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Notizie dicembre 2008

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Gaza: Hamas, "La vittoria è vicina"

Il leader di Hamas Ismail Haniyeh, in un discorso trasmesso in tv, ha detto questa sera ai palestinesi che il movimento integralista che controlla la striscia di Gaza uscirà vittorioso dal conflitto con Israele. "Noi diciamo al popolo palestinese a Gaza e in ogni altro posto - ha proclamato Haniyeh - che sarà vittorioso. La vittoria è vicina, con la volontà di Dio, ed è più vicina di quanto si possa pensare".

(L'Unione Sarda, 31 dicembre 2008)

COMMENTO - “La vittoria è vicina!” sostiene il leader palestinese di Hamas, che adesso probabilmente se ne starà nascosto da qualche parte per proteggersi dai missili israeliani. E’ la tipica euforia degli invasati politico-religiosi che si nutrono di illusioni e si condannano a restare imprigionati nell'irrealtà. Una persona che ha vissuto a Berlino gli ultimi giorni della dittatura nazista ha lasciato questa testimonianza, vissuta personalmente:

«Il 12 aprile 1945, nella nostra zona di Tempelhof si poteva già sentire il rombo di artiglieria del fronte orientale che si avvicinava a Berlino. Un “Ordine del Führer” duplicato a mano, che era stato attaccato anche ad una staccionata vicino a noi, diceva che “in attesa dell’immancabile imminente vittoria finale” tutti i cittadini, anche ragazzi e casalinghe dovevano armarsi, tra l’altro, con “coltelli di cucina” (così letteralmente!). Abbiamo letto questo con un misto di orrore e intimo divertimento.»

Chissà, forse alle autorità naziste di quel tempo è mancato qualcuno che proponesse loro di aprire un dialogo. M.C.

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Gli israeliani sfoderano l'ultima arma: un colpo di telefono prima delle bombe

Squilla il telefono e dall'altra parte della cornetta parte una voce registrata. Non si tratta di un messaggio promozionale per la vendita di un set di pentole o di un corso accelerato sui computer. La voce, in arabo perfetto, manda un avvertimento: «Se nascondi armi o terroristi diventerai un obiettivo dell'aviazione israeliana». In qualche caso però l'avviso è ancora più inquietante: «Lascia subito il tuo appartamento perché presto verrà bombardato»....

(il Giornale, 31 dicembre 2008)

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"L'Angela custode" di Gerusalemme

Angela Merkel inchioda Hamas e delegittima gli euroballetti su Gaza

La responsabilità della crisi che ha portato alle operazioni militari israeliane nella Striscia di Gaza è "unicamente ed esclusivamente" di Hamas. Lo dice con estrema chiarezza Angela Merkel, che schierando la Germania con Israele annichilisce sul nascere i tradizionali tentativi dell'eurocrazia di dare un colpo al cerchio e uno alla botte. D'altra parte è stato propio l'annacquamento dell'originaria fermezza nei confronti di Hamas da parte della comunità internazionale uno dei motivi che hanno condotto all'attuale situazione. Quasi nessuno ricorda che esattamente tre anni fa il "quartetto" (Usa, Russia, Unione europea ed Onu) che doveva vigilare sulla road map stabilì che "un futuro governo dell'Autorità palestinese non dovrà includere membri che non siano impegnati al rispetto del principio del diritto di Israele a esistere in pace e che non abbiano rinunciato alla violenza e al terrorismo". Il mese dopo Hamas vinse le elezioni e di quei saggi propositi non restò molto, se non un condizionamento all'erogazione degli aiuti europei europei ai palestinesi, deciso su impulso della Germania. Dopo il colpo di stato col quale Hamas si è impadronito di Gaza espellendo i rappresentanti legittimi dell'autorità nazionale, la tendenza a riconoscere e quindi ad accettare il fatto compiuto si è estesa, tanto che Massimo D'Alema insiste tuttora a richiedere la legittimazione internazionale del gruppo terroristico come interlocutore indispensabile. La cancelliera tedesca, invece, fa intendere che la condizione per la coesistenza in medio oriente è la sconfitta definitiva di Hamas, e per fortuna la sua opinione pesa di più di quella di un ex ministro degli Esteri italiano. E' utile soccorrere umanitariamente i palestinesi di Gaza tenuti in ostaggio da Hamas, forse anche dare qualche possibilità alla mediazione turco-egiziana in seno al mondo islamico, purché non ci si discosti di un millimetro dalla denuncia fermissima della responsabilità esclusiva di Hamas, che deve pagare fino in fondo il prezzo della sua politica criminale.

(Il Foglio, 31 dicembre 2008 - ripreso da Informazione Corretta)

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L'Europa capisca, è una guerra al terrorismo

di Fiamma Nirenstein

Perché Israele ci mette tanto a decidere quale strada prendere? Per quale ragione i suoi uomini oliano i motori dei tank sul confine ma non li mettono in moto per cercare di tagliare la Striscia così da impedire ai Kassam e ai Grad di transitare? Perché Israele, salvo che per tre personaggi non di primissimo piano, non ha scelto subito la strada delle eliminazioni mirate dei leader di Hamas, come invece accadde dopo l'ondata terrorista dello Sceicco Yassin e di Abed el Aziz Rantisi?...

(il Giornale, 31 dicembre 2008)

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Gaza - Razzo palestinese colpisce scuola a Beersheva

Non c'erano studenti al suo interno

Roma, 31 dic. (Apcom) - Un razzo di tipo 'Grad' sparato dalla Striscia di Gaza ha centrato oggi in pieno una scuola di Beersheva, in quel momento vuota. Lo riporta il sito web del quotidiano israeliano Haaretz. Poco prima altri due razzi erano esplosi nei pressi della stessa città, che si trova a circa 40 chilometri da Gaza. Hamas ha rivendicato questi attacchi.
Le autorità israeliane hanno ordinato ai residenti di Beersheva di restare nei rifugi anti-missile. Il sindaco della cittadina israeliana, Rubik Danilovich, ha invece decretato la chiusura delle scuole e dell'Università locale. Dall'inizio dell'offensiva tre civili israeliani e un soldato sono rimasti uccisi negli attacchi con i razzi Qassam provenienti da Gaza.

(Virgilio Notizie, 31 dicembre 2008)

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Livni: Hamas è nemico di Israele ma anche dei palestinesi

"Israele è per pace, ma ha detto basta ad attacchi terroristici"

ROMA, 31 dic. (Apcom) - Il movimento radicale palestinese Hamas è "nemico" di Israele ma anche dei palestinesi: a differenza dello stato ebraico, che "desidera la pace", il suo obiettivo è "una guerra interminabile", ma adesso Israele "ha detto basta agli attacchi dei terroristi ed ha deciso di cambiare radicalmente la situazione della sicurezza nel suo paese". A spiegare le ragioni della durissima offensiva israeliana nella Striscia di Gaza è il ministro degli Esteri Tzipi Livni, che in un'intervista al quotidiano El Mundo precisa: "L'unica opzione affinché i palestinesi abbiano una vita migliore in un loro stato è rappresentata dal dialogo (con Israele, ndr) e da una presa di distanza dal cammino del gruppo terrorista Hamas".
Il capo della diplomazia israeliana ha confermato che Israele "continuerà ad attaccare Hamas per garantire la sicurezza dei propri cittadini, dopo sette anni di sofferenze a causa di missili e razzi Qassam" palestinesi. Pur non entrando nel dettaglio della strategia militare e non confermando l'ipotesi di un attacco terrestre, Tzipi Livni ha però insistito sulla necessità di "cambiare radicalmente" la situazione della sicurezza in Israele".
Lo stato ebraico, ha spiegato, "ha annunciato più volte il suo desiderio di prolungare la tregua, che è nell'interesse degli israeliani e dei palestinesi". "L'Egitto, che è intervenuto per mediare la tregua di giugno, ha fatto pressioni su Hamas affinché accettasse di continuare il cessate il fuoco. Altri paesi e numerose personalità hanno fatto altrettanto", ha sottolineato il ministro. "Ma Hamas ha reagito con superbia, ha annunciato la fine della tregua ed ha aumentato i suoi attacchi con missili contro i nostri concittadini. In un solo giorno ne ha lanciati 80. Non ci restava altra alternativa" che una risposta militare, ha aggiunto.
Tzipi Livni si è detta dispiaciuta per il coinvolgimento di vittime civili, cosa che "è sempre dolorosa". "Ma dobbiamo ricordare che quando Israele attacca Hamas, intende sempre evitare la morte di civili, mentre il movimento palestinese prova intenzionalmente ad uccidere i bambini, spara contro i collegi, seguendo la sua ideologia estremista. Noi attacchiamo solo obiettivi militari e installazioni che Hamas adopera per la sua guerra", ha continuato il capo della diplomazia israeliana, che ha concluso: "Israele vuole la pace e per conseguirla deve lottare contro Hamas, la cui visione è quella di una guerra interminabile, di un attacco contro gli israeliani e contro gli stessi palestinesi che non condividono la sua posizione".

(Virgilio Notizie, 31 dicembre 2008)

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Israele, l'esercito sbarca sul Web

Aperto canale con video raid su Gaza

L'offensiva israeliana sulla Striscia di Gaza ha anche una strategia su internet. L'esercito ha aperto il suo canale su YouTube e inserito sul più diffuso sito di condivisione video i filmati dei raid. Un portavoce militare ha spiegato che l'iniziativa ha l'obiettivo di "aiutare gli israeliani a diffondere il loro messaggio nel mondo". Nei dieci video le riprese aeree dei bombardamenti su siti da cui Hamas lancia i razzi contro lo Stato ebraico.
Al quinto giorno di attacchi sulla Striscia, i video in bianco e nero si possono consultare su una pagina di youtube. Le immagini mostrano le azioni su magazzini di munizioni, tunnel e su una sede governativa del movimento islamico palestinese di Hamas.
Per ogni obiettivo viene poi spiegato a cosa corrisponde e a quale scopo era usato dalle milizie palestinesi. La strategia mira anche mostrare la precisione degli attacchi israeliani che negli ultimi giorni sono stati duramente accusati, anche dalle Nazioni Unite, di essere sproporzionati a quelli subiti dopo l'interruzione della tregua da parte di Hamas e di aver causato decine di vittime civili.
Youtube aveva in un primo momento tolto dalle proprie pagine alcuni dei video dell'esercito. Poi li ha rimessi. Sul sito si può leggere una dichiarazione degli ufficiali israeliani che sottolineano il dispiacere "per il fatto che youtube abbia tolto alcuni filmati esclusivi che mostravano il successo dell'operazione Piombo Fuso contro gli estremisti di Hamas". "Fortunatamente", continua la dichiarazione, "grazie al pubblico ed ai blogger YouTube ha ripristinato le pagine precedentemente rimosse".
L'operazione mediatica è stata inoltre estesa al sito di social networking Twitter, dove il conflitto israelo-palestinese è sintetizzato in messaggi di 140 caratteri in cui si spiega in un linguaggio abbreviato adatto agli sms e simile a quello militare, che la guerra non è contro il popolo palestinese ma contro "un'organizzazione definita terrorista dalla stessa Unione Europea".

(TGCOM, 31 dicembre 2008)

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Tra i palestinesi di Nablus: "Hamas costruisce il potere sul sangue del suo popolo"

di Luciano Gulli

Cisgiordania, viaggio tra la maggioranza silenziosa: "Gli israeliani se ne devono andare, ma il muro contro muro non funziona più"

NABLUS - Una coda di un'ora, al check point di Nablus, nei Territori occupati, sotto il cielo arruffato di questa fine d'anno. La solita ressa di taxi gialli e di pullmini collettivi, su un fondale sonoro di clacson fiammeggianti, che fanno avanti e indietro sotto gli occhi arcigni dei giovanissimi soldati di Tsahal. Il solito marasma di uomini e donne che per entrare e uscire dalla città devono sottoporsi a umilianti attese e altrettanto umilianti perquisizioni, tra zaffate di gas di scarico che sporcano questa triste spianata di sassi, di copertoni di camion e di desolante plasticume multicolore.
Quasi un'ora e mezzo di viaggio per coprire la sessantina di chilometri da Gerusalemme, tra olivi, cipressi e fichi spogli, in un paesaggio che spesso somiglia a un teschio spolpato. Ma il viaggio valeva la pena. Perché è qui, nei Territori, quattro giorni dopo l'inizio dei bombardamenti a Gaza, che si riesce a cogliere tutto intero un fenomeno che all'inizio sconcerta, disorienta. Parlo della netta distanza psicologica, perfino sentimentale, che esiste fra i palestinesi della West Bank e quelli di Gaza; tra chi ha scelto di farsi rappresentare dalle barbe incendiarie di Hamas, e ora sta laggiù, a sfangarsela nel carcere a cielo aperto della Striscia arato dai caccia con la stella di David, e quelli di Al Fatah che ha tra queste lande ossute la sua roccaforte. È la "maggioranza silenziosa", borghese, pacifista, consumista, che con Israele ha firmato la pace da anni, in cuor suo, anche se nessuno lo dice perché è politicamente maleducato dirlo.
Non c'è negozio di elettrodomestici, nel convulso centro cittadino dominato dall'immensa cattedrale in cui si officiano i soliti riti di tutti i centri commerciali del mondo, che non ostenti impennate di tv color sintonizzati su Al Arabya o su Al Jazeera. Sugli schermi, nelle dirette sterminate che impiombano mattine, pomeriggi e sere, passano e ripassano le immagini delle devastazioni compiute dai cacciabombardieri israeliani; le facce delle donne, dei bambini travolti dal mostro della guerra. Ma le facce di chi osserva sono neutre, inespressive. Non ci sono pugni chiusi, non slogan minacciosi, non striscioni, non cortei, per le strade di questa città che è il cuore commerciale della West Bank e che dopo il lutto cittadino di rito, a serrande abbassate, si è rituffata con la solita vorace libidine nel business. Basta col sangue, basta con gli ammazzamenti e i kamikaze e le lotte tra fazioni a base di sventagliate di mitra. Basta soprattutto con quelli che vogliono tenere in vita un sistema di potere che sulla legittima aspirazione di un popolo ad avere una terra e uno Stato ha costruito un sistema di potere fondato sul conflitto permanente. Questo dicono anche gli studenti che incontro all'università "An Najah", un presepe di pietra bianca, moderno ed efficiente, formicolante di ragazzi e ragazze attesi dagli esami di fine anno.
E la "terza Intifada"? Che ne è stato della corale rivolta di popolo che partendo dalla Striscia di Gaza avrebbe dovuto mettere in ginocchio Israele? Possibile che stenti così tanto a partire?
«La terza Intifada, se la vogliono fare - mi risponde un po' imbarazzato Farag, 21 anni, studente alla facoltà di Giornalismo (ce n'è una anche a Nablus, ebbene sì)- possono farsela a Gaza quando vogliono. Qui abbiamo già dato. Nessuno vuole rinunciare al sacrosanto diritto di vedere gli israeliani fuori dalla nostra patria, sia chiaro. Ma la tattica del muro contro muro non funziona più. Se Hamas pensa di guadagnare consenso sul sangue di un popolo che già ne ha versato tanto, si sbaglia». Un gruppo di ragazze velate (le femmine sono il 56 per cento degli studenti) annuisce, sposando la linea di Farag.
Kherieh Kharouf, quarantenne direttrice della sezione Affari Internazionali dell'Università, si augura addirittura di «non vederla, questa terza Intifada». Bionda, i capelli raccolti sulla nuca, uno scialle bianco su un vestito nero, la dottoressa Kherieh è netta nei suoi convincimenti. Anche l'università di An Najah, l'anno scorso, è stata teatro di scontri tra fazioni avversarie di studenti, dice sedendo tra un grande ritratto di Arafat e uno di Abu Mazen, in quello che parrebbe il salone principale dell'Ammiragliato britannico ed è invece solo la sala riunioni del Rettorato. Da allora, è deciso. Niente più politica all'università. «Qui si viene per studiare. Condanniamo i fatti di Gaza così come condanniamo tutti i casi di violazione dei diritti umani - dice con sorridente fermezza la signora Kharouf -. Ma all'interno delle mura dell'università il linguaggio che abbiamo deciso tutti insieme di usare è quello dello studio, della riflessione, dell'educazione». Come dire: a Nablus, l'Intifada può attendere.

(il Giornale, 31 dicembre 2008)

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Richiesta di partecipazione alla preghiera

Beit Sar Shalom, un centro ebreo messianico con sede in Berlino, ci ha fatto pervenire una richiesta di preghiera che volentieri traduciamo e diffondiamo.

Cari fratelli,
come credenti messianici siamo naturalmente molto preoccupati per gli sviluppi in Israele e in Medio Oriente. La situazione in quella regione fa crescere il pericolo di attacchi antisemiti in tutto il mondo. Per questo motivo, noi di Beit Sar Shalom, in comunione con alcune delle nostre comunità messianiche, abbiamo deciso di formare una catena di preghiera per la pace in Israele. Invece di rimanere soltanto nervosi o di parlare e imprecare, vogliamo rivolgerci in preghiera nel nome di Yeshua (Gesù) al Dio di Israele. Certamente Dio sa meglio di noi e di tutti i politici qual è la giusta soluzione. Nelle prossime tre settimane, ogni giorno alle 9:00 e alle 21:00, vogliamo pregare insieme in modo specifico per la pace.
Spero che anche per voi la situazione in Israele e intorno a Israele non sia indifferente. Per questo vogliamo chiedervi di unirvi alla nostra preghiera. Yeshua, il Messia d'Israele e Principe della pace, ha detto: "Se due di voi sulla terra si accordano a domandare una cosa qualsiasi, quella sarà loro concessa dal Padre mio che è nei cieli." (Matteo 18:19). La preghiera agisce!!! Uniamoci dunque in preghiera, nelle prossime tre settimane, ogni giorno alle 9:00 e alle 21:00, per la pace in Israele. Il tempo della preghiera consente a persone di diversi continenti di unirsi spiritualmente.
Con un cordiale Shalom da Berlino,

Wladimir Pikman
Direttore di Beit Sar Shalom

P.S. Vorreste gentilmente far conoscere questa catena di preghiera, affinché possa essere raggiunto un numero maggiore di intercessori? Grazie.

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Verità e disinformazione

di Alessandra Fontana.

LUGANO, 30.12.2008 - La storia si ripete. Da settimane Israele si trova nuovamente sotto l'attacco di razzi e colpi di mortaio sparati dai Palestinesi sui civili ebrei: mezzo milione di persone rischiano la vita, le scuole sono chiuse, le attività sospese. Hamas motiva la sua offensiva attraverso i media: i Palestinesi vorrebbero la restituzione della striscia di Gaza, "i territori occupati".
Nel 2005 Sharon, sperando nella pace, ordinò il ritiro di qualunque presenza israeliana da Gaza costringendo i coloni ebrei ad abbandonare le terre fatte fiorire dal deserto (ora ritornate deserto). I costi furono altissimi, e non solo in denaro, i Coloni furono strappati dalle loro case ed i Palestinesi aiutati da Israele in ogni modo, con supporti economici, logistici e sanitari, in modo che potessero installarsi al meglio.
Allora, perché dalla striscia di Gaza, libera ed aiutata, partono comunque attacchi mortali ad Israele? La risposta si trova nello Statuto di Hamas che, prefiggendosi la cancellazione di Israele e del Sionismo, rifiuta (art. 13) qualunque soluzione pacifica.
Hamas vuole la guerra in ogni modo e la porterà avanti fino alla distruzione di Israele. Concentrerà come sempre l'attenzione dei media sui poveri morti palestinesi, che in realta' sono scudi umani ed ostaggi di Hamas, attizzando l'indignazione mondiale. Si procurerà sovvenzioni dalle comunita' internazionali che trasformerà in armamenti. Sobillerà le masse arabe, facilmente infiammate ed educate all'odio antisemita ed anticristiano. La guerra non finirà mai e la colpa sarà sempre data agli Israeliani.
Se si vuole veramente fermare il massacro e contenere il terrorismo internazionale, bisogna fermare Hamas e la follia integralista che lo sostiene.

Associazione Svizzera Israele Ticino

(ticinolibero.ch, 30 dicembre 2008)

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Nell'ultimo anno boom dei reati antisemiti

Improvvisa impennata in Germania dei reati di estrema destra e degli atti di antisemitismo. Il quotidiano Frankfurter Rundschau ha rivelato ieri i dati raccolti dal ministero dell'Interno: nei primi dieci mesi del 2008 i reati a sfondo politico neo-nazista sono stati 11.928 (+30% rispetto ai 9.206 del 2007). Un allarmante incremento è stato registrato anche nei reati a carattere antisemita, passati dai 716 del 2007 ai 797 verificatisi tra gennaio e settembre di quest'anno. L'episodio più grave due settimane fa in Baviera: un neonazista ancora ignoto ha ferito gravemente con una coltellata il capo della polizia di Passau.

(il Giornale, 30 dicembre 2008)

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Quanto durerà l'operazione israeliana a Gaza

L'obiettivo dell'offensiva israeliana contro Gaza? Rioccupare per lungo tempo una parte della Striscia, distruggere la capacità militare di Hamas, indebolire a punto tale la sua forza da permettere dall'Autorità Nazionale Palestinese del Presidente Abu Mazen di ritornare al potere a Gaza, laddove, un anno fa, è stata estromessa con un colpo di stato militare del partito fondamentalista islamico.
Eli Karmon, stratega, direttore dell'Istituto di Politica Internazionale e di studi contro il terrorismo di Hertzlya, è un uomo spesso consultato dal governo israeliano su temi come la sicurezza nazionale. Si schernisce, afferma di non conoscere con precisione i piani dello stato maggiore dell'esercito ma poi, con le sue risposte, fa intravvedere quasi con precisione gli scenari che potrebbero verificarsi nei prossimi giorni, nelle prossime settimane. "L'offensiva di terra, dopo i bombardamenti aerei di questi giorni, sarà inevitabile. Con la decisione di richiamare in servizio 6700 riservisti, schierare i carri armati, ammassare centinaia di soldati ai confini della Striscia, mi sembra evidente che si vada verso una nuova incursione". Ma, spiega l'analista militare, non sarà un touch and go, un mordi e fuggi, come è accaduto nel recente passato. Sarà, come già anticipato da fonti del governo di Gerusalemme, un'operazione destinata a durare nel tempo. La più importante offensiva contro Gaza fin da quella che nel 1967 permise ai carri armati con la Stella di David di conquistare l'intera Striscia, ha scritto il quotidiano Hareetz.
"Non penso comunque che sia intenzione ripetere l'invasione di 40 anni fa. Israele non è interessata a questo. Credo invece che si voglia solo un'occupazione parziale, ma duratura, almeno diversi mesi, allo scopo di creare una sorta di zona cuscinetto con il sud di Israele. E, ripeto, io non conosco i piani nel dettaglio, ma sono sicuro che i soldati israeliani vorranno controllare l'area al confine con l'Egitto. Da lì, entrano attraverso le centinaia di tunnel, i missili che poi Hamas spara contro le nostre città". Già, perché è intenzione del governo Olmert, anche in vista delle elezioni politiche anticipate del prossimo 10 febbraio, farla finita con Hamas, almeno dal punto di vista della minaccia militare che i miliziani possono arrecare alla sicurezza israeliana. "Nessuno pensa di poter cancellarla come formazione politica, ma non deve essere più un problema "bellico" spiega Eli Karmon. "Non possiamo più permetterci che venga riarmato con è accaduto con Hezbollah in Libano che, a tre anni dall'ultima guerra in Libano, è ancora più forte di allora, con l'aiuto di Siria e Iran". Per questo, è stato decisa l'operazione, con attacchi chirurgici su caserme e altre infrastrutture militari palestinesi. Per questo, l'offensiva terrestre non dovrebbe essere una "semplice" invasione di tutta la Striscia, con il rischio di combattimenti corpo a corpo nelle strade di Gaza City, una delle zone a più alta densità abitativa del mondo. No, secondo il professore dell'Istituto di Politica Internazionale, la posta in gioco non è il controllo di un territorio che tutti considerano palestinese, ma più "semplicemente" l'eliminazione del pericolo Hamas
Hamas: genesi e storia
"Penso che il suo forte indebolimento militare potrebbe portare anche a dei cambiamenti politici nella Striscia. L'Autorità Nazionale Palestinese potrebbe riprendere così il potere a Gaza. Con loro sarebbe possibile stipulare un accordo per evitare il riarmo del partito fondamentalista islamico". Karmon sottolinea questo punto. Forse voi in Europa ve lo siete scordato - spiega - ma un anno fa Hamas ha compiuto un colpo di stato a Gaza, uccidendo almeno 200 miliziani di Al Fatah, il partito di Abu Mazen. "Finché gli integralisti comanderanno nella Striscia avranno la possibilità di mettere il veto su ogni possibile intesa di pace israeliani e palestinesi" puntualizza lo stratega di Hertzlya. "E' ora che questa situazione cambi".

(Panorama, 30 dicembre 2008)

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Gaza: Israele respinge tregua

Il ministro dell'Interno israeliano: non fermeremo le operazioni

GERUSALEMME, 30 dic - Israele ha respinto ogni ipotesi di tregua con Hamas fino a quando la minaccia dei razzi non sara' cessata.E si dice pronto a prolungare le operazioni militari nella Striscia di Gaza per settimane.'Non c'e' spazio per alcun cessate il fuoco', ha detto il ministro dell'interno israeliano, Meir Sheetrit.'Il governo dice basta alla minaccia dei razzi,l'esercito non deve fermare le operazione prima di aver piegato la volonta' di Hamas di continuare i lanci'.

(ANSA, 30 dicembre 2008)

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Israele non è una tigre di carta

di Massimo Teodori

Se Israele avesse continuato a sopportare i razzi, l'intero mondo islamico avrebbe ritenuto che l'annientamento voluto da Teheran restava nell'orizzonte del possibile. Se Israele avesse usato le armi con modalità più leggere (la risposta cosiddetta "proporzionata"), Hamas avrebbe ulteriormente accresciuto la sua forza tra i palestinesi e il suo prestigio tra gli islamici, come avvenne due anni fa dopo l'offensiva degli Hezbollah in Libano che meritò una moderata risposta israeliana.

Impossibile prevedere il futuro: è tuttavia probabile che l'attacco massiccio e la distruzione delle strutture di Hamas a Gaza ottenga alcuni risultati. Primo, costringa i lanciatori di razzi a fermarsi; secondo crei un fronte moderato islamico volto ad isolare Hamas e i suoi fratelli terroristi; terzo, restituisca ad Israele l'immagine di un paese capace di difendere se stesso da chi lo vuole annientare, smentendo l'immagine della tigre di carta oggi corrente in Medio Oriente; quarto, costringa al tavolo delle trattative anche i più irriducibili terroristi che sognano la distruzione dei "sionisti".
Vedremo se questo scenario, per quanto drammatico, si avvererà. Per ora auguriamoci che siano messi in atto tutti i possibili tentativi per fermare il sangue. E che l'Italia faccia al meglio la sua parte, come nelle intenzioni del nostro ministro degli esteri.

(Il Tempo, 30 dicembre 2008)

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«La missione è già in moto per trovare un nuovo accordo»

di Maurizio Piccirilli

Sulla linea del fuoco. «La situazione è brutta. Molto brutta». Il capitano dei carabinieri Stefano Nencioni è ad Askelon, senior official della missione «Eubam Rafah» dell'Unione europea di cui fanno parte altri quattro sottufficiali dell'Arma e due civili esperti di informatica che si affiancano ai 14 membri degli altri Paesi europei.

Ora la missione ha lasciato il valico di Rafah dopo che il controllo della Striscia di Gaza è stato preso da Hamas, organizzazione con la quale l'Europa non tratta. «Abbiamo contatti giornalieri attraverso "Skype" con i nostri collaboratori a Gaza. E lì la situazione si è fatta molto critica. Sono bloccati. Israele ha lasciato aperti i valichi per i feriti ma Hamas non li lascia partire».
Quindi Hamas controlla ancora tutta la Striscia?
«Hamas ha chiuso le frontiere e continua nella guerra fratricida con Fatah. Durante i furnerali di sabato scorso sono stati uccisi tre membri dell'organizazione fedele ad Abu Mazen».
I palestinesi di Gaza cosa pensano di questa situazione?
«Sono arrabbiati con tutti. Con Israele perchè ritengono che la reazione sia troppo aggressiva. Con Hamas che ritengono abbia un atteggiamento suicida che danneggia soprattutto i palestinesi. Il 24 dicembre hanno lanciato 24 razzi. Israele aveva avvertito che così non poteva continuare e alla fine hanno attaccato. Vediamo gli elicotteri e i caccia sorvolare le case di Askelon diretti a Gaza per bombardare. È un continuo».
Situazione critica anche ad Askelon?
«Sette allarmi nel giro di poche ore. Razzi Grad sono caduti a seicento metri dal nostro quartier generale. Tutte le volte ho dovuto lasciare il mio posto per andare nel rifugio».
In questi giorni cosa state facendo come Eubam?
«Abbiamo lanciato una campagna di sensibilizzazione. Il colonello Alain Faugeras della Gendarmeria francese che ha sostituito il generale Pistolese ha preso contatti con il premier israeliano. Personalmente ho redatto una serie di rapporti a uso del Comitato Ue a Bruxelles per le valutazioni. Stiamo preparando le basi per un nuovo accordo tra le parti. In questa ricerca di soluzioni abbiamo contatti anche con gli altri Paesi confinanti».

(Il Tempo, 30 dicembre 2008)

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Gaza - Nave speronata, Israele: Provocatori, nostro diritto farlo

Portavoce Min. Esteri: a bordo ci sono più giornalisti che altro

ROMA, 30 dic. (Apcom) - "Sono dei provocatori che volevano fare propaganda contro Israele ed è nostro diritto impedire loro di raggiungere lo scopo che è di recare danno alla reputazione" dello stato ebraico. Così un portavoce del ministero degli Esteri israeliano ha risposto alla tv satellitare araba al Jazeera sullo speronamento della nave pacifista Dignity del Free Gaza Moviment ,avvenuto stamane nelle acque internazionali "90 miglia" prima di raggiungere la Striscia.
A detta della stessa al Jazeera, l'imbarcazione Dignity è stata lasciata dalle motovedette della Marina militare di Israele ed ora è diretta al porto di Tiro in Libano.
Il portavoce del ministero degli esteri israeliano ha sottolineato che "a bordo dell'imbarcazione ci sono più giornalisti che operatori umanitari. Questo dimostra che sono venuti per fare propaganda contro Israele e non per portare aiuti alla popolazione". "Se vogliono - ha aggiunto - possono attraccare nel porto di Asdud per lasciare il loro carico che potrà essere portato alla striscia".
Tra i passeggeri della nave ci sono quattro medici e una tonnellata di materiale sanitario destinato agli ospedali di Gaza, in grave difficoltà per l'elevato numero di feriti palestinesi che devono assistere da quando Israele, sabato scorso, ha avviato la sua massiccia campagna di attacchi aerei contro basi ed uffici del movimento islamico Hamas. E' la prima volta che la Marina israeliana blocca la Dignity. Dallo scorso agosto la nave pacifista aveva raggiunto per cinque volte il porto di Gaza violando il blocco navale israeliano.

(Virgilio Notizie, 30 dicembre 2008)

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Commando di israeliani penetra nella Striscia di Gaza

Barak: "Guerra totale, ma non impediremo gli aiuti umanitari"

GAZA - Continuano i bombardamenti a Gaza. Sono passati tre giorni e la "guerra totale", così definita dal ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, non sembra voler cessare. Secondo fonti ospedaliere nei blitz aerei della scorsa notte sono morti sette palestinesi, fra cui sei bambini.
Il sito israeliano Debka, vicino all'intelligence dello Stato ebraico, ha comunicato che un comando di israeliani sarebbero già penetrato nella Striscia di Gaza, anticipando la fase terrestre dell'operazione lanciata due giorni fa da Israele. I soldati, prima di scomparire dietro le dune di sabbia, hanno inoltre colpito vie di comunicazione e gruppi di miliziani impegnati a lanciare razzi contro Israele. Obiettivi di queste unità: marcare obiettivi chiave per successivi attacchi aerei e spianare la strada a una prossima vasta incursione di mezzi blindati.
Barak, che ha autorizzato l'ingresso nella Striscia di un centinaio di camion carichi di generi di prima necessità per la popolazione palestinese, ha affermato -"Questa operazione si estenderà e si approfondirà quanto necessario, siamo entrati in guerra per infliggere un duro attacco ad Hamas e per cambiare la situazione nel Sud di Israele " - ha poi aggiunto - "Non vogliamo colpire i bambini e le donne e non impediremo gli aiuti umanitari".
Il quotidiano israeliano Haaretz parla di minacce di morte da parte di Hamas nei confronti del ministro della Difesa, Ehud Barak e quello degli Esteri, Tzipi Livni.

(La Voce, 29 dicembre 2008)

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Ma molti arabi fanno il tifo contro Hamas

di Fiamma Nirenstein

Le immagini più significative della guerra in corso ieri si sono viste sul confine fra Gaza e l'Egitto, con tutta la tessitura degli arabeschi che il Medio Oriente è in grado di comporre. I soldati egiziani sorvegliano la frontiera col fucile impugnato da Rafiah lungo lo Tzir Philadelphi; dalle ore della tarda mattinata si svolge l'assedio dei palestinesi che vogliono passare di là dal confine mentre i soldati dall'altra parte hanno l'ordine di impedire comunque alla marea integralista di penetrare nel Paese di Mubarak, il moderato; poco più in là, la paradossale scena dei camion pieni di aiuti umanitari e le ambulanze, che sono i palestinesi a non lasciar passare mentre gridano agli egiziani: «Lasciate entrare i vivi invece di occuparvi dei morti».
Verso le cinque del pomeriggio, mentre il sole tramonta sul mare Mediterraneo, entrano in scena gli F16 che sfrecciano veloci e in quattro minuti distruggono 40 tunnel sotto il confine. Pare che fossero i più importanti tra i 600 scavati per trasportare dentro Gaza merci di qualsiasi genere dall'Egitto, quelli che hanno rimpinzato Gaza di missili. Ma ieri di missili, contro ogni previsione, non ne sono piovuti molti, e la popolazione del sud di Israele ha passato una giornata relativamente tranquilla: segno che gli obiettivi colpiti dall'aviazione sono stati scelti con una operazione di intelligence precisa, e che le strutture di Hamas stentano a riaversi da un'operazione paragonata qui in Israele a quella che nel 1967 colpì a terra i Mig egiziani.
L'esercito israeliano sostiene di aver colpito il 50% delle risorse belliche di Hamas, missili, depositi di dinamite e simili. E Hamas preferisce per ora giocare il ruolo della vittima, seguitare a segnalare, almeno per un po', che Israele seguita ad agire in modo «sproporzionato». Ma è il mondo arabo per primo a essere contraddittorio di fronte alla vittimizzazione di Hamas, e in primis l'Egitto e gli stessi fratelli palestinesi guidati da Abu Mazen: quest'ultimo ha detto dal Cairo di aver avvertito Hamas che le sue azioni avrebbero portato all'attacco di Israele. Insomma, gliene ha attribuito la responsabilità. Aggiungendo le accuse per le decine di miliziani di Fatah prigionieri di Hamas e morti nelle carceri bombardate dagli israeliani: la strage avrebbe potuto essere evitata se fossero stati liberati per tempo. Anche gli egiziani si sono mossi con ambiguità tra la dimostrazione di solidarietà con i palestinesi e la disapprovazione nei confronti della incomprensibile politica di Hamas, che ha portato la sua popolazione alla situazione attuale. Da Sana in Yemen, a molte città e villaggi mediorientali inclusi quelli della West bank e nella stessa Gerusalemme est, fino a Teheran, dove Khamenei ha chiesto a tutti i musulmani di combattere per Gaza «in tutti i modi possibili», fino a Amman dove i Fratelli Mussulmani hanno sfilato con slogan furiosi, fino a Damasco dove Masha'al chiede un'Intifada militare di tutto il mondo arabo, si è manifestata la solita furia antisraeliana ma stavolta anche antiegiziana e anti Fatah. A Beirut i manifestanti convocati dagli Hezbollah gridavano slogan in cui il nome di Mubarak faceva rima con Ehud Barak. Qui Nasrallah, il capo di Hezbollah, ha parlato con i soliti toni di odio, esortando i suoi uomini ad essere pronti a difendersi. Ma, furbescamente, senza invitarli ad attaccare il mostro sionista.
Quanto ai moderati, è la prima volta che non possono sventolare la solita bandiera di odio contro Israele. Hamas li ha inchiodati. Ed è logico vista la crescita verticale dell'estremismo islamico in Medio Oriente. Avevamo già scritto di una segreta richiesta araba «moderata» a Israele di farla finita con Hamas visto come un emissario incendiario dell'Iran, deciso a distruggere ogni equilibrio mediorientale. L'Egitto, che ha a lungo tentato la tregua fra Fatah e Hamas, si è adontato oltre misura che Hamas abbia disertato la riunione di novembre al Cairo, sicuramente su richiesta iraniana. Nel frattempo Hamas cerca nuove sponde: da Gaza City, scavalcando la leadership di Damasco, sono partite molte telefonate da parte di Ismail Haniyeh al re del Bahrein e ai governanti del Qatar. Ma Hamas può restare molto danneggiato dalla rottura con l'Egitto: sono in programma importanti accordi economici che sembrano molto lontani dalla ringhiosa realtà attuale. Di sicuro ora, dopo i fatti di Gaza, tutto il mondo arabo dovrà fare i conti con la nuova dimostrazione di deterrenza militare israeliana, che dopo la guerra con gli Hezbollah del 2006 e per via dell'atteggiamento di attesa scelto dai vertici israeliani sembrava assai diminuita. Adesso tutti i vicini, compreso l'Iran, sanno che l'esercito israeliano è quello di un tempo quando decide, come dice Tzipi Livni che «quel che è troppo è troppo».

(il Giornale, 29 dicembre 2008)

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L'ebraismo italiano conteso da laici e religiosi

Di fronte al calo degli iscritti alle comunità, gli ebrei italiani si dividono sul da farsi: puntare su una forte identità religiosa e sulla rigida osservanza dei precetti? Oppure scegliere la via dell'accoglienza e dell'apertura a una società ormai multireligiosa?

Il tempo delle grandi feste, per la signora Elisabetta, è momento di gioia e sconforto. La preparazione di Sukkoth o di Pesach è infatti preceduta dall'impresa di far "quadrare i conti". «Un po' perché siamo sparsi sul territorio, un po' per motivi di lavoro, un po' perché molti non sentono la necessità di celebrare le festività in sinagoga, quattro, cinque volte all'anno, per sicurezza, oltre al rabbino bisogna chiamare da fuori qualche uomo che ci aiuti a fare minian». Il numero indispensabile di uomini, almeno dieci (minian), per celebrare le preghiere pubbliche è uno dei problemi con cui fanno i conti le decine di piccole comunità di ebrei sparsi in Italia. Elisabetta Rossi Innerhofer, presidente e addetta al culto della storica comunità di Merano, "attinge" da Milano e Venezia, con «costi alti e dispendio di energia»....

(Jesus, 29 dicembre 2008)

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Il mondo chiede la pace ma è contro Hamas

È stato l'attacco più annunciato nella storia del conflitto israeliano-palestinese: da quando, il 19 dicembre, Hamas ha posto fine alla tregua semestrale e ripreso a scagliare una media di 50 razzi al giorno contro lo Stato ebraico, il governo di Gerusalemme non ha fatto che ammonire l'organizzazione islamista che, se i lanci non cessavano, un raid contro Gaza sarebbe stato inevitabile.

Olmert lo ha detto perfino in una intervista con una TV araba. Pochi, tuttavia, si aspettavano una offensiva così devastante, che in 36 ore ha fatto più vittime di quante non se ne contassero dai tempi della prima Intifada. E non è finita:"L'operazione"ha detto il ministro della Difesa Barak "non sarà né breve né indolore, e continuerà finchè non saranno stati conseguiti i cambiamenti necessari". Nella fase due, probabilmente, l'esercito penetrerà nella striscia per distruggere le "strutture terroristiche" rimaste in piedi, ma Israele non rioccuperà i 360 kmq. abbandonati tre anni da Sharon: vuole solo neutralizzare gli estremisti, forse nella speranza che, una volta eliminati i loro capi e decimate le loro milizie, Gaza possa ritornare sotto il controllo del Fatah di Abu Mazen, con cui continua i negoziati di pace. Un altro obbiettivo possibile è di dividere Hamas dalla popolazione, che anche ieri ha ottenuto importanti aiuti umanitari, e costringere gli islamisti a negoziare una nuova tregua più solida. Una cosa è certa: gli israeliani non ascolteranno l'invito a fermarsi subito, perché l'opinione pubblica - pacifisti compresi - è compatta nell'esigere che la parte meridionale del Paese sia messa in sicurezza.
C'è chi teme che le dimensioni dell'offensiva israeliana possano infiammare di nuovo la regione, ma le prime reazioni inducono a pensare che le conseguenze possano essere circoscritte. L'Iran, principale alleato di Hamas, non ha ripetuto nell'occasione la minaccia di cancellare Israele dalle carte geografiche; i principali Paesi arabi, e il presidente palestinese Abu Mazen corso subito al Cairo, hanno ovviamente condannato la strage, ma ne hanno attribuito la responsabilità anche ad Hamas e non sembrano troppo dispiaciuti della lezione inflitta a una organizzazione che crea molti problemi anche a loro; l'ONU, l'Unione Europea e in particolare la Francia hanno chiesto l'immediata cessazione delle ostilità, parlando di "eccessivo uso della forza", ma hanno sottolineato la gravità delle provocazioni subite da Israele e non sembrano voler andar oltre una deplorazione verbale. Quanto agli Stati Uniti, non hanno neppure invitato Gerusalemme a sospendere i raid ma solo a evitare vittime civili. I rischi maggiori sono che l'Hezbollah, che dopo la guerra del 2006 è tornato ad armarsi fino ai denti, decida di correre in soccorso di Hamas aprendo un secondo fronte, o che Hamas stessa riesca a compiere a breve tanti attentati suicidi in territorio israeliano da provocare una escalation generale di violenza. Comunque, passeremo un Capodanno con il fiato sospeso.

(Il Tempo, 29 dicembre 2008)

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"Ecco perché l'operazione a Gaza durerà a lungo"

Avi Pazner parla perfettamente l'italiano. Per anni è stato l'ambasciatore di Israele nel nostro paese. Ora è portavoce dell'ufficio del Primo Ministro Ehud Olmert. Risponde alla domande sull'operazione contro Gaza. E fa capire una cosa precisa: Israele vuole farla finita con la minaccia di Hamas. "Il nostro obiettivo è quello di consentire una vita normale ai nostri connazionali che vivono nel sud del paese. Sono stati per otto anni sotto il tiro dei missili Kassam lanciati da Hamas. Questa situazione era diventata insostenibile. Ora abbiamo deciso di dire basta. Vogliamo tornare a vivere con tranquillità."

- Si parla di una imminente offensiva terrestre. Avete in mente una nuova invasione?
- Non posso dare particolari sulle nostre operazioni militari. Posso solo dire che non sarà breve e facile. Questa offensiva continuerà perché Hamas è molto forte, motivata. Sarà una lotta molto, molto difficile. Ripeto, non voglio dare informazioni precise ora. Ma penso che alla fine di questa operazione, la tranquillità tornerà nel sud del nostro paese.

- Ma voi volete eliminare Hamas per riportare a Gaza l'Autorità Nazionale Palestinese di Mahmmoud Abbas?
- Noi non vogliamo eliminare il partito fondamentalista. Penso che ciò sia impossibile da parte nostra. Vogliamo soltanto dimostrare loro che non vale la pena attaccarci. Che il prezzo rischia di essere troppo alto per loro. Vogliamo far capire a Hamas che il confronto militare, gli attacchi terroristici non pagano. La loro politica antiisraeliana deve mutare. Vogliamo che loro capiscano una sola cosa: noi vogliamo vivere in pace nel nostro paese. Solo così vi lasceremo in pace. Se no, siamo costretti a darvi una lezione che non dimenticherete.

- Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha chiesto la fine delle violenze. Il presidente di turno dell'Unione Europea, il presidente francese Nicolas Sarkozy ha detto che la vostra risposta è stata sproporzionata alla minaccia palestinese. Cosa risponde a queste affermazioni?
- Non c'è stata alcuna risposta sproporzionata. Noi facciamo quello che ogni paese libero e democratico farebbe. Siamo di fronte a una formazione che lanciare missili su Israele, che vuole fare di tutto per uccidere un ebreo. Non c'è alcuna sproporzione. Non ci sono due eserciti uno contro l'altro. In questo caso, la nostra lotta è per evitare altri spargimenti di sangue nel futuro. Noi vogliamo vivere in pace. E questo sarà possibile solo dopo che Hamas avrà capito la lezione.

(Panorama, 29 dicembre 2008)

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Netenyahu: Israele abbatta il regime di Hamas"

Aprendo un dibattito sulla operazione 'Piombo Fusò in corso a Gaza, Netanyahu ha sostenuto che Israele deve tentare di mettere fine ai lanci di razzi palestinesi sul Neghev e di privare Hamas della capacità di minacciare le città israeliane con i suoi razzi. In definitiva, per raggiungere questi obiettivi, sarà necessario - a suo parere - "abbattere il regime di Hamas, che rappresenta una base avanzata dell'Iran" nella Regione. La posta in gioco, ha detto Netanyahu, è "il deterrente di Israele" di fronte ai Paesi vicini e a quelli più lontani: un apparente allusione all'Iran e alla sua minaccia nucleare. L'intervento di Netanyahu è stato disturbato a più riprese da interventi polemici di deputati arabi.

(L'Unione Sarda, 29 dicembre 2008)

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Amos Oz difende l'intervento militare israeliano

"Israele ha l'obbligo di difendere i suoi cittadini"

BERLINO, 29 dic. (Ap) - Lo scrittore israeliano Amos Oz difende l'intervento militare del suo Paese nella Striscia di Gaza: "Lo stato di Israele è obbligato a difendere i suoi cittadini", scrive Oz in un intervento pubblicato sul quotidiano tedesco Die Bild. "Il bombardamento sistematico della popolazione civile negli insediamenti israeliani è un crimine di guerra e contro l'umanità", sostiene Oz. Contro questi crimini di Hamas Israele deve proteggere la popolazione: "La sofferenza della popolazione civile (israeliana) negli insediamenti attorno alla Striscia deve avere termine", scrive Oz,
Israele deve però dal canto suo "esercitare la massima attenzione affinché con il suo intervento militare non faccia il gioco di Hamas". Il ragionamento di Hamas "è molto semplice, cinico e malvagio: - spiega Oz, uno dei più noti esponenti del pacifismo israeliano - se muore un israeliano innocente va bene. Se muoiono molti palestinesi innocenti ancora meglio". Di fronte a questo comportamento Israele deve agire "con la massima saggezza" e non lasciarsi guidare da "scatti emotivi".
Il 23 dicembre, il movimento degli scrittori Hatnua Hahadasha guidato proprio da Oz è entrato nel Meretz, il partito della sinistra sionista, in vista delle elezioni di febbraio. Hatnua Hahadasha è la formazione politica alla quale hanno dato vita nelle settimane passate intellettuali, esponenti politici di sinistra e diversi scrittori tra i quali anche Avraham B. Yehoshua.

(Virgilio Notizie, 29 dicembre 2008)

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Dietro ai raid non c'è solo una reazione ai razzi Qassam, Israele punta all'Iran.

A sostenere questa tesi è Arduino Paniccia, professore di Studi Strategici ed Economia Internazionale presso l'Università di Trieste, intervistato da Affaritaliani.it. "In questo periodo di interregno del governo israeliano (a febbraio si svolgeranno le elezioni anticipate, ndr) e dell'amministrazione Usa (Barack Obama si insedierà il prossimo 20 gennaio, ndr), gli israeliani stanno cercando di capire due cose: se gli iraniani reagiranno all'offensiva e, in secondo luogo, se questo comporterà un attacco da parte di Hezbollah".

- Dietro ai raid israeliani a Gaza c'è solo una reazione al lancio di razzi Qassam o Israele punta all'Iran?
-
"Assolutamente sì. L'obiettivo è l'Iran. Sono un sostenitore di questa tesi. In questo periodo di interregno del governo israeliano (a febbraio si svolgeranno le elezioni anticipate, ndr) e dell'amministrazione Usa, gli israeliani stanno cercando di capire due cose: se gli iraniani reagiranno all'offensiva e in secondo luogo se questo comporterà un attacco da parte di Hezbollah".

- Israele quindi sta provocando l'Iran?
-
"Diciamo che si sono provocati a vicenda. Ci sono alcuni fattori da prendere in considerazione: il riarmo di Hezbollah, la possibilità che improvvisamente ci siano degli attacchi nel nord del Libano, nella parte ancora sotto il controllo palestinese e infine a Gaza. Quindi degli attacchi coordinati e simultanei. Quello che si sta verificando è un generale regolamento di conti che nasce dal timore di un passaggio definitivo dell'Iran al nucleare".

- Il Medio Oriente si sta infiammando...
-
"Assolutamente sì. Ma questa escalation potrebbe terminare con l'insediamento di Obama. L'intensità degli attacchi israeliani fa pensare a un evento ben superiore a una semplice reazione al lancio di razzi Qassam. Che è sì pericoloso, ma non supera un certo livello di guardia. Invece gli attacchi e la mobilitazione delle forze di terra israeliane fanno pensare a un intervento ben maggiore dell'assedio a Gaza".

- Quindi?
- "Una reazione filoiraniana metterebbe in pericolo Israele e il suo raggio di azione. I raid sono quindi un intervento preventivo. Nel caso dovessero arrivare navi iraniane con aiuti umanitari o un escalation delle dichiarazioni da parte dell'Iran si potrebbe arrivare addirittura all'intevento diretto. Che tra l'altro era già pronto quest'estate".

- E invece?
- "E' stato posticipato nel momento in cui si è venuto a creare questa sorta di interregno".

- Cosa vede all'orizzonte? Qualche speranza di soluzione?
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"Possiamo solo sperare che la situazione non esploda prima dell'insediamento di Obama. Solo allora il presidente Usa potrebbe prendere il controllo della situazione. Questo è lo scenario futuro auspicabile".

- Un fine 2008 molto drammatico, una previsione per il 2009?
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"Gli attentati terroristici di Mumbai hanno portato a un confronto tra quattro potenze: Iran-Israele e Pakistan-India e tutte e quattro armate di nucleare. Si è passati senza accorgersene al possibile confronto tra quattro paesi che si trovano sulla sponda del Mediterraneo e sulla sponde del Golfo Persico, ovvero sull'aerea estrema del Medio Oriente. L'attenzione ora si è spostata qui".

(Affaritaliani.it, 29 dicembre 2008)

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Livni: L’offensiva di terra di Israele "dipende da Hamas"

Ministro Esteri al Tg1: Non vogliamo un’offensiva prolungata

ROMA, 28 dic. (Apcom) - Un'offensiva di terra israeliana nella Striscia di Gaza "dipende da Hamas". Lo ha chiarito il ministro degli Esteri dello stato ebraico, Tzipi Livni, in un'intervista esclusiva rilasciata al Tg1 da Sderot, la città più bersagliata dai razzi Qassam dei militanti del movimento islamico. "Non vogliamo un'offensiva prolungata", ha detto Livni, "ma se tutti gli altri mezzi si rivelassero inefficaci a fermare i lanci, saremmo costretti a utilizzare tutti i mezzi a disposizione".
Il capo della diplomazia ha ricordato che "prima dell'operazione militare i cittadini israeliani erano quotidianamente obiettivo dei razzi di Hamas da Gaza". Adesso, ha indicato, "siamo determinati a cambiare questa realtà.
Da più parti si chiede a Israele di scongiurare morti civili nei suoi raid. "Cerchiamo di evitare ogni vittima civile", ha ricordato Livni, "non perchè il mondo ce lo chiede, ma perchè questo è un valore nel quale crediamo. Vogliamo colpire Hamas, non i palestinesi vittime del suo regime".
La comunità internazionale ha chiesto a entrambe le parti di fermare i combattimenti. "Non posso accettare che Israele e Hamas vengano messi sullo stesso piano", ha puntualizzato il ministro degli Esteri, "Israele è uno stato di diritto, che aspira a vivere in pace; Hamas è un'organizzazione terroristica che sparge odio e non accetta di riconoscere il nostro diritto all'esistenza".
Quanto al processo di pace partito da Annapolis, "proseguirà sicuramente per Livni. "L'idea", ha concluso, "era da una parte far avanzare i negoziati di pace, dall'altra combattere il terrorismo: è proprio quello che stiamo facendo".

(Virgilio Notizie, 28 dicembre 2008)

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Sneh: Hamas sapeva che avremmo reagito

di Eric Salerno

ROMA (28 dicembre) - Ephraim Sneh non ha dubbi. «L'operazione non finirà né domani, né dopo». L'ex vice ministro della Difesa arrivato, come altri suoi colleghi, alla politica con i gradi di generale dell'esercito, difende l'attacco sferrato ieri mattina. Le vittime civili, dice, sono un peccato, ma purtroppo fanno parte delle incertezze di un conflitto di questo genere.

- Perché un bombardamento così vasto? Si parla di oltre 200 morti e almeno 300 feriti. E non tutti erano uomini in divisa. Ci sono donne e bambini e altri civili.
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«Hamas è il colpevole, è l'unico vero responsabile di quello che sta succedendo. Lo dovrebbe capire anche la popolazione civile. Il movimento islamico ha trasformato la Striscia di Gaza, con il suo milione e mezzo di abitanti, in una base avanzata dell'Iran. Quando ha assunto il controllo del territorio rovesciando l'Autorità nazionale palestinese e imponendo un regime terroristico non ha fatto venire dall'estero imprenditori e investitori per costruire un futuro migliore. Ha fatto arrivare istruttori iraniani e armi. Armi che ha usato contro Israele».

- Il ministro della Difesa Barak ha annunciato la continuazione delle operazioni.
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«L'obiettivo è chiaramente quello di distruggere le strutture militari di Hamas. E' inconcepibile quello che è stato tollerato in questi mesi. Nessun paese al mondo accetterebbe in silenzio e senza reagire di vedere i suoi centri abitati bombardati quasi ogni giorno da missili. I militanti islamici non hanno bersagliato le basi militari israeliane. Non hanno sparato contro i nostri soldati. Hanno sparato i loro ordigni contro le nostre città, contro i nostri villaggi agricoli. Duecentocinquanta mila abitanti del sud vivono nel terrore. Centomila bambini sono costretti nei rifugi. I leader di Hamas sapevano a cosa andavano incontro quando hanno deciso di annullare la tregua e riprendere la violenza. Sapevano anche che prima o poi il nostro paese avrebbe reagito».

- Ma voi avete tentato di strangolare Hamas per costringere il movimento islamico a cedere il potere e non vi siete preoccupati della salute o del benessere degli abitanti della Striscia. Avete imposto un blocco totale a Gaza. Anche se non occupate la "striscia", controllate i suoi accessi. Sono mesi che la comunità internazionale che non nutre particolari simpatie per Hamas vi esorta ad aprire i valichi per consentire il passaggio di prodotti alimentari, di benzina, di medicinali.
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«Gli estremisti, la dirigenza di Hamas, non hanno capito una cosa fondamentale. Per governare a Gaza si deve cooperare con Israele non combatterlo. Chi vuole distruggere il nostro paese, e lo dimostra ogni giorno con le sue azioni non soltanto a parole, non può pensare di poter gestire in pace il territorio di Gaza. E di poter dare alla sua popolazione ciò che merita».

(Il Messaggero, 28 dicembre 2008)

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Israele pronto a entrare a Gaza. Hamas può rispondere con i kamikaze

Blindati e fanteria sono già sul confine. Ma il lancio dei razzi contro le città non è diminuito

di Guido Olimpio

Prima di lanciare la probabile offensiva di terra, Israele vuole neutralizzare la struttura di "comando e controllo" di Hamas. I devastanti raid aerei, con centinaia di vittime, hanno sicuramente provocato danni ma non hanno impedito - come altre volte - che i militanti riuscissero a lanciare dei razzi. Alcuni missili - probabilmente forniti dagli iraniani - hanno raggiunto la cittadina di Ashdod, a 38 chilometri dalla striscia di Gaza. Una conferma delle segnalazioni dell'intelligence che aveva avvertito: Hamas ha allungato il raggio d'azione dei suoi ordigni.

- Le prossime tappe -
- In questa fase si possono segnalare i seguenti punti. 1) Israele ha iniziato ad ammassare forze terrestri attorno alla striscia ed è imminente un richiamo di riservisti. Chiare indicazioni della volontà di "entrare" a Gaza con blindati e fanteria 2) I palestinesi continuano con i lanci di razzi e, se riusciranno, cercheranno di colpire con gli attentatori suicidi. 3) Verrà intensificata da parte israeliana la caccia "agli uomini dei missili" palestinesi. E' tuttavia possibile che Hamas, imitando l'Hezbollah, abbia costituito cellule autonome di lanciatori. Una tattica facilitata dalle caratteristiche tecniche degli ordigni. Quasi rudimentali, sono facili da usare, si nascondono bene. 4) E' probabile che l'eliminazione di alcuni capi militari palestinesi sia seguita dall'uccisione di quadri politici. Un modo per accrescere le difficoltà del movimento. Non bisogna dimenticare che la leadership di Hamas non è compatta e sono note le rivalità tra i capi che risiedono all'estero (Siria, Iran, Libano) e quelli che vivono sotto le bombe a Gaza.

(Corriere della Sera, 28 dicembre 2008)

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In Israele anche chi è per la pace sostiene i raid

di Gadi Taub

Per gli israeliani, di destra o di sinistra, è chiaro che l'incessante martellamento di razzi contro la popolazione civile non può essere più tollerato. Non è questione di opinione politica, né prerogativa di Israele. E' solo che gli israeliani hanno impiegato molto, troppo tempo per arrivare a questa conclusione. Immaginate 12.000 missili che si abbattono su Milano, su Dallas, o su Liverpool. Gli italiani, gli americani o gli inglesi non resterebbero a lungo con le mani in mano. Certo, non tanto a lungo quanto ha fatto Israele. Ma nel caso di Israele si applicano sempre, stranamente, due pesi e due misure. Hamas può permettersi di puntare i suoi missili contro la popolazione civile, infischiandosene delle responsabilità, mentre una qualsiasi reazione israeliana, per quanto accuratamente siano stati scelti gli obiettivi strategici, viene subito bollata come crimine di guerra. E' impossibile vincere a questo gioco — fermare cioè il lancio dei razzi — se una parte rispetta le regole e l'altra no. E' triste che si sia giunti al punto in cui solo un raid massiccio può metter fine a queste aggressioni. Se la comunità internazionale, come pure Israele, avesse adottato misure più stringenti — un boicottaggio economico, la sospensione delle forniture di gas fino alla cessazione totale degli attacchi missilistici — si sarebbe potuto evitare l'intervento militare.
    Ma se Hamas non si assume mai le proprie responsabilità, e se Israele deve farsi carico dell'incolumità dei cittadini di Gaza, mentre il governo di Gaza non se ne preoccupa minimamente, allora Hamas può permettersi il ruolo dell'aggressore che veste anche i panni della vittima. Israele si è ritirato da Gaza unilateralmente, riconoscendo che l'occupazione non poteva protrarsi all'infinito. Ma da allora Hamas non ha fatto altro che dimostrare a Israele che il ritiro è stato una pessima idea. E per tutta risposta lo Stato ebraico è diventato bersaglio dei missili palestinesi. Sotto queste circostanze, il raid israeliano contro Gaza non è soltanto giustificabile, ma addirittura necessario per tutti coloro che credono che occorra metter fine anche all'occupazione della Cisgiordania. Perché per fare il passo successivo Israele deve sapere con certezza che è possibile impedire le aggressioni missilistiche, che potrebbero colpire Tel Aviv e Gerusalemme in caso di ritiro da quella regione. Per questo motivo i sostenitori della pace sono anch'essi favorevoli al raid su Gaza. E hanno ragione sia sotto il profilo morale che da un punto di vista pragmatico. Tra non molto si leveranno da ogni parte del mondo grida di condanna contro Israele, ma fino a quel momento Israele deve dimostrare a Hamas che è pronto a pagare il prezzo, anche internazionale, per ristabilire un deterrente. Qualunque altra azione sarebbe una resa ai nemici della pace.

(Corriere della Sera, 28 dicembre 2008)

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«Uccidete gli Ebrei come nel 1929; fatevi saltare a Gerusalemme e Tel Aviv»

Quelli che seguono sono estratti dai discorsi dei leaders arabo-islamici che esprimono solidarietà con Gaza, e che sono andati in onda su Al-Manar ed Al-Aqsa TV il 3 ed il 5 dicembre 2008. Li ripresentiamo oggi, 28 dicembre 2008.

Per vedere questa clip MEMRI TV (in arabo con sottotitoli in inglese).

TRADUZIONE:

Sheikh Himam Sa'id, guida suprema della Fratellanza Musulmana in Giordania:

"O nobile Gaza alzate la testa. Avete fatto sollevare la testa ai Musulmani. E voi gente di Hebron, state facendo una guerra contro gli Ebrei. State andando bene. Abbiamo visto come, in un giorno nel 1929 si sono trucidati gli Ebrei. Oggi, uccideteli sulla terra di Hebron. Uccideteli in Palestina. Alzatevi, o popolo della Palestina, tutti i popoli della Palestina - sollevatevi in difesa della Moschea di Al-Aqsa, di Nablus e di Hebron. Alzatevi ed affrontate le forze di sicurezza preventive (dell'Autorità palestinese ndr). Non abbiate paura di loro, sono conigli. Anche se fossero lupi, continuate a non temerli, oh leoni!".

"O giovani, cosa diremo al governo giordano? Espellete l'ambasciatore ebreo da Amman. Amman è pura, e l'ambasciatore ebreo non deve metterci piede. Richiamate l'ambasciatore giordano dalla Palestina. Solo i mujahideen devono stare in Palestina - non ambasciatori, ministri, o altri rappresentanti di questa nazione. Non riconoscete l'ambasciatore di questa nazione in Palestina. La Palestina è la terra del Jihad, del sacrificio e della preparazione (agli attentati suicidi ndr). Noi diciamo a questo governo: stop ai rapporti normali con gli Ebrei. I nostri mercati sono pieni di ortaggi e frutta ebraica. I commercianti che vendono questa frutta e verdura sono traditori, collaborazionisti. Diteglielo. Fategli sentire la nostra voce. La posizione dei Sapienti è che chiunque commerci con gli Ebrei sia un traditore ed un collaborazionista".

Husan Abdallah, Associazione libanese degli studiosi islamici:

"Parlo a nome dell'associazione degli studiosi islamici: la tregua con l'entità Sionista è priva di significato. La soluzione è quella di riprendere la resistenza in maniera più forte ed efficace. Fate saltare ancora in aria i vostri corpi a Gerusalemme e Tel Aviv, ed in tutte le città della Palestina occupata, perchè questo nemico non capisce nulla eccetto il linguaggio della forza".

"Al coraggioso popolo egiziano diciamo: Alzatevi e distruggete le frontiere artificiali, portate cibo e medicine ai vostri fratelli assediati a Gaza. Il popolo egiziano deve fare un'azione violenta, anche a rischio di andare in galera o di morire, così saranno martiri per amore di Allah"

Osama Hamdan, rappresentante di Hamas in Libano:

"Il nostro obiettivo è liberare tutta la Palestina, dal fiume al mare, da Rosh Hanikra ad Umm Al-Rashrash (Eilat). Da Gaza, signori... noi non vogliamo uno Stato di 364 km quadrati, nè uno Stato per il quale dobbiamo mendicare al tavolo dei negoziati. Questo è uno stato che non potrà mai esistere. Quello che vogliamo è uno stato libero, che mantenga la sua dignità, e che sia di 27000 km quadrati, la grandezza totale della Palestina".

(Trad. In Difesa di Israele - indifesadisraele@gmail.com)

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Aumentano in Germania i crimini di matrice politica di estrema destra

Impennata in Germania dei reati di estrema destra e degli atti di antisemitismo. Il quotidiano 'Frankfurter Rundschau' rivela oggi i dati raccolti dal ministero federale dell'Interno, secondo il quale nei primi dieci mesi di quest'anno sono stati registrati 11.928 reati a sfondo politico di estrema destra, con un aumento del 30 per cento rispetto ai 9.206 del 2007.
Un allarmante incremento e' stato registrato anche nei reati a carattere antisemita, passati dai 716 del 2007 ai 797 verificatisi tra gennaio e settembre di quest'anno. La vice presidente del Bundestag, Petra Pau (Linke), ha invocato una nuova strategia a livello federale e locale per combattere piu' efficacemente il crescente fenomeno dell'estremismo di destra e dell'antisemitismo.
L'episodio piu' grave e' avvenuto due settimane fa in Baviera, dove un neonazista non ancora individuato ha ferito gravemente con una coltellata il capo della polizia di Passau, Alois Mannichl, colpito dopo aver aperto la porta di casa per la sua linea dura nei confronti dei naziskin.

(RaiNews24, 27 dicembre 2008)

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«Inopportuna la vendita di Mein Kampf al mercatino della pace all'Eur»

ROMA (27 dicembre) - «Al Mercatino della pace dell'Eur, è in vendita il Mein Kampf di Hitler: così si finanzierebbe la costruzione di un asilo a Gerusalemme». Per il vicepresidente del consiglio del Municipio XII, Federico Siracusa (Pd), la situazione è «paradossale» e «inopportuna».
Siracusa spiega che l'iniziativa Mercatini della Pace presentata il 9 dicembre dal sindaco Gianni Alemanno, insieme alle associazioni Kadima Italia, The Gerusalem Foundation e Amici di Ebraismo e dintorni, aveva come obiettivo quello di costruire un asilo a Gerusalemme per bambini cattolici, musulmani ed ebrei.
Siracusa spiega che il libro viene venduto a 5 euro senza «alcuna prefazione critica al testo ed infine la presenza di un bel ritratto del Furer nel dorso del libro con su scritto: "Ein folk, ein reich, ein Furer", che ha tutta l'aria di essere un testo di propaganda».

(Il Messaggero, 27 dicembre 2008)

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Una lezione ad Hamas più che un'invasione, secondo il quotidiano Haaretz

Israele non vuole riconquistare Gaza, ma solo dare una lezione ad Hamas. Un lungo editoriale pubblicato dal quotidiano Haaretz ripercorre gli ultimi giorni di schermaglie tra il movimento islamico, che controlla la Striscia dal giugno del 2007, e lo stato ebraico.
"Vi sono diversi fattori dietro il cambio della politica israeliana", scrive il giornale, "circa 200 razzi Katiusha e Qassam e diversi colpi di mortaio sono stati sparati da Hamas a Negev dalla fine della tregua del 19 dicembre". Un "ping-pong" che il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, aveva annunciato non fosse possibile sopportare ancora.
Il ministro degli Esteri e candidata premier, Tzipi Livni, aveva ribadito in piu' occasioni la sua volonta' di "rovesciare" Hamas. "Lo Stato d'Israele e un eventuale governo da me presieduto", aveva affermato la Livni, "faranno del rovesciamento del regime di Hamas a Gaza un obiettivo
strategico. I mezzi per realizzare tale obiettivo", aveva aggiunto, "devono essere militari, economici e diplomatici".
Ma secondo un retroscena riferito da Haaretz, la Livni e il vicepremier Haim Ramon hanno parlato in piu' occasioni dell'esigenza di far cadere il governo di Hamas a Gaza. Ma sia il ministro della Difesa, Ehud Barak, sia il capo di Stato maggiore israeliano, Gabi Ashkenazi, avrebbero ammesso che un successo ora sarebbe "irrealistico". Quindi l'attacco di oggi, secondo l'Haaretz, potrebbe essere considerato come una prova di muscoli per cercare di piegare il movimento islamico ed evitare, da adesso in poi, nuovi lanci di razzi da parte di Hamas.
Tuttavia, il movimento islamico sembra tutt'altro che arrendersi e quindi la prospettiva di un cessate il fuoco 'per paura' e' perlomeno irrealistica. D'altronde anche il presidente israeliano, Shimon Peres, aveva avvertito in un'intervista di non aver "alcuna intenzione di entrare a Gaza
e di far scoppiare una guerra nella regione". Per ora, quindi, solo un avvertimento.

(RaiNews24, 27 dicembre 2008)

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Militari israeliani decideranno ora seconda fase offensiva

GERUSALEMME, 27 dic. (Adnkronos) - L'operazione militare israeliana a Gaza non si e' conclusa. I vertici dell'esercito intendono ora esaminare i risultati ottenuto con il raid di questa mattina, prima di decidere sulla prossima fase dell'operazione. E' quanto scrive il sito israeliano Ynetnews, aggiungendo che il capo di stato maggiore Gabi Ashkenazi effettuera' a questo scopo in giornata una valutazione della situazione. Il governo israeliano ha intanto reso noto che la decisione di condurre un'operazione contro la Striscia di Gaza, in risposta ai lanci di razzi Qassam, e' stata presa il 25 dicembre. "In seguito alle violazioni dell'accordo di tregua da parte di Hamas e i continui attacchi contro i cittadini nel sud d'Israele, il gabinetto nazionale di sicurezza ha deciso mercoledi' 25 dicembre d'impartire istruzioni alle forze di difesa perche' agissero per metter fine ai lanci di missili e gli attacchi terroristici provenienti da Gaza", si legge in un comunicato dell'ufficio del primo ministro Ehud Olmert. Il gabinetto - si legge ancora -ha incaricato il primo ministro, il ministro degli Esteri (Tzipi Livni) e della Difesa (Ehud Barak) di decidere dei tempi e dei modi di questa azione. In seguito a decisione unanime, i tre hanno stabilito l'attacco dell'aviazione avvenuto questa mattina. Israele sottolinea che continuera' ad agire contro contro gli attacchi terroristici e i lanci di missili provenienti da Gaza". Intanto il ministero della Difesa ha dichiarato zona a "del fronte interno a situazione speciale" l'area a ridosso della Striscia. Cio' significa che le forze di sicurezza potranno ordinare la chiusura di fabbriche e scuole.

(Cif/Ct/Adnkronos, 27 dicembre 2008)

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Gaza, abitante scopre un'alternativa al gas da cucina

Nella Striscia sono rare le bombole a gas a causa del blocco israeliano

GERUSALEMME, 27 dic. (Apcom) - La necessità aguzza l'ingegno dei palestinesi di Gaza. Dopo l'olio dei falafel usato come carburante per le auto e i pannelli solari artigianali per produrre energia elettrica, ora un abitante sostiene di aver inventato una alternativa all'introvabile gas da cucina.
Abded ar-Rahman Farajallah ha annunciato di essere riuscito a produrre un sistema che permette di riempire le bombole con una sostanza chimica disponibile in abbondanza a Gaza - di cui non ha rivelato il nome - che brucia a contatto con l'ossigeno. L'inventore ha detto che il suo sistema e' sicuro, non presenta rischi e permettera' alle famiglie palestinesi, con una bombola dal costo di 40 shekel (8 euro), di poter usare tranquillamente i fornelli per almeno un mese. Farajallah ha detto di aver investito circa 3mila euro per mettere a punto la sua invenzione.
Il gas da cucina e' uno dei beni piu' rari a Gaza a causa del rigido embargo attuato da Israele nel tentativo di bloccare i lanci di razzi palestinesi verso il suo territorio meridionale e per tenere sotto pressione il movimento islamico Hamas. Al mercato nero ha prezzi proibitivi per la maggior parte delle famiglie palestinesi.
Gli abitanti di Gaza percio' cercano di rispondere con la creativita' alla mancanza di tante cose. Nei mesi scorsi, per sopperire alla scarsita' di carburante, hanno cominciato a far ricorso all'olio di semi, usato per friggere i falafel, aggiungendolo alla benzina. Qualche settimana fa un ingegnere ha annunciato di aver costruito in modo artigianale pannelli solari che riescono a caricare batterie d'auto riadattate, per le necessita' della sua abitazione durante i frequenti black out della corrente elettrica.

(Virgilio Notizie, 27 dicembre 2008)

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L'utopia della «normalità»

Le forze creative d'Israele in mostra per i sessant'anni dello Stato Ebraico. Al Complesso del Vittoriano, fino al 31 gennaio, «As Is: Arte Israeliana Contemporanea»: un percorso tracciato da venti artisti d'Israele che, attraverso una sessantina di opere, getta uno sguardo inedito sulla società locale. Giochi di colore, sperimentazione di forme e materiali, per affrontare alcune tematiche sociali e politiche, come il sionismo, la guerra, la rinascita dopo l'Olocausto, il terrorismo, e l'eterna ricerca di normalità in una terra che «normale» non è, suo malgrado, sin dal primo vagito. È infatti l'unicità d'Israele a venire fuori nella mostra, a cura di Ruth Cats, che comprende fotografie, dipinti, video, sculture e performance; perché come dimostrano i musei e le gallerie internazionali, primo tra tutti il MoMA di New York, gli artisti israeliani sono all'avanguardia. Proprio al MoMA è stata esposta fino a poco tempo fa l'opera di Sigalit Landau, «Dead See», un video che ritroviamo in mostra al Vittoriano, in cui si vede l'artista (figlia e nipote di sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti) galleggiare nelle acque del Mar Morto, avvolta in una spirale di cinquecento angurie. Quello del Mar Morto è un paesaggio tipico israeliano, ma unico al mondo. Come «Mea Sharim», il quartiere ultraortodosso di Gerusalemme che si ritrova nei bei quadri di Hila Karabelnikov, oppure come la realtà dei soldati nei dipinti di Nir Hod. I fotografi israeliani immortalano le spiagge di Gaza e di Tel Aviv (Guy Raz), i check point e la guerra (Pavel Wolberg), oppure scelgono, come nel caso di Adi Nes di puntare al surreale. Israele nell'epoca degli attentati suicidi trova spazio in molte opere, con paesaggi desolati o dilaniati dalle esplosioni. C'è un video dell'artista Efrat Shvily, girato qualche anno fa dopo una serie drammatica di attacchi terroristici, quando la gente non voleva più uscire di casa: alcune persone intonano un verso in ebraico di una celebre canzone tradizionale, «l'importante è non avere mai paura». Un inno all'ottimismo che esorta i civili a riscoprire la normalità del quotidiano.

(il Giornale, 27 dicembre 2008)

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Bufera in Gran Bretagna per gli auguri antisemiti di Ahmadinejad

Proteste dal governo e dalla diplomazia israeliana all'emittente

È polemica aspra in Gran Bretagna dopo che l'emittente Chanel Four ha diffuso gli auguri amtisemiti del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Il discusso capo di stato ha colto l'occasione di un invito da parte della rete televisiva britannica a rivolgere i suoi «auguri di natale» per un'ennesima tirata contro Israaele. Se Gesù fosse vivo oggi, ha sostenuto tra l'altro, si sarebbe opposto alle «potenze aggressive, prepotenti ed espansioniste».
Le dichiarazioni, com'è immaginabile hanno sollevato un terremoto di critiche e le proteste del governo britannico e dell'ambasciatore israeliano a Londra, Ron Prosor. Il portavoce del ministero degli Esteri ha attaccato la decisione della tv di invitare il presidente iraniano che «ha fatto dichiarazioni antisemite che suscitano indignazione». L'ambasciatore ha parlato di «scandalo e imbarazzo nazionale».
La tv ha cercato di giustificare la sua scelta spiegando che «come leader di uno dei più potenti Paesi del Medio Oriente, il punto di vista di Ahmadinejad è molto importante».

(La Stampa, 26 dicembre 2008)

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Tensione sulla Striscia di Gaza

Proseguono gli attacchi contro il sud di Israele. Gerusalemme si prepara intanto a colpire le strutture di Hamas

Israele ha aperto stamattina i valichi di frontiera della Striscia di Gaza per consentire l'ingresso di 90 camion carichi di beni di prima necessità e medicinali per la popolazione palestinese stremata. L'esercito israeliano ha riferito che i primi mezzi sono entrati ed è iniziata già la distribuzione di medicine, carburante, gas da cucina e altri prodotti. Intanto proseguono però gli attacchi contro il sud di Israele: nelle ultime ore sono caduti cinque proiettili di mortaio nell'area intorno a Ehskol, riporta Haaretz. Non si registrano vittime.
Fonti israeliane, citate da Ynet, l'edizione online dello Yedioth Ahronoth, spiegano che l'apertura dei valichi è il frutto di una scelta tattica, che dovrebbe servire a «mitigare la situazione agli occhi della comunità internazionale» in vista di un'operazione militare. Secondo quanto riporta il Jerusalem Post, l'esercito israeliano è infatti pronto a rispondere ai continui lanci di Qassam da parte dei gruppi armati della Striscia con un'operazione militare circoscritta. Esclusa quindi per il momento l'ipotesi di una invasione del territorio palestinese, che Israele ha evacuato nell'estate del 2005, e che dal giugno 2007 è sotto il diretto controllo del gruppo estremista Hamas.
La tensione a Gaza si è acuita nell'ultima settimana, dopo che Hamas ha annunciato la sua intenzione di non rinnovare la tregua informale di sei mesi, adottata lo scorso giugno grazie alla mediazione egiziana e scaduta il 19 dicembre. Nei giorni scorsi i miliziani palestinesi hanno sparato decine di razzi contro le comunità israeliane al confine, e Israele ha minacciato di rispondere con l'esercito per fermare gli attacchi. Hamas ha fatto sapere di essere pronto a rinnovare la tregua se Israele toglierà l'embargo imposto alla Striscia.

(La Stampa, 26 dicembre 2008)

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Tre camere e cucina nella quercia

Le colture aeroponiche e i software botanici permetteranno di modellare le case-albero. I progetti nascono tra Tel Aviv e New York: il cibo crescerà sulle pareti mentre l'acqua sarà totalmente riciclata

La casa del futuro? Un ritorno alle radici, letteralmente. Il modo più ecologico e futuristico di vivere è sugli alberi, alberi intelligenti, modellati e fatti crescere a misura dei nostri bisogni quotidiani. Lo studio e la progettazione delle case-albero è già al centro dell'attività di un gruppo di scienziati israeliani e statunitensi che hanno unito i risultati delle loro ricerche sulla malleabilità, appunto, delle radici degli alberi....

(La Stampa, 26 dicembre 2008)

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Chanukkà e Natale.

di Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma

Quest'anno il calendario fa coincidere oggi Chanukkà con il Natale. Non avviene molto spesso, per quanto le due feste, malgrado le evidenti differenze, abbiano anche qualche affinità e lontane radici comuni (si pensi solo al fatto che entrambe cadono il 25 del mese). Il rapporto ebraico con il Natale è stato sempre complesso, soprattutto in tempi di forte ostilità cristiana antiebraica. Per esempio c'era, e forse c'è ancora, chi, in segno di lutto, non studiava Torà la notte, passandola a giocare a carte, con il risultato paradossale di fare alla fine le stesse cose degli altri. Ma, secondo quanto mi ha raccontato un notissimo rabbino di Yerushalaim, nella Varsavia del 1930 la maggioranza degli ebrei aveva in casa l'albero di Natale, giustificandolo con una certa disinvoltura come un uso culturale-nazionale piuttosto che religioso. Proprio nei giorni della festa ebraica che celebra la lotta contro l'assimilazione queste contraddizioni vengono a galla (come l'olio) e pensando a queste storie e al clima di oggi appare ben evidente come il nostro rapporto con gli altri sia strettamente legato a come gli altri si comportino con noi.

(Notiziario Ucei, 25 dicembre 2008)

COMMENTO - Ci sono altre analogie tra i due modi di festeggiare, o di non festeggiare, Chanukkà e Natale. Non molti sanno che la corrente storica evangelica italiana più antica dopo quella valdese, il movimento detto "dei fratelli", non festeggia il Natale. Il motivo è presto detto: questa festa non è indicata nel Nuovo Testamento, ha motivazioni storiche discutibili e si è aperta nel tempo a pratiche paganeggianti. Non ci sono dunque, in quel movimento, culti particolari "di Natale". Ciascuno resta a casa sua, e la giornata dovrebbe passare come tutte le altre. Dovrebbe, ma non è sempre così, perché la forza della tradizione popolare si rivela in molti casi irresistibile. Così può accadere che chi entra in casa di qualcuno trovi piazzato un albero di Natale e venga a sapere che si fanno scambi di regali con tutto quel che segue. Il fatto poi che il 25 di dicembre non si faccia un culto nella chiesa non esclude che si possa fare un lauto pranzo a base di prodotti tradizionali tipici dell'occasione. L'importante è che il tutto sia eseguito senza metterlo in relazione con l'aspetto religioso della festività, perché questo significherebbe aderire ad una religiosità paganeggiante. Cosa disdicevole. Il risultato è che alla fine, per motivi del tutto particolari, ci si comporta esattamente come tutti gli altri. Proprio come quegli ebrei di cui ha parlato il rabbino Di Segni. Se gli ebrei sapessero quante analogie si possono trovare, nel bene e nel male, tra ebrei ed evangelici! M.C.

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Accadde la sera di Natale del 1944

Se la festività religiosa potesse favorire fatti come questo...

(Notizie su Israele, 24 dicembre 2008)

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L'Italia ebraica celebra Chanukkà, mille luci dissolvono il buio

"Quella di Channukkà è la festa del miracolo in cui una fiammella ha continuato ad illuminare la nostra vita quando tutto sembrava buio. In questo luogo la furia nazista si e' accanita contro di noi ma essere qui oggi e' una lezione di speranza molto forte". Cosi' il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni ha celebrato al Portico di Ottavia, nel Ghetto di Roma, l'accensione della terza fiamma del candelabro di Channukkà alla presenza del sindaco di Roma Gianni Alemanno, del presidente della Comunità Ebraica di Roma Riccardo Pacifici, del vicepresidente della regione Lazio Bruno Prestagiovanni e dell'assessore capitolino alle politiche educative Laura Marsilio. Il sindaco Alemanno rivolgendosi alla Comunita' ebraica e agli studenti romani si e' detto "commosso di partecipare a questa festa insieme agli studenti con cui ho fatto il viaggio della memoria ad Auschwitz. Qui stasera si accendono le luci della vita e della speranza che è più forte della follia e del terrore". "Domani - ha aggiunto Alemanno - sarà officiato il funerale di Angelo Efrati, un ebreo romano deportato. Roma ha il dovere di ricordarlo perché la sua storia appartiene non soltanto ad un popolo ma a tutta l'umanità"'.
    Il presidente della Comunità Ebraica di Roma Riccardo Pacifici, che era accompagnato da molti consiglieri della Comunità Ebraica della Capitale, fra cui Gianni Ascarelli, Jaques Luzon, Massimo Misano e Settimio Pavoncello, ha tenuto a ringraziare il sindaco Alemanno, per "aver conferito, sulla scia di quanto fatto dal sindaco di Parigi Delanoe, la cittadinanza onoraria romana al soldato israeliano prigioniero di Hamas". "Ringrazio Alemanno e l'assessore alle politiche educative scolastiche Laura Marsilio - ha detto Pacifici - per il viaggio ad Auschwitz. Molti dei ragazzi che sono qui stasera hanno partecipato a quella toccante e forte esperienza del viaggio". Proprio questa toccante esperienza è stata ricordata dal Rav Roberto Della Rocca, direttore del Dipartimento Educazione e Cultura dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane, "Quando siamo partiti per quel doloroso viaggio, ha ricordato il Rav Della Rocca, qualcuno con una squallida ironia ha detto che avevamo fatto il biglietto di sola andata. Con un grande paradosso ci incontriamo questa sera qui, nel luogo in cui il 16 ottobre 1943 iniziò la terribile tragedia che coinvolse tante famiglie di ebrei romani. Questo è il paradosso dell'esistenza ebraica. Il fuoco delle fiammelle accese questa sera inneggia alla vita ed alla speranza di non ricadere più in alcuna forma di sopraffazione".
    Un richiamo all'importanza simbolica delle luci della festa di Chanukkà è venuto anche da parte della vicepresidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Claudia De Benedetti, che ha partecipato alla cerimonia assieme ai Consiglieri Anselmo Calò e Sandro Di Castro. "I lumi che abbiamo acceso - ha detto De Bendetti - hanno una magia ed una forza straordinarie, vengono preservati e custoditi con cura ma non accecano né emettono bagliori fiammeggianti. La lenta progressione con la quale, di sera in sera, aumentano, ci ricorda la gradualità con la quale la fede si può diffondere tra gli uomini, i piccoli passi che sono necessari per aprire dei varchi nelle anime di ognuno di noi. Questi lumi devono servire soltanto come simbolo festivo e non per fare luce nella casa, vengono posti davanti alla finestra per rendere pubblico il miracolo".
    "La Festa delle Luci è un momento importante che va a integrare e a completare il percorso del Progetto Viaggio nella Memoria. Per non dimenticare la tragedia del 900', che ha visto i ragazzi delle scuole superiori di Roma partecipare alla toccante e forte esperienza del viaggio ad Auschwitz, dove hanno saputo affrontare una dura prova, non solo culturale e di studio, ma coinvolgente sul piano spirituale ed emotivo". Lo ha affermato l'assessore alle Politiche Educative Scolastiche, della Famiglia e della Gioventù, Laura Marsilio, nel corso della Festaal Portico d'Ottavia. "L'incontro con i luoghi del dolore e l'ascolto delle testimonianze drammatiche di chi ha vissuto quella terribile tragedia ha messo tutti noi nella necessita' di portare avanti questo Progetto - ha proseguito - la giornata di oggi, in cui per la prima volta sono stati coinvolti gli studenti, è stata fortemente voluta e proposta alla Comunità ebraica dall'assessorato per favorire lo scambio delle reciproche culture, e approfondire la conoscenza della cultura ebraica. Una giornata di festa, dunque, e di condivisione delle tradizioni ebraiche, in cui si vuole lanciare ai giovani un forte messaggio di pace e speranza per il futuro".
    In molti hanno aderito anche all'invito del movimento Chabad per partecipare alla festa per l'accensione della prima luce di Chanukkà in piazza Barberini a Roma. Presenti, fra gli altri, il sindaco della capitale Gianni Alemanno e il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici. Fra gli interventi anche quello del Rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni. "Mi sembra un'ottima idea dare la cittadinanza romana al soldato israeliano catturato da Hamas, Gilad Shalit. Volevamo dare un segnale di solidarietà alla comunita"'. Lo ha detto durante la cerimonia il sindaco di Roma Gianni Alemanno raccogliendo la proposta avanzata dal presidente della Comunita' romana Riccardo Pacifici, che lo aveva invitato a seguire l'esempio del sindaco di Parigi Bertrand Delanoe.
    Alla cerimonia della prima sera in piazza Barberini, fa seguito la tradizionale festa in Portico d'Ottavia e l'accensione del grande candelabro del Tempio maggiore.
    "Sono qui a testimoniare l'abbraccio e il saluto della città, che è orgogliosa di avere la Comunità ebraica piu' antica del mondo. Siamo vicini al vostro popolo perché é il più minacciato", ha aggiunto il sindaco della Capitale. La cerimonia si è svolta tra canti di bambini in lingua ebraica e candeline accese. Fra le autorità presenti anche il vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio Bruno Prestagiovanni e il presidente del Primo Municipio Orlando Corsetti. Nel corso della festa sono state ricordate le vittime degli attentati a Mumbai, in India, nel corso del quali sono stati uccisi alcuni ebrei. "Accendere la luce - ha commentato Alemanno - è sfidare la paura ed essere consapevoli che la luce della speranza prevarrà contro l'odio e i fondamentalismi".
    L'Amministrazione comunale di Reggio Calabria ha intanto offerto alla Comunità ebraica di Roma quattrocento lattine di olio di oliva per l'accensione delle lampade della sinagoga e di piazza Barberini, in occasione delle cerimonie di Hanukkà che si tengono in questi giorni. Il rito ricorda la fine del conflitto in cui, 22 secoli fa, gli ebrei si riappropriarono di Gerusalemme e dei suoi santuari, profanati dai greci con idoli e statue. Il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Scopelliti, durante un incontro con il presidente della Comunità ebraica, Riccardo Pacifici, e con il Rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, ha annunciato che la prima domenica di settembre del 2009 Reggio ospiterà numerose manifestazioni nel contesto della Giornata della cultura ebraica in Europa. "Nel corso del colloquio - si afferma in una nota del Comune - si è parlato non solo della presenza ebraica a Reggio, ma anche dell'esperienza del Campo d'internamento di Ferramonti di Tarsia e del tradizionale viaggio che i rabbini di tutto il mondo compiono ogni anno a Santa Maria del Cedro (Cosenza) per la scelta dei cedri che poi saranno utilizzati per le solennità autunnali".

(Notiziario Ucei, 24 dicembre 2008 - 27 Chislev 5769)

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Milano, luce di Chanukkà

di Rossella Tercatin

Piazza Duomo è affollatissima. Domenica prima di Natale, tempo di regali e panettoni. Ma in piazza San Carlo, a due passi da San Babila, a farla da padrone sono bomboloni e candeline. È la prima sera di Chanukkà, celebrata come ormai è tradizione a Milano con l'accensione della grande Chanukkà pubblica. La gente della Comunità è tanta, così come i curiosi che tra una vetrina e l'altra non mancano di avvicinarsi per dare un'occhiata. A dare il benvenuto a pubblico e autorità presenti è Rav Levi Hazan, che accoglie e ringrazia a nome del centro Chabad e della Comunità il vicesindaco Riccardo De Corato, il Presidente del Consiglio comunale Manfredi Palmeri, e l'assessore alla Qualità, Servizi al Cittadino e Semplificazione, Servizi Civici Stefano Pillitteri. Tutti tengono a sottolineare il contributo e la luce dati alla città dalla Comunità ebraica milanese, grazie alla combinazione di identità e, allo stesso tempo, integrazione che la caratterizza. Chanukkà è la festa della luce che porta gioia e speranza a tutti e simboleggia il miracolo della salvezza fisica e spirituale del popolo ebraico e dell'idea monoteista avvenuta quasi 2200 anni fa, spiega Rav David Sciunnach. E la stessa convinzione animava Rav Gavriel Holztberg, vittima della strage di Mumbay, che aveva organizzato una Chanukkià pubblica al centro della città appena arrivato, come ricorda commosso Rav Levi, suo compagno in Yeshiva a New York. Il Presidente della Comunità Leone Sued ringrazia gli intervenuti sottolineando il grande significato di libertà che assume questa accensione pubblica, prima di recitare la Berachà ed accendere le candele del candelabro posto accanto a quello elettrico. Poi finalmente la festa comincia. Le note di Maotzur risuonano nell'aria fredda,cantate dagli alunni delle elementari della scuola del Merkos, si canta, si balla, mentre vassoi colmi di bomboloni si materializzano da tutte le parti, insieme a candelabri e candeline da distribuire a chi non ne avesse in casa. È uno di quei momenti in cui l'ebraismo milanese si fonde nella città per dare vita a una grande celebrazione.

(moked, 23 dicembre 2008)

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Israele può attaccare per liberare Shalit dalle mani di Hamas

di Dimitri Buffa

Dopo Parigi anche Roma ha scelto di fare la cosa giusta per dare un segnale ai terroristi di Hamas che lo tengono sequestrato a Gaza da ormai più di due anni e mezzo: dare la cittadinanza onoraria, e un giorno anche il passaporto italiano, al caporale Gilad Shalit. Il sindaco di Roma ieri ne ha dato notizia ufficiale durante la celebrazione annuale della festa di "hannukkah", le luci, che si è tenuta come da 30 anni a questa parte, in questo periodo, di domenica, a piazza Barberini davanti ai vertici della comunità ebraica romana, Riccardo Pacifici, al suo rabbino capo, Riccardo di Segni, e ai membri della Habad Lubavitch romana, a cominciare da Yassef Haddad e Avigail H. Dadon, che quest'anno avevano molti motivi di tristezza dopo la strage di Mumbai che ha coinvolto mortalmente alcuni loro fratelli di fede e di militanza. Intanto in Medio Oriente sembra sempre più vicino il giorno di un'offensiva su larga scala nei territori di Gaza dominati da Hamas. E la sorte del soldato israeliano rapito da Hamas nel 2006, Gilad Shalit, è stata una delle questioni prese in considerazione nel valutare la possibilità di un attacco militare. Almeno a quanto ha dichiarato ieri mattina alla radio militare israeliana il generale Gabi Ashkenazi, capo di Stato Maggiore delle forze di difesa dello Stato ebraico (Israeli Defence Force). "La mia idea è che non abbiamo completato la nostra missione - ha spiegato Ashkenazi - lo abbiamo inviato al fronte con i suoi compagni e finché non lo riavremo indietro non avremo completato la nostra missione, per cui lavoriamo su questo tema ogni giorno e stiamo facendo tutti gli sforzi possibili per riportare Gilad a casa". Per la cronaca Shalit è nelle mani dei terroristi di Hamas da 912 giorni. Ma a parte Shalit le forze armate israeliane potrebbero essere costrette a intervenire dentro Gaza per altri due motivi: prima di tutto è ripreso (dopo la "finta tregua"), il bombardamento in grande stile sulle città del Negev. E poi: persino i capi delle intelligence militari giordane ed egiziane sarebbero contente se Israele facesse fuori l'attuale dirigenza di Hamas che, in quanto emanazione dei Fratelli Musulmani, dà non poche noie anche ai Paesi arabi "moderati". Paesi in cui l'odio verso Israele esiste ancora nelle odiose forme dell'antisemitismo, ma che, sia pure sotto banco, sono ben contenti quando lo Stato ebraico toglie loro le castagne dal fuoco.

(l'Opinione, 23 dicembre 2008)

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Una comunità in estinzione

I cristiani di Terra santa sono oggi la più piccola fra tutte le minoranze cristiane del Medio Oriente. Stando alle più recenti cifre (2007) fornite da monsignor Robert Stern, presidente della Missione pontificia per la Palestina e segretario generale della Catholic Near East Welfare Association (Cnewa), in Israele, i cristiani rappresentano il 2% della popolazione: circa 147mila su 7.337.000 abitanti, in gran parte arabi. Nei Territori palestinesi sono circa l'1% della popolazione, alcune decine di migliaia su circa 3.800.000 palestinesi. A Betlemme la loro presenza dal 1990 è passata dal 90% al 20%. In Giordania sono il 4%. In Libano, un tempo a maggioranza cattolica, sono scesi al 30%. Secondo le ultime proiezioni del Cnewa, i cristiani potrebbero ridursi a 6 milioni in tutta la regione nei prossimi 15-20 anni. Arrivare cioè quasi alla completa estinzione.

(il Giornale, 23 dicembre 2008)

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L'odio per Israele corre in internet

di Deborah Fait

Oggi chi vuole esprimere il proprio odio per Israele va su internet e la' si sfoga e racconta le cose piu' incredibili, le piu' orrende, parla di atrocita' degne di Idi Amin Dada il dittatore cannibale ugandese in versione israeliana, una vera e propria festa di diffamazioni e odio antisionista.
Altri vanno sui blog tenuti da filoisraeliani e lanciano offese, auguri di morte, invocazioni al nazismo e alle camere a gas, un bailamme di ignobili accuse.
Non e' certo questo che mi stupisce perche' e' da sempre che chi ama Israele si sente circondato dall'odio degli ammiratori del terrorismo, di chi, piu' ipocritamente, si giustifica con un innocente " Ma perche' , Israele non puo' essere criticato?"...

(Informazione Corretta, 22 dicembre 2008)

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Boom di turisti verso Israele per le vacanze natalizie

Più di 60mila turisti visiteranno Israele durante le festività natalizie: sono queste le previsioni comunicate dal Ministero del Turismo Israeliano. Quest'anno gli arrivi in Israele sono cresciuti del 34%, così come nei territori dell'Autorità Palestinese: Durante i primi 9 mesi del 2008 ben 1.123.000 turisti hanno visitato Betlemme e Gerico, facendo così registrare, rispetto ai primi 9 mesi del 2007, a Betlemme una percentuale di crescita del 96,5 % e a Gerico del 42,3%. Spiega Ruhama Avraham-Balila, ministro del Turismo d'Israele: "Abbiamo lavorato con successo per far rinascere la fiducia del turista verso la nostra destinazione ed ora dobbiamo lavorare insieme per promuovere le destinazioni turistiche d'Israele e dell'Autorità Palestinese"

(TTG Italia, 22 dicembre 2008)


Israele: a quota 108mila i turisti dall'Italia

Con una crescita del 62%

Centottomila turisti, con una crescita del 62%: questi i numeri del flusso dall'Italia verso Israele. Di questi, il dato più interessante è quello che determina un 78% di turismo religioso e un 22% di turismo leisure. Entrambi i segmenti sono in crescita, sottolinea l'ente, "grazie anche alla massiccia campagna di comunicazione dell'Ufficio Nazionale Israeliano del Turismo".

(Guida Viaggi, 22 dicembre 2008)

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Gerusalemme, trovata collezione di monete del settimo secolo

GERUSALEMME - Alcuni scavi sotto un parcheggio nei pressi delle antiche mura di Gerusalemme hanno permesso il ritrovamento di una serie di monete d'oro risalenti a più di 1.300 anni fa. Lo ha riferito oggi l'autorità israeliana per le Antichità.
Gli archeologi hanno detto che le 264 monete rinvenute tra le rovine di un edificio del settimo secolo, verso la fine del periodo bizantino, sono una delle maggiori collezioni trovate a Gerusalemme.
"Avevamo trovato ceramiche, vetro, ma mai niente di questo genere", ha detto l'archeologa britannica Nadine Ross, che ha scoperto la collezione sotto una grossa roccia ieri, nella quarta e ultima settimana di scavi in Israele.
"E' molto eccitante", ha detto, mostrando una manciata di monete gialle luccicanti in ottime condizioni.
Le monete risalgono al periodo dell'imperatore bizantino Eraclio che regnò dal 610 al 641 d.C. Su una faccia è raffigurato l'imperatore in tenuta militare che stringe una croce nella mano destra, mentre sull'altra faccia c'è la croce.
Gli archeologi hanno detto che sono state coniate all'inizio del regno di Eraclio, prima che i persiani conquistassero la Gerusalemme bizantina nel 614.
"Si tratta di una delle più grandi e più importanti collezioni di monete mai scoperte a Gerusalemme, e certamente la più importante di quel periodo", si legge in una nota sul sito dei direttori Doron Ben-Ami e Yana Tchekhanovets.
"Poiché non sono state rinvenute ceramiche insieme alle monete, possiamo presupporre che la collezione fosse stata nascosta in una nicchia in un muro dell'edificio".
Fino ad ora, l'unica collezione di monete d'oro del periodo bizantino scoperta a Gerusalemme consisteva in cinque pezzi d'oro, hanno aggiunto.

(Reuters, 22 dicembre 2008)

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Davanti a un'opinione pubblica infuriata

di Giorgio Raccah

GERUSALEMME - Davanti a un'opinione pubblica infuriata nel sud di Israele dalla ripresa dei tiri di razzi da Gaza - ieri ne sono caduti una dozzina - e in vista delle elezioni politiche del 10 febbraio prossimo, i leader nazionali induriscono il linguaggio e minacciano direttamente il regime islamico di Hamas, al potere nella Striscia di Gaza. Il clima elettorale sembra contribuire non poco ai toni accessi e al linguaggio che la signora Tzipi Livni, ministro degli esteri e leader del partito di maggioranza relativa Kadima (centro), ha usato ieri. Un governo da me diretto, ha dichiarato la Livni, avrà come «obiettivo strategico» la caduta del regime di Hamas, e a questo fine ricorrerà a tutti «i mezzi militari, economici e diplomatici».Il diretto rivale della Livni, l'ex premier Binyamin Netanyahu, leader del Likud (destra) al quale i sondaggi danno buone probabilità di vittoria alle elezioni, ha accusato l'attuale governo di restare passivo davanti alle sofferenze di un quarto di milione di cittadini minacciati dai razzi e ha affermato che «nel lungo periodo la caduta del regime di Hamas è inevitabile».
I razzi hanno ripreso a cadere con intensità dallo scorso venerdì, quando è scaduta la relativa tregua di sei mesi tra Hamas e Israele, mediata dall'Egitto. Tra venerdì e ieri si stima che almeno una sessantina di razzi e di bombe di mortaio abbiano colpito il territorio israeliano, causando danni materiali e ferendo in modo lieve un lavoratore straniero in una serra.Israele ha reagito negli ultimi due giorni con due raid aerei contro siti di lancio dei razzi uccidendo un miliziano. La situazione al confine con Gaza ha aperto ieri la settimanale riunione del governo; il premier Ehud Olmert ha assicurato che saranno prese tutte le misure necessarie per porre fine a una situazione ritenuta intollerabile. «Un governo - ha detto Olmert - non si precipita a dare battaglia, ma nemmeno ne ha timore».
«Noi - ha continuato - prenderemo tutte le misure necessarie, col necessario senso di responsabilità». Il premier ha poi esortato a evitare dichiarazioni irresponsabili e truculente, che potrebbero infiammare ancora di più gli animi, senza con ciò mutare la situazione sul terreno. Tuttavia diversi ministri hanno propugnato una decisa azione militare contro Hamas senza più porre freni alle forze armate. Il ministro della Difesa Ehud Barak ha intanto ordinato ai responsabili militari di preparare un piano d'azione contro Hamas. Malgrado i toni accesi una vasta operazione militare, come un'invasione di Gaza, appare improbabile, in un momento in cui, a causa delle vicine elezioni, il governo in carica ha i giorni contati. Gli stessi responsabili militari del resto si mostrano restii alla rioccupazione dalla Striscia, sia per le probabili avverse reazioni internazionali - è prevedibile un alto numero di vittime anche civili - sia perché non si vede come uscire da Gaza una volta entrati: la lezione del Libano non è stata dimenticata.
Hamas, dal canto suo, ostenta di non farsi minimamente impressionare dalle minacce israeliane. Un dirigente del movimento islamico, Mahmud A-Zahar ha ammonito Israele sull'alto prezzo di sangue di un'eventuale invasione. Hamas al tempo stesso mostra disponibilità alla ripresa della tregua, ma alle sue condizioni: la riapertura dei valichi e la fine dell'isolamento di Gaza.

(Il Gazzettino, 22 dicembre 2008)

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Israele prepara la comunita' internazionale all’escalation in Gaza

Diplomatici al lavoro per sensibilizzare altri Paesi

GERUSALEMME, 22 dic. (Ap) - Israele sta preparando l'opinione pubblica internazionale a una possibile escalation militare nella Striscia di Gaza, volta a reprimere i gruppi armati palestinesi responsabili dei continui lanci di razzi Qassam verso le comunità israeliane nei pressi del confine. Il governo di Gerusalemme ha infatti dato istruzione ai suoi rappresentanti all'estero di spiegare la reale situazione che si è venuta a creare nella Striscia, dopo la fine della tregua informale di sei mesi, scaduta venerdì.
Il portavoce del ministero degli Esteri israeliano, Yigal Palmor, ha detto che i diplomatici israeliani sono già al lavoro. Fonti del ministero, parlando in condizioni di anonimato, hanno precisato che Israele vuole anche prevenire una possibile risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che rischierebbe di ostacolare le operazioni israeliane.

(Virgilio Notizie, 22 dicembre 2008)

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Gaza - Stampa araba: Israele prepara il mondo per l’"invasione"

ROMA, 22 dic. - All'indomani dell'annuncio di Hamas di porre fine alla tregua con Israele, grande apprensione sulla stampa araba di oggi sulla situazione a Gaza . I principali quotidiani parlano apertamente di "imminente invasione" della striscia che a causa dell'embargo "è immersa nel buio" e "minacciata dalla fame". "Vasta mobilitazione diplomatica internazionale di Israele per trovare una copertura all'invasione della striscia di Gaza", titola in apertura il quotidiano palestinese al Quds al Arabi che ricorda come i leader dello stato ebraico "per la prima volta, parlano di guerra con tutto il significato che comporta il significato di questa parola" e "non più di vasta operazione militare". Una guerra insomma che inizierebbe con "un'operazione militare a valanga che inizia dalla Jihad islamica per terminare con Hamas", come titola in prima pagina l'altro grande giornale panarabo, al Sharq al Awsat. Sullo stesso tenore, anche l'apertura del foglio panarabo al Hayat che titola: "Gaza di fronte a due minacce: fame oppure escalation militare e omicidi" dei leader estremisti islamici. Nel frattempo al Quds al Arabi, mette in rilievo le 'pressioni' del Cairo su Hamas per prolungare la tregua di 24 ore. Pressioni giudicate "misere" dal giornale 'Palestine' vicino ad Hamas che respinge ogni tentativo di "chiedere elemosine ad Israele" se quest'ultima non decide prima di "porre fine all'embargo" della striscia. In rilievo anche la drammatica situazione nella striscia, causata dall'embargo: "l'80% del territorio di Gaza è immerso nel buio", scrive al Quds al Arabi, mentre al Hayat, parla del "totale esaurimento di scorta di farina nei forni, nei granai e nei negozi" della striscia. (Apcom)

(GrNet.it, 22 dicembre 2008)

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Iran - Israele: La Russia non venderà sistema S-300 agli iraniani

"Infondata la notizia diffusa ieri dai media iraniani"

ROMA, 22 dic. (Apcom) - Israele smentisce categoricamente la notizia diffusa ieri dai media iraniani, secondo cui la Russia consegnerà presto all'Iran il sistema di difesa antiaerea S-300, che renderebbe più difficile un eventuale attacco contro i siti nucleari iraniani. Lo riporta il Jerusalem Post.
Il portavoce del ministero degli Esteri israeliano, Yigal Palmor, ha detto che alti funzionari russi hanno assicurato Israele che la notizia è "priva di fondamento", e che il Cremlino intende rispettare l'accordo raggiunto lo scorso ottobre a Mosca con il premier israeliano Ehud Olmert, in base al quale la Russia non altererà l'equilibrio delle forze nella regione vendendo armi ad altri paesi.

(Virgilio Notizie, 22 dicembre 2008)

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Parlamentari radicali: il caporale Shalit divenga sempre più un problema europeo

"Ci uniamo all'appello lanciato da Daniele Nahum, presidente dell'UGEI, a che venga concessa la cittadinanza italiana al caporale Shalit che da oltre due anni è nelle mani di gruppi fondamentalisti e di cui non si hanno più notizie - hanno dichiarato i parlamentari radicali eletti nelle liste del Pd -, non tanto perché l'essere cittadino italiano possa contribuire alla soluzione del problema, ma perché divenga spunto per recuperare la prospettiva di una Patria europea da ampliare al Mediterraneo orientale a partire di Israele, unica speranza per la promozione della pace e della democrazia nel Medio oriente
"Ci uniamo all'appello lanciato da Daniele Nahum, presidente dell'UGEI, a che venga concessa la cittadinanza italiana al caporale Shalit che da oltre due anni è nelle mani di gruppi fondamentalisti e di cui non si hanno più notizie - hanno dichiarato i parlamentari radicali eletti nelle liste del Pd -, non tanto perché l'essere cittadino italiano possa contribuire alla soluzione del problema, ma perché divenga spunto per recuperare la prospettiva di una Patria europea da ampliare al Mediterraneo orientale a partire di Israele, unica speranza per la promozione della pace e della democrazia nel Medio oriente.
Berlusconi, e anche Fini, sin dal loro insediamento, hanno avuto parole di grande vicinanza a Gerusalemme, nei prossimi mesi che vedranno centinaia di milioni di cittadini eleggere il nuovo parlamento europeo, e gli israeliani la nuova Knesset, occorrerà, anche a costo di inserirsi nel dibattito elettorale israeliano, porre di nuovo la prospettiva federalista europea tanto per i Balcani occidentali quanto per Turchia e Israele.
Shalit divenga il simbolo di una risposta pienamente politica al conflitto Israele-Hamas-Hezbollah e alla promozione della libertà e democrazia in tutto il medio oriente".

(Agenzia Radicale, 22 dicembre 2008)

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Polonia; La prima volta di un Presidente in sinagoga per Hannukah

Kaczynski ha partecipato alla cerimonia religiosa a Varsavia

Lech Kaczynski
VARSAVIA, 21 dic. (Ap) - Il Presidente polacco Lech Kaczynski ha celebrato il primo giorno della festività Hannukah con la comunità ebraica di Varsavia. E' la prima volta che un capo dello Stato polacco partecipa a una funzione religiosa in una sinagoga del Paese. La comunità ebraica ha definito "storica" la visita di Kaczynski nella sinagoga Nozyk di Varsavia. Il Presidente è giunto poco dopo il tramonto, accolto da un gruppo di bambini che hanno cantato 'Shalom Aleichem' (la pace sia con voi, ndr). Entrato nel luogo di culto, il Presidente ha acceso una candela del candelabro. Gran parte della comunità ebraica polacca venne sterminata durante la II Guerra Mondiale e i sopravvissuti patirono l'anti-semitismo del successivo regime comunista. Solo con la caduta del comunismo, nel 1989, la comunità ha potuto riprendere la propria vita, con riti e tradizioni.

(L'Arena, 21 dicembre 2008)

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Le reazioni all'intervento di Fini

di David Bidussa, storico sociale delle idee

Le reazioni all'intervento del Presidente della Camera onorevole Gianfranco Fini sono state stizzite. Qualcuno, per esempio, ha detto che ci sono state suore e preti che hanno fatto opera di soccorso e hanno salvato ebrei. Laddove ci fu, fu un atto meritorio, intrapreso a rischio della propria incolumità che va ricordato, con tutto il rispetto che si deve ai "giusti".
Il 1938, tuttavia, non era eguale al 1943. Nel 1938 all'ordine del giorno c'era la discriminazione e non la persecuzione delle vite. Confonderle significa dare risposte fuori tema. Per due motivi.
1) Il silenzio della Chiesa del 1938-1943 riguarda il fatto che da parte della Chiesa non ci furono obiezioni all'impianto culturale delle leggi razziali. Il soccorso non c'entra.
2) Anche volendo riferirsi all'opera di soccorso, il comportamento di singoli individui "non salva" l'istituzione a cui essi appartengono.
La questione dunque rimane inevasa. La storia, infatti, non guarda in faccia nessuno e quando pone domande pretende risposte pacate, articolate, documentate e argomentate. In ogni caso la storia si fa con i documenti, non si fa con le affermazioni di principio.
Fare gli offesi, è la risposta di chi pensa di essere al di sopra della storia. A esser pignoli non è nemmeno una risposta. E' la pretesa, da parte di coloro che pensano di avere sempre ragione e di essere sempre dalla parte della ragione, di ridurre al silenzio tutti gli altri in nome del rispetto dovuto.
Un atteggiamento che esprime la mentalità di chi esclude il diritto di replica agli altri e ritiene di avere sempre il diritto all'ultima parola.

(Notiziario Ucei, 21 dicembre 2008)

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Ultime dal confine con Gaza

di Susanna Cassuto

Io e la mia famiglia viviamo da cinquant'anni e più "a ridosso del confine" con la striscia di Gaza. Prima eravamo una giovane coppia, poi sono venuti i figli ed ora siamo qui tre famiglie: figli e nipoti. Abbiamo passato qui tutte le guerre dopo quella d'Indipendenza: la guerra del Sinai, quella dei sei giorni. di Kippur etc. Abbiamo subito danni dai nostri "vicini" di Gaza durante i tempi di cosiddetta pace, che venivano a rubare bestiame e a minare le strade tra i campi.
Ora da sette anni e mezzo siamo bersagliati dai missili Qassam. La cosiddetta tregua è finita già da tempo, da quando i nostri "cari vicini" hanno deciso di vedere cosa fa Israele a chi manda missili durante la tregua, e il governo Israeliano s'è astenuto da reagire. Ora non c'è più ragione di trattenerci! Noi non facciamo le valige, non siamo più nervosi di una settimana fa. Quelli di fronte a noi devono temere, se succederà a loro qualcosa di male, devono sapere che loro stessi l'hanno voluto.
E` impensabile che persone quiete e produttive siano lì come bersaglio e quelli che tirano i missili piangano se Israele non manda loro cibo o combustibile, o se qualcuno viene colpito quando si accinge a sparare.
Basta con le lagne!

(Informazione Corretta, 21 dicembre 2008)

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Milano: "La luce di Hanukkah riflette l'amicizia con Israele.

MILANO, 21 dic. (Adnkronos) - ''In questa festa di luce che richiama le luminarie accese per il Natale cristiano e che inizia in un giorno speciale come quello del solstizio d'inverno, l'augurio e' che la luce della nostra amicizia continui a risplendere. E che le candele di Hanukkah riscaldino anche i nostri cuori e aiutino ad avere maggiore fiducia nel futuro''.
Lo ha affermato il vice Sindaco Riccardo De Corato, che ha partecipato all'inaugurazione della tradizionale festa dell'accensione del primo lume di Hanukkah, in piazza Cadorna. Presenti, oltre a varie autorita' consolari, Giuseppe Laras, presidente dell'assemblea rabbini d'Italia, Gershon Garelik presidente delle scuole Merkos, Alfonso Sassun, in rappresentanza della comunita' ebraica di via Sally Mayer, e il vice presidente Riccardo Reuven Sadun del centro culturale Naar Israel, che ha organizzato la cerimonia.

(Libero-news.it, 21 dicembre 2008)

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Mostre: a Roma 'l'arte israeliana contemporanea'

ROMA, 21 dic. - (Adnkronos/Adnkronos Cultura) - La rinascita ebraica dopo l'olocausto, gli aspetti religiosi e secolari della vita, la guerra, il terrorismo, le tradizioni e il sentimento patriottico sono alcuni dei temi di carattere sociale, culturale e politico al centro delle 57 opere, realizzate con le tecniche ed i linguaggi piu' disparati, da venti artisti contemporanei per raccontare la quotidianita' di Israele e, allo stesso tempo, la sua complessita' e peculiarita' culturale.
In mostra al Complesso del Vittoriano di Roma, fino al 31 gennaio 2009, la mostra ''As Is: Arte Israeliana Contemporanea'' allestita in occasione del 60o anniversario dello Stato di Israele e curata da Ruth Cats pone in evidenza l'incessante dialogo tra l'arte ed istanze sociali, culturali e politiche attraverso i codici della pittura, scultura, fotografia, video e performance.Una mostra come pausa di riflessione, autoanalisi sulla identita', storia e cultura israeliane. Filo conduttore delle opere in mostra e' lo sguardo impietoso sui fatti di cronaca o sulla storia recente degli ultimi dieci anni come lo scoppio della seconda Intifada con gli attacchi terroristi, il ritiro dal Libano, il disimpegno da Gaza, la seconda guerra del Libano.
Dalla politica ai temi sociali con focus sulla mancata integrazione degli emigrati russi ed etiopi nella societa' israeliana; le differenze culturali tra i diversi gruppi etnici; le frizioni tra ebrei laici e religiosi; la sfiducia tra cittadini arabi israeliani ed ebrei israeliani.

(Libero-news.it, 21 dicembre 2008)

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Religione, Islam

"Ogni musulmano che muore suicida contro Israele e' benedetto da Allah e va in paradiso"

LONDRA - Asghar Bukhari è membro fondatore del Muslim Public Affairs Committee, che si autodefinisce il "più grande gruppo musulmano per i diritti civili". Bukhari crede che il suo compito come musulmano è essere politicamente impegnato. "Per me la religione non è un insieme di rituali. Qual è lo scopo di un dio che dice semplicemente prega, digiuna? No. Dio sicuramente esiste per migliorare l'uomo ma l'uomo difficilmente può migliorare quanto in giro per il mondo c'è così oppressione e l'uomo non muove un dito". Bukhari divenne un attivista politico nell'ambito della storia di Salman Rushdie. Dice di avere imbrattato con una bomboletta spray una libreria che esponeva una copia de I Versi Satanici. In quella circostanza dice pure di essere stato a favore della fatwa che voleva la morte di Rushdie. "Sì, ne ero convinto, sì, se l'Ayatollah Khomeini ordina di farlo fuori". Contrario all'estremismo islamico, ma un sostenitore del terrorismo suicida. Ecco la sua filosofia: "I musulmani che combattono contro l'occupazione della loro terra sono 'Mujahadeen' e sono benedetti da Allah. Ed ogni musulmano che combatte contro Israele e muore è un martire e sarà accolto in paradiso... Sulla faccia della terra non c'è oppressore peggiore dei Sionisti, che ammazzano i bambini per sport".
Per inciso, Bukhari è stato anche un sostenitore del negazionista dell'olocausto, David Irving, poi condannato. Gli mandò un assegno di 60 sterline ed una lettera che cominciava con una citazione di John Locke: "Perché il male trionfi è sufficiente che i buoni non facciano nulla" ed una e-mail in cui scrisse: "Può darsi che lei si senta solo, stia però tranquillo, c'è un sacco di gente vicina a lei nella sua battaglia per la verità".
Damian Thompson del Telegraph ha detto di Asghar Bukhari: "La BBC lo considera uno dei suoi ospiti preferiti. La sezione asiatica [della BBC] spiega come abbia "creato workshop allo scopo d'insegnare ai musulmani come rispondere ai media"

(ICN News, 21 dicembre 2008)

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Hamas minaccia nuovi attentati suicidi in Israele

L'esercito israeliano pronto a sua volta a "riconquistare Gaza"

ROMA, 21 dic. (Apcom) - Hamas minaccia nuovi attentati suicidi in Israele. A due giorni dalla fine della tregua informale nella Striscia di Gaza, il gruppo estremista palestinese dichiara "che la resistenza deve continuare in ogni modo e con ogni mezzo, fino a quando continuerà l'occupazione". Il portavoce del gruppo a Gaza, Ayman Taha, ha detto al quotidiano israeliano Haaretz che nella situazione attuale nessun tipo di cessate il fuoco è in vigore. "Gli attacchi con i razzi sono affidati al nostro braccio militare (le Brigate Ezzedin al Qassam, ndr). Decideranno loro come reagire".
Il Movimento di resistenza islamico ha annunciato venerdì la fine della tregua di sei mesi, in vigore dallo scorso 19 giugno, attribuendo a Israele la responsabilità per il mancato rinnovo dell'accordo. Nelle ultime 48 ore oltre 20 razzi Qassam sono caduti nel Negev Occidentale. L'esercito israeliano ha risposto ieri ai nuovi attacchi con un raid aereo nel nord della Striscia in cui è morto un miliziano palestinese delle Brigate dei Martiri di al Aqsa, il braccio armato di Fatah.
Le Forze di difesa israeliane si stanno comunque preparando per una escalation militare nella Striscia. "Dovremo assumere una linea aggressiva", ha detto una fonte militare ad Haaretz. "Israele ha consentito ad Hamas di rinunciare gradualmente agli attacchi con i razzi ma questo non ha funzionato. Questo livello di violenza, con quasi dieci lanci di razzi ogni giorno non è accettabile".
Fonti militari hanno riferito anche al Jerusalem Post che sono pronti i "piani operativi per ogni scenario", anche per una eventuale "riconquista della Striscia di Gaza". Israele ha evacuato il territorio palestinese nell'estate 2005, smantellando tutte le sue colonie e ritirando i soldati. Nel giugno 2007 la Striscia è finita nelle mani di Hamas, che ha preso il potere con un golpe, estromettendo le forze di sicurezza fedeli al presidente palestinese Abu Mazen.

(Virgilio Notizie, 21 dicembre 2008)

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Livni: se saro' premier la faro' finita con Hamas a Gaza

GERUSALEMME, 21 dicembre - Se Tzipi Livni sara' eletta nuovo primo ministro israeliano nelle elezioni anticipate del 10 febbraio prossimo, la fara' finita con il predominio di Hamas nella Striscia di Gaza, strappata con la forza un anno e mezzo fa dal gruppo radicale palestinese ai rivali nazionalisti di al-Fatah. E' l'impegno assunto oggi dall'interessata nel corso di una riunione con esponenti di Kadima, il partito centrista che lei stessa guida. "Lo Stato d'Israele, e un eventuale governo da me presieduto", ha affermato la signora Livni, attuale ministro degli Esteri, "faranno del rovesciamento del regime di Hamas a Gaza un obiettivo strategico. I mezzi per realizzare tale obiettivo", ha spiegato, "debbono essere militari, economici e diplomatici".

(AGI, 21 dicembre 2008)

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Frode Madoff - Lo scandalo alimenta l'antisemitismo sul web

Lo denuncia l'Anti-Defamation League

ROMA, 20 dic. (Apcom) - La maxi-frode da 50 miliardi di dollari orchestrata dall'ex numero uno del Nasdaq, Bernard Madoff, ha scatenato sul web un'ondata di commenti e messaggi dal contenuto antisemita, apparsi su blog e siti estremisti. Lo denuncia l'Anti-Defamation League (Adl), l'organizzazione con sede negli Stati Uniti impegnata nella lotta all'antisemitismo, secondo quanto riporta il Jerusalem Post.
"Gli ebrei sono sempre un comodo capro espiatorio in tempi di crisi", spiega il direttore dell'Adl, Abraham Foxman. "Ma il fatto che molti degli investitori frodati nello scandalo Madoff siano ebrei ha creato una perfetta bufera per gli antisemiti". "Oggi il primo posto dove vanno coloro che odiano gli ebrei è internet, qui possono dare voce alle loro idee di odio senza paura di ripercussioni", ha aggiunto.
Decine di investitori privati, organizzazioni filantropiche e banche sono rimaste vittime della frode, che ha scosso il mondo della finanza, già in crisi.

(Virgilio Notizie, 20 dicembre 2008)

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Israele permette approdo nave con aiuti umanitari a Gaza

GAZA, 20 dicembre - La conclusione del cessate-il-fuoco con le milizie di Hamas nella Striscia di Gaza, scaduto ieri, non ha impedito che Israele permettesse un nuovo approdo nell'enclave palestinese della 'Ss Dignity', l'imbarcazione che dall'estate scorsa periodicamente porta aiuti umanitari alla popolazione del minuscolo territorio, sul quale grava il blocco navale imposto un anno e mezzo fa dallo Stato ebraico, in concomitanza con la presa del potere da parte del gruppo radicale. La nave, battente bandiera britannica e dallo scafo lungo una ventina di metri, era salpata ieri sera dal porto cipriota di Larnaca con a bordo diciassette attivisti di varie nazionalita', tra cui quattro membri di una fondazione benefica del Qatar, tre libanesi e due cittadini israeliani: un giornalista e la pacifista Neta Golan, residente nella citta' cisgiordana di Ramallah e fondatrice del Movimento di Solidarieta' Internazionale. Nelle stive, latte per il consumo infantile e una tonnellata di medicinali messi a disposizione dal gruppo 'Free Gaza', promotore dell'iniziativa. La 'Dignity' e' stata intercettata in mare aperto da unita' della Guardia Costiera israeliana: e' stata identificata e perquisita, ma alla fine e' stata autorizzata a proseguire fino a destinazione. E' il quinto viaggio che compie l'imbarcazione, dopo quelli effettuati in agosto, ottobre e novembre; in ogni occasione la Marina Militare dello Stato ebraico aveva minacciato di impedirle il transito, ma alla fine l'avvertimento non si e' mai tradotto in concreto. All'inizio del mese, tuttavia, era stata bloccata una nave libica carica anch'essa di generi di prima necessita', che era stata costretta a invertire la rotta; ed era stata impedita la partenza dalla costa dello Stato ebraico di un battello analogo, allestito da un'organizzazione arabo-israeliana. "Abbiamo ancora bisogno di ulteriore sostegno da parte di coloro che appoggiano il popolo palestinese, per aiutare la resistenza a liberare Gaza", ha dichiarato Golan all'arrivo. (AGI) -

(AGI, 20 dicembre 2008)

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Visi d’Israele - Nehama

Uomini e donne provenienti da ambienti diversi parlano delle loro esperienze in Israele e dicono che cosa significa per loro vivere in quel paese.

(infolive.tv)


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Addio a Baumgarten, grande studioso dei manoscritti di Qumran

GERUSALEMME, 20 dic. - (Adnkronos) - Lo storico e archeologo austriaco naturalizzato statunitense Joseph Baumgarten, uno dei massimi studiosi dei Rotoli del Mar Morto e della comunita' giudaica di Qumran, e' morto a Gerusalemme all'eta' di 80 anni per le complicazioni legate ad un tumore. L'annuncio della scomparsa e' stato dato dalla Society of Biblical Literature, precisando che l'illustre studioso e' stato seppellito ''nella sua amata citta' di Gerusalemme'', dove viveva stabilmente dal 2005 dopo aver insegnato per lungo tempo all'Universita' Ebraica. Baumgarten e' considerato uno dei piu' insigni specialisti di studi biblici sulla legge giudaica (halakhah).
In particolare ha indagato gli argomenti giuridici contenuti nei Rotoli del Mar Morto ed e' stato uno dei pionieri delle ricerche sulla comunita' degli Esseni che si raduno' nelle grotte di Qumran a partire dal II secolo a.C. Nato il 7 settembre 1928 a Vienna da genitori ebrei, la famiglia di Joseph Baumgarten fu costretta a lasciare l'Austria dopo l'Anschluss, l'annessione alla Germania nazista, trasferendosi negli Stati Uniti nel marzo del 1939. A New York Baumgarten fu allievo di Jonas Greenfield, professore di studi semitici e uno dei principali organizzatori del progetto internazionale di studio dei Rotoli del Mar Morto, che furono scoperti nel 1947. Baumgarten inizio' la carriera accademica come professore di studi semitici alla Hopkins University, dove insegno' tra il 1952 e il '57.
In seguito insegno' lingua aramaica al Baltimore Hebrew College. Nel corso della lunga e prestigiosa carriera accademica, e' stato professore al Towson State College dell'University of Maryland e all'Universita' Ben Gurion in Israele. Infine ha insegnato studi semitici e post-biblici all'Institute for Advanced Studies dell'Universita' Ebraica di Gerusalemme. Joseph Baumgarten a Gerusalemme e a Filadelfia (Usa) ha fatto parte del comitato scientifico internazionale che ha curato l'edizione critica della pubblicazione degli oltre 600 manoscritti dei cosiddetti Rotoli del Mar Morto. Tra il 1953 e il 2006 ha pubblicato oltre 50 articoli sui manoscritti scoperti nelle grotte di Qumran, mettendo in luce l'organizzazione giuridica della comunita' degli Esseni e decifrando anche aspetti salienti dell'interpretazione delle leggi contenute nei testi biblici e apocrifi scritti dai monaci delle grotte scoperte nel 1947.

(IGN, 20 dicembre 2008)

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Il comando a Jaabri, l'uomo forte di Gaza

Il profilo dello sceicco fondamentalista che ha assunto il potere tra gli integralisti

TEL AVIV - Si chiama Ahmed Jaabri, secondo la stampa israeliana, l'uomo che più di ogni altro a Gaza è in grado di stabilire il corso degli eventi dopo la fine della tregua mediata dall'Egitto. Il quotidiano Maariv ha incluso il suo fra i nomi di esponenti di Hamas che potrebbero essere oggetto di "esecuzioni mirate" israeliane se questa prassi dovesse essere ripresa. In realtà, affermano gli analisti, egli è ormai ancora più influente dei leader politici più noti, come Ismail Haniyeh e Mahmud a-Zahar. In passato è stato detto di lui che riceve istruzioni direttamente dai vertici di Hamas a Damasco. In seguito analisti israeliani hanno corretto la valutazione: ormai il suo prestigio personale sarebbe tale da consentirgli un grado di autonomia anche di fronte al leader politico della organizzazione, Khaled Mashaal.
A 45 anni compiuti, sopravvissuto a due attacchi israeliani, lo sceicco Ahmed Jaabri è il comandante delle Brigate Ezzedin al-Qassam, braccio armato di Hamas. La sua potenza è andata crescendo negli ultimi due anni: prima con il rapimento del soldato israeliano Ghilad Shalit (giugno 2006), poi con il putsch militare contro Abu Mazen (giugno 2007).
A Gaza viene considerato «il capo di stato maggiore» dell'apparato militare di Hamas. È stato lui a dirigerne il potenziamento (ormai si tratta di almeno 20 mila uomini) e l'addestramento. Fonti israeliane aggiungono che Jaabri è responsabile anche dei progetti di armamento della organizzazione e della trafugazione di mezzi da combattimento dal Sinai verso Gaza. Anche se negli ultimi mesi ha concesso alcune interviste, vive in semi-clandestinità. A quanto risulta si sposta su veicoli sempre diversi, non è raggiungibile per telefono e non parla mai attraverso apparecchi radio. Di norma è circondato da un cordone di agenti di sicurezza. Secondo Maariv Jaabri ha mostrato la propria forza ancora la scorsa estate quando i servizi segreti di Hamas arrestarono, sospettando che lavorasse per Israele, un esponente locale che era stato amico di infanzia di Haniyeh.

(Corriere Canadese, 20 dicembre 2008)

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In occasione della festa di Chanukkà

Papà ultraortodosso lituano
(1) spiega al figlio

Papà, come abbiamo battuto i greci?
Con l'aiuto di Dio.

E allora che c'entrano i makkabìm?
Erano solo dei soldati. Dio li ha aiutati, "con l'aiuto di Dio" e "grazie a Dio" hanno vinto.

I makkabìm erano dei soldati?
Ah, erano soldati di Dio, le "schiere di Dio" (Tzivòt Hashèm)
(2).

Ma allora i makkabìm erano dei Lubavitch!
No, no! Dio ne scampi!! Erano lituani.

Yehudà Hamakkabì era armato?
Certo!

Ma allora Yehudà Hamakkabì era miscredente o goy?
Non sia mai! Che vuol dire era miscredente o goy?

Perché solo i miscredenti e i goyìm fanno il servizio militare!
Una volta anche gli osservanti facevano il servizio militare!

E perché i makkabìm facevano il servizio militare e noi no?
Perché oggi è la Torà che ci protegge!

E allora la Torà non li proteggeva?
Perché non vai un attimo a leggere un po' di mishnayòt con Moishele?

I makkabìm studiavano mishnayòt?
Studiavano Torà, molta Torà.

E non lavoravano(3)?
Non sia mai!

Allora era Antioco che gli dava i soldi?
No. Lavoravano e... guadagnavano qui e lì.

In nero, come lo zio Yanki(4)?
Yanki non lavora in nero!

Ma allora che lavoro faceva Mattitiahu(5)?
Faceva l'agricoltore.

Mattitiahu era tailandese(6)?
Che Dio abbia clemenza! Che ti salta in mente tailandese!

Ma allora come lavorava nei campi con la camicia bianca(7)?
E da dove lo sai che indossava una camicia bianca?

Moishe mi ha detto che un ebreo vero indossa sempre una camicia bianca!
Tu passi troppo tempo con questo Moishe. Però ha ragione.

Che cosa volevano allora i makkabìm?
Volevano uno stato ebraico indipendente da poter gestire.

Ed è la stessa cosa che vogliamo noi?
Sì, ma non possiamo dirlo. Noi mica siamo sionisti!
(8)

Papà io voglio essere makkabì, sionista e soldato!!!
Mio Dio! Ma sei diventato matto?

Ma stavo scherzando, papà! Vado alla recita con Shvaki.
Ah, bene, salutami la famiglia di Moishi.



(1) Vengono oggi chiamati "lituani" in modo generico tutte quelle correnti che si sono opposte e ancora oggi si oppongono al chassidismo. Storicamente venivano chiamate "mitnagghedìm - oppositori".
(2) "Tzivòt Hashèm" è il nome dell'organizzazione giovanile della corrente chassidica Chabad Lubavitch avversa ai "lituani".
(3) Moltissimi ultraortodossi in Israele preferiscono vivere di sovvenzioni statali o del sostegno di organizzazioni caritatevoli, ritenendo che sia più importante dedicarsi a studi sacri. In alcune famiglie il sostentamento proviene dalla moglie, che si somma ai doveri di madre di numerosi figli. Negli Stati Uniti e in Europa invece tale avversione al lavoro dei gruppi ultraortodossi è decisamente meno marcata.
(4) Si reputa che in Israele la percentuale di ultraortodossi che pratica l'evasione fiscale sia più alta che in altri settori.
(5) Mattitiahu ha iniziato la rivolta contro gli ellenisti ricordata dalla festa di Chanukkà.
(6) Anche in Israele i lavori più pesanti vengono svolti oramai da immigrati stranieri, spesso illegali e senza tutela sindacale.
(7) La camicia bianca, assieme al completo nero, giacca e pantaloni, è il tipico abbigliamento sobrio con il quale si fanno riconoscere in Israele, e spesso nel mondo, gli ultraortodossi. Alcuni addirittura ritengono tale abbigliamento più "ebraico" di altri.
(8) Gli ultraortodossi non si riconoscono nello stato laico e sionista nato nel 1948 e con qualche limitatissima eccezione (il battaglione del "Nàchal Ultraortodosso") cercano l'esenzione dal servizio militare obbligatorio, sia tramite accordi politici, sia tramite sotterfugi personali. Ideologicamente spiegano tale esenzione con la giustificazione che il loro studio della Torà "sostiene" chi ottempera alla leva.

Traduzione del brano e note di David Piazza

(morasha.it, 19 dicembre 2008)


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Giovanardi: Pacifici rischia di indisporre amici di Israele

ROMA, 19 dic. - "Il dibattito scaturito dalla frase di Gianfranco Fini sull'atteggiamento della Chiesa sulle leggi razziali sta deragliando in una sorta di rissoso polverone che non promette nulla di buono. In questo contesto devo dire all'amico Riccardo Pacifici, presidente della Comunita' ebraica di Roma, che le poco meditate ed infelici espressioni che ha usato nei confronti del Vaticano e di quanto fece il mondo cattolico italiano per salvare gli ebrei durante la guerra rischiano di indisporre anche chi da sempre e' piu' sinceramente vicino ad Israele e agli ebrei italiani". Lo dice vil sottosegretario alla Famiglia Carlo Giovanardi.

(Adnkronos, 19 dicembre 2008)

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"Caro Fini, la Chiesa dovrebbe scusarsi"

L'ex presidente della Repubblica scrive al Presidente della Camera Fini sulla questione della chiesa e l'antisemitismo.

Caro Presidente,
pur chiamandoti correntemente Gianfranco, mi rivolgo a te con questa lettera aperta indirizzandotela come al Presidente della Camera, per sottolineare che si tratta di una lettera scritta da me, quale membro del Parlamento Nazionale nella sua qualità di senatore a vita in quanto ex-presidente della Repubblica, al presidente di un ramo di esso: la Camera dei Deputati del quale ho fatto parte dal 1958 al 1983, per essere poi eletto senatore in quello stesso anno, per rientrare poi al Senato quale membro di diritto, dopo la parentesi dei sette anni al Quirinale....

(Il Tempo, 19 dicembre 2008)

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Hamas e Fatah perseguitano i giornalisti ma guai a chi ne parla

di Khaled Abu Toameh

Ala Salameh lavorava in una stazione radio di Gaza. Deve aver detto qualcosa di scomodo perché i miliziani di Hamas lo hanno sequestrato per ore costringendolo a mangiare cibo contaminato. Ma i reporter occidentali tendono a occultare storie come questa. Non diventerebbero popolari e perderebbero ogni chance di vincere qualche premio. Funziona così dai tempi dell'eroico Arafat.

Negli ultimi due anni i giornalisti palestinesi nella West Bank e nella Striscia di Gaza sono stati sottoposti a una sistematica campagna di intimidazione che ha portato alla morte di alcuni di loro e all'arresto di altri. La campagna, lanciata sia da Hamas che da Fatah, non ha ricevuto alcuna attenzione da parte dei gruppi dei diritti umani e da coloro che difendono la libertà di espressione in tutto il mondo. Al contrario, ogni volta che un giornalista palestinese viene incidentalmente ferito dal fuoco israeliano durante uno scontro con i palestinesi, l'episodio occupa tutte le prime pagine nelle maggiori testate americane ed europee....

(l'Occidentale, 19 dicembre 2008)

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Sondaggio Israele: se si votasse oggi Kadima sarebbe il 1o partito, Likud 2o

I centristi di Kadima (Tzipi Livni) e i nazionalisti del Likud (Benyamin Netanyahu) sono spalla a spalla in un sondaggio di opinione condotto oggi, dopo che i principali partiti di Israele hanno completato le elezioni primarie e sono liberi ormai di lanciarsi nella campagna elettorale.
Secondo il sondaggio, condotto dalla rete televisiva della Knesset (parlamento), se le elezioni si svolgessero oggi Kadima sarebbe il primo partito con 30 seggi (su un totale di 120), il Likud sarebbe secondo con 29 seggi, i nazionalisti di Israel Beitenu (Avigdor Lieberman) otterrebbero undici seggi, mentre i laburisti di Ehud Barak e gli ortodossi di Shas dovrebbero accontentarsi di dieci seggi ciascuno.
I curatori del sondaggio hanno chiesto chi sia il candidato piu' idoneo a svolgere il ruolo di primo ministro. La Livni raccoglie il 34 per cento dei consensi, Netanyahu il 29, Barak appena il nove per cento.
Quasi un israeliano su tre pensa che nessuno di loro sia all'altezza della situazione. Dalle primarie di Kadima la Livni e' emersa a testa alta, confortata anche dall'insuccesso riportato dal suo rivale interno piu' insidioso, il ministro dei trasporti Shaul Mofaz. Nei primi dieci nomi della lista dei candidati alle politiche di febbraio spicca la presenza femminile: in particolare quella del presidente della Knesset Dalia Yitzik. Una circostanza significativa per Kadima che dalla sua fondazione tre anni fa cerca di convincere gli israeliani di essere portatore di un nuovo approccio alla politica.
Anche Netanyahu ritiene di essere uscito rafforzato dalle primarie del proprio partito. Con sua sorpresa era emerso al 20/mo posto della lista dei candidati il nome di un estremista di destra, Moshe Feiglin. Ma grazie ad una interpretazione dei regolamenti interni alquanto elastica Netanyahu e' riuscito a retrocederlo al 36/mo posto, dove non dovrebbe piu' essere 'nocivo'. Restio a concedere interviste, Netanyahu lavora alacremente dietro le quinte da dove compatta fin d'ora un 'blocco dei partiti di destra' che dopo il voto superi alla Knesset i 61 seggi ed impedisca a Kadima di costituire una coalizione di governo. In casa laburista l'esito delle elezioni sembra compromesso.
Eppure Barak ritiene che sia ancora possibile raggiungere un risultato onorevole da utilizzare in futuro per garantirsi la conferma alla carica di ministro della difesa. Le strade delle citta' sono tappezzate da vistosi poster in cui Barak ammette: 'Non sono simpatico', per poi precisare: 'Pero' sono un leader'. Forse l'ex generale e' gia' riuscito a far breccia in una importante cittadella: la redazione del quotidiano liberal Haaretz, che oggi anticipa sulla intera prima pagina una intervista con Barak che sara' pubblicata per esteso domani. Nell'intervista Barak polemizza con lo scrittore Amos Oz secondo cui ''il partito laburista ha ormai terminato il proprio ruolo storico''. ''Le notizie sulla mia morte (politica) - replica Barak - erano premature''.

(ANSA, 19 dicembre 2008)

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La polemica sulle leggi razziali

L'opinione di Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma

Un po' di chiarezza e uno spunto di riflessione sulla recente ennesima polemica su leggi razziali e Chiesa cattolica. E' vero che la Chiesa si oppose al razzismo; il razzismo sottolineava le differenze tra i gruppi mentre secondo la dottrina cattolica ogni essere umano, ebrei compresi, ha diritto alla salvezza che la Chiesa annuncia. Ma questo non vuol dire che per la Chiesa fosse ingiusto allontanare gli ebrei dalla società, per "proteggerla", come veniva fatto dalle leggi razziali; era una cosa che la Chiesa aveva sempre fatto nei secoli e alla quale non si oppose nemmeno nel 1938. In quell'occasione ci fu in realtà un gesto forte da parte del papa (Pio XI) che scrisse di persona al re e a Mussolini chiedendogli di modificare un unico articolo, quello che riguardava i matrimoni misti celebrati da un prete e di cui le leggi razziali negavano la validità. Solo per questo articolo (considerato un "vulnus" del concordato) ci fu la protesta, il resto andava bene. E' interessante notare che di tutte le norme delle leggi razziali quella sull'abolizione della validità del matrimonio misto forse era l'unica che avrebbero approvato tutti i rabbini italiani, mentre fu l'unica per cui la Chiesa protestò. Anche perché un ebreo che si sposa davanti a un prete è, per dirla con le parole della recente versione dell'oremus pasquale, un cuore che comincia a illuminarsi.


L'opinione di Giorgio Israel, storico della scienza

Il Presidente della Camera Gianfranco Fini si è fatto tirare le orecchie dalla Chiesa Cattolica per averne ricordato l'atteggiamento ambiguo (e in taluni casi connivente) con le leggi razziali. Chissà se questo basterà a considerarlo soggetto degno di dialogo oppure resterà irrecuperabile, in quanto le sue affermazioni sono tardive e scontate. C'è chi sostiene che il dialogo va fatto comunque, anche con Hamas o con quel "moderato" negoziatore dell'Autorità Palestinese (Abu Ala) secondo cui a Gerusalemme non c'è mai stato un Tempio e anzi non c'è mai stata alcuna presenza ebraica (la Torah deve essere un falso dei sionisti), ma poi si mostra particolarmente intransigente con altri soggetti. Bisognerebbe ricordare che il dialogo non compromette mai e va fatto con chiunque, purché sia confronto sincero basato sull'ascolto dell'altro. Se da una parte almeno non c'è ascolto e si fanno soltanto asserzioni apodittiche, allora non c'è neppure rispetto e il dialogo è impossibile. Anzi non c'è proprio. Ma dialogare con chi non ascolta e chiudere la porta in faccia a chi vuol ascoltare è soltanto manifestazione di pregiudizio.

(Notiziario Ucei, 18 dicembre 2008)

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Fini replica, sulla chiesa polemiche inutili

ROMA, 16 dic. - "Alcune polemiche sono fatte solo per il gusto di fare polemica, se dovessi riscrivere l'intervento che ho letto oggi a Montecitorio in occasione dell'anniversario dell'approvazione delle leggi razziali lo riscriverei cosi' come l'ho pronunciato". Cosi' il presidente della Camera, Gianfranco Fini, torna sulle polemiche sollevate dalle sue parole riguardo al comportamento della Chiesa durante le persecuzioni razziali nei confronti degli ebrei e presentando assieme a Walter Veltroni il libro 'La cricca' del giornalista parlamentare Renato Venditti, riprende il filo dell'intervento di questa mattina.
"La storia - ha detto Fini - oggi ci consente una lettura intellettualmente piu' onesta e non puo' essere usata come un'arma contundente: io ho espresso un convincimento che mi pareva addirittura banale e non credevo di sollevare polemiche". Fini ha ripetuto le parole del discorso pronunciato questa mattina a Montecitorio e ha aggiunto: "Se dovessi riscrivere questo concetto lo riscriverei cosi' come l'ho pronunciato". Il presidente della Camera ha citato un documento ufficiale del Vaticano che risale al 2000 e si intitola 'Memoria e riconciliazione'. "In quel documento - ha ricordato - la Chiesa stessa si chiedeva se le persecuzioni nei confronti degli ebrei fossero state facilitate dai pregiudizi antiebraici di alcuni cristiani. Dunque - ha continuato Fini - non capisco di cosa ci si scandalizza". "Se poi leggero' domani sui giornali 'Fini attacca la Chiesa', oppure le dichiarazioni di qualche esponente del Pd o del Pdl che mi chiede di abiurare, allora significa che questo e' un altro modo di confrontarsi con la storia, io preferisco farlo in modo piu' serio, anche piu' sofferto, ma in maniera rispondente alla realta'. Credo - ha concluso - che alcune polemiche siano fatte solo per il gusto di fare polemica".

(AGI, 18 dicembre 2008)

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Fini non ha detto niente che non fosse già nei libri di storia

Il Presidente della Camera Fini non ha detto niente che non fosse già nei libri di storia, non ha espresso giudizi rivoluzionari. Ha certamente fatto un discorso istituzionalmente nobile e consapevolmente antifascista (con toni che oggi nemmeno la sinistra sa più usare), ma non ha sparato nel mucchio, nè ha ceduto all'anticlericalismo. Ha aggiunto - questo sì - ciò che agli italiani non piace sentirsi dire: «L'ideologia fascista non spiega da sola l'infamia». È evidente che la società italiana si adeguò in gran parte alle leggi razziali, l'antifascismo era ormai ridotto alla clandestinità e alcune voci autorevoli non si espressero a favore degli ebrei. Si adeguò, almeno nel silenzio, anche una parte della Chiesa. L'Italia non si dimostrò all'altezza della sua civiltà religiosa e giuridica, forse accolse senza eccessivo entusiasmo, di sicuro lasciò fare. Ci furono poche "luminose eccezioni", per dirla con Fini. Quando per l'applicazione delle leggi razziali gli ebrei furono allontanati dagli uffici pubblici, fu loro impedito di svolgere le professioni e furono tutti cacciati dalle scuole, soltanto un professore universitario in Italia rifiutò di sostituire un collega discriminato. Gli ebrei rappresentavano il 7% del corpo accademico. A Padova il rettore non mandò nemmeno un biglietto per ringraziarli del lavoro svolto: se ne andarono cattedratici di fama mondiale, tra gli altri il fisico Bruno Rossi che sarà nel gruppo che a Los Alamos costruirà l'atomica americana. Nel 1931 quando i professori universitari furono chiamati a giurare fedeltà al fascismo e a sottoscrivere l'impegno "a formare cittadini operosi, probi, devoti alla Patria e al regime fascista", su 1200 appena dodici dissero di no, tre erano ebrei.
    Ha ragione Fini: fu un popolo intero che lasciò fare. Erano momenti difficili, erano i giorni di tregua della pace di Monaco: le democrazie occidentali avevano offerto un sacrificio alla pace. Era richiesta più diplomazia che irruenza, specie da parte della Chiesa. In realtà il vecchio papa Pio XI (e di lui Fini si è un po' dimenticato e questo gli ricorda "Civiltà Cattolica") si era posto con forza il problema dell'antisemitismo di Stato ancora prima che Mussolini emanasse le leggi razziali. Aveva scritto protestando al duce e al re; aveva pronunciato nel luglio 1938 un discorso che Ciano, genero di Mussolini e ministro degli Affari Esteri, aveva giudicato nel suo Diario "violentemente antirazzista". Quasi certamente aveva in mente un'enciclica sulla "Unità del genere umano" minacciata dalla teoria razzista e antisemita. Morì a 81 anni, nel febbraio 1939, e dell'enciclica si persero le tracce negli Archivi; ma nel 1959 Giovanni XXIII ricorderà della durezza del vecchio pontefice nei confronti della stampa fascista.
    Gli successe Pio XII e ogni volta che si parla di Pacelli sale la tensione, anche per le recenti critiche della Comunità ebraica internazionale alla notizia della sua imminente beatificazione. Nessuno nega che la Chiesa si sia adoperata durante la guerra e, soprattutto,nei mesi terribili dell'occupazione tedesca per evitare le persecuzioni. Molti sacerdoti hanno rischiato la vita e tanti l'hanno perduta per aiutare famiglie di ebrei. E anche molti cattolici sono morti per la stessa "luminosa" scelta. Per restare al Veneto, si pensi ai Fraccon, padre e figlio, cattolici vicentini che morirono in un campo di sterminio. E si pensi al frate del Santo, padre Placido Cortese, torturato ed eliminato nella Risiera di San Sabba. Il Vaticano sicuramente sapeva. Ma tutto questo non può escludere la possibilità di interrogarsi sui silenzi di Pio XII e sugli atteggiamenti della Chiesa rispetto ai crimini nazisti e alla Shoah. Tenendo, ovviamente, conto degli effettivi margini di intervento e delle ambiguità che il momento storico richiedeva.

(Il Gazzettino, 18 dicembre 2008)

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Leggi razziali: Briguglio, anche De Felice da' ragione a Fini

ROMA, 18 dic - ''Da cattolico credo che l'Osservatore Romano abbia sbagliato ad attaccare cosi' aspramente il presidente Fini, che su leggi razziali e antisemitismo ha espresso, peraltro in un'analisi molto articolata, un breve giudizio sulla condotta della Chiesa che e' avallata da molti storici''. Cosí Carmelo Briguglio, vicepresidente dei deputati del PdL e componente l'ufficio politico di An. Lo stesso Renzo De Felice, afferma Briguglio, nella sua ''Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo'', scrive che pur di salvare la Conciliazione, la Chiesa avallo' ''se non nel diritto certo nelle coscienze di molti cattolici, il principio della persecuzione degli ebrei''. Anche se ci furono ''manifestazioni di umana e cristiana solidarieta''' l'atteggiamento della Santa Sede ''rispetto ai provvedimenti razziali fascisti fu a sua volta sostanzialmente timido e rivolto non a difendere gli ebrei, ma a difendere precise prerogative della Chiesa Cattolica in Italia''. Secondo Briguglio quindi ''si puo' non condividere il giudizio di Fini, ma non si puo' accusarlo di non conoscere la Storia ne' farlo oggetto di anatemi o scomuniche e cio' perche' questo non ha alcun senso nei confronti della terza carica dello Stato italiano, nei confronti di un leader politico che dalla battaglia per il riconoscimento delle radici giudaico-cristiane dell'Europa, all'apertura ai diritti civili degli immigrati, alla posizione favorevole al Crocifisso nelle scuole, senza rinunciare alle proprie convinzioni, ha mantenuto un comportamento sempre rispettoso della fede religiosa e dell'identita' cattolica dell'Italia''.

(IRIS Press, 18 dicembre 2008)

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La Russia regalerà 10 Mig-29 all'esercito libanese

Per le autorità russe l'esercito libanese è il miglior garante della stabilità politica e va quindi rafforzato.

La notitizia è stata riportata dalla agenzie di stampa russe che hanno citato il capo del servizio di cooperazione tecnica e militare della Federazione russa, Mikhail Dmitriyev. "Il ministero della Difesa russa ha deciso di fornire 10 mig-29 al Libano come forma di aiuto militare e tecnologico", ha dichiarato Dmitriye. L'intera copertura della spesa, ha poi precisato, sarà a carico dello stesso ministero. Da tempo Mosca e Beirut sono in trattative per la vendita di armi all'esercito libanese, una situazione che, a detto dello stesso Dmitriyev, è resa possibile dalle mutate condizioni politiche del Paese. "Noi vediamo l'esercito libanese come il miglior garante della stabilità della nazione. Per questo le forze armate del Paese devono essere rafforzate", ha concluso.

(PeaceReporter, 18 dicembre 2008)

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Doppio raid aereo Israele, ancora razzi da Gaza

GAZA, 18 dic. - Precipita la situazione nella Striscia di Gaza, alla vigilia della scadenza del cessate-il-fuoco tra le truppe d'Israele e le milizie di Hamas: dopo i lanci di razzi in serie dall'enclave, in tutto diciannove ordigni, uno dei quali ieri aveva provocato il ferimento di almeno due civili e ingenti danni materiali nella cittadina israeliana di Sderot, puntuale e' arrivata la rappresaglia dello Stato ebraico, che nella notte ha effettuato una duplice incursione aerea sul settore nord del minuscolo territorio, colpendo alcune officine nelle localita' di Khan Younis e Jabaliyah.
Stando a fonti ospedaliere locali, un palestinese e' rimasto ucciso. Ai due raid hanno fatto seguito peraltro nuovi attacchi con razzi e salve di mortaio contro la parte meridionale del territorio israeliano: complessivamente nove i proietti scagliati da oltre frontiera, ha precisato una portavoce dell'Esercito dello Stato ebraico, ma senza alcuna conseguenza.
Secondo Israele, le officine prese di mira nascondevano in realta' laboratori per la confezione dei razzi. Hamas sostiene che la tregua sia ormai giunta alla conclusione, avendo validita' per soli sei mesi ed essendo entrata in vigore il 19 giugno scorso; lo Stato ebraico nega invece che sia mai stato concordato un termine finale per la sospensione delle ostilita', e sostiene che la data di domani non riveste alcun significato particolare. Ambedue i contendenti non hanno escluso un eventuale prolungamento del cessate-il-fuoco, ma pretendono la completa cessazione degli attacchi della controparte

(AGI, 18 dicembre 2008)

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Secondo la stampa israeliana Tel Aviv prepara un nuovo attacco contro il Libano

La notizia è stata pubblicata sul Jerusalem Post che cita fonti militari

Israele avrebbe elaborato dei nuovi piani militari per un potenziale attacco al Libano che includerebbe l'occupazione dei territori nella zona a sud del fiume Litani.
La notizia è stata pubblicata oggi dal quotidiano israeliano Jerusalem Post, secondo il quale la brigata Golani dell'esercito d'Israele avrebbe appena terminato una settimana di esercitazioni preparatorie per intraprendere una guerra contro Hezbollah. Stando a quanto riportato dal quotidiano, per Israele non esiste alcuna differenza tra Hezbollah e il governo libanese. Il governo israeliano ha minacciato di colpire indistintamente qualsiasi obiettivo in Libano, sia che si tratti di elementi affiliati a Hezbollah o meno. Alcuni ufficiali dell'esercito hanno reso noto che il capo di stato maggiore Gaby Ashkenazi ha convocato una riunione di gabinetto per impartire istruzioni su raid aerei che potrebbero essere effettuati dall'aeronautica israeliana contro infrastrutture libanesi, fino a quando Hezbollah continuerà a essere un partner del governo. Nell'estate del 2006, Israele aveva attaccato il Libano con l'intento di distruggere il movimento di Hezbollah. La guerra, durata 33 giorni, ha causato moltissime vittime tra i civili e ha distrutto numerose infrastrutture. Il Jerusalem Post, tuttavia, in passato ha spesso annunciato piani bellici che si sono poi rivelati poco attendibili.

(PeaceReporter, 17 dicembre 2008)

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Usa: Nostri funzionari a Sderot solo con mezzi blindati

Per gli Usa quella zona è come l'Iraq e l'Afghanistan

ROMA, 17 dic. (Apcom) - Dopo la ripresa dei lanci di razzi Qassam su Sderot (una quindicina ne sono stati sparati nelle ultime ore), l'amministrazione Usa ha deciso che tutti i funzionari americani che si recheranno in visita nelle città israeliane al confine con la Striscia di Gaza dovranno usare mezzi blindati. Lo riporta il Jerusalem Post.
Stamattina un colonnello dell'esercito americano è andato a Sderot con un veicolo blindato dell'esercito israeliano. Un ufficiale israeliano ha riferito alla radio militare che in accordo ai regolamenti dell'amministrazione Usa, per gli americani Sderot è "come l'Iraq e l'Afghanistan".
Oggi pomeriggio miliziani palestinesi della Striscia di Gaza hanno lanciato altri quattro razzi Qassam, che sono caduti in campi aperti senza fare vittime.

(Virgilio Notizie, 17 dicembre 2008)

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Ebraismo. Eletto presidente dell'European Jewish Congress

Il russo Moshe Kantor è stato rieletto oggi a Bruxelles presidente dell'European Jewish Congress (Ejc), l'Istituzione europea che rappresenta politicamente tutte le Federazioni Ebraiche nazionali. Kantor ha avuto il voto di 55 delegati su un totale di 84 delegati in rappresentanza delle comunità ebraiche dei 42 paesi del vecchio continente.
Cinquantatré anni, a capo del Fondo ebraico europeo e del Congresso ebraico russo, il rieletto presidente vanta solide relazione con Cremlino. Nel suo programma il nucleare iraniano, la preparazione alla conferenza di Ginevra sulla xenofobia e il razzismo, prevista per il prossimo anno, e il rafforzamento dell'identità e della vita ebraica nelle piccole comunità europee
L'unica donna eletta fra i nove membri dell'esecutivo è l'italiana Claudia De Benedetti attuale vicepresidente dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane (Ucei).

(ami, 17 dicembre 2008)

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Pioggia razzi, a Sderot la tregua è un ricordo

TEL AVIV - Strage sfiorata oggi a Sderot (Neghev) quando un razzo palestinese sparato da Gaza è esploso nel parcheggio di un centro commerciale. Tre persone sono state ferite, dieci sono rimaste in stato di shock, una ventina di automobili ed un grande magazzino hanno riportato danni.
Mentre la stampa locale si interroga ancora se Hamas abbia intenzione, dopo il 19 dicembre, di estendere la tregua con Israele, la popolazione di Sderot - che ha reagito con scene di panico a questo ed ad altri attacchi subiti nella giornata - è convinta ormai che le intese dei mesi scorsi siano crollate.
Per tutta la giornata le sirene di allarme a Sderot e nella vicina città di Ashqelon (complessivamente, quasi 200'000 abitanti) hanno ululato, mentre da Gaza i miliziani palestinesi continuavano a sparare razzi contro Israele. In tutto ne sono stati lanciati una ventina. Questi attacchi sono stati rivendicati dalla Jihad islamica, dalle Brigate dei martiri di al-Aqsa (al-Fatah) e dai Comitati di resistenza popolare. Ma Israele afferma che dietro ad essi c'è una precisa regia di Hamas.
Da Gaza, il portavoce delle Brigate Ezzedin al'Qassam (il potente braccio armato di Hamas) Abu Obeida ha preferito restare sul vago. Hamas, ha fatto sapere, non ha ancora preso una posizione definitiva circa la tregua. Essa verrà chiarita "in forma esplicita" nei prossimi giorni, dopo che sul tema i dirigenti del movimento hanno fornito valutazioni diverse. Da Damasco, Khaled Mashaal ha anticipato che essa non sarà prolungata, mentre da Gaza Ismail Haniyeh ha più cautamente spiegato che la questione è ancora materia di discussione con l'Egitto e con gli altri gruppi armati palestinesi. Dati i rapporti di forza sul terreno, è evidente che l'ultima parola sarà comunque quella di Hamas.
Lo stillicidio di razzi non ha provocato alcuna reazione militare israeliana fatta eccezione per il lancio di un razzo, in serata, contro una postazione di miliziani a Beit Hanun, a nord di Gaza. Sulla apparente riluttanza da parte delle forze armate israeliane di condurre una operazione di vasta portata a Gaza, Abu Obeida ha osservato: "I responsabili politici e militari (di Israele, ndr) non possono prendere una decisione del genere nel timore di conoscere la sconfitta, il fallimento e la delusione che ben ricordano dopo la guerra in Libano", contro gli Hezbollah nel luglio-agosto 2006.

(swissinfo.ch, 17 dicembre 2008)

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Medicina: la rivincita del Prozac, possibile alleato anticancro

MILANO, 17 dic. - Uno studio israeliano apre nuove frontiere per l'utilizzo dell'antidepressivo Prozac. Il farmaco a base di fluoxetina, finito piu' volte nel mirino dei detrattori delle terapie antipsicotiche per i suoi possibili effetti collaterali, potrebbe infatti rivelarsi un'efficace arma anticancro. Secondo una ricerca dell'universita' di Tel Aviv - pubblicata su 'Cancer Letters' e rilanciata dal quotidiano 'Jerusalem Post' - il farmaco promette di potenziare l'azione della doxorubicina: un antitumorale comunemente impiegato in chemioterapia, recentemente rivisitato in una nuova formulazione liposomica sviluppata proprio grazie alla ricerca 'made in Israele', da Yechezkel Barenholz della Hebrew University di Gerusalemme e dall'oncologo Alberto Gabizon del Shaare Zedek Medical Center.

(Adnkronos Salute, 17 dicembre 2008)

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Fascismo - Gattegna (ebrei italiani): Fini ha detto verità storica

"Adesso lasciamo la parola agli storici"

ROMA - Denunciando il silenzio della Chiesa cattolica di fronte alle leggi razziali del 1938, Gianfranco Fini ha affermato "una verità storica inconfutabile", secondo il presidente degli ebrei italiani Renzo Gattegna.
Il presidente della Camera "parlava di una mancata opposizione e resistenza attiva della chiesa cattolica e questa è una verità storica inconfutabile", ha detto il presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane a margine dell'inaugurazione di una mostra sui 70 anni delle leggi razziali al Vittoriano di Roma.
"Adesso - ha proseguito Gattegna - lasciamo la parola agli storici, alle loro ricerche, alle loro pubblicazioni e apriamo il più possibile gli archivi. Non ci devono essere tesi precostituite a sostegno dell'una o dell'altra posizione. Se risulterà che ci sono state condanne ufficiali del Vaticano nei confronti delle leggi razziali - ha concluso il leader degli ebrei italiani - ne prenderemo molto volentieri atto dei risultati".

(Virgilio Notizie, 17 dicembre 2008)

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Discriminare in quel periodo era il pensiero dominante

di Giordano Bruno Guerri

Uno dei compiti che in Italia toccano agli storici del fascismo - volenti o nolenti - è fare da commissione esaminatrice alle dichiarazioni dei politici riguardo al ventennio. L'onorevole Gianfranco Fini è stato sottoposto più volte a questo procedimento, con mutevoli risultati. Stavolta mi sembra di poter dire che ha pienamente ragione. È vero, la società italiana si è «adeguata nel suo insieme alla legislazione antiebraica», salvo luminose eccezioni fra le quali è il caso di citare Filippo Tommaso Marinetti, Massimo Bontempelli e Italo Balbo. Non fa onore agli italiani di allora, però bisogna tenere conto del contesto storico. A parte che le decisioni del regime non potevano essere discusse («Mussolini ha sempre ragione»), c'è da considerare due elementi fondamentali.
    Il primo è banalissimo, nella sua crudele e banale ovvietà: nel 1938 non c'era ancora stato l'Olocausto, nessuno poteva immaginare gli orrori dei campi di sterminio. Inoltre, il razzismo fascista non veniva presentato come persecuzione (anche se lo era) bensì come discriminazione: una discriminazione che gli italiani avevano già accettato - certi di essere nel giusto - nei confronti di libici e etiopi, i popoli «conquistati». Del resto, non usavano gli stessi metodi, nelle loro colonie, inglesi, francesi, spagnoli, portoghesi, olandesi eccetera? Si poteva fare lo stesso, questo il pensiero dominante, per «poche decine di migliaia di ebrei»: italiani, sì, ma «diversi».
    Un altro elemento che contribuì alla passività (e a volte all'entusiastica accettazione) rispetto alla legislazione razziale fu l'atteggiamento del Vaticano. Fini si è limitato a sostenere che non ci furono «manifestazioni particolari di resistenza da parte della Chiesa cattolica». È vero. La Chiesa si oppose alla politica antiebraica esclusivamente quando ledeva il suo ambito di azione, ovvero quando impedì il matrimonio - cristiano - fra un cattolico e un ebreo. Difese, cioè, i propri diritti, non quelli dell'essere umano, e tanto meno quelli degli ebrei. Gianfranco Fini avrebbe potuto aggiungere, senza timore di venire smentito, che la Chiesa aveva alimentato nei cattolici di tutto il mondo un sentimento antiebraico, sia pure per motivi religiosi, non razziali. Un fascista/razzista fanatico come Roberto Farinacci poté tranquillamente sostenere che era stata proprio la Chiesa a instillare negli italiani l'avversione agli ebrei. Erano stati i papi, secoli prima a costringere le comunità ebraiche nei ghetti, e obbligarle a portare segni distintivi e quindi infamanti, a limitare la loro possibilità di guadagno a lavori che avrebbero suscitato odio o disprezzo verso di loro, come il prestito a usura o la raccolta di stracci. Per secoli i papi avevano mantenuto un rito consistente nel dare un pubblico calcio (neanche tanto simbolico) a un rappresentante della comunità ebraica. E solo molti anni dopo le leggi razziali, e il fascismo, è stata eliminata dal messale l'espressione «perfidi giudei». C'è di più. Prima e durante il fascismo, le riviste cattoliche - specialmente quelle dei gesuiti, che davano il la a tutte le altre - attaccarono costantemente gli ebrei in quanto «popolo deicida», meritevole della punizione divina e umana.
    Un razzismo di fondo era dunque sedimentato nella coscienza del popolo italiano, e favorì la passiva accettazione delle leggi antiebraiche, che spesso divenne anche entusiasta partecipazione, altre volte un più umano e cristiano sentimento di pietà e di solidarietà. È vero, dunque, che un atteggiamento genericamente autoassolutorio non serve a evitare di cadere ancora in simili errori, anzi.

(il Giornale, 17 dicembre 2008)

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I silenzi di un paese intero

Intellettuali, senatori e antifascisti illustri: tacquero (quasi) tutti

La «non reazione» della Chiesa, certo. Ma nel '38 e negli anni successivi non reagì, non parlò, non si oppose nessuno. Il silenzio imbarazzato o accondiscendente nei confronti delle leggi razziali promulgate dal fascismo coinvolse cattolici e laici, conservatori e progressisti. Le eccezioni furono rarissime. Gli ebrei vennero lasciati soli, come il padre di Giorgio nel Giardino dei Finzi-Contini di Giorgio Bassani, iscritto al Fascio di Ferrara, volontario nella Prima guerra mondiale....

(Corriere della Sera, 17 dicembre 2008)

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A 70 anni dall'emanazione delle leggi razziali

Mostra sul 70o anniversario per non dimenticare

ROMA, 17 dicembre 2008. In occasione della ricorrenza del 70o anniversario della promulgazione delle Leggi Razziali, da oggi fino a domenica 22 febbraio, presso la Sala Gipsoteca del Complesso Monumentale del Vittoriano, è allestita la mostra "Leggi Razziali. Una tragedia italiana", promossa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in collaborazione con UCEI (Unione Comunità Ebraiche Italiane, Fondazione Museo della Shoah) Roma e Museo Nazionale dell'Ebraismo e della Shoah, Ferrara, con la partecipazione dell'Assessorato Politiche Educative Scolastiche della Famiglia e della Gioventù del Comune di Roma. La manifestazione nasce sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica con il patrocinio del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati. L'esposizione è a cura di Marcello Pezzetti e Bruno Vespa, con il coordinamento generale di Alessandro Nicosia....

(Buone Notiize.it, 17 dicembre 2008)

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Sedicenne aggredisce quattordicenne a Genova: "Sporco ebreo"

GENOVA, 17 dic. - "Sporco ebreo, hai il sangue sporco, sei un animale". Con queste frasi ingiuriose un sedicenne genovese ha aggredito un quattordicenne mentre i due si trovavano su un treno regionale diretti a casa dopo le lezioni.
L'aggressore si e' scagliato contro la vittima, aggredendola anche fisicamente. Alla scena ha assistito un altro sedicenne che e'accorso in aiuto del quattordicenne, scatenando una rissa.
Il fatto, di cui da' notizia il quotidiano genovese "Corriere mercantile", si e' consumato ieri pomeriggio poco dopo le 14 tra le stazioni di Genova Cornigliano e Genova Pegli, nel ponente cittadino. Il capotreno e' stato costretto ad interrompere la corsa e chiedere l'aiuto dei carabinieri. I militari del nucleo radiomobile, giunti sul treno nella stazione di Pegli, hanno identificato l'aggressore e il quattordicenne, trovato piangente in un angolo del vagone, spaventato e sotto choc. Chiariti i fatti, il sedicenne e' stato denunciato per interruzione di pubblico servizio, percosse e ingiurie. I carabinieri stanno valutando se chiedere alla procura l'aggravante razziale.

(AGI, 17 dicembre 2008)

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In occasione del settantesimo anniversario della sciagurata ...

In occasione del settantesimo anniversario della sciagurata importazione in Italia del razzismo nazista, si tiene a Roma, da oggi al 22 febbraio 2009, la mostra sulle leggi razziali (1938-2008, Leggi razziali/Una tragedia italiana, Vittoriano, Gipsoteca, ingresso Ara Coeli).

Prima di porre una questione di grande momento, è necessario ripartire dalla premessa ideologica della legislazione razzistica ed antiebraica che ricalcò pressoché alla lettera quella del Terzo Reich.
Mi riferisco al Manifesto sulla purezza della razza, 14 luglio 1938, vergato e sottoscritto non solo dai gerarchi fascisti, ma da personalità di rilievo od emergenti nel campo della cultura e della scienza....

(Il Tempo, 17 dicembre 2008)

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Un seminario sugli ebrei nel Lazio

In vista del secondo incontro seminariale della costituenda Associazione per la storia degli ebrei nel Lazio e nello Stato della Chiesa, viene lanciato un call for papers rivolto a tutti gli studiosi interessati al tema "Gli ebrei nel territorio: sistemi di relazioni e rapporti istituzionali nello Stato della Chiesa (secc. XIV-XIX)"....

(fuori dal ghetto, 17 dicembre 2008)

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Pioggia di razzi Qassam nel Negev

Miliziani palestinesi a Gaza hanno lanciato 8 razzi Qassam contro la parte occidentale del deserto israeliano del Negev. Il fuoco di fila segna la vigilia della conclusione della tregua di sei mesi tra Israele ed Hamas e non fa presagire nulla di buono sul futuro della Striscia di Gaza.
Sono alcune settimane, del resto, che si assiste a una recrudescenza del lancio di razzi Qassam verso il territorio israeliano. Martedi', i palestinesi avevano lanciato 11 Qassam e un colpo di mortaio; e uno dei razzi era caduto in un campo di calcio, accanto a una scuola di Sderot. Non c'erano stati feriti, ma alcuni presenti avevano dovuto ricorrere ai sanitari per superare lo shock.
Anche se la tregua e' ancora in piedi, la Jihad ha minacciato di aumentare la pioggia di razzi su Israele; mentre Hamas, che pure ha annunciato di non voler siglare il prolungamento del cessate-il-fuoco, ha anche fatto sapere che non aprira' il fuoco su Israele a meno che non sia provocato.

(RaiNews24, 17 dicembre 2008)

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Eurofly inaugura oggi il nuovo volo su Israele

Decolla oggi, 17 dicembre, il nuovo collegamento di linea operato da Eurofly tra Milano Malpensa e Tel Aviv. Il volo sarà attivo tutti i mercoledì fino alla metà di febbraio 2009. Poi, da 23 febbraio 2009 i collegamenti da Malpensa verso Tel Aviv tutti i lunedì, mercoledì e giovedì; inoltre, dal 25 febbraio, Eurofly aprirà voli di linea da Roma Fiumicino e dal 26 dello stesso mese da Verona, con frequenze bisettimanali. I nuovi operativi si inseriscono a sostegno della domanda crescente tra Italia e Israele: secondo i dati forniti dall'Ufficio nazionale israeliano del turismo il 2008 si chiuderà con oltre 100.000 turisti italiani che hanno visitato il Paese.

(Travel, 17 dicembre 2008)

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Fascismo - Bondi: La maggioranza degli italiani non difese gli ebrei

Oggi inaugurazione della mostra su settant'anni di leggi razziali

ROMA, 16 dic. (Apcom) - L'applicazione delle leggi razziali del 1938 "fu permessa da un generale ottundimento degli italiani che in buona parte, per quieto vivere, non si esposero troppo a favore degli ebrei": lo sostiene il ministro per i Beni e le attività culturali, Sandro Bondi.
"L'applicazione delle Leggi razziali fu permessa da un generale ottundimento degli italiani che in buona parte, per quieto vivere, non si esposero troppo a favore degli ebrei, salvo figure e istituzioni di grande valore morale e spirituale", afferma Bondi nella prefazione al catalogo della mostra '1938-2008. Settantesimo anniversario leggi razziali. Una tragedia italiana' che verrà inaugurata oggi a Roma. "In seguito, il fallimento parziale della campagna razzista che, pur mietendo migliaia di vittime, non raggiunse mai la follia di quella nazista permise addirittura a quella parte di cittadinanza ignava, la cosiddetta zona grigia, di costituirsi 'un comodo alibi - come scrive Renzo De Felice nella sua 'Breve storia del fascismo' - dietro cui nascondere il proprio opportunismo e tacitare eventuali rimorsi di coscienza'".
Questa è, per Bondi, "la cosa più grave: primo, la dimenticanza dei fatti, secondo, la rimozione della colpa. Al contrario - conclude il ministro - la mostra 'Leggi razziali. Una tragedia italiana' tanto intensa soprattutto nella sua volontà didattica è un piccolo ulteriore tassello per la ricostituzione di una memoria collettiva dopo decenni in cui non è stato possibile, per motivi ideologici, arrivare alla definitiva comprensione dei processi che hanno condotto a questa aberrazione".

(Virgilio Notizie, 16 dicembre 2008)

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Israele, gli imam invitano a trucidare gli ebrei come nel 1929

ROMA, 16 dic - Numerosi leader religiosi arabi islamici hanno espresso la propria solidarietà ad Hamas per la situazione a Hebron e nella striscia di Gaza. I loro interventi sono stati trasmessi dalle emittenti tv Al-Manar e Al-Aqsa. A tradurli ci ha pensato il Memri, preziosissima fonte nella decrittazione dell'intolleranza fondamentalista e terrorista. Lo sceicco Himam Sa'id, guida suprema della Fratellanza Islamica in Giordania, ha detto: "Voi, gente di Hebron, voi state combattendo una guerra contro gli ebrei, e lo sapete fare bene. Abbiamo visto come, in un giorno del 1929, avete trucidato gli ebrei di Hebron. Oggi, trucidateli sulla terra di Hebron, uccideteli in Palestina". Il riferimento è all'eccidio del 1929, quando al grido di "uccidi l'ebreo", a Hebron, in un vero e proprio pogrom, gli arabi distrussero distrutta la comunità ebraica che abitava da secoli la città di Abramo e Giacobbe.
"Amman è pura e l'ambasciatore ebreo non deve contaminare il suo suolo" prosegue Sa'id. "Noi diciamo a questo governo (giordano): basta con la normalizzazione dei rapporti con gli ebrei, basta con tutto l'import-export con gli ebrei. I nostri mercati sono pieni di frutta e verdura ebraica. I commercianti che importano questa frutta e verdura sono dei traditori, dei collaborazionisti. Diteglielo, fate sentire la nostra voce. La posizione degli studiosi religiosi è che chiunque commerci con gli ebrei è un traditore e un collaborazionista". Ha parlato anche Husan Abdallah, dell'Associazione libanese degli studiosi islamici: "La soluzione è rinnovare la lotta armata in modo ancora più forte e più efficace. Fate di nuovo esplodere i vostri corpi puri a Gerusalemme e a Tel Aviv e in tutte le città occupate di Palestina. Il popolo egiziano deve mettere in campo un'azione di violenza, anche a rischio della galera, anche a rischio di morire: saranno martiri in nome di Allah". Era da molto tempo che l'invettiva dell'imamato arabo non assumeva toni così violenti.

(il Velino, 16 dicembre 2008)

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Arrivi in crescita per il Natale di Betlemme

In Cisgiordania si contano 1,3 milioni di visitatori dall'inizio dell'anno

Dopo anni travagliati, quello che arriva sembra essere un Natale positivo dal punto di vista turistico per Betlemme e il suo territorio. Gli hotel della città sono prenotati e il sindaco si attende 30mila visitatori per la Vigilia, rispetto ai 22mila dell'anno scorso. Altri 5mila sono attesi per le celebrazioni ortodosse a gennaio. La Cisgiordania è stata visitata da 1,3 milioni di persone quest'anno, quasi il doppio rispetto al 2007. E il totale potrebbe arrivare a 1,6 milioni.

(Guida Viaggi, 16 dicembre 2008)

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Gaza, condannato a morte come "spia d'Israele"

Ma per l'esecuzione occorre la ratifica di Abu Mazen

ROMA, 16 dic. (Apcom) - "Tradimento, spionaggio, complotto e collaborazione con il nemico sionista": queste sono le accuse per cui il tribunale militare del governo Hamas ha condannato oggi alla pena di morte Mohammed Ali Hassan Sadim, come riferisce il foglio elettronico panarabo Elaph.
Citato da Elaph, Ahmed Atallah presidente della Corte che ha emesso la sentenza di morte, ha spiegato che "l'imputato (un 34enne di Rafah) era stato arrestato lo scorso 18 febbraio" ed avrebbe ammesso di essersi "legato all'intelligence israeliana nel 2004 partecipando alla raccolta di informazione su membri della resistenza", poi uccisi dall'esercito dello stato ebraico. Sadim è stato riconosciuto colpevole anche per avere "partecipato ad un campo d'addestramento" in Israele.
Il presidente della corte ha fatto sapere che sarebbero "tre le condanne a morte in attesa di esecuzione". Secondo la legge palestinese, è necessaria la ratifica da parte del presidente dell'Anp, Abu Mazen.

(Virgilio Notizie, 16 dicembre 2008)

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E' morto Joseph Baumgarten, il decifratore dei rotoli del Mar Morto

GERUSALEMME, 16 dic. - (Adnkronos) - L'archeologo austriaco naturalizzato statunitense Joseph Baumgarten, uno dei massimi studiosi dei Rotoli del Mar Morto e della comunita' giudaica di Qumran, e' morto a Gerusalemme all'eta' di 80 anni per le complicazioni legate ad un tumore. L'annuncio della scomparsa e' stato dato dalla Society of Biblical Literature, precisando che l'illustre studioso e' stato seppellito ''nella sua amata citta' di Gerusalemme'', dove viveva stabilmente dal 2005 dopo aver insegnato per lungo tempo all'Universita' Ebraica. Baumgarten e' considerato uno dei piu' insigni specialisti di studi biblici sulla legge giudaica (halakhah). In particolare ha indagato gli argomenti giuridici contenuti nei Rotoli del Mar Morto ed e' stato uno dei pionieri delle ricerche sulla comunita' degli Esseni che si raduno' nelle grotte di Qumran a partire dal II secolo a.C. Nato il 7 settembre 1928 a Vienna da genitori ebrei, la famiglia di Joseph Baumgarten fu costretta a lasciare l'Austria dopo l'Anschluss, l'annessione alla Germania nazista, trasferendosi negli Stati Uniti nel marzo del 1939. A New York Baumgarten fu allievo di Jonas Greenfield, professore di studi semitici e uno dei principali organizzatori del progetto internazionale di studio dei Rotoli del Mar Morto, che furono scoperti nel 1947. Baumgarten inizio' la carriera accademica come professore di studi semitici alla Hopkins University, dove insegno' tra il 1952 e il '57. In seguito insegno' lingua aramaica al Baltimore Hebrew College. Nel corso della lunga e prestigiosa carriera accademica, e' stato professore al Towson State College dell'University of Maryland e all'Universita' Ben Gurion in Israele. Infine ha insegnato studi semitici e post-biblici all'Institute for Advanced Studies dell'Universita' Ebraica di Gerusalemme. Joseph Baumgarten a Gerusalemme e a Filadelfia (Usa) ha fatto parte del comitato scientifico internazionale che ha curato l'edizione critica della pubblicazione degli oltre 600 manoscritti dei cosiddetti Rotoli del Mar Morto. Tra il 1953 e il 2006 ha pubblicato oltre 50 articoli sui manoscritti scoperti nelle grotte di Qumran, mettendo in luce l'organizzazione giuridica della comunita' degli Esseni e decifrando anche aspetti salienti dell'interpretazione delle leggi contenute nei testi biblici e apocrifi scritti dai monaci delle grotte scoperte nel 1947.

(RomagnaOggi, 16 dicembre 2008)

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Iran: Ahmadinejad, non riconosceremo mai Israele

TEHERAN, 16 dic - L'Iran 'non riconoscera' mai' Israele, e chi vuole avere rapporti con Teheran deve tenerlo a mente. Cosi' il presidente Ahmadinejad. Ahmadinejad e' tornato sulla questione, in un comizio ad Ahwaz, dopo che il Sarkozy aveva detto che rifiuterebbe di stringergli la mano, dopo le sue affermazioni sulla necessita' di cancellare Israele dalle carte geografiche. Ma sembrerebbe come un monito in vista di eventuali contatti con Obama.

(ANSA, 16 dicembre 2008)

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Trani - Accensione della prima luce di Channukkà

Domenica 21 dicembre presso la Sinagoga Scolanova di Trani

Al tramonto di domenica 21 dicembre presso la Sinagoga Scolanova di Trani verrà accesa la prima luce della festa di Channukkà. Claudia Debenedetti (vicepresidente dell'Unione Comunità Ebraiche Italiane) e la Comunità madre di Napoli saranno a Trani a condividere con la comunità ebraica pugliese la "Festa delle Luci".
La festa di Chanukkà cade il 25 del mese ebraico di Kislev e ricorda la vittoria dei Maccabei sugli ellenisti al tempo di Antioco Epifane. Come scrive Pierpaolo Pinchas Punturello, "Chanukkà è la celebrazione di un grande canto per la nostra identità ebraica che "vive" (e non "sopravvive"), nonostante tutti i tentativi di aggressione culturale, di eliminazione fisica e di oblio".
Francesco Lotoro, Responsabile culturale della Comunità Ebraica di Napoli - Sezione di Trani: «A simbolo di questa vittoria, i Maestri comandarono l'accensione dei lumi ponendo così l'accento non tanto sulla vittoria dei Maccabei quanto piuttosto sull'atto con cui essi riconsacrarono il Tempio di Gerusalemme dopo che era stato profanato con l'introduzione dell'idolatria: l'accensione della lampada che ardeva perennemente nel Santuario pose fine alla profanazione. I Maccabei, dopo aver sconfitto il nemico greco cercarono e non trovarono che una sola ampolla d'olio rimasta pura perché ancora chiusa con il sigillo del Sommo Sacerdote.
    Questa ampolla sarebbe bastata per illuminare il Tempio un solo giorno ma accadde un miracolo e così l'olio dell'ampolla bastò per otto giorni, il tempo sufficiente per procurarsi nuovo olio purissimo. Quest'anno la festa di Channukkà a Trani sarà allietata dalla presenza in città di numerose delegazioni ebraiche italiane, in primis quella della Comunità madre di Napoli ma anche da Roma, Casale Monferrato e da Sannicandro Garganico.
    Claudia Debenedetti, vicepresidente dell'Unione Comunità Ebraiche Italiane, all'atto del suo insediamento alcuni mesi or sono espresse pubblicamente il desiderio di accendere la prima luce di Channukkà a Trani come simbolo non soltanto dell'identità ebraica ritrovata nella riconsacrazione dell'antico Tempio ma come segno tangibile della vicinanza delle Istituzioni ebraiche centrali alla piccola comunità ebraica pugliese. Desiderio che sia Napoli che Trani hanno fatto proprio e che rende la Channukkà di quest'anno un evento denso di significati alla luce di un anno che si preannuncia ricco di vita culturale ebraica nel Mezzogiorno e in particolare a Trani, prossima città capofila della Giornata Europea della Cultura Ebraica (6 settembre 2009).»
    Nel pomeriggio si terrà presso la Sinagoga Scolanova il Consiglio della Comunità di Napoli, il primo che si tiene nella Sezione tranese. Al tramonto, l'accensione della prima luce di Channukkà alla grande Channukkià (il candelabro a 8 braccia) della Sinagoga Scolanova. La festa sarà anche allietata dai canti tipici della Festa delle Luci e dai dolci che saranno preparati per l'occasione.

(TraniWeb, 15 dicembre 2008)

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"Teatro degli orrori" in scena a Gaza, Hamas schernisce Gilad Shalit

TEL AVIV, 15 dic - Indignazione di Israele per l'iniziativa di rappresentare con toni di scherno il rapimento del soldato Gilad Shalit.
In una manifestazione di massa per le celebrazioni dei 21 anni della fondazione di Hamas, è stato messo in scena, in una piazza di Gaza, quello che i giornali israeliani Yediot Ahronot e Israel ha-Yom hanno definito "Il teatro dell'orrore".
Un giovane vestito con la divisa israeliana, esprimendosi in ebraico, invocava l'aiuto dei genitori e del primo ministro Ehud Olmert affinché fosse liberato.
La folla ha reagito con applausi e con scrosci di risa.
Le immagini della rappresentazione hanno occupato oggi le prime pagine dei giornali in Israele.
Il quotidiano gratuito Israel ha-Yom ha commentato: "La crudeltà non ha limiti".
E' stato avviato un dibattito se non fosse più giusto ignorare quella che è stata definita la "guerra psicologica di Hamas.


Mi colpisce di orrore la notizia che a Gaza, nelle celebrazioni dei 21 anni di Hamas, sia stato messo in scena uno spettacolo con un attore che impersonava Gilad Shalit inginocchiato che chiedeva pietà, e con un altro attore che impersonava il padre di Shalit in preda all'ansia. E mi domando perché questa finzione mi sembri più orrenda di tanti episodi reali. E mi sembra, sentendo queste notizie, che non ci potrà mai essere un ponte che giunge a superare il baratro di questo odio. Anna Foa

(Notiziario Ucei, 15 dicembre 2008)

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Israele: la tregua con Hamas a Gaza non ha scadenza

Israele ha replicato ad Hamas, il cui leader Khaled Meshaal ieri aveva manifestato l'intenzione di non rinnovare il cessate-il-fuoco nella Striscia di Gaza pattuito quasi sei mesi fa grazie alla mediazione dell'Egitto: le autorita' dello Stato ebraico hanno infatti negato che la tregua abbia una scadenza prestabilita, e che quindi sia destinata a concludersi durante la settimana in corso. Il gruppo radicale palestinese sostiene invece che abbia durata soltanto semestrale e che pertanto, essendo entrata in vigore il 19 giugno scorso, avra' termine venerdi' prossimo. "Quando sei mesi fa accettammo la tregua, era chiaramente inteso che non ci sarebbe stato un termine finale", ha tagliato pero' corto Amos Gilad, consigliere del ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak. "Per noi la data del 19 dicembre non riveste alcun significato", ha sottolineato. "Se il cessate-il-fuoco proseguira', Israele lo rispettera'. Se accadra' il contrario, allora reagiremo con gli appropriati mezzi militari", ha ammonito ancora Gilad, citato dalla radio statale. Ieri il consulente di Barak, gia' parte delle delegazione di negoziatori che raggiunsero l'accordo di tregua, era tornato al Cairo per colloqui con i mediatori egiziani, mirati proprio a un prolungamento della sospensione delle ostilita' con Hamas a Gaza. Lo Stato ebraico si e' detto disponibile in tal senso, purche' cessino gli attacchi con razzi e mortai dall'enclave palestinese contro il suo territorio. Lo sceicco Meshaal ha pero' accusato la controparte di aver "violato gli impegni assunti", in particolare con il blocco reimposto alla Striscia, che il governo israeliano ha peraltro giustificato come rappresaglia contro i continui lanci di razzi.

(la Repubblica, 15 dicembre 2008)

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Negato l'ingresso in Israele a Richard Falk

L'anno scorso Falk aveva paragonato la vita dei palestinesi all'interno dei Territori a quella degli ebrei sotto il nazismo.

Il marzo scorso è stato scelto come inviato speciale del Consiglio dell'Onu per i Diritti Umani nei Territori palestinesi Richard Falk, ebreo americano, professore emerito presso l'università di Princeton.
L'anno scorso Falk aveva paragonato la situazione esistente nei Territori a quella vissuta dagli ebrei sotto il regime nazista, rifiutandosi poi di ritirare tale sua dichiarazione. Indignato da tali affermazioni, il ministero degli Esteri israeliano aveva reso noto che non avrebbe consentito l'ingresso al Professor Falk in Israele, sottolineando come il mandato dell'inviato speciale delle Nazioni Unite dovesse riguardare le violazioni dei diritti umani nei rapporti tra israeliani e palestinesi in maniera biunivoca, non focalizzandosi solamente sull'azione israeliana. In mattinata, le autorità israeliane hanno negato l'ingresso all'inviato Onu, obbligandolo a salire su un aereo che lo ha portato fuori dal Paese, poiché Falk "non è stato invitato da Israele né ha coordinato la sua visita in Israele come previsto dai regolamenti Onu". In questa vicenda, il rifiuto di ritirare il paragone con i nazisti ha sicuramente giocato un ruolo determinante. Il predecessore di Richard Falk, il sudafricano John Dugard, aveva paragonato la situazione di vita dei palestinesi a quella dell'apartheid.

(PeaceReporter, 15 dicembre 2008)

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Al Vittoriano l'arte israeliana contemporanea

L'Olocausto, la rinascita, gli aspetti religiosi e secolari della vita, la guerra, il terrorismo, le tradizioni e il sentimento patriottico sono i temi al centro delle 57 opere, realizzate con le tecniche e i linguaggi più disparati, da venti artisti contemporanei per raccontare la quotidianità di Israele e per far conoscere la sua complessità e peculiarità culturale. In mostra al Complesso del Vittoriano di Roma, fino al 31 gennaio 2009, «As Is: Arte Israeliana Contemporanea» allestita in occasione del 60o anniversario dello Stato di Israele e curata da Ruth Cats per porre in evidenza l'incessante dialogo tra l'arte e le istanze sociali e politiche attraverso i codici della scultura, pittura, fotografia e video....

(il Giornale, 15 dicembre 2008)

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Anp, Abu Mazen annuncera' il voto

Portavoce presidente, 'solo il popolo puo' decidere'

RAMALLAH, 15 dic - La data di nuove elezioni presidenziali e politiche nei territori palestinesi sara' presto annunciata dal presidente dell'Anp Abu Mazen. Lo riferisce il quotidiano al-Quds. Ieri il leader locale di Hamas Ismail Haniyeh aveva ribadito che il mandato di Abu Mazen scadra' il 9 gennaio 2009. Un portavoce di Abu Mazen ha ribadito che il presidente e' eletto direttamente dal popolo e 'solo il popolo palestinese puo' dire l'ultima parola in merito'.

(ANSA, 15 dicembre 2008)

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Concerto di gala proposto dal Keren Kaymeth Leisrael per il 60o anniversario di Israele

"Le Ragioni di Shyloc" di Aldo Finzi in prima assoluta

Mercoledi' 17 al Teatro Dal Verme di Milano la musica del compositore discriminato dalle leggi razziali del Fascismo

In occasione dei 60 anni dalla fondazione dello Stato d'Israele, mercoledì 17 dicembre al teatro Dal Verme, il Keren Kayemeth Leisrael propone un Concerto di Gala. Sarà eseguito in prima mondiale il Io atto dell'opera lirica "Shylock" di Aldo Finzi, opera drammatica su libretto di Arturo Rossato. Seguirà il concerto per violino e orchestra di Mendelssohn, interpretato dall'Orchestra Sinfonica della Radio di Mosca, diretta dal Maestro Gian Paolo Sanzogno, solista Feng Ning. Il Keren Kayemeth Leisrael (Fondo Nazionale Ebraico) è un ente ecologico non-profit che opera a livello mondiale nel campo dello sviluppo e della tutela ambientale. Fondato nel 1901, il Keren Kayemeth Leisrael è infatti la più antica organizzazione ambientale del mondo e si occupa dello sviluppo, della bonifica e del rimboschimento della terra d'Israele. Essendo all'avanguardia nella ricerca e nella sperimentazione di tecniche d'irrigazione, coltivazione e bonifica del terreno, fornisce appoggio e consulenza a numerosi Paesi in via di sviluppo.

Aldo Finzi, che non aveva ricevuto il premio-Scala (conseguenza della promulgazione delle leggi razziali del 1938), trasforma l'usuraio ebreo in protagonista e ne fa il simbolo della vergognosa persecuzione che si inizia appunto in quell'anno. Finzi, che per la stesura del primo atto si era servito di un librettista, Arturo Rossato, in seguito decise di scrivere lui stesso il secondo ed il terzo atto, inventando un "seguito" alle vicende del personaggio con un finale a sorpresa, di grande impatto emotivo. La musica scritta per Shylock è giunta incompleta: sono rimasti lo spartito canto e pianoforte del primo atto e il libretto del secondo e del terzo atto. Il figlio del compositore testimonia di un'opera probabilmente compiuta, ma successivamente dispersa in seguito alle persecuzioni sofferte dall'autore.

Organizzata sotto l'egida dell'Ambasciata d'Israele, la serata ha il patrocinio della Regione, della Provincia e del Comune di Milano.

Mercoledì 17 dicembre alle ore 19.30
Teatro Dal Verme
Via San Giovanni Sul Muro, 2 - Milano

Aldo Finzi (1897-1945): le ragioni di Shyloc (atto primo)
Orchestrazione di Gian Paolo Sanzogno
Mendelssohn: concerto per violino ed orchestra
Orchestra Sinfonica della Radio di Mosca
direttore: Gian Paolo Sanzogno
violino: Feng Ning
"Un Coro per Milano" diretto da Mino Bordignon

Ingresso a inviti

Per informazioni: www.kklitalia.it

Fabio Calderola
fabio.calderola@voceditalia.it

(La Voce d’Italia, 15 dicembre 2008)

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Membri Hamas e Fatah raccolgono firme per riconciliazione

L'iniziativa sarà lanciata domani a Nablus

NABLUS (Cisgiordania), 14 dic. (Ap) - Diversi esponenti politici di Hamas e al Fatah vogliono raccogliere almeno 100mila firme per sostenere un documento che chiede ai leader delle due fazioni rivali di promuovere una riconciliazione nazionale. La petizione sarà presentata ufficialmente domani a Nablus, in Cisgiordania.
Il documento invita i leader dei due gruppi palestinesi a riprendere i colloqui per la riconciliazione e a rilasciare i prigionieri politici di entrambe le parti.I promotori di questa iniziativa sperano di raccogliere fino a un milione di firme, che saranno poi presentate al presidente palestinese Abu Mazen e ai leader di Hamas.
I rapporti tra le due fazioni si sono inaspriti dopo che nel giugno 2007 Hamas ha preso con la forza il controllo della Striscia di Gaza, estromettendo le forze di sicurezza vicine al presidente Abu Mazen.

(Virgilio Notizie, 14 dicembre 2008)

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Jimmy Carter vede a Damasco il leader di Hamas Meshaal

Si tratta del secondo incontro quest'anno

DAMASCO, 14 dic. (Ap) - Per la seconda volta in un anno, l'ex presidente americano Jimmy Carter ha incontrato il leader del movimento radicale palestinese Hamas, Khaled Meshaal. I due uomini si sono incontrati oggi a Damasco, nel quadro delle discussioni regionali sul conflitto mediorientale nell'agenda del Premio Nobel per la Pace.
Carter ha già incontrato Meshaal, in esilio a Damasco, quest'anno ad aprile. I funzionari di Hamas hanno tenuto i giornalisti lontani dall'incontro e non è stata organizzata alcuna conferenza stampa. Hamas ha diffuso un comunicato, ma senza fornire dettagli sui temi di discussione affrontati.
L'incontro si è attirato le critiche dell'amministrazione Bush, che considera Hamas un gruppo terroristico e ritiene che simili incontri diano credibilità ai militanti estremisti. Oggi, tuttavia, l'ex presidente statunitense ha affermato che intende continuare a vedere i leader di Hamas.

(Virgilio Notizie, 14 dicembre 2008)

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Hamas non rinnoverà la tregua. Israele invece dice sì

ROMA, 14 dicembre - Il leader di Hamas in esilio a Damasco, Khaled Meshaal ha detto che è improbabile che la tregua con Israele dentro e attorno la Striscia di Gaza sarà rinnovata quando, la prossima settimana, terminerà. Le sue parole, diffuse con un comunicato di Hamas, arrivano mentre mediatori israeliani e egiziani si incontrano al Cairo per rinnovare il cessate-il-fuoco-di sei mesi, siglato a giugno con la mediazione egiziana.
Hamas e Israele avevano concluso una tregua di sei mesi per far cessare le incursioni e i bombardamenti israeliani nella Striscia di Gaza, e i lanci di razzi Qassam dalla Striscia sul territorio israeliano.

- Israele pronto alla tregua
- Invece un portavoce dell'ufficio del premier israeliano ha sottolineato che il suo Paese è pronto a estendere la tregua dentro e attorno la Striscia di Gaza se il movimento islamico che controlla l'enclave rispetterà l'accordo.

- Manifestazione a Gaza
- Nel giorno del suo 21esimo anniversario, Hamas sta celebrando con una mega-manifestazione nel territorio che controlla, la Striscia di Gaza, e un discorso di Ismail Haniye che dovrebbe anch'esso chiarire il futuro della tregua con Israele. L'evento è cominciato poco dopo l'una del pomeriggio, alla presenza dei principali dirigenti del movimento creato nel 1987 dallo sceicco Yassin, ucciso da un missile israeliano quattro anni fa.
Per Hamas si tratta del secondo anniversario da quando, nel giugno del 2007, ha conquistato con la forza la Striscia di Gaza, espellendo le forze leali al presidente palestinese, leader di al-Fatah, Abu Mazen.

- Tentativo di riconciliazione tra Hamas e al Fatah
- Diversi esponenti politici di Hamas e al Fatah vogliono raccogliere almeno 100mila firme per sostenere un documento che chieda ai leader delle due fazioni rivali di promuovere una riconciliazione nazionale. La petizione sarà presentata ufficialmente domani a Nablus, in Cisgiordania.
Il documento invita i leader dei due gruppi palestinesi a riprendere i colloqui per la riconciliazione e a rilasciare i prigionieri politici di entrambe le parti.I promotori di questa
iniziativa sperano di raccogliere fino a un milione di firme, che saranno poi presentate al presidente palestinese Abu Mazen e ai leader di Hamas.
I rapporti tra le due fazioni si sono inaspriti dopo che nel giugno 2007 Hamas ha preso con la forza il controllo della Striscia di Gaza, estromettendo le forze di sicurezza vicine al presidente Abu Mazen.

(RaiNews24, 14 dicembre 2008)

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Iran - Dottorato ad honorem per il leader di Hezbollah Nasrallah

Lo sceicco ringrazia: Senza Teheran non avremmo sconfitto Israele

ROMA, 14 dic. (Apcom) - Il segretario generale dell'Hezbollah libanese Hassan Nasrallah ha ricevuto un dottorato ad honorem in scienze politiche dall'università iraniana della regione di Isfahan, nell'ambito delle celebrazioni per il 300esimo anniversario dell'ateneo. Ne dà notizia il quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, precisando che il riconoscimento è stato ritirato per conto del leader del 'partito di Dio' dallo sceicco Hassan Hamda.
In una dichiarazione letta nel corso della cerimonia, Nasrallah ha ringraziato l'Iran per il suo sostegno alla lotta dell'Hezbollah contro Israele, esprimendo la speranza che un giorno il gruppo sciita riesca a cambiare il volto del Medio Oriente. Il leader sciita libanese ha poi ricordato i "25 anni di appoggio e aiuti degli iraniani all'organizzazione dell'Hezbollah e ai suoi combattenti nel sud del Libano". Ha poi citato Israele sostenendo che il suo partito abbia ottenuto "due grandi trionfi" contro "le forze armate meglio equipaggiate nella regione".
L'esercito israeliano, ha scritto Nasrallah, "è considerato invincibile, ma grazie alla resistenza libanese è diventato un esempio mondiale di fallimento". Secondo la guida spirituale dell'Hezbollah, "il sostegno dell'Iran è sempre stato il principale fattore nelle vittorie (delle milizie del partito sciita libanese, ndr) e lo sarà sempre".
In riferimento al ritiro delle truppe con la stella di Davide dal Libano nel 2000 e alla Seconda guerra contro Israele dell'estate 2006, Nasrallah ha voluto menzionare l'ayatollah Ali Khamenei affermando che è grazie al suo appoggio che "queste vittorie sono state ottenute". Finora la Repubblica islamica ha sempre affermato che il suo sostegno all'Hezbollah è soltanto politico e spirituale, negando di fornire armi o altri aiuti militari al gruppo.

(Virgilio Notizie, 14 dicembre 2008)

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Shoah, anche in Italia un grande museo

I promotori: c'è l'ok del governo, si farà a Ferrara. Ricostruiremo le storie dei nostri 8mila deportati.

L'Italia avrà il suo primo grande Museo dell'ebraismo e della Shoah, e sarà un museo aperto, «un antighetto»: un quartiere di Ferrara dove i cittadini potranno entrare liberamente; un volo di ventidue secoli, dall'arrivo degli ebrei a Roma alla rinascita della comunità dopo la tragedia della persecuzione. Ne parla al Corriere per la prima volta il presidente, Riccardo Calimani, lo studioso dell'ebraismo alla testa della Fondazione che ha nel consiglio Renzo Gattegna, il presidente dell'Unione delle comunità ebraiche. E poi Gad Lerner, Antonio Paolucci, Cesare De Seta, Bruno De Santis, Saul Meghnagi, Paolo Ravenna, Michele Sacerdoti....

(Corriere della Sera, 14 dicembre 2008)

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Livni risponde a critiche su ipotesi per Arabi israeliani

"Non si parla di trasferimento"

ROMA, 13 dic. (Apcom) - Le parole del ministro degli Esteri israeliano Tzipi Livni hanno suscitato immediatamente preoccupazione e polemiche in Israele. Colei che si candida alla guida del futuro governo israeliano, infatti, aveva affermato che la creazione di uno Stato palestinese potrebbe rappresentare "una soluzione nazionale" per gli Arabi israeliani.
I rappresentanti della minoranza araba israeliana hanno chiesto immediatamente chiarimenti, spiega la Bbc online: significa questo per i cittadini arabi il rischio di perdere i diritti in Israele o addirittura l'espulsione? La questione di un eventuale "trasferimento" degli arabi era stata finora menzionata esplicitamente solo dall'estrema destra israeliana. "Non è questione di cacciare, o trasferire o obbligare gli arabi israelinai ad andare via", ha dichiarato Livni alla radio pubblica.
Gli ultimi sondaggi vedono Livni in un testa a testa con il leader del Likud, Benjamin Nethanyau. Secondo alcuni analisti è possibile che la leader del partito Kadima stia cercando consensi presentando un'immagine più dura nei confronti dei palestinesi.

(Virgilio Notizie, 14 dicembre 2008)

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Dal regio decreto ai lager, l'abominio in mostra

I binari li trovi appena esci dal tunnel: diciassette metri di rotaie vere che portano direttamente all'ingresso del campo di sterminio di Auschwitz. La porta dell'inferno, la fine di un percorso. Si conclude così, con il viaggio verso la morte raccontato da un grande maxischermo dove la "vita" degli internati e dei loro aguzzini scorre per immagini e suoni, la mostra "Leggi razziali, una tragedia italiana", che sarà inaugurata martedì (aperta al pubblico il giorno dopo) nel Complesso del Vittoriano presso la sala Gipsoteca con ingresso lato Ara Coeli....

(la Repubblica, 14 dicembre 2008)

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Jimmy Carter ricevuto dal presidente siriano Bashar al Assad

DAMASCO, 13 dicembre - A poche ore dal suo arrivo in Siria, l'ex presidente Usa Jimmy Carter è stato ricevuto in mattinata dal presidente siriano Bashar al Assad. Carter ieri ha concluso una visita di quattro giorni in Libano, ribadendo la disponibilità a tornare nel Paese la prossima primavera per monitorare le elezioni legislative.
L'ex inquilino della Casa Bianca si è detto dispiaciuto per non aver potuto incontrare i dirigenti di Hezbollah, colloquio a cui, ha ammesso, ci teneva molto. Il capogruppo parlamentare di Hezbollah Mohammed Raad ha affermato che la Resistenza non intende incontrarsi amministratori statunitensi che "sostengono il terrorismo sionista".

(Arab Monitor, 13 dicembre 2008)

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Due notizie provenienti da un sito pro Hamas

l presidente Abbas critica le navi di solidarietà internazionale per Gaza.

AMMAN - Il presidente palestinese Mahmud Abbas (Abu Mazen), ha dichiarato che le navi che raggiungono Gaza rappresentano "uno stupido gioco che chiamano 'rompere l'assedio'. Le navi partono dal porto cipriota di Larnaca, è vero, ma, 1) l'ambasciata israeliana controlla l'identità di tutti i passeggeri, poi controlla il carico delle navi; 2) le motovedette israeliane bloccano queste imbarcazioni per verificare di nuovo l'identità dei passeggeri e il carico prima di autorizzarle a proseguire il viaggio per Gaza. Allora, di quale 'rottura di assedio' parlano?".
Parlando poi del tentativo della nave libica di raggiungere Gaza, il presidente ha detto: "Dov'è questa nave? Spero che possa raggiungere Gaza. In realtà se uno vuole inviare aiuti a Gaza li può inviare attraverso l'Egitto oppure la Giordania … l'Egitto consegna tutto e anche la Giordania".
Abu Mazen forse non ricorda che il valico egiziano-palestinese di Rafah è chiuso e che anche quelli israeliani lo sono...

(Infopal, 13 dicembre 2008)


Il governo Hamas respinge le accuse di Abbas rivolte alle navi di solidarietà.

GAZA - Il portavoce del governo guidato da Ismail Haniyah,Taher an-Nuno, ha affermato che le dichiarazioni del presidente dell'ANP, Mahmud Abbas, contro le navi di solidarietà con Gaza, sono "stupide" e "riflettono lo stato d'animo confuso della dirigenza della Muqata'a di Ramallah".
Il portavoce ha aggiunto che "quando il governo di Ramallah si è reso conto che l'assedio, sul quale aveva scommesso per premere sul governo Hamas e sul popolo, sta crollando, sta cercando di screditare questi viaggi e di porvi dei limiti".
Il governo Haniyah ha apprezzato e ringraziato gli sforzi per rompere l'ingiusto assedio imposto sul popolo palestinese, in particolare sulla Striscia di Gaza.

(Infopal, 13 dicembre 2008)

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Visi d’Israele - Mor

Uomini e donne provenienti da ambienti diversi parlano delle loro esperienze in Israele e dicono che cosa significa per loro vivere in quel paese.

(infolive.tv)


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Primarie Meretz: resistenze al "partito degli scrittori"

Cresce il malumore nella forza che rappresenta la sinistra sionista

GERUSALEMME, 13 dic. (Apcom) - Dopo i laburisti di Ehud Barak e il Likud di Benyamin Netanyahu, e' tempo di primarie anche per il Meretz, il partito della sinistra sionista israeliana, che domani, dalle ore 14 alle 21, al Fairgrounds di Tel Aviv, dara' il benvenuto ai suoi mille attivisti chiamati a decidere la composizione della lista dei 22 candidati alle elezioni legislative del 10 febbraio.
Il voto interno per questa forza politica oggi minoritaria - ha appena cinque seggi su 120 alla Knesset - ma che fino a una decina di anni fa rappresentava la vocazione pacifista di una fetta consistente dell'elettorato, ha assunto una particolare importanza dopo la nascita di Hatnua Hahadasha (Nuovo Movimento), una formazione politica con padri nobili come gli scrittori Amoz Oz e Avraham B. Yeshoshua, l'ex presidente della Knesset Avraham Burg, il fondatore di Peace Now Tzali Reshef ed un ex leader laburista, Uzi Baram.
Gli esponenti di Hatnua Hahadasha chiedono infatti di entrare nel Meretz, per rafforzarlo e, quindi, trasformarlo in un partito socialdemocratico con il compito di sostituirsi al Partito laburista, ritenuto non piu' rappresentativo della speranza di pace sentita dall'elettorato di sinistra e, percio', destinato a diventare una forza politica marginale (i sondaggi in effetti danno i laburisti in forte calo).
"Sono stato carne della carne laburista, ma con quel partito ho chiuso. Sta concludendo il suo compito storico e non e' un caso: da anni dice una cosa e poi fa esattamente l'opposto", ha spiegato lo scrittore Amos Oz, autore del best-seller "Una storia d'amore e di tenebra", da sempre militante della sinistra pacifista. Motivazioni analoghe, per spiegare la nascita di Hatnua Hahadasha, sono state date anche da Avraham B. Yehoshua e da altri intellettuali progressisti israeliani.
Nel Meretz pero' non tutti guardano con favore all'arrivo di tanti "pezzi da novanta" della cultura e della politica israeliana. Se il presidente del partito, Haim Oron, e' entusiasta della trasformazione del Meretz in un soggetto politico piu' ampio, aperto agli intellettuali ma anche ai Verdi e a varie espressioni della societa' civile, altri dirigenti al contrario arricciano il naso. Nonostante l'ottimismo di Oz e Yehoshua qualcuno prevede che il nascente partito socialdemocratico non riuscira', come vorrebbe, a sostituirsi ai laburisti e, alla fine, si rivelera' una forza minoritaria, senza capacita' di recitare un ruolo di primo piano nella politica del Paese.
I "dissidenti" temono peraltro che l'inserimento degli esponenti di Hatnua Hahadasha ai primi posti della lista elettorale - che verra' deciso a tavolino dopo le primarie di domani - finira' per portare all'esclusione dalla prossima Knesset di dirigenti storici del partito. Secondo gli ultimi sondaggi la lista socialdemocratica non superera' i 10-12 seggi e, anche per questo, nel Meretz non pochi remano contro la fusione con il movimento degli scrittori, tanto che uno dei fondatori di Hatnua Hahadasha, Nir Baram (figlio di Uzi Baram), ha avvertito Haim Oron che l'intera iniziativa fallira' clamorosamente se "certi" dirigenti del Meretz continueranno ad opporsi all'inclusione degli scrittori nelle prime posizioni della lista di candidati.
Resistenze e perplessita' tuttavia non si registrano solo nel Meretz. Altri intellettuali della sinistra sionista israeliana scuotono la testa di fronte all'iniziativa di Oz e Yehoshua. "Non credo in questo nuovo partito e non mi convince il coinvolgimento degli scrittori - ha detto ad Apcom Meir Shalev, autore di noti romanzi, tra i quali "Per Amore di una donna"- di fronte ai miei occhi non vedo una nuova forza politica ma soltanto un nuovo Meretz. Le idee sono le stesse, non ho percepito alcuna novita' di rilievo". Il futuro partito social-democratico - ha aggiunto Shalev - "ricorda la vecchia signora protagonista di un nostro proverbio: e' sempre la stessa ma con un vestito nuovo".

(Virgilio Notizie, 13 dicembre 2008)

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Hamas prepara festeggiamenti per il 21esimo anniversario a Gaza

GAZA CITY, 13 dic.- Hamas si appresta a festeggiare a Gaza il 21esimo anniversario della sua nascita, il 15 dicembre 1987. E con un comunicato il movimento islamico ha reso noto ha messo in allerta i suoi militanti e le sue forze in vista delle celebrazioni nella Striscia di Gaza che Hamas controlla dal giugno del 2007.

(Adnkronos/dpa, 13 dicembre 2008)

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Israele ha colpito la Siria, perchè non l'Iran?

di Andrea Gilli

Il New York Times ha mostrato le immagini satellitari che dimostrerebbero la distruzione di un sospetto sito nucleare siriano da parte dell'aeronautica israeliana. La ovvia domanda che questa informazione porta con sè è: "come mai Israele non ha colpito i reattori iraniani?"
Chi scrive, già due anni fa aveva spiegato, su Ideazione.com, i motivi che impedivano un attacco americano contro l'Iran. Fino a questo momento, quell'analisi risulta ancora corretta. Quell'articolo era volto a ribattere principalmente le argomentazioni di due linee di pensiero. Da una parte, i guerrafondai del XXI secolo. Ossia, quelli secondo i quali la guerra sarebbe una questione strettamente militare, e pertanto, con la superiorità tecnologica americana, nulla è impossibile. Dall'altra, gli antiamericani - ossia gli sconfitti del XX secolo. Quelli per i quali gli Stati Uniti vorrebbero conquistare anche Teheran.
Al di là della poca capacità di spiegare i fatti, poco accumuna queste due tendenze. Entrambe, infatti, non hanno saputo spiegare per quale motivo, fino a questo momento, una guerra contro l'Iran non ci sia stata - e, per quanto riguarda i primi, perchè l'Iran non abbia ancora distrutto Israele.
Israele, infatti, sarebbe il principale, se non l'unico obiettivo delle armi nucleari Iraniane. E' dunque logico concludere che nessuno più di Israele abbia interesse ad impedire all'Iran di dotarsi di armi nucleari. Ebbene, fatti questi assunti, una domanda sporge spontanea: per quale motivo Israele non ha attaccato l'Iran? Beh, se per gli Stati Uniti distruggere tutti i reattori nucleari iraniani è pressoché impossibile, figurarsi per Israele.

(epistemes.org, 13 dicembre 2008)

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Ahmadinejad: Israele presto cancellata dalla mappa

ROMA, 12 dic - "Il regime sionista sarà presto cancellato dalla faccia della terra". Il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad è apparso a Teheran nel corso di una manifestazione pubblica dove è tornato a ripetere il suo mantra: Israele sarà distrutta. Numerose manifestazioni pubbliche di protesta "per i crimini contro i residenti di Gaza" si sono svolte in tutto l'Iran. Lo scrive il sito web del quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, aggiungendo che i manifestanti hanno sventolato manifesti con le immagini della guida suprema della Repubblica islamica, l'ayatollah Ali Khamenei, e del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, invocando "morte agli Stati Uniti" e "morte a Israele".
Rivolto ai manifestanti, Ahmadinejad ha detto che il regime sionista "sta cercando di influenzare le elezioni palestinesi affinché vinca il suo candidato favorito". Un'allusione al presidente dell'Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas. Ynet riferisce pure che per Ahmadinejad Israele sta compiendo crimini di guerra a Gaza perché si rende conto che la sua fine è vicina e che sarà presto spazzata via dalla faccia della terra". Anche i Paesi arabi che dialogano con Israele sono stati considerati dalla propaganda iraniana "parzialmente responsabili del sangue dei bambini di Gaza".

(il Velino, 12 dicembre 2008)

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Denuncia d'Israele contro l'Iran

Lo Stato Ebraico ha depositato, giovedì sera, una denuncia contro l'Iran al Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, contro la Repubblica Islamica dell'Iran riguardo le minacce di distruzione fatte contro "il nemico israeliano" dal vice-presidente iraniano, Asfandiar Rahim Machaii.

Quest'ultimo, che aveva dichiarato che la distruzione "dell'entità sionista" dev'essere un obiettivo a livello universale, ha dichiarato inoltre "che il regime sionista criminale e corrotto, non è dannoso soltanto per il mondo arabo-Musulmano, ma per il genere umano nel suo insieme".
L'Ambasciatrice d'Israele presso le Nazioni Unite, ed esperta di diritto internazionale, Gabriela Shalev, ha scritto: "Esprimiamo la nostra profonda indignazione di fronte a queste dichiarazioni scioccanti che provengono dall'attuale governo dell'Iran".
Secondo lei, i leaders del regime dei Mullah continuano "a cercare di coinvolgere i paesi membri delle Nazioni Unite ad un processo che porterà alla distruzione dello Stato ebraico".
"La negazione della legittimità dell'esistenza di Israele, e le ripetute minacce nei confronti dei suoi cittadini, fanno parte di una campagna perfettamente orchestrata di Teheran" e ha aggiunto: "Voglio solo ricordare che il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, si è espresso davanti ai rappresentanti delle Nazioni Unite riuniti in assemblea generale, dicendo: il regime Sionista è in piena decomposizione e nulla lo salverà dal fango nel quale è precipitato".
Shalev ha anche ricordato le parole utilizzate da Ahmadinejad durante il sessantesimo anniversario della fondazione dello Stato Ebraico, e ha sottolineato che "l'Iran parla una lingua distruttiva, fornisce armi, denaro ed istruttori a gruppi terroristici come Hamas e gli Hezbollah, nega categoricamente l'esistenza stessa di Israele e rifiuta categoricamente una soluzione basata sulla coesistenza pacifica tra israeliani e palestinesi, anche se questo è il percorso che cercano di incoraggiare le Nazioni Unite".

(IsraëlInfos, 12 dicembre 2008 - trad. In Difesa di Israele)

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Eurolega - Maccabi troppo forte per Avellino

Al Paladelmauro il Maccabi ha sconfitto 86-72 Avellino

Per Avellino arriva la quinta sconfitta di fila tra campionato ed Eurolega. Ma contro Maccabi si sapeva dapprima che non sarebbe stato semplice perché, nonostante gli israeliani non siano in un grande momento di forma, restano una delle formazioni più importanti d'Europa.

(Eurosport, 12 dicembre 2008)

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Israele - Bombe intelligenti per colpire la Siria e il Libano

Israele starebbe valutando l'acquisto di un nuovo tipo di 'bomba intelligente, con un raggio d'azione esteso, che consentirebbe ai caccia di colpire obiettivi a Damasco e Beirut senza che i velivoli militari dello Stato ebraico lascino lo spazio aereo israeliano. È quanto rivela il quotidiano israeliano 'The Jerusalem Post', secondo cui Israele vorrebbe acquistare ordigni del tipo Jdam-Er (Joint Direct Attack Munition-Extended Range). Il Jdam è un sistema di controllo prodotto dalla Boeing che trasforma le bombe in armi controllate, quindi 'intelligentì, e che prevede un apparato Global Positioning System/Inertial Navigation System. La versione Er del Jdam prevede che sull'ordigno venga installato un kit di ali, che estendono il raggio d'azione da 15 miglia nautiche a 55.
"Darebbe a Israele capacità senza precedenti", ha commentato una fonte dell'industria coinvolta nello sviluppo di queste 'bombè intelligenti parlando della possibile acquisizione da parte di Israele degli ordigni di tipo Jdam-Er. "I velivoli non dovranno neanche lasciare lo spazio aereo israeliano per colpire obiettivi in Libano e Siria", ha proseguito. La versione Er sarebbe utile anche nel caso di un attacco contro l'Iran, scrive il 'Jerusalem Post', sottolineando come il sistema consentirebbe ai velivoli militari israeliani di evitare la difesa contraerea.
Nel 2000 Israele è stato il primo Paese ad acquistare il sistema Jdam. E anche di recente lo Stato ebraico ha ricevuto una nuova fornitura di Jdam, che utilizzano sistemi di guida laser, oltre al tradizionale Gps. Israele, precisa il giornale, ha anche acquistato Jdam che sfuggono ai sistemi di jamming (dispositivi elettronici che generano una gamma di frequenze radio con l'obiettivo di creare 'disturbò). E sempre di recente sono stati ammodernati i caccia F-15 in modo che possano trasportare ordigni del tipo Jdam, mentre in precedenza le 'bombe intelligentì potevano essere utilizzate solo con gli F-151. Durante la guerra contro i miliziani sciiti libanesi di Hezbollah, nell'estate del 2006, Israele aveva svuotato il suo arsenale di bombe di tipo Jdam, scrive il 'Jerusalem Post', e in quell'occasione erano state necessarie forniture d'emergenza, arrivate dagli Stati Uniti.
Gli ordigni di tipo Jdam ricevono informazioni sull'obiettivo da colpire quando ancora sono attaccate al computer a bordo del velivolo. Una volta che vengono sganciati dai caccia, subentra un satellite che li controlla e li guida fino all'obiettivo. "Il vantaggio più importante del sistema - secondo il giornale - è l'accuratezza (nel centrare il 'target', ndr.) a prescindere dalle condizioni meteorologiche e dal fatto che sia giorno o notte". Le bombe di tipo Jdam-Er sono già state testate con successo dall'Australia. Secondo Kevin Holt, direttore del programma Jdam-ER per la Boeing, gli ordigni di questo tipo entreranno nella fase iniziale di produzione nel 2010, dopo i test di routine. "Migliorando il raggio d'azione e la precisione, l'arma colpirà in modo più efficace, consentendo a un solo velivolo di colpire più obiettivi, mentre l'ampliamento del raggio d'azione aumenta le possibilità di sopravvivenza dell'equipaggio e del velivolo che sgancia l'ordigno", ha spiegato Warren Snowdon, ministro australiano della Difesa e della Scienza.

(Affari Italiani.it, 12 dicembre 2008)

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Visi d’Israele - Yuval

Uomini e donne provenienti da ambienti diversi parlano delle loro esperienze in Israele e dicono che cosa significa per loro vivere in quel paese.

(infolive.tv)


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Stato palestinese: polemiche per la proposta di Tzipi Livni

Gli arabi israeliani: faccia chiarezza sul rischio espulsione

Il ministro degli Esteri israeliano Tzipi Livni ha scatenato un'ondata di polemiche con una dichiarazione nella quale affermava che uno stato palestinese rappresenterebbe una 'soluzione nazionale' per gli arabi che vivono in Israele.
I politici e i rappresentanti della comunità araba hanno chiesto al ministro di chiarire se con la sua dichiarazione intendesse dire che i cittadini arabi rischieranno di perdere i propri diritti in Israele o di venire espulsi. I politici israeliani ultimamente si sono confrontati sempre più spesso con il tema della crescente porzione di arabi presenti in territorio israeliano, ma a parlare di 'trasferimento' sono stati solamente gli esponenti di estrema destra. La Livni spera di diventare il prossimo Primo Ministro israeliano e i sondaggi di opinione la classificano come molto vicina al partito di destra del Likud; alcuni politici hanno sostenuto che stia tentando di costruirsi un'immagine dura per attirare voti dal Likud. Contemporaneamente, un importante esponente del Likud, Moshe Feilign, che aveva sposato posizioni estremamente anti-palestinesi, è stato retrocesso nella lista elettorale, passando quindi dal ventesimo al trentaseiesimo posto e rendendo la sua elezione altamente improbabile; i responsabili della retrocessione, che secondo Feilign ha carattere palesemente politico, adducono invece motivazioni tecniche.
In una trasmissione radio la Livni ha dichiarato che la sua soluzione per la questione israelo-palestinese è quella della "creazione di due entità statali distinte: io sarò capace di dire ai palestinesi residenti nello stato di Israele, che per soddisfare le loro aspirazioni nazionali se ne devono andare da un'altra parte". Abu Rudeina, portavoce della presidenza palestinese ha risposto dichiarando che: "La via per la pace si costruisce anche con il rispetto del diritto internazionale. La campagna elettorale israeliana non deve mirare a creare nuove tensioni". Proprio la creazione di uno stato palestinese è l'oggetto dei negoziati israelo-palestinesi mediati dagli Stati Uniti.

(peacereporter, 12 dicembre 2008)

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Abu Mazen, lavorare con Israele

Lavorero' con chiunque sia eletto a febbraio

TEL AVIV, 11 dic - Pur di portare avanti il processo di pace tra Israele e palestinesi, il presidente dell'Anp Abu Mazen non fa distinzioni. 'Lavorero' - promette in un'intervista al giornale a-Shark el-Awsat - con chiunque venga eletto premier nelle politiche israeliane di febbraio: sia con Livni (Kadima) sia con Netanyahu (Likud)'. E spiega il suo ottimismo con l'atteggiamento di Barack Obama che ha dichiarato di recente di annettere 'alta priorita'' al processo di pace medio-orientale.

(ANSA, 12 dicembre 2008)

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Lo Schindler di Firenze, salvatore degli ebrei

di Maurizio Bologni

Bruno Kiniger, lo Schindler fiorentino che durante la Seconda guerra mondiale tentò di salvare dalle deportazioni naziste 10mila persone (in gran parte ebrei), se n'è andato senza rumore, come un eroe vero. A 92 anni, si è spento nei giorni scorsi a Firenze, eletta sua città natale dagli anni Sessanta. Solo a tumulazione avvenuta (martedì), un piccolo necrologio ha annunciato ai fiorentini la morte dell'uomo protagonista dell'inedita vicenda portata alla luce un decennio fa dallo storico Marino Viganò e pubblicata sul settimanale «Il Borghese» con il titolo «La lista di Kiniger».
Bruno Kiniger durante l'ultima guerra rivestì il ruolo di incaricato d'affari della Repubblica Sociale Italiana in Svizzera: in questa veste rispose a un appello del Vaticano per far espatriare migliaia di civili detenuti nel nord Italia. Nell'estate del 1944 Kiniger, divenuto nel frattempo rifugiato politico, tra ogni genere di ostacoli e contrattempi tentò la prima missione di salvataggio generale di ebrei dai campi di concentramento di un paese dell'Asse su indicazione «riservata» di Papa Pio XII. L'operazione però fallì nel gennaio 1945.
Kiniger fu cognato di Tullio Tamburini, squadrista toscano e poi capo della polizia di Salò. Dopo la guerra fu impiegato addetto al settore commerciale di una ditta americana di calcolatrici elettroniche. Ritiratosi a vita privata, a Firenze Kiniger animò a lungo la Società «Leonardo da Vinci». Ieri lo ha ricordato il presidente del consiglio regionale Riccardo Nencini: «La sua morte riporta alla memoria una pagina di storia coraggiosa e ricca di slancio verso tanti ebrei costretti nei campi di concentramento».

(la Repubblica, 12 dicembre 2008)

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Roma, in mostra al Vittoriano 'As Is: Arte Israeliana Contemporanea'

Nell'ambito delle iniziative programmate in occasione del 60o Anniversario dello Stato di Israele, dal 16 dicembre 2008 al 31 gennaio 2009 presso il Complesso del Vittoriano a Roma sarà ospitata la mostra "As Is: Arte Israeliana Contemporanea", un collage delle forme artistiche contemporanee israeliane attraverso 57 opere realizzate con le tecniche più diverse - pittura, scultura, fotografia, video e performance - realizzate da 20 artisti.
L'esposizione, promossa dall'Associazione Culturale ISRAELE60 e a cura di Ruth Cats, racconta la quotidianità di Israele e, allo stesso tempo, la sua complessità e peculiarità culturale evidenziando il fondamentale dialogo tra l'arte e alcune tematiche sociali, culturali e politiche: la rinascita ebraica dopo l'olocausto, gli aspetti religiosi e secolari della vita, la guerra, il terrorismo, le tradizioni e il sentimento patriottico.

(Masteronline, 11 dicembre 2008)

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Chiesa - Lite tra lefebvriani e ebrei in Germania su antisemitismo

Schmidberger: Deicidi. Graumann: Spargete veleni

ROMA, 11 dic. (Apcom) - E' lite in Germania tra lefebvriani e comunità ebraica. Rispunta, da parte dei tradizionalisti cattolici, l'accusa di deicidio, e gli ebrei li accusano di spargere veleno. Poi la tregua, con i seguaci di monsignor Marcel Lefebvre che ricordano che Gesù era ebreo.
La sezione tedesca della fraternità sacerdotale San Pio X - che il Vaticano si sforza di far rientrare nella Chiesa cattolica dopo lo scisma degli anni Ottanta - ha scritto una lettera aperta ai vescovi cattolici tedeschi per chiedere che la Chiesa cattolica riconoscano le critiche dei tradizionalisti al Concilio vaticano II. In un passaggio del documento, il leader dei lefebvriani tedeschi, padre Franz Schmidberger, afferma che gli ebrei "sono corresponsabili dell'omicidio di Dio nella misura in cui non hanno preso le distanze dalla colpa dei loro avi attraverso il battesimo e il riconoscimento della natura divina di Cristo". Immediata la risposta del 'Zentralrat der Juden'. Il vicepresidente dell'associazione ebraica tedesca, Dieter Graumann, ha affermato che la fraternità San Pio X "sparge veleni" e si mette di traverso ad ogni "percorso di comprensione e riconciliazione tra cattolici ed ebrei".
L'ufficio stampa dei lefebvriani tedeschi è poi intervenuto per gettare acqua sul fuoco. Gesù Cristo, "il fondatore della nostra religione, è ebreo, rabbino, nato, cresciuto e morto in Israele, sua madre era ebrea, così come tutti i suoi primi discepoli, tra i quali quello scelto per guidare la Chiesa: Pietro, il primo Papa", si legge in una nota. "Un cattolico non può essere in nessun modo antisemita, a meno che non volesse distruggere l'origine e l'essenza della sua religione".

(Virgilio Notizie, 11 dicembre 2008)

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In Israele crescono i licenziamenti nel settore stampa

TEL AVIV, 10 dic - Un'atmosfera di preoccupazione sta prendendo piede fra i giornalisti israeliani, mentre alcuni importanti mezzi stampa sembrano perdere colpi nelle prime ripercussioni della crisi economica mondiale. Tradizionalmente Israele è considerato un Paese fra i primi produttori di notizie al mondo, molto stimolante per quanti desiderino praticare il giornalismo. Ma adesso anche questa industria avverte la crisi. Decine di giornalisti sono stati licenziati dal quotidiano economico 'Globes', altrettanti dal sito internet 'Walla': trovare un nuovo impiego diventa per loro un'impresa non facile. I giornalisti del settimanale 'Makor Rishon' devono riscuotere stipendi arretrati, quelli del quotidiano 'Maariv' sanno che l'azienda perde soldi e che forse sarà costretta a vendere la storica redazione che da decenni è uno dei punti di riferimento di Tel Aviv. Il progetto è di raderla al suolo e di edificare al suo posto un grattacielo. Ai giornalisti della televisione commerciale 'Canale 10' è stata imposta una riduzione degli stipendi. I problemi della stampa sono stati affrontati la scorsa settimana in un approfondito simposio ad Eilat (Mar Rosso). L' editore di 'Haaretz', Amos Schocken, ha assunto toni allarmati: "Se giudichiamo con criteri economici lo status dei giornalisti, le prospettive non sono incoraggianti". Chi pensa di dover un giorno mantenere una famiglia, ha lasciato intendere, farà bene a cercare un'altra occupazione. Schocken ha giustificato il proprio pessimismo con l'aumento dei prezzi della carta, il calo delle inserzioni pubblicitarie e degli abbonati, e anche con un eccesso di offerta di carta stampata. Il numero dei quotidiani che si rivolgono ai cinque milioni di lettori in lingua ebraica è infatti cresciuto con il recente ingresso di tre quotidiani a distribuzione gratuita ('Israel ha-Yom', '24', e 'Metro') e di un giornale economico ('Calcalist'). Nei giornali gratuiti i giornalisti ricevono spesso stipendi minimi, così come avviene nei siti internet di aggiornamento giornalistico. Il sindacato dei giornalisti lamenta che diversi editori costringono i giornalisti a sottoscrivere contratti-capestro che non garantiscono i loro diritti elementari. Secondo l'Ufficio stampa governativo la crisi sta intanto investendo anche la stampa estera in Israele che ora sfoltisce le fila.

(ANSA, 10 dicembre 2008)

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Israele: un deputato pensa a leggi che revochino il diritto di voto ai cittadini arabi israeliani

Arye Eldad
TEL AVIV, 10 dicembre - Come riferito dal The Jerusalem Post, il deputato israeliano Arye Eldad ha annunciato l'intenzione di presentare una serie di proposte di leggi nella prossima Assemblea nazionale, quella che scaturirà dal voto di febbraio, "per cercare di conservare lo Stato di Israele come Stato ebraico".
Le proposte di Eldad punterebbero a rendere obbligatorio servizio militare e civile ai cittadini musulmani ed ebrei (sino ad ora ai palestinesi con cittadinanza israeliana era vietato l'accesso al servizio militare per mancanza di fiducia) giurando fedeltà a Israele "come Stato ebraico democratico". A chi si rifiutasse, verrebbe revocato il diritto di voto alle elezioni.

(Arab Monitor, 10 dicembre 2008)

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Israele: il governo per un'azione militare contro i razzi da Gaza

di Daniel Mosser

ROMA, 10 dic - Ieri l'apertura dei varchi per permettere l'accesso di beni di prima necessità, domani una probabile operazione militare. Su Gaza. Il primo ministro israeliano Ehud Olmert e i titolari degli Esteri e Difesa, Tzipi Livni e Ehud Barak, hanno concordato, in linea teorica, il lancio di una azione delle Idf (Israeli Defense Forces) al fine di interrompere il lancio dei missili dalla Striscia contro le regioni meridionali di Israele. I tre leader, rappresentanti di Kadima e del Labor, hanno raccolto il consenso anche del ministro dei Trasporti, Eli Yishai, che guida il partito religioso Shas. Yishai ha auspicato "azioni misurate immediate contro la leadership di Hamas e contro chi conduce attacchi terroristici contro Israele". Pur consapevole della illegalità sotto il punto di vista del diritto internazionale della sua proposta successiva, il titolare dei Trasporti ha anche chiesto l'imposizione di un blocco economico, finanziario, dei servizi e dell'energia contro Gaza. "Non conosco opinioni legali - ha dichiarato Yishai - che possano impedire al governo di rispondere al lancio di missili Grad e Qassam e all'esplosione di colpi di mortaio contro i civili. Gli argomenti legali - ha concluso - non dovrebbero essere utilizzati come una scusa per l'inazione da parte di Israele", Anche il ministro dell'Interno, Meir Sheetrit, ha dichiarato che "mezzo milione di persone vive sotto la minaccia dei razzi" e che "l'approccio della non risposta agli attacchi missilistici deve terminare". La riunione straordinaria del gabinetto, fa notare la versione online del quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, è stata convocata da Tzipi Livni secondo la quale "al fuoco bisogna rispondere con il fuoco". Per la titolare degli Esteri del governo uscente "Hamas è responsabile di tutta l'artiglieria che viene fatta esplodere a Gaza".

(il Velino, 10 dicembre 2008)

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L'Italia e gli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale: una mostra per ricordare

Verrà inaugurata giovedì 11 dicembre, alle 11:00, presso l'Aula Magna del Liceo "Crespi" di Busto Arsizio la mostra "1938 - 1948: dalle leggi sulla razza a Israele: il viaggio della speranza e il ruolo dell'Italia". La mostra, gentilmente concessa dall'Associazione Italia-Israele, vedrà come relatore di eccellenza Andrea Jarach, Presidente Amici dello Yad Vashem, che ne presenterà il percorso.
Saranno inoltre presenti Rossano Belloni, Presidente Associazione Italia Israele Varese-Alto milanese, il dott. Gigi Farioli, Sindaco della città e l'Assessore dott. Claudio Fantinati.

(Varesenews, 10 dicembre 2008)

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Galilea, archeologi scoprono il "profumo della Maddalena"

CITTA' DEL VATICANO - Gli archeologi dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme hanno riportato alla luce a Magdala, in Galilea, oggetti davvero unici e particolari, la cui antichità affonda nella leggenda. Sotto uno strato di fango sono stati ritrovati suppellettili e ornamenti risalenti a 2000 anni fa, ma soprattutto degli unguenti e profumi, probabilmente simili a quelli con cui Maria Maddalena unse i piedi di Cristo.
La notizia della scoperta, diffusa oggi da Terrasanta.net, non mancherà di accendere dibattiti e studi scientifici, ma è una traccia utilissima da seguire per scoprire ulteriormente le abitudini degli abitanti della zona. Il direttore degli scavi, padre Stefano De Luca, ha spiegato: «Abbiamo trovato piatti e coppe di legno in un ninfeo (edificio sacro costruito sopra una sorgente), oltre ad altro materiale», tutti oggetti databili intorno al 70 d.C.
«Sul fondo delle piscine abbiamo trovato oggetti per i capelli e il trucco e - continua padre De Luca - Alcuni unguentari intatti e sigillati, contenenti ancora balsami e profumi, noi pensiamo». Questi profumi, oltre a rivelare molto dei costumi di Magdala, probabile centro nevralgico della zona del Lago Tiberiade, diventano importanti perché potrebbero essere «analoghi a quelli che la Maddalena ha usato per ungere i piedi di Cristo».
Gli archeologi francescani hanno riferito che le ampolle con gli unguenti sono state affidate ad un'importante università italiana per essere studiate; non si esclude il tentativo di ricreare in laboratorio i balsami usati al tempo di Gesù.

(Il Messaggero, 10 dicembre 2008)

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Visi d’Israele - Yael

Uomini e donne provenienti da ambienti diversi parlano delle loro esperienze in Israele e dicono che cosa significa per loro vivere in quel paese.

(infolive.tv)


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I siciliani D'Alia e Fallica in Israele, lotta comune contro il terrorismo

I parlamentari siciliani Gianpiero D'Alia (Presidente dei senatori dell'Udc) e Pippo Fallica (deputato Pdl e segretario di Presidenza della Camera) hanno fatto parte della delegazione dell'Associazione Parlamentare di Amicizia Italia-Israele che si è recata da venerdì 5 a martedì 9 dicembre nello stato d'Israele. I rappresentanti dell'Associazione hanno fatto visita al Parlamento israeliano, la Knesset, e hanno incontrato il Presidente Shimon Peres. Nella mattinata di lunedì, la rappresentanza ha conosciuto la famiglia del caporale Gilad Shalit, catturato due anni e mezzo fa dai guerriglieri palestinesi, e si è unita alle manifestazioni pubbliche nella città di Sderot per la liberazione del soldato israeliano. "Con la nostra visita - affermano i parlamentari siciliani D'Alia e Fallica - abbiamo voluto rinnovare l'indissolubile rapporto di amicizia che lega l'Italia democratica con lo stato di Israele. Con il presidente Peres abbiamo affrontato il tema del Medio Oriente e dei suoi fragili equilibri: i nostri Stati sono fianco a fianco nella lotta contro ogni forma di terrorismo e fondamentalismo".

(IMGpress, 9 dicembre 2008)

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Incitamenti anti-israeliani ed antisemiti nei media siriani accusano Israele,
il movimento sionista ed il popolo ebraico di responsabilità per gli attacchi di Mumbai
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1. La copertura mediatica siriana degli attentati terroristici di Mumbai è stata soltanto di tipo informativo e senza nessun approfondimento. I dirigenti del regime li hanno criticati pubblicamente (gli attentati ndr). Il Presidente Bashar al-Assad ha ritenuto sufficiente inviare un messaggio di condoglianze al presidente indiano esprimendo il suo profondo dolore per le vittime ed augurando una pronta guarigione ai feriti.

2. Tuttavia la Siria, che compie una campagna viziosa di propaganda ed incitamento contro Israele, ha sfruttato gli attentati terroristici per accusare Israele, il movimento Sionista ed il popolo Ebraico dicendo che hanno la responsabilità per il terrorismo nel mondo e degli attentati di Mumbai (trascurando l'uccisione indiscriminata di sei Ebrei/Israeliani).
La campagna siriana di incitamento contro Israele include i soliti stereotipi antisemiti che accusano gli Ebrei della guerra e delle crisi nel mondo.

3. Quelli che seguono sono un breve riassunto dei tre articoli antisemiti/antiisraeliani pubblicati nei media siriani (che sono sotto il controllo del governo) dopo gli attacchi di Mumbai:
    a) Al-Thawra (3 Dicembre): Ahmed Hamada, membro del consiglio di redazione del giornale, ha detto che le impronte digitali della lobby ebraica e del Mossad, che incoraggiano continuamente guerre civili, possono essere trovate in tutto il mondo: "Dal Darfur alla Georgia, dall'Iraq a Mumbai, da un emisfero all'altro del pianeta ci sono le mani distruttive degli israeliani e della lobby Sionista, che mette il naso ovunque, semina guerre civili ed etniche e fomenta il dissenso politico e diplomatico tra le nazioni ed i governi... Quello che è avvenuto in Georgia è la migliore dimostrazione del ruolo negativo del Mossad nell'innescare le crisi... Oggi, le mani sioniste ed il loro ruolo negli attentati di Mumbai appaiono evidenti, testimonianza del ruolo distruttivo di Israele in ogni angolo del globo".

    b) Al-Thawra (30 Novembre): Secondo un editoriale, Israele ed il Sionismo sono dietro alle accuse rivolte al mondo Musulmano di essere responsabile del terrorismo globale. Inoltre ha dichiarato che le considerazioni strategiche e la scelta di importanti obiettivi internazionali (un suggerimento agli Stati Uniti) (ci portano a dedurre ndr) a loro responsabilità nel terrorismo globale e nella sua diffusione. "Il vero pericolo" dice l'editoriale "non è l'Islam, ma l'estremismo politico". L'editoriale aggiunge che le aggressioni anti-islamiche sono una prova che la comunità internazionale, guidata dagli Stati Uniti, non combatte sul serio il terrorismo, nonostante gli abbia dichiarato guerra.
    "Diciamo inequivocabilmente che il terrorismo rimarrà un problema sino a quando il Sionismo si potrà diffondere liberamente (per poter operare ndr) dietro le quinte".

    c) Al Watan (1 Dicembre): Una colonna del giornale nota che Israele approfitta abitualmente del terrorismo nel mondo e lo sfrutta per far soffrire i palestinesi. Quanto è avvenuto a Mumbai, stando a quanto affermato dal giornale, non è diverso da quello che è successo a New York, nei paesi arabi ed in altre parti del mondo. Ma la domanda a cui dobbiamo ancora dare una risposta è chi guadagna da questi eventi (come la distruzione del World Trade Center, l'11 Settembre 2001) e chi li sfrutta per fare la parte della vittima. Secondo il giornale, coloro che hanno pianificato gli attacchi di Mumbai hanno voluto raggiungere diversi obiettivi: aumentare la tensione tra il Pakistan e l'India, spingere i paesi arabi e musulmani a sostenere Israele nel colpire il terrorismo islamico, attraverso una fitta collaborazione di intelligence, e rafforzare il concetto del sogno americano-israeliano di un nuovo Medio Oriente.

* Ved. il bollettino del 2 Dicembre 2008 intitolato: "Reactions in the Arab and Muslim world to the terrorist attacks in Mumbai (Preliminary report)" (in inglese)

(Trad. “In Difesa di Israele” - indifesadisraele@gmail.com)

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Concluso il Mokèd a Parma

di Roberto Della Rocca, rabbino

Il rabbino Della Rocca
Si è concluso ieri a Parma il Mokèd autunnale organizzato dal Dipartimento Educazione e Cultura dell'Ucei che ha visto la partecipazione di un centinaio di persone provenienti da molte Comunità italiane. Durante l'incontro si è svolto un convegno che ha affrontato con autorevoli studiosi e intellettuali, non solo italiani, il tema del nostro rapporto con lo Stato di Israele a 60 anni dalla sua fondazione. Il tema è stato finalmente affrontato sotto una prospettiva inedita. I relatori hanno evidenziato come lo Stato di Israele è stato il prodotto di un movimento di pensiero ebraico, minoritario e spesso contrastato, che costituisce ancora una grande sfida intellettuale, sociale e religiosa per l'intero ebraismo sviluppatosi nel corso dei secoli come realtà diasporica. Queste considerazioni ci indicano come il programma sionistico non significa la fine, ma l'inizio di nuove sfide e perenni interrogativi per il pensiero ebraico. Israele ci ripropone incessantemente la sfida di rilegare cielo e terra mediante quella scala sognata dal nostro padre Jaakov.

(Notiziario Ucei, 9 dicembre 2008)

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Ocse: Israele nel gruppo di lavoro contro la corruzione

Israele si è ufficialmente unita al gruppo di lavoro anti-corruzione dell'Ocse. Si tratta di un passo importante, riporta la nota odierna dell'Ocse, in vista di un ingresso di Israele nell'Organizzazione che riunisce le potenze industrializzate del pianeta. Attualmente sono formalmente invitati a prendere parte ai colloqui per la membership anche Cile, Estonia, Russia e Slovenia.
L'Organizzazione mondiale per la cooperazione e lo sviluppo economico ha inoltre lanciato una partnership con l'AFDP (African development bank) per supportare la lotta dei governi africani alla concussione e alla corruzione.
Al meeting anti-corruzione dell'Ocse parteciperà quest'anno anche la Cina che presenterà una panoramica degli sforzi del Governo per combattere la concussione. Già durante lo scorso maggio alcuni rappresentanti dell'Ocse si erano recati a Beijing e Shanghai per cercare di capire in che cosa la loro organizzazione potesse collaborare più da vicino con la Cina nella lotta alla corruzione. (GD)

(La Stampa, 9 dicembre 2008)

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Primarie Likud: netta affermazione dei "falchi"

GERUSALEMME, 9 dicembre - Si sono risolte con una netta affermazione dei falchi le primarie del Likud, svoltesi ieri in Israele in vista delle elezioni anticipate del 10 febbraio prossimo: se dietro al leader del partito conservatore, l'ex premier Benjamin Netanyahu, si sono infatti piazzato due elementi relativamente moderati quali Gideon Saar e Gilad Arden, piu' il deputato uscente Reuven Rivlin, l'andamento dello spoglio ha sancito un ingresso in massa nelle future liste elettorali dei 'falchi'.
Un gran numero di voti hanno infatti ottenuto esponenti dell'ala dura come Benny Begin, figlio del defunto primo ministro Menachem Begin, e il generale a riposo Moshe Yaalon, gia' capo di stato maggiore interforze; ma soprattutto ha colto un sorprendente ventesimo posto Moshe Feiglin, leader del movimento dei coloni oltranzisti e della corrente di estrema destra nonche' fondatore di 'Zo Artzeinu', o 'Questa e' la Nostra Patria', movimento contrario agli accordi di Oslo del '93. E' un esito che Netanyahu probabilmente non gradisce: sperava infatti in una prevalenza di elementi pragmatici, in grado di non spaventare l'elettorato moderato e dunque di contribuire a uno sfondamento al centro, a spese dei rivali di Kadima, attualmente al governo: sottrarre consensi a questi ultimi sara' infatti determinante per vincere in modo chiaro la consultazione generale, dove i sondaggi assegnano al Likud da 32 a 35 seggi su centoventi nella nuova Knesset, il Parlamento monocamerale dello Stato ebraico. Malgrado la sua strategia debba adesso essere almeno in parte ripensata, l'ex capo dell'esecutivo ha fatto buon viso a cattivo gioco, definendo il plotone di candidati cosi' formatosi "il migliore possibile per migliorare la sicurezza, rafforzare l'economia e proseguire in un processo diplomatico responsabile", senza cioe' concedere ai palestinesi nulla piu' dello stretto indispensabile, o forse neanche quello. "E' emerso il vero Likud", e' stato il tagliente commento di un portavoce di Kadima, il parlamentare Tzahi Hanegbi. "Il 'dream team' di Netanyahu e' diventato il suo incubo. Le stelle restano fiori, mentre dentro ci sono i ribelli". Feiglin ha replicato accusando gli avversari di voler dividere il partito e "intimorire l'opinione pubblica".

(AGI, 9 dicembre 2008)


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Sondaggio: per il 63% degli israeliani le ong sono contro lo Stato ebraico

I diritti umani sono importanti per l'89 per cento degli israeliani, ma pochi nello Stato ebraico hanno fiducia nelle organizzazioni non governative per la tutela dei diritti umani. E' quanto emerge da un sondaggio pubblicato oggi da 'Ynet', il sito web del quotidiano israeliano 'Yedioth Ahronoth' e commissionato dal centro Ngo Monitor e dal Public Diplomacy Program dell'Università di Bar-Ilan al centro di ricerche Keevon, alla viglia del 60esimo anniversario Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.
Stando al rilevamento, il 51 per cento degli israeliani ritiene che le ong favoriscano i palestinesi, mentre solo il 19 per cento crede che le organizzazioni si preoccupino tanto degli israeliani quanto dei palestinesi.
Per il 64 per cento delle persone interpellate per il sondaggio, le ong sono per natura contro Israele.
"I diritti umani sono chiaramente importanti per gli israeliani", ha affermato il direttore del centro Ngo Monitor e presidente del Dipartimento di studi politici all'Università di Bar-Ilan, Gerald Steinberg. Secondo quest'ultimo, però, gli israeliani sono contrari alle "limitazioni di Amnesty, B'tselem, Machsom Watch e di moltre altre ong" che "contribuiscono a demonizzare Israele".
Secondo l'83 per cento delle persone interpellate per il sondaggio, inoltre, Israele è il Paese che più tutela i diritti umani in tutto il Medioriente e, per il 55 per cento degli israeliani, lo Stato ebraico è il numero uno anche rispetto ad altre democrazie occidentali. Il 68 per cento degli israeliani, inoltre, è convinto che i rapporti critici nei confronti di Israele che arrivano dalle ong danneggino l'immagine dello Stato ebraico all'estero.
Stando al centro Ngo Monitor, fondato per "promuovere la trasparenza, l'analisi critica e il dibattito sul ruolo politico delle organizzazioni per i diritti umani", attori influenti, come il Dipartimento di Stato americano e la Banca mondiale, diffondono periodicamente rapporti su Israele sulla base di affermazioni delle ong, tra le quali B'tselem, Amnesty International e Human Rights Watch. E questa risulta essere una pratica accettabile solo per il 32 per cento degli israeliani. Per il sondaggio sono state interpellate 503 persone, escludendo la comunità degli arabo-israeliani, tra il 27 novembre e il primo dicembre scorso. (Adnkronos).

(Clandestinoweb, 9 dicembre 2008)

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Per Tzipi Livni è necessario indebolire Hamas

Israele non deve escludere alcuna misura per indebolire Hamas, lo ha detto il ministro degli Esteri israeliano Tzipi Livni. In una conferenza stampa all'università di Tel Aviv, la Livni ha parlato di una combinazione immediata di misure militari, diplomatiche ed economiche.
Per il ministro degli esteri è necessario che Israele replichi agli attacchi missilistici provenienti dalla Striscia di Gaza per evitare che lo Gerusalemme dimostri debolezza. «Israele deve rispondere al fuoco. Questo non fermerà gli attacchi, ma anche l'immagine ha un ruolo. Quando la percezione è che Israele sia debole, la nostra abilità di deterrente si indebolisce», sostiene la leader di Kadima. La responsabilità di mantenere la calma nella Striscia di Gaza, e quindi anche la tregua, dipende da Hamas, che ne ha preso il controllo nel giugno 2007, ha proseguito. «Se sanno che non staremo fermi davanti ai missili su Ashkelon, rafforzeranno da soli la tregua»

(ami, 9 dicembre 2008)

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Palestina: ancora divisioni sul fronte interno

La tensione fra Hamas e Fatah, seppur diminuita, resta comunque molto elevata

di Marco Di Donato

La tensione fra Hamas e Fatah, seppur diminuita, resta comunque molto elevata. A riaccendere gli animi è stata la decisione dell'OLP (Organizzazione per la liberazione della Palestina) di nominare Abu Mazen, attuale leader del gruppo di Fatah nonché presidente dell'ANP (Autorità Nazionale Palestinese) come presidente dello stato di Palestina, carica rimasta vacante dal momento della morte di Yasser Arafat. Inoltre ha fatto anche molto discutere la dichiarazione, sempre da parte di Abu Mazen, riguardante un possibile voto anticipato nei territori occupati. L'attuale leader di Fatah ha annunciato che se Hamas non renderà possibile lo svolgimento della tornata elettorale, allora le votazioni si terranno esclusivamente nella West Bank.
La disputa elettorale ci riporta al vero punto della questione, il reale argomento di distacco fra Fatah ed Hamas. Il mandato presidenziale di Abu Mazen scade il 31 gennaio 2009 e, secondo le accuse mosse dai militanti islamici, tanto il voto anticipato quanto la nomina a presidente dello stato palestinese, sarebbero entrambe mosse tese a prolungare la permanenza di Abu Mazen a capo del popolo palestinese. In effetti, anche in base ai rapporti dell'intelligence israeliana, le prossime elezioni potrebbero significare la scomparsa dalla scena elettorale per la leadership di Fatah e di conseguenza ciò comporterebbe in automatico la vittoria di Hamas.
Anche se la vittoria del movimento di resistenza islamico non appare così scontata, alcuni sondaggi fra i palestinesi indicano infatti un consistente calo di consensi nei suoi riguardi, la forte preoccupazione israeliana di veder eliminato dalla scena politica il suo interlocutore principale nel processo di pace non è uno scenario accettabile per Gerusalemme. Di conseguenza Israele potrebbe cercare di rafforzare la figura di Abu Mazen, ad esempio scarcerando alcuni detenuti nel breve termine, provando così a limitare una possibile vittoria elettorale di Hamas. Tuttavia sul fronte palestinese tutto potrebbe improvvisamente mutare. La soluzione pacifica non appare l'unica via percorribile per sanare la frattura fra le due formazioni le quali, come già visto nel passato, sarebbero altresì in grado di giungere ad uno scontro armato in mancanza di una rapida intesa fra le parti.

(University.it, 9 dicembre 2008)

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Una festa non ebraica

di Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma

Il rabbino Di Segni
In una delle dichiarazioni di lode dell'amata del Cantico dei Cantici (4:7) si legge: "Sei tutta bella mia compagna, e in te non c'è difetto" (mum, in ebraico, macula in latino). Nei commenti tradizionali questo significa che il popolo d'Israele, in alcuni momenti della sua storia, come quando riceve la Torà, è senza difetti; secondo il Talmud è anche un riferimento al Sinedrio nel suo complesso. Nel calendario civile oggi è, come si dice, "una festa non ebraica". E' interessante notare che il nome di questa festa si riferisca in qualche modo all'espressione sopra citata del Cantico, con un'interpretazione radicalmente differente. E' uno dei tanti segni che dimostrano come da una parte i due mondi condividano una cultura e una tradizione originaria ma dall'altra siano separati da una differenza dottrinale insanabile.

(Notiziario Ucei, 8 dicembre 2008)

COMMENTO - Oggi, 8 dicembre, la chiesa cattolica festeggia la cosiddetta "Immacolata Concezione" di Maria. E' una festa non ebraica, dice giustamente il rabbino Di Segni, ma è anche una festa non cristiana. E' una festa cattolica, ma non è la stessa cosa. Può dirsi cristiano soltanto ciò che è direttamente collegabile in modo biblico alla persona di Cristo. E certamente non è questo il caso. E' interessante la contrapposizione fatta da Di Segni: per i cattolici immacolata è la Madonna, per gli ebrei immacolato è il popolo d'Israele. E' la seconda affermazione che ha un supporto biblico, non la prima. L'indovino Balaam, che per soldi avrebbe voluto maledire Israele, fu invece costretto da Dio a benedirlo, e nel farlo disse queste parole:
«Ecco, ho ricevuto l'ordine di benedire; egli ha benedetto; io non revocherò la benedizione. Egli non scorge iniquità in Giacobbe, non vede perversità in Israele. L'Eterno, il suo Dio, è con lui, e Israele lo acclama come suo re» (Numeri 23:20-21).
Nella Madonna la chiesa cattolica riconosce sé stessa, per questo la onora. La Maria biblica però non è figura della "Chiesa Madre", ma è "figlia d'Israele". In questo senso, sia personalmente, sia come espressione di Israele, il suo essere "senza macchia" non si trova all'inizio del suo percorso di vita, nell'ora del suo concepimento, ma alla fine, quando lei e il popolo che rappresenta si troveranno "senza macchia" davanti a Colui che li ha giustificati attraverso l'opera di Cristo. M.C.

Ved. l'articolo "Maria, figlia d'Israele".

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Gli Ebrei a Trani e in Puglia nel Medioevo

Nuovo appuntamento culturale di Frammenti di Pensiero

Trani e gli ebrei, un tema sempre interessante e attuale, ricco di mistero e curiosità che appassiona gli esperti così come il cittadino comune. Trani con le sue sinagoghe e la giudecca è meta da sempre di numerosi visitatori alla ricerca del tempo passato e dei luoghi che furono abitati dagli ebrei. La loro ascesa e il loro declino attraversa per molti secoli la storia del Regno di Napoli in cui Trani oltre che Provincia fu un centro di Cultura e di Commercio in cui gli ebrei ebbero un ruolo di primo piano.
Nell'ambito del progetto: "Frammenti di Pensiero" ideato dall'Assessorato alla Cultura della Città di Trani, la Società di Storia Patria per la Puglia - Sezione di Trani e l'Associazione Obiettivo Trani presentano la nuova edizione ampliata del volume del dott. Emanuele Gianolio: Gli Ebrei a Trani e in Puglia nel Medioevo.


L'iniziativa è fissata per Sabato 13 dicembre 2008 - ore 19,00 presso l'Auditorium San Luigi - Piazza Lambert di Trani. Interverrà il Prof. Cesare Colafemmina - già docente di "Epigrafia e Antichità Ebraiche" presso l'Università degli studi di Bari - che illustrerà i contenuti del volume. Saranno presenti l'autore e l'Editore, Gennaro Landriscina

(TraniWeb, 8 dicembre 2008)

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Ue - Capi diplomazia annunciano rafforzamento relazioni Israele

Primo summit potrebbe tenersi sotto la presidenza Ceca

ROMA, 8 dic. (Apcom) - I rappresentanti della diplomazia europea hanno annunciato oggi di voler intensificare le relazioni con Israele, nel tentativo di rafforzare il dialogo tra lo stato ebraico, i palestinesi e i paesi arabi.
Un primo summit tra Ue e Israele potrebbe tenersi già il prossimo mese sotto la presidenza semestrale della Repubblica Ceca. Il rafforzamento della cooperazione, il cui accordo di massima è stato approvato nel giugno scorso dai membri europei, prevede tre riunioni annuali tra i responsabili della diplomazia e la possibilità per ciascuna presidenza rotante dell'Ue di invitare un responsabile israeliano ad una riunione di ambasciatori europei dedicata alle questioni di sicurezza.
A Gerusalemme il ministro degli Esteri Tzipi Livni ha parlato di un successo significativo per la diplomazia israeliana che rappresenta un nuovo capitolo nelle relazioni con l'Ue. Ma secondo il ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner il rafforzamento delle relazioni con la Palestina sarà la prossima tappa "anche se più complicato e difficile" ha aggiunto. Un portavoce del governo francese ha specificato che "è necessario mantenere un certo equilibrio nelle relazioni tra l'Ue e Israele da una parte e l'Ue e i paesi arabi dall'altra".

(Virgilio Notizie, 8 dicembre 2008)

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Israele: volto di rabbino in una pentola

TEL AVIV - Ha destato grande impressione fra i timorati ebrei nella città di Safed (Galilea) l'apparizione sul fondo di una vecchia pentola di una immagine che ricorda la effigie di un noto rabbino. Lo riferisce il quotidiano Maariv. Safed è considerata da tempo la 'capitale' del misticismo ebraico ed è meta costante di pellegrinaggi di ebrei religiosi che pregano presso le tombe di antichi rabbini nella convinzione che essi possano intercedere in loro favore.
In questo clima ha preso le mosse la vicenda di un abitante della città, Reuven Cohen, che dopo molto tempo ha ripreso in mano una vecchia pentola, sul fondo della quale ha intravisto la immagine di un volto. Per vederci chiaro ha interpellato tre diversi rabbini che gli hanno confermato che si tratta effettivamente del volto di un rabbino vissuto il secolo scorso a Djerba, in Tunisia. La casa di Cohen è ora affollata, aggiunge il giornale, perché molti chiedono di vedere la pentola ed insistono per deporvi biglietti votivi.

(ANSA, 8 dicembre 2008)

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L'Ascensore del tempo di Gerusalemme conquista le fiere turistiche

L'Ascensore del tempo di Gerusalemme continua a conquistare le più grandi fiere turistiche. Durante il Josp, il Festival del Turismo Religioso che avrà luogo presso la Fiera di Roma dal 15 al 18 febbraio 2009 così come durante la prossima Bit dal 19 al 22 febbraio 2009, l'Ascensore del tempo di Gerusalemme offrirà uno spettacolo di cinema digitale. Una joint venture tra il Ministero del Turismo d'Israele, la Municipalità di Gerusalemme e l'Ascensore del tempo di Gerusalemme darà l'opportunità ai visitatori di rivivere la storia di Gerusalemme da protagonisti e non solo da semplici spettatori. Attraverso un viaggio di 5 minuti, i visitatori potranno rivivere episodi biblici come il confronto tra il profeta Geremia ed il Re Zedechiah e la distruzione del Primo e del Secondo Tempio di Gerusalemme, per rivivere poi il momento della conquista romana, la nascita del cristianesimo, la conquista dell'Islam e la presenza di esso sulla Terra Santa ed infine la fondazione del moderno Stato d'Israele.

(Guida Viaggi, 8 dicembre 2008)

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Tel Aviv, genitori non vogliono studenti arabi vicino ai loro figli

TEL AVIV (8 dicembre) - A Tel Aviv gli studenti arabi non possono studiare nella stessa scuola dei coetanei ebrei. Sulla base di questa convinzione un gruppo di genitori di alunni di un istituto elementare del quartiere di Hatikva, a sud di Tel Aviv, protesta contro la decisione della direzione della scuola Hagalil di aprire le porte a due studentesse arabe. Ed è stato subito scontro, con altri genitori che hanno parlato di razzismo. Alcuni genitori degli alunni ebrei hanno fatto sapere che firmeranno una petizione per impedire che nella scuola vengano ammessi studenti arabi, che provocherebbero, secondo questi genitori, un calo di profitto dell'intera classe.
«Non vogliamo gli studenti arabi nella nostra scuola e non siamo solo noi a non volerli, anche i nostri bambini non li vogliono nelle loro classi», ha detto una mamma. «Non sanno parlare bene l'ebraico», ha aggiunto. Per altri genitori, però, impedire ai bambini arabi di studiare accanto a quelli ebrei è «oltraggioso». «Non capiamo. È triste constatare che viviamo in una sgradevole società razzista», ha osservato un papà, che sarebbe felice di accogliere gli studenti di origine araba nella scuola dove studia suo figlio.
Nessun commento, invece, dal preside dell'istituto, coinvolto nella polemica. «Gli studenti in questione - hanno fatto sapere dal ministero dell'Istruzione israeliano - sono bambine arabe che vivono nel quartiere, che dovrebbero frequentare quella scuola in base alle suddivisioni di circoscrizione. Hanno il diritto di iscriversi alla scuola Hagalil, come ogni altro studente che vive in zona. Le lamentele dei genitori non hanno giustificazioni».

(Il Messaggero, 8 dicembre 2008)

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Iran: attacco contro un ufficio dell'Egitto

Studenti fondamentalisti contestano la cooperazione con Israele

TEHERAN, 8 dic - Scontri sono avvenuti a Teheran fra polizia e studenti fondamentalisti che cercavano di attaccare la sezione d'interessi dell'Egitto. Lo riferisce l'agenzia Fars. Durante una manifestazione per ''protestare contro la cooperazione del governo egiziano con il regime sionista''(Israele), alcuni giovani, appartenenti alle milizie dei volontari islamici, hanno lanciato petardi contro la sede diplomatica. Poi hanno fatto un sit-in nella strada antistante e recitato preghiere prima di andarsene.

(ANSA, 8 dicembre 2008)

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Le leggi razziali in Italia: mostra documentario a Faenza

FAENZA - 7 dicembre 2008 - "1938: le leggi razziali in Italia. Tra collaborazionismo e indifferenza" è il titolo della mostra documentaria, promossa dall'Istituto storico della Resistenza e dell'Età contemporanea di Ravenna e provincia in collaborazione con il Comune di Faenza, che si inaugura giovedì 11 dicembre prossimo, alle ore 17.00, nel salone delle Bandiere di Palazzo Manfredi.
All'inaugurazione interverranno il presidente del Consiglio comunale di Faenza Emanuele Tanesini e dirigenti dell'Istituto storico della Resistenza e dell'Età contemporanea di Ravenna.
La mostra, che anticipa le manifestazioni del Giorno della Memoria 2009, programmate a partire dal prossimo mese di gennaio, è dedicata al 70o anniversario dell'introduzione delle leggi razziali antiebraiche da parte del regime fascista.
Le leggi razziali, emanate in Italia il 14 luglio del 1938 con la pubblicazione del famoso "Manifesto del razzismo italiano", poi trasformato in decreto il 15 novembre dello stesso anno, provocarono la persecuzione di migliaia di ebrei italiani, umiliati, messi alla fame e poi spediti nei campi di sterminio.
Con il manifesto e le leggi successive, agli ebrei fu proibito, tra l'altro, di prestare servizio militare, essere proprietari di aziende, di terreni e fabbricati, di avere domestici "ariani".
Gli ebrei venivano inoltre licenziati dalle amministrazioni militari e civili, dagli enti provinciali e comunali, dagli enti parastatali, dalle banche, dalle assicurazioni e dall'insegnamento nelle scuole di qualunque ordine e grado.
I ragazzi, infine, non potevano essere accolti nelle scuole statali.
La mostra allestita nel salone delle Bandiere del palazzo comunale sarà visibile fino al 20 dicembre 2008. Gli orari di visita per il pubblico e le scuole sono i seguenti: dal lunedì al venerdì, dalle 9.00 alle 18.00; il sabato dalle 9.00 alle 13.00.

(Sestopotere.com, 7 dicembre 2008)

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Una boccata d'ossigeno per le piccole Comunità ebraiche

di Daniela Gross

Un patrimonio umano e culturale prezioso che nel giro di pochi anni rischia però di essere vanificato dal calo demografico. Il futuro delle piccole Comunità ebraiche, che costituiscono tanta parte dell'ebraismo italiano, si gioca su queste due opposte polarità, tra la vitalità dell'oggi e la minaccia di un prossimo declino. Ma se nulla si può fare per contrastare il decremento delle nascite e il parallelo invecchiamento degli iscritti, molto invece è possibile sul fronte delle relazioni e dell'organizzazione comune. Questo il messaggio lanciato oggi dal presidente dell'Ucei Renzo Gattegna in occasione del Moked, l'incontro dell'ebraismo italiano in corso in questi giorni a Parma. Una Comunità minuscola, una cinquantina scarsa di ebrei, location ideale per capire i modi e gli strumenti per restituire ossigeno ed energia alle tante microrealtà ebraiche italiane oggi in affanno.

- Presidente Gattegna, qual è oggi la situazione delle piccole Comunità ebraiche?
- Sono accomunate da un dato che continua a stupirci. Esprimono infatti tutte vitalità e capacità notevoli. Ma troppo spesso queste caratteristiche sono fondate su singoli individui che assommano su di sé tutte le competenze. E' un aspetto ammirevole che allo stesso tempo è però motivo di forti preoccupazioni per il futuro.

- Il rischio è che venga a mancare il ricambio generazionale.
- Il problema centrale è di tipo demografico. Nei piccoli centri vi sono Comunità che oggi combattono per la sopravvivenza, in cui gli iscritti invecchiano e passano anni senza che vi sia un matrimonio o nasca un bambino mentre i pochi giovani si allontanano verso situazioni che offrono migliori opportunità di vita ebraica o di lavoro.

- Sembra un processo irreversibile.
- E' un aspetto su cui non si può certo intervenire. Vi sono però altre prospettive da cui la questione può essere affrontata. Per questo due anni fa l'Ucei per la prima volta ha affidato a tre consiglieri - Federico Steinhaus, Gadi Polacco e Fabio Norsa - l'incarico di mantenere i contatti con le piccole Comunità così da recepirne le istanze e risolvere eventuali problemi di funzionamento. E' una decisione che di per sé non può risolvere situazioni di crisi. Ma può contribuire ad evitare che si disperda l'immenso patrimonio culturale rappresentato dalla piccole realtà.

- Cos'è stato fatto in questi due anni?
- C'è stato uno scambio molto più intenso del passato, attraverso contatti, viaggi, incontri. Personalmente ho visitato quasi tutte le piccole Comunità conoscendone i dirigenti. Questo ci ha permesso di conoscere in modo più diretto e partecipato le diverse situazioni.

- Da questi scambi sono emerse nuove prospettive?
- Una via per evitare dispersioni di risorse, sia umane sia economiche, potrebbe passare attraverso una razionalizzazione della struttura. Un articolo dello statuto Ucei prevede, da oltre dieci anni, che le Comunità possano consorziarsi così da mantenere servizi culturali e amministrativi che soddisfino un ambito più ampio, ad esempio regionale. Si tratta di una decisione che va assunta dalle stesse Comunità e che non può certo partire dall'Ucei. In ogni caso, per facilitare eventuali processi aggregativi, in vista del prossimo Congresso stiamo preparando una commissione per la riforma dello statuto.

- E in attesa di possibili consorzi su base regionale?
- Da tempo siamo impegnati nella costruzione di una rete di scambi capace di andare al di là della dimensione comunale in cui vivevano tante piccole Comunità. Per questo è stato messo a punto un progetto informativo che mantiene uno stretto dialogo con le diverse realtà attraverso la newsletter e la rassegna stampa spedite ogni giorno agli
iscritti e il portale moked. Quest'ultimo non è uno strumento d'informazione a senso unico. Ma prevede la partecipazione in forma diretta delle diverse Comunità che possono gestire il loro sito in prima persona e in forma autonoma, contribuendo anche all'informazione nazionale. E' un modo di combattere la solitudine delle realtà più
piccole e di costruire insieme nuovi contributi. Intanto avanza il progetto per mettere in comunicazione in tempo reale tutte le Comunità italiane attraverso una rete informatica che oggi consente di mettere on line le lezioni del Collegio rabbinico e domani permetterà videoconferenze, riunioni a distanza ed esperienze didattiche tra le diverse
scuole ebraiche.

- Il futuro potrebbe dunque vedere nell'ebraismo italiano una minore frammentazione della vita e delle relazioni.
- La speranza è questa. Ma al tempo stesso dobbiamo puntare alla sprovincializzazione e all'allargamento dei nostri confini. L'ebraismo italiano è una realtà molto ridotta dal punto di vista numerico che deve coltivare collegamenti e scambi, oggi ancora scarsi dal punto di vista istituzionali, con le Comunità ebraiche europee e statunitensi e con
Israele. Credo sia questa una delle vie principali per rivitalizzare il nostro tessuto e proiettarci davvero nel futuro.

(Notiziario Ucei, 7 dicembre 2008)

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Londra, Natale contro Israele

Nella capitale britannica, nella centrale St James di Piccadilly, durante una cerimonia sono state cantate carole natalizie riscritte in senso antiisraeliano.

Natale è tempo di Carole specialmente nei paesi del Nord Europa, e la Gran Bretagna ha una grande tradizione di Christmas Songs. Ma quello che è successo nei giorni scorsi nella centralissima chiesa anglicana di St James, a Piccadilly, è certamente qualche cosa che va fuori dell'ordinario; e si è meritato critiche e condanne bipartisan da parte delle autorità religiose implicate. Durante un servizio religioso, intitolato: "Betlemme, nove lezioni e Carole alternative" sono state eseguite varie canzoni natalizie, che però di natalizio e del Juletide Spirit avevano sostanzialmente solo la musica. Una di esse, chiamata "I dodici giorni di Natale", aveva un testo che diceva:

"Dodici assassini
Undici case demolite
Dieci pozzi ostruiti
Nove torri per i cecchini
Otto cannoniere che sparano
Sette checkpoints a bloccare
Sei carri armati che avanzano
Cinque anelli di coloni
Quattro bombe che cadono
Tre cannoni da trincea
Due colombe schiacciate
E un albero d'olivo sradicato".

Come appare evidente, si voleva sottolineare in maniera negativa il comportamento di parte israeliana. La cosa singolare è che il testo è stato scritto da uno scrittore di parodie israelita (il cui nome non è stato rivelato). L'intero evento era stato organizzato da attivisti naturalmente anti-israleiani, che comprendevano un gruppo chiamato "Ebrei per il boicottaggio delle merci israeliane" e il gruppo palestinese "Aprite Betlemme". Fra i presenti alla cerimonia c'erano Ang Swee Chai, scrittore e chirurgo, la baronessa Tonge, che è stata espulsa nel 2004 dalla "front bench" dei Liberal-Democratici dopo che aveva detto che se fosse stata palestinese avrebbe preso in considerazione l'idea di diventare una "kamikaze", e Jocelyn Hurndall la madre di Tim Hurndall, l'attivista pacifista che morì dopo essere stato colpito da un soldato israeliano. Naturalmente i rappresentanti della comunità ebraica hanno deprecato la cerimonia, e anche le autorità anglicane - sia l'ufficio dell'arcivescovo di Canterbury in carica, Rowan Williams, che quello del suo predecessore Lord Carey di Clinton - sono fra quelli che hanno criticato ciò che è accaduto. E il Rettore di St James di Piccadilly, il reverendo Charles Hedley, ha detto ci penserà due volte, la prossima volta, prima di permettere che una cerimonia del genere abbia luogo nella sua chiesa, dopo aver ricevuto dozzine di lamentele.

(La Stampa, 7 dicembre 2008)

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"Le moschee? Chiudere i covi dei terroristi"

di Francesca Angeli

Il ministro delle Politiche europee Ronchi rilancia l'allarme di Maroni: "Il fondamentalismo ha fatto un salto di qualità. Vanno censiti e controllati tutti i luoghi di culto. E l'Ucoii va esclusa dalla gestione"

ROMA «In Italia assistiamo ad un salto qualità sul fronte del terrorismo di matrice fondamentalista islamica. Non possiamo permetterci dubbi e tentennamenti. Vedo analogie con la situazione inglese: anche lì i terroristi erano perfettamente integrati nel tessuto sociale. Da tempo denuncio i rischi di questa situazione. Mi pare che il ministro dell'Interno, Maroni stia operando molto bene. Occorrono controlli più stretti e capillari; censimento di tutte le moschee, i luoghi di culto ed i centri culturali di ispirazione islamica; l'albo degli imam e prediche in italiano».

- Ministro Ronchi dove ed in che modo si può intervenire senza limitare la libertà di culto?
- «Da anni sostengo che le grandi moschee sorte sul nostro territorio rappresentano insediamenti assolutamente sproporzionati rispetto alla reale esigenza dei fedeli. Soltanto il 10 per cento dei residenti musulmani in Italia è praticante. Le grandi moschee rappresentano un inutile vulnus dal punto di vista urbanistico e oltretutto proprio a causa delle proporzioni sono aperte ad infiltrazioni di ogni tipo, anche terroristico, e diventano un problema di ordine pubblico».

- Sarebbe favorevole ad un referendum locale?
- «Perché no? Anche se so già che i cittadini sono molto preoccupati perché ho questo problema a cuore da sempre. Voglio sottolineare con forza che in tutti questi comuni dove sono state edificate moschee enormi le giunte che lo hanno permesso, tutte di centrosinistra, sono colpevoli. Con incredibile leggerezza ed indifferenza hanno permesso che si aprissero luoghi di culto e centri culturali senza un minimo di controllo. Ora c'è un vero e proprio fiume carsico che scorre lungo la penisola e rappresenta un rischio concreto. Tutte queste grandi moschee poi sono collegate da un filo rosso: l'Ucoii, l'Unione delle comunità islamiche d'Italia che le promuove le gestisce e che ha un legame stretto con il fondamentalismo».

- Che cosa propone?
- «Estromettere l'Ucoii dalla gestione delle moschee bloccando quelle coordinate da questa organizzazione. Ricordo che nel 2006 l'Ucoii comprò un'intera pagina su alcuni quotidiani paragonando Israele ai nazisti. Un'organizzazione che non riconosce la legittimità dello Stato di Israele andava subito estromessa dalla Consulta islamica insediata al Viminale. Ed invece non soltanto l'allora ministro dell'Interno Giuliano Amato non fece nulla ma poi fu l'Ucoii a bloccare i lavori della Consulta perché si rifiutò di firmare la Carta dei valori che andava condivisa da tutte le comunità islamiche presenti in Italia. Non possiamo più dare visibilità e valore di rappresentanza ad un'organizzazione troppo vicina al fondamentalismo estremista come l'Ucoii. Prima di tutto per rispetto di tutti gli islamici moderati che non vogliono avere nulla a che fare con l'Ucoii».

- Non ci sono soltanto le grandi moschee...
- «Questo è il problema più grande la proliferazione degli invisibili: garage, scantinati, appartamenti. Non possiamo permetterci di fare confusione: noi difendiamo la libertà di culto. Su questo punto mi rimetto a quanto ha detto il cardinal Jean Louis Tauran: "Un luogo di culto è una casa di preghiera e non deve diventare un centro di propaganda ideologica". Tauran ricorda pure che in tutte le Convenzioni internazionali che parlano di libertà di religione c'è sempre una clausola che prevede che lo Stato garantisca sicurezza ed ordine pubblico».

- È soltanto una questione di sicurezza?
- «Naturalmente no. Occorre un lavoro di intelligence in collaborazione con gli altri paesi Ue ma io vedo prima di tutto una grande responsabilità politica. La gran parte del mondo politico non si è occupata del fenomeno e lo ha lasciato crescere nell'indifferenza. Anche l'esclusione dalla Costituzione europea del richiamo alle radici cristiane è stato un segno di questa indifferenza che io non condivido. Il terrorismo ed il fondamentalismo si combattono prima di tutto con la consapevolezza della propria identità culturale, mantenendo la solidità delle proprie radici».

- Possiamo salvarci dal terrorismo con due righe di richiamo alle radici cristiane nella Costituzione Ue?
- «Certamente no. Ma abbandonare la nostra identità, perdere la memoria, rappresenta in sé il primo passo verso la sconfitta. Quel richiamo è una premessa indispensabile dalla quale ricominciare per sconfiggere il relativismo culturale e l'ignavia».

(il Giornale, 7 dicembre 2008)

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Visi d’Israele - Sharon

Uomini e donne provenienti da ambienti diversi parlano delle loro esperienze in Israele e dicono che cosa significa per loro vivere in quel paese.

(infolive.tv)


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Coloni ebrei, la "redenzione" armata di Eretz Israel

I seguaci del rabbino Kook sfidano Stato di Israele e palestinesi

GERUSALEMME, 5 dic. (Apcom) - E' una sfida ad ampio raggio e sempre piu' violenta quella che stanno lanciando i coloni ebrei sparsi nella Cisgiordania occupata da Israele nel 1967. La "Intifada ebraica" scattata dopo l'evacuazione, da parte della polizia, di uno stabile palestinese occupato dai coloni in violazione di una sentenza dell'Alta Corte di Giustizia, ha confermato che la destra religiosa e ultranazionalista ha nel suo mirino non solo i palestinesi ma lo stesso Stato di Israele, considerato ormai un "nemico" del progetto di redenzione di Eretz Israel, la biblica "Terra di Israele" promessa da Dio al popolo ebraico....

(Virgilio Notizie, 5 dicembre 2008)

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L'ebraismo italiano s'incontra a Parma

di Daniela Gross

Sarà la riapertura della Sinagoga di Parma a suggellare, sabato mattina, la nuova edizione del Moked, l'ormai tradizionale incontro dell'ebraismo italiano, dedicato quest'anno ai 60 anni dello Stato d'Israele, in corso nella cittadina emiliana. La Tefillà del mattino, la lettura del Sefer Torah e poi il kiddush. Per qualche ora, grazie alla partecipazione degli iscritti al Moked, la piccolissima Comunità parmense - meno di cinquanta persone - rivivrà così attimi d'intensa vita ebraica.
Non a caso, d'altronde, il Moked - organizzato dal Dipartimento educazione e cultura (Dec) dell'Ucei - fin dagli esordi privilegia come sede le piccole Comunità. "Queste occasioni -spiega infatti il direttore del Dec rav Roberto Della Rocca - hanno un duplice obiettivo. All'approfondimento di tematiche culturali di particolare rilevanza si accompagna infatti un forte impegno di socializzazione". "L'ebraismo italiano - prosegue - è fortemente penalizzato dalle distanze geografiche che rendono molto difficili gli incontri e gli scambi tra gli iscritti alle diverse Comunità. Eventi come il Moked sono dunque una scommessa di relazione".
E accanto alla socialità, la cultura. Al centro dell'edizione in corso, che si conclude lunedì, i 60 anni d'Israele e il sionismo. "Vi sono due argomenti - dice rav Della Rocca - che oggi nell'ebraismo sono trattati con grande retorica ed emotività: il sionismo e la Shoah. Intorno a queste due tematiche, in realtà molto poco elaborate e conosciute si sono costruiti simbolismi e una sorta di religione".
Uno degli obiettivi del Moked è invece proprio quello di ragionare e discutere. Per questo fino a lunedì a Parma intellettuali, studiosi e storici si confronteranno su contenuti e prospettive del sionismo, analizzandone i tantissimi risvolti culturali, religiosi e filosofici. "La speranza - dice rav Della Rocca - è di riuscire ad andare oltre le semplificazioni, le etichette preconfezionate e le sterili contrapposizioni restituendo invece alla sua complessità un tema di stringente attualità".

(Notiziario Ucei, 5 dicembre 2008)

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Israele - Salari ricercatori Dimona sono segreto di stato

Guadagnano circa 13mila euro l'anno e chiedono aumento del 24,2%

ROMA, 5 dic. (Apcom) - In uno dei posti più segreti del mondo, il centro di ricerche nucleari israeliano di Dimona, anche gli stipendi degli scienziati sono un segreto di stato. Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, si aggirano tra i 60-70.000 shekel, attorno ai 14mila euro mensili, ma non si conosce il numero delle persone che lo percepiscono. La portavoce del Centro riferisce soltanto che lo stipendio medio degli impiegati è circa la metà di quella cifra.
Anche il responsabile del bilancio del Ministero delle Finanze non conosce l'importo: Ilan Levin ha pertanto ingiunto al ministero della Difesa di presentargli una lista dettagliata, altrimenti non prenderà neppure in considerazione la richiesta di un aumento. I ricercatori infatti chiedono un aumento speciale compreso tra il 5% e il 18% in quanto personale militare, e un ulteriore incremento del 24,2%.
Questo perché lo scorso anno ai professori e ricercatori universtari era stato concesso un aumento dello stipendio del 24,2%, rivendicato adessi anche dai ricercatori di Dimona. Se concesso, questo significherebbe per alcuni di loro uno stipendio mensile di quasi 100.000 shekel.

(Virgilio Notizie, 5 dicembre 2008)

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L'Italia alza la voce contro l'antisemitismo

"Sono emozionata e orgogliosa. Finalmente il Parlamento italiano si è unito per difendere una buona causa". Con queste parole Fiamma Nirenstein ha espresso la sua soddisfazione, a microfoni spenti, per l'approvazione bipartisan avvenuta alla Camera della mozione sui lavori preparatori della "Conferenza Onu contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e l'intolleranza" di cui l'onorevole del Pdl si è fatta portavoce....
(l'Occidentale, 5 dicembre 2008)

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I rabbini italiani e la preghiera per gli Ebrei

In relazione alle notizie apparse sulla stampa, il Presidente dell'Assemblea Rabbinica Italiana, Rav Prof. Giuseppe Laras, ha diffuso le precisazioni che sotto sono riportate.

di Giuseppe Laras *

La questione apertasi nello scorso febbraio a seguito della reintroduzione, seppur con l'apporto di alcune modifiche, dell'Oremus della liturgia del Venerdì Santo secondo il rituale tridentino di Pio V, contente l'invocazione "Dio illumini i loro cuori affinché riconoscano Gesù Cristo salvatore di tutti gli uomini", permane, a parere dell'Assemblea Rabbinica Italiana, tuttora non risolta.
    Il Dialogo ebraico-cristiano in Italia, da parte ebraica, attraverso i suoi esponenti più autorevoli e rappresentativi, è stato sempre positivamente considerato e lealmente sostenuto e alimentato;
    La Giornata del Dialogo ebraico-cristiano o dell'Ebraismo, promossa dalla Chiesa Cattolica e da alcuni anni organizzata e gestita in comune dalla Conferenza Episcopale Italiana e dall'Assemblea Rabbinica Italiana, non vedrà quest'anno la partecipazione della parte ebraica.
    Se, in prosieguo, la situazione andrà definendosi in termini di chiarezza e di reciproca soddisfazione, la Giornata vedrà nuovamente la partecipazione della parte ebraica;
    Si ricorda, inoltre, che la presente decisione riguarda esclusivamente il rapporto tra il Rabbinato italiano e la Chiesa Cattolica, e non quello con le altre Chiese Cristiane, con le quali il Dialogo permane inalterato.

* Presidente dell'Assemblea Rabbinica Italiana

(politicamentecorretto.com, 5 dicembre 2008)

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Obama e sinagoga sotto casa, emblema sinodo neri e ebrei

Haaretz scopre il quartiere melting pot del presidente

NEW YORK, 4 dic. (Apcom) - La travolgente ascesa politica di Barack Obama, ha stravolto la routine per una comunità ebraica di Chicago, la città del presidente eletto degli Stati Uniti. Non c'entra la politica, nel sinodo tra Obama, il primo presidente afroamericano della storia, e gli ebrei della Kam-Isaiah Israel, la congregazione che si riunisce in una delle sinagoghe più antiche della città. No, il legame è topografico: la sinagoga si trova infatti nel quartiere di Hyde Park, a due passi dalla casa di Obama.
Per arrivare alla sinagoga per lo Shabbath bisogna superare posti di blocco e sbarramenti da qualche mese ormai, da quando Obama è diventato un pretendente alla nomination democratica, poi un candidato alla presidenza poi un presidente in pectore. Ma gli ebrei di Chicago non protestano, e anzi nutrono un certo orgoglio nell'illustre vicino di casa. Persino durante un funerale di un anziano frequentatore della sinagoga, recentemente, qualcuno si allontanava per scattare una foto con il telefonino, alla Casa Bianca di Chicago, all'altro lato della strada.
I guai ci sono tuttavia. Nessuna persona che non sia autorizzata può avvicinarsi al perimetro della casa (e dunque della sinagoga) e di arrivarci in automobile è fuori discussione.
Gli ebrei del South Side, la parte di Chicago a maggioranza afroamericana, hanno resistito all'esodo degli anni Cinquanta e Sessanta verso nord e sono rimasti fedeli al quartiere. L'orgoglio e il senso di appartenenza sono più forti che mai: poco conta che non si trovi parcheggio: da qui arriva il primo presidente nero d'America.
La cooperazione tra ebrei e afroamericani nel quartiere è una metafora per la coalizione che Obama è riuscito a costruire nel resto del Paese. A questo legame, che ha radici anche nella storia personale di Obama, il quotidiano israeliano Haaretz dedica oggi un lungo servizio.

(Virgilio Notizie, 5 dicembre 2008)

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India vs Pakistan - Così il terrorismo può scatenare una guerra asiatica

di Alberto Leoni

Qual è stato secondo i terroristi l'esito dell'attacco sferrato a Mumbai alcuni giorni fa? Proviamo a immedesimarci nel loro pensiero.
Una vittoria. Una grande vittoria. Molto più stupefacente di quella di Madrid quando con la morte di 200 pendolari venne influenzata in modo determinante un'elezione in un paese europeo. Il ritiro del contingente spagnolo dall'Iraq è ben poca cosa rispetto ai risultati immediati e alle opportunità offerte dagli attacchi di Mumbai e vale la pena distinguerli e analizzarli.

- Un piccolo attacco riuscito = umiliazione potenza mondiale.
- Come per l'11 settembre un gruppetto di giovani ben addestrati e decisi a tutto ha fatto quello che ha voluto nella città più importante di una grande potenza economica. Ciò rialza il morale dei nostri guerrieri e deprime quello degli infedeli, intenti solo allo sviluppo economico. Possiamo colpire ancora l'India e questo successo porterà nuovi volontari, dopo le sconfitte e le ingenti perdite subìte in Iraq. Troveremo sempre più martiri disposti a immolarsi.

- Vittoria sugli ebrei.
- Prendere di mira il centro culturale ebraico significa una grande vittoria. Affermare che gli ebrei sono il nostro vero obbiettivo fa sì che, come facevano i nazisti in Polonia, si possano uccidere centinaia di indiani o di occidentali e poi deviare la rabbia sugli ebrei. Così la colpa non è dei carnefici ma delle vittime.

- La tradizione degli assassini: colpire anche da prigionieri.
- Quando un "assassino", inviato dal Vecchio di Alamuth, colpiva un bersaglio, si faceva catturare e torturare. Così confessava che il vero mandante dell'omicidio era una terza persona, anch'essa nemica degli Assassini. L'unico sopravvissuto degli assaltatori incolpa il Pakistan. Perfetto: questo è il vero obbiettivo.

- Possibilità di un grande Jihad nucleare.
- Questo sarebbe un grande risultato. Se si innesta una escalation di pretese indiane sulla consegna dei terroristi, il Pakistan si rifiuterà di farlo senza prove, se non altro per non perdere la faccia e crescerà la tensione fra i due paesi. Ma le prove si possono raccogliere solo in Pakistan. Negli ultimi venti anni, il governo pakistano ha catturato numerosi militanti di Al Qaeda, in collaborazione con gli americani, ma i legami fra gruppi di guerriglia e servizi segreti pakistani sono notoriamente molto forti. Una situazione che ricorda molto la richiesta di indagini avviata dal governo austro-ungarico nei confronti della Serbia dopo l'omicidio del granduca Francesco Ferdinando a Sarajevo il 28 giugno 1914. Il governo di Vienna perse la testa, cercò una vittoria ad ogni costo e provocò la Prima Guerra Mondiale. Purtroppo il governo indiano appare dotato di buon senso e, quanto al governo pakistano, i continui attentati a militari e civili nel Paese dei Puri, lo rendono sempre più nemico del Jihad. Un conflitto fra i due paesi potrebbe iniziare con scontri alla frontiera e divenire sempre più generalizzato. E' stato calcolato che, in una guerra nucleare fra i due paesi vi sarebbero 12 milioni di morti e lo sconvolgimento sarebbe epocale.

- Certezza di un mutamento negli equilibri militari.
- Se parte dell'esercito pakistano viene spostato alla frontiera con l'India ciò darà respiro alle basi di Al Qaeda. Nel corso del 2009 gli americani dovrebbero aumentare la loro presenza in Afghanistan e premere verso il Pakistan. Ma questo potrebbe essere a nostro vantaggio perché significherebbe l'invasione di un paese islamico da parte degli infedeli. Già nei mesi scorsi vi sono stati scontri a fuoco fra militari pakistani e americani troppo invadenti.

- Conferma del terrorismo come strategia vincente.
- Infatti le democrazie corrotte sono condannate alla sconfitta in quanto a) se vengono sorprese come a Mumbai, Madrid o New York vinciamo da un punto di vista morale, militare e politico; b) se la polizia sventa un attentato, come accaduto in decine e decine di casi in questi anni, l'opinione pubblica non lo sa o non lo vuole sapere e vive tranquilla, non fornisce supporto politico e morale alle sue forze armate e viene risvegliata ancor più dolorosamente quando un attacco va a segno, scoraggiandosi sempre di più. Ci basterà, come dice un generale italiano, "rifare il tagliando" al terrore, tenendo desta la paura a scadenze periodiche.

(Il Sussidiario.net, 5 dicembre 2008)

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Hamas impedisce fedeli andare a Mecca. Azhar: abominevole

Dure critiche anche del Cairo e Riad

ROMA, 4 dic. (Apcom) - La loro colpa è quella di aver chiesto il permesso per andare alla Mecca all'autorità palestinese in Cisgiordania, guidata da Fatah. Una lotta di potere interna che colpisce 3 mila fedeli palestinesi bloccati a Gaza da Hamas, che sta mettendo all'angolo il movimento estremista islamico giudicato di compiere "un crimine abominevole" dalla massima autorità sunnita in Egitto, lo Sheikh Mohammed Sayyed Tantawi
"Chiunque impedisca ad un musulmano di compiere il pellegrinaggio alla Mecca commette un crimine abominevole", Così. parlando all'agenzia ufficiale di stato egiziana Mena, ha sentenziato Tantawi, imam della moschea di Al Azhar, la più alta carica dell'islam sunnita nel mondo.
I maggiori quotidiani arabi, riportano le dure critiche dei due grandi paesi arabi coinvolti nella vicenda: l'Egitto, che aveva deciso di aprire il valico di Rafah attraverso il quale essi avrebbero raggiunto l'Arabia Saudita passando da Nuweiba, sul mar Rosso. La stessa Arabia saudita attraverso il suo ministero degli Interni il Principe Naif Abdul Aziz riferendosi alle accuse del movimento fondamentalista islamico che controlla la striscia di Gaza dal giugno 2007, ha detto: "Noi trattiamo tutti i musulmani allo stesso modo e quel che dicono Hamas e gli altri non ci interessa".
Il ministro degli affari religiosi del governo di Hamas aveva detto di non ritenere valido il visto per l'espatrio in possesso dei pellegrini, emesso dall'autorità palestinese in Cisgiordania, perché accordato dal movimento di Fatah. Una lotta di potere interna, quindi, che colpisce i pellegrini la cui unica volontà era di recarsi alla Mecca.
La notizia è stata ripresa ieri anche dai quotidiani israeliani che commentano con ironia il blocco imposto da Hamas: "Una notizia da prima pagina" riferisce il quotidiano Haaretz. "Un paradosso affascinante - si legge sul sito internet della testata - che sia proprio il governo di Hamas a impedire ai fedeli il pellegrinaggio alla Mecca. Ci? che Israele non ha mai osato fare, è stato messo in atto da un governo palestinese, per il quale l'Islam è la base fondante e la linea guida da seguire per i suoi ministri".

(Virgilio Notizie, 4 dicembre 2008)

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Libri: ''Perché Stalin creò Israele'' di Leonid Mlechin

ROMA, 4 dic. - (Adnkronos/Adnkronos Cultura) - Nella nascita dello Stato di Israele il ruolo di Stalin e' stato fondamentale. Lo dimostrano i documenti recentemente scoperti negli archivi sovietici. E' da qui che Leonid Mlechin discute nel saggio ''Perche' Stalin creo' Israele'' pubblicato da Sandro Teti editore con la prefazione di Luciano Canfora e l'introduzione di Enrico Mentana.
Molto meno noto e' che nel 1948 l'Unione Sovietica forni' armi allo Stato ebraico, violando l'embargo sostenuto da Stati Uniti e Gran Bretagna. Il giornalista e storico russo Leonid Mlechin ripercorre i passaggi salienti della politica estera sovietica nella gestione dei rapporti in Medio Oriente a partire dal 1917. Documenti originali e in parte inediti, provenienti dagli archivi del Politbjuro, del Comitato centrale del Partito comunista, dei servizi segreti e del Ministero degli Esteri dell'Unione Sovietica, telegrammi cifrati degli ambasciatori, memorie di politici e diplomatici che hanno vissuto in prima persona quei cruciali avvenimenti.
Il libro sara' presentato alla Fiera della Piccola e Media Editoria, al Palazzo dei Congressi di Roma, in programma da domani all'8 dicembre, il 6 dicembre alle 17:30. Marino Sinibaldi parlera' del libro con Enrico Mentana, durante la trasmissione Fahrenheit in diretta radiofonica su Radio3, dal "Caffe' Letterario"della Fiera. Alle ore 20 si terra' la presentazione del libro presso la Sala Rubino, con gli interventi di Massimo Bordin, Giulietto Chiesa, Enrico Mentana e Valentino Parlato.

(IGN, 4 dicembre 2008)

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300 Mesha'al: "Allah ha preso in giro l'America"

Quelli che seguono sono estratti da un discorso pubblico fatto dal capo dell'ufficio politico di Hamas Khaled Mesha'al, che è andato in onda su Al-Jazeera il 12 Ottobre 2008.

Per vedere questa clip MEMRI TV (in arabo con i sottotitoli in inglese)

TRADUZIONE:

"Tutti i popoli dicono no all'egemonia americana. Pertanto la nostra nazione sta facendo bene, ed è in grado di valutare i risultati, anche in tempi difficili. Le grandi nazioni si trovano di fronte a numerose sfide".

"Oggi il mondo si trova di fronte ad una politica internazionale che si basa sulla multipolarità. Guardate come Allah si è preso gioco dell'America. Vi dico fratelli e sorelle, arabi e Musulmani, che siete secondi soltanto ad Allah per trasformare questa politica in unipolare a multipolare. Questo avviene grazie alla Palestina, il Libano, l'Iraq e l'Afghanistan ed a tutte le incrollabili forze di resistenza della nostra nazione. Oggi, Chavez sfida gli Stati Uniti, anche se vive vicino, mentre noi, che viviamo a decine di migliaia di chilometri di distanza, abbiamo paura dell'America"?

"Allah fa collassare tutti questi sistemi"

"E' stato dimostrato che questo è un mondo oppressivo che si basa sull'usura e sulla tirannia... quando vuole, Allah fa collassare questi sistemi. Quello che è importante è che quando Allah osserva i suoi servi, vede che sono in azione sul terreno. Poi, ha mosso l'intero universo per aiutarli".

"Entro alcuni anni... questo mondo cambierà, sottomesso al volere arabo-islamico, se Allah vuole"

"In caso contrario, come facciamo a credere all'hadith che ci dice che gli alberi e le pietre lotteranno al nostro fianco? Verrà il giorno, tra diversi anni, in cui questo mondo cambierà, sottomettendosi alla volontà arabo-islamico, se Allah vorrà".

(Traduzione di In Difesa di Israele - indifesadisraele@gmail.com)

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Cosa significa veramente Hebron per gli ebrei

di Giulio Meotti

ROMA, 4 dic - Tra le mura antichissime di Hebron poche centinaia di ebrei vivono asserragliati in mezzo a decine di migliaia di palestinesi. A maggio l'esercito israeliano aveva sgomberato alcune famiglie che avevano occupato degli edifici abusivi. Una decisione saggia, avallata anche dai rabbini ultraortodossi che hanno criticato le diserzioni fra i militari religiosi che si sono rifiutati di sgomberare gli ebrei. Ma, come scrisse Amos Oz nel 1997, quando l'allora primo ministro Bibi Netanyau scelse di spartirsi Hebron con Yasser Arafat, quando gli ebrei lasciano Hebron è sempre un giorno difficile. Le forze di sicurezza israeliane hanno appena sgomberato con la forza, da un edificio da settimane al centro di dispute legali, circa 250 coloni ebrei e i simpatizzanti della destra oltranzista. Nel corso delle operazioni, diffuse in diretta dal Canale 10 della tv israeliana, ci sono state anche scene tumultuose: gli agenti hanno usato granate stordenti e lacrimogeni e si sono sentiti spari in aria mentre i coloni reagivano lanciando uova e pietre. Ma non risultano feriti. Poco prima che iniziasse lo sfratto, erano falliti i colloqui tra il ministro della Difesa Ehud Barak e i rappresentanti dei coloni, per convincerli ad abbandonare volontariamente l'edificio. Svanita la speranza di convincerli con le buone, il governo ha deciso di usare la forza.
L'edificio era stato occupato dai coloni nel marzo del 2007, senza l'autorizzazione del governo. Ma la proprietà dell'immobile è contestata: le 13 famiglie di coloni che la abitano affermano di averlo comprato legalmente da un palestinese, ma lui sostiene che i documenti erano stati falsificati. Una sentenza della Corte Suprema lo scorso 16 novembre aveva ordinato allo stato di sgomberare nel giro di 72 ore l'immobile in attesa di capire chi fosse il proprietario legittimo. È sempre difficile lasciare Hebron perché lì, nella grotta di Macpela, sono sepolti Abramo, la moglia Sara, il figlio Isacco e sua moglie Rebecca, e poi Giacobbe, sua moglie Lea e il figlio Giuseppe. La città fu occupata da greci, romani, arabi, franchi e mammalucchi. Dal 1266 agli ebrei fu vietato di entrare nella Grotta dei patriarchi, potevano solo lasciare dei fogliettini di preghiera nelle fessure di una roccia. Nel 1518 gli ottomani ammazzarono molti ebrei, ma una comunità di studiosi di Torah tornò a vivere in città. Nel 1929, benché non ci fosse stata alcuna provocazione nei confronti dei vicini arabi, gli ebrei vennero massacrati in un pogrom arabo al grido di "uccidi l'ebreo".
Questo accadde ben prima della creazione dello stato ebraico, del problema dei profughi palestinesi, dell'occupazione israeliana, degli insediamenti e che un ebreo americano di nome Baruch Goldstein uccidesse numerosi arabi. Nel 1929 l'inerme comunità di Hebron fu distrutta soltanto perchè ebraica. Il pogrom si ripeté sette anni dopo, cancellando definitivamente ogni traccia della millenaria e preislamica presenza ebraica. Quando alcuni ebrei tornarono a vivere asserragliati nel cuore di quella straordinaria città, dopo la guerra del 1967, mancavano da una generazione. Ad Hebron, Abramo soggiornò al suo arrivo nella terra promessa, lì il re David ha vissuto per sette anni e la città è menzionata nella Bibbia 87 volte. All'indomani della guerra dei Sei giorni il governo israeliano aveva vietato la presenza di coloni a Hebron. Il veto governativo fu infranto dal rabbino Moshe Levinger, stabilitosi nel 1968 assieme a un gruppo di seguaci in un albergo nei pressi della Tomba dei Patriarchi. Anche l'ex generale e ministro della Difesa laburista Moshe Dayan, il conquistatore di Gerusalemme il quale nel 1967, dopo aver pregato al Muro del Pianto, aveva affidato all'autorità islamica la moschea di Al Aqsa, non trovò la forza di sgomberare il gruppo. Perché Hebron, diceva il fondatore di Israele David Ben Gurion, è la "sorella" di Gerusalemme.

(il Velino, 4 dicembre 2008)

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Palestinesi pessimisti, con Obama non cambiera' nulla

L'elezione di Barack Obama non avra' nessuna conseguenza rilevante sulla soluzione del conflitto israelo-palestinese. E' la convinzione espressa dal 57% dei palestinesi secondo i risultati di un sondaggio. Solo il 20% degli intervistati si e' dichiarato "piu' ottimista".
Ma c'e' anche un 18% che si sente "piu' pessimista" con il cambio presidenza statunitense.
In totale, la grande maggioranza del palestinesi, il 75,7% si e' dichiarata per nulla soddisfatta dal ruolo svolto dagli Stati Uniti nel processo di pace in Medio Oriente. In risultati del sondaggio hanno evidenziato inoltre che secondo i palestinesi l'organizzazione Al Fatah del presidente Abu Mazen vincera' le prossime elezioni e battera' Hamas, salito al potere dopo il voto del 2006.

(AGI, 4 dicembre 2008)

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Iran; Israele prepara piani per attacco senza assenso degli Usa

ROMA, 4 dic. (Apcom) - L'esercito israeliano sta mettendo a punto i piani per eventuale attacco ai siti nucleari iraniani senza anche senza un coordinamento con Stati Uniti. Lo rivela il Jerusalem Post. Fonti della Difesa spiegano che Israele, sebbene preferisca agire di concerto con gli Stati Uniti, sta preparando un ventaglio di opzioni per un'operazione contro l'Iran.
"E' sempre meglio coordinarsi", ha detto la scorsa settimana un alto ufficiale della Difesa. "Ma stiamo preparando delle opzioni che non prevedono un coordinamento" con gli Stati Uniti.
Ufficiali israeliani hanno detto che sarebbe difficile, ma non impossibile, lanciare un attacco contro l'Iran senza ricevere i codici dall'aeronautica Usa, che controlla lo spazio aereo iracheno. Israele richiese questi codici già nel 1991, durante la prima guerra del Golfo, ma gli Stati Uniti si rifiutarono.
Negli ultimi mesi è circolata la notizia secondo cui il presidente americano, George W. Bush, si sarebbe rifiutato di dare il via libera a un attacco israeliano contro gli impianti iraniani. Lo scorso settembre il quotidiano britannico The Guardian rivelò che Olmert chiese l'autorizzazione per attaccare in maggio, ma Bush disse di no.

(tendenzeonline.info, 4 dicembre 2008)

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Razzismo - Domani iniziativa bipartisan contro nuovo antisemitismo

Conferenza stampa in vista mozioni Camera su 'Durban II'

ROMA, 3 dic. (Apcom) - Domani alle 14 alla Sala Stampa di Montecitorio sarà presentata la mozione, in discussione domani in Aula, sulla partecipazione dell'Italia alla prossima "Conferenza mondiale contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e l'intolleranza", nota come «Durban II». Interverranno i deputati Fiamma Nirenstein (Pdl), Vicepresidente Commissione Esteri e prima firmataria della mozione, Alessandro Maran (Pd), Antonio Martino (Pdl), Emanuele Fiano (Pd), Margherita Boniver (Pdl), Presidente Comitato Schengen, Matteo Mecacci (Radicali-Pd), Benedetto Della Vedova (Pdl).
"L'Italia sarà il primo paese europeo a valutare in sede parlamentare la genuinità del processo di revisione di Durban e speriamo che questo possa responsabilizzare gli stati europei a fare in modo che non si ripeta l'obbrobrio antisemita al quale abbiamo assistito nel 2001" ha dichiarato Nirenstein. "Il Canada e Israele hanno già dichiarato che non parteciperanno alla prossima Conferenza, e anche lo staff del Presidente americano Barack Obama ha annunciato che esiste la possibilità che gli Stati Uniti rinuncino alla loro partecipazione. Altri stati hanno dimostrato la loro preoccupazione per il processo preparatorio in corso, guidato dalla Libia con la partecipazione di paesi come l'Iran e Cuba".
"Considerati i rischi che, stando a quanto risulta dagli attuali lavori di preparazione della Conferenza (programmata per l'aprile 2009 a Ginevra), essa si trasformi in una nuova piattaforma di incitamento all'odio e alla delegittimazione dello Stato d'Israele, come avvenne nel 2001 alla precedente Conferenza di Durban, la mozione impegna il Governo, tra l'altro, a monitorare il processo di preparazione così che sia veramente garantito che non si torni a ripetere l'orrore del 2001", conclude Nirenstein.

(Virgilio Notizie, 3 dicembre 2008)

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Perù - Sequestrata mezza tnl di cocaina, legata a mafia Israele

Dal Cile inviata via mare in Medio Oriente, secondo polizia

LIMA, 2 dic. (Ap) - Mezza tonnellata di cocaina sequestrata nel sud della capitale peruviana Lima ha smascherato la mafia israeliana che gestisce il narcotraffico tra il Perù e il Medio Oriente.
La polizia peruviana ha fatto sapere di aver sequestrato la droga e cinque veicoli durante un blitz e arrestato quattro peruviani e un israeliano, tale Moshe Abdulak. Il gruppo legato a Israele ha commerciato la droga via terra fino in Cile, da dove è stata inviata via mare in Medio Oriente. L'operazione è stata compiuta il 19 novembre ed è il risultato di sei mesi di indagini della polizia di Perù, Israele ed Europa.
Nel corso di una conferenza stampa, la polizia ha spiegato che la cocaina peruviana gestita dallo stesso gruppo è stata sequestrata alle Bahamas e in Spagna.

(Virgilio Notizie, 3 dicembre 2008)

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Ripresa, la ricetta americana e quella israelo-palestinese

Spese natalizie e accordi antiterrorismo. Dall'America e da Israele arrivano due nuovi modelli di combattare la crisi economica, anche se, almeno nel secondo caso, legati alla peculiarità di quelle situazioni.
Il "Corriere della sera" titola in prima pagina "E a sorpresa l'America spende" raccontando, in un articolo pubblicato a pagina 25 e firmato dalla corrispondente Alessandra Farkas, dello "shopping record nell'America in crisi".
Pare che al venerdì nero, dopo il "thanksgiving day", dei super sconti sarebbe seguito un week end di follie negli acquisti in cui gli americani avrebbero riversato qualcosa come 10 miliardi di dollari e che la cosa sia vista come foriera quantomeno di speranze di ripresa. O di ripresina.
Per la croncaca nel black friday c'erano stati ribassi eni negozi fino al 70%.
Per quanto riguarda invece la ripresa economica in Cisgiordania, di cui da conto oggi il "Jersulem Post" a pagina 1 e 4 , tutto sarebbe dovuto alla buona volontà delle parti in lotta da ormai quasi un secolo.
Più precisamente, il nuovo coordinamento militare unito alla determinazione dell'Autorità Palestinese di imporre un giro di vite a Hamas hanno portato, nel corso dell'ultimo anno, a una ripresa economica senza precedenti in Cisgiordania. Tutto ciò emerge da un rapporto interno del ministero della difesa israeliano che il Jerusalem Post ha potuto vedere in anteprima.
Detto documento cita fra l'altro il calo del 3% dall'inizio dell'anno del tasso di disoccupazione fra i palestinesi di Cisgiordania, oggi al 16%, e l'aumento del 24% del salario medio giornaliero, dai 70 shekel (14 euro) del 2007 agli 86,9 shekel (17,4 euro) attuali. I dati sono stati raccolti nei mesi scorsi da una varietà di fonti, compresi gli uffici della stessa Autorità Palestinese e dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro delle Nazioni Unite.

(Blogonomy, 3 dicembre 2008)

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Creato il laptop dell'integralistra ebreo

di Antonio Rispoli

Si sa che le religioni hanno alle volte dei "comandamenti" che è difficile rispettare al di fuori del loro contesto. Ma se un cristiano può evitare la carne il venerdì, e un mussulmano può evitare di mangiare il maiale, diventa a volte difficile per un ebreo rispettare il "comandamento" del sabato. Infatti la Torah, il libro sacro degli ebrei parla chiaro: il sabato ci sono 39 divieti da rispettare e vanno rispettati. E sono il divieto di scrivere, disegnare, cancellare, di accendere fuochi, ecc. ecc.. Ma come fare, nella società moderna, dove ci sono alcuni obblighi che non possono essere rimandati? Per esempio, si può concepire un medico che debba scrivere una ricetta, magari urgente, di sabato e non lo può fare? Oppure un documento burocratico urgente, magari per qualcuno che deve viaggiare, che però di sabato non si può fare? Spesso chi può, lo chiede al rabbino; ma se c'è urgenza?
E così in Israele hanno inventato un laptop che rispetti questi divieti. E' un PC la cui tastiera non ha tasti, ma una superficie liscia. E le lettere scattano appena si sfiorano i tasti. La superficie della tastiera dall'interno è traslucida e una serie di sensori reagiscono alla presenza del dito. In questa maniera - e con l'approvazione già avuta dei rabbini - si può usare un PC anche se sei un ebreo ortodosso e se è sabato.

(Julie News, 3 dicembre 2008)

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Ebrei in Italia: due identità allo specchio in una mostra al Museo Italo Americano
di San Francisco

SAN FRANCISCO - Fotografie, manufatti, piatti di ceramica, contenitori per le spezie, manoscritti, pregiate partiture musicali e oggetti di culto di ogni tipo, da quelli previsti dalla Torah alle luci della festa di Hanukkah. È quanto viene proposto dal Museo Italo Americano di San Francisco all'interno della mostra "Il Ghetto: forging Italian Jewish Identities 1516-1870", che resterà aperta al pubblico fino al 15 febbraio.
La mostra, per dirlo con le parole della managing director del Museo, Paola Bagnatori, è «un corso intensivo sulla storia del popolo ebraico in Italia», che è conosciuta dai più solo nei suoi momenti critici, mentre restano ignoti i numerosi punti di contatto tra le due culture...

(News Italia Press, 3 dicembre 2008)

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Israele, ultaortodossi contro "promiscuità" sui bus. Linee ad hoc?

ROMA, 3 dic - Membri del movimento ebraico ultraortodosso e antisionista degli Haredim hanno cominciato una raccolta di fondi a Gerusalemme. Il motivo? Creare una linea di autobus "kasher" che portino al Muro del Pianto, alternativi a quelli della compagnia Egged che si rifiuta di stabilire criteri di separazione tra uomini e donne. Secondo una nota diffusa dal movimento e ripresa dal quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, "Egged ha sistematicamente ostacolato lo spirito e la santità della clientela haredi obbligandola ogni giorni a viaggi promiscui". Inoltre nel documento si denuncia come l'azienda di trasporti abbia "respinto ogni tentativo dei rabbini di negoziare una linea separata di autobus", per cui "la promiscuità dei trasposti di Egged è oggi il nemico numero uno dell'ebraismo haredi". È convinzione dei promotori della raccolta fondi- scrive ancora Yedioth - che una linea "kasher" autonoma possa poi convincere la compagnia a istituirne una sua propria.

(il Velino, 3 dicembre 2008)

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Mumbai - Israele in lutto: anche politici a funerali ebrei uccisi

Dolore e commozione nella comunita' ebraica ortodossa

GERUSALEMME, 2 dic. (Apcom) - "Moishi, cosa posso dirti? Non hai piu' un padre e una madre che possano stringerti tra le loro braccia, non ha piu' genitori che possano baciarti e abbracciarti. Ma, ricorda, sarai il figlio dell'intera nazione di Israele". Con la voce rotta dalla commozione il rabbino Moshe Kotlarsky, vice presidente del dipartimento educativo del movimento Chabad-Lubavitch, oggi si e' rivolto al piccolo Moshe, 2 anni, figlio di Gabriel e Rivka Holtzberg, il giovane rabbino e sua moglie uccisi assieme ad altre quattro persone la scorsa settimana nell'assalto alla Nariman House, il centro Chabad, lanciato dai terroristi che per due giorni hanno seminato morte a Mumbai.
Moshe, inquieto, rassicurato solo per qualche attimo dalla presenza dei nonni e della baby sitter, Sandra Samuel, che lo ha salvato dalla morte, ha cercato a lungo con lo sguardo di scorgere tra la folla riunita allo Kfar Chabad i suoi genitori che, invece, lo hanno lasciato per sempre. "Mamma, mamma", ha chiamato inutilmente piu' di una volta durante i riti funebri. Tra qualche anno Moshe forse apprezzera' quel ruolo di emissario della comunita' Chabad che i nonni e i leader religiosi hanno pensato per lui, ora pero' non potra' far altro che soffrire per l'improvviso distacco dai suoi genitori.
Migliaia di israeliani, laici e religiosi, giunti da ogni parte del Paese a bordo di autobus e macchine private, hanno preso parte oggi pomeriggio ai funerali di Gabriel e Rivka Holtzberg. Presenti i massimi dirigenti politici dello Stato ebraico, tra i quali il presidente Shimon Peres, e soprattutto tante persone comuni mentre il resto della popolazione, attraverso radio e televisione, ha seguito il corteo muto che dal Kfar Chabad si e' diretto verso il cimitero ebraico del Monte degli Ulivi. Ore di profondo cordoglio marcate pero' da un messaggio di non-violenza contro le tentazioni di vendetta. "La morte di Gabriel e Rivka - hanno detto i massimi rabbini di Chabad - sara' vendicata ma non con fucili o con le bombe a mano, bensi' attraverso la diffusione dei nostri emissari che andranno per il mondo e torneranno a Mumbai, dove ricostruiranno il nostro centro ebraico e lo renderanno ancora piu' splendido".
E' stato anche annunciato che saranno, almeno per qualche tempo, i genitori di Rivka Holtzberg a mandare avanti il centro di Mumbai - protetto in futuro da una unita' dei servizi di sicurezza israeliani - in cui vivra' anche il piccolo Moshe, fino a quando non torneranno tutti insieme in Israele. Il movimento chassidico Chabad-Lubavitch, molto influente specie negli Stati Uniti, fa dell'invio dei suoi emissari in tutto il mondo, per offrire servizi religiosi agli ebrei in viaggio, una delle sue principali missioni.
Parlando accanto alle salme dei due uccisi, anche il presidente Peres ha avuto parole di conforto per il piccolo Moshe rimasto orfano ma, allo stesso tempo, ha posto degli interrogativi. "Il mondo intero, in particolare quello ebraico, - ha detto - devono una risposta ad questo bimbo di due anni. Occorre comprendere perche' sua madre sia stata uccisa...Il mondo non conoscera' pace fintanto che non sia stata data a Moshe una risposta". In silenzio, accanto al capo dello stato, c'erano il ministro della Difesa Ehud Barak, il leader dell'opposizione Benyamin Netanyahu e numerosi ministri e parlamentari.
Oltre ai coniugi Holtzberg oggi sono stati avvolti nella bandiera con la stella di David altre due vittime israeliane di Mumbai, Ben-Zion Korman and Ycheved Orpaz. La famiglia di uno degli uccisi, Aryeh Leibish Teitelboim, ebreo ultraortodosso non sionista che aveva rinunciato alla cittadinanza israeliana, ha rifiutato i funerali di Stato ed ha avvolto la salma in un semplice mantello religioso. E' statasepolta a Gerusalemme anche la sesta vittima, Norma Schwartzblatt-Rabinowitz, ebrea messicana che appena qualche settimana fa aveva espresso il desiderio di trasferirsi in Israele.

(Virgilio Notizie, 2 dicembre 2008)

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Usa - Ex ambasciatore in Israele Kurtzer possibile inviato in M.O.

Ha'aretz: Risponderebbe direttamente ad Obama

ROMA, 2 dic. (Apcom) - Daniel Kurtzer, ex ambasciatore statunitense in Egitto ed Israele, potrebbe diventare il nuovo inviato speciale per il Medio Oriente dell'Amministrazione Obama: è quanto pubblica il quotidiano israeliano Ha'aretz, citando fonti governative dello Stato ebraico.
Il fatto che Barack Obama intenda nominare un rappresentante speciale che risponda direttamente alla Casa Bianca e non al Dipartimento di Stato indicherebbe uno speciale interesse del Presidente eletto nei confronti del processo di pace mediorientale.
La nomina potrebbe scavalcare Hillary Clinton, nuovo Segretario di Stato, ma va anche tenuto conto dei legami tra l'ex Presidente Bill Clinton e numerosi governi dei Paesi del Golfo: la presenza di Kurtzer permetterebbe a Hillary di evitare qualsiasi accusa di parzialità o conflitto di interessi.
Durante il suo mandato come ambasciatore presso lo Stato ebraico - dal 2001 al 2005 - Kurtzer criticò aspramente l'ampliamento degli insediamenti e la costruzione del muro di separazione, e le sue relazioni con l'allora premier Ariel Sharon furono piuttosto distanti.

(Virgilio Notizie, 2 dicembre 2008)

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Foto dei pazienti migliorano le prestazioni dei radiologi

CHICAGO - Una tecnologia del passato come la fotografia può aiutare a migliorare le prestazioni dei radiologi nel leggere i risultati di scanner high-tech.
E' quanto hanno affermato oggi dei ricercatori israeliani.
I radiologi hanno spesso pochi contatti diretti con i pazienti e mostrare loro delle foto della persona sottoposta a esame può aiutarli a migliorare le loro prestazioni, hanno detto i ricercatori nel corso di un meeting della Radiological Society of North America a Chicago.
Le fotografie del volto hanno un impatto sulla qualità, ricordano (ai medici) che non sono solo un caso (clinico)", ha spiegato il dottor Yehonatan Turner del Shaare Zedek Medical Center di Gerusalemme, che ha condotto lo studio, nel corso di un'intervista telefonica.
Turner ha rilevato che i medici ai quali era stata mostrata una foto del paziente si sono dimostrati più scrupolosi e decisi nell'aprire file elettronici e nel cercare eventuali elementi sospetti (nei risultati di un test).
Per effettuare lo studio, Turner e colleghi hanno valutato la qualità dei rapporti su 318 pazienti che si erano sottoposti a Tac, raggi X e altri tipi di esami.
Ogni paziente ha acconsentito a essere fotografato prima dell'esame e queste immagini sono state aggiunte ai file, e appaiono automaticamente quando si apre il file.
I test sono stati esaminati da 15 radiologi.
Tre mesi dopo, 81 di questi esami con inattese anomalie colte dai radiologi, nei file corredati da foto, sono stati mostrati nuovamente agli stessi medici ma senza foto. E nell'80% dei casi stavolta le anomalie sono sfuggite ai medici.
In alcuni casi, le foto facevano capire come la malattia segnasse i pazienti. E in un questionario, tutti i radiologi hanno affermato che vedere le loro foto li aveva fatti sentire più vicini ai pazienti.

(Reuters, 2 dicembre 2008)

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Essere ebrei oggi è un rischio come negli anni '30

di Dimitri Buffa

Oggi come negli anni '30 essere ebrei è molto pericoloso. Per carità a Mumbai ne sono morti oltre 200 di ogni credo, razza e religione. Però quello che più ha colpito la gente è stata la spietatezza con cui hanno ucciso il rabbino, la moglie e gli altri quattro ebrei nell'abitazione in cui erano asserragliati. E come questa cosa sia accettata per normale: erano ebrei non avevano scampo in partenza. Diciamocela tutta, l'Islam del fanatismo oggi è il nuovo nazismo. Se ne è accorto anche Alfonso Gianni di Rifondazione che si domanda se mai qualcuno scenderà in piazza per questi morti. Per adesso dobbiamo accontentarci di quelli che sabato, nel solito corteo pro Palestina di Roma, hanno continuato a mandare slogan di odio e lettere ai giornali in cui rimpiangono di non avere potuto bruciare le bandiere israeliane, cioè dello stato cui appartenevano i sei trucidati a Mumbai. Intanto ieri il Jerusalem Post riportava ulteriori particolari sulla dinamica dell'eccidio nella Chabad House: non tutti sarebbero stati uccisi dai terroristi, almeno due o tre di loro potrebbero essere stati ammazzati inavvertitamente dai proiettili della polizia indiana intervenuta a più riprese tra mercoledì e venerdì sera. Parlando al telefono da Mumbai il signor Haim Weingarten, il responsabile della squadra speciale israeliana per il recupero dei feriti e dei caduti, la Zaka (che però non è potuta intervenire tempestivamente in loco), ha ipotizzato che almeno due o tre dei morti della Chabad house possano essere stati fatti fuori dal fuoco amico. O presunto tale. L'unica nota positiva riguarda gli altri due cittadini israeliani che fino a domenica sera risultavano dispersi e che da oggi non sarebbero più tali.
Così anche questo doloroso capitolo delle sofferenze degli ebrei nel mondo, per il solo fatto di essere ebrei, dovrebbe considerarsi chiuso. Solo in teoria però, perché questa triste vicenda, che si è andata a inserire nel quadro ancora più tragico dell'attentato, anzi della catena degli attentati nella ex Bombay, in generale insegna al mondo libero una cosa: essere ebrei oggi significa morire per primi in caso di qualsivoglia mattanza preodinata da un qualsiasi commando di terroristi. Anche i nazisti non uccidevano solo gli ebrei. Solo che gli ebrei venivano ammazzati per primi, senza pietà. E fa specie che dal mondo arabo, in un giorno come questo, l'unico commento in merito sia quello di una nota attrice e cantante, di cui evitiamo di fare il nome, che sostiene che l'odio anti-ebraico faccia parte del Dna di ogni buon cittadino islamico. Come se tutto ciò non fosse abbastanza, ieri una mazzata per Israele è venuta dall'Europa, più precisamente da un documento interno che prefigura le future linee di accordo per una pace con i palestinesi. Nel documento redatto sotto la presidenza Ue della Francia si fa finta che sette anni di terrorismo di Hamas non ci siano mai stati e si richiede, oltre che Gerusalemme capitale dei due Stati, la riapertura della Orient House, una delle istituzioni palestinesi chiusa d'autorità nel 2001 dopo l'attentato alla pizzeria Sbarro in cui morirono oltre 25 cittadini israeliani. Era un simbolo quel luogo chiuso e nessun governo aveva mai osato riaprirlo finchè non si fosse raggiunto un accordo serio per fare cessare il terrorismo. Adesso l'Europa avverte Gerusalemme di avere deciso altrimenti.

(l'Opinione, 2 dicembre 2008)

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Israele: forze di sicurezza in allerta a Tel Aviv per rischio attentati

TEL AVIV, 2 dic. - Forze di polizia in all'erta a Tel Aviv, per il rischio di possibili azioni ad opera di uno o piu' terroristi decisi a colpire la citta'. Misure di sicurezza sono state adottate all'ingresso ed in uscita con posti di blocco che in alcuni casi impedivano l'ingresso alle auto o controllavano i veicoli uno ad uno.

(Ses/Col/Adnkronos, 2 dicembre 2008)

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Torna in Israele Moshe, il bimbo del rabbino ucciso a Mumbai

E la famiglia rifiuta i funerali di Stato in India

GERUSALEMME, 1 dic. (Apcom) - Un caccia dell'aviazione israeliana ha riportato in patria il piccolo Moshe, due anni, orfano del padre e della madre uccisi dai terroristi a Mumbai nel centro ebraico assaltato mercoledì scorso. Sull'aereo anche i corpi dei genitori - il rabbino Gavriel Noach Holtzberg, 29 anni, e la moglie Rivka, di 28 - e Sandra Samuel, la babysitter indiana che ha salvato la vita del bambino.
I coniugi Holtzberg gestivano il centro ebraico ultra ortodosso Chabad Lubavitch di Mumbai. Il padre era cittadino israeliano e americano; avevano vissuto in Israele e a Brooklyn prima di trasferirsi a Mumbai nel 2001, Avevano già avuto due altri bambini, affetti da una grave malattia genetica cerebrale (Tay Sachs); uno è morto, l'altro ricoverato in Israele.
Sei ebrei (quattro erano israeliani) sono stati ammazzati all'interno del centro dai terroristi (sono più di 170 i morti totali). L'assalto è avvenuto mercoledì sera. Il piccolo Moshe è stato risparmiato dai terroristi; la babysitter, che lavorava da anni per la famiglia, lo ha trovato piangente accanto ai corpi dei genitori, sporco di sangue. La donna si era chiusa a chiave in una stanza quando ha sentito urlare e sparare. Dopo un periodo di quiete ha aperto la porta, è salita su per le scale deserte, ha trovato il bambino, lo ha afferrato e portato via. Non ha passaporto israeliano ma le è stato procurato un visto tramite i buoni uffici del rabbino Yitzchak David Grossman, un prozio di Moshe, fondatore dell'orfanatrofio più grande di Israele, il Migdal Ohr.
Sono stati i nonni materni Yehudit e Shimon Rosenberg a riportare Moshe in Israele. Decine di persone prima della partenza si sono riunite per un servizio funebre al centro Chabad di Mumbai. Il bambino nel corso della cerimonia è scoppiato a piangere chiamando la mamma: "Ima".
Il jet israeliano oggi ha riportato in patria anche i corpi degli altri civili uccisi. Una breve cerimonia li accoglierà questa sera all'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv. I funerali si terranno domani, organizzati dal governo; si prevede la partecipazione di migliaia di persone.
Per una delle vittime, Leibish Teitelbaum, non ci sarà però funerale di Stato, teitelbaum apparteneva a una piccola setta ultraortodossa anti sionista, contraria cioè all'esistenza dello Stato di Israele, e la famiglia ha richiesto che non vi siano rappresentanti del governo alle esequie.

(Virgilio Notizie, 1 dicembre 2008)

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Germania - Da cinquant'anni un Ente tedesco dà la caccia ai nazisti

Presidente Consiglio ebrei lamenta eccessive lentezze

BERLINO, 1 dic. (Apcom) - Cinquant'anni fa nasceva a Ludwigsburg, nella Germania sud-occidentale, l'Ufficio centrale per le indagini contro i criminali nazisti. Un passo decisivo "contro la rimozione" della memoria, come ha detto oggi il presidente federale Horst Koehler, partecipando alle celebrazioni ufficiali, svoltesi a Ludwigsburg.
Nata il primo dicembre 1958, un decennio dopo la chiusura dei processi di Norimberga, la "Zentrale Stelle", come viene ancora oggi chiamata, doveva restare in vita fino al 1965, in quanto allora i delitti cadevano in prescrizione dopo vent'anni. Cinquant'anni dopo, invece, l'Ufficio è ancora attivo. E continua a dare la caccia ai criminali nazisti ancora in vita. La dimostrazione è arrivata pochi giorni fa, quanto l'Ufficio centrale ha depositato nuovo materiale d'inchiesta contro Ivan John Demjanjuk, il numero due nella lista dei dieci nazisti più ricercati stilata dal Centro Wiesenthal. Demjanjuk, un 88enne che oggi vive negli Usa, è accusato di aver partecipato all'uccisione di 29.000 ebrei in un campo di concentramento in Polonia. Non è ancora chiaro se la Germania ne chiederà l'estradizione, visto che la procura di Monaco di Baviera ha rifiutato l'apertura di un'inchiesta, per ragioni formali
Dal 1958 a oggi le istruttorie avviate dall'Ufficio, che costituisce il più grande ente di questo tipo al mondo, sono state oltre 17.000. Eppure, malgrado i successi, non mancano le critiche. Intervenendo alle celebrazioni di Ludwigsburg, la presidente del Consiglio centrale degli ebrei tedeschi, Charlotte Knobloch, ha ad esempio criticato le omissioni della giustizia tedesca nella caccia agli ultimi nazisti. "La corsa contro il tempo è persa", ha detto Knobloch, che ha criticato l'eccessiva lentezza di alcune indagini.

(Virgilio Notizie, 1 dicembre 2008)

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Mumbai - Comunità ebraica piange rabbino e moglie assassinati

C'era anche il piccolo Moshe, rimasto orfano a due anni

MUMBAI, 1 dic. (Apcom) - La sinagoga di Mumbai è stata teatro oggi di scene di grande dolore, mentre un bambino di due anni piangeva i suoi genitori, un rabbino ebreo e sua moglie, uccisi negli attentati nella capitale economica dell'India della scorsa settimana.
Moshe Holtzberg chiedeva, tra le lacrime, di "Ima" e "Dada" - mamma e papà in ebraico - mentre era accompagnato dai suoi nonni e dalle autorità, tra le quali l'ambasciatore israeliano in India, Mark Sofer, alla cerimonia religiosa organizzata in ricordo delle vittime della sinagoga Keneseth Eliyahou.
Il rabbino Gavriel Holtzberg e sua moglie Rivka sono stati assassinati mercoledì nel complesso di Nariman House, un centro religioso e culturale ebreo ortodosso, nella zona del mercato di Colaba, dove vivevano e lavoravano. Otto israeliani sono stati uccisi nel centro ebraico di Mumbai in occasione della serie di attacchi mortali dei fondamentalisti islamici nella metropoli indiana, che ha colpito anche due alberghi di lusso e una stazione, secondo il ministero degli Esteri israeliano.
Finora i corpi di sei ebrei non sono stati riconosciuti e le squadre di medici legali non hanno completato l'identificazione dei cadaveri. L'edificio attaccato, una struttura di cinque piani ribattezzata Chabad House del nome del movimento ultra-ortodosso Chabad-Loubavitch, era allo stesso tempo un centro educativo, una sinagoga e un albergo per turisti israeliani.
Il piccolo Moshe è sfuggito alla carneficina grazie alla sua governante indiana Sandra Samuel, 44 anni, che è scappata prendendolo in braccio prima che i terroristi bloccassero, per due giorni, le uscite dell'edificio. Sandra Samuel, che ha ricevuto un passaporto israeliano, e il bambino dovrebbero raggiungere oggi Israele: lo ha indicato l'ambasciatore Mark Sofer, precisando che gli altri corpi identificati saranno trasferiti in Israele in giornata.
Secondo un responsabile dello stato ebraico che ha parlato sotto copertura di anonimato, esperti di medicina legale israeliani sono stati inviati a Mumbai per aiutare a identificare le vittime. Alcune sono gravemente mutilate, forse per le torture subite, ha aggiunto. Il padre di Rivka, Shimon Rosenberg, ha dichiarato al centinaio di persone venuto a espriemere condoglianze in sinagoga, che Chabad House, a rischio crollo, sarà ricostruita. "La casa che hanno costruito a Mumbai, vivrà con loro. Erano il padre e la madre della Comunità ebraica di Mumbai", ha detto. "Non posso pensare a persone che siano migliori messaggere di Dio. Erano la bontà fatta persona. (...) Tutte le sere, servivano la cena a chi la voleva. Nessuno si sentiva straniero in questa casa", ha testimoniato Jennifer Gammel, della Gran Bretagna e che conosceva il rabbino da due anni.

(Virgilio Notizie, 1 dicembre 2008)

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Monaco 1972, Mumbai 2008. Stessa sceneggiata in onda

di Luca Cosentino

Durante le Olimpiadi di Monaco di Baviera, nel 1972, terroristi arabi presero in ostaggio gli atleti israeliani ospitati nel villaggio olimpico. Il governo tedesco negò l'ingresso nel proprio paese ai reparti scelti israeliani offerti dal governo di Gerusalemme per un blitz di liberazione degli ostaggi. I tedeschi, invece, inscenarono una farsa mediatica quando i poliziotti federali cercarono di calarsi dal tetto mentre esano ripresi in mondovisione. Ovviamente anche i terroristi disponevano, nelle camere d'albergo, della TV ed il finale di questo film lo scrissero loro, con il sangue dei giovani israeliani: tutti morti, molti arsi vivi. A Mumbai si è svolta la stessa scena: impacciati soldati indiani sono calati dagli elicotteri sul tetto dello stabile dove era situato il centro ebraico mentre le televisioni divulgavano la scena di questi attori in mimetica che non riuscivano neppure a raggiungere il livello del centro culturale situato due piani sotto il tetto. I terroristi islamici, intanto, assistevano alla scena in diretta TV per cui massacravano il Rabbino, sua moglie ed altri quattro ostaggi inermi. L'infame storia si ripete. Anche l'epilogo ultimo, forse, non cambierà molto: i terroristi di Monaco, arrestati, furono subito liberati dalle autorità germaniche (ricordiamoci che si tratta del popolo colpevole dei più efferati crimini dell'umanità) ed accolti dalla folla trionfante nei loro paesi. Speriamo, almeno, che questa ultima pagina non compaia anche nella triste storia di Mumbai.

(Abruzzo Liberale, 1 dicembre 2008)

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Giornale saudita: Incontri segreti Hamas-delegazione Usa

Avvenute a Ramallah per crisi Gaza e liberazione Slait

ROMA, 1 dic. (Apcom) - "Incontri segreti" sarebbero avvenuti di recente a Ramallah in Cisgiordania tra funzionari Usa e deputati e leader "moderati" del movimento estremista islamico palestinese Hamas. Lo scrive oggi il quotidiano saudita Okaz citando fonti palestinesi "ben informate".
Secondo le stesse fonti citati dall'agenzia Quds.net palestinese, "Ai colloqui tra i dirigenti del movimento con funzionari americani e europee di alto rango, le parti hanno discusso sulla situazione palestinese attuale e sulla tregua in atto a Gaza tra Hamas e Israele". Durante i colloqui, "ci sono stati scambi di vedute per la liberazione di Shalit" il soldato israeliano rapito da miliziani palestinesi.
"Gli incontri avvenuti lo scorso mese di novembre - hanno affermato le fonti - sono avvenuti a seguito di una richiesta degli Usa di incontrare "dirigenti moderati di Hamas per conoscere le loro idee per uscire dalla crisi determinata dall'embargo imposto su Gaza".
Il quotidiano rivela i nomi della delegazione palestinese ma non quella degl Usa e dell'Ue: sarebbero i deputati di Hamas, Aymen Dragmah, Samira al Hallaqiyah, Muna Mansour e Bassim al Zarir. Le stesse fonti assicurano che uno dei partecipanti palestinesi ai colloqui avrebbe affermato: "abbiamo chiesto agli americani un riconoscimento diretto da parte dell'amministrazione Usa della legittimita del movimento e del governo Hamas nella striscia di Gaza".
Secondo Okaz, le parti si sarebbero dati un nuovo appuntamento da "svolgere prossimamente" in Cisgiordania.

(Virgilio Notizie, 1 dicembre 2008)

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Mumbai: Israele chiude polemiche, India "coraggiosa"

Israele ha chiuso le polemiche per il blitz delle forze speciali indiane al centro ebraico di Mumbai, in cui sono morti tutti gli ostaggi. Il premier Ehud Olmert ha telefonato al collega indiano, Manmohan Singh, per esprimergli le condoglianze "per le vittime innocenti" degli attacchi terroristici e lodare il "coraggio" e la "determinazione" mostrati da New Delhi, che ha definito "parametri importanti nella lotta contro il terrorismo". Dopo che da Israele era filtrata qualche critica al blitz nel centro Chabad, commentata con irritazione dai media indiani, Olmert e Singh hanno convenuto di rafforzare "la collaborazione e il coordinamento" nelle strategie antiterrorismo.

(la Repubblica, 1 dicembre 2008)

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L'11 settembre indiano doveva provocare 15.000 morti

Ancora parziale il numero dei morti che sfiora i 200. Più di 400 i feriti

di Eli Sasson

Potrebbero essere stati tra i 12 e 40, i terroristi sbarcati sulla costa di Mumbai con dei gommoni; ma voci parlano di almeno altri 24, presenti da tempo negli alberghi per studiare il piano d'attacco.
Il pachistano Azam Amir Kasab, l'unico dei terroristi degli attentati di Mumbai catturato vivo, ha detto alla polizia che il gruppo è stato inviato anche con la specifica missione di colpire cittadini israeliani per «vendicare le atrocità commesse contro i palestinesi». Lo riferisce il giornale Times of India. Ed è per questo, avrebbe sempre detto Kasab, che i terroristi hanno preso d'assalto il centro ebraico alla Nariman House.
Sono 9 infatti gli ebrei uccisi - di cui 6 con passaporto israeliano - nel centro ebraico "Bet Chaba" di Mumbai, un centro assistenziale religioso aperto non soltanto in aiuto alla popolazione di religione ebraica. Tra le vittime identificate, il rabbino Gavriel Noah Holtzberg e sua moglie Rivka Holtzberg, Ben-Zion Korman Mashgiah con doppia cittadinanza israeliana e americana, Arié Taytelboim Mashgiah statunitense, Yohevet Orpaz (60 anni di cittadina israeliana), Norma Shwartzbelt-Rabbinovitch dal Messico.
Shoshana, sorella del Rabbino Holtzberg, ha dichiarato che "Gavriel e Rivka erano come un corpo solo: stavano sempre insieme, nella vita e nella morte non si sono lasciati".
Il Ministero degli Esteri Israeliano ha annunciato che vi sono ancora 3 israeliani che mancano all'appello: si spera che siano partiti prima degli attentati, ma i familiari ne hanno perso le tracce.
La diplomazia israeliana è inoltre in attesa dei nullaosta della burocrazia indiana, per riportare i corpi in patria. Infatti, come da prassi religiosa ebraica, i funerali dovrebbero svolgersi il giorno seguente al decesso. Il gruppo dei religiosi arrivato a Mumbai con i soccorsi israeliani medici militari e con la ZAKA (unità civile israeliana di emergenza per i soccorsi ai feriti di ogni genere e alla ricerca e composizione corporea delle vittime di ogni essere umano per permettere una degna sepoltura) hanno commentato: "eravamo sicuri che al nostro arrivo si sarebbe risolta la faccenda, avremo così pregato tutti insieme".
La giornata dei funerali è stata chiamata in Israele "Bet Chabad - il giorno difficile".

(l'Ideale, 1 dicembre 2008)

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Notizie archiviate

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