenterà le tensioni con Israele e con le comunità ebraiche come aveva peraltro previsto il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, che ha definito le parole con cui il Papa domenica scorsa aveva salutato con entusiasmo, e senza cenni di critica la Conferenza Onu, come "parole incendiarie", sostenendo che così, magari al di là delle intenzioni, "si giustifica l'antisemitismo".
Di antisemitismo infatti, ha dato ampia e terribile testimonianza Mohammed Ahamadinejad e nessuno può dire di essere sorpreso dal suo intervento che ha allargato la denuncia del sionismo dal terreno del conflitto arabo-israeliano e ha accusato gli ebrei di essere causa fondamentale della crisi economica mondiale, così come dell'intossicazione dei media (un perfetto cliché nazista). Pure, la diplomazia vaticana ha decisamente deciso di non tenere in minimo conto questo annunciato e sicuro attacco iraniano a Israele e agli ebrei e ha addirittura spinto Benedetto XVI a salutare con parole di entusiasmo l'evento, senza introdurre nessuna pur cauta presa di distanza dai problemi che -con tutta evidenza- l'appuntamento ginevrino avrebbe creato....

(Il Foglio, 22 aprile 2009)

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Papa - All'udienza indossa una kefia palestinese data in regalo

In dono a fine udienza in piazza San Pietro da due giovani

CITTÀ DEL VATICANO, 22 apr. - Due giovani mediorientali hanno regalato al Papa una kefia bianca e nera, copricapo tradizionale della cultura araba, al termine dell'udienza generale del mercoledì in piazza San Pietro. La ragazza ha allungato la kefia al Pontefice, che l'ha indossata sulle spalle per qualche momento, prima di essere presa dal segretario personale, insieme agli altri oggetti che vengono regalati al Papa a fine udienza.

(Apcom, 22 aprile 2009)

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Giornata della Memoria: la verità taciuta sullo sterminio degli ebrei in Russia

A parte qualche isolato negazionista, il mondo non ignora la verità sul massacro sistematico operato dai nazisti contro la popolazione ebraica durante la seconda guerra mondiale, che costò la vita a 6 milioni di persone. Pochi invece sono a conoscenza delle centinaia, forse migliaia di campi di sterminio presenti nei territori dell'ex Unione Sovietica, dove persero la vita circa un milione e mezzo di ebrei.
La percezione di questo nuovo aspetto dell'Olocausto sta adesso cambiando. Soprattutto per merito dello "Yad Vashem", il Museo e Centro di ricerca sull'Olocausto di Gerusalemme, che negli ultimi anni ha condotto una serie di indagini direttamente sui luoghi dello sterminio. Il lavoro, dal titolo "The untold story" (La storia non raccontata), verrà pubblicato sul sito dell'Istituto lunedì 27 aprile, in occasione della Giornata della Memoria.
Il progetto è basato sulla raccolta e il confronto delle testimonianze di tedeschi, sovietici, ebrei, incrociando i dati e studiando metodi e procedure.

(Blitz quotidiano, 22 aprile 2009)

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Lieberman, l'iniziativa di pace araba è un pericolo per Israele

Avigdor Lieberman
Rappresenta un pericolo per il futuro di Israele l'iniziativa di pace araba, che prevede, fra l'altro, un ritiro totale dai territori palestinesi occupati in cambio del riconoscimento dello stato ebraico da parte dei Paesi arabi. Lo ha affermato, secondo il quotidiano Maariv, il ministro degli esteri israeliano Avigdor Lieberman (Israel Beitenu, destra radicale). Questi ha assunto così una posizione di confronto con il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, il quale sostiene invece quella iniziativa. Fonti vicine a Lieberman hanno spiegato che Lieberman in particolare si oppone al cosidetto Diritto del ritorno per i profughi palestinesi, che a suo parere rappresenta un pericolo per Israele. In un'intervista rilasciata due settimane fa al periodico russo Moskowsky Komsomoltz citata oggi dal quotidiano Haaretz, Lieberman ha anche affermato che occorre coinvolgere maggiormente la Russia nella ricerca di un futuro assetto di pace in Medio Oriente. Compito di Israele, ha aggiunto, sarà di fare da ponte fra Russia e Stati Uniti. Due settimane fa Lieberman aveva già destato scalpore quando aveva detto di non sentirsi più vincolato dal Processo di Annapolis, elaborata dalla Conferenza del novembre 2007 nell'omonima cittadina statunitense, in cui l'allora premier israeliano, Ehud Olmert, e il presidente palestinese, Abu Mazen, davanti all'allora capo della Casa Bianca, George W. Bush, si impegnarono nella formula di "Due Stati per i due popoli".

(L'Unione Sarda, 22 aprile 2009)

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Il coraggio dell'Europa dura 12 ore

di Fiamma Nirenstein

Avevano un'aria dignitosa e unita i rappresentanti dell'Ue, quando martedì hanno lasciato, a Ginevra, la sala in cui Ahmadinejad delirava sugli ebrei e sullo Stato Ebraico. È stato bello, ed è subito finito. Nel corridoio subito dietro la porta la piccola assemblea ha consumato il suo momento di chiarezza morale aspettando semplicemente i 20 minuti del discorso del presidente iraniano. Poi, chi prima chi dopo, tutti gli europei sono rientrati fuorché la Repubblica Ceca e i veterani del no: noi italiani, la Polonia, la Germania, l'Olanda. La giornata di ieri ha visto l'Iran, insieme all'Albania e al Belgio, presiedere come niente fosse il comitato per il documento finale. E il documento finale di nuovo indelebilmente inquinato dalla riconferma delle conclusioni di Durban 1 che nominava solo i palestinesi come vittime del razzismo secondo loro derivante dal sionismo....

(il Giornale, 22 aprile 2009)

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Sondaggio, 80 per cento di israeliani e palestinesi vuole la soluzione dei due stati

RAMALLAH, 22 apr. - (Adnkronos/Aki) - L'80 per cento sia degli israeliani che dei palestinesi e' favorevole alla nascita uno Stato palestinese. E' quanto emerge da un sondaggio condotto all'indomani dell'operazione 'Piombo fuso' contro la Striscia di Gaza e commissionato da One Voice, ong di israeliani e palestinesi che punta a dare spazio alle voci moderate dei due popoli. Come ha spiegato Irit Admoni-Perlman, presidente di One Voice, alla radio israeliana, i risultati del sondaggio saranno presentati al governo dello Stato ebraico, "in modo da renderlo consapevole del pensiero dei popoli palestinese e israeliano".
Dal sondaggio emerge una netta opposizone all'ipotesi di uno Stato bi-nazionale, ma anche una forte volonta' di collaborare su questioni economiche e di sicurezza. Permangono invece divisioni in merito alle questioni piu' delicate, come la sorte dei rifugiati palestinesi e quella di Gerusalemme e dei luoghi sacri. Il 77 per cento degli israeliani e' contrario a ogni divisione di Gerusalemme ed entrambe le nazionalita' si oppongono a dichiararla citta' internazionale.
Inoltre, mentre la quasi totalita' dei palestinesi ha indicato la nascita di uno Stato palestinese come priorita' assoluta, la maggioranza degli israeliani la colloca solo all'11esimo posto. Al contrario, gli intervistati dello Stato ebraico danno assoluta priorita' alla sicurezza dei residenti israeliani, che scende al 12esimo posto per i palestinesi. Il sondaggio e' stato condotto tra la fine dell'operazione 'Piombo fuso', sferrata tra dicembre e gennaio da Israele contro la Striscia di Gaza, e le elezioni generali in Israele, tenutesi il 10 febbraio.

(Libero-news.it, 22 aprile 2009)

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Hrw: Hamas ponga fine alle esecuzioni degli avversari politici

Secondo l'organizzazione internazionale, sarebbero almeno 32 i cittadini palestinesi uccisi e numerosi gli avversari politici feriti dal movimento di resistenza islamico a Gaza

di Claudio Accheri

"Hamas deve sospendere le torture e gli omicidi dei rivali politici nella striscia di Gaza", a sostenerlo è lo Human Rights Watch (Hrw), l'ong che si occupa della difesa dei diritti umani che ha stilato un rapporto sugli ultimi casi di violenze perpetrati durante e dopo l'operazione israeliana "Piombo fuso".
Secondo le informazioni in possesso ad Hrw, sarebbero almeno 32 i cittadini palestinesi uccisi e numerosi gli avversari politici feriti dal movimento di resistenza islamico.
Secondo l'organizzazione, il gruppo militante Hamas, che controlla Gaza dal 2006, ha compiuto esecuzioni sommarie e operazioni di tortura su cittadini accusati di essere membri del partito rivale Fatah.
Durante i 22 giorni delle operazioni militari israeliane Hamas avrebbe sfruttato la situazione per "attaccare con violenza i propri oppositori politici e i cittadini considerati collaboratori delle forze israeliane", ha dichiarato Joe Stork, vice direttore di Hrw in Medio Oriente.
Sono diciotto gli uomini giustiziati sommariamente da parte del braccio armato del partito, la maggior parte di loro erano sospettati di collaborazionismo con Israele nel corso dei combattimenti.
Stando al rapporto pubblicato ieri, nei tre mesi successivi all'operazione "Piombo fuso" altre 14 persone sono state assassinate, di cui almeno quattro all'interno delle carceri.
La maggior parte degli uomini uccisi durante la guerra erano fuggiti dal principale carcere di Gaza, il quale aveva riportato gravi danni in seguito ai bombardamenti sferrati da Tsahal (l'esercito di Tel Aviv) a gennaio.

- Mutilazioni
  Nella relazione si evince anche quanto sia diffusa e preoccupante la "pratica della mutilazione delle persone" attraverso gambizzazioni e amputazioni, operate in seguito a ferite d'arma da fuoco.
Secondo il rapporto, tra l'inizio del conflitto, il 27 dicembre, e la fine delle operazioni, il 18 gennaio scorso, 49 persone sono state gambizzate, mentre sarebbero 73 gli uomini a cui sono state fratturate gambe e braccia.
Il portavoce di Hamas Taher al-Nono ha negato ogni coinvolgimento nelle esecuzioni extragiudiziali e ha affermato che lo stesso movimento di resistenza islamico sta indagando per capire quali gruppi militanti siano coinvolti nell'omicidio dei sospettati di collaborazionismo.
   Nelle dichiarazioni rilasciate alla Reuters, al-Nono ha sottolineato il recente licenziamento di 11 poliziotti coinvolti nella morte di un detenuto accusato di traffico di droga. Gli agenti verranno presto sottoposti a processo di fronte alla corte marziale palestinese.

- Faida interpalestinese
  gruppi per i diritti umani hanno spesso espresso preoccupazione sia per la tortura e gli abusi da parte di Hamas a Gaza, sia per le violenze perpetrate da Fatah in Cisgiordania.
In Cisgiordania, un membro di Hamas è stato ferito da quello che, nei media palestinesi, è stato definito come un attentato perpetrato dalle forze di sicurezza dell'Autorità Palestinese.
Le due parti hanno fissato i colloqui di riconciliazione, mediati dall'Egitto, per la fine di questa settimana. Gli incontri hanno l'obiettivo di formare un governo d'unità nazionale palestinese che coinvolga entrambe le forze nella guida del paese.

(Osservatorio Iraq, 21 aprile 2009)

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Durban 2 - Diario

di Simone Disegni

Elie Wiesel
C'è poco, davvero poco, di ordinario in questo 21 aprile del 2009, a Ginevra. Un giorno in cui può succedere che una conferenza internazionale convocata per combattere ogni discriminazione razziale venga inaugurata dal presidente di una delle più grandi nazioni del mondo con parole d'odio e di violenza pura contro un altro Stato. Può succedere che nel giorno che da sessant'anni rappresenta nel calendario ebraico il momento di più intenso raccoglimento e riflessione nel ricordo della Shoà, che quest'anno coincide sinistramente con la data di nascita del dittatore che quello sterminio pianificò, l'unico leader mondiale che osi negare l'esistenza delle camere a gas possa salire sul podio più alto del mondo per propagandare le sue folli idee. Lo sgomento nel mondo ebraico e nelle capitali occidentali è grande e i fantasmi del passato riappaiono mai così minacciosi.
Eppure, rispetto alle fosche attese della mattinata, questa giornata si rivela straordinaria per ragioni del tutto inattese. Memoria e azione: in questi due momenti così strettamente correlati tra loro, anzi indispensabili l'uno all'altro, si condensa la risposta delle organizzazioni ebraiche riunitesi in forza a Ginevra contro quest'affronto. Può succedere, dunque, che l'attenzione del mondo venga catturata non tanto dal vuoto e assurdo blaterare di Mahmoud Ahmadinejad, ma dal gesto irriverente di un giovane ebreo francese, Raphael Hadad, che in pochi secondi di plateale protesta riesce a capovolgere l'ordine dei titoli sulle prime pagine di mezzo mondo. Eccola, dunque, la reazione degli studenti ebrei: non soltanto i due finti clown che costringono il presidente iraniano ad interrompere un discorso neppure cominciato per denunciare la "pagliacciata" rappresentata da una Conferenza distorta dal principio, ma anche una giornata di manifestazioni senza sosta dentro e fuori le Nazioni Unite. "Shame" - vergogna - è il grido unanime con cui una folla di giovani, rigorosamente dotati di naso rosso, accolgono Ahmadinejad al suo ingresso nella sala della conferenza stampa
C'è spazio tuttavia, nel corso della giornata, anche per emozioni di segno ben diverso. Può succedere infatti di assistere, poche ore dopo, a una delle commemorazioni della Shoà più profonde e toccanti mai organizzate, quando - subito dopo la conclusione della prima sessione di Durban 2 - la Place des Nations antistante il grande Palazzo dell'ONU si riempie di una folla silenziosa che proprio in un giorno come questo non vuole dimenticare le lezioni della Storia. Di straordinario, in questo caso, c'è soprattutto un uomo, Elie Wiesel, che sferza gli animi con la forza della sua testimonianza e più ancora con le domande senza risposta che egli evoca. Scuote la mente e il cuore, dunque, lo sconcerto con cui Wiesel domanda e si domanda ancora e ancora come l'uomo possa aver compiuto quell'orrore, come altri uomini non abbiano saputo fermarlo in tempo, e se il mondo imparerà mai la lezione della Shoà.
"Se neppure Auschwitz ha potuto guarire il mondo da quel male terribile che è l'antisemitismo, che cosa mai potrà farlo?" Le parole del Premio Nobel per la Pace riecheggiano nel cielo ancora azzurro di Ginevra, senza risposta. E ancora, sul piano più strettamente diplomatico, rimane irrisolto il grattacapo per le nazioni occidentali di come far fronte a una situazione internazionale quanto mai intricata e pericolosa. Di mai visto, in questo giorno, c'è certamente anche l'uscita delle delegazioni di decine e decine di Stati dalla sala delle Nazioni Unite in cui un capo di Stato sta conducendo la propria allocuzione, ma di certo - come sottolinea in serata lo stesso ambasciatore di Francia - questa non potrà diventare la regola ed un grande lavoro aspetta la diplomazia internazionale.
Mentre la Conferenza di Durban 2 continua all'interno dell'ONU, sono dunque interrogativi di questo spessore storico ad addensarsi attorno ad essa. Ma non c'è altra strada - lo suggerisce lo stesso Elie Wiesel - se non quella di onorare ogni giorno la memoria della Shoà in una ricerca senza sosta "di verità, di giustizia, di fratellanza, d'amore". Quando non c'è speranza - diceva Albert Camus - non resta che inventarla.

(Notiziario Ucei, 21 aprile 2009)

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Ahmadinejad accolto da eroe al ritorno a Teheran

ROMA, 21 apr. - Il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, e' stato accolto trionfalmente al suo rientro dalla Conferenza sul razzismo di Ginevra, dove aveva sferrato un attacco contro Israele, il cui governo aveva definito "totalmente razzista". Secondo l'agenzia di stampa ufficiale iraniana Irna, ad Ahmadinejad e' stato tributato un vero e proprio trionfo, del tipo di quelli accordati agli eroi nazionali. L'agenzia scrive che "pochi minuti dopo aver lasciato l'aeroporto di Teheran l'auto con a bordo Ahmadinejad e' stata bloccata e circondata da una folla di cittadini che lo acclamava - in gran parte studenti universitari - e che aveva raggiunto la zona alle prime luci dell'alba". Gli studenti - molti dei quali sventolavano bandiere della Palestina e di Hezbollah - hanno salutato il presidente al grido di "Ahmadinejad, speranza dei popoli del mondo" e "Ahmadinejad, ti sosteniamo". Secondo la fonte, inoltre, il "numero uno" di Teheran e' stato esaltato anche come "figlio valoroso del popolo iraniano" e come "ricordo dei leoni, speranza degli oppressi" che ha "trasformato Ginevra in Teheran". Tra le bandiere non mancavano cartelloni con scritte come "morte agli Usa" e "morte a Israele". Secondo la fonte, il trionfo del presidente iraniano si e' concluso con un suo breve discorso, prounciato dal tetto dell'automobile. La conferenza sul razzismo di Ginevra - promossa dalle Nazioni unite - era stata disertata da Italia, Stati Uniti, Australia, Canada, Olanda, Polonia, Nuova Zelanda e Germania. Nel suo intervento, il presidente iraniano aveva affermato che dopo la secondo guerra mondiale furono inviati "migranti dall'Europa e dagli Stati uniti per creare un governo razzista nella Palestina occupata, il regime piu' crudele e razzista del mondo".

(AGI, 21 aprile 2009)

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La sfida dell'odio

Perché non accada mai più

di Paolo Lepri

È stata la giornata dell'odio. Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha scelto la strada della violenza verbale, trasformando la conferenza dell'Onu sul razzismo nel palcoscenico di una sfida oltraggiosa. Una sfida che merita una risposta ancora più determinata di quella (rivelatasi giusta) del boicottaggio preventivo di Durban II. La folle invettiva anti-ebraica dell'ingegnere guidato in cielo dall'Imam Nascosto è arrivata proprio mentre l'amministrazione americana pensa ad un nuovo percorso negoziale per disinnescare il dossier del nucleare di Teheran e tenta di riavviare, tra molte difficoltà, il processo di pace israelo-palestinese. Un pugno chiuso nella mano tesa di Barack Obama. Una bottiglia molotov in casa di Benjamin Netanyahu e Avigdor Liebermann. Un segnale di disprezzo per gli sforzi degli uomini del Dipartimento di Stato che tentano di convincere il governo di Gerusalemme ad accantonare il sogno (o i preparativi) di un duro colpo agli ayatollah.
Il discorso sbagliato, insomma, al momento sbagliato. Ma non è solo l'armamentario negazionista a indignare, nella retorica tossica di Ahmadinejad. Parlare della nascita di Israele come di «un'operazione di invio di immigrati dall'Europa e dagli Stati Uniti per stabilire un governo totalmente razzista nella Palestina occupata» è certamente una pesante infamia in un mondo che non ha ancora perso e non vuole perdere la memoria. Ma il veleno che viene da Teheran è anche un veleno religioso, come dimostra l'altra parte del discorso di Ginevra, quella terzomondista-integralista: accolta, purtroppo, da temibili applausi in una platea già mobilitata sul tema dell'«islamofobia». A parlare ieri non era il presidente di un Paese, ma l'uomo che aveva concluso la sua lettera a George Bush del maggio 2006 con questa frase: «Che ci piaccia o no, il mondo gravita verso la fede in Dio e nella giustizia, e il Volere di Dio prevarrà sopra ad ogni altra cosa». La teocrazia di Teheran è, da tempo, la principale minaccia alla pace del mondo, come sanno, per esempio, i palestinesi vittime dell'avventurismo oltranzista di Hamas. «L'Iran non è una democrazia, come è vero che non si servono bistecche in un ristorante vegetariano e che non si gira in bikini in un campo di nudisti», ha scritto Thomas Friedman. Questo non vuol dire che non si debba negoziare il negoziabile. Ma si tratta anche di pensare, nel Consiglio di Sicurezza e nell'Assemblea generale dell'Onu, a delle misure in grado di evitare che quanto è accaduto ieri non accada mai più.

(Corriere della Sera, 21 aprile 2009)

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Durban 2: la stampa israeliana mette alla berlina la Svizzera

Nel giorno della commemorazione dell'Olocausto, e all'indomani dell'apertura della Conferenza dell'Onu sul razzismo a Ginevra, la stampa israeliana non esita a paragonare il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad ad Adolf Hitler. I quotidiani bacchettano la Svizzera evidenziando le critiche rivolte dal premier israeliano Benjamin Netanyahu al presidente della Confederazione Hans-Rudolf Merz ed elogiano l'atteggiamento tenuto dagli stati europei alla conferenza nel corso del discorso del presidente iraniano.
Secondo la stampa israeliana il comportamento dei delegati europei alla conferenza - che hanno abbandonato la sala - dimostra che "contrariamente a quanto accaduto 70 anni fa gli ebrei non sono più soli". Il tabloid "Yediot Aharonot" - giornale maggiormente diffuso nel paese - sottolinea che i rappresentanti della Svizzera sono invece rimasti seduti e non si sono mossi durante il discorso "astioso" di Ahmadinejad.
"Haaretz", testata di maggior prestigio, fa sua la domanda e le parole di Moshé Kantor, presidente del congresso ebraico europeo e scrive: "Se Hitler in persona si fosse rivolto ai delegati della conferenza, il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon sarebbe rimasto seduto come se niente fosse? Vergogna per coloro che sono rimasti nella sala ad ascoltare Ahmadinejad o ad applaudirlo!".
Il "Jerusalem Post", quotidiano di lingua inglese, mette da parte sua in evidenza la domanda posta ieri sera da Netanyahu al presidente della Confederazione Merz nel discorso di apertura delle cerimonie commemorative dell'Olocausto: "mi rivolgo a lei presidente Hans-Rudolf Merz e le chiedo come abbia potuto accettare di incontrare qualcuno che nega l'Olocausto e che spera in un nuovo Olocausto". "Noi non permetteremo ai sostenitori del negazionismo - ha aggiunto Netanyahu - di perpetrare un nuovo genocidio contro il popolo ebreo!".

(ticinonews.ch, 21 aprile 2009)

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Ahmadinejad, un uomo belva. L'ha capito anche la Ue

di Fiamma Nirenstein

E adesso, per favore, non rientrate in quella sala, rappresentanti della Francia, della Norvegia, dell'Ungheria. Restate fuori dalla trappola antisemita di Durban 2, lasciate per sempre la marea nera delle parole di Ahmadinejad, che in apertura ha di nuovo predicato odio e distruzione. E perdonate, ma l'Italia non può che dirvi oggi: ve l'avevamo detto. E può anche aggiungere: non era facile superare il tabù dell'Onu, la vacca sacra che quando chiama a raccolta esige sempre una risposta conformista, uno scatto sull'attenti in nome della retorica universalista; e qui, l'Onu seguitava a suonare, per chiamare tutti a raccolta, il campanello della battaglia contro il razzismo, una battaglia così importante per tutti noi.
Ma noi chi? Era chiaro che per le commissioni che preparavano il documento introduttivo, per i violatori seriali di diritti umani Iran e Libia, il razzismo era una pura scusa, come lo era stato ai tempi di Durban 1. Noi che ci crediamo, che viviamo nelle democrazie, che davvero pensiamo che il diritto e l'integrità morale debbano illuminare la strada, volevamo una conferenza contro il razzismo, condivisa anche dal resto del mondo, ma esso non ci crede. Quel mondo è infatti dominato da dittature e violenza e pratica il razzismo, sia etnico che religioso. L'Italia, però ha avuto coraggio. A Ginevra, che dal tempo del primo diritto internazionale umanitario del 1864 ha lavorato duro a tante convenzioni per aiutare a far luce nel mondo, si stava preparando una conferenza di confusione e di odio, contro Israele e anche contro gli Usa nonostante Obama, come si è visto ieri nel discorso di Ahmadinejad. La conferenza è in realtà, sia chiaro, una fanfara di guerra in favore del terrorismo, quello dell'era nuova di Ahmadinejad. L'Italia ha letto la storia e il presente, e ha compreso che andare a Ginevra era un grosso rischio morale e politico. A Durban 1 i cortei delle Ngo marciavano sotto l'effigie di Bin Laden. Quattro giorni dopo la sua conclusione ci fu l'attacco delle Twin Towers. Questa conferenza di Ginevra è di fatto cominciata domenica con una riunione di Ngo che programmavano un «movimento di resistenza europea» sulle tracce di Hezbollah e di Hamas. Poi, per la parte ufficiale è arrivato Ahmadinejad: a Ginevra come a Durban il programma è ambizioso. Ingenti forze vogliono aprire sotto l'egida dell'Onu una immensa campagna antisemita sullo sfondo della nuova ambizione atomica iraniana, così da fornire il crisma dell'Onu allo scopo di distruggere Israele. La fuoriuscita dell'Italia aveva portato al risultato di un documento di matrice soprattutto olandese che avrebbe potuto, con ancora un po' di lavoro, essere accettato da tutti se solo l'Europa l'avesse sorretto all'unisono. Il documento non formulava criminali, univoche identificazioni fra Israele e il razzismo, non impediva la libertà di critica alla religione per difendere l'islamismo, non impediva la definizione di omofobia come di un pregiudizio razzista. Se solo l'Europa, che nelle sue assemblee, a Bruxelles, a Strasburgo, spacca il capello in quattro per i diritti umani di ogni minoranza, si fosse schierata compatta dietro il suo documento, forse la conferenza contro il razzismo avrebbe potuto avere luogo in quanto tale, e non sarebbe stato certo un male. Ma l'Europa ha avuto paura: così, da una parte, la recrudescenza delle posizioni della parte islamista o antioccidentale, l'Iran, la Libia, surreali parti diligenti, hanno reso il documento antirazzista impossibile anche per Obama; dall'altra la Francia e l'Inghilterra hanno tremato di fronte alla furia delle banlieue e delle corti islamiche londinesi, hanno pensato al grande giro d'affari con il mondo islamico. La Germania non a caso ce l'ha fatta, alla fine, ad approdare al rifiuto della conferenza: la presidenza Merkel porta buon consiglio, il rapporto con Israele la investe negli imi precordi e questo l'ha salvata.
E qui si è compiuta la distruzione dell'illusione che il linguaggio dei diritti umani sia un linguaggio universale.
Un importante elemento di speranza, si trova, ironia della sorte, nella coraggiosa decisione delle delegazioni giordana e marocchina, di uscire assieme ai Paesi europei. Una decisione anch'essa frutto di una paura, quella nei confronti di Teheran, questa sì profonda e motivata.

(il Giornale, 21 aprile 2009)

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da un altro articolo di Roberto Fabbri su "il Giornale":


... durissime, come ovvio, le reazioni israeliane. Il presidente Shimon Peres ha paragonato Ahmadinejad a Hitler e l'ambasciatore israeliano in Svizzera è stato richiamato in patria per protestare contro gli onori riservati a un capo di Stato che si ostina a negare la verità storica dell'Olocausto degli ebrei. Diversa la scelta del Vaticano, la cui delegazione è rimasta ad ascoltare Ahmadinejad perché pur in presenza di «espressioni estremiste e inaccettabili», «la libertà di espressione vale anche per il presidente dell'Iran», che «non si è espresso contro l'Olocausto, non ha menzionato la distruzione d'Israele o l'eliminazione di questo Stato».

COMMENTO - Ahmadinejad «non si è espresso contro l'Olocausto, non ha menzionato la distruzione d'Israele o l'eliminazione di questo Stato». Quando la distruzione di Israele sarà avvenuta, se ne riparlerà. Morale vaticana?

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Giornata della Shoah, Israele piange le vittime dell'Olocausto

Poche ore dopo. Molto lontano da Ginevra.

Lunedì sera al memoriale dello Yad Vashem, a Gerusalemme, Israele si è riunita nel ricordo. La giornata della Shoah. Il giorno in cui lo Stato ebraico e gli ebri del mondo piangono le vittime del regime nazista.
In prima fila il Presidente Shimon Peres e il Primo ministro Benjamin Netanyahu. "L'antisemitismo è un fenomeno storico antico. Se qualcuno pensava che dopo l'atrocità della Shoah questo fenomeno sarebbe scomparso, è oggi evidente che si sbagliava". Così le massime cariche dello Stato hanno fatto implicita eco alle frasi di Ahmadinejad.
Durante la cerimonia alcuni sopravvissuti all'Olocausto hanno acceso 6 candele. Una per ogni milione di ebrei uccisi.
Secondo le stime, 230.000 persone scampate ai campi nazisti vivono oggi in Israele.

(euronews, 21 aprile 2009)

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Israele vuole comprare un cannone Usa contro i razzi da Gaza

GERUSALEMME, 21 aprile - Israele vuole comprare un cannone radar americano per abbattere i razzi a corto raggio e le bombe lanciati nello stato ebraico dai palestinesi nella Striscia di Gaza. Lo riporta oggi un giornale israeliano.
Il sistema Raytheon Phalanx, progettato per distruggere le granate in arrivo dopo aver individuato il loro lancio, potrebbe andare a completare il sistema israeliano Iron Dome che lancia piccoli intercettori e dovrebbe essere impiegata sul confine con Gaza dal 2010.
I Phalanxes attualmente in produzione sono riservati alle forze Usa in Iraq e in Afghanistan, ma il ministro israeliano della Difesa Ehud Barak intende chiedere al Pentagono di fornire un'unità a Israele al costo di 25 milioni di dollari, riporta il quotidiano Haaretz.
"L'obiettivo è quello di creare una situazione in cui il maggior numero di razzi lanciati su Israele vengano intercettati", ha detto Barak secondo quanto riportato dal quotidiano, che ha aggiunto che il ministro si recherà a Washington in giugno per proporre l'acquisto al Pentagono.

(Reuters, 21 aprile 2009)

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Shoah: 3000 persone riunite a Ginevra in presenza di Elie Wiesel

GINEVRA - Circa 3'000 persone si sono riunite oggi sulla "Place des Nations" a Ginevra in occasione del giorno della commemorazione della Shoah, lo sterminio subito dagli ebrei durante la seconda guerra mondiale.
"Le vittime sono morte, ma l'antisemitismo esiste tuttora", ha affermato nel suo discorso il premio Nobel per la pace Elie Wiesel, un sopravvissuto del campo di concentramento di Auschwitz. Wiesel ha anche criticato le odierne dichiarazioni su Israele del presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad, definendole "brutte e ingiuriose". Gli ha fatto eco il filosofo francese Bernard-Henri Lévy, il quale ha ricordato che la memoria "è un dovere sacro".
La cerimonia si è svolta davanti al Palazzo delle Nazioni Unite dove oggi si è aperta la controversa Conferenza Onu contro il razzismo (Durban II). La manifestazione è stata organizzata dalle comunità ebraiche di Ginevra allo scopo di ricordare che "tutte le forme di razzismo, così come l'antisemitismo, possono condurre ai peggior crimini contro l'umanità".

(ticinonews.ch, 20 aprile 2009)

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"Così si giustifica l'antisemitismo "

da un articolo di Giacomo Galeazzi

 
Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, il Papa benedice la conferenza «Durban II» boicottatta da Stati Uniti, Italia e altri Paesi occidentali per il suo «estremismo anti-israeliano».

- Lei in autunno accoglierà il Pontefice in sinagoga, è sorpreso?
- «E' una situazione che allarma e preoccupa. Non riesco proprio a interpretare il gesto di Benedetto XVI. La decisione del Vaticano e l'avallo papale a Durban II sono un segnale preoccupante la cui origine e i cui esiti ora vanno attentamente valutati. Il Papa esalta quella dichiarazione di Durban che, al di là degli astratti proclami, si configura come una realtà profondamente angosciante, con affermazioni inaccettabili e frasi aggressive di tipo antisemita contro lo Stato di Israele che viene accusato di crimini contro l'umanità e discriminazioni razziali contro i palestinesi e al quale si imputa di minacciare la pace internazionale e la sicurezza».

- Che cosa la divide da Benedetto XVI?
- «La realtà di Durban è in profonda contraddizione con gli annuncianti e lodevoli intenti anti-xenofobi dei quali parla il Pontefice. Già otto anni fa, alla prima conferenza in Sudafrica, alcuni Stati arabi tentarono di far entrare nella dichiarazione finale del vertice Onu l'equiparazione sionismo-razzismo e la definizione di Israele come "entità straniera occupante". L'intervento del Papa non tiene minimamente conto di come stanno davvero le cose, perciò ci troviamo di fronte a una evidente e allarmante contraddizione. Francamente mi sfugge il motivo per cui il Papa ha compiuto un passo simile».

- Quali effetti teme?
- «Partecipando a Durban II il Vaticano dà il proprio avallo morale a quanto si sta preparando. La Santa Sede non può giustificarsi dicendo che va alla Conferenza per correggerne l'impostazione antisemita, perché i meccanismi pseudo-democratici che ci sono al summit dell'Onu lo impediscono. E' poi particolarmente grave che questo preoccupante e contraddittorio intervento di Benedetto XVI sia avvenuto alla vigilia del suo viaggio in Terra Santa. E' un segnale di difficile comprensione, l'ennesima iniziativa incauta del Pontefice, che si somma alla lista dei precedenti scivoloni nei rapporti con l'ebraismo: dalla revoca della scomunica al vescovo negazionista Williamson alla beatificazione di Pio XII e alla preghiera del venerdì santo per la conversione degli ebrei. Ad aggravare il caso Durban c'è poi il fatto che questo non è un atto della Curia ma sono le parole del Papa stesso».

- Che cosa prevede che accadrà?
- «Qui abbiamo a che fare con il tipico "doppio standard" degli attacchi a Israele, che non hanno nulla di anti-israeliano e sono profondamente e sostanzialmente antisemiti. Come se l'unica discriminazione ammessa fosse quella contro gli ebrei. Adesso, dopo il malconsigliato intervento del Papa, lo scenario sarà l'ondata di indignazione internazionale e poi, ancora una volta, la correzione di rotta da parte della Santa Sede. Intanto, però il danno è fatto perché il Vaticano rileggittima Durban II, vanificando in parte l'effetto del giusto boicottaggio di molti Paesi come l'America e l'Italia. Prendere posizione contro ogni discriminazione è bello in astratto, però è la stessa conferenza Onu a caratterizzarsi come un attacco arabo anti-israeliano. Un conto sono le parole e un conto i fatti». [...]

(La Stampa, 20 aprile 2009)

COMMENTO - “Non riesco proprio a interpretare il gesto di Benedetto XVI.” “Francamente mi sfugge il motivo per cui il Papa ha compiuto un passo simile”. E’ grave che il Rabbino Capo della comunità ebraica di Roma non sappia interpretare i comportamenti di un personaggio come il papa. A Di Segni la decisione presa dal Vaticano appare come “una evidente e allarmante contraddizione”, ma non è così. A parte che chiamare contraddizione quello che non si capisce non è mai consigliabile, soprattutto quando si tratta di valutare le mosse del Vaticano, bisogna rendersi conto che il papa non è affatto incoerente, ma si muove coerentemente nel quadro della sua visione religiosa del mondo. Chi non vuole capire questo perché si disinteressa di teologia e vuole soltanto muoversi in modo politicamente e pragmaticamente opportuno, è destinato a capire forse molte cose, ma non quelle che sono davvero importanti nei momenti cruciali. M.C.

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Ahmadinejad: Israele razzista. Escono i delegati Ue

Mahmud Ahmadinejad ha attaccato Israele denunciando la "formazione di un governo razzista in Medio Oriente" e i delegati dell'Unione europea hanno reagito lasciano la Conferenza di Ginevra 'Durban 2', già disertata da molte delegazioni occidentali.
Poco prima, nel momento in cui il capo di stato iraniano ha preso la parola davanti ai delegati, almeno tre manifestanti con parrucche multicolori e nasi rossi da clown hanno gridato "razzista, razzista" all'indirizzo di Ahmadinejad. I tre sono stati espulsi dalla sala delle conferenze.

- Israele critica Ban Ki-moon per l'incontro con Ahmadinejad
- Israele ha deplorato oggi il faccia a faccia tra il segretario generale dell'Onu, Ban Ki Moon, e il presidente dell'Iran, Mahmud Ahmadinejad, a margine della conferenza di Ginevra sul razzismo.
"E' deplorevole che il segretario generale dell'Onu abbia creduto bene di incontrare il piu' grande negazionista d'oggi (Ahmadinejad), il quale e' alla testa di un Paese membro dell'Onu che invoca la distruzione di un altro Paese (Israele) pure membro dell'Onu, nel giorno della commemorazione della Shoah", si legge in una nota del ministero degli Esteri israeliano. Nella nota si sottolinea inoltre che "sarebbe meglio" se tutti "i dirigenti della comunità internazionale si astenessero dall'incontrare" il presidente iraniano.
Nelle ore precedenti Israele aveva protestato in modo ancor più vigoroso contro l'accoglienza fastosa riservata ad Ahmadinejad a Ginevra dal presidente svizzero, Hans Rudolf Merz, richiamando il proprio ambasciatore a Berna per consultazioni.

(RaiNews24, 20 aprile 2009)

COMMENTO - Ahmadinejad, unico capo di stato che ha accettato l’invito a partecipare alla conferenza dell’Onu, potrà essere contento del significato simbolico che può assumere la data in cui ha presentato il suo discorso. Il 20 aprile coincide con la giornata della commemorazione dell’Olocausto e, contemporaneamente, con il giorno di nascita del suo principale artefice 120 anni fa: Adolf Hitler.

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Israele, dal solare acqua calda oltre a elettricità a basso costo

KVUTZAT YAVNE - Una compagnia energetica israeliana ha in programma di lanciare, questo mese, un impianto solare che usi una nuova tecnologia che produce elettricità efficiente e a basso costo mentre fornisce contemporaneamente acqua calda alle abitazioni.
Come tutti i sistemi di energia solare, investitori e consumatori potrebbero essere spaventati dai costi iniziali e dalla necessità di una forte luce solare. Ma se i test dovessero andare a buon fine, l'israeliana ZenithSolar ha in programma di rifornire abitazioni nel giro di due anni.
L'amministratore delegato dell'azienda, Roy Sergev, ha detto che l'impianto è in grado di trasformare il 75% della luce solare che assorbe in elettricità e acqua calda, con un costo di 8,6 centesimi per kilowatt all'ora.
I convenzionali pannelli solari generano elettricità dalla luce solare con un'efficacia di meno del 15% e possono avere un costo per kilowatt all'ora più che raddoppiato rispetto alle previsioni della ZenithSolar.
Con miliardi di dollari investiti in programmi di stampo ambientalista, le compagnie mondiali che lavorano nel campo dell'energia si stanno attrezzando per sviluppare tecnologie più sensibili ai temi ambientali.
La ZenithSolar ha dichiarato che in condizioni ottimali, il suo sistema può produrre elettricità e acqua calda ad un costo al consumatore che può competere con i combustibili fossili, senza sussidi governativi.

(Reuters, 20 aprile 2009)

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Hamas ha eliminato 32 rivali politici a Gaza

Esecuzioni durante e dopo la guerra con Israele

RAMALLAH, 20 apr. - Almeno 32 palestinesi sono stati uccisi e alcune decina sono rimaste ferite in dozzine di attacchi a sfondo politico compiuti da uomini legati ad Hamas, durante e dopo la guerra con Israele nella Striscia di Gaza. Lo denuncia oggi Human Rights Watch, invitando il leader del movimento radicale a fermare immediatamente il trend. L'organizzazione per i diritti umani ha riferito, inoltre, di arresti arbitrari, torture ed esecuzioni sommarie da parte di militanti del gruppo, una pratica che ha avuto l'obiettivo prioritario di eliminare i dissidenti di gaza. Durante la guerra, ha spiegato Human Rights Watch, "Le autorità di Hamas hanno compiuto dei passi straordinari per prendere il controllo, intimidire, punire e allo stesso tempo eliminare i loro rivali politici interni, così come le persone sospettate di collaborare con Israele". Secondo il resoconto di Human Rights Watch, diciotto palestinesi sono stati uccisi durante le tre settimane di guerra con Israele, nel mese di gennaio, altre 14 nei giorni successivi. Altri 49 cittadini di Gaza sono stati gambizzati, inoltre, tra il 28 dicembre 2008 e il 31 gennaio 2009, mentre altri 73 hanno riportato ferite a gambe e braccia.

(Apcom, 20 aprile 2009)

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Durban 2 - Cicchitto: Bene Frattini, la Conferenza è antisemita

"La posizione italiana è forte, fondata su una grande discriminante"

ROMA, 20 apr. - Sul no del Governo italiano alla Conferenza delle Nazioni Unite contro il razzismo "ha ragione il ministro Frattini". Lo dichiara in una nota Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati del PdL, secondo il quale "la bozza del documento finale della conferenza di Durban-2 rimane caratterizzata da forti elementi di antisemitismo. Ci immaginiamo poi quale sarà la concreta gestione della conferenza". "E' spiacevole - aggiunge - che altri paesi europei e il Vaticano abbiano deciso diversamente, ma la posizione italiana è forte perché fondata su una grande questione discriminante sulla quale i giochi diplomatici non sono consentiti".

(Apcom, 20 aprile 2009)

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Il Papa benedice il vertice dell'Onu. Ebrei infuriati, e l'Europa si spacca

CITTA' DEL VATICANO - Il Papa benedice la conferenza Onu sul razzismo («incontro importante», «azione ferma contro l'intolleranza per prevenire ed eliminare ogni forma di discriminazione»), mentre Obama la diserta perché «controproducente e inaccettabile per il suo linguaggio sbagliato su Israele». La Santa Sede si smarca dal boicottaggio degli Stati Uniti, dell'Italia e di altri Paesi contrari all'impostazione anti-israeliana di «Durban II», il vertice Onu che oggi si apre a Ginevra tra le polemiche per le pesanti critiche contro lo Stato d'Israele, accusato di razzismo verso i palestinesi («il sionismo è una ideologia razzista»). ...

(La Stampa, 20 aprile 2009)

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Il Congresso ebraico europeo invita a boicottare Durban 2

Il Congresso ebraico europeo ha invitato domenica scorsa i paesi europei a boicottare la Conferenza dell'Onu sul razzismo, detta "Durban 2", che inizia lunedì a Ginevra.
"Mentre ci prepariamo a commemorare (martedì) la giornata in memoria dell'Olocausto, il peggiore genocidio della storia, il Congresso ebraico europeo invita i responsabili europei a trarre lezione dal passato e a ritirarsi da Durban 2", ha dichiarato il presidente del Congresso ebraico europeo Moshe Kantor in un comunicato.
"Ci rallegriamo con gli Stati Uniti, l'Australia, i Paesi Bassi, il Canada, l'Italia, Israele e altri ancora, speriamo, per aver aver fatto attenzione a non offuscare la reputazione dei loro paesi in quello che promette di essere una parodia dei diritti dell'uomo e una tribuna per l'antisemitismo e la denigrazione d'Israele", ha aggiunto.
Il Congresso ebraico europeo teme precisamente che invitando il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, l'Onu abbia fatto entrare il lupo nell'ovile". Del resto, "anche se sono state apportate un certo numero di modificazioni alla risoluzione finale", questa "accetterebbe un linguaggio razzista e metterebbe all'indice una nazione, Israele, cosa assolutamente inaccettabile", dichiara. (Fonte Le Figaro)

(DesInfos.com, 19 aprile 2009 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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L'Iran diventa l'unico protagonista di Durban 2. Complice l'Onu

Durban 2 inizia sottotono. Fino a ieri sera l'Onu non era ancora in grado di fornire la lista precisa dei partecipanti. Ahmadinejad sarà il solo capo di stato presente, insieme al premier namibiano a una trentina di altri ministri. Un pezzo importante del mondo occidentale, Stati Uniti, Canada, Australia, Italia, Olanda, da ultima anche la Germania, ha deciso di non partecipare, rigettando la bozza preparatoria della Conferenza. Altri Paesi come Gran Bretagna e la Repubblica Ceca saranno a Ginevra con delegazioni ridotte. La Francia invece ha accettato l'invito. Ci sarà anche un osservatore del Vaticano.
Il presidente Obama ha fatto sapere che gli Usa vogliono incoraggiare le attività delle Nazioni Unite, comprese quelle della Commissione per i Diritti Umani, ma non parteciperanno a Durban 2 che ripropone l'antagonismo del 2001 contro Israele.
Protagonista assoluto della Conferenza contro il razzismo è il presidente iraniano Ahmadinejad che prenderà la parola all'assemblea dell'Onu dopo aver definito l'Olocausto "un mito". Ieri Ahmadinejad è arrivato a Ginevra dove si è intrattenuto con il presidente della Confederazione elvetica Merz, parlando di economia e della giornalista americana sequestrata a Teheran. Prima di partire aveva dichiarato che "Israele è lo stato portabandiera del razzismo"...

(l'Occidentale, 20 aprile 2009)

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Durban 2, il vertice della vergogna

"Il vertice Onu sul razzismo spacca l'Occidente". Il "Corriere della sera" apre così la propria edizione del lunedì, e anche "Repubblica", suo diretto concorrente, mette questa notizia con grande rlievo in prima pagina: "Il mondo spaccato sul razzismo". Ma come accade spesso con il quotidiano di De Benedetti, il titolo risulta ambiguo sui reali contenuti della notizia: non è il concetto di razzismo a dividere l'occidente ma la pretesa delle ong islamiste, e dei paesi di riferimento come l'Iran e quelli rappresentati dalla Lega Araba, di etichettare come razzista un solo stato in tutto il mondo: quello di Israele. Preoccupa non poco la partecipazione vaticana al vertice, anzi la sua "benedizione", come la definisce "la Stampa" in prima pagina. E questa "benedizione" fa anche "infuriare" gli ebrei di casa nostra, segnatamente Riccardo Di Segni, il rabbino capo di Roma, che vanta la comunità più antica del mondo. Di Segni definisce quelle del Papa come "parole incendiarie" e sostiene che così, magari al di là delle intenzioni, "si giustifica l'antisemitismo". Certo, non tanto questa decisione di partecipare a Ginevra al cosiddetto "Durban 2?, che peraltro il Vaticano condivide anche con Gran Bretagna e Francia (che però sono anche i due paesi europei dove l'antisemitismo ha raggiunto negli scorsi dieci anni i livelli più preoccupanti, anche a causa della presenza di notevoli focolai di estremismo islamico tra le popolazioni immigrate residenti), quanto quella di rivendicare la bontà di questo vertice Onu, potrebbe creare non poche complicazioni diplomatiche per il prossimo viaggio in Israele di Benedetto XVI. Molti però, forse neanche troppo malignamente, si interrogano sulle reali cause di questa rivendicata partecipazione del Vaticano, e l'ipotesi, abbastanza inquietante, che circola, è quella che lo stato pontificio vorrebbe tentare una mediazione su un altro punto del tutto inaccettabile, per l'Italia come per gli Usa, della "bozza di Durban", e cioè quello di fare dichiarare le offese alle religioni come crimini contro l'umanità. Una trovata nata sull'onda emotiva del caso delle vignette del quotidiano danese "Jylland Posten" su Maometto, ma che dovrebbe coinvolgere anche le altre religioni, con evidenti limiti alla libertà di espressione. E poi, è una questione di buon senso, quale paese mai nei propri codici potrebbe mettere pene eguali per il reato di blasfemia e per quello di omicidio o di genocidio? Certo, in Arabia Saudita e in Iran la cosa non sarebbe un problema, perché in parte esiste già. Ma per il resto del mondo?
E il Vaticano non starà cercando per caso un compromesso con i paesi teocratici per arrivare magari solo all'enunciazione da parte dell'Onu di un generico "divieto di critica e di offesa delle religioni"?...

(Blogonomy, 20 aprile 2009)

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Il Papa contro il razzismo: "Di fronte all'intolleranza serve un'azione ferma"

Alla vigilia della Conferenza sulla dichiarazione di Durban che si aprirà domani a Ginevra, il Papa chiede un'azione "ferma e concreta, a livello nazionale e internazionale, per prevenire ed eliminare ogni forma di discriminazione e di intolleranza". Lo ha detto dopo il Regina Coeli recitato questa mattina nel palazzo apostolico di Castel Gandolfo.
"Inizierà domani a Ginevra, organizzata dalle Nazioni Unite - ha ricordato il pontefice subito prima dei saluti finali nelle varie lingue - la Conferenza di esame della Dichiarazione di Durban del 2001 contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e la relativa intolleranza. Si tratta - ha detto - di un'iniziativa importante perché ancora oggi, nonostante gli insegnamenti della storia, si registrano tali deplorevoli fenomeni". Il pontefice ha poi citato alcuni passi della Dichiarazione del 2001 mostrando di condividerli: nel testo - ha ricordato - si "riconosce che 'tutti i popoli e le persone formano una famiglia umana, ricca in diversità. Essi hanno contribuito al progresso della civiltà e delle culture che costituiscono il patrimonio comune dell'umanità la promozione della tolleranza, del pluralismo e del rispetto può condurre ad una società più inclusiva"'. "A partire da queste affermazioni - ha concluso il pontefice - si richiede un'azione ferma e concreta, a livello nazionale e internazionale, per prevenire ed eliminare ogni forma di discriminazione e di intolleranza. Occorre, soprattutto, una vasta opera di educazione, che esalti la dignità della persona e ne tuteli i diritti fondamentali. La Chiesa, da parte sua, ribadisce che solo il riconoscimento della dignità dell'uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio, può costituire un sicuro riferimento per tale impegno". Il Vaticano parteciperà alla conferenza con una propria delegazione.
Benedetto XVI ha giudicato la Conferenza che si apre domani a Ginevra sul razzismo e la dichiarazione di Durban "un'iniziativa importante, perché ancora oggi, nonostante gli insegnamenti della storia, si registrano tali deplorevoli fenomeni". Alla conferenza non partecipano alcuni Paesi, tra i quali Israele e Stati Uniti, che non condividono la bozza di documento all'esame.

(RaiNews24, 19 aprile 2009)

COMMENTO - “ Il Vaticano parteciperà alla conferenza con una propria delegazione.” Questo è il fatto. Le generiche, moralistiche parole che lo accompagnano non fanno che aggravare la posizione vergognosa di un’istituzione che pretende di insegnare la morale al mondo. Gli amici di Israele che ammirano questo papa hanno motivi per riflettere.

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Israele: Asmara favorisce il traffico di armi iraniane a Gaza

Il Presidente Afewerki ha ripreso lo scorso anno i rapporti con Iran

ll Presidente Afewerki  
ROMA, 19 apr. (Apcom) - L'Eritrea è diventato il nuovo terreno di scontro tra le intelligence di Israele e Iran. Lo hanno riferito fonti israeliane al quotidiano britannico The Sunday Times, precisando che lo Stato ebraico teme che il Paese africano possa alimentare il traffico di armi diretto ai miliziani palestinesi di Hamas, consentendo alle navi iraniane di approdare al porto di Assab. Israele ha almeno due basi in Eritrea: la prima viene utilizzata come "centro di ascolto" per l'intelligence, la seconda come base di rifornimento per i suoi sottomarini di fabbricazione tedesca. Gli aerei israeliani che lo scorso febbraio hanno attaccato in Sudan un convoglio di armi diretto nella Striscia di Gaza sarebbero partiti proprio dall'Eritrea. I legami tra Israele e Eritrea risalgono al 1993, quando il Presidente di Asmara, Isaias Afewerki, ricevette cure mediche nello Stato ebraico. Due anni più tardi, i due Paesi sottoscrissero un accordo di cooperazione militare. Stando a quanto riferito nei giorni scorsi dal quotidiano israeliano Haaretz, la presenza in territorio eritreo ha consentito a Israele di monitorare le navi in entrata e in uscita nel Mar Rosso, di gestire stazioni radio e anche di lanciare droni nella regione. Tuttavia, lo scorso anno, il Presidente eritreo si è recato in visita ufficiale a Teheran, da dove ha poi annunciato la ripresa di più stretti rapporti commerciali ed economici con l'Iran. Teheran ha potuto così installare una propria base navale sullo stretto di Bab el Mandeb, dove transitano ogni giorno 3,3 milioni di barili di greggio. "Afwerki è passato dall'altra parte - ha commentato un imprenditore israeliano ed ex amico del Presidente eritreo, Albert Katznelbogen - non si muove nulla in Eritrea senza il suo consenso; lui ha bisogno di soldi, per questo sono arrivati gli iraniani".

(L'Arena, 19 aprile 2009)

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Gaza, Hamas stringe la morsa su attivisti di Fatah

Partito Abu Mazen denuncia aumento repressione

GERUSALEMME, 19 apr. - Il prossimo 26 aprile i delegati di Fatah, il partito del presidente Abu Mazen, e del movimento islamico torneranno ad incontrarsi al Cairo allo scopo di arrivare alla "riconciliazione nazionale" ma sul terreno i rapporti tra le due forze politiche rivali rimangono molto tesi. Hamas, denunciano i dirigenti di Fatah nella Striscia di Gaza, ha chiuso ogni spazio alla formazione politica rivale e tiene sotto pressione coloro che si proclamano fedeli ad Abu Mazen. "Hamas ha preso il controllo di tutte le istituzioni palestinesi, per Fatah non c'e' piu' alcuno spazio politico. Il nostro partito non puo' agire liberamente nella Striscia di Gaza mentre i nostri militanti vengono arrestati, tenuti sotto pressione e vivono nella paura", ha denunciato oggi Ibrahim Abul Naja, il rappresentante di Abu Mazen a Gaza durante un incontro con giornalisti locali. Il movimento islamico ha preso il controllo di Gaza con un colpo di mano nel giugno 2007, dopo aver sbaragliato le forze di sicurezza dell'Autorita' nazionale palestinese, e gradualmenteha ha privato Fatah della liberta' di movimento. Nel corso della recente offensiva militare israeliana a Gaza, la milizia islamica ha ucciso o gambizzato diversi attivisti del partito di Abu Mazen che avevano violato gli arresti domiciliari imposti da Hamas nei giorni della guerra. Qualche giorno fa tre simpatizzanti di Fatah sono stati feriti gravemente nel campo profughi di Jabaliya. Hamas da parte sua denuncia la detenzione di centinaia di suoi militanti nella Cisgiordania controllata dalle forze di sicurezza dell'Anp. Nonostante i buoni propositi espressi dalle due parti, pochi credono che i colloqui del 26 aprile siano destinati a produrre risultati positivi. Fatah e Hamas rimangono fermi sulle loro posizioni riguardo i rapporti con Israele - il movimento islamico non intende riconoscere lo Stato ebraico - e differenze ampie si registrano anche sulla modifica delle legge elettorale.

(Apcom, 19 aprile 2009)

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Israele: capo intelligence egiziana incontrerà Lieberman

Suleiman si recherà "nei prossimi giorni" in Israele

Omar Suleiman
GERUSALEMME, 19 apr. - Il direttore dei servizi di intelligence egiziani, Omar Suleiman, si recherà nei prossimi giorni in Israele per incontrare il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman. Lo ha annunciato oggi il viceministro degli Esteri israeliano Danny Ayalon. "Il generale Suleiman incontrerà il ministro Lieberman durante la sua visita, nei prossimi giorni", ha detto Ayalon alla radio militare. "Non c'è stata alcuna rottura con l'Egitto con l'arrivo al ministero degli Esteri di Avigdor Lieberman", ha sottolineato Ayalon, anche lui un membro del partito nazionalista Yisrael Beiteinu, guidato da Lieberman. "Al contrario - ha aggiunto - con i leader egiziani sono state gettate le basi per lavorare, e la visita di Omar Suleiman ne è la prova". Il 2 aprile scorso, il ministro degli Esteri egiziano, Ahmed Aboul Gheit, ha dichiarato che non intende stringere la mano a Avigdor Lieberman, nel caso lo dovesse incontrare. Lo scorso ottobre, il ministro degli Esteri israeliano aveva scatenato una polemica con il Cairo, affermando che il presidente Hosni Mubarak poteva "andare al diavolo" per il suo rifiuto di recarsi in visita ufficiale in Israele. In passato, Lieberman ha inoltre avanzato l'ipotesi di bombardare la diga di Assuan, sul Nilo, in caso di guerra con l'Egitto. Tuttavia, di recente il ministro ha affermato che l'Egitto è uno "partner importante" e un "elemento stabilizzatore nella regione", nel chiaro intento di distendere i rapporti tra i due Paesi. (fonte Afp)

(Apcom, 19 aprile 2009)

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Scoperta durante uno scavo a Gerusalemme un'iscrizione dell'VIII secolo a.c.

Frammento di pietra bianca ricorda un re citato nella Bibbia

GERUSALEMME, 19 apr. - (Adnkronos) - Un frammento di un'iscrizione di circa 3000 anni fa, una placca calcarea su cui compaiono diverse lettere di un'antica scrittura ebraica del periodo dei re di Giudea, e' tornato alla luce durante uno scavo archeologico appena fuori dalla Citta' Vecchia di Gerusalemme. Lo ha annunciato la Israel Antiquities Authority. Il frammento di pietra bianca, hanno stabilito gli archeologi israeliani, risale all'VIII secolo a.C, ed e' stato trovato a sud delle mura dell'antica citta' di Davide, vicino alla sorgente Gihon.

(ICN, 19 aprile 2009)

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Onu: Razzismo, Israele critica il presidente svizzero sull'Iran

Severe critiche nei confronti del presidente svizzero Hans Rudolf Herz sono state espresse da funzionari israeliani dopo aver appreso che questi riceverà il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad all'apertura della controversa conferenza dell'Onu contro il razzismo "Durban II". Fonti politiche israeliane, citate dalla radio militare e da radio Gerusalemme, hanno affermato che "non c'è alcuna giustificazione per un incontro a così alto livello con un dirigente che nega sistematicamente l'Olocausto, che esporta odio ed antisemitismo, che invoca la distruzione dello stato di Israele ed impicca nelle piazze del suo Paese donne, uomini e bambini". Israele ha deciso di boicottare la conferenza Durban II e si è felicitato con quei Paesi che hanno adottato lo stesso atteggiamento, fra cui Stati Uniti ed Italia. In Israele viene fatto notare che mentre domani sarà inaugurata quella conferenza - da dove presumibilmente giungeranno attacchi nei suoi confronti - nello Stato ebraico inizieranno le solenni cerimonie annuali della Giornata della Shoah.

(ANSA, 19 aprile 2009)

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Iran - Times: Israele pronta a bombardare a breve siti nucleari

"Si stanno effettuando preparativi a tutti i livelli"

ROMA, 18 apr. - Le forze militari israeliane si preparano a lanciare a breve un massiccio attacco aereo contro i siti nucleari iraniani dopo aver ricevuto il via libera dal nuovo governo di Benjamin Netanyahu: "Si stanno effettuando preparativi a tutti i livelli per questa eventualità - ha detto oggi al Times un alto funzionario della Difesa - Il messaggio all'Iran è che le minacce non sono solo parole". Approntate anche le esercitazioni per preparare la popolazione civile all'eventualità di una reazione iraniane. Israele sarebbe pronto - continua il Times - a colpire oltre una decina di bersagli, inclusi convogli mobili. I siti nel mirino sono quello di Natanz, dove migliaia di centrifughe producono uranio arricchito; quello di Esfahan, dove 250 tonnellate di gas sono stipate nel sottosuolo; e quello di Arak dove un reattore produce plutonio. La distanza da Israele di questi bersagli è oltre 1000 chilometri, un tragitto che può essere coperto dagli F15 e F16, sostenuti da elicotteri e mezzi di rifornimento. Israele si è dotato anche di tre apparecchi Awac (Airborne Warning and Control) e di Un eventuale attacco israeliano contro l'Iran implica il sorvolo degli spazi aerei giordani e iracheni dove vi è una forte presenza militare americana. Il recente attacco contro dei convogli in Sudan (che trasportavano presumibilmente armi destinate ad Hamas nella Striscia di Gaza) rientra tra questi preparativi delle forze israeliane per operazioni su lunghe distanze.

(Apcom, 18 aprile 2009)

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Israele - Ecco i siti dell'Iran

di Vittoria Pirro

Una dettagliata relazione elaborata dal Center for Strategic & International Studies (CSIS) a Washington, completa di grafici e diagrammi sostiene che non vi è alcuna necessità di distruggere decine o centinaia di siti, la distruzione di sette, nove obiettivi sarebbe sufficiente a paralizzare il programma iraniano, e li elenca come segue.

1. Lashkar A'bad, sito segreto di impianti di arricchimento di uranio nel nord vicino al confine turco.
2. Tehranb, per la centrale atomica di laboratorio per lo sviluppo degli armamenti, nonché di impianti di arricchimento di uranio.
3. Arak, in Iran centrale, dove un impianto ad acqua pesante è in costruzione per la produzione di plutonio per armi.
4. Isfahan, in Iran centrale, nei pressi del quale sono situati un piccolo reattore di ricerca e laboratori per l'arricchimento dell'uranio, centrifughe e di sviluppo di armi.
5. Natanz, il principale centro per l'arricchimento dell'uranio.
6. Ardekan, sulla punta meridionale dell'Iran, dove sono situati laboratori per l'arricchimento dell'uranio.
7. Saghand, la regione principale mineraria di uranio.
8. Bushehr, sulle rive del Golfo Persico, il più grande reattore nucleare costruito dalla Russia.
9. Gachin, in prossimità dello Stretto di Hormuz, il sito di miniere di uranio e impianti di arricchimento.

Complicate tabelle riportano una serie di dettagli tecnici, mostrando quante bombe israeliane gli aerei da combattimento Air Force F16I o F15F-bombardiere può portare, quanto carburante è necessario per raggiungere i loro obiettivi iraniani, e in quale fase del loro viaggio di ritorno avrebbe bisogno di rifornimento.
Questa è la prima volta che viene pubblicata una descrizione precisa e dettagliata di queste capacità.
Gli autori propongono tre itinerari per un attacco potenziale, nell'operazione israeliana contro l'Iran: un percorso più orientale in Arabia Saudita, un percorso centrale per l'Iraq, e un percorso più settentrionale dalla Turchia, Siria settentrionale e Kurdistan iracheno.
La relazione elaborata dal CSIS è stato ristampato in migliaia di copie a Teheran con l'obbligo della lettura per la sua intelligenza e per il personale della Guardia rivoluzionaria perché lo studio di una possibile operazione israeliana contro il programma nucleare iraniano conclude che lo Stato ebraico ha tutte le risorse necessarie per il successo.
Diverse fonti affermano che se la diplomazia, non riesce a bloccare le attività nucleari in Iran, Israele sarebbe lasciato senza opzione diversa da quella militare. Già martedì, 14 aprile, il New York Times ha citato un funzionario israeliano, il quale ha detto che Gerusalemme avrebbe dato all'amministrazione Obama fino alla fine del 2009 per fermare i progetti di arricchimento dell'uranio dell'Iran, dopo di che, Israele sarà costretto ad agire.
Teheran ha risposto con una denuncia al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite chiedono che Israele sia condannato per "le minacce contro uno Stato sovrano". (Debkafile)

(quinews, 18 aprile 2009)

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Iran - Festa delle forze armate, Ahmadinejad fa un discorso moderato

Quasi assenti riferimenti anti-israeliani

TEHERAN, 18 apr. - L'Iran ha adottato un basso profilo per la festa annuale delle sue forze armate: il presidente Mahmoud Ahmadinejad ha aperto la tradizionale parata militare, a sud di Teheran, con un discorso considerevolmente breve e moderato. Ha presentato l'Iran come un Paese "idealista che sostiene la pace e la sicurezza" nel mondo. Non ha fatto alcun accenno alle grandi potenze di cui l'anno scorso, nella stessa occasione, aveva dichiarato che erano "enlisées" grazie alla "resistenza del popolo iraniano". Non ha più minacciato di "tagliare le mani" ad eventuali aggressori, come aveva fatto nel 2006 e 2007, con un avvertimento implicito a Israele e agli Stati Uniti. E ha presentato le forze armate come "garanti della sicurezza della regione", assicurando che la nazione iraniana è "pronta ad una grande partecipazione per stabilire la sicurezza fondata sulla giustizia in diversi posti del pianeta". Questo tono moderato si accorda bene con quello dell'amministrazione del presidente Barack Obama che negli ultimi tempi ha moltiplicato gli appelli ad un apertura al dialogo con Teheran. Dialogo definito "sensato" anche dal Segretario di Stato americano Hillary Clinton. La parata odierna inoltre non prevedeva i missili a media gittata che in teoria permettono all'Iran di colpire Israele. L'anno scorso invece, l'esercito aveva presentato il suo Ghadr-1, un razzo in grado di raggiungere dei bersagli a 1.800 chilometri di distanza, e quindi lo Stato ebraico. Sempre l'anno scorso, lo slogan tradizionale "Morte a Israele" era affisso su un camion che trasportava un missile, oggi è apparso su un semplice veicolo. E questo nonostante le minacce israeliane. La settimana scorsa il ministro dello Sviluppo regionale, Sylvan Shalom, sosteneva che il suo Paese "non potrà tollerare un Iran dotato dell'arma nucleare". Quanto al Primo ministro Benjamin Netanyahu, ha dichiarato a fine marzo che "il più grande pericolo per l'umanità e per Israele proviene dalla possibilità di un regime radicale dotato dell'arma atomica". (con fonte Afp)

(Apcom, 18 aprile 2009)

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Somalia: il parlamento approva l’instaurazione della legge islamica

Il Parlamento di transizione somalo ha approvato all'unanimità il progetto di legge del governo che instaura le legge coranica (la sharia) nel paese, in guerra civile dal 1991. Lo ha annunciato il vice presidente del Parlamento, Osman Elmi Boqore.
La Sharia, la legge coranica, "va benissimo, ma va correttamente interpretata: promuove la giustizia e combatte la violenza": è quanto ha detto all'Ansa, alla vigilia Mohammed Warsame, meglio noto come "il chimico", già più volte ministro, ambasciatore somalo all'Onu, ed attualmente presidente della regione del Galmudug, nella Somalia centrale.
Ma la Sharia è usata dagli Shabaab, gli integralisti islamici ritenuti il braccio armato somalo di al-Qaida. "La loro interpretazione è profondamente sbagliata, e non ha nulla a che fare con quella corretta prevista dal Corano. Gli Shabaab, come al Qaida, sono contro l'Islam, contro tutto il mondo, nulla hanno a che fare col vero Islam. Non vede che la maggioranza delle loro vittime sono musulmane, così come gli obiettivi che privilegiano: scuole, moschee" e altro. "No - ha aggiunto - non hanno niente a che fare col vero Islam, sono nemici dell'Islam." Questa, del resto, è la linea più volte affermata dalla nuova leadership somala, a guida islamica moderata, fortemente appoggiata da Onu, Usa, Ue e paesi arabi moderati.

(ticinonews.ch, 18 aprile 2009)

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Razzismo, l'Italia conferma il no alla conferenza Onu: ma si tratta ancora

ROMA (17 aprile) - L'Italia ribadisce il suo no alla conferenza delll'Onu sul razzismo che si apre domenica a Ginevra. Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha affermato che Roma mantiene l'atteggiamento di disimpegno
dal negoziato tenuto fino ad ora, una scelta del resto presa anche dagli Stati Uniti ma che l'impegno, con i colleghi europei, proseguirà fino all'ultima ora.
Ad oggi «non ci sono le condizioni per l'Italia per re-impegnarsi nel negoziato per la conferenza Durban II», ha detto Frattini, ribadendo ancora le condizioni «inaccettabili», che precludono per ora la partecipazione dell'Italia, contenute nel documento preparatorio su Durban II.
Il ministro ha quindi ricordato i punti contenuti nella bozza conclusiva della conferenza contro il razzismo, in parte modificati ma ancora considerati inaccettabili, perché giudicati antisemiti nella parte che riguarda l'Olocausto, ma ha ricordato anche le critiche al riferimento alla libertà di espressione che, ha detto, «non è significativamente garantita». Un tema sul quale Frattini - come ha spiegato a margine della conferenza sul disarmo nucleare conclusasi oggi alla Farnesina a cui ha partecipato anche l'ex presidente russo Mikhail S. Gorbachev - si è confrontato anche con i colleghi europei. «Stamani ho avuto colloqui telefonici con i miei colleghi inglese, francese, svedese, tedesco, danese e olandese, e ho rappresentato loro i dubbi dell'Italia ed ho ricordato che l'impegno, con i colleghi europei, proseguirà fino all'ultima ora».

(Il Messaggero, 18 aprile 2009)

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Gaza, ricompaiono i leader di Hamas

Non erano più stati visti dall'offensiva israeliana di gennaio contro la Striscia

GAZA - Assenti per ragioni di sicurezza dalla scena pubblica dall'inizio dell'operazione "Piombo fuso" (dicembre 2008-gennaio 2009) due dirigenti di Hamas, Ismail Haniyeh e Mahmud a-Zahar, sono riapparsi oggi in pubblico.
Lo hanno fatto nel modo a loro più congeniale: con un sermone religioso-politico, in due moschee di Gaza, al termine delle preghiere del venerdì. Il tono degli interventi era, come prevedibile, molto militante a testimoniare che l'operazione militare israeliane non ha messo in ginocchio Hamas. Mentre i due dirigenti arringavano la folla, nel campo profughi di Jabaliya è avvenuto un episodio dalle conseguenze contenute ma significativo. Agenti di Hamas hanno sparato a bruciapelo alle gambe di tre esponenti locali di al-Fatah che sono stati poi ricoverati in ospedale. Fonti locali hanno precisato che dopo l'operazione Piombo Fuso i tre avevano avuto l'ordine di presentarsi quotidianamente nella sede locale dei servizi di sicurezza.
Le lacerazioni fra Hamas ed al-Fatah restano dunque molto aspre, anche se da settimane negoziatori di questi movimenti stanno cercando al Cairo una formula di riconciliazione. Parlando ai fedeli della Moschea Falastin, a-Zahar ha detto che diverse questioni cardinali, almeno quattro, impediscono ai palestinesi di dar vita a un governo unitario. Dal canto suo Haniyeh (che parlava nel campo profughi di Shati) ha detto di ritenere che i palestinesi avranno bisogno del sostegno del mondo arabo per raggiungere la riconciliazione nazionale.
Il mese scorso il premier di Ramallah, Salam Fayyad (al Fatah), si è dimesso e ancora il presidente Abu Mazen (Mahmud Abbas) non riesce a gettare le basi per un nuovo esecutivo. Il 26 aprile, al Cairo, riprenderanno i colloqui interpalestinesi ma le speranze di un'intesa sono limitate. A-Zahar - che ha partecipato al Cairo alla prima tornata dei colloqui e ha poi visitato diversi Paesi arabi - è tornato a Gaza sicuro che il braccio militare di Hamas sia oggi più armato ed equipaggiato che non nel dicembre scorso. Ha anche avvertito Israele che le condizioni per uno scambio di prigionieri non cambiano: per la liberazione del caporale Ghilad Shalit (prigioniero dal giugno 2006) lo stato ebraico dovrà liberare 450 palestinesi che scontano l'ergastolo, nonché le donne e i minorenni. Dichiarazioni accolte con grande interesse dalla popolazione di Gaza che oggi ha celebrato la Giornata del Prigioniero. Su un muro della città è apparso un disegno che mostra l'ostaggio di Hamas, il caporale Shalit, così come potrebbe apparire nel 2030, con i capelli ormai bianchi, ancora in attesa che il suo governo riesca a liberarlo. Haniyeh, da parte sua, ha reso omaggio al "leone della Palestina" Abdel Aziz Rantisi, il leader di Hamas ucciso da Israele quattro anni fa. Altri dirigenti dell'organizzazione hanno trovato la morte durante l'operazione Piombo Fuso, ha rilevato Haniyeh.

(Corriere Canadese, 18 aprile 2009)

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Egitto: scoperti 5 tunnel per il contrabbando alla frontiera con Gaza

Saranno distrutti

EL ARICH (Egitto), 18 apr. - Le autorità egiziane hanno scoperto cinque tunnel utilizzati per il contrabbando nella Striscia di Gaza. Lo ha dichiarato un responsabile dei servizi di sicurezza egiziani precisando che i tunnel sono stati rinvenuti a nord del valico di frontiera di Rafah. "C'erano delle motociclette, viveri e pezzi di ricambio per computer nei tunnel", ha precisato ancora, aggiungendo che i tunnel saranno distrutti. I tunnel sono stati anche utilizzati per far entrare armi nella Striscia di Gaza. L' 8 aprile, il procuratore dello Stato egiziano ha annunciato l'arresto di una cellula guidata da un membro dell'Hezbollah libanese. Il capo di Hezbollah Hassan Nasrallah ha ammesso in seguito che il leader presunto delle persone arrestate in Egitto era membro del suo movimento e che era in "missione logistica" per far arrivare del materiale militare ai palestinesi di Gaza. L'Egitto ha rafforzato la sua lotta contro il contrabbando a partire dal suo territorio. (con fonte Afp)

(Apcom, 18 aprile 2009)

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Rotterdam, a teatro posti separati per le donne in nome della sharia.
Il sindaco è di origine marocchina

E' accaduto in occasione dello spettacolo del comico Salaheddine Benchikhi, anch'egli marocchino. Per il governo olandese è "inaccettabile": tutti gli immigrati devono "abituarsi al principio di eguaglianza tra i sessi".

BRUXELLES, 17 apr. (Adnkronos/Aki) - Un'intera balconata in un teatro rigorosamente riservata alle sole donne, in nome della sharia. Non accade in Pakistan o in Arabia saudita ma in Olanda, precisamente a Rotterdam. In occasione dello spettacolo del comico Salaheddine Benchikhi, anch'egli di origine marocchina, il teatro Zuidplein ha accolto la sua richiesta di riservare a sole donne le prime cinque file della balconata, e cioè 50 posti su un totale di 590.
Salaheddine, 29 anni, editorialista del sito Marokko.nl, è noto per la sua opposizione all'integrazione dei musulmani nelle società occidentali, un tema al quale aveva dedicato la serata. Il tutto in una città dove la quota di residenti di origini non olandesi supera il 40%. Da febbraio la storica città olandese ha un sindaco di origine marocchina, Ahmed Aboutaleb. In realtà, le spettatrici musulmane che hanno assistito allo spettacolo, molte anche con il velo sui capelli, si sono mescolate tra il pubblico di sesso misto, consentendo a spettatori maschi di sedersi con loro nelle file 'riservate' senza problemi.
La vicenda è però stata sufficiente per scatenare virulente polemiche, avviate dalla destra populista olandese. "E' una questione di principio" ha tuonato Anita Fahmel, eletta del partito locale 'Leefbaar Rotterdam' (Rotterdam vivibile). Al contrario, il consiglio municipale ha difeso la sua scelta. "Secondo i nostri valori occidentale - è scritto in un comunicato - la libertà di vivere la propria vita in funzione delle proprie convinzioni è un bene prezioso". Inoltre, prosegue la nota, "le donne hanno il diritto di scegliere se vogliono uomini accanto o no". Anche un portavoce del teatro ha difeso la scelta. "Siamo un teatro popolare rivolto a persone con un livello di istruzione non elevato. E' un gruppo difficile da far venire in teatro, per questo siamo pronti ad adattarci".
Il governo olandese, però, non è affatto d'accordo. Il ministro dell'Interno Eberhard van der Laan, rispondendo in Parlamento all'interrogazione di un deputato liberale sulla vicenda di Rotterdam, ha definito "inaccettabile" creare file di posti riservati alle donne in un teatro che per di più è finanziato dal comune e dallo Stato. Secondo il ministro, si tratta di una violazione della legge sul diritto sull'eguaglianza dei trattamenti. Lo stesso van der Laan aveva d'altro canto una separazione dei sessi per i corsi di integrazioni introdotti dal governo olandese, ma questo, aveva spiegato, per evitare che le donne musulmane rifiutassero di andarci per non mescolarsi a uomini. Il ministro ha tuttavia sottolineato che tutti gli immigrati devono "abituarsi al principio di eguaglianza tra uomini e donne".

(IGN, 17 aprile 2009)

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Capi di Hamas tornano in pubblico mentre arriva l'inviato Usa

GAZA - Due leader di Hamas hanno fatto la loro prima comparsa oggi a un evento pubblico dai tempi della guerra di Gaza, nel dicembre scorso, sfidando il presidente palestinese Mahmoud Abbas, impegnato a discutere delle prospettive di pace con un inviato Usa.
"Non riconosceremo mai il nemico in nessun modo", ha detto Mahmoud al-Zahar, uno dei due leader, in un discorso tenuto in una moschea e diffuso su una radio del movimento fondamentalista islamico, facendo riferimento a Israele.
Ismail Haniyeh, a capo dell'amministrazione di Hamas a Gaza, ha parlato in un'altra moschea.
Per evitare di essere uccisi, entrambi gli uomini hanno vissuto in rifugi sotterranei nel corso dell'offensiva, durata 22 giorni, che Israele ha lanciato lo scorso 27 dicembre per porre fine al lancio di missili da parte dei palestinesi. Le loro rare dichiarazioni sono state per lo più affidate a discorsi pre-registrati.

(Reuters, 17 aprile 2009)

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Nasser, Ben Gurion e gli spettatori arabi.

Una vignetta comparsa su un giornale svizzero nel 1956, dopo la campagna del Sinai, illustra bene una situazione che dura fino al giorno d’oggi.

(da israel heute, aprile 2009)

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Le buone idee di Lieberman (ma presentate male)

di Yossi Alpher

Avigdor Lieberman, il nuovo ministro degli esteri israeliano, si è fatto una cattiva fama con le sue richieste politiche circa i cittadini arabi d'Israele. Lieberman vuole che gli arabi israeliani dimostrino la loro lealtà verso lo Stato prestando un giuramento e prestando un servizio nazionale, pena la perdita della cittadinanza. E vuole spostare la Linea Verde, la ex linea armistiziale 1949-'67 tra Israele e Cisgiordania, in modo che villaggi arabi delle zone del Triangolo e di Wadi Ara diventino parte della (futura) Palestina, e i loro abitanti divengano cittadini palestinesi anziché israeliani.
Nella loro essenza, spogliate delle forzature xenofobe, alcune delle idee di Lieberman meritano di essere seriamente vagliate. In effetti, anzi, nella loro essenza queste proposte politiche non sono nemmeno originariamente sue. Nel momento in cui se ne appropria in modo piuttosto distorto, Lieberman sembra animato da un rabbioso nazionalismo xenofobo che è estraneo alla tradizione israeliana, ma che funziona bene con la sua base elettorale formata innanzitutto da immigrati ex sovietici.
Tuttavia è anche vero che Lieberman reagisce al crescente estremismo presente fra i cittadini arabi israeliani, che sempre più spesso sostengono che Israele non può essere uno Stato ebraico e che deve riflettere anche la loro "nazionalità palestinese". Cittadini arabi che, a loro volta, reagiscono sia al fallimento del processo di pace di Oslo, sia a decenni di preclusione e negligenza da parte dei governi israeliani.
Volendo sbrogliare questa escalation negativa e trovare il nocciolo positivo strumentalizzato da Lieberman, vediamo le sue proposte una per una.
Circa il giuramento di lealtà e il servizio nazionale, vale la pena notare che il super-laico Lieberman indirizza questa richiesta non solo ai cittadini arabi, ma anche ai cittadini ebrei ultra-ortodossi. In effetti, l'opinione corrente nella maggioranza degli ebrei israeliani è generalmente assai più critica verso gli ultra-ortodossi che si sottraggono al servizio militare che non verso l'esonero degli arabi: ai cittadini arabi non è mai stato chiesto di prestare servizio di leva, mentre gli ultra-ortodossi vengono richiamati salvo poi essere esonerati sulla base di una concessione politica verso il loro orientamento religioso che, nella loro prospettiva, prevale sullo Stato.

(Affaritaliani.it, 17 aprile 2009)

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Cellula di Hezbollah in Egitto: al-Fatah denuncia infiltrazioni anche nelle sue fila

Il partito palestinese di Abu Mazen ritiene che gli sciiti libanesi stiano attirando molti militanti palestinesi

''Hezbollah è riuscito a infiltrarsi tra i militanti di al-Fatah, in particolare nella Striscia di Gaza''. Lo ha detto oggi il responsabile di al-Fatah, partito palestinese guidato da Arafat prima e da Abu Mazen adesso, al Cairo, Barakat al-Ezz, in un'intervista al giornale egiziano 'al-Masr al-Youm'.
Al-Ezz ha commentato così la notizia della presenza di due militanti del partito di Abu Mazen tra le 49 persone arrestate dalla polizia egiziana per aver fondato una cellula Hezbollah, il movimento libanese sccita filo-iraniano in Egitto. ''Hezbollah in questo momento ha la forza di attrarre intorno a sé numerosi giovani che sono ai margini di al-Fatah - ha spiegato - in particolare tutte quelle persone che non fanno parte del gruppo dirigente o che sono state allontanate per diversi motivi dall'organizzazione''. Il politico palestinese ha denunciato inoltre che il movimento sciita libanese avrebbe tentato per diversi anni di reclutare tra le sue fila giovani palestinesi. Intanto, negli interrogatori condotti ieri dal procuratore del Cairo, cinque imputati egiziani per la cellula Hezbollah hanno negato di far parte del movimento sciita, sostenendo di essere membri dei Fratelli Musulmani, organizzazione sunnita bandita in Egitto.

(PeaceReporter, 17 aprile 2009)

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Durban 2 - Lunedì il via al festival dell'antisemitismo

di Fiamma Nirenstein

Fiamma Nirenstein
Sarà comunque strano che, lunedì prossimo, giorno della Shoah in tutto il mondo e data in cui avrà inizio a Ginevra la famosa conferenza delle Nazioni Unite detta «Durban 2» contro il razzismo, il podio venga offerto a un razzista negazionista che ha più volte dichiarato di voler distruggere Israele come Mahmoud Ahmadinejad: il premier iraniano, alla ricerca di un palcoscenico adatto a lui, ha infatti annunciato la sua partecipazione alla conferenza. Nonostante molte polemiche e cambiamenti della piattaforma, essa rischia dunque ancora di più di essere il doppione di Durban 1, e comunque una sua versione ancora più pericolosa, dato che l'Iran finanzia gran parte del terrorismo mondiale (compresi gli Hezbollah e Hamas) e prepara le sue postazioni nucleari. La Germania, che capisce cosa potrebbe accadere, si prepara in queste ore a seguire il piccolo coscienzioso corteo di chi a Ginevra non intende farsi vedere. Nel 2001, si riunirono in Sudafrica centinaia di delegazioni e migliaia di Ngo che trasformarono una conferenza contro il razzismo in una conferenza razzista contro Israele e contro gli Usa. Si sprecarono le marce sotto gli striscioni inneggianti a Bin Laden, le grida di «morte all'America» e le accuse di apartheid a Israele. Durban 2 può diventare la replica in versione attivamente antisemita e guerrafondaia contro Israele dell'evento che precedette di pochi giorni l'attacco alle Twin Towers. A cominciare dall'evento previsto per il fine settimana: una riunione di organizzazioni non governative che porta il nome «Conferenza di esame (review) di Israele», completa di un rally antisraeliano il 18 aprile.
Mercoledì è stato completata la bozza di documento base per la conferenza. Distribuito dall'Alta Commissionaria per i diritti umani Navi Pillay con la presidente della commissione, la libica Najat Al-Hajjaji, non è stato discusso, ma solo consegnato agli astanti: è chiaro che si cerca di offrire una piattaforma più palatabile rispetto all'enorme prima versione dalle fosche tinte, presentando una bozza più agile e meno aggressiva; si cerca con ciò di spingere almeno parte dell'Europa utilizzando anche la fretta dell'ultimo momento e la ripugnanza a disertare l'Onu, verso un appuntamento dominato da un'idea rovesciata dei diritti umani. Infatti la bozza attuale non rinuncia al riferimento al primo documento, quello di Durban 1, che indicava Israele come stato razzista e gli Usa come male del mondo; indica l'occupazione, termine che immediatamente allude a Israele, come fonte di razzismo e di apartheid; rimette in circolazione in vari modi l'idea della proibizione della critica alle religioni (ovvero ripropone il tema dell'antislamismo) e invita a onorare le «culture diverse», che spesso si presenta tuttavia come persecuzione degli omosessuali, oppressione sistematica delle donne, sharia che condanna a terribili pene corporali. Come sta reagendo il mondo nelle ultime ore prima della conferenza che avrà Ahmadinejad come vicepresidente? Di sicuro sembra che gli Usa, il Canada e la nostra coraggiosa Italia abbiano mantenuto fermo il loro «no»; di incerto, il comportamento di altri Paesi europei, per esempio dell'Olanda che tentenna. Ma si avvicina a grandi passi il «no» la Germania di Angela Merkel, fino a poche ore fa propensa a partecipare. Un esponente del ministero degli Esteri tedesco ha dichiarato che il suo Paese forse si tirerà indietro. È chiaro che teme la strumentalizzazione antisraeliana, specie adesso che Ahmadinejad, che ha appena dichiarato a Spiegel che è sicuro che i tedeschi odino tuttora gli ebrei, prenderà il podio da gran protagonista.

(il Giornale, 17 aprile 2009)

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Dal basso verso l'alto

L'ex senatore americano George Mitchell non ha bisogno di molti consigli: è un navigato uomo di stato il cui maggiore successo fu l'accordo in Irlanda del Nord tra maggioranza protestante e minoranza cattolica. Tuttavia il nuovo inviato speciale della presidenza americana in Medio Oriente farebbe bene a prestare attenzione ad alcune caratteristiche che contraddistinguono il conflitto locale. Il conflitto in Irlanda era essenzialmente un conflitto religioso combattuto fra due comunità che avevano in comune lingua e storia. Qui abbiamo una lotta tra due movimenti nazionali con alcuni aspetti religiosi. Mentre nessun nord-irlandese ha mai messo in dubbio il diritto di esistere della Gran Bretagna, sono molti quelli in campo palestinese che mettono in discussione la legittimità dello stato ebraico, e alcuni in campo israeliano mettono in dubbio il diritto all'esistenza di una nazionalità palestinese....

(israele.net, 17 aprile 2009)

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Rassegna stampa araba

Titoli delle prime pagine

ROMA, 17 apr. (Apcom) - La visita in Israele dell'inviato speciale Usa per la pace in Medio Oriente, George Mitchell, al centro dell'attenzione della stampa araba di oggi: "l'America vuole la soluzione dei due stati", aprono i principali quotidiani.

AL SHARQ AL AWSAT - giornale panarabo edito a Londra, apre sulla crisi dei rapporti tra il Cairo e Teheran aggravatasi di recente dopo l'arresto di una cellula 'terroristica' accusata di spionaggio a favore degli Hezbollah sciiti libanesi e titola: "Egitto: L'Iran cerca azioni di scontro... E dialogare con Teheran è inutile". Intervistato dal giornale, un "consigliere del presidente turco Gul" afferma "La Siria ci ha espresso il suo desiderio di riprendere le trattative di pace con Israele". Elezioni libanesi, "candidato Hezbollah vuole una nuova partnership con gli antagonisti... Altrimenti a noi tutta la responsabilità di governo". Afghanistan, "Baby Aisha, l''onorevole' che ha combattuto contro russi e talebani e guidato un battaglione di Mujaheddin", la donna è stata celebrata in una mostra fotografica tenuta ieri a Kabul.

AL QUDS AL ARABI - giornale palestinese edito a Londra, apre sul viaggio in Israele dell'inviato speciale Usa per il Medio Oriente, "Mitchell a Lieberman: l'America vuole la soluzione dei due stati", e commenta: "il ministro israeliano ha trattato l'inviato di Obama con disprezzo". Intanto, il premier israeliano "Netanyahu chiede un riconoscimento palestinese di un 'Israele ebreo'". Kuwait, arrestato un deputato islamico per avere offeso la famiglia dell'Emiro". "Teheran: le tre isole del Golfo (appartenute agli Emirati arabi e occupate negli anni settanta dallo Scia di Persia ) sono iraniane 'per sempre'". Arabia saudita, "telecamere segrete negli internet caffè" per combattere il terrorismo. Egitto, polemiche per una nuova fatwa religiosa che riavvia i matrimoni 'Messiar' (facilitati, ovvero a tempo e solo per fini di 'godimento', come viene indicato dalla confessione sciita): "ma risolverà il problema di 9 milioni di zitelle?", si interroga il giornale nel titolo. Iraq, "dati ufficiali: due milioni e mezzo gli orfani nel paese", e "mandato di cattura contro al Sahaf", l'ex ministro dell'informazione di Saddam Hussein, meglio conosciuto come 'Ali il comico' per le sua stravagante propaganda durante la guerra all'Iraq del 2003. Ora, l'ex 'voce' di Saddam vive negli Emirati Arabi. AL

HAYAT - foglio panarabo edito a Londra, titola in apertura: "Netanyahu: Prima di tutto, i palestinesi riconoscano l'ebraicità dello stato di Israele"; e l'inviato speciale Usa, "George Mitchell è fermo sulla soluzione dei due stati e ascolta il ragionamento israeliano che dopo il fallimento di quella politica vede una 'soluzione economica'". "Il Cairo accusa Teheran di riesumare la sedizione tra gli arabi". Libano, "l'agente del Mossad arrestato (nei giorni scorsi) ha visitato 4 volte Israele ed ha filmato siti siriani". Libia, "in collaborazione con Russia, Cina, Francia e Egitto, Tripoli inizia la costruzione di una linea ferroviaria lunga 3200 chilometri".

AL AHARAM - giornale egiziano semi-ufficiale, "Domani il rais Mubarak discuterà con Mitchell il processo di pace"; "Israele ribadisce di volere buone relazioni con l'Egitto", e "l'inviato Usa comunica a Lieberman che l'America vuole la soluzione dei due stati". Sempre al Cairo "dopo domani, Mubarak discuterà con il presidente somalo di pirateria e intesa nazionale". "La biblioteca d'Alessandria aderisce all'iniziativa di lanciare la più grande biblioteca 'digitale' nella storia del mondo".

(Apcom, 17 aprile 2009)

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Tempi cupi, le aperture di Obama non basteranno

Tira una brutta aria, perché le aperture al dialogo di Obama in tutte - davvero in tutte - le direzioni sembrano suscitare un senso di sollievo e rilassamento, persino di entusiasmo, tra gli analisti, i commentatori e i media mainstream, oltre che nelle capitali occidentali.
Quasi che l'ammorbidimento delle posizioni e dei toni Usa sia destinato di per sé a risolvere tutte le crisi e a migliorare ogni rapporto conflittuale. Peccato che a questo clima rilassato e vagamente ottimista non corrispondano fatti altrettanto tranquillizzanti. Le sfide sembrano aumentare e crescere di complessità; gli stati canaglia alzano la posta, per sfruttare il più possibile a loro vantaggio la nuova aria....

(il legno storto, 17 aprile 2009)

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L’11 settembre sarebbe niente al confronto

Il professore kuwaitiano Abdallah Al-Nafisi sogna un attentato con armi biologiche alla Casa Bianca e prega per il bombardamento della centrale nucleare al Lago Michigan.

(Memri TV, febbraio 2009)

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Netanyahu: prima di ogni negoziato i palestinesi riconoscano lo Stato ebraico

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha detto oggi all' inviato Usa in Medio Oriente George Mitchell che i palestinesi devono riconoscere Israele come stato ebraico. Secondo quanto hanno riferito fonti informate, Netanyahu ha detto che «Israele si aspetta che i palestinesi riconoscano prima di tutto Israele come stato ebraico, prima ancora di parlare di due stati per due popoli».
Secondo le stesse fonti inoltre Netanyahu ha detto che Israele vuole un'intesa di pace con i palestinesi ma deve al tempo stesso essere certo che i negoziati non portino alla costituzione di un "secondo Hamastan" (un territorio controllato da Hamas, ndr) tale da minacciare Gerusalemme e la fascia costiera di Israele.

(ilsussidiario.net, 16 aprile 2009)

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Anp: non riconosceremo Israele come Stato ebraico

Portavoce Abu Mazen: "E' ostacolo alla pace"

GERUSALEMME, 16 apr. - L'Autorità nazionale palestinese (Anp) ha respinto la richiesta di riconoscere Israele come "Stato ebraico", avanzata oggi dal Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. "Si tratta di un ostacolo sulla via della pace e della creazione di due Stati", ha dichiarato all'Afp il portavoce del presidente palestinese Abu Mazen. Questa richiesta "si scontra con gli sforzi della comunità internazionale e in particolare con quelli americani per una soluzione di pace", ha aggiunto il portavoce, Nabil Abu Rudeina. "Israele si aspetta dai palestinesi che riconoscano lo Stato di Israele come Stato del popolo ebraico", ha dichiarato Netanyahu all'inviato del presidente americano Barack Obama, George Mitchell, in un incontro a Tel aviv. "Israele non cerca di regnare sui palestinesi, ma deve assicurarsi che il processo politico con loro non sfoci in un secondo 'Hamastan' (Stato di Hamas, ndr) nel cuore del Paese, che minaccerebbe Gerusalemme e la pianura costiera", ha aggiunto. Netanyahu si riferiva alla Striscia di Gaza, che è controllata dal movimento islamico palestinese e da dove vengono tirati i razzi contro Israele. (con fonte Afp)

(Apcom, 16 aprile 2009)

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I musulmani che aiutarono gli ebrei durante il nazismo. La mostra

PIACENZA - Le storie di musulmani che salvarono la vita ad alcuni ebrei durante la persecuzione nazista in mostra, a partire da martedì 21 aprile all'Auditorium della Fondazione. L'iniziativa è promossa dalla commissione diocesana per l'ecumenismo, il rapporto con l'ebraismo e il dialogo interreligioso della Diocesi, e vede il patrocinio dell'assessorato alla Cultura del Comune di Piacenza, della Provincia di Piacenza, e della Fondazione di Piacenza e Vigevano.
Il programma della rassegna (visitabile fino al 27 aprile) è stato presentato dagli assessori Paolo Dosi (Comune), Fernando Tribi (provincia) e da don Ezio Molinari della Diocesi. L'esposizione sarà accompagnata da due incontri, il primo si terrà nella sera del 21 aprile, in Fondazione. Saranno presenti Farian Sabahi (docente di Storia dei Paesi Islamici), Alberto Sermoneta, rabbino capo della comunità ebraica di Bologna, e Alberto Cozzi, docente alla facoltà teologica dell'Italia Settentrionale. Lunedì 27, invece, l'auditorium ospiterà un incontro aperto a tutte le scuole, dal titolo "Chi salva una vita salva un mondo intero", con Daniele Nahum, presidente Giovani Ebrei d'Italia, e Omar Jibril, presidente Giovabi Musulmani Italiani.

(PiacenzaSera.it, 16 aprile 2009)

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Nazisti - Nove ebrei olandesi parte civile nel processo a Demjanjuk

Hanno chiesto aiuto a legali tedeschi e allo storico Houwink ten Cate

AMSTERDAM, 16 apr. - Nove ebrei olandesi vogliono dichiararsi parte civile nel processo contro John Demjanjuk, l'89enne presunto nazista, per il quale la procura di Monaco di Baviera ha chiesto l'estradizione dall'America. Il gruppo, ha spiegato lo storico e professore di studi sul genocidio all'Università di Amsterdam, Johannes Houwink ten Cate, diventato loro consulente, incontrerà dei legali tedeschi per cercare di diventare parte civile nel caso. Della presunte 29mila vittime attribuite al guardiano del campo di Sobibor, nella Polonia occupata, almeno 23mila erano ebrei olandesi. Oggi il consiglio per gli immigrati della Virginia ha respinto la richiesta di riaprire il caso dell'espulsione di Demjanjuk. Il suo destino resta nelle mani della Corte d'appello di Cincinnati, l'ultima che può bloccare l'espulsione a Monaco di Baviera.

(Apcom, 16 aprile 2009)

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Germania: dubbi sulla conferenza Onu

Verso il boicottaggio dell'incontro sull'antirazzismo

BERLINO, 16 apr - La Germania potrebbe boicottare la conferenza dell'Onu contro il razzismo che si terra' a Ginevra la prossima settimana. ''La Germania, come alcuni altri Paesi dell'Ue, molto probabilmente non partecipera' alla conferenza'', ha spiegato un responsabile dei Diritti umani del ministero. Si teme che l'incontro possa essere fuorviato da slogan anti-israeliani. Venerdi' la decisione: potrebbe essere la prima volta, da decenni, che il Paese e' assente a un importante incontro Onu.

(ANSA, 16 aprile 2009)

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Il Darfur non sia un altro Olocausto

di Daniele Nahum*

Come ebrei fin da quando siamo bambini impariamo a comprendere il significato di termini quali Shoah e Genocidio, che in genere vengono assimilati dai ragazzi non ebrei in età più matura.
Data la tragica esperienza subita dal nostro popolo siamo subito stati messi in contatto con i testimoni i quali ci hanno raccontato le loro tragiche esperienze nei campi di concentramento o comunque come sopravvissuti a quel periodo.
Dunque come testimoni della memoria e nipoti dei sopravvissuti abbiamo il dovere morale di ricordare la Shoah anche quando, per una ragione anagrafica, purtroppo gli ultimi testimoni non saranno più tra noi. Dovremo portare avanti questa testimonianza ricordando che la Shoah è stata un unicum in quanto è stata progettata a tavolino ed è stata realizzata su scala industriale secondo le modalità della catena di montaggio esplicate nella inumanità delle camere a gas e dei forni crematori, perché la follia nazista non voleva limitarsi esclusivamente ad ammazzare il popolo ebraico ma ad ucciderne la Neshamà (l'anima).
Come giovani ebrei, partendo dall'unicità della Shoah, abbiamo un obbligo morale di ricordare anche le altre tragedie e gli altri genocidi del secolo appena passato. Dobbiamo ricordare il genocidio Cambogiano che ha sterminato un milione e ottocentomila persone, nella totale indifferenza della comunità internazionale, il genocidio Rwandese che ha ucciso un milione di persone praticamente in un solo mese e il massacro di Srebrenica compiuto sotto gli occhi dei Caschi Blu delle Nazioni Unite. Ed anche oggi, sotto il nostro sguardo colpevole, si sta consumando il genocidio in Darfur e noi tutti, oggi come allora, ne siamo responsabili.
Ogni 27 gennaio, durante la giornata della memoria, giustamente ripetiamo "mai più" e ci promettiamo di non dimenticare, purtroppo però non abbiamo ancora imparato la lezione. Negli ultimi anni in Darfur sono morte più di 400 mila persone e due milioni di esse sono state costrette alla fuga. Vi sono stati stupri etnici, esecuzioni di massa e numerosi civili innocenti sono stati cacciati dalla loro terra. Durante il periodo Nazista, tutti sapevano ma nessuno denunciava e questo silenzio ha permesso a quel totalitarismo di uccidere sei milioni di persone innocenti.
Oggi come allora tutti noi sappiamo quello che sta accadendo nel Darfur e non stiamo facendo niente per fermare questa tragedia. Per questo dobbiamo fare sentire la nostra voce e chiedere al Governo Italiano di impegnarsi con tutte le sue forze per fermare questa ecatombe.
Per tali ragioni, l'Unione Giovani Ebrei d'Italia, domenica 19 Aprile, sarà tra i promotori del Global day for Darfur. Perché non dobbiamo dimenticare mai il Darfur e non dobbiamo farlo perché altrimenti non avremmo compreso gli insegnamenti dei nostri nonni.


* Presidente Unione Giovani Ebrei d'Italia

(Articolo21.com, 16 aprile 2009)

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Il modello di Israele

In Israele la cura del diabete è affidata a 4 organizzazioni sanitarie (HMO), la più grande delle quali, la Clalit Health Services, gestisce il programma "Diabete nel Territorio" dal 1995. Nel 1996 in ognuna delle cliniche Clalit è stato introdotto un registro del diabete, informatizzato prima del 2000 e al quale tutti i medici di famiglia sono stati invitati a contribuire, inviando dati sui propri pazienti con diabete. Questo consente di confrontare periodicamente i risultati di una clinica con quelli delle altre. Clalit ha dato l'avvio anche ad un programma di educazione ed addestramento del proprio personale medico per insegnare ad altri medici ed infermieri come integrare la terapia medica dei pazienti con indicazioni ad hoc su stile di vita, dieta ed attività fisica. La percentuale di pazienti con emoglobina glicata superiore al 9% è scesa così dal 40% del 1995 al 14% del 2007, con una parallela riduzione dei costi sanitari complessivi. (m. r. m.)

(la Repubblica, 16 aprile 2009)

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Lieberman: per la pace con i palestinesi serve un nuovo approccio

Il Ministro degli Esteri ha incontrato l'inviato Usa Mitchell

GERUSALEMME, 16 apr. (Ap) - Israele ha bisogno di trovare un nuovo approccio per arrivare alla pace con i palestinesi. Lo ha sottolineato il ministro degli Esteri dello stato ebraico, Avigdor Lieberman, durante il primo incontro con l'inviato degli Stati Uniti per il Medio Oriente, George Mitchell. L'ultimo segnale, secondo molti, che non c'è sintonia su come raggiungere un accordo tra il nuovo governo di destra israeliano e Washington. L'inviato del presidente Barack Obama, parlando al'incontro con Lieberman, ha ribadito il solido sostegno della Casa Bianca per la creazione di uno stato palestinese indipendente. Un'idea che negli anni recenti è stata il principio guida delle iniziative di pace appoggiate dagli Stati Uniti. Lieberman sollevò un polverone lo scorso mese poco dopo il suo insediamento, quando disse che l'anno precedente di negoziati sotto la guida di Washington non era più valido e le concessioni ai palestinesi incoraggiavano la guerra.

(Apcom, 16 aprile 2009)

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Medicina - Un ebreo americano vince il "Nobel arabo"

E' la prima volta che accade

Il prof. Ronald Levy
ROMA, 16 apr. - L'americano Ronald Levy, docente universitario a Stanford presso il dipartimento di Oncologia, è il primo ebreo ad aggiudicarsi il premio Re Faisal per la medicina, noto anche come il "Nobel arabo". Lo riporta il sito web del quotidiano israeliano Haaretz. Il professor Levy ha detto ad Haaretz di essere rimasto molto sorpreso, poichè, essendo un ebreo americano sposato a una israeliana, mai avrebbe pensato di vincere un giorno questo premio finanziato dall'Arabia Saudita. Il professore, per assicurarsi che la notizia fosse vera, ha raccontato di aver immediatamente consultato il sito web del premio, dove ha trovato la sua foto e la sua biografia già pubblicate sulla homepage. La biografia era esattamente quella fornita da Levy al comitato del premio. Era stata cancellato solo il riferimento alla sua borsa post-dottorato ottenuta dall'Istituto Weizmann a Rehvot. Il professore ha quindi detto ad Haaretz che ancora più soprendente è stato il fatto che il consolato saudita a Los Angeles ha concesso senza problemi il visto di ingresso in Arabia Saudita a lui, alla moglie e alle sue figlie, per partecipare alla cerimonia di premiazione, sebbene i loro passaporti fossero pieni di timbri israeliani. Levy, che ha ricevuto un premio di 200mila dollari e una medaglia, ha partecipato a una cena con il re saudita Abdullah e ha detto di essere stato trattato benissimo. Il premio gli è stato conferito per il suo contributo allo sviluppo di un medicinale per la cura di diversi tipi di tumore, considerato rivoluzionario.

(Apcom, 16 aprile 2009)

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Egitto - Sequestrata quasi una tonnellata di esplosivi vicino a Israele

Arrestati tre palestinesi e due giordani

EL ARISH (Egitto), 15 apr. - Quasi una tonnellata di esplosivi è stata scoperta dalle forze di sicurezza egiziane vicino alla frontiera con Israele. Lo ha annunciato un responsabile del Cairo. Novecento chilogrammi di tnt sono stati rinvenuti in 17 borse, nel Sinai, nei pressi del confine con l'Egitto: lo ha indicato questo responsabile della sicurezza, aggiungendo che tre palestinesi e due giordani sono stati arrestati nella località di Sheikh Zweid. I palestinesi, che sembra stessero per infiltrarsi in territorio egiziano a partire dalla Striscia di Gaza, stanno per essere interrogati, ha aggiunto questo responsabile. L'annuncio di questa scoperta è arrivato mentre le forze di sicurezza egiziane hanno lanciato ricerche in una regione montuosa del Sinai per scovare tredici uomini sospettati di essere membri di Hezbollah e preparare attentati contro i cittadini israeliani. L'esercito israeliano è stato messo in stato di allerta elevato lungo la frontiera con l'Egitto. Le autorità israeliane temono che questi fuggitivi progettino attentati in Israele o lungo la frontiera con l'Egitto e hanno sollecitato gli israeliani a non restare nel Sinai, destinazione apprezzata dai turisti durante le vacanze della Pasqua ebraica. Il Cairo ha annunciato la settimana scorsa l'arresto di 49 persone accusate di essere affiliate a Hezbollah e di avere progettato attentati sul territorio egiziano. (fonte Afp)

(Apcom, 16 aprile 2009)

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Libano: un altro arresto per spionaggio

Un terzo membro di una rete di presunte spie a favore di Israele "professionali e ben addestrate" è stato arrestato dalle forze di sicurezza nel Sud del Libano. Secondo quanto riferiscono fonti di stampa, si tratta di un caporale del Dipartimento di sicurezza, G. Alam, arrestato nella cittadina meridionale di Naqura e originario del villaggio cristiano di Rmeish, situato a ridosso della Linea Blu di demarcazione tra Libano e Israele.

(L'Unione Sarda, 16 aprile 2009)

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Durban 2 - Appello dell'Onu alle capitali: Superare le divergenze

Distribuita nuova bozza della dichiarazione finale

GINEVRA, 15 apr. - L'Alto Commissario dell'Onu per i diritti umani Navanethem Pillay lancia un appello ai paesi membri perché superino le loro differenze a pochi giorni della conferenza internazionale - detta 'Durban 2' - contro il razzismo. Una nuova bozza della dichiarazione finale è stata distribuita oggi ai partecipanti. "Vi invito a superare le vostre divergenze, a trovare un consenso" ha dichiarato la giudice sudafricana durante una riunione preparatoria della conferenza che inizierà lunedì prossimo a Ginevra.
L'Italia si è già chiamata fuori del processo negoziale, come Stati Uniti, Canada e Israele, giudicandone le premesse inaccettabili e antisemite. Pillay ha spiegato che l'urgenza di trovare un accordo deriva dal fatto che gli obiettivi fissati dall'ultima conferenza sul tema, a Durban nel 2001, "non sono stati raggiunti". "Otto anni dopo, le promesse e le misure (di lotta, ndr) anti-razzismo non sono riuscite a relegare nel dimenticatoio della storia le pratiche discriminatorie e l'intolleranza" ha detto l'alto funzionario delle Nazioni Unite. "Ci sono delle vite in gioco. Il futuro e le speranze di un numero non quantificabile di vittime del razzismo sono nelle vostre mani" ha affermato il giudice, sostenendo che un "accordo su ampia base è (ancora) possibile".
Negli ultimi giorni, i negoziati si sono intensificati con l'obiettivo di un consenso sulla dichiarazione finale che dovrà essere adottata al termine della riunione di Ginevra, il 24 aprile. Stando a fonti occidentali, i negoziati sarebbero ormai "vicinissimi a un accordo". I partecipanti al processo hanno ricevuto oggi l'ultimissima versione, per studiarla a fondo prima di prendere posizione. Preparata in un clima decisamente poco conciliante, la conferenza aveva prodotto a metà marzo una precedente bozza corretta di dichiarazione finale, priva dei punti più criticati, come i riferimenti espliciti (e giudicati antisemiti) a Israele e alla questione palestinese, e i passaggi sulla 'diffamazione religiosa' considerati una minaccia alla libertà di espressione. Tutti elementi che sono stati via via corretti, pur senza riuscire a soddisfare le ultime "fondate preoccupazioni" degli Usa, come le hanno definite negli ultimi giorni i portavoce di Casa Bianca e Dipartimento di Stato.
Per quanto riguarda il testo, i paesi che si sono chiamati fuori bocciano innanzi tutto i riferimenti alle conclusioni - ritenute inaccettabili e razziste - della Conferenza di Durban del 2001, e lo spazio ancora troppo ampio dedicato all'odio e all'incitamento all'odio interrazziale e religioso. Oltre a ciò, alcuni governi occidentali contestano un accento eccessivo posto sul tema delle migrazioni, tema decisamente scottante se si pensa che nessun paese europeo ha ancora firmato la Convenzione internazionale per i diritti dei migranti. "Bisogna sfruttare la dinamica di questa settimana per mettere a punto il testo ed evitare di dover proseguire le trattative durante la conferenza" ha commentato un diplomatico europeo. "Perché questo rischia di essere più difficile" la settimana prossima, ha aggiunto in riferimento all'annunciata partecipazione del presidente ultranazionalista iraniano Mahmoud Ahmadinejad.
A cinque giorni dall'appuntamento, soltanto 40 paesi hanno confermato la loro presenza mentre Durban 2 dovrebbe riunire oltre 160 paesi. "La maggior parte delle capitali aspettano l'ultimo momento per pronunciarsi (sul livello della loro partecipazione, ndr) in funzione degli ultimi sviluppi del negoziato sul testo" ha spiegato la fonte. La conferenza avrebbe lo scopo di assicurare un seguito a quella che si è svolta dal 31 agosto all'8 settembre 2001 a Durban in Sudafrica, che non era riuscita ad adottare un piano d'azione internazionale contro il razzismo terminando nel caos, fra le accuse di antisemitismo. (fonte Afp)

(Apcom, 16 aprile 2009)

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Rassegna stampa araba

Titoli delle prime pagine

ROMA, 16 apr. - Per il terzo giorno consecutivo, le tensioni tra Egitto e gli Hezbollah libanesi ancora nel centro dell'attenzione della stampa araba di oggi. In rilevo anche la "giornata della grande Rabbia a Gersualemme" convocata dai palestinesi a difesa della moschea di al Aqsa, che sarebbe minacciata da gruppi etsremisti ebrei.

AL SHARQ AL AWSAT - quotidiano panarabo edito a Londra, apre sul nucleare iraniano: "funzionario Usa ad 'al Sharq al Awsat': la nostra diplomazia verso Teheran ha molteplici direzioni". "La procura egiziana studia la possibilità di mettere sotto accusa Hassan Nasrallah (leader degli Hezbollah sciiti libanesi), e il Partito di Dio accusa il Cairo di 'diffamazione'". Fonti da Washington: "raggiunto un accordo Usa-Sudan per trattative in Addis Abeba tra Khartoum e le fazioni ribelli del Darfur per un cessate-il-fuoco". "Per la seconda volta, i pirati somali, non riescono a sequestrare una nave americana". Iraq, "ministro della Finanza: se continua il calo del prezzo del petrolio, per noi sarà un 2010 di crisi". Pakistan, "islamabad alla vigilia del vertice di Tokyo: la guerra contro gli estremisti ci è costata 34,5 miliardi di dollari Usa".

AL QUDS AL ARABI - giornale palestinese edito a Londra, apre sulle tensioni tra Egitto e gli Hezbollah libanesi e titola sulla presa di posizione del movimento islamico egiziano dei Fratelli Musulmani: "Per aiutare la resistenza palestinese, gli Hezbollah non devono violare la sovranità dell'Egitto", ma il Partito di Dio, replica: "le accuse sono prive di fondamento", e il legale egiziano degli estremisti islamici, "al Zeyyat: Nasrallah ha impedito un attacco contro gli israeliani nel Sinai". Siria, "in vista di una nuova fase politica, grandi avvicendamenti nel corpo diplomatico: retroterra giornalistico della maggior parte dei nuovi ambasciatori". "Uno scienziato israeliano svela che negli anni cinquanta, Tel Aviv aveva rubato l'uranio egiziano per utilizzarlo al reattore nucleare di Dimona". "Oggi a Gerusalemme, giornata palestinese della 'grande rabbia' per denunciare le violazioni dei coloni ebrei della moschea al Aqsa". Afghanistan, "a Kabul, la legge sugli stupri divide le donne afgane".

AL HAYAT - foglio panarabo edito a Londra, dedica l'apertura sull'attentato avvenuto tre giorni fa in Libano che costò la vita a 4 militari: "In cerca degli attentatori, l'Esercito libanese tiene sotto assedio un quartiere nel Bekaa"; "annunciato l'arresto di 69 persone e il sequestro di droghe, moneta falsa e auto rubate". Egitto, "cellula degli Hezbollah accusata di spionaggio: arrestati altri 3 palestinesi e tutti i fermati saranno rinviati a giudizio". Giordania, "condannati a 5 anni di carcere tre persone accusate di spionaggio per Hamas", il movimento radicale islamico palestinese.

AL AHARAM - quotidiano egiziano semi-ufficiale sulle accuse di avere scoperto la cellula degli Hezbollah grazie ad Israele, ministro degli Esteri egiziano, "Abu al Gheith a 'Russia oggi': è stata la nostra intelligence e non abbiamo avuto alcuna informazione dall'estero". "Il partito (gli Hezbollah libanesi) coinvolto e le linguacce che lo giustificano", titola l'editoriale del direttore.

AL VEGAH - quotidiano iraniano edito in lingua araba, apre con le dichiarazioni del ministro degli Esteri di Teheran: "Mottaqi: le accuse agli Hezbollah e al Said Nasrallah sono false e non porteranno da nessuna parte". E sui "frequenti segnali positivi provenienti dall'occidente" sul programma nucleare, l'editoriale titola: "è un passo verso il viaggio dei mille miglia". "Oggi, mobilitazione generale per la difesa di Gerusalemme" convocata per difendere la moschea di al Aqsa, "dagli attacchi dei coloni ebrei". "Il ministro degli Esteri italiano, invita l'Ue ad aggregarsi alle aperture del presidente americano Obama verso l'Iran".

ASSAFIR - giornale libanese vicino allo schieramento anti-occidentale, titola: "oggi i palestinesi difenderanno con i loro corpi la moschea di al Aqsa" a Gerusalemme dove "le forze dell'occupazione hanno messo in allerta le loro truppe", per timore di "un attacco senza precedenti annunciato da gruppi estremisti ebrei".

(Apcom, 16 aprile 2009)

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I veri ostacoli alla pace

Opinionisti ed esperti non fanno che pontificare sul primo discorso di Avigdor Lieberman con il quale il nuovo ministro degli esteri israeliano ha ribadito l'impegno al rispetto della Road Map ("Itinerario imperniato sui risultati per una soluzione definitiva a due-stati del conflitto israelo-palestinese") del 2003 pur respingendo il documento di Annapolis del 2007. La BBC riferisce che i diplomatici "erano sulle spine" mentre il neo ministro asseriva che "anche l'altra parte ha delle responsabilità" rispetto alla pace.
Mentre la comunità internazionale compila la sua puntigliosa lista delle richieste cui dovrebbe aderire il governo di Netanyahu per dimostrare "che è serio riguardo all'impegno di fare la pace", essa potrebbe avanzarne una anche al presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen): quella di ricostituire immediatamente l'Orchestra "Strings of Peace". La sorte di questo ensemble, infatti, potrà parlarci del futuro del Medio Oriente molto più di tanti discorsi e prese di posizione....

(israele.net, 15 aprile 2009)

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Sempre più duro lo scontro Egitto-Hezbollah

di Daniel Mosseri

ROMA, 15 apr - Hezbollah e il suo leader Hassan Nasrallah pagheranno "a caro prezzo i complotti per organizzare attacchi terroristici tesi a indebolire la sovranità dell'Egitto". Queste le parole consegnate da un alto funzionario del governo del Cairo al quotidiano Al-ahram sul recente arresto di un gruppo di uomini accusati dall'Egitto di preparare attentati nel Sinai. Attentati che, secondo le intelligence americana e israeliana che hanno collaborato con quella egiziana, puntavano ai turisti israeliani nel Sinai in primo luogo ma anche alle infrastrutture del Canale di Suez. In altre parole, a due delle principali leve dell'economia egiziana: il turismo e il traffico navale. Il funzionario governativo, che ha mantenuto l'anonimato, ha anche affermato che "l'Egitto dispone di tutti i mezzi necessari per punire Hezbollah", il che "non significa necessariamente un attacco alle basi e le strutture della milizia sciita libanese".
La polemica tra l'Egitto da un lato, Hezbollah e l'Iran dall'altro si è dunque inasprita nelle ultime ore. Secondo il Cairo, Nasrallah ha abbandonato la bandiera della resistenza per imbracciare quella del terrorismo sul suolo egiziano. "Crimini che l'Egitto non prenderà alla leggera", ha ribadito il funzionario che pure ha distinto tra la milizia sciita e il popolo del Libano: "La lealtà dell'Egitto ai libanesi ha finora impedito al Cairo di punire Hezbollah: questa è la ragione della crisi. Tuttavia l'Egitto può impedire ai ministri libanesi affiliati con Hezbollah e ad altri gruppi sciiti di entrare sul suo suolo". Parole pronunciate solo un paio di settimane dopo la rottura delle relazioni tra il Marocco e l'Iran e che rivelano la profondità della spaccatura in senso al mondo arabo tra i regimi sunniti moderati da un lato e il governo iraniano con i suoi alleati sciiti (Hezbollah) o sunniti Hamas) dall'altro. In queste ore il governo della Giordania ha alzato il livello di sicurezza per il timore di una ondata di attacchi terroristici targati al-Qaeda.

(il Velino, 15 aprile 2009)

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Pakistan - Leader religioso: il governo non interferisca sulla sharia

Il mediatore dell’accordo a Swat: i talebani ora depongano le armi

ISLAMABAD, 15 apr. - Il religioso pachistano che ha mediato tra il governo e i talebani per l'imposizione della legge islamica nella Valle di Swat, Sufi Muhammad, ha detto oggi che Islamabad "non dovrebbe interferire" sulla nuova realtà nell'area, dopo la decisione di instaurare i tribunali islamici. Muhammad ha inoltre chiesto ai talebani del nordovest del paese di deporre le armi, come previsto dall'accordo raggiunto con il governo. Il presidente del Pakistan, Asif Ali Zardari, ha dato lunedì il via libera a un accordo con i talebani, molto criticato dagli Stati Uniti, che permette la costituzione di tribunali islamici nella valle di Swat, nel nordovest del paese, in cambio di un cessate il fuoco. La regione di Swat, a un centinaio di chilometri a nordovest di Islamabad, è caduta a metà 2007 nelle mani dei talebani, che hanno moltiplicato le esecuzioni sommarie, distrutto le scuole miste e imposto restrizioni alla libertà delle donne. Da quel momento, l'esercito non è mai riuscito ad imporre la propria autorità.

(Apcom, 15 aprile 2009)

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Il weekend di OyOyOy

CASALE-VALENZA - Dopo la Pasqua (sia quella ebraica che quella cattolica) le attività di Oyoyoy riprendono giovedì 16 aprile a Valenza con l'inaugurazione della mostra I bambini e la Bibbia nella Biblioteca Civica. E' una originale esposizione delle opere del pittore casalese Paolo Novelli. L'inaugurazione della mostra si tiene alle ore 18,00 di giovedì. Gli orari di apertura della mostra. Dal lunedì al giovedì: 9 - 12,30 e 15 - 19. Il venerdì e il sabato dalle 9 alle 12,30.
Domenica 19 aprile appuntamento alla Comunità ebraica di Casale Monferrato per una nuova tappa di Oyoyoy! che in questo week end coincide con la settimana della cultura organizzata dalla Regione Piemonte....

(Il Monferrato on line, 15 aprile 2009)

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Il tribunale ferma all'ultimo momento l'estradizione di Demjanjuk in Germania

Il presunto boia nazista è accusato di complicità nella strage di 29 mila ebrei nel campo di Sobibor

CINCINNATI - John Demjanjuk, 89 anni, il presunto boia nazista di Sobibor, non va - per il momento - in Germania. Con una decisione a sorpresa la corte di appello di Cincinnati (Ohio) ha sospeso l'estradizione dopo che Demjanjuk era stato prelevato dagli agenti dell'immigrazione Usa dalla sua casa di Cleveland. Una tv locale aveva fatto vedere le immagini in diretta di un'auto che lo aveva portato all'aeroporto dove un aereo privato avrebbe dovuto decollare diretto a Monaco di Baviera. Demjanjuk è accusato di complicità nella strage di 29 mila ebrei nel campo nazista di Sobibor.
IL RICORSO - Il figlio di Demjanjuk aveva però inoltrato l'ennesimo ricorso per bloccare l'estradizione, sostenendo che Demjanjuk è troppo vecchio e malato per un viaggio così lungo. L'uomo soffre di problemi cronici ai reni, oltre ad avere forti dolori alla schiena e alle gambe.

(Corriere della Sera, 15 aprile 2009)

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Rassegna stampa araba

Titoli delle prime pagine

ROMA, 15 apr. - Le accuse dell'Egitto contro gli Hezbollah libanesi di voler destabilizzare il paese, ancora in primo piano sulla stampa araba di oggi. "Jenin da 'città dei kamikaze' a modello di sicurezza in Cisgiordania", è il titolo d'apertura di al Sharq al Awsat.

AL HAYAT - giornale panarabo edito a Londra, apre sull'attentato che ha ucciso 4 militari libanesi: "l'Esercito prosegue nella sua campagna nel Bekaa e gli Usa annunciano la fornitura di droni... 35 arresti e sequestri di: armi, rifurtive e droghe". Iraq, "Baghdad ribadisce che vuole pagare gli stipendi ai 'Consigli di Risveglio (tribali sunnite) e pianifica il loro inserimento nelle forze di sicurezza e nelle istituzioni pubbliche". "Israele e Usa eseguono la più colossale manovra militare per testare tre sistemi anti-missilistici".

AL SHARQ AL AWSAT - quotidiano panarabo edito a Londra, titola in apertura: "Jenin da 'città dei kamikaze' si è trasformata in un modello di sicurezza della Cisgiordania". "La cellula degli Hezbollah accusata dall'Egitto di terrorismo: un palestinesi arrestato confessa di possedere cinture esplosive", ma "afferma che erano destinate a Gaza". Il vice capo degli Hezbollah, "Naim Qassem: diciamo alla Gran Bretagna che il nostro è un partito unico e non ha un'ala militare e una politica". Nucleare iraniano, intervistato da 'al Sharq al Awsat', "un funzionario Usa: ci muoviamo verso Teheran lentamente e il nostro obbiettivo sono colloqui e poi trattative". "Un pirata somalo fa causa contro la Germania per avere 'violato' i suoi diritti e un'altro le chiede il pagamento dell'onorario del suo avvocato".

AL QUDS AL ARABI - giornale palestinese edito a Londra, apre sulle accuse del Cairo agli Hezbollah sciiti libanesi di voler attentare alla sicurezza del paese, "il Cairo vuole perseguire Nasrallah e far processare da una corte marziale" i membri della cellula accusata di spionaggio a favore del partito di Dio libanese. "Il teorema del complotto 'sciita' egiziano", titola l'editoriale critico verso il governo del Cairo. Intanto, "dopo l'arresto della cellula in Egitto, allarme sicurezza in Giordania per fare fronte a 'attività terroristiche' probabili". Algeria, "riprendono con forza le proteste dopo quattro giorni della rielezione di Bouteflika: disordini e atti di vandalismo in zone che hanno avuto un affluenza 'ufficiale' alle urne del 95%". "Il governo Fayyad dell'Anp adotta l'espressione 'Palestina occupata'".

AL HAYAT - giornale panarabo edito a Londra, apre sull'attentato che ha ucciso 4 militari libanesi: "l'Esercito prosegue nella sua campagna nel Bekaa e gli Usa annunciano la fornitura di droni... 35 arresti e sequestri di: armi, rifurtive e droghe". Iraq, "Baghdad ribadisce che vuole pagare gli stipendi ai 'Consigli di Risveglio (tribali sunnite) e pianifica il loro inserimento nelle forze di sicurezza e nelle istituzioni pubbliche". "Israele e Usa eseguono la più colossale manovra militare per testare tre sistemi anti-missilistici".

AL AHARM - quotidiano egiziano semi-ufficiale, "il Consiglio del Popolo (parlamento) condanna all'unanimità i piani degli Hezbollah" libanesi accusati di voler destabilizzare il paese; "le ammissioni di Nasrallah confermano che il partito di Dio si è dedicato a complottare contro l'Egitto". Funzionario governativo ad 'al Ahram': "misure per assediare gli Hezbollah e la loro leadership in Egitto". Turchia, "mentre Ankara contesta alla Danimarca le vignette che hanno offeso il profeta Maometto, in edicola, un romanzo (le figlie di Dio) mette in dubbio l'esistenza divina e dei profeti".

AL SABAH - quotidiano di stato iracheno, titola sul festival di "Bassora capitale della Cultura irachena", che ha inizio oggi. "Il Consiglio dei Ministri, rivede la legge per la Difesa dei giornalisti introducendo l'assegnazione gratuita di terreni edificabili" agli affiliati all'ordine.

(Apcom, 15 aprile 2009)

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Egitto - Stampa: sventato piano di Teheran per uccidere Mubarak

Sarebbe dovuto avvenire durante la guerra di Gaza

Hosni Mubarak
ROMA, 14 apr. - Secondo il giornale israeliano, Yediot Aharonot durante la grande offensiva israeliana su Gaza del gennaio scorso, i servizi segreti del Cairo avrebbero sventato un piano ordito da Teheran per assassinare il presidente egiziano Hosni Mubarak. "Un milione di dollari per la testa di Mubarak", con questo titolo in prima pagina, il giornale israeliano citato dalla tv saudita al Arabiya, scrive che il 9 gennaio scorso, nel culmine dell'operazione 'Piombo Fuso' dell'Esercito israeliano sulla striscia "i guardiani della rivoluzione iraniana avrebbero messo a disposizione un milione di dollari in contanti per assassinare il rais dell Cairo, accusato di non prendere la difesa dei palestinesi di Gaza. I pasdaran avrebbero inoltre "addestrato segretamente" gruppi di volontari per compiere la missione. "Un alta fonte" della sicurezza egiziane citata da Yediot Aharonot, avrebbe spiegato che la missione non sarebbe andata in porto per il timore dell'Iran "di lasciare impronte" nell'omicidio, dopo che "l'intelligence del Cairo ha inviato messaggi segreti" in cui avrebbe avvertito le autorità di Teheran di "avere scoperto il piano". Negli ultimi giorni, le autorità egiziane hanno arrestato una "cellula terroristica" accusata di spionaggio a favore degli Hezbollah, il movimento sciita libanese alleato con l'Iran. Il giornale israeliano, pubblica oggi una foto che mostra la sede dell'ambasciata iraniana nel Cairo e la casa di Sami Shehaab (il libanese fermato e accusato di essere miliziano degli Hezbollah) ed indica con una freccia la distanza tra i due edifici che sarebbe di 100 metri.

(Apcom, 14 aprile 2009)

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Egitto: dopo le decine di arresti, Hezbollah sotto tiro

di Remigio Benni

IL CAIRO - La procura generale egiziana sta imponendo un ulteriore giro di vite, con accuse di spionaggio che si aggiungono a quelle di turbativa dell'ordine pubblico e complotto contro lo stato, nell'inchiesta su 49 arabi di varie nazionalita' arrestati con l'accusa di aver complottato contro l'Egitto per ordine del capo del movimento libanese sciita Hezbollah, Sayyed Hassan Nasrallah, oltre che di aver raccolto fondi e armi a favore dei palestinesi di Gaza. Corollario inevitabile dell'inchiesta sono diventati in questi giorni titoli sparati in prima pagina dei giornali egiziani e deputati che insultano con toni molto aspri il movimento libanese e Nasrallah (''un bandito di strada'', un rapinatore'', ''agente dell'Iran'', ''lo sheikh scimmia''). Sullo sfondo accuse al leader sciita di voler assurgere a ruoli politici regionali e favorire l'espansione dell'influenza di Teheran nel mondo arabo. In gennaio, durante l'operazione israeliana 'Piombo Fuso' nella Striscia di Gaza, Nasrallah aveva esortato gli egiziani a manifestare contro il proprio governo per convincerlo ad aprire i valichi con la Striscia di Gaza e consentire che i palestinesi sfuggissero agli attacchi aerei e ai colpi dell'artiglieria di Israele. La tensione al Cairo e' cresciuta sempre piu' a partire da una settimana fa, quando per prima la tv satellitare del Qatar Al Jazira informo' degli arresti. Successivamente e' stato lo stesso procuratore generale egiziano, Abdel Meguid Mahmud, a precisare in un comunicato i dati dell'inchiesta avviata dalla sicurezza di stato su elementi inviati in Egitto da Nasrallah per reclutare uomini da addestrare e poi compiere attentati che destabilizzassero il Paese, oltre che per raccogliere fondi e armi da far passare a Gaza per la resistenza contro Israele. Tra i dettagli pubblicati dai giornali egiziani, in una vera e propria campagna anti-Hezbollah, sono comparsi anche particolari delle confessioni che il capo del gruppo arrestato, Samy Hani Shehab, alias Mohamed Yusuf Ahmed Mansour, avrebbe fatto e che coincidono in sostanza con quanto aveva dichiarato Nasrallah nei giorni scorsi da Beirut. Shehab-Mansour si era stabilito qui sin dal 2005, insieme con un altro dirigente del movimento sciita che avrebbe operato anche in Sudan, Mohammed Qablan, per raccogliere fondi e armi da far arrivare ai palestinesi di Gaza. Non avrebbe confermato in alcun modo piani di attentati contro l'Egitto, che invece sono il crimine piu' apertamente esecrato dai giornali e dai politici egiziani.

(ANSAmed, 14 aprile 2009)

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Iran-Egitto, nuove accuse. Israele: Mubarak è il vero obiettivo

di Daniel Mosseri

ROMA, 14 apr - Relazioni sempre più tese tra l'Egitto e l'Iran dopo l'arresto nei giorni scorsi da parte delle autorità egiziane di 49 uomini accusati di essere vicini a Hezbollah e programmare attentati in Sinai contro mete turistiche frequentate dagli israeliani. Non è un mistero che la milizia sciita libanese è sostenuta dal governo iraniano che già mantiene relazioni pessime con gran parte delle capitali nordafricane per il suo intervento sempre più scoperto lungo le coste del Mediterraneo e per le sue mire egemoniche nella regione del Golfo Persico. È di poche settimane fa l'annuncio da parte del Marocco della rottura delle relazioni con Teheran accusata di tentativi di infiltrazione islamico-sciita nel regno sunnita retto da Maometto VI. Sono di oggi, invece, ripresi dalla stampa israeliana, gli epiteti di "sceicco scimmia" apparsi sui giornali cairoti all'indirizzo di Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah in Libano.
Pur complimentandosi con l'intento degli attentatori, fonti della milizia hanno dichiarato che solo uno dei 49 fermati appartiene a Hezbollah. Da sottolineare che i media israeliani affermano che sono stati il Mossad e la Cia a fornire le informazioni necessarie al Cairo affinché procedesse negli arresti delle scorse ore. Nel frattempo il ministro degli Esteri del Cairo, Abul Gheit, intervistato dal quotidiano panarabo Asharq al-Awsat ha promesso "grandi sorprese" quando saranno resi noti i fatti riguardanti la presunta cellula sciita operante nel Sinai: "Aspetto con ansia - ha dichiarato Gheit - il momento in cui vedrò le facce di coloro che dentro e fuori l'Iran dettano le istruzioni (…) quando leggeranno il rapporto preparato dal procuratore di Stato. La questione di Hezbollah - ha poi proseguito - dimostra che l'Iran vuole trasformare l'Egitto in un trampolino iraniano per chi vuole penetrare in Medio Oriente. Ma l'Egitto non fa da trampolino a nessuno".
Analisti israeliani mettono in luce che non è la prima volta che il Cairo sventa attentati terroristici condotti contro obiettivi stranieri sul suo territorio. Tuttavia aggiungono che la rabbia egiziana è questa volta più evidente perché oltre ai turisti israeliani, la cellula terrorista era apparentemente intenzionata a colpire le stesse infrastrutture egiziane. A cominciare da quelle strategiche del canale di Suez. In altre parole, secondo queste analisi, i terroristi islamici punterebbero a mettere in ginocchio allo stesso tempo il settore turistico e quello dei grandi commerci navali che passano dal canale. "Se messi a segno - si legge per esempio su Haaretz - i due colpi piegherebbero l'economia egiziana e la credibilità del governo di Hosni Mubarak".

(il Velino, 14 aprile 2009)

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Israele - Allerta sul confine del Sinai

Nel timore di ''infiltrazioni'' per attentati

TEL AVIV, 14 apr - Le autorita' israeliane hanno elevato lo stato di allerta lungo l'intero confine con il Sinai, lungo 240 chilometri. Il provvedimento, dalla zona vicina alla striscia di Gaza a nord fino a Eilat a sud, e' stato adottato nel timore che ''cellule terroristiche'' si infiltrino in Israele per compiervi attentati. Nei giorni scorsi l'Ente israeliano per il monitoraggio del terrorismo, ha lanciato un appello agli escursionisti israeliani perche' si astengano dal visitare il Sinai.

(ANSA, 14 aprile 2009)
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Israele - Si dimette il tecnico dell'Hapoel Ironi Kiryat Shmona

Eli Cohen si è dimesso dall'incarico di allenatore dell'Hapoel Ironi Kiryat Shmona, fanalino di coda del campionato israeliano, dopo la sconfitta 1-0 patita sabato contro l'Hakoah Maccabi Amidar Ramat Gan, altra formazione invischiata nella lotta per non retrocedere. Il 58enne Cohen era alla sua prima stagione sulla panchina del club, che ha perso 14 delle 26 gare di campionato disputate.

(Calciomercato.com, 14 aprile 2009)

COMMENTO - Due notizie che nella loro diversità dicono qualcosa su Israele

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Turchia - Turisti israeliani tornano dopo breve boicottaggio

Segno di riconciliazione dopo discorso di Erdogan a Davos

ISTANBUL, 14 apr. - La primavera, oltre al clima mite, sembra anche portare il disgelo fra Israele e Turchia, se non dal punto di vista diplomatico, almeno da quello economico. Stando a quanto afferma il quotidiano Zaman infatti i turisti israeliani sarebbero tornati a scegliere i Paese della Mezzaluna come meta delle loro vacanze. La notizia viene dopo che l'exploit del premier turco Recep Tayyip Erdogan a Davos e la successiva reazione del presidente isrealiano Shimon Peres, lo scorso gennaio avevano fatto temere il peggio. Secondo dati diffusi da Zaman e raccolti da riviste specializzate israeliane a Turchia sarebbe al primo posto delle partenze, con 27 charter che partono per Antalya ogni 48 ore. In questo momento il Paese della Mezzaluna rappresenta il 13% delle partenze degli israeliani per un totale di circa 300 milioni di dollari. Circa il 70% di questi viaggiatori si dirige alle meraviglie della costa egea. Nel 2008 la Turchia è arrivata al secondo posto nelle preferenze degli israeliani dopo gli Stati Uniti.

(Apcom, 14 aprile 2009)

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Pakistan: La Sharia è legale nello Swat

Poche ore dopo che il Parlamento gli aveva raccomandato di farlo, il presidente pachistano Asif Ali Zardari ha promulgato ieri sera il regolamento che introduce la legge islamica (sharia) in parte della inquieta regione del nord-ovest, inclusa la valle dello Swat. Lo riferiscono i media a Islamabad. La decisione del capo dello Stato permette così l'entrata in vigore definitiva dell'accordo raggiunto nello Swat il 16 febbraio scorso fra il governo e i gruppi talebani più radicali che, in cambio dell'applicazione della legge islamica, accettano di deporre le armi. Il testo entrato in vigore prevede che la sharia dovrà essere rispettata nel territorio del Makaland (provincia della Frontiera nord-occidentale) che comprende sette distretti, fra cui lo Swat, largamente controllato dai talebani. Giorni fa un video-shock, presumibilmente ripreso con un cellulare, ha mostrato la fustigazione in questa valle di una ragazza accusata di "comportamento immorale". Numerose nazioni occidentali, fra cui gli Usa, hanno definito retrograda l'intesa che è vista come un cedimento nei confronti dei talebani, che ottengono molto concedendo poco.

(L'Unione Sarda, 14 aprile 2009)

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Hezbollah mostra il suo vero volto al mondo arabo

Molti egiziani non riescono a credere che Hezbollah avesse suoi agenti in Egitto e stesse organizzando degli attentati terroristici in quel paese. Anche la maggior parte degli altri paesi arabi non riescono a capacitarsene, anche se non hanno reagito ufficialmente: stanno ancora cercando di farsene una ragione.
Eppure le notizie della scorsa settimana non dovrebbero sorprenderli. L'Iran non ha mai nascosto il suo proposito di esportare il suo tipo di rivoluzione islamista in tutto il Medio Oriente, accompagnandola con la distruzione di Israele. Hamas e Hezbollah sono gli strumenti che il regime di Teheran utilizza per perseguire questo obiettivo....

(israele.net, 14 aprile 2009)

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Rassegna stampa araba

Titoli delle prime pagine

ROMA, 14 apr. - La guerra dichiarata dall'Egitto contro gli Hezbollah sciiti libanesi, nel centro dell'attenzione della stampa araba di oggi: Il ministro degli Esteri egiziano, annuncia ad al Sharq al Awsat, "grandi sorprese sul complotto" ordito dall'Iran e eseguito dal partito di Dio contro l'Egitto. Il giornale saudita al Watan, mette in primo piano l'annuncio del ministro della Giustizia saudita: "presto una legge che porrà fine alle sofferenze delle bimbe minorenne costrette al matrimonio".

AL SHARQ AL AWSAT - quotidiano panarabo edito a Londra, apre con un intervista al ministro degli Esteri egiziano che promette "grandi sorprese sul complotto" iraniano contro l'Egitto, "Abu al Gheith: mi auguro di vedere la faccia dei difensori degli Hezbollah quando sveleremo le verità documentate". "Un custode americano del carcere di Guantanamo annuncia di essersi convertito all'Islam per mano di un detenuto marocchino". Pirateria somala, scenario del salvataggio del capitano: una frazione di secondo per catturare i 'braconieri'"; "una pallottola nella testa di ciasun pirata, per porre fine al dramma del ostaggio". Kuwait, "il governo fissa per il 16 maggio le elezioni parlamentari". Egitto, "un avvocato si rivolge alla giustizia per mettere al bando la danza del ventre" orientale. Iraq, il leader dei Comitati del Risveglio tribali nella provincia sunnita di al Anbar: "consegner? al Kuwait i nomi di iracheni residenti nel loro paesi che sostengono al Qaida".

AL QUDS AL ARABI - giornale palestinese edito a Londra, apre sull'Egitto: "la polizia si scontra con beduini nel deserto del Sinai durante l'inseguimento di 10 libanesi e 3 palestinesi di una cellula degli Hezbollah" sciiti libanesi, sono accusati di progettare attentati contro turisti israeliani... Grande mobilitazione delle forze di sicurezza", intanto "la sicurezza egiziana distrugge 6 tunnel sul confine con Gaza". "Israele festeggia le divergenze tra l'Egitto e gli Hezbollah e Shimon Perez prevede scontri tra sciiti e sunniti". "Sudan, "giustiziati ieri i 9 sudanesi condannati a morte per l'omicidio di un giornalista". Il giornale saudita "al Watan: un leader talebano afferma che Bin Laden è vivo e guida la battaglia in Afghanistan".

AL HAYAT - foglio panarabo edito a Londra, apre sul Libano: "uccisi in un attentato 4 militari e ferito un ufficiale. L'Esercito da la caccia agli attentatori e chiede la collaborazione della cittadinanza", intanto, "l'Arabia saudita auspica elezioni libanesi nel rispetto della costituzione e degli accordi di Taif e senza pressioni" esterne. Egitto, "scontri nel Sinai tra beduini e la polizia durante un inseguimento di elementi di 'una cellula degli Hezbollah'" sciiti libanesi. Iran, "A Teheran piace l'invito dell'occidente al dialogo per 'correggere i concetti' circa il suo programma nucleare".

AL SABAH - quotidiano di stato iracheno annuncia in apertura che "presto, nove capi di governo stranieri visiteranno Baghdad"; e elenca i nomi dei capi di governo e stato di: Francia, Spagna, Russia, Giappone, Cina, Pakistan, Siria, Giordania, e Kuwait. Intanto, "il parlamento voterà 200 candidati ambasciatori, consiglieri e sottosegretari del governo". "Il ministero del Turismo discute con un gruppo britannico di investimenti la costruzione di siti turistici".

AL VEFAGH - giornale iraniano edito in lingua araba, titola in apertura: "la moschea di al Aqsa in pericolo"; "decine di coloni e rabbini violano la purezza del luogo sacro", e "gli stati arabi e islamici sono chiamati ad assumere le loro responsabilità verso" la Gerusalemme araba. Nucleare, "l'Iran dà il benvenuto alle trattative con il gruppo dei sei".

AL SAFIR - quotidiano libanese vicino allo schieramento anti-occidentale, apre sull'attentato che ieri ha causato la morte di 4 militari: "l'Esercito paga l'imposta del sangue e vince la solidarietà nazionale". Egitto, "Il Cairo conduce una guerra spietata contro gli Hezbollah". Intanto, "Israele versando benzina sul fuoco: il conflitto tra Egitto e il partito di Dio è una cosa buona".

AL WATAN - giornale saudita apre su un intervista al ministro della Giustizia di Riad che annuncia: "presto una legge per regolamentare i matrimoni dei minorenni", "decreterà - commenta il minister? - la fine delle sofferenze tra le bambine costrette al matrimonio".

(Apcom, 14 aprile 2009)

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La Freccia, la Fionda di David e il Duomo di Ferro

Il Pentagono taglia i fondi per la difesa antimissile, sollevando polemiche e preoccupazione in Israele

Tra le misure studiate dalla nuova amministrazione Usa contro la crisi economica, c'è anche la riduzione di alcune voci del bilancio militare. Il Congresso non le ha ancora votate, ma, già da qualche settimana, l'ipotesi ha suscitato preoccupazioni e polemiche in Israele, il principale alleato e partner militare di Washington.
La settimana scorsa il segretario alla Difesa Usa Robert Gates ha annunciato tagli del 15 percento sul budget militare statunitense. Gates ha parlato di ridurre le forniture di razzi antimissile in Alaska e di sospendere il programma di laser antimissile in sviluppo presso i laboratori della Boeing, ma è probabile che i tagli condizioneranno anche le forniture militari a Israele e il finanziamento di alcuni progetti realizzati da industrie israeliane insieme al Pentagono. Contro questi provvedimenti si è subito espresso il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak, e non è certo un caso che, nei giorni scorsi, sia il governo che l'intelligence israeliana abbiano ricominciato a martellare la stampa mondiale con la minaccia nucleare e balistica iraniana....

(PeaceReporter, 13 aprile 2009)

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Terremoto in Abruzzo: delegazione della comunita' ebraica nei luoghi del terremoto

ROMA, 13 apr - Una delegazione della Comunita' ebraica romana (Cer) e dell'Unione delle Comunita' ebraiche italiane (Ucei) si è recata stamattina in Abruzzo per valutare, d'intesa con la Protezione civile, iniziative a sostegno delle popolazioni coinvolte dal terremoto. Nei giorni scorsi, nel corso delle prime due sere di Pesach, la pasqua ebraica, in tutte le sinagoghe romane sono stati raccolti fondi per le famiglie. In particolare - ha detto Riccardo Pacifici, presidente della Cer - si tratta di capire ''come e dove far pervenire al meglio gli aiuti alimentari, vestiari e i farmaci, raccolti quest' ultimi, dal benefattore Walter Arbib, per un valore di circa 400 mila dollari''. Inoltre, la Cer intende mettere a disposizione della Protezione civile gli educatori della Deputazione ebraica di assistenza nell'aiuto post trauma a bambini ed anziani, cosi' come sara' riservata in agosto una colonia estiva della comunita' per far trascorrere le vacanze a 60 ragazzi abruzzesi. ''Gli ebrei romani - ha aggiunto Pacifici - hanno inoltre un debito di riconoscenza nei confronti di alcune famiglie abruzzesi di Fossa e Casentino che durante le persecuzioni razziste protessero gli ebrei a rischio della loro vita. Valuteremo con la Protezione civile e le autorita' locali, insieme ad alcune organizzazioni ebraiche internazionali e israeliane, come impegnarsi in quei due paesi per un pronto ritorno alla normalita'''.

(iris press, 13 aprile 2009)

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"Vietato l'uso dei telefoni in bagno". La legge coranica regola i cellulari

La diffusione della telefonia mobile ha spinto un antico istituto di studi musulmani a regolamentarne l'utilizzo. Off-limits le suonerie coraniche.

NEW DELHI - In India il dilagare dell'uso dei telefonini cellulari ha spinto i responsabili del Jamia Ashra-ul-Madaris, un istituto di studi musulmani che da più di 40 anni opera nella città vecchia di Kanpur, ad approvare limitazioni e proibizioni in coerenza con la legge islamica (sharia). A riferirle è stata la stampa della capitale indiana che ha riportato alcune regole d'uso consigliate ai fedeli.
I saggi islamici, ad esempio, hanno esortato a non usare come suoneria gli «aayat» cioè i versetti sacri del Corano, perchè questi «vanno ascoltati per esteso» e non vanno interrotti quando l'interlocutore risponde alla chiamata. L'interruzione di un versetto, hanno assicurato gli Ulema, significa per i credenti un peccato, gunah.
La seconda raccomandazione è quella di spegnere del tutto l'apparecchio e di non utilizzare nemmeno la funzione «vibrazione» durante le namaz ovvero le preghiere quotidiane. Infine i saggi esortano ad evitare di portare il telefonino nelle toilette, baitulkhala, per tenere fuori dalla porta di un momento privato le comunicazioni con l'esterno.

(La Stampa, 13 aprile 2009)

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Peres lancia l'allarme. "L'Iran vuole dominare"

Secondo Peres, il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, è di fatto "un agente iraniano" che porta avanti la penetrazione degli sciiti in una zona sostanzialmente sunnita, "cosa che rende quasi inevitabile uno scontro" fra le due correnti religiose islamiche.

"L'Iran aspira a dominare l'intero Medio Oriente e fra l'altro a questo scopo utilizza gli Hezbollah libanesi": lo ha detto oggi il capo dello stato israeliano, Shimon Peres, in un'intervista alla radio militare. Commentava le notizie relative a una rete di agenti Hezbollah neutralizzata nelle settimane passate dalle autorità egiziane. Secondo Peres, il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, è di fatto "un agente iraniano" che porta avanti la penetrazione degli sciiti in una zona sostanzialmente sunnita, "cosa che rende quasi inevitabile uno scontro" fra le due correnti religiose islamiche. Peres ha poi previsto che il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad "rovinerà" la Conferenza dell'Onu Durban II contro la discriminazione razziale e l'intolleranza, che si aprirà la settimana prossima a Ginevra. La presenza ai lavori del presidente iraniano - che apertamente invoca la cancellazione di Israele dalle carte geografiche - secondo Peres è "una questione di gusto". Israele, da parte sua, progetta di boicottare quella Conferenza temendo che sia sbilanciata in partenza a suo sfavore.

(L'Unione Sarda, 13 aprile 2009)

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Gaza, battello palestinese esplode vicino a motovedetta israeliana

TEL AVIV (13 aprile) - Un battello palestinese è esploso stamani a largo di Gaza a breve distanza da una motovedetta della marina militare israeliana. Il battello palestinese è colato a picco senza provocare vittime fra i marinai israeliani, che si trovavano a distanza di sicurezza. Lo ha riferito un portavoce militare a Tel Aviv. A quanto pare sul battello palestinese non c'erano passeggeri. Si presume sia stato fatto esplodere con un comando da terra.

(La Stampa, 13 aprile 2009)

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Egitto, agenti Hezbollah volevano colpire turisti nel Sinai

IL CAIRO, 12 apr. (Ap) - Gli agenti di Hezbollah operativi in Egitto stavano pianificando attentati contro turisti israeliani ospiti dei resort nella penisola del Sinai. Lo hanno indicato fonti del Cairo e dello stato ebraico. L'Egitto ha annunciato recentemente che una cellula di 49 uomini legati a Hezbollah stavano complottando attentati per destabilizzare il Paese. Il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha respinto le accuse ma ha confermato nel weekend di di aver inviato un componente dell'organizzazione militante sciita libanese in Egitto. Oggi un ministro egiziano, Mufed Shehab, ha dichiarato che le autorità hanno sequestrato agli agenti cinture esplosive e altri materiali per la produzione di bombe e li ha accusati di aver pianificato l'acquisto di una barca per "portare armi e munizioni da Yemen, Sudan e Somalia e introdurle nella nazione".

(L’Eco di Bergamo, 12 aprile 2009)

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Cisgiordania, in una moschea scoperto un laboratorio di esplosivi

L'Autorità nazionale palestinese (Anp) ha annunciato oggi di aver scoperto in una moschea a Qalqiliya, nel nord della Cisgiordania, un laboratorio per la fabbricazione di esplosivi che "apparteneva a Hamas". "Le forze di sicurezza hanno trovato un laboratorio di esplosivi in una moschea di Qalqiliya", dice un comunicato del ministero dell'interno palestinese da Ramallah, aggiungendo che "gli esplosivi erano in gran parte pronti per essere utilizzati", che "il laboratorio apparteneva a Hamas" e che nell'operazione "numerose persone sono state arrestate e vengono ora interrogate". L'episodio rischia di esacerbare la tensione fra le due principali fazioni rivali palestinesi, Al Fatah del presidente Abu Mazen (Mahmud Abbas), che controlla politicamente la Cisgiordania, e Hamas, che nel giugno 2007 ha preso con le armi il controllo della Striscia di Gaza.

(L'Unione Sarda, 12 aprile 2009)

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Rotschild Boulevard - Da Sderot all'Abruzzo

di Anna Momigliano

Prima li hanno mandati a Mumbai, per aiutare i sopravvissuti della strage terrorista a superare per quanto possibile il trauma. Presto arriveranno anche all'Aquila per aiutare le famiglie abruzzesi, le cui vite sono state distrutte dal terremoto, a superare lo choc. Nel limite del possibile, s'intende. Israele possiede infatti tra i migliori esperti al mondo della riabilitazione post-traumatica: una conoscenza che deriva, ovviamente, dall'esperienza di medici e psicologi che si ritrovano quotidianamente alle prese con le vittime di bombardamenti e attacchi terroristici. Per questo, appena saputo del terremoto, il primo ministro Benyamin Netanyahu ha deciso di inviare una squadra di esperti post-traumatici in Italia. E, stando a quanto riportava il sito del quotidiano israeliano Yediot Ahronot, il governo di Roma avrebbe apprezzato. Non si conoscono ancora i dettagli del gruppo che sarà inviato in Abruzzo. Ma la squadra che ha operato in India, sostenuta dall'organizzazione no-profit IsraAID, era capitanata da due medici del "Natal Trauma Center for Victims of Terror and War": Rony Berger e Marc Gelkopf hanno lavorato a lungo con i residenti di Sderot, sviluppando nuove terapie per curare chi di traumi ne subisce quotidianamente. All'Aquila, riporta Yediot Ahronot, c'erano circa 40 israeliani, in gran parte studenti e quasi tutti già rimpatriati. Uno di loro purtroppo non ce l'ha fatta: Hussein Hamada, 23 anni, nato in un villaggio arabo della Galilea, era arrivato in Italia per studiare medicina. In un primo momento si era dato per disperso anche un secondo ragazzo, ma Yuli Minchin, 24 anni e pure lui iscritto a medicina, è stato ritrovato. Ferito, ma ancora vivo.

(Notiziario Ucei, 12 aprile 2009)

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Israeliano muore per ferite di un attentato del 2002

Sarà sepolto oggi Shimon Shiran, vittima attacco ristorante Haifa

GERUSALEMME, 12 apr. - Sarà sepolto oggi Shimon Shiran, israeliano ferito in un attentato palestinese a Haifa nel 2002; non si era mai ripreso dalle conseguenze delle ferite. Shiran, la moglie Hili e la figlia diciassettenne Adi erano nel ristorante Matza di Haifa dove si fece esplodere un kamikaze. La giovane Adi morì, i genitori rimasero feriti. Hili SHiran ha spiegato alla radio dell'esercito israeliano che il marito non era mai guarito dalle ferite. Il bilancio di quell'attentato conta ora 16 morti secondo il ministero degli Esteri israeliano. L'attacco fu rivendicato da Hamas, al culmine di una serie di attentati suicidi in territorio israeliano.

(Apcom, 12 aprile 2009)

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Israele deluso da Obama cerca nuovi amici

di Fiamma Nirenstein

È la nostra prima Pasqua nel mondo post americano, e da Gerusalemme si vede molto bene. Mentre tutti i media si entusiasmano a un punto tale dell'impostazione pacifista di Obama da averlo gratificato di un applauso alla conferenza stampa di Londra, il mondo intero tuttavia cerca di affrontare una realtà percorsa, per motivi ideologici o di interesse, da invincibili correnti di ostilità in cui tuttavia l'America sembra posare lo scettro. È uno strano tempo di brutalità e minuetti, un ponte sospeso e dondolante. Un esempio mediorentale: ieri Hassan Nasrallah, il capo degli hezbollah, dopo che cinquanta uomini ritenuti suoi sono stati accusati dai servizi segreti di Mubarak di preparare attentati sul suolo egiziano e passaggio d'armi iraniane verso Gaza, ha ammesso, persino attaccando Mubarak perchè non aiuta "la resistenza" di Hamas, che uno degli arrestati è un leader hezbollah in azione sul territorio egiziano. Se ne è vantato.
È uno scontro di esplicita violenza che mostra senza veli la faglia sciita-sunnita. Tutto ciò mentre gli inglesi, certo consigliati dagli Usa, cercano pubblicamente un colloquio con Nasrallah, che pone condizioni. Intanto Ahmadinejad dice al settimanale tedesco Der Spiegel che è pronto a colloqui solo se verranno riconosciute con rispetto le sue scelte, ovvero la sua strada atomica. E non si è dimenticato di aggiungere il marchio di fabbrica: tutto il popolo tedesco odia Israele, ha affermato. Tutto questo a pochi giorni di distanza dall'annuncio di grandi, irreversibili, progressi nucleari mentre Obama si accinge al colloquio. Questa aggressività serve a mettere i segnaposto al tavolo mondiale mentre si cerca la propria sedia. Così pure il missile nord coreano, o il florilegio di mostruose violazioni di diritti umani ovunque, come la legge afghanistana prostupro, il sostegno di Bashir da parte araba ecc. Tutti ci provano. E se ad ogni minaccia, la risposta è un allontanamento americano da coloro, democrazie o paesi musulmani moderati, che erano abituati a essere difesi, se Obama simbolicamente, quasi si genuflette davanti al re saudita o dice stranamente che l'Islam nella storia ha aiutato gli Usa, gli abbandonati cominciano a cercare un rifugio.
L'Egitto, il Golfo, la Giordania, non si sentono tranquilli di fronte ai nuovi colloqui con l'Iran mentre l'Iran li minaccia uno a uno col nucleare; l'Irak dopo la visita in cui Obama non ha fatto promesse chiare per la sua democrazia è certo confuso. L'uscita del ministro della Difesa Robert Gates, dopo il lancio del missile a tre stadi di Pyongyang, che «gli Usa sparerebbero solo se il missile fosse diretto contro il territorio americano» deve aver preoccupato il Giappone, l'idea ripetuta da Obama che l'India col suo rifiuto di passare il controllo del Kashmir ecciti il terrorismo proveniente dal Pakistan, la sensazione creatasi durante il viaggio in Europa che gli Usa siano interessati soprattutto a disinnescare la corsa agli armamenti e a evitare ogni traccia di nuova Guerra fredda induce certo negli ex satelliti un senso di abbandono. Israele, mentre Netanyahu si prepara a visitare Obama alla Casa Bianca, sente che l'apologia di Obama del piano saudita, la richiesta continua di avviarsi senza obiezioni alla soluzione "due Stati per due popoli" e i passi verso la Siria che non dà nessun segno di volersi staccare dall'Iran, certo si domanda se non le converrebbe trovare qualche nuovo amico. È iniziata una storia di nuovi patti che possono cambiare il mondo.

(il Giornale, 12 aprile 2009)

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Ministro israeliano: Nasrallah merita la morte

Il leader degli Hezbollah libanesi, lo sceicco Hassan Nasrallah, " merita la morte e io spero che quelli che sanno cosa fare sappiano agire e riservargli la sorte che gli spetta". Lo ha affermato stamani alla radio delle forze armate il ministro dei trasporti israeliano Israel Katz.
Nasrallah "ha ammesso che membri della sua organizzazione erano implicati nel contrabbando di armi iraniane a Gaza per attaccare Israele. Si tratta di un atto di guerra nel pieno senso della parola e Israele deve agire di conseguenza e anche spiegare al mondo che gli Hezbollah sono un'organizzazione terroristica che deve essere disarmata".
Secondo il ministro, inoltre, Israele "deve erigere un muro lungo il confine con Gaza e cessare ogni sua responsabilita' civile a Gaza, come l'autorizzazione al passaggio di merci".
A suo avviso Israele deve pure porre fine alla distinzione tra leader politici e capi militari di Hamas: tutti devono essere colpiti per i tiri di razzi su Israele, per il contrabbando di armi e perche' tengono in prigionia il soldato Ghilad Shalit.

(RaiNews24, 12 aprile 2009)

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Lettera da Gerusalemme

Amici,

la sera del seder, mentre ero a tavola nella casa di mia figlia, circondata dai miei nipoti israeliani, mi sono accorta che il seder procedeva molto più velocemente di quando avevo la loro età. E la ragione è semplice: loro leggevano un testo che non aveva assolutamente bisogno di spiegazioni, perché era
Naomi Ragen
scritto nella loro lingua materna: l’ebraico.
Pensavo a quanto sia meraviglioso avere nipoti la cui lingua materna è l’ebraico! Che miracolo!
Questo è accaduto un giorno dopo la benedizione del sole. Avrei voluto farlo al Muro del Pianto, ma non è stato possibile. Stavo invece nel mio soggiorno, di fronte alla Città Vecchia, e guardavo il sorgere del sole che mi bagnava con la sua luce mentre dicevo la preghiera che si deve recitare ogni 28 anni. Sentivo davvero di essere benedetta ad essere un ebrea in Gerusalemme. E mi dispiaceva per gli ebrei sparsi in tutto il mondo che non hanno questo privilegio.
Con tutto quello che si dice su Israele, gli ebrei della diaspora non hanno bisogno di piangere per noi.
Noi siamo i privilegiati.

Naomi

(Newsletter di Naomi Ragen, 11 aprile 2009 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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Allarme dirottamento a Tel Aviv, aereo Usa scortato da caccia

TEL AVIV, 11 apr. - Allarme dirottamento oggi all'aeroporto internazionale "Ben Gurion" di Tel Aviv. Un aereo delle Delta Airlines con a bordo 105 persone decollato da New York e' stato scortato fino all'atterraggio da due caccia israeliani dopo l'allarme scattato a causa dell'azionamento accidentale, da parte del pilota, del sistema antidirottamento non appena entrato nello spazio aereo dello Stato ebraico. L'aereo e' stato costretto a sorvolare il "Ben Gurion" per dieci minuti, fino a quando non e' stato appurato che si era trattato di un falso allarme.

(IGN, 11 aprile 2009)

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Francia, svastiche sul memoriale della deportazione degli ebrei

Tre grandi croci uncinate nel luogo della memoria a Drancy, vicino a Parigi.
Subito cancellate. Il governo: "Faremo il possibile per trovare i responsabili".


PARIGI - Svastiche nere sul vagone di treno e sulla lapide che ricordano i deportati ebrei al Memoriale di Drancy, vicino a Parigi. "Una croce uncinata alta un metro e mezzo è stata dipinta sul vagone - ha reso noto un portavoce del ministero degli Interni - un'altra alta un metro è stata tracciata sulla lapide, e una terza sul muro di un negozio a 500 metri di distanza". Il Comune di Drancy ha subito fatto cancellare che le iscrizioni.
In un comunicato, la ministra degli Interni Michele Alliot-Marie "condanna con la massima fermezza le iscrizioni antisemite" tracciate "in luoghi emblematici della memoria della deportazione e dello sterminio degli ebrei di Francia" e assicura che "sarà fatto il possibile per identificare i responsabili di questi atti inqualificabili e per assicurarli alla giustizia".
Drancy, nella banlieue di Parigi, era il principale punto di raccolta degli ebrei in attesa della deportazione nei campi di sterminio tedeschi: in totale ne passarono tra 70 mila e 80 mila.

(la Repubblica, 11 aprile 2009)

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I primi cento anni di Tel Aviv-Giaffa (1909-2009)

              Tel Aviv
Tel Aviv, la prima città ebraica moderna, venne fondata l'11 aprile 1909. Quel giorno diverse decine di famiglie si riunirono sulle dune di sabbia della spiaggia poco a nord di Giaffa per assegnare lotti di terra appena acquistata per creare un nuovo quartiere che chiamarono Ahuzat Bayit, in seguito noto come Tel Aviv (collina della primavera). La città si espanse rapidamente con massicce ondate di immigrazione negli anni '20 e'30 e la conseguente fioritura dell'architettura in stile Bauhaus (oggi patrimonio dell'umanità Unesco). Lo status di Tel Aviv come la città più creativa, liberale e tollerante del paese fu ulteriormente rafforzato quando Giaffa entrò a far parte della municipalità nel 1949. Nel corso dei decenni, la città è fiorita fino a diventare il centro degli affari e della cultura di Israele, sviluppando un'atmosfera unica che fonde elementi mediterranei e metropolitani.
"Cent' anni dopo, la visione dei fondatori della nostra città, che guardavano le dune di sabbia e vedevano il potenziale per una città vivacissima, si è avverata - dice il sindaco Ron Huldai - Tel Aviv-Giaffa è una città fiorente e cosmopolita che 400.000 residenti sono fieri di chiamare casa".

(da israele.net)

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La California restituisce tre dipinti confiscati da nazisti

Ad eredi dei proprietari morti nell'Olocausto

ROMA, 11 apr. - Lo Stato della California ha restituito tre dipinti di epoca rinascimentale, confiscati a mercanti d'arte ebrei durante il nazismo, agli eredi dei proprietari, Jakob e Rosa Oppenheimer, morti nell'Olocausto. Lo scrive l'edizione online della Bbc. Dopo la Seconda guerra mondiale, i dipinti finirono nella collezione del tycoon dell'editoria americano, William Randolph Hearst. Per oltre 30 anni erano stati esposti in una delle 165 stanze di Hearst Castle, un palazzo costruito dal miliardario nel 1919 e donato allo Stato della California negli anni 70 che lo ha trasformato in un museo. Uno degli originali e copie degli altri due dipinti rimarranno esposti nel museo. E' stato solamente due anni fa che un avvocato della famiglia Oppenheimer si era fatto avanti dopo aver visto la fotografia dei dipinti su un depliant promozionale del castello. E' opinione generale che Hearst non fosse a conoscenza della storia delle tre opere. Jakob Oppenheimer morì nel 1941 in Francia, dove la coppia era scappata e la moglie poco dopo nel lager di Auschwitz. E' la 25esima volta che le autorità americane restituiscono opere d'arte sottratte ad ebrei dai nazisti. Dalla caduta del muro, 20 anni fa, i musei americani hanno esaminato le loro collezioni prestando attenzione a questo aspetto.

(Apcom, 11 aprile 2009)

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Nasrallah: un membro di Hezbollah arrestato in Egitto

"Aiutava la resistenza della Palestina"

ROMA, 11 apr. (Apcom) - Il capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha detto nella serata di ieri che l'Egitto ha arrestato un membro della milizia sciita che si trovava nel Paese "per aiutare la resistenza della Palestina". Nasrallah ha aggiunto che il libanese Sami Shehab è accusato di contrabbando di armi ed equipaggiamento da far arrivare a Gaza attraverso il confine egiziano. E' quanto scrive l'edizione online del quotidiano israeliano "Haaretz".

(Apcom, 11 aprile 2009)

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Iran - Israele vuole deadline per dialogo tra Usa e Teheran

Shalom: fissare tempo limite e, se fallisce, sanzioni economiche

Sylvan Shalom
GERUSALEMME, 10 apr. - Il ministro israeliano per lo Sviluppo regionale, Sylvan Shalom, ha proposto oggi che gli Stati Uniti stabiliscano "un limite di tempo" al dialogo destinato a convincere l'Iran a rinunciare al suo programma nucleare. "Occorre pensare insieme quanto tempo deve essere assegnato al dialogo", ha dichiarato Shalom in reazione all'offerta americana di un dialogo a lungo termine con Teheran sul suo controverso programma nucleare. "Ciò che è certo è che Israele non potrà tollerare un Iran dotato dell'arma nucleare, né lo potranno fare altri paesi arabi, né l'Europa, né gli Stati Uniti", ha aggiunto in una dichiarazione alla radio militare. Shalom ha espresso poi il suo scetticismo quanto alla possibilità di convincere Teheran attraverso la diplomazia, ritenendo che questo "dialogo potrebbe essere una perdita di tempo". Il ministro ha tuttavia sottolineato che, in caso di fallimento, l'opzione preferita non dovrebbe essere l'azione militare ma "una pressione economica su Teheran". "Queste pressioni hanno avuto effetto in passato sul Sudafrica (per abolire l'Apartheid), la Libia e in parte la Corea del Nord", ha ricordato Shalom. D'altra parte, un alto responsabile governativo israeliano, citato dal quotidiano Haaretz, ha affermato che Israele "non ha obiezioni sul dialogo tra l'Occidente e Teheran per fermare il programma nucleare iraniano a condizione che l'Iran non ne approfitti per guadagnare tempo". (fonte afp)

(Apcom, 10 aprile 2009)

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Russia-Israele: stipulato contratto per acquisto di droni dallo stato ebraico

MOSCA, 10 apr - La Russia ha concluso, per la prima volta, un contratto con una societa' israeliana per l'acquisto di droni (aerei senza pilota). A renderlo noto un funzionario della Difesa sottolineando che si tratta del primo accordo per l'acquisto di equipaggiamenti militari tra Mosca e Stato ebraico.
''Abbiamo concluso un contratto con una societa' israeliana per il rifornimento di diversi droni'', ha spiegato il vice ministro della Difesa Vladimir Popovkin al termine di un viaggio nello Stato ebraico citato dalle agenzie di notizie russe.
Secondo alcune indiscrezioni la societa' israeliana in questione sarebbe l'Israel Aerospace Industries.

(ASCA-AFP, 10 aprile 2009)

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Giochi Commonwealth, India: offerta da Israele per sicurezza

Una società specializzata israeliana (International Security and Defense Systems) si è fatta avanti offrendo i suoi servizi al governo di New Delhi di fronte ai potenziali rischi di attacchi terroristici che potrebbero gravemente danneggiare i Giochi del Commonwealth previsti nel 2010 in India. Lo scrive oggi il quotidiano Indian Express, al quale un responsabile del Comitato organizzatore dell'evento ha confermato che "con la necessità di presidiare oltre una decina di località principali dove si svolgeranno le varie discipline e molte altre sede di allenamenti, il compito di rendere i Giochi sicuri sarà enorme. Senza tenere conto che per molti atleti ci sarà bisogno di un meccanismo di sicurezza individuale". La Isds, fondata da ex responsabili dei servizi segreti (Mossad) e delle forze armate israeliane, ha una lunga esperienza nella protezione di eventi sportivi, essendo stata coinvolta nelle Olimpiadi di Barcellona, Sydney, Atene e Pechino.

(la Repubblica, 10 aprile 2009)

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Rassegna stampa araba

Titoli delle prime pagine

ROMA, 10 apr. - L'arresto di 49 persone in Egitto accusate di avere progettato attentati per contro degli Hezbollah libanesi, al centro dell'attenzione della stampa araba di oggi.

AL SHARQ AL AWSAT - quotidiano panarabo edito a Londra, apre sulle indagini delle autorità egiziane contro una "cellula terroristica" degli Hezbollah libanesi arrestati in Cairo: "fratello di uno degli accusati: tutti sanno che mio fratello sostiene la resistenza" palestinese. Pirateria, "i barconieri del mare faccia a faccia con gli americani... l'intelligence trattano con loro e una fregata li tiene sotto occhio". Iraq, in occasione del sesto anniversario della guerra, il grande ayatollah sciita "Mohammed Hussein al Hakim: non dimenticheremo mai i bene che ci hanno fatto gli americani". Gran Bretagna, "il fotoreporter che ha causato le dimissioni del capo dell'antiterrorismo di Londra intervistato da al Sharq al Awsat: "non sono pentito e non ho guadagnato soldi".

AL QUDS AL ARABI - giornale palestinese edito a Londra, apre sul nucleare iraniano: "Ahamdinejad annuncia nuovi progressi nel programma nucleare e dice che l'Iran è riuscito a ottenere il processo completo per la produzione del combustibile, ma Washington dubita e sollecita Teherean al dialogo". Voto in Algeria, "contarastanti i numeri dell'affluenza, e Buoteflika verso una terzo mandato" presidenziale. Egitto, "15 giorni di fermo per indagini ai 49 accusati di essere agenti degli Hezbollah libanesi, Nasrallah rispode oggi alle accuse e Hamas nega ogni legame con il gruppo". Iraq, "al Baath smentisce di essere il mandante degli ultimi attentati a Baghdad" e l'ex vice di Saddam Hussein "Ezzat al Douri chiede agli Usa: ritiro, scuse, risarcimenti e ricostruzione dell'esercito". Libano, "per non avere pagato la bolletta, tagliate le linee telefoniche di 17 ambasciate a Beirut". "Un uomo saudita ha divorziato da sua moglie con una sms inviato dal suo cellulare dall'Iraq".

AL AHARM - giornale egiziano semi-ufficale, "Abu Mazen: le dichiarazioni di Lieberman sono fuori della legalità internazionale"; "dopo il suo incontro con il rais Mubarak, il presidente dell'Anp: i colloqui hanno riguardato il futuro del dialogo palestinese e gli sforzi egiziani per realizzare la riconciliazione tra le fazioni palestinesi"; "al Fatah è per il dialogo anche in tempi lunghi, se questo evita scontri e violenza". Iraq, "i sciiti celebrano la caduta di Saddam e chiedono agli americani di ritirarsi dal Paese".

(Apcom, 10 aprile 2009)

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L'antipatico Lieberman e le sue scomode verità

Sarà in Italia a maggio, invitato da Frattini, il controverso nuovo ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman. Il premier israeliano Netanyahu lo ha voluto nel suo governo per suggellare l'allleanza con il partito nazionalista Israel Beitenu. Immigrato dalla ex Unione sovietica, con le sue opinioni politicamente scorrette sugli arabi e la sua posizione iconoclasta nei confronti dei tabù del processo di pace ha già suscitato la riprovazione delle cancellerie europee e dei mainstream media occidentali e arabi, che lo hanno definito di «estrema destra», «guerrafondaio», «razzista», «pericoloso» per Israele stesso....

(JimMomo, 9 aprile 2009)

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Brasile, droni israeliani in volo per proteggere l'Amazzonia

Aerei senza pilota di fabbricazione israeliana saranno impiegati per combattere le due piaghe amazzoniche: narcotraffico e reati ambientali

Un drone istraeliano (gli aerei senza pilota molto spesso usati in guerra per procurare appoggi logistici) molto presto verrà impiegato per perlustrare l'Amazzonia brasiliana con il fine di contrastare narcotraffico e reati ambientali, le due piaghe del polmone del mondo.
Lo rivela il quotidiano Correio Brazilense, riportando le parole del capo della Polizia Federale, Luiz Fernando Correa, il quale ha precisato che saranno svariati i droni che terranno sott'occhio la selva, registrando i dati raccolti per poi trasmetterli a una stazione di controllo. Si tratta di aere lunghi circa 16 metri e simili a quelli utilizzati, appunto, da Israele come appoggio logistico durante l'offensiva nella Striscia di Gaza. L'Amazzonia è da sempre nel mirino di multinazionali affamate di legno, di soia, di palma africana, di canna da zucchero, per questo è preda di persone senza scrupolo che tagliano, bruciano, distruggono preziosi ettari compromettendo l'intero e delicato ecosistema amazzonico. Da anni il governo Lula sta cercando di porre un freno a questo scempio, inasprendo i controlli e le pene per i colpevoli, ma con scarso successo.

(PeaceReporter, 9 aprile 2009)

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Franco Frattini folgorato sulla via di Damasco

di Michael Sfaradi

Durante te la visita a Damasco il ministro degli Esteri Franco Frattini ha dichiarato che nei colloqui con il presidente Bashar Al Assad ci sono stati messaggi rassicuranti che hanno contraddistinto la volontà di collaborazione da parte siriana. Il ministro ha aggiunto che l‘Italia conosce il Medio Oriente e questo la mette in una situazione ideale per poter parlare con tutte le parti in causa. Durante la conferenza stampa ha auspicato una ripresa dei negoziati indiretti fra Siria e Israele che hanno alla base la restituzione delle alture del Golan. Per dar forza a questo concetto ha anche ricordato che l‘ex premier israeliano Ehud Olmert aveva parlato di una restituzione delle alture. Siamo molto contenti che il ministro Frattini abbia trovato messaggi rassicuranti e nuove volontà, ma semplificare la questione delle alture del Golan come se fosse una cosa da poco non è il modo migliore per affrontare la ricerca della pace. Bisogna ricordare che fino alla guerra dei sei giorni del 1967 le alture del Golan sono state la base dalla quale le artiglierie siriane bombardavano i Kibbutz e villaggi della Galilea e che, strategicamente parlando, sono l‘ultimo baluardo geograficamente difendibile. In pratica la chiave per entrare in Israele. Fermo restando quelle che potrebbero essere dichiarazioni di circostanza, è necessario tener conto che ogni volta che Israele ha rilasciato dei territori ha solo ottenuto l‘avanzamento della linea di fuoco verso le sue città. Dopo essersi ritirata da parte della Cisgiordania, e fino alla costruzione del muro di difesa, dalle città della West Bank sono arrivati decine di attentatori che facendosi esplodere a Tel Aviv come a Gerusalemme o a Haifa che hanno mietuto centinaia di vittime civili innocenti. Ritirandosi dagli insediamenti della striscia di Gaza i terroristi di Hamas si sono potuti avvicinare fino a ridosso del confine con Israele il punto di lancio dei loro razzi fino ad arrivare a colpire città come Ashquelon ed Ashdod. L‘esperienza insegna che la restituzione dei territori non ha mai portato nulla di buono e, considerando che il ritiro dalle alture del Golan renderebbe indifendibile il confine a nord-est, il ritiro consegnerebbe di fatto la nazione ebraica "mani e piedi" ad un regime come quello siriano del quale oggettivamente non ci si può fidare. Nonostante si parli di "finestra di opportunità" (lo diceva anche Clinton mentre preparava il suo clamoroso insuccesso di Camp David), ci risulta difficile credere ad una soluzione in tempi brevi o comunque prima che a Damasco si insedi un governo diverso da quello attuale. Chiediamo sia giusto ricordare che, non solo Olmert ha parlato di una eventuale restituzione in cambio di pace, ma lo fece anche Barak. Ma questo non portò a nessuna soluzione e non certamente per esponsabilità israeliana. In Israele è diffusa l‘opinione che se dal 1973 ad oggi quello con la Siria è stato il confine più calmo in assoluto è dovuto solo al fatto che l‘esercito israeliano possiede nel Golan i punti strategici migliori. Il loro passaggio di mano, l‘esperienza insegna, farebbe saltare il fragile cessate il fuoco in atto e riaprirebbe gli stessi scenari del passato e la guerra da "fredda" ridiventerebbe "calda".

(l'Opinione, 9 aprile 2009)

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Israeliani invitati a non visitare il Sinai per rischio attentati

Un nuovo appello agli escursionisti israeliani affinchè si astengono dal visitare il Sinai egiziano è stato lanciato oggi dalla televisione commerciale israeliana Canale 10. Alcuni giorni fa il medesimo appello era stato lanciato dal Lotar, l'ente governativo israeliano per il monitoraggio del terrorismo. In occasione delle vacanze pasquali ebraiche il Lotar aveva avvertito che nel Sinai per i turisti israeliani esiste un pericolo concreto ed immediato di attentati. Oggi, in un commento sulla vicenda degli arresti in Egitto di decine di persone di varia nazionalità che sarebbero legate agli Hezbollah libanesi, Canale 10 ha ipotizzato che quella rete fosse stata incaricata, fra l'altro, di organizzare attentati nel Sinai contro turisti israeliani. Nemmeno i recenti arresti da parte dei servizi di sicurezza egiziani consentono di ritenere il pericolo ormai sventato, ha stimato la emittente.

(L'Unione Sarda, 9 aprile 2009)

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Obama: primo presidente Usa che celebra il Passover alla Casa Bianca.

Il presidente Barack Obama ha celebrato alla Casa Bianca il Passover, la Pasqua ebraica, la festività che ricorda l'esodo degli ebrei dall'Egitto dopo 400 anni di schiavitù.
È la prima volta che un presidente americano partecipa a una cena pasquale alla Casa Bianca. Chiaro e forte è il segnale politico, alla vigilia di un possibile braccio di ferro tra Barack Obama e il nuovo governo israeliano presieduto da Benjamin Netanyahu, del quale fa parte il razzista estremista Lieberman.
Parte della festività è la tradizionale seder, o cena, alla quale Obama e la moglie Michelle hanno invitato amici, collaboratori e funzionari dell'amministrazione, a quanto riferisce il quotidiano israeliano Haaretz.
Fonti della Casa Bianca hanno dichiarato che è questa la prima volta in cui un presidente celebra il passover alla Casa Bianca. In passato lo ha fatto anche l'ex-presidente Bill Clinton, ma senza partecipare personalmente.
L'iniziativa di Obama e' stata elogiata dal National Jewish Democratic Council (Njdc), che rappresenta la gran parte dei sei milioni e mezzo di ebrei americani.
"Ospitando la cena del Passover per la prima volta alla Casa Bianca - ha dichiarato Alexis Rice, vice direttore del Njdc - il presidente Obama ha mostrato la profondità dei suoi rapporti con la comunità' ebraica". Rice ha aggiunto: "non v'è alcun dubbio, Obama è un vero amico della comunità ebraica".

(Blitz quotidiano, 9 aprile 2009)

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9 aprile 1945, viene impiccato Dietrich Bonhoeffer

di Vittorio Savino

Dietrich Bonhoeffer
Accadde Oggi. Dietrich Bonhoeffer viene riarrestato (ma già era carcerato) a seguito dell'attentato ad Adolf Hitler avvenuto il 20 luglio del 1944 a Rastenburg, nella Prussia Orientale, in quella che secondo molti era la "tana del lupo".
A seguito di questo attentato furono giustiziati il generale Beck, il colonnello Staffenberg, il maresciallo von Witzleben, il generale von Stulpnagel, l'ammiraglio Caris, si uccisero i feldmarescialli Kluge e Rommel e vi furono migliaia di arrestati tra gli oppositori del regime nazista. Bonhoeffer era un pastore protestante, teologo, già arrestato il 5 aprile del 1943 per la sua forte opposizione al regime. Figlio di un insigne neurologo, nasce nel 1906 in terra in bilico tra la Germania e la Polonia, ma a sei anni si trasferisce a Berlino. Si laurea nel 1930 in teologia ed ottiene alla bella età di 24 anni, la docenza universitaria proprio all'Università di Berlino.
Assertore estremo del fatto che la Chiesa doveva avere il dovere di combattere le storture e realizzare una società giusta, lontano dalla violenza, è già sulla strada diretta dell'anti-nazismo. Si oppone all'antisemitismo, seguendo il cognato ebreo Gerhard Leibholtz e si oppone con forza alla "clausola ariana" contenuta nei dettami della Chiesa Protestante.
Nel 1933, con l'avvento al potere di Hitler, lo ritroviamo nella "Chiesa Confessante", la parte della comunità evangelica che si schiererà contro il regime nazionalsocialista. Bonhoeffer a seguito di una intervista radiofonica in cui descriverà Hitler come un "seduttore", si vedrà tagliato fuori dall'insegnare, predicare, scrivere. Si sposterà a Londra, tornerà in Germania nel 1935, quindi sarà in America nel 1939, ma la sua coerenza morale e civile gli impongono ancora una volta di tornare nel suo paese. Arrestato dalla Gestapo comincia il suo viatico nei carceri di Tegel e Berlino dove scriverà appunti e memorie poi raccolti in "Resistenza e Resa".
Nella sua opera troviamo l'uomo duro e coerente, uomo esemplare di una Germania non fatta tutta di nazisti. Fidanzatosi qualche mese prima di Maria von Wedemeyer, non potrà mai sposarla, in quanto trascorrerà tutto il suo tempo in carcere. Passa per il campo di concentramento di Buchewald, quindi arriva vicino a Monaco a Flossenburg, riceve un processo sommario e viene condannato a morte. Viene impiccato il 8 aprile del 1945, ha solo 49 anni, lo accompagna alla forca l'ammiraglio Canaris che morirà con lui.
Dopo di lui la sua famiglia sarà decimata verranno infatti uccisi il fratello, i due cognati ed un suo amico. In un suo scritto Gianfranco Ravasi sintetizza il pensiero del teologo tedesco "…esaltava le realtà penultime, cioè quelle dell'azione sociale, della storia e della politica, al fine di poter accedere alle realtà ultime, cioè quelle della fede e della vita in Dio".
Davanti all'Abbazia di Westminster, in Inghilterra, ritroviamo una statua di Bonhoeffer in compagnia di Martin Luther King , di Oscar Romero e di Massimiliano Kolbe, quattro uomini che hanno esaltato l'ecumenismo del martirio e sono stati faro per le generazioni future.

(PUPIA, 9 aprile 2009)

Ved. Notizie su Israele 291

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Gaza: Hamas rimuove 50 comandanti militari

Dopo la batosta subita sul campo di battaglia, Hamas ha avviato una profonda riorganizzazione del suo apparato militare secondo quanto riportato dall'autorevole settimanale specializzato britannico Jane's Defence Weekly. Almeno 50 comandanti sarebbero stati rimossi per incapacità a fermare l'avanzata israeliana all'interno di Gaza. Le forze di Hamas non sono neppure riuscite a infliggere severe perdite alle truppe di Tsahal, l'esercito israeliano, che hanno sofferto appena dieci caduti, inclusi quattro colpiti per errore dagli stessi israeliani. Un alto ufficiale di Hamas, sentito dal settimanale britannico, conferma l'iniziativa dei vertici politici e dell'intelligence del movimento che controlla la Striscia di Gaza di revisionare l'intero apparato militare anche sulla spinta degli "sponsor" iraniani di Hamas, che si attendevano dai miliziani palestinesi capacità operative non troppo inferiori a quelle mostrate dagli Hezbollah libanesi nella guerra del 2006....

(Panorama, 9 aprile 2009)

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Rassegna stampa araba

Titoli delle prime pagine

ROMA, 9 apr. - Esclusi quelli iracheni, nessun dei principali quotidiani panarabi titola in prima pagina sul sesto anniversario della caduta di Baghdad avvenuta il 9 aprile 2003. Al centro dell'attenzione, l'accusa del governo del Cairo agli Hezbollah libanesi di avere addestrato una "cellula terroristica" per compiere attentati contro impianti turistici in Egitto.

AL SHARQ AL AWSAT - quotidiano panarabo edito a Londra, "Hillary Clinton: con l'Iran seguiremo una politica di dialogo prudente". Egitto, "arrestati 29 persone assoldate dagli Hezbollah libanesi e il Cairo accusa (il suo leader) Nasrallah di avere pianificato attentati". "la giustizia libanese cede al Tribunale internazionale il dossier dell'omicidio Hariri". Elezioni in Algeria, "Bouteflika punta su una vittoria schiacciante, e dubbi su una sua affermazione già al primo turno". Pirateria, "i 'Jin del mare' somali perdono il controllo nella loro prima azione di sequestro di una nave con un equipaggio americano".

AL QUDS AL ARABI - giornale palestinese edito a Londra, titola in apertura: "il governo egiziano arresta '49 agenti degli Hezbollah' (libanesi) accusati di preparare attentati e di fare proselitismo della confessione sciita"; "accuse fabbricate", è il commento dell'editoriale che spiega il suo attacco al governo del Cairo: "lo denunciamo in difesa dell'Egitto e non per quelli del 'Partito di Dio'". Israele, "illustrati a Natanyahu i piani del suo Esercito per colpire l'Iran; e fonti israeliane assicurano che gli americani sono a conoscenza dei piani di Tel Aviv". Iraq, "dopo che sono stati ingannati da relativa libertà e apparente miglioramento della sicurezza, campagna di esecuzioni contro i gay". Algeria, "severe misure di sicurezza alla vigilia del voto" per le presidenziali in svolgimento oggi. Iraq, "scambi di accuse sui mandanti delle ultime autobombe di Baghdad".

AL HAYAT - foglio panarabo edito a Londra, "l'Egitto accusa Hassan Nasrallah di avere incaricato delle sue unità per compiere 'azioni aggressive' dopo averla addestrata sull'uso di esplosivi"; "la cellula degli Hezbollah ha fatto entrare armi dal Sudan per contrabbandarli a Hamas" attraverso il Sinai. Arabia saudita, l'erede al trono e ministro della Difesa, "principe al Sultan ha incontrato Bill Clinton e ha ricevuto una lettera del ministro della Difesa Usa". Iraq, "gli esecutori degli ultimi attentati a Baghdad hanno superato oltre 500 posti di blocco". Israele, "'scontro inevitabile' attende Obama e Natanyahu, e intanto coloni ebrei attaccano un villaggio presso Hebron" in Cisgiordania.

AL SABAH, quotidiano di stato iracheno celebra in apertura i "sei anni dalla caduta del tiranno", "un Iraq democratico rinasce sulle ceneri del fascismo baathista; "il 9 aprile è l'uscio dell'Iraq verso la riconquista della sovranità e per la costruzione dello stato democratico". "Accademici e intellettuali: l'occasione è propizia per costruire uno stato democratico basato sull'individuo e i partiti religiosi si stanno adeguando alla nuova realtà". "I capi delle correnti del parlamento: è tempo di porre fine alla lottizzazione e ritornare alla costituzione". Il Premier "al Maliki: il popolo si è liberato dalla dittatura e oggi si sta godendo il clima di libertà". L'editoriale: "la caduta dell'Idolo".

AL AHRAM - giornale egiziano semi-ufficiale, titola: "Il procuratore generale della Repubblica svela i piani della cellula terroristica degli Hezbollah (libanesi) per attentati contro strutture turistiche", e una fonte ufficiale: "due impiegati di un canale satellitare iraniano, coinvolti nel piano distruttivo". "E' una giornata per l'Egitto e non per i sciocchi", titola l'editoriale del direttore sugli arresto di un cellula accusata di perparare attentati.

(Apcom, 9 aprile 2009)

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Raid della marina israeliana contro navi cariche di armi

Compiuto a gennaio, come i raid aerei, secondo stampa israeliana

GERUSALEMME, 8 apr. - Anche commando della marina israeliana sono intervenuti lo scorso gennaio in Sudan per bloccare spedizioni di armi al movimento palestinese di Hamas, nella Striscia di Gaza. E' quanto scrive oggi il quotidiano israeliano Yediot Aharonot, citando fonti americane. Nelle scorse settimane è stato riferito di due raid aerei lanciati dall'aviazione israeliana in Sudan contro convogli carichi di armi, sempre dirette a Gaza. Oggi il quotidiano scrive che la marina israeliana avrebbe attaccato una nave carica di armi proveniente dall'Iran, che aveva fatto scalo a Port Sudan. Finora Israele non ha confermato nè smentito gli attacchi aerei in Sudan, anche se il ministro della difesa Ehud Barak ha dichiarato: "Nelle battaglie che conduciamo, noi non abbiamo il privilegio di poter dire molto. Si deve fare il necessario e mantenere il silenzio". (fonte Afp)

(Wall Street Italia, 8 aprile 2009)

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Ebrei: dal tramonto di stasera e per otto giorni si celebra la Pesach

ROMA, 8 apr.- (Adnkronos) - E' la prima delle tre grandi ricorrenze liete della tradizione ebraica. E commemora la liberazione del popolo d'Israele dalla schiavitu' d'Egitto. Pesach, la Pasqua ebraica, cade il 15 di Nissan per il calendario ebraico, e dura otto giorni, nei quali i primi due e gli ultimi due sono di festa solenne. Le celebrazioni iniziano stasera al tramonto. Quest'anno la vigilia di Pesach capita in una giornata particolare, coincide infatti con la recita della 'benedizione del sole', una preghiera che si fa ogni 28 anni.
"Speriamo che questa coincidenza della Pasqua con la 'benedizione del sole' sia di auspicio per un'illuminazione ulteriore della coscienza delle persone. Che sia - spiega all'ADNKRONOS, Sandro di Castro presidente dell'associazione internazionale Bene' Berith - un auspicio di pace e di rispetto reciproco in molte parti del mondo, dove ci sono ancora regimi totalitari, dove e non c'e' ancora liberta' di culto e c'e' una diffidenza innata verso lo straniero".
Nelle corso delle celebrazioni, anche un gesto di solidarieta' per i terremotati d'Abruzzo. "Il messaggio di questa Pasqua - spiega il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni - va ai terremotati dell'Abruzzo. Siamo tutti solidali e preoccupati per quanto avvenuto. Le nostre comunita' si sono attivate per dare il loro contributo. Durante le funzionali pasquali si usa fare una raccolta fondi e il ricavato di quest'anno andra' alle popolazioni dell'Abruzzo colpite dal terremoto.

(Libero-news.it, 8 aprile 2009)

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Cinquantamila persone al Muro del Pianto per la 'Benedizione del Sole'

GERUSALEMME, 8 apr. - Oltre 50mila persone si sono riunite questa mattina di fronte al Muro occidentale di Gerusalemme, conosciuto come Muro del Pianto, per partecipare alla preghiera del 'Birkat Hachama' o 'Benedizione del Sole'. Si tratta di una preghiera recitata dagli ebrei una volta ogni 28 anni, quando, secondo il Talmud (uno dei testi sacri dell'ebraismo), il sole raggiunge la stessa posizione in cui si trovava al momento della creazione. Quest'anno la data coincide con la vigilia di Pesach, la Pasqua ebraica. In vista dell'evento, tutte le strade che conducono alla città vecchia di Gerusalemme sono state chiuse e i fedeli che si sono recati al Muro del Pianto sono stati invitati a muoversi a piedi o con i mezzi pubblici.

(Internazionale.it, 8 aprile 2009)

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La Benedizione del sole a Roma

Non è bastato il giardino del Tempio maggiore di Roma ad ospitare tutte le persone intervenute per recitare la benedizione del sole, il rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, il rav Elio Toaff rabbino capo emerito di Roma, il rav Alberto Funaro, il rav Cesare Moscati, il rav Gianfranco Di Segni e Sandro Di Castro Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, hanno dovuto ripiegare sul piazzale davanti al Tempio per consentire a tutte le persone intervenute di partecipare alla preghiera. La Birkhat haChammàh è il rito più raro della religione ebraica che si celebra ogni 28 anni. Ogni 28 anni infatti, il sole si trova nella stessa posizione, nella stessa ora del giorno e nello stesso giorno in cui si trovava quando fu creato a Gerusalemme esattamente alle 6 del pomeriggio...

(moked, 8 aprile 2009)

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Sistema di difesa missilistica israeliano pronto entro 2010

"Iron dome" contro i razzi lanciati dalla Striscia di Gaza

ROMA, 8 apr. - Il sistema di intercettazione missilistica a corto raggio israeliano "Cupola di ferro" dovrebbe essere operativo entro la primavera del 2010: è quanto riporta il quotidiano israeliano Ha'aretz dopo che il mese scorso il primo test ha dato esiti positivi. Il prossimo test - un'intercettazione vera e propria - dovrebbe avvenire nell'estate del 2009 ed entro fine anno l'azienda di Stato per gli armamenti israeliani, la Rafael, dovrebbe consegnare il primo sistema completo il cui dispiegamento è previsto nelle zone di Sderot e Ashkelon, principali bersagli dei lanci missilistici dalla Striscia di Gaza. Nonostante le critiche - che paragonano i costi di un sofisticato singolo missile intercettore a quelli di un razzo Qassam di fabbricazione originale - la Rafael sostiene che il progetto è economicamente conveniente anche perché i radar saranno in grado di identificare quei missili o razzi diretti verso aree non abitate, che non verrebbero intercettati.

(Apcom, 8 aprile 2009)

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Israele chiude Cisgiordania per Pasqua ebraica

La festività ha inizio questa sera

GERUSALEMME, 8 apr. (Ap) - Gli ebrei di tutto il mondo si stanno preparando alla Pasqua ebraica (Pesach), facendo pulizie nelle case, lavando le macchine, cucinando affannosamente e preparandosi ad una settimana senza lieviti. La festività, che ricorda la liberazione degli ebrei dalla schiavitù in Egitto, comincia questa sera con Seder, una cena speciale. Per i timori che i terroristi palestinesi approfittino della Pasqua per sferrare attacchi in Israele, Tsahal ha disposto la chiusura della Cisgiordania per l'intera durata della festività. Nessun palestinese potrà entrare in Israele ad eccezione di coloro che necessitano di cure mediche, afferma un comunicato dell'esercito. Israele ha anche invitato nuovamente i suoi cittadini a non recarsi nella Penisola del Sinai egiziano, citando minacce di attacchi militanti. Il Sinai è una popolare destinazione degli israeliani, nonostante gli attentati degli ultimi anni contro obiettivi israeliani e occidentali.

(Apcom, 8 aprile 2009)

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Traffico di armi verso Gaza: 40 persone arrestate in Egitto

Tra essi alcuni palestinesi e un libanese, sospetti su Hezbollah

IL CAIRO, 8 apr. - La polizia egiziana ha arrestato una quarantina di persone sospettate di essere implicate nel contrabbando di armi verso la Striscia di Gaza: lo ha indicato oggi un responsabile dei servizi di sicurezza. Gli uomini sono sospettati di avere comperato o affittato case nella parte egiziana di Rafah per agevolare il passaggio delle armi a Gaza. Montasser al-Zayyat, un avvocato egiziano conosciuto per avere spesso difeso estremisti islamici, ha affermato che tra gli arrestati figurano anche un libanese e alcuni palestinesi. I sospetti sono stati interrogati sui loro presunti legami con il movimento sciita libanese Hezbollah. "La polizia ha chiesto informazioni su un libanese che è stato arrestato e che i servizi di sicurezza ritengono essere un rappresentante di Hezbollah", ha spiegato una fonte. (fonte afp)

(Apcom, 8 aprile 2009)

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Egitto, 50 arresti per legami con Hezbollah e Hamas

Avrebbero finanziato i due gruppi di militanti

IL CAIRO, 8 apr. - Un noto avvocato islamista ha riferito alla tv araba Al Jazeera che le forze di sicurezza egiziane hanno arrestato circa cinquanta tra egiziani, palestinesi e libanesi accusati di avere legami con i gruppi militanti Hezbollah e Hamas. Montasser el-Zayat, noto per aver difeso militanti islamisti in tribunale, ha detto ieri che gli arresti sono sospettati di agire in collegamento con Hezbollah e Hamas a Gaza e di aver fornito finanziamenti a Hamas. Il ministero egiziano dell'interno non ha confermato nè smentito gli arresti.

(Apcom, 8 aprile 2009)

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Pasqua ebraica a Trani

Dalle 19.30 la Vigilia di Pesach

Mercoledi sera 8 aprile (14 Nisan 5769 del calendario ebraico) è la Vigilia di Pesach, la Pasqua ebraica. L'appuntamento nella Sinagoga Scolanova di Trani è alle ore 19.30 (a Trani il digiuno dei primogeniti finisce alle 19,05) e, il giorno successivo, dalle ore 9.00.

«Pesach è alla base dell'ossatura storica dell'Ebraismo, in un certo senso è l'epopea del popolo d'Israele. 3000 anni fa l'Egitto di Faraone ebbe come vicerè nientemeno che l'Ebreo Giuseppe figlio di Giacobbe. Allorchè una terribile carestia si abbattè sulla terra di Canaan, Giuseppe chiamò in Egitto suo padre e i suoi fratelli. Un giorno salì al trono un Faraone che non aveva conosciuto Giuseppe e che, temendo il numeroso popolo israelita come una minaccia nel proprio Paese, lo ridusse in schiavitù. Gli Ebrei furono costretti a impastare e cuocere mattoni per costruire superbi obelischi e palazzi. Venne un uomo giusto, educato presso la casa reale chiamato Moshè, il quale scoprì di essere Ebreo e fu scelto per liberare il suo popolo....

(TraniWeb, 8 aprile 2009)

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Bando per innovazione industriale tra Italia e Israele

ROMA - Fino al prossimo 31 maggio è aperto un bando nazionale che eroga finanziamenti per progetti di ricerca congiunti tra Italia e Israele, al quale possono partecipare: imprese italiane e centri di ricerca e/o università affiancati dalle imprese.

I progetti saranno finanziati per il 50% dei costi di ricerca e sviluppo in una di queste aree:
- medicina;
- salute pubblica e organizzazione ospedaliera;
- biotecnologie;
- agricoltura e scienze dell'alimentazione;
- nuove fonti di energia e sfruttamento delle risorse naturali;
- applicazioni dell'informatica nella formazione e nella ricerca scientifica;
- ambiente;
- comunicazioni;
- innovazioni dei processi produttivi;
- aerospaziale;
- tecnologie dell'informazione, comunicazioni di dati, software.

- Il partner
Israele è un paese ad altissimo sviluppo tecnologico, il cui nucleo hi-tech del paese comprende 3.000 aziende, circa 2.000 start-up e più di 200 progetti che si sviluppano negli incubatori governativi.
Dopo gli Stati Uniti, Israele è il paese con il più alto numero di start-up nel mondo ed è secondo al Canada in quanto a presenza straniera su Wall Street. Il settore dell'alta tecnologia israeliano è divenuto oggi uno dei principali settori dell'economia del paese ed Israele primeggia nel mondo quanto a numero di brevetti registrati e numero di aziende per abitante.

- Le prospettive
In tutto questo quadro, è da sottolineare il ruolo fondamentale del sistema del Venture Capital israeliano, ossia il sistema di mercato che consente investimenti a rischio, che negli ultimi anni ha raccolto sul mercato più di 9 miliardi di dollari investendoli in aziende collegate al mondo dello sviluppo della tecnologia e rendendo possibile il finanziamento diretto di più di 1.000 start-up.
In particolare il sistema di Venture Capital si è concentrato sull'innovazione tecnologica nelle aree della comunicazione, dello sviluppo del software, della tecnologia dell'informazione, delle scienze naturali, mediche e biotecnologiche e nella tecnologia della sicurezza.

(PrimaPagina.biz, 8 aprile 2009)

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Israele: lancio prova missile antimissile Arrow II

Le forze aeree israeliane e la Missile Defense Agency statunitense hanno eseguito un lancio di prova, il sedicesimo, del missile antimissile Arrow II sviluppato da Israel Aerospace Industries in collaborazione con Boeing. L'Arrow è partito dalla Palmahim Base ed ha intercettato un missile Blue Sparrow lanciato da un F-15 in volo sul Mediterraneo, che simulava uno Shihab 3 iraniano.

(Dedalo News, 8 aprile 2009)

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Terremoto in Abruzzo

[...] Lacrime di gioia e ricordi di paura all'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, per i primi 11 studenti israeliani rientrati in patria dopo essere sopravvissuti al crollo dell'ostello universitario dell'Aquila. Accolti delle famiglie fra abbracci e pianti liberatori, sono arrivati con il primo volo utile da Roma dopo essere stati evacuati dal capoluogo abruzzese. Dietro di loro - raccontano - hanno lasciato distruzioni e 40 altri studenti israeliani, in parte della minoranza araba: iscritti come loro all'ateneo aquilano e al momento ancora ospiti di alloggi provvisori messi a disposizione della autorità italiane. Tutti salvi, tranne Hussein Hamada, un ragazzo originario della Galilea, che figura fra i dispersi, sotto le macerie della casa dello studente. Suo padre, Amir Hamada, un medico, è giunto all'Aquila nelle scorse ore, accompagnato dal console d'Israele a Roma, Ofer Mazar, e sta seguendo i lavori di scavo sperando ormai in un miracolo.
"Mi sento semplicemente come chi è scampato a un terremoto - ha detto ai giornalisti Azbergah Ziyyad, 21 anni, di Lod (sud-est di Tel Aviv) -, è stato un inferno, mi sono salvato solo perchè mi trovavo sotto l'architrave di una porta".

(Unimagazine.it, 7 aprile 2009)

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Lieberman: Siamo a un vicolo cieco, servono nuove idee

ROMA, 7 apr - Il processo di pace tra israeliani e palestinesi è "a un vicolo cieco", servono "nuove idee". Nuova sortita del ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman, dopo le controverse dichiarazioni, poi ritrattati, sulla conferenza di Annapolis. "C'è una regressione qui, dobbiamo capirlo e ammettere che siamo a un vicolo cieco, vogliamo presentare nuove idee", ha osservato il capo della diplomazia israeliana, parlando a un congresso organizzato da Israel Beitenu, partito conservatore da lui presieduto. Lieberman ha anche detto di voler rimanere alla guida del ministero degli Esteri per almeno "quattro anni e mezzo" e rassicurato che il partito resterà una componente centrale del governo di coalizione guidato da Benjamin Netanyahu.
Le dichiarazioni di Lieberman arrivano all'indomani del rilancio del processo di pace a partire da Annapolis e nella direzione indicata dalla Road map, sottolineato con forza dal presidente americano Barack Obama. "Israele non si è mai occupata degli affari di qualcuno, e io mi aspetto lo stesso, che nessuno stia lì con un cronometro in mano", ha aggiunto Lieberman, rivolto ai sostenitori di Israel Beitenu. "Devono permetterci di mettere a punto un piano serio e responsabile. Stiamo lavorando insieme al primo ministro, e non abbiamo intenzioni subdole di costruire un'agenda per conto nostro, dobbiamo lavorare insieme, considerate le grandi sfide", ha proseguito il ministro, confermando l'indiscrezione fatta circolare ieri dal Jerusalem Post, secondo cui il nuovo esecutivo starebbe mettendo in discussione la strategia finora adottata, alla ricerca di nuove strade. Ieri, al termine di un colloquio a Gerusalemme con il premier israeliano, l'inviato del Quartetto in Medio Oriente, Tony Blair, aveva parlato di "scetticismo" sulle reali possibilità di giungere a una pace tra israeliani e palestinesi, ricordando che l'unica soluzione possibile è quella basata sul principio 'due popoli, due stati'.

(il Velino, 7 aprile 2009)

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Trovata copia della lista di Schindler

In Australia in una biblioteca

Memoriale davanti alla casa natale di Oskar Schindler a Svitany (Repubblica Ceca)
Una copia originale della celeberrima lista Schindler, redatta dall'industriale tedesco Oskar Schindler che salvò dalle camere a gas naziste centinaia di ebrei, è stata ritrovata in una biblioteca in Australia. La lista, che conteneva 801 nomi di lavoratori ebrei, è stata rinvenuta tra sei cartoni che appartengono allo scrittore Thomas Keneally, il cui libro sulla vicenda aveva ispirato la realizzazione del film capolavoro di Spielberg.
Le 13 pagine, sempre più ingiallite sono state ritrovate tra ritagli di giornale e appunti da un ricercatore alla New South Wales Library di Sydney, mentre setacciava le scatole di manoscritti che la biblioteca aveva acquistato nel 1996. La lista, che doveva essere una copia carbone della reale lista stilata da Schindler per aiutare lavoratori ebrei a scampare all'Olocausto, sarà messa in mostra, secondo quanto riferito dalla biblioteca in un comunicato.

- "Un commovente pezzo di storia"
   La lista originale fu compilata frettolosamente il 18 aprile del 1945, durante gli ultimi giorni della Seconda Guerra Mondiale, e ha consentito di salvare 801 persone dalle camere a gas", ha detto il co-curatore della biblioteca Olwen Pryke, che ha trovato il reperto. "E' un incredibile e commovente pezzo di storia".
La lista dovrebbe essere stata data a Keneally da Leopold Pfefferberg, lavoratore ebreo e numero 173 nella lista, in occasione di un incontro fortuito nel negozio di pelletteria di Pfefferberg, a Los Angeles, nel 1980. Ma il portavoce della biblioteca australiana ha riferito che questa lista dovrebbe essere solo una di quelle fatte da Schindler e che non esiste una lista definitiva con cui contare il numero di persone salvate dall'industriale tedesco. Un'altra copia della lista si trova al Memoriale dell'Olocausto Yad Vashem in Israele.

- Poi venne Hollywood
  Pfefferberg convinse Keneally a scrivere di Schindler, morto nel 1974 ed il cui eroismo è rimasto sconosciuto al grande pubblico fino a che non è stato documentato dallo scrittore. Dal libro, datato 1982, fu tratto il film "Schindler's List" del 1993, con protagonisti Liam Neeson, Ralph Fiennes e Ben Kingsley, che vinse sette Oscar.
Più di 1.100 persone vennero salvate da Schindler, un iscritto al partito nazista, che costruì una fabbrica metalmeccanica a Cracovia, durante la guerra, con impiegati lavoratori ebrei. Utilizzando prestigio e pagando funzionari nazisti, riuscì a convincerli che questi lavoratori erano essenziali ai fini della guerra e che quindi non dovevano essere mandati nei campi di concentramento. Per farlo utilizzò tutti i soldi accumulati in una vita.

(TGCOM, 7 aprile 2009)

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Terremoto: Mezza Luna Rossa palestinese lancia appello per volontari

ROMA, 7 apr. (Adnkronos) - Un appello ai "medici palestinesi e arabi" che risiedono in Italia, affinche' offrano la loro opera a sostegno della popolazione colpita dal sisma in Abruzzo, e' stato lanciato da Yousef Salman, delegato della Mezza Luna Rossa palestinese in Italia. "Cari colleghi, medici palestinesi ed arabi d'Italia -si legge nell'appello- in riferimento al grave terremoto che ha colpito l'Aquila e Provincia, vi scrivo a nome della Mezza Luna Rossa palestinese in Italia, per esprimere la nostra piu' sentita vicinanza e solidarieta' alla popolazione abruzzese e all'intera Italia in questo momento difficile".
Salman, nel suo appello, intende anche, "rilevare eventuali disponibilita' da parte di tutti noi, a prestare soccorso e sostegno alla popolazione colpita ed ai nostri colleghi abruzzesi che ne avessero bisogno. Siamo in contatto con i nostri sindacati medici, con la Cri e le autorita' competenti per l'organizzazione logistica nel caso ce ne fosse bisogno".

(Libero-news.it, 7 aprile 2009)

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Sisma Abruzzo - Pacifici: Ebrei di Roma pronti a portare aiuto

Unità volontari al servizio protezione civile

ROMA, 7 apr. - "Raccogliendo l'appello del presidente della Repubblica, la Comunità ebraica di Roma in queste ore si sta mobilitando per portare aiuto alle famiglie dei terremotati". Lo comunica in una nota il presidente della comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, a seguito della giunta straordinaria di oggi e dopo l'incontro con il presidente dell'Ucei Renzo Gattegna. "Sono stati messi in campo progetti a breve e a medio termine - si legge in una nota - come l'invio di medicinali, che verranno consegnati nelle mani della Protezioni Civile a Roma, vestiario e generi alimentari. È stato, poi, attivato fin da ieri l'Ospedale Israelitico di Roma, dove sono operative 24 ore su 24 tutte le sale operatorie e dove c'è la disponibilità per possibili ricoveri. Saranno messi a disposizione volontari del dipartimento educativo e della deputazione ebraica, nel campo sociale e dell'assistenza psicologica. Infine, è stata predisposta l'opportunità di ospitare 60 bambini ad agosto in una colonia per le vacanze estive, con attività ricreative, a disposizione dell'Ose (organizzazione sanitaria ebraica). Il Rabbino Capo di Roma, Riccardo Di Segni - conclude Pacifici - trovandoci in prossimità delle festività ebraica Pesach ha chiesto ai correligionari di destinare le offerte raccolte nelle sinagoghe di Roma, a favore dei terremotati. La tragica occasione di questo evento ha suggerito ai vertici della Comunità di mettere in piedi un'unità di volontari che opererà sotto la protezione civile, in caso di calamità e al servizio del paese".

(Apcom, 7 aprile 2009)

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Israele: ok test missile antimissile

Intercettato un razzo di tipo Shihab iraniano

TEL AVIV, 7 apr - Israele ha compiuto un nuovo test del proprio missile antimissile Arrow (Hetz). Lo ha reso noto radio Gerusalemme. L'emittente ha precisato che dal mar Mediterraneo e' stato lanciato in direzione di Israele un obiettivo che simulava un razzo di tipo Shihab iraniano. L'Arrow lo ha prontamente identificato ed intercettato a 100 chilometri dalla costa israeliana

(ANSA, 7 aprile 2009)

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Gaza, medico palestinese nominato per il premio Nobel per la pace

Ha perso tre figlie: "lo dedico a palestinesi e israeliani"

ROMA, 7 apr. - Aveva conquistato le prime pagine dei giornali di tutto il mondo per la morte di tre figlie uccise da un missile israeliano durante la grande offensiva su Gaza nel gennaio scorso. Ora, Izzeldin Abuelaish, medico palestinese di un campo di rifugiati di al Jabaliya, è di nuovo nel centro dell'attenzione internazionale per la sua nomina al premio Nobel per la pace. Lo scrive oggi il sito web della tv al Arabiya che riporta le dichiarazioni del medico fatta alla stampa israeliana in cui afferma di voler dedicare la sua candidatura a palestinesi e israeliani "insieme". Oggi è stato il Ministro per le Minoranze israeliano Avishai Braverman ad esprimere la sua felicitazione: "la commissione del Nobel - ha detto alla stampa israeliana - mi ha comunicato di avere accettato la candidatura del medico Abualaish al premio per la pace con il quale ho voluto congratularmi caldamente". Il laborista Braverman ha anche detto di essere "amico da molto tempo" del medico palestinese. L'emittente araba riporta le parole del medico subito dopo che nel gennaio scorso un missile israeliano aveva centrato la sua abitazione uccidendo le sue tre figlie: "dobbiamo vivere in pace - aveva dichiarato - spero che i miei bambini siano gli ultimi morti e nonostante sia difficile io devo dire queste parole". Abuelaish ha detto di essere stato nominato dopo una sua visita in Belgio lo scorso mese. A Bruxelles, il medico era stato ricevuto dal presidente del parlamento europeo, il tedesco Hans-Gert Pattering. Intanto, per il 2009, la commissione norvegese del Nobel ha ricevuto 205 nomine (33 per organizzazioni), la più alta mai avvenuta in passato. Il precedente record risale al 2005 quando la commissione ha ricevuto 199 nomine.

(Apcom, 7 aprile 2009)

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Terremoto: aiuto a soccorsi da immagini satellite israeliano

NAPOLI, 7 apr. - Il presidente della Provincia di Benevento, Aniello Cimitile, ha informato il presidente della Repubblica e il presidente del consiglio dei Ministri, la deputazione parlamentare del Sannio e la Regione Campania del gesto di solidarieta' di Imagesat International, societa' israeliana di gestione di una rete di satelliti, che ha concesso alla Marsec, societa' di servizi di telerilevamenti della Provincia di Benevento, l'utilizzo gratuito dei dati raccolti dallo spazio al fine di coordinare al meglio gli interventi per l'Abruzzo. Le acquisizioni delle immagini sono gia' state pianificate.

(AGI, 7 aprile 2009)

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Medio Oriente, Obama invita a non cedere al pessimismo

ANKARA - Il presidente Usa Barack Obama ha detto oggi che il mondo non deve cedere al pessimismo nel cercare un accordo di pace tra israeliani e palestinesi, nonostante le difficoltà.
"Lasciatemi parlare in modo chiaro: gli Stati Uniti sostengono fermamente l'obiettivo dei due Stati, Israele e Palestina, che vivano gli uni accanto agli altri in pace e sicurezza", ha spiegato Obama in un discorso al Parlamento turco.
"Adesso, non dobbiamo cedere al pessimismo e alla sfiducia. Dobbiamo perseguire tutte le opportunità per il progresso", ha aggiunto nel suo primo commento dettagliato sul tema della pace in Medio Oriente, da quando Israele ha formato il nuovo governo.

(Reuters, 6 aprile 2009)

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Ipotesi-shock: Israele cadrà entro 20 anni

di Fabio Pisanu

Franklin Lamb
La notizia, se confermata, avrebbe del clamoroso. Lo stato di Israele non avrebbe davanti che pochi anni di vita: 20, al massimo 25. Sarebbero i risultati di uno studio condotto dalla CIA (l'agenzia di intelligence a stelle e strisce) reso noto pochi giorni fa da PressTv, un network internazionale iraniano strutturato sul modello della Bbc e della Cnn.
Il documento della CIA sembrerebbe pronosticare "un movimento inesorabile" che allontanerebbe la soluzione "a due stati" (Israele e Palestina) in favore di quella ad un unico stato. Particolare non irrilevante, secondo questo studio si aprirebbe la strada per un ritorno dei Palestinesi verso i territori occupati, con la conseguenza di un imponente esodo di israeliani (2 milioni di persone circa) verso gli Stati Uniti. Previsto anche il ritorno in Russia e in altre zone dell'Europa di un milione e mezzo di persone.
Si tratta, com'è chiaro, di una previsione di grande importanza. Al momento, infatti, nulla fa pensare che la potenza militare di Israele, ampiamente messa in mostra con effetti terribili nei mesi scorsi durante l'operazione "Piombo Fuso", possa soccombere. La notizia lanciata da PressTv e ripresa da numerosi organi di informazione in tutto il mondo, peraltro, è piuttosto vaga, e non riporta alcun particolare su quelle che potrebbero essere le cause della "caduta di Israele". Anche il Paese di provenienza della network (l'Iran, non propriamente uno Stato neutrale sulla questione) suscita qualche dubbio. È necessario - inoltre - spendere qualche parola sulla fonte di queste rivelazioni clamorose.
L'uomo che ha rivelato l'esistenza del rapporto CIA dai microfoni di PressTv è Franklin Lamb, giurista internazionale, giornalista indipendente e "dissidente", esperto di Medio Oriente. Scrive (molto spesso dal posto) articoli per riviste e siti di tutto il mondo. In maniera abbastanza inspiegabile, però, le ricerche in rete su di lui e sui suoi lavori sono difficoltose. Nessuna biografia, nessuna indicazione dettagliata. Si sa solo che ha scritto un libro intitolato Il prezzo che paghiamo: l'uso di armi americane da parte di Israele in Libano nell'ultimo quarto di secolo e presto dovrebbe vedere la luce una seconda opera, il cui titolo provvisorio è Hezbollah: breve guida per principianti.
"Ci sono già oltre 500mila israeliani con il passaporto americano, più di 300mila nell'area della California - ha detto a PressTv, Franklin Lamb - e quelli che non ne sono in possesso si stanno già attrezzando a riguardo. Per questi motivi credo che il destino sia segnato e la storia rigetterà l'avventura coloniale di Israele".
Secondo Lamb la CIA avrebbe utilizzato come parametri per la sua previsione anche i dati raccolti durante alcuni eventi chiave degli ultimi vent'anni come la fine dell'apartheid in Sud Africa e il crollo dell'Unione Sovietica.

(IFG online, 6 aprile 2009)

COMMENTO - Questa notizia è stata riportata su diversi siti anti-israeliani. Segno evidente che più che essere una previsione per molti è un desiderio e una speranza. Di Franklin Lamb si è interessato tempo fa anche MEMRI.

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Terremoto: Lieberman offre aiuti a Frattini, dispersi 4 israeliani

GERUSALEMME, 6 apr. (Adnkronos) - Il ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman ha telefonato al titolare della Farnesina Franco Frattini offrendo ogni aiuto che possa essere necessario per soccorrere le vittime del terremoto che ha colpito l'Abruzzo. Lo riferiscono i siti israeliani, mentre continuano le ricerche per quattro cittadini israeliani che si trovavano nell'area del sisma e risultano ancora dispersi. Tre di loro sono studenti all'universita' dell'Aquila.

(Libero-news.it, 6 aprile 2009)

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Terremoto - La Giunta dell'UCEI chiama tutti a un grande slancio di solidarietà

Momenti febbrili, di fronte alla tragedia del terremoto in Abruzzo, anche per le istituzioni degli ebrei italiani. La Giunta dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane è riunita dalle prime ore di questa mattina e sta seguendo con apprensione l'andamento dei primi soccorsi alle popolazioni colpite dal sisma. Fra le ipotesi prese in considerazione, in collaborazione con le Comunità ebraiche italiane, anche la messa in campo di risorse e competenze dell'Ospedale Israelitico della Capitale e di altre strutture sanitarie e assistenziali dell'ebraismo italiano.
Come già avvenuto in altre circostanze difficili, l'Unione ha lanciato un pressante appello agli ebrei italiani e a tutte le Comunità ebraiche italiane affinché offrano il loro apporto a ogni iniziativa, organizzata in sede locale o nazionale, che possa portare sollievo alle popolazioni colpite. La Giunta dell'Unione ha espresso la propria partecipazione al dolore delle famiglie delle vittime e delle popolazioni colpite dal disastro.
Messaggi di solidarietà e proposte di aiuto sono state inviate anche dallo Stato di Israele, l'ambasciatore di Israele in Italia Gideon Meir ha riferito a radio Gerusalemme che il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha espresso al presidente del consiglio Silvio Berlusconi le condoglianze per le vittime del terremoto che oggi ha colpito l'Italia centrale. L'ambasciatore ha aggiunto che il ministro degli esteri Avigdor Lieberman resta in contatto con il suo omologo italiano Franco Frattini. Radio Gerusalemme ha detto che mancano ancora notizie aggiornate su alcuni studenti israeliani iscritti all'Università dell'Aquila.
Nel frattempo i dirigenti del Maghen David Adom, l'equivalente israeliano della Croce rossa internazionale, in un messaggio alla Croce rossa italiana hanno espresso partecipazione al lutto delle famiglie colpite dal sisma e hanno assicurato di essere disposti ad inviare aiuti, anche immediatamente.

(Gli inestimabili tesori della città dell'Aquila racchiudono anche antichissimi legami con le tracce delle presenza ebraica nella regione e con la cultura ebraica. La pianta della città abruzzese ripete la fisionomia urbanistica di quella di Gerusalemme. Nella via Fortebraccio - nell'immagine in alto - aveva sede, dopo il primo millennio, una presenza ebraica nella città. Nella piantina a sinistra L'Aquila - In blu la "Fontana delle 99 Cannelle e il fiume Aterno. In rosso la linea delle antiche mura. Nella piantina a destra Gerusalemme - Il puntino blu è la "Fontana di Siloe" adiacente al fiume Kidron. In rosso la linea delle antiche mura).

(Notiziario Ucei, 6 aprile 2009)

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Ritratto di Avigdor Lieberman

di Deborah Fait

Vediamo cosa ha fatto il povero Avigdor Lieerman, detto Ivette in Israele, per meritarsi i rimbrotti dei media, dei politici, delle organizzazioni internazionali, addirittura dei capi di stato.
Non ha certo un aspetto efebico, sembra un grezzone, quando parla ebraico il suo accento russo lo rende abbastanza sgradevole, tutti speriamo che parli l'inglese visto che fara' il Ministro degli Esteri dopo che il mondo si era abituato ad anni di Zipi Livni, bella bionda, educata, mooolto diplomatica, troooppo diplomatica.
Adesso al posto della Livni, ministri e Presidenti dovranno confrontarsi con Ivette che sembra un leone pronto a ruggire, con quei freddi occhi azzurri e quel sorriso che assomiglia piuttosto a un ghigno....

(Informazione Corretta, 5 aprile 2009)

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Israele, manifestazione per coesistenza in città araba

GERUSALEMME - Arabi e ebrei a manifestare insieme "per la coesistenza e la fratellanza": è accaduto davvero oggi nella cittadina israeliana di Oum el-Fahem, un piccolo centro popolato in maggioranza da arabi.
Il mese scorso la stessa località era stata teatro di una manifestazione dell'estrema destra che nella popolazione aveva suscitato sconcerto e rabbia e che aveva dato luogo anche a qualche incidente nonostante la massiccia presenza della polizia.
Oggi, secondo quanto ha riferito da TV pubblica, per tutta risposta sono arrivati qui per manifestare per la pace e la coesistenza alcune centinana di israeliani ebrei e arabi.
La popolazione li ha accolti a braccia aperte e gli abitanti sono scesi in strada distribuendo fiori agli apostoli della fratellanza. "Siete tutti nostri ospiti, ebrei e arabi, laici e religiosi", ha detto il sindaco Mahmoud Mustapha nel dare loro il benvenuto.

(swissinfo.ch, 5 aprile 2009)

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Non sempre è Eurabia!

di Federico Steinhaus

Shurat HaDin, una associazione di giuristi, lo scorso 2 aprile ha dato notizia di un grande successo con implicazioni giuridiche e politiche che potrebbero influire significativamente sulla lotta contro il terrorismo islamico. Una causa privata, avviata da famiglie di vittime del terrorismo contro banche che forniscono servizi finanziari ad organizzazioni non governative islamiche sospettate di fungere da copertura per far confluire il denaro di offerte benefiche nelle casse delle organizzazioni terroriste islamiche , ha ottenuto una vittoria storica. Due istituti bancari inglesi hanno difatti annunciato che chiuderanno i conti intestati a supposte istituzioni caritatevoli islamiche. Lloyds TSB ha comunicato ad Interpal, una ONG palestinese con base a Londra, che non trasferirà più fondi all'estero per suo conto. Interpal è già fuorilegge negli Stati Uniti, in ed in ed è stata accusata di raccogliere finanziamenti per Hamas. Barclay's da parte sua ha annunciato che chiuderà il conto intestato a Ummah Welfare Trust, una ONG islamica che fa confluire i fondi a Gaza . Questa ONG non è fuorilegge, ma è stato accertato che essa a sua volta trasferisce i fondi ad Interpal ed a Al-Salah, entrambe accusate di terrorismo. Del resto il sito web della Ummah rende pubblicamente onore al fondatore di Hamas Yassin ed elogia i martiri palestinesi. Lo stesso avevano fatto tre anni fa anche la National Westminster Bank , e due anni fa NatWest. La motivazione strettamente giuridica di queste decisioni è nel timore che le vittime delle azioni terroristiche di Hamas possano far causa e chiedere risarcimenti alle banche che aiutano operativamente i fiancheggiatori e finanziatori di Hamas.

(Informazione Corretta, 5 aprile 2009)

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Gattegna: "Il raduno di Forza nuova sfida alla democrazia"

MILANO - L'Ucei esprime "la sua più viva preoccupazione" per la manifestazione oggi in programma a Milano e parla "sfida contro i fondamenti democratici dello Stato Italiano". Si tratta, dice il presidente Renzo Gattegna, "di un evento pericoloso sul piano ideologico e politico, del quale non viene negata ma al contrario esaltata l'ispirazione razzista e xenofoba. L'iniziativa costituisce una vera e propria sfida contro i fondamenti democratici dello Stato italiano sanciti dalla Costituzione repubblicana che, oltre ad essere scritti e declamati, debbono essere applicati senza incertezze o contingenti valutazioni di mera opportunità". In questo caso, prosegue Gattegna, "non si tratta di garantire libertà di pensiero e di manifestazione, ma al contrario di impedire che i nemici della libertà e della democrazia trovino oggi spazio e collaborazione, e che ospiti sgraditi provenienti da tutta Europa possano illudersi di trovare in Italia una sede dove diffondere ideologie d'odio e di violenza".

(Notiziario Ucei, 5 aprile 2009)

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Nordcorea: Israele, Occidente agisca, segnale per l'Iran

L'Occidente deve reagire con prontezza e con fermezza al lancio del missile nordcoreano per dare un messaggio inequivocabile a Teheran. E' quanto chiede il governo israeliano, secondo cui il regime degli ayatollah sta aspettando di vedere come la comunita' internazionale reagira' alla sfida di Pyongyang per decidere come giocare la partita del discusso programma nucleare. "La comunita' internazionale deve adottare iniziative piu' aggressive perche' oggi l'Iran guarda a quello che gli Stati Uniti e l'Occidente faranno" ha detto Silvan Shalom, vicepremier nel gabinetto di Benjamin Netanyahu, "dobbiamo cambiare modo d'agire e porre fine alla minaccia che viene dalla Corea del Nord, un Paese che, proprio come l'Iran, non puo' dettare le regole del gioco".

(AGI, 5 aprile 2009)

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Tel Aviv farà pagare alla nostra diplomazia il no ai giochi di Pescara

di Davide Giacalone

Adesso dovrebbe essere più chiaro come la tragica leggerezza di Pescara, l'avere accettato il veto contro Israele ai Giochi del Mediterraneo, peserà sul nostro ruolo internazionale. Si è appena insediato il nuovo governo di Netanyahu, che comprende la destra religiosa, ma anche i laburisti, quindi la sinistra. È un governo, insomma, che esclude il partito Kadima, nato da una scissione del Likud, partito di Netanyahu. Quest'ultimo fu ministro alle finanze del governo Sharon (fondatore di Kadima) e fra i due la rottura si consumò quando il governo decise il ritiro da Gaza. Quel giorno si aprì una finestra di pace, che i terroristi palestinesi di Hamas, assieme a quelli libanesi di Hezbollah, hanno fatto di tutto per richiudere.
Le parole del nuovo ministro degli esteri israeliano, il destro Lieberman, sono inequivocabili: inutile parlare di pace, perché così non la otterremo, non ci sentiamo vincolati da accordi firmati da altri governi. Ancora più chiare, e rivelatrici, le parole di Netaniahu: l'idea stessa che gli iraniani possano dotarsi dell'arma atomica toglie qualsiasi sicurezza agli israeliani, pertanto, se non provvederanno gli statunitensi, saremo noi stessi, con qualsiasi mezzo, ad impedirlo. Il riferimento al bombardamento israeliano del reattore iracheno di Osirak, governante Saddam, è evidente. Cinque anni fa Sharon imponeva tappe forzate al processo di pace, che oggi è in coma, come lui stesso.
Qualcuno, adesso, dirà che la colpa è della svolta a destra israeliana, voluta dagli elettori (quella è una democrazia, non lo si dimentichi). In questo modo si confonde la causa con l'effetto. Israele ha visto i palestinesi di Mazen indebolirsi, i terroristi agire indisturbati, sostenuti dall'integralismo islamico e dal cinismo antioccidentale ed antidemocratico, come ha visto gran parte del mondo disinteressarsi. Noi stessi, che ci diciamo amici d'Israele, continuiamo a non dire nulla di significativo sulla minaccia iraniana, impegnati come siamo a ciucciare il loro petrolio, e, per salvare soldi mal spesi, anzi: buttati, per seguire quattro burocrati olimpici, accettiamo anche che gli atleti israeliani siano tenuti fuori dai nostri stadi. È impressionante quanto ragioni miserrime possano guidare decisioni gravemente sbagliate.

(Libero-news.it, 5 aprile 2009)

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Rotschild Boulevard - Tel Aviv ha 100 anni. Non più occidente e non ancora oriente

di Anna Momigliano

Tel Aviv come Beirut. Adesso che la città più popolosa d'Israele ha compiuto cent'anni,
molti hanno colto l'occasione per raccontare i suoi ritmi, il suo spirito libero, la bella
vita, la cultura che sempre reinventa se stessa, la tecnologia futuribile. Io, che di Tel Aviv amo tutto questo, proprio adesso non riesco a togliermi dalla mente Beirut, un viaggio avvenuto pochi mesi dopo quella terribile guerra del 2006. Lasciate le vie che mostravano i segni di esplosioni recenti e di vecchie sparatorie, a pochi metri dalle tendopoli di Hezbollah, la promenade di Beirut mi era sembrata bellissima e inaspettatamente familiare, con tutti quegli alberghi e quelle case bianche un po' trascurate. "Somiglia proprio a Tel Aviv", non ho potuto fare a meno di pensare ad alta voce.
E' un pensiero un po' strano, no? Specie visti i tempi. Eppure nonostante tutto - le
guerre, il sangue, l'odio e la politica - la somiglianza salta all'occhio. Non sono
l'unica a pensarla così: ha avuto la stessa impressione anche una collega che a Tel Aviv vive circa da un decennio. Poche settimane dopo il mio viaggio, nel suo reportage realizzato da Beirut per la televisione israeliana (e che come potrete immaginare le ha causato non pochi guai), anche la giornalista Lisa Goldman ha raccontato pure lei: com'è strano pensare che due città così divise dagli eventi, viste da vicino si somigliano tanto. Più recentemente ho scoperto che anche Oriana Fallaci, nel suo bellissimo romanzo autobiografico "Un Uomo", aveva notato la somiglianza: "Tel Aviv o Beirut, non più occidente e non ancora oriente". Forse il fascino sta tutto qui.

(Notiziario Ucei, 5 aprile 2009)

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Pirateria: sventato attacco contro cargo israeliano

Un attacco dei pirati che operano al largo della Somalia contro un mercantile israeliano è stato sventato oggi grazie all'intervento di un aereo del Cento internazionale contro la pirateria. Lo ha reso noto il ministero degli esteri israeliano, precisando il cargo Africa Star, battente bandiera maltese ma appartenente alla compagnia israeliana Zim, è stato intercettato e inseguito da un'imbarcazione pirata mentre era in navigazione nel Golfo di Aden. Su segnalazione della compagnia, è stato lo stesso ministero a allertare il 'Piracy reporting center'. Il Centro ha subito inviato un aereo sul posto e gli aggressori si sono dati alla fuga. I pirati che operano al largo della Somalia lo scorso anno hanno attaccato oltre 130 navi, con un aumento del 200 per cento rispetto al 2007. Per contrastare la recrudescenza del fenomeno, diversi paesi hanno inviato navi da guerra nella zona.

(L'Unione Sarda, 4 aprile 2009)

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A casa mia si chiama complicità

di Ugo Volli

Scusate, proviamo a ragionare. Ci siamo troppo abituati all'orrore: dobbiamo fermarci, tirare il fiato e provare a ragionare. Dunque: un tale, travestito da ebreo ortodosso per essere indistinguibile dagli abitanti, entra in un villaggio (i giornali italiani dicono tutti "colonia", ma Bat Ayn è al di là della linea verde ma solo un paese senza speciali difese). Si è portato dietro due accette. Dato che è un vigliacco, non se la prende con gli adulti, ma si scatena contro due bambini. Ne ammazza uno, l'altro riesce solo a ferirlo. Immaginate il sangue che sprizza da tutte le parti: una scena tramenda . Poi un passante gli salta addosso per fermarlo e lui scappa, per ora senza essere ripreso. Orribile, ma non pazzesco: il paese è isolato, lui c'è venuto apposta, si è travestito, sapeva come fuggire: non un atto di follia ma un orribile omicidio premeditato.
I palestinesi come reagiscono? Rivendicano: due gruppi, la jihad islamica (che ha legami con Al Fatah) e una "brigata" dedicata a un certo macellaio di Hezbollah ucciso l'anno scorso a Damasco di nome Mughniyah. Hamas naturalmente giustifica e approva ("l'attacco è stata compiuto nel quadro della resistenza"). L'autorità palestinese, che di solito in questi casi pronuncia una dissociazione formale, questa volta non fiata. L'ammazzamento di un bambino è normale anche per loro. Magari qualcuno avrà offerto da bere, come spesso succede dopo gli attentati. E qui la differenza è grande: Israele ha sempre espresso dispiacere quando le è successo di colpire i bambini, ha fatto inchieste, aperto dibattiti sui giornali. I palestinesi, tutti i palestinesi, sono contenti. Spesso dopo gli attentati, offrono caramelle ai passanti, fanno festa. Dite che è solo una differenza psicologica o formale? No, è diverso sapere che in guerra purtroppo possono rimetterci gli innocenti o gioire per il sangue versato. C'è tutta la differenza fra civiltà e barbarie, fra l'autodifesa e l'odio selvaggio.
E i giornali italiani? Chi in maniera diretta come Battistini sul "Corriere", chi in modo più subdolo come "Repubblica" o "L'Unità", hanno attribuito la colpa a Liberman e al nuovo governo israeliano. E' chiaro il senso, no? "Non volete la pace, tenetevi gli attentati, ben vi sta." Sapete come si chiama questo atteggiamento, a casa mia? Complicità. Anche per loro il sangue innocente non è molto importante, conta la distinzione fra destra e sinistra, l'ideologia. Che miseria.

(Informazione Corretta, 4 aprile 2009)

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Karzai fa marcia indietro sulla legge che legalizza gli stupri coniugali

Dopo le proteste internazionali il presidente afghano si dice pronto a rivedere la controversa legge.

MILANO - Il presidente afghano Hamid Karzai ha ordinato un' urgente revisione della legge che legalizza lo stupro all'interno del matrimonio e proibisce alle donne di uscire senza il permesso del marito. Una legge che è stata definita «talebana» dagli attivisti per i diritti umani e ha provocato forti proteste da parte dell'Onu e della comunità internazionale. Pur annunciando la modifica della legge, Karzai ha affermato in una conferenza stampa a Kabul che «Le preoccupazioni dei nostri alleati e della comunità internazionale sono comprensibili, ma possono essere dovuti a una traduzione imprecisa o a un'errata interpretazione della legge». I critici hanno affermato che il presidente Karzai ha firmato in fretta la legge allo scopo di garantirsi l'incerto voto della comunità sciita -determinate per la vittoria- nelle cruciali elezioni del 20 agosto.

LE PROTESTE - La decisione segue le pressioni internazionali e le dichiarazioni di Jaap de Hoop Scheffer, ex-segretario generale della Nato, che in un'intervista di venerdì alla BBC aveva espresso la sua preoccupazione per l'approvazione della legge affermando che non è possibile giustificare presso l'opinione pubblica occidentale, che truppe straniere muoiano in difesa dei diritti umani in Afghanistan, quando questi diritti vengono violati dalle stesse leggi in vigore nel paese. In reazione alle critiche internazionali, Karzai ha quindi ordinato al ministro della giustizia di rivedere la legge, che riguarda il diritto di famiglia interno della comunità sciita afghana, minoritaria nel paese, con circa il 10% della popolazione. Il presidente ha garantito che se la legge contiene elementi contrari alla costituzione afghana o alla Sharia ( la legge islamica) «verranno prese delle misure e dopo aver consultato gli ulema il provvedimento sarà rinviato in Parlamento ». Sabato il primo ministro inglese Gordon Brown ha discusso della questione in una telefonata al presidente Karzai, esprimendo la sua «preoccupazione». Anche il ministro degli esteri italiano Frattini ha condannato la legge e il presidente francese Sarkozy ha dichiarato al summit della Nato che «non transigeremo su questo: chiediamo una nuova delibera del parlamento che si conformi alla costituzione afgana". Tra i più severi anche il presidente americano Barack Obama che aveva chiesto a Karzai di ritirarla.

(Corriere della Sera, 4 aprile 2009)

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Israele - Sdegno per ministre oscurate da stampa religiosa

Limor Livnat e Sofa Landver coperte da macchie nere o foto di colleghi

GERUSALEMME, 4 apr. - Le dirette interessate preferiscono non commentare ma tra gli israeliani laici ha generato sdegno, e qualche commento ironico, la manipolazione che due settimanali dell'ebraismo ultraortodosso, "Shaa Tova" e "Yated Neeman", hanno fatto della foto di gruppo del nuovo governo israeliano. Su disposizione dei rabbini ultraortodossi, che vietano severamente la pubblicazione di figure femminili, le immagini delle ministre Sofa Landver (immigrazione) e Limor Livnat (cultura e sport) sono state oscurate con macchie nere o coperte con quelle di colleghi maschi che, pertanto, appaiono due volte nella stessa foto. L'"oscuramento" delle due donne ministro e' stato accolto con sdegno non solo nella laica Tel Aviv ma anche nella piu' religiosa Gerusalemme dove gli ebrei non praticanti hanno colto l'occasione per denunciare le imposizioni dei rabbinati ad ogni livello della vita pubblica e le discriminazioni contro le donne. "Viviamo nell'era di internet e della globalizzazione ma per queste persone (gli ultraortodossi, ndr) il mondo e' rimasto fermo a centinaia di anni fa", ha detto ad Apcom Eric Hollander, un'insegnante di letteratura comparata. Una impiegata, Leah Volkov, si e' detta "preoccupata dall'atteggiamento degli ortodossi che non considerano le donne uguali agli uomini". Il problema delle immagini oscurate delle donne impegnate in politica da parte dei giornali religiosi non e' nuovo. Si e' posto nelle scorse settimane anche per la candidatura a primo ministro della signora Tzipi Livni, leader del partito Kadima ed ex ministro degli Esteri. La Livni non ha coronato il suo sogno di diventare la seconda donna premier della storia di Israele (la prima ed unica, sino ad oggi, e' stata Golda Meir) ma se le cose fossero andate in modo diverso, centinaia di migliaia di ultraortodossi non ne avrebbero mai visto il volto e, comunque, non avrebbero potuto identificarla poiche' non guardano la tv e non leggono i quotidiani nazionali, mezzi d'informazione che considerano "immorali". Lo scorso autunno, appena eletta nuovo leader di Kadima, la Livni provo' su incarico del presidente Shimon Peres, a dare vita a un nuovo esecutivo ma il suo tentativo non ando' a buon fine anche per la contrarieta' degli ultraortodossi del piccolo partito del Giudaismo Unito nella Torah, in quel momento decisivi per la formazione del governo. "Non e' facile esser parte di un governo non guidato da un uomo", commento' Joseph Shalom Elyashiv, leader spirituale del partito, citato dal quotidiano Maariv. L'essere donna e le richieste eccessive di un altro partito religioso, lo Shas, costrinsero la Livni a gettare la spugna.

(Apcom, 4 aprile 2009)

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Israele, dalle foto del nuovo governo scompaiono le due ministre

Il governo Netanyahu
TEL AVIV (3 aprile) - Scomparse le due donne ministro del nuovo governo di Benyamin Netanyahu nella foto di gruppo subito dopo l'insediamento dell'esecutivo. Oscurate o addirittura sostituite da due colleghi uomini che così appaiono due volte. Le foto così alterate sono state pubblicate su due giornali: la prima sul settimanale ortodosso Shaà Tova, la seconda sul quotidiano ortodosso Yeted Neeman. Le due donne che non "meritavano di apparire" sono Limor Livnat, ministro della cultura e dello sport e Sofa Landver, ministro dell'immigrazione. La redazione di Shaà Tova ha spiegato di aver dovuto intervenire sulla fotografia del nuovo governo israeliano perché i rabbini ortodossi vietano, per ragioni di modestia, di pubblicare figure femminili.

(Il Messaggero, 3 aprile 2009)

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Forza nuova - Giovani ebrei d'Italia: manifestazione intollerabile

"Chiediamo a tutte le istituzioni milanesi una ferma condanna"

MILANO, 3 apr. (Apcom) - Si moltiplicano le prese di posizione che intendono impedire il convegno dell'organizzazione di estrema destra "Forza nuova" previsto per il domenica prossima 5 aprile a Milano.
Una condanna ferma della manifestazione da parte di tutte le istituzioni milanesi giunge oggi dal presidente dell'Unione giovani ebrei d'Italia, Daniele Nahum. "In un momento - afferma Nahum - in cui sono più che mai necessari lo sviluppo del dialogo e il richiamo alla tolleranza e in cui si avverte un risveglio preoccupante di antisemitismo e il dilagare dell'anti islamismo, una manifestazione come quella di Forza nuova, che affonda le sue radici nella cultura della violenza non può essere tollerata e passata sotto silenzio".
Nella nota diffusa alla stampa, il presidente dell'Ugei, esprime apprezzamento per il presidente della Provincia di Milano, Filippo Penati "che ha tenuto verso la manifestazione una posizione ferma. Auspico che anche tutte le altre istituzioni milanesi esprimano la stessa ferma condanna".
Inoltre, secondo quanto comunicato dall'Associazione culturale Punto Rosso, quest'ultima, insieme alla Cgil di Milano, l'Arci e alla Casa della Cultura, si sono fatte promotrici di una diffida rivolta alle autorità, il prefetto di Milano in primo luogo, per la cancellazione della manifestazione-convegno di "Forza nuova" a Milano, "offesa alla ragione, alla memoria, alla convivenza democratica e civile, alla città medaglia d'oro della Resistenza".

(Virgilio Notizie, 3 aprile 2009)

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Ebrei italiani: un giornale nazionale

La conferma delle voci dei giorni scorsi è venuta da un messaggio di Renzo Gattegna, Presidente dell'Unione della Comunità Ebraiche Italiane, su "Moked", il portale ufficiale dell'ebraismo italiano, in funzione da qualche mese.

Ecco il testo dell'articolo apparso sul sito ufficiale dell'ebraismo italiano:

"L'approvazione da parte del Consiglio dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane aperto ai Presidenti di Comunità, che si è tenuto a Livorno lo scorso 15 marzo, del progetto di un giornale ebraico nazionale, capace di dare forza e risalto all'identità e alle idee di tutti gli ebrei italiani, nel rispetto delle autonomie locali, della pluralità delle opinioni e delle diverse identità di cui è composta la realtà ebraica italiana, ha suscitato in questi giorni numerose reazioni, interrogativi e persino indiscrezioni apparse su organi nazionali di informazione....

(La Stampa, 3 aprile 2009)

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Il Guardian pubblica la fustigazione di una diciasettenne in Afghanistan

Donne in burqa
Il Guardian ha pubblicato sul suo sito il filmato di una ragazza frustata dai Talebani in Afghanistan.
La ragaza è accusata di relazioni illecite, a opera di un gruppo di talebani intenzionati a far rispettare la legge islamica nella Valle di Swat. Nel video, della durata di poco più di due minuti, si vede un talebano a volto coperto che infierisce con 34 frustate sulla giovane, tenuta ferma a terra da altri due uomini.
Intorno alla giovane, della quale si sentono le grida mentre viene punita, è radunata una piccola folla di uomini che assiste inerme allo spettacolo. "Vi prego fermatevi", urla la ragazza, evidentemente sofferente per i violenti colpi ricevuti.
Fustigazione per chi ha rapporti sessuali fuori dal matrimonio, taglio della mano per i ladri e lapidazione degli adulteri sono le pene introdotte nel sistema giudiziario della Valle di Swat, distretto della provincia pakistana della frontiera nord-occidentale, dove da circa un mese è in vigore la sharia (legge islamica), in base all'accordo di pace stipulato tra il governo e i talebani cosiddetti 'moderati'.
Raggiunto al telefono, Muslim Khan, il portavoce dei talebani di Swat, ha rivendicato il diritto a fustigare la giovane in base alla sharia. Khan ha dichiarato che "la ragazza è uscita di casa con un ragazzo che non era suo marito, per questo abbiamo dovuto punirla" e ha concluso che "ci sono limiti che non possono essere oltrepassati".

(RaiNews24, 3 aprile 2009)

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Adesso la Jihad islamica uccide a colpi d'ascia

di Anna Momigliano

HEBRON. Torna a farsi incandescente la situazione in Cisgiordania. Un palestinese si è infiltrato nell'insediamento ebraico di Bat Ayn e ha assassinato un ragazzo di 13 anni ferendone uno di 7. A Gerusalemme il ministro Avigdor Lieberman viene interrogato dalla polizia per sette ore.

Due bambini, Shlomo e Ofer, tredici e sette anni appena. Ieri due ragazzini israeliani sono stati aggrediti a colpi d'ascia da un uomo palestinese, in una colonia della Cisgiordania. Il più grande si chiamava Shlomo Nativ ed è morto quando i soccorsi erano appena arrivati. Il più piccolo, Ofer Gamliel, è stato trasferito d'urgenza all'ospedale di Hadassah, a Gerusalemme: versava in condizioni gravi, quando le pagine di questo giornale sono state chiuse, e la polizia stava ancora cercando l'assassino....

(Il Riformista, 3 aprile 2009)

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«Fantasmi del passato Una ferita per Milano»

Leone Soued
«Rammarico» ma anche inquietudine. Così gli ebrei di Milano accolgono la notizia del raduno europeo dell'ultradestra a Milano. «Apprendo con rammarico della partecipazione di molti negazionisti della Shoah - commenta il presidente della comunità ebraica Leone Soued - anche perché l'aspetto internazionale dell'evento porta un rilievo inaccettabile e negativo alla nostra città».
E l'atteggiamento delle istituzioni? «È comprensibile, ma non accettabile quando si propugna l'antisemitismo». «Per quanto mi riguarda su Forza Nuova sono io il negazionista - commenta Davide Romano, segretario degli Amici di Israele - non esiste né culturalmente né politicamente e noi non temiamo i fantasmi. Non mi metterò a contestarla regalando loro pubblicità. Però chiedo il rispetto delle leggi Mancino e Reale: si presentino a viso scoperto e non diffondano in alcun modo idee basate sull'odio razziale».

(il Giornale, 3 aprile 2009)

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Rassegna stampa araba

Titoli delle prime pagine

ROMA, 3 apr. - Titoli enfatici per i risultati del vertice del G20 di Londra: aiuti, nuove regole per i mercati bancari e fine dei paradisi fiscali: "il G20 entra nella storia con migliaia di miliardi di dollari", apre al Sharq al Awsat; "il vertice salva l'economia del 21esimo secolo", scrive invece al Aharam.

AL SHARQ AL AWSAT - quotidiano panarabo edito a Londra, "Il G20 entra nella storia con trilioni di dollari... E nuovo ordine mondiale", "Il sovrano saudita e Obama discutono gli sviluppi regionali e internazionali", "il vertice ha speso tre volte tanto il minimo proposto dal Fondo monetario", "Soddisfazione mondiale per i risultati... Sarkozy: oltre le aspettative... Merkel: compromesso". "alcune centinaia hanno protestato e la polizia ha arrestato 86 manifestanti". Iraq, "Esercito Usa: tutti i Consigli 'al Shawa' (Risveglio) sono passate sotto il controllo del governo". Tunisia, "candidato alle elezioni presidenziale arrestato e rinchiuso in un ospedale psichiatrico".

AL QUDS AL ARABI - giornale palestinese edito a Londra, G20: "impegno di spendere un trilione di dollari e di stringere il controllo sulle banche per fare fronte alla crisi finanziaria mondiale"; "liste nere per i paradisi fiscali e l'Arabia saudita studia di 'sostenere il Fondo monetario'". "Natnayahu e il colpo di grazia" alla pace, titola 'l'editoriale del direttore sul nuovo governo israeliano, "Lieberman esclude un ritiro dal Golan e la polizia lo interroga per frode e riciclaggio di danaro". Egitto, "i Fratelli musulmani invitano i cittadini ad esprimere la loro rabbia contro il regime con uno sciopero generale per il 6 di aprile". Dialogo palestinese, "la nuova tornata del Cairo termina senza un accordo; Hamas accusa al Fatah di rigidità". Sudan, "Khartoum organizza le prime elezioni dopo 24 anni per il prossimo febbraio". Israele, "gli ultra nazionalisti espropriano una casa in Gerusalemme vecchia e un colone ucciso con un'accetta in Cisgiordania da un palestinese". Giornale turco: "Obama forse incontrerà Khatami durante il suo viaggio in Turchia".

AL HAYAT - giornale panarabo edito a Londra, G20: "Nuovo ordine mondiale e 6 trilioni di dollari per lo sviluppo e per aiuti ai poveri"; "Le borse esultano, ricostruzione delle istituzioni finanziarie mondiali e il petrolio sale di 4 dollari". Il Re saudita "Abdullah e Obama affrontano il risveglio dell'economia e la realizzazione di una pace giusta e totale nell'area" mediorientale. "Al vertice Nato di oggi, Washington attende il contributo degli alleati europee in Afghanistan". "Il Sudan rinvia le elezioni al 2010 e dà il benvenuto al 'cambio' nel linguaggio Usa". Iraq, "timori da un ritorno dei leader dei consigli del Risveglio ai loro vecchi amici (al Qaida) per evitare le persecuzioni giudiziarie".

AL AHRAM - quotidiano egiziano semi ufficiale, dedica l'apertura alle reazioni per l'insediamento del nuovo governo israeliano di destra: "Egitto, America e Europa ammoniscano Israele dall'ignorare gli impegni di pace, Washington ribadisce il vincolo dei due stati per risolvere il conflitto, l'Ue minaccia di congelare le relazioni con Tel Aviv", e il ministro degli Esteri egiziano, "Abu al Gheith: la destra ultra nazionalista di Israele porterà alla caduta della pace e chi lederà gli interessi dell'Egitto dovrà assumerne le conseguenze". "Il vertice del G20 salva l'economia del 21esimo secolo immettendo 5 trilioni di dollari entro il 2010 per fare fronte alla crisi economica mondiale", il premier britannico "Brown: fine dei tranquilli paradisi fiscali nel mondo e lista nera per gli stati che non collaborano".

(Apcom, 3 aprile 2009)

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Coppa Davis: la Svezia multata per il match a porte chiuse con Israele

E Malmoe non potrà ospitare partite per i prossimi cinque anni

LONDRA, 2 apr. - Il comitato della Coppa Davis ha sanzionato con 25.000 euro di multa la Svezia e proibito alla città di Malmoe di ospitare gare per i prossimi cinque anni per la decisione di disputare a porte chiuse il match contro Israele del mese scorso. La federazione svedese decise di non ammettere gli spettatori agli incontri per motivi di sicurezza. La scelta aveva suscitato molte critiche, poiché era stata vista come un cedimento di fronte alle minacce di violenza da parte di gruppi anti-Israele. Il comitato della Davis ha disposto oggi che, in caso di situazioni simili, in futuro la Svezia non potrà godere della scelta dell'impianto dove far disputare le partite. Il match del mese scorso, valido per il primo turno, era stato vinto 3-2 da Israele.

(Apcom, 2 aprile 2009)

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Jenin, minacce di morte a un'insegnante di musica palestinese

Aveva fatto suonare i bambini a un concerto per l'Olocausto

ROMA, 2 apr. - Un'insegnante di musica, direttore di un'orchestra giovanile, è stata scortata dalla polizia palestinese fuori dalla Cisgiordania, perché "la sua vita sarebbe in pericolo". Wafa Younis, un'araba-israeliana di cinquant'anni, è stata minacciata di morte da alcuni genitori palestinesi dei campi profughi di Jenin, per aver fatto suonare i loro figli ad un concerto organizzato per i sopravvissuti dell'Olocausto, spiega oggi il quotidiano britannico The Independent. Il colonnello della polizia palestinese, Raid Assaida, responsabile della sicurezza a Jenin, ha mandato i suoi uomini a "prelevare" l'insegnante prima che entrasse nel campo profughi, dove lavora con la sua orchestra da ormai sei anni: "Le ho detto di non entrare nella zona di Jenin per garantire la sua sicurezza". "Ha usato bambini innocenti a scopi politici, invece di portarli a suonare, li ha fatti partecipare a una giornata di commemorazione per l'Olocausto. Ha sfruttato i nostri bambini", denuncia il leader del comitato popolare del campo profughi di Jenin. Per molti palestinesi l'attenzione rivolta verso i milioni di ebrei sterminati nei campi di concentramento durante la Seconda guerra mondiale non è altro che un tentativo di Israele di distogliere l'attenzione verso l'occupazione dei territori palestinesi.

(Apcom, 2 aprile 2009)

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Un'olimpiade della pace in Italia. Intervista ad Alessandro Schwed

Alessandro Schwed
Una piccola olimpiade della pace tra le comunità ebraiche e palestinesi d'Italia per combattere l'inerzia e il silenzio. E iniziare, tutti insieme, a costruire la pace in Medio Oriente. A lanciare la proposta è lo scrittore Alessandro Schwed che in un articolo sul Foglio chiama ebrei e palestinesi, maggioranza e opposizione, forze sociali e culturali a un'azione capace di scavalcare le divisioni tra le due comunità e di coinvolgere nel profondo l'opinione pubblica. La suggestione giunge nell'imminenza dei Giochi del Mediterraneo che a Pescara vedranno l'esclusione sia degli atleti israeliani sia di quelli palestinesi ("un'occasione persa", dice Schwed). Ma travalica la dimensione dell'attualità per entrare nel vivo dei valori su cui poggia la pace: il senso dell'altro, l'azione quotidiana, la comprensione e l'accettazione reciproche. A partire dalla concreta esperienza della Comunità Ebraica di Firenze.

- Alessandro Schwed, com'è nata l'idea dell'olimpiade di pace?
- Il 18 marzo ero a Coverciano, a un incontro organizzato dall'associazione Italia Israele intitolato "Lo sport come ponte tra due popoli". Tra i presenti vi erano Daniela Misul, presidente della Comunità ebraica di Firenze ed Izzedin Elzir, presidente della comunità islamica fiorentina, il presidente degli allenatori italiani Renzo Ulivieri e Valdo Spini, figura nobile della politica italiana. In quell'occasione sono circolate tante idee su possibili iniziative a favore della pace. Tornato a casa ci ho riflettuto sopra. Ero rimasto molto colpito dal rapporto cordiale e collaborativo tra la presidente Misul e il presidente Elzir: mi sono detto che si poteva partire da qui per lavorare insieme in direzione della pace.

- Omero c'insegna che durante le Olimpiadi le armi tacciono.
- Le gare tra i popoli sono una pausa risanatrice. Lo sport è infatti capace di riconsegnarci a una dimensione di profonda umanità. Quando guardiamo le Olimpiadi e vediamo gareggiare fianco a fianco un americano, un cinese e un cubano ci rendiamo conto che quei popoli non sono di per sé lontani, che a separarli è la politica. Se non ritroviamo questa misura non siamo in grado di capire che la pace è il senso dell'altro.

- Ma qui l'ambizione va al di là di una pausa durante il conflitto.
- La pace è fatta di minuziosi atti quotidiani ed è un vento che può travolgere l'inerzia. Un'olimpiade della pace che raccogliesse ebrei e palestinesi, con il sostegno di tutte le forze politiche, sociali e culturali del nostro Paese, avrebbe il senso di un'opera collettiva voluta da tutti.

- Ma è davvero così grave l'esclusione d'Israele dai Giochi del Mediterraneo?
- Per noi ebrei italiani ha un significato molto particolare perché ci riporta a una storia tremenda che in questo paese vide negati agli ebrei i diritti civili. E ancor più tremendo è il fatto che questa mancata partecipazione si verifichi di fatto in una sorta d'inerzia e indifferenza collettive, senza che si riesca ad andare al di là delle buone intenzioni.

- Il ministro Frattini ha auspicato che Israele possa essere presente alla prossima edizione, fra quattro anni.
- Dobbiamo fare uno sforzo per riempire di speranza questo tempo, da protagonisti. Dobbiamo rimetterci nella condizione di sperare e di sognare. Dobbiamo far vedere una qualità ebraica della pace uscendo dal nostro torpore.

- Dove potrebbe svolgersi l'Olimpiade della pace?
- La immagino a Firenze, ad accendere i riflettori sulla cordialità che lega la comunità ebraica e la palestinese. Senza un valore spettacolare ma con un significato spirituale altissimo.

- Quali saranno i prossimi passi?
- Al momento non vi è alcuna iniziativa concreta in campo. Il mio è un piccolissimo mattone alla costruzione della pace. Spero davvero che le Comunità ebraiche italiane non lascino cadere l'idea. D.G.

(Notiziario Ucei, 2 aprile 2009)

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Terrorismo: indagato imam di Vicenza, 26 perquisizioni

VENEZIA, 2 apr. - La Digos della Questura di Venezia, con il coordinamento operativo della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione - Ucigos, ha eseguito questa mattina 26 perquisizioni domiciliari nei confronti di stranieri, in maggior parte algerini, dimoranti nelle province di Vicenza, Venezia, Padova, Brescia, Firenze, Caserta, Como, Cuneo e Trento, indagati dalla Procura della Repubblica di Venezia nell'ambito di un procedimento penale per l'ipotesi di reato di associazione con finalita' di terrorismo internazionale nonche' per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e ricettazione. L'operazione giunge al termine di un'indagine avviata dalla Digos di Venezia a partire dal marzo del 2007 in direzione di ambienti integralisti islamici gravitanti intorno alla moschea di via dei Mille a Vicenza, guidata da un imam yemenita anch'egli indagato. Il particolare interesse investigativo dell'inchiesta deriva, tra l'altro, dal fatto che nel luogo di culto vicentino erano approdati tre estremisti algerini, simpatizzanti dell'ideologia Takfir, tutti provenienti da Napoli, dove erano stati gia' coinvolti, a diverso titolo, in attivita' di falsificazione documentale a sostegno di gruppi jihadisti. Le indagini della Questura di Venezia, sviluppate capillarmente anche in ambito internazionale, hanno documentato il notevole fanatismo ideologico-religioso di alcuni degli indagati. Uno di essi, in particolare, celebrando il "martirio" come modello di lotta e indicandolo come la strada da seguire nel conflitto islam-occidente, e' giunto a giudicare gli attentati dell'11 settembre 2001 una "prova" della grandezza dell'Islam. L'attivita' investigativa condotta ha evidenziato, inoltre, come diversi tra gli stranieri indagati non solo auspicassero la caduta dell'attuale Governo algerino, ma fossero altresi' animati da profondo rancore nei confronti degli italiani, degli ebrei nonche' da aperto disprezzo della cultura occidentale.Dalle indagini svolte dalla Digos della Questura di Venezia e' inoltre emersa l'esistenza di una rete - gravitante attorno ad un imam di una moschea del casertano - di supporto logistico in favore di clandestini provenienti dall'area magrebina, ai quali venivano offerti ospitalita', assistenza economica e documenti contraffatti per permanere sul territorio nazionale ovvero per spostarsi agevolmente in area Schengen.

(AGI, 2 aprile 2009)

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Il governo Netanyahu

di Sergio Della Pergola,
demografo Università Ebraica di Gerusalemme

Il quotidiano vilipendio di Israele è una brutta abitudine di certa stampa, ma ogni tanto anche Israele deve fare la sua autocritica. Il nuovo governo Netanyahu esprime un sistema politico troppo frammentato e instabile per poter dare le risposte forti che i molti e urgenti problemi all'ordine del giorno richiederebbero. Dopo le ultime elezioni esistevano diverse formule possibili di governo. In funzione di quali criteri sono state compiute le scelte di Bibi? Cinque le possibili sfere di riferimento: le indicazioni della politica mondiale e delle grandi potenze, le condizioni regionali del Medio Oriente, il bene della società israeliana nel suo complesso, gli interessi globali del popolo ebraico e le esigenze dei partiti politici. La nuova compagine governativa nasce soprattutto in quest'ultimo senso auto-referente. Trenta ministri e sette sottosegretari di sei diversi partiti costituiscono più della metà dell'intera coalizione parlamentare (inclusi i cinque franchi tiratori) e danno vita a un governo costoso e litigioso. La scissione dei portafogli in nano-dicasteri crea sovrapposizioni, con quattro addetti alla difesa, quattro alla pubblica istruzione e alla cultura, due agli esteri, e due alle telecomunicazioni. Sugli interessi dell'ebraismo mondiale non una parola, salvo la designazione (assolutamente degna) di Yuli Edelstein a ministro per la Diaspora. Il secondo governo Netanyahu parte con un indice di gradimento del 30% e sono in pochi a credere che potrà completare il quadriennio parlamentare. Comunque, auguri.

(Notiziario Ucei, 2 aprile 2009)

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Sondaggio: 73% dei palestinesi vuole un governo di unità nazionale

Il 64% ha fiducia in Abu Mazen, solo 9% dice che voterebbe Hamas

ROMA, 2 apr. - Il 64% dei palestinesi della Cisgiordania e della striscia di Gaza ha fiducia nel presidente dell'Anp, Abu Mazen, secondo un sondaggio d'opinione condotto dall'istituto 'Middle Est Consulting' e pubblicato stamane dal quotidiano panarabo edito a Londra, al Sharq al Awsat. Dall'indagine, condotta tra il 28-30 marzo scorso su un campione rappresentativo della popolazione nei Territori, risulta inoltre che il 73% dei palestinesi chiede "un governo d'unità nazionale" che aggiunti a altri 16% che preferiscono "un governo di compromesso", rivela la plebiscitaria volontà a porre fine al conflitto in atto tra le due principali fazioni palestinesi Hamas e al Fatah. Se le elezioni legislative si tenessero "la prossima settimana", sarebbe una disfatta per il movimento radicale islamico Hamas che otterrebbe solo il 9% delle preferenze contro 31% per i rivali al Fatah e 13% per altre liste. Tuttavia, solo il 47% del campione intervistato ha detto che andrebbe alle urne. In un confronto tra i maggiori candidati palestinesi per la presidenza il più votato risulta Marwan al Barghouti, l'esponente di al Fatah detenuto in un carcere in Israele. In un eventuale ballottaggio con Abu Mazen, al Barghouti vincerebbe con il 56%. Contro il premier del governo Hamas, Ismail Haniyah, il vantaggio di al Barghouti sarebbe ancora più marcato con una preferenza del 69%.

(Apcom, 2 aprile 2009)

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Hezbollah usa i cartelli della droga messicani per sconfinare negli Usa

E' da Laredo, in Texas, al confine con il Messico, che transitano gli uomini di Hezbollah diretti negli Stati Uniti. El Paso e San Diego sono altri due punti di accesso usati dal "Partito di Dio" per raggiungere le città degli Usa e muoversi a nord verso il Canada. Sono le stesse rotte in mano ai cartelli del narcotraffico messicano.
Hezbollah usa il traffico di droga e dei clandestini per finanziare le sue operazioni e minacciare la sicurezza nazionale americana, spiegano la magistratura, gli esperti della difesa e del controterrorismo Usa. Secondo la Drug Enforcement Administration (DEA), "Mafiosi messicani e terroristi di Hezbollah lavorano insieme. In un modo o nell'altro sono connessi e stanno rafforzando la loro alleanza per avere dei benefici comuni"....

(l'Occidentale, 2 aprile 2009)

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Notizie archiviate

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