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Notizie dicembre 2010

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Israele: nel 2010 terrorismo ha toccato livelli minimi

TEL AVIV - Nel 2010 il terrorismo palestinese contro obiettivi israeliani ha toccato livelli minimi rispetto all'intero decennio iniziato nel 2000. Lo afferma lo Shin Bet, il servizio di sicurezza interno.
In un rapporto diffuso oggi alla stampa locale lo Shin Bet rileva che nel 2010 nove israeliani sono stati uccisi da palestinesi, rispetto ai 15 del 2009. Questa statistica non include l'uccisione di una turista statunitense avvenuta due settimane fa presso Gerusalemme e attribuita, almeno in fase preliminare, a due palestinesi ancora ricercati.
Quest'anno i feriti israeliani sono stati 28, rispetto ai 234 dell'anno scorso. Nel 2010, come nel 2009, non sono avvenuti in Israele attentati suicidi. Dal 2000 a oggi, secondo lo Shin Bet, ne sono stati perpetrati 146: di questi 53 nel 2002, che si conferma l'anno più sanguinoso del decennio con 452 israeliani uccisi in attentati terroristici e 2284 feriti.
Lo Shin Bet accompagna queste statistiche tranquillizzanti con osservazioni più inquietanti che riguardano la Striscia di Gaza, da dove quest'anno sono stati lanciati 150 razzi verso Israele. Lo Shin Bet mette inoltre in guardia da un vasto traffico di armi "che parte dall'Iran, passa dal Sudan e dal Sinai" per raggiungere infine Gaza dove negli ultimi dodici mesi - precisa - sono entrati centinaia di razzi di vario genere, "per lo più ordigni capaci di colpire a 20-40 chilometri di distanza".

(TicinOnline.ch, 31 dicembre 2010)

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Razzi da Gaza contro Israele

ESHKOL - Un nuovo razzo lanciato dalla Striscia di Gaza ha colpito nella notte il territorio meridionale di Israele, senza peraltro causare feriti ne' danni materiali degni di nota. Lo ha reso noto una portavoce dell'Esercito dello Stato ebraico, secondo cui l'ordigno si e' abbattuto al suolo nei pressi di Eshkol, cittadina gia' piu' volte presa di mira anche nel recente passato, situata nel deserto del Negev, a ridosso del confine con il settore centro-meridionale dell'enclave palestinese .

(AGI, 31 dicembre 2010)

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J'Accuse - Quei pacifisti benpensanti che vanno a braccetto con i tagliagole di Allah

di Luigi Santambrogio

Una domanda a tutti i pacifisti da guerra, ai garantisti da stadio, ai giustizieri a corrente (politica) alternata, eternamente divisi tra diritti sempre inviolabili e rovesci comunque accettabili. A voi, che avete il pandemonio facile appena vi toccano Caino (perché tanto con Abele non c'è più nulla da fare), dicono niente i guerriglieri islamici di Hamas?
Chi sono? Massì che lo sapete: sono quelli che comandano a Gaza, una piccola striscia palestinese di appena 360 chilometri quadrati, ma che sforna condanne a morte da far invidia a Cina e Iran, i più grandi produttori di sentenze capitali. Sono centinaia i destinati alla forca dai tribunali militari che fanno di Gaza un'immensa "gabbia a cielo aperto", dove un milione e mezzo di palestinesi vivono rinchiusi da quando Hamas ha preso il controllo della Striscia.
Al confronto, Guantanamo è un college svizzero: nel braccio della morte del carcere di Ansar c'è un esercito di "dead man walking" accusati dei crimini più orrendi: dal traffico di droga all'assassinio politico. Ma il più frequente è il delitto di "collaborare con il nemico Israele" o essere militanti di Al Fatah, la fazione avversa ad Hamas.
Da Gaza non si scappa neanche sulle ali della fantasia. Perché se mai i detenuti riuscissero a saltare le grate coperte di lamiera, i cancelli, il filo spinato e le guardie armate in divisa blu, ci sarebbero sempre, insormontabili, i valichi chiusi e i confini bloccati che fanno della Striscia la più grande prigione del Medio Oriente.
Ad Ansar ci sono 380 detenuti, tutti "definitivi", privati anche della speranza dell'appello. Negli ultimi venti mesi Hamas ha ammazzato sommariamente una trentina di "spie" di Israele o esponenti di Al Fatah. Fucilazione per gli ex militari, impiccagione per gli altri e una ghigliottina da restaurare nello scantinato. Tre sono stati impiccati nel maggio scorso, ora ce ne sono altri quattro destinati al cappio. L'accusa è sempre quella: "collaborazionisti al servizio dei sionisti". Nei tribunali, i giudici sono nominati sul campo, mentre i difensori né ammessi, né previsti (lo dice il Rapporto 2010 di Amnesty International).
Incredibile, no? Eppure, i rivoluzionari di Allah alimentano i patiboli nel più assordante silenzio dei movimenti pacifisti occidentali e della comunità internazionale. Anzi, quei terroristi che regolarmente si esercitano nel tiro dei razzi katiusha sui bambini negli asili israeliani di confine, trovano sempre zelanti coperture e giustificazioni politiche in Europa, compresi alcuni leader della sinistra italiana (Massimo D'Alema, tanto per fare un nome).
Bisogna trattare con Hamas, dicono costoro: ma come si può pretendere di dialogare con un'organizzazione che festeggia senza vergogna la sua necrofilia? In poco più di vent'anni, sono 1.349 gli israeliani uccisi dagli uomini di Hamas, 1.106 gli attentati compiuti, 10.981 i razzi lanciati contro gli insediamenti ebraici e 87 i kamikaze entrati in azione contro gli israeliani.
Eppure, i fan di questi tagliagole di Allah sono tanti e alquanto potenti. Come la baronessa Catherine Ashton, rappresentante europea per la politica estera (una sorta di ministro degli Esteri dell'Ue) che non perde occasione per manifestare il suo amore per i guerriglieri islamici, nonostante la stessa Europa abbia incluso Hamas nelle black-list del terrorismo internazionale. Una baronessa con manie guerrigliere e stipendio da supercapitalista: 270.000 euro l'anno, il più alto in assoluto nella Ue (il doppio della Clinton, tanto per dare un'idea) e un ministero che costa ai contribuenti quasi 150 milioni di euro l'anno.
Okkei: nessuno tocchi Caino, ma in cambio mandate a lavorare la baronessa Ashton.

(Il Sussidiario.net, 31 dicembre 2010)

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La fuga dei diplomatici israeliani: "Lo stipendio del governo non ci basta"

La diplomazia israeliana perde pezzi. Ma stavolta l'odiato ministro degli Esteri, Lieberman, non c'entra nulla. Stavolta alcuni attaché dello Stato ebraico hanno deciso di fare le valigie e di tornarsene a casa loro. Il motivo? Vengono pagati troppo poco.
Ne sa qualcosa quello che il quotidiano israeliano "Yedioth Ahronoth" chiama "Y". Si tratta di un diplomatico che - parole sue - a malapena riesce ad arrivare alla fine del mese. «Sto pagando un mutuo in Israele in shekel», ha detto "Y". «Solo che, ricevendo uno stipendio in dollari ed essendo il cambio tra le due monete sfavorevole per quella americana, di fatto ogni mese guadagno davvero poco per potermi permettere di pagare le rate».
Non solo. Racconta "Y" che oltre al mutuo, deve pagare 1.300 dollari al mese per l'educazione dei figli. Davvero troppo, considerando il fatto che guadagnava non più di 4.800 dollari (straordinari inclusi). Ed è così che ha fatto i bagagli e se n'è tornato a casa, dopo due anni di servizio negli Stati Uniti.
Come "Y" ce ne sono altri otto di diplomatici che hanno deciso di lasciare il loro lavoro. Tre sono stati di stanza negli Usa, due in America Latina, due in Asia e uno in Europa. Si tratterebbe - stando alle prime indiscrezioni - di un portavoce di «una grande ambasciata» e di «un importante inviato».
Per ora, complici le festività cristiane, l'affare non è ancora esploso. Anche se dal ministero degli Esteri fanno sapere che «si tratta soltanto di casi isolati e che c'entrano con le situazioni personali dei funzionari». Sarà. Ma stando ai racconti di molti diplomatici, gli uffici consolari israeliani si troverebbero in una situazione penosa e dannosa per l'immagine dello Stato ebraico.
Un esempio lo fornisce lo stesso "Y". «Siamo così a corto di soldi, che per andare a incontrare il presidente americano Barack Obama ho dovuto prendere la metropolitana e non l'auto di servizio dell'ambasciata perché questo avrebbe comportato spese insostenibili per il nostro ufficio». Leonard Berberi

(Falafel Cafè, 31 dicembre 2010)

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Formazione in Israele - Assegnate le Borse di studio Cantoni e Ghiron Mortara

Come da tradizione, anche quest'anno sono state distribuite le borse di studio della Fondazione Raffaele Cantoni.
La premiazione ha avuto luogo nella sala degli affreschi adiacente al Tempio Italiano a Gerusalemme.
Per il terzo anno consecutivo sono state consegnate anche le borse di Studio Ghiron Mortara destinate ai giovani che frequentano un anno di formazione in Israele per poi tornare a prestare servizio in Italia nel settore dell'assistenza alle piccole comunità....

(Notiziario Ucei, 31 dicembre 2010)

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TV: rai2, a ''Sorgente di vita'' i cento anni del kibbutz

ROMA, 30 dic - Nuovo appuntamento con ''Sorgente di vita'', in onda domenica 2 gennaio all'1.20 e in replica lunedi' 3 all'1.20 su Rai2. In questa puntata: Cento anni fa a Degania, vicino al Lago di Tiberiade, nasceva il kibbutz.
Un viaggio dalla Galilea ai margini del deserto del Negev, per capire le trasformazioni e i cambiamenti di una struttura simbolo della societa' d'Israele, dal sogno di ieri alla realta' di oggi.
Un ebraismo aperto e dialogante con le istituzioni e la societa', l'impegno per i giovani, le strategie per riavvicinare gli ebrei lontani dalle comunita' sono alcuni dei temi che impegneranno il nuovo consiglio dell'Unione delle Comunita' Ebraiche Italiane, sotto la guida dell'avvocato Renzo Gattegna riconfermato alla Presidenza.
Sette scrittori italiani e le fotografie in bianco e nero di Luigi Baldelli per un libro di racconti e immagini sui luoghi della memoria in Italia: da Fossoli di Carpi ad Agnone in Molise, dalla Risiera di San Sabba a Ferramonti di Tarsia, campi di internamento, di prigionia e di morte spesso dime

(ASCA, 30 dicembre 2010)

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Prova di democrazia. Gli israeliani sul caso Katsav


L'esito del processo all'ex-presidente Moshe Katsav viene salutato da molti israeliani come "prova di democrazia". Testimonianza, secondo i più, di una giustizia che non risparmia i potenti e restituisce anzi voce e speranza proprio ai più deboli.
"Il messaggio inviato oggi dalla corte - dice il procuratore Ronit Amiel - è diretto alle vittime di ogni abuso di potere. E' un appello a non restare in silenzio".
Diverso l'avviso di Boaz Katzav, figlio dell'ex capo di stato, che pur senza esplicitare l'ipotesi del ricorso, annuncia che continuerà a battersi per provare l'innocenza del padre.
Mentre la notizia rimbalza sulle prime pagine dei quotidiani e il prestigioso Haaretz parla di "re privato di un diritto feudale", i più si chiedono se Katzav finirà davvero in carcere.
"Non dobbiamo dimenticare - dice Moshe Negbi, esperto legale della popolare Israel Radio - che è accusato di due stupri, di molestie e anche di altri reati. Sono quindi certo che verrà condannato a diversi anni di reclusione".
Ipotesi che per le strade di Gerusalemme viene interpretata come segnale di forza e maturità, da parte di una legge che sembra ormai davvero uguale per tutti.
"Un giorno importantissimo per la democrazia israeliana" il commento ricorrente dei passanti. Specchio di una sete di cambiamento, che sembra oggi passare per le aule di giustizia.

(euronews, 30 dicembre 2010)

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Anno da record per il turismo internazionale di Israele

Crescono i flussi turistici verso Israele che, nello scorso mese di novembre, ha fatto registrare performance da record. Sono stati infatti 287.814 gli arrivi da tutto il mondo, con un incremento del 19% sullo stesso mese del 2009 e del 9% rispetto a novembre 2008. I visitatori provenienti dall'Italia sono stati 10.193 e, anche in questo caso, il trend risulta in crescita del 9% rispetto al novembre scorso e addirittura del 25% rispetto allo stesso mese del 2008. "I dati relativi al flusso turistico dall'Italia verso Israele nel periodo gennaio-novembre 2010 sono per noi motivo di conforto e di grande soddisfazione - afferma Tzvi Lotan, direttore dell'Ufficio israeliano del turismo -. Israele si appresta a ricevere migliaia di turisti e di pellegrini attesi per festeggiare la fine dell'anno". In generale si può dire che il 2010 è stato positivo per la destinazione: da gennaio a fine novembre 2010 sono 3.024.335 i visitatori giunti in Israele provenienti da tutto il mondo, che rappresentano una crescita del 24% rispetto allo stesso periodo del 2009 e del 9% sul 2008.

(TTG News, 30 dicembre 2010)

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Israele stufo dei "parassiti". «Rabbino va' a lavorare»

Gli ultraortodossi sono il 10% della popolazione: non fanno il militare e lo Stato li mantiene con 250 milioni l'anno. Ora un decreto limita i sussidi

di Alessandro Di Maio

Dopo aver creato l'universo, il mondo e le sue creature, il settimo giorno Dio si riposò. È quanto dice la Bibbia nel Genesi, ma oggi in Israele la maggioranza degli ebrei ultraortodossi rifiuta di unirsi alla forza lavoro del Paese, per dedicare la propria vita allo studio della Torah. La loro crescita demografica e l'aumento della spesa pubblica potrebbero generare conflitti sociali e mettere a rischio lo sviluppo economico.
La questione degli ultraortodossi è delicata perché tocca i nervi più profondi della società israeliana, dallo status quo tra laici e religiosi alla politica che ha favorito il decollo economico del Paese. È un tema caldo da cui dipendono le relazioni tra i maggiori partiti laici e i piccoli partiti religiosi che costituiscono l'ago della bilancia del fragile governo di coalizione retto da Benjamin Netanyahu.
Quasi 750mila israeliani sono ebrei ultraortodossi, il 10% della popolazione totale. Uomini e donne che seguono strettamente i dettami biblici e che raramente si integrano con il resto della popolazione. Sono famiglie numerose con in media sette bambini per coppia e costituiscono il settore economicamente più povero della società israeliana; e quello in più rapida ascesa demografica.
Secondo un recente studio del Centro di Ricerca sulle Politiche Sociali Taub, il 65% degli ultraortodossi è fuori del mercato del lavoro. Non sono disoccupati, ma non interessati a trovare un impiego perché concentrati a portare avanti quello che considerano il lavoro che salverà l'ebraismo: studiare la Torah.
Per alleviare il loro stato di povertà lo Stato elargisce sussidi mensili per un totale di 250 milioni di euro l'anno, una cifra considerata non tollerabile da una fetta sempre più grande dell'opinione pubblica israeliana. «Il problema », afferma Lior Reshef-Drei, cofondatore del partito HaSmol Leumi ed ex presidente dell'unione degli studenti dell'IDC, la più prestigiosa università privata, «è che anche se Israele non è più solo il Paese delle arance, ma un economia solida e diversificata frutto di anni di investimenti in ricerca e high-tech, non può permettersi una così alta percentuale di popolazione inattiva al lavoro e al tempo stesso pagare loro sussidi e pensioni».
Condivide la stessa linea di pensiero Stanley Fischer, governatore della Banca di Israele, che lo scorso luglio ha dichiarato di «ritenere necessario cambiare rotta per garantire stabilità e prosperità al Paese, perché la rapida crescita demografica degli ultraortodossi, il rafforzamento del loro sistema scolastico rispetto a quello nazionale laico rischiano di ridurre la forza lavoro».
L'imperativo sembrerebbe quello di portare gli ultraortodossi a lavorare. Ma come? Dan Ben-David, direttore del Taub Center ritiene che sia «una questione di incentivi al lavoro, perché trent'anni fa la percentuale di inattivi ultraortodossi era limitata al 21%, mentre oggi è tre volte tanto ». Per Reshef-Drei bisognerebbe «spezzare il circolo vizioso che allontana i giovani religiosi dalla leva militare e dalla prospettiva di un lavoro legale, per questo», continua, «bisognerebbe creare una sorta di servizio civile che sia alternativo al militare e che dia loro la possibilità di servire la patria fin da subito e di trovare un lavoro successivamente».
Consapevole degli umori dei cittadini, la scorsa settimana il governo ha approvato un decreto che limita a cinque anni il sussidio agli studenti ultraortodossi. Per alcuni è una prima risposta al problema, per altri il modo migliore per non affrontarlo «visto che», come afferma Reshef-Drei, «un decreto non è una legge formale e potrà essere abrogato senza difficoltà anche senza una maggioranza parlamentare».

(Libero, 30 dicembre 2010)

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La faida tra Abbas e Dahlan si sposta sul web

Si è spostata sul web la faida interna al partito palestinese di al-Fatah che vede da circa un mese contrapposti il presidente dell'Autorita' nazionale palestinese (Anp), Mahmoud Abbas (Abu Mazen), e il suo ex delfino Muhammad Dahlan. Secondo il giornale arabo 'al-Quds al-Arabi', lo scontro tra i due è sbarcato su Internet dopo la sospensione di Dahlan da membro del direttivo, decisa due giorni fa dai vertici di al-Fatah che stanno indagando sui suoi canali di finanziamento. Dahlan e', infatti, sospettato tra l'altro di aver tentato un golpe contro Abbas.
I sostenitori dell'ex capo di al-Fatah a Gaza hanno immediatamente risposto al provvedimento disciplinare del loro partito e hackerato il profilo del presidente palestinese presente su 'Facebook'. Nella notte alcuni pirati informatici hanno riempito il profilo di immagini in favore di Dahlan. Dopo poche ore pero' alcuni siti informativi palestinesi, vicini all'Anp, hanno fatto partire un sondaggio sullo scontro in corso tra i due politici ed è emerso che la maggioranza dei lettori si sarebbe schierata con il presidente Abbas. Intanto Dahlan ha fatto sapere, tramite la stampa araba, di attendere con serenità il giudizio che la commissione istituita da al-Fatah esprimerà alla luce delle indagini che sta conducendo sul suo operato.

(Aki, 30 dicembre 2010)

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Quante bugie si raccontano sulla "pace" in Medio Oriente

di Fiamma Nirenstein

Dall'Iran guerrafondaio alla Turchia che volta le spalle all'Occidente, fino ad Abu Mazen finto moderato è tutta una rincorsa a rimuovere la realtà

Com'è lontano il Medio Oriente, quant'è nebbiosa la sua immagine da cui sempre speriamo che possa sprigionarsi quel sogno di pace che invece svanisce ogni volta… Piuttosto che guardarlo col cannocchiale, preferiamo disegnarcelo in modo che alla fine tutti vorranno la pace, che il suo invincibile estremismo sia solo una fantasia dettata dalla paura e il pericolo che ne promana, un'esagerazione. È la voglia di essere lasciati tranquilli, la stessa sindrome per cui siamo pronti a iscrivere all'Islam moderato personaggi come Tarik Ramadan, o ci sembra di poter chiamare dialogo fra le religioni quello in cui dietro le quinte a Londra guadagnano terreno i tribunali islamici, ci pare una cosa graziosa che il nome più diffuso in certi Paesi del Vecchio Continente sia ormai Mohammed, o si ammette il burka in nome del multiculturalismo, o ci si limita a scuotere la testa sentendo che a Parigi vivono ormai 200mila persone in famiglie poligamiche.
La nostra terrazza con vista sul Medio Oriente comporta la censura sui pericoli di guerra. Il primo oggetto di rimozione è l'Iran, con la sua futura bomba atomica, l'allargarsi della sua egemonia internazionale e il suo mostruoso atteggiamento verso i diritti delle donne, degli omosessuali, dei dissidenti, della libertà in generale. Ancora si insiste a pensare che sia possibile un dialogo con Ahmadinejad, il delirante rais che abbiamo più volte sentito pontificare dal podio dell'Onu per invitare il presidente degli Stati Uniti a convertirsi all'Islam, ha promesso di ammazzare tutti gli ebrei e di estendere il dominio dell'Islam su tutto il mondo. Tra un mese l'incontro fra l'Iran e i Cinque più Uno ci riprova, nonostante il regime, tramite le recenti mosse di arresti e epurazioni, dia segno di stringersi intorno al progetto atomico. Nessuno ha cercato di aiutare l'opposizione dopo che le furono rapinati i risultati elettorali, anche se la sua consistenza è fuori di dubbio dato che milioni di persone hanno disperatamente tenuto le piazze per mesi. Gli USA sono rimasti zitti anche di fronte ai war games iraniani sullo Stretto di Hormuz, al fatto che l'Iran ha allargato il fronte di guerra in Afghanistan, ha piazzato i suoi impressionanti investimenti in Sud America così da influenzarne un atteggiamento ormai estremistico e da pompare l'odio antisemita che come esempio estremo ha il presidente del Venezuela Chavez.
L'Iran fa paura, e per questo si lascia che continui ad avanzare e di conseguenza che ci faccia sempre più paura. E il giudizio illusorio si allarga alla Turchia, alla Siria, al Libano, ai Palestinesi. La Turchia, dove per altro si terrà l'incontro dei Cinque più Uno, seguita a figurare nella fantasia di molti come il Paese che dai tempi della rivoluzione di Kemal Atatürk svolge il compito di trait d'union fra l'occidente e l'Islam. La verità è che la rivoluzione laica è stata messa nel cassetto per lasciare il posto a una deriva islamista in cui vince l'amicizia e l'alleanza con l'Iran. L'alleanza con la Siria con cui sono stati firmati numerosi trattati d'affari e militari e persino con Hamas, con cui il ministro degli esteri Davutoglu si è incontrato nel luglio scorso, segnano la via della Turchia, una politica gridata, tutta volta verso il mondo islamico, che fa della politica antisraeliana la sua bandiera.
La Siria, amiamo vederla come un Paese che non sa ancora bene dove andare e che alla fine in nome del buon senso abbandonerà l'asse iraniano. Hillary Clinton ha anche ricollocato quest'anno un ambasciatore a Damasco, John Ford, sperando di influenzare Bashar Assad. Ma egli ha continuato tranquillo sulla sua strada: minacce continue di guerra, riarmo intensivo, un vertice strategico in cui alla presenza di Ahmadinejad ospite di onore, si sono riuniti con siriani e iraniani sia il capo supremo di Hamas Khaled Mashaal che, in una mossa rarissima, il capo degli Hezbollah Nasrallah. La strada è rimasta quella: la Siria si è distinta per il riarmo degli hezbollah che contano 30mila missili, per l'aiuto a Hamas che ormai ha missili capaci di raggiungere Tel Aviv, per la sua battaglia a fianco degli hezbollah allo scopo di evitare che il Tribunale Internazionale renda noto il risultato di colpevolezza degli hezbollah nell'omicidio del 2005 di Rafik Hariri.
E qui la tragedia del Libano: seguitiamo a raccontarci che in un Libano variegato e pluralista esiste solo una forza di disturbo rappresentata dagli hezbollah e che aiutare il governo e l'esercito libanese servirà a tenerlo a bada. La verità è che gli hezbollah sono la forza dominante della politica libanese, ricattata sia dalla sua minaccia di trascinare il Paese dei Cedri in una nuova guerra, sia da quella di una sanguinosa sovversione interna: di ambedue le cose si sono già dimostrati capaci.
Infine, i palestinesi: l'idea che amiamo rappresentarci è quella di un mondo in cui Fatah, contro Hamas, desidera arrivare alla pace, a una partizione che consenta la soluzione di due Stati per due popoli. Ma la realtà è diversa: tutte le più recenti esternazioni, compresa quella in cui Abu Mazen dichiarò due giorni fa che lo Stato palestinese sarà ripulito da ogni presenza ebraica, vanno di concerto con quella che forse è il segnale più drammatico del rifiuto alla pace: la cultura dell'odio e del terrorismo che la tv, i giornali, le scuole palestinesi diffondono. Le piazze chiamate con i nomi dei terroristi suicidi, il congresso del Fatah che si apre in loro nome con applausi in piedi, lo "studio" di un viceministro della cultura sul sito dell'Autonomia Palestinese che dichiara che non c'è mai stata traccia di ebrei a Gerusalemme, o l'odiosa invenzione di un Gesù palestinese perseguitato dagli ebrei quando ai tempi di Gesù, prima che i Romani mettessero il nome di Palestina a Israele, ancora neppure esisteva il concetto di palestinesi: forse tutte queste verità ci consiglierebbero nuove strade di pace perché quelle vecchie sono ostruite.

(il Giornale, 30 dicembre 2010)

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La cospirazione del talento

di Leonardo Cohen

L'ex Nar Francesco Bianco, assunto dal sindaco romano Alemanno all'azienda dei trasporti, ha scritto frasi antisemite su Facebook? Non mi sorprende. In fondo, è sempre la stessa solfa. Già. Un'idea fissa, infatti, si aggira da secoli per l'Europa - beh, esagero a chiamarla idea… - ed è quella degli ebrei potenti che dominano la finanza mondiale e tirano le fila della politica internazionale, "una storia", come ha ricordato qualche settimana fa Paolo Mieli in occasione di un incontro con Umberto Eco autore del controverso romanzo "Il cimitero di Praga", "che sfugge di bocca ancora oggi a industriali, finanzieri e persino a presidenti del Consiglio, e questo ha generato falsi ideologici come l'ignobile "Protocolli dei Savi Anziani di Sion". La teoria del grande complotto giudeomassonico fu l'alibi di Hitler per scatenare lo sterminio degli ebrei. Il fatto è che gli ebrei sono molto "visibili": nella fisica, nella medicina, nella letteratura, nelle arti, nel cinema, nella televisione, nella tecnologia avanzata. La cultura e la scienza sono permeate del loro genio. Gli ebrei sono appena lo 0,2 per cento dell'umanità ma dal 1901 ad oggi hanno conquistato 170 premi Nobel, ossia il 29 per cento di quelli concessi. Questo dimostra che il complotto esiste. Anzi, peggio, che si tratta di una vera e propria cospirazione. La cospirazione del talento. Il complotto dell'intelligenza. orchestrato fin dai tempi della Rivoluzione Francese, quando i principii di libertà ed eguaglianza aprirono le porte dei ghetti europei liberando così una quantità (impressionante) di ingegno, di creatività, di energia, di capacità di analisi e studio che cinquanta generazioni di ebrei avevano accumulato in oltre mille anni di oppressione, di discriminazioni, di persecuzioni e di restrizioni. Uno tsunami neuronico si riversò sul mondo, e continua ininterrottamente a scuoterlo. Certo, qualche deriva c'è stata. Il criminale Meyer Lanski surclassò Al Capone. Jack Abramoff, il superlobbista corrotto dell'era Bush. O il truffatore Bernard Madoff. D'altra parte, "nobody is perfect", nessuno è perfetto dice l'attempato miliardario al travestito Jack Lemmon nell'ultima scena di "A qualcuno piace caldo". Film diretto da Billy Wilder. Ebreo galiziano che nel 1933, quando Hitler salì al potere, espatriò, prima a Parigi poi in America. Sua madre, il patrigno e la nonna morirono ad Auschwitz.

(la Repubblica - blog, 30 dicembre 2010)

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Dati statistici sulla popolazione di Israele

Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme

C'è, anche fra di noi, chi ritiene che si parla troppo di demografia, mentre quello che dovrebbe contare veramente sarebbe la qualità. Allora, per concludere degnamente l'annata, riportiamo il comunicato dell'Ufficio Centrale di Statistica di Israele. Alla fine del 2010, la popolazione di Israele raggiunge i 7.795.000 abitanti. Di questi, 5.802.000 sono ebrei (l'equivalente di 200 ebraismi italiani), pari al 75,5 per cento del totale; 320.000 (4,2 per cento) sono parenti non-ebrei in famiglie miste; e 1.573.000 (20,4 per cento) sono arabi, inclusa Gerusalemme Est, ma esclusi i territori della Cisgiordania e di Gaza. Nel corso del 2010, la popolazione israeliana è cresciuta a un tasso dell'1,9 per cento - in contrasto con la crescita zero di molti paesi europei - con un aumento assoluto di 143.000 persone. Di queste, 125.000 derivano dall'incremento naturale (165.000 nascite e 40.000 decessi). Inoltre sono arrivati 16.000 nuovi immigranti nell'ambito della legge del ritorno, oltre a 6.000 cittadini israeliani - per lo più ragazzi - nati all'estero che sono entrati per la prima volta in Israele, e altri 7.000 immigrati in seguito a matrimonio, altri rapporti di parentela con la popolazione residente, o mutamenti nel permesso di residenza. Da queste cifre vanno dedotte 11.000 persone che rappresentano il saldo negativo delle migrazioni della popolazione residente in Israele.

(Notiziario Ucei, 30 dicembre 2010)

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Un maxi giacimento di gas al largo di Israele: cambierà l'economia del Paese

Ben 453 miliardi di metri cubi, per un valore stimato in almeno 45 miliardi di dollari, è stato scoperto da un consorzio di imprese al largo di Haifa

Un giacimento di gas naturale di ben 453 miliardi di metri cubi, per un valore stimato in almeno 45 miliardi di dollari, è stato scoperto da un consorzio di imprese al largo di Haifa in Israele, secondo i risultati degli ultimi test condotti nell'area. Questo oggi l'annuncio inviato dal consorzio alla borsa di Tel Aviv mentre i media locali cominciano a parlare apertamente della possibilità che Israele, oltre a soddisfare interamente il suo fabbisogno energetico di gas, possa tra diversi anni anche divenire paese esportatore. «È la più grande scoperta nella nostra storia di ricerche» ha detto Charles Davidson, direttore esecutivo dell' americana Noble Energy, che ha condotto le esplorazioni e che detiene circa il 40% del giacimento, denominato Leviatan. Gli altri membri del consorzio sono le compagnie israeliane Delek Drilling LP, Avner Oil & Gas Ltd e Ratio Oil Exploration 1992 Lp. Il ministro per le infrastrutture israeliano Uzi Landau ha detto che il giacimento darà un contributo «importante» all' economia dello stato. Le riserve di gas di Leviatan, che si estende su un'area di 325 kmq, sono il doppio di quelle di Tamar, un altro giacimento scoperto al largo della costa israeliana nel 2009. Per le sue dimensioni saranno necessari ancora altri test per avere una stima migliore delle riserve totali di gas. A giudizio di esperti è possibile e pure probabile, inoltre, che al di sotto degli strati di gas ci possano essere anche giacimenti di petrolio.

(il Giornale, 29 dicembre 2010)

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Migranti rapiti nel Sinai

Bande collegate a gruppi islamici come fratelli musulmani e Hamas

ROMA, 29 dic. - Resta molto preoccupante la situazione per i 120 profughi che si trovano ancor in catene all'interno dei container nascosti nel frutteto a sud di Rafah. Solo per le donne e i bambini, per i quali una Ong eritrea cristiana avrebbe pagato un riscatto proprio nelle ultime ore, si profila un epilogo felice. "Se il Cairo, non interverrà per cercare di farli liberare, faranno sparire" gli uomini, ha detto Malini, secondo cui l'Egitto, pur perfettamente al corrente della realtà del traffico di esseri umani entro i suoi confini, teme le conseguenze di un suo deciso intervento contro queste bande che sono molto ben radicate nel territorio.
Sempre secondo Malini, le gang dei sequestratori sono collegate ai gruppi islamici radicali come i Fratelli musulmani e a Gaza sono spalleggiati da Hamas: insieme finanziano il terrorismo di matrice qaedista. "E' ora che l'Onu e la comunità internazionale facciano pressione sull'Egitto perché inizi veramente una lotta contro il traffico sugli esseri umani", ha detto Malini, ammettendo che per la prima volta almeno l'Egitto non ha potuto negare la presenza di questi africani sequestrati sul suo territorio.

(Apcom, 29 dicembre 2010)

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Palestinesi, non vogliamo uno 'stato-facebook'

RAMALLAH - "Non vogliamo uno 'stato-facebook'": il primo ministro palestinese, Salam Fayyad, ha risposto cosi' alla provocazione del viceministro degli Esteri israeliano, Danny Ayalon, secondo cui il riconoscimento dello stato palestinese da parte di alcune nazioni latino-americane equivale al clic 'mi piace' che sul popolare social network consente di commentare positivamente notizie e affermazioni.

(AGI, 29 dicembre 2010)

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32 mila i giovani palestinesi che hanno deciso di emigrare

32mila palestinesi, in prevalenza giovani di età compresa fra 15 e 29 anni, hanno deciso di emigrare dalla Cisgiordania e dalla striscia di Gaza negli anni compresi fra il 2005 e il 2009.
Lo ha reso noto l'Ufficio Centrale di statistica palestinese. Fra i motivi principali che li hanno spinti a cercare fortuna all'estero sono stati menzionate la ricerca di una migliore istruzione e la speranza di elevare le condizioni di vita e di garantirsi maggiori opportunità di lavoro. Fra quanti hanno lasciato Gaza sono state spesso menzionate anche le precarie condizioni di vita nella Striscia. Secondo l'Ufficio di statistica, la meta preferita è rappresentata dalla Giordania (24%), seguita dagli Stati Uniti (22%). e dai Paesi del Golfo (20%). Il rapporto rileva che al tempo stesso si nota anche il rientro nei Territori di emigrati, al ritmo di alcune migliaia di persone all'anno.

(FocusMo, 29 dicembre 2010)

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Bartali su Pagine Ebraiche - Il servizio di Tgtnews



(Notiziario Ucei, 29 dicembre 2010)

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Moshe Yaalon: la bomba atomica iraniana è meno vicina di quanto temuto

Difficoltà rallentano piani nucleari di Teheran

Lo spettro di una bomba atomica iraniana è meno vicino di quanto Israele non temesse fino a qualche tempo fa. Lo ha riconosciuto oggi il Ministro israeliano degli Affari strategici, ed ex capo di stato maggiore, Moshe Yaalon (Likud, destra), secondo il quale il programma nucleare di Teheran, minato da una serie di «difficoltà», non avrebbe in effetti ancora raggiunto «il punto di non ritorno».
«Il programma nucleare iraniano sta conoscendo sfide tecnologiche e difficoltà, e non è arrivato in porto», ha sostenuto Yaalon, considerato un 'falco' del governo Netanyahu, senza entrare nel dettaglio di tali intoppi che diversi analisti fanno risalire al rafforzamento del regime delle sanzioni internazionali, ma anche ad azioni di sabotaggio attribuite alla Cia americana, al Mossad israeliano o ad altri servizi di intelligence. «Le difficoltà hanno rallentato il calendario e non è quindi stato ancora superato il punto di non ritorno», ha proseguito il ministro in un'intervista radiofonica. Secondo l'esponente israeliano, si può dunque tirare un mezzo sospiro di sollievo. «L'Iran non ha per il momento la capacità di realizzare autonomamente armi atomiche», ha affermato Yaalon. «Se ci riuscirà sarà nei prossimi tre anni, ma io spero che non ci riesca affatto grazie agli sforzi intrapresi dall'Occidente per impedirgli di sviluppare un potenziale nucleare», ha aggiunto, manifestando in apparenza un ottimismo assai più marcato rispetto al passato nei confronti delle pressioni economico-diplomatiche esercitate con crescente intensità contro Teheran dalla comunità internazionale. Israele considera da tempo i piani atomici del regime degli ayatollah - visceralmente ostile al «nemico sionista» - alla stregua d'una minaccia incombente: anche sulla scia della ripetute profezie del presidente, Mahmud Ahmadinejad, e di altri dignitari iraniani su un'ipotetica scomparsa dello Stato ebraico dalle mappe geografiche.

(ANSA, 29 dicembre 2010)

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Iran, arrestati dieci cristiani durante le festività natalizie

L'intelligence iraniana ha fatto irruzione nelle chiese private cristiane di Teheran. Khamenei ha duramente criticato il fenomeno di conversione dall'Islam ad altre fedi religiose - Secondo il sito d'opposizione "Iranpressnews", in questi ultimi giorni sono state arrestate a Teheran una decina di cristiani iraniani. In base a quanto riportato, le forze dell'intelligence sarebbero entrate nelle chiese private mentre si celebravano le festività natalizie. Il sito non chiarisce le identità delle dieci persone. La conversione dall'Islam ad altre religioni, come cristianesimo, zoroastrismo e fede bahai, si sta sempre più diffondendo nel paese. Lo stesso ayatollah Khamenei, riferisce "Iranpressnews", durante una visita a Qom, due mesi fa, si era lamentato di questa situazione, esortando il clero a combattere il fenomeno, che diviene sempre più incalzante. I cristiani risiedono in prevalenza nelle zone di Teheran, Isfahan e Shiraz. In molti sono stati arrestati negli ultimi tempi con l'accusa di propaganda religiosa e proselitismo, vietati dalla Sharia.

(PeaceReporter, 29 dicembre 2010)

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Israele amata dagli italiani. Flussi record per il turismo

ROMA - Grande crescita del turismo verso Israele. Fino a novembre, registrato ben il 32% in più. Flusso Record di Visitatori dall'Italia verso Israele. L'anno 2010 sta per concludersi e i dati relativi al flusso turistico dall'Italia verso Israele nel periodo gennaio-novembre 2010 sono per noi motivi di conforto e di grande soddisfazione, afferma Tzvi Lotan, direttore dell'Ufficio Israeliano del Turismo.
Novembre 2010 è stato un mese da record, con 287.814 arrivi da tutto il mondo che rappresentano un incremento del 19% rispetto a Novembre 2009 e un incremento del 9% rispetto allo stesso mese del 2008. Dall'Italia sono 10.193 i visitatori che hanno fatto registrare una crescita del 9% rispetto al mese di novembre del 2009 e del 25% rispetto al novembre 2008:
Anche gli arrivi dall'inizio dell'anno sono sinonimo di un bilancio più che positivo; da gennaio a fine novembre 2010 sono 3.024.335 i visitatori giunti in Israele provenienti da tutto il mondo che rappresentano una crescita del 24% rispetto allo stesso periodo del 2009 e del 9% rispetto allo stesso periodo del 2008.
"La crescita del flusso turistico è il risultato del successo riportato dalle attività marketing realizzate dal Ministero Israeliano del Turismo, dichiara il Ministro Misekhnikov. Tale successo ha avuto un'influenza positiva sul mercato del lavoro - crescita dei posti di lavoro - e anche sul piano economico grazie all'aumento delle entrate in valuta estera che hanno portato milioni di dollari nelle casse del bilancio del paese".
"Israele si appresta a ricevere migliaia di turisti e di pellegrini attesi per festeggiare Natale e la fine dell'anno 2010 e, come afferma Tzvi Lotan, "Natale è un'ottima occasione per rafforzare la collaborazione con le comunità cristiane e i milioni di fedeli nel mondo che Israele è sempre pronta ad accogliere e a dare il più caloroso benvenuto."

(Cinquew, 28 dicembre 2010)

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Incendio su un treno a pochi chilometri da Tel Aviv, 40 intossicati da fumo

È di una quarantina di passeggeri feriti o intossicati il bilancio di un incendio divampato oggi in Israele a bordo di un treno, per cause ritenute al momento accidentali. Lo riferiscono i servizi di emergenza, precisando che tuttavia non si registrano morti e che la gran parte delle persone a bordo è riuscita ad abbandonare il convoglio incolume. Secondo le prime informazioni, a prendere fuoco sarebbe stato un primo vagone, con il successivo coinvolgimento di altri tre. Il convoglio - che percorreva una linea locale una ventina di chilometri a nord di Tel Aviv - si è quindi fermato all'altezza del kibbutz di Shefaim, dove i passeggeri sono stati in parte evacuati e in parte sono fuggiti da soli, forzando le porte. Stando a quanto riferito dai soccorritori, una persona è rimasta ustionata, mentre circa 40 hanno riportato contusioni leggere o fastidi da intossicazione da fumo.

(DirettaNews.it, 28 dicembre 2010)

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Israele, rinvenuti i denti preistorici più antichi: hanno 400mila anni

Potrebbero essere le più antiche testimonianze mai rinvenute dell'uomo moderno: sono i denti preistorici scoperti in un sito archeologico vicino a Rosh Haain, in Israele, dal professor Avi Gopher e dal dottor Ran Barkai dell'Istituto di Archeologia dell'università di Tel Aviv, e risalgono a circa 400mila anni fa. Secondo gli accademici israeliani potrebbero davvero essere i più antichi resti di homo sapiens mai rinvenuti, rivoluzionando, così, il quadro dell'evoluzione della specie. I resti fino ad ora noti di homo sapiens sono infatti molto più recenti.

(la Repubblica, 28 dicembre 2010)

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A Gaza il primo canale 'educational' per studenti palestinesi

Hanno preso il via ieri sera dalla città di Gaza le trasmissioni sperimentali del primo canale satellitare 'educational' destinato agli studenti palestinesi. L'emittente, ha spiegato il presidente Farid Shahin, ha lo scopo di diffondere i programmi di insegnamento in adozione nei Territori palestinesi a tutti gli studenti, dalla terza elementare fino alle scuole superiori.
Citato dall'agenzia palestinese 'Maan', Shahin ha sottolineato l'importanza della creazione di un canale che si rivolge a più di un milione di studenti palestinesi. "Tra i motivi principali che ispirano il canale vi è la complessità che caratterizza il sistema scolastico palestinese, sia per i contenuti che per la mole di informazioni che esso intende passare agli studenti", ha detto Shahin, precisando che queste peculiarità rendono "gravoso" il compito degli insegnanti. Senza contare le difficoltà che incontrano tanti studenti a raggiungere le scuole a causa dei posti di blocco, ha aggiunto Shahin, ricordando che il canale sarà messo a disposiione anche ai detenuti nelle carceri israeliane.
"I programmi saranno spiegati da insegnanti qualificati per ciascuna materia", ha detto Shahin, mettendo in evidenza che questa è una delle poche iniziative coordinate in comune dai ministeri della Pubblica Istruzione del governo di Hamas a Gaza e di quello dell'Autorità nazionale palestinese a Ramallah.

(Aki, 28 dicembre 2010)

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Israele - I bambini vittime della povertà (in francese)

Un filmato che presenta un aspetto di Israele poco sottolineato: la povertà. Ma anche la lotta alla povertà combattuta da diverse associazioni, tra cui “Tzedek”, diretta da Olivier Granilic.



(Guysen TV, 27 dicembre 2010)

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L'antisemitismo pronto a scoppiare

di Giorgio Bastiani

L'Olanda era la terra della tolleranza religiosa. Era il luogo in cui gli ebrei trovavano rifugio anche nei secoli bui dell'Inquisizione. Ora rischia di non esserlo più. E l'ex commissario europeo Frits Bolkestein, suggerisce agli ebrei locali di emigrare negli Usa o in Israele.
Sfidare il conflitto israelo-palestinesi e gli attentati di Hamas è già più sicuro che vivere nei Paesi Bassi? Sì, perché il governo olandese si dimostra incapace di garantire l'incolumità ai circa 30mila cittadini della comunità ebraica dai sempre più numerosi attacchi di "musulmani non integrati" (per usare le parole di Bolkestein).
Se gli studenti ebrei sono attaccati e insultati dai compagni maghrebini e un rabbino ha rischiato il linciaggio, se le sinagoghe di Amsterdam Sud e Arnhem quasi vengono date alle fiamme e nelle manifestazioni anti-israeliane si moltiplicano gli slogan "gasare gli ebrei", vuol dire che nei Paesi Bassi si respira un'aria da notte dei cristalli, il primo pogrom nazista del 1938.
E proprio nella commemorazione di quest'ultimo, il 9 novembre scorso, il gruppo "antirazzista" Nederland Bekent Kleur è riuscito a fare altra propaganda anti-sionista, paragonando la sorte degli ebrei europei di allora, a quella dei palestinesi di oggi. Dimenticando le vittime ebraiche nell'Europa di oggi.
"Una sola direzione si offre loro: Israele", commenta Bloeme Evers-Emdem, sopravvissuta ad Auschwitz e rappresentante della comunità ebraica di Amsterdam. Almeno in Israele ci si può difendere, in Olanda, come sottolinea il rabbino Raphael Evers, il governo tollera un "antisemitismo latente".

(l'Opinione, 28 dicembre 2010)

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Ahmadinejad «convoca» il tedesco che si rifiutò di giocare contro Israele

Ashkan Dejagah
Per i tedeschi è un traditore, per gli iraniani un mercenario, ma per Ahmadinejad un eroe. Ashkan Dejagah, 26enne centrocampista del Wolfsburg, sta spaccando in tre il mondo del calcio sulla rotta Berlino-Teheran, con il rischio di scatenare l'ennesima bufera diplomatica tra i due paesi. Forse non siamo a livelli da Wikileaks, ma gli ingredienti per un repentino rientro a casa di ambasciatori o comunicati stampa di fuoco ci sarebbero davvero tutti.
Pomo della discordia un calciatore nato da genitori emigrati in Germania nel 1979 in piena rivoluzione khomeinista. Ashkan è cresciuto nell'Hertha di Berlino ed esploso con la maglia del Wolfsburg, fino a guadagnarsi un posto nell'Under 21 tedesca di Dieter Eilts, indossando la fascia di capitano di una nazionale che, come accaduto ai recenti mondiali Sudafricani, non sembra soffrire della sindrome multietnica. Quella che aveva tutti i contorni di una favola col finale annunciato da "tutti vissero felici e contenti", si è tramutata invece in un pasticcio in salsa mediorientale. Nell'ottobre del 2007 infatti Dejagah si è rifiutato di scendere in campo con la Nationalmannschaft a Tel Aviv contro Israele. «Non sono animato da ideologie naziste - si è giustificato - ma nel mio sangue scorre sangue arabo. Non ho alcuna intenzione di affrontare la squadra di un popolo che opprime la Palestina». La notizia ovviamente ha fatto il giro del mondo e la federcalcio tedesca l'ha escluso a tempo indeterminato da qualsiasi impegno internazionale. Per lo scorno di Joachim Löw che aveva in programma una promozione del virgulto di origini iraniane in vista della Coppa del Mondo a Johannesburg.
La storia sembrava ormai morta e sepolta, ma pochi giorni fa ci ha pensato Ahmadinejad a riaprire la ferita. Il presidente iraniano ha chiesto alla federazione iraniana di invitare Dejagah a far parte della squadra nazionale che a gennaio in Qatar disputerà la Coppa d'Asia. Una decisione, come capita sovente a quelle latitudini, maturata all'insaputa del ct Afshin Ghotbi, che pur stimando il giocatore avrebbe preferito rinunciare a facce nuove per non far saltare equilibri tattici costruiti in modo certosino negli ultimi due anni. Ashkan ha accettato di buon grado, e se in Germania la sua decisione è stata interpretata come gesto di sfida alla federazione che l'aveva emarginato, il regime di Ahmadinejad plaude all'arrivo del figliol prodigo che ha manifestato avversione per Israele e che al medesimo tempo è cittadino di quella Germania che a Teheran credono ancora in qualche maniera imparentata con i fantasmi dell'olocausto. Non a caso ai tempi del torneo iridato del 2006 l'Iran, attraverso un portavoce del governo, sottolineò l'entusiasmo per la trasferta in Germania con frasi molto ambigue. Ironia della sorte gli iraniani giocarono la prima partita contro il Messico a Norimberga, città tristemente legata a un processo che secondo il regime di Teheran non avrebbe dovuto celebrarsi.
Nell'Iran il centrocampista del Wolfsburg non è stato comunque accolto a braccia aperte. Giocatori come Nekounam, Karimi, Mahdavikia e Hashemian avevano infatti manifestato simpatie per il movimento capeggiato dal leader dell'opposizione Hossein Mousavi, indossando in alcune gare il celebre polsino verde dell'Onda. Per loro Dejagah è un mercenario, un opportunista che pur di guadagnarsi la vetrina internazionale non ha esitato a gettare ai rovi etica e patriottismo. Ahmadinejad ovviamente tira dritto per la sua strada, credendo non solo di aver rinforzato la nazionale, ma anche di aver creato quell'imbarazzo diplomatico nel quale sovente ci sguazza per fini personali e propagandistici.

(il Giornale, 28 dicembre 2010)

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Israele si lancia nel recupero energetico

Innowattech sta sperimento soluzioni alternative su treni e auto

Posizionamento di piastre piezo-elettriche su binari
ROMA - Una societa' israeliana, la Innowattech, sta sperimento soluzioni alternative sul recupero dell'energia dal manto stradale e dal traffico ferroviario.
Grazie alla progettazione e sperimentazione di piastre piezo-elettriche, denominate IPEG PAD, le ha dapprima inserite sotto il manto stradale per catturare energia dal transito dei veicoli e poi depositate anche lungo i tratti ferroviari.
Nel primo caso il risultato non e' stato esaltante anche se pare che un chilometro di una sola corsia di autostrada possa fornire fino a 100kW di elettricita', sufficiente a dare energia a circa 40 case. Il problema e' quello che, per raccogliere un'elevata quantita' di energia, ci sia bisogno di un traffico intenso e puo' risultare problematico il posizionamento dei generatori sotto grandi tratti di strada.
Nel caso, invece, della ferrovia il progetto della Innowattech, avviato con la Technion University e l'Israel Railway Company, e' possibile controllare maggiormente il traffico ferroviario, la frequenza delle sollecitazioni dovute al passaggio dei treni e valutare, cosi', i tratti dove e' piu' opportuno catturare energia.
Innowattech ha, quindi, deposto 32 IPEG PAD sui binari di alcuni tratti ferroviari per raccogliere le sollecitazioni meccaniche e convertirle in energia elettrica.
I primi risultati elaborati indicano che le aree soggette al passaggio di 10-20 treni l'ora sarebbero in grado di produrre fino 120 kWh nello stesso lasso di tempo. Questa elettricita' potrebbe, quindi, essere utilizzata dallo stesso convoglio o per alimentare la segnaletica, misurare la velocita' e il peso dei treni oppure per essere ceduta alla rete elettrica.

(ANSA, 27 dicembre 2010)

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Lieberman ribadisce: "Non credo alla pace"

Il ministro degli Esteri Israeliano Lieberman ha pubblicamente ribadito ieri di non credere a prospettive di pace ravvicinate con i Palestinesi, liquidando come "illegittima" l'Autorità nazionale palestinese (Anp) del presidente moderato, Abu Mazen, apertamente riconosciuta invece come interlocutrice dallo stesso premier, Benyamin Netanyahu.
Commentando di fronte a una platea di diplomatici israeliani la situazione di stallo delle trattative frutto della mediazione Usa, Lieberman (leader del partito ultranazionalista Israel Beitenu), si è detto convinto che l'attuale coalizione israeliana a maggioranza di destra non sia in condizione di presentare in questo momento una piattaforma negoziale "accettata da tutte le sue componenti"; ha aggiunto di ritenere che l'Anp non sia disposta oggi "a firmare un trattato di pace (con Israele) neppure se gli offrissimo Tel Aviv o il ritorno ai confini del 1947". Il ministro degli Esteri, al contrario, si è dichiarato a favore di "una politica del bastone e non solo della carota" con i palestinesi, definendo quello di Abu Mazen "un governo illegittimo, poiché non convoca le elezioni". Un governo, ha rincarato la dose, con cui "non si possono raggiungere accordi", visto che un domani esso potrebbe essere rimpiazzato dai radical-islamici di Hamas (al potere nell'enclave di Gaza). Lieberman - che in passato aveva manifestato identico scetticismo sui negoziati anche dinanzi all'Onu, in un discorso poi clamorosamente presentato da Netanyahu come espressione di posizioni "personali" e di partito - ha infine sentenziato che il conflitto israelo-palestinese potrà risolversi solo quando i due popoli avranno lo stesso reddito pro-capite.

(FocusMo, 27 dicembre 2010)

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(Guysen TV, 27 dicembre 2010)

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Fazioni palestinesi dicono 'no' all'ingresso nel governo di Hamas a Gaza

Tre fazioni palestinesi di Gaza hanno rifiutato l'invito di Hamas a entrare nel governo che controlla la Striscia di Gaza. Secondo quanto riporta il giornale arabo 'al-Hayat', le tre formazioni fanno parte dell'Olp e sono il Fronte popolare, il Fronte democratico e il Partito del popolo. In occasione del rimpasto del governo Hamas, preannunciato nei giorni scorsi dal premier Ismayl Haniye, il gruppo islamico ha invitato anche le altre fazioni, tranne al-Fatah, a entrare nell'esecutivo.
La richiesta è avvenuta nel corso di un vertice avvenuto dei giorni scorsi tra un emissario di Hamas e i leader delle tre formazioni. "Abbiamo informato Hamas di non voler entrare in questo governo - ha spiegato il dirigente del Partito del popolo, Jamil Mazhar - perché questo rafforzerebbe la divisione esistente tra i partiti palestinesi e minerebbe gli sforzi per il processo di riconciliazione tra Hamas e al-Fatah. Per noi la priorità in questo momento è la riconciliazione e l'unità palestinese". All'incontro ha preso parte anche un rappresentante della Jihad islamica. Il movimento, pero', non ha ancora dato una risposta ufficiale all'invito a entrare nell'esecutivo di Gaza.

(Adnkronos, 27 dicembre 2010)

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Israele - si fanno attendere gli aiuti da Washington

Lotte intestine tra democratici e repubblicani al Congresso americano stanno ritardando il pagamento dei tradizionali aiuti militari annuali di Washington a Israele. Gli aiuti previsti per l'anno fiscale 2011 (iniziato già a ottobre scorso) ammontano 3 miliardi di dollari, a cui vanno sommati ulteriori 415 milioni di finanziamenti per l'Iron Dome, il sistema di difesa anti-missile che dovrebbe contribuire a riparare il territorio israeliano dagli attacchi dei vicini più ostile e dell'Iran.
In totale, dunque, si arriva a 3.4 miliardi di dollari, una cifra record: mai prima gli Stati Uniti erano stati altrettanto generosi con lo Stato ebraico. Nel 2010, per esempio, gli americani avevano versato per le spese militari israeliane 2.4 miliardi di dollari. Ma tanta prodigalità per ora resta sulla carta. Di solito, gli aiuti militari vengono pagati all'inizio dell'anno fiscale; stavolta invece c'è stato un rinvio iniziale di tre mesi, poi diventati sei. Alla fine, lo Stato ebraico dovrebbe ricevere il denaro americano entro marzo 2011: un ritardo che ha già sortito alcuni effetti. Il primo, immediato, è stato la perdita di milioni di dollari d'interessi. Israele è l'unico Stato che riceve gli aiuti militari dalla Casa Bianca in un'unica rata, abitualmente versata entro trenta giorni da quando il presidente firma il budget. In teoria, gli aiuti per il 2011 avrebbero dovuto essere trasferiti su un conto americano della Banca d'Israele al più tardi già nei primi giorni di novembre: ma non è avvenuto, e la ragione è l'opposizione dei repubblicani a quello che secondo loro è uno «spendere incontrollato di denaro federale». Non è la prima volta che si verifica una situazione del genere; tuttavia, fonti a Washington e giornali israeliani reputano che questo ritardo sia solo un primo assaggio di quanto avverrà nei prossimi due anni in conseguenza della recente riconquista repubblicana della Camera dei Rappresentanti, uno dei due rami del Congresso. Gli oppositori di Obama hanno infatti già annunciato che, d'ora in avanti, il budget annuale sarà uno campo di battaglia in cui non si fanno prigionieri.

(FocusMo, 27 dicembre 2010)

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Niente giri di parole: quello della Fiom contro Israele è antisemitismo

Gli amici di Hamas in Italia

di Carlo Panella

"Occorre combattere ogni indizio di razzismo, e innanzitutto ogni rigurgito di antisemitismo, anche quando esso si travesta da antisionismo: perché antisionismo significa negazione della fonte ispiratrice dello Stato ebraico, delle ragioni della sua nascita ieri, e della sua sicurezza oggi, al di là dei governi che si alternano nella guida di Israele": questo dichiarò il presidente Giorgio Napolitano il 25 gennaio 2007. Parole chiare, nette, che oggi inchiodano pesantemente il vertice della Fiom che il 22 dicembre scorso ha assunto una posizione che gronda antisemitismo, proprio quella fattispecie di antisemitismo definita e condannata da Giorgio Napolitano.
Un antisemitismo che si caratterizza per la sua "negazione delle ragioni della sicurezza di Israele", aggravata dalla richiesta formale al governo italiano di "sospendere gli accordi commerciali e militari con Israele finché il suo Governo non rispetti il diritto internazionale e i diritti umani, metta fine agli insediamenti e all'assedio della popolazione di Gaza e che addirittura arriva al punto di minacciare "la sospensione delle relazioni sindacali con il sindacato israeliano Histadrut da parte di tutte le sedi sindacali internazionali", nel caso continui a non rispettare i principi del sindacalismo europeo(indipendenza, democrazia, diritti umani e del lavoro). Frasi e concetti che ci rappresentano una Fiom in preda ad un delirio antisionista e antisemita (nella versione perfettamente definita da Napolitano), che naturalmente non si interessa minimamente dei 40 missili lanciati nell'ultima settimana da miliziani islamici da Gaza contro la città israeliana di Ashkelon, per colpire i cittadini e i lavoratori israeliani (naturalmente iscritti alla Histadrut)....

(l'Occidentale, 27 dicembre 2010)

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Giorgio Perlasca, eroe ai tempi del nazismo.

Nella Budapest della Seconda Guerra Mondiale, un italiano braccato dal regime nazista decide di dedicare le sue energie alla salvezza degli ebrei fingendosi quello che non è, un diplomatico del governo di Spagna. La faccia tosta, la grinta e il coraggio, gli permettono di muoversi con disinvolutra tra gerarchi nazisti e altri rapresentanti politici. Tra spargimenti di sangue e bugie ben architettate riuscirà così a intrecciare il suo destino con quello di tantissimo condannati.
La storia lo ricorda con il nome di Jorge Perlasca mentre per Israele è un Giusto delle Nazioni.
Ma per tutti sarà Giorgio Perlasca, un uomo comune. Un racconto a fumetti che ripercorre la vita dell'italiano che, durante il periodo della barbarie nazista, ha salvato migliaia di ebrei, rischiando la propria vita.
La sceneggiatura di Marco Sonseri e i disegni di Ennio Bufi, si avvalgono del materiale documentativo e dell'approvazione della Fondazione Giorgio Perlasca.
Così Renoir Comics ci riporterà indietro nel tempo per rivivere le gesta di un eroe tutto italiano, che dalla memoria storica ritorna in un fumetto ottimamente realizzato.

(blogosfere, 27 dicembre 2010)

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Gerusalemme, una legge sul packaging potrebbe ridurne il peso ambientale

Una proposta di legge israeliana punta al riciclaggio del packaging direttamente a partire da produttori e distributori. Con un limite annuo del 60% se venisse approvata la legge entrerebbe in vigore da marzo 2011

Ridurre involucri e packaging per far scendere il volume delle discariche e la mole dei rifiuti da gestire. Per questo la commissione economica del Knesset, il parlamento israeliano, ha recentemente proposto una legge che dovrà passare alla seconda e terza lettura prima entrare in vigore, ma che una volta in vigor potrebbe dare una mano risolutiva al problema.
Importatori e produttori, grazie alla nuova normativa, potrebbero divenire, dal primo marzo 2011, i primi a intervenire sulla questione rifiuti venendo obbligati a raggiungere progressivamente la percentuale di riciclaggio del 60% sul volume totale degli imballaggi che vendono annualmente.
Il disegno di legge prevede inoltre che gli enti locali siano tenuti a stabilire regole a favore di una prima differenziata, richiedono che i rifiuti vengano separati in "secco" e "organico"; il ministero della protezione ambientale sovvenzionerà i vari enti per la realizzazione di apposite infrastrutture di raccolta e riciclaggio provvedendo anche a predisporre multe nei confronti dei trasgressori. Con la nuova legge i cittadini entrerebbero finalmente a far parte del meccanismo di riciclaggio, iniziando la separazione dei materiali direttamente in casa; il Ministero di protezione ambientale fornirà contenitori per la raccolta e la differenziazione dei materiali anche all'interno degli uffici degli enti locali. Carta, vetro, plastica e metalli dovranno però essere trattati separatamente direttamente dai commercianti e dai distributori che saranno chiamati a riciclare o riutilizzare per l'appunto almeno il 60% del peso totale degli imballaggi venduti ogni anno con specifici obiettivi da rispettare, diversi per ogni materiale.
La fase finale della normativa entrerà comunque in vigore nel 2020, quando la legge richiederà di riciclare e riutilizzare il 100% dei materiali.

(Rinnovabili.it, 27 dicembre 2010)

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Gino Bartali nascose dai nazisti una famiglia di Fiume

Nuova testimonianza raccolta dal mensile 'Pagine ebraiche'

Gino Bartali aiutò una famiglia ebrea a nascondersi a Firenze durante l'occupazione nazista. Lo rivela un articolo che sarà pubblicato nel numero di gennaio 2011 di "Pagine Ebraiche", il mensile dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane diretto da Guido Vitale, che raccoglie la testimonianza di Giorgio Goldenberg, 78enne ebreo di origine fiumana, che, bambino insieme alla sua famiglia, trovò rifugio nella cantina fiorentina del popolare campione di ciclismo allora trentenne. Era già nota l'azione di Bartali-corriere clandestino che portava documenti falsi e da falsificare per gli ebrei nascosti nel Centro Italia ma nulla si sapeva di un suo coinvolgimento ancora più diretto nell'opera di nascondimento dei perseguitati. "La cantina - spiega Giorgio - era molto piccola. Una porta dava su un cortile ma non potevo uscire perché avrei corso il rischio di farmi vedere dagli inquilini dei palazzi adiacenti. Dormivamo in quattro in un letto matrimoniale: io, il babbo, la mamma e mia sorella Tea. Non so dove i miei genitori trovassero il cibo. Ricordo solo che il babbo non usciva mai da quella cantina mentre mia madre usciva con due secchi a prendere acqua da qualche pozzo". "Commosso" da queste rivelazioni Andrea Bartali, presidente e anima della Fondazione Gino Bartali onlus. "È una notizia bellissima che dimostra ancora una volta il grande cuore di mio padre e che spero ci aiuti a piantare presto questo benedetto albero in Israele". Si tratta della battaglia lanciata su Pagine Ebraiche in primavera per raccogliere testimonianze utili per piantare un albero in onore di Gino Bartali allo Yad Vashem, uno dei luoghi della Memoria più sacri per il popolo ebraico.

(Apcom, 27 dicembre 2010)

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Persecuzioni nell'indifferenza: gli islamici uccidono i cristiani

di Gian Micalessin

In Nigeria, Filippine e Irak massacri e brutali aggressioni. E il disegno terroristico degli integralisti va avanti. Frattini convoca l'ambasciatore nigeriano: "Fermare la strage"

È stato un Natale di minacce, morte e sangue. È stato il triste e tragico natale dei Cristiani perseguitati di Nigeria, Filippine e Irak. È stato il Natale della rappresaglia messa a segno da un estremismo fondamentalista sempre più isolato e sempre più impotente, ma sempre più spietato nei confronti di deboli e inermi. Un terrore integralista ormai incapace di colpire Stati Uniti ed Europa, ma deciso a rifarsi perseguitando le minoranze cristiane di Medio Oriente, Africa e Asia identificate dalla propaganda radicale come simboli dell'identità religiosa e culturale dell'Occidente. In questo clima il Natale diventa per gli invasati dell'Islam il giorno delle vendette e della rappresaglie....

(il Giornale, 27 dicembre 2010)

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Babbo Natale e il nostro disagio

di Ugo Volli

E' un sentimento condiviso, mi sembra, anche se non ne parliamo: durante le feste che concludono l'anno civile, si sente un disagio ebraico. Non certo per la festività cristiana, io credo, che tutti quanti sappiamo rispettare senza difficoltà, senza condividerla ma senza provare per essa sentimenti negativi. A turbarci non è certo la nascita e la circoncisione avvenute venti secoli fa di un bimbo ebreo che i cristiani venerano come messia e terza "persona" della divinità [seconda, per la precisione, ndr]. Siamo ovviamente in disaccordo sul punto teologico, ma su quello psicologico ci sentiamo gentilmente estranei, non coinvolti, amichevolmente lontani. E naturalmente rispettosi, perché il Cristianesimo è un grande fenomeno religioso che sarebbe poco sensato non considerare seriamente anche in occasione delle sue feste più solenni.
Ci sono invece altri fatti ricorrenti che invece ci riguardano per forza, cui però non possiamo sfuggire come abitanti di questo paese o semplicemente del mondo occidentale. Elementi poco o nulla religiosi, e molto invece rilevanti nella sfera delle relazioni interpersonali e dei consumi. Le luminarie, gli abeti, le zampogne, i messaggi di auguri, le vetrine illuminate e strapiene di merci. E naturalmente per la
corsa ai regali, i cartoncini di auguri, le mutande rosse che negli ultimi anni sembrano diventate obbligatorie per i giovani a capodanno. Gli oroscopi del nuovo anno, superstizione intorno alla superstizione. Il consumo di cibi lussuosi e poco sani. Lo champagne.
E ancora quelle strane creature mitiche che sono i babbi Natali: bizzarra trasformazione, dicono gli storici di un mitico hagios Nikolaos - letteralmente santo vincitore del popolo, forse mai esistito forse vescovo di Myra in Licia - in San Nicola "da Bari", San Nicola il grande, San Niccolò, Sinterclass, Santa Klaus, Santa e basta, Weinnachtman, Pére Noel; passato in ultimo negli anni Trenta dal tradizionale verde alla divisa della pubblicità della Coca Cola) e ormai diffuso in tutto il mondo.
In un delizioso articolo sul tema, scritto giusto sessant'anni fa, Claude Lévi Strauss definiva il vecchio dalla barba bianca trasportato dalle renne "un re" in quanto "è vestito di scarlatto" e spiegava che "non è un essere mitico, poiché non c'è mito che renda conto della sua origine e delle sue funzioni; e non è nemmeno un personaggio di leggenda, poiché non è collegato a nessun racconto semistorico. Appartiene piuttosto alla famiglia delle divinità. E' la divinità di una sola fascia di età della nostra società e la sola differenza tra Babbo Natale e una vera divinità è che gli adulti non credono in lui, benché incoraggino i propri figli a crederci." ("Babbo Natale giustiziato", Sellerio Editore, Palermo)
Tutta questa - diciamo - sfrenata creatività paganeggiante si prolunga in quella che circonda capodanno, che sarebbe la festa della circoncisione di Gesù, ma è festeggiata con pupazzi di "vecchie" bruciate, stoviglie scaraventate in strada, conti alla rovescia collettivi, obbligo in certi ambienti di ubriacatura e sesso propiziatorio, abbigliamenti bizzarri (una cosa nuova, una cosavecchia, una cosa rossa, ecc.) e poi ancora con l'Epifania, "l'apparizione", trasformata linguisticamente nella "Befana" e miticamente in una vecchia semidivinità stregonesca, che scende dai camini e porta carbone. E' un fatto strano ma certo che questi strani riti o superstizioni non imbarazzano più che tanto i buoni cristiani i quali potrebbero a buon diritto sentirle come una dissacrazione della loro fede; ma all'ebreo medio creano più di qualche problema, un senso di estraneità, un disagio.
Come rispondere ai gentili auguri degli amici, senza far troppo i pedanti e dire "grazie ma io non ci credo", e però neppure assimilarci a quelle che a noi paiono bizzarre superstizioni? Come non contraccambiare il clima benevolo e augurante senza fare i guastafeste? Certo, dal delirio consumistico è facile star lontani (anche se un certo contagio ci è arrivato con i "mercatini di Hannukka). Ed è ovvio per un ebreo rispettare ma non prendere parte alle cerimonie religiose vere, come le messe di mezzanotte. E' certamente educato fare gli auguri ai cristiani, come loro li fanno a noi per le nostre feste.
Ma di fronte alla dimensione civile, collettiva e coinvolgente, apparentemente non religiosa, del cambiamento di data che ogni anno dovrebbe rinnovare il mondo e migliorarlo, come sosteneva il venditore d'almanacchi di Leopardi, come evitare di augurare ad amici e colleghi "buon anno commerciale", come facevano i nostri nonni, e magari accettare di divertirsi molto laicamente come fanno tutti intorno a noi? Di guardare i fuochi d'artificio, essere coinvolti nell'attesa televisiva di mezzanotte, di stare in compagnia? Se non vanno in Israele, come molti preferiscono, è quel che capita, io credo, a una buona parte degli ebrei italiani e occidentali. Non spetta certamente a me giudicare i gradi di questi compromessi. Ma io sento che comunque il disagio resta - segno di una distanza rispetto a uno dei momenti più comunitari e indifferenziati, più rituali e "antichi" dunque, della società in cui viviamo. E penso che questo disagio sia una buona cosa, perché ci rimanda alla nostra differenza e alla nostra identità.

(Notiziario Ucei, 26 dicembre 2010)


Ci sono cristiani che davanti alle manifestazioni folcloristiche e paganeggianti di questi giorni provano un senso di disagio forse ancora più marcato del disagio ebraico qui espresso, proprio perché sono cristiani. E volendo esserlo seriamente, il riferimento latente di questi spettacoli alla persona di Gesù non può essere da loro risolto con un atteggiamento di educato e rispettoso distacco. Sono una minoranza, è vero, e quindi non sono facilmente rintracciabili sui quotidiani o sui libri di storia. Ma ci sono. M.C.

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A Betlemme presenza record di pellegrini per il Natale

Anp ne ha stimate 90mila, ma saranno superiori; hotel esauriti

BETLEMME, 25 dic. - Betlemme ha accolto un numero record di pellegrini, mentre migliaia di fedeli celebrano il Natale oggi in questa città, che secondo i vangeli cristiani ha visto nascere Gesù Cristo. Lo hanno annunciato responsabili palestinesi.
Le presenze potrebbero essere addirittura più numerose rispetto alle 90mila previste dall'Anp (Autorità nazionale palestinese). "E' il primo anno che Betlemme ospita così tante persone", ha dichiarato un responsabile di questa città della Cisgiordania occupata, George Saade, che ha precisato tuttavia che le cifre esatte non sono ancora disponibili. L'esercito israeliano, presente sui principali posti di controllo che conducono alla città palestinese, non disponeva di cifre.
Sulla scia della seconda Intifada, iniziata nel 2000, il timore di una ripresa delle violenze ha tenuto i turisti a distanza, lasciando Betlemme deserta per molti anni in concomitanza con il Natale. Nel 2010, invece, la città ha accolto quasi un milione e mezzo di ospiti; e la Terra santa nel suo complesso oltre 3 milioni, una cifra record, secondo le statistiche palestinesi. Per Betlemme, è il terzo Natale di fila con un numero record. Secondo le autorità, i 24 alberghi della città mostrano tutti il cartello tutto esaurito.
Le autorità israeliane hanno d'altra parte deciso di concedere autorizzazioni speciali ai cristiani palestinesi dei territori occupati (7mila) e di Gaza (500) per permettere loro di andare a Betlemme o di visitare le loro famiglie che vivono in zone di solito vietate. E per la prima volta, Israele ha autorizzato 200 cristiani originari di Paesi arabi, con i quali lo stato ebraico non intrattiene relazioni diplomatiche (eccetto Egitto e Giordania), a penetrare sul territorio israeliano attraverso la frontiera giordana.

(Apcom, 25 dicembre 2010)

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Il vescovo del Pireo attacca ebrei e sionismo

Il Metropolita ortodosso del Pireo, Seraphim, ha sferrato un aspro attacco contro gli ebrei e il sionismo internazionale accusandoli di aver finanziato Hitler, di essere dietro la crisi mondiale e di puntare alla distruzione degli stati nazionali. Esplode la polemica

ATENE - Il Metropolita ortodosso del Pireo, Seraphim, ha sferrato un aspro attacco contro gli ebrei e il sionismo internazionale accusandoli, in dichiarazioni citate dai media, di aver finanziato Hitler, di essere dietro la crisi mondiale e di puntare alla distruzione degli stati nazionali.
Le affermazioni del tradizionalista Seraphim, durante una trasmissione tv, sono parse persino negare l'Olocausto e hanno suscitato una indignata levata di scudi da parte di tutte le forze politiche che hanno chiesto ai vertici della Chiesa ortodossa di intervenire.
Il portavoce del governo Giorgio Petalotis, citato dall'agenzia Ana, ha definito "inaccettabili" le affermazioni del Metropolita che "negano l'Olocausto, il più grande crimine dell'umanita" e che sono "un insulto alla Grecia e alla sua cultura" di cui "la comunità ebraica è parte integrante".
Seraphim, citato dai media sostiene che Hitler e il nazismo farebbero parte dello sforzo del sionismo mondiale e sarebbero stati "sponsorizzati dalla famosa famiglia Rotschild" al solo scopo di "persuadere gli ebrei a lasciare l'Europa e creare un nuovo impero in Palestina". Secondo Seraphim "il sistema mondiale è basato su un sistema finanziario dominato dal sionismo internazionale, dai Rockefeller, dai Rotschilds, dai Soros e molti altri".
Di fronte alle reazioni, anche internazionali, Seraphim ha smentito di voler negare l'Olocausto e sottolineando che quanto da lui detto è "il suo punto di vista personale".

(il Giornale, 24 dicembre 2010)

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La comunità cristiana in Israele è di 143mila persone

GERUSALEMME, 24 dic. - Israele ospita una comunità di 143.000 cristiani, pari a circa il 2% della popolazione totale, secondo i dati pubblicati oggi dall'Ufficio statistico di Gerusalemme in occasione del Natale. Circa l'80% sono degli arabi e più di altri 28.000 sono parenti di ebrei immigrati in Israele dall'ex Urss all'inizio degli anni Novanta grazie alla Legge del ritorno. Quest'ultima consente agli ebrei della diaspora e ai loro congiunti e parenti prossimi di immigrare in Israele e di ottenerne la nazionalità. La percentuale di cristiani in Israele è calata dal 1948, anno della creazione dello Stato ebraico, ma è relativamente costante dagli anni Settanta. Nel 1948 rappresentavano il 2,9% della popolazione, nel 1972 il 2,3% e il 2,1% nel 2009. Il loro tasso di fecondità è di due figli per famiglia, leggermente inferiore a quello della popolazione ebraica (2,2) ma nettamente più basso di quello della popolazione musulmana (3 bambini per famiglia). La popolazione israeliana (ad eccezione di Gerusalemme est dove vivono circa 10.000 cristiani) ha superato i 7,2 milioni di abitanti, secondo le statistiche ufficiali di settembre

(Apcom, 24 dicembre 2010)

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Arafat: «Gesù è stato il primo shadid palestinese »




Arafat ha detto che Gesù era un palestinese. Autore palestinese e conduttore della TV sono d'accordo.
Autore: «Il presidente shadid [martire] Yasser Arafat usava dire che Gesù è stato il primo shadid palestinese. Gliel'ho sentito dire diverse volte
Conduttore TV: «Lui [Gesù] era un palestinese, nessuno lo nega.»
Autore: «Lui [Gesù] è stato il primo shadid palestinese. In altre parole, lui [Arafat] attribuiva anche questa shadada [martirio] alla Palestina».

(Palestinian Media Watch, dicembre 2010 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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Hamas dietro il traffico di profughi africani

L'inchiesta di una Ong italiana

di Anna Momigliano

Trafficanti di uomini senza scrupoli che trasportano come bestie, e facendosi pagare profumatamente, disperati in fuga da Paesi come l'Eritrea il Sudan, la Somalia e l'Etiopia. Obiettivo: raggiungere Israele, isola di relativa stabilità, attraverso l'Egitto o Gaza.
Dietro questo traffico di uomini, donne e bambini, oltre ai mafiosi di turno, ci sono anche organizzazioni islamiste come Hamas e i Fratelli Musulmani, che vanno così a rimpinguare il loro budget. Insomma: denaro sporco derivato dal traffico di esseri umani che va a finanziare attività terroristiche.
A denunciarlo è un'inchiesta dell'Ong italiana EveryOne, che sta seguendo da tempo la vicenda della detenzione arbitraria a Rafah (Sinai del Nord, Egitto) di oltre 250 profughi eritrei, sudanesi, somali ed etiopi da parte dei trafficanti legati ad Hamas. Panorama.it ha intervistato il direttore di EveryOne, Roberto Malini, per capire più a fondo come funziona questo traffico.

- La sua associazione EveryOne ha denunciato il traffico di profughi africani tra l'Egitto e Israele da parte di bande di criminali legate a gruppi terroristi, quali Hamas e i Fratelli Musulmani. Come funziona il giro?
  E' una rete molto potente e ramificata, con collegamenti e presenze su tutti i confini del Nord Africa, il cui braccio sono bande di criminali appartenenti a tribù beduine, di cui la più importante è quella dei Rashaida, distribuiti in Egitto e Libia, Eritrea, Sudan e Arabia Saudita. Queste organizzazioni criminali, che dispongono di tecnologia e moderni mezzi di trasporto, sono strettamente legate ai movimenti armati jihaidisti - come Hamas - e alla mafia araba che li sostiene, a partire dalla Fratelli Musulmani, il cui giro d'affari criminali non è inferiore a quello della mafia cinese, della mafia italiana e della mafia russa. Se si tiene conto che migliaia di profughi cadono ogni anno nelle mani dei trafficanti, e che per ognuno di questi infelici viene pagato un riscatto che in media raggiunge i 5.000 dollari, ci si può rendere conto di quale interesse vi sia in quest'odiosa attività criminosa.

- E Hamas controlla il traffico nel Sinai, giusto?
  Esatto. Nel Sinai la gestione del traffico di esseri umani è di Hamas, che controlla i tunnel che dalla Rafah egizia sbucano in quella dei Territori. E' un giro remunerativo che finanzia attività terroristiche. Quello che sorprende è come alcuni personaggi legati al traffico di profughi eritrei, etiopi e sudanesi, come l'etiope Fatawi Mahari,circolino impunemente, portando con sé centinaia di migliaia di dollari in contanti, fra Territori, Egitto e anche Israele. Vengono indagati, a volte anche arrestati, ma dopo pochi giorni di detenzione, tornano a piede libero e continuano con i loro crimini.

- Come funziona il traffico di eritrei che vogliono raggiungere Israele?
  I trafficanti radunano gruppi di 200/250 profughi provenienti dalla Libia, che versano subito 2.000 dollari a persona per raggiungere Israele, dove hanno intenzione di chiedere asilo. In pieno deserto, a un certo punto del viaggio, i predoni comunicano ai migranti che quella somma non basta più, che servono altri 8.000 dollari per raggiungere i confini israeliani. I profughi sono ridotti a questo punto in schiavitù. Ad alcuni di loro vengono lasciati i cellulari, in modo che possano chiamare i familiari in Europa o in patria, per chiedere di inviare con un'agenzia di money transfer la somma necessaria a riacquistare la libertà ed essere condotti al confine con lo Stato di Israele. Solo in pochi possono pagare, così cominciano le torture, i pestaggi, gli stupri di donne e bambini. Per evitare le violenze, i parenti dei prigionieri continuano a effettuare versamenti: ora 300 dollari, ora 500, ora 1.000. Alcuni degli schiavi vengono assassinati a sangue freddo e i loro corpi destinati al mercato degli organi. Così i trafficanti fanno capire alle loro vittime che fanno sul serio. La detenzione può durare mesi e chi non riesce a saldare il debito, viene portato in un laboratorio clandestino, nel quale gli saranno espiantati i reni. La giovani donne, divise dagli uomini, subiscono stupri quotidiani, anche dieci al giorno.

- Alla fine ce la fa solo chi paga il riscatto…
  Solo chi paga i 10 mila dollari viene condotto in Palestina attraverso i tunnel che uniscono le due Rafah e di lì al confine israeliano. Molti profughi, nel periodo di detenzione e torture, scompaiono nel nulla.

- Attualmente ci sono 250 migranti eritrei, sudanesi, somali ed etiopi detenuti nelle prigioni egiziane nei pressi del confine di Rafah. Che cosa fanno le autorità egiziane davanti a questa emergenza?
  Dopo la campagna che abbiamo condotto insieme all'Agenzia Habeshia di Don Mussiè Zerai e a una rete di ong per i diritti umani, il governo ha cominciato a interessarsi, sia direttamente sia tramite alcune delle sue ambasciate nell'Unione europea, del problema relativo ai trafficanti di esseri umani nel Sinai. Ma a tutt'oggi però non ci risulta che le forze dell'ordine si siano recate, neanche per un sopralluogo, nelle località che abbiamo indicato loro.

- E le autorità israeliane hanno qualche ruolo nella gestione dell'emergenza?
  Israele, con l'intervento dei Medici per i Diritti Umani e con le posizioni dei principali quotidiani (che hanno rivelato particolari raccapriccianti riguardo al traffico di migranti fra le due Rafah), ha offerto un contributo fondamentale al lavoro delle ong in questa campagna per salvare i 250 migranti. E' necessario però che il governo dello Stato di Israele compia passi significativi nei confronti del governo egiziano, offrendo il supporto dei suoi servizi di sicurezza e le informazioni in suo possesso. Contemporaneamente, anche l'Autorità Palestinese dovrebbe intervenire contro le attività aberranti che Hamas conduce, attività che sono ormai fuori dai limiti di qualsiasi progeto civile.

(Panorama, 24 dicembre 2010)

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Colpo di mortaio da Gaza verso Israele

Da domenica scorsa sono arrivati in territorio israeliano 23 colpi di mortaio e tre razzi, uno dei quali ha ferito una ragazza vicino all'asilo di un kibbutz.

GERUSALEMME - Militanti palestinesi hanno sparato un colpo di mortaio dalla Striscia di Gaza verso il sud di Israele, che e' finito in un campo disabitato a Eshkol.
Da domenica scorsa da Gaza, territorio controllato da Hamas, sono arrivati in territorio israeliano 23 colpi di mortaio e tre razzi, uno dei quali ha ferito una ragazza vicino all'asilo di un kibbutz.
Il 18 dicembre in un raid dei caccia israeliani erano stati uccisi cinque militanti che si apprestavano a lanciare un razzo verso Israele.

(RaiNews24, 24 dicembre 2010)

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Hamas: impegnati per la tregua con Israele

GAZA - Hamas ha detto oggi di voler disinnescare le tensioni con Israele delle ultime settimane e ha ripetuto il proprio desidero di una tregua reciproca.
Israele e Hamas hanno combattuto una guerra di tre settimane nella Striscia di Gaza due anni fa e da allora ci sono stati diversi lanci di razzi lungo il confine.
I militanti palestinesi hanno sparato 26 razzi e colpi di mortaio su Israele questa settimana, compreso uno esploso vicino ad un asilo.
Davanti ad una folla di sostenitori nella zona meridionale di Gaza dopo le preghiere del venerdì, il leader Mahmoud Al-Zahar ha detto che Hamas si impegnerà per un cessate il fuoco se Israele lo rispetterà.
Zahar ha aggiunto che Hamas e altre fazioni sono impegnate in un accordo per fermare i lanci di razzi in Israele, anche se gruppi minori continuano con gli attacchi.
Anche stamani un razzo sparato da Gaza è caduto in Israele.
"Siamo impegnati nella moderazione, se non ci saranno oppressione e aggressione", ha detto Zahar.
Hamas, il cui statuto chiede la distruzione di Israele, ha già detto in passato di essere d'accordo per una tregua a lungo termine.
Un portavoce del ministero degli Esteri israeliano ha detto che le intenzioni dichiarate Zahar saranno messe alla prova sul campo. "Hamas ha portato all'escalation della situazione, ora può disinnescarla semplicemente fermando il lancio di razzi", ha detto Yigal Palmor.
Le Nazioni unite hanno detto ieri che entrambe le parti hanno indicato la volontà di ridurre le tensioni a Gaza.

(Reuters, 24 dicembre 2010)

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Ok allo status di rifugiato per un cristiano perseguitato dall'islam

Va riconosciuto lo status di rifugiato a chi, per la sua fede cristiana, teme vessazioni nel proprio Paese sottoposto, invece, all'egemonia di gruppi praticanti la sharia islamica. Lo sottolinea la Cassazione, accogliendo il ricorso di un cittadino nigeriano, giunto in Italia nel 2002 e da allora invocante la protezione internazionale. L'uomo si era visto negare tale tutela dalla Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato e i suoi ricorsi, presentati prima al tribunale poi alla Corte d'appello di Torino, erano stati sempre respinti: secondo i giudici del merito, non vi erano prove nè del pericolo di vessazioni a cui l'uomo poteva essere esposto, nè del fatto che lo Stato della Nigeria impedisse deliberatamente la libertà di culto. Per la Suprema Corte (prima sezione civile, sentenza n.26056) va, invece, accolta la domanda del nigeriano: non incombe sul richiedente asilo, si legge nella sentenza, la "sussistenza del 'fumus persecutionis' a suo danno nel Paese d'origine, là dove la condizione di persecuzione di opinioni, abitudini, pratiche doveva essere appurata sulla base di informazioni esterne e oggettive afferenti il Paese di origine e solo la riferibilità specifica al richiedente poteva essere fondata anche su elementi di valutazione personali, quali, tra i tanti, la credibilita' delle affermazioni dell'interessato", a differenza di quanto sostenuto dai giudici d'appello. Inoltre, "ritenere molteplici e contraddittorie le prime affermazioni" rilasciate dall'immigrato, "per le quali la fuga dal Paese a prevalenza islamica fosse dipesa dal timore, per il deducente di fede cristiana, di essere arrestato e processato senza garanzie, rispetto a quelle rese alla Commissione, per le quali la fuga era dettata dalla speranza di trovare migliori condizioni di vita civile e democratica - osservano i giudici di 'Palazzaccio' - è una affermazione la cui illogicità è evidente, essendo la scelta di un paese civile e democratico nulla più che lo sbocco obbligato per chi decide la fuga da un regime oppressivo". La Corte d'appello di Torino, quindi, sulla base dei principi espressi dalla Cassazione, dovrà riesaminare il caso.

(IMGPress, 24 dicembre 2010)

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Sumitomo (SHI) Demag in Israele

Siglato accordo di distribuzione con Asaf Industries

Nata dalla fusione tra le attività nelle presse ad iniezione di Sumitomo Heavy Industries (SHI) e quelle di Demag Plastics Group, la società tedesca Sumitomo (SHI) Demag nei suoi primi due anni di vita ha rafforzato la rete commerciale, ampliando la presenza sui mercati internazionali.
Agenzia in Israele. L'ultimo tassello di questo mosaico è lo stato di Israele, dove le prese del costruttore nippo-germanico saranno vendute da Asaf Industries, agenzia di rappresentanza nel settore delle materie plastiche fondata nel 1986 e già attiva nella distribuzione di canali caldi, componenti per stampi e attrezzature periferiche. La società, forte di sei tecnici, è anche in grado di fornire servizi di assistenza ai trasformatori.
Economia in ripresa. L'interesse di Sumitomo (SHI) Demag è rivolto in modo particolare ai settori del medicale, imballaggio e giocattoli, dove sono attivi nel paese numerosi stampatori. L'industria israeliana è oggi in una fase di ripresa, dopo aver accusato lo scorso anno - come tutte le principali economie occidentali - la crisi economica. Nel 2009, gli investimenti dell'industria locale in macchine e impianti hanno subìto un tracollo del 37% e le importazioni di beni d'investimento sono scese di oltre il 20%.

(Polimerica, 24 dicembre 2010)

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Israele: soddisfatti o rimborsati

La Commissione economica del Parlamento israeliano (Knesset), ha annunciato l'entrata in vigore di una nuova normativa che gestisce il rimborso di articoli acquistati in negozi e catene distributive. Trattasi di un vera e propria rivoluzione per i consumatori israeliani, poichè fino ad ora era possibile solamente restituire i beni acquistati e ricevere un credito equivalente alla cifra spesa.
Il regolamento consentirà ai consumatori di restituire un prodotto o servizio acquistato, entro 14 giorni dal giorno d'acquisto, a condizione che il prodotto non sia stato utilizzato. La normativa si riferisce a prodotti e servizi il cui valore supera i 50 shekel (circa €11). Da notare, inoltre, che il rimborso prevede una penale equivalente al 5% del valore prodotto/servizio, nel caso la transazione venga cancellata. Il presidente della commissione Ofir Akunis, ha dichiarato che la nuova normativa applicata è in linea con le normative vigenti nei paesi occidentali più avanzati, dove è consuetudine ricevere un rimborso quando il consumatore cambia idea e vuole ricevere indietro il suo denaro.

(FocusMo, 23 dicembre 2010)

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Gideon Meir: il monte Carmelo tornerà più verde di prima

ROMA, 23 dic - ''Il Carmelo, suggestivo promontorio citato nella Bibbia che ospita una riserva naturale affacciata sulla baia di Haifa e dominata da un santuario cattolico luogo santo fra i piu' visitati d'Israele, tornera' a nuova vita piu' verde di prima''. Queste le parole dell'ambasciatore israeliano Gideon Meir, che ha ospitato nella sua residenza romana dei Parioli oltre 150 invitati, per il cocktail di ringraziamento e sostegno dell'iniziativa promosso dal Kkl (Keren Kayemeth Leisrael), l'associazione ambientale israeliana che e' stata incaricata dal Governo locale di far tornare a nuova vita la vasta area danneggiata.
''E' un duro colpo al cuore per chi come noi piange le oltre 40 vittime e ha piantato oltre 260milioni di alberi nei decenni passati'', ha sottolineato Raffaele Sassun, presidente italiano del Kkl, che vanta decine di sedi internazionali nel mondo. ''Siamo mobilitati, ma c'e' bisogno ora dell'aiuto di tutti, anche minimo della generosita' di chi ha a cuore un luogo simbolico per la religione ebraica e cattolica. Ci vorranno dai 20 ai 40 anni per ritornare alla situazione preesistente. Pensate agli alberi secolari andati in fumo, agli animali rimasti imprigionati, alla splendida riserva naturale vero orgoglio del paese. Lo Stato d'Israele ha demandato solo al Kkl l'opera di forestazione e di ripristino dell'area verde''. ''Sono disponibili vari canali e l'obiettivo e' l'immediata ricostruzione attraverso le offerte provenienti dagli uffici del Kkl in tutto il mondo per ricostruire quanto perduto. Siamo addolorati per le vittime morte in questa circostanza. Ma ancora una volta dimostreremo di poter tornare a nuova vita, con l'aiuto di tutti gli uomini di buona volonta', senza distinzioni di religione o colori politici''. ''Desideriamo ringraziare il Governo Italiano, la Protezione Civile e l'Aeronautica Militare, per l'invio dei soccorsi in tempo utile donati dallo Stato italiano. Con il dolore dentro il cuore sappiamo che abbiamo davanti una sfida che durera' decenni, unitevi a questo sforzo immane valutato circa 500 milioni di euro e partecipate con una donazione. Noi del KKL Italia vi siamo grati insieme all'ambasciatore Meir, a sua moglie Amira e al direttore dell'El Al Yechiel Eyni''.
L'ambasciatore Meir e Sassun, ricordando le parole di Winston Churchill a Meir Dizengoff, nel 1920 sindaco di Tel Aviv, hanno poi consegnato quattro certificati di ringraziamento del governo d'Israele ai rappresentanti delle forze armate e delle istituzioni presenti. Destinatari l'esecutivo, la Protezione civile e l'aeronautica militare.
Presenti il generale di Squadra Aerea Maurizio Lodovisi, il diplomatico Fabio Sokolowicz per il governo, il generale Luciano Massetti direttore generale attivita' aeronautica del dipartimento della Protezione civile.

(ASCA, 23 dicembre 2010)

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Netanyahu: Israele non è un ostacolo per la pace

Il primo ministro israeliano: l'Iran è il principale problema

ROMA, 23 dic. - Per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu il mondo sta cominciando a capire che non è Israele l'ostacolo per la pace in Medio Oriente. Lo riporta il sito web del quotidiano israeliano Haaretz. Le principali cause dei mancati progressi nel processo di pace - ha dichiarato Netanyahu durante un incontro con la stampa - sono l'influenza dell'Iran nella regione e le divisioni interne in al Fatah, il partito del presidente palestinese Abu Mazen.
Il primo ministro ha quindi affermato che il mondo sa che il principale problema del Medio Oriente è rappresentato dalle ambizioni nucleari dell'Iran e non il conflitto istraelo-palestinese.

(Apcom, 23 dicembre 2010)

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Berlusconi: finanziai Arafat convinto che fosse l'uomo giusto per la pace

ROMA, 23 dic. - Quella del Medio Oriente ''e' una ferita aperta''. Lo sostiene Silvio Berlusconi nella conferenza stampa di fine anno spiegando che ''mi occupo di Medio Oriente da trent'anni e gia' allora cercai di dare una spinta ad un accordo tra Israele e Palestina finanziando Arafat, di cui sono stato amico, perche' speravo fosse l'uomo giusto che permettesse di arrivare alla pace''.
Oggi comunque, aggiunge il premier, ''ci sono troppe divaricazioni tra gli stessi palestinesi per arrivare a un nome unico che partecipi alle trattative. E anche nel parlamento israeliano ci sono tanti partiti per cui e' difficile arrivare ad un unico indirizzo''.

(ASCA, 23 dicembre 2010)

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Israele, situazione instabile

Sderot - Bambini che aspettano la caduta di un razzo Qassam
Piovono razzi nel sud d'Israele, al confine con la Striscia di Gaza. Solo nell'ultima settimana, una quarantina di ordigni sono caduti nei dintorni di Ashkelon e Sderot, le due città più colpite. Non ci sono state vittime, solo feriti non gravi ed edifici lievemente danneggiati, ma la reazione dell'esercito israeliano è stata dura e immediata: ad ogni lancio, l'aviazione ha risposto con raid mirati, che hanno causato diverse vittime tra i miliziani di Hamas e di altri gruppi.
È la prima volta da quando è stata lanciata l'operazione "Piombo Fuso" - tre settimane di bombardamenti contro la Striscia tra il 2008 e il 2009 - che da Gaza vengono sparati così tanti razzi contro il territorio dello Stato ebraico. A seguito della guerra di due anni fa, infatti, per circa un anno le sirene d'allarme avevano taciuto nelle città israeliane al confine. Poi, i lanci erano ripresi, ma mai con l'intensità attuale: e questo fa temere il peggio a molti, all'interno dello Stato ebraico. «La situazione è instabile e potrebbe degenerare», ha avvertito il capo di Stato maggiore Gabi Ashkenazi; insomma, mentre si avvicina il secondo anniversario di "Piombo Fuso", qualcuno inizia a pensare a una "Piombo Fuso II". Ma esperti e militari mettono in guardia: stavolta il conflitto potrebbe sfuggire di mano e raggiungere dimensioni più ampie. Hamas dispone di nuove armi, in particolare di missili anticarro molto efficaci: è di pochi giorni fa la notizia che un ordigno Kornet sparato dalla Striscia contro un carro armato israeliano di pattuglia è riuscito a penetrare nell'abitacolo del blindato, che solo per una coincidenza non è esploso. Razzi del genere erano stati utilizzati da Hezbollah contro l'esercito israeliano nel 2006, ma sono una novità per i miliziani islamico-radicali di Gaza (un regalo di Teheran, sembra). E non solo: oggi nell'arsenale di Hamas ci sono anche di missili a media gittata, capaci di arrivare a colpire Tel Aviv. Intanto, in questo braccio di ferro tra Israele e miliziani, è spuntato di recente anche un terzo giocatore. «Siamo noi il loro vero obiettivo», ha dichiarato ieri l'Autorità nazionale palestinese. «Hamas - ha assicurato il capo delle forze di sicurezza palestinesi in Cisgiordania -, sta ammassando armi contro di noi. Punta a rovesciare il governo di Ramallah».

(FocusMo, 23 dicembre 2010)

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A Gaza ora temono una Piombo Fuso II

di Virginia Di Marco

Gaza. Si moltiplicano i lanci di Qassam e i colpi di mortaio, non tutti firmati Hamas. La rappresaglia israeliana per ora è limitata. A due anni esatti dalla guerra, governo ed esercito non escludono un'operazione su vasta scala. Ma i miliziani palestinesi ora hanno un arsenale più temibile.

GERUSALEMME. Il razzo Qassam esploso l'altro ieri sulla spiaggia di Ashkelon, città israeliana al confine con la Striscia, ad appena pochi metri da un asilo nido, è solo l'ultimo di una pioggia di ordigni sparati in queste settimane da Gaza contro il territorio israeliano. In tre giorni tredici missili sono caduti da questa parte del confine, quaranta nell'ultima settimana, e Israele ha risposto con raid aerei mirati. Poco importa che magari a lanciare i missili non siano stati gli uomini di Hamas, bensì miliziani appartenenti a altre formazioni. La posizione d'Israele su questo è netta: «Hamas - dicono i militari israeliani - è per noi responsabile di ogni attacco proveniente da Gaza, perché sappiamo che controlla bene il proprio territorio, quando vuole».
Finora, il bilancio della pioggia di missili è contenuto: alcuni feriti, qualcuno ricoverato in stato di choc, edifici lievemente danneggiati. Ma l'escalation in corso preoccupa non poco esercito, politici e opinione pubblica interna. Gli abitanti di Ashkelon, i più colpiti insieme ai "vicini" di Sderot, non ne possono più di questo bersagliamento quotidiano, e chiedono maggiore protezione da parte del governo. «Bambini e adulti sono traumatizzati - raccontano i cittadini -, i missili sono una realtà giornaliera, il numero di disordini psicologici, come gli attacchi di panico, è sensibilmente più alto qui rispetto alla media nazionale».
Ad Ashkelon, ogni scuola deve avere il proprio rifugio; le stazioni degli autobus sono a prova di missile, e le strade sono punteggiate di casotti color crema, in cemento armato. Quando suona l'allarme, bisogna correre al riparo, pochi secondi possono fare la differenza. «Malgrado la consuetudine, a vivere così non ci si abitua mai», sospirano gli abitanti della zona.
Due anni fa, stanchi di fare da bersaglio, gli israeliani - che di solito rispondono ai razzi con rappresaglie mirate dall'alto - scatenarono contro Hamas un'offensiva militare di larga scala, l'operazione Piombo Fuso. Oltre 1.300 palestinesi di Gaza rimasero uccisi, e per lo Stato ebraico fu un disastro, in termini di comunicazione e immagine: la comunità internazionale e le opinioni pubbliche di mezzo mondo, in particolare europee, condannarono il gesto.
Le immagini e le storie dei palestinesi intrappolati nella Striscia martoriata per tre lunghissime settimane dai bombardamenti rimbalzarono su giornali e televisioni, e gli strascichi in sede diplomatica, in particolare alle Nazioni Unite, furono pesanti per Israele. Ma almeno, per circa un anno, i cittadini del sud del Paese poterono tirare il fiato, e dimenticarsi almeno per un po' il suono delle sirene di allarme.
Oggi, mentre si avvicina il secondo anniversario di quella guerra, più di uno nello Stato ebraico teme che possa deflagrare una "Piombo Fuso II". «La realtà a Gaza è fragile e esplosiva, e non abbiamo garanzie che la situazione non si deteriori di nuovo», avverte il capo di Stato maggiore, Gabi Ashkenazi. Gli fa eco il vice premier, Dan Meridor: «Israele non tollererà altri lanci di razzi da Gaza - ha dichiarato ieri alla radio militare -, preferiremmo evitare un'operazione come quella di due anni fa, ma risponderemo in modo aggressivo agli attacchi contro i nostri civili».
Ma per entrambe le parti un nuovo conflitto sarebbe devastante, ancor più cruento che nel 2008-2009: gli israeliani sanno che l'arsenale dei miliziani si è ingrandito e comprende razzi anticarro molto efficaci. E' di due giorni fa la notizia che un missile sparato da Gaza contro un carro armato israeliano che pattugliava il confine è riuscito a penetrare nel veicolo, che solo per un caso fortuito non è saltato in aria. Ordigni del genere erano stati impiegati da Hezbollah contro i blindati israeliani, nel 2006, ma è la prima volta che spuntano nella Striscia, omaggio, forse, degli iraniani: il che la dice lunga sul miglioramento delle capacità belliche palestinesi, che oggi comprendono anche missili capaci di colpire Tel Aviv.
Nuvole nere si accumulano all'orizzonte, dunque; intanto, mentre i vertici dello Stato maggiore israeliani pensano a piani e strategie militari, la diplomazia si sta muovendo altrimenti. L'ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite ha presentato ieri un appello ufficiale chiedendo alla comunità internazionale di inviare «un messaggio chiaro e risoluto» a Gaza City riguardo al lancio di razzi contro il territorio israeliano.
In questa battaglia a due, Hamas da una parte, Stato ebraico dall'altra, spunta anche un terzo protagonista: l'Autorità nazionale palestinese. «Siamo noi l'obiettivo di Hamas», ha sostenuto ieri il capo delle forze di sicurezza di Ramallah, Andan Damiri, rivelando al contempo di aver scoperto armi dei miliziani islamici nascoste in Cisgiordania. «Stanno accumulando armi per colpire noi, non Israele. Puntano a rovesciare il governo di Ramallah, non a colpire lo Stato ebraico», ha assicurato il poliziotto.

(Il Riformista, 23 dicembre 2010)

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Lieberman, per la pace serve uno scambio di terra e di popolazione

Il "giusto approccio" al conflitto in Medio Oriente non è "pace in cambio di territorio", ma "scambio di territorio e popolazione". E' l'opinione del ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman, che in un'intervista al magazine statunitense Newsweek si è detto certo che tutta la destra israeliana, compreso il Likud del premier Benjamin Netanyahu, sostenga questo approccio. Della stessa idea, a suo dire, anche i Laburisti.
A una domanda sulla sorte di quegli arabi israeliani che si dimostrano fedeli allo stato Stato di Israele, Lieberman ha risposto che "ogni giorno, ogni settimana, spunta un nuovo caso di arabi israeliani che prendono parte ad azioni terroristiche. Ci sono i loro leader, i loro intellettuali e rappresentanti municipali che dicono che non riconosceranno mai Israele come stato ebraico e sionista". "Quando dialogano con noi negli incontri a porte chiuse, i palestinesi capiscono che non siamo il nemico - ha proseguito Lieberman - che siamo gli unici di cui si possano fidare".
"In Medio Oriente, la tensione non è tra ebrei e arabi o tra israeliani e palestinesi, ma tra radicali e moderati - ha aggiunto - La più grande minaccia per (il premier palestinese Salam) Fayyad e per (il presidente) Abu Mazen non è Israele, ma Hamas e la Jihad islamica". Il ministro ha parlato infine dell'ipotesi che i palestinesi chiedano il riconoscimento del loro stato nei confini del 1967 al Consiglio di Sicurezza Onu, spiegando che in quel caso tutti gli accordi siglati, fin da quello di Oslo, sarebbero annullati e che "da un passo del genere avrebbero molto più da perdere che Israele".

(Aki, 23 dicembre 2010)

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L'israeliana Elcam Medical acquisisce la Lucomed di Carpi

di Stefano Catellani

CARPI (MO), 23 dicembre - Il gruppo israeliano Elcam Medical che si posiziona tra i principali fornitori di componentistica medicale ha acquisito la Lucomed Spa, con sede a Carpi. I termini della transazione non sono stati divulgati. Lucomed è specializzata nella produzione e distribuzione di prodotti medicali monouso con una particolare attenzione per quelle che operano nel segmento emodialisi globale. Per il gruppo israeliano è la seconda acquisizione dopo quella della maggioranza di Injectech LLC, in USA (Colorado) nel 2009.
Lucomed stata fondata nel 1993 come azienda commerciale e ha iniziato la fabbricazione di dispositivi medici nel 1996. Negli ultimi dieci anni, Lucomed è cresciuta in modo significativo. Oggi, Lucomed gode di una posizione di rilievo come fornitore globale di componenti usa e getta. Silvio Eruzzi, presidente di Lucomed ha detto: " Siamo molto lieti di aver Elcam Medical come partnber e crediamo che i nostri clienti trarranno enormi vantaggi da questa acquisizione, soprattutto perché Elcam condivide gli stessi valori di sostegno alla qualità e al cliente come Lucomed". Laq uota di controllo è passata da Immer Holding (la famiglia Eruzzi) mentre quella di minoranza è stata ceduta da Cape Natixis che l'aveva rilevata nel 2006 quando Lucomed fatturava 17 milioni di euro.Lucomed è attiva dal 1993.

(viaEmilianet, 23 dicembre 2010)

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A Gaza carburante di contrabbando per portare energia alle case

L'unico impianto per la produzione di energia elettrica nella Striscia di Gaza ha cominciato ad essere alimentato con combustibile di contrabbando arrivato dall'Egitto, oltre che con il diesel industriale introdotto dal confine con Israele. Lo scrive l'agenzia palestinese Maan, spiegando che il provvimento è stato preso per cercare di ridurre il blackout quotidiano di 8-12 ore, dovuto alla scarsezza del combustibile introdotto legalmente.
Walid Sa'd Sayil, direttore esecutivo della centrale, ha spiegato che per mesi sono stati fatti tentativi per rendere il carburante egiziano compatibile con l'impianto e che alla fine è stato individuato un processo di raffinazione che permette di mischiarlo con quello fornito dall'Autorità nazionale palestinese (Anp).
Il carburante egiziano, tra l'altro, è molto più economico di quello che arriva legalmente dal valico di Kerem Shalom e che è fornito all'Anp da Israele. La Striscia di Gaza si confronta con una grave crisi nella fornitura di energia alettrica ad abitazioni e strutture pubbliche dall'inizio del 2010, da quando cioé l'Unione europea ha trasferito all'Anp la responsabilità di finanziare le forniture di carburante.

(Aki, 23 dicembre 2010)

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Gli ultimi minuti

Un documento dell'Unesco afferma che Mosè Maimonide era musulmano. Per il metropolita ortodosso del Pireo gli ebrei sono la causa di tutti i problemi della Grecia. Da qualche anno circola la convinzione storica che Gesù non fosse ebreo. Non è che parte minima del lungo elenco delle nuove ingiustizie del XXI secolo verso il popolo ebraico e la sua storia. E che esse provengano dal grande fronte del Jihad o dalla trepida arrendevolezza europea poco conta. Non c'è bisogno di istruzione superiore per rendersi conto che si tratta di menzogne. Lo sanno tutti.
Gli ebrei lo sanno, non c'è bisogno di avvertirli. Sarebbe come spiegare a un condannato a morte che ha la testa infilata nella ghigliottina. Ma bisognerebbe che tutti cominciassero a preoccuparsi dello scivolamento progressivo della lama della ghigliottina: siamo tutti condannati a morte. Cristiani, induisti, musulmani, buddisti, atei - tutti, in ogni luogo. Perché la questione ormai non riguarda gli ebrei, va assai oltre. Si tratta del danno inferto alla realtà. Se tutti sanno che si tratta di menzogne e nessuno ci fa caso, vuole dire che stiamo entrando in una realtà dove la realtà non ha posto. Il mondo galleggia pacatamente nel nulla. E' drammaticamente sbagliata l'affermazione secondo la quale stiamo tornando alla decadenza finale dell'impero romano. I pagani non fondavano l'esistenza sul niente, avevano dei principi e per quei principi davano la vita. Gli dei del monte Olimpo soffrivano e morivano per amore. Si commuovevano davanti a una capanna di contadini poveri, e quando vi entravano, non abbassavano la testa perché la capanna fosse bassa: si prostravano idealmente di fronte alla perfetta umiltà - Ovidio, Filemone e Bauci, le Metamorfosi. Il nostro mondo è indifferente alla realtà. Con una potenza ragliante che giunge a essere visionaria senza saperlo, il XXI secolo considera la realtà ininfluente. Ci sono i presupposti per un'autentica catastrofe.
Il Tizio della Sera

(Notiziario Ucei, 23 dicembre 2010)

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ANP: Hamas preparava un attacco a Ramallah

RAMALLAH - Hamas preparava un attacco all'Autorita' nazionale palestinese. Lo ha rivelato la polizia palestinese dopo la scoperta di una cellula del movimento islamista a Ramallah che, secondo gli investigatori, stava pianificando un attacco alle forze di sicurezza fedeli al presidente Abu Mazen.
Nel corso della retata sono state sequestrate armi che, secondo la polizia, sarebbero state utilizzate "contro di noi e non contro Israele",

(AGI, 22 dicembre 2010)

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La nuova regina del rap è palestinese

di Antonio Lodetti

Shadia Mansour
In Palestina c'è una florida scena rap. Certo, è il modo più immediato di esprimersi. I rapper dei territori occupati vestono come quelli di Brooklyn - e in un certo senso cantano come loro - animando una scena musicale vivace, che fa ballare ragazzi e ragazze, li distrae dai luoghi ad alto tasso di criminalità e gonfi di droga, come Lod, «la città più malavitosa d'Israele», dicono i Dam, star superimpegnate dell'hip hop che, grazie al passaporto israeliano, suonano in mezzo mondo e il cui singolo Meen Erhabe? (ovvero Chi è il terrorista?) è stato scaricato dal web da oltre un milione di fan.
Ci sono i superarrabbiati come i Palestinian Rappers, ma ci sono anche puri entertainer con idee innovative come gli sperimentatori Ramallah Underground, band che fonde il folk locale con il rap e l'elettronica, o lo spettacolare «beatboxer» Eyad Bc, star di Nazareth che mette insieme un travolgente spettacolo di break dance, graffiti e dj set. Gli arabi sono ultraconservatori, però la vera star della scena è la bellissima anglopalestinese Shadia Mansour, detta la «first lady dell'hip hop arabo» che ha sfondato in America aprendo concerti di Busta Rhymes e apparendo spesso in tv. Un'artista impegnata che canta, recita, cura l'immagine e fa da contraltare alla trasgressiva Sabreena da Witch, ottima cantante r'n'b, attivista politica e fondatrice di un centro di accoglienza per bambini. La Mansour ha aperto la strada a molte giovani rapper come il duo Le Arapyat («Le ragazze arabe che fanno rap», ovvero Safaah Athoth e Nahawa Abed Alaal, che per tirare avanti tra una canzone e l'altra vendevano telefoni cellulari e lavoravano in profumeria) e alle minorenni Dmar. L'ip hop arabo ha entusiasmato il Governo americano, che ha inviato in tour in Medio Oriente un gruppo come Chen Lo & the Liberation Family. Il rap diplomatico? Intanto giovani rapper crescono da duri ma, con un occhio a 50 Cent, dicono: «Voglio diventare famoso, permettermi abiti di Armani, una Bentley e una casa nuova per mamma». Senza dimenticare un «Insha'Allah», a Dio piacendo.

(il Giornale, 22 dicembre 2010)

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Energie rinnovabili: premesse di collaborazione tra Cina e Israele

Durante tre giorni di conferenze tenutesi all'Università ebraica di Gerusalemme, esperti cinesi e israeliani hanno cercato di comprendere in che modo i due Paesi possano efficacemente collaborare nello sviluppo dell'energia rinnovabile. Il meeting tenutosi a Gerusalemme è il primo di questo tipo a coinvolgere direttamente le due nazioni, che sembra stiano considerando con sempre maggiore interesse la possibilità di allacciare nuovi rapporti eco-energetici.

(NanoPress, 22 dicembre 2010)

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In Israele il turismo quest'anno batte tutti i record (in francese)




(Guysen TV, 22 dicembre 2010)

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Debka: la Giordania azzera la cooperazione militare con Israele

Re Abdullah si starebbe orientando verso l'asse Iran-Turchia-Siria

Messo sotto pressione dal presidente siriano Bashar al-Assad e dal premier turco Recep Tayyip Erdogan, il re giordano Abdullah II ha deciso di ridurre la cooperazione militare con Israele. E' quanto scrive il sito israeliano di intelligence Debka, spiegando che la Giordania ha deciso, ad esempio, di ridurre la cooperazione con lo Stato ebraico nel controllo del confine comune, lungo il fiume Giordano. Su questo fronte, la collaborazione sarebbe stata ridotta al minimo necessario per evitare un afflusso di massa di immigrati palestinesi.
Sarebbero state invece del tutto interrotte le altre forme di cooperazione di intelligence, come era già avvenuto nel 1958 e nel 1967. Rispetto ai due episodi precedenti, precisa Debka, è tuttavia cambiato lo scenario regionale, con l'Iran che cerca di imporsi come potenza dominante, Israele che perde sempre più la sua supremazia militare e la Turchia che ha conquistato il ruolo chiave nelle dinamiche regionali che in passato aveva l'Egitto. Re Abdullah, secondo il sito, avrebbe agito sulla base di queste considerazioni.
Sul confine orientale della Giordania, l'Iran acquista potere in un Iraq ormai orfano degli Usa. Su quello occidentale, Israele soffre sempre più della pressione di Iran, Siria, Hamas e Hezbollah. A nord, Siria, Turchia e gli sciiti libanesi di Hezbollah partecipano all'asse con Teheran. Per questo Abdullah, scrive Debka, "per salvare il suo trono ha deciso di salire sul carro dei vicintori, abbandonando il suo vecchio partner". La prova di questo orientamento sarebbe la visita a palazzo, l'11 dicembre, dell'inviato del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, Esfandiar Rahim Mashai, che ha consegnato al monarca hashemita un invito ufficiale a Teheran, per una visita che dovrebbe suggellare la sua adesione al nuovo asse che domina il Medio Oriente.

(Aki, 22 dicembre 2010)

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Pantaloni robotici

ReWalk è un dispositivo che sostituisce la sedia a rotelle. In vendita con il nuovo anno.

di Rossana Cacace

Amit Goffer è un imprenditore israeliano rimasto paralizzato dal collo in giù dopo un grave incidente d'auto avvenuto nel 1997. Insofferente alla sedia a rotelle, ha pensato di inventare quelli che possiamo definire pantaloni robotici, in grado di 'far camminare' persino i paraplegici.
Il dispositivo, chiamato significativamente ReWalk, pesa 7 kg ed è costituito da un paio di gambe artificiali dotate di motore e sensori di movimento. Il paziente dovrà indossare delle bretelle, che reagiscono ai movimenti fatti con la parte superiore del corpo, uno zaino da spalla contenente un computer (per impartire i vari comandi) e una batteria ricaricabile senza la quale non sarebbe possibile far funzionare il sistema motorio.
Aiutandosi con delle stampelle, che gli daranno equilibrio, anche una persona paralizzata potrà dunque compiere diversi movimenti. Ciò, come fa notare il suo inventore, comporta anche la limitazione degli inevitabili danni fisici a cui si va incontro quando non si cammina come piaghe da decubito, problemi digestivi, cardiovascolari, urinari e circolatori. E non sottovalutiamo l'aspetto psicologico: chi ha provato ReWalk si è sentito finalmente di nuovo padrone del proprio corpo.
Per il momento il dispositivo può essere utilizzato solo con le mani ma la società di Goffer, fondata per l'occasione, la Argo Medical Technologies, sta lavorando per rendere accessibile il ReWalk anche ai tetraplegici.
Dopo averlo testato sia in Israele che negli Usa con esiti positivi, è stato dato l'ok per la sua commercializzazione che avverrà a partire da gennaio 2011.

(swissinfo.ch, dicembre 2010)

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Parte in anticipo la stagione sciistica sul Monte Hermon

Riapre la stazione sciistica del Monte Hermon, il massiccio montuoso che si trova al confine fra Libano meridionale, Siria e Israele nella zona formalmente annessa allo Stato ebraico insieme alle alture del Golan nel 1981. Per la prima volta dopo quattro anni gli impianti riapriranno a dicembre anziché a gennaio, dopo le abbondanti nevicate degli scorsi giorni durante le quali la neve ha raggiunto l'altezza di un metro e venti. Le squadre degli operatori sono al lavoro per pulire le strade e per rendere agibili le piste da sci, che in estate vengono usate dai ciclisti. Dovranno ripulire anche gli impianti di risalita che sono coperti di neve. Gli impianti sciistici garantiscono un bacino di utenza di circa duemila duemilacinquecento sciatori. Sul Monte Hermon si trova l'unica stazione sciistica di Israele che include piste di ogni colore. Esistono anche piste per lo sci di fondo e per le slitte, con scuole di sci, ristoranti e altri servizi. Il prezzo di uno skipass giornaliero è di 245 shekel (circa 52 euro). l.e.

(Notiziario Ucei, 21 dicembre 2010)

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Il "mondo sottosopra" di Chagall da domani all'Ara Pacis

Una mostra con 138 opere del maestro russo, alcune inedite

Chagall: "Sopra Vitebsk" - 1914
ROMA - Il grande maestro della pittura Marc Chagall approda a Roma con una grande mostra che raccoglie centotrentotto opere, tra dipinti e disegni anche inediti, che saranno esposte da domani (fino al 27 marzo) al Museo dell'Ara Pacis. L'esposizione, dal titolo "Chagall, il mondo sottosopra", è un omaggio al pittore ebreo russo a venticinque anni dalla sua morte. Le opere mostrate a Roma arrivano sia da collezioni private che dal Centro Pompidou di Parigi e dal Museo Marc Chagall di Nizza. L'esposizione, che contiene dipinti, incisioni, disegni, schizzi, illustrazioni di libri, è divisa in cinque sezioni: gli autoritratti (come "Il pittore con la testa rovesciata"); il paesaggio, che contiene quadri come "Uomo giallo sopra a Vitebski" del 1925 e "La battaglia di fiori in cielo" del 1967; il mondo dello spettacolo, con i dipinti sul circo; la Bibbia, con la celebre serie di incisioni, e Chagall surrealista, sui rapporti del pittore con il movimento artistico francese. "Il titolo della mostra - ha spiegato l'assessore alle politiche culturali del Comune di Roma Umberto Croppi - nasce proprio dal fatto che questo artista ha dato una visione della realtà distorta, contraddittoria, capovolta, e che i suoi personaggi archetipi sono spesso slegati dalle regole della fisica e della natura". La grande mostra su Chagall arriva a Roma dopo essere stata ospitata per 5 mesi a Nizza, ed è stata realizzata proprio dal Museo che la città francese ha dedicato al grande pittore. Il direttore dei Musei nazionali del XX secolo delle Alpi Marittime Maurice Fréchuret ha spiegato: "Le immagini capovolte, gli uomini ritratti a testa in giù, sono una costante dell'opera di Chagall e l'origine di queste visioni nascono da alcuni passaggi fondamentali della sua vita: prima di tutto lui era ebreo, e nel primo episodio della Torah viene descritto un grande capovolgimento, un caos. Poi bisogna ricordare che nel '17 tornò dalla Francia in Russia e partecipò alla Rivoluzione Russa, che fu un momento di grandi rovesciamenti, e quando tornò a Parigi fu avvicinato dai surrealisti, che proponevano un capovolgimento dei dati formali e politici. Da questi dati nasce la sua visione del mondo e il taglio cha abbiamo voluto dare a questa mostra". Albino Ruberti, amministratore delegato di Zètema, la società del Comune di Roma che organizza la mostra, ha ricordato che quest'anno l'Ara Pacis ha avuto un incremento di presenze, che sono salite da 225mila a 250mila, e ha spiegato: "la mostra è costata solo 200mila euro e se ci saranno degli incassi che supereranno i costi verranno riutilizzati per la manutenzione e la valorizzazione del museo".

(Apcom, 21 dicembre 2010)

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Natale, Israele attende 90 mila pellegrini: 2010 da record

Grazie alla sinergia con i palestinesi spostarsi tra Gerusalemme e Betlemme sarà più facile

Malgrado lo stallo dei negoziati di pace, Israele per questo Natale non può perdere l'occasione offerta dall'arrivo del flusso dei pellegrini cristiani. In una conferenza stampa sul turismo cristiano e il pellegrinaggio in Terra Santa organizzata in vista del Natale ormai imminente, il ministro del Turismo israeliano, Stas Misezhnikov, ha illustrato i provvedimenti presi dal governo per incentivare questo business nel periodo natalizio anche in collaborazione con l'Autorità nazionale palestinese (Anp).
Infatti, grazie agli sforzi comuni, durante il mese di dicembre spostarsi tra Gerusalemme e Betlemme sarà molto più facile per i fedeli cristiani. Tutti i valichi di accesso alla città palestinese saranno utilizzati e sono stati concessi migliaia di permessi speciali per i visitatori che consentiranno soprattutto a pellegrini arabi-israeliani di accedere senza intoppi ai luoghi santi.
Ma turismo significa soprattutto affari: "Il 2010 è stato un anno record per numero di visitatori - ha detto il ministro - e altri 90mila pellegrini arriveranno per Natale, portando a 2.4 milioni il totale dei turisti cristiani per quest'anno per un introito complessivo di 400 milioni di shekel". E su questo fronte, anche l'Anp ha qualche motivo di soddisfazione: nel 2010 Betlemme è stata visitata da 1,1 milioni di persone e attualmente tutti gli hotel sono pieni.

(travelnostop, 21 dicembre 2010)

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Albero di Natale di Haifa realizzato con 5000 bottiglie di plastica

Città di Haifa, nel nord dello stato di Israele: qua vivono ebrei, bahai, musulmani, ma anche molti cristiani. In questo melting pot di culture sono molte le vacanze religiose celebrate ed il Natale solo una di queste. Eppure la municipalità di Haifa ha deciso di celebrarlo in grande, cogliendo l'occasione della festa cristiana per rivolgere un messaggio universale ai cittadini di tutte le culture e confessioni. Un messaggio di vera pace e di solidarietà, un messaggio rivolto alla coscienza ambientale di tutti.
Un messaggio che incita alla riflessione sull'impatto ambientale che l'uomo ha, soprattutto che l'uomo del primo mondo ha, impatto le cui conseguenze si distribuiscono su tutta la popolazione mondiale, con esiti peggiori sui poveri. Il messaggio è stato lanciato con l'efficace appariscenza dell'arte, tramite un'opera dell'artista Hadas Itzcovitch, anch'egli di Haifa.

(Il Giornale di Pachino, 21 dicembre 2010)

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Israele, razzi palestinesi cadono nei pressi di un asilo. Un ferito

Negli ultimi due giorni sono 13 i razzi che hanno colpito il Negev occidentale senza però provocare vittime. Come rappresaglia, l'Aeronautica israeliana ha sferrato una serie di raid contro la Striscia - Un razzo Qassam è esploso questa mattina a sette metri da una scuola materna vicino alla spiaggia di Ashkelon, in Israele. Ferita un alunna che si stava recando a scuola. Danneggiati alcuni edifici. Al momento dell'esplosione c'erano dieci bambini all'interno dell'asilo. A riferirlo è un'insegnante. "Sono scesa velocemente dalla mia macchina, ignorando la sirena, per aiutare i bambini", racconta. In seguito all'attacco, due cittadini sono stati ricoverati in stato di shock. Negli ultimi due giorni sono circa 13 i razzi che hanno colpito il Negev occidentale senza però provocare vittime. L'ultimo attacco contro Israele che ha provocato danni risale a due settimane fa, quando un uomo è stato ferito da un colpo di mortaio che ha colpito il Consiglio regionale di Eshkol. In risposta agli attacchi degli ultimi giorni, nella notte, l'Aeronautica israeliana ha sferrato una serie di raid contro la Striscia di Gaza. In particolare, è stato preso di mira un campo di addestramento di Hamas, provocando il ferimento di due militanti, e i tunnel del contrabbando lungo la frontiera di Gaza con l'Egitto. "Le Forze di difesa isrealiane non tollereranno alcun attacco contro i cittadini dello Stato di Israele o i militari dell'Idf e continueranno ad agire con determinazione e con forza contro chiunque operi con terrore contro lo Stato di Israele".Questo il contenuto di un comunicato dell'esercito dello Stato ebraico. Il portavoce militare ha aggiunto che l'Idf riconosce Hamas come un'organizzazione terroristica e unica responsabile di tutte le attività nella Striscia di Gaza che infrangono la calma regionale.

(PeaceReporter, 21 dicembre 2010)

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All'Onu non c'è decenza, c'è soltanto una deliberata volontà guerrafondaia

di Giorgio Israel

In una recente intervista al Guardian, il "negoziatore" palestinese Saeb Erekat ha dichiarato che la stima dei rifugiati palestinesi dispersi nel mondo ammonta ora a sette (7) milioni e che costoro debbono poter tornare nelle città e nei villaggi di origine e inoltre hanno diritto a indennità. Ha aggiunto che «in ogni accordo di pace con Israele questi rifugiati debbono potersi reinstallare in Israele».
È perfettamente superfluo insistere sul fatto che una simile prospettiva - l'ingresso di 7 milioni di persone - oltre a essere tecnicamente irrealistica, esprime la volontà pura e semplice di distruggere Israele.
È più interessante notare che, da quando mondo è mondo, esistono rifugiati, nomadi e dispersi per il mondo e che a nessuno è mai venuto in mente di sanare completamente simili situazioni, pena la creazione di squilibri ancor più gravi. Si calcola che soltanto dopo la Seconda guerra mondiale vi sia stata una ventina di milioni di rifugiati, che si tradurrebbero oggi in qualcosa come un centinaio di milioni di persone da reinstallare nei luoghi di origine: è una prospettiva capace di suscitare una nuova guerra mondiale.
Gli ebrei sono uno dei popoli che nel corso dei secoli ha prodotto più rifugiati di qualsiasi altro, quantomeno in rapporto allo loro entità numerica, eppure non hanno mai avanzato richieste di ritorno, salvo quella in Palestina, del resto parziale, su territori disabitati o regolarmente acquistati, e in una forma perfettamente gestibile con la creazione di due stati indipendenti come prefigurato dall'ONU nel 1947 e come rifiutato dai paesi arabi confinanti che hanno creato deliberatamente alcune centinaia di migliaia di profughi.
Se il "negoziatore" avesse voluto fare un discorso minimamente decente, avrebbe dovuto offrire simultaneamente agli ebrei espulsi dai paesi arabi e islamici, e ai loro discendenti, il diritto a rientrare nei luoghi di origine, a riottenere le case e ad avere un'indennità. Ma qui non c'è decenza, c'è soltanto una deliberata volontà guerrafondaia. Altro che pace.

(Informazione Corretta, 21 dicembre 2010)

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L'Italia combatte l'antisemitismo online

L'Italia intende combattere l'antisemitismo, ma una nuova risoluzione specifica come la battaglia debba essere focalizzata sulla rete poiché è tramite i canali liberi del Web che il razzismo sta trovando nuove forme d'espressione.
Il testo è stato portato avanti da Fiamma Nirenstein (Pdl), vicepresidente della Commissione Esteri e presidente del comitato di indagine conoscitiva sull'antisemitismo. Nei giorni scorsi il provvedimento è stato discusso presso la Commissione e se ne è usciti con un voto all'unanimità. Spiega la Nirenstein: «La risoluzione impegna il governo a siglare il Protocollo Addizionale alla Convenzione di Budapest sulla cybercriminalità, che riguarda i reati di tipo razzista e xenofobo commessi attraverso sistemi informatici. Il Protocollo consente il coordinamento internazionale degli investigatori nelle indagini su tali crimini, facilitando l'applicazione della Legge Mancino sul contrasto della discriminazione razziale, etnica e religiosa. Con l'adozione di questo Protocollo sarà possibile scavalcare i limiti dei nostri confini».
La commissione apre insomma a nuovi strumenti repressivi per andare a sgonfiare le sacche razziste che online potrebbero trovare terreno fertile per portare avanti ideali e proselitismo: «L'Osservatorio sull'Antisemitismo del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (CDEC) ci fa notare, con il suo nuovo rapporto uscito in questi giorni, che dal 2007 al 2010 i siti italiani "con significativi contenuti antiebraici" sono quasi raddoppiati rispetto al quadriennio precedente». Dato, peraltro, condiviso con Germania ed Austria, ove il fenomeno si fa ugualmente grave: «Se, secondo i dati del Ministero dell'Interno, nel 2008 sono state registrate 800 pagine con contenuti antiebraici (siti, social network e gruppi di discussione), nel 2009 erano 1200 e nel 2010 sono ancora aumentati».

(WebNews, 21 dicembre 2010)

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Hamas detta le sue leggi a YouTube

In un mondo alla rovescia sono i fan dei terroristi che impongono la censura

di Dimitri Buffa


L'ultima notizia sul fronte del "mondo alla rovescia" viene da "YouTube" che lo scorso 15 dicembre ha chiuso il canale di "Palestinian Media Watch" di Itamar Marcus. Sì, proprio quello che monitorava le tv arabe e palestinesi dell'odio diffondendone esempi di predicazioni e incitamenti alla violenza da parte dei loro imam fondamentalisti ed esponenti politici vari.
Stralci presi da al Jazeera specialmente, ma soprattutto da tv come Al Aqsa, quella di Hamas, o da al Manar, quella di Hezbollah, rigorosamente trasmessi in originale, cioè in arabo (e talvolta in farsi, quado si trattava delle Tv di Teheran) ma sottotitolandole in inglese perché tutti potessero rendersi conto del livello della minaccia.
Ebbene è bastato che alcuni simpatizzanti europei di Hamas ed Hezbollah facessero la segnalazione automatica per "contenuto offensivo" e "incitamento all'odio religioso" contro il sito di Itamar Marcus (che aveva anche un proprio canale dedicato su YouTube) perché molto intelligentemente, o furbescamente, quelli di Google, che gestiscono anche la piattaforma "YouTube", scambiassero il dito che indica la luna con il problema.
Chiudendo quindi non i canali di Hamas ed Hezbollah su "YouTube", che pure esistono, ma quello che li ha denunciati, cioè Palestinian Media Watch. Risultato? Lo scorso 19 dicembre PMW ha diramato un comunicato a tutti i propri iscritti chiedendo "il vostro aiuto" e invitando tutti a protestare contro "YouTube" per la chiusura del canale "Palwatch", che già dal nome dice tutto.
Prima di chiudere il canale definitivamente le segnalazioni degli amici dei fondamentalisti erano riuscite a far togliere i seguenti sei video: "Hamas TV teaches kids to kill Jews" (Hamas insegna in Tv come uccidere gli ebrei), rimosso per "violazione dei nostri termini d'uso" in data 10/02/2009; "Jews are a virus like Aids" (gli ebrei sono un virus come l'Aids), rimosso per "violazione dei nostri termini d'uso" in data 01/18/2010; "Farewell video before suicide attack of Hamas suicide bomber Adham Ahmad Hujyla Abu Jandal" (video di addio prima dell'attentato suicida di Adham Ahmad Hujyla Abu Jandal), rimosso per "violazione dei nostri termini d'uso" in data 06/10/2010, "Hamas suicide farewell video: Jews monkeys and pigs; Maidens reward for killing Jews" , (video di addio di un attentatore suicida di Hamas, che predica: gli ebrei sono discendenti di scimmie e maiali e le vergini attendono in paradiso chi uccide gli ebrei), rimosso per "violazione dei nostri termini d'uso" in data 08/14/2010; "PA cleric: Kill Jews, Allah will make Muslims masters over Jews" (religioso dell'Autorità Palestinese predica: Allah renderà i musulmani padroni degli ebrei), rimosso per "violazione dei nostri termini d'uso" in data 12/12/2010 e infine "Hamas suicide terrorist farewell video: Palestinians drink the blood of Jews" (video di addio di un attentatore suicida di Hamas, che predica: i palestinesi bevono il sangue degli ebrei) rimosso per "violazione dei nostri termini d'uso" in data 12/15/2010.

Analogo destino sembra attendere anche quelli di Memri, molto seguiti anche nel mondo arabo moderato sunnita che ormai piano piano sta prendendo le distanze da Hamas e Hezbollah passati al servizio di Teheran e degli odiati sciiti. Specialmente dopo che lo scorso 15 novembre è stata rivelata a tutti la sostanza di uno degli ultimi discorsi del premier Ismail Haniyeh che in pratica definiva quello di Gaza come "il popolo della jihad".
Quel giorno proprio su Al Aqsa Tv è andato in onda un discorso molto duro nel quale fra l'altro si diceva che "noi siamo una nazione guerriera, una nazione che fa sacrifici, una nazione della jihad. Le nostre grida sono per la jihad nel nome di Allah. Questa è una nazione di martirio e di gente che cerca il martirio, una nazione di jihad nel nome di Allah".
E ancora: "Il nostro popolo fa grandi sacrifici. Sacrifica i suoi figli per amore della Palestina e per amore della terra dell'Islam e dei musulmani. La potenza della nazione della jihad si è rivelata in terra di Palestina, così come in Iraq, Afghanistan e Sudan, e su tutti i fronti di battaglia contro i nemici di Allah".
Grazie ai monitoraggi e alle segnalazioni di Memri e di PMW anche molti paesi arabi moderati stanno facendo restrizioni alle frequenze delle Tv dell'estremismo e del terrorismo islamico. E questo non va giù a Teheran che ha passato parola anche in Europa a tutti i "pacifinti" finanziati dall'Iran sottobanco (non sono pochi anche nelle varie flottiglie turche per Gaza) di segnalare questi siti e questi canali "YouTube" a "Google" con il pretesto che incitano all'odio.
Confidando nell'idiozia burocratica o nella pavidità dei server e dei social network dove è facile venire "bannati" per stupidaggini senza motivo, mentre talvolta così non accade quando si fondano siti dichiaratamente antisemiti (e non che ne denuncino invece l'odio con esempi concreti) questa gente sta per ora ottenendo i propri risultati.

(l'Opinione, 21 dicembre 2010)

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Finta roccia nasconde una telecamera. Continua la "spy war" Israele-Hezbollah

Il device scoperto su un'altura che guarda la valle della Bekaa. Controllava la via delle armi dalla Siria

di Guido Olimpio

La finta roccia che celava una
telecamera spia, rinvenuta
in Libano
WASHINGTON - Una roccia di colore grigio. Era incastonata su un'altura che guarda la valle libanese della Bekaa. Ma non era quello che sembrava: all'interno di un guscio in fibra di vetro, modellato come una roccia, c'era un sofisticato apparato di spionaggio. I guerriglieri filo-iraniani dell'Hezbollah hanno annunciato di averlo scoperto pochi giorni fa e ne hanno segnalato la presenza all'esercito libanese. Il sistema sarebbe stato in grado di monitorare una zona usata dai miliziani per il training e un'importante rotta seguita dai camion che portano armi dalla Siria all'Hezbollah. Nelle vicinanze è stato poi individuato un secondo apparato. Conteneva una videocamera, poteva trasmettere immagini, ricevere segnali e disponeva di un laser per "illuminare" bersagli.
GUERRA DI SPIE - La notizia della scoperta è solo l'ultimo episodio nella guerra di spie che si combatte in Libano. Da mesi l'Hezbollah e le autorità locali annunciano arresti di «talpe» al servizio di Israele. Alcune sono fondate, altre invece appaiono strumentali. I guerriglieri filo-iraniani vogliono dimostrare che il Libano è infiltrato dal Mossad, così come gli apparati di comunicazione. A cominciare dai telefoni. Una denuncia legata alla possibile incriminazione da parte del tribunale internazionale di alcuni dirigenti del movimento sciita. Personaggi di spicco sospettati di aver organizzato l'omicidio dell'ex premier Hariri e collegati all'attentato da una serie di cellulari. Sostenendo che il network telefonico è infiltrato, l'Hezbollah vuol dimostrare che quelle accuse sono state manipolate. Sarebbe stato interessante ascoltare il parere di chi ha svolto quelle ricerche - un coraggioso ufficiale libanese - ma lo hanno fatto fuori con una carica esplosiva.
REAZIONI OPPOSTE - Le rivelazioni sulla roccia-spia hanno suscitato reazioni opposte in Israele. Qualche esperto non ha dimostrato sorpresa: è scontato che la nostra intelligence - ha dichiarato - impieghi informatori e mezzi sofisticati. Altri hanno ipotizzato una mossa propagandistica dell'Hezbollah. E non hanno escluso che possa trattarsi di apparati lasciati da Israele dopo il ritiro dal Libano. Sulla «scatola magica» c'era una targhetta con riferimenti ad una società israeliana: da Gerusalemme è trapelata l'indiscrezione che la compagnia operava negli anni '70. Ma potrebbe essere anche questa una versione di comodo. Un «tecnico» si è poi chiesto se l'impianto fosse dotato di un meccanismo di autodistruzione. Lo stesso che ha ridotto in frammenti, numerosi sensori, nel Libano sud nell'arco degli ultimi mesi. Fonti locali, a questo proposito, hanno sostenuto che caccia israeliani avrebbero incenerito con un raid un terzo apparato nei pressi della città costiera di Sidone.

(Corriere della Sera, 21 dicembre 2010)

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Israele collauda i nuovi carri armati "invulnerabili" a missili e razzi di Hamas

di Gianandrea Gaiani

Il comando delle forze armate israeliane ha annunciato lo schieramento del 9o battaglione corazzato della 401esima brigata lungo il confine con la Striscia di Gaza. Il reparto è il primo (e finora unico) battaglione ad essere dotato dei nuovi carri armati Merkava 4, ultima versione del celebre carro israeliano, equipaggiato con il sistema di difesa Windbraker, noto anche come Trophy. Alcune agenzie di stampa hanno parlato di una blindatura rafforzata in grado di resistere ai più moderni e potenti armamenti anticarro in dotazione ad Hamas che comprendono lanciarazzi Rpg ma anche missili guidati Kornet.
Questi ultimi sono arrivati clandestinamente a Gaza, forniti dall'Iran e dalla Siria e già impiegati con successo da Hezbollah che nel conflitto del 2006 riuscì a distruggere o danneggiare gravemente due dozzine di Merkava.

- Il Windbraker neutralizza missili e razzi prima che raggiungano il bersaglio
  In realtà il Windbraker non è una corazza ma bensì un vero e proprio sistema d'arma che rimpiazza le corazzature aggiuntive applicate ormai su tutti i carri armati per proteggerli dalle armi a carica cava e dai missili anticarro. Protezioni passive efficaci in molti casi ma che appesantiscono e rallentano i carri armati. Il Windbraker consente di neutralizzare missili e razzi prima che raggiungano il bersaglio grazie a piccoli radar sistemati sui quattro lati del mezzo capaci di "vedere" l'ordigno in arrivo. I dati vengono elaborati da un computer asservito a un lanciatore di proiettili costituiti da grossi pallettoni che intercettano il missile in arrivo facendolo esplodere.

- Il dispiegamento da gennaio
  Il dispiegamento dei nuovi carri armati israeliani inizierà in gennaio anche se il Windbraker era stato collaudato dalla Rafael nel 2005 e proposto all' esercito israeliano che lo acquistò
solo dopo le dure lezioni apprese nel conflitto libanese dell'estate 2006. L'impiego a Gaza potrebbe rivelarsi provvidenziale considerato che due settimane or sono un blindato è stato colpito nei pressi del confine settentrionale della Striscia da un missile anticarro che ha gravemente danneggiato il mezzo pur senza ferire i militari a bordo.
Il collaudo operativo del Windbraker/Trophy potrebbe inoltre favorirne l'esportazione specie nei Paesi occidentali i cui contingenti devono sempre più spesso fronteggiare avversari dotati anche di armi in grado di distruggere blindati e corazzati. Il Trophy, in ngrado di colpire più missili in arrivo contemporaneamente, è considerato l'arma più efficace tra quelle sviluppate per proteggere i mezzi corazzati dai missili anticarro ed è stato valutato anche dagli statunitensi che in Iraq lo imbarcarono sui blindati Striker. Con ottimi risultati anche se Washington ha deciso per ora di non acquistare il prodotto israeliano per non bruciare il similare Quick Kill sviluppato dalla Raytheon che dovrebbe divenire operativo nel 2011.
Ogni singolo kit ha un costo di circa 300 mila dollari se prodotto su vasta scala ma per ragioni di bilancio finora l'esercito israeliano ne ha ordinato un numero limitato di esemplari da distribuire inizialmente ai battaglioni corazzati dotati dei nuovi Merkava 4 ma in futuro una versione nota come "Trophy Light" dovrebbe essere imbarcata sui veicoli cingolati da combattimento, blindati e trasporto truppe .



(Il Sole 24 Ore, 20 dicembre 2010)

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A Natale passaggio a checkpoint più facile per i cristiani

L'esercito israeliano ha ricevuto ordini in tal senso

GERUSALEMME, 20 dic. - L'esercito israeliano ha ricevuto l'ordine di agevolare il passaggio ai checkpoint dei pellegrini cristiani, fra cui dei palestinesi dei Territori e gli arabi israeliani durante le festività natalizie. Lo si è appreso da una fonte militare. Alle truppe dello Stato ebraico dispiegate nei Territori sono state distribuite delle brochure che spiegano l'importanza del Natale per i cristiani, che siano pellegrini stranieri o di Terra santa, esortando i soldati a evitare confronti inutili ai checkpoint. La città palestinese di Betlemme, dove Gesù è nato secondo la tradizione cristiana, si trova al di là della barriera di sicurezza eretta da Israele in Cisgiordania. "Durante il periodo di Natale, il mondo cristiano ha gli occhi rivolti verso Betlemme, le festività cristiane sono ampiamente coperte dai media locali e internazionali", si legge nella brochure che avvisa inoltre i soldati che devono aspettarsi l'arrivo di "un gran numero di visitatori, fra cui degli stranieri di alto rango come ambasciatori, turisti stranieri e cristiani di Israele". "Autorizzate la popolazione a celebrare questa festa nella dignità, a partecipare alle cerimonie tradizionali e ad esercitare la libertà di culto", recita ancora il documento pubblicato dall'amministrazione militare israeliana in Cisgiordania.

(Apcom, 20 dicembre 2010)

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Edipi, decennale a Gerusalemme

PADOVA - Evangelici d'Italia per Israele (Edipi) terrà il suo decimo raduno a Gerusalemme nell'ultima settimana di giugno. Decimo raduno e secondo convegno internazionale dell'associazione coincideranno.
«La proposta - spiega Ivan Basana, presidente Edipi - è venuta da due leader messianici, Micky Yaron e Tony Sperandeo, già relatori ai nostri incontri in Italia, che hanno apprezzato il lavoro, gli scopi e gli obiettivi fin qui perseguiti dall'associazione.
Il raduno sarà circoscritto nel giorno di shabbat (sabato) dell'ultima settimana di giugno e sarà preceduto e seguito da tour giornalieri che avranno come "guide turistiche" i leader messianici del posto e proprio loro ci daranno la lettura spirituale passata, presente e futura dei territori che visiteremo».

Il programma dei tour

(evangelici.net, 20 dicembre 2010)

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Figlio di Begin ferma banconote con l’effige del padre

GERUSALEMME - Benny Begin, figlio dell'ex premier israeliano Menachen, ha bloccato al'ultimo minuto la stampa delle banconote con l'effige del padre. L'evento ha causato grave imbarazzo e irritazione al premier Benjamin Netanyahu che aveva gia' dato il via libera al progetto che prevedeva di ritrarre sugli sheckel israeliani oltre a Begin anche Yitzhak Rabin, Ad aggravare la posizione di Benny Begin l'essere ministro senza portafoglio ed esponente di punta del Likud, il partito di Netanyahu .

(AGI, 20 dicembre 2010)

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Google pronta a spendere milioni di dollari su imprese mediorientali

di Federico Moretti

Mentre l'attenzione dei mercati occidentali si rivolge con interesse alla Cina, Google ha una posizione decisamente diversa. Forse perché i rapporti con la repubblica popolare non sono mai stati dei migliori, gli investimenti orientali di Google guardano a tutt'altra zona. È strano sentirne parlare per ragioni commerciali, eppure è in Palestina che Google si appresta a investire milioni di dollari nelle aziende.
Dopo un accordo per circa 10 mln. in Giordania (di cui 2,5 mln. per le imprese locali), Google raggiungerà un'intesa per finanziare il settore tecnologico a Gaza. Sabato si è tenuta una cerimonia ufficiale alla presenza del Segretario di Stato statunitense, Hillary Clinton, nel corso della quale è stato annunciato il programma di Google per la Palestina. Un evento attesissimo dagli imprenditori mediorientali.
Non se ne parla spesso perché le novità arrivano principalmente dagli USA, ma l'attività degli sviluppatori palestinesi è vivace. Google ha tenuto di recente proprio a Gaza una serie di appuntamenti dedicati a programmatori e investitori. La spesa a supporto dell'economia locale è la conseguenza di questi, come dell'apertura del dominio palestinese nell'agosto del 2009. È un'opportunità per il medio oriente.

(Downloadblog.it, 20 dicembre 2010)

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L'UE promuove le sue tradizioni con un'agenda, ma si dimentica il Natale

Clamorosa svista di Bruxelles, che in un diario regalato agli studenti inglesi con l'intento di promuovere l'Unione Europea, annota le festività religiose di indù, sikh, ebrei e musulmani ma si dimentica di scrivere che il 25 dicembre è Natale. Al posto di Gesù, una frase commovente: «Un vero amico è qualcuno che condivide le tue preoccupazioni e la tua gioia»

di Elisabetta Longo

A Bruxelles hanno fatto un pesce d'aprile ma siccome siamo a dicembre nessuno ha riso. Pare che nell'agenda del nuovo anno, confezionata e distribuita nell'irrisoria cifra di 330 mila copie, destinata a studenti inglesi con l'intento di promuovere l'Unione Europea e le sue tradizioni, si siano dimenticati di inserire una festa da nulla come il Natale.
Proprio così, nella lista delle festività dell'anno compaiono giorni sacri a indù, sikh, ebrei e islamici, mentre nel giorno del 25 dicembre risulta solo una frase sull'amicizia che sa di bacio Perugina: «Un vero amico è qualcuno che condivide le tue preoccupazioni e la tua gioia». A svelare la clamorosa svista è stata la Commissio Episcopatuum Communitatis Europaeae, l'organismo dei vescovi europei, la cui portavoce ha definito la svista «una circostanza sorprendente», come è sorprendente che compaiano tutte le feste religiose del mondo, visto che alcune per essere scovate hanno necessitato di ferrei traduttori di dialetto indiano.
A mettere sotto silenzio il polverone ci ha pensato il politico conservatore Martin Callanan, che invece di esprimersi sulla clamorosa gaffe, ha girato la domanda con un interessante quesito: «Dopo tutto, che senso ha regalare un diario al giorno d'oggi?».

(Tempi.it, 20 dicembre 2010)

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Israele preoccupata per la vendita di armi dalla Francia al Libano

GERUSALEMME, 19 dic. - Israele ha espresso preoccupazione per la vendita di armi dalla Francia al Libano. Il governo dello Stato ebraico teme che le armi possano finire nelle mani di Hezbollah. Venerdi' la Francia ha confermato che vendera' al Libano 100 missili anticarro da elicotteri prodotti dal consorzio franco-tedesco Euromissile (ora Mbda).

(AGI, 19 dicembre 2010)

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Gattegna rieletto Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

Alla Vicepresidenza sono stati nominati Anselmo Calò e Claudia De Benedetti

ROMA, 19 dic. - Renzo Gattegna è stato confermato Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Lo ha rieletto, all'unanimità, il nuovo Consiglio dell'UCEI, riunitosi oggi a Roma per la prima volta dopo il VI Congresso. Avvocato civilista, romano da generazioni, Gattegna è da molti anni attivo nelle istituzioni ebraiche romane e nazionali ed è Presidente dell'Unione dal 2006.
Alla Vicepresidenza sono stati nominati Anselmo Calò e Claudia De Benedetti.
Compongono la nuova Giunta Dario Bedarida, Sandro Di Castro, Victor Magiar, Giorgio Mortara, Raffaele Turiel e il rabbino Adolfo Locci.
I neoeletti - si legge in un comunicato - guideranno l'UCEI per i prossimi diciotto mesi, fino all'entrata in vigore del nuovo Statuto approvato dal recente Congresso, che prevede l'istituzione di un'assemblea composta di cinquantadue membri in luogo dell'attuale Consiglio di diciotto persone

(Apcom, 19 dicembre 2010)

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E' Helen Thomas il personaggio più antisemita dell'anno

Helen Thomas
Sul primo posto, quest'anno, non c'erano proprio dubbi. Sul resto della classifica, invece, c'era solo l'imbarazzo della scelta. Perché, dicono dal Centro Simon Wiesenthal, questo 2010 è stato forse tra i più antisemiti.
E allora. Il trofeo lo vince la novantenne Helen Thomas. È la veterana del giornalismo americano ad essere considerata la persona che ha detto la frase più diffamante nei confronti degli ebrei. «Gli ebrei se ne devono andare dalla Palestina perché quello non è il loro posto», aveva detto la Thomas agli inizi di giugno. E l'aveva fatto di fronte a un telefonino dotato di videocamera. Quel video (che potete vedere qui) ha fatto il giro del mondo e la corrispondente dalla Casa Bianca è stata costretta a dimettersi. Nel farlo, s'è scusata con gli ebrei. Ma qualche giorno fa è tornata alla carica. E ha aggiunto: «Il Congresso americano, la Casa Bianca, Hollywood e Wall Street sono in mano ai sionisti».
Il secondo gradino, quindi medaglia d'argento dell'antisemitismo, è di Oliver Stone. Il regista ha detto, ed era gennaio 2010, che «Hitler è stato un facile capro espiatorio della Storia ed è stato usato per coprire altre colpe». E a luglio ha spiegato meglio: «Hitler ha fatto più danni ai russi che agli ebrei. E qui da noi sono la lobby più potente del Paese. Israele ha fregato la politica estera americana per molti anni».
Al terzo posto s'è piazzato l'ex primo ministro malese Mahatir Mohammad. In un tripudio di antisemitismo, Mohammad ha detto che «gli ebrei sono sempre stati un problema per l'Europa. dovrebbero essere confinati in ghetti per essere poi massacrati periodicamente».
Giù dal podio, ma per poco, il vice ministro dell'Informazione dell'Autorità nazionale palestinese, Al-Mutawakil Taha che si è limitato - si fa per dire - a evidenziare come «non ci siano evidenze storiche che colleghino l'area del Muro del Pianto all'Ebraismo». E quindi Gerusalemme tutta dovrebbe essere palestinese.
Tra i top ten sono finiti anche Thilo Sarrazin, della Banca centrale tedesca, Karel de Gucht, capo negoziatore del commercio dell'Unione europea, Rick Sanchez, ex corrispondente della Cnn, Petras Stankeras, storico e consigliere del ministero dell'Interno lituano, Christina Patterson, giornalista britannica dell'Indipendent.
Decimo, e ultimo, posto ai social network: Facebook, Twitter e Yahoo. Ma si sa che, soprattutto in questo 2010, gli imbecilli son finiti a discutere negli spazi virtuali. Leonard Berberi

(Falafel Cafè, 19 dicembre 2010)

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Legge e negazionismo, opinioni a confronto

di Adam Smulevich

FIRENZE - Giovani e meno giovani a confronto sull'opportunità di promulgare una leggi che vieti il negazionismo della Shoah. Il dibattito sulla proposta di legge formulata dal presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici in seguito alle folli esternazioni del professor Claudio Moffa dell'Università di Teramo si è svolto ieri sera nella Sala Servi della Comunità ebraica di Firenze richiamando un pubblico motivato e partecipe. L'incontro, moderato dal consigliere con delega alla cultura Renzo Bandinelli e dall'avvocato Renzo Ventura (che sostituiva l'infortunato Ugo Caffaz, primo proponente della serata) è stato scandito da momenti di confronto tra i presenti alternati dalla lettura di alcuni interventi di autorevoli esponenti della minoranza ebraica italiana (tra cui Anna Foa, David Bidussa, Amos Luzzatto e Vittorio Pavoncello) che negli scorsi mesi sono entrati nel merito della proposta sulla stampa ebraica e nazionale. Fermi restando ovviamente l'infamia e il biasimo per chi nega la Shoah, in particolare se chi le esprime ha un ruolo di educatore come il professor Moffa, il dibattito si è soffermato non tanto sul senso della proposta di Pacifici, il cui obiettivo è stato generalmente condiviso, quanto sull'efficacia che tale legge (su cui si sono espresse in modo favorevole quasi tutte le forze politiche che siedono in Parlamento) potrebbe avere nell'educazione alla Memoria delle nuove generazioni. Tra favorevoli e contrari il dibattito si è protratto fino alle soglie della mezzanotte fornendo un quadro variegato di approcci alla questione anche in seno all'ebraismo italiano.

(Notiziario Ucei, 19 dicembre 2010)

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Fayyad: uno Stato palestinese unilaterale sarebbe una farsa

GERUSALEMME - Una dichiarazione unilaterale di indipendenza da parte dei palestinesi produrrebbe soltanto uno "Stato di Topolino". Lo ha affermato il premier palestinese, Salam Fayyad, in un'intervista al secondo canale della tv israeliana in cui ha ribadito che il progetto di costituire uno Stato palestinese entro agosto dell'anno prossimo e' sulla buona strada ma la sovranita' dipendera' dall'assenso di Israele. Finora, soltanto la Bolivia, il Brasile, l'Argentina e l'Uruguay hanno riconosciuto la Palestina come "uno Stato sovrano e indipendente" entro i confini precedenti la Guerra dei Sei Giorni del 1967.

(AGI, 19 dicembre 2010)

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Gaza, Hamas festeggia il compleanno distribuendo cioccolatini agli abitanti

«Da Hamas con amore». E giù dolci, caramelle, pensierini formato prelibatezze a colpi di zucchero. Pazienza se poi la vita, sotto Hamas, è tutt'altro che dolce. Quel che basta, forse, è il pensiero.
Quelli di Hamas, il gruppo paramilitare che comanda sulla Striscia di Gaza, hanno deciso di fare le cose in grande. Per festeggiare il 23esimo anniversario della fondazione, i simpatizzanti hanno bussato alle porte di 300mila famiglie palestinesi e hanno dato loro tanti cioccolatini.
Dicono i maligni che il gesto serve solo «a riprendere i contatti con la popolazione». Replicano quelli di Hamas che tutto questo non è assolutamente vero. Ma è un fatto che dal 2006 - anno della vittoria elettorale a Gaza - il supporto al gruppo è sceso di oltre la metà e, se si votasse oggi, Hamas prenderebbe solo il 23,7% dei voti.
Economia, sicurezza, corruzione legittimità internazionale. Ecco i punti deboli dell'amministrazione dei soldatini di Dio. La disoccupazione galoppa e l'occupazione si sta lentamente spostando verso quella dei tunnel illegali con l'Egitto. Mentre il pugno di ferro nei confronti d'Israele e anche dei fratelli della Cisgiordania sta allontanando i palestinesi dalla leadership.
«Siamo stanchi di questo isolamento imposto dagl'israeliani», ripetono sempre più spesso gli abitanti di Gaza. Ma non ce l'hanno con lo Stato ebraico. Ce l'hanno con Hamas. Perché è colpa del gruppo paramilitare - pensa la maggioranza - «se Israele chiude ogni ingresso al nostro territorio». L.B.

(Falafel Cafè, 18 dicembre 2010)

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I palestinesi sono il vero ostacolo alla pace

di Moshe Ya'alon

Il processo di pace in Medio Oriente è di nuovo in fase di stallo mentre i leader palestinesi continuano deplorabilmente a diffondere la leggenda secondo la quale sono le costruzioni israeliane a ostacolare ogni progresso. Non più tardi di venerdì scorso, a Washington, il negoziatore palestinese Saeb Erekat ha affermato che "il governo israeliano aveva potuto scegliere fra gli insediamenti e la pace, e ha scelto gli insediamenti". Sfortunatamente, ciò che si frappone tra i palestinesi e la futura formazione di uno Stato è la loro ipocrisia quando si va a parlare di pace autentica. Israele ha più volte proposto quella indipendenza che ostentatamente i palestinesi desiderano. Ma invece di fare un accordo con Israele, hanno dimostrato una totale mancanza di volontà per un compromesso, facendo spesso il gioco del terrorismo com'è testimoniato dal fuoco di fila di attacchi terroristici che seguirono ai negoziati di Camp David nel 2000. C'è dunque ancora da stupirsi del fatto che gli israeliani trovino più che mai difficile aver fiducia nei palestinesi?...

(l'Occidentale, 18 dicembre 2010)

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Tv - Domani in prima serata su Iris ' Schindler's List'

Il capolavoro di Spielberg è diretto da Liam Neeson

ROMA, 18 dic. - Domani in prima serata su Iris va in onda 'Schindler's List', il capolavoro del 1993 diretto da Steven Spielberg.
Il film, ispirato al romanzo 'La lista di Schindler' di Thomas Keneally, basato sulla vera storia di Oskar Schindler (Liam Neeson), racconta l'evoluzione umana e sentimentale di un avido industriale tedesco che, se inizialmente sfrutta la manodopera ebrea con lo scopo di produrre pentolame per l'esercito ai minimi costi, col proseguire delle barbarie della guerra nazista, decide di rendere la sua fabbrica un vero e proprio rifugio per ebrei, salvando, così, più di 1.000 persone dai gas dei campi di concentramento.

(Apcom, 18 dicembre 2010)

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Il Congresso delle Comunita' Ebraiche Italiane a 'Sorgente di Vita'

ROMA, 18 dic - L'appuntamento con ''Sorgente di vita'' di domenica 19 dicembre, alle 1.20, su Rai2 e in replica lunedi' 20 alla stessa ora fa il punto sul Congresso dell'Unione delle Comunita' Ebraiche Italiane, che si e' svolto dal 5 all'8 dicembre a Roma, e sui temi affrontati: una riforma per rilanciare la vita delle comunita' e dare voce anche alle realta' piu' piccole, l'impegno per la cultura e le politiche giovanili. Nel corso della puntata si parlera' anche di Carlo Michelstaedter, filosofo, poeta, scrittore nato a Gorizia e morto suicida a soli 23 anni.
Foto, manoscritti e documenti tratti dagli archivi goriziani in una mostra che ne racconta la vita, il mondo e le opere.
L'intensa, ''fiammeggiante'' esistenza di uno studente di 100 anni fa, raccontata dal Professor Sergio Campailla, curatore delle sue opere. Questi gli altri argomenti: A Beersheva, citta' nel sud di Israele, un centro per accogliere e aiutare bambini disabili, ebrei, arabi e beduini provenienti da tutti i villaggi della zona. E' una nuova sede di ''Tsad Kadimah'', che in ebraico vuol dire ''Un passo avanti'', un'organizzazione di assistenza per giovani in difficolta'.
All'Auditorium di Roma un concerto del sassofonista Gabriele Coen: dalle ricerche sulla musica klezmer, tradizionale dell'Europa dell'est, all'incontro con il jazz e con il noto musicista americano John Zorn con il quale ha prodotto un nuovo album.

(ASCA, 18 dicembre 2010)

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Cile interessato agli aerei droni israeliani

Santiago del Cile - Le industrie presentano le proposte che mirano a soddisfare le esigenze del governo cileno

Le israeliane Aeronautics Defense Systems Ltd (più formalmente Nets, Integrated Avionics Systems, specializzata nella fornitura di sistemi per la difesa), Elbit System e Iai (Israel Aerospace Industries). hanno già presentato al governo cileno le loro offerte tese a soddisfare le esigenze della locale forza aerea in fatto di forniture di aerei Uav (Unmanned aerial vehicle, droni senza pilota a controllo remoto).
Nello specifico dunque, i vertici della difesa di Santiago starebbero valutando, rispettivamente, la versione C dell'Aerostar, gli Hermes 450 e 900 della Elbit e l'Heron della Iai.
La FACh ( Fuerza Aérea de Chile) impiegherà questi droni prevalentemente per compiti di sorveglianza del suo territorio, e per la verità ha già avuto modo di sperimentare -pilotati a terra dai tecnici israeliani- le qualità operative degli Aerostar, in occasione del terremoto che ha sconvolto il Paese nel marzo scorso. Da allora infatti il governo di Santiago ha avanzato alle industrie iraeliane il suo invito a presentare le loro proposte.
Per questo rappresentanti della FACh si sono già recati negli stabilimenti in lizza per il suo potenziale ordine.

(AvioNews, 17 dicembre 2010)

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Auschwitz diventa un videogames. Il mondo ebraico insorge

L'ha programmato un designer israeliano, ma il gioco sta causando accese polemiche nel paese

I gruppi ebraici hanno ritenuto come "orribile e inappropriato" un videogioco che verrà rilasciato sul mercato subito dopo Natale. La trama è quella di una rivolta violenta dei prigionieri nel campo di sterminio di Auschwitz, dove oltre un milione di ebrei sono stati assassinati.
SE LA SHOA DIVENTA UN GIOCO - Il titolo del goico è Sonderkommando Revolt, la cosa più sorprendente è che è stato sviluppato da un designer israeliano di videogiochi che, sostiene, in una vita precedente fosse un prigioniero in un campo di sterminio. Come detto, lo sfondo del gioco è la rivolta ambientata nell'ottobre del 1944 presso la "fabbrica della morte" nazista nel campo di concentramento situato nella Polonia occupata. Agli ebrei, spiega la trama del videogames, fu assegnato di bruciare i cadaveri di quanti furono uccisi col gas e cavare i loro i denti d'oro - il cosiddetto Sonderkommando, o un comando speciale. Maxim Genis, la mente "creativa" del gioco, dice che il suo team di artisti, programmatori e scrittori sta semplicemente cercando di fare "un gioco d'azione solo per la sfida, per il divertimento e per intrattenere. Questo è evidente". Sostiene che l'impostazione del gioco di Auschwitz era "una sfida interessante per ricreare un mondo che in parte era molto diverso da quello della nostra vita quotidiana, diversa da qualsiasi cosa che conosciamo".
POLEMICHE IN TUTTO IL MONDO EBRAICO - Genis, ebreo ucraino nato in Israele, ha sollevato critiche in tutto il mondo per il suo gioco. La vicenda della rivolta è però realmente avvenuta. Un forno crematorio fu effettivamente distrutto dai 200 ribelli, i quali poi furono catturati e giustiziati successivamente. Nel videogioco, gli ebrei prendono le armi e si vendicano, letteralmente macellandoli, dei loro aguzzini SS. Il rabbino Abraham Cooper del Centro Simon Wiesenthal in America si preoccupa che giochi come Sonderkommando possono essere un danno per la comprensione della storia. "Che cosa succede se questa è l'unica cosa che un giovane viene a sapere dell'Olocausto o di un campo di concentramento?, si è chiesto. "Quando si parla di sopravvissuti all'Olocausto, questi hanno avuto difficoltà a trasmettere gli orrori che hanno attraversato. Questo non è una cosa che dovrebbe essere ridotta a un gioco". L'Anti Defamation League ha definito il videogame come "orribile e inappropriato". Ma Genis ha replicato: "Non ho nulla da dimostrare, non ho mancato di rispetto verso la mia gente e le loro sofferenze a quel tempo. Io non volevo offendere nessuno. Non sono solo un Ebreo, ma sono anche una persona spirituale". Genis ha scritto via e-mail che egli è stato in parte ispirato a creare Sonderkommando sulla base delle sue convinzioni spirituali. Il creatore di giochi ritiene che, in una precedente incarnazione, fu imprigionato come un ebreo dai nazisti, ma morì prima degli eventi del 1944. L'uscita del videogames è prevista per il prossimo 1o gennaio 2011. Un gioco che sicuramente ci risparmieremo di acquistare, del resto la grafica ci pare penosa.



(Giornalettismo, 17 dicembre 2010)

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"Noi, alieni a Torino, una città che ci prende per la gola"

I Voca People: «Siamo golosi del vostro gelato»

di Paolo Ferrari

TORINO - Il ciclone Voca People si è abbattuto sull'Italia. La tournée del gruppo israeliano senza strumenti, composto da otto cantanti vestiti di bianco e stracarichi di rossetto, chiude a Torino la sua tranche di dieci date nel nostro paese. Come nel caso di Milano, anche lo spettacolo al Teatro Colosseo è stato raddoppiato a causa delle tante richieste: gli show si tengono domani sera alle 21 e domenica pomeriggio alle 18. Orario, quest'ultimo, su misura per i tanti bambini che hanno chiesto ai genitori di portarli allo show.
Restano ancora pochi biglietti, il costo va dai 22 ai 33 euro. La fama della compagnia israeliana deve molto al tamtam di YouTube, dove ha collezionato più di quindici milioni di contatti; il resto in Italia lo hanno fatto i passaggi a «Domenica In» e «X - Factor» e lo spot televisivo di una caramella. Sul palco, cantano e ballano un tenore, un basso, un baritono, un soprano, un mezzo soprano, un contralto e due specialisti nella tecnica ritmica vocale del «beatbox». Tutti alle prese con un repertorio che spazia da Beethoven alla Pantera Rosa, da James Bond a Mozart. Portavoce dell'insolita compagnia è Lior Kalfo, con Shai Fishman fondatore e direttore dell'insolita compagnia....

(La Stampa, 17 dicembre 2010)

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Dalla furia delle acque riemerge una statua romana di Venere

GERUSALEMME, 17 dic. - Una magnifica statua romana di Venere del II-III secolo d.C. e' riemersa dalle acque che lambiscono Israele. E' la sensazionale scoperta avvenuta lungo la costa mediterranea (in particolare di Cesarea) di cui ha dato notizia il sito internet Israele.net citando il quotidiano ''Ha'aretz''.
Il cedimento parziale di un tratto di scogliera presso lo scavo archeologico nella citta' di Ashkelon (Ascalona), provocato dai recenti nubifragi, ha portato alla luce preziosi reperti, fra cui una statua di epoca romana. La statua di marmo, alta un metro e venti, risale a 1650-1800 anni fa e raffigura una donna (a cui manca la testa) e si ritiene che fosse posta in una struttura termale.
Secondo gli archeologi israeliani raffigurerebbe la dea greca dell'amore e della bellezza Afrodite, che i romani identificavano con Venere. Tra i pezzi di terreno staccatisi dalla scogliera si sono trovate parti di un grande edificio che sembra appartenesse appunto a una struttura termale romana. Purtroppo la furia del mare ha rovinato porzioni di un pavimento in mosaico colorato, e molti pezzi sono stati spazzati via dall'acqua.

(Adnkronos, 17 dicembre 2010)

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Congresso Usa: No a Stato palestinese senza accordo con Israele

Se Israele non è d'accordo nessun riconoscimento di uno Stato palestinese entro i "confini del 1967" sarà possibile. E' questa la decisione presa dalla Camera dei rappresentanti del Congresso degli Stati Uniti. La mozione è stata approvata all'unanimità e afferma che gli Stati Uniti non riconosceranno uno Stato palestinese proclamato unilateralmente. Sulla base di tale decisione porranno il veto a qualsiasi risoluzione che fosse presentata al Consiglio di sicurezza dell'Onu senza un accordo fra le due parti interessate.
La decisione è stata presa su iniziativa del presidente della Commissione affari esteri della Camera dei rappresentanti, il repubblicano Howard Berman.
Secondo le parole esatte della mozione, gli Stati Uniti "ribadiscono il loro forte sostegno per una soluzione negoziata del conflitto israelo-palestinese che porti a due Stati, uno Stato ebraico e democratico d'Israele e uno Stato palestinese democratico e vitale, che vivano fianco a fianco nella pace, sicurezza e reciproco riconoscimento". "Gli Stati Uniti - continua il testo approvato - ribadiscono la propria ferma opposizione a qualunque tentativo di stabilire o perseguire il riconoscimento di uno stato palestinese al di fuori di un accordo negoziato fra Israele e palestinesi"; e aggiunge che "una pace autentica e duratura può essere conseguita soltanto attraverso negoziati diretti fra le due parti".
La Camera dei rappresentanti chiede inoltre alla dirigenza palestinese di "cessare tutti i tentativi di aggirare il processo negoziale, compresi i tentativi di ottenere il riconoscimento di uno Stato palestinese da altre nazioni, nelle Nazioni Unite e presso altri organismi intenzionali prima che sia stato raggiunto un accordo finale fra Israele e palestinesi", e fa appello ai governi stranieri perché "non accordino tale riconoscimento". La mozione chiede infine ad Abu Mazen di riprendere immediatamente i negoziati diretti, esprimendo il proprio appoggio alla posizione dell'amministrazione Obama contraria alla dichiarazione unilaterale di uno Stato palestinese.

(Notiziario Ucei, 17 dicembre 2010)

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Israele: annunciate nuove misure per contenere la speculazione edilizia

Yuval Steinitz
La speculazione edilizia in Israele preoccupa, per motivi diversi, esperti di economia, politici e grande pubblico. Stamattina il ministro delle Finanze israeliano, Yuval Steinitz, e il ministro per le Politiche abitative, Ariel Attias, hanno annunciato in una conferenza stampa congiunta nuove misure per cercare di contenere i prezzi impazziti di un mercato che molti indicano come una bolla pronta a scoppiare da un momento all'altro.
Il principale dei provvedimenti illustrati dai due ministri consiste in un rincaro significativo delle tasse sull'acquisto di abitazioni nei prossimi due anni. L'aumento riguarderà però solo gli appartamenti acquistati come investimento, e dunque si applicherà dalle seconde case in poi. Al contrario, i proprietari di immobili in affitto potranno usufruire di benefici fiscali se, sempre nel biennio 2011-12, decideranno di venderli. «Vogliamo incentivare gli investitori a vendere - ha spiegato Attias ai giornalisti -, così da aumentare l'offerta, senza dover costruire nuove unità abitative. Il nostro target sono le persone che già possiedono una casa e che vogliono acquistarne altre per business. Non colpiremo certo le fasce sociali più svantaggiate». Secondo il listino stilato da associazioni di consumatori e pubblicato ieri, solo nel corso delle ultime settimane il mattone è cresciuto dello 0.4 per cento; rispetto allo stesso periodo del 2009, i prezzi fanno registrare in media un +18%. Una crescita rapida, fin troppo rapida, che fa temere lo sboom: tanto che la Banca centrale da un anno sta suonando campanelli d'allarme, e ha annunciato (e messo in pratica) a più riprese interventi per raffreddare il settore. «Ci sono già abbastanza esempi di crisi che iniziano nel mercato immobiliare - ha detto e ribadito in varie occasioni il governatore Stanley Fischer -, non possiamo permettere che il copione si ripeta in Israele».

(FocusMo, 16 dicembre 2010)

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Il 10 di Tevet

di Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma

Domani sarà il 10 di Tevet, il giorno di digiuno istituito per ricordare l'inizio dell'assedio babilonese a Gerusalemme. Dopo la Shoà, a questo ricordo antico si è aggiunto l'uso di dedicare la giornata alla recitazione del kaddish per tutte le vittime dello sterminio di cui non è nota la data della morte. Il ricordo nuovo ha rinforzato quello antico, che per quanto si collegasse a un evento remoto e relativamente minore, era stato mantenuto nella memoria ebraica. Ma il calendario ci riserva una sopresa anche per oggi, 9 di Tevet. Un elenco molto antico, la Megillat Ta'anit, che per molte sue norme è caduta ufficialmente in disuso, indicava anche il 9 di Tevet come giorno di digiuno, non spiegandone però il motivo, che sarebbe stato invece ben chiaro ai contemporanei. Il mistero ha avuto molti tentativi di spiegazione, da chi parla della morte di Ezra a chi indica il giorno della prima violenza subita dalla regina Ester da parte di Assuero, a chi ricorda altri martiri, a chi infine mette la data in relazione a eventi della storia dei primi rapporti ebraico-cristiani: forse sarebbe il giorno della morte di Simone-Pietro (il primo papa), che secondo alcune leggende non avrebbe mai abbandonato la fedeltà all'ebraismo e al quale alcune tradizioni, molto controverse e dubbie, attribuiscono persino la composizione del poema liturgico Nishmat kol chai. Sono argomenti per specialisti, un po' al margine delle grandi discussioni halakhiche e storiche, ma che non mancano di esercitare un curioso fascino sempre attuale.

(Notiziario Ucei, 16 dicembre 2010)

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A Gaza in tuk-tuks

di Elena Lattes

A fianco di auto e moto superlusso dei capi di Hamas a Gaza prima imperversavano carretti trainati da asini. Lenti, ma economici ed essenziali per la sopravvivenza. Ora, però, sono stati sorpassati da ciclomotori a tre ruote provenienti dall'estremo oriente. Contrabbandati a centinaia attraverso l'Egitto negli ultimi mesi, questa sorta di rishò, conosciuti anche come "tuk-tuks", hanno congestionato il territorio palestinese, anche perché il carburante è diventato più economico del cibo per asini.
Alcuni trasportano semplici carichi, altri sono stati attrezzati con sedili imbottiti, con tettucci colorati e tendine merlettate. Servono come taxi, scuolabus o per consegnare le pizze. Sono diventati il simbolo dell'abilità degli abitanti di Gaza ad adattarsi alla difficile situazione causata soprattutto dalle regole autoritarie dei fondamentalisti islamici di Hamas.
I tuk-tuks hanno contribuito a creare alcuni posti di lavoro, in una popolazione che conta il 30% di disoccupati. Ahmedi Madhoun racconta che, non potendo insegnare perché non è sostenitore di Hamas, ha comprato un tuk-tuk quattro mesi fa per duemiladuecento dollari, importo che un operaio giornaliero ottiene in quattro mesi di lavoro. Ora Madhoun guadagna tra gli otto e i 14 dollari al giorno distribuendo merci tra i negozi e consegnando razioni alimentari delle Nazioni Unite.
La scorsa settimana Madhoun e altri autisti di tuk-tuk si sono riuniti davanti al centro distribuzione dell'Onu dove fino a pochi mesi fa i carretti tirati dagli asini aspettavano di prendere i sacchi di riso e farina.
L'economista Mohsen Ramadan sostiene che circa il 20% dei richiedenti piccoli prestiti alla sua agenzia desiderano il denaro per comprare i tuk-tuks che vengono importati clandestinamente perché l'Egitto non permette il commercio con la Striscia.
Questo mezzo di trasporto singolare è cominciato ad apparire nelle strade di Gaza diversi mesi fa e i vantaggi sono diventati subito evidenti, generando l'aumento della domanda. Anche il nome stesso ha trovato immediatamente posto nel vocabolario arabo palestinese acquisendo un plurale nuovo: "takatek".
Un ufficiale di polizia sostiene che è stato vietato il trasporto di persone, soprattutto di bambini, perché pericoloso, ma nonostante questo, i carretti sono sempre affollati. In teoria non potrebbero superare gli 80 Km orari e trasportare più di 600 kili, ma queste regole non vengono osservate e si è già
  
verificato un incidente mortale.
Il divieto imposto non ha fermato Shadi al-Ajel che trasporta operai per 25 centesimi a testa. Ha equipaggiato il suo tuk-tuk con sedili imbottiti, l'ha fornito di calotta appoggiata su una cornice metallica e ha decorato gli interni con tendine dorate e con poster che pubblicizzano l'attività di imbianchini della sua famiglia.
Con l'avvicinarsi dell'inverno e il permesso israeliano di importare automobili, i prezzi sono scesi vorticosamente e così al-Ajel ora desidera cambiare il suo tuk-tuk con un furgoncino. Ha portato il suo veicolo al mercato delle auto usate sperando di trarne un buon guadagno viste tutte le modifiche e aggiunte apportate. Non è però l'unico, molti autisti vanno fieri delle loro migliorie: tessuti, ruote, plexiglass, qualunque materiale è buono per attirare i clienti.
I tuk-tuks, quindi, generano a catena altri affari: fabbri, meccanici, sarti hanno visto le loro attività crescere improvvisamente durante il blocco.
Secondo il Ministero dei Trasporti, che ha cominciato a chiedere la registrazione dei mezzi, ci sono finora 1500 vetture, ma nessuno sa esattamente quanti siano realmente. Tuttavia è chiaro che stanno mandando in pensione gli asini che sono tornati soltanto per un breve periodo durante il quale il carburante scarseggiava a causa del blocco. L'animale costa circa 14 dollari a settimana, l'equivalente di una giornata di lavoro, con la stessa cifra si può comprare il gas sufficiente per 750 kilometri con i tuk-tuks che "sono più veloci, migliori e più puliti e infine gli asini muoiono, i tuk-tuks no", conclude Madhoun.

(Agenzia Radicale, 16 dicembre 2010)

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Dopo tanta diplomazia, basta un virus per bloccare l'Iran nucleare

di Gabriele Cazzulini

L'Iran sarebbe stato costretto ad interrompere il suo programma nucleare, senza bisogno di imporre nuove sanzioni al Paese e senza dover ricorrere ad un intervento armato. Qualcuno avrebbe infettato i computer dei suoi centri nucleari con il virus più potente al mondo.
Si chiama Stuxnet, è il più complesso virus informatico in circolazione e i suoi effetti sono paragonabili a quelli di un'esplosione nucleare, ma senza radiazioni e senza vittime. In pratica Stuxnet distrugge totalmente qualunque sistema informatico in cui penetra, dal sistema operativo alla memoria e alle banche dati. E' considerato realmente un'arma, perché Stuxnet è reperibile solo sul mercato nero dell'informatica e deve essere gestito con estrema competenza....

(l'Occidentale, 16 dicembre 2010)

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L'impegno di Wizo per le vittime dell'incendio in Galilea

di Lucilla Efrati

L'incendio più grave nella storia di Israele, così lo ha definito il premier Netanyahu, riferendosi al rogo che nella sera del 2 dicembre è scoppiato sul monte Carmelo a nord di Israele vicino a Haifa, distruggendo quasi 5000 ettari di bosco, causato 42 vittime e feriti gravi. L'incidente più drammatico è avvenuto ai danni di un convoglio della polizia che trasportava prigionieri da una casa di reclusione della località che era stata divorata dalle fiamme, fra di essi c'era anche Ahuva Tomer, prima donna a guidare una centrale di polizia in Israele, morta qualche giorno dopo per le ustioni riportate. Un disastro con pochi precedenti in Israele, costretto a chiedere l'invio di aerei anti-incendio da Paesi stranieri per far fronte a una situazione drammatica che ha richiesto l'evacuazione di tredicimila persone. Immediata la risposta internazionale delle associazioni ebraiche per far giungere in Israele gli aiuti necessari al sostegno e alla ricostruzione.
Fra di esse, l'Adei Wizo che ha immediatamente agito per aiutare le famiglie colpite dal disastro offrendo alloggio nei suoi centri, fornendo letti e suppellettili e aiutando la popolazione. Ne abbiamo parlato con Roberta Nahum, Presidente nazionale Adei Wizo che nei giorni del disastro si trovava in Israele.

- Roberta, un tragico disastro quello del Monte Carmelo
  Sì penso che sia la più grande calamità naturale che abbia mai colpito lo stato di Israele che ha coinvolto emotivamente, tanto per cambiare, tutto il mondo. In quei giorni ero nel paese e ho avuto modo di vedere quotidianamente in televisione le immagini della devastazione. Mi ha colpito moltissimo la perdita di vite umane e l'impegno civile di tanti cittadini, alcuni dei quali hanno sacrificato la loro vita per dominare questo incendio, come per esempio quel giovane volontario di soli 16 anni. Le scene più strazianti e commoventi per me sono state quelle delle persone la cui casa è andata distrutta insieme a tutti i loro averi e i tanti ricordi della loro famiglia. Vederle cercare tra le macerie annerite, quel poco che era salvabile, mi stimola a fare il possibile per aiutarli.

- In quale modo la Wizo si è impegnata per aiutare il popolo israeliano?
  La Wizo, nelle riunioni che hanno riunito l'esecutivo per decidere sule iniziative più urgenti, ha ritenuto che queste persone, ben cinquantamila, che sono senza tetto, siano meritevoli dei più urgenti aiuti. Io ho preso parte ad uno di questi incontri e mi sono subito attivata perché tutte le sezioni dell'Adei-Wizo in Italia si mobilitino a raccogliere fondi con urgenza.

- Ma esattamente di quali iniziative si tratta?
  Le iniziative della Wizo sono state quelle di distribuire materassi, vestiario e materiali di prima necessità a coloro che hanno perso tutti i loro averi, ma soprattutto aprire i centri disponibili per accogliere almeno le persone più vulnerabili: bambini, donne in stato interessante, anziani. Tra l'altro, mentre le istituzioni Wizo della zona non sono state colpite dall'incendio, le autorità hanno deciso l'evacuazione del centro Ahuzat Yeladim , dove risiedono ragazzi con seri problemi di salute anche mentale e la loro evacuazione è stata molto problematica per evitare traumi a questi ragazzi così vulnerabili. Anche a questo la Wizo dovrà porre rimedio. Comunque, cosa importantisima, la Wizo si è riunita coni rappresentanti delle comunità più colpite, per decidere insieme la priorità degli interventi. Questo, e l'esperienza di ottocento istituzioni sul territorio, mette la Wizo nella posizione di essere tra gli enti più qualificati per aiutare chi si trova in difficoltà maggiore. Questo è quello che noi della Federazione Italiana intendiamo fare con l'aiuto del pubblico.


Per partecipare alla Campagna Adei Wizo Carmelo ci si può rivolgere alla sede Adei più vicina o direttamente a
Adei Wizo, via delle Tuberose 14 - Milano
Iban: IT50Q0100501606000000140015


(Notiziario Ucei, 16 dicembre 2010)

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Caccia israeliano abbatte un aerostato su una centrale nucleare

GERUSALEMME, 16 dic. - Un caccia israeliano ha abbattuto un pallone aerostatico a motore, apparentemente teleguidato, che stava sorvolando l'area dove sorge la centrale nucleare di Dimona, nel deserto meridionale del Negev. Lo hanno riferito fonti del servizio di sicurezza dell'impianto, che ha consegnato i resti dell'aerostato alle Forze Armate: ancora non e' chiaro se potesse costituire un'effettiva minaccia.

(AGI, 16 dicembre 2010)

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Il melograno è veleno per i tumori

Il melograno è una ricca fonte di acido ellagico, una sostanza recentemente portata alla luce dalla ricerca e contenuta anche nei lamponi, nelle fragole e nelle noci. Ed è proprio questo acido che indurrebbe la morte delle cellule cancerose.

di Valentina Nuzzaci

Michael Aviram, il biochimico israeliano
che ha scoperto le proprietà terapeutiche
del melograno
La Punica è un genere di pianta della famiglia delle Punicaceae (o Lythraceae secondo la classificazione AGP).
Comprende due specie di arbusti, originari di una regione che va dall'Iran alla zona himalayana dell'India settentrionale, e diffusi sin dall'antichità nell'intera zona mediterranea e nel Caucaso.
Punica granatum è il comune melograno, pianta a portamento cespuglioso, alta fino a 2-4 m, foglie caduche lanceolate non molto grandi di colore verde lucente, fiori solitari grandi o riuniti in mazzetti all'estremità dei rami, di colore rosso vivace. Il frutto, dall'inconfondibile sapore agrodolce, è comunemente noto con il nome di «melagrana».
Una ricerca di qualche anno fa condotta in Israele da Michael Aviram, biochimico, ha scoperto che questo frutto possiede proprietà non solo terapeutiche, ma addirittura antitumorali, essendo estremamente ricco in flavonoidi, potenti antiossidanti che proteggono il cuore e le arterie.
Il succo di melograno, secondo la ricerca, è praticamente tossico nei confronti delle cellule cancerose.
Il melograno è infatti una ricca fonte di acido ellagico, una sostanza recentemente portata alla luce dalla ricerca e contenuta anche nei lamponi, nelle fragole e nelle noci.
Ed è proprio questo acido che indurrebbe la morte delle cellule cancerose.
Conferma in tal senso arriverebbe proprio in questi giorni dal sito britannico «Dailymail.co.uk» dove si legge che alcune componenti del succo in questione inibirebbero il moto delle cellule tumorali oltre ad azzerare la loro diffusione.
La scoperta è stata fatta da un gruppo di ricercatori della University of California che hanno presentato i risultati del loro studio all'American Society for Cell Biology di Philadelphia.
Ecco qui di seguito elencati i benefici del frutto relativi a:
- tumore alla prostata: il succo di melograno rallenta la progressione del cancro suddetto. Inoltre, il suo regolare consumo aumenta nelle persone operate e sottoposte a radioterapia gli effetti benefici della cura ed abbrevia sensibilmente i tempi di recupero;
- tumore ai polmoni: bere succo di melograno può aiutare a ridurre lo sviluppo delle cellule del cancro ai polmoni e risulta un valido aiuto per la prevenzione;
- tumore alla mammella: inibizione della proliferazione delle cellule cancerogene del seno.
Di nuovo è la natura a venire incontro all'uomo.
E di solito non avviene quasi mai il contrario.

(Villaggio globale.it, 16 dicembre 2010)

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Gaza: niente scuse di Israele alla Turchia per l'uccisione di attivisti

Il vice ministro degli esteri Danny Ayalon, rispondendo oggi alla Knesset a una interpellanze, ha espressamente escluso che sia intenzione di Israele scusarsi con la Turchia per l'uccisione di nove suoi cittadini nell'arrembaggio della marina israeliana a una nave turca di attivisti filopalestinesi diretti a Gaza, il 31 maggio scorso.
"Non c'è alcuna intenzione - ha detto Ayalon - di scusarsi con la Turchia e bisogna rimuovere questa questione dall'ordine del giorno".
Nei giorni scorsi, invece, dopo l'invio di due aerei antincendio turchi per partecipare alle operazione di spegnimento di un gigantesco incendio sul monte Carmelo, alle porte di Haifa, era apparsa delinearsi la possibilità di un disgelo nei rapporti tra i due paesi e emissari dei due governi si erano incontrati a Ginevra per cercare di chiudere l'aspra controversia.

(ticinonews.ch, 15 dicembre 2010)

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Gerusalemme: aperta la prima conferenza sulle energie rinnovabili Cina-Israele

La sera del 14 dicembre si è aperta a Gerusalemme la prima conferenza sulle energie rinnovabili Cina-Israele, della durata di 2 giorni, nel corso della quale decine di esperti e studiosi dei due paesi discuteranno i problemi del quadro globale delle risorse energetiche, dei cambiamenti climatici e delle energie rinnovabili.
Durante la cerimonia d'apertura, un membro della Commissione economica statale israeliana ha affermato che Israele e Cina presentano delle diverse situazioni statuali, ma hanno comuni obiettivi e ampie prospettive di cooperazione nello sfruttamento delle nuove risorse energetiche e nella riduzione della dipendenza dal petrolio. Egli spera che la conferenza erga un ponte di cooperazione nelle nuove risorse energetiche fra i governi, gli organismi di ricerca e le imprese dei due paesi.

(Radio Cina Internazionale, 15 dicembre 2010)

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Caos sui visti e hotel separati. Israele, prima volta sul Golfo

Mondiali di nuoto in vasca corta: a Dubai anche la stella di David

di Giulia Zonca

ROMA - C'è una bandiera israeliana che sventola dentro la piscina Mohammed bin Rashid a Dubai, l'hanno alzata ieri pomeriggio, tra quelle che già stavano lì a rappresentare i Paesi iscritti al Mondiale in vasca corta, quelli sicuri di esserci. Israele è arrivata per ultima, fermata per problemi di visti, messa in attesa, perlustrata fino all'ultimo paio di occhialini e scortata in un albergo diverso da quello dove dormono gli altri atleti, però presente. Per la prima volta una nazionale israeliana ha ricevuto il benvenuto da uno stato arabo del Golfo.
La squadra, 4 uomini e 1 donna, ha dormito poco, ha bivaccato all'aeroporto per troppo tempo, ha avuto un solo pomeriggio di riscaldamento prima della gare di oggi e ha il dovere di sorridere. Per questo, invece di lamentarsi, posano entusiasti a bordo piscina, davanti alla scritta araba del complesso tirato su nel deserto e costato 300 milioni di dollari. Dubai avrebbe dovuto organizzare i prossimi Mondiali in vasca lunga, ma la crisi ha fermato l'espansione sportiva e si sono accontentati del formato mignon, i 25 metri. Avevano garantito i visti agli israeliani solo che domenica le regole sono cambiate. Non esistono rapporti diplomatici tra le due nazioni quindi non ci sono state telefonate ufficiali o spiegazioni, solo funzionari, molti e tutti con dettagli difficili da interpretare: «Se arrivate all'aeroporto di Dubai i pass saranno timbrati», peccato che la Jordanian Air si rifiutasse di imbarcare il gruppo con i documenti a metà.

La squadra israeliana: Amit Ivri, Alon Mandel, Guy Barnea,
Gal Nevo e John Koplev nella piscina di Dubai
Ennesimo limbo risolto dalla federazione internazionale di nuoto che ha preteso chiarezza. Dubai oggi nega persino l'ipotesi di un incidente: «Certe lungaggini possono capitare con chiunque, a volte succede con i turisti. Qui si parla di sport, non di politica e la nazionale israeliana sarà trattata come tutte le altre». Insomma, non è proprio così: sono isolati, protetti dalla sicurezza anche durante lo stretching, hanno gli occhi di tutti addosso e a Nevo Gal tocca pure debuttare nella prima batteria della prima gara in programma, i 200 metri stile libero previsti per le 10 di stamattina ovvero a 32 ore dall'atterraggio. Non è il massimo per un atleta ma contrariamente a quanto dicono le autorità questo non è proprio solo sport.
L'ultima volta per esempio è finita malissimo: lo scorso febbraio, la tennista Shahar Peer è stata rispedita indietro. Gli americani hanno protestato, i capoccia del tennis hanno minacciato di togliere la tappa di Dubai dal calendario, gli emiri hanno spiegato che si trattava solo di un problema di sicurezza e il caso internazionale è montato. Il Golfo non si può permettere un'altra faida del genere e a suggerire la via del disgelo ci sono anche i Mondiali 2022. Il Qatar ha dovuto affrontare la questione un minuto dopo l'assegnazione: «Non ci saranno problemi di visto, ogni nazione sarà ben accetta, così come tutti i tifosi al seguito. Se Israele si qualifica, la ospiteremo». Il rifiuto del Dubai avrebbe messo di nuovo il virus in circolo e le grandi opere sono già partite. Nessuno può permettersi uno scandalo, meglio alzare la bandiere di Israele.

(La Stampa, 15 dicembre 2010)

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La maratona di Gerusalemme

Il 25 marzo 2011 si correrà a Gerusalemme la prima maratona internazionale aperta a corridori dilettanti e professionisti. Sono tre le gare con partenza dalla Knesset, sede del Parlamento israeliano, e arrivo previsto al Parco Sacher: i percorsi sono lunghi rispettivamente 42.195 km, 21 km, 10 km. Tutti e tre gli itinerari toccano il centro di Gerusalemme, la Città Vecchia, le Mura, la Piscina del Sultano e tanti altri luoghi suggestivi per scoprire 3.000 anni di storia della città. I vincitori si aggiudicheranno premi che vanno dai 5.000 ai 49.000 dollari americani. In occasione della maratona si terranno una serie di eventi collaterali: la mostra Salute e Sport aperta dal 22 al 24 marzo negli spazi dell'International Convention Center; una serata con menu a base di pasta e tour nei dintorni di Gerusalemme.
Per ulteriori informazioni e iscrizioni: www.jerusalem-marathon.com (pagine anche in italiano).

(mondointasca, 15 dicembre 2010)

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"Non si può tifare per la flottilla"

di Dimitri Buffa

Fiamma Nirenstein, nota giornalista italiana ed esperta del Medio Oriente (nonché onorevole del Pdl e vicepresidente della commissione Esteri alla camera) non ci sta a passare per "aggressiva", così come l'ha definita il presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti Enzo Iacopino (per una lettera a lui inviata contro questa improvvida iniziativa di presentare proprio a via Parigi 11 a Roma, nella sede nazionale dell'Ordine, la seconda flottiglia italiana per Gaza), né per "colona", come invece la ha etichettata un sedicente rappresentante della comunità palestinese a Roma.

- Onorevole Nirenstein, perché ha giudicato inopportuna la presentazione della nuova Flottilla per Gaza nella sede dell'ordine nazionale dei giornalisti da parte del presidente Enzo Iacopino?
  Moralmente è chiaro che c'è una simpatia per questa iniziativa, se uno scrive la prefazione al libro di Angela Lano, che è un'attivista della prima flottiglia e che va in giro a parlare di pretesi crimini di guerra di Israele, è inutile che si arrabbi se lo chiamano "armatore" della seconda flottiglia.
Poi si metta una mano sulla coscienza perché in quell'organizzazione che è l'Ordine dei giornalisti sono obbligati a stare tutti i giornalisti italiani e non credo che in molti siano d'accordo a pagare la quota di iscrizione per essere rappresentati in questo modo.

- La soddisfa la risposta di Iacopino che ha detto di essersi sentito intimidito dalla sua lettera, cui poi non ha dato lettura?
  La mia lettera non era affatto intimidatoria.
Semplicemente lo ho sfidato a presentare nella stessa sede qualche iniziativa a favore di Israele (magari per la liberazione di Shalit, ndr)...oppure che so io...Ma lui la lettera che ho mandato neppure ha voluto leggerla in pubblico. Ha detto che si sentiva intimidito? E che dovrei dire io che a causa di questo tipo di aggressioni alla mia attività di giornalista e anche per le mie caratteristiche etnico religiose, cioè per il fatto che sono ebrea, vengo continuamente delegittimata fino alla minaccia?

- Un sedicente rappresentante della comunità palestinese a Roma durante la presentazione ha detto che lei vive in una colonia a Gilo…
  Lui ha permesso senza obiettare che mi si definisse una colona? Si vede che forse non sa che questa è un'incitazione all'odio per la quale già in passato, ringraziando l'ex rappresentante di Arafat a Roma, Nemer Hammad, ho dovuto subire per anni un servizio di scorta e protezione di cui avrei fatto volentieri a meno.

- Iacopino ha incassato la solidarietà di un sito internet che fa riferimento in Libano agli Hezbollah che lo dipinge come vittima di un'aggressione sionista. Come giudice questa cosa?
  Una solidarietà che si auto definisce. Un'altra organizzazione terroristica come Hezbollah che sguazza nella polemica: tutti gli odiatori di Israele sono solidali con chi porta acqua al loro mulino.
Iacopino dovrebbe riflettere sul perché un sito degli hezbollah in Libano, sia pure storpiandone il nome, cosa che fa capire che per loro sia un emerito sconosciuto, abbia tuttavia sentito il bisogno di esprimergli solidarietà.

- Ma a Gaza gli aiuti arrivano o c'è veramente bisogno di un'altra flottilla?
  Tutta questa retorica degli aiuti alimentari per Gaza in genere si basa su informazioni false e incomplete: a Gaza non c'è una situazione estrema.
Non si muore di fame. In rete ci sono decine di filmati fatti dagli stessi palestinesi che mostrano negozi aperti e pieni di merci. Certo non c'è il benessere, che è impedito dal regime di Hamas, organizzazione terrorista ed estremista islamica. Dal 2006 è sempre stato così.
Si tratta di un regime che perseguita ebrei e cristiani. Al mondo ci sono decine di posti che meriterebbero ben più solerti mobilitazioni: dal Sudan all'Iraq, al Centro Africa, allo stesso Afghanistan e così via. Questi "pacifisti" che qualcuno chiama "pacifinti" vogliono solo fare da sponda a chi ha fatto di Gaza una punta nel fianco di Israele.
Io non ho mai visto flottiglie e mobilitazioni di gruppi umanitari per altri posti che non siano Gaza e nessuno sembra preoccuparsi del fatto che tutti i soldi e gli aiuti finiscano nelle mani di Hamas, che poi è un movimento nella cui carta costituzionale c'è scritto che vuole sterminare tutti gli ebrei del mondo: fondamentalmente sono dei nazisti.
E questo avrà pure un peso quando si organizzano flottiglie e quando le si presentano in sedi istituzionali...o no?"

(l'Opinione, 15 dicembre 2010)

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Nel prossimo futuro, Israele potrebbe assomigliare alla Norvegia

Queste almeno sono le intenzioni del governatore della Banca centrale israeliana, Stanley Fischer, di recente insignito del titolo nazionale di «Economista dell'Anno». Fischer ha invocato il ricorso anche nello Stato ebraico a quello che ha definito il «modello norvegese», che in sostanza consiste nel creare un fondo d'investimento in cui dovrebbero pervenire i diritti e le tasse derivati dalla compravendita degli idrocarburi scoperti negli ultimi tempi. Introiti che verrebbero poi reinvestiti oltreoceano. «Se davvero le riserve scoperte nel Mediterraneo sono ingenti come i primi studi lasciano pensare, e dunque ben più grandi delle dimensioni limitate della nostra economia - ha spiegato il governatore -, allora dovremmo relazionarci ad esse come altri Paesi hanno fatto prima di noi in situazioni analoghe». Fischer ha poi sottolineato il pericolo che Israele venga colpito dal cosiddetto "Dutch disease", la malattia olandese o "maledizione delle risorse": ovvero, la possibilità che l'abbondanza di una risorsa naturale, in questo caso gas e petrolio, faccia schizzare il valore della moneta locale, e abbia un impatto economico negativo sull'industria locale e sulle esportazioni. «Dobbiamo prevenire questo rischio - ha incalzato Fischer -, e dunque dobbiamo fare come la Norvegia: controllare l'impatto del denaro proveniente dallo sfruttamento delle risorse energetiche investendolo». L'Economista israeliano del 2010 ha parlato anche delle sfide macro-economiche che Israele deve fronteggiare, individuando tre punti-chiave: «Garantire la stabilità monetaria, incentivare la crescita e l'occupazione, e far fronte alle necessità sociali». Fischer ha poi insistito su quello che negli ultimi tempi sembra essere diventato il suo mantra: il prezzo dello shekel, la moneta israeliana, che continua a rafforzarsi. E questa tendenza potrebbe diventare un problema: «Una delle minacce della crescita risiede nell'aumento del tasso di cambio tra la nostra valuta e il dollaro. La nostra economia dipende per il 46% dalle esportazioni, e dunque siamo obbligati a tenere gli occhi sempre bene aperti sui tassi di cambio. Continueremo a intervenire sui mercati stranieri per salvaguardare il nostro export».

(FocusMo, 15 dicembre 2010)

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L'intelligenza di Sgarbi

di Francesco Lucrezi

Buona parte dell'intervista rilasciata da Vittorio Sgarbi, pubblicata sull'ultimo numero di HaTikwa, è dedicata all'episodio - già a suo tempo ampiamente pubblicizzato - del presunto atteggiamento eccessivo e scortese che nei confronti del critico d'arte avrebbero assunto, tempo fa, gli addetti alla sicurezza dell'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv: un comportamento giudicato dall'interessato tanto molesto e inopportuno da indurlo ad affermare che non avrebbe più messo piede in Israele, scelta che appare confermata nella suddetta intervista. Alla base del risentimento, spiega Sgarbi, c'è soprattutto il fatto che lui era andato in Israele essendo stato invitato, e ciò lo avrebbe dovuto esentare dai necessari controlli di routine: "ero ospite di Israele, sapevano perfettamente chi ero… Se uno va in Israele spontaneamente è giusto che facciano i controlli che vogliono. Se uno invece va come ospite deve essere rispettato, non c'è nessuna ragione perché sia temuto come un nemico… Se un ebreo viene a casa mia non faccio nessun controllo".
Essendo Sgarbi notoriamente considerato persona di intelligenza fuori dal comune, tali considerazioni meritano qualche commento:
1) Gli addetti alla sicurezza del Ben Gurion non mancano mai a nessuno di rispetto, che sia invitato o no, e non trattano nessuno "da nemico", ma tutti come persone che possono essere usate, anche a loro insaputa, da possibili nemici. Sgarbi pensa forse che i "nemici" si presentino con un ghigno sadico e un pugnale tra i denti?
Siamo sicuri che Sgarbi non fa nessun controllo su chi va a casa sua, ebreo o no, per il semplice motivo che non c'è nessuno che minacci di farlo saltare in aria con qualche bomba. Il massimo che ha rischiato, in vita sua, è qualche fischio. Forse per Israele il discorso è un poco diverso. Ma, nonostante l'aeroporto Ben Gurion sia il target n. 1 dei terroristi di mezzo mondo, esso resta tuttavia l'aeroporto più sicuro del pianeta, grazie proprio alla pignoleria di quei solerti addetti alla sicurezza che tanto hanno infastidito Sgarbi. Strano che una persona della sua intelligenza mostri di non capirlo, e apprezzarlo.
Sgarbi non dice da chi è stato invitato in Israele, se dal governo, da un'Università, un'istituzione culturale o altro. Ma la cosa, in ogni caso, non ha alcuna importanza, così come non ha alcuna importanza, ai fini della sicurezza, se uno va in Israele invitato da qualcuno o no. Se anche Sgarbi fosse stato invitato, per esempio, dal Presidente dello Stato in persona, neanche il Presidente stesso avrebbe potuto influire sui meccanismi di sicurezza, che sono necessariamente inderogabili e, per definizione, non ammettono eccezioni. Certo, secondo un ragionamento "all'italiana", secondo cui "gli amici degli amici" o i "Lei non sa chi sono io" devono avere un trattamento diverso, Sgarbi non avrebbe "fatto la fila", come ogni comune mortale. Ma questo Israele non se lo può permettere, nell'interesse dei suoi milioni di visitatori. Strano, ancora una volta, che un'intelligenza così raffinata non arrivi a comprenderlo.
Le numerose volte che sono andato in Israele (molto spesso, da invitato, come Sgarbi), sono sempre stato sottoposto, ovviamente, ai controlli di scurezza, e ho sempre provato gratitudine per quei ragazzi impegnati in un lavoro ingrato, duro e stressante, nel quale anche una piccola distrazione potrebbe rivelarsi fatale. Quasi sempre sono stato trattato con grande cortesia e affabilità, e qualche volta anche, come è umano con accada, in modo un po' sbrigativo. Può anche darsi (anche se non me ne ricordo) che talvolta io abbia un po' bofonchiato per la rigidità di un addetto particolarmente zelante. Ma se avessi trasformato il mio malumore verso un responsabile della security un po' brusco in una generale insofferenza verso lo Stato ebraico, nel suo insieme, avrei dimostrato lo stesso livello di intelligenza di Sgarbi. Che però, per fortuna, è irraggiungibile.

(Notiziario Ucei, 15 dicembre 2010)

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Supergiacimento al confine col Libano: Europa a caccia del gas israeliano

Il Bacino del Levante, la porzione di Mediterraneo che va da Cipro verso le coste situate tra la Siria e Gaza, trabocca di gas (e petrolio) e ciò disegna un Medio Oriente completamente nuovo, in cui Israele diventerebbe esportatore di gas e il Libano potrebbe tornare a essere la Svizzera d'Oriente.
Tutto ciò è confermato dai rilievi compiuti dalla società di rilievi norvegese PGS nel 2007, e da quelli della texana Noble Energy, eseguiti lungo le coste nord di Israele e al di là del confine col Libano. Si sapeva già da tre anni che tra le coste della Siria, i fondali di Cipro (attorno al vulcano sottomarino Eratostene) e il porto di Beirut vi sono alcuni miliardi di barili di petrolio. Ma i dati più recenti, filtrati a partire dall'aprile di quest'anno, sono di assoluto rilievo: Israele ha diversi giacimenti di gas. Il principale -denominato Leviathan- avrebbe una consistenza di "almeno" 25 "trillion cubic feet" (Tcf, da ora in poi), cioè 8000 miliardi di miliardi di metri cubi....

(l'Occidentale, 14 dicembre 2010)

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Netanyahu: "Israele punta a entrare tra i 15 paesi più ricchi del mondo"

«Israele punta a entrare nella top 15 dei Paesi con maggiore ricchezza pro capite nei prossimi 15 anni». A dirlo è il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, intervenuto all'annuale Business Conference, che si è chiusa ieri a Tel Aviv. «Il nostro è un obiettivo possibile; non facile, certo, ma possibile - ha assicurato il leader - basta seguire cinque semplici regole». La prima è frutto di puro buon senso: «I governi non devono spendere in eccesso». Sembrerebbe una banalità, e invece, ha sottolineato Netanyahu, «molti Paesi se ne erano dimenticati».
Se vuoi più difesa, istruzione, welfare, devi tagliare da qualche altra parte. Noi abbiamo messo in piedi già nel 2003 un sistema di regole che altre nazioni sono obbligate a varare adesso in tutta fretta. La stabilità del quadro fiscale è cruciale, e non se ne può prescindere: e questa è probabilmente una delle lezioni più dure che questa decade ci ha insegnato». «L'economia che cresce - ha proseguito il capo del governo, spiegando la seconda regola - è l'economia in cui si investe. Ecco perché dobbiamo abbassare le tasse alle imprese a un livello competitivo, garantendo il più possibile i profitti». Il premier ha promesso quindi che nel 2016 la pressione fiscale sulle aziende sarà del 18 per cento, contro l'attuale 26 per cento. «Taglieremo le tasse e otterremo la crescita che vogliamo impiegare nel welfare e nell'educazione». Terzo ingrediente elencato dal capo del Governo: spingere l'acceleratore sull'innovazione. «Senza innovazione non c'è crescita - ha spiegato Netanyahu - il valore aggiunto viene da un sistema d'istruzione riformato». Il premier ha poi annunciato che intende inserire le materie economiche fin dalle scuole elementari. Oltre all'istruzione, fondamentali anche infrastrutture adeguate; il che per Israele significa anche garantirsi sufficienti risorse idriche. «Abbiamo bisogno di più acqua, e l'avremo. Come avremo anche autostrade in Negev e nella Galilea, un treno che colleghi Eilat, sul Mar Rosso, con il resto del Paese, e altro ancora». E le infrastrutture, nella visione di Netanyahu, potrebbero anche aiutare il processo di pace, per esempio costruendo una rete ferroviaria mediorientale. Ultima regola: supportare l'abilità dei privati di condurre gli affari con un intervento pubblico minimo. «Dobbiamo mettere il settore degli affari in grado di funzionare al meglio, la riforma dell'amministrazione varata di recente deriva da questa impostazione». Il premier ha concluso citando il supermilionario americano, Warren Buffet: «Buffet è diventato quello che è attenendosi a regole chiare e semplici, che danno risultati quando applicate con costanza».

(FocusMo, 14 dicembre 2010)

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Antisemitismo - Risoluzione per contrastare il fenomeno sulla rete

ROMA, 14 dic. - La Commissione Esteri della Camera ha approvato all'unanimità una risoluzione per contrastare la diffusione sul web dell'antisemitismo e della xenofobia in generale. Lo riferisce in un comunicato Fiamma Nirenstein (Pdl), vicepresidente della Commissione Esteri e presidente del comitato di indagine conoscitiva sull'antisemitismo.
"La risoluzione", spiega Nirenstein "impegna il governo a siglare il Protocollo Addizionale alla Convenzione di Budapest sulla cybercriminalità, che riguarda i reati di tipo razzista e xenofobo commessi attraverso sistemi informatici. Il Protocollo consente il coordinamento internazionale degli investigatori nelle indagini su tali crimini, facilitando l'applicazione della Legge Mancino sul contrasto della discriminazione razziale, etnica e religiosa. Con l'adozione di questo Protocollo sarà possibile scavalcare i limiti dei nostri confini".
"L'Osservatorio sull'Antisemitismo del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (CDEC)", prosegue Nirenstein, "ci fa notare, con il suo nuovo rapporto uscito in questi giorni, che dal 2007 al 2010 i siti italiani 'con significativi contenuti antiebraici' sono quasi raddoppiati rispetto al quadriennio precedente. Se, secondo i dati del Ministero dell'Interno, nel 2008 sono state registrate 800 pagine con contenuti antiebraici (siti, social network e gruppi di discussione), nel 2009 erano 1200 e nel 2010 sono ancora aumentati".

(Apcom, 14 dicembre 2010)

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Un archivio sonoro per la parlata degli ebrei livornesi

Domani a Pisa la presentazione del vocabolario interattivo del bagitto, l'idioma giudeo-livornese che sopravvive tra i banchi del mercato del porto-

Rinasce a Pisa, grazie agli studi di Fabrizio Franceschini, professore di Storia della lingua italiana dell'Università di Pisa e del suo allievo Alessandro Orfano, il bagitto, l'idioma giudeo-livornese nato nel porto toscano secoli addietro e sopravvissuto fino ad oggi.
Il bagitto nasce a Livorno nel '700, quando la città toscana era un porto franco aperto a vari influssi mediterranei ed europei e la comunità ebraica poté fiorire e costruire una prospera rete commerciale. Secondo Franceschini il termine bagitto sta a significare l'idea di un linguaggio segreto, sommesso che richiama l'espressione comune hablar bajito, cioè 'parlare sottovoce, in modo celato'.
Dall'approfondita ricerca, condotta dal dottor Orfano nei luoghi dove questo idioma continua a vivere, tra i banchi del mercato di Livorno gestiti da secoli da famiglie ebraiche, è nato un archivio sonoro, a supporto di un corposo vocabolario interattivo.
Domani, mercoledì 15 dicembre alle 10.30, nell'Aula Magna Storica del Palazzo della Sapienza la presentazione dei volumi di Fabrizio Franceschini "Livorno, la Venezia e la letteratura dialettale. I. Incontri e scontri di lingue e culture. II. Testi 1790-1832" (Felici Editore, 2007-2008) e del cd rom curato da Alessandro Orfano, "Archivio sonoro della parlata degli Ebrei di Livorno".

(intoscana.it, 14 dicembre 2010)

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Ahmadinejad attacca Israele: "La sua esistenza è insulto all'umanità"

TEHERAN - L'esistenza di Israele è "un insulto alla dignità umana" e "il vero genocidiò è quello compiuto dagli Israeliani a danno dei Palestinesi. Lo ha detto il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad, citato dalla televisione iraniana in inglese PressTv. "Il metodo usato nella fondazione del regime sionista (Israele, ndr) e la continuazione della sua esistenza sono un grande insulto alla dignità umana", ha affermato il presidente iraniano. Ahmadinejad, che più volte in passato ha profetizzato l'imminente scomparsa di Israele e ha definito "una favola" l'Olocausto, ha fatto queste nuove affermazioni mentre incontrava ieri a Teheran i membri di un convoglio con membri di vari Paesi asiatici che intende raggiungere la Striscia di Gaza per portare aiuti ai Palestinesi. Dall'Iran il convoglio proseguirà per la Turchia e poi per la Siria. Il programma prevede che poi arrivi in Egitto, da dove cercherà di entrare nella Striscia di Gaza, sottoposta al blocco israeliano.

(la Repubblica, 14 dicembre 2010)

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La Torah, legge di base dello Stato ebraico

Ratzon Arusi
Nel corso della Conferenza sulle leggi della Torah, lunedì 13 dicembre il rabbino Ratzon Arusi, membro del Consiglio dei rabbini, ha proposto che ogni disegno di legge presentato al Parlamento israeliano sia valutato in base alla legge religiosa ebraica.
"Dobbiamo decidere se questo è uno Stato ebraico oppure no - ha detto Arusi - Non voglio fare sì che ogni persona che viene portata in tribunale sia esaminata per verificare se osserva la kasherut o il riposo del sabato, ma lo Stato ebraico deve tenere conto della legge religiosa in misura maggiore".
Nel 2009, nel corso della Conferenza sulle leggi della Torah, il ministro della Giustizia Yaakov Neuman aveva dichiarato "passo dopo passo, la legge della Torah diventerà la legge di base nello Stato di Israele. Dobbiamo rimettere in vigore le tradizioni dei nostri padri e l'insegnamento dei rabbini del passato, perché possono offrire una soluzione a tutti i problemi che affrontiamo oggi".
L'Atto di fondazione delle leggi, approvato nel 1980, afferma che in mancanza di una legge esistente o di un precedente giudiziario, ogni questione che giunge in tribunale va giudicata in base alla tradizione ebraica.

(TicinoLive, 14 dicembre 2010)

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Netanyahu soddisfatto per il ripensamento Usa sugli insediamenti

TEL AVIV - Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha accolto con piacere la decisione degli Stati Uniti di abbandonare la richiesta di congelamento degli insediamenti israeliani nei territori palestinesi e di concentrarsi sulla risoluzione delle questioni chiave del conflitto in Medio Oriente.
"Per raggiungere la pace, dobbiamo discutere dei temi che stanno veramente ritardando il processo di pace. Accolgo con piacere il fatto che ora potremo cominciare a discutere di questi temi e cercare di ridurre le distanze", ha detto oggi Netanyahu, a poche ore dall'arrivo dell'inviato statunitense.

(Reuters, 13 dicembre 2010)

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L'Ordine dei giornalisti si arruola contro Israele

di Fiamma Nirenstein

E così l'Ordine dei giornalisti ha coronato le bizzarre attività della sua più recente incarnazione, quella in cui ha messo il bavaglio a Vittorio Feltri con atto così proditorio da risultare un'evidente effrazione della libertà di opinione, e adesso ha indetto in nome della libertà di opinione una manifestazione davvero indecente. Ieri infatti proprio presso la sede dell'Ordine e dietro la foglia di fico della presentazione di un libro si è svolto il lancio di una nuova flottiglia per Gaza, e una flottiglia di nuovo gestita dalla stessa organizzazione, l'Ihh, che ha portato al disastro del convoglio infausto del maggio scorso, quando 9 persone hanno perso la vita nello scontro con l'esercito israeliano causato dalla provocazione jihadista davanti alle acque di Gaza, dopo che i militanti parapacifisti avevano rifiutato ogni controllo di eventuali armi o finanziamenti diretti a Hamas. Ha un bel dire, con attivismo improprio e insistito il presidente dell'Ordine Enzo Iacopino, che la sua Ihh è diversa da quella sulla lista nera della Germania e presto anche su quella degli Usa. Questi Stati nostri alleati spiegano questa decisione valutando gli Ihh un'organizzazione islamista dedita alla jihad e che definisce la sua attività più che nelle attività caritative nella distruzione dello Stato d'Israele. Come si fa a dire che siano cose diverse? Che casualità... Si chiamano allo stesso modo e propagandano gli stessi fini, e così lasciano intravedere la vicinanza a Hamas, senza il quale a Gaza non si muove paglia, non si ricevono né si gestiscono doni di chicchessia....

(il Giornale, 14 dicembre 2010)

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Le condanne a morte di Hamas, nel silenzio dei finti pacifisti

di Francesco Battistini

Altri quattro. Appesi a un filo, in attesa d'essere appesi a un cappio. Un tribunale militare di Hamas, nei giorni scorsi, ha condannato a Morte un gruppetto di «collaborazionisti al servizio dei sionisti» . Non si sa esattamente che cos'abbia combinato il quartetto. Si sa che ci vuol poco a passare da spia, da quelle parti. E che «Hamas usa spesso giudici privi delle necessarie qualifiche» (rapporto 2010 di Amnesty International). «Progettavano rapimenti e uccisioni» , dice la sentenza. Forte del fatto che le condanne sono state pronunciate in absentia dei difensori e, soprattutto, nell'assenza d'una reazione internazionale. Con la pena di morte, va così. Ci s'indigna a seconda di chi la commina. La piccola Gaza, prigione a cielo aperto, produce una percentuale di sentenze capitali da far invidia alla Cina e agli Usa. Con la differenza che tutti se ne infischiano. Molte Ong che sono sempre pronte a firmare (sacrosanti) appelli ai governatori americani, a Pechino o ad Ahmadinejad, e che sostengono finanziariamente usa spesso giudici privi delle necessarie qualifiche» (rapporto 2010 di Amnesty International). «Progettavano rapimenti e uccisioni» , dice la sentenza. Forte del fatto che le condanne sono state pronunciate in absentia dei difensori e, soprattutto, nell'assenza d'una reazione internazionale. Con la pena di morte, va così. Ci s'indigna a seconda di chi la commina. La piccola Gaza, prigione a cielo aperto, produce una percentuale di sentenze capitali da far invidia alla Cina e agli Usa. Con la differenza che tutti se ne infischiano. Molte Ong che sono sempre pronte a firmare (sacrosanti) appelli ai governatori americani, a Pechino o ad Ahmadinejad, e che sostengono finanziariamente e politicamente Hamas, chissà perché diventano afone se si tratta di salvare i «servi d'Israele» . C'è una ventina di condannati, in attesa nel nuovo braccio della morte. Nessuno sa dire con precisione se e quanti finiranno davanti al boia: l'anno scorso li abbiamo visitati e almeno uno di quei detenuti, ha fatto sapere radiocarcere, là dentro non c'è più. Hamas — che in venti mesi ha ammazzato sommariamente una trentina di «spie» — finora non ha mai dato notizia di esecuzioni. Dice Amnesty che le condanne, al momento, restano sulla carta. «Noi siamo pronti in ogni momento» , dice il direttore del penitenziario: «Fucilazione per gli ex militari, impiccagione per gli altri, e una ghigliottina da restaurare nello scantinato» . Se nessuno deve toccare Caino, specie in queste terre bibliche, prima o poi a qualcuno toccherà dire qualcosa su questi Caini dimenticati dal mondo.

(Corriere della Sera, 14 dicembre 2010)

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Ismail Haniye: Israele è un nemico, non c'è futuro in Palestina per gli occupanti


GAZA, 14 dicembre - Parlando in occasione del 23mo anniversario della fondazione di Hamas, il premier palestinese Ismail Haniye ha detto che in circostanze corrette Hamas conquisterà alle prossime elezioni sia la West Bank che la striscia di Gaza. Haniye ha affermato nel corso del comizio, tenuto in una piazza di Gaza città, "Hamas non riconoscerà Israele" sino a quando quest'ultimo occupa le terre palestinesi. "Israele è un nemico e non c'è futuro per l'occupazione", ha sottolineato Haniye, il quale, parlando degli sforzi di riconciliazione con al Fatah, ha osservato "Ci avviciniamo (ad al Fatah) nella misura in cui al Fatah si avvicina (a Hamas)".

(Arab Monitor, 14 dicembre 2010)

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Hamas, uccisi 1349 israeliani in 23 anni

GAZA, 14 dic. - Sono 1.349 gli israeliani uccisi dagli uomini di Hamas nei suoi 23 anni di vita. E' questo uno dei dati contenuti nel "bilancio delle attivita' jihadiste" stilato dalle brigate Ezzedin al-Qassam, braccio armato del gruppo islamico, in occasione del 23esimo anniversario di Hamas, che si sta festeggiando in queste ore a Gaza. In base al bilancio stilato dalle brigate al-Qassam, dal giorno della sua nascita sono stati 1.106 gli attentati compiuti contro Israele, 10.981 i razzi lanciati contro lo stato ebraico e 87 i kamikaze entrati in azione contro gli israeliani.

(Adnkronos, 14 dicembre 2010)

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Tempeste di neve e nuvole di sabbia in Medio Oriente (in francese)



(Guysen TV, 14 dicembre 2010)

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Delegazione Uil in Israele incontra il sindacato Histadrut

Visita con il segretario Pirani: rinsaldare i rapporti fra sindacati

ROMA, 13 dic. - In questi giorni una delegazione della Uil guidata dal segretario confederale, Paolo Pirani, è ospite in Israele del sindacato Histadrut.
"Gli incontri tra i dirigenti delle due organizzazioni - spiega il sindacato - sono l'occasione per rinsaldare gli ottimi rapporti tra le centrali sindacali dei due paesi che intendono confrontarsi sui temi dell'attualità sociale ed economica ma anche su possibili sinergie e collaborazioni".
Nell'agenda della delegazione della Uil anche appuntamenti con l'ambasciatore italiano e con la comunità italiana in Israele. Altri incontri sono programmati con alcune Istituzioni formative ed universitarie locali e con alcuni Enti territoriali.

(Apcom, 13 dicembre 2010)

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Pubblico annuncio di contro-iniziativa sulla flottiglia a Gaza

di Fiamma Nirenstein

13 Dicembre 2010 - "Ho già protestato nei giorni scorsi con l'Ordine dei Giornalisti perché trovo scandaloso che promuova nella sua sede, domani, un'iniziativa sulla flottiglia per Gaza del maggio scorso, ospitando tra l'altro anche esponenti dell'IHH, la controversa organizzazione turca formata da estremisti islamici che guidò quella tragica spedizione. Si allega una lettera indirizzata al Presidente dell'Ordine, Enzo Iacopino, che domani presenterà personalmente l'iniziativa, con la richiesta di dar conto pubblicamente, impegnandosi in questo senso e riconoscendo di conseguenza l'unilateralità della manifestazione in corso, di una prossima iniziativa parallela e antitetica da me organizzata".

Roma, 12 dicembre 2010

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Alla c.a di Enzo Iacopino Presidente dell'Ordine dei Giornalisti

Caro Iacopino,
ho ricevuto oggi il tuo messaggio che mi annuncia la tua decisione di accogliere la mia richiesta, a te e all'Ordine, di promuovere quanto prima un'iniziativa, di cui ti indicherò a breve i termini che ritengo opportuni, volta a controbilanciare l'incredibile scelta di presentare alla sede dell'Ordine, in modo unilaterale e certamente anti-israeliano, la tragica vicenda della Mavi Marmara e della flottiglia diretta a Gaza nel maggio scorso, durante un'iniziativa che vedrà presenti fra l'altro personaggi legati all'IHH (Insani Yardim Vakfì). Trattasi di un'organizzazione turca formata da estremisti islamici, già sulla lista nera della Germania sia per attività di supporto al terrorismo, sia per la sua lotta contro il diritto all'esistenza di Israele. Inoltre tale organizzazione mantiene stretti legami con Hamas (sulla black list europea dal 2003) e fa parte della "Union of Good", organizzazione legata ai Fratelli Mussulmani e bandita negli Stati Uniti.
Ti scrivo perché tu renda pubblica, nel corso della manifestazione da te indetta, questa decisione che non ritengo debba restare relegata a messaggini telefonici. Mi aspetto quindi che domani venga annunciata un'iniziativa nella sede dell'Ordine, che spieghi un punto di vista opposto a quello dei promotori della scorsa flottiglia e probabilmente anche della prossima, i cui preparativi verranno incredibilmente annunciati domani presso l'Ordine dei giornalisti, come si legge nei comunicati stampa.
Ti chiedo formalmente di leggere questa mia lettera domani durante la tua iniziativa.
Sinceri saluti
Fiamma Nirenstein

(l'Occidentale, 13 dicembre 2010)

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Ordine dei giornalisti all'arrembaggio

di Daniele Ascarelli

Se voleva gettare acqua sul fuoco Enzo Iacopino presidente dell'Ordine dei giornalisti nazionale non c'è riuscito. Non soltanto ha ospitato nella sede dell'Ordine uno spot per la seconda spedizione "umanitaria" freedom flotilla ma l'ha condita con un attacco pesante all'onorevole e collega Fiamma Nirenstein che lo aveva criticato aspramente per l' iniziativa intrapresa. L'ha apostrofata dicendo:" L'onerevole Nirenstein non chiede, intima, vuole lei indicare il momento opportuno. Non c'era bisogno di intimare. Siamo disposti ad ospitare chi lo desidera". Iacopino che è parso nervoso e sulla difensiva ha stigmatizzato coloro che a suo dire si sono "permessi" di demonizzare l'Ordine dei giornalisti definendo "immondizia" i commenti letti su internet ed ha invitato i critici ad informarsi ed ascoltare. Noi siamo andati per l'appunto ad ascoltare. E Iacopino ha rincarato la dose dicendo di condividere: " lo spirito di questa seconda Freedom Flotilla". Poi ha auspicato che l'onorevole Walter Veltroni, chissà se nella veste di parlamentare o di scrittore, vada a ispezionare personalmente il carico di queste navi. Ha difeso Angela Lano, la giornalista presente sulla prima spedizione, definendola vittima di un crimine che è stata una grave violazione dei diritti umanitari ed è stato contraccambiato con complimenti e ringraziamenti. Poi una volta terminata la presentazione del libro si è allontanato, forse per sottolineare una distanza ideale, lasciando spazio a una serie di imprecisate associazioni, fra cui alcune(l'IHH rappresentato dal suo vicepresidente) definite terroriste da Israele e la sede dell'Ordine dei giornalisti è diventata il "porto" da cui simbolicamente è partita la seconda flotilla.

(Notiziario Ucei, 13 dicembre 2010)

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Problemi in vista per il gigante israeliano dell'energia Delek Energy

Sembra infatti che una grossa compagnia energetica straniera (il cui nome è stato tenuto segreto), già in trattative con l'azienda israeliana per una fornitura di gas, stia valutando di rivolgersi invece a fornitori egiziani.
Eventualità che preoccupa non poco il ministro delle Infrastrutture, Uzi Landau, il quale ha scritto ieri una lettera urgente al Primo ministro, Benjamin Netanyahu, sottolineando come l'affare che potrebbe sfumare vale miliardi di dollari. A far pendere il piatto della bilancia in favore dell'Egitto potrebbero essere i dubbi dell'acquirente circa l'effettiva capacità della Delek di fornire nella data stabilita la quantità di gas richiesta, che dovrebbe essere estratta dal giacimento di Tamar, a largo di Haifa. L'incertezza deriva dal fatto che il comitato governativo incaricato di rivedere la politica energetica dello Stato ebraico ancora non è giunto a conclusioni definitive. Il comitato è nato di recente, in seguito alla scoperta di ingenti riserve di idrocarburi, e tra le altre cose deve stabilire quali tasse applicare alla compravendita di petrolio&co. Tutto resta in sospeso, dunque; una situazione di stallo che Landau temeva da tempo. Fin dall'inizio dei lavori del comitato il ministro aveva infatti sostenuto la necessità che l'accordo in fieri sul giacimento di Tamar con questi compratori stranieri venisse considerato a parte. Ieri, Landau è tornato nuovamente alla carica con Netanyahu. «Devi decidere ora sul dossier Tamar - si legge nella lettera -, rimandare non è più un'opzione possibile. Il tuo intervento è necessario oggi». A giustificare questa urgenza, secondo Landau, c'è il fatto che, oltre a perdere un cliente prezioso, Israele potrebbe vedere anche altri grossi consumatori rivolgersi altrove, in particolare verso Il Cairo. «Se i nostri clienti firmeranno un accordo con l'Egitto, le aziende israeliane saranno spazzate via: e per la nostra economia il prezzo di un simile esodo sarebbe altissimo».

(FocusMo, 13 dicembre 2010)

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Nasce l'Istituto Culturale Ebraico del Trentino

Incontro di presentazione in Sala Sosat, in via Malpaga 17, Trento mercoledì 15 dicembre ore 15

di Alessandro Natale

TRENTO - Serata di presentazione dell'Istituto Culturale Ebraico del Trentino (ICET) «Zygmunt Bauman» con la presenza del Rabbino Luciano Caro.
L'Istituto inaugurerà le sue attività con un convegno internazionale di studi, dal titolo: Il giallo e il nero. Riflessi dell'antisemitismo nella letteratura ebraica moderna, che si terrà a Trento 28-29 gennaio 2011, in collaborazione con l'International Conference on Jewish Italian Literature (ICOJIL).
L'Istituto Culturale Ebraico del Trentino (ICET) «Zygmunt Bauman» è stato fondato nell'estate 2010 da L. De Angelis e da A. Neiger. Del comitato scientifico fanno parte, tra gli altri: A. Cavaglion, M.L. Crosina, M. Jansen, R. Speelman.
L'Istituto dedicherà una particolare attenzione all'umanesimo presente nel messaggio universalistico della tradizione ebraica, al suo contributo nella formazione di un'ideale società interculturale. L'esperienza ebraica rappresenta un caso paradigmatico per le altre minoranze, per esempio è il caso degli immigrati nei paesi europei.
L'attività dell'istituto sarà consacrata alla divulgazione degli ideali universalistici maturati dall'esperienza ebraica nei secoli di diaspora, in vista della costruzione di un dialogo interculturale-interreligioso, per la crescita civile e democratica e l'elaborazione di una concreta cultura della pace.
L'istituto intende promuovere lo spirito di convivialità tra le culture e gli scambi interconfessionali, che non sono dati innati bensì acquisibili con la formazione culturale. Riflessioni tanto più indispensabili e doverose in una società attuale sempre più variegata e multietnica, in relazione al medesimo orizzonte di possibilità, dal momento che i meccanismi sociali, politici e psicologici sfociati nel genocidio degli ebrei possono riprodursi oggi, sebbene in un contesto mutato e su scala diversa, colpendo in primo luogo altre minoranze indifese, esposte all'intolleranza, alla xenofobia e alla violenza razzista: gli immigrati, i neri, gli arabi, gli omosessuali, gli "antisociali". In questo quadro si colloca il progetto didattico della Scuola della memoria da attuare negli istituti scolastici, insieme alla formazione di una biblioteca tematica e di una videoteca specifica sulle persecuzioni nazifasciste e sulla Shoah.
L'Istituto intende così fungere da una parte da centro di monitoraggio dell'antisemitismo e del razzismo, dall'altro offrire un apporto ad un'etica della memoria, che non sia «uno strumento di riduzione, ma di apertura, di inclusione; essa si arricchisce solo approfondendosi» (E. Wiesel). Un'etica attraverso cui costruire una forma di umanesimo universale, rinsaldando la fede nell'umanità e nell'avvenire.
L'attività dell'istituto prevede il recupero del patrimonio culturale e la valorizzazione dell'esperienza storica degli ebrei in Trentino. Sono previsti dei progetti di carattere turistico-culturale, tra cui una guida che porti alla riscoperta dei luoghi storici dell'ebraismo in Trentino. In particolare, si prevede, la costituzione di una biblioteca, di una emeroteca, di una cineteca specializzate; la creazione di una mostra permanente sulla presenza del mondo ebraico nel territorio e sulle deportazioni degli in Trentino; e inoltre la creazione di un Parco dei Giusti, con percorsi della memoria.
L'attività culturale dell'istituto si articolerà attraverso seminari, conferenze, convegni, pubblicazioni, documentari, rassegne cinematografiche, allestimento di mostre, organizzazione di concerti, viaggi-visite guidate nei luoghi della memoria ed una vivace attività di scambi culturali con associazioni, istituti italiani e stranieri aventi le medesime affinità umanistiche.

(Notiziarioitaliano.it, 13 dicembre 2010)

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Mareggiate minacciano l'antico porto romano di Cesarea

Cesarea
CESAREA, 13 dic. - A rischio le antiche rovine romane del porto di Cesarea per l'ondata di maltempo che si e' abbattuta sul bacino orientale del Mediterraneo. Una violentissima tempesta ha distrutto i frangiflutti eretti a protezione del sito archeologico israeliano e adesso "il porto e' esposto alla piena furia delle ondate", ha avvertito Zeev Margalit, responsabile della Sovrintendenza Sviluppo e Conservazione per i Parchi, "ed e' soltanto una questione di tempo prima che ceda completamente". Le strutture portuali risalgono all'epoca del regno di Erode I il Grande, il mandante della Strage degli Innocenti: iniziate nel 25 avanti Cristo, le opere di edificazione si conclusero sei anni piu' tardi; ben presto divennero la sede della prefettura romana, retta all'epoca da Ponzio Pilato, che fu poi elevata al rango di colonia dall'imperatore Vespasiano. Le rovine sorgono sulla costa settentrionale dello Stato ebraico, una cinquantina di chilometri a nord di Tel Aviv e una trentina a sud di Haifa. Margalit ha denunciato di aver piu' volte fatto invano presente al governo i pericoli che incombevano sul sito, dove ormai centinaia di blocchi in pietra giacciono sparsi lungo quanto resta delle banchine originarie, visibilmente intaccate dalla potenza dei flutti. Le mareggiate con onde alte fino a 12 metri e raffiche di vento dai picchi di un centinaio di chilometri l'ora, al momento rende impossibile qualsiasi intervento protettivo, se non nell'immediato entroterra.

(AGI, 13 dicembre 2010)

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Dissenso Netanyahu-Barak sulla spartizione di Gerusalemme

A rischio la stabilità del governo: il ministro della Difesa sarebbe per una soluzione demografica

Ehud Barak, ministro della Difesa nel governo di Benyamin Netanyahu, apre a una soluzione "demografica" per la spartizione di Gerusalemme, ma il premier israeliano alza le barricate.
Commentando l'intervento di Barak, che sabato negli Stati Uniti si è detto favorevole alla spartizione di Gerusalemme secondo la formula elaborata a suo tempo dal presidente Bill Clinton, il premier ha infatti ribadito oggi che posizioni del genere non impegnano il suo governo.
"Barak parlava solo in qualità di leader del partito laburista" ha precisato Netanyahu durante la seduta settimanale del Consiglio dei ministri.
Nei mesi scorsi, Barak aveva detto che per una pace definitiva Gerusalemme dovrebbe essere spartita secondo criteri demografici: i rioni arabi dovrebbero far parte della Palestina, e quelli ebraici dovrebbero essere parte di Israele. Per i Luoghi Santi, a suo parere, occorrerebbe uno statuto speciale.
In un'intervista alla radio militare, Barak ha intanto mosso un'altra critica velata nei confronti di Netanyahu, esprimendo rammarico per la mancata approvazione da parte del governo di un congelamento di tre mesi delle colonie ebraiche in Cisgiordania. "Sarei stato molto felice se quella moratoria fosse stata approvata" ha detto il ministro. "La pace non è un favore che noi facciamo ai palestinesi o agli Stati Uniti, ma è anzi un nostro dovere per assicurare il futuro dell'impresa sionista".
I ministri laburisti stanno valutando la possibilità di lasciare il governo di Netanyahu. "I prossimi mesi saranno critici" ha avvertito il ministro dell'Industria Benyamin Ben Eliezer.

(PeaceReporter, 13 dicembre 2010)

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Musulmani divisi su Hamas e Hezbollah

I gruppi estremisti di Hamas e Hezbollah continuano a ricevere valutazioni contrastanti da parte del pubblico musulmano. Tuttavia, le opinioni su al Qaeda e il suo leader, Osama Bin Laden, sono risolutamente negative; solo in Nigeria i musulmani hanno opinioni che, nel complesso, sono positive nei confronti di al Qaeda. Le opinioni più positive ricevute da Hezbollah provengono dalla Giordania, dove il 55% dei musulmani si dichiara favorevole; il gruppo è supportato da una sottile maggioranza (52%) anche in Libano, dove è operativo a livello politico e militare. Ma i punti di vista della popolazione musulmana a proposito di Hezbollah riflettono una profonda spaccatura settaria in Libano, dove il leader dell'organizzazione, Hassan Nasrallah, minaccia reazioni violente se un tribunale delle Nazioni Unite dovesse incriminare dei membri di Hezbollah per l'omicidio dell'ex Primo Ministro Rafik Hariri nel 2005. Più di nove sciiti su dieci (94%) sostengono l'organizzazione, mentre una stragrande maggioranza (84%) di sunniti libanesi esprime giudizi negativi....

(FocusMo, 13 dicembre 2010)

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Scoperte a Gerusalemme le terme della legione che distrusse il tempio

La grande piscina trovata nel quartiere ebraico della Città Vecchia dimostra che la colonia romana costruita sulle ceneri della capitale degli ebrei era molto più grande di quanto si credesse.

Una piscina costruita 1.800 anni fa è stata scoperta nel quartiere ebraico di Gerusalemme vecchia, durante gli scavi archeologici condotti in vista della costruzione di un mikve (bagno rituale ebraico). Ne ha dato notizia la Israel Antiquities Authority, secondo quanto riferisce il sito Israele.net citando il «Jerusalem Post». La Israel Antiquities Authority, che ha condotto gli scavi su iniziativa della Municipalità di Gerusalemme e della Moriah Company for the Development of Jerusalem, ha spiegato che la piscina faceva parte di una struttura termale usata dalla X Legione romana, la stessa che nel 70 dopo Cristo conquistò Gerusalemme e distrusse il Secondo Tempio ebraico. La scoperta getta nuova luce su Aelia Capitolina, la città che venne eretta sulle rovine del Tempio e della Gerusalemme del I secolo ridisegnando l'aspetto dell'antica città.
«Siamo rimasti sorpresi nello scoprire un'antica struttura termale proprio sotto al punto in cui sarà costruito un mikve», ha detto Ofer Sion, direttore degli scavi per conto della Israel Antiquities Authority. «Le mattonelle della struttura termale, su cui sono incisi i simboli della X Legio Fretensis, (Leg X Fr), sono state rinvenute in situ e sembra che fossero usate per coprire un canale idrico scavato nella roccia, posto sul fondo della piscina. Le centinaia di tegole in terracotta del tetto che sono state trovate sul pavimento della piscina indicano che si trattava di una struttura coperta». «A quanto pare - ha continuato Sion - la piscina veniva usata dai soldati che erano di guarnigione nella città dopo aver soffocato la rivolta ebraica di Bar Kochba nel 135 dopo Cristo, quando appunto fu fondata la città romana di Aelia Capitolina. Sappiamo che l'accampamento della X Legione era situato entro i limiti di quella che è oggi la Città Vecchia, probabilmente nella zona dell'attuale quartiere armeno. Questa ipotesi è avvalorata dalla scoperta della piscina nell'adiacente quartiere ebraico, il che dimostra che una gran quantità di soldati si sparpagliava ed era attiva anche al di fuori dell'accampamento, in altre parti della Città Vecchia».
«Un'altra interessante scoperta che ha suscitato emozione durante gli scavi - ha raccontato Sion - è l'impronta della zampa di un cane che probabilmente apparteneva a uno dei soldati. L'impronta della zampa è impressa sul simbolo della Legione su una delle tegole: la cosa potrebbe essere accaduta accidentalmente o essere stata fatta per scherzo».
Yuval Baruch, l'archeologo della Israel Antiquities Authority per il distretto di Gerusalemme, ha sottolineato l'importanza della scoperta che contribuirà in modo significativo allo studio della città di Gerusalemme dopo la distruzione ad opera dei Romani. «Nonostante gli estesi scavi archeologici compiuti nel quartiere ebraico -ha detto Baruch- finora non era stato scoperto nemmeno un edificio direttamente riconducibile alla legione romana. L'assenza di un tale reperto aveva portato alla conclusione che Aelia Capitolina, la città romana costituita dopo la distruzione di Gerusalemme, fosse piccola e di superficie limitata. Questa nuova scoperta, insieme ad altre degli anni recenti, dimostra che la città era considerevolmente più grande di quanto si pensasse».
«Le informazioni su Aelia Capitolina sono preziose -ha continuato Baruch- e possono dare un grande contributo alla ricerca su Gerusalemme, perché fu quella la città destinata a determinare il carattere e l'aspetto generale dell'antica Gerusalemme e della Città Vecchia come la conosciamo oggi. La conformazione di quella città ha successivamente determinato il profilo delle sue mura e l'ubicazione delle porte usate ancora fino ad oggi». La Israel Antiquities Authority ha annunciato che integrerà i resti dell'antico bagno termale nel progetto per il nuovo bagno rituale (mikve).

(il Giornale, 12 dicembre 2010)

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Ondata di maltempo in Israele, naufragio ad Ashdod

Allagamenti a Tel Aviv e a Haifa, tempeste di sabbia nel Neghev

TEL AVIV, 12 dic - Dopo lunghe settimane di siccita', la stagione invernale ha investito Israele. Oggi la tempesta sta raggiungendo il suo apice, una violenta mareggiata ha provocato ad Ashdod (a sud di Tel Aviv) il naufragio di una nave della Moldova. Gli undici membri dell'equipaggio, tutti ucraini, sono stati tratti in salvo. Sulle alture del Golan sono iniziate le prime nevicate. Allagamenti sono segnalati a Tel Aviv e a Haifa, sulla costa, mentre il Neghev e' da ieri esposto a violente tempeste di sabbia.

(ANSA, 12 dicembre 2010)

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Herbert Pagani fuori dall'oblio

«Ricordo benissimo l'insistenza con cui alcuni dirigenti Rai corteggiavano Herber Pagani.

Herbert Pagani
Energia pura, diretta, entusiasmo, libertà, scelte autonome. Il suo successo radiofonico, prima a Radio Capodistria poi a Radio Montecarlo, era frutto di questi elementi, oltre che del suo talento». Così Dario Salvatori nell'introduzione a «Herbert Pagani - Canzoni, scritti, disegni, sculture» (libro più cd, Barbes Edizioni, 25 euro) che ricostruisce a tutto tondo l'autore di «Albergo a ore». «Nemo profeta in patria» è il detto che calza a pennello al cantautore cosmopolita, nato a Tripoli nel 1944 da una coppia di ebrei libici di origine ispanico-berbera italianizzati dall'amministrazione coloniale. In Francia è considerato uno dei maggiori chansonier, in Italia è quasi dimenticato. Ma se fischietti «Due palme nel blu, il sole lassù» imitando il falsetto di Edoardo Bennato e arrivi al ritornello «Ahi, le Hawaii, le Hawaii» ripiombi nell'atmosfera colta e spensierata degli anni Sessanta. Pagani, che visse a lungo a Parigi, fece teatro con Leo Ferrè, tradusse Jacques Brel, incise con l'acquaforte città che sarebbero piaciute a Le Corbusier, creò sculture con scarpe rotte immortalando a suo modo Woody Allen o papa Bonifacio VIII. Chissà se l'essere apolide, multilingue e poliedrico, insomma se il suo sfuggire a classificazioni, non abbia causato l'oblio. Li. Lom.

(Il Tempo, 12 dicembre 2010)

"Arringa per la mia terra"

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Milano - Una luce per Gilad Shalit

Hanukkah, è terminata da poco, ma il grande candelabro a otto braccia che ogni anno gli ebrei milanesi accendono durante la festa delle luci in piazza San Carlo, a due passi dal Duomo, aveva ancora un compito da svolgere prima di essere smontato. Il presidente della Comunità ebraica di Milano Roberto Jarach, il vicepresidente Daniele Nahum e Dounia Ettaib dell'Associazione donne arabe d'Italia, hanno acceso una delle sue luci per chiedere la liberazione di Gilad Shalit, il giovane dell'esercito israeliano da quattro anni nelle mani di Hamas. La cerimonia è stata organizzata da Comunità ebraica, Adei-Wizo e International Association of Jewish Lawyers and Jurist, in occasione della Giornata mondiale dei diritti dell'uomo. "Il fatto che Gilad Shalit non sia mai stato visitato nemmeno dal personale della Croce rossa internazionale è un fatto di gravità estrema - ha sottolineato Jarach. Per sensibilizzare la Croce rossa sul tema è si è svolto in Comune una conferenza stampa con Alberto Bruno, presidente provinciale della Croce rossa italiana, "perché la prossima volta che accenderemo questo candelabro Gilad Shalit possa essere con noi" ha messo in evidenza Nahum. Nel corso dell'incontro il rappresentante della JAJLJ Maurizio Ruben, il presidente della Comunità ebraica Jarach e il vicepresidente Nahum hanno consegnato al dottor Bruno un "Appello alla Coscienza", chiedendo un intervento della Croce rossa internazionale a favore di Shalit e l'immediata cessazione delle violazioni delle Convenzioni internazionali da parte di Hamas. Bruno ha dichiarato di condividere il contenuto dell'appello e ha assicurato che lo trasmetterà alla sede centrale di Ginevra.

(Notiziario Ucei, 12 dicembre 2010)

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Gaza: condanna a morte di tre membri di al-Fatah

Portavoce, si rischia di innescare una catena di ritorsioni

GAZA, 12 dic - Sale la tensione fra le correnti politiche palestinesi dopo la decisione di Hamas a Gaza di condannare a morte 3 membri locali di al-Fatah. Una corte li ha trovati responsabili della uccisione dell'Imam Mohammed Rafati, durante gli scontri armati del giugno 2007, in seguito ai quali Hamas espugno' il potere nella Striscia ed espulse le forze fedeli al presidente Abu Mazen. Un portavoce di Al Fatah ha detto che le condanne sono inaccettabili e rischiano di innescare una catena di ritorsioni.

(ANSA, 12 dicembre 2010)

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Profughi eritrei, tragedia nel deserto. Uccisi due diaconi tra i sequestrati

Salgono così a otto le vittime di questa interminabile tragedia. Ci sarebbero molte altre persone in fin di vita, comprese donne incinta e bambini. Le percosse sono quotidiane. Da qualche giorno viene negata loro l'acqua e molti sono costretti a bere la propria urina. Altre persone sono sparite dal gruppo e forse portate via per essere sottoposte all'espianto di organi, per pagare il riscatto.

di Carlo Ciavoni

ROMA - Sono stati uccisi due diaconi ortodossi che erano tra i 250 eritrei, tenuti in catena dai trafficanti di esseri umani nel deserto del Sinai egiziano dal 20 novembre scorso. Diventano così otto le vittime di questa lunga tragedia che si sta consumando in territorio egiziano a pochi chilometri dal confine israeliano. Altri sei sono stati eliminati dai trafficanti nelle scorse settimane. I carcerieri hanno ammazzato i due religiosi di fronte a tutti gli altri, accusati di aver lanciato l'allarme. E' quanto riferisce padre Moses Zerai, direttore dell'agenzia eritrea Habeshia, che tiene clandestinamente i contatti con i profughi attraverso i cellulari che gli stessi sequestratori mettono a disposizione delle loro vittime affinché chiamino chiunque, parenti oppure organizzazioni umanitarie, sia in grado di mandare loro il denaro per pagare il riscatto: 8000 dollari.
Secondo quanto raccolto dal sacerdote, ci sarebbero anche molte altre persone in fin di vita tra quelle sequestrate, comprese donne incinta e bambini. Le loro condizioni sono gravissime per le percosse subite oggi pomeriggio. Oltre tutto, da qualche giorno viene negata loro l'acqua, al punto che molti sono costretti a bere la propria urina. Si ha notizia, infine, del trasferimento di altre persone, sparite dal gruppo e molto probabilmente portate da qualche parte per essere sottoposte all'espianto di organi, per pagare il riscatto.
La situazione è dunque decisamente e precipitata. "Non si possono più aspettare i tempi delle diplomazie - ha detto padre Zerai - perché la gente sta morendo anche a causa della fame e della sete. Di fronte a questa autentica barbarie, chiediamo che la comunità internazionale condanni tutto ciò, e richiami il governo egiziano ad intervenire con decisione per sottrarre queste vite umane dalle mani dei trafficanti e il loro complici in quella regione del Sinai".
Proprio ieri, una lettera di numerosi parlamentari italiani è stata inciata alla Comunità Europea affinché prendesse atto delle responsabilità del governo egiziano, che sicuramente esistono, il quale proprio ieri ha però replicato - in verità con qualche ragione - che le responsabilità originarie di questa drammatica situazione risiedono nei governi che si affacciano sul Mediterraneo e che hanno adottato politiche estremamente e indiscriminatamente restrittive, impedendo ai richiedenti asilo politico anche solo di arrivare da qualche parte per dimostrare di aver diritto a quello status.

(la Repubblica, 12 dicembre 2010)

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Prime piogge in Israele e Palestina

Siccita' prolungata, pesanti i danni per l'agricoltura

TEL AVIV, 11 dic - Con ampio ritardo, le prime piogge intense di stagione sono arrivate in queste ore in Israele, nei Territori palestinesi e in altre aree del Vicino Oriente.
Precipitazioni si segnalano un po' ovunque e dovrebbero proseguire fino a lunedi'. Prevista anche qualche spruzzata di neve - domani - sul monte Hermon. Ma il risveglio dell'autunno, avvertono gli esperti, non basta per ora a compensare i danni della siccita' prolungata degli ultimi mesi: molto pesanti le conseguenze per l'agricoltura.

(ANSA, 11 dicembre 2010)

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Pacifici: “Pio XII? La beatificazione affare interno. Per noi un uomo che non è stato un eroe"

di Raffaele Gambari

Per la prima volta il capo degli ebrei romani, Riccardo Pacifici, interviene sulla beatificazione di papa Pacelli e sui suoi silenzi, sulle atrocità del nazismo e sulla razzia del ghetto di Roma. E sceglie Affaritaliani.it per dire senza mezzi termini che: "Se la Chiesa vuole beatificare Pio XII è un suo affare interno e noi ebrei non entriamo nella questione ma sul suo silenzio ho delle cose da dire. Le sue colpe illustrano un volto di un uomo che con tutte le sue debolezze di certo non è stato un eroe".

E ancora: "Se si vogliono usare artifici della storia per rafforzare nell'opinione pubblica del mondo cattolico la causa di beatificazione illustrando atti di eroismo nei nostri confronti da parte di Pio XII allora, storicamente parlando, continueremo a respingere questa tesi revisionista nonostante il debito morale che molti ebrei hanno, anche quelli della mia generazione e di quella futura, nei confronti di quegli ordini monastici che a rischio della loro vita e senza chiedere nulla in cambio, salvarono le vite dei nostri genitori e dei nostri nonni".

Pacifici, partiamo allora dal rapporto della Comunità ebraica romana con il Vaticano. E' pace fatta dopo le visite in Sinagoga di due papi nonostante le vostre recenti prese di posizione critiche sul silenzio di Pio XII, a seguito della recente fiction della Rai su papa Pacelli, in merito alle atrocità del nazifascismo e in particolare per voi ebrei romani sulla razzia del ghetto?

"Questo è un tema le cui ferite sono ancora aperte e dove le corde sono molto sensibili. Ma credo sia onesto avere il coraggio di dirsi apertamente tutto. Non è compito mio né del nostro ruolo stabilire i criteri della beatificazione di Pio XII, che rimangono un fatto esclusivamente interno alla Chiesa. Se si vogliono usare artifici della storia per rafforzare nell'opinione pubblica del mondo cattolico la causa di beatificazione illustrando atti di eroismo nei nostri confronti da parte di Pio XII allora, storicamente parlando, continueremo a respingere questa tesi revisionista nonostante il debito morale che molti ebrei hanno, anche quelli della mia generazione e di quella futura, nei confronti di quegli ordini monastici che a rischio della loro vita e senza chiedere nulla in cambio, salvarono le vite dei nostri genitori e dei nostri nonni e io non sarei qua a parlare se uno di questo conventi non avesse messo in salvo mio padre. E' un debito morale che oggi è il cardine della più alta onorificenza dello Stato di Israele con il conferimento della Medaglia dei Giusti a coloro che si distinsero a salvarci. Molti uomini di Chiesa sono fra le ventunomila medaglie fino ad oggi consegnate dopo minuziose ricerche storiche, ma se Pio XII avesse fatto quello che i revisionisti raccontano non solo non sarebbe rimasto in silenzio ma avrebbe fatto aprire anche quei conventi che fecero rimanere chiuse le loro porte o peggio ancora le aprirono per cacciare via quelle famiglie di ebrei che avevano finiti i denari con i quali avevano immaginato di aver comprato la loro salvezza, così come, sempre sotto Pio XII, quei conventi che finita la guerra e senza alcun pericolo per l'incolumità del pontefice e per lo Stato del Vaticano, ospitarono criminali nazisti che fuggivano dai tribunali degli Alleati. Ancora peggio: fornirono ad essi passaporti e visti per emigrare clandestinamente in quelle nazioni, particolarmente in Sud America, dove hanno ricostruito la loro vita serenamente. Queste sono colpe che illustrano un volto di un uomo che con tutte le sue debolezze di certo non è stato un eroe. Per questo l'unica via maestra per dissipare ogni dubbio è quella di aprire gli archivi segreti vaticani ad una commissione storica congiunta giudaico-cristiana come da accordi. A prescindere da questa diversa lettura della storia il dialogo fra le nostre confessioni rimano intatto e vivo più che mai, sul solco del Concilio Vaticano II, della visita di papa Wojtyla alla sinagoga, soprattutto di quella di Benedetto XVI dello scorso 17 gennaio e dell'apertura delle relazioni diplomatiche tra lo Stato del Vaticano e dello Stato di Israele''.

(Affaritaliani.it, 11 dicembre 2010)

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Tra gli alleati di Hamas spunta l'Ordine dei Giornalisti di Roma

di Bernardino Ferrero

L'ordine dei giornalisti di Roma, nella persona del suo presidente Enzo Iacopino, lunedì prossimo ospiterà e presenterà il volume "Verso Gaza", di Angela Lano, un'italiana imbarcata sulla Freedom Flottilla, la spedizione "umanitaria" guidata dai "pacifisti" del gruppo islamista Ihh, una organizzazione collegata ad Hamas e altri gruppi nelle liste nere americane ed europee del terrorismo.
I militanti turchi si erano detti disposti al martirio già prima della partenza per Gaza, ed in effetti così è andata dopo il raid dei commando israeliani sulla nave Marmara. Ieri, un nuovo missile di Hamas è stato lanciato dalla Striscia su Israele, facendo un ferito. Il lancio dei missili fu la principale causa della Guerra di Gaza, un evento che insieme all'abbordaggio della Marmara è costato caro allo stato ebraico, ma che, al tempo stesso, non potevano essere evitati.
La presentazione del volume del libro, nella sede dell'Ordine, coincide con il lancio della seconda missione della Flottilla, con partenza prevista per il prossimo marzo. Tra gli ospiti, pacifisti italiani, rappresentanti delle associazioni e dei comitati pro-palestinesi in Italia, ma anche attivisti, cineasti e giornalisti, tutto l'arcipelago dei sostenitori senza se e senza ma della "causa" in Italia, in un esercizio di puro "antisionismo", come lo chiamano loro.
Conosciamo le origini degli "Ordini" italiani, il loro indirizzo corporativo e spesso ideologicamente univoco. Ma il fatto che Iacopino presieda e sostenga un'iniziativa utile alla propaganda di Hamas e del suo alleato iraniano, in un momento in cui WikiLeaks ci mostra quali sono i veri sentimenti del mondo arabo verso Teheran, è una notizia "oltraggiosa", come ha scritto sul suo blog Claudio Pagliara, che vogliamo stigmatizzare con tutte le forze.

(l'Occidentale, 11 dicembre 2010)

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Lo scandalo dell'Ordine dei Giornalisti

«Dichiarazione dell'On. Fiamma Nirenstein (Pdl), Vicepresidente della Commissione Esteri della Camera»

Fiamma Nirenstein:
"Trovo incomprensibile e senz'altro scandaloso che nella sede dell'Ordine nazionale dei Giornalisti e a cura del Presidente dell'Ordine, venga promossa, lunedì prossimo, un'iniziativa che presenta in una luce positiva l'impresa provocatoria e fortemente dubbia della flottiglia guidata dalla nave Mavi Marmara nel maggio scorso, a causa della quale sono state perdute delle vite umane. L'Ordine dei Giornalisti non dovrebbe certo ospitare dei personaggi che si sono alleati con l'IHH (Insani Yardim Vakfì), l'organizzazione turca formata da estremisti islamici, già sulla lista nera della Germania sia per le sue attività di supporto al terrorismo, che sono state oggetto di numerose inchieste, sia per il fatto che l'IHH lotta contro il diritto all'esistenza di Israele, mantiene stretti legami con Hamas (sulla black list europea dal 2003) e fa parte della "Union of Good", organizzazione legata ai Fratelli Mussulmani e bandita negli Stati Uniti. E' un uso improprio e fortemente provocatorio della sede di un Ordine a cui io stessa sono iscritta e mi sento oltraggiata da questa scelta. Sfido l'Ordine, per dimostrare il suo equilibrio, a ospitare nel giro di pochi giorni un dibattito, e mi offro di suggerire i nomi più adeguati, sulla vera essenza della flottiglia i cui obiettivi umanitari sono del tutto pretestuosi, dal momento che Israele si rese disponibile a consegnare a Gaza i beni dopo un'ispezione delle navi al porto di Ahdod necessaria per verificare che non ospitassero armi dirette ai terroristi di Hamas".
Roma, 10 dicembre 2010

(Informazione Corretta, 11 dicembre 2010)

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Claudia Debenedetti vice presidente Ucei. Il presidente della Repubblica a Casale?

Claudia Debenedetti
ROMA - Claudia Debenedetti, casalese d'adozione, è stata riconfermata vice presidente dell'Ucei, Unione delle Comunita' Ebraiche Italiane, mercoledì sera alla conclusione a Roma del sesto Congresso dell'Unione l'organismo rappresentativo dell'ebraismo italiano. Dopo quattro giorni di relazioni, dibattiti, riunioni in commissioni e in assemblea plenaria, sono stati eletti per il nuovo Consiglio Ucei Renzo Gattegna (presidente), Claudia De Benedetti, Anselmo Calo', Dario Bedarida, Victor Magiar, Giorgio Mortara, Annie Sacerdoti, Valerio Di Porto, Riccardo Hoffman, Andrea Mariani, Raffaele Turiel, Settimio Pavoncello, Sandro Di Castro, Giulio Disegni, Vittorio Pavoncello. I rabbini Adolfo Locci, Alfonso Arbib e Alberto Somekh, sono stati chiamati a far parte della Consulta Rabbinica.
Prima dell'elezione del nuovo direttivo, i delegati (tra cui il casalese Elio Carmi) hanno dibattuto e deliberato sulle tematiche piu' importanti per l'ebraismo italiano, tra cui cultura, educazione, politica e societa', politiche giovanili, mondo rabbinico, sistema di regole alimentari ebraiche, assistenza ai bisognosi.
Da aggiungere che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha reso visita ai congressisti ammirando la mostra allestita dalla comunità casalese delle lampade di channnuka moderne provenienti dal Museo dei lumi ed esprimendo il desiderio di venire a visitare la Sinagoga casalese di cui ha ammirato alcune immagini.
''Il nostro consigliere Carmi - ci ha detto Claudia Debendetti- girerà subito il desiderio del Presidente Napolitano al sidnaco Demezzi per far partire un invito ufficiale della città''.

(Il Monferrato, 11 dicembre 2010)

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Tra Israele e Libano un mare di gas che attira il mondo

Il Bacino del Levante, la porzione di Mediterraneo che va da Cipro verso le coste situate tra la Siria e Gaza, trabocca di gas (e petrolio) e ciò disegna un Medio Oriente completamente nuovo, in cui Israele diventerebbe esportatore di gas e il Libano potrebbe tornare a essere la Svizzera d'Oriente. Tutto ciò è confermato dai rilievi compiuti dalla società di rilievi norvegese PGS nel 2007, e da quelli della texana Noble Energy, eseguiti lungo le coste nord di Israele e al di là del confine col Libano. Si sapeva già da tre anni che tra le coste della Siria, i fondali di Cipro (attorno al vulcano sottomarino Eratostene) e il porto di Beirut vi sono alcuni miliardi di barili di petrolio. Ma i dati più recenti, filtrati a partire dall'aprile di quest'anno, sono di assoluto rilievo: Israele ha diversi giacimenti di gas....

(La Pulce di Voltaire, 11 dicembre 2010)

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Bambini palestinesi e israeliani giocano a calcio insieme



UMM AL KHEIR (Cisgiordania), 10 dic. - Due squadre di calcio formate da bambini palestinesi e israeliani hanno giocato un match oggi nel villaggio di Umm al Kheir, nel sud della Cisgiordania, un evento organizzato sotto gli auspici dell'Unione europea. Le squadre, una in maglietta rossa e l'altra blu, erano composte da bambini palestinesi del villaggio di Umm al Kheir e da bambini israeliani del kibbutz di Harel, in Israele. Il match è stato organizzato dal consiglio del villaggio e dal club campione in carica di Israele, l'Hapoel Tel Aviv. L'iniziativa di far giocare insieme bambini israeliani e palestinesi dai 9 ai 13 anni è stata lanciata tre anni fa. Ma tutti gli incontri precedenti avevano avuto luogo in Israele, hanno sottolineato gli organizzatori in un comunicato.

(Apcom, 10 dicembre 2010)

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Milano aderisce alla mobilitazione mondiale per liberazione di Shalit

MILANO, 10 dic. - Nella Giornata mondiale dei diritti dell'uomo, Milano chiede la liberazione di Gilad Shalit, il giovane soldato israeliano prigioniero del gruppo Hamas dal 25 giugno 2006, aderendo alle iniziative di sensibilizzazione in tutti i continenti: New York, Parigi, Vienna, Bruxelles, Zurigo, Berlino, Atene, Salonicco, Tel Aviv, Santiago, Buenos Aires. Il Presidente del Consiglio comunale Manfredi Palmeri, la Comunita' ebraica, la Croce Rossa, l'Associazione internazionale Avvocati Giuristi ebrei e l'Associazione Donne ebree d'Italia-Adei Wizo, hanno diffuso l'appello della famiglia di Gilad Shalit, "soldato israeliano, cittadino francese e dell'Unione europea, tenuto in ostaggio senza alcun rispetto per i diritti umani, in violazione del diritto internazionale e in totale isolamento: un crimine di guerra intollerabile che deve essere condannato da tutto il mondo libero a partire dall'Europa". "Da 1.629 giorni Gilad Shalit e' prigioniero di Hamas - ha detto Manfredi Palmeri - senza che si abbiano notizie delle sue condizioni fisiche e psicologiche. In questo giorno speciale, nell'anniversario della Dichiarazione dell'Onu, le coscienze di ciascuno chiedono ai terroristi un atto di giustizia e umanita': liberate un ragazzo, un uomo, che vede negati i valori della civilta' da chi si pone totalmente al di fuori di essa e delle regole internazionali". E ieri seta hanno manifestato in piazza san Carlo membri e amici della Comunita' Ebraica di Milano hanno manifestato giovedi' sera 9 dicembre 2010, in Piazza San Carlo a Milano. Scopo della manifestazione e' la protesta "contro il mancato sostegno dei diritti, sanciti dalla Dichiarazione Internazione dei Diritti dell'Uomo e dalle Convenzioni di Ginevra, del soldato Shalit e contro il ripetuto rifiuto di Hamas di permettere ai rappresentanti della Croce Rossa Internazionale di visitarlo nei quattro anni e mezzo di prigionia". Il rappresentante della JAJLJ Maurizio Ruben, il Presidente della Comunita' Ebraica di Milano Roberto Jarach e il Vice Presidente Daniele Nahum hanno consegnato ad Alberto Bruno, Presidente Provinciale della CRI, un 'Appello alla Coscienza', chiedendo un intervento della Croce Rossa Internazionale a favore di Shalit e della immediata cessazione da parte di Hamas delle violazioni delle Convenzioni internazionali.

(AGI, 10 dicembre 2010)

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Una guida ai tesori del Museo Ebraico di Roma

di Tina Lepri

ROMA - A cinque anni dal nuovo allestimento del Museo Ebraico di Roma, esce la guida di Daniela Di Castro, direttrice del Museo prematuramente scomparsa sei mesi fa, I Tesori del Museo Ebraico di Roma. Guida alla visita e alle collezioni, con le foto di Araldo De Luca (144 pp., ill., araldo De Luca editore, Roma 2010). La comunità ebraica di Roma possiede uno straordinario patrimonio artistico raccolto in due millenni di presenza continua nella città e soprattutto durante l'età del ghetto (1555-1870). La collezione comprende i manoscritti e gli incunaboli sopravvissuti alla razzia nazista del 1943, i documenti storici della comunità e quanto sopravvive del patrimonio artistico delle sinagoghe del ghetto, le Cinque Scole (Tempio, Nova, Catalana, Castigliana e Siciliana) alle quali si aggiunge l'Oratorio dei Quattro Capi. Spiccano nella ricca collezione del Museo, novecento stoffe di uso liturgico (XV-XIX secoli) e 400 argenti. Preziosa la documentazione della guida di Daniela Di Castro: narra anche la complessa storia del salvataggio dell'arte religiosa ebraica dai tedeschi tra il novembre del '43 al 10 gennaio '44, e le vicende della costruzione della sinagoga, di fronte all'isola Tiberina: il Tempio Maggiore inaugurato nel 1904. Visitabile, quando non ci sono le funzioni, insieme con il piccolo e imperdibile Tempio Spagnolo nel circuito della visita del Museo Ebraico che si trova nel seminterrato dell'edificio.

(Il Giornale dell'Arte, 10 dicembre 2010)

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Frattini incontra il presidente del Congresso Ebraico Mondiale

Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha conferito stamane a Roland Lauder, presidente del Congresso Ebraico Mondiale, l'onoreficenza dell'Ordine della Stella della Solidarietà Italiana.
Ad accogliere Lauder, giunto alla Farnesina assieme al segretario generale Dan Diker, sono stati oltre a Frattini, l'onorevole Fiamma Nirenstein, vicepresidente della Commissione Esteri della Camera e l'onorevole Esteban Caselli, coordinatore generale per il Pdl degli Italiani nel mondo. Il presidente Lauder ha dichiarato: "Si è trattato di un incontro molto caloroso e di estremo interesse per il WJC. Il mondo ebraico apprezza profondamente l'importante e consolidata amicizia con il governo italiano e l'interessamento e l'attenzione italiani per la sicurezza del popolo di Israele. L'Italia ha un ruolo fondamentale nel portare avanti il processo di pace in Medio Oriente".
Il WJC (World Jewish Congress - Congresso Ebraico Mondiale) è un'organizzazione ombrello, istituita a Ginevra nel 1936, che rappresenta le comunità e gli enti ebraici di oltre 80 paesi nel mondo, dall'Argentina allo Zimbabwe.

(Notiziario Ucei, 10 dicembre 2010)

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Israele disapprova il riconoscimento argentino della Palestina

Israele ha espresso disappunto per il riconoscimento argentino di uno Stato Palestinese entro i territori occupati da Israele nel 1967. Israele ha detto che la dichiarazione mina i propri sforzi di creare uno Stato attraverso i negoziati monitorati dagli Stati Uniti. L'Argentina ha fatto sapere che il riconoscimento, annunciato lunedì scorso, pochi giorni dopo il Brasile, riflette la sua profonda frustrazione derivante dallo stallo nei colloqui di pace.
Ma il portavoce del Ministero degli Esteri israeliano, Yigal Palmor, ha definito il riconoscimento unilaterale "controproducente" a costituire la pace. "Questa decisone deludente e dannosa è in contrasto con gli accordi esistenti presi tra Israele e Palestina".

(FocusMo, 10 dicembre 2010)

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Israele: i canguri vanno dal dentista (in francese)

I veterinari del parco naturalistico israeliano di Nir David hanno messo a punto un medicinale salva-vita per i canguri australiani colpiti da un batterio mortale, che infetta denti e gengive degli animali.


(Guysen TV, 9 dicembre 2010)

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Ebrei contro l'ora cattolica a scuola

La decisione del consiglio degli ebrei italiani per chiedere al governo un'alternativa

di Flavia Amabile

Anche gli ebrei italiani seguono la scia delle polemiche innestate da associazioni laiche, parte della sinistra parlamentare e alcuni sindacati sull'ora di insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica e sulla mancanza di una equipollente alternativa.
Durante il Congresso degli ebrei italiani tenutosi a Roma e conclusosi ieri è stato avanzato l'auspicio che lo Stato italiano recuperi una vera laicità, considerata come unica via possibile per la convivenza tra le diverse culture. I lavori del Congresso hanno messo in evidenza che l'assenza di una vera alternativa all'insegnamento della religione cattolica mette i giovani non avvalentesi in situazione di minore opportunità per il conseguimento di crediti formativi, utili per la votazione finale e la prosecuzione degli studi. Non basta introdurre alternative valide, è stato sottolineato, occorre non considerare più l'insegnamento della religione cattolica una materia curriculare.

(La Stampa, 10 dicembre 2010)

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Jella, gatti neri e malocchio: per gli ebrei dalla Torà c'è il divieto alla superstizione

ROMA, 10 dic. - Gatti neri, malocchi e jettatori? Lo spirito originario della Torà è contrario a tutto questo. Le superstizioni sono "tutte cose che hanno in comune almeno due caratteristiche: lo scarso senso critico della persona e la ricerca di una scorciatoia impossibile". Lo sottolinea sul mensile di informazione e cultura 'Shalom' il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni.
"Nella Torà - spiega- c'è l'esplicito divieto di magia, di pratiche negromantiche e di medium, di divinazione. C'e' piu' genericamente il divieto di 'avoda' zara'', letteralmente 'culto estraneo'. Tutta una serie di comportamenti vengono poi bollati e proibiti dai rabbini sotto la definizione di 'darke' haEmori'', i 'comportamenti degli Emorei'".
La parola 'superstizione' deriva dagli antichi romani che deridevano le religioni, o gli eccessi delle religioni, in cui si pregava per sopravvivere, 'super sistere', per essere superstiti. In ebraico superstizione si dice 'emuna' tefala'', 'fede insipida' o 'di poco conto'. Ma è un termine moderno, ricorda Di Segni. Nell'ebraico classico infatti il termine superstizione non esiste affatto.

(Adnkronos, 10 dicembre 2010)

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Raid aerei israeliani su Gaza dopo un lancio di colpi di mortaio

GAZA - Israele ha sferrato ieri attacchi aerei sulla Striscia di Gaza, alcune ore dopo che un colpo di mortaio lanciato dai militanti aveva ferito un israeliano in una comunità agricola vicino al confine, secondo quanto riferito dall'esercito.
Una portavoce dell'esercito israeliano ha detto che i raid aerei avevano tre distinti obiettivi nella Striscia, due dei quali luoghi di addestramento dei militanti. Non si registrano vittime.
I militanti hanno lanciato colpi di mortaio mercoledì sera, e i frammenti di un proiettile hanno ferito l'uomo che non è però in pericolo di vita, come ha spiegato la portavoce.
L'israeliano è la prima persona raggiunta dai colpi sparati dai militanti di Gaza su Israele da marzo, quando un lavoratore thailandese rimase ucciso.

(Reuters, 9 dicembre 2010)

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(Guysen TV, 9 dicembre 2010)

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Preoccupazioni degli ebrei italiani per gli atti di intolleranza contro gli immigrati.

Concluso ieri il Congresso degli ebrei italiani. In uno dei documenti si parla di "elevare il livello di attenzione" per il fondamentalismo islamico.

"Preoccupazione" per la crescita degli episodi xenofobi e per gli atti di intolleranza, anche di amministrazioni pubbliche o nelle dichiarazione degli uomini politici. È quanto si legge in una mozione del Congresso degli ebrei italiani che si è concluso ieri a Roma.
Secondo il documento, approvato dalla commissione che si occupa di Israele, della diaspora e della società italiana, è dal rilevare "la crescente presenza nel sociale e in alcune amministrazioni di atti di intolleranza sia individuale che organizzata".
Il Congresso ha poi sottolineato che la recrudescenza della xenofobia, del neofascismo, del neonazismo e del fondamentalismo islamico in Italia e in tutta Europa impone agli ebrei italiani di elevare il livello di attenzione. Il Congresso, in questo senso, propone al Consiglio di creare uno strumento di monitoraggio e ipotizza la creazione di un numero telefonico ad hoc per le denunce di qualsiasi atto di razzismo nel territorio nazionale.
Nel rispetto della tradizione ebraica dei valori di accoglienza e integrazione, il Congresso degli ebrei italiani auspica, in una delle mozioni approvate, un impegno del Consiglio Ucei al fine di garantire pari opportunità alle nuove immigrazioni nel rispetto del dettato costituzionale e delle leggi dello Stato.

(ImmigrazioneOggi, 9 dicembre 2010)

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In Israele i treni divengono centrali elettriche

La società israeliana Innovatech sta sperimentando, in collaborazione con la National Railway Company, l'istallazione di piastre piezo-elettriche sotto i binari ferroviari

Non è un mistero che tra i possibili mezzi di trasporto a lunga percorrenza quello su rotaia possa vantare delle credenziali verdi maggiori dell'auto e treno. Ma "maggiori" non è sempre abbastanza e per aumentarne la sostenibilità c'è chi progetta convogli con design aerodinamici che ne aumentino la velocità e con sistemi di recupero energetico dalla frenata o, ancora, chi è pronto a introdurre impianti di alimentazione alternativi a base di fonti rinnovabili o addirittura attraverso il riciclo degli scarti della macellazione. E poi c'è chi, come la società israeliana Innowattech, guarda oltre e prova ad immaginare sistemi di trasporto che riescano a produrre energia oltre che consumarla.
L'azienda, già famosa a livello internazionale per la progettazione e sperimentazione di piastre piezo-elettriche da inserire sotto il manto stradale, ha avviato recentemente un particolare progetto con la National Railway Company. L'obiettivo è quello di esaminare i nuovi sviluppi basati sulla tecnologia di Innowattech, testando speciali piastre sui binari di alcuni tratti ferroviari. Il progetto prevede la deposizione di 32 IPEG PAD a livello delle rotaie in maniera tale da raccogliere le sollecitazioni meccaniche e convertirle in energia elettrica.
I risultati preliminari, elaborati in collaborazione con la Technion University e l'Israel Railways, suggeriscono che le aree ferroviarie soggette al passaggio di 10- 20 treni l'ora, sarebbero in grado di produrre fino 120 kWh nello stesso lasso di tempo. Questa elettricità potrebbe quindi essere utilizzata dallo stesso convoglio o per alimentare la segnaletica, misurare la velocità e il peso dei treni, così come cederla alla rete elettrica.

(Rinnovabili.it, 9 dicembre 2010)

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Il Vaticano riallaccia colloqui con l'Olp

Ripresi stamani a Ramallah presso la sede di Abu Mazen

CITTÀ DEL VATICANO, 9 dic. - Il Vaticano riallaccia i colloqui diplomatici con l'Organizzazione per la liberazione della Palestina: lo rende noto un comunicato della sala stampa della Santa Sede, mentre, oggi, è previsto l'ennesimo appuntamento bilaterale tra Vaticano e Israele.
La nota vaticana informa che sono ripresi stamani, a Ramallah, presso la sede del presidente palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), i colloqui fra la Santa Sede e l'Olp in seguito all'accordo fondamentale del 2000. I colloqui sono volti al conseguimento di un accordo internazionale complessivo che regoli e promuova la presenza e le attività della Chiesa Cattolica nei Territori Palestinesi, per rafforzare le speciali relazioni tra la Santa Sede e l'Olp. I colloqui sono stati presieduti congiuntamente da monsignor Ettore Balestrero, sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati, e da Ziad Al-Bandak, consigliere del presidente per le Relazioni con i Cristiani. I colloqui si sono svolti in una "atmosfera cordiale". Entrambe le parti hanno concordato di stabilire un gruppo di lavoro che elabori l'accordo complessivo.

(Apcom, 9 dicembre 2010)

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In mezzo al vortice dello Tsunami di fuoco

di Sergio Della Pergola

Il funerale di Ahuva Tomer
Ahuva Tomer era l'ufficiale comandante della polizia di Haifa. Una donna con il grado di colonnello, che era riuscita a farsi amare (proprio come il suo nome in ebraico, Amata) da tutti. Quando è scoppiato l'incendio sul Monte Carmelo, Ahuva non è rimasta in ufficio a distribire ordini, ma si è messa al volante ed è corsa nel luogo dove un gruppo di ufficiali del servizio carcerario aveva avuto l'istruzione di sgomberare il carcere Damon, minacciato dalle fiamme. Ahuva è stata ripresa in televisione sulla salita mentre scherzava con un fotografo e gli offriva un posto sul retro della vettura. Un minuto dopo, Ahuva era in mezzo al vortice dello Tsunami di fuoco che - da una direzione del tutto imprevedibile - si era riversato sull'autobus su cui viaggiavano 37 ufficiali carcerari oltre a altri due alti ufficiali della polizia, divorando tutti nelle fiamme. La grande tragedia del Carmelo ha svelato carenze organizzative, di cui si dovrà riparlare, ma ha soprattutto dimostrato l'eccezionale qualità umana, coraggio e professionalità delle forze dell'ordine e dei servizi di emergenza di Israele. A parte gli enormi danni materiali, nessun civile è stato colpito dal disastro. Ahuva ha lottato tra la vita e la morte per quattro giorni. E poi, come ha detto il Comandante generale della polizia durante la cerimonia del funerale, nel promuoverla a Generale di Brigata: "Anche dopo la ferita hai mostrato quando profonda era la tua anima di comandante. Dal mezzo delle fiamme hai dimostrato il valore della difesa della vita umana. Non ci hai lasciato finché non sei stata certa che le fiamme erano state definitivamente spente".

(Notiziario Ucei, 9 dicembre 2010)

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Usa: 200 milioni di aiuti a Israele per un sistema antimissile.

Il Congresso approva la concessione di fondi allo Stato ebraico

WASHINGTON, 9 dic. - La Camera dei rappresentanti Usa ha approvato oggi la concessione di oltre 200 milioni di dollari a Israele per il dispiegamento di un sistema di difesa antimissile chiamato "Iron Dome", che dovrebbe essere utilizzato come deterrente contro le minacce balistiche di Gaza e del Libano. "E' l'ultimo esempio del fatto che in materia di cooperazione militare, di difesa e dello scambio di informazioni, le relazioni tra gli Stati Uniti e Israele non sono mai state così forti", ha affermato il deputato democratico Steve Rothman.
A maggio, il presidente Usa Barack Obama aveva chiesto al Congresso di sbloccare 205 milioni di dollari allo scopo di aiutare Israele a dispiegare questo sistema antimissile, oltre ai tre miliardi di aiuti militari che gli Stati Uniti concedono allo Stato ebreo ogni anno. 'Iron Dome' è stato concepito per intercettare razzi a breve gittata e granate con un raggio di lancio da 4 a 70 chilometri, simili a quelli utilizzati dal movimento sciita libanese Hezbollah e dal movimento islamico palestinese Hamas.

(Apcom, 9 dicembre 2010)

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Israele alleggerisce ancora il blocco su Gaza

Autorizzato l'aumento di esportazioni

GERUSALEMME, 8 dic. - Le autorità israeliane hanno annunciato di aver autorizzato un aumento delle esportazioni provenienti dalla Striscia di Gaza, alleggerendo ancora il blocco imposto al territorio palestinese. E' stato il gabinetto di sicurezza dello Stato ebraico ad approvare la misura. Il segretario di gabinetto, Tzvi Hauser, ha spiegato che la misura è volta ad accrescere l'attività economica e ad alleggerire "la pressione sulla popolazione di Gaza" che vive "sotto il giogo terrorista di Hamas".

(Apcom, 8 dicembre 2010)

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Video di Hamas: "Allah uccidi cristiani ed ebrei fino all'ultimo uomo"

Un video ufficiale della TV di Hamas invoca Allah chiedendogli di uccidere ebrei, cristiani, comunisti e i loro sostenitori. Il video richiede ad Allah "di contarli e ucciderli tutti fino all'ultimo, e di non lasciarne in vita nemmeno uno".


Come Palestinian Media Watch (PMW) ha più volte riportato, questa invocazione all'uccisione di non-musulmani è un invito che leader politici e religiosi sia dell'Autorità Palestinese (Fatah) sia di Hamas fanno da molti anni, a partire dal luglio 2000.
Per anni sermoni tenuti da leader religiosi sulla TV ufficiale dell'Autorità Palestinese governata da Yasser Arafat hanno presentato l'uccisione degli ebrei come un obbligo religioso e un adempimento dell'ideale islamico.
Le critiche e le pressioni internazionali provocate dalla pubblicazione di questi sermoni da parte di PMW hanno costretto Mahmoud Abbas, il cui ufficio controlla la TV dell'Autorità Palestinese, a impedire la trasmissione sulla TV palestinese di sermoni che invocano lo sterminio di ebrei.

(Palestinian Media Watch, 8 dicembre 2010 - trad. www.ilvangelo-israele.it)


Ma per l'Ue e Mahmoud Abbas l'ostacolo principale al processo di pace è il rifiuto di Netanyahu di prolungare la moratoria sugli insediamenti in Cisgiordania. Ved. sotto.

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L'Ue condanna il no di Israele sugli insediamenti

Sono 'illegali' e 'contrari' agli sforzi di pace

BRUXELLES, 8 dic - L'Unione europea condanna il rifiuto di Israele di accettare uno stop agli insediamenti in Cisgiordania, che rimangono 'illegali' e sono di fatto 'contrari' agli sforzi di pace nella regione.
E' questa la posizione del capo della diplomazia Ue, Catherine Ashton, in una dichiarazione della portavoce, Maja Kocijancic.

(ANSA, 8 dicembre 2010)

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Abbas, crisi nei negoziati di pace con Israele

ATENE, 8 dic. - I colloqui di pace tra Israele e l'Autorita' nazionale palestinese (Anp) sono in una situazione di ''crisi'' dopo la decisione di Washington di rinviare i negoziati con lo Stato ebraico per una nuova moratoria sugli insediamenti ebraici in Cisgiordania. Lo ha confermato il leader dell'Anp, Mahmoud Abbas (Abu Mazen), che ha incontrato in Grecia il premier George Papandreou. ''Non c'e' dubbio che ci sia una crisi'', ha detto Abbas.

(Adnkronos, 8 dicembre 2010)

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Ebrei: Cresce la xenofobia anche in certe amministrazioni

Congresso a Roma, ipotesi di numero verde nazionale anti-razzismo

ROMA, 8 dic. - Il congresso degli ebrei italiani, che si conclude oggi a Roma, esprime la propria preoccupazione per la crescita della xenofobia in Italia e in Europa e, per quanto rigarda il nostro paese, rileva, senza entrare nei dettagli, che gli atti di intolleranza crescono anche in alcune amministrazioni.
In una mozione approvata dalla commissione che si occupa di Israele, della diaspora e della società italiana, i delegati hanno rilevato la crescente presenza nel sociale e in alcune amministrazioni di atti di intolleranza sia individuale che organizzata.
Il Congresso ha poi sottolineato che la recrudescenza della xenofobia, del neofascismo, del neonazismo e del fondamentalismo islamico in Italia e in tutta Europa impone agli ebrei italiani di elevare il livello di attenzione. Il Congresso, in questo senso, propone al Consiglio di creare uno strumento di monitoraggio e ipotizza la creazione di un numero telefonico 'ad hoc' per le denunce di qualsiasi atto di razzismo nel territorio nazionale.

(Apcom, 8 dicembre 2010)

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Il nuovo Consiglio Ucei attuerà la riforma. Renzo Gattegna il più votato fra gli eletti

I diciotto componenti del nuovo Consiglio dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sono stati eletti, mercoledì 8 dicembre nel pomeriggio, al termine dei lavori del sesto congresso Ucei.
Il presidente uscente Renzo Gattegna è il consigliere neoeletto che ha raccolto il maggior numero di preferenze.
Accanto a lui siederanno in Consiglio Claudia De Benedetti (Casale Monferrato), Anselmo Calò (Roma), Dario Bedarida (Firenze), Victor Magiar (Roma), Annie Sacerdoti (Milano), Giorgio Mortara (Milano), Valerio Di Porto (Roma), Riccardo Hofmann (Milano), Andrea Mariani (Trieste), Raffaele Turiel (Milano), Settimio Pavoncello (Roma), Sandro Di Castro (Roma), Giulio Disegni (Torino), Vittorio Pavoncello (Roma).
Lo spoglio delle schede prosegue per la nomina dei rabbini che integreranno il Consiglio, dei Probiviri e dei Revisori dei conti.
La conclusione del dibattito, la definizione delle mozioni, l'approvazione della riforma dello Statuto dell'ebraismo italiano e il rinnovo del Consiglio e delle altre cariche, avevano contrassegnato l'ultima giornata di congresso, che ha visto, alle sue battute iniziali, anche la presenza del Capo dello Stato Giorgio Napolitano.
I delegati hanno lavorato intensamente, affrontando in un clima complessivamente costruttivo discussioni serrate e decisioni molto complesse e delicate che nei prossimi giorni dovranno essere analizzate nei dettagli e trovare attuazione.
L'attuale Consiglio sarà sostituito da un parlamentino composto da 52 membri, che si dovrà riunire almeno tre volte l'anno. "Lo Statuto del 1987 ha funzionato benissimo. I nostri sforzi su questo nuovo testo sono andati soprattutto nella direzione di aggiornarlo, anche tenendo conto delle modifiche ad esso apportate nel corso del tempo e con l'obiettivo di dare sostanza alla definizione di Unione delle Comunità Ebraiche, coinvolgendo maggiormente queste ultime negli organi di governo dell'Unione", ha detto il riconfermato Consigliere dell'Ucei Valerio Di Porto che aveva presieduto la Commissione per la riforma dello statuto.
Nel nuovo Statuto è stato inoltre previsto un nuovo sistema elettorale per la Comunità ebraica romana, la più grande in Italia, che sarà basato su un sistema proporzionale con un premio di maggioranza ed elezione diretta del Presidente.

(Notiziario Ucei, 8 dicembre 2010)

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Congresso degli ebrei italiani: Serve alternativa all'ora di religione cattolica

ROMA, 8 dic. - Il Congresso degli ebrei italiani che si conclude questo pomeriggio a Roma chiede al Consiglio, che verrà eletto oggi, di risolvere con opportuni interventi presso il Governo il problema dell'assenza di una vera alternativa all'ora di religione cattolica nelle scuole pubbliche. In una risoluzione approvata dalla commissione su giovani, educazione e cultura, il Congresso, che si riunisce ogni quattro anni, ha sottolineato che la frequente assenza di un'adeguata offerta formativa alternativa all'insegnamento cattolico mette i ragazzi che non si avvalgono di questa ora in situazione di minore opportunità per l'acquisizione di crediti formativi, importanti per la votazione finale e per il proseguimento degli studi superiori. L'intervento, sottolinea il Congresso, può avvenire tramite il coordinamento con le altre realtà italiane che vivono la medesima difficoltà. In una distinta mozione approvata dalla commissione sulla politica esterna, il Congresso degli ebrei italiani sottolinea, più in generale, che la laicità dello Stato è uno dei cardini della convivenza fra le diverse culture ed invita il Consiglio ad agire affinché l'insegnamento della religione nelle scuole pubbliche non sia considerato materia curriculare.

(Apcom, 8 dicembre 2010)

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Maiori: un gesto di solidarietà per israele

Un gesto di solidarietà dall'amministrazione comunale: Maiori dona ad Israele 100 alberi per il rimboschimento del Monte Carmelo

Maiori
Maiori, cittadina della costa d'Amalfi, già sede nel 13o e nel 14o di una piccola Comunità ebraica nella zona del Lazzaro e successivamente nel 15o in via Casa Imperato, turbata e addolorata per il disastro umano ed ambientale causato dall'incendio della riserva naturale del Monte Carmelo, nell'esprimere a Sua Eccellenza Ghideon Meir, Ambasciatore dello Stato d'Israele in Italia, il cordoglio per le vittime di tale nefasto evento e per rafforzare il legame tra Maiori e lo Stato d'Israele, ha deciso di donare un piccolo bosco di 100 alberi che contribuirà in parte al rimboschimento della zona interessata dall'incendio. I cittadini di Maiori ben conoscono i danni di un incendio in quanto, spesso, le zone boschive della Costiera amalfitana sono interessate da questi eventi e proprio la loro sensibilità ha spinto l'Amministrazione Comunale di Maiori a questo piccolo gesto di profonda e sincera amicizia. Il Sindaco e l'Amministrazione comunale della città di Maiori vogliono inoltrare un appello a tutti i comuni italiani a donare alberi attraverso la Keren Kayemeth LeIsrael (associazione che dal 1901 si occupa del rimboschimento della terra d'israele), affinchè il Monte Carmelo possa ritornare con il suo verde lussureggiante a fare da cornice alla riserva naturale di Nahal Mearot con i suoi rari ed importantissimi insediamenti preistorici, al Monastero Stella Maris, meta di pellegrinaggi anche di gruppi cattolici italiani, ed alla città di Haifa.

(Positanonews, 7 dicembre 2010)

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Israele, un fondo specializzato per investire in titoli di stato

Contro la crisi del debito sovrano in Europa, che a giudicare dagli eventi delle ultime settimane non accenna a rientrare, la Harel Insurance Investments and Financial Services Ltd. - il terzo più grande gruppo di assicurazioni israeliano - ha annunciato la creazione di un fondo specializzato che investirà in titoli di Stato dei cosiddetti "Paesi PIIGS" (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna).
Il fondo cercherà di contrastare i rischi che minacciano la moneta unica, che secondo alcuni potrebbe essere travolta dalle difficoltà di bilancio dei Paesi-membri sopraccitati: in altre parole, lo scopo della Harel è evitare per quanto possibile la volatilità del tasso di cambio euro-shekel, la moneta israeliana, per non danneggiare le industrie e le esportazioni dello Stato ebraico. Il responsabile del settore investimenti della Harel Finance, nonché vicepresidente della Harel Pia, Uri Rabinovich, ha dichiarato: «Il fondo, battezzato Harel Pia PIIGS Bond Foreign Currency Hedge, propone agli investitori bond irlandesi e dell'Europa meridionale, che offrono possibilità di guadagno relativamente alte. Questo fondo può interessare chi vuole diversificare il proprio portfolio di bond, soprattutto in ragione del fatto che di solito questi titoli hanno un rendimento molto più basso dell'attuale. Certo - ha sottolineato Rabinovich -, si tratta di investimenti rischiosi: rendimenti alti significano rischio maggiore: chiunque voglia investire in questo fondo deve esserne consapevole». E comunque, ha concluso, «non bisogna dimenticare che, malgrado tutto, la maggior parte dei PIIGS ha oggi rating più alti di quelli israeliani. Per esempio, i titoli spagnoli sono classificati AA, quelli italiani A+ e gli irlandesi A».

(FocusMo, 7 dicembre 2010)

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Effetti collaterali della dialisi renale: il melograno li previene

Pochi giorni fa vi abbiamo parlato delle mille proprietà benefiche del melograno. Avevamo detto che alcune ricerche scientifiche hanno attestato l'azione preventiva di questo frutto per quanto riguarda le malattie cardiovascolari. Ora, grazie a una ricerca israeliana presentata nel corso dell'ultima edizione del congresso dell'American Society of Nephrology, si scopre che il melograno è in grado - tra le altre cose - di ridurre il rischio di complicanze nei pazienti sottoposti a dialisi renale.

(NanoPress, 7 dicembre 2010)

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Ebrei tedeschi, si cambia

Il Consiglio centrale ebraico di Germania ha eletto qualche giorno fa il suo primo presidente nato dopo la Shoah, simbolo di cambiamento di generazioni per una comunità ormai in maggioranza originaria dell'ex Urss.

di Marco Tosatti

Dieter Graumann e Charlotte Knobloch
Il Consiglio centrale ebraico di Germania ha eletto qualche giorno fa il suo primo presidente nato dopo la Shoah, simbolo di cambiamento di generazioni per una comunità ormai in maggioranza originaria dell'ex Urss. Fino ad oggi vice presidente dell'associazione che rappresenta 105 mila membri, Dieter Graumann, 60 anni, era il solo candidato alla successione di Charlotte Knobloch, di 78 anni. La signora Knobloch, presidente dal 2006 non si è ripresentata. Nata qualche mese prima dell'arrivo di Hitler al potere, nel 1933, ha vissuto nascosta in una famiglia cattolica durante la guerra. Dieter Graumann è nato in Israele nel 1950 ed è giunto in Germania all'età di un anno e mezzo. Graumann dovrà gestire le tensioni presenti nella comunità ebraica legate all'arrivo massiccio, nel corso degli ultimi venti anni, di ebrei dall'ex Urss, che gli ebre tedeschi accusano talvolta di essere "de-giudaizzati". Al momento della caduta del Muro nel 1989 la comunità ebraica di Germania non contava che trentamila persone. In seguito, circa 220mila ebrei sono arrivati dalle ex repubbliche sovietiche, approfittando di una legge che accordava loro automaticamente la cittadinanza tedesca. All'inizio degli anni '90 c'erano più ebrei che si installavano in Germania che in Israele. "Costruiamo una comunità ebraica tutta nuova - ha detto Graumann -. La diversità è la nuova regola per gli ebrei".

(La Stampa, 7 dicembre 2010)

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Wikileaks: la Corea del Nord vende missili a Hamas e Hezbollah

La Corea del Nord vende missili e tecnologia militare a Iran e Siria, che finiscono nelle mani di Hezbollah in Libano, Hamas a Gaza e gruppi armati in Iraq. A rivelarlo sono alcuni cablogrammi inviati dal Dipartimento di Stato e dalle ambasciate americane in diversi Stati del Medio Oriente riportati dai media partner di Wikileaks, tra cui lo spagnolo El Pais e l'americano New York Times.
Dai documenti - si legge sul giornale madrileno - si può evincere che alla radice del traffico di armi tra i Paesi arabi più radicali "c'è il programma missilistico della Corea del Nord". In un cablogramma del 6 ottobre 2009 inviato dal Dipartimento di Stato si evidenzia, ad esempio che "la Siria è un altro dei clienti chiave della Corea del Nord, che ha fornito Damasco di missili Scud-C con un raggio di 500 chilometri e di tecnologia" per estendere il raggio d'azione a "700 chilometri".
Stesso discorso per l'Iran al quale Pyongyang "continua a fornire assistenza per i programmi missilistici". Un documento del 22 febbraio scorso inviato dall'ambasciata americana a Tel Aviv rivela invece "un imminente trasporto di missili Scud da Siria a Hezbollah in Libano", tracciando così una delle vie principali del traffico di armi in Asia. E gli Usa non sembrano affatto contenti, tanto che il segretario di Stato Hillary Clinton, sempre nel febbraio scorso invia personalmente un cablogramma alla Siria per dire "basta" alla consegna di missili balistici.
"Siamo a conoscenza - scrive la Clinton - di tentativi in corso da parte siriana di dotare Hezbollah di missili balistici. Devo sottolineare che questa attività è fonte di profonda preoccupazione per il mio governo, e vi diffidiamo con forza dal continuare con questa seria escalation". L'arsenale nelle mani di Hezbollah, secondo i dispacci americani, annovera 50 mila razzi e missili, alcune decine dei quali in grado di colpire Israele. Secondo i documenti 'intercettati' da Wikileaks, nel corso del 2009 da Teheran arrivano armi a gruppi armati in Iraq, a Hamas a Gaza e a Hazbollah in Libano.
E uno dei transiti più utilizzati è il Sudan, tanto che nel gennaio del 2009 Washington esercita una forte pressione sul governo di Khartoum per impedire l'arrivo di armi provenienti dall'Iran e destinate a Gaza che, secondo l'intelligence statunitense, giungono a Khartoum in velivoli "della compagnia Al Badr". La risposta del Sudan, tuttavia, è deludente: "Gli aerei trasportano solo 'attrezzature agricole'", viene comunicato agli Stati Uniti.

(Blitz quotidiano, 7 dicembre 2010)

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Bilancio di un incendio disastroso (in francese)



(Guysen TV, 6 dicembre 2010)

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Gerusalemme, scoperta una piscina dei legionari romani

GERUSALEMME, 6 dic. - Una piscina utilizzata circa 1.900/1.800 anni fa dai soldati della legione romana che distrusse il Tempio di Gerusalemme (nel 70 d.C. per ordine dell'imperatore Tito) e' stata rinvenuta dagli archeologi dell'Autorita' israeliana per le antichita' nel quartiere ebraico della citta' vecchia di Gerusalemme. Il ritrovamento, riferisce il sito internet Terrasanta.net dell'Ordine dei Frati Minori, e' avvenuto durante le verifiche in un'area in cui sta per essere realizzato un miqve', vasca destinata ai rituali religiosi ebraici di purificazione. ''Si tratta di una scoperta importante per gli studi su Gerusalemme'', afferma Yuval Baruch, archeologo dell'Autorita' per le antichita' nel distretto gerosolimitano. ''La nuova scoperta testimonia che Elia Capitolina, la citta' romana che venne edificata dopo la distruzione del Tempio, era piu' estesa di quanto avevamo fin qui stimato'', sottolinea Baruch.
Ofer Sion, responsabile dello scavo, aggiunge: ''Abbiamo ritrovato alcuni bacini per il bagno con gradini e pareti intonacate. I mattoni della piscina sono bollati con il sigillo della Decima legione Fretensis, il cui accampamento sorgeva sul limitare dell'attuale citta' vecchia in corrispondenza, grosso modo, del quartiere armeno''.
La vasca appena riportata alla luce faceva parte probabilmente di un piu' ampio complesso balneare del II-III secolo d.C. Il rinvenimento di centinaia di tegole di terracotta fa concludere che doveva trattarsi di un impianto coperto. La X Legio Fretensis presidio' Gerusalemme agli albori dell'era cristiana e rase al suolo la citta' dopo aver schiacciato l'insurrezione ebraica di Bar Kokhba nel 135 d.C. Sulle sue rovine sorse Elia Capitolina.

(Adnkronos, 6 dicembre 2010)

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Napolitano al congresso ebraico: Lontano dal frastuono della politica

ROMA, 6 dic. - Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha presenziato stamane all'apertura del congresso delle Comunità ebraiche italiane assieme al presidente della Camera, Gianfranco Fini. A conclusione della seduta inaugurale, Napolitano si è accomiatato dal presidente degli ebrei italiani, Renzo Gattegna, ed ha lasciato l'hotel Melia non prima di intrattenersi per una battuta con i cronisti presenti: "Dei rapporti con la comunità ebraica io sono alfiere. Sono qui per questo - ha detto Napolitano - lontano dal frastuono della politica italiana". Il sesto congresso dell'Unione delle comunità ebraiche italiane (Ucei) si svolge da oggi a mercoledì ed elegge il consiglio e la consulta rabbinica degli ebrei italiani per i prossimi quattro anni.

(Apcom, 6 dicembre 2010)

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WikiLeaks: L'Iran creò una rete tlc segreta per Hezbollah

BEIRUT, 6 dic. - E' una vera e propria rete di telecomunicazioni segreta quella che due anni fa 'Iran Telecom' ha creato in Libano a uso di Hezbollah. E' stata proprio Beirut a denunciarlo ai suoi alleati occidentali, come rivela uno dei documenti apparsi sul sito di WikiLeaks e rilanciati dal giornale locale Al-Akhbar. La scoperta risale all'aprile del 2008 e segue le crescenti tensioni tra il governo centrale libanese e il movimento sciita sostenuto dalla Repubblica islamica. Il documento americano, classificato come segreto e 'noforn' (non per occhi esterni), illustrava i profondi timori regionali e internazionali per la volatile situazione in Libano per i timori di una nuova escalation di violanza dopo la guerra con Israele del 2006. Le informazioni sul network a fibra ottica di Hezbollah, finanziato dall'Iran, sono state immediatamente passate dai ministri libanesi agli Stati Uniti, all'Arabia Saudita e ad altri Stati. Il presidente francese Nicolas Sarkozy era "stordito" dalla scoperta, scrive l'ambasciata Usa a Beirut. L'informazione giunse anche a Israele, per il quale Hezbollah rappresenta uno dei principali nemici e uno dei primi obiettivi della sua intelligence.

(Adnkronos, 6 dicembre 2010)

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Gerusalemme prepara la prima maratona internazionale

Il 25 marzo 2011 Gerusalemme ospiterà la sua prima maratona internazionale dedicata a corridori dilettanti e professionisti. Tre le gare, con partenza dalla Knesset (sede del Parlamento israeliano) e arrivo al Parco Sacher. Sono inclusi in tutti gli itinerari il centro di Gerusalemme, la Città Vecchia, le mura, la porta di Giaffa, la porta di Zion, il teatro di Gerusalemme, la German Colony nel quartiere Emek Refaim, la Promenade Sherover con la vista sulla Citta Vechia. I vincitori si aggiudicheranno premi che vanno dai 5 ai 49 mila dollari Usa. Sono anche disponibili varie iniziative di special hospitality e un supporto professionale dedicato ai corridori.

(Travel, 6 dicembre 2010)

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Spento l'incendio sul Carmelo, anche la pioggia ha contribuito

TEL AVIV, 6 dic. - E' stata infine anche la pioggia a contribuire a spegnere l'incendio che da giorni divampava sul Monte Carmelo, in Israele. Ieri sera alle dieci (ora locale), il portavoce dei vigili del fuoco, Yoram Levy, ha reso noto che erano rimaste solo piccole aree con le fiamme ancora attive. Poi, nella notte, i due-cinque millimetri di pioggia precipitati hanno spento anche quelle.

(Adnkronos, 6 dicembre 2010)

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"O Allah, brucia gli ebrei e tutti i nemici dell'islam"

di Khaled Abu Toameh

Spiace dover constatare che, a quanto pare, molti nel mondo arabo sembrano gioire per il tragico incendio che nei giorni scorsi ha devastato una vasta area del Carmelo, nel nord di Israele, provocando anche la morte di 41 agenti e soccorritori rimasti intrappolati nel loro autobus fra le fiamme mentre accorrevano per agevolare lo sgombero di penitenziario di Damon. Mentre la comunità internazionale (compresi Egitto, Giordania e Autorità Palestinese) si mobilitava inviando decine di squadre e mezzi anti-incendio, a giudicare dai commenti inviati dai lettori di numerosi importanti mass-media e siti web arabi, una gran parte di loro è convinta che Allah con questo incendio abbia voluto "punire" Israele per l'occupazione di terre arabe e in particolare per l'operazione anti-Hamas nella striscia di Gaza del gennaio 2009....

(israele.net, 6 dicembre 2010)

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Israele: nessuna ragione per estendere la moratoria degli insediamenti

LUBIANA - Israele non ha alcun motivo per prolungare la moratoria sui suoi insediamenti in Cisgiordania, ma è disponibile a trattare con i palestinesi. Lo ha detto oggi il ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman.
Durante la sua visita di un giorno in Slovenia, Lieberman ha detto che i negoziati di pace in Medio Oriente erano comunque giunti ad un punto morto, nonostante la moratoria, ma ha aggiunto: "Non ravvisiamo alcun beneficio (dalla moratoria)".
Il presidente palestinese Mahmoud Abbas e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si sono incontrati tre volte per colloqui diretti a settembre, ma i palestinesi si sono tirati indietro tre settimane dopo, quando è scaduta la moratoria sulla costruzione di nuovi insediamenti israeliani.
"Dopo 10 mesi di moratoria sugli insediamenti siamo ancora ad un punto morto... Non vedo alcuna ragione per estendere ora questa moratoria", ha detto Lieberman ai giornalisti presenti in Slovenia.
Il ministro degli Esteri ha detto che la posizione dei palestinesi, che riprenderebbero i colloqui solo dopo l'estensione della moratoria, "dimostra la loro intenzione di portare i negoziati ad una fase di stallo".
I palestinesi vogliono che Israele smetta di costruire su un territorio che vorrebbero costituisse il loro stato indipendente, compresa Gerusalemme est e le aree limitrofe, annesso dagli israeliani con la guerra del 1967.
La scorsa settimana il governo israeliano ha annunciato la costruzione di 625 nuove abitazioni vicino a Gerusalemme Est, portando il capo negoziatore palestinese Saeb Erekat a dire che Israele "ha scelto gli insediamenti e non la pace" e ad invocare una presa di posizione di Washington, affinchè gli Usa accusino Israele "per il collasso del processo di pace".
Lieberman ha detto oggi che "se i palestinesi sono disponibili a colloqui diretti sono più che benvenuti, noi siamo pronti a discutere di ogni argomento ma, di nuovo, senza precondizioni".
Il segretario di Stato Usa Hillary Clinton, lo scorso venerdì, aveva detto che gli Stati Uniti erano ancora impegnati nel rilanciare il processo di pace, nonostante la presa di posizione dei palestinesi, che avevano giudicato i negoziati ormai naufragati.

(Reuters, 6 dicembre 2010)

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Ancora aiuti dall'Italia per l'incendio sul Monte Carmelo

Protezione Civile: in arrivo 63 tonnellate di liquido ritardante

ROMA, 5 dic. - Prosegue l'impegno dell'Italia nei confronti delle popolazioni israeliane colpite dall'incendio che da giorni sta interessando il monte Carmelo. Dopo l'invio di 12 tonnellate di liquido ritardante avvenuto lo scorso 3 dicembre, il Governo Italiano fornirà altre 63 tonnellate di liquido ritardante e 20.000 litri di schiuma estinguente.
Con il coordinamento del dipartimento della protezione civile e il supporto dell'Enac/Fiumicino, che ha agevolato le operazioni in corso, i fluidi estinguenti verranno trasportati attraverso tre voli previsti tra oggi e domani di un Boeing 747 inviato dalle autorità israeliane che decollerà dall'aeroporto di Fiumicino verso Tel Aviv. Lo comunica la protezione civile.

(Apcom, 5 dicembre 2010)

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Incendio del Monte Carmelo, sensibile miglioramento della situazione

TEL AVIV, 5 dic.- Vi sono sensibili miglioramenti nel gravissimo incendio divampato sul Monte del Carmelo nei pressi di Haifa, in Israele, anche se le fiamme non sono ancora domate. Ad affermarlo e' il portavoce del servizio anti-incendio e di salvataggio dello Stato ebraico, Yorma Levy. "La situazione e' molto migliorata", ha dichiarato all'agenzia stampa tedesca Dpa. "Non abbiamo ancora un controllo completo - ha precisato - ma netto progresso". "Speriamo di avere pieno controllo del fuoco entro il tramonto", ha aggiunto il portavoce della polizia israeliana Micky Rosenfeld alla Dpa, anche se, ha precisato, "puo' volerci un'intera settimana per spegnere ovunque le fiamme".

(Adnkronos, 5 dicembre 2010)

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Il premier di Hamas: l’incendio del Carmelo è una punizione divina

GAZA, 5 dic. - L'incendio del Monte del Carmelo e' una "punizione divina". A sostenerlo e' stato Ismail Haniyeh, il premier di Hamas a Gaza. "Questo incendio - ha detto ai giornalisti mentre si recava alle preghiere a Gaza City per chiedere pioggia - sono una punizione divina per quel che (gli israeliani) hanno fatto". La preghiera cui si e' recato Haniyeh e' per chiedere pioggia sui territori palestinesi colpiti da una siccita' senza precedenti.

(Adnkronos, 5 dicembre 2010)

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«Marchiati a fuoco e incatenati senz'acqua», la voce dei profughi rapiti sul Sinai

diEmilio Fabio Torsello

L'ultimatum è per domani. Se i trafficanti non riceveranno il riscatto richiesto, i 250 eritrei rapiti sul Sinai - ottanta dei quali provenienti dall'inferno delle carceri libiche - saranno fatti «sparire». Dopo aver pagato duemila euro per arrivare in Israele, una volta giunti in Egitto i profughi erano stati rapiti da un gruppo di trafficanti che pretende da ciascuno il pagamento di ottomila euro a testa in cambio della vita.
«Non ci danno acqua potabile - ha raccontato oggi al telefono una donna contattata da don Mussie Zerai, della ong Habeshia - dobbiamo bere l'acqua salata del mare e molti di noi già hanno problemi intestinali. Ci danno da mangiare una pagnotta e una scatola di sardine ogni tre giorni, siamo costretti a vivere incatenati come bestie». E la testimonianza è di quelle che non possono essere ignorate dai governi: «Abbiamo nove persone ferite in modo grave a causa delle percosse - prosegue la donna - bisognose di cure urgenti perché hanno testa fracassata e gli arti rotti. L'altro ieri sera, quattro di noi che non hanno alcun parente all'estero che possa pagare per loro un riscatto, sono stati portati via per prelevargli un rene da vendere. Altri, invece, sono stati marchiati con il fuoco per costringerli a chiamare i familiari e chiedere di pagare il riscatto. L'ultimatum è per domenica - conclude - dopo di che hanno detto che ci fanno sparire».
L'organizzazione per i diritti umani EveryOne - intanto - poco fa ha fatto sapere di aver individuato e comunicato all'Onu la località in cui sono detenuti gli ostaggi eritrei. E lo Special Rapporteur delle Nazioni Unite per il traffico di esseri umani ha confermato a EveryOne che il caso, dopo le rivelazioni, riveste ufficialmente la massima priorità. Secondo quanto scrive l'Ansa, infine, sarebbe stato allertato anche il Mossad per evitare che i trafficanti possano fuggire attraverso i tunnel che collegano Israele alla Palestina. La speranza è che "la massima priorità" giunga prima dell'ultimatum.

(Diritto di critica, 5 dicembre 2010)

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Imbrattata la targa dedicata a Giorgio Perlasca

La targa si trova in viale Aguggiari. Perlasca si era distinto durante la seconda guerra mondiale per aver salvato migliaia di ebrei ungheresi dallo sterminio nazista

Nella notte tra sabato 4 e domenica 5 dicembre al "Giardino dei Giusti" di Varese in viale Aguggiari, vicino alla chiesa Massimiliano Kolbe, è stata imbrattata con della vernice nera la targa in ricordo del giusto tra le nazioni Giorgio Perlasca. Ignota la mano dello stupido imbrattatore. Perlasca si era distinto durante la seconda guerra mondiale per aver salvato migliaia di ebrei ungheresi dallo sterminio nazista. Perlasca, congedato forzosamente per questa sua «tenerezza filoebraica», lavorava per una ditta di import-export e girava per l'Europa, soprattutto nei paesi dell'est. Quando arrivò a Budapest (Ungheria) la città era in mano agli spietati nyilas, milizie naziste ungheresi appoggiate dai tedeschi. La storia di quei drammatici mesi è ormai conosciuta: Perlasca si fece passare per diplomatico spagnolo, in questo modo potè trattare con i vertici del governo ungherese e mettere in salvo nelle sedi e nelle case della legazione spagnola migliaia di ebrei altrimenti destinati ai campi di sterminio.
Una figura importante, quella di Perlasca, che ha illuminato il Novecento nella sua parte più buia.

(VareseNews, 5 dicembre 2010)

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Israele: un faló avrebbe causato l'incendio

Sarebbe stata la negligenza a provocare il vasto incendio che brucia da tre giorni nel nord di Israele.

   

La polizia non crede all'ipotesi di un'origine dolosa, né alla rivendicazione di un presunto gruppo terroristico.
La causa sarebbe un faló acceso da alcuni abitanti del villaggio druso di Ussafiya che poi non sarebbero riusciti a estinguerlo.
"I primi risultati - riferisce il portavoce della polizia - ci dicono che è stato frutto di negligenza. Le nostre unità stanno continuando a condurre un'ampia indagine per scoprire esattamente perché è cominciato e come."
Due piromani sono stati arrestati invece perché avrebbero provocato focolai minori nella zona.
Centinaia di soccorritori sono ancora impegnati nel tentativo di spegnere le fiamme. Il bilancio è di quarantadue vittime e 17mila persone evacuate.
Il premier Netanyahu ha espresso gratitudine per gli aiuti internazionali ricevuti e per la telefonata di sostegno del leader palestinese Mahmoud Abbas.

(euronews, 4 dicembre 2010)

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Al Qaeda rivendica su internet l'incendio del Monte Carmelo

Il rogo, in cui sono morte 40 persone, sarebbe opera dei "Leoni dei mujahidin in Palestina"

L'incendio del monte Carmelo, su cui versavano sospetti di origine dolosa, sarebbe stato opera di Al Qaeda. E' stata la stessa organizzazione terroristica a rivendicare il rogo divampato in una foresta nei pressi di Haifa, a nord di Israele, nel quale hanno perso la vita oltre 40 persone, la maggior parte guardi penitenziarie.
NUOVA SIGLA TERRORISTICA - I responsabili sarebbero riconducibili a una nuova sigla della rete terrorista. Con un messaggio pubblicato sui forum jihadisti in Internet, gli stessi usati da Osama Bin Laden per i celebri videomessaggi (e intercettato dall'agenzia Adn Kronos) il gruppo denominato "Leoni dei mujahidin in Palestina" sostiene di aver appiccato il fuoco agli alberi del monte israeliano, dando il via all'incendio tutt'ora in corso.
IL MESSAGGIO - "I leoni dei mujahidin in Palestina hanno agito nella notte tra giovedì e venerdì scorso", si legge nel messaggio, "eseguendo una spedizione benedetta ed eroica unica nel suo genere all'interno del territorio del popolo usurpatore, sul monte Carmelo occupato, appiccando il fuoco tra i suoi alberi e provocando al morte di più di 40 persone e il ferimento di altre decine, come riconosciuto dallo stesso nemico".
"RINGRAZIAMO IL VENTO" - Il gruppo terroristico ha inoltre ringraziato "il vento, che è stato uno dei soldati di Allah, per il suo aiuto, facendo espandere le fiamme fino a dove non avremmo mai pensato, tanto che il nemico non è stato in grado di domarlo e si è visto costretto a chiedere aiuto a forze straniere". Nel messaggio si ricorda infine che "questa spedizione benedetta fa parte della serie di spedizioni condotte contro l'occupante ebreo per vendicare il sangue dei musulmani uccisi, primo tra tutti Muhamman al-Namnam e i fratelli Islam e Muhammad Yasin ed altri salafiti jihadisti palestinesi. Il nemico sa che i figli del monoteismo non dormono e sono in grado di dare loro una lezione". Il riferimento è ai tre esponenti del gruppo jihadista palestinese 'Esercito dell'Islam', sigla legata alla rete di al-Qaeda nella Striscia di Gaza, uccisi nei giorni scorse settimane in due diversi raid aerei israeliani.

(Libero-news.it, 4 dicembre 2010)

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Rara telefonata Abbas-Netanyahu: il leader Anp offre aiuto per l’incendio
    
Rara telefonata tra il presidente palestinese Mahmoud Abbas e il premier Iisraeliano Benjamin Nethanyahu per esprimere le proprie condoglianze per il tragico incendio sul Monte Carmelo, nei pressi di Haifa, dove sono morte oltre 40 persone. La notizia è riportata sul sito on line del quotidiano israeliano Haaretz. I due leader non si parlavano da settembre dall'ultimo incontro dei colloqui di pace, interrotti per la mancata proroga di Israele alla moratoria sulle costruzioni scaduta il 26 settembre.
Abbas "ha espresso le sue condoglianze per le vittime e si è detto pronto a fornire l'aiuto necessario" fanno sapere dall'ufficio del premier, spiegando che la telefonata è stata "cordiale e amichevole". Netanyahu da parte sua ha risposto dicendo che "i vicini dovrebbero sempre aiutarsi l'un l'altro".
Il primo ministro palestinese Salam Fayyad ha invece telefonato al presidente israeliano Shimon Peres per offrire l'assistenza dei vigili del fuoco palestinesi.

(Adnkronos, 4 dicembre 2010)

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Forlì, anche Israele al convegno Hera sul riuso delle acque

FORLI' - Si è svolta venerdì presso la Sala Conferenze della Fiera di Forlì la sesta edizione del Convegno nazionale "Il ruolo delle Multiutilities nella Ricerca e nell'Innovazione Tecnologica" , promosso da Gruppo Hera e Federutility. Con questo convegno, prosegue l'impegno di Hera per la tutela della risorsa idrica e al contempo per la valorizzazione della ricerca e dello sviluppo di nuove tecnologie che portino ad un minore impatto ambientale delle attività dell'uomo.
I lavori, moderati dal consigliere di Hera spa Roberto Sacchetti, sono stati aperti dall'Assessore all'Ambiente del Comune di Forlì Alberto Bellini, a cui è seguita l'introduzione dell'Amministratore delegato di Hera Maurizio Chiarini. Quest'anno l'attenzione è stata puntata in particolare sul tema "Riuso delle acque: una risorsa in più a disposizione?" e il convegno ha accolto relatori da varie parti d'Italia e internazionali, rappresentativi di istituzioni e aziende: da A.R. Israeli Technologies a Federutility, dall'Università di Brescia al Ministero dell'Ambiente e Tutela del Territorio e del mare, dall'Abbanoa spa Cagliari alla Confederazione Italiana Agricoltori, da Legambiente alla Commissione Agricoltura Parlamento europeo fino alla Regione Emilia-Romagna.

(Romagnaoggi.it, 4 dicembre 2010)

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Festa della Channukkà a Scolanova

Accensione delle luci alle 17

Presso la sinagoga Scolanova di Trani verranno accese tutte le otto luci della festa di Channukkà. Il Rav Shalom Bahbout sarà a Trani a condividere con la comunità ebraica pugliese la Festa delle Luci.
Channukkà, il Rav Shalom Bahbout sarà a Trani in occasione dell'accensione delle luci della grande Channukkià (il candelabro a 8 braccia) che trovasi nella sinagoga Scolanova. All'accensione delle 8 luci parteciperanno non solo gli ebrei pugliesi ma autorità comunali e i numerosi amici della piccola comunità ebraica tranese. La festa di Chanukkà cade il 25 del mese ebraico di Kislev, dura 8 giorni e ricorda la vittoria dei Maccabei sugli ellenisti al tempo di Antioco Epifane.
A simbolo di questa vittoria, i maestri comandarono l'accensione dei lumi ponendo così l'accento non tanto sulla vittoria dei Maccabei quanto piuttosto sull'atto con cui essi riconsacrarono il Tempio di Gerusalemme dopo che era stato profanato con l'introduzione dell'idolatria: l'accensione della lampada che ardeva perennemente nel Santuario pose fine alla profanazione. I Maccabei, dopo aver sconfitto il nemico greco cercarono e non trovarono che una sola ampolla d'olio rimasta pura perché ancora chiusa con il sigillo del Sommo Sacerdote.
Questa ampolla sarebbe bastata per illuminare il Tempio un solo giorno ma accadde un miracolo e così l'olio dell'ampolla bastò per otto giorni, il tempo sufficiente per procurarsi nuovo olio purissimo. Dopo l'accensione delle luci, il Rav Bahbout terrà una lezione sul significato della Channukkà; la festa sarà allietata dai canti tipici della Festa delle Luci e dai dolci che saranno preparati per l'occasione.

(TraniWeb, 4 dicembre 2010)

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Al via domani il congresso Ucei, lunedì presente anche Napolitano

Si apre domani a Roma, presso l'hotel Sol Melià, il 6o Congresso dell'Ucei, l'Unione delle comunità ebraiche italiane. Nella mattinata di lunedì sarà presente il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, accolto dal presidente dell'Ucei Renzo Gattegna e dal Consiglio dell'Ucei.
Dopo la relazione di Gattegna, il Capo dello Stato assisterà alla prolusione di Anna Foa, docente dell'Università 'Sapienzà di Roma sul tema "Gli ebrei e i 150 anni dell'Unità d'Italia": un approfondimento del ruolo avuto dalla minoranza ebraica nella realizzazione dell'unità nazionale, della quale nel 2011 si celebrerà appunto il 150o anniversario.
I lavori del Congresso, che si riunisce ogni quattro anni a norma di statuto, si svolgeranno dal 5 al 8 dicembre - corrispondenti al l'intervallo fra il 28 Kislev e il 1o Tevet del calendario ebraico - in concomitanza con la ricorrenza di Chanukkà, la "Festa delle luci".
Sono 87 i delegati, nominati dalle 21 comunità ebraiche italiane o eletti direttamente dagli iscritti, che prenderanno parte ai lavori, in rappresentanza dell'intero ebraismo italiano. Dopo la relazione del presidente Gattegna e l'esame del quadriennio trascorso, molti i temi sul tavolo dei delegati, fra cui le proposte di revisione dello Statuto con l'aumento del numero dei consiglieri nazionali, che sono attualmente diciotto; e la modifica dei criteri di rappresentanza delle singole comunità ebraiche.
Al termine di quattro giorni di relazioni, dibattiti, confronti, riunioni in Commissione e in assemblea plenaria, i delegati approveranno le delibere di indirizzo per i prossimi anni. I lavori termineranno mercoledì con l'elezione del nuovo Consiglio, della Consulta Rabbinica, dei Revisori dei Conti e dei Probiviri.

(l'Occidentale, 4 dicembre 2010)

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Martin Amis: «Inghilterra antisemita»

«Il progressista medio inglese si sente subito a suo agio attaccando Israele e gli ebrei»

Martin Amis
La Gran Bretagna? È un Paese «moderatamente antisemita». Come tutta l'Europa. Martin Amis, in Israele a presentare la traduzione in ebraico del suo romanzo La casa degli addii, ha testimoniato, in un'intervista ad «Haaretz», il legame molto forte con il Paese che lo ospita (nonostante lo scarso successo dei suoi libri). Non solo perché la sua prima fidanzata era ebrea, o perché ebrea è la sua attuale moglie, Isabel Fonseca, ma anche per una forma di solidarietà verso un Paese dal quale l'Occidente «pretende uno standard di comportamento più alto rispetto a quello dei vicini. Il progressista medio inglese si sente subito a suo agio attaccando Israele e gli ebrei. Gli altri stranieri sono protetti dal colore della pelle, dal passato coloniale, o da altro. La tradizionale, snobistica attitudine antisemita degli inglesi si sposa con le circostanze attuali». Certo, Amis ammette anche che è sempre più difficile difendere la politica di Israele. «L'attacco alla flottiglia turca a Gaza in maggio mi è parso del tutto simile all'assedio del teatro a Mosca, quando la polizia gasò la metà delle persone per prendere i terroristi. Ricordo di aver pensato: "È un modo di agire da russi, questo pugno duro, senza mediazione politica"». Il compromesso, la diplomazia, sono cose che Amis pratica sempre meno. «Scrivere è libertà - dice - e non rinuncerò a esercitare la mia libertà solo per prudenza o perché ho paura di cosa penserà la gente».

(Corriere della Sera, 3 dicembre 2010)

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Incendio in Galilea, Netanyahu ringrazia Erdogan

Il premier israeliano, Benyamin Netanyahu, ha rivolto oggi un messaggio di ringraziamento personale - dopo mesi di gelo - al collega turco, Recep Tayyip Erdogan, per l'invio da parte di Ankara di due Canadair impegnati in queste ore a far fronte al mega-incendio divampato sul monte Carmelo, vicino a Haifa. La Turchia è stata fra le prime a rispondere alla richiesta di aiuti internazionali lanciata ieri da Netanyahu, nel pieno di una situazione che gli apparati israeliani si sono rivelati non in grado di affrontare da soli. L'episodio rappresenta un primo scambio di cortesie - oltre che l'occasione di un primo contatto fra i premier - fin dall'inizio del grave deterioramento dei rapporti fra i due Paesi (a lungo alleati strategici) iniziato circa due anno fa.

(Notiziario Ucei, 3 dicembre 2010)

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Alla sinagoga di Casale la mostra di David Gerstein

di Nadia Presotto Luparia

CASALE MONFERRATO - Si è inaugurata domenica 28 novembre la personale dell'artista David Gerstein allestita presso la sala mostre di vicolo Olper 44, all'interno del complesso israelitico e realizzata in collaborazione con la Tedeschi Gallery. Alla presenza di un numeroso pubblico, del Sindaco Giorgio Demezzi, degli Assessori Bussola e Pizzamiglio, la giovane Daria Carmi ha presentato l'artista di fama internazionale, conosciuto per le sue coloratissime opere in acciaio sagomate e sovrapposte. David Gerstein è nato a Gerusalemme nel 1944; ha studiato arte a Parigi, New York e Londra.
Pittore e scultore, ha ampliato i limiti dei dipinti tridimensionali e nei suoi soggetti demolisce le barriere esistenti tra i lavori artistici ed il pubblico, creando opere affascianti e semplici, traendo spunto dalle cose di tutti i giorni, dai giocattoli e dai ricordi.
Con le lastre in acciaio, i vivaci colori e pennellate che comunicano il senso del ritmo, l'artista fa sognare i visitatori, li trasporta in un mondo onirico nel quale le farfalle volano leggere, le folle animano le metropoli ed i ciclisti sfrecciano veloci accanto a noi. Domenica è stata presentata anche la nuova lampada di Chanukkah, che andrà ad arricchire il prezioso Museo dei Lumi: David Gerstein ha realizzato una colomba con il ramoscello d' ulivo, simbolo della pace.
David Gerstein davanti a una sua scultura

Domenica prossima, 5 dicembre un gruppo di artisti doneranno personalmente una loro lampada, realizzata appositamente per la Festa di Chanukkah e tra queste c' è anche quella dell'artista David Gerstein. Saranno custodite nel Museo che ospita più di 120 Chanukkah (candelabro a 8 braccia più una lampada che accende le altre) realizzate da artisti di tutto il mondo. La mostra allestita presso la sala mostra è visitabile il 5, 8,12 e 19 dicembre con orario 10-12,30 e 14-18). Altri giorni su appuntamento telefonico 0142.71807.

(Tuono News.it, 3 dicembre 2010)

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Israele si difende dai razzi di Gaza con gli sms

I messaggini come evoluto sistema di allarme: da un'unica fonte l'avviso a una pluralità di contatti

di Gabriele Cazzulini

Gli sms restano un sistema facile e immediato per comunicare. Ma riuscirà un sms a salvare vite umane dalla minaccia di un missile? Sì, secondo il Ministero della Difesa israeliano.
Come riportato sia dalla grande stampa israeliana per ridurre i costi umani della pressante pioggia di razzi che piove su Israele da Gaza e dalla Cisgiordania, le forze armate di Israele sono pronte a dotarsi dal prossimo giugno di un sistema evoluto di sms d'allarme. Si tratta di "sms-cb", dove un'unica fonte trasmette simultaneamente un unico sms ad una pluralità di contatti.
E' un meccanismo che serve anche ad evitare i diffusi ingorghi comunicativi che rallentano l'invio e la ricezione dei normali sms. Non appena venisse rilevato un razzo destinato a colpire Israele, partirebbero questi sms d'allarme per la popolazione civile. L'obiettivo è raggiungere milioni di contatti in una decina di secondi, viaggiando su reti 3G. Ma la novità è che il servizio consente di geolocalizzare, come si dice oggi, la comunicazione d'emergenza per migliorarne l'efficacia pratica. Quando c'è in ballo la vita umana e un innocuo sms, ricevuto senza preavviso, potrebbe scatenare il panico, è necessario calibrare non solo i tempi, ma anche il target dei destinatari.
Infatti il costo dell'operazione non è indifferente. Le somme in gioco si aggirano sui sette milioni di dollari, che andrebbero nelle tasche di una strana coppia di aziende della telefonia mobile: una nota in tutto il mondo, Ericsson, e l'altra ancora agli esordi, come eVigilo. Basta leggere questi nomi per capire l'intreccio tra comunicazione e sicurezza. Dal 2001 al 2008 si calcola che Israele sia stata colpita da oltre 8500 razzi, quasi sempre modello Qassam, soltanto provenienti dalla Striscia di Gaza. Il bilancio umano è di quasi trenta morti e centinaia di feriti. La fabbricazione di queste armi è quasi interamente artigianale e il loro raggio d'azione è piuttosto basso, dai tre ai dieci chilometri. Eppure questi razzi così primitivi sono praticamente impossibili da intercettare e neutralizzare anche con i più sofisticati sistemi di difesa anti-missile.
Un'ulteriore caratteristica, ancora in via di definizione, è la possibilità di diramare questi messaggi d'allarme anche su cartelli luminosi, radio e televisione. Tutto nello stesso tempo. A parte la gigantesca manovra tecnologica che deve richiedere questa operazione, anche dal punto di vista strettamente comunicativo è qualcosa di molto forte: in pratica è come se, al posto dell'avviso di traffico o di cattivo tempo, arrivi il messaggio "razzo in arrivo, rischio di morte".
Forse la tecnologia sarà anche pronta. Ma bisogna vedere quali saranno le reazioni umane di fronte a input di questo tenore.

(Libero-news.it, 3 dicembre 2010)

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Vandali antisemiti a Catania: distrutto il candelabro Hanukkah

di Antonella Folgheretti

Martedì sera Catania si era illuminata per la festa ebraica dell'Hanukkah, la festa delle luci. Stanotte con un atto vandalico è stato distrutto il candelabro rituale - acceso appunto martedì sera in piazza Università.
L'atto è particolarmente odioso perchè colpisce un oggetto - una delle classiche otto candele simbolo della tradizione ebraica - che voleva ricordare che la Sicilia dovrebbe essere terra d'integrazione.
Indagini della polizia sono in corso per individuare i responsabili e su punti negli ambienti dell'estremismo di matrice politica o islamica. La manifestazione religiosa è stata organizzata dall'associazione culturale ebraica "B'Naj Isaac", nata oltre un decennio fa a Palagonia. A Catania da tre anni celebra la festa ebraica delle candele. Un ritorno che riporta alla memoria la cacciata degli ebrei dalla Sicilia, dopo l'editto del 18 giugno 1492, emanato da Ferdinando il Cattolico.
Catania è l'unica città che, pur non avendo una sinagoga, ha ottenuto dall'Ucei, l'Unione delle comunità ebraiche italiane, l'autorizzazione all'accensione del candelabro durante la Hanukkah.

(BlogSicilia, 3 dicembre 2010)

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MedCooperation : pacchetti turistici per italiani in Israele e Palestina

Dal 7 al 14 dicembre una delegazione composta da un rappresentante della Regione Toscana e da cinque tour operator visiterà quattro delle sei città del programma MedCooperation: si tratta di Akko, Haifa, Nablus e Jericho. Scopo della missione è realizzare un pacchetto turistico comune tra le agenzie di viaggi israeliane e palestinesi e le municipalità coinvolte nell'iniziativa.
MedCooperation è un programma di cooperazione decentrata tra città toscane, israeliane e palestinesi che ha lo scopo di promuovere il dialogo, la pace e lo sviluppo attraverso la creazione di una "Strada Culturale", che colleghi sei città mediorientali: tre israeliane (Akko, Haifa, Taibeh) e altrettanti palestinesi (Gerico, Nablus, Tulkarem). Il programma è realizzato grazie a finanziamenti della stessa Regione, dell'Unione europea, della Fondazione Monte dei Paschi di Siena e dall'associazione Arte Continua.

(FocusMo, 3 dicembre 2010)

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Ebraismo - Al via domenica a Roma congresso per rinnovo vertici

87 delegati da 21 comunità italiane, lunedì presente Napolitano

Si apre domenica prossima a Roma il sesto congresso dell'Unione delle comunità ebraiche italiane, l'organizzazione rappresentativa dell'ebraismo italiano. Lunedì 6 dicembre il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, accolto dal presidente Renzo Gattegna e dal Consiglio dell'Ucei, assisterà alla prolusione della professoressa Anna Foa dell'università la Sapienza di Roma su 'Gli ebrei e i 150 anni dell'Unità d'Italia', un approfondimento dell'importante ruolo avuto dalla minoranza ebraica nella realizzazione dell'unità nazionale, della quale nel 2011 si celebrerà il 150esimo anniversario. I lavori del Congresso, che si riunisce ogni quattro anni a norma di Statuto, si svolgeranno dal 5 all'8 dicembre (28 Kislev - primo Tevet del calendario ebraico), in concomitanza con la ricorrenza di Chanukkà, la 'Festa delle luci'. Ottantasette delegati, nominati dalle ventuno comunità ebraiche italiane o eletti direttamente dagli iscritti, prenderanno parte ai lavori del Congresso in rappresentanza dell'intero ebraismo italiano. Dopo la relazione del presidente Gattegna e l'esame del quadriennio trascorso, molti i temi sul tavolo dei delegati: tra questi, le proposte di revisione dello statuto con l'aumento del numero dei consiglieri nazionali, che sono attualmente diciotto, e la modifica dei criteri di rappresentanza delle singole comunità ebraiche. Al termine di quattro giorni di relazioni, dibattiti, confronti, riunioni in commissione e in assemblea plenaria, i delegati approveranno le delibere di indirizzo per i prossimi anni. I lavori finiranno mercoledì con l'elezione del nuovo Consiglio, della Consulta Rabbinica, dei Revisori dei Conti e dei Probiviri. Maggiori informazioni sono contenute sul sito del Congresso, all'indirizzo www.ucei.it.

(Apcom, 3 dicembre 2010)

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La nuova guerra di Gerusalemme scoppia per il Muro del Pianto

di Fiamma Nirenstein

L'Autorità nazionale palestinese fa suo uno studio che nega l'origine del sito sacro agli ebrei. E fa marcia indietro solo dopo le proteste internazionali. La reazione Usa non ferma però le nuove pretese di Abu Mazen sui Territori.

Era una bugia troppo insopportabile perché reggesse. Era scritta sul sito dell'Autorità palestinese da mercoledì della scorsa settimana: il Muro del Pianto, la meta per eccellenza degli ebrei di tutto il mondo, che nei millenni gli ebrei, sfidando i più micidiali pericoli, non hanno mai mancato di presidiare come la pietra delle loro identità stessa, bagnandolo con le loro lacrime; carezzandolo come una persona cara; ricordandone, come è scritto nella Bibbia e come gli archeologi hanno certificato, la storia di muro occidentale del monumento grandioso distrutto dai Romani nel '70 dopo Cristo, lo stesso cui Gesù fu condotto in pellegrinaggio da Maria e Giuseppe.. beh, è tutta un'invenzione degli ebrei. In realtà, dice il sito palestinese, è il muraglione delle Moschee cui Maometto, nel suo volo verso "la città lontana" come è scritto nel Corano che non nomina Gerusalemme, legò il suo cavallo Al Buraq con cui volò poi verso il Cielo.
Il sito ufficiale dell'Autorità Palestinese ha fatto sua una "ricerca" di cinque pagine a cura di Al Mutawakil Taha, viceministro dell'informazione, poeta e studioso. Scardinando secoli di documentazione e di amore verso il primo luogo ebraico di culto (se fosse stato negato così un sito islamico ora tutti i musulmani del mondo farebbero una rivoluzione mondiale), e ignorando anche i gesti di rispetto dei cristiani, come quello di Papa Giovanni Paolo che nel Muro, secondo la tradizione ebraica, pose un bigliettino di preghiera, il sito ufficiale palestinese ha ospitato Taha. Ha fatto cioè proprio il negazionismo sulla città di Gerusalemme che delegittima Israele, negandovi la presenza ebraica. «Il muro del Pianto non è mai stato parte di quello che è chiamato il Tempio Ebraico - afferma il rapporto - ed è stata semmai la tolleranza islamica a permettere agli ebrei di pregare e piangere là davanti».
La posizione negazionista nei confronti della storia ebraica di Gerusalemme è un'invenzione vecchia. Fu Arafat a tirare fuori per primo l'insostenibile menzogna che gli ebrei erano novellini dalle sue parti. Lo fece con convinzione, con voce flautata, e molti gli hanno voluto credere. Eppure gli ebrei non se ne erano mai andata dalla loro patria originaria, specie da Gerusalemme, anche quando romani, crociati, arabi davano loro la caccia. E vi hanno rappresentato per tutto il 19esimo secolo, pur sotto i turchi, la maggioranza. Bill Clinton a Camp David quando Arafat ammiccò dicendo che tutti sanno che gli ebrei non hanno a che fare col Monte del Tempio, gli intimò, letteralmente, di piantarla con quella menzogna pena l'interruzione dei colloqui di pace. Ma Arafat ne fece un cavallo di battaglia, e i suoi uomini non hanno perso occasione di cavalcarlo.
Stavolta si intravede però un ripensamento obbligato. Il sito ufficiale dell'Autorità palestinese ha cancellato lo "studio" di Taha perchè il governo americano non ha sopportato l'odiosa balla e lo State Department ha fatto sapere che «rifiuta completamente quei commenti come contrari ai fatti, insensibili, altamente provocatori...». Il presidente della commissione esteri del parlamento Howard Berman ha chiesto al presidente Abu Mazen e al primo ministro Salam Fayyad di denunciare al pubblico l'errore. Una reazione che ha portato al risultato della cancellazione del testo e ci insegna che l'odio potrebbe talvolta essere domato.
Ma nessuno ha reagito, invece, quando a Ramallah, lo scorso fine settimana, il Quinto Consiglio Rivoluzionario di Fatah, il partito dei moderati, la spina dorsale di Abu Mazen, ha dato il via ai lavori onorando il defunto Hamin Al Hindi, uno dei capi della strage delle Olimpiadi di Monaco del 1972 in cui furono uccisi senza pietà 11 atleti israeliani. Fatah ha anche preso una serie di decisioni che è molto difficile descrivere come moderate: è stata rifiutata la richiesta israeliana di riconoscere Israele come stato del popolo ebraico, chiamandolo stato razzista; è stato ribadito il "diritto al ritorno" dei profughi del '48 e del '67 coi loro discendenti, contando fino a 4milioni e oltre i palestinesi che dovrebbero stabilirsi in Israele; è stato rifiutato il classico "swap" territoriale di circa il 5% che consentirebbe di dare ai palestinesi, con l'aggiunta di zone omogenee, l'equivalente di tutta la Cisgiordania, conservando a Israele le zone densamente popolate da suoi cittadini, un punto presente in tutti gli accordi. Insomma, l'Autorità palestinese sembra muoversi verso la rottura con Israele e la dichiarazione unilaterale dello Stato. Una scelta molto estrema, di cui nessuno parla, mentre la questione del famoso "freeze" delle costruzioni nei territori è continuo banco di prova per misurare la moderazione di Bibi Netanyahu, il solito reprobo

(il Giornale, 3 dicembre 2010)

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La Menorah + [sic!] alta del mondo

Una menorah di 19 metri di altezza, certamente la più alta del mondo, è stata posta su una montagna che domina la città di Sulawesi, nell'Indonesia orientale.

di Marco Tosatti

Una menorah di 19 metri di altezza, certamente la più alta del mondo, è stata posta su una montagna che domina la città di Sulawesi, nell'Indonesia orientale. E' la città che ha fatto questo regalo agli ebrei della regione. Un consigliere del sindaco ha proposto di elevare questa menorah quando ha saputo che un altro candeliere ebraico è stato posto davanti alla Knesset. Bandiere d'Israele sono offerte gratuitamente presso uno stand di mototaxi e la sinagoga della città è stata rinnovata con i fondi della città. Conosciuta da molto tempo come un bastione cristiano, la casa evangelica che ha il terreno sui cui sorge la menorah è oggi la più fervente sostenitrice di Israele e degli ebrei del Paese. Molti dei credenti che vanno a pregare laggiù si dicono israeliti, o convertiti o avendo come antenati degli ebrei olandesi che erano venuti qui qualche secolo fa. La sola minaccia sono i gruppi estremisti islamici che stanno diventando sempre più violenti verso le minoranze, e soprattutto verso i cristiani d'Indonesia. Un anno fa, in seguito all'operazione Piombo fuso, gli islamisti hanno fatto chiudere la sinagoga centenaria di Suarabaya, lasciando così la sinagoga di Manado fondata da indonesiani e senza alcun legame con il giudaismo e i suoi 10 credenti a essere la sola congregazione attiva del paese. Questi indonesiani hanno, sembra stdiato il giudaismo su Google, che hanno chiamato "Rabbon Google", e poi non disponendo di una Torah hanno stampato tutte le pagine da Internet. Indonesia e Israele non hanno rapporti diplomatici, ma hanno legami discreti economici e militari. Quest'anno ci sono stati numerosi contratti frimai fra uomini d'affari dei due Paesi.

(La Stampa, 2 dicembre 2010)

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Come volevasi dimostrare! Chi c'è dietro il nuovo "11 settembre" di Wikileaks? Gli ebrei, naturalmente. Non poteva che essere così. Il "Quotidiano di sinistra nazionale" Rinascita presenta la sua congettura, è poiché l'idea può piacere a molti, è probabile che prenderà piede e si diffonderà.

Wikileaks. Israele rafforzato dalle rivelazioni

di Emanuele di Cosimo

Dopo aver letto e discusso le più importanti rivelazioni contenute nei documenti riservati pubblicati dal portale di Julian Assange, sia quelli resi noti alcuni giorni fa che quelli diffusi in precedenza, viene naturale chiedersi da dove vengano tutte queste informazioni e quali siano i finanziatori del progetto di Wikileaks. Così andando a verificare un po' quali siano i Paesi colpiti da tali rivelazioni, oltre ovviamente agli Stati Uniti, si nota come stranamente non vi siano file riguardanti una delle più grandi potenze del Vicino Oriente che, invece, è quasi sempre al centro di tutte le cronache internazionali: Israele.
Tel Aviv, andando ad analizzare i documenti pubblicati di recente, non solo non viene coinvolta nella piccola crisi diplomatica che si è venuta a creare, ma ne esce addirittura più forte.
Un legame, quello che potrebbe esserci tra Wikileaks e Israele, che sembra esistere anche per Huseyin Celik, numero due del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (Akp) del premier turco premier Recep Tayyip Erdo?an.
"Bisognerebbe far caso a quali Paesi sono soddisfatti per queste rivelazioni. Tel Aviv è soddisfatto e Netanyahu (foto) per giorni ha continuato a rilasciare dichiarazioni, ancor prima che i documenti fossero diffusi", ha osservato Celik, secondo il quale uno degli obiettivi della divulgazione di questi ultimi dati "è la volontà di indebolire la Turchia". Nei giorni scorsi anche il presidente della repubblica, Abdullah Gül, aveva parlato di "lavoro sistematico, che ha obiettivi precisi".
Inoltre lo stesso Assange, proprio ieri, ha detto di condividere la speranza del premier israeliano sul fatto che queste rivelazioni possano portare "a qualche progresso nel processo di pace nel Vicino Oriente". E dato che non si fa certo riferimento alla questione palestinese, gli unici altri scenari possibili riguardano l'Iran - sul cui programma nucleare si è scoperto che anche altri Paesi arabi hanno espresso preoccupazione - e proprio la Turchia. Paesi sui quali, dopo la diffusione dei file, sarà ancora più facile fare pressione.

(Rinascita, 2 dicembre 2010

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Israele, 40 morti in un incendio

Haifa, a fuoco anche bus con detenuti

Sono almeno quaranta le persone morte in seguito a un vasto incendio che ha colpito la zona del monte Carmelo, nel nord d'Israele, non lontano da Haifa. La notizia è stata diffusa da Radio Gerusalemme, secondo cui è stato investito dalle fiamme anche un bus della polizia con a bordo alcuni detenuti che venivano evacuati da una prigione della stessa area, minacciata dal fuoco.
Vi sono anche diversi feriti, alcuni dei quali giudicati dai medici in condizioni estremamente critiche.
Il rogo, originato da diversi focolai, ha devastato finora un territorio di quasi 2000 ettari e le squadre di soccorso stentano a riportarlo sotto controllo. Diversi kibbutz e villaggi sono stati evacuati e alcune case risultano essere state bruciate, mentre si teme per un deposito di cloro che - se investito - potrebbe produrre esalazioni tossiche. L'allerta è scattata anche in alcuni quartieri e nell'università di Haifa, dove le autorità municipali hanno invitato parte della popolazione a non uscire in strada

Le foto

(TGCOM.it, 2 dicembre 2010)

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Svezia, scandalo a corte, la regina: "Mio padre era nazista"

La regnante Silvia costretta all'ammissione (dopo averlo negato) in seguito alla diffusione di documenti rinvenuti dai giornalisti di un programma tv. Era membro del partito naziosta e si appropriò di una fabbrica appartenuta a imprenditori ebrei. Un comunicato di Palazzo reale: "Sua Maestà l'ha scoperto solo in età adulta"

Walther Sommerlath
STOCCOLMA - La famiglia reale svedese di nuovo a rischio polemiche. Il padre della regina Silvia, tedesca di origine, era un membro del partito nazista che fece fortuna appropriandosi di una fabbrica di armamenti appartenuta ad ebrei. Le rivelazioni sono state fatte nel corso del programma Kalla Fakta, in onda sulla tv svedese Tv4. E contraddicono quanto affermato in precedenza dalla sovrana che già aveva negato che il padre, da tempo scomparso, fosse attivo nel partito nazista, e aveva spiegato che, invece, la fabbrica produceva treni-giocattolo e asciugacapelli e pezzi per mascherine anti-fumo. La regina Silvia ha anche smentito che la fabbrica fosse stata sottratta a degli ebrei.
Ma a mettere in difficoltà la regina sono dei documenti scoperti dai giornalisti di Kalla Fakta - il programma è dedicato al giornalismo investigativo - Ia Berlino e in Sudamerica, dai quali emerge chiaramente che Walther Sommerlath, il genitore della sovrana, entrò nelle fila del partito nazista nel 1934, solo un anno dopo l'avvento di Hitler al potere. E che rientrò in Germania un anno prima dello scoppio della guerra e si appropriò di una fabbrica che produceva pezzi di carri armati e altri armamenti necessari allo sforzo bellico.
In una nota del Palazzo reale la regina ha poi ammesso, e si è scusata, "che il padre sia stato un membro del partito nazista", notizia - si legge nel comunicato - che ha appreso solo nell'età adulta". Non è un bel momento per il regno di Svezia: meno di un mese fa un libro-rivelazione su Re Carlo XVI Gustavo aveva animato molte polemiche: nel volume il sovrano è descritto tra relazioni extraconiugali e festini di dubbio gusto. E dopo la pubblicazione del libro, la popolarità della famiglia reale è in caduta libera.

(la Repubblica, 2 dicembre 2010)

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Una lapide a Roma per ricordare tutti i libri messi al rogo

Verrà posizionata in piazza Campo de' Fiori

Una lapide in Campo de' Fiori a Roma per ricordare tutti i libri bruciati nella piazza romana durante l'inquisizione. Lo hanno annunciato oggi il sindaco di Roma Gianni Alemanno, insieme al rabbino capo di Roma Edoardo di Segni e il presidente della comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici nel corso delle celebrazioni per il ritorno nella capitale del Talmud, uno de testi sacri ebraici finito sotto la censura dell'inquisitore. Per l'occasione è stata annunciata, da un palco sistemato in piazza Campo dei Fiori, la prossima posa di una lapide, che avverrà il prossimo 9 settembre, data del rogo del Talmud nel 1553. "Vogliamo che la piazza sia l'emblema di come i principi e le idee siano tenaci e immortali, di come non si può fermare la diffusione dello spirito" ha sottolineato il Rabbino Di Segni. "Il 9 settembre con la posa della lapide riusciremo a creare un ponte fra il giorno del rogo e l'oggi, per non dimenticare e comprendere il cammino dell'umanità". Questo è stato, invece, il commento del sindaco di Roma che per l'occasione ha invitato il rabbino Di Segni a parlare in Campidoglio nel corso delle celebrazioni per l'anniversario di Roma Capitale, il prossimo 20 settembre "per testimoniare quanto la realtà ebraica sia importante e fondamentale per la nostra città" . Ma la lapide, dove verrà collocata? Un idea a riguardo arriva da Riccardo Pacifici, secondo cui sarebbe un gesto appropriato posizionare la lapide sotto la statua di Giordano Bruno, che come i libri venne bruciato in piazza Campo de' Fiori.

(Apcom, 2 dicembre 2010)

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Aria

Dal viceministro per l'informazione dell'Autorità Palestinese, Al-Mutawakil Taha, giunge l'utile informazione che il Muro Occidentale, superficialmente chiamato per secoli Muro del Pianto, non è ebraico. E' meramente induttivo che Gerusalemme non è ebraica, né sono ebraiche Tel Aviv e Haifa; come è fluidamente chiaro che il deserto del Negev non è ebraico, pur essendo deserto e quindi una concessione che poco impegna. Andando di seguito e spicciandoci, non è effettualmente ebraica la lingua ebraica, e non possono costituirsi come ebraici i titoli letterari che seguono e che riportiamo in lingua non ebraica per restaurare un minimo di chiarezza: il Genesi, il Patto di Abramo con il Creatore, subdolamente chiamato con nome ebraico. Non sono ebrei Isacco e Giacobbe. E Giuseppe, è inutile sottolinearlo, non è certo un nome ebraico, se no lo è anche Roberto. Non sono ebraici, non scherziamo, il Levitico, il Deuteronomio, le leggi che vi sono contenute, e i Comandamenti non se ne parla (NdA: i Comandamenti sono probabilmente turchi) . E figuriamoci se sono ebraici i Re, i Giudici, i Profeti, ebraiche le Haftarot, ebraici il Talmud, la Mishnà, e a proposito, i Proverbi. I Salmi poi sono tipicamente non ebraici. Ne segue, ed è assiomatico, che gli ebrei insediati nel territorio chiamato con espressione ebraicizzante Israel, così come i loro consanguinei sul pianeta, non costituiscono ad alcun titolo soggetto giuridico e non possono detenere una proprietà ebraica, essendo nell'insieme un soggetto sia a-storico che a-utistico. E dunque, e men che meno, gli ebrei sono o possono definirsi ebrei, posto che non esiste una reale ebraicità: essa è una mera rappresentazione onirica e questa gente dovrebbe curarsi in massa. Gli ebrei sono senza terra, sono senza lingua e sono senza sé. Per questo non si sono mai accorti di non esistere. Non esistono. Siamo un'altra volta uomini d'aria.
Il Tizio della Sera

(Notiziario Ucei, 2 dicembre 2010)

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Ebrei: studenti romani giovedi' alla "Festa delle luci"

ROMA, 1 dic. - Per il terzo anno, gli studenti romani partecipano alla "Festa di Chanukka' - Festa delle Luci", un'occasione di conoscenza della cultura ebraica nei suoi aspetti piu' gioiosi. L'iniziativa, promossa dall'Assessorato alle Politiche Educative Scolastiche, della Famiglia e della Gioventu' con la Comunita' Ebraica di Roma, costituisce un ulteriore momento del Progetto "Viaggio nella Memoria. Per non dimenticare la tragedia del 900" che ha visto i ragazzi di 40 scuole superiori romane prendere parte, lo scorso mese di novembre, alla significativa e forte esperienza del viaggio ad Auschwitz.
Dopo aver condiviso il drammatico percorso della memoria della Shoah, questo appuntamento da ora la possibilita' ai giovani di vivere, assieme ai romani di religione ebraica, il momento di festa che Chanukka' rappresenta, un'occasione allietata da musica tradizionale e dolci tipici.
Parteciperanno, l'Assessore alle Politiche Educative Scolastiche, della Famiglia e della Gioventu' Laura Marsilio, il Rabbino Capo di Roma Riccardo Di Segni, il Presidente della Comunita' Ebraica di Roma Riccardo Pacifici, l'Ambasciatore d'Israele presso la Santa Sede Mordechai Levy, il Preside delle Scuole ebraiche Prof. Rav, Benedetto Carucci Viterbi, l'Assessore alle Scuole della Comunita' Ebraica di Roma Ruth Dureghello, l'Assessore all'Organizzazione Scolastica della Comunita' Ebraica di Roma Jacques Luzon.

(Adnkronos, 1 dicembre 2010)

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Israele: telefonini in tilt, mistero sulle cause

Colpito il gestore Cellcom, nessuna pista esclusa

TEL AVIV, 1 dic - Uno dei tre principali gestori di telefonia mobile in Israele, Cellcom, e' paralizzato da stamani da un guasto di natura ancora non accertata. Di conseguenza centinaia di migliaia di abbonati non riescono a inoltrare ne' a ricevere telefonate, mentre una parte di loro possono ancora spedire, con difficolta', messaggi Sms. Il dg della Cellcom, Amos Shapira, non e' stato in grado di prevedere se il guasto durera' ancora 'ore o giorni'. Sulle sue origini, ha detto, 'abbiamo alcune ipotesi'.

(ANSA, 1 dicembre 2010)

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Premi: ''Italiani per Israele'' al Cavaliere del Lavoro Giancarlo Elia Valori

SIENA, 1 dic. - L'Associazione Italia-Israele di Siena onlus ha istituito il Premio ''Italiani per Israele'' da attribuire ad italiani illustri che si sono distinti per il loro impegno e solidarieta' verso lo Stato di Israele. Il premio per l'anno 2010 sara' consegnato al Cavaliere del Lavoro Giancarlo Elia Valori, durante una cerimonia che si terra' venerdi' 3 dicembre, alle ore 17.30, presso la sede dell'Associazione Industriali della Provincia di Siena, in via dei Rossi 2. Dopo la premiazione, l'editorialista Stefano Folli presentera' l'ultimo libro di Giancarlo Elia Valori dal titolo ''La via della Cina'', edito da Rizzoli.
Il professor Valori, presidente della Centrale Finanziaria Generale SpA, da anni si e' prodigato per la cooperazione e lo studio della pace in Medio Oriente, e grazie al suo costante impegno gli e' stata conferita la Cattedra onoraria per lo studio della Pace e della cooperazione internazionale presso l'Universita' Ebraica di Gerusalemme. La cerimonia di premiazione si svolgera' alla presenza del presidente dell'Associazione Italia- Israele di Siena, Remo Martini, e dal presidente della Federazione Nazionale delle Associazioni Italia-Israele, Carlo Beningi, e dal direttore della Associazione Industriali di Siena, Piero Ricci.

(Adnkronos, 1 dicembre 2010)

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Cisgiordania, arrestato membro di Hamas in collegamento alla vicenda Shalit

Era uno dei 60 incarcerati dopo il rapimento del soldato israeliano nel 2006

Soldati israeliani hanno arrestato in Cisgiordania un membro del Consiglio Legislativo Palestinese, il Parlamento dell'Anp, che era stato rilasciato soltanto lo scorso giugno, dopo aver scontato quattro anni di prigione. Lo hanno riferito testimoni oculari, e la notizia è poi stata confermata dalle forze di sicurezza palestinesi. Il deputato, Naif al-Rajoub, appartiene ad Hamas e rientra tra gli oltre sessanta esponenti del gruppo radicale incarcerati nel 2006 dopo il rapimento del sottufficiale israeliano Gilad Shalit, sul confine con la Striscia di Gaza, proprio da parte di miliziani di Hamas. Secondo quanto riferito dai testimoni, Rajoub è stato catturato in piena notte nel villaggio di Doura, a sud di Hebron, durante un rastrellamento effettuato dall'esercito dello Stato ebraico. Un portavoce di quest'ultimo si è limitato a confermare l'arresto di sette persone, una delle quali appunto a Doura, ma non ne ha specificato l'identità. Per liberare Shalit, Hamas ha da tempo chiesto la scarcerazione di centinaia di palestinesi detenuti in Israele, compresi diversi individui responsabili di attentati letali: le trattative, mediate da Egitto e Germania, si sono di fatto bloccate dall'anno scorso, quando i negoziatori israeliani formularono un'offerta cui il gruppo estremistico palestinese finora non ha risposto in alcun modo.

(PeaceReporter, 1 dicembre 2010)

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Oggi inizia Hanukkah: la festa degli ebrei slovacchi

 Una Menorah a nove bracci, anche detta, in
     Slovacchia, Chanukija
Gli ebrei slovacchi e di tutto il mondo festeggiano oggi l'inizio dell'antica festività dell'Hanukkah.
Come ogni anno, da centinaia di anni, stasera il capo rabbino di Bratislava, Baruch Myers, reciterà la preghiera rituale.
Subito dopo l'Ambasciatore israeliano Ben-Zvi accenderà la prima candela della Menorah (candelabro ebraico a nove bracci, anche detto, in Slovacchia, Chanukija) a Rybne Square nel pieno centro di Bratislava.
La festa ebraica perdurerà sino al 9 dicembre per commemorare la vittoria sui nemici siriani e la riconsacrazione del tempio di Gerusalemme, avvenuti circa 2.100 anni fa.

(La Voce della Slovacchia, 1 dicembre 2010)

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Tecnici israeliani realizzano dentifricio speciale per canguri

La gengivite causa la morte dei marsupiali

GERUSALEMME, 1 dic. - Una équipe di ricercatori israeliani ha messo a punto il primo dentifricio specifico per i canguri malati di gengivite, malattia che generalmente causa la morte degli animali. Il quotidiano Yediot Aharonot spiega infatti che l'infiammazione alle gengive causa nei marsupiali una drastica mancanza di appetito che alla lunga porta al decesso per inedia.
Quattro anni fa, racconta il giornale, quasi la metà dei canguri dello zoo di Beit Shean, nel nord di Israele, si sono ammalati di gengivite e poi sono morti. Quell'episodio ha spinto ricercatori dell'Università e della scuola dentistica di Gerusalemme a cercare un rimedio.
Il professor Doron Steinberg, direttore della Scuola dentistica, ha presentato quindi il nuovo dentrificio spiegando che tutti i "canguri curati col ritrovato sono guariti rapidamente". Il dentifricio, ha aggiunto, può rivelarsi utile anche per cani e gatti.

(Apcom, 1 dicembre 2010)

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Israele, la demografia e la pace

di Giulio Meotti

ROMA. "Dal Mediterraneo al Giordano, gli ebrei sono minoranza". L'annuncio choc proviene dal più famoso demografo israeliano, Sergio Della Pergola, studioso di fama mondiale all'Università ebraica di Gerusalemme. Della Pergola è noto per aver introdotto il tema della demografia nell'analisi del conflitto israelo-palestinese. I giornali israeliani hanno dedicato alla sua ricerca ampi servizi di copertina. Un "pareggio demografico" tra ebrei e arabi su tutto il territorio dal Mediterraneo al Giordano era atteso per il 2015. "Ci siamo già", fa sapere Della Pergola al Foglio. Un sondaggio del Ma'ariv rivela che per gli israeliani il problema demografico è "la minaccia", quasi quanto i missili sulle rampe di lancio di Teheran. Della Pergola sottolinea che la popolazione ebraica d'Israele cresce poco, ma costantemente: 80 mila l'anno. Tuttavia non basta a pareggiare la demografia araba. "C'è una domanda che assilla Israele dalla guerra del 1967: quando verrà la data in cui gli ebrei non saranno più maggioranza su tutto il territorio? Con questo rapporto diciamo che è già successo. Gli ebrei sono oggi il 49,8 per cento fra il fiume Giordano e il Mediterraneo. Sarebbero appena il 50,8 se anche non considerassimo i lavoratori stranieri, che comunque sono persone vive che abitano da anni in Israele. Ciò che diciamo ha implicazioni politiche. Abbiamo studiato tutto quello che è 'contenzioso', scontro politico. Mettiamo insieme Israele, West Bank, Gaza, Gerusalemme est, il Golan, i 200 mila lavoratori stranieri, i non ebrei in Israele. Più di due milioni di palestinesi in Cisgiordania, 270 mila a Gerusalemme est, un milione e mezzo a Gaza; 1,2 milioni gli arabi cittadini d'Israele. Mettendo assieme Israele più l'entità autonoma palestinese, che sia governata da Hamas o da Fatah, emerge un quadro in cui gli ebrei sono diventati minoranza. E' la prima volta". Il professore considera tre parametri: ebraicità, democrazia, territorialità. Di questi parametri - la grande Israele, l'Israele ebraica e l'Israele democratica - se ne possono avere al massimo due: il grande stato ebraico, ma non democratico; la grande Israele democratica, ma non ebraica, oppure uno stato ebraico e democratico, ma non grande. Della Pergola spiega così l'impossibilità di uno stato binazionale unico di ebrei e arabi. "Chi parla di binazionalità è stupido o violento. Non si negano le identità nazionali. Guardiamo al Belgio, che si sta disgregando, o alla Cecoslovacchia. O al bagno disangue in Jugoslavia; a Cipro greci e turchi si sono scissi su linee geografiche".
Della Pergola non si fa illusioni ireniste: crede che il processo di pace debba concludersi col riconoscimento della natura ebraica di Israele. E questo potrà avvenire soltanto con la separazione fisica e politica di arabi ed ebrei. La proiezione demografica impone a Israele una scelta dolorosa: meno territori per garantire un futuro ebraico dello stato, come aveva capito nel 2005 Ariel Sharon. "Da mezzo secolo faccio il demografo. Senza soluzione politica, i dati che portiamo ci metterebbero di fronte a una situazione drammatica. Gli arabi aumentano sempre più, sia dentro a Israele, sia nei Territori palestinesi. Senza i Territori palestinesi, Israele avrebbe l'80 per cento di popolazione ebraica. Con i Territori palestinesi si scende al 50 per cento. Senza Gaza ma con la Cisgiordania, gli ebrei sono fra il 60 e il 62 per cento. Questo è oggi. Domani queste cifre andranno ridimensionate in modo inesorabile, togliendo uno o due punti assoluti per ogni decennio. Se teniamo il West Bank, fra circa un ventennio saremmo 54 a 46. E non avremo avuto certo altre ondate di emigrazione di massa come dall'Unione sovietica. Sopravviverà allora lo stato ebraico?". Della Pergola sa bene tuttavia che, oltre ai suoi numeri, c'è anche un grave problema di sicurezza. "Oggi per atterrare a Tel Aviv l'aereo fa un gomito sopra i Territori palestinesi. Se Hamas governasse anche lì, con una fionda abbatterebbero un velivolo".

(Il Foglio, 1 dicembre 2010)

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Iran, scoperta una stella di David gigante accanto all'aerporto di Teheran

Le autorità ne hanno ordinato la distruzione

TEHERAN, 1 dic. (Ign) - Il presidente iraniano Ahmadinejad è furibondo dopo aver scoperto una Stella di David gigante sul tetto della Iran Air, accanto all'aeroporto internazionale di Teheran. L'edificio è stato costruito da ingegneri israeliani prima della Rivoluzione islamica del 1979.
Nessuno se ne era accorto fino a quando è stata trovata navigando su Google Maps. Dopo essere rimasta nascosta per oltre 40 anni, la stella è destinata ora a sparire: secondo quanto riporta il Jerusalem Post, le autorità iraniane avrebbero già ordinato la distruzione del simbolo.

(Adnkronos, 1 dicembre 2010)

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Scambi culturali fra Tel Aviv e Milano

MILANO, 30 novembre - L'ambasciatore israeliano a Roma Gideon Meir, in occasione di un incontro che si è svolto al grattacielo Pirelli, con il presidente della regione Lombardia, Roberto Formigoni ha annunciato che per promuovere gli scambi culturali e scientifici tra Tel Aviv e Milano nella seconda metà 2011 si svolgerà nel capoluogo lombardo un maxi evento della durata di 10 giorni, che sarà aperto dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. "Vogliamo promuovere scambi culturali e scientifici tra Tel Aviv e Milano - ha detto Meir a Formigoni - anche in vista dell'Expo 2015. E' la prima volta che Israele promuove una rassegna di questo tipo nel mondo". Nell'arco dei 10 giorni Milano ospiterà eventi culturali come un concerto di Noa, un'installazione tra piazza Duomo e piazza Castello, una serie di incontri con i maggiori scrittori israeliani, una mostra di design e 4 eventi realizzati con la Camera di commercio sul tema dell'acqua. "E' un'idea eccellente - ha commentato Formigoni -. Regione Lombardia è a disposizione per collaborare alla riuscita di questo evento".

(Notiziario Ucei, 1 dicembre 2010)

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Notizie archiviate

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