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Notizie febbraio 2010

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Ministro di Israele: i dirigenti di Hamas non sono intoccabili

Ben-Eliezer non ammette responsabilità Mossad in omicidio Mabhouh

GERUSALEMME, 28 feb. - L'omicidio di Mahmoud al-Mabhouh dimostra come Hamas non sia intoccabile e qualsiasi dirigente dell'organizzazione estremista palestinese possa essere un bersaglio: lo ha affermato il ministro del Commercio israeliano, Byniamin Ben-Eliezer, intervistato dalla radio militare dello Stato ebraico.
Ben-Eliezer ha sottolineato di non avere idea sulle responsabilità dell'omicidio - avvenuto il 20 gennaio scorso in un albergo del Dubai e che la polizia dell'emirato attribuisce ai servizi segreti israeliani, il Mossad - ma ha ribadito che l'accaduto potrebbe servire da deterrente verso altri gruppi radicali islamici.
Fino ad ora il Mossad ha sottolineato come non vi siano prove di un suo coinvolgimento nell'operazione, sebbene la stampa israeliana mostri pochi dubbi riguardo alle responsabilità dell'omicidio; la vicenda ha sollevato molte polemiche perché almeno 26 killer avevano con sé dei passaporti falsi di Paesi dell'Ue i cui nominativi corrispondevano tuttavia a persone realmente esistenti, vittime quindi di un furto d'identità: 12 britannici, sei irlandesi, quattro francesi e un tedesco, oltre a tre australiani.

(Apcom, 28 febbraio 2010)

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I vini di Israele, una vera sorpresa

di Roberto Vitali

I sommelier che hanno servito i vini israeliani
E' stata una vera e propria sorpresa anche per i sommelier e gli appassionati di vino più preparati. La serata organizzata dalla sezione di Bergamo dell'Ais-Associazione Italiana Sommelier sui vini prodotti in Israele ha permesso a una sessantina di partecipanti alla degustazione di scoprire una zona vinicola sinora sconosciuta. Le sorprese positive non sono mancate, anche perché la scelta degli oratori e dei vini è stata fatta con grande oculatezza.
«Per rendere interessante una serata - commentano Nives Cesari e Luca Castelletti, esponenti dell'Ais Bergamo - non è necessario bere Barolo di vent'anni. Basta avere un ottimo relatore e vini curiosi e sconosciuti. È ciò che è successo a Presezzo, nella splendida cornice dell'Hotel Settecento, nella serata dedicata ai vini di Israele».
La delegata Ais Nives Cesari ha dato il benvenuto agli intervenuti e ha ringraziato ufficialmente David Hassan, referente in Italia per i produttori, che ha dato l'opportunità di degustare alcuni vini di una nazione che ancora non è famosa a livello vinicolo ma che ha grandi potenzialità di sviluppo. Vini spesso "eroici" perché prodotti anche nel deserto e nei kibbuz. Le zone più vocate sono comunque Galilea Golan, Shomron, Samson, Colline della Giudea e Negev.
Maria Grazia Falcone, incaricata del Ministero del Turismo di Israele in Italia, ha illustrato brevemente le offerte turistiche e le possibilità ricettive del suo Paese, che coniuga natura, siti archeologici e storia come pochi altri Paesi al mondo. Guido Invernizzi, docente Ais di Novara, ha esordito dicendo che una serata come quella organizzata da Ais Bergamo è veramente speciale. Il vino è cultura e solamente con la cultura e la conoscenza si può intessere un dialogo con altri popoli, altri Paesi, altre realtà economico-religiose, prescindendo dalle differenze e creando un dialogo proficuo e costruttivo.
Ido Lewinsohn, enologo dell'azienda Recanati attiva in Israele, giunto appositamente in mattinata da Tel Aviv, ha spiegato che gli enologi israeliani di nuova generazione hanno studiato all'estero, quindi hanno un'idea internazionale della vinificazione e la applicano ai prodotti del loro Paese, cercando al contempo di creare vini in sintonia con il gusto degli israeliani, affine a quello internazionale.
Nel corso della serata, condotta con la consueta professionalità nel servizio e nelle degustazioni guidate, sono stati degustati nell'ordine i seguenti vini: Yasmin 2007, Az. Recanati, 13.5o, sauvignon blanc ed emerald riesling. White Tulip 2008, Az. Tulip, 13.6o, sauvignon blanc e gewurztraminer. Neve Ilan 2008, Az. Tzora, 14o, chardonnay. Recanati Rosé 2008, Az. Recanati, 12o, merlot e barbera. Recanati Merlot 2007, Az. Recanati, 13.5o. Alon Riserva 2007, Az. Kadesh Barnea, 13.5o, merlot, cabernet, petit verdot, shyraz. Syrah 2007, Az. Ramot Naftaly, 13.5o. Syrah Riserva 2007, Az. Tulip, 15o.

(L'Eco di Bergamo, 28 febbraio 2010)

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Il vertice dell'asse del male che mette paura al mondo

di Fiamma Nirenstein

Summit a Damasco tra Ahmadinejad, il siriano Assad e i capi di Hamas e Hezbollah. Tutti uniti per spingere l'assalto di Teheran contro l'Occidente

Se si parla di guerra, si riuniscono i generali, si contano le armi, si sbatacchiano gli scudi e si sventolano gli stendardi, può darsi che ci sia una guerra in vista. L'esame delle ultime mosse strategiche iraniane ci fornisce un messaggio che riassumiamo prima di analizzare gli eventi: di fronte all'ipotesi di sanzioni serie che finalmente si prefigurano dopo i rifiuti del regime degli ayatollah di cessare l'arricchimento dell'uranio, l'Iran sta valutando l'opportunità di aprire un focolaio bellico che attiri tutta l'attenzione internazionale, e assegna i ruoli. L'obiettivo è Israele, e il grilletto che dovrebbe aprire il fuoco sarebbero gli Hezbollah, ormai in possesso di 40mila missili in grado di colpire la zona industriale di Israele nel nord, Tel Aviv e il Negev.
Per creare una situazione di scontro, Ahmadinejad ha bisogno della fedeltà di tutti i suoi alleati. Per questo ha promosso giovedì 25 a Damasco e poi ieri a Teheran una serie di incontri molto significativi. Quello di Damasco, su invito del presidente Bashar Assad, ha impegnato Ahmadinejad in una serie di colloqui strategici: c'era, rarissima presenza, il capo degli Hezbollah Hassan Nasrallah, che non si muove mai per paura di attentati, e c'era Khaled Mashaal, il capo di Hamas che risiede in Siria, oltre a una serie di personaggi e organizzazioni che agiscono di concerto con l'Iran sul fronte dell'Irak, del Libano, tutti uniti contro gli Usa e Israele. Dopo gli incontri di Damasco, secondo fonti, c'è stato una sorta di replay a Teheran dove ieri si sarebbero incontrati alcuni fra gli stessi rappresentanti (per la jihad islamica il capo, Ramadan Abdullah Sellah, per il Fronte della Liberazione della Palestina Ahmad Jibril e Maher Al Taheri) e altri in incognito. Tutti si muovono con cautela, specialmente dopo l'attacco del Dubai.
Dei contenuti di Damasco probabilmente i più scontenti, nel mondo, sono oggi sono gli Stati Uniti, che hanno appena nominato un ambasciatore a Damasco, John Ford, dopo che l'ambasciata era stata chiusa nel 2005, a causa dell'uccisione in Libano di Rafik Hariri, il primo ministro per il quale non è mai stato celebrato il processo, e il cui figlio, primo ministro Saad Hariri, è andato in visita da Assad. Gli Usa, come ha ripetuto Hillary Clinton, si aspettano un sostanziale distacco della Siria dall'Iran, la conclusione del loro aiuto ai terroristi che infestano l'Irak, il ritiro dalla politica Libanese. Ma alla conferenza stampa congiunta di Ahmadinejad e Assad, gli Usa sono stati letteralmente sfottuti da Assad che ha chiesto come mai Clinton dice di essere per la stabilità del Medio Oriente se poi vuole dividere Siria e Libano: «Forse la traduzione era cattiva», ha ironizzato. Poi ha ribadito a chi gli chiede di separarsi dall'Iran: «Certo, altroché, infatti abbiamo in piedi oltre a tanti progetti comuni anche l'eliminazione del visto». Ha chiamato Ahmadinejad fratello, ne ha difeso il programma nucleare, ha detto che gli Usa operano un'ingerenza insopportabile nella politica mediorientale. Per Ahmadinejad, poi, gli Usa vogliono dominare la regione, e ha alzato il gioco che aveva già tenuto urlato nei giorni precedenti: Iran e Siria la stanno prevenendo ovunque, e Obama «dovrebbe far fagotto e andarsene». Poi, sono riprese le minacce a Israele: Assad ha avvertito che è un'entità aggressiva, un bullo che attaccherà di certo ma la Siria «si sta preparando a reagire sia su larga scala che su una dimensione minore».
Chiaro? Ahmadinejad, semplicemente, ha annunciato che Israele è rovinato, e sta per essere annichilito e distrutto. Nei giorni precedenti anche Nasrallah aveva insistito sulla prossima distruzione di Israele, e il ministro degli Esteri siriano Moallem aveva annunciato una guerra diretta che «sarà definitiva sia che Israele colpisca il Libano o la Siria». Secondo il quotidiano del Qatar Al Watan «è ormai stata presa una decisione strategica per non lasciare che Israele sconfigga il movimento di resistenza». Quanto agli Hezbollah, secondo l'editorialista Sami Moubayed apparso nelle Gulf News, in Iran molti pensano che potrebbero sopravvivere a un'altra guerra come quella del 2006 e infliggere il massimo danno alle città israeliane. Gli Hezbollah avrebbero la capacità, col sostegno siriano e iraniano, di fare un fronte di sbarramento che protegga l'Iran. Nasrallah se la prende particolarmente con gli Usa e dice che «mostrano un sostanziale declino nella loro capacità di intraprendere azioni e di imbarcarsi in avventure». Come dire: vinceremo noi. La guerra potrebbe cominciare con un'azione di vendetta per l'assassinio di Imad Mughniyeh del febbraio 2008. Quanto ad Hamas, a sua volta è stato armato bene dall'Iran e ha missili già testati capaci di raggiungere Tel Aviv.

(il Giornale, 28 febbraio 2010)

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Sfregio alla memoria dell'Olocausto: profanati i sampietrini dorati

Il gesto vandalico in piazza Rosolino Pilo, di fronte alla casa in cui abitavano i Terracina

di Paolo Brogi

ROMA - Profanatii sampietrini della memoria di fronte alla casa di Monteverde in cui abitavano i Terracina in piazza Rosolino Pilo 17. L'insulto nella notte, con una bomboletta spray che ha oscurato le sette "pietre d'inciampo" collocate un mese fa nel giorno della memoria, è stato scoperto al mattino da un vicino di casa di Piero Terracina, unico scampato allo sterminio di Auschwitz in cui è stata cancellata tutta la sua famiglia. Sul posto è subito accorso il presidente del XVI municipio Fabio Bellini, che ha predisposto per domani pomeriggio un presidio di solidarietà con Terracina e l'intervento tecnico per ripulire i sampietrini e cancellare la profanazione. Accorsi sul posto anche il presidente della Comunità Ebraica Riccardo Pacifici, il consigliere Pd Paolo Masini e Adachiara Zevi, la curatrice della posa delle trenta "pietre d'inciampo" con cui il 28 gennaio sono stati ricordati deportati in sei municipi di Roma, ebrei, politici, carabinieri. «Esprimo ferma condanna per questo atto vigliacco contro una memoria condivisa, quella della Shoah» ha detto il sindaco Gianno Alemanno «Ripetiamo, ancora una volta, il nostro auspicio che i vili che hanno compiuto questo gesto siano presto presi e venga loro inflitta una punizione esemplare».

  Pietro Terracina di fronte
  allo scempio
«TOMBA DI FAMIGLIA» - «Io non ho una tomba della mia famiglia, ho solo questi sette sampietrini - ha detto con commozione Piero Terracina -. Questa è la tomba della mia famiglia. E con questo insulto vogliono negare l'esistenza stessa dei miei poveri congiunti sterminati dal nazifascismo…». Riccardo Pacifici ha messo in relazione la profanazione alla questione "delatori", risollevata proprio in questi giorni. E proprio la famiglia Terracina arrestata durante il ricongiungimento familiare per la Pesach ebraica del '44 fu tradita da un delatore. «Ieri su un giornale cittadino ho ricordato la questione delatori in relazione alla deportazione dei carabinieri del 7 ottobre del '43, operazione favorita da delatori per spianare la strada alla deportazione del 16 ottobre nel Ghetto di Roma». Adachiara Zevi ha aggiunto: «Andremo avanti con la posa di queste pietre d'inciampo. Allo sportello che abbiamo aperto presso la Casa della Memoria in via San Francesco di Sales si sono già rivolti sessanta familiari di deportati. Questo insulto dimostra quanto ancora possa dare fastidio ricordare ciò che è avvenuto».

«PIETRE D'INCIAMPO» - Per chi vuole dedicare una pietra d'inciampo (stolpersteine) ai propri cari spariti nelle deportazioni, può rivolgersi alla biblioteca della Casa della Memoria e della Storia, responsabile dott. Stefano Gambari, tel. 06 45460501; e-mail: s.gambari@bibliotechediroma.it". Una denuncia alla Digos sarà fatta dalla Comunità Ebraica. Sul posto cui sono anche delle telecamere di una vicina banca che potrebbero aver registrato immagini. Non è la prima volta in Europa che le "Stolpersteine" ideate dall'artista Gunter Demnig vengono profanate. Su ventimila pietre d'inciampo circa 400 hanno registrato profanazioni. E' avvenuto in alcune città della Germania e in Olanda. Ora, purtroppo, si è aggiunta anche Roma.

(Il Messaggero, 28 febbraio 2010)

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Pericolosi scenari di guerra nel Medio Oriente. Una mediazione cinese?

Il problema sembra essere non se, ma solo quando. Gli israeliani con una missione diplomatica ad altissimo livello, arrivano per la fine del mese in Cina. Una missione molto delicata, un'azione diretta che potrebbe essere il preludio di un "cambiamento di strategia" nei confronti delle continue provocazioni iraniane e lo spettro della possibilità che a breve anche l'Iran possa entrare nel ristretto giro dei paesi con la propria bomba atomica.

di Alberto Fattori da Shanghai

Il problema sembra essere non se, ma solo quando.
Gli israeliani con una missione diplomatica ad altissimo livello, arrivano per la fine del mese in Cina.
Una missione molto delicata, un'azione diretta che potrebbe essere il preludio di un "cambiamento di strategia" nei confronti delle continue provocazioni iraniane e lo spettro della possibilità che a breve anche l'Iran possa entrare nel ristretto giro dei paesi con la propria bomba atomica.
La missione in terra cinese è fondamentale, visto che ufficialmente cercherà di ottenere un supporto concreto cinese per nuove sanzioni contro l'Iran. Ma c'è un ma.
Non è un mistero che gli israeliani non credano alla soluzione diplomatica e al contrario, siano favorevoli ad un attacco preventivo contro le installazioni iraniane, come del resto fecero nell'81 con Iraq dove distrussero il reattore nucleare di Saddam Hussein o molto più recentemente, contro alcune installazioni in Syria, azione che rischiò di portare i due paesi ad un conflitto armato.
Con l'Iran, Israele sembra ora voler giocare d'anticipo, visto che Mahmoud Ahmadinejad ha dichiarato più volte che intende "distruggere Israele", una minaccia che a Gerusalemme prendono molto seriamente.
A complicare tutto la posizione americana, impantanata sui due fronti militari in Iraq e in Afghanistan, situazione che impedisce agli Usa di poter giocare il "peso deterrente" della minaccia di un proprio intervento diretto, perché non sarebbe sostenibile sul piano militare, visto che l'esercito americano può essere presente solo su due fronti contemporaneamente.
Da qui le crescenti "libertà" e minacce iraniane, che sanno di non correre rischi su quel fronte e la contemporanea consapevolezza di Israele di "dover fare da soli".
Ed ecco il "succo" della missione israeliana in Cina, cercare di creare un canale d'intesa con il quale poter poi mettere in pratica ciò che ormai appare inevitabile: l'attacco di Israele all'Iran.
Israele è pronta a ciò, così come sono pronti anche sul piano delle inevitabili ritorsioni, visto che anche gli ultimi rifugi anti-atomici sono stati approntati.
L'appoggio e il dialogo con la Cina, serve più che "disinnescare il problema iraniano"; ad evitare che questa azione possa aggravare la già tesa situazione tra Usa e Cina possa e si possa così precipitare in guerra aperta, visto lo stretto rapporto che lega Usa ed Israele e che potrebbe far pensare ad un qualche "suggerimento" americano nell'azione programmata.
Da qui le pubbliche dichiarazioni americane che sottolineano come non intendono attaccare l'Iran, dichiarazioni che invece di "tranquillizzare", sembrano essere il segnale che l'azioni da tempo pensata in Israele, stia entrando nella sua fase operativa.
E che qualcosa, dopo la visita degli emissari Israeliani in Cina, possa accadere, sembra ahimè ormai inevitabile.
Come le recenti tensioni interne all'Iran e l'instabilità che lo stanno caratterizzando, qualcosa che sembra essere tutt'altro che "solo" interno, visto che una eventuale "contro rivoluzione", potrebbe essere l'ultima speranza per evitare che gli Israeliani si sentano in dovere di agire direttamente.
Ora si tratta di vedere se e cosa la Cina potrà dire agli israeliani, affinché possa dissuaderli ad usare la forza, lasciando da parte antichi timori e cercando invece, di continuare a collaborare con le organizzazioni internazionali per una soluzione pacifica.
La speranza è l'ultima a morire, ma il filo israeliano è da tempo troppo teso, al limite della rottura.

(Affaritaliani, 27 febbraio 2010)

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Il colpo di Dubai incrina Hamas

Sbraitano tutti, dall’Australia alla Gran Bretagna. Sbraitano contro Israele e il coinvolgimento del Mossad nell’uccisione a Dubai di un capo di Hamas, Mahmoud al Mabhouh, soffocato con un cuscino da un commando di almeno 26 persone. Sbraitano perché Israele non può andarsene in giro per il medio oriente a fare omicidi mirati lasciando ai killer passaporti falsi di persone che esistono davvero, inconsapevoli cittadini inglesi, tedeschi, irlandesi, australiani. Gli Emirati arabi vogliono spiccare un mandato di cattura contro il premier di Gerusalemme, Bibi Netanyahu; il governo di Canberra ha convocato l’ambasciatore israeliano in Australia per avere spiegazioni; il governo di Dubai dice di avere il dna di uno degli assassini. Ma nel clamore internazionale, sfugge ai più che quell’assassinio sta scoperchiando la crisi interna non soltanto ai palestinesi - le accuse riguardo alle responsabilità nell’omicidio di Dubai ricadono su Israele e anche su Fatah, il partito del rais dell’Autorità palestinese, Abu Mazen - ma nello stesso gruppo di Hamas. Nessun colloquio, nessuna visita diplomatica, nessuna road map, nessuna apertura avrebbe potuto ottenere tale effetto. All’interno del gruppo palestinese che malgestisce la Striscia di Gaza è in atto un regolamento di conti. La leadership in esilio a Damasco è sempre più intransigente, mentre quella a Gaza subisce gravi colpi, nelle persone e nelle finanze. E’ notizia di ieri che Mahmoud al Zahar, un pezzo grosso di Hamas a Gaza, si è dimesso dal gruppo che negozia sulla liberazione del caporale israeliano Shalit dopo l’ennesima rissa con il leader di Hamas a Damasco, Khaled Meshaal. Zahar voleva dare seguito ad alcune richieste di Israele, Meshaal no, e così ha imposto a Zahar di andarsene. Non è una frattura da poco, se si considera che soltanto in questa settimana si è scoperto che il figlio dello sceicco Yousef, un fondatore di Hamas, è stato per anni un agente dei servizi israeliani prima di convertirsi al cristianesimo e andare a vivere in California. Dopo l’omicidio di Dubai si è aperta un’inchiesta dentro a Hamas e perdura uno strano, inquietante silenzio stampa. Come se la crisi interna fosse davvero grave, pure se le cancellerie occidentali che sbraitano contro Israele continuano a non notarla.

(Il Foglio, 27 febbraio 2010)

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Caso Dubai, spunta la pista di una spia interna ad Hamas

di Annalena Di Giovanni

MEDIO ORIENTE. La polizia dell’emirato sospetta l’esistenza di un delatore nell’organizzazione. Sarebbe stato lui a fornire le coordinate dell’albergo dove risiedeva Mabhouh agli uomini del Mossad. Un aiuto fondamentale per l’esecuzione.
«Ma quale Paese amico». È con queste parole che l’Australia se l’è presa con Israele, chiamando l’ambasciatore di Tel Aviv a rapporto per rispondere dell’accusa di falsificazione di tre passaporti a scopo criminale da parte degli agenti del Mossad, il servizio segreto dello Stato ebraico. È il terzo Paese occidentale a farlo, dopo Inghilterra e Irlanda; ancora una volta, si è trattato di passaporti di cittadini reali, (ignari della faccenda fino al giorno in cui la polizia non si è presentata alla loro porta), duplicati dagli 007 di Tel Aviv e consegnati ai propri sicari per viaggiare indisturbati. Il caso è il giallo di Dubai, che da due settimane inonda la stampa araba e israeliana, facendo dimenticare Iran, Afghanistan, Iraq e al Qaeda a colpi di rivelazioni e incidenti diplomatici.
Un caso cominciato il 19 gennaio, quando in un albergo nel Dubai l’ufficiale di Mahmoud al Mabhouh, appena giunto dalla Siria, viene avvicinato e ucciso da uomini in possesso di un falso passaporto. Dopo 10 giorni di silenzio stampa, il caso viene riconosciuto come omicidio e la polizia di Dubai mostra decine di ore di filmati che provano - o almeno così sembra - il coinvolgimento di ben 30 agenti del Mossad nell’omicidio. Per il governo di Tel Aviv, è subito catastrofe. E imbarazzo. Perché se all’inizio il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman gongola pubblicamente per il successo strategico del nemico misteriosamente morto proprio in un Paese in cui gli israeliani non potrebbero mettere piede, ecco che basta la prima conferenza stampa della polizia di Dubai a coprire di vergogna il governo Netanyahu; per uccidere Mabhouh ci sarebbero voluti ben trenta uomini, un’intera unità scelta del Mossad.
Altro che competenza. E dalla stampa israeliana è subito partito l’attacco contro il Mossad, la leggenda caduta, e contro una leadership ridottasi a omicidi mirati dal sapore dilettantesco. Per non parlare dello scandalo dei passaporti falsificati, che hanno spinto Inghilterra, Irlanda e Australia - Paesi tradizionalmente amici - a chiedere spiegazioni al ministero degli Esteri israeliano.
In questo momento sul primo ministro Netanyahu piovono pietre da ogni direzione. Ma il problema ora è soprattutto interno a Hamas. E all’emirato del Dubai. Che da questa storia ha tutto da perdere: non soltanto il crack del 2008 ha profondamente scosso quello che era il Paese dei balocchi di miliardari e speculatori. Non soltanto Stati come il Qatar e la Siria stanno contendendo all’emirato il ruolo di contenitore creativo del Medio Oriente.
Adesso il Dubai non sarebbe neanche più affidabile in termini di sicurezza, se ben 30 agenti del Mossad sono riusciti ad attraversare i suoi confini con passaporti falsi, raggiungere un ufficiale di Hamas fino al suo albergo, ucciderlo e cavarsela in tutta calma, mentre per dieci giorni la polizia e il medico legale hanno continuato a chiedersi se la vittima fosse effettivamente stata uccisa da un elettrochoc o se piuttosto fosse morta di colpo al cuore. A questo punto, nel gioco delle accuse, dopo che dall’Europa lo scandalo dei passaporti falsi è stato liquidato con qualche timida lamentela, alla polizia del Dubai non è rimasto che rifarsi contro Hamas.
Che deve per forza contare qualche spia al proprio interno, secondo le accuse. Chi avrebbe fornito le coordinate dell’albergo al Mossad? Chi, all’interno dell’organizzazione, avrebbe parlato? Che ruolo avrebbe avuto il fratello di Mabhouh? Per Hamas, il maggior danno sarebbe dover ammettere di avere una talpa al proprio interno. Isolata e biasimata da Egitto, Usa e Autorità palestinese, l’unica carta rimasta all’organizzazione è la solidarietà dell’opinione pubblica araba. Solidarietà che perderebbe di senso di fronte all’immagine degli stessi ufficiali dell’organizzazione intenti a cooperare con i servizi segreti israeliani per colpirsi l’un l’altro.
E se così fosse, perché non estendere il sospetto ad altri casi? Chi avrebbe assistito le esecuzioni mirate in Libano contro il leader di Hezbollah Imad Mughnieh e quelle a Damasco? Insomma Hamas rischia di uscire dall’affaire Dubai danneggiata quasi quanto il Mossad stesso. Perché è difficile immaginare che un’organizzazione un tempo leggendaria come il Mossad e oggi ridotta a mandare alla ventura ben 30 uomini con passaporto falso per eliminare un conto sospeso nel 1986 sia riuscita da sola a eliminare Mahmoud Abdel Rauf al-Mabhouh.

(Terra, 27 febbraio 2010)

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Studenti ebrei al liceo Tito Livio di Padova

PADOVA - «Provo sdegno ed emozione per i fatti descritti, orgoglio e soddisfazione per la valenza scientifica del lavoro compiuto dagli studenti, guidati dall'insegnante Davi, lavoro che invita a mantenere la capacità di inorridire di fronte a sopraffazioni e ingiustizie, che oggi si rischia di considerare normali». Così il dirigente scolastico Daria Zangirolami ha commentato il libro "Alunni di razza ebraica. Studenti del Liceo-Ginnasio Tito Livio sotto le leggi razziali" a cura di Mariarosa Davi. «Non stiamo a piangere sugli ebrei che sono morti - ha ammonito Davide Romanin Jacur, presidente della Comunità ebraica di Padova - ma sui valori che si sono perduti». Per far cogliere alla vasta platea il senso del libro, presentato l'altro ieri nell'aula magna del Liceo, lo storico Francesco Selmin ha ricordato tre date: 1947, la comunità ebraica padovana chiede al questore «l'elenco dei deportati» per tributare loro «degne onoranze» e questi risponde che non può soddisfare la richiesta poichè non proveniva da un ente compreso nell'elenco ministeriale; 1987 (40 anni dopo) viene pubblicata la prima monografia sul Campo di concentramento di Vò; 2010, esce il libro sugli studenti espulsi nel 1938 dal Tito Livio. «Libro, frutto di una ricerca compiuta su documenti d'archivio, testimonianze e saggi storiografici, la cui novità sta nel fattoche i quattro capitoli iniziali, dedicati alle leggi razziali, riportano documenti inediti e osservazioni illuminanti» ha spiegato Selmin. Seguono le storie emozionanti di Graziella Viterbi, dei Levi Minzi, di Vittorio e Giorgio Sacerdoti, Rodolfo Goldbacher, Federico Almansi, Anna Levi, Bianca Calabresi, Marco ed Edgardo Morpurgo, Pia e Gualtiero Rossi, Giorgio Foà, Alvise Levi, Eva Ducci. Che cosa emerge da questo mosaico? «Che l'Italia ha preceduto la Germania nell'allontanare dalle scuole gli studenti ebrei e che i campi di concentramento erano italiani, voluti dallo stato fascista». Edgardo Morpurgo, che perse la vita in combattimento nel 1948, a 25 anni, scrive in una lettera: «Spero che il nostro sacrificio sia fruttifero, che nel mondo regneranno la giustizia e la pace, l'amore e la comprensione, e allora non saremo morti invano».

(Il Gazzettino, 27 febbraio 2010)

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Shoah, la richiesta "Si cerchi chi vendeva gli ebrei ai nazisti"

Messaggio del presidente della comunità ebraica di Roma in occasione della cerimonia peri carabinieri, i militari e i civili rastrellati dai nazifascisti e imprigionati nelle 'caserme rosse' di Bologna prima della deportazione nei lager.

BOLOGNA, 26 febbraio 2010 - "Crediamo sia giunto il momento di intraprendere insieme un’altra ricerca, seppur dolorosa, quella dei collaborazionisti e dei delatori, di coloro che con il lauto compenso di 5.000 lire vendevano gli ebrei ai nazisti oppure segnalavano i partigiani e gli antifascisti". A scriverlo è il presidente della comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, nel messaggio fatto pervenire in occasione della cerimonia per il ricordo dei carabinieri, dei militari e dei civili rastrellati dai nazifascisti e imprigionati nelle 'caserme rosse' di Bologna prima della deportazione nei lager, tra l’8 settembre ‘43 e il 12 ottobre ‘44.
"Più avremo il coraggio di scoperchiare questa pentola vergognosa - aggiunge nel messaggio Pacifici - più avremo modo di evidenziare quanti furono i coraggiosi che fecero scelte diverse". E la la storia dei carabinieri è "una delle prove evidenti che ci si poteva opporre ad ordini superiori e se l’Europa avesse visto con maggiore determinazione tali atti eroici, forse non avrebbe sconfitto prima il nazismo ma avrebbe salvato molte più vite umane, specie fra i sei milioni di ebrei".
Alle Caserme Rosse vennero imprigionate decine di migliaia di persone, prima della deportazione: come gli oltre 600 Carabinieri che a Roma si rifiutarono di rastrellare gli ebrei, oltre a tanti civili accusati di collaborare con la Resistenza e che non vollero combattere per Salò. Al campo di prigionia arrivarono interi treni pieni di militari e si stima che i rastrellati civili siano stati almeno 36 mila (il 70% dei quali finì in Germania). L’attivitòà del lager è stata scoperta grazie allo studio di una fotografia scattata nel ‘44 da un ricognitore dell’aviazione inglese Raf.
Un messaggio è giunto anche dal consigliere per gli affari militari del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in cui si sottolinea che si tratta di una ricorrenza che costituisce "monito per le giovani generazioni, affinche’ reagiscano con determinazione contro l’insorgere di ogni nuova forma di sopraffazione e di violenza".

(Quotidiano.net, 26 febbraio 2010)

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La faziosa propaganda contro lo Stato di Israele

Lettera al giornale “Il Gazzettino” , e risposta del direttore

Venerdì 26 Febbraio 2010

Caro direttore,
    passeggiando con mia moglie in centro a Padova mi è stato offerto un volantino. L'ho accettato con diffidenza perché le signore, di mezza età e della buona borghesia, che me lo offrivano portavano appeso al petto un cartello contro Israele e inneggiante alla “pace” da promuovere boicottando i prodotti di quel Paese. Quando ho letto quel farneticante foglio mi sono ripromesso di segnalarlo ai quotidiani che leggo tutti i giorni. Non sono ebreo, anzi sono un agnostico convinto, ma non posso non nutrire sincera simpatia e riconoscenza verso il popolo d'Israele, unico libero e democratico in una regione governata da satrapi liberticidi e infestata d'integralisti determinati ad imporre, anche a noi, i loro dogmi e la loro morale intollerante assunta a legge dello stato. Il volantino è tanto chiaro quanto falso e subdolo e invita a non comprare prodotti (essenzialmente profumi e cosmetici) di aziende che per il solo fatto di essere ritenute amiche del governo di Israele sostengono la guerra.

Antonio Bettanin

Caro lettore,
    criminalizzare lo Stato d'Israele dipingendolo come guerrafondaio e nemico della pace è una vecchia abitudine di una certa sinistra italiana, abituata invece a chiudere sempre gli occhi sulle responsabilità dei palestinesi e del mondo arabo più in generale.
Sia chiaro: nella lunga e tragica vicenda mediorentale, nessuna delle parti in causa è esente da colpe.
Il problema, però, è un altro: la lettura unilaterale e faziosa della realtà che viene fatta per cui, come si legge nel volantino che lei cita, i morti per cui indignarsi sono sempre solo palestinesi e gli atti di violenza ingiustificata provengono sempre e solo da una parte, ovviamente quella israeliana.
Chiunque guardi la realtà senza i paraocchi e i filtri dell'ideologia, sa che non è così. Aggiungo che i promotori della campagna di boicotaggio di prodotti filo-israeliani si defniscono non violenti. Non è vero: anche fare strage della verità è un atto di violenza.

(Il Gazzettino, 26 febbraio 2010)

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Cresce fra gli americani la popolarità di Israele

di Daniel Reichel

Secondo un recente sondaggio dell’Istituto Gallup, quasi due terzi degli americani affermano di simpatizzare per Israele riguardo alla situazione mediorientale. Il 63 per cento degli intervistati ha infatti dichiarato di sostenere lo Stato ebraico contro un 15 per cento a favore dei palestinesi (il restante 22 per cento non ha preferenze o opinioni in merito). Il livello di consenso, si legge nella ricerca, nei confronti di Israele da parte degli americani non raggiungeva tali percentuali oramai da vent’anni. Nel febbraio 1991 si toccò quota 64 per cento : dopo l’attacco dei missili Scud del presidente iracheno Saddam Hussein nella Guerra del Golfo.
Il biennio 1997-1998 è stato invece il periodo in cui la popolazione americana si sentì più distante da Israele (38 per cento di simpatizzanti). Erano gli anni del primo mandato di Benjamin Netanyahu, il periodo della grande disillusione, all’indomani dell’assassinio di Rabin. Il fallimento degli accordi di Olso.
Da allora una progressiva risalita. Sempre secondo le ricerche condotte da Gallup, nel 2001esattamente un americano su due sosteneva Israele. L’aumento di consensi doveva molto all’insediamento del nuovo presidente Usa George W. Bush. Ma, evidentemente, l’evento determinante per questa inversione di rotta fu l’11 settembre. Da quel giorno iniziò la grande guerra al terrorismo. America e Israele in prima fila.
Ritornando alle statistiche, non desta molto stupore l’aumento di consensi, negli ultimi cinque anni, fra i sostenitori repubblicani, passati da un 77 per cento all’85 per cento odierno. Sostanzialmente inalterata invece la simpatia dei democratici per lo Stato ebraico.
Interessante il dato sulla possibilità di una soluzione pacifica del conflitto mediorientale, in particolare fra Israele e il mondo arabo cha la circonda. Due terzi degli intervistati, 1025 persone, dai diciotto anni in su, tutte contattate telefonicamente, hanno dichiarato di vedere poche possibilità di arrivare ad una pace fra i contendenti, quanto meno nel breve-medio periodo. Il restante 33 per cento sostiene che verrà il giorno in cui Israele e le nazioni arabe riusciranno a mettere da parte i propri contrasti e vivranno insieme in pace. Una risposta dal suono un po’ fiabesco ma, come si suol dire, “la speranza è l’ultima a morire”.
Da notare il fatto che fra le file dei democratici, nonostante la politica di Obama, non si attesta un aumento di fiducia sulla prospettiva di un accordo stabile di pace fra israeliani e arabi. Anzi su questo fronte vi è stata, seppur marginale, una diminuzione di qualche punto percentuale.
In ogni caso, nonostante la serietà dell’operato dell’Istituto Gallup, è necessario prendere con le dovute precauzioni una statistica fondata su un migliaio di interviste, fatte fra il 1 e il 3 febbraio, a fronte di una popolazione, quella americana, di trecento milioni di abitanti. D’altra parte, stando così i dati, si può dire che i contrasti iniziali fra la politica di Netanyahu e quella di Obama non abbiano influito sul corpo elettorale e sulla popolazione americana in genere. Sarebbe dunque, a dispetto di alcune tensioni al vertice, ancora molto saldo il binomio Usa - Israele.

(Notiziario Ucei, 26 febbraio 2010)

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"Siria-Iran pronti contro Israele"

Ahmadinejad:non ripetano errori passato

Siria e Iran sono pronti ad affrontare insieme Israele. E' l'agghiacciante messaggio che il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad lancia da Damasco, in occasione della sua visita in Siria. Annunciando la sua ferma intenzione di creare un nuovo Medio Oriente "senza sionisti e senza colonialisti", il leader iraniano ha ammonito Israele a non ripetere gli errori del passato. In caso contrario "questo rappresenterà la sua fine e la sua distruzione".
Il capo di Stato iraniano torna dunque a tuonare contro Tel Aviv, dicendo che Iran, Siria, Iraq e Libano faranno fronte comune contro Israele. Gli avvertimenti sono stati lanciati nella conferenza stampa congiunta tenuta insieme con il presidente siriano Bashar al-Assad, il quale ha ribadito gli scopi pacifici dell'arricchimento dell'uranio a Teheran. E Ahmadinejad, sottolineando la ferma intenzione di Siria e Iran di attaccare Israele se ostacolerà i suoi propositi, ha anche accusato gli Stati Uniti di "voler creare un grande Medio Oriente con un grande stato sionista".

- "Odiamo gli stranieri"
L'obiettivo del presidente iraniano invece è quello di "creare un nuovo Medio Oriente, senza il sionismo e senza stati tiranni". Ahmadinejad ha inoltre ribadito che su questo tema "gli Stati Uniti hanno fallito nel tentativo di dominare la regione". A proposito della presenza americana in Iraq, ha aggiunto che "i nostri popoli odiano la presenza di stranieri e questi devono subito lasciare la regione".
Il capo di Stato dell'Iran ha poi ribadito che "Israele sta andando verso la sua dissoluzione perché è arrivato a un vicolo cieco" e ha aggiunto che "dobbiamo sempre essere pronti a subire un attacco da parte loro, ma non solo a parole". Ahmadinejad ha ricordato che in questi giorni si celebra la ricorrenza della nascita di Maometto, ribadendo "l'importanza dell'unità dei popoli musulmani. Non ci sono differenze tra di noi e la Siria e noi ci consideriamo un solo popolo. Tutte le divisioni a cui assistiamo vengono imposte dall'estero".
Il presidente iraniano è in visita a Damasco proprio mentre gli Stati Uniti stanno cercando di spezzare l'asse tra l'Iran e la Siria. Washington ha annunciato la nomina di un diplomatico in carriera per il ruolo di primo ambasciatore degli Stati Uniti a Damasco dal 2005. Le apertura di Washington nei confronti della Siria, uno dei più stretti alleati dell'Iran nel mondo arabo, fanno da contraltare all'aumento delle tensioni con la repubblica islamica.

(TGCOM.it, 26 febbraio 2010)

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I polimeri 'ultra-assorbenti' israeliani riducono i consumi di acqua

Impiegare dei polimeri per nutrire le piante. La tecnica che potrebbe rivoluzionare l’agricoltura mondiale viene dall’Israel’s Exotech Solutions Bio dove un gruppo di ricercatori è riuscito a creare in maniera naturale dei polimeri ultra assorbenti (SAP) che potrebbero aiutare le piante a crescere in un situazioni dove l’acqua non è facilmente reperibile o altrettanto validamente essere impiegati in ambito medico per risolvere molti dei problemi legati all’obesità senza ricorrere alla chirurgia.
Mentre la maggior parte dei prodotti ‘cattura-acqua’ realizzati fino ad oggi sono sottoprodotti acrilici del petrolio, i SAP derivano interamente da materiali naturali e chimici ad alto potere assorbente.
Nel dettaglio quando bagnati questi polimeri si gonfiano e formano un gel in grado d’intrappolare a lungo il fluido.
Gli scienziati del Volcani Institute di Israele hanno testato i nuovi polimeri realizzato dei serbatoi sotterranei che hanno alimentato diverse piante. Rilasciando periodicamente solo l’acqua necessaria allo sviluppo del vegetale senza sprechi hanno garantito una crescita ottimale risparmiando circa l’80% dell’acqua normalmente impiegata per l’irrigazione.
I SAP, degradabili in ammoniaca, risultano anche un ottimo fertilizzante e potrebbero quindi contribuire, una volta esaurito il loro potenziale assorbente, a ridurre l’utilizzo di concimi chimici. Per tutte queste ragioni la Exotech sta cercando di creare una pillola a base di SAP per combattere l’obesità: in grado di espandersi all’interno dello stomaco i polimeri donerebbero una prolungata sensazione di sazietà contribuendo al dimagrimento senza danneggiare l’organismo.

(Rinnovabili.it, 26 febbraio 2010)

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Dopo l'uccisione del leader di Hamas cresce il numero degli aspiranti agenti del Mossad


Mahmud al-Mabhouh
Gli aspiranti agenti del Mossad, il servizio segreto israeliano, sono in netto aumento nelle ultime settimane per il grande clamore che ha accompagnato la uccisione a Dubai di Mahmud al-Mabhouh, un dirigente del braccio armato di Hamas. Un episodio che Hamas ha subito attribuito al Mossad.
Il quotidiano Yediot Ahronot parla di un vero e proprio “effetto al-Mabhouh”. Anche se Israele non ha rivendicato la paternità della sua misteriosa morte, la recente pubblicazione sui giornali di un annuncio a pagamento con cui il Mossad ha reso noto di cercare nuove leve ha suscitato, secondo il giornale, uno spiccato interesse fra gli israeliani.
Da parte sua il quotidiano Haaretz precisa che probabilmente potranno mantenere la propria libertà di spostamento le 26 persone riprese dalle telecamere di sicurezza di Dubai ed indicate come possibili membri del commando che ha eliminato al-Mabhouh. Da un esame approfondito delle loro fotografie risulta che i loro tratti somatici sono stati sapientemente alterati.
Il giornale aggiunge che peraltro lo stesso al-Mabhouh si era sottoposto a plastica facciale ed era solito ricorrere a lenti a contatto per cambiare il colore degli occhi.

(Blitz Quotidiano, 26 febbraio 2010)

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Scampato all'orrore del lager

L'austriaco Stefan Zweig venne mandato in soggiorno coatto a Breganze

Con la sua testimonianza di "ebreo strappato alla deportazione", Stefan Zweig ha riempito e coinvolto l'auditorium di Thiene, emozionando adulti e ragazzi.
Zweig, 90 anni, residente a Berna, originario di Vienna, davanti ad una numerosa platea ha ripercorso la sua storia negli anni della seconda guerra mondiale quando, ebreo, venne mandato in soggiorno coatto a Breganze per circa due anni, all'albergo Al Ponte.
Proprio mentre si immergeva nei ricordi, Zweig ha potuto incontrare di nuovo, dopo molti anni, le persone che lo hanno aiutato nella sua fuga dall'orrore del lager. Tra tutti alcuni componenti delle famiglie Leoni e Cadore, presenti con discrezione in sala. Grazie infatti al coraggio e alla generosità di queste persone, che hanno aiutato Stefan Zweig e il fratello Felix a nascondersi, il loro destino non ha mai incontrato la tragedia dei campi di sterminio, anche se in quegli anni non sono mancati dolori e momenti di grande paura.
Stefan Zweig ha rimesso piede nell'Altovicentino in occasione delle "Porte della Memoria 2010", iniziativa promossa dal Comune di Thiene e l'associazione Amici della Resistenza, rappresentata da Giannico Tessari, per celebrare la Giornata della memoria e il Giorno del ricordo.
Accompagnato dal nipote Miguel, Zweig ha parlato prima ai cittadini, con una serata aperta al pubblico, poi alle classi quinte delle scuole superiori della città. Ad aiutarlo, nel suo lavoro di rievocazione storica, gli studenti del liceo "Corradini" di Thiene, lo storico Paolo Tagini e i docenti del laboratorio di storia "A. Giuriolo", coordinato da Francesco Valerio. Il racconto è stato intervallato da musiche e letture di altre testimonianze, rappresentate anche sotto forma di spettacolo teatrale da un gruppo di studenti del liceo delle classi quinta B scientifico; quinta A linguistico e della seconda B del classico, seguiti dalle professoresse Gabriella Strinati e Raffaella Corrà.
Ampio spazio è stato lasciato anche alle domande dei ragazzi, che hanno voluto capire quanto fosse grave il peso dei ricordi e quali i segni lasciati da questo passato. Sempre puntuali le risposte di Zweig, che ha dato prova di una memoria precisa, una narrativa coinvolgente e un grande amore per la vita. A.Z.

(Il Giornale di Vicenza, 26 febbraio 2010)

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Iran. Stretta contro la comunità cristiana, 9 arresti a Isfahan

Stretta delle autorità iraniane contro la comunità cristiana di Isfahan, nell'Iran centrale. Un pastore evangelico, il reverendo Wilson Issavi e altri 8 fedeli sono stati arrestati oggi dalle forze di sicurezza, stando a quanto denunciato da Jeff King, presidente del gruppo 'International Christian Concern' (Icc).
"Issavi si trovava nell'abitazione di un amico ad Isfahan, quando c'è stato un inaspettato blitz degli agenti", ha dichiarato King. "Il reverendo, i proprietari dell'abitazione e altre persone che si trovavano lì sono stati arrestati e immeditamente trasferiti in prigione", ha aggiunto il presidente dell'Icc, che non ha voluto rivelare l'identità degli altri otto cristiani arrestati per motivi di sicurezza. Una nota dell'Icc giudica l'arresto di Issavi "un colpo devastante" per la comunità cristiana nella Repubblica Islamica.
L'arresto del reverendo, tuttavia, non è del tutto inatteso. Lo scorso 2 gennaio, infatti, le autorità avevano disposto la chiusura della chiesa evangelica di Kermanshah, che era una delle poche strutture religiose ancora a disposizione dei cristiani in Iran. Intorno al 15 gennaio, inoltre, sei iraniani di fede cristiana sono stati arrestati dagli uomini del ministero dell'Intelligence a Shiraz, nell'Iran centromeridionale, con l'accusa di proselitismo.

(l'Occidentale, 26 febbraio 2010)

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Per iscriversi all'asilo serve l'ispirazione cristiana, l'ira degli ebrei

La reazione delle associazioni ebraiche, che si appellano alla Costituzione, dettata dalla decisione del Comune di far accedere all'asilo di Goito, in provincia di Mantova, soli i bambini che provengono da famiglie con visione cattolica. Ora la Giunta dovrà modificare il "tiro".
La supposta prevalenza della religione cattolica sugli altri credi è al centro di nuove polemiche. Ma stavolta non sono gli atei a lamentare un trattamento difforme degli iscritti ad un corso scolastico pubblico. Perché la protesta ufficiale arriva dalle associazioni di ebrei: sotto accusa, in particolare, il regolamento comunale per l'accesso all'asilo di Goito, in provincia di Mantova, riservato ai soli bambini che provengono da famiglie che accettano "l'ispirazione cristiana della vita".
La 'sfumatura' non è sfuggita a Renzo Gattegna, presidente degli ebrei italiani, e Fabio Norsa, presidente della comunità ebraica di Mantova, che assieme hanno realizzato un comunicato molto duro, attraverso il quale "riaffermano il dovere per tutti di rispettare in ogni occasione i principi di laicità dello Stato e i diritti delle minoranze garantiti dalla Costituzione". Mentre ritengono che la scelta fatta dal Comune di Gioito non vada in questa direzione perché "non garantirebbe i medesimi diritti e le medesime possibilità e parità di accesso a luoghi e servizi pubblici, ai cittadini italiani appartenenti a confessioni religiose diverse dalla cattolica o non credenti, legittimandone in tal modo l'esclusione o la mancata iscrizione".
I due rappresentanti delle associazioni ebraiche sono convinti, di conseguenza "che la normativa approvata" a Goito "danneggerebbe soprattutto la folta minoranza di famiglie non cattoliche o provenienti da altri Paesi" auspicando quindi che "possa essere riesaminata dal locale Consiglio Comunale, nel rispetto dei diritti fondamentali della Repubblica italiana". Ora si attende la replica della Giunta mantovana. E la decisione non si prospetta facile: il Comune di Goito dovrà ora spostare sicuramente il "tiro". Come? Trovando il modo di coniugare la strada intrapresa, di salvaguardia di determinati valori e convinzioni religiose, con quella del rispetto, non solo teorico, delle altre confessioni. A.G.

(La Tecnica della Scuola, 26 febbraio 2010)

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Gli ebrei in Puglia ai tempi della Shoah. Incontro al Circolo Unione

Questa sera, venerdì 26 febbraio, alle ore 18.30 con la prof.ssa Anna Maria Minutillli.

di Serena Ferrara

BISCEGLIE (BT) - "La Puglia terra di passaggio e di accoglienza". Questo il titolo dell'evento promosso da Circolo Unione, Lions Club Bisceglie e Fidapa, in programma per questa sera, venerdì 26 febbraio.
A partire dalle 18,30, presso la Sala "Di Gregorio" del Circolo Unione, si discuterà della presenza degli Ebrei in Puglia durante la Shoah. In occasione del Mese della Memoria, difatti, i presidenti delle associazioni hanno organizzato un incontro-dibattito con la prof.ssa Anna Maria Minutilli, laureata in lingue straniere e in storia moderna, dottore di ricerca presso l'Università di Aquisgrana e ricercatrice per diversi centri di ricerca italiani e stranieri.
La conversazione sarà intervallata da suggestive letture di immagini e di documenti ad opera di Valentina Lacalamita e Antonio Maurantonio, con accompagnamenti musicali a cura di Leonardo Gallo (percussioni).

(BisceglieLive, 26 febbraio 2010)

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Ebrei protestano su un caso a Goito: l’istruzione sia laica

Accesso solo a famiglie che accettano "l’ispirazione cristiana della vita"

Gli ebrei italiani protestano ufficialmente per il regolamento comunale per l'accesso all'asilo di Goito riservato ai soli bambini che provengono da famiglie che accettano "l'ispirazione cristiana della vita". "Le notizie relative al regolamento di iscrizione ad un asilo pubblico di Goito, in provincia di Mantova, preoccupano l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e la Comunità Ebraica di Mantova, che riaffermano il dovere per tutti di rispettare in ogni occasione i principi di laicità dello Stato e i diritti delle minoranze garantiti dalla Costituzione", scrivono in una nota Renzo Gattegna, presidente degli ebrei italiani, e Fabio Norsa, presidente della comunità ebraica di Mantova. "Riteniamo doveroso sottolineare che tale decisione, pur circoscritta ad una realtà locale, non garantirebbe i medesimi diritti e le medesime possibilità e parità di accesso a luoghi e servizi pubblici, ai cittadini italiani appartenenti a confessioni religiose diverse dalla cattolica o non credenti, legittimandone in tal modo l'esclusione o la mancata iscrizione. Auspichiamo che la normativa approvata, che a Goito danneggerebbe soprattutto la folta minoranza di famiglie non cattoliche o provenienti da altri Paesi - concludono i vertici dell'ebraismo italiano e mantovano - possa essere riesaminata dal locale Consiglio Comunale, nel rispetto dei diritti fondamentali della Repubblica italiana".

(Apcom, 25 febbraio 2010)

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Il caso Goito - Quando "una cretinata" diventa un crimine

Benvenuti a Goito, tranquilla e operosa provincia mantovana, nuova capitale dell'assurdo applicato al mondo della scuola. Grazie a una mozione approvata a maggioranza dal Consiglio comunale (tra i fischi e le proteste dell'opposizione di centrosinistra), da adesso in poi solamente i bambini provenienti da famiglie che accettano "l'ispirazione cristiana della vita" potranno essere iscritti all'asilo di proprietà del Comune, struttura pubblica e pagata con i soldi dei contribuenti.
La scuola, almeno in teoria, sarà aperta anche ai non cristiani, ma i genitori dovranno comunque firmare un documento con il quale accetteranno di far educare i propri figli nel rispetto di quella "ispirazione cristiana della vita" che non si capisce bene cosa sia. Il bello (per modo di dire) è che il tutto avverrà in un istituto pubblico e quindi, almeno questo è quello che prevede la nostra tanto vituperata Costituzione, in territorio laico. Ma è risaputo, per taluni la laicità è un optional fastidioso come la puntura di un insetto.
Anita Marchetti, sindaco di Goito, sembra soddisfatta del lavoro del consiglio comunale: "Da 30 anni la struttura funziona con personale religioso, questo regolamento disciplina una situazione di fatto". Il primo cittadino della località lombarda fa riferimento al regolamento del Fism (Federazione Italiana Scuole Materne), organismo che è riconosciuto dalla Conferenza Episcopale Italiana. Peccato che la Fism rappresenti le scuole paritarie e non quelle amministrate dallo Stato.
Vediamo cosa pensano della soddisfazione della signora Marchetti alcuni dei collaboratori di Pagine Ebraiche e del Portale dell'ebraismo italiano.
È perplessa a dir poco Angelica Bertellini, Osservatorio Articolo 3 di Mantova, coinvolta in prima persona - anche per ragioni di vicinanza geografica - nella vicenda. "Si tratta dell'ennesimo tentativo - spiega con rammarico - di costruire una falsa identità italiana". Tentativo effettuato, secondo lei, senza una chiara intenzione discriminatoria ma con una certa superficialità. "Credo che chi sia espresso positivamente non abbia colto la gravità di questa decisione". Angelica è pronta a dar battaglia: "Qualora l'amministrazione non cambiasse idea, l'Osservatorio farà di tutto perché un principio basilare della nostra Costituzione venga rispettato".
Esprime la propria indignazione anche Fabio Norsa, consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche e presidente della Comunità di Mantova. "In una scuola pubblica - spiega - un fatto del genere è assolutamente intollerabile e anticostituzionale. Parlo a titolo personale anche se credo che in molti siano d'accordo con me".
Durissimo David Bidussa, teorico sociale delle idee: "Mi sembra che siamo tornati al tempo della Spagna medievale e alla questione della limpieza del sangre (la purezza del sangue)". La società italiana, a parer di Bidussa, si sta spaccando in due tronconi. Da una parte le culture superiori, dall'altra quelle inferiori: e se hai la sfortuna di appartenere a quest'ultima categoria sei condannato a contare meno di zero.
Per Anna Foa la formula vaga utilizzata nel regolamento è stata scelta appositamente per trovare delle scappatoia alle norme legislative e alla Costituzione. La storica e docente universitaria commenta: "È una decisione che non ha alcun senso. Non lo avrebbe avuto nemmeno per una scuola privata cattolica". E poi si chiede: "In che modo avviene la selezione del personale? La religione è una discriminante? Sarebbe importante che arrivasse al più presto un chiarimento da parte della Cei".
Sonia Brunetti insegna matematica in una scuola torinese e viene raggiunta poco prima di entrare in aula. Bene specificarlo: un'aula aperta agli studenti di qualsiasi ispirazione religiosa (e l'auspicio, nel suo caso, è che siano ispirati anche con equazioni e diagrammi). La posizione della Brunetti è netta: "Non è questo il modo per preservare le radici e i valori culturali di un popolo. Chiudersi è un errore, bisogna essere sempre aperti al confronto".
Il semiologo Ugo Volli riassume il suo pensiero nella seguente frase: "Ancor prima di un crimine e di un atto illegale da invalidare, questa è una cretinata enorme".
Enea Riboldi, il disegnatore che firma le celebri vignette di Pagine Ebraiche, prova grande imbarazzo per la deriva clericale della società italiana e si chiede: "Cosa vorrà mai dire avere un'educazione cristiana? Con tutti gli scismi che ci sono stati nella storia della Cristianità è un'espressione che non significa niente".
E quando si parla dei famosi documenti da sottoscrivere, sentenzia così: "Sono cose che mi fanno venire in mente le Forche caudine".
Sarà forse la vignetta del prossimo numero sul giornale dell'ebraismo italiano, a meno che qualcun altro nel frattempo non riesca a superare il nuovo record del ridicolo soffiando a Goito questo triste primato.

(Notiziario Ucei, 25 febbraio 2010)

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Apposta la targa in ricordo degli ebrei sanremesi vittime della repressione nazi-fascista

Il rabbino Momigliano:"Ogni diversità è sinonimo di ricchezza per l'umanità tutta"

di di Luca Simoncelli

SANREMO - "La conoscenza porta alla tolleranza e al rispetto delle diversità" Con queste parole il vice sindaco ed assessore alla pubblica istruzione, Claudia Lolli, ha introdotto l' apposizione della targa dedicata agli Ebrei sanremesi vittime delle deportazioni nazi-fasciste durante la seconda guerra mondiale.
Al cospetto di delegazioni dell'AMPI, di reduci, alpini e di semplici cittadini si è svolta oggi alle ore 11, presso il Cimitero di Valle Armea, la sentita cerimonia che ha visto, inoltre, in veste di officianti, personaggi della comunità ebraica sanremese come Chiara Melli e Paolo Veziano ed il rabbino capo di Genova Giuseppe Momigliano. Quest'ultimo, il quale ha avuto il compito di scoprire la targa, coperta con un drappo recante i colori della città di Sanremo, ha voluto sottolineare che: "Ogni diversità: etnica, culturale o religiosa che sia, per quanto piccola, va rispettata perchè fonte di ricchezza e conoscienza per tutta l'umanità".
Oltre al rabbino capo di genova sono intervenuti ache i sopracitati Chiara Melli e Paolo Veziano. La prima ha portato il proprio contributo recitando i versi di una poesia, "il monumento", dedicata dall'autore ebreo polacco, Vladislav Slenghel, alla madre deportata durante i terribili giorni del ghetto di Varsavia sotto l'occupazione nazista. Paolo Veziano, autore di vari libri sulla storia della comunità ebraica del ponente ligure, visibilmente commosso, dopo aver ringraziato tutti quelli che, come il compianto Pierfranco Gavagnin, lo hanno aiutato nell'opera di salvaguardia della memoria ha detto:" Il mio ricordo va a quei 27 ebrei sanremesi passati dall'essere cittadini a perseguitati per stupidi ed odiosi motivi razziali. In una triste notte, quella tra il 26 e il 27 Novembre del '43, dei poveri anziani sono stati portati via dalle proprie case verso la moret certa. Tutto questo non deve essere dimenticato e deve entrare a far parte del bagaglio culturale di ogni cittadino"
L'iniziativa di oggi si inserisce in un programma più ampio, della durata di quattro giorni, fortemente voluto dal Comune di Sanremo e portato avanti grazie agli sforzi dell'assessorato alla Cultura e di quello alla Pubblica Istruzione

(Riviera24.it, 25 febbraio 2010)

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Studio israeliano, i fumatori sarebbero meno intelligenti

WASHINGTON, 25 feb. - I fumatori hanno un quoziente d'intelligenza piu' basso di almeno 7,5 punti rispetto ai non fumatori. Lo ha scoperto uno studio israeliano, condotto su piu'di 20 mila militari, pubblicato dalla rivista Addiction. I ricercatori dello Sheba Medical Center hanno esaminato circa 20 mila diciottenni appena arruolati nell'esercito israeliano, di cui il 28 per cento fumava piu' di una sigaretta al giorno, il 68 per cento non aveva mai fumato e il 3 per cento era ex fumatore. La media del QI per i non fumatori e' risultata 101, mentre per i fumatori 94, con una netta differenza tra chi fumava meno di cinque sigarette al giorno (98) rispetto agli altri (90). I risultati sono stati confermati anche dopo aver elaborato i dati tenendo conto della situazione socio-culturale dei soggetti e dopo aver escluso che a far produrre i test peggiori contribuisse l'astinenza da nicotina. Nello stesso studio sono state confrontate anche 70 coppie di fratelli di cui uno solo era fumatore, con risultati analoghi. ''Questi risultati - ha spiegato Mark Wieser, che ha coordinato lo studio - suggeriscono che gli adolescenti con un basso QI dovrebbero essere oggetto di campagne antifumo specifiche''.

(AGI, 25 febbraio 2010)

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Canada, allarme antisemitismo

B'nai Brith: episodi in crescita dell'11%

Frank Dimant
Aumentano gli incidenti e gli episodi di razzismo contro gli ebrei in Canada fino a un livello mai registrato prima. A dirlo non sono solo le cifre del rapporto reso noto ieri da B'Nai Brith Canada, ma anche le parole di Frank Dimant, vice presidente esecutivo dell'associazione che da 28 anni compila il bilancio annuale degli abusi e delle violenze subiti dagli ebrei che vivono in Canada. I numeri parlano chiaro, solo negli ultimi mesi, gli episodi di razzismo contro gli ebrei sono aumentati dell'11%, raggiungendo quota 1.264. Nell'ultima decina d'anni, dai 280 registrati nel 2000, gli episodi sono quintuplicati.
«Si tratta di una tendenza a livello mondiale, tanto più credibile se si guarda a quello che si registra in altri Paesi, ad esempio in Francia, Gran Bretagna, Olanda e Belgio», argomenta Dimant, che conferma come gli eventi internazionali alimentino l'odio anche qui da noi. «Non solo in Canada ma in tutto il mondo c'è stato un picco di antisemitismo, quando Israele ha reagito a Gaza», dice riferendosi all'operazione Piombo Fuso del febbraio scorso.
Aumenta anche il numero di quanti decidono di passare dalle parole ai fatti. Dal 2002, fa notare Dimant, è stato addirittura necessario aggiungere una nuova categoria, quella degli episodi di violenza. «Prima non ce n'era bisogno», dice. Nell'ultimo anno gli attacchi contro gli ebrei sono raddoppiati, con la metà dei casi registrata nella Gta. In generale, la maggior parte degli episodi avviene all'interno delle università .
«Le persone sono cambiate, non si limitano più a lasciare volantini razzisti nella posta, sono pronte a passare ad altre forme di confronto, sia che questo avvenga in un campus che sul luogo di lavoro o per la strada».
Negli ultimi 12 mesi gli episodi sono stati 32 in tutto, 18 dei quali in Ontario, 16 nella Gta. La spiegazione secondo Dimant è da una parte l'alto numero di abitanti, ma dall'altra anche «dell'odio che viene predicato e si manifesta in iniziative come la Israel Apartheid Week all'nterno dei campus, in particolare alla York University. Tutto questo si somma per dare vita a un'atmosfera negativa che non favorisce il benessere del Canada».
Nel rapporto che prende in considerazione ogni tipo d'incidente, dalle offese verbali e non solo di stampo razzista, fino agli episodi di vandalismo e quelli di violenza, anche l'Ontario nel suo complesso vede una crescita dei casi registrati attraverso il numero verde messo a disposizione dall'associazione per segnalare abusi (1-800-892-2624). E Dimant ci tiene a evidenziare un altro punto messo in luce dal documento presentato ieri, le aspettative degli ebrei canadesi per il futuro.
«Alla domanda "C'è la possibilità che l'odio contro gli ebrei aumenti nel futuro?", il 57% ha detto di sentirsi molto sicuro che avverrà, abbastanza sicuro il 33%. Questo vuol dire che il 90% della popolazione ebrea sente che l'antisemitismo è destinato a crescere in questo Paese».
Non tutti sono stati vittima di episodi di razzismo personalmente, commenta Dimant, ma la maggior parte di loro ha sentito storie di un parente o di un amico colpito, o ha letto notizie di casi simili.
Minacce verbali e aggressione fisiche sono solo parte di un ampio campionario di episodi riportati nel rapporto. L'episodio peggiore negli ultimi mesi? «Dipende dalle vittime, ma credo che la cosa peggiore sia qualcuno che ti sputa mentre fai il tuo lavoro o sei all'università». E come si sente Frank Dimant, uomo che ha studiato nelle università di Canada e Usa, all'idea che questo oggi possa accadere a un ebreo in un campus canadese? «Direi a una persona, non solo a un ebreo. Perché quello che sta accadendo è sintomatico. Se oggi sta accadendo agli ebrei, domani quell'odio, soprattutto quello degli estremisti musulmani arriverà fino ai cristiani, ai buddisti, agli indu». Gli ebrei sono solo parte di un'equazione, secondo Dimant, i primi a fare le spese dei seguaci radicali dell'Islam che «hanno come obiettivo ultimo i valori in cui il Canada crede, come il rispetto dell'altro e dei diritti delle donne».

(Corriere Canadese, 25 febbraio 2010)

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Ahmadinejad: il mondo arabo emergerà in Medio Oriente

"Senza sionisti e senza colonialisti", dice presidente iraniano

DAMASCO, 25 feb. - I Paesi arabi emergeranno in un nuovo Medio Oriente "senza sionisti e senza colonialisti". Lo ha affermato il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, in visita ufficiale in Siria. "Se il regime sionista intende ripetere gli errori del passato, questo rappresenterà la sua fine e la sua distruzione", ha detto Ahmadinejad, che ha aggiunto che Iran, Siria, Iraq e Libano faranno fronte contro Israele. Il presidente iraniano è arrivato a Damasco per colloqui ufficiali, sullo sfondo di un inasprimento delle tensioni tra Israele e i suoi vicini arabi e delle iniziative statunitensi per spezzare l'asse tra l'Iran e la Siria. Durante la sua visita dovrebbe incontrare il suo omologo siriano Bashar Assad, oltre che responsabili delle organizzazioni militanti Hamas e Hezbollah. La visita di Ahmadinejad arriva mentre gli Stati Uniti hanno annunciato la nomina di un diplomatico in carriera per il ruolo di primo ambasciatore degli Stati Uniti a Damasco dal 2005. Le apertura di Washington nei confronti della Siria, uno dei più stretti alleati dell'Iran nel mondo arabo, fanno da contraltare all'aumento delle tensioni con la repubblica islamica.

(Apcom, 25 febbraio 2010)

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Israele, arriva il conto energia per impianti fino a 50 kW

Con il lancio degli incentivi al fotovoltaico, Israele potrebbe diventare il nuovo eldorado dell'energia solare del Mediterraneo. Per RenewableEnergyWorld.com non manca molto: il sito riferisce infatti che il ministero dell'Infrastrutture israeliano ha affidato alla Israeli Public Utilities Authority il compito di mettere a punto il nuovo regime di incentivazione basato su tariffe per l'acquisto dell'elettricità fotovoltaica estremamente vantaggiose per i titolari degli impianti.
Secondo le anticipazioni del sito, il nuovo "feed-in-tariff" sarebbe destinato alle installazioni residenziali e industriali di capacità fino a 50 kW. Per le aree periferiche, comprese le regioni desertiche Arava e il Negev, non verrebbe posto un tetto di potenza alle tariffe destinate agli impianti industriali fino a 50 kW fino a dicembre del 2014. Stesso discorso per gli impianti residenziali fino a 4 kW. Un tetto di 30 MW sarebbe invece riservato alle coperture degli edifici pubblici, in particolare alle scuole, mentre una quota di 50 MW è riservata alle installazioni industriali fino a 50 kW nelle zone centrali.
RenewableEnergyWorld.com dà notizia anche di un finanziamento da 100 milioni di euro da parte della Banca europea per gli investimenti per due impianti a concentrazione solare nell'ambito del progetto Ashalim, un complesso di installazioni solari, che dovrebbe sorgere nel deserto del Negev. Alle due centrali, che raggiungeranno insieme una potenza di 250 MW (per un costo totale di oltre 550 milioni di euro) dovrebbe aggiungersi un parco fotovoltaico da 15 MW, da espandere successivamente a 30 MW.

(ZeroEmissioni.TV, 25 febbraio 2010)

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Un eroe palestinese

di Avi Issacharoff

Il figlio di un esponente di primo piano di Hamas, Mosab Hassan Yousef, noto per essersi convertito alcuni fa al cristianesimo, è stato per più di dieci anni una delle fonti d'informazione più preziose dei servizi di sicurezza israeliani (Shin Bet) all'interno delle dirigenza dell'organizzazione terroristica islamista palestinese.
Mosab Hassan Yousef è figlio dello sceicco Hassan Yousef, uno dei fondatori di Hamas e tuttora uno dei suoi capi in Cisgiordania. Le informazioni di intelligence da lui fornite hanno permesso a Israele di scoprire un certo numero di cellule terroristiche e di prevenire decine di attentati esplosivi suicidi e tentativi di assassinare personalità israeliane.
Il servizio su questa vicenda comparirà in esclusiva sul numero di venerdì prossimo del quotidiano israeliano Ha'aretz, mentre le memorie di Yousef intitolate "Figlio di Hamas" (scritte con Ron Brackin) usciranno la prossima settimana negli Stati Uniti....

(israel.net, 25 febbraio 2010)

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Nel Mossad il figlio del capo di Hamas

di R.A. Segre

Esce allo scoperto Massav Hasan Yusef, il più insospettabile degli agenti di Israele in Palestina. Convertito in segreto al cristianesimo, ha impedito un gran numero di attentati suicidi.

Come hanno fatto i servizi israeliani a eliminare, senza farsi prendere, a Dubai - ammesso che siano stati loro -, Mahmud al-Mahbhou, il principale fornitore di armi iraniane a Hamas? Non sono certo una razza speciale di 007 e gli errori commessi in passato lo confermano. Basta pensare all'uccisione, nel 1973, a Lillehamer, in Norvegia, di un cameriere marocchino scambiato per Ali Hassan Salame, uno degli organizzatori della strage degli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco nel 1972. Oppure il fallito attentato ad Amman contro Khaled Mashaal, capo di Hamas, che obbligò il governo di Gerusalemme a rilasciare il fondatore e guida spirituale di Hamas, lo sceicco Ahmed Yassin, per liberare gli agenti israeliani arrestati dalla polizia giordana.
D'altra parte, nonostante lo sviluppo delle tecnologie per la raccolta di informazioni in campo nemico sia ormai diventato un elemento indispensabile per l'intelligence di ogni Paese (in Israele l'unità nota con la sigla 8200 si è mostrata molto efficace), la guerra in Irak e in Afghanistan ha messo in evidenza a spese degli americani come non si possa fare a meno degli agenti segreti. L'abilità dei servizi israeliani consiste nel saperne reclutare anche all'interno dei più ostili schieramenti nemici.
Un anno e mezzo fa, raccontavamo su queste pagine la storia di un leader degli Hezbollah che si era convertito all'ebraismo dopo aver per anni collaborato coi servizi israeliani nel Libano. Nell'intervista che ci aveva concesso, aveva spiegato come fosse arrivato alla convinzione che vivere in pace con Israele e, se necessario, aiutarlo a difendersi, fosse un dovere per un buon musulmano. Sembrava un caso unico nel suo genere. Invece mercoledì la prima pagina del quotidiano israeliano Haaretz è stata dedicata all'intervista di un suo giornalista con Massav Hasan Yusef, figlio di uno dei fondatori e leader di Hamas, lo sceicco Hasan Yusef.
Noto ai servizi col nome di «Principe verde», per anni è stato il miglior agente israeliano in Palestina. L'uomo-ombra a cui - secondo quanto scriveva ieri il quotidiano di Tel Aviv - moltissimi israeliani debbono, senza saperlo, la loro vita.
Questo agente ha permesso a Israele, con grande rischio personale, di prevenire l'arrivo di nuovi candidati suicidi, procurando informazioni su chi forniva loro le cinture esplosive e in seguito (in collaborazione con al-Fatah) ha contribuito a distruggere l'organizzazione di Hamas in Cisgiordania.
Venerdì il giornale pubblicherà l'intero testo dell'intervista, superando l'ostacolo della censura militare, che certo avrebbe preferito che questo agente restasse incognito. Ma i servizi hanno dato il loro accordo alla pubblicazione, perché il «Principe verde» ha deciso di pubblicare in America la sua storia. Hanno capito, anche sulla base di precedenti esperienze, che il tentativo di bloccare la pubblicazione avrebbe solo aumentato la popolarità dell'autore. Hanno cosi preferito ricordare pubblicamente i suoi meriti e sottolineare il fatto che Massav Hasan Yusef ha agito per convinzione, dopo essersi convertito al cristianesimo. Una prova che il radicalismo terrorista islamico non è un fronte monolitico. Legato a una ideologia di morte che non è mai stata parte della fede islamica, una volta arrivato al potere come a Gaza sopravvive grazie alla paura che incute alle masse.
Il caso del «Principe verde» non è comunque un caso isolato, anche se straordinario.
Una delle ricadute meno note del conflitto arabo-israeliano è il numero di palestinesi che discretamente si converte all'ebraismo o al cristianesimo e che, meno discretamente, fa la fila davanti agli uffici del ministero dell'Interno a Gerusalemme Est per ottenere la cittadinanza israeliana. I vantaggi economici e sociali sono evidenti. Ma il fatto che il numero delle domande abbia superato quota dodicimila la dice lunga su quello che molti palestinesi pensano, contrariamente a quanto afferma l'opinione pubblica araba e palestinese.

(il Giornale, 25 febbraio 2010)

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Gerusalemme, scoperta la muraglia di re Salomone

Una sezione di un'antica muraglia della citta' di Gerusalemme risalente al X secolo a.C., probabilmente costruita al tempo del biblico re Salomone, e' stata scoperta durante gli scavi archeologici diretti da Eilat Mazar e condotti sotto gli auspici dell'Universita' di Gerusalemme.
I resti del possente muro, lungo 70 metri e alto 6, sono emersi nella zona nota come l'area Ophel, tra la citta' di David e il muro meridionale del Monte del Tempio, e sembrano confermare il racconto che la Bibbia fa delle gesta del leggendario Salomone. Nella stessa area sono stati scoperti un corpo di guardia interno per l'accesso al quartiere reale della citta', una struttura reale adiacente al corpo di guardia e una torre d'angolo che si affaccia su una considerevole sezione della vicina valle Kidron.

(Adnkronos, 24 febbraio 2010)

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Turismo - Israele chiude in calo, ma dall'Italia a gennaio arrivi a più 81%

Sono stati 2.670.200 i turisti che si sono recati in Israele durante il 2009. Una cifra che non ripete il record del 2008, quando il Paese aveva ospitato 3 milioni di visitatori, ma rappresenta invece un calo del 10% rispetto all'anno prima. Il 72% di turisti è giunto nel Paese per via aerea, il 13% via terra e 72mila ingressi sono stati di crocieristi. Dagli Stati Uniti i visitatori sono stati 500mila, con una flessione di 11 punti percentuali. Al secondo posto la Russia, con 400mila turisti e uno share del 15% sul totale. Seguono poi la Francia, a quota 260mila arrivi, la Gran Bretagna con 170mila e la Germania con 146.700 visitatori e un incremento del 4% sul 2008. Nel gennaio 2010 i turisti giunti dall'Italia sono stati 6.700, pari all'81% in più sullo stesso mese del 2009.

(TTG, 24 febbraio 2010)

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Figlio di un fondatore di Hamas spiava per Israele

Mosab Hassan Yousef
GERUSALEMME, 24 feb. - Il figlio di uno dei fondatori di Hamas spiava per i servizi segreti israeliani dello Shin Bet e le sue soffiate hanno permesso di sventare decine di attentati suicidi. A rivelarlo e' un articolo del "magazine" di Haaretz che anticipa brani dell'autobiografia "Figlio di Hamas" del 32enne Mosab Hassan Yousef, che si e' convertito al cristianesimo e dal 2007 vive in California. Mosab e' figlio dello sceicco Hassan Yousef, fondatore del movimento islamico palestinese e uno dei suoi capi in Cisgiordania.
Il giornale israeliano scrive che le informazioni fornite da Mosab favorirono l'arresto del capo militare di Hamas in Cisgiordania e di Abdullah Barghuti, l'artificere dell'attentato kamikaze alla Sbarro di Gerusalemme che nel 2001 fece 15 morti. Assoldato dallo Shin Bet nel 1996 mentre era detenuto in un carcere israeliano, a Mosab fu dato il nome in codice "Principe verde", chiara allusione al colore del movimento di resistenza islamica. Per gli 007 israeliani la fonte piu' affidabile all'interno di Hamas e il giovane palestinese avrebbe avuto un ruolo nell'arresto di Marwan Barghuti, leader di Fatah e figura-simbolo della seconda intifada del 2000, oltre ad aver convinto gli israeliani a rinunciare all'assassinio di suo padre. In una precedente intervista, Mosab aveva raccontato l'ossessione di Hamas per le spie e come chiunque fosse sospettato di collaborazionismo venisse torturato in modo orribile, infilandogli chiodi sotto le unghie o ustionandolo con pezzi di plastica incandescente. Dopo l'incontro con un missionario protestante al Muro del Pianto si converti' al Cristianesimo, nel 2000, ma lo ha reso noto solo nell'agosto 2008, dopo la fuga dalla Cisgiordania. Poi il trasferimento negli Usa, dove ha collaborato con l'Fbi e rivelato molti segreti di Hamas. Per questo Al Qaeda l'ha messo sulla sua lista di obiettivi da eliminare, con una taglia sulla sua testa. L'autobiografia, scritta insieme a Ron Brackin, uscira' negli Usa la settimana prossima. Nel libro Yousef jr. afferma che vorrebbe andare a Gaza "per indossare un'uniforme dell'esercito israeliano e lanciare una spedizione per liberare il caporale Gilad Shalit", tenuto prigioniero da miliziani di Hamas dal 1996. "Tanta gente gli deve la vita e neppure lo sa", ha affermato il Capitano Loai, nome in codice dell'agente dello Shin Bet che gestiva il contatto con Mosab, "gente che ha fatto molto meno ha ricevuto il premio di Israele per la sicurezza e lui certamente lo merita". Il Capitano Loai ha lodato la straordinaria capacita' del giovane di elaborare le informazioni per prevenire gli attentati. "Una volta sapevano che a un kamikaze con una maglietta rossa sarebbe stata consegnata una cintura esplosiva nella piazza Manara di Ramallah", ha rievocato, "sapevano solo che era sulla ventina e spedimmo li' il Principe verde che lo individuo' subito e ci diede la targa dell'auto su cui sali', permettendoci di arrestarlo".

(AGI, 24 febbraio 2010)

Notizie su Israele 450 - “Io, musulmano convertito dico: Hamas è soltanto una banda di torturatori”
Video 1
Video 2

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Non volevate l'intelligence al lavoro?

L'Europa mena scandalo per l'uccisione a Dubai, ma l'alternativa è la guerra

Quattro governi europei hanno chiesto spiegazioni per l'omicidio di Mahmoud al Mabhouh, il terrorista di Hamas assassinato alla fine di gennaio all'Hotel Rotana di Dubai. Al-Mabhouh era il comandante delle brigate Izz ad Din al Qassam: in vita, è stato l'autore di attentati clamorosi a Gerusalemme e nella Striscia di Gaza, compresa l'uccisione di due soldati israeliani, Avi Sasportas and Ilan Saadon, rapiti e giustiziati nel 1989. Negli ultimi anni, era diventato l'ufficiale di liaison fra i soldati di Hamas e il governo iraniano, che rifornisce di armi le milizie più pericolose del medio oriente, dal Libano allo Yemen passando per la Palestina. Il copione della morte non è meno interessante.
Secondo le ricostruzioni, l'omicidio è stato eseguito da una squadra esperta composta da undici persone che potevano contare su passaporti contraffatti, informazioni riservate e coperture internazionali. Hanno intercettato al Mabhouh all'aeroporto di Damasco e lo hanno seguito sino a Dubai, mostrando documenti falsi di persone che esistono davvero, cittadini inglesi, tedeschi e irlandesi che, in quel momento, erano lontani migliaia di chilometri. Hanno raggiunto il terrorista, hanno studiato i suoi movimenti, lo hanno ucciso: una piccola, tremenda micro guerra mediorientale tra i muri di una stanza d'albergo. Quando la polizia di Dubai si è accorta che al Mabhouh non era morto per cause naturali, il commando era già svanito nel nulla. Gli analisti dicono che è un'operazione di intelligence senza sbavature. Per questo, i primi sospetti sono caduti sul Mossad, il servizio segreto israeliano. Il governo di Gerusalemme, com'è nel suo stile, non ha confermato né smentito eventuali responsabilità.
Nei giorni scorsi, i ministri degli Esteri dell'Unione europea hanno condannato con durezza l'omicidio di al Mabhouh. Il segretario britannico, David Miliband, ha espresso il proprio disappunto durante un incontro di stato con il collega israeliano, Avigdor Lieberman, e i governi di Germania, Francia e Irlanda sono sulla stessa linea, così come il commissario europeo per gli Affari esteri, Catherine Ashton. Con questo atteggiamento, i ministri europei svelano gli equivoci di fondo della loro personale idea di lotta al terrorismo. Quando si tratta di affrontare una guerra lunga e sanguinosa come quella contro Saddam o al Qaida in Iraq e in Afghanistan, invocano il lavoro di intelligence; quando l'intelligence lavora, esigono scuse e giustificazioni scenografiche.

(Il Foglio, 24 febbraio 2010)

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E in Arabia Saudita arriva la Fatwa contro gli uomini che parlano con le donne

di Matteo Sacchi

lo sheikh Abdel Rahmand Barrak ha espresso una fatwa contro «i modernizzatori» che chiedono l'abolizione delle rigide barriere imposte dalla dottrina wahabita.

La modernità fatica a farsi largo in Arabia Saudita. «La pena di morte deve essere inflitta per coloro che propugnano la promiscuità tra uomini e donne». Ne è convinto uno degli imam sauditi con più ampio seguito di fedeli, lo sheikh Abdel Rahmand Barrak, che ha espresso oggi una fatwa contro «i modernizzatori» che chiedono l'abolizione delle rigide barriere imposte dalla dottrina wahabita. Dalle pagine del suo blog ospitato nel portale (www.islamlight.net), l'anziano sheikh (78 anni) che odia la libertà ma non la tecnologia se la prende con alcuni suoi colleghi che in Arabia Saudita e all'estero hanno iniziato a parlare di «riforme» nel campo dell'applicazione della legge islamica (sharia), e che chiedono una maggiore tolleranza nei confronti delle forme di promiscuità nelle scuole e sui luoghi di lavoro. «È una pratica corrotta che consente di fare ciò che l'Islam proibisce, ovvero di lasciare che gli uomini e le donne parlino fra loro», ha affermato Barrak, sostenendo che «chiunque renda lecito questa promiscuità non solo si comporta come i lenoni, ma è un infedele, che si allontana dal cammino dell'Islam». Per questo, conclude lo sheikh, «se non ritratta, sarà ucciso». In passato Barrak era assurto agli onori della cronaca per una fatwa, emessa nel 2007 contro gli sciiti, definiti «infedeli», e per un'altra, l'anno successivo, contro cristiani ed ebrei, apostrofati come «miscredenti».

(il Giornale, 24 febbraio 2010)

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Ashton in Israele il 17 marzo, invitata da Lieberman

BRUXELLES, 24 feb - L'Alto rappresentante della politica estera dell'Ue Catherine Ashton si rechera' in visita in Israele il prossimo 17 marzo. Lo ha annunciato la rappresentanza israeliana a Bruxelles.
''La baronessa Ashton visitera' Israele il 17 marzo su invito del ministero degli Affari esteri Avigdor Lieberman'', spiega una nota. Durante questa occasione, secondo il comunicato, la Ashton e la Lieberman ''porteranno avanti le discussioni sul rafforzamento delle relazioni tra Israele e l'Ue e su altre questioni''.

(ASCA, 24 febbraio 2010)

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Ahmadinejad: La rivoluzione Islamica si espanderà nel mondo

TEHERAN, 23 feb. - "La Rivoluzione Islamica ha come obiettivo finale la rivoluzione globale". E' quanto ha affermato oggi il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, rilanciando l'ambizioso piano di esportare in altri Paesi del Medioriente il modello della rivoluzione che nel 1979 ha portato all'instaurazione della Repubblica Islamica in Iran. Ahmadinejad, nel corso di un discorso pronunciato in pubblico nella provincia orientale del Khorasan, ha precisato che "la Rivoluzione Islamica e' nei fatti solo una parte di una rivoluzione universale che dovrebbe preparare la strada al ritorno del dodicesimo Imam, il Mahdi", che nella tradizione sciita apparira' alla fine dei tempi per salvare l'umanita'. Il presidente iraniano ha infine sottolineato gli sforzi compiuti nella storia dalle "potenze arroganti e dai popoli corrotti" per sabotare il ritorno del Mahdi, ma ha precisato che la Nazione iraniana e' all'apice tra quei popoli che stanno preparando l'avvento dell'Imam.

(Apcom, 23 febbraio 2010)

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E' morto Guido Fubini protagonista dell'ebraismo italiano

Avvocato e giurista, si è spento all'età di 85 anni. Fu esule in Francia negli anni delle leggi razziali. Grande protagonista del dibattito culturale fu tra i promotore dell'intesa e dello Statuto. il presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane Gattegna: 'ho sempre ammirato la sua coerenza e la perfetta sintesi fra l'uomo libero, il giurista e l'ebreo. La sua scomparsa lascia un vuoto che non sarà possibile colmare. La sua memoria sia di esempio e di benedizione'.

Guido Fubini
Si è spento a Torino, all'età di 85 anni, Guido Fubini. Avvocato e giurista, fu un grande protagonista dell'ebraismo italiano. Riparò in Francia fra il 1938 e il 1950 e fra il 1943 e il 1945 svolse attività clandestina a Milano nelle fila del movimento Giustizia e Libertà.
Fubini fu tra coloro che, nei primi congressi Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, si batterono per il superamento dei decreti regi degli anni '30. Si impegnò nella promozione del dibattito, interno all'ebraismo italiano, che ha portato a stilare l'Intesa e lo Statuto.
"In tutte le occasioni di incontro con Guido Fubini - ha dichiarato su Moked.it, esprimendo il cordoglio degli ebrei italiani, il presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane Renzo Gattegna - sia durante le riunioni che precedettero la fase di costruzione e di stesura dei testi dell'Intesa e dello statuto, sia nel corso dello svolgimento di procedure davanti al Collegio dei probiviri ho sempre ammirato la sua coerenza e la perfetta sintesi fra l'uomo libero, il giurista e l'ebreo. La sua scomparsa lascia un vuoto che non sarà possibile colmare. La sua memoria sia di esempio e di benedizione"
"Rendo omaggio - ha detto sullo stesso sito la vicepresidente Ucei Claudia De Benedetti - alla coerenza e all'attaccamento all'identità ebraica di Guido. Intellettuale impegnato e rigoroso, ha interpretato la nostra cultura in una società ed a in un clima politico particolarmente difficile e poco sensibile alle ragioni d'Israele e dell'ebraismo". I funerali di Guido Fubini si celebrerano mercoledì mattina, alle 11:30 all'ospedale Mauriziano di Torino e alle 12.30 al cimitero Monumentale di corso Regio Parco

(la Repubblica, 23 febbraio 2010)

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Livni: L'omicidio di al-Mabhou a Dubai "è una buona notizia"

Leader Kadima: Per tutti coloro che combattono il terrorismo

GERUSALEMME, 23 feb. - L'omicidio del dirigente di Hamas Mahmoud al-Mabhou, avvenuto il mese scorso a Dubai, "è una buona notizia". Lo ha affermato il leader dell'opposizione israeliana, Tzipi Livni, sottolineando di non sapere chi ci sia dietro l'assassinio. Secondo il responsabile del partito centrista Kadima "il fatto che un terrorista sia stato ucciso - non importa se a Dubai o a Gaza - è una buona notizia per coloro che combattono il terrorismo".
Ieri, il capo della diplomazia israeliana, Avigdor Lieberman, ha affermato che "non esiste nessuna prova che Israele sia implicato nell'omicidio del responsabile di Hamas a Dubai". Secondo la polizia di Dubai, membri del commando che ha assassinato al Mabhuh, uno dei fondatori dell'ala militare di Hamas, trovato morto il 20 gennaio in un hotel, avevano passaporti falsi della Gran Bretagna, dell'Irlanda, della Francia e della Germania. La polizia si dice certa che il Mossad possa essere dietro l'operazione.

(Apcom, 23 febbraio 2010)

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Sicilia - Il presidente della Regione incontra l'ambasciatore di Israele

Il presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, ha incontrato a Palazzo d'Orleans Gideon Meir, Ambasciatore d'Israele in Italia e Rami Hatan, Consigliere per gli affari politici e le relazioni esterne, che erano accompagnati da Alessandro Cappellani presidente dell'associazione Italia-Israele. "Si e' trattato di un proficuo incontro di collaborazione e di lavoro -ha commentato Lombardo- su alcuni temi che ci vedono particolarmente impegnati, il piu' importante dei quali riguarda lo smaltimento dei rifiuti. Abbiamo gia' avviato uno scambio di esperienze tra esperti siciliani ed israeliani che nei prossimi mesi vedra' un approfondimento per consentirci di utilizzare tecniche piu' moderne ed economiche in un settore per noi particolarmente delicato e importante gia' in atto in quella nazione".

(Affaritaliani.it, 23 febbraio 2010)

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Shoah: Ungheria, il negazionismo è reato

Voto favorevole del Parlamento, conservatori astenuti

BUDAPEST, 23 feb - La negazione della Shoah diventa sanzionabile penalmente in Ungheria e perseguibile con tre anni di reclusione. Lo ha stabilito il Parlamento ungherese, adottando una proposta socialista. La mozione e' passata con 197 voti (socialisti, liberali, centristi), mentre l'opposizione conservatrice Fidesz si e' astenuta. Nel 1944, piu' di 600.000 ungheresi ebrei furono deportati e uccisi dai nazisti. Nel Paese oggi la comunita' ebraica conta circa 100.000 persone.

(ANSA, 23 febbraio 2010)

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Ahmadinejad a paesi arabi: se Israele attacca, sradicateli

Il presidente iraniano ha anche affermato che sono stati gli Usa ad aver "pianificato" gli attentati dell'11 settembre

TEHERAN - Se Israele dovesse lanciare una nuova guerra contro un Paese vicino, dopo quelle contro Hezbollah in Libano e Hamas a Gaza, dovrà essere "sradicato". Il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad ha detto oggi di avere rivolto questa richiesta ad alcuni Paesi arabi vicini di Israele.
Sono stati gli Usa che "hanno pianificato" gli attentati dell'11 settembre per usarli come "pretesto per attaccare l'Afghanistan e l'intera regione". Lo ha detto oggi il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad in un discorso tenuto nell'est del Paese e trasmesso dalla televisione di Stato. Ahmadinejad ha anche accusato "le potenze arroganti" di "cercare di penetrare le menti della gente per distrarle dalla questione della riapparizione dell'Imam dei Tempi", cioé il dodicesimo Imam che gli Sciiti ritengono nascosto e di cui attendono la ricomparsa per portare la giustizia sulla Terra.
"Ho contattato alcuni Paesi che si trovano attorno al regime sionista - ha detto Ahmadinejad in un discorso tenuto nell'est dell'Iran e trasmesso in diretta televisiva - e ho detto loro di essere pronti, di equipaggiarsi e se i sionisti commettono ancora un errore, di mettere fine alle loro attività, di sradicarli". In una conversazione telefonica con il presidente Bashar al- Assad, il 10 febbraio, Ahmadinejad, citato dai mezzi di stampa iraniani, aveva detto che "se il regime sionista dovesse ripetere i propri errori e avviare una operazione militare, essa dovrà essere respinta con tutta la forza per porre fine una volta per tutte (ad Israele, ndr)".
In una conferenza stampa, una settimana fa, il presidente iraniano ha detto che Israele sta preparando una nuova guerra "per la primavera o l'estate, anche se non è ancora decisa". Nel discorso odierno, Ahmadinejad si è soffermato anche sull'eventualità di un attacco militare contro le installazioni nucleari del suo Paese avvertendo che "se una mano da qualsiasi parte del mondo si dovesse stendere per attaccare la nazione, questa nazione la taglierà dal braccio".

(ANSA, 23 febbraio 2010)

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Nuova accusa dell'Iran all'Italia: "E' sotto l'influenza di altri Paesi Ue"

Il portavoce iraniano: "Nessuna preoccupazione. Le nostre attività d'arricchimento sono sotto controllo". Rispondendo a Berlusconi, meno di un mese fa, Ahmadinejad aveva già detto: "Siete servi d'Israele"

TEHERAN - L'Italia mostra di essere "sotto l'influenza della propaganda di altri Paesi" quando insiste perché vengano adottate sanzioni contro l'Iran per il suo programma nucleare. Lo ha detto oggi il portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, Ramin Mehman-Parast, con riferimento ai rapporti fra il nostro Paese e gli Stati Uniti.
Ieri, parlando da Bruxelles in occasione di una riunione dei ministri degli Esteri dell'Unione europea, infatti, il capo della Farnesina aveva dichiarato di "non poter accettare che l'Iran continui a prendere tempo". La risposta di Mehman-Parast è arrivata immediatamente: "Paesi come l'Italia o la Francia non hanno motivo di essere preoccupati. Le nostre attività nucleari si svolgono sotto la sorveglianza degli ispettori internazionali e servono solo a rispondere ai nostri bisogni interni. Ma sembra - ha concluso il portavoce iraniano - che la propaganda di alcuni Paesi eserciti una certa influenza su altri Paesi dell'Unione".
Ma né le parole del premier italiano, né le accuse dell'Iran nei confronti dell'Italia suonano come una novità. Anzi. Poco meno di un mese fa, era stato proprio il premier italiano Silvio Berlusconi a paragonare il presidente iraniano Ahmadinejad a Hitler e a dichiarare che "bisogna impedire all'Iran di sviluppare l'arma atomica". Per Berlusconi, quindi, se l'Iran dovesse insistere, la comunità internazionale dovrebbe "mettere in campo delle sanzioni forti" perché "è nostro dovere sostenere e aiutare l'opposizione" in Iran. Una preoccupazione, quella del presidente Berlusconi, data dalla forte amicizia che lega l'Italia alla Knesset israeliana.
E anche Teheran aveva scelto parole di propaganda, molto simili a quelle usate oggi, per rispondere alle accuse del premier italiano: "Nel suo discorso alla Knesset - scriveva l'Irib iraniano - Berlusconi ha completato tutta la serie di servigi fatta ai padroni israeliani. L'Italia è serva di Israele".

(la Repubblica, 23 febbraio 2010)

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Archeologia, è morto lo Schliemann della Bibbia

di Vincenzo Pricolo

Scomparso a 91 anni lo studioso inglese Donald Wiseman. Scoprì l'esatta localizzazione dei Giardini pensili di Babilonia e mise in luce possibili conferme ai miti del Diluvio universale e della Torre di Babele. Negli anni condusse scavi in Irak con... Agatha Christie

Lo storico e linguista britannico Donald Wiseman, il più autorevole degli archeologi specializzato in luoghi biblici, è morto a Londra all'età di 91 anni. Studioso delle lingue e dell'archeologia del Medio Oriente, assirologo di fama internazionale, sostenuto dalle sue profonde convinzioni cristiane Wiseman approfondì i collegamenti tra le scoperte archeologiche e l'Antico Testamento. L'annuncio della scomparsa è stato pubblicato dalla stampa londinese a funerali avvenuti....

(il Giornale, 23 febbraio 2010)

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Indennizzi per i profughi ebrei dai paesi arabi

La Knesset ha adottato lunedì sera una legge secondo cui non potrà essere firmato un accordo di pace con un paese arabo che non comprenda indennizzi per i profughi ebrei costretti a lasciare quel paese. È considerato "profugo ebreo" un cittadino israeliano che abbia lasciato un paese arabo o l'Iran a causa di discriminazione religiosa. Per legge i governi israeliani saranno tenuti a includere questo problema in qualsiasi negoziato di pace.

(israele.net, 23 febbraio 2010)

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Nuovi bagliori di Intifada ad Hebron

Provocazioni e reazioni tra palestinesi e coloni, road map in alto mare

GERUSALEMME - Si riaccendono bagliori di violenza in Cisgiordania, innescati da un nuova spirale di provocazioni e reazioni. Dopo Gerico, teatro di una marcia ad altissima tensione di coloni e attivisti dell'estrema destra israeliana nel cuore dei territori dell'Anp, ieri è stata la volta di Hebron, luogo storico di conflitti e spargimenti di sangue, dove una manifestazione di protesta palestinese è sfociata in sassaiole, cariche e tafferugli.
A dare fuoco alle polveri è stato l'annuncio del premier Benyamin Netanyahu sulla volontà del suo governo di sottomettere formalmente alcuni luoghi santi contesi - interni al territorio della Cisgiordania - ai progetti di tutela previsti per «il patrimonio archeologico d'Israele».
Si tratta di luoghi come la cosiddetta Tomba di Rachele, enclave riservata agli israeliani nell'area di Betlemme, o come la Tomba dei Patriarchi, venerata da ebrei e musulmani (col nome di Moschea d'Ibrahim) e al centro da anni di cruente controversie a Hebron. La risposta della popolazione araba di quest'ultima località non s'è fatta attendere.
E si è tradotta ieri in una giornata di scontri. Molte persone sono scese in strada e alcune decine di giovani palestinesi hanno incendiato copertoni e scagliato pietre contro i posti di blocco dell'esercito israeliano che dividono le loro case dagli adiacenti insediamenti-bunker dei coloni. I soldati hanno risposto con lacrimogeni e granate assordanti, ma solo dopo diverse ore sono riusciti a imporre una calma precaria. I bollettini diffusi al calar del sole riferiscono di qualche contuso, ma anche di una situazione che resta accesa.
A maggior ragione sulla scia dell'incursione compiuta ieri da un centinaio di coloni e militanti dell'ultradestra nazional-religiosa ebraica in un'antica sinagoga di Gerico: incursione definita «una provocazione» dagli stessi portavoce dello stato maggiore israeliano e guidata dal deputato Michael Ben Ari, ex seguace non pentito del disciolto movimento razzista del rabbino Meir Kahane.

(Corriere Canadese, 23 febbraio 2010)

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Barak parte per gli Usa

Il ministro israeliano della difesa Ehud Barak parte oggi per gli Stati Uniti dove discuterà della minaccia nucleare iraniana con il ministro della difesa Robert Gates e con il capo degli stati maggiori riuniti, ammiraglio Richard Mullen. Quest'ultimo è stato in visita in Israele la settimana scorsa. Secondo la stampa locale, l'obiettivo di Barak è di discutere in particolare con i responsabili statunitensi la possibilità che il mese prossimo siano messe a punto più severe sanzioni economiche nei confronti dell'Iran: un provvedimento che il premier Benyamin Netanyahu ha perorato la settimana scorsa a Mosca e che una delegazione ufficiale israeliana si accinge ad affrontare nei prossimi giorni in Cina. Barak, precisa il quotidiano Haaretz, è preoccupato che l'Iran possa da parte sua fomentare tensioni ai confini settentrionali di Israele, con la Siria e con il Libano. Il ministro della difesa incontrerà inoltre il Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, con cui tornerà ad esaminare le ripercussioni del Rapporto Goldstone sulla Operazione Piombo Fuso condotta un anno fa dall'esercito israeliano a Gaza. A Washington e a New York Barak discuterà infine la possibile ripresa di negoziati con l'Anp di Abu Mazen, anche in forma indiretta.

(Affaritaliani.it, 23 febbraio 2010)

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Basket: nuove regole dalla Federazione israeliana

In un incontro avvenuto nell'ultimo fine settimana, la Federazione Israeliana ha introdotto dei cambiamenti riguardanti l'impiego ed il tesseramento di giocatori nazionali e stranieri che verranno messi in atto a partire dalla prossima stagione. E' stato infatti convenuto che durante lo svolgimento delle gare dovranno esserci sempre due giocatori israeliti contemporaneamente in campo.
Il totale di giocatori stranieri tesserabili nell'arco dell'intera stagione rimarrà invece di 8, mentre il numero di giocatori di nazionalità non israelita da poter iscrivere a referto in una singola partita è stato ridotto dai 6 di quest'anno a 5 per il prossimo.

(BasketNet.it, 23 febbraio 2010)

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Insulti ai rom, Radio Padania condannata

Il conduttore Leopoldo Siegel a giudizio per le frasi nei confronti dei nomadi e di Gad Lerner: 1000 euro di condanna e 10mila di risarcimento a Gad Lerner, che lo aveva citato.

Condannato. E' arrivata la sentenza del giudice monocratico dell'ottava sezione penale del Tribunale di Milano chiamata a decidere se condannare o meno Leopoldo Siegel, il conduttore di Radio Padania, accusato di diffamazione a mezzo stampa aggravato dall'odio razziale, per alcune espressioni offensive usate nei confronti del giornalista Gad Lerner e della comunità rom, durante la trasmissione 'Filo Diretto' del 27 settembre 2007. Per Siegel mille euro di multa, ma il giudice monocratico dell'ottava sezione penale ha inoltre condannato il conduttore di Radio Padania a versare 10 mila euro a Gad Lerner (parte offesa) a titolo di risarcimento per il danno morale. Siegel dopo la lettura del dispositivo ha affermato: «Ho avuto sempre fiducia nella giustizia. La giustizia si accetta e non si commenta». Gad Lerner invece ha voluto sottolineare di non aver mai chiesto alcun risarcimento e ha aggiunto: «mi auguro che questo linguaggio dell'odio razziale non venga più usato a Radio Padania. Ho apprezzato le dichiarazioni di scuse, sebbene tardive, lette in aula oggi da Siegel. Se non avesse atteso l' ultimo giorno, avremmo probabilmente evitato anche il processo».

(Giornalettismo, 23 febbraio 2010)

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Propaganda al martirio islamico sulla TV palestinese


Una madre alla notizia della morte del figlio in un attacco aereo israeliano:
"Abbiamo sempre sperato nel suo martirio (shahada), sapendo che lui voleva morire come martire (shadid). Ogni volta che usciva gli dicevamo: "Allah sia con te". Noi sappiamo che voleva morire come martire. Gloria ad Allah, lui cercava il martirio e l'ha ottenuto. Il mio messaggio ad ogni madre è di sacrificare i loro figli per la Palestina."
Un'altra madre: "Per Allah noi accogliamo un martire come se fosse uno sposo in mezzo a noi".

COMMENTO - Nel linguaggio biblico questo si chiama “sacrificare i propri figli a Moloc”, una divinità pagana adorata anche dai cananei, antichi abitatori della terra che in seguito fu chiamata Palestina. E’ una cosa che oggi non scandalizza più molti, soprattutto se sono i palestinesi a praticarla. Per loro, il muro degli israeliani è il vero scandalo.

«L’Eterno disse ancora a Mosè: Dirai ai figli d’Israele: ‘Chiunque dei figli d’Israele o degli stranieri che abitano in Israele sacrificherà uno dei suoi figli a Moloc dovrà essere messo a morte; il popolo del paese lo lapiderà’» (Levitico 20:1-2)

(Palestinian Media Watch, 22 febbraio 2010)

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Israele - Trovati due pacchi bomba, sospeso il servizio postale

Interrotta la distribuzione delle lettere in tutto il Paese

GERUSALEMME, 22 feb. - Le autorità israeliane hanno sospeso il servizio di distribuzione della posta in tutto il Paese dopo il ritrovamento di due pacchi bomba. Lo hanno annunciato fonti della polizia precisando che i due ordigni sono stati trovati nella città di Migdal HaEmek nel nord del Paese. Il portavoce della polizia Micky Rosenfeld ha spiegato che il servizio postale è stato temporaneamente interrotto per precauzione. E' la prima volta che viene sospesa la distribuzione dei pacchi e delle lettere su scala nazionale.

(Apcom, 22 febbraio 2010)

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La nuova arma segreta di Israele

Il drone israeliano Heron TP
TEL AVIV - Israele ha da oggi una nuova arma, un super-drone, contro i suoi nemici, Iran in testa. C'era aria di festa alla base di Tel Nof quando nel primo pomeriggio di ieri, davanti al comandante della aviazione militare israeliana, gen. Ido Nechustan, si è levato in volo il gigantesco drone della nuova generazione: l''Eitan' (il 'Robusto', in ebraico).
Da 30 anni Israele è all'avanguardia nella realizzazione di aerei senza pilota. Ma mentre lo 'Zahavan' - entrato in attività all'inizio degli anni Ottanta - aveva una lunghezza di pochi metri, l''Eitan' ('Heron Tp', nella sua denominazione inglese) è un apparecchio lungo 13 metri, con una apertura alare di 26 metri (come quella di un Boeing 737) e del peso di cinque tonnellate. Anche accanto ad un aereo da combattimento, non sfigura.
Per assistere al suo battesimo del volo sono giunte a Tel Nof numerose troupe televisive, fra cui tre di stazioni in lingua araba. Uno dei pannelli illustrativi, sotto alla dicitura: 'La sfida', mostrava il presidente Mahmud Ahmadinejad e l'immagine del recente lancio sperimentale in Iran del missile 'Sejil 2'.
Fra i giornalisti la domanda ricorrente era dunque se presto l' 'Eitan' sorvolerà i cieli dell'Iran. «Può volare lontano, a seconda delle missioni e delle necessità «hanno risposto gli ufficiali della aviazione israeliana. La radio militare ha precisato che è in grado di impennarsi fino a 40 mila piedi (12 mila metri) e di raggiungere zone distanti centinaia di chilometri da Israele. Secondo i dati tecnici, oggi l''Eitan' ha un'autonomia di volo di 20-24 ore.
In futuro saprà compiere rifornimenti in volo di carburante. Un ufficiale spiegava, con un toni quasi affettuosi, che l' 'Eitan' «fa tutto da solo. Schiacci un bottone, e lui decolla. Va dove deve andare, e al ritorno atterra da solo». Non a caso, riferendo nei giorni scorsi dell''Eitan', la radio militare ha affermato con orgoglio che si tratta probabilmente del drone «più avanzato al mondo».

(Il Gazzettino, 22 febbraio 2010)

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Israele, "Nessuna prova che abbiamo ucciso il capo di Hamas"

GERUSALEMME, 22 feb. - Israele promette di reagire a chi gli attribuira' la regia dell'omicidio del capo di Hamas Mahmud al-Mabhub, eliminato a Dubai da cio' che molti tra analisti e diplomatici ritengono sia un'operazione del Mossad.
"Non vi sono prove, a parte resoconti di stampa, che Israele sia coinvolta in questa vicenda e reagiremo se qualcuno ne presentera'", si legge in una nota del ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman. .

(AGI, 22 febbraio 2010)

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Olocausto per la Calabria. Web-violenza su Facebook

Nel mirino dei creatori della pagina sul noto social network i calabresi e gli ebrei, che meriterebbero "di essere gassificati, secondo le tradizioni tedesche".

di Francesco Pellegrino Lise

E dopo il gruppo contro i bambini affetti dalla sindrome di down, fortunatamente oscurato in poco tempo, ecco che Facebook rivela ancora una volta il suo lato oscuro. Questa volta sulle pegine web del social-network più cliccato spunta fuori una nuova vergognosa "community" dal titolo: Calabresi + ebrei = calabrei e con sotto scritto "Questo gruppo è dedicato a quelli che vorrebbero mettere in pratica nobili e "gassose" tradizioni tedesche nei confronti dei calabresi". Ma la cosa più spaventosa è che compare nella categoria "Interessi comuni, cause, ideali".
Un vero scempio. Questa web-spazzatura non solo rappresenta una forte componente di razzismo interno al paese, ma gioca con una delle più grandi tragedie che abbiano mai colpito l'umanità, l'olocausto. A poche ore dalla sua nascita la pagina ha già 113 utenti iscritti, ma conoscendo l'andazzo di questi gravi episodi il numero è destinato a salire. Come al solito coloro che hanno aderito al gruppo sono giovani o giovanissimi che spinti da una superficialità eccessiva danneggiano l'intelligenza del popolo italiano e sfigurano l'onore della nazione.
Un maggiore controllo da parte del social network è ancora la principale richiesta di chi allibito pubblica il gruppo sulla propria bacheca chiedendo di segnalarlo ai webmasters. E' realmente giusto pubblicare qualsiasi cosa senza un blocco immediato in caso di espressioni effensive ad uso d'incitamento alla violenza come questo?

(Il Tempo, 22 febbraio 2010)

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Israele-Svizzera, dialogo difficile

L'ambasciatore a Berna deplora le scelte elvetiche

di Moreno Bernasconi

BERNA - «L'Occidente sta tentando di opporre un fronte unito alla volontà di Teheran di dotarsi di armi nucleari. Anziché restare uniti per combattere più efficacemente questo pericolo, la Svizzera procede su una via separata. Ci preoccupa il fatto che questo atteggiamento di Berna non riguarda soltanto l'Iran ma anche Hamas e Hezbollah». L'ambasciatore israeliano in Svizzera Ilan Elgar - di passaggio ieri a Lugano - parla senza peli sulla lingua. Anche del voto contro i minareti: «Il popolo svizzero ha espresso col suo voto ciò che la maggioranza dei Paesi occidentali pensa ma su cui non può votare».
Signor ambasciatore, i rapporti Svizzera-Israele sono andati peggiorando e hanno sfiorato la crisi diplomatica dopo l'accoglienza riservata ad Ahmadinejad a Ginevra da parte del presidente della Confederazione Merz lo scorso anno. Oggi sono migliorati?
«Con i colleghi del Dipartimento degli esteri elvetico stiamo cercando di migliorarli. Costatiamo tuttavia che non vediamo le cose nello stesso modo, in particolare sui rapporti con l'Iran».

(Corriere del Ticino, 22 febbraio 2010)

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Il modello israeliano supera il test della recessione globale

di Riccardo Sorrentino

È un piccolo miracolo economico. Israele è emersa per prima da una recessione breve - solo due trimestri di contrazione - ha adottato per prima una rapida exit strategy e oggi corre rapidamente a un ritmo del 4,4% annualizzato. Il suo principale problema ora è - o forse sarebbe meglio dire è tornato a essere - l'inflazione: è oggi al 3,8%, mentre il livello desiderato dalla banca centrale è compreso tra l'uno e il tre per cento.
    La ripresa è ancora fragile: è tutta legata a un boom delle esportazioni - cresciute del 33% annualizzato negli ultimi tre mesi del 2009 - che a sua volta dipende dalla tenuta della domanda europea, il vecchio continente è il principale partner commerciale del paese. Gli investimenti si sono presi una pausa di riflessione, a fine 2009, dopo un rimbalzo in primavera e in estate, mentre la domanda al consumo ha leggermente rallentato.
    Il paese sembra però in una situazione migliore di tante altre economie, anche ricche, e in ogni caso il rapido recupero dell'economia ha sorpreso molti. L'intero 2009 si è chiuso con una crescita zero, e il paese sembra riuscire a far leva sulla capacità di raccogliere la sfida della tormentata sicurezza nazionale per ottenere risultati notevoli in altri campi.
    La veloce ripresa è infatti il risultato di un lungo processo di trasformazione dell'economia, che oggi permette a Israele di proporsi come un modello economico a sé, come quello anglosassone, quello europeo, o quelli dei paesi emergenti. Il tema è piuttosto discusso tra gli economisti, che sottolineano come il paese abbia sostanzialmente seguito, forse inconsapevolmente, il modello Singapore-Cina: «La politica del governo di Israele, oltre ad accogliere gli immigrati offrendo loro corsi di ebreo, alloggi temporanei e altri aiuti, ha facilitato la nascita e l'espansione di iniziative imprenditoriali ad alta tecnologia, soprattutto attraverso un venture fund», spiegano William Baumol, Robert Litan e Carl Schramm in «Good Capitalism, Bad capitalism». Nel piccolo paese mediorientale, gli investimenti in venture capital, pro capite, sono quindi oggi 2,5 volte quelli degli Stati Uniti, e 30 volte quelli dell'Europa.
    Il sistema incentiva a tal punto l'imprenditorialità che anche gli immigrati russi, arrivati in Israele dopo 70 anni di economia pianificata, sono riusciti a far risuscitare i loro animal spirits. Un sistema di università di alto livello, e la possibilità di usare a scopi civili le tecnologie militari, hanno poi completato l'opera.
    Israele è però andata anche oltre la Cina. Di fronte alla crisi del 2001-03, il governo è riuscito a fare quello che non tutte le élites politiche riescono a compiere: ha ridimensionato la sua presa sull'economia laddove era opportuno "lasciar andare" le cose, perché si era raggiunta la soglia critica oltre la quale il governo può fare poco (o male). L'artefice della svolta è stato Bibi, cioè Benjamin Netanyahu, notissimo per le sue posizioni in politica estera, un po' meno - come ha recentemente spiegato Irwin Stelzer dell'Hudson Institute - come ministro delle Finanze. In questo ruolo, con l'aiuto di Stanley Fisher alla banca centrale e di Daniel Doron dell'Israel Center for Social & Economic Progress, Bibi ha ridimensionato i sussidi e liberalizzato il settore finanziario: le start-up israeliane, oltre all'aiuto pubblico, ricevono con facilità anche finanziamenti privati.
    Israele, che da qualche mese è uscita dagli indici finanziari dei paesi emergenti ed è approdata nel novero delle economie ricche, sta così costruendo un modello unico che mette insieme il ruolo dello stato nel mantenere alta la capacità di innovazione del paese e un buon livello di libertà economica, in un sistema politico democratico, anche se privo di una costituzione e non sempre sufficientemente stabile, soprattutto di fronte alle sfide di politica estera. Anche se il sistema non è ancora del tutto a punto, vale allora la pena di seguirlo con attenzione. Senza pregiudizi.

(Il Sole 24 Ore, 22 febbraio 2010)

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Esplosione in un campo di addestramento di Hamas, morto un militante


GAZA CITTA', 22 feb - Un militante palestinese e' rimasto ucciso a seguito di un'esplosione in un campo di addestramento di Hamas nella striscia di Gaza. Lo hanno reso noto i medici e i funzionari del movimento islamista.
A seguito della deflagrazione, avvenuta nella citta' di Khan Yunis, secondo quanto ha riferito il capo dei servizi di emergenza di Gaza, Muawiya Hassanein, un altro militante e' rimasto gravemente ferito.

(ASCA, 22 febbraio 2010)

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Molti Hamàn, un solo Purim

di Donatella Di Cesare
L'impiaccagione di Hamàn (Arthur Szyk)

La storia del mondo non sa nulla di una regina ebrea in Persia. La Meghillàt Estèr, con i suoi sfarzosi banchetti e le scene da harem, gli intrighi e i complotti di corte, i colpi di scena e le svolte teatrali, assomiglia quasi a un racconto delle "Mille e una notte". Certo, tutto sembra una favola. Eppure la Meghillà è molto più realistica di molti altri racconti biblici.
L'occasione all'origine di Purim è tutt'altro che gioiosa. Ancora una volta il popolo ebraico è minacciato. Nell'impero persiano Hamàn, il consigliere del re Assuero, addita negli ebrei il nemico numero uno. E pretende che il re risolva una volta per tutte la "questione" e ne ordini lo sterminio. Gli ebrei del regno - ed erano allora tutti gli ebrei del mondo - avrebbero dovuto essere annientati in un sol giorno. Hamàn, tirando a sorte, lo aveva già stabilito.
Tutto ha inizio con il grande banchetto del re Assuero che vuol fare baldoria e chiama la regina Vashtì a presentarsi. Ma questa si rifiuta. E così occorre trovare una sostituta. Viene indetto allora un concorso di bellezza e a vincere è Estèr, un'ebrea. Ma Estèr non rivela di essere quello che è, tiene segreto il suo ebraismo. Glielo ha suggerito Mordekhài che ha acquisito meriti su meriti nello Stato persiano. E malgrado ciò gli ebrei sono a un passo dall'abisso. Mordekhài infatti non si lascia allettare dall'assimilazione e resta tenacemente saldo alla sua fede. In nessun modo vuole piegarsi davanti al potente tiranno persiano. La sua inflessibilità potrebbe costituire il motivo dello sterminio? Al contrario. Il re persiano, durante una notte insonne, viene a sapere che Mordekhài, rimasto fedele al suo ebraismo, è leale e affidabile. E così, su quella stessa forca che era stata preparata per Mordekhài, finisce Hamàn.
Già il nome Purìm dice tutto: dal persiano pur designa le sorti che si gettano per fissare una data o per regolare il destino. Fin troppe volte, nella storia, l'esistenza del popolo ebraico è parsa come abbandonata alla fatalità, legata ad una partita a dadi. Insomma: come una insperata vincita alla lotteria.
Proprio un'ebrea assimilata doveva diventare "Miss Persia"? E doveva trapelare la lealtà ebraica? E il malvagio consigliere doveva cadere nella trappola dei suoi stessi intrighi? Che cosa sarebbe successo se il re non fosse stato un inetto, se la regina non fosse stata una ebrea, se il nemico del popolo ebraico non fosse stato un pericoloso sbruffone? Mordekhài avrebbe potuto essere impiccato al posto di Hamàn, come Hamàn è stato invece impiccato al posto di Mordekhài.
La storia secolare di Estèr ha una inquietante attualità. Il numero vincente delle generazioni che ci hanno preceduto era uno su mille, su diecimila, su centomila. Riflettendoci potrebbero sorgere dubbi e si potrebbe finire per disperare. Ma è la Meghillà stessa a ricordarci che l'esistenza ebraica è appesa a un filo sottilissimo… Lo sterminio, nel regno persiano, non ebbe luogo - e il popolo ebraico fu salvo.
Chi ha impedito lo sterminio? Nel testo ebraico il Nome Divino non viene neppure menzionato. E tutta la storia appare un vero tiro a sorte. Ma dietro il destino cieco, il fato dei pagani, c'è una Assenza che brilla nascosta e che, malgrado la fitta oscurità e il frastuono assordante, malgrado le minacce e le intimidazioni, attende di essere riconosciuta nella storia e nel miracolo della sopravvivenza del popolo ebraico.
Perciò, malgrado i tanti Hamàn di questo mondo, siamo qui a festeggiare!

(Notiziario Ucei, 22 febbraio 2010)

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Disordini a Hebron, tornata la calma a Gerico

Dimostranti palestinesi si sono scontrati oggi con reparti dell'esercito israeliano nella città cisgiordana di Hebron. Lo riferiscono fonti locali secondo cui le proteste sono state innescate dalla decisione del governo israeliano di includere la Tomba dei Patriarchi di Hebron in una lista di 'tesori nazionali' israeliani da restaurare. Quel santuario è frequentato da fedeli ebrei ed islamici: questi ultimi lo considerano una moschea a tutti gli effetti.
Nel frattempo è tornata la calma nella città cisgiordana di Gerico dove ieri decine di estremisti ebrei di destra hanno brevemente assunto il controllo di una antica sinagoga, dopo aver forzato due posti di blocco, dell'esercito israeliano e delle forze di sicurezza palestinesi.
Per mettere fine all'incidente l'esercito israeliano è stato costretto ad entrare nella zona autonoma palestinese di Gerico e ad arrestare decine di dimostranti ebrei.
Fonti militari, citate dalla stampa, affermano che quella manifestazione ha rappresentato una "provocazione" ed esprimono il timore che azioni del genere possano innescare in futuro reazioni violente da parte dei palestinesi. Notano che da tempo anche a Nablus fedeli ebrei compiono, all'insaputa dell'esercito, continue incursioni nella cosiddetta Tomba di Giuseppe, provocando frizioni con i palestinesi.

(swisscom, 22 febbraio 2010)

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Iran: 2 nuovi impianti per arricchimento

Avranno la stessa capacità del sito di Natanz

Ali Akbar Salehi
TEHERAN - Il capo dell'Organizzazione iraniana per l'energia atomica, Ali Akbar Salehi, ha annunciato oggi che la costruzione di nuovi siti per l'arricchimento dell'uranio comincera' nel prossimo anno iraniano, che va dal marzo 2010 al marzo 2011, ridimensionando cosi' un precedente annuncio da lui stesso fatto solo due settimane fa nel quale aveva parlato di dieci nuovi siti. Secondo Salehi, i nuovi impianti avranno le stesse dimensioni di quello di Natanz, l'unico di cui dispone finora la Repubblica islamica. Nulla si e' piu' saputo invece su quello di Fordo, vicino alla citta' di Qom, che nel settembre dell'anno scorso l'Iran aveva annunciato di stare costruendo. Salehi ha detto che nei due nuovi siti verranno installate centrifughe per l'arricchimento di nuova generazione. Ma ha aggiunto che solo il prossimo aprile il presidente Mahmud Ahmadinejad precisera' di quale modello si tratta.
Il capo del programma atomico iraniano ha detto che in un non meglio precisato futuro Teheran programma di costruire in tutto dieci nuovi siti per l'arricchimento, da realizzare in 10 localita' che saranno scelte tra una lista di venti gia' individuate. Recentemente Teheran ha detto di avere avviato nell'impianto di Natanz l'arricchimento dell'uranio al 20% per alimentare un reattore con finalita' mediche. Ma alcuni Paesi occidentali, in particolare gli Usa e la Francia, hanno espresso dubbi sull'effettiva capacita' dell'Iran di arrivare a questo livello. In un rapporto che l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) si appresta a discutere a partire dal primo marzo, tuttavia, si avanzano sospetti sulle possibili finalita' militari del programma nucleare iraniano.

(ANSA, 22 febbraio 2010)

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Gerico, dimostrazione ultras ebrei di destra


Decine di estremisti israeliani di destra sono penetrati stasera nella città autonoma palestinese di Gerico (Cisgiordania), dopo aver superato con la forza un posto di blocco militare israeliano.
I dimostranti, guidati dal parlamentare Micheal Ben-Ari, hanno quindi raggiunto una antica sinagoga, per celebrarvi un rito religioso.
La zona della manifestazione è stata circondata da forze di sicurezza palestinesi. Un comandante militare israeliano è poi sopraggiunto a Gerico nel tentativo di convincere i cittadini israeliani a lasciare spontaneamente la città.

((swissinfo.ch, 21 febbraio 2010)

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Israele è tornato

di Guy Bechor

Assistiamo attualmente ad una situazione piuttosto singolare come non se ne vedeva da molti anni: i nemici di Israele sono nel panico, o in preda alla paranoia, per paura che Israele stia per attaccarli. Hezbollah è convinto di dover subire da un momento all'altro un'altra botta, Hamas si sta ancora leccando le ferite, la Siria è preoccupata e il ministro degli esteri iraniano va dichiarando che Israele "è una nazione di pazzi" guidata da "leader squilibrati" che potrebbe lanciare un raid quanto prima. Intanto un Libano spaventato fa appello a Onu, Unifil e al presidente francese Sarkozy, a cui chiede la protezione della Francia contro il "terribile" Israele. Ma i francesi hanno già annunciato che, fintantoché Hezbollah è armato, si limiteranno a chiedere a Israele di astenersi dal distruggere infrastrutture civili e niente di più. Il tutto pubblicato sui mass-media arabi....

(israele.net, 21 febbraio 2010)

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Israele: sciopero a sorpresa nella centrale nucleare

I dipendenti della centrale atomica di Dimona (Neghev) hanno incrociato le braccia a sorpresa nei giorni scorsi, nel contesto di una aspra vertenza sindacale. Lo riferisce con grande evidenza il quotidiano Maariv secondo cui si è trattato del secondo sciopero a Dimona dall'inizio del mese. La direzione della centrale ha replicato da parte sua che la vertenza è fra il comitato dei dipendenti e il ministero delle finanze. La direzione giustifica nella sostanza le richieste dei lavoratori e assicura che, anche durante la sospensione del lavoro, è stata garantita la massima sicurezza.

(L'Unione Sarda, 21 febbraio 2010)

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Israele vara un aereo drone capace di arrivare in Iran

di Vittorio Da Rold

Sempre più scontro tra Israele e Iran. L'aviazione militare israeliana ha presentato domenica un nuovo modello di aereo drone, Heron TP, 26 metri di apertura alare, capace di raggiungere l'Iran, sospettata dall'Agenzia per l'energia atomica delle nazioni Unite (Aiea) di stare costruendo una bomba atomica. Di fronte a questa escalation le autorità militari israeliane hanno fatto sapere della costruione del drone. Secondo fonti dell'Air Force israeliana, l'aereo senza pilota ha un'autonomia di volo di 20 ore e può essere utilizzato principalmente per missioni di sorveglianza e per il trasporto di merci. Il velivolo è stato realizzato dalla Industria aerospaziale israeliana. Intanto si apprende che una delegazione israeliana di alto profilo si recherà alla fine del mese in Cina, per spingere Pechino verso l'adozione di nuove sanzioni contro l'Iran. Come riporta il sito web del quotidiano israeliano Haaretz, la delegazione sarà guidata da ministro per gli Affari Strategici, Moshe Yaalon, e dal governatore della Banca d'Israele, Stanley Fischer.
I delegati spiegheranno alla controparte cinese che se l'Iran riuscirà a dotarsi dell'arma nucleare ci saranno gravi ripercussioni in Medio Oriente e si scatenerà una corsa al nucleare nella regione. La delegazione discuterà anche dei rapporti bilaterali tra Israele e Cina.
Nelle ultime settimane si sono intensificati i colloqui tra i sei Paesi coinvolti nel negoziato sul dossier nucleare iraniano (Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia e Germania), e sembra sempre più probabile l'adozione di una nuova serie di sanzioni.
La Cina, affamata di petrolio iraniano, è però riluttante, e chiede che sia dato ancora spazio alla diplomazia.

(Il Sole 24 Ore, 21 febbraio 2010)

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Sbaglia parola, steward licenziato

Iran, chiama "arabico" il Golfo persico

La poca conoscenza geografica è costata il posto di lavoro ad uno steward greco della Kish Airline, una compagnia iraniana. Durante un volo interno, l'uomo ha definito "Golfo arabico" il tratto di mare che separa la penisola arabica dal terra dell'antica Persia. Quando l'areo ha sorvolato la zona, l'uomo ha indicato ai passeggeri il "golfo arabico" sotto di loro e ne è emersa una protesta collettiva.
I passeggeri, per i quali quello era il "Golfo persico", si sono così scontrati verbalmente con lo steward. L'uomo non solo è stato licenziato in tronco ma è anche stato espulso dal Paese.

(TGCOM.it, 21 febbraio 2010)

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Ordigno contro una sinagoga al Cairo

Un ordigno artigianale e' stato scagliato stamani contro il portone di una sinagoga nel centro del Cairo, senza provocare ne' feriti ne' danni.

Lo hanno reso noto fonti dei servizi di sicurezza nella capitale egiziana. Secondo le fonti, citate dall'agenzia ufficiale Mena, l'ordigno e' stato lanciato da un ragazzo, che poi e' fuggito. La polizia ha sigillato l'area attorno alla sinagoga, la piu' grande del Paese arabo.
La bomba era una molotov ed e' stata lanciata dentro uno zaino dal quarto piano di un albergo che si trova di fronte al tempio ebraico Sha'ar Hashamayin. L'attentatore e' poi fuggito. La molotov e' finita sul marciapiede davanti al portone della sinagoga e ha provocato un piccolo incendio. "Non c'erano turisti nella sinagoga quando l'incidente ha avuto luogo. Non ci sono state vittime né danni" ha detto un responsabile della sicurezza. La polizia ha aperto un'inchiesta.

(RaiNews24, 21 febbraio 2010)

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Vancouver - Speranze sul ghiaccio

I fratelli Roman e Alexandra Zaretsky
In questi giorni la risicatissima squadra olimpica israeliana in trasferta a Vancouver sta giocando la sua carta migliore: i fratelli Roman e Alexandra Zaretsky, pattinatori di buon livello europeo partiti per il Canada con qualche ambizione di medaglia. Ma la medaglia probabilmente non arriverà. Al termine della prima giornata di gare, infatti, i due fratelli occupano la decima posizione in classifica. Difficile pensare ad una improbabile rimonta, anche se il pattinaggio regala spesso sorprese clamorose. I due si dichiarano comunque soddisfatti della loro prestazione, pur sempre migliore di quella di cui si resero protagonisti agli scorsi Giochi Olimpici invernali di Torino, quando ottennero un ben più scialbo ventiduesimo posto finale.
Svaniscono così i sogni di alloro della Federazione e di Efraim Zinger, presidente del Comitato Olimpico israeliano, che alla vigilia aveva annunciato a mezzo stampa: "È giunto il momento di vincere qualcosa". Speranze rimandate (forse) al 2014.
E mentre dal gigantista Mikhail Renzin arrivano pochi segnali di vita, dallo snowboard arriva una notizia curiosa: la vittoria di un'atleta australiana di nome Torah. Ma niente sussulti sulla sedia, è mormone.

(Notiziario Ucei, 21 febbraio 2010)

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«Così le leggi razziali mi cambiarono la vita»

Gualtiero Morpurgo, giornalista e scrittore, racconta nel libro «La busta gialla» gli anni della persecuzione contro gli ebrei in Italia che egli, giovane ingegnere genovese d'adozione, visse sulla propria pelle.

In Liguria come altrove, le leggi razziali del 1938 lasciarono la maggior parte degli italiani piuttosto indifferenti. Eppure provocarono centinaia di migliaia di vittime. Intere famiglie di religione ebraica vennero divise, le loro esistenze distrutte, la loro dignità completamente annientata. E furono in tanti, troppi, a finire nei vagoni bestiame con destinazione finale i campi di concentramento nazisti.
A far rivivere la drammaticità di quei giorni è Gualtiero Morpurgo, giornalista e scrittore, anconetano di nascita ma genovese di adozione, che nel libro «La busta gialla», collana Libri per non dimenticare di Mursia Editore, rievoca gli anni in cui, allora giovane ingegnere, viveva e lavorava a Genova.
La strada che il destino ha riservato a Morpurgo era ben diversa da quella che, da giovane laureato, si era immaginato. Infatti, per non finire nella rete che la polizia fascista aveva teso per far piacere all'alleato tedesco, fu costretto a muoversi in continuazione e dal 1943 al 1945 riuscì a fuggire in Svizzera, salvandosi dalla persecuzione. Successivamente, ritornato in Italia, collaborò alle operazioni clandestine per l'emigrazione dei superstiti dei campi di sterminio verso la Palestina. E fu questa la ragione per cui nel 1992 Rabin gli conferì la Medaglia di Gerusalemme. A quel punto, dell'ingegnere di una volta non era rimasto più nulla. Intraprese la carriera giornalistica e alla fine divenne direttore dell'Ufficio Ansa di Santiago del Cile.
Tornando a «La busta gialla», il saggio di Morpurgo, raccontato con la scorrevolezza di un romanzo, inizia proprio con l'arrivo di una lettera: «La busta gialla è sul tavolo, - scrive - e non ho il coraggio di aprirla. È arrivata raccomandata, e le raccomandate non portano mai buone notizie. Poi, ha l'aria minacciosa e il timbro del mittente "Distretto Militare", non promette niente di buono, anche se siamo in tempo di pace».
Da questo momento in poi il racconto si sviluppa, descrivendo come l'esistenza di un giovane italiano viene sistematicamente distrutta soltanto perché è di religione ebraica. Aveva 25 anni, Morpurgo, quel giorno del 1938. Appena laureato in ingegneria, era andato sotto le armi per il periodo di leva. Sottotenente di artiglieria, svolgeva con impegno il servizio militare e, ammette, non si rendeva esattamente conto di quanto stava accadendo in Europa. Aveva sentito che in Germania gli ebrei erano perseguitati e che, chi poteva, era già fuggito via cercando riparo in Svizzera o negli Stati Uniti, ma non pensava che provvedimenti simili sarebbero mai stati adottati in Italia. «È noto - scrive - che l'ascesa di Mussolini al potere nel 1922 è stata appoggiata anche da una borghesia ebraica che lo riteneva capace di riportare l'ordine in un Paese stremato da una guerra recente e da violente crisi interne. Ma dopo qualche anno, a causa del delitto Matteotti e delle leggi restrittive della libertà di stampa emanate nel 1925, che annunciavano chiaramente un pesante regime dittatoriale, la maggioranza degli ebrei si è ritirata su una posizione apolitica».
Ma ormai era troppo tardi per capire quali sarebbero state le conseguenze di quel regime. Come spiega lo stesso Morpurgo, Mussolini non aveva nulla di personale contro gli ebrei. Laico com'era, si interessava di religione solo per fini politici. Ne sono una prova i Patti Lateranensi del 1929 e le leggi razziali del 1938. Con i primi voleva tenersi buoni i cattolici, con le seconde voleva prenotarsi un posto a tavola nel banchetto finale di quella che allora riteneva la «breve guerra tedesca». Ma si era fatto male i conti, come poi si è visto.
Morpurgo cominciò ad aprire gli occhi su quanto stava avvenendo in Italia quando, quella mattina del 1938, aprì la busta gialla. «Con fredde parole - racconta - si comunica che sono espulso dal Regio Esercito Italiano con un forzato congedo assoluto in osservanza delle leggi "razziali" firmate e ratificate da Vittorio Emanuele III, Re d'Italia e Imperatore d'Etiopia».
Da quel momento la sua vita venne sconvolta. Mentre eminenti professori universitari, per ingraziarsi il regime, pubblicano il «Manifesto della razza» contro gli ebrei, la sua famiglia viene subito messa sotto controllo: niente più donna di servizio, la radio confiscata, lo zio professore di liceo non può più insegnare. Fortunatamente non viene cacciato dai cantieri navali di Sestri Ponente, dove lavora come ingegnere, perché l'allora proprietario Rocco Piaggio, a suo modo antifascista, se ne infischiava delle leggi razziali. Per cui, facendo mantenere un profilo basso all'ingegnere ebreo che aveva voluto assumere, se lo tenne in cantiere fino a quando una lettera del ministero del Fabbriguerra, firmata dallo stesso ministro, generale Favagrossa, non gli impose di mettere fine alla «clandestina collaborazione» con il giovane ingegnere ebreo.
Morpurgo non si dimentica di raccontare di come gli italiani venivano indottrinati contro i loro stessi concittadini di religione ebraica. E parla delle velenose trasmissioni radiofoniche di Mario Appelius, delle falsità di Telesio Interlandi sul periodico «Difesa della Razza» e persino delle filippiche di padre Agostino Gemelli che da Roma continuava ad inveire contro i «perfidi ebrei» e il «popolo deicida».
Per chi vuole leggere uno spaccato di vergognosa vita italiana anteguerra, questo libro è altamente raccomandabile.

«La busta gialla» di Gualtiero Morpurgo, Mursia Editore (Libri per non dimenticare), 99 pagine, 9 Euro.

(il Giornale, 21 febbraio 2010)

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Israeliani in campo per convincere i cinesi a sanzionare l'Iran

Una delegazione israeliana di alto livello si rechera' nei prossimi giorni in Cina nel tentativo di convincere i dirigenti di Pechino a sostenere nuove sanzioni all'Iran, per bloccare i suoi progetti nucleari. Lo riferisce il quotidiano israeliano Haaretz.
La delegazione sara' guidata dal ministro per le questioni strategiche Moshe Yaalon (un generale della riserva, ex capo di Stato maggiore) e dal governatore della Banca di Israele, l'economista Stanley Fisher.
La settimana scorsa la questione delle sanzioni all'Iran e' stata discussa dal premier Benyamin Netanyahu a Mosca con il presidente Dmitri Medvedev e con il premier Vladimir Putin.
Secondo Israele per bloccare i progetti nucleari iraniani e' necessario che la comunita' internazionale organizzi al piu'presto "sanzioni paralizzanti".

(RaiNews24, 21 febbraio 2010)

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Assassinio Dubai, Israele ribadisce la sua estraneità

Ayalon: non ci sono prove che indicano un nostro coinvolgimento

ROMA, 20 feb. - Israele ribadisce la sua estraneità all'omicidio del comandante militare di Hamas, Mahmoud al-Mabhouh, compiuto lo scorso mese a Dubai. Il vice ministro degli Esteri israeliano Danny Ayalon ha detto ancora oggi che non ci sono prove che indichino un coinvolgimento dei servizi israeliani nell'omicidio. Lo riporta il sito web del quotidiano Haaretz.
Ayalon ha detto anche che questa vicenda non ha avuto ripercussioni sui rapporti tra Israele e i suoi alleati europei_ "Non c'è alcuna crisi con i nostri alleati europei perchè non c'è niente che collega Israele all'omicidio", ha detto il viceministro degli Esteri. "Gran Bretagna, Francia e Germania condividono i nostri interessi nella lotta contro il terrorismo globale, quindi non c'è crisi e le nostre relazioni si stanno invece rafforzando", ha aggiunto.
Sebbene Israele neghi ogni responsabilità, la polizia di Dubai sostiene invece di avere nuovi elementi che proverebbero il coinvolgimento del Mossad - i servizi segreti israeliani - nell'omicidio di al Mabhouh. Lo riporta oggi il quotidiano arabo Al Bayan. Inoltre, stando al sito web www.slate.fr, gli undici presunti killer giunti a Dubai con passaporti europei falsi, sarebbero partiti tutti dall'Europa: quattro dalla Germania, due dalla Svizzera, tre dall'Italia e due dalla Francia.

(Apcom, 20 febbraio 2010)

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Omicidio Dubai - Hamas: Al Mabhouh è stato incauto

Organizzò il suo viaggio su Internet

GAZA CITY, 20 feb. - Amhmoud al-Mabhouh, il comandante militare di Hamas assassinato a Dubai lo scorso 20 gennaio, organizzò incautamente il suo viaggio negli Emirati Arabi Uniti attraverso internet, e telefonò ai suoi familiari a Gaza per informarli dell'hotel in cui avrebbe soggiornato, esponendosi così ad un alto rischio. E' quanto ha detto oggi il parlamentare di Hamas Salah Bardawil.
Al-Mabhouh è stato ritrovato morto nella sua stanza di hotel, e secondo la polizia di Dubai ci sarebbero prove che indicherebbero un coinvolgimento del Mossad, i servizi segreti israeliani. Finora sono stati identificati undici presunti killer, entrati negli Emirati Arabi Uniti con dei passaporti europei (tre irlandesi, sei britannici, uno francese e uno tedesco), e ciò ha creato alcune tensioni tra Gran Bretagna e Israele.
Il governo israeliano da parte sua ha smentito ogni coinvolgimento, e ancora oggi il vice ministro degli Esteri, Danny Ayalon, ha detto che non c'è nulla che indichi una responsabilità dei servizi israeliani. Ayalon - riporta il sito web di Haaretz - ha detto anche che non c'è alcuna crisi con gli alleati europei di Israele:"Gran Bretagna, Francia e Germania condividono i nostri interessi nella lotta contro il terrorismo globale, quindi non c'è crisi e le nostre relazioni si stanno invece rafforzando", ha detto.

(Apcom, 20 febbraio 2010)

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S-300 in bilico tra Mosca e Teheran

La Russia precisa di voler onorare il contratto di fornitura dei missili terra-aria S-300 con Teheran. Stati Uniti e Israele ne avevano chiesto la sospensione. E il viceministro degli Esteri russo, "l'espressione sanzioni paralizzanti all'Iran è per noi totalmente inaccettabile".

di Michele De Chirico

Tutto può essere ripetitivo e altalenante nelle vicende umane, anche le decisioni strategico - politiche delle grandi potenze. Rimbalzano in questi giorni le affermazioni di Mosca incentrate sulla fornitura dei missili terra-aria S-300 all'Iran. Se mentre qualche giorno fa la Russia sosteneva di dover sospendere nei confronti di Teheran l'invio dei missili, è più recente invece la dichiarazione in cui viene precisato che si intende onorare il contratto per la fornitura bellica all'Iran.
A riferirlo è il viceministro degli Esteri russo, Riabkov. La puntualizzazione del viceministro russo segue l'annuncio di martedì scorso secondo cui, come riferito dall'agenzia stampa russa "Interfax", il direttore del servizio russo per la cooperazione militare e tecnica, Alexander Fomin, aveva spiegato ai giornalisti che la fornitura degli S-300 era sospesa e che "il ritardo" si spiegava "con delle ragioni tecniche". Le parole di Fomin, pronunciate subito dopo la visita in Russia del premier israeliano Netanyahu, suonavano per molti come una vittoria in quanto non solo lo Stato ebraico ma anche gli Stati Uniti avevano chiesto a Mosca di rinunciare alla vendita dei temuti missili, considerati come arma che Teheran potrebbe dispiegare a protezione dei propri siti nucleari.
C'è un'ulteriore dichiarazione che proviene da Mosca, citata dall'agenzia stampa "Interfax", che ha sempre come tema il fronte caldo dell'Iran. "L'espressione sanzioni paralizzanti all'Iran è per noi totalmente inaccettabile. Le sanzioni dovrebbero puntare a rafforzare il regime di non proliferazione", dice il viceministro degli Esteri russo, Sergei Ryabkov. "Certamente - continua - non possiamo parlare di sanzioni che potrebbero essere interpretate come una punizione nei confronti dell'intero paese e del suo popolo per alcune azioni o per mancanza di azione".
Insomma se ad inizio settimana la Russia sembrava appoggiare in pieno tutte le richieste avanzate dal premier israeliano Benjamin Netanyahu, è stato sufficiente l'arrivo del week end per rendersi un po' più sibillina.

(NewNotizie.it, 20 febbraio 2010)

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Risposta alla lettera su “Berlusconi alla Knesset”

La risposta alla lettera su Berlusconi inviata ieri alla “Gazzetta di Parma” è stata correttamente pubblicata oggi. E' una conferma che qualche volta può essere utile scrivere ai giornali.

(Notizie su Israele, 20 febbraio 2010)

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Coppa d'Israele: pronostico rispettato, il Maccabi torna a vincere dopo tre anni

Dopo tre lunghi anni di astinenza il Maccabi Tel Aviv torna ad aggiudicarsi la Coppa d'Israele. Un successo che la squadra di Pini Gershon si è dovuto sudare fino all'ultimo secondo vista la strenua resistenza proposta in finale da un agguerritissimo Bnei Hasharon. Non si è materializzata così la proverbiale vittoria del Davide di turno contro il Golia del basket israelita verificatasi negli ultimi anni; alla cerimonia di premiazione è stato l'eterno capitano Derrick Sharp (ancora capace di mettere lo zampino in finale) ad alzare la Coppa.

(BasketNet, 20 febbraio 2010)

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Liliana Picciotto e la storia del campo di Fossoli

Liliana Picciotto
Liliana Picciotto è una storica che fa parte del Comitato Scientifico della Fondazione ex Campo di Fossoli, ed è responsabile di ricerca al Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano. Ha scritto recentemente un libro, L'alba ci colse come un tradimento. 'Gli ebrei nel Campo di Fossoli', 1943-1944, edito da Mondatori, che verrà presentato domani, domenica 21 febbraio all'Auditorium della Biblioteca Loria di Carpi, alle ore 15.30. Nel libro Picciotto ricostruisce la storia del Campo e propone l'elenco degli ebrei qui rinchiusi in quei mesi tragici del 1944. Oltre all'autrice sarà presente all'incontro Arrigo Levi, giornalista e scrittore nonché ex consigliere per le relazioni esterne del Quirinale.
Coordinerà l'iniziativa, ad ingresso libero e a cura della Fondazione ex Campo, Marzia Luppi, Direttrice dell'istituzione culturale.

(Modena2000, 20 febbraio 2010)

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Il Cairo-Tel Aviv-Amman: progetti sulle energie rinnovabili

Si sono conclusi i tre giorni della conferenza Internazionale sull'energia da fonti rinnovabili Eilat-Eilot e Israele è pronta a risalire la classifica dei paesi rinnovabili

Si è conclusa ieri la conferenza-evento Eilat per le energie rinnovabili la più grande manifestazione israeliana sulle energie rinnovabili, giunta già alla sua terza edizione. Scopo dell'evento quello di accendere i riflettori sulle novità tecnologiche del settore nonché di fungere da punto d'incontro per le autorità locali e internazionali nel campo ambientale ed energetico offrendo loro un'occasione di dialogo e di business. E sembrerebbe che l'obiettivo sia stato raggiunto. Si parla infatti di una cooperazione tra Egitto ed Israele nella realizzazione di impianti da energie rinnovabili in terra africana mediante l'impiego di tecnologie israeliane per fornire energia ad entrambi i paesi e rivendere l'eccesso all'estero. Allo stesso tempo è stata firmata una collaborazione tra lo stesso Israele, la Giordania e gli Stati Uniti per la costruzione di una centrale ad Aqaba che produrrà energia mediante il riciclaggio dei rifiuti organici. Ma la tre giorni è stata anche l'occasione per la presentazione di un modello regionale proposto per affrontare la crisi energetica, attraverso la promozione degli elementi essenziali richiesti dalle nazioni sviluppate per creare un futuro energetico sostenibile. Questi includono la sensibilizzazione e l'istruzione, la ricerca e lo sviluppo, la commercializzazione della tecnologia, la produzione di energia da fonti rinnovabili, risparmio energetico, e la normativa di supporto.

(Rinnovabili.it, 19 febbraio 2010)

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Peer fuori. Ma è una rivincita

Venus pone fine al torneo dell'israeliana, in una semifinale giocata sul campo 2. Gli arabi si giustificano con le esigenze di sicurezza. Per Shahar è comunque una rivincita, ma rimangono i dubbi.

di Andrea Nizzero

Shahar Peer
Oggi Shahar Peer ha perso nettamente, contro una Venus Williams tornata a livelli altissimi. Ma la sua settimana negli Emirati è stata speciale.
Un anno fa le era stato negato il visto per entrare nel Paese e disputare il torneo, suscitando lo sdegno di tutto il mondo sportivo. La notizia aveva provocato diverse reazioni soprattutto oltreoceano: l'emittente americana Tennis Channel si era rifiutata di trasmettere l'evento, mentre il Wall Street Journal aveva revocato la sua sponsorizzazione. Andy Roddick avrebbe poi rinunciato a difendere il titolo del 2008 per protestare contro l'odiosa decisione.
Larry Scott, che di lì a poco avrebbe lasciato la poltrona di chairman WTA per diventare commissioner della Pacific 10 conference della NCAA, forse proprio per la sua imminente dipartita non ebbe il coraggio di andare oltre l'ultimatum e i 300.000 dollari di sanzione comminati agli organizzatori.
Quest'anno, Shahar ha giustamente voluto reiscriversi, per tornare a scrivere il suo nome nella storia dello sport, che la cita già come prima donna israeliana a competere a livello professionistico nella penisola arabica (2008, Doha), ad arrivare nei quarti di uno slam (2007, Australian Open). Adesso è diventata la prima donna israeliana a competere negli Emirati Arabi. Ha onorato la storicità dell'evento giocando il suo miglior tennis e raggiungendo una prestigiosa semifinale, mossa probabilmente da motivazioni non prettamente sportive. La sua splendida corsa, infatti, assomiglia tantissimo a una rivincita.
Ma competere a Dubai, per Shahar significa uno stress continuo e non limitato solo ai match. Al loro arrivo, l'israeliana e il suo coach Pablo Giacopelli, sono stati accolti al gate del Dubai International Airport da 8 guardie del corpo. Erano solo una parte della squadra riservata alla Peer, composta da venticinque bodyguard. Il commento divertito di Pablo, sul suo blog per la ITUSA Tennis Academy, è stato: "Crepa di invidia, Obama!".

Sicurezza. E' infatti proprio questa la parola con cui gli organizzatori del torneo di Dubai giustificano il trattamento riservato all'israeliana, relegata anche oggi sul campo numero 2, per la sua semifinale contro Venus. Per tutta la settimana ha giocato sui campi secondari, nonostante abbia affrontato (e battuto) nomi del calibro di Wickmayer e Wozniacki (testa di serie numero 1). Secondo sicurezza e polizia, i campi esterni sono più semplici da proteggere e sorvegliare.
L'israeliana ha avuto uno spogliatoio personale e separato dalle altre giocatrici, è stata seguita dalla security in ogni sua attività, e il torneo è stato blindato dalla polizia militare.
Tali misure, sempre secondo gli arabi, si sono rese necessarie anche a causa dell'assassinio di un esponente di Hamas in un hotel di Dubai, il mese scorso, fatto che ha trovato ampio spazio anche sui media occidentali. Il principale sospettato è il Mossad, i servizi segreti israeliani, cosa che ha inasprito ulteriormente i rapporti tra musulmani e Israele. A dare alla vicenda i contorni della tragicommedia ci hanno pensato poi i due presunti esecutori dell'omicidio, ripresi dalle telecamere di sorveglianza dell'albergo "travestiti" da tennisti, con tanto di borsa e racchette.
Fortunatamente, da ottima professionista qual è, Shahar ha accettato di buon grado le restrizioni e le decisioni che le sono state imposte: "Sono l'unica che non ha giocato sul Centrale. Ma sarà quel che sarà, non ci presto attenzione. Faccio ciò che mi dicono e dovunque mi dicano di giocare, gioco."
Anche il referee del torneo, il celebre Alan Mills ("uomo della pioggia" a Wimbledon dal '82 al 2005), deve sottostare a decisioni altrui: "Abbiamo gestito la vicenda un giorno alla volta. Sono la sicurezza e la polizia che decidono cosa fare."
Sarebbe stato senza dubbio interessante vedere come avrebbero gestito una finale con in campo Shahar Peer. Ci ha pensato un'ottima Venus Williams a far tirare un grosso respiro di sollievo agli organizzatori, battendo l'israeliana 6-1 6-4.
Il primo set scivola via velocissimo. Venus è incontenibile, a tratti impressionante, mentre la Peer è alle prese con grossi problemi al servizio, tanto che nel primo parziale non riesce mai a tenere la battuta. Il secondo set vede Venus allungare ulteriormente sul 2-0, e il rischio che la partita sia già finita dopo più di 30 minuti sembra concreto. Ma Shahar reagisce, sale di livello e inizia a mettere pressione all'avversaria. Per la prima volta dall'inizio del match tiene il servizio, per poi operare il controbreak e agganciare Venus sul 2 pari. Adesso la qualità della partita è ottima, e rimarrà tale fino alla fine dell'incontro. Il quinto gioco del secondo set è il più intenso del match. Dopo 24 punti, se lo porta a casa la Peer che, per la prima volta in vantaggio dall'inizio del match, guadagna fiducia e sembra in grado di spostare l'inerzia della partita dalla sua parte. Ma la Venus di oggi è una giocatrice di un altro livello: non si scompone e infila 3 giochi di fila, portandosi sul 5-3. L'israeliana è brava a tenere nuovamente il servizio, prima di imbastire l'ultimo tentativo di rimonta. Annulla due match point, ma alla fine si deve arrendere alla giocatrice più forte. Ora Venus trova in finale Viktoria Azarenka. La bielorussa ha battuto 63 64 la polacca Agnieszka Radwanska, nella seconda semifinale giocata regolarmente sul Centrale.
Oltre che storica, quella di Shahar Peer è stata una settimana intensa e comunque molto positiva. Il risultato raggiunto qui le permetterà di rientrare nelle prime 20 giocatrici del mondo, e la sua stagione sembra poter diventare decisamente densa di soddisfazioni.
Rimangono invece i dubbi sul torneo di Dubai. Praticamente costretti a concedere visto e partecipazione a una giocatrice che avrebbero preferito non ospitare, l'hanno sottoposta a procedure e condizioni, se non vessatorie, di certo stressanti e poco gradevoli. Il tutto con la stessa motivazione che avevano addotto un anno fa per il mancato permesso all'ingresso nel paese: la sicurezza.
Sarebbe inutile cercare di capire quanto la sicurezza sia un reale problema, piuttosto che un palliativo per evitare l'imbarazzo di avere un'israeliana, per di più a gambe e braccia scoperte, in evidenza su un palcoscenico come il campo centrale. Quali che siano le reali motivazioni e nonostante l'innegabile complessità del caso, il tutto si può comunque sintetizzare nella seguente affermazione: a Dubai, Shahar Peer non può giocare sul campo centrale a causa della sua nazionalità.

(Ubitennis, 19 febbraio 2010)

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Iran-Israele: la comunità internazionale adotti subito sanzioni

ROMA, 19 feb. () - Dopo che anche l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) ha constatato che l'Iran ha cominciato ad arricchire il suo uranio a un livello elevato, Israele chiede alla comunità internazionale di applicare nuove sanzioni contro Teheran il prima possibile. Lo riporta il sito web del quotidiano Haaretz. "La comunità internazionale deve imporre sanzioni all'Iran il prima possibile", afferma un comunicato del ministero degli Esteri israeliano. "Così Teheran capirà quale alto prezzo dovrà pagare se continuerà a sviluppare il suo programma atomico".

(Apcom, 19 febbraio 2010)

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Carnevale ebraico alla Biblioteca Palatina di Parma

Il 24 febbraio nel Salone Maria Luigia verrà celebrata la festa del Purim.

PARMA - Maschere, bambini che cantano, adulti che gustano dolci e buon vino, scherzi e allegria. Si celebra il 10 Adar 5570 (il nostro 24 febbraio 2010), alle 16.30, nel Salone Maria Luigia della Biblioteca Palatina di Parma, la tradizionale festa ebraica del Purim, giorno in cui gli ebrei celebrano Ester, la bella sposa del re Assuero che riuscì, con grande coraggio, a salvare il suo popolo dallo sterminio ad opera del malvagio Hamman, ministro del re.
Così, il 14 e il 15 del mese di adbar (marzo) sono giorni di allegria, nei quali, nelle sinagoghe, si legge il libro di Ester. Ad organizzare questo particolare “carnevale ebraico” l’associazione Amici della Palatina e Museo Bodoniano, in collaborazione con la Biblioteca Palatina.
E così, per questa speciale occasione, la Biblioteca Palatina, da luogo di studio, si trasformerà in luogo di festa, aprendo le proprie porte anche ai bambini. Particolarità del Purim è che durante la lettura del “Rotolo di Ester”, al contrario di quanto accade normalmente in luoghi sacri, si fa un allegro baccano e tutte le volte che viene nominato Hamman si fa rumore con le raganelle e il calpestio dei piedi.
A leggere il testo biblico sarà il Rav. Luciano Caro, Rabbino di Ferrara. Vige, poi, il precetto del mitzvah, che comanda di bere fino a non distinguere fra il nome di Mardocheo (cugino di Ester e suo protettore) e Hamman (malvagio consigliere), cioè tra l’eroe e il persecutore.
Questa festa è molto amata anche dai bambini. Molti scelgono di mascherarsi da personaggi del rotolo di Ester (tra cui Assuero, la regina Vasti, prima moglie di Assuero, la regina Ester, Mordechai e Haman).
Inoltre anche i dolci assumono forme particolari come le “orecchie di Hamman”, biscotti a tre punte ripieni di ogni tipo di cose buone, dai quali deriverebbero le nostre “chiacchiere”.
La serata si concluderà con un brindisi e con dolci chiacchere offerti rispettivamente dall’azienda Agricola Palazzo e dagli Amici della Biblioteca Palatina. In occasione dell’incontro l’editore MUP offrirà a tutti i presenti la possibilità di acquistare i volumi della collana “Mirabilia Palatina” a un prezzo speciale.

(parmadaily.it, 19 febbraio 2010)

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Berlusconi alla Knesset

In data 18 febbraio 2010 è arrivata al giornale “Gazzetta di Parma” la seguente lettera:

Egregio direttore,

Silvio Berlusconi è andato in Israele (tanto per fare economie c'è andato con cento persone al seguito: in visita da Sarkozy, al seguito del presidente del Turkmenistan, ce n'erano solamente settanta) dove, parlando alla Knesset, ha definito "giusta" "la reazione ai missili di Hamas da Gaza". Premesso la frase è da politico irresponsabile prima ancora che imprudente (lo sa bene Giulio Andreotti, che non era uomo da bar sport, e c'è dvvero da rimpiangerlo alla guida degli Esteri!), è noto a tutto il mondo che i razzi artigianali di Hamas hanno provocato tre morti in Israele, mentre l'operazione ''piombo fuso", durata 22 giorni, ha ucciso 1415 palestinesi. II rapporto di Richard Goldstone, giudice sudafricano di origine ebraica, incaricato dal Consiglio dei diritti umani dell'Onu, ha sanzionato il comportamento di Israele a Gaza, dal 27 dicembre 2008 al 18 gennaio 2009, come "crimini di guerra " in termini di: "uccisione indiscriminata di civili, usati come scudi umani, bombardamenti al fosforo bianco sulla popolazione, distruzione di ospedali, scuole etc". Sarebbe quindi non opportuno ma doveroso che il presidente Berlusconi - il quale fa l'ebreo con l'ebreo Netanyahu, il bielorusso con il bielorusso Lukasenko, il russo con il suo "amico Putin", il libico con il suo "amico Gheddafi", la finisse di tirare in ballo l'Italia quando è all'estero e dicesse a chiare lettere che parla solo a nome suo e di coloro che lo hanno votato per lui (che sono poco più della metà di quanti sono andati alle urne). Montanelli, che lo conosceva bene, lo disse chiaro: Berlusconi è chiamato da tutti "il bugiardo".

S. C. (nel giornale la firma è per esteso)

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In data odierna, 19 febbraio 2010, è stata inviata al giornale la seguente risposta:

Egregio Direttore,

il signor S.C., presente spesso su queste pagine con analisi anche ben documentate e acute, sulla Gazzetta di giovedì 18 febbraio scorso ha voluto prendere posizione sulla visita del Presidente Berlusconi alla Knesset israeliana in Gerusalemme. Lo scritto del C. si può considerare una piccola anticipazione delle parole del profeta Zaccaria: “In quel giorno avverrà che io farò di Gerusalemme una pietra pesante per tutti i popoli; tutti quelli che se la caricheranno addosso ne saranno malamente feriti “ (Zaccaria 12:3). Il C., infatti, volendo esprimere un giudizio perentorio sulle parole del Presidente del Consiglio italiano rivolte al parlamento di Gerusalemme, è rimasto “malamente ferito” dalle armi da lui stesso usate per ferire: ha accusato il Presidente Berlusconi di fare discorsi da “bar sport” con discorsi che possono essere definiti da “bar politico”. Ma anche in questo ha confermato anticipatamente il profeta Zaccaria, che poco sopra dice, riportando le parole di Dio: “Ecco, io farò di Gerusalemme una coppa di stordimento per tutti i popoli circostanti”. Lo stordimento che coglie molti commentatori, anche preparati e intelligenti, quando toccano il tasto Israele è quasi fisicamente palpabile. Ecco i punti forti del commentatore:

Primo punto: “E’ noto a tutto il mondo che i razzi artigianali di Hamas hanno provocato tre morti in Israele, mentre l’operazione ‘piombo fuso’, durata 22 giorni, ha ucciso 1415 palestinesi”. Proprio di questo tipo sono i discorsi fatti da “tutto il mondo” quando parla di problemi politici al bar. Commentare con semplici contrapposizioni numeriche una decisione grave e rischiosa come quella presa dal governo israeliano per proteggere i suoi cittadini da un’organizzazione che contempla nel suo statuto la volontà di distruggere Israele e continua a commettere “crimini contro l’umanità” promovendo ed esaltando attentati suicidi, significa offrire semplici e comodi appigli ad annoiati e distratti odiatori dello Stato ebraico.

Secondo punto: “Il Rapporto di Richard Goldstone ... incaricato dal Consiglio dei diritti umani dell’Onu, ... ha sanzionato il comportamento di Israele a Gaza ... come crimini di guerra ...”. L’Onu dunque ha parlato nella sua autorità e quindi non si discute. Così almeno sembra dire nella sua lettera alla Gazzetta l’attento commentatore di fatti politici. Gli italiani in genere sono ben poco rispettosi dei pronunciamenti dell’autorità civile, ma quando questa parla contro ebrei (ieri) o contro Israele (oggi) molti diventano stranemente attenti alle sue dichiarazioni e pronti a sottomettersi alle sue norme. Ma - si precisa immediatamente - questo non ha niente a che vedere con l’antisemitismo.

Terzo punto: “Sarebbe quindi non opportuno ma doveroso che il presidente Berlusconi ... la finisse di tirare in ballo l’Italia quando è all’estero e dicesse a chiare lettere che parla solo a nome suo e di coloro che hanno votato per lui ...” . Questa è un’autentica perla da bar politico. Che un capo di governo all’estero fosse tenuto a precisare che parla soltanto a nome suo e di coloro che l’hanno votato, non mi era ancora mai capitato di sentirlo. E sì che al bar ci sono andato molte volte. Sarebbe interessante sapere che cosa potrebbe rispondere un capo di governo all’estero davanti a una proposta, per esempio, di accordo commerciale fra i due paesi. “Con chi lo faccio l’accordo? - potrebbe chiedere - con tutto il Pdl o solo con una parte? E l’Udc accetterà?” Non dico che cosa potrebbe succedere se, come usava una volta, il capo di governo dovesse fare una dichiarazione di guerra a uno stato estero. E’ chiaro che a combattere - secondo questa filosofia politica - dovrebbero andarci soltanto quelli che hanno votato per lui e per la sua coalizione. E il presidente Berlusconi, quando fa una dichiarazione di guerra a uno stato straniero, “sarebbe non opportuno ma doveroso che la finisse di tirare in ballo l’Italia e dicesse a chiare lettere che parla solo a nome suo e di coloro che hanno votato per lui”.

Continuano a risuonarmi nella mente le parole del profeta Zaccaria.

Marcello Cicchese

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Fumetto sulla Trieste degli ebrei in fuga dal fascismo

Da oggi a Ronchi dei Legionari sono in mostra le tavole di "La porta di Sion" di Walter Chendi

di Pier Paolo Simonato

RONCHI DEI LEGIONARI - Il viaggio iniziatico del giovane Jacob possiede dimensioni diverse e complesse. C’è il cammino personale, con un ragazzo che cerca faticosamente di crescere, a dispetto dell’orrore estraniante che scopre intorno a sè. Poi c’è quella collettiva, dell’esponente di una gens perseguitata nei secoli. Di questo (e non solo) narra "La porta di Sion (Trieste 1938)", novella grafica dell’autore giuliano Walter Chendi. L’opera, appena uscita in libreria per i tipi della Bd Edizioni di Milano, verrà presentata venerdì 26 alle 20.45, a Villa Vicentini Miniussi di Ronchi dei Legionari, sede del Consorzio culturale del Monfalconese. Ma da oggi a domenica 28 (9-12 gli orari), saranno esposti bozzetti e tavole originali del volume.
L’immaginifico "La porta di Sion" è ambientato nel 1938. Trieste, che ospita da tempo una delle comunità ebraiche più radicate d’Italia, offre grazie al mare una via di fuga dalle persecuzioni. Così il 18 settembre Mussolini la sceglie come cornice ideale per annunciare l’inasprimento delle leggi razziali. Da lì parte la piccola-grande storia di Jacob, che nelle parole del suo creatore «si ritrova a crescere in un Paese che gli volta le spalle, combattuto tra l’amore e la voglia di partire verso la Palestina». L’occhialuto Chendi, classe 1950, massiccio come una quercia, già innamorato del pallone, dei gatti e delle cicche, ha cominciato a pubblicare con la Comic Arte. L’amico Vittorio Giardino gli ha dato molti consigli per la professione. Diverse le opere fumettistiche realizzate nella sua carriera, con tributi al Nordest e alla Trieste Asburgica.

(Il Gazzettino.it, 19 febbraio 2010)

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Ebrea ortodossa libera di risposarsi dopo 48 anni

Susan Zinkin era una delle "mogli incatenate"

ROMA, 19 feb. - Dopo 48 anni, Susan Zinkin è libera di riposarsi: la 62enne britannica - pur divorziata civilmente dal marito Errol Elias era infatti una "moglie incatenata" in base alla legge ebraica.
Come riporta il quotidiano britannico The Independent, la "halaka", la legge ebraica, consente infatti al solo marito di concedere il divorzio ("get"): se non lo fa, la moglie rimane comunque legata a lui (nello status di "agunah", incatenata) e se dovesse sposarsi ed avere dei figli questi sarebbero considerati adulterini.
Un rischio che la 73enne Susan, ebraica ortodossa, non ha voluto correre: per anni ha organizzato invano manifestazioni di protesta sotto la casa londinese dell'ex marito, cercando di convincerlo a concederle il divorzio; solo con la morte dell'uomo è ora di nuovo "libera".
"Le autorità religiose ebraiche si riuniscono per parlare e risolvere ogni sorta di questioni religiose e sociali, ma non sembrano parlare mai dell'agunah: è ora che lo facciano", ha spiegato la donna, che vive a Tel Aviv.

(Apcom, 19 febbraio 2010)

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Omicidio a Dubai, perché è difficile che sia stato il Mossad

Mahmoud Mahbou è stato assassinato. Il colpevole è sconosciuto. Ma tutti già danno la colpa a Israele. Senza prove

di Michael Sfaradi

Come una scheggia impazzita la notizia dell’assassinio di Mahmoud al Mabhouh, esponente di Hamas, rimbalza sui media che, senza prove, hanno già emesso la loro sentenza e puntano il dito contro i servizi segreti israeliani. Anche se le possibilità che il Mossad sia l’artefice di questo omicidio mirato sono molto alte, per una volta vogliamo fare la parte dell“avvocato del diavolo” perché crediamo che la vicenda debba essere valutata in base alle prove che la polizia di Dubai ha raccolto e non in base dei “sentito dire”. Mahmoud al Mabhouh, responsabile anche del rapimento e dell’uccisione di due militari israeliani, era da tempo segnato come obiettivo, era uno di quelli che in gergo sono chiamati “i morti che camminano”. Il suo omicidio è avvenuto il 20 gennaio scorso e nei primi giorni si era parlato di una morte per cause naturali, poi, a distanza di circa due settimane, la “morte naturale” è diventata un omicidio e non si sa se per soffocamento o per avvelenamento. Due settimane per visionare 24 ore di filmati francamente sembrano troppe, non è che forse sono servite per confezionare le prove che portano al colpevole predestinato? Al Mabhouh gestiva dalla capitale siriana i contatti con le potenze regionali alleate del movimento islamico, Iran innanzitutto, si occupava del reclutamento di addestratori e dell’acquisto di armi. Nonostante il suo incarico e il suo passato era riuscito a sopravvivere centellinando i suoi movimenti che erano segreti e decisamente prudenti; da qui sorgono tre quesiti: come mai era partito improvvisamente da Damasco per la capitale degli Emirati senza avvertire nessuno e portare con sé neanche un uomo della sua scorta? Visto che il viaggio era segreto… chi ha avvertito un gruppo così folto di persone che da mezzo mondo si sono dati appuntamento a Dubai e organizzato nel giro di poche ore un’azione così complicata? Secondo la polizia degli Emirati il “gruppo di fuoco” era composto da un numero nutrito di agenti, si è parlato di 11 persone, addirittura di 17, un piccolo plotone.
Tutta questa gente per uccidere un solo uomo? Non sarebbe stato meno pericoloso usare un killer singolo con un’azione “mordi e fuggi”? Questi agenti sarebbero entrati negli Emirati usando documenti falsi, per lo più inglesi, irlandesi, tedeschi e francesi, arrivando alla spicciolata da diverse provenienze, alcune europee. Come mai le autorità aeroportuali francesi e tedesche non si sono accorte, nonostante il sistema intranet di controllo incrociato dei documenti fra i paesi aderenti al trattato di Shengen, che diverse persone si imbarcavano verso un paese mediorientale con documenti falsificati? Come lavora la polizia di frontiera degli Emirati, visto che è stata perforata da documenti falsi per 11 forse 17 volte nel giro di poche ore? Chi ha un poco di dimestichezza nel mondo dei servizi segreti sa che neanche dopo l’attentato alle Olimpiadi di Monaco ‘72 i sicari del Mossad che avevano il compito di eliminare i mandanti del “massacro olimpico” potevano operare su territori arabi; come mai proprio ora questa regola sarebbe stata disattesa? Alcune fonti hanno riportato che sette cittadini israeliani, il cui nome era scritto sui passaporti falsi utilizzati a Dubai, si sono presentati alla stampa per testimoniare la loro estraneità, in particolare un cittadino inglese residente in Israele. Sembra strano che un servizio segreto efficiente come il Mossad usi delle identità reali, addirittura di cittadini israeliani o di persone residenti in Israele, per compiere missioni di questo tipo. Significa lasciare la firma sul luogo del delitto. A questo punto le cose sono due: o i servizi segreti israeliani sono diventati una banda di boyscout alla gita domenicale, o queste prove sono state lasciate, o costruite in un secondo tempo, proprio per veicolare le indagini verso i servizi dello Stato ebraico. I nostri sono dubbi oggettivi, e non ci stupiremmo se poi dietro a queste prove si nascondesse un “bufala” clamorosa. Nell’antichità, in fondo, quando cadeva un fulmine dal cielo gli uomini non potendo dare una spiegazione logica credevano si trattasse delle ire degli Dei, ai tempi nostri, invece, quando non si riesce a spiegare ciò che accade nel mondo dello spionaggio automaticamente si pensa al Mossad.

(l'Opinione, 19 febbraio 2010)

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Berlinale - Grida di disapprovazione per il film "Ebreo dolce"

Il regista respinge l’accusa di inesattezze storiche, Bleibtreu è Goebbels

Oskar Roehler
BERLINO, 18 feb. - Grandi star del cinema tedesco, come Moritz Bleibtreu, Martina Gedeck e Oskar Roehler, hanno presentato oggi in concorso alla Berlinale "Jud Suess - Film ohne Gewissen" (Ebreo dolce - Film senza coscienza). La pellicola a budget elevato (una produzione austro-tedesca) racconta l'amaro destino dell'attore protagonista del film di propaganda nazista di Joseph Goebbels "Jud Suess" (1939). Dura quasi due ore ed ha ricevuto grida di disapprovazione alla proiezione per la stampa.
Il regista Oskar Roehler, che già prima della proiezione è stato accusato di inesattezze storiche, ha respinto le critiche e sottolineato che il film si prende libertà storiche, dato che non è un documentario. "Jud Suess" racconta la storia dell'amato attore Ferdinand Marian (Tobias Moretti), obbligato, più o meno, da Joseph Goebbels (Bleibtreu) a interpretare il ruolo principale nel film di propaganda, cioè quello del funzionario delle finanze ebreo, Joseph Suess Oppenheimer, che fu giustiziato nel 1738. Martina Gedeck ("Le vite degli altri", "La banda Baader Meinhof") interpreta la moglie dell'attore.

(Apcom, 18 febbraio 2010)

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Omicidio a Dubai - Il capo del Mossad non si dimetterà

GERUSALEMME - Il capo del Mossad Meir Dagan non vede motivo di dimettersi in seguito allo scandalo dell'assassinio a Dubai, ed è improbabile che il primo ministro Benjamin Netanyahu gli chieda di farlo: è quanto ha riferito in condizioni di anonimato un confidente del capo dello spionaggio israeliano.
Mentre Israele non ha voluto commentare la vicenda dell'omicidio lo scorso 20 gennaio del comandante di Hamas Mahmoud al-Mabhouh, gli Emirati Arabi Uniti hanno indicato i sospetti assassini, compresi diversi che hanno copiato passaporti europei di persone attualmente immigrate in Israele.
Riconoscendo un modo di agire tipico del Mossad e prevedendo un pasticcio sulla vicenda dei ladri di identità internazionali, alcuni esperti hanno suggerito che Dagan dovrebbe essere obbligato ad andarsene, come il predecessore Danny Yatom nel 1997 dopo un omicidio perpetrato in Giordania.
Ma il confidente, che ha chiesto di non essere identificato, ha detto a Reuters: "Dagan non ha intenzione di lasciare prima che il suo mandato sia concluso".

(Reuters, 18 febbraio 2010)

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Israele rivuole la leadership per il solare

Nemmeno cinquant’anni fa Israele era leader mondiale per quanto riguarda le rinnovabili, al primo posto per tecnologia e investimenti in impianti solari. Oggi il Paese si muove per riconquistare la leadership: durante i tre giorni della conferenza Internazionale sull’energia da fonti rinnovabili Eilat-Eilot ne ha parlato chiaramente il Primo Ministro israeliano, assieme a Uzi Landau, ministro per le Infrastrutture.
A Copenaghen Israele ha confermato il proprio impegno per ridurre le emissioni del 20% entro il 2020 e il governo si è impegnato per far sì che il Paese produca il 10% dell’energia da fonti rinnovabili entro il 2020. Ma la questione è più complessa: verso la fine del 2009 fa l’ente nazionale per l’energia elettrica ha dichiarato lo stop per il solare, tanto da far insorgere almeno un centinaio di aziende che hanno segnalato l’empasse al ministro per le infrastrutture.
Durante la conferenza di Eilat - Eilot lo stesso Landau ha annunciato pubblicamente lo sblocco delle quote per il solare e i finanziamenti per il più grande impianto solare del paese, che ci aspetta in funzione per il 2014. Speriamo che il solare di Israele torni a brillare e a illuminare ad energia pulita.

(eco blog.it, 18 febbraio 2010)

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Iran: "Patto segreto Russia-Israele dietro il no agli S-300"

MOSCA, 18 feb. - La Russia ha accettato di rinviare 'sine die' la fornitura del complesso missilistico S-300 a Teheran nell'ambito di un accordo segreto con Israele che prevede che si lavori a un patto di non aggressione tra lo Stato ebraico e l'Iran. Sarebbe, questo, secondo il direttore del Centro per il Medio Oriente, Evgheni Satanovskij, il clamoroso retroscena della mancata consegna a Teheran dei sistemi di difesa antiaerea. .

(AGI, 18 febbraio 2010)

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Antonioni e l'elogio del film antisemita

BERLINO - "Non abbiamo nessun problema nel dire che Süss l'ebreo è un lavoro di propaganda. Ma allora in questo caso sia la benvenuta. Questo film è infatti potente, incisivo ed estremamente efficace, ripreso in maniera impeccabile, fin troppo". Era il 1940 e il futuro regista Michelangelo Antonioni, allora critico cinematografico per il 'Corriere Padano', elogiava il film antisemita voluto dal ministro della propaganda del Terzo Reich il nazista Joseph Goebbels. La pellicola diretta da Veit Harlan e allora presentata alla Mostra del Cinema di Venezia, travisava completamente la tragica vicenda dell'ebreo Jud Süss Oppenheimer, impiccato nel 1738 a Stoccarda.
La recensione di Antonioni, peraltro già nota, ritorna nella cartella stampa di Jew Süss-Rise and Fall, il film di Oskar Roehler, in concorso al Festival di Berlino, che rievoca la drammatica storia dell'attore austriaco Ferdinand Marian protagonista della pellicola nazista. Nella cartella, accanto al giudizio del regista ferrarese, appare anche quello di Goebbels: "Il film antisemita che abbiamo sempre sognato".

(Cine Città, 18 febbraio 2010)

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Ahmadinejad: i paesi del Medio Oriente si sbarazzino di Israele una volta per tutte

TEHERAN, 18 feb. - "I Paesi del Medio Oriente dovrebbero sbarazzarsi di Israele una volta per tutte se il regime sionista dovesse ripetere gli errori commessi in passato". Lo ha dichiarato il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, nel corso di un colloquio telefonico con il leader libanese di Hezbollah, Hassan Nasrallah, stando a quanto ha riferito oggi l'agenzia d'informazione 'Irna'.
Ahmadinejad ha sottolineato che l'Iran "sara' al fianco" dei libanesi e degli altri Stati della regione per raggiungere "quest'obiettivo", precisando che il "regime sionista teme la resistenza" di Hezbollah.
"Se Isreale dovesse nuovamente attaccare il Libano - ha concluso Ahmadinejad - dovremmo fermarlo". Dal canto suo, Nasrallah ha dichiarato di non temere un'azione militare dello Stato ebraico e in ogni caso l'esito di questa "sara' fallimentare".

(Adnkronos, 18 febbraio 2010)

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La Giordania versione Sanremo

Al Festival di Sanremo arriva un’ospite particolare: la regina Rania di Giordania. Una scelta curiosa per un festival della canzone che cerca di attirare l'attenzione di un pubblico più vasto possibile, attingendo al capace cesto nazionale e internazionale dei personaggi in cerca d'autore che nulla hanno a che vedere con la musica. La presenza della regina di Giordania è però più interessante di quella del principino cantante in gara o di quella di altri ospiti, perché la sua figura è il paradigma vivente della distorsione della realtà da parte della società spettacolare....

(altrenotizie, 18 febbraio 2010)

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Israele, sintomi di un conflitto

La visita di Mullen a Gerusalemme e quella di Netanyahu a Mosca: ultimi tentativi di dialogo?

di Michael Sfaradi

Di prove che il Medio Oriente sia diventato una bomba ad orologeria, e che si stia avvicinando a grandi passi verso un conflitto, ce ne sono a decine. Ma mai come in questo periodo la sensazione che si stia arrivando ad un punto di non ritorno è stata così netta. Le minacce del presidente iraniano Ahmedinejad e del leader supremo l’Ayatollah Khamenei di distruzione dello Stato ebraico, accompagnate dall’ordine di innalzare al 20% l’arricchimento dell’uranio, non sono passate inosservate. In Israele c’è la consapevolezza che nel giro di pochi mesi si deciderà il nuovo assetto della regione, ed anche se fino ad oggi il governo di Gerusalemme ha dimostrato di possedere un’enorme pazienza e nervi d’acciaio, non è detto che questo continui all’infinito, anzi. Negli ultimi giorni i segnali di insofferenza, dovuti soprattutto all’immobilità occidentale e al muro di gomma russo e cinese, si sono fatti sentire e due sono state le “spie” di questo stato. Per prima cosa c’è da registrare che il primo ministro israeliano Netanyahu è partito domenica 14 febbraio per Mosca per incontrare il presidente Medvedev e il primo ministro Putin nel disperato tentativo di convincerli a bloccare la vendita di missili S300 all’Iran. Che il premier israeliano si sia imbarcato verso una missione impossibile è dimostrato anche da un piccolo “giallo” che si è verificato a poche ore dal decollo verso la capitale russa quando la delegazione israeliana, già pronta per l’imbarco, è stata raggiunta dalla notizia che uno dei dirigenti dell’agenzia del governo russo che si occupa delle vendite di armamenti all’estero aveva già dichiarato a fonti giornalistiche che il contratto con Teheran era entrato in fase operativa e che la consegna non poteva più essere messa in discussione. Questa notizia, nei modi e nei tempi in cui è stata divulgata, oltre a mettere bene in chiaro quali siano le reali intenzioni dei governanti russi, è stato un modo per far capire che ogni tentativo di bloccare la fornitura verso Teheran sarebbe stato inutile.
Le batterie missilistiche S300 sono considerate da Mosca un’arma di difesa, questa è la giustificazione sbandierata, e fino a qui non ci sarebbe nulla da obiettare, ma il nodo è che le stesse verrebbero messe a difesa delle centrali nucleari dentro le quali si sta arricchendo l’uranio, lo stesso materiale che serve per costruire una bomba nucleare. Sono le centrali ad essere offensive, e i missili messi a loro difesa diventano, di fatto, armi offensive, anche se non nascono con questa caratteristica. La delegazione israeliana è comunque partita anche se le speranze di poter raggiungere il risultato sono ridotte a un lumicino. C’è poi da registrare la visita a Gerusalemme del capo di stato maggiore delle forze armate statunitensi, l’ammiraglio Michael Mullen, che, dopo essersi incontrato con i vertici dell’esercito israeliano e del ministero della difesa, ha ricevuto i giornalisti ed ha risposto alle loro domande. Michael Mullen, in sostanza, ha ribadito che l’Iran non dovrà dotarsi dell’arma nucleare, e questa è una priorità per l’amministrazione americana, ma Washington chiede ad Israele di continuare a dimostrare la calma necessaria per fare in modo che la diplomazia internazionale raggiunga lo scopo di convincere Teheran a desistere dai suoi programmi. Michael Mullen più che un ammiraglio sembrava un “pompiere” inviato da Obama con il compito di spegnere sul nascere i programmi di difesa preventiva israeliani. Secondo gli analisti militari, che danno per scontato il fallimento di ogni eventuale sanzione, i tempi di un eventuale attacco teso a distruggere o a rallentare il programma nucleare iraniano, sono dettati dalle modalità di consegna dei missili S300. Se, come prevediamo, la visita di Netanyahu a Mosca si risolverà con un nulla di fatto, potrebbe essere corretto prevedere un’azione di forza in tempi relativamente brevi.

(l'Opinione, 17 febbraio 2010)

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Identità rubata agli israeliani

Diversi cittadini nella lista dell'Interpol

TEL AVIV - «Identità rubata»: con questo titolo a tutta pagina il quotidiano Maariv riferisce che diversi cittadini israeliani hanno scoperto martedì di essere ricercati dall'Interpol. Ciò perché i loro nomi figuravano fra i documenti di viaggio (irlandesi, britannici, francesi e tedeschi) di undici persone che secondo la polizia di Dubai hanno preso parte il 19 gennaio alla uccisione di Muhammad al-Mabhouh, un capo militare di Hamas.
Si tratta complessivamente di 5-7 israeliani (a seconda della trascrizione dei loro nomi), tutti nati in Paesi stranieri e con doppia cittadinanza. Il quotidiano Haaretz suppone che dietro l'utilizzazione indebita delle loro identità ci sia il Mossad, il servizio di spionaggio israeliano. In un commento, un analista militare sollecita il capo del Mossad Meir Dagan a farsi adesso da parte e «a riprendere in mano la tavolozza da pittore».
Maariv, da parte sua, stima che con la uccisione di al-Mabhouh - che secondo Israele fungeva da tramite fra Iran e Gaza per la fornitura di armi e finanziamenti - si è trasformata «da un successo tattico in un fiasco strategico».

(Aggiornamento notizia: 17 febbraio 2010)

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Palestina: a Hebron arrivano taxi rosa per sole donne

Le vetture, ovviamente, saranno guidate da autiste di sesso femminile - Se il progetto avrà successo sarà proposto in tutti i territori dell'Autorità Palestinese

Un Taxi rosa di Hebron
Rosa, guidati rigorosamente da donne e destinati a trasportare esclusivamente rappresentanti del gentil sesso. Ad Hebron, in Cisgiordania, arrivano i Taxi in rosa. Una proposta che, di per sè, non è una novità assoluta - iniziative simili sono già operative a Beirut e Dubai, ma colpisce perchè viene formulata in un luogo che è uno dei fulcri del potere di Hamas.
A proporre l’iniziativa ad Hebron è stato Hazem At-Takrawi, direttore di un’azienda che si sta occupando di formare le future autiste. «Il 95% delle donne palestinesi è favorevole alla proposta», ha spiegato l’imprenditore. Inoltre, il programma comporterà la creazione di posti di lavoro per circa cento donne, in un paese in cui le signore, anche se laureate, fanno particolare fatica ha trovare un’occupazione.
Se l’iniziativa dovesse avere successo, spiegano i creatori del progetto, in seguito potrà essere estesa fino a coprire l’intero territorio dell’Autorità Palestinese.

(Blitz quotidiano, 17 febbraio 2010)

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I veri nemici dei palestinesi

di David A. Harris

Lo so che non dovrei più sorprendermi, ma ancora non ci riesco. In una recente edizione del New York Times, accanto ad un articolo a tutta pagina intitolato “Israele respinge le critiche per l’attacco agli edifici dell’Onu”, due pagine dopo vi era un trafiletto. Non era in tutto più lungo di otto righe, il quarto di cinque notizie sotto la voce “Brevi dal Mondo”. Ecco le prime due frasi: “Un gruppo per i diritti umani ha criticato la Giordania lunedì scorso per aver revocato la cittadinanza a quasi 3.000 giordani di origine palestinese nel corso degli ultimi anni. Preoccupata dal crescente numero dei palestinesi, i quali costituiscono ormai quasi la metà della popolazione, la Giordania ha cominciato nel 2004 a revocare la cittadinanza ai palestinesi che non hanno il permesso israeliano di risiedere nella Cisgiordania“....

(l'Opinione, 17 febbraio 2010)

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Hezbollah minaccia Israele

Bombe contro bombe. Il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah avverte Israele: qualunque attacco al Libano avrà come risposta bombardamenti contro lo Stato ebraico.
Il leader del gruppo sciita libanese si è rivolto ad una folla oceanica riunita a Beirut in occasione della cerimonia in memoria dei due precedenti capi di Hezbollah uccisi da Israele e di un alto comandante del gruppo della cui morte Hezbollah accusa Tel Aviv.
“Se attaccherete l’aeroporto internazionale Rafik Hariri di Beirut, noi attaccheremo l’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv. Se attaccherete i nostri porti, bombarderemo i vostri porti, se colpirete le nostre raffinerie colpiremo le vostre raffinerie. Se distruggerete i quartieri Sud di Beirut noi distruggeremo Tel Aviv”.
Il Premier israeliano Benjamin Netanyahu assicura che Tel Aviv non pianifica alcuna guerra e classifica le minacce di Hezbollah tra le azioni intimidatorie guidate dall’Iran contro Israele nel momento in cui Teheran rischia nuove sanzioni.
Intanto la diplomazia fa il suo corso: il sotto segretario di Stato americano William Burns, in visita a Beirut prima spostarsi a Damasco, ha ribadito l’appoggio al governo libanese del Premier Saad Hariri.

(euronews, 17 febbraio 2010)

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Il film nazista che piaceva ad Antognoni

BERLINO - Grande attesa alla Berlinale per la proiezione in programma domani di “Jud Süss”, la pellicola del tedesco Oskar Roehler che ripercorre la storia del «primo film veramente antisemita», come annotava compiaciuto nel suo diario il ministro della Propaganda nazista Josef Goebbels. Torna così in primo piano la storia dell’ebreo Jud Süss Oppenheimer, consulente finanziario del duca Karl Alexander del Württemberg, impiccato il 4 febbraio 1738 davanti alle porte di Stoccarda con l’accusa di alto tradimento, corruzione, saccheggio delle casse pubbliche e violenza sessuale nei confronti di una cristiana....

(Il Secolo XIX, 17 febbraio 2010)

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Ahmadinejad alza i toni: Israele ci attaccherà presto

TEHERAN, 17 feb. - Israele attaccherà l'Iran a primavera, ma sarà schiacciato dalla reazione iraniana e dei paesi della regione: il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad non ha esitato oggi a infuocare sempre più i toni del confronto con l'occidente, mentre continua il suo tira e molla sul programma nucleare. Ahmadinejad ha anche messo oggi in guardia le grandi potenze in caso di nuove sanzioni, dichiarando nel contempo che l'Iran è pronto ad uno scambio di uranio, ma alle sue condizioni. "Secondo nostre informazioni, gli israeliani si preparano a lanciare una guerra in primavera o in estate", ha detto il presidente iraniano, "ma la resistenza e i Paesi della regione li schiacceranno". Subito è arrivata la smentita di Israele, e ai più alti livelli: lo Stato ebraico "non sta pianificando alcuna guerra" con l'Iran, ha detto il premier Benjamin Netanyahu, in visita a Mosca dove ha incontrato il presidente Dimitri Medvedev e il premier Vladimir Putin. Dalla Russia comunque è arrivata una voce che sembrerebbe accreditare i timori di Teheran: secondo quanto dichiarato ad Apcom dal generale Leonid Ivashov, 'falco' delle Forze armate di Mosca e attuale capo dell'Accademia per i problemi geopolitici, vi è una forte probabilità che gli Stati Uniti e Israele "colpiscano" l'Iran in un prossimo futuro, perchè sia Washington, sia Gerusalemme "non rispettano le norme di sicurezza mondiali" e "al Pentagono il piano è già pronto". La guerra di nervi diplomatica continua anche sul fronte del dossier nucleare: "Se qualcuno cercherà di creare problemi all'Iran, la nostra risposta non sarà come quelle del passato, ma comprenderà qualcosa di cui si pentiranno", ha esclamato Ahmadinejad in una conferenza stampa aggiungendo subito dopo che il dossier sullo scambio di uranio "non è ancora chiuso".

(Apcom, 17 febbraio 2010)

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Il Prosecco conquista anche Israele

Grande successo per il prosecco Villa Sandi al Wine Expo a Tel Aviv. Grazie al nuovo disciplinare, che ne tutela origine e legame col territorio, il Prosecco di Valdobbiadene rafforza la propria immagine anche all’estero. Villa Sandi, presente ormai in 60 nazioni, ha aggiunto Israele al novero di Paesi in cui esporta, affidandosi ad uno dei più prestigiosi importatori. Di grande vocazione agricola e pure produttore di vini, Israele ha accolto bene il prosecco per le caratteristiche di freschezza e versatilità. Fra gli estimatori c’è da anni anche il Presidente dello Stato d’Israele, Shimon Peres.

(Il Gazzettino, 16 febbraio 2010)

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Shoah - Causa contro le ferrovie magiare, a Budapest c’è scetticismo

A Budapest parte la polemica contro la causa intentata negli Usa

ROMA, 16 feb. - L'iniziativa è di quelle destinate a far esplodere grandi polemiche. E sta già accadendo. La settimana scorsa un gruppo di familiari di deportati nei campi di concentramento nazisti ha intentato causa contro le ferrovie dello stato ungheresi Mav per il loro coinvolgimento nell'Olocausto. Da Budapest, al silenzio ufficiale del governo, fa da contraltare l'esplicita stroncantura di autorevoli storici magiari.
"Se mi avessero contattato, li avrei mandati via senza perdere tempo, perché è la più grande follia che io abbia sentito da tanto tempo", ha commentato senza troppi giri di parole Laszlo Karsai, storico e capo del team di ricerca ungherese legato allo Yad Vashem, l'Autorità per il ricordo dei martiri ed eroi dell'Olocausto, al portale d'informazioni magiaro index.hu. Una stroncatura che pesa, su un'iniziativa che sta facendo molto rumore.
La denuncia contro la Mav è stata presentata presso la Northern District Court dell'Illinois, a Chicago (Usa), da Anthony D'Amato, un docente di legge che già in passato s'è segnalato per aver intentato cause che hanno fatto rumore: una contro il governo giapponese per la deportazione di cittadini Usa che vivevano nelle Filippine durante la seconda guerra mondiale, contro gli Usa per i bombardamenti sulla Serbia.
Da quanto è emerso negli ultimi giorni, la denuncia non è incentrata tanto sulle uccisioni, quanto piuttosto sulla spoliazione dei beni delle vittime. Pur sostenendo che la compagnia ferroviaria di stato dell'Ungheria, paese che durante il conflitto era sotto il regime collaborazionista nazista delle "Croci frecciate", avrebbe trasportato verso Auschwitz-Birkenau qualcosa come 437mila ebrei, l'iniziativa legale di D'Amato "tara" la richiesta di risarcimento sui beni degli ebrei che sono stati rubati mentre le vittime erano deportate.
Sconcerto ha provocato la richiesta finanziaria. Oltre al circa miliardo di dollari richiesto come risarcimento per il danno biologico, è stata chiesta una cifra per la sottrazione dei beni che, rivalutata, sfiora gli 8 miliardi di dollari. Sufficiente a mandare in bancarotta le già traballanti finanze ungheresi.

(Apcom, 16 febbraio 2010)

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Dubai spicca mandato arresto per 11 agenti europei

Coinvolti nell'assassinio del leader di Hamas Mahmoud al Mabhouh

DUBAI, 16 feb. - La polizia di Dubai ha spiccato un mandato d'arresto per "11 agenti con passaporto europeo", sospettati di essere coinvolti nell'assassinio di un leader di Hamas, avvenuto in una stanza di albergo di Dubai il 20 gennaio scorso.
Mahmoud al Mabhoud, che secondo Hamas è stato ucciso dai servizi segreti israeliani, era a Dubai per acquistare armi per l'organizzazione islamica. L'uomo è stato assassinato con una scarica elettrica e poi soffocato.
La polizia di Dubai è convinta che la squadra di agenti fosse "sponsorizzata" da una potenza straniera. "Non escludiamo il coinvolgimento del Mossad (i servizi segreti israeliani), ha detto un responsabile della polizia - ma quando arresteremo queste persone sapremo chi è la mente". Secondo il generale Dahi Khalfan Tamim è possibile che "le autorità di alcuni Paesi abbiano dato l'ordine ai loro servizi di intelligence di uccidere" il comandante di Hamas.
Il commando disponeva di sei passaporti britannici, tre irlandesi, un francese e un tedesco: "Ci dispiace che queste persone abbiano utilizzato documenti di viaggio di paesi amici". La loro identità è stata comunicata all'Interpol nell'ambito di una richiesta ufficiale per un mandato d'arresto internazionale.
La stessa stampa israeliana, oggi, suggerisce che l'assassinio di Dubai possa essere stato eseguito dal Mossad.

(Apcom, 16 febbraio 2010)

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Colonie, ritorna la tensione

TEL AVIV - La moratoria dei nuovi progetti edili ebraici in Cisgiordania, annunciata tre mesi fa dal premier israeliano Benyamin Netanyahu per rilanciare i negoziati con i palestinesi, è stata infranta in 29 colonie: circa una su quattro. La fonte è quanto mai attendibile: il viceministro israeliano della Difesa Matan Vilnay. «Laddove sono state registrate infrazioni alle nostre istruzioni, sapremo far rispettare le legge» ha assicurato in risposta all’interpellanza di un parlamentare di sinistra.
In una prima reazione il movimento Peace Now ha sostenuto che i dati di Vilnay peccano per difetto. In 33 insediamenti, aggiornano i pacifisti, si continua a lavorare alacremente: anche di notte, anche durante il riposo sabbatico. L’annuncio di Netanyahu era stato accolto con scetticismo dai dirigenti dell’Anp. Ai loro occhi non si poteva parlare di un vero e proprio congelamento delle colonie perché esso non includeva la costruzione di migliaia di unità abitative già avviate, né i progetti edili ebraici di Gerusalemme Est. A posteriori, a quanto pare, il governo Netanyahu riesce solo parzialmente ad imporre ai 300 mila coloni della Cisgiordania la sospensione dei nuovi progetti edili, per dieci mesi. Sono sviluppi negativi per la diplomazia statunitense. Il segretario di stato Hillary Clinton, in un incontro con il negoziatore palestinese Saeb Erekat, ha cercato di riattizzare la esile fiammella delle trattative. La settimana prossima lo stesso vicepresidente degli Stati Uniti Joe Biden compirà una missione mediorientale in Israele, Egitto, Arabia Saudita e Giordania.

(Corriere Canadese, 16 febbraio 2010)

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Israele, scende l’inflazione a gennaio

La Bank of Israel manterrà i tassi invariati all’1,25% per un altro mese. Commento di Barclays Capital

a cura di Stefania Basso

In Israele, l’inflazione è scesa al 3,8% a gennaio anno su anno dal 3,9% a dicembre. L’inflazione è scesa dello 0,7% mese su mese. Questo dato è inferiore rispetto alle nostre previsioni del 3,9% anno su anno e di -0,5% mese su mese e ben al di sotto delle previsioni del consensus, pari al 4,1% anno su anno e -0,3% mese su mese.
Sono tre i fattori speciali che hanno contribuito al calo dell’inflazione a gennaio. In primo luogo, gennaio è un mese con inflazione bassa a livello stagionale. Difatti, l’inflazione è scesa dello 0,5% mese su mese un anno fa. Un importante fattore stagionale è stato il calo dei prezzi della frutta e della verdura dell’1,8% mese su mese a gennaio. Poi, il tasso dell’IVA è stato abbassato dello 0,5%, a partire dal 1 gennaio 2010. E infine, il Governo ha deciso di non aumentare i prezzi dell’acqua e questi sono scesi del 9% mese su mese, mentre un anno prima non c’era stata alcuna variazione. Queste variazioni amministrative dei prezzi contribuiranno certamente a tenere bassa l’inflazione nel 2010. Inoltre, il taglio del 10% dei prezzi dell’elettricità ridurrà ulteriormente l’inflazione nel corso del mese di febbraio.
Questo significa che la Bank of Israel manterrà probabilmente i tassi invariati all’1,25% per un altro mese. Se l’inflazione è al di fuori dei valori target compresi tra 1-3%, le aspettative del mercato sull’inflazione per il prossimo anno sono pari a solo il 2,7%.
L’economia di Israele sembra essere sulla buona strada per la ripresa. Si è verificato il boom delle esportazioni, in rialzo del 28% a gennaio, con il PMI superiore a 60. Comunque, la Bank of Israel potrebbe considerare la ripresa ancora fragile a cusa del recente indebolimento della crescita in Europa, uno dei partner principali di scambio di Israele.

(Fondi Online.it, 16 febbraio 2010)

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Il nuovo museo della tolleranza di Gerusalemme sorgerà su un ex parcheggio

Il Simon Wiesenthal Center respinge la richiesta di bloccare la costruzione del suo Museo della Tolleranza a Gerusalemme avanzata da varie organizzazioni palestinesi e filo-palestinesi con l’accusa che il luogo su cui dovrebbe sorgere il nuovo museo sarebbe uno storico cimitero musulmano. Gli avversari del progetto, pur consapevoli che un’eventuale risposta di alti rappresentanti dell’Onu avrebbe solo valore simbolico e non legalmente vincolante, giovedì scorso hanno presentato una petizione alle Nazioni Unite sostenendo che la costruzione in quel luogo disturberebbe tombe vecchie di centinaia di anni e costituirebbe una profanazione del cimitero. Sull’argomento, giovedì scorso sono state indette conferenze stampa a Gerusalemme, Ginevra e Los Angeles.
Tuttavia mercoledì, in anticipo sulla petizione e sulle conferenze stampa, il Simon Wiesenthal Center ha diffuso dalla sua sede di Los Angeles una dichiarazione in cui chiarisce che “il Museo della Tolleranza non verrà costruito sul cimitero di Mamilla”. “Il Museo - spiega nel comunicato Marvin Hier, fondatore e decano del Centro Wiesenthal - verrà costruito su un ex parcheggio comunale di Gerusalemme dove ogni giorno, per quasi mezzo secolo, migliaia di musulmani, cristiani ed ebrei hanno parcheggiano le loro auto senza la minima rimostranza da parte della comunità islamica. Sin dai primi anni ’60 sono stati impiantati profondamente sotto terra cavi telefonici, linee elettriche, tubature di scarico e fognarie, di nuovo senza la minima protesta. Vogliamo anche sottolineare - continua il comunicato - che la Israel Antiquities Authority ha confermato che non vi sono ossa né resti nel luogo dove attualmente sono in corso lavori infrastrutturali. I resti trovati a suo tempo nel sito sono stati rispettosamente rinterrati nel vicino cimitero musulmano: erano vecchi di 300-400 anni, mentre non è stato trovato nessun resto risalente al XII secolo”.
Nel 2004 gruppi palestinesi e filo-palestinesi avevano inoltrato un’istanza contro il progetto del Museo alla Corte Suprema la quale, dopo aver studiato le argomentazioni delle parti per quasi quattro anni, nel 2009 ha infine dato luce verde al progetto del Simon Wiesenthal Center.

(israele.net, 16 febbraio 2010)

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Torah oggi - Sanremo e la halakhà

di Rav Scialom Bahbout

Il festival di Sanremo, che si svolge a partire da stasera, ha portato con sé le polemiche sul “caso Morgan”: le sue dichiarazioni in merito all’uso di droga per combattere la depressione hanno indotto gli organizzatori del festival a escluderlo dalla manifestazione.
Possiamo analizzare questo caso in base a tre principi.

1. La proibizione di far uso di droghe rientra in quanto scritto in Deuteronomio 4: 9: shmòr nafshechà meod, salvaguarda molto il tuo corpo.Maimonide nelle Norme sull’omicidio e la salvaguardia della persona (11: 4) stabilisce: “Ogni ostacolo che comporti pericolo di vita è un precetto positivo ed è un dovere eliminarlo e guardarsi da esso”. L’uso di droghe è certamente nocivo ed è quindi chiaro che, a meno che non esista una prescrizione medica, è proibito farne uso: alcuni Maestri vietano per lo stesso motivo anche il fumo, dato che è accertato che l’uso prolungato produce gravi danni.

2. Accanto a questo divieto, va applicato in questo caso anche il principio che la persona che ha commesso un reato non deve ottenere vantaggi dall’averlo fatto, shelo ijè chotè niskàr: trasformare in eroe chi ha fatto dichiarazione pubblica di avere fatto uso di droghe è grave in quanto induce all’emulazione.

3. Qualcuno potrebbe erroneamente sostenere che le droghe non rientrano negli alimenti proibiti: ora, accanto alle singole mizvoth, esiste l’imperativo più generale siate kedoshim, cioè distinguetevi e siate coscienti in ogni vostra azione e in ogni momento. Nahmanide afferma che una persona potrebbe anche osservare formalmente tutti i precetti, ma nonostante ciò essere “disonesto con il permesso della Torà”. Assieme alla forma delle mizvoth bisogna osservarne lo spirito. L’uso di droghe finisce per annebbiare la coscienza e a minare la libertà dell’uomo.

Naturalmente le porte della Teshuvà, del pentimento e del recupero, sono sempre aperte: non resta che augurarsi che, dopo aver avuto il coraggio di uscire allo scoperto, Morgan possa concludere felicemente il percorso di disintossicazione intrapreso e tornare presto a calpestare il palcoscenico di Sanremo.

(Notiziario Ucei, 16 febbraio 2010)

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Lieberman: 'L'ANP tenta di togliere legittimità ad Israele'.

NAZARETH -Il ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman ha accusa to l’Anp di finanziare le cause intentate presso tribunali europei ed internazionali contro capi politici e militari israeliani, nel quadro delle accuse crescenti rivolte ai dirigenti israeliani, colpevoli di “crimini di guerra” durante l’aggressione a Gaza.
Durante la sessione del 15 febbraio della Commissione Esteri, Lieberman ha dichiarato che dietro i numerosi procedimenti giudiziari intentati in varie parti del mondo vi è l’Anp, che tra l’altro li finanzierebbe, nel tentativo di “togliere legittimità internazionale ad Israele”.
Secondo quanto riportato dalla radio israeliana, Liberman ha detto che Israele non potrà collaborare con l’Anp nei settori economico e della sicurezza, né potranno le due parti raggiungere un accordo pacifico, dato che la lotta coi palestinesi si è trasformata, negli ultimi anni, in un “conflitto religioso'.

(Infopal, 16 febbraio 2010)

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Gli Usa temono che l'Iran vada verso una "dittatura militare".

DOHA - Hillary Clinton, in viaggio nei paesi del Golfo, ha detto di temere che l'Iran si avvii "verso una dittatura militare", con le imprese controllate dai
Guardiani della Rivoluzione (i pasdaran) che "soppiantano" le istituzioni governative.
Le Guardie della Rivoluzione in Iran, ha proseguito la Clinton, stanno guadagnando sempre piu' potere, tanto da "prendere il posto del governo dell'Iran".

- La Clinton chiederà aiuto ai sauditi per persuadere i cinesi sull'Iran
Il Segretario di Stato Usa, Hillary Clinton intende fare pressioni sull'Arabia Saudita per convincere la Cina a sostenere una posizione più ferma contro le ambizioni nucleari dell'Iran.
La signora Clinton chiederà ai sauditi di rassicurare la Cina sul disavanzo del suo fabbisogno di petrolio, in cambio di una linea più morbida sulle sanzioni.
Nel corso di una conferenza stampa in Qatar la Clinton ha affermato che l'Iran non sta lasciando scelta alla comunità internazionale se non quella di imporre ulteriori sanzioni.

- Biden presto in Israele
Il vice presidente degli Stati Uniti Joe Biden si recherà in visita ufficiale in Israele nelle prossime settimane. E' quanto ha appreso oggi il quotidiano 'Haaretz', secondo cui la visita nel numero due dell'amministrazione Usa si inserisce negli sforzi tesi a trovare una soluzione alla crescente crisi nucleare iraniana. Si tratta della sua prima visita nello Stato ebraico.

(RaiNews24, 15 febbraio 2010)

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Israele: "Vogliono attaccarci
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di Eugenio Roscini Vitali

Ynet, il sito web del quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, non ha dubbi: lo Stato ebraico sta per subire un nuovo attacco. L'informazione si riferisce ad una indiscrezione divulgata dalla testata saudita Ozak, secondo la quale in Libano sono certi che le crescenti tensioni tra Gerusalemme e Damasco sarebbero dovute all'atteggiamento di sfida di Hezbollah, che si starebbe preparando ad affrontare una escalation militare tesa a colpire Israele.
La possibilità che in Medio Oriente si stia andando incontro ad un nuovo conflitto viene confermata anche dal giornale pan-arabo Al Sharq Al Awsat, il quale rivela che l'esercito del presidente Bashar al-Assad starebbe già richiamando in servizio i militari incorporati nella riserva, e dalla stessa stampa siriana, che in editoriale pubblicato sabato 6 febbraio dal quotidiano filo-governativo Tishreen, parla di una esplicita volontà israeliana di dare il via ad una nuova guerra e delle possibili conseguenze.
Nonostante Benjamin Netanyahu si sia impegnato in una storica apertura verso il mondo arabo - "Israele anela ad accordi di pace con tutti i suoi vicini. Lo abbiamo fatto con l'Egitto e con la Giordania, possiamo farlo anche con la Siria e i palestinesi" - la tensione è ormai alle stelle. A buttare benzina sul fuoco sarebbe proprio il presidente iraniano Ahmadinejad, che nel Giorno della Memoria non ha perso l'occasione per ricordare al mondo la sua posizione: "Arriverà il giorno della vostra distruzione". Un avvertimento che, alla luce degli scontri verbali che negli ultimi tempi hanno visto di fronte lo Stato ebraico ed Hezbollah, accentua la certezza che in Medio Oriente la crisi politica potrebbe presto trasformarsi in un nuovo conflitto. E proprio in questo contesto che va anche vista la risposta del ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman, che dall'Università Bar-Ilan di Tel Aviv ha ricordato a Damasco che "il regime siriano è destinato a cadere se continuerà a provocare Israele….. Se la Siria dichiarerà guerra allo Stato ebraico non solo perderà il conflitto ma il regime di Bashar Assad crollerà".
Le affermazioni di Lieberman si riferiscono ad un carico di armi che comprende circa 100 missili terra-terra a medio raggio e che a gennaio l'Iran avrebbe fornito alla Siria. Scaricato in una non meglio precisata base militare, il carico avrebbe poi preso la via del Libano della Striscia di Gaza e sarebbe andato a rinforzare l'arsenale del movimento sciita Hezbollah e dei gruppi armati legati ad Hamas. A conferma di tale tesi ci sarebbe il ritrovamento di due casse, contenenti ciascuna circa 10 chilogrammi di esplosivo, rinvenute il 1o febbraio scorso sulle spiagge di Ashkelon e Ashdown, porti israeliani a circa 25 chilometri da Gaza. Il sospetto è che il materiale bellico faccia parte di un carico ben più consistente e che i due container siano stati lasciati alla deriva in attesa che qualche peschereccio li recuperasse per poi scaricarli di fronte alle coste della Striscia di Gaza.
Il 3 febbraio scorso era stato lo stesso presidente Assad a puntare il dito contro Gerusalemme, accusando gli israeliani di essere alla ricerca di un pretesto per scatenare un conflitto e il ministro degli Esteri siriano, Walid Moallem, tuonava: "Israele sa che questa volta gli effetti della guerra arriveranno fino alle sue città … lo Stato ebraico non deve più indirizzale le sue minacce contro Gaza, il Libano meridionale, l'Iran ed ora anche contro la Siria". Dichiarazioni che, per Tel Aviv, confermerebbero i sospetti israeliani sull'esistenza di un patto segreto che legherebbe la Siria e l'Iran ai due movimenti armati e che sarebbe stato sottoscritto nel dicembre scorso a Damasco dal ministro della Difesa siriano, Generale Ali Habib, dall'omologo rappresentante iraniano, Generale Ahmad Validi, e dal leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah.
Israele è seriamente preoccupata per il riarmo del movimento sciita libanese e, nel caso di un altro scontro, ha già minacciato che questa volta l'attacco sarebbe devastante; l'allerta è tale che nelle scorse settimane le Forze di Difesa Israeliane sono state impegnate in una manovra militare su vasta scala che ha interessato anche il confine settentrionale con il Libano: l'esercitazione Home Front Command. Chi sembra piuttosto tranquillo è il leader di Hezbollah, che al contrario, nei confronti di Israele, continua a mantenere un atteggiamento di apparente sfida; Nasrallah non nasconde che i suoi miliziani sono pronti ad affrontare un nuovo conflitto e si dice fiducioso in una "nuova e schiacciate vittoria". Una guerra psicologica che rientrerebbe nel normale confronto tra due acerrimi nemici se non fosse per le informazioni che arrivano dai servizi d'intelligence, che smentiscono quanto sostiene la forza di pace delle Nazioni Unite nel sud del Libano, e cioè che non c'è alcuna indicazione che sia in atto la preparazione di una nuova escalation militare.
In Israele c'è chi pensa che Teheran stia già preparando il terreno per rispondere ad un sempre più probabile attacco israeliano agli impianti nucleari di Natanz e Isfahan, soprattutto ora che la Repubblica Islamica ha pubblicamente dichiarato di voler produrre uranio arricchito al 20%, gradazione di U235 che potrebbe già aver raggiunto e che sarebbe sufficiente per la costruzione di un'arma nucleare cruda, molto inefficiente ma estremamente pericolosa. Per far questo starebbe cercando di stimolare uno scontro che impegni Israele su tre fronti: con Hamas lungo la Striscia di Gaza, con la Siria sulle alture del Golan e con Hezbollah attraverso il confine libanese. Migliaia di miliziani addestrati in Iran a combattere nelle aree urbanizzate della Galilea sarebbero pronti ad invadere Israele da diversi settori: dalla comunità di Ramot Naftali, con i kibbutz di Malkia e Yiftah e la collettività agraria di Dishon, alla città costiera di Nahariya, sul Mar Mediterraneo.

(Altre Notizie, 15 febbraio 2010)

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Shoah - Polverini: Un'ora a scuola dedicata a questo tema

ROMA, 15 feb. - "Per combattere l'antisemitismo e iniziare le giovani generazioni a capire quanto sia stato indicibilmente orribile quella parentesi della nostra storia, approfitto del suo programma per lanciare un'idea che mi piacerebbe vedere declinata nel Lazio, ma non solo: un'ora dedicata al tema della Shoah a scuola". Lo ha detto, come si legge in una nota, Renata Polverini, candidata per il centrodestra alla presidenza della Regione Lazio, nel corso dell'intervista realizzata da Klaus Davi e Luca Cipriano nel programma Klauscondicio. "Si tratta di una delle piu' grandi tragedie che il mondo ha vissuto, quindi credo che tramandare la storia e la memoria sia l'unico modo possibile per evitare un ritorno al passato- ha concluso Polverini- Io ho portato una mia nipote in tutti i campi di concentramento da quando era bambina, abbiamo visitato Dachau, Mauthausen, Auschwitz, proprio perche' penso che bisogna capire li', in quei luoghi, che cosa e' successo veramente".

(Dire Giovani.it, 15 febbraio 2010)

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Convegno per Israele ad Ancona

ASCOLI PICENO - L'Alleanza messianica italiana di Ancona organizza il nono convegno per Israele dal titolo "Il ritorno del Signore" dal 2 al 5 aprile a Porto Sant'Elpidio (AP) presso il villaggio turistico "Le mimose" (via Faleria, 15).
All'incontro interverrà l'insegnante messianico Avner Boskey, impegnato in Israele nella predicazione del Messia al popolo ebraico.
«Durante il convegno - precisano gli organizzatori - si avrà modo di partecipare alla pasqua biblica secondo i modi e i tempi in cui anche Gesù e gli apostoli la festeggiarono e verrà presentato un modello in scala del Tabernacolo, figura della chiesa di Cristo».
La quota di partecipazione è di 120 euro, la scadenza per le prenotazioni è fissata per il 10 Marzo.

Per informazioni: tel. 333/8514498; e-mail: gmelchisedek@tiscali.it oppure: www.jeshurum.org

(Evangelici.net, 15 febbraio 2010)

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Giornalista britannico arrestato a Gaza da Hamas

Accusato di violazione di leggi sulla sicurezza

GAZA, 15 feb. - Un giornalista britannico, Paul Martin, è stato arrestato ieri a Gaza dalle forze di sicurezza di Hamas. L'arresto è stato confermato dal Foreign Office, che ha detto di essere pronto a fornire assistenza consolare.
Secondo un portavoce di Hamas, Martin, che scriveva per la Bbc e per il Times, è stato arrestato per aver violato le leggi sulla sicurezza, senza ulteriori dettagli. Adesso si trova agli arresti in attesa di processo.
Il portavoce del ministero degli Interni di Hamas, Ehab Ghussein, ha affermato: "Abbiamo le prove che il giornalista britannico è responsabile di violazioni della legge palestinese e che ha messo in pericolo la sicurezza del paese", una formula che potrebbe essere interpretata come un accusa di spionaggio o collaborazionismo con Israele.

(Apcom, 15 febbraio 2010)

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Israele invita i suoi turisti alla cautela

A Pune (India) forse uno degli obiettivi era Centro ebraico

TEL AVIV, 14 feb - L'ente israeliano per il monitoraggio del terrorismo ha pubblicato un avvertimento che sollecita gli israeliani alla cautela. E ad assumere piu' strette misure di sicurezza nel timore che possano essere oggetto di attacchi o di rapimenti. Un responsabile di sicurezza indiano ha riferito che nell'attentato di ieri a Pune, uno dei probabili obiettivi dei terroristi era rappresentato dal Centro ebraico Chabbad, vicino al luogo dell'esplosione.

(ANSA, 14 febbraio 2010)

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Shahar Peer
L'israeliana Peer ammessa a Dubai

Shahar Peer, numero 22 della classifica Wta, parteciperà al torneo di Dubai al via oggi. Esattamente un anno fa le autorità degli Emirati Arabi le avevano negato il visto di ingresso a causa dei sentimenti anti-israeliani diffusi nel Golfo.
"Ciò che accadde lo scorso anno è da considerarsi una scelta infelice sotto molti punti di vista" ha dichiarato il direttore del torneo Salah Tahlak.

(Ubi Tenis, 14 febbraio 2010)

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Aerei di Israele nel cielo del Libano, l'esercito apre il fuoco

Quattro velivoli intercettati fra sud e centro Paese

BEIRUT, 14 feb. - L'esercito libanese ha aperto il fuoco contro quattro velivoli israeliani entrati nello spazio aereo del Paese dei Cedri. Lo ha annunciato l'esercito libanese in un comunicato in cui spiega che le sue unità hanno usato le batterie anti-aeree per costringere i jet israeliani a lasciare il cielo libanese. L'esercito ha annunciato che i velivoli sono stati intercettati nel sud del Libano e nella valle della Bekaa, nel centro del Paese. Aerei da combattimenti dello Stato ebraico violano di frequente lo spazio aereo libanese adducendo che si tratta di missioni di ricognizione.

(Apcom, 14 febbraio 2010)

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5 mila neonazisti nella città di Dresda

Domenica 14 Febbraio 2010 - Una contro-manifestazione antifascista e di sinistra, che ha formato una catena umana di 10.000 persone (foto), è riuscita a bloccare una marcia neonazista a Dresda che intendeva rievocare il bombardamento alleato del 1945 che rase al suolo la città. Circa 5 mila neonazisti arrivati da tutta la Germania sono stati controllati dalla polizia, alla stazione di Neustadt, da cui i nazisti deportarono migliaia di ebrei verso Auschwitz. Fra i neonazisti si sono viste diverse bandiere svasticata del Terzo Reich e uno degli oratori ha detto: «Siamo radunati qui per ricordare uno dei più grandi crimini della Seconda Guerra Mondiale». Dresda venne bombardata a tappeto il 13 e 14 febbraio del '45: ci furono olttre 25 mila morti. La vicenda è ancora molto controversa tanto che qualcuno parla di oltre 100 mila morti e di un'aggressione "incomprensibile".

(Il Gazzettino, 14 febbraio 2010)

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Migliaia in piazza a Beirut ricordano l'assassinio di Hariri

BEIRUT, 14 feb. - Migliaia di persone, sventolando le bandiere libanesi, sono scese oggi in piazza a Beirut per ricordare il quinto anniversario della morte dell'ex premier Rafik Hariri, ucciso in un attentato insieme ad altre 20 persone. A guidare la manifestazione in piazza dei Martiri Saad Hariri, figlio dell'ex primo ministro e da qualche mese a capo di un governo di unita' nazionale che comprende anche l'opposizione sostenuta dalla Siria, considerata la mandante dell'attentato di San Valentino.

(Adnkronos, 14 febbraio 2010)

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Netanyahu a Mosca per sanzioni contro l'Iran

In agenda anche forniture missili russi a Teheran

GERUSALEMME, 14 feb. - Il premier israeliano Benjamin Netanyahu si recherà oggi in visita a Mosca, dove incontrerà il presidente Dimitri Medvedev e il Primo ministro Vladimir Putin, oltre al capo della diplomazia russa Segei Lavrov: in agenda soprattutto la questione relativa alle possibili sanzioni contro l'Iran. La visita di Netanyahu coincide infatti con un inasprimento delle posizioni russe rispetto a Teheran, accusata di voler seminare dei "dubbi" sulla natura dei propri programmi nucleari dopo la decisione di arricchire l'uranio al 20%, respingendo così la proposta di arricchimento all'estero avanzata dall'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (Aiea) e appoggiata da Mosca. Inoltre, il premier israeliano cercherà di convincere Mosca a non fornire a Teheran il sistema missilistico antiaereo S-300, che potrebbe essere dispiegato a difesa dei siti nucleari iraniani: lo Stato ebraico non ha infatti escluso l'opzione militare per impedire all'Iran di fabbricare una testata nucleare. Infine, in agenda anche la possibilità di organizzare a Mosca una Conferenza di Pace sul Medio Oriente, ipotesi sulla quale Israele - con un'alta percentuale di immigrati russi - non avrebbe obiezioni di principio, ma che potrebbe essere messa in discussione dalla recente visita nella capitale russa del massimo dirigente politico di Hamas, Khaled Meshaal.

(Apcom, 14 febbraio 2010)

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E nell'ombra si nasconde la terza Intifada

di Fiamma Nirenstein

La teoria dei corsi e ricorsi è un po' vecchiotta, ma quando mercoledì scorso un poliziotto palestinese al posto di blocco di Tapuah nell'West Bank ha pugnalato, uccidendolo, un soldato israeliano, tutta Israele non ha potuto fare a meno di ricordare quell'ottobre del 2000, quando la pace sembrava fatta, gli accordi di Oslo ancora non erano stati distrutti a Camp David, e tutt'a un tratto un poliziotto palestinese, in una di quelle speranzose ronde congiunte di forze armate palestinesi e israeliane insieme, sparò in testa a un soldato di Tzahal. Poco dopo, ci fu l'assalto alla tomba di Giuseppe, dove un soldato israeliano druso fu ferito a morte e morì dissanguato perché una torma jihadista non lasciò arrivare i soccorsi. Era l'anticamera dell'Intifada.
Oggi, i segnali somigliano a quelli antichi: due mesi fa, è stato ucciso un padre di sette figli, Meir Chai, e fra i tre assassini, tutti di Fatah, uno era un membro dei servizi di controspionaggio; nel novembre del 2007 tre poliziotti palestinesi uccisero un abitante di Shaveui Shomron, negli insediamenti. Un mese dopo due membri del Servizio Generale di Intelligence uccisero due autostoppisti israeliani. E non è finita qui. È ovvio che gli israeliani vivono un dilemma: aiutare la polizia che dovrebbe impegnarsi a battere Hamas, o piegarsi all'idea che le armi ai palestinesi alla fine si rivoltano contro di te? Una parte dell'opinione pubblica spinge a cessare la collaborazione. Ma il primo ministro Salam Fayyad, che è sempre molto accorto e che gode in particolare sia dell'aiuto americano che di quello israeliano, ha sfidato l'oltranzismo palestinese per condannare l'attentato dell'ufficiale della sua polizia. Ma basterà? Ci sono molti dubbi che questo possa fermare un'ondata che si gonfia rapidamente, e la cui origine è nella emulazione di Hamas, e nella confusa politica di Fatah e di Abu Mazen, attaccati apertamente anche da Fayyad, che cerca di tenerli fuori dalle casse e dalle cariche governative.
Ma Abu Mazen è ancora è il prediletto dell'Occidente, la carta su cui si punta per il processo di pace. Le facilitazioni messe in atto dal governo israeliano ai check point, la promozione dell'economia che ha portato lo Stock Exchange palestinese al più 12 per cento e l'estendersi di grandi quartieri palestinesi a nord di Bir Zeit (attaccata a Gerusalemme) e a nord di Gerico, segnalano un invito costante di Netanyahu a tornare al tavolo delle trattative. Ma Abu Mazen non accetta, e spiega che il cosiddetto freezing delle costruzioni nei Territori di 10 mesi peraltro da Netanyahu, non è completo. Dunque per tenere aperta una situazione sempre più difficile gli americani hanno fatto un passo indietro: salvo imprevisti riprenderanno, come sedici anni fa, colloqui condotti tramite un intermediario. È triste, ma Israele ci sta, e può darsi che parlare a Bibi e a Mitchell senza contatto protegga Abu Mazen dalle accuse di essere al servizio dell'imperialismo yankee e israeliano. Ma Abu Mazen difficilmente vorrà parlare di cose sostanziali, per due ragioni: la prima è che il suo popolo è talmente radicalizzato con continue glorificazioni ufficiali del terrorismo suicida che invadono la stampa, la piazza, la tv e anche i programmi per i bambini, che non lo seguirebbe in una politica di accordi. Abu Mazen si è preoccupato della concorrenza di Hamas che ormai ha preso Gaza e potrebbe prendersi anche l'West Bank molto di più che non del processo di pace: ne va della sua sopravvivenza politica e forse fisica.
La seconda ragione, è che l'Autonomia Palestinese ha visto aprirsi in questi giorni il baratro senza fine di una grande discussione sulla corruzione grazie al giornalista palestinese Khaled Abu Toameh del Jerusalem Post e all'incredibile coraggio del suo intervistato Fahmi Shabaneh ex capo della Commissione Anti Corruzione dell'Ap. Shabaneh, un avvocato, ormai inseguito da un ordine di cattura dell'Autorità Palestinese, rifugiatosi a Gerusalemme est, ha detto che nel momento in cui ha deciso di parlare per prima cosa si è comprato la tomba; egli sostiene che Abu Mazen si è circondato di tutti i corrotti che lavoravano per il suo predecessore Arafat, e che la vittoria di Hamas a Gaza sarà presto ripetuta a Ramallah dato il disgusto della popolazione. Shabaneh dice molte cose, fra cui che il personale di Fatah ha sottratto personalmente 3,2 milioni di dollari donati dagli Usa per le elezioni parlamentari del 2006 poi vinte da Hamas. L'avvocato ha anche indicato lo scandalo sessuale testimoniato da un video molto esplicito: Rafik al Husseini, il capo della segreteria di Abu Mazen, viene sorpreso dalla polizia palestinese mentre estorce prestazioni sessuali alla sua segretaria e poi si lascia andare a accuse di debolezza e corruzione contro il suo capo. C'è da aspettarsi che mentre la gente se la ride per le nudità di uno dei suoi boss e commenta le ruberie subite ormai dai tempi di Arafat, con i suoi famosi conti in banca a Parigi, si alzi la temperatura antisraeliana. Dove la democrazia non c'è, funziona così: si focalizza l'odio su chi non c'entra niente.

(il Giornale, 14 febbraio 2010)

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Ayalon: gli insediamenti ebraici non sono un ostacolo alla pace

Viceministro Esteri Israele: disposti a sacrifici territoriali

ROMA, 13 feb. - Gli insediamanti ebraici in Cisgiordania non costituiscono un ostacolo alla pace con i palestinesi: lo ha dichiarato il viceministro degli Esteri israeliano Danny Ayalon, intervistato dal quotidiano arabo edito a Londra, l'Al Sharq Al-Awsat.
Ayalon ha ribadito che lo Stato ebraico è disposto a sacrificare del territorio per arrivare alla pace, ma non ha specificato se un accordo includerebbe anche la Cisgiordania e Gerusalemme Est; tuttavia, si è detto disposto a degli scambi di territorio che permettano di mantenere l'integrità territoriale e demografica sia di Israele che del futuro Stato palestinese.
"Non voglio dire che Israele voglia sbarazzarsi degli arabi israeliani ma sappiamo per esperienza che i Paesi si dividono su linee demografiche, e un buon esempio è l'ex Unione Sovietica", ha spiegato Ayalon, sottolineando come se i palestinesi vogliono che Israele accetti la loro autodeterminazione essi devono accettare il diritto dello Stato israeliano di definirsi come "ebraico".

(Apcom, 13 febbraio 2010)

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Iran, capo di Stato maggiore Usa in arrivo in Israele

È l'allarme suscitato dai programmi nucleari iraniani il tema dominante degli incontri che l'ammiraglio Mike Mullen, capo degli stati maggiori riuniti degli Usa, avrà da domani in Israele, dove è in arrivo per una missione non precedentemente annunciata. Lo riferiscono oggi i media online israeliani, riportando con evidenza la notizia. Mullen vedrà i vertici militari dello Stato ebraico, a cominciare, dal capo di stato maggiore, generale Gabi Ashkenazi, e - separatamente - il ministro della Difesa, Ehud Barak.
Sarà ospite del quartier generale degli alti comandi di Israele, a Tel Aviv, e farà tappa a Gerusalemme solo per visitare lo Yad Vashem, il museo-memoriale della Shoah, e rendere omaggio alle vittime dello sterminio nazista. Il sito del giornale Haaretz sottolinea che la missione del numero uno operativo delle forze armate americane arriva a pochi giorni dagli ultimi annunci sulle intenzioni iraniane in materia di arricchimento dell'uranio, intenzioni che a Washington sono state definite "tutto, fuorchè pacifiche".
Quello del Jerusalem Post ricorda dall'altra parte come Mullen, in una recente intervista al New York Times, abbia ribadito la raccomandazione a Israele di trattenersi da qualsiasi ipotesi di attacco militare unilaterale contro i siti atomici dell'Iran, per dare tempo di fare effetto alle nuove sanzioni che l'amministrazione Obama sta promuovendo contro Teheran in seno alla comunità internazionale.

(l'Occidentale, 13 febbraio 2010)

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Polizia israeliana sotto attacco telefonico

Ogni mese oltre 30 mila chiamate raggiungono il centralino della polizia del settimo distretto di Giudea e Samaria - "Pronto polizia? Fottetevi le vostre sorelle". Ogni mese il centralino telefonico della polizia di Giudea e Samaria, riceve circa 30 mila telefonate del genere da parte dei palestinesi. A rivelarlo, in un'intervista al Jerusalem Post, è stato Nir Carmeli, sovrintendente capo della sala di controllo della polizia del settimo distretto israeliano. "Senza uno screening preventivo - ha sostenuto Carmeli - riceveremmo dalle 90 alle 100 mila telefonate al mese. Spesso sentiamo gente maledire le nostre madri e le nostre sorelle. Altre volte chi chiama minaccia di farci saltare in aria o avvisa che sta per essere compiuto un attentato suicida. Quando ciò accade - ha continuato l'agente - trattiamo la chiamata come una minaccia reale e la passiamo all'Idf e allo Shin Bet. Dall'intelligence il caso raggiunge le forze di sicurezza che vengono prontamente allertate". Il responsabile del quartier generale di Mevaseret Adumim ha inoltre evidenziato le problematiche psicologiche per gli addetti al numero d'emergenza. "Ora gli operatori forniscono il loro nome solo dopo che il sistema identifica la chiamata come reale. Con tutte le minacce e le maledizioni che si sentono ripetere quotidianamente gli agenti rimangono scioccati e noi cerchiamo di formare il personale a non inveire a sua volta ma a riagganciare semplicemente". Infine Carmeli ha spiegato come vengono filtrate le chiamate per rendere più efficente il servizio. "La decisione dev'essere presa in pochi secondi, e il tempo è un elemento essenziale per fornire pronta assistenza quando è realmente necessaria. Una voce registrata mette in attesa l'utente ripetendo che è in corso la deviazione all'agente responsabile - ha svelato il sovrintendente capo - e se dall'altra pare sentiamo insulti il numero di telefono viene immediatamente registrato dal sistema e disabilitato per 21 giorni. Se dopo tale periodo di tempo il medesimo numero viene usato per lo stesso scopo allora non potrà più raggiungere i nostri operatori per oltre un mese. Infine, in seguito a casi di offese reiterate il numero viene disattivato permanentemente". Carmeli ha chiuso l'intervista specificando che "non c'è lo zampino di nessun colono dietro le chiamate. Queste vengono fatte dai palestinesi che continuano a maledirci sia in ebraico che in arabo".

(PeaceReporter, 12 febbraio 2010)

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L'Eni dà l'addio all'Iran: lasceremo dopo marzo

MILANO - L'Eni continuerà ad operare in Iran per assicurare le garanzie e le manutenzioni, tuttavia la presenza del gruppo italiano nel Paese è destinata a diminuire «significativamente» dopo marzo. Lo ha detto l'amministratore delegato del cane a sei zampe, Paolo Scaroni.
La questione della presenza in Iran dell'Eni è esplosa con il viaggio di Berlusconi in Israele, quando il premier annunciò che la società guidata da Scaroni avrebbe lasciato Teheran come forma di "sanzione" nei confronti del regime antidemocratico degli ayatollah e del presidente Ahmadinejad. Scaroni ha detto di ritenere «che il contratto di Darquain, l'ultimo firmato nel 2001, possa arrivare a una fase di completamento entro la primavera di quest'anno».

(Il Gazzettino, 12 febbraio 2010)

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Rapporto: Israele oggetto di una campagna di delegittimazione mondiale

Ma il governo è invitato a non ignorare le critiche legittime

GERUSALEMME, 12 feb. - Israele deve fronteggiare una campagna mondiale di delegittimazione, che mira a isolarlo e occultarne il carattere ebraico e democratico. Lo indica una relazione presentata al gabinetto israeliano, che invita però il governo a non ignorare "le critiche legittime".
"La demonizzazione di Israele (...) mira a negare la sua legittimità e presentarlo come un'entità coloniale associata a pratiche naziste, alla segregazione o al razzismo", è scritto in questa relazione dell'Istituto di ricerca Reut di Tel Aviv sulle questioni economiche e sociali che è stato presentato al governo di Benjamin Netanyahu.
Questa relazione, di cui la France Presse ha ricevuto una copia, critica in particolare "manifestazioni ostili ai rappresentanti israeliani in università straniere o negli stadi, appelli al boicottaggio dei prodotti realizzati in Israele, o anche tentativi che mirano a fermare e proseguire in giudizio all'estero dei responsabili" dello stato ebraico.
La relazione chiama in particolare in causa una rete mondiale di individui, associazioni e ong filo-palestinesi, arabe o musulmane spesso legate alla sinistra "il cui denominatore comune è presentare Israele come uno stato paria e negare il suo diritto all'esistenza".

(Apcom, 12 febbraio 2010)

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L'Iran prepara l'email di regime

Internet non ha mai incontrato la simpatia del governo di Teheran, la Rete permette di veicolare contenuti sovversivi, istanze di libertà e notizie che il regime iraniano desidera non vengano rese note; l'ennesima vittima della censura del paese asiatico potrebbe essere Gmail.
Secondo quanto riferito dall'autorevole Wall Street Journal, l'agenzia iraniana per le telecomunicazioni sarebbe intenzionata a sospendere quanto prima e in modo definitivo tutti i servizi per la gestione della posta elettronica che fanno capo a Mountain View.
Al posto di Gmail, gli internauti iraniani avrebbero la possibilità di utilizzare un servizi email fornito direttamente dallo Stato, inutile dire che una soluzione del genere potrebbe avere implicazioni devastanti per la già poca libertà di parola permessa dal regime di Teheran.
Intanto per Gmail in Iran sono già cominiciati i malfunzionamenti, secondo alcune segnalazioni in certi casi una mail inviata impiegherebbe anche 7 ore per arrivare ai destinatari, i controllori della censura di regime hanno i loro tempi...

(Mr.Webmaster, 12 febbraio 2010)

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Raid israeliano a Jenin contro la casa dell’attentatore

Il raid si è concluso con alcuni fermi, interrogatori e la notifica di un provvedimento di demolizione della casa dell'assassino, secondo un'abituale procedura ritorsiva - L'attentatore, Mohammad Khatib, è stato arrestato nell'imminenza del fatto

Unità militari di Israele hanno compiuto nelle prime ore dell'11 febbraio un raid a Jenin (Cisgiordania) contro la casa della famiglia dell'attentatore palestinese che ieri 10 febbraio ha accoltellato a morte un sergente dell'esercito israeliano, fermatosi a un incrocio a bordo di un fuoristrada durante un servizio di pattuglia vicino alla colonia di Tapuach.
Il raid si è concluso con alcuni fermi, interrogatori e la notifica di un provvedimento di demolizione della casa dell'assassino, secondo un'abituale procedura ritorsiva. L'attentatore, Mohammad Khatib, è stato arrestato nell'imminenza del fatto. Si tratta di un ufficiale dei servizi di sicurezza palestinesi che - stando ai primi risultati delle indagini israeliane riportati dal sito Ynet - avrebbe "agito da solo". La vittima, un sottufficiale arabo-israeliano di origini druse che paradossalmente aveva lo stesso cognome di chi lo ha ucciso - Ihab Khatib (28 anni) -, sarà sepolta oggi nel cimitero militare di Maghar, suo villaggio natale. Ihab Khatib è il primo israeliano ucciso nella Cisgiordania occupata dall'inizio del 2010, il secondo negli ultimi tre mesi.
Il ministro per lo Sviluppo Regionale, Silvan Shalom, ha accusato i vertici della stessa Autorità nazionale palestinese (Anp), e in particolare il premier moderato Salam Fayyad, di essere in qualche modo corresponsabili dell'accaduto per aver rialzato negli ultimi mesi il tono della retorica politica contro Israele. Fayyad non ha replicato, ma ha condannato formalmente l'uccisione del sottufficiale in una nota nella quale si assicura che l'Anp «intende continuare a prendere tutte le misure necessarie per evitare il ripetersi di episodi simili, contrari agli interessi nazionali palestinesi oltre che agli obblighi assunti dall'Anp».

(Blitz quotidiano, 12 febbraio 2010)

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Visita guidata alla sinagoga di Ferrara

di Bernardo Aiello

La sinagoga di Ferrara
Dopo aver pagato regolare biglietto d'ingresso, all'ora fissata ha inizio la visita guidata alla sinagoga, posta al centro di quello che fu il ghetto della città di Ferrara. Dal Quattrocento uno spicchio nel cuore del centro antico della città fu abitato dagli ebrei ed alla sera venivano chiuse a chiave le porte poste sulle vie che vi accedevano: via Sabbioni (oggi via Mazzini), via San Romano, via Gattamarcia (oggi via Vittoria). Erano le gerarchie cattoliche a gestire la chiusura di queste porte, vigilate da soldatesche in armi durante la notte, al punto che oggi è per gentile concessione di una Curia non più contrapposta che si possono ammirarne le chiavi nel museo ebraico, contiguo alla sinagoga ed oggetto anch'esso della visita guidata.
E' una giovane signora a far da cicerone, guidando il gruppo prima nella sinagoga attualmente luogo di culto, poi nei locali del museo ebraico ed infine in quella che fu la sinagoga maggiore e che oggi è rimasta lì, inutilizzata, a testimoniare la bestialità di quanti il 21 settembre 1941 ne sfondarono le porte e ne distrussero i marmi, gli arredi, le memorie, gli oggetti di culto.
Data la sua giovane età, certamente la signora è vissuta lontana da quei tempi; ma altrettanto certamente li conosce bene ed essi sono stati sovente al centro delle sue riflessioni, come l'incontrollabile incrinarsi della sua voce ad ogni piè sospinto testimonia. Trae un profondo respiro nel dire che il primo punto per il rispetto da portare al rotolo manoscritto della Torah consiste nel fatto che essa è ritenuta la voce di Dio che parla all'uomo; che ogni Torah è scritta a mano e che, quando per l'età non può assolvere più la sua funzione perché illeggibile, essa viene sepolta e continua da sepolta ad esercitare la sua influenza sul mondo; e così via, nell'elencare al visitatore gli aspetti del rito.
Ma la voce trema soprattutto quando parla delle decine di ebrei arrestate e consegnate ai nazisti nel 1944, e perciò rimaste ancora nel ghetto di Ferrara a cercare di continuare a vivere malgrado l'estrema tempesta infuriasse intorno a loro ; e cerca di spiegarlo con la secolare felice convivenza fra cristiani ed ebrei nel ferrarese. Ma proprio è convinta che queste persone non abbiano voluto fare come gli struzzi e, davanti al pericolo, non abbiano ficcato la testa nella sabbia? Bruno Bettelheim la pensava diversamente.
Il grande vecchio viennese medico dell'infanzia disabile, forzato ospite di Dachau e di Buchenwald all'epoca dell'Anschluss, ha parlato di un fenomeno, che in mancanza di un termine migliore ha chiamato «mentalità del ghetto».
In questo consiste la mentalità del ghetto: nel credere che ci si possa ingraziare un mortale nemico negando che le sue frustate fanno male, negando la propria umiliazione in cambio di una tregua, dando il proprio sostegno a chi poi userà quella forza per meglio annientarti. Tutto questo fa parte della filosofia di vita del ghetto.
E concludeva: se non ci battiamo per noi stessi, nessuno si batterà per noi. Gli ebrei sotto Hitler non combatterono per sé stessi, perirono: quelli che lo fecero, per la maggior parte si salvarono, persino sotto Hitler. Giacché gli ebrei, in così gran numero, non vollero combattere, nessuno combatté per loro. Infatti, come dice Hillel : "Se non sto io dalla mia parte, chi ci starà ?", così citando Hillel, rabbino del primo secolo.
Il tremore della voce della guida ci dice che, forse, ancor oggi non è possibile a tanti ebrei ripristinare soddisfacenti equilibri di vita dopo l'olocausto; e, al pensiero delle tante forme di oppressione assolute dell'uomo sull'uomo ancor oggi esistenti (vi dice qualcosa l'espressione "la strage dei bambini per fame nel mondo"?), delle tante mafie, delle tante forme, occulte e palesi, di esercizio del potere irresponsabile (vi dice qualcosa la parola "carceri"?), delle tante forze, nascoste ed esplicite, volte alla negazione della dignità della persona umana (vi ricordate di Enzo Tortora ?), ecco allora che, visitando la sinagoga di Ferrara, non si può non dire «io sono ebreo».

(Agora Vox, 12 febbraio 2010)

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Basket - Il Real Madrid affronterà una squadra israelo-palestinese

La prestigiosa squadra di basket del Real Madrid potrebbe presto incontrare una selezione di giocatori israeliani e palestinesi nell'intento di raccogliere fondi che saranno devoluti a progetti economici di sviluppo. Lo anticipa il quotidiano Maariv secondo cui l'iniziativa è stata discussa ieri dal ministro spagnolo degli esteri Miguel Moratinos con il governatore della città cisgiordana di Jenin Cadura Mussa e con il presidente del vicino consiglio regionale di Ghilboa Dani Atar. Ancora il progetto non è stato finalizzato "ma i contatti sono entrati in fase avanzata", secondo il giornale.
Il palestinese Mussa e l'israeliano Atar sono da tempo impegnati nel lanciare iniziative economiche congiunte, con il sostegno dell'emissario del 'Quartetto' (Usa, Onu, Russia, Ue) Tony Blair, a beneficio delle rispettive zone di amministrazione. Mussa e Atar, precisa Maariv, hanno intrapreso assieme un viaggio in Spagna e in Francia per illustrare in dettaglio i loro progetti.

(la Repubblica, 12 febbraio 2010)

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La potenza economica dietro il terrore

Arriva in libreria il saggio "Radical, Religious, Violent" di Eli Berman che invita a non concentrare l'attenzione sulla figura "antropologica" del terrorista-kamikaze.
Per capire l'èra del terrorismo diffuso, sostiene l'autore, è più importante guardare alla vasta trama di appoggi finanziari e agli enormi mezzi economici di Al Qaeda, Hamas, Hezbollah.

(la Repubblica, 11 febbraio 2010)

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Shoah - Eredi sopravvissuti denunciano le ferrovie dell’Ungheria

Secondo l'accusa, fornì consapevalmente i vagoni per le deportazioni

ROMA, 11 feb. - Eredi di sopravvissuti all'Olocausto hanno presentato una denuncia presso la corte di Chicago, negli Stati uniti, contro le ferrovie dello stato ungherese Mav, chiedendo risarcimento per il coinvolgimento nella deportazione degli ebrei durante la seconda guerra mondiale. Lo scrive l'agenzia di stampa magiara Mti.
La denuncia è arrivata da una serie di discendenti di sopravvissuti all'Olocausto che vivono in Israele e negli Stati uniti. In tutto chiedono qualcosa come 1,24 miliardi di dollari.
Sulla base di ricerche durate nove anni, i discendenti dei deportati sostengono che la Mav fornì i suoi vagoni "ben consapevole" che sarebbero stati utilizzati per trasportare qualcosa come 437mila ebrei nel campo di sterminio di Auschwitz tra marzo e ottobre 1944.
La denuncia è stata depositata presso la Northern District Court dell'Illinois ed è stato già indicato un giudice che se ne occuperà.
Al tempo degli avvenimenti, l'Ungheria era sotto il regime collaborazionista filonazista delle croci frecciate.

(Apcom, 11 febbraio 2010)

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Israele, aumentano gli investimenti sul turismo

di Giovanni Frenda

Tutti conoscono Israele se non altro per avere studiato a scuola nelle ore di religione che è la Terra Promessa, dove sono accaduti gli avvenimenti più significativi della storia dell'umanità, anche se molti poi faticano a indicare con precisione dove si colloca geograficamente. Questa nazione è stata per anni considerata una meta per i pellegrinaggi a Gerusalemme, culla della civiltà e città sacra per Ebrei, Cristiani e Musulmani, e ai luoghi di Gesù, come Betlemme, con la Basilica della natività a ricordo, Nazareth, dove trascorse la giovinezza e il monte delle Beatitudini, Catarnao, sul quale predicò e impartì i suoi insegnamenti.
Spesso però ci si dimentica che è anche meta balneare, bagnata da ben quattro mari: il Mediterraneo, il Mar di Galilea, il Mar Morto e il Mar Rosso. Non possiamo poi scordare altre località come il Neghev, splendido deserto nel sud del Paese in cui si trovano riserve naturali e il punto di osservazione, Makhtesh Ramon.
Forte di queste caratteristiche il ministro del Turismo Stas Misezhnikov ha dichiarato, in occasione della 16ma Assemblea Internazionale Mediterranea del Turismo inaugurata a Tel Aviv, che intende attrarre 1 milione di turisti all'anno entro il 2013, il che comporterebbe un aumento del 30 per cento del numero dei visitatori. Già i dati di Gennaio 2010 mostrano un miglioramento, con il 62% d'incremento rispetto allo scorso anno, e un più 17% rispetto al 2008.
Il 2009 è stato un anno da dimenticare per il turismo Israeliano a causa della crisi internazionale, delle tensioni e dei combattimenti che si sono svolti nella Striscia di Gaza, così che dal gennaio all'ottobre 2009 sono scese le presenze dal mondo del 15% e dall'Italia del 10%. Nel 2008 gli italiani arrivati nello Stato israeliano sono stati circa 125 mila: nel 2009 il totale si è aggirato intorno alle 100 mila unità, mentre per il 2010 l'obiettivo è quello d'incrementare le percentuali fino a toccare quota 150 mila unità.
L'arrivo dei turisti in Israele è molto influenzato dalle tensioni con i palestinesi e dalle notizie che vengono diffuse riguardo alla situazione politica, ma il ministro del turismo ha però dichiarato l'impegno teso ad aumentare i numeri nel settore di sua competenza.
Gli accordi con le maggiori compagnie aeree sono una dimostrazione dei loro sforzi. La politica denominata 'cieli aperti' che ha ridotto le restrizioni a quelle di proprietà straniera che intendono pianificare voli verso Israele, permettendo di incrementarli insieme al numero di passeggeri. Senza quest'accordo, infatti, le limitazioni avevano gravemente colpito gli arrivi nel Paese.
Durante la Fiera a Tel Aviv, il ministro ha specificato che l'aumento dei flussi turistici porterà circa 2 mila nuovi posti di lavoro rendendo l'industria del turismo una voce importante nel bilancio nazionale.
Tra i Paesi che stanno investendo di più, troviamo gli Stati Uniti, la Russia, la Germania, la Francia, la Gran Bretagna e l'Italia, ma si punta molto sulla Cina. Infatti, l'El Al, compagnia aerea locale, società relativamente piccola, con meno di 40 aeromobili, è alla ricerca di una collaborazione con Air China, nel tentativo di aprire e incoraggiare il turismo cinese.
La situazione italiana è stata illustrata dal nuovo Direttore dell'Ufficio Nazionale Israeliano del Turismo in Italia, Tvzi Lotan: ha come obiettivo, per il 2010, l'incremento del numero dei turisti in viaggio verso Israele attraverso una campagna pubblicitaria sui principali quotidiani italiani fino a marzo.
Israele, lo sanno bene gli addetti al turismo, è una località difficile da vendere, pochi sono gli operatori che indirizzano lì degli investimenti. La campagna pubblicitaria che l'Ufficio del Turismo di Stato sta pianificando in Italia e nel mondo mira infatti a diffondere un'immagine diversa di questo Paese nel mondo.

(Periodico italiano, 11 febbraio 2010)

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Sventato rapimento Hamas di un militare israeliano

Militante di Hamas arrestato lo scorso 12 dicembre

ROMA, 11 feb. - I servizi di sicurezza israeliani hanno arrestato nello scorso dicembre un militante di Hamas che si era infiltrato nello Stato ebraico allo scopo di rapire un militare, ucciderlo e negoziare la riconsegna del corpo.
Come riporta il quotidiano israeliano Ha'aretz, l'arresto è stato effettuato il 12 dicembre scorso, mentre erano in corso i negoziati fra Hamas e Israele per il rilascio di Gilad Shalit, il militare rapito dalle milizie palestinesi nel giugno del 2006.
L'uomo, identificato come Salman Abu Atik, aveva cercato di entrare in Israele attraverso la frontiera egiziana dopo aver lasciato la Striscia di Gaza attraverso uno dei tunnel utilizzati per il contrabbando.

(Apcom, 11 febbraio 2010)

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Teheran appalta la guerra a Hezbollah e Hariri sta al gioco

di Michael Sfaradi

Saad Hariri
Il premier libanese Saad Hariri in un'intervista alla televisione inglese di Bbc ha detto: "Israele minaccia di scatenare una nuova guerra in Medio Oriente. Vediamo quello che sta avvenendo sul terreno e nel nostro spazio aereo da due mesi a questa parte, con i jet israeliani che ogni giorno violano lo spazio aereo libanese. Stiamo assistendo ad una escalation, e questo è molto pericoloso. Il Paese è unito e il suo governo sarà al fianco del gruppo sciita Hezbollah in caso di guerra. Non ci saranno divisioni in Libano, saremo con il nostro popolo contro Israele".
Per dovere di cronaca dobbiamo ricordare che Israele negli ultimi 12 mesi è stata più volte aggredita e colpita dai razzi Katyusha provenienti dal Libano, di conseguenza i voli nel suo spazio aereo sono dovuti alla necessità di monitorare il territorio e il riarmo di Hezbollah che continua disattendendo la risoluzione Onu 1701. Ciò che Saad Hariri ha dichiarato è probabilmente il frutto del suo viaggio in Siria dove ha abbracciato insieme ad Assad, probabile mandante dell'omicidio di suo padre Rafiq, anche le tesi iraniane, consegnando così il Libano nelle mani di Hassan Nasrallah capo di Hezbollah e proconsole di Ahmedinejad.
Il premier libanese ha dimostrato di non essere lungimirante, perché lo schierarsi a fianco di una milizia terroristica, che in caso di guerra non si farà scrupoli di colpire le città e le popolazioni civili israeliane, può costare caro al suo popolo che diventerebbe bersaglio per l'aviazione e l'artiglieria con la stella di David. Si delinea così il quadro delle alleanze che, nel momento critico, si stringeranno intorno al regime degli Ayatollah: oltre all'onnipresente Siria, Hamas ed alla Turchia di Erdogan (new entry in questa triste lista) e in attesa di capire le scelte di Egitto e Giordania e del resto dei Paesi arabi, possiamo ora aggiungere il Libano che ha deciso da che parte sarà schierato nel momento della verità.
Rimane che, al contrario di ciò che viene continuamente urlato dai vari tiranni arabi ed ai loro fan europei, non è Israele a minacciare una nuova guerra ma l'Iran con i suoi missili e le sue ricerche nucleari e coloro che, con la speranza di vedere l'Islam dominare il mondo, si stringono attorno ad un regime come quello di Teheran che sta trascinando l'umanità verso una catastrofe senza precedenti.

(l'Opinione, 11 febbraio 2010)

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Nucleare, per Teheran più problemi tecnici del previsto

Washington Post: a Natanz non esclusa l'ipotesi del sabotaggio

ROMA, 11 feb. - L'Iran sta incontrando più problemi tecnici del previsto nelle proprie attività di arricchimento dell'uranio: è quanto pubblica il quotidiano statunitense The Washington Post, citando fonti governative e delle Nazioni Unite.
In base ai dati forniti dagli ispettori dell'Onu, il rendimento dell'impianto di Natanz è stato talmente basso da non far escludere l'ipotesi di sabotaggio: alla fine del 2009 la metà delle circa 8.700 centrifughe non era operativa e il numero delle macchine funzionanti è calato dalle circa 5mila del mese di maggio alle 3.900 di novembre.
Tuttavia, gli analisti avvertono che Teheran rimane comunque in grado di produrre una quantità di uranio arricchito sufficiente per un ridotto arsenale nucleare, se ne avrà la volontà politica; i problemi tecnici potrebbero però fornire un periodo di tempo più lungo per i negoziati e convincere Teheran a giungere ad un accordo.
Fonti governative statunitensi avvertono di considerare con cautela i dati relativi a Natanz, primo perché facilmente falsificabili e secondo perché l'Iran potrebbe possedere altri impianti segreti finora non rilevati, come quello di Qom.

(Apcom, 11 febbraio 2010)

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Palatucci, esempio da seguire

Ricordato l'ex questore di Fiume

ROVIGO - Si è tenuta la cerimonia commemorativa in ricordo del 65. anniversario della morte del questore di Fiume, Beato Giovanni Palatucci, avvenuta nel campo di concentramento di Dachau. Nella piazza a lui dedicata è stata deposta una corona d'alloro, alla presenza di tutte le autorità cittadine. Il questore Aldo Adinolfi ha ricordato la figura di Palatucci che grazie al suo coraggio riuscì a salvare migliaia di vite sacrificando la propria. «Un uomo di grande generosità e altruismo che deve essere d'esempio per le nuove generazioni». Il vice sindaco Graziano Azzalin, in rappresentanza dell'amministrazione comunale ha ribadito l'importanza di richiamare alla nostra mente queste pagine di storia e figure che hanno saputo dare orgoglio alla nostra nazione. Giovanni Palatucci è morto nel campo di sterminio di Dachau il 10 febbraio 1945. E' stato un poliziotto italiano, commissario di pubblica sicurezza. Medaglia d'oro al merito civile per aver salvato la vita ad oltre cinquemila ebrei durante la seconda Guerra Mondiale e, per questo, anche nominato Giusto tra le nazioni. Alla cerimonia erano presenti anche i ragazzi delle scuole superiori cittadine.

(Il Gazzettino.it, 11 febbraio 2010)

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L'ambasciatore d'Israele incontra la Regione del Veneto

di Michael Calimani

Ghideon Meir e signora
Si è svolto, nella sede della Regione Veneto a Palazzo Balbi, un incontro ufficiale tra Giancarlo Galan, presidente della Regione del Veneto e Ghideon Meir, ambasciatore d'Israele in Italia, un'occasione per rinsaldare la storica relazione e per sviluppare le basi per una futura collaborazione in ambito scientifico, economico e accademico.
"Teniamo in modo particolare - ha affermato il presidente Galan - al nostro legame con lo Stato d'Israele, uno dei paesi dove ritroviamo un elemento fondamentale dell'anima europea: l'ebraismo, senza il quale verrebbero meno straordinarie idee filosofiche, immortali conquiste culturali e artistiche che corrispondono pienamente alla nostra idea di Occidente. Senza ebraismo non c'è Europa, senza le radici giudaico-cristiane non c'è Europa e non c'è Occidente".
Non solo cultura, ma anche nuove prospettive di mercato, come ha ricordato Giorgio Simonetto, presidente di Veneto Innovazione: "Israele ha adottato una politica che mira a aumentare le proprie capacità competitive attraverso lo sviluppo scientifico e tecnologico. Nella scienza, Israele incoraggia la costituzione di centri ad alta specializzazione in aree di importanza vitale per lo sviluppo del settore industriale, mentre nella tecnologia aspira al raggiungimento di obiettivi elevati soprattutto attraverso la specializzazione in aree ben definite. Si parla di collaborazioni nei settori delle nanotecnologie e biotecnologie e, in divenire, una collaborazione nel campo della nanobiomedicina, non solo dal punto di vista diagnostico, ma anche dal punto di vista delle possibili cure. Israele detiene infatti i brevetti per l'incapsulamento dei farmaci, ottenuti con le nanotecnologie, per la cura di alcune tipologie di tumori. Le nostre imprese collaborano già da tempo con partner israeliani nel settore dell'elettronica, dell'irrigazione e della gestione delle acque e nel settore metalmeccanico, e sottoscrivono joint venture al 50 per cento dimostrando una reciproca fiducia difficilmente riscontrabile in altri ambiti."
Nel suo intervento l'ambasciatore Meir, accompagnato nella visita dalla moglie Amira Cohen e dal consigliere per gli Affari Economici Gila Rosiner, ha voluto esprimere il suo apprezzamento per il rapporto duraturo con la regione Veneto: "Non è da ricordare solo la storia della nostra relazione, ma anche la sua attualità, l'importanza che gioca e ha giocato, ben rappresentata dalla biennale d'arte di Venezia, che ad ogni edizione mette in mostra il meglio della cultura israeliana. Molti ci conoscono per il conflitto israelo-palestinese, ma questo non è di certo l'elemento principale che ci caratterizza. Israele non è solo conflitto, ma è anche tecnologia avanzata, buona economia e cultura". Negli ultimi giorni l'ambasciatore ha avuto inoltre l'occasione di visitare l'università di Verona, con il proposito di rafforzare ulteriormente i legami accademici tra gli atenei israeliani e quelli veneti, ampliando le collaborazioni in corso con le Università di Padova e Venezia.
Un'opportunità d'incontro per commentare anche l'agenda politica con un riferimento specifico alla visita del premier italiano in Israele. I rapporti tra Silvio Berlusconi e Benjamin Netanyahu hanno interessato anche argomenti quali i negoziati di pace e la questione iraniana: "I due premier - a detta dell'ambasciatore Meir - si sono trovati concordi nel considerare l'Iran, con il suo programma nucleare e l'innegabile supporto al terrorismo, un pericolo oggettivo per la stabilità mondiale".

(Notiziario Ucei, 11 febbraio 2010)

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Operazione Piombo Fuso, un anno dopo ritorna la tensione

ROMA, 11 febbraio '10 - Segnali contrastanti per il Medio Oriente con l'inizio del 2010. Al confine con Gaza la situazione va gradualmente deteriorandosi e gli incidenti si moltiplicano. Ma dopo una intensa attività diplomatica appare adesso a portata di mano la ripresa di negoziati di pace con l'Anp.
La stampa riferisce con titoli vistosi che la periferia di Netivot - cittadina del Neghev, distante 20 chilometri dalla striscia - è stata colpita da un razzo di tipo Grad sparato da Gaza. A un anno dalla conclusione della Operazione PIOMBO FUSO il nervosismo fra gli abitanti del Neghev è palpabile: mentre a Sderot si svolgeva una manifestazione di protesta ad alcuni chilometri a sud, al valico di Kerem Shalom, sono esplosi due colpi di mortaio sparati da Gaza. Giorni fa, all'estremità nord della Striscia, sono stati uccisi tre miliziani palestinesi mentre, secondo la versione israeliana, si recavano verso il territorio israeliano con potenti ordigni.
Nella stessa zona, nuovo incidente. La agenzia di stampa dei coloni YeshaNews ha riferito che tre miliziani palestinesi hanno aperto il fuoco contro miliziani israeliani che si addestravano nelle vicinanze. Per mettere fine all'incidente è intervenuta la marina militare israeliana che, sparando dal mare, ha costretto i palestinesi alla fuga. Intanto anche a Gaza City la tensione sta crescendo. I servizi di sicurezza di Hamas hanno reso noto di aver sventato il rapimento di un dirigente del loro braccio armato, Brigate Ezzedin al-Quassam. Secondo Abu Abdallah, un responsabile dei servizi segreti di Hamas, il piano era stato ordinato da ex membri dei servizi di sicurezza dell'Anp a Gaza, "legati ad al-Fatah e adesso a servizio dello Shin Bet", i servizi segreti israeliani. Con quel sequestro, afferma Hamas, Israele sperava di ricavare informazioni utili a localizzare Ghilad Shalit, il caporale tenuto in ostaggio a Gaza dal 2006. Una milizia di Gaza, i Comitati di resistenza popolare, ha reso noto che il suo segretario generale sceicco Abu al-Qassem Dughmush è appena sfuggito ad un attentato. Ignoti gli hanno inviato a casa una borsa ma le sue guardie del corpo si sono insospettite e hanno neutralizzato un ordigno che era all'interno. Anche in questo caso si punta un dito accusatore verso palestinesi "collaborazionisti di Israele".

(Agenzia Fuoritutto, 11 febbraio 2010)

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Il dissidente

di Rolla Scolari

Ebrahim Nabavi
«Il popolo non ha nulla a che vedere con i recenti attacchi all'ambasciata italiana a Teheran e la ferma posizione di Roma sulle sanzioni all'Iran per il suo programma nucleare «può servire». Ne è convinto Ebrahim Nabavi, scrittore e autore di satira iraniano, in esilio in Belgio a causa della sua penna (in Italia è uscito il suo Iran. Gnomi e giganti, paradossi e malintesi). Dietro all'assalto alle sedi diplomatiche, dice al Giornale, ci sono i basiji, milizia legata al regime, e l'obiettivo degli attacchi è interno: rinvigorire il fronte antioccidentale nel Paese.
Che cosa pensa dell'assalto all'ambasciata italiana a Teheran e degli slogan contro il Paese dopo la visita di Silvio Berlusconi in Israele?
«Attaccare le ambasciate dei Paesi stranieri, dopo l'assalto alla sede diplomatica americana nel 1979, è diventata una tradizione rivoluzionaria. I recenti attacchi non hanno niente a che fare con la popolazione: sono stati i basiji per fare pressioni sull'Europa e rendere più forte «l'onda antistranieri».
Qual è il motivo dell'attacco?
«Non il viaggio di Berlusconi in Israele. Lo stesso giorno, altre sedi diplomatiche sono state attaccate. L'obiettivo è la risoluzione dei problemi interni».
Come reputa la posizione dell'Italia, che insiste sull'imposizione di sanzioni?
«È una posizione che può servire. Da un lato, i pasdaran, per ordine del governo, attaccano ambasciate; dall'altro, il governo accetta le proteste occidentali e cerca di bloccare gli assalti. Il regime tenta di provare che dietro ai problemi interni ci sono gli stranieri»
Che cosa pensa delle sanzioni?
«Se le sanzioni hanno come obiettivo il governo sono efficaci. Non sono d'accordo con sanzioni che raddoppiano i problemi della popolazione. Purtroppo, voi europei non siete severi con l'Iran: da una parte pensate a sanzioni; dall'altra lo corteggiate».
Il movimento verde è ancora attivo nonostante gli arresti e le sentenze di morte?
«Domani (oggi, ndr) ci saranno più di due milioni di "verdi" in piazza. Il movimento, nonostante gli arresti e le sentenze di morte, è pronto a dimostrare la sua grande vitalità».
Manca un leader carismatico?
«Il movimento verde ha migliaia di leader intelligenti e saggi. Il motivo per cui è sempre vivo è proprio perché tutti sono leader e se uno viene arrestato si può andare avanti».
Chi sono le «vittime» della sua satira?
«Le mie ultime "vittime" sono state Ahmadinejad e l'ayatollah Khamenei. Ho scritto sugli assalti all'ambasciata: "I basiji hanno attaccato l'ambasciata italiana e dopo quattro ore di sforzo e fatica sono riusciti a staccare tre chiodi della placca via Roma"».

(il Giornale, 11 febbraio 2010)

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Gerusalemme, scoperta antica strada dei pellegrini

Di epoca bizantina, era indicata in una carta geografica più antica

Il mosaico di Madaba
GERUSALEMME, 10 feb. - Parte di un'antica strada utilizzata dai pellegrini cristiani in epoca bizantina è stata scoperta dagli archeologi israeliani nei pressi della porta di Jaffa, a Gerusalemme. La scoperta conferma quanto mostrato dalla più antica carta geografica della Terra Santa, il mosaico di Madaba: custodito nell'omonima città giordana all'interno della chiesa bizantina di San Giorgio, indica chiaramente l'esistenza della via, una delle principali per l'accesso a Gerusalemme. I resti della strada - venuti alla luce nel corso di lavori di ristrutturazione della porta di Jaffa - verranno tuttavia interrati di nuovo entro un mese a causa del traffico intenso in questa parte della Città Vecchia.

(Apcom, 10 febbraio 2010)

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Ateneo e ricerca, ora si apre a Veronala pista israeliana

di Simone Incontro

Un incontro segreto - ufficialmente per motivi di sicurezza - tra l'ambasciatore israeliano a Roma Ghideon Meir e il rettore dell'Università di Verona Alessandro Mazzucco si è tenuto lunedì nel primo pomeriggio in ateneo. Il rappresentante di Gerusalemme in Italia e il rettore hanno parlato per quasi un'ora di "possibili collaborazioni tra l'Università di Verona e le università israeliane". Il faccia a faccia risulta molto interessante alla luce di quello che sta accadendo alla multinazionale inglese Glaxo e al destino dei suoi ricercatori. La notizia dell'incontro tra Mazzucco e Meir è stata confermata ieri dallo stesso ateneo scaligero e dal presidente di Veneto Innovazione Giorgio Simonetto e dal consigliere per gli Affari economici dell'ambasciata israeliana Gila Rosiner, presenti entrambi a Palazzo Balbi a Venezia per la conferenza stampa tra il governatore Giancarlo Galan e l'ambasciatore di Gerusalemme.
La Rosiner ci tiene a precisare che al momento si tratta solo di un primo approccio tra l'ateneo veronese e le istituzioni israeliane. «I primi passi di una collaborazione, ancora tutta da definire», ci rivela la diplomatica israeliana, «saranno progetti di scambio studenti, ricercatori e docenti». «Israele», continua la Rosiner, «soprattutto dopo la visita istituzionale di Silvio Berlusconi con otto ministri in Israele, intende aumentare le relazioni con l'Italia». A dire l'ultima parola di un coinvolgimento israeliano nella città di Verona sarà, però, solo la Matimop, la direzione internazionale dell'ufficio dei Capi Scienziati del ministero dell'Industria di Gerusalemme, l'ente che supervisiona i progetti internazionali. Nel 2009 Israele ha investito ben 320 milioni di dollari in ricerche accademiche dedicate alle nanotecnologie, un campo in cui Gerusalemme primeggia nel mondo. Israele ha già avviato collaborazioni scientifiche e accademiche in Veneto con le Università di Padova e Venezia. Ora sembra essere arrivato il momento dell'ateneo veronese: la notizia di un interscambio tra Verona e Gerusalemme in campo scientifico costituisce, in caso di una concreta attuazione, un segnale positivo per la ricerca e per il futuro dell'economia veronese.

(L'Arena, 10 febbraio 2010)

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Fuochi d'artificio a Teheran

Colloquio con Bijan Zarmandili

di Andrea Pira

Bijan Zarmandili
«Il regime iraniano vuole spostare l'attenzione e la tensione interne all'esterno del paese. Punta sull'orgoglio nazionalistico e sulla paura dell'accerchiamento per intimidire e neutralizzare l'opposizione». Bijan Zarmandili, scrittore e analista iraniano da tempo residente in Italia legge così l'attacco di decine di miliziani basiji contro l'ambasciata italiana a Teheran.

- Qual è il significato dell'attacco?
- Credo ci siano state delle ragioni specifiche per spiegare il grave e drammatico episodio di ieri a Teheran. Dopo l'attacco di Silvio Berlusconi contro un Ahmadinejad negazionista che si propone di trasformare il nucleare iraniano in armi nucleari, una reazione dell'Iran era prevedibile. Ma quello che sta accadendo va oltre i fatti contingenti e il contenzioso con l'Italia. Riguarda un'esigenza tattica del regime iraniano per allargare lo spazio dei suoi nemici esterni. Sino ad oggi sono stati solo il grande Satana americano e il piccolo Satana israeliano, ai quali ogni tanto si aggiungeva l'Inghilterra, alleata di ferro degli Usa e quindi nemico dell'Iran. Oggi, per giustificare la sua politica interna, il regime ha bisogno di un nemico esterno più vasto.

- Attaccare l'esterno perché gli oppositori interni capiscano?
- Le tensioni con l'Italia, l'Europa e gli altri paesi occidentali coincidono con l'anniversario della rivoluzione del '79. Una coincidenza non casuale. L'opposizione al regime, il movimento verde, da otto, nove mesi è presente nelle piazze e continua ad avere una sua vivacità. Il regime vuole portare le contraddizioni interne fuori dal paese.

- Il ministro degli Esteri Frattini ha ricordato il ruolo della polizia nel contenere l'attacco contro l'ambasciata. Come giudica il ruolo delle forze dell'ordine?
- È stata un'azione dettagliamene studiata. I paramilitari basiji attaccano, mentre la polizia, la forza ufficiale, difende. Non si è trattato di una manifestazione spontanea da parte di persone che hanno dei rancori nei confronti dell'Italia. È un elemento di una strategia ben precisa che rientra nelle esigenze tattiche del regime.

- È il primo dei «pugni in faccia» promessi all'Occidente dalla guida suprema Ali Khamenei?
- Gli attacchi sono stati un atto molto grave, ma siamo ancora nell'ambito della retorica rivoluzionaria. Non corrisponde a qualcosa di molto più consistente e ampio. Le cose potrebbero cambiare se questa tattica retorica si dovesse trasformare in una strategia di attacco o contrattacco in seguito a qualche elemento diverso rispetto alla situazione attuale.

- Un elemento diverso?
- Ad esempio con l'aumento dei richiami all'opzione militare potrebbero aumentare anche le reazioni dell'Iran. Per ora siamo però ancora in una fase retorica e dimostrativa.

- Che ruolo ha avuto il discorso tenuto dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in Israele?
- Il presidente del Consiglio è molto attento alle esigenze del momento e del suo interlocutore e ha tenuto ben presente i sentimenti degli israeliani nei confronti dell'Iran. Ma ho l'impressione che il discorso di Belusconi rientri in un clima più generale dei paesi occidentali nei confronti di Teheran. Dopo il fallimento del dossier sul nucleare si iniziano a creare le condizioni di un accerchiamento diplomatico dell'Iran molto più ampio. Probabilmente Berlusconi, pur riferendosi a questo clima, avrebbe dovuto tener conto delle condizioni specifiche dei rapporti tra Italia e Iran. Roma è il primo partner commerciale di Teheran. In una fase nel quale l'Iran esce dai confini della legalità internazionale si può anche rinunciare ai propri interessi economici, altrimenti la politica richiede più cautela.

(Lettera 22, 10 febbraio 2010)

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Corruzione nelle più alte sfere palestinesi

Il presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) si dichiara scioccato per le rivelazioni dei servizi di sicurezza palestinesi sulla corruzione nelle più alte sfere palestinesi: centinaia di milioni di dollari di aiuti internazionali sarebbero stati stornati a favore di alti funzionari palestinesi, stando ai documenti resi pubblici martedì sera dopo un'indagine condotta per sei anni.

(israele.net, 10 febbraio 2010)

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L'Iran ci attacca? È un buon segno

di Fiamma Nirenstein

L'aggressività del regime islamico dimostra che Berlusconi ha colpito il bersaglio giusto prendendo le difese di Israele e chiedendo la fine dell'inaccettabile sfida atomica al mondo.

L'assalto all'ambasciata italiana
Non è una novità vedere l'Italia al centro dell'attenzione dell'integralismo islamico. Ci sono parecchi imam e mufti che a svariate latitudini inveiscono appena possono contro Roma, i crociati, il cristianesimo, la civiltà occidentale, e promettono la vittoria. L'attacco di ieri all'ambasciata italiana è parte dell'anima della rivoluzione iraniana e della guerra islamista contro l'Occidente: quel qualche centinaio di basiji che lanciavano pietre e gridavano morte all'Italia devono avere sentito echeggiare nei loro imi precordi sentimenti profondi, così come chi ha preparato la protesta contro il discorso di Berlusconi a Gerusalemme e ha chiamato a severo colloquio il nostro ambasciatore, è senz'altro convinto che si tratti di una tappa come tante altre di un conflitto alla lunga inevitabile, proprio per l'essenza laica e democratica del nostro Paese.
Perché l'Iran, che festeggia domani, il 22 di Bahman, 11 di febbraio, la rivoluzione del 1979, è aggressiva ontologicamente. Lo sciismo di Ahmadinejad e di Khamenei crede che, per facilitare l'arrivo del suo Messia, non il migliorare l'accordo e l'accomodamento siano necessari, ma che lo siano invece il conflitto, il confronto e anche la conflagrazione finale. Allora sarà garantita la redenzione e la supremazia islamica sulla storia.
È per un motivo che sembra astratto, ma che invece nelle menti della leadership iraniana è molto concreto, che si corre verso il disastro: solo questa può essere la spiegazione del perché Teheran ha rifiutato la proposta dell'ottobre scorso, la migliore possibile per l'Iran, di consegnare il suo uranio a stati amici perché lo arricchissero e glielo restituissero. Adesso invece, dopo mesi in cui ha seguitato nel suo progetto terrorista e nella repressione del suo popolo, Ahmadinejad ci annuncia come niente fosse che l'uranio se lo arricchisce da solo e al venti per cento: questo significa semplicemente che quella tonnellata virgola otto di uranio arricchito al 3 per cento, già più che sufficiente come quantità per la bomba atomica, adesso riceverà anche l'arricchimento in più.
Non affrontando la realtà che l'Iran corre volontariamente verso la sfida totale, ci sembra un fatto minore che, insieme all'arricchimento, sia stata annunciata anche la produzione autonoma di sistemi «controllo attacco» S300, quelli che possono raggiungere le capitali europee, e di micidiali nuovi droni capaci di osservazione e di attacchi.
Intanto, si sa che sia gli Hezbollah che Hamas, insieme ai manipoli di terroristi fatti passare attraverso la Siria, sono un'arma di continua dimostrazione della determinazione dell'Iran a tenere aperto il fronte del terrore internazionale con una pistola alla tempia della democrazia israeliana, irachena, libanese. Il fatto che Khamenei parli di cazzotti da sferrare a destra e a manca, rimanda volutamente al tema della repressione interna, anch'essa sempre più feroce, sempre più sporca di sangue. Ma questo sangue finalmente grida vendetta, si è visto, nonostante le cortine fumogene che oscurano i mezzi di comunicazione di ogni tipo: il tema della violazione dei diritti umani è solo apparentemente meno cruciale di quello degli armamenti. L'Europa è finalmente riuscita a sollevarsi dall'incertezza e dall'ignavia intervenendo proprio sui diritti umani. E America e Russia sono d'accordo, mentre solo la Cina, con la sua consueta insensibilità sul tema, si tiene da parte.
Il nostro Paese è stato attaccato diplomaticamente sulla frase di Berlusconi che affermava di fronte al Parlamento di Israele, l'unico Paese dell'Onu minacciato di morte da un altro Stato membro dell'Onu, che è nostro dovere sostenere l'opposizione iraniana e insieme, difendere la vita di Israele. Sinceramente, dà una bella soddisfazione che ciò sia avvenuto: è una conferma che l'Italia si è mossa con determinazione e pungendo nel vivo un Paese che impicca i dissidenti e gli omosessuali, che prepara la bomba atomica, che minaccia di distruzione il popolo ebraico. È una medaglia al valore. Dobbiamo aggiungere che, mentre si discutono le sanzioni, sia il ministro degli esteri Frattini che il presidente Berlusconi hanno dichiarato che il volume di affari con l'Iran è diminuito di un terzo nel giro di un anno: un'intrinseca adesione alla necessità - ormai finalmente presente anche nel resto dell'Europa, secondo le dichiarazioni di Westerwelle e di Kouchner - di procedere a sanzioni decise, che forse non piegheranno l'estremismo degli ayatollah, ma daranno il chiaro segnale all'opposizione che il mondo desidera un cambio di regime e che esige la fine della sfida atomica iraniana.
Adesso che gli anni, per la precisione dal 2003, ovvero dalle prime trattative con un cauto Solana, ci hanno detto che la politica della mano tesa non funziona, ci sono molte cose che possono dimostrare la nostra determinazione, prima che le cose prendano una strada definitiva. Ci indica una delle vie l'iniziativa del premio Nobel Elie Wiesel, che ha raccolto 40 firme di premi Nobel per chiedere che Ahmadinejad venga sottoposto al giudizio della corte penale internazionale dell'Aia con l'accusa di aperto incitamento al genocidio. È un segno di mobilitazione internazionale che, mentre l'Iran attacca l'Italia, la Germania, la Francia, l'Olanda, per ora solo con dimostrazioni davanti alle loro ambasciate, chiama in causa tutta la comunità internazionale ad una mobilitazione efficace contro quello che unanimemente viene ormai ritenuto il maggior pericolo dei nostri tempi. Non solo parole dunque e condanne rituali, ma atti politici, economici e, se sarà il caso, militari contro il tiranno di Teheran che ha dichiarato guerra anche all'Italia.

(il Giornale, 10 febbraio 2010)

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Le frasi di Berlusconi che hanno irritato l'Iran

ROMA - «È nostro dovere sostenere e aiutare l'opposizione» in Iran: sarebbe questa frase, pronunciata dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi il 2 febbraio scorso nel corso della sua visita in Israele, quella che ha irritato di più le autorità iraniane. E che sta facendo montare la tensione al punto che oggi, dalla manifestazione contro l'ambasciata d'Italia a Teheran si sono levati slogan e urla contro il premier.
«Morte all'Italia, morte a Berlusconi», scandivano i dimostranti nel corso di una protesta che ha sfiorato l'assalto alla sede diplomatica. Ma nella due giorni israeliana Berlusconi, di affermazioni anti iraniane, ne aveva fatta più di una. Riferendosi al presidente Mahmud Ahmadinejad, il presidente del Consiglio aveva detto che «il problema della sicurezza è fondamentale per Israele. Ora ancora di più perchè c'è uno Stato che prepara l'atomica per usarla contro qualcuno. È uno Stato che ha una guida che ricorda personaggi nefasti del passato».
Il premier aveva chiesto alla comunità internazionale «sanzioni forti che sappiano dissuadere quel governo (iraniano,ndr)» che «non ha un forte sostegno» popolare, anzi che ha contro di se «una forte opposizione». Berlusconi era intervenuto anche sulla possibilità di inserire i pasdaran iraniani nella black list dell'Ue precisando però che «è una decisione che bisogna prendere a livello europeo». E aveva chiamato in causa l'Europa anche sul dossier nucleare. «Mi impegno a operare - aveva sottolineato - affinchè anche gli altri leader europei e dei maggiori Paesi capiscano la gravità» della minaccia nucleare iraniana.

(Il Messaggero, 10 febbraio 2010)

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Israele e la legittima difesa

di Francesco Lucrezi, storico

La recente visita di Berlusconi in Israele e Palestina (con la pubblica giustificazione del premier, nel discorso alla Knesset, dell'operazione militare a Gaza e le sollecitazioni, da parte palestinese, per una condanna della barriera difensiva) hanno, per l'ennesima volta, riacceso l'attenzione sulla liceità delle misura di difesa prese dal governo israeliano. Che ciascuna di queste opzioni (barriera, arresti, incursioni, guerre, esecuzioni mirate ecc.), sia, di volta in volta, opinabile e criticabile, è ovvio, e in nessun Paese come Israele qualsiasi atto di forza o di prevenzione è sottoposto a un severissimo giudizio di legittimità e opportunità, in sedi disparate, ciascuna del tutto indipendente dalle altre (comandi militari, magistratura, Corte Suprema, Parlamento, stampa ecc.).
Fra le varie scelte, l'unica che non venga mai menzionata, e tanto meno criticata, è quella dell'inerzia: nessuno, infatti, si chiede se sia accettabile, politicamente e moralmente, che un Paese democratico non muova un dito a difesa della vita dei suoi cittadini. Come disse il Presidente della Corte Suprema, Aharon Barak, la democrazia è l'arte di difendersi con una mano legata dietro la schiena. Certo, per nemici e 'antipatizzanti', se fossero legate tutte e due sarebbe meglio, e, ai bersagli di razzi e kamikaze, il governo israeliano potrebbe rispondere col titolo del fortunato romanzo della Mazzantini: "non ti muovere".

(Notiziario Ucei, 10 febbraio 2010)

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Aerei israeliani bombardano Gaza per rappresaglia

GERUSALEMME, 10 feb. - L'aviazione israeliana ha compiuto prima dell'alba una serie di raid nella Striscia di Gaza in risposta a dei lanci di razzi palestinesi verso il sud di Israele: lo si è appreso da Tsahal e dai servizi sanitari palestinesi. Non ci sono state vittime ma un edificio abbandonato dell'aeroporto di Gaza, a Rafah, è stato distrutto, secondo fonti palestinesi. L'aeroporto non è più utilizzato dall'inizio della seconda Intifada del 2000. Un portavoce dell'esercito israeliano ha precisato che i raid sono stati compiuti "in rappresaglia a dei lanci di razzi contro delle località israeliane del nord ovest del Neguev in questi ultimi giorni". Più di 20 fra razzi e proiettili di mortaio sono stati lanciati verso il territorio israeliano dall'inizio dell'anno, ha precisato il portavoce. "L'esercito israeliano continuerà ad agire con fermezza contro tutti coloro che utilizzano il terrorismo contro lo Stato di Israele. Hamas è il solo responsabile del mantenimento della pace e della calma a Gaza", ha concluso. Hamas, principale movimento islamico palestinese, controlla l'enclave palestinese dal giugno 2007.

(Apcom, 10 febbraio 2010)

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Rav Laras: "Dal papa, nessuna parola riparatrice"

di Fiona Diwan

MILANO - A seguito della visita di Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma, è probabilmente arrivato il momento di trarre qualche riflessione", esordisce Rav Giuseppe Laras, "il grande assente" dell'incontro tra Papa Ratzinger e gli ebrei di Roma. Presidente dell'Assemblea Rabbinica Italiana, rabbino emerito della Comunità di Milano dopo aver ricoperto per 25 anni la carica di Rabbino capo, professore emerito di Storia del pensiero ebraico all'Università di Milano, Rav Laras è da trent'anni una delle figure chiave del dialogo inter-religioso ebraico-cristiano.

- Lei non ha mai nascosto le sue posizioni circa questa visita. Su che cosa si basava il suo dissenso?
-
L'intervento del Papa in sinagoga non presentava alcun particolare elemento innovativo rispetto a quanto ci si attendeva e rispetto alle dichiarazioni ufficiali della Santa Sede degli ultimi anni circa il dialogo con gli ebrei. Il discorso papale, pur ribadendo la condanna dell'antisemitismo da parte della Chiesa Cattolica, non ha aggiunto nulla di nuovo. Soprattutto da parte del Papa non vi sono state parole chiarificatrici e riparatrici in relazione alle polemiche suscitate in tutto il mondo ebraico a seguito proprio delle iniziative sottoscritte dallo stesso Benedetto XVI in questi ultimi anni (il rito cattolico dell'Oremus; la revoca della scomunica ai Lefevriani; la questione di Pio XII), che inevitabilmente hanno complicato e reso più difficoltoso il dialogo tra ebrei e cristiani. Per quanto riguarda l'accenno del Papa al fatto che, nel corso della Shoà, siano stati salvati degli ebrei, su istruzione della Santa Sede, anche questo era un fatto noto. Il suo discorso però non allontana affatto alcuni interrogativi molto seri. Mentre gli ebrei, perseguitati in tutta Europa, morivano a milioni, Pio XII ha mantenuto un assordante silenzio che è perdurato anni: perché? Può, in quel contesto drammatico, e specialmente considerate l'importanza, l'autorevolezza e l'universalità del ruolo del Papa, tale silenzio essere compatibile con le citate "virtù eroiche"?

- Perché ha deciso di non partecipare all'incontro?
-
Circa la mia assenza, su cui molti hanno disquisito a sproposito, vorrei precisare che essa non è stata motivata dalla volontà polemica di fare dispetto a qualcuno. Il vero motivo è che io ho ritenuto doveroso esprimere i miei sentimenti, ritenendo con ciò di dare voce anche a quelli di molti altri ebrei. Di fronte alle proclamate "virtù eroiche" di Pio XII, annunciate dal Papa alla quasi vigilia della visita, e considerati anche i precedenti incidenti cui accennavo, ho espresso i miei sentimenti di "figlio della Shoà", che ha sofferto sulla propria pelle personalmente e familiarmente le persecuzioni nazifasciste. Ho quindi ritenuto impossibile per me, date queste premesse, presenziare all'evento. Vorrei precisare che, ovviamente, non ho mai ritenuto che venisse annullata o rinviata la visita papale, ma più semplicemente volevo che si pretendesse da parte nostra una chiara dichiarazione della Santa Sede che dimostrasse di aver compreso il nostro disagio e le nostre riserve, cosa che non è avvenuta. L'avvio annunciato del processo di beatificazione di Pio XII, elevandolo così a modello morale da imitare, immediatamente a ridosso della visita, è stato e rimane una grossa mancanza di sensibilità nei nostri confronti.

- Qual è adesso il suo giudizio?
-
A "effetti speciali" conclusi e a telecamere spente, resta importantissimo il dialogo con i cattolici e con i cristiani in genere. Dialogo che deve necessariamente coinvolgere sempre più persone di buona volontà di entrambe le comunità, e che possibilmente si apra anche all'Islàm.Solo il coinvolgimento e l'avvicinamento delle rispettive basi, potrà portare un significativo e reale miglioramento e arricchimento dei rapporti, costituendo così un'efficace baluardo contro antisemitismo e antigiudaismo. Ed è questo che conta.

(Notiziario Ucei, 10 febbraio 2010)

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Galan e l’ambasciatore di Israele: piu' collaborazione scientifica

VENEZIA, 9 feb - L'ambasciatore d'Israele Ghideon Meir ha incontrato stamani il presidente della Regione del Veneto Giancarlo Galan a Palazzo Balbi per rinsaldare la storica relazione tra il Veneto e Israele, ma anche per ampliare le basi per le collaborazioni scientifiche, accademiche, e economiche in atto.
''Durante questi quindici anni alla guida della Regione del Veneto - ha detto il presidente Galan - ho maturato una profonda convinzione: e' piu' che utile, per l'affermarsi di politiche di pace e per lo sviluppo economico internazionale, la possibilita' per le Regioni di svolgere e attuare proprie iniziative nell'ambito della politica estera. Infatti, il Veneto, nel corso di questi quindici anni, ha effettivamente avuto una propria autonoma fisionomia per cio' che riguarda la politica internazionale''.
''Teniamo in modo particolare - ha proseguito il presidente della Giunta regionale - al nostro strettissimo legame con lo Stato d'Israele, uno dei paesi dove ritroviamo un elemento fondamentale dell'anima europea: l'ebraismo, senza il quale verrebbero meno straordinarie idee filosofiche, immortali conquiste culturali e artistiche che corrispondono pienamente alla nostra idea di Occidente. Senza ebraismo non c'e' Europa, senza le radici giudaico-cristiane non c'e' Europa e non c'e' Occidente. Ecco perche' ha ragione il Presidente Silvio Berlusconi quando auspica l'ingresso dello Stato d'Israele nell'Unione Europea''.
Al centro dell'incontro i progetti di cooperazione con Israele in diversi settori, dall'economico al culturale, allo scientifico, al sociale. ''Israele - ha ricordato il presidente di Veneto Innovazione, Giorgio Simonetto - ha adottato una politica che mira a aumentare le proprie capacita' competitive attraverso lo sviluppo scientifico e tecnologico.
Nella scienza, Israele incoraggia la costituzione di centri ad alta specializzazione in aree di importanza vitale per lo sviluppo del settore industriale, mentre nella tecnologia aspira al raggiungimento di obiettivi elevati soprattutto attraverso la specializzazione in aree ben definite. Diversi sono gli esempi di collaborazione sia scientifica sia industriale gia' nati tra Veneto e Israele. In particolare nei settori delle nanotencologie medicali e materiali, delle biotencolgie medicali e agroalimentari, dell'ideogeologia e della gestione delle acque e delle energie da fonti rinnovabili''.

(ASCA, 9 febbraio 2010)

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Siglata intesa tra Regione Lazio e Comunità Ebraica sulle inumazioni

 
Pacifici e Montino
Il vicepresidente della Regione Lazio Esterino Montino e il presidente della Comunità Ebraica di Roma Riccardo Pacifici hanno firmato oggi, alla presenza del rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, un'intesa che promuove l'applicazione in tutte le Asl e Aziende Ospedaliere del Lazio della normativa che consente di autorizzare l'inumazione anche prima che siano decorse le 24 ore.
La richiesta di dare piena applicazione alla legge no 578 del 29-12-1993 è stata inoltrata dal rabbino capo Di Segni al fine di rispettare le prescrizioni religiose ebraiche che prevedono di procedere alla sepoltura nel più breve tempo possibile. Attualmente la procedura standard in ogni caso di decesso è quella di attendere 24 ore prima di consentire la sepoltura, al fine di evitare i casi di morte apparente. Le disposizioni della legge 578 rendono invece possibile il nulla osta all'inumazione anche prima delle 24 ore prescritte se il medico procede ad accertare la morte mediante un elettrocardiogramma protratto per venti minuti.
Con l'intesa firmata oggi la Regione si è fatta carico dell'opera di promozione presso le Asl e le AO (i cui direttori generali erano presenti alla firma e hanno siglato l'intesa) dell'applicazione della norma a chiunque ne faccia richiesta, a prescindere dalla fede religiosa.
"Dalla Comunità ebraica era giunta questa sollecitazione, mi sembra un atto di civiltà fare in modo che si possa rispettare questa tradizione rimanendo all'interno del rispetto delle regole" ha spiegato il vicepresidente Montino al momento della firma, mentre per il presidente della Comunità Ebraica Pacifici "questo accordo potrà essere utile anche per il mondo islamico, visto che è anche loro uso seppellire velocemente i defunti. Siamo contenti - ha concluso - di poter rispettare una nostra tradizione nel pieno rispetto delle regole dello Stato".

(Regione Lazio, 9 febbraio 2010)

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Iran: ambasciatore di Israele in Italia, temo terrorismo nucleare

L'ambasciatore di Israele in Italia, Gideon Meir, ha detto oggi a Venezia che "se gli sforzi internazionali non riusciranno a bloccare l'Iran, allora vedremo sicuramente un Iran che arma un nuovo terrorismo dotato anche di armi nucleari". L'ambasciatore ha ricordato che "i discorsi svoltisi tra Berlusconi e Netanyahu hanno interessato le questioni del Medio Oriente, soprattutto la questione iraniana e i negoziati per la pace". "I due premier - ha sottolineato - si sono trovati completamente concordi sul fatto che l'Iran oggi rappresenta un pericolo oggettivo per la stabilità mondiale: non minaccia solo Israele, bensì l'intero mondo". Gideon Meir ha quindi ricordato che "la capacità di gittata dei missili iraniani oggi va ben oltre il territorio di Israele, il che, assieme all'innegabile supporto al terrorismo dato dall'Iran, rende oggettivo il fatto che l'Iran è una minaccia per tutto il mondo"

(L'Unione Sarda, 9 febbraio 2010)

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Israele propone il bando delle pellicce

ROMA, 9 feb - Il governo isrealiano ha dato il via libera a un disegno di legge, proposto dal Ministro all'Agricoltura Shalom Simhon, che estende a tutti gli animali selvatici il divieto - gia' in vigore per cani e gatti - di produrre, lavorare, importare, esportare e vendere pellicce. Non si tratta pero' di un bando assoluto. Dal divieto sono infatti escluse le pelli degli animali destinati all'industria alimentare (cammelli, ovini, bovini) e quelle impiegate in ambito religioso come, ad esempio, le pellicce utilizzate per confezionare lo shtreimel, un copricapo di uso comune tra gli ebrei ortodossi.
''Quello delle pelli e' un settore industriale che si caratterizza per un elevato tasso di crudelta' - ha spiegato il ministro Shalom Simhon presentando il suo progetto -, poiche' costringe gli animali ad atroci sofferenze con il solo obiettivo di soddisfare le esigenze del mercato del lusso''.
''L'iniziativa del Ministro all'Agricoltura israeliano e' un segno di grande civilta' - commenta l'Ente Nazionale Protezione Animali -. Certo avremmo sperato che il bando delle pellicce fosse totale; tuttavia la proposta di legge rappresenta un indubbio passo avanti per la tutela degli animali. Il nostro auspicio e' che la proposta legislativa possa tradursi al piu' presto in un atto normativo vincolante''. ''Ci auguriamo altresi' - aggiunge l'Enpa - che il Governo italiano, prendendo spunto dall'amicizia e dalle buone relazioni che da sempre vanta con l'esecutivo israeliano, ne imiti il coraggio e adotti un provvedimento simile anche per il nostro Paese''.

(ASCA, 9 febbraio 2010)

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Israele, energia fotovoltaica su stalle e fienili

La compagnia israeliana Arava Power ha firmato contratti a lungo termine con 15 cooperative agricole al fine di realizzare un progetto solare da 100 MW

Quindici kibbutzim e moshavim, comunità agricole cooperative di Israele, hanno firmato in questi giorni dei contratti a lungo termine con due giganti dell'energia rinnovabile con l'obiettivo di dare il via ad una serie di istallazioni solari nelle regioni di Arava, Negev e nel nord di Israele. L'annuncio arriva dalla società nazionale Arava Power Company e dalla tedesca Simens poco prima del forum internazionale Eilot Renewable Energy Conference 2010, fissato per il 16-18 febbraio a Eilat, in cui il progetto farà il suo debutto ufficiale.
Attraverso un partenariato le due società realizzeranno campi fotovoltaici di media taglia dalla capacità di 6,5 MW ciascuno per un totale di 100 MW e prvvederanno all'istallazione di impianti solari anche sui tetti di fattorie, stalle e fabbriche delle cooperative firmatarie, a fronte di un investimento di Arava di 2 miliardi di shekel (554 milioni di dollari).
Jon Cohen, CEO della compagnia israeliana ha sottolineato, in una nota stampa, come l'Autorità di Pubblica Utilità abbia creato un mercato competitivo per 300 MW - la capacità solare a livello nazionale ritenute ammissibile dalla legge - e "chi ha l'esperienza, conoscenze e capacità sarà in vantaggio rispetto agli altri". Ma Cohen ha anche invitato il Ministero delle Infrastrutture e l'Autorità israeliana ad aumentare la quantità approvata di energia solare per medie istallazioni a 1.000 MW. "Il target di 300 megawatt è un passo importante nei confronti dell'attuazione della decisione governativa di produrre il 5% del consumo di Israele da fonti rinnovabili entro il 2014, ma non basta: sono necessari almeno 1000 MW".

(Rinnovabili.it, 9 febbraio 2010)

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L'Iran avvia l'arricchimento, Israele vuole "sanzioni paralizzanti"

Ma Pechino frena: servono altri negoziati

ROMA, 9 feb. - Oggi, l'Iran ha lanciato il processo di arricchimento dell'uranio al 20% nel suo sito nucleare di Natanz: una mossa annunciata che ha scatenato nuovi contrasti nella comunità internazionale e in particolare fra i paesi che fanno parte del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. L'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) da parte sua ha confermato che un gruppo di suoi ispettori è presente a Natanz. E il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha lanciato oggi un appello chiedendo "sanzioni paralizzanti" contro l'Iran. Il segretario di Stato Usa, Robert Gates, ha chiesto che le sanzioni Onu contro l'Iran, per il suo programma nucleare, siano imposte "entro qualche settimana, non mesi". Una nuova proposta di sanzioni potrebbe essere presentata al Consiglio di Sicurezza entro la fine di febbraio. Ma a frenare le iniziative degli occidentali c'è la Cina, contraria a nuove sanzioni contro l'Iran: Pechino "auspica che le parti in causa aumentino gli sforzi in direzione dei negoziati". La Cina è membro permanente del Consiglio di Sicurezza e potrebbe dunque esercitare il proprio diritto di veto. Per la Russia, altro membro permanente, è "importante prevenire" una guerra contro l'Iran. Per Nikolai Patrushev, segretario del Consiglio di sicurezza russo ed ex direttore dei servizi segreti, "La probabilità di una guerra va scemando, ma i conflitti regionali restano, e la possibilità che si voglia risolverli con metodi militari esiste". Il lancio del processo di arricchimento dell'uranio al 20% era stato annunciato domenica dai dirigenti iraniani. Questa decisione è stata presa, secondo Teheran, a causa del blocco dei negoziati con il Gruppo 5+1 (Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna, Germania) sulla fornitura all'Iran del combustibile arricchito al 20% di cui dice di avere bisogno per un reattore di ricerca medica a Teheran. Ma ieri l'Iran ha lanciato un'altra minaccia: il capo religioso iraniano, l'ayatollah Ali Khamenei ha dichiarato che Teheran assesterà un "pugno in bocca" a Stati Uniti, Gran Bretagna e Israele se l'opposizione scenderà in piazza il prossimo 11 febbraio per il 31esimo anniversario della Rivoluzione islamica. Aqu /Coa

(Apcom, 9 febbraio 2010)

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"Allenare Israele? Preferisco morire di fame"

Durissima risposta di Hasan Shahata, ct dell'Egitto campione d'Africa, all'invito di alcuni cronisti israeliani di mettersi alla guida della loro nazionale. "Per tutta la mia vita ho sentito dire che uccidono i nostri figli e le nostre donne. È assurdo solo pensare che io possa allenare la squadra di quel Paese"

Hasan Shahata
ROMA - "Sarebbe più dignitoso morire di fame che allenare la nazionale israeliana". È destinata ad alimentare polemiche la dichiarazione del tecnico della nazionale di calcio egiziana Hasan Shahata. Il tecnico che guidato i Faraoni alla terza vittoria consecutiva in Coppa d'Africa ha risposto in maniera durissima all'invito di alcuni cronisti sportivi israeliani che gli chiedevano di mettersi alla guida della squadra di Tel Aviv.

L'INVITO DEI CRONISTI - Dopo il nuovo trionfo in Angola, Shahata è diventato molto conosciuto e ambito in Medioriente e ultimamente alcuni critici sportivi israeliani gli hanno proposto di allenare la loro nazionale. "Israele sta cercando in tutto il mondo un allenatore per la propria nazionale di calcio. Shahata ha una grande personalità e riesce a gestire i grandi campioni all'interno della squadra, sarebbe l'allenatore ideale per la nazionale israeliana - ha detto in particolare il celebre giornalista israeliano Daniel Shahak in diretta tv-. Il presidente della lega calcio ha designato una commissione per scegliere il futuro tecnico della nazionale e noi crediamo di aver trovato in Shahata il candidato più idoneo".

LA DURISSIMA REPLICA - Il 'no del ct egiziano è stato tutt'altro che diplomatico e la sua risposta, trascendendo l'ambito sportivo, si è distinta per particolare asprezza. "Per tutta la mia vita ho sentito dire che Israele uccide i nostri figli e le nostre donne, che bombarda i villaggi e le città - ha detto Shahata al quotidiano arabo 'al-Masri al-Youm' -. Questa è la prima volta che sento dire che Israele gioca a calcio. È assurdo solo pensare che io possa allenare la squadra di questo paese".

(la Repubblica, 9 febbraio 2010)

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Netanyahu apre al voto degli israeliani all'estero: bagarre alla Knesset

Scontro in seno al governo israeliano per l'iniziativa del premier Benyamin Netanyahu (Likud) di estendere il diritto di voto alla Knesset (parlamento) agli israeliani che risiedono all'estero. Le prime reazioni critiche dal principale partito di opposizione, Kadima. Obiezioni giungono inoltre dai laburisti di Ehud Barak e dagli ortodossi di Shas.
Ieri Netanyahu ha chiesto ai suoi collaboratori di preparare l'emendamento della legge sugli israeliani all'estero, il cui numero complessivo è compreso fra 750 mila e un milione, ossia oltre un decimo di quanti oggi risiedono in Israele. Alla Knesset questi voti potrebbero essere tradotti in circa 10 seggi, su un totale di 120.
Immediata la reazione negativa della leader di Kadima Tzipi Livni secondo cui Netanyahu ha avanzato il progetto per assicurarsi la cooperazione del partito di destra radicale Israel Beitenu, di Avigdor Lieberman.

(l'Occidentale, 9 febbraio 2010)

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Pressioni su Elton John: "Non canti a Tel Aviv"

Il concerto è in programma per il 17 giugno, ma un'organizzazione filo-palestinese chiede di astenersi. La settimana scorsa Carlos Santana ha annunciato di aver annullato un'esibizione in Israele.

Elton John
TEL AVIV, 9 febbraio 2010 - "Questo concerto non s’ha da fare". Pressioni sono esercitate su sir Elton John affinché annulli un concerto in programma a Tel Aviv, il 17 giugno prossimo. Un'organizzazione filo-palestinese, il 'Comitato britannico per le università di Palestina' (Bricup) infatti ha pubblicato una lettera aperta al musicista affermando che, pur non essendo un esponente politico, non può comunque restare "moralmente neutro" di fronte alla operazione Piombo Fuso condotta un anno fa da Israele a Gaza. Esibendosi a Tel Aviv, Elton John - secondo Bricup - non farebbe che "allinearsi con uno Stato razzista". "Per favore, non andare", chiede la organizzazione.
Alla guida di Bricup c'è fra gli altri un professore israeliano, Haim Beresheet. In un'intervista alla radio militare Beresheet ha spiegato che la pop star farebbe meglio ad esibirsi semmai di fronte alla popolazione di Gaza. Intanto è iniziata la vendita dei biglietti per il concerto di Tel Aviv.
La settimana scorsa un altro musicista di fama mondiale, Carlos Santana, ha annunciato di aver annullato un concerto progettato per questa estate in Israele. Secondo la stampa locale, Santana si sarebbe arreso a pressioni politiche. In una intervista alla televisione israeliana il musicista ha detto di avere radici ebraiche e ha promesso che si esibirà in Israele "in un'altra occasione".

(Quotidiano Nazionale, 9 febbraio 2010)

COMMENTO - Sarebbe proprio una grande perdita per Israele dover rinunciare all'esibizione di questo famoso "musicista"?

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Ora Al Qaida vuole il Golfo di Aden per colpire Israele

Al Qaida nello Yemen torna alla ribalta: attraverso il web, chiama i suoi accoliti alla jihad, ovvero alla guerra santa, contro gli ebrei, i cristiani e contro gli interessi americani «ovunque». Ma questa volta indica anche un chiaro obiettivo strategico: prendere il controllo del Golfo di Aden, vale a dire l'accesso da Sud al canale di Suez, per poter «stringere il cerchio attorno agli ebrei», cioè Israele, «perché è da lì che l'America fornisce loro sostegno, attraverso il Mar Rosso».
L'appello, in forma audio, è stato pronunciato da Said al Shehri, numero due dell'organizzazione di al Qaida nella Penisola Araba (Aqap), nata dalla fusione nel gennaio 2009 dei rami yemenita e saudita dell'organizzazione di Osama bin Laden. Shehri, un ex detenuto di Guantanamo rilasciato nel 2007, e internato in un centro saudita di riabilitazione senza successo, è il braccio destro di Abdel-Karim Wahishi, il vero capo di Aqap, che è stato addestrato in Afghanistan e una volta era il segretario dello sceicco del terrore.
Nel suo messaggio di rivendicazione del fallito attentato al volo di Natale Amsterdam-Detroit, lo stesso Bin Laden, o il presunto tale, aveva esaltato l'operato di Al Qaida nello Yemen. Una cortesia che oggi gli è stata resa da Sheheri, quando rivolto agli Stati Uniti ha ribadito «ciò che ha detto Osama bin Laden: non avrete sicurezza fino a quando non ci sarà sicurezza in Palestina». Ma al di là dello scambio di convenevoli, utile anche a mostrare una vicinanza che va oltre il franchising, Shehri ha affermato che se Aqap riuscirà «a prendere il controllo di Bab El Mandeb (cioè del Golfo di Aden) e a portarlo nell'ambito dell'islam, ciò costituirà una vittoria eclatante», poiché «a quel punto lo stretto sarà chiuso». Si tratta di un'eventualità che al momento appare piuttosto improbabile, ma il cui disegno strategico è invece già chiaro. Oltre alla chiusura dello Stretto, favorirebbe infatti il lungo asse Yemen-Somalia-Corno d'Africa-Africa Sahariana di Al Qaida, che va configurandosi sempre più, e quella «migrazione» di terroristi che, come ha detto appena due giorni fa il consigliere per la sicurezza nazionale americano James Jones, è assolutamente necessario impedire. L'eventualità è divenuta di particolare attualità il primo gennaio, quando gli integralisti islamici somali del gruppo al Shabaab si sono detti «pronti ad attraversare il mare» per andare a dar man forte ai «fratelli» di Al Qaida nello Yemen.

(il Giornale, 9 febbraio 2010)

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Iran-Israele: "Teheran sta scherzando con il fuoco"

Portavoce del governo invoca sanzioni economiche a CNRmedia

ROMA, 8 feb. - Per Israele il governo di Teheran sta scherzando "con il fuoco" e "sta giocando a un gioco molto pericoloso". Lo ha affermato il portavoce del governo dello stato ebraico, Avi Pazner, dopo che ieri il presidente della repubblica islamica Mahmoud Ahmadinejad ha dato disposizione di avviare la produzione di uranio arricchito al 20 per cento.
"L'Iran sta giocando un gioco molto pericoloso, l'Iran gioca con il fuoco", ha spiegato Pazner, ex ambasciatore di Israele in Italia, in un'intervista telefonica a CNRmedia, "Teheran non può più continuare a giocare con le dichiarazioni. E' evidente che ora il tempo delle parole è finito. Si deve arrivare a delle sanzioni economiche per fermare il programma nucleare. Ma devono essere sanzioni molto dure, non come quelle che abbiamo avuto fino ad oggi. Servono sanzioni che facciano capire al regime iraniano che il mondo non scherza".
Israele ripone a riguardo grande fiducia nell'Eliseo. "Questo mese di febbraio", ha concluso Pazner, "sarà molto importante perché la Francia è presidente della Commissione Sicurezza delle Nazioni Unite e questo farà muovere molte cose". CNRmedia

(Apcom, 8 febbraio 2010)

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Al Qaeda: guerra a ebrei e cristiani

Appello della rete locale in Yemen

L'ala di Al Qaeda nello Yemen ha invitato tutti i musulmani della Penisola arabica alla jihad (guerra santa) contro i cristiani e gli ebrei presenti nella regione. L'appello è stato fatto attraverso un messaggio audio diffuso su internet. "Non c'è altra via d'uscita che combattere una guerra santa", ha detto il leader Saeed Al Shehri, ex detenuto di Guantanamo, esortando ad attaccare "gli interessi americani e crociati".

Colpire gli interessi Usa ovunque
Il leader del braccio yemenita dell'internazionale del terrore ha invitato i suoi sostenitori ad attaccare "ovunque gli interessi americani e crociati".

Controllare il Golfo di Aden per stringere la morsa attorno agli ebrei
Poi ha rivelato che l'organizzazione vuole assumere il controllo del distretto strategico di Bab al Mandeb, che divide lo Yemen dal Corno d'Africa per controllare l'accesso al Golfo di Aden. "Se riuscissimo ad assumere il controllo dello stretto di Bab al Mandeb e riportarlo nel grembo dell'islam, si tratterebbe di una vittoria eclatante", ha dichiarato Said al Shehri. "Allora, lo stretto sarà chiuso e sarà stretta la morsa intorno agli ebrei, perché è attraverso (Bab al Mandeb) che l'America porta loro il suo sostegno, passando per il Mar Rosso".

(TGCOM.it, 8 febbraio 2010)

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Khamenei minaccia "un pugno in bocca" ai nemici di Teheran

Opposizione interna strumento degli occidentali

TEHERAN, 8 feb. - Nemici esterni e opposizione interna dell'Iran continuano ad essere due facce della stessa medaglia per l'establishment della Repubblica islamica iraniana. L'Ayatollah Ali Khamenei oggi ha minacciato di assestare un "pugno in bocca" a Stati Uniti, Gran Bretagna e Israele se l'opposizione scenderà in piazza il prossimo 11 febbraio per il 31esimo anniversario della Rivoluzione islamica.
Dopo aver definito i membri dell'opposizione "controrivoluzionari e strumenti dei nemici del Paese", Khamenei ha promesso alla nazione unità per la rivoluzione islamica li sconfiggerà. Gli iraniani "assesteranno loro un pugno in bocca per scioccarli", ha detto. L'opposizione, ha sottolineato, non fa parte del popolo iraniano. "Oggi è chiaro che coloro che stanno contro il grande lavoro fatto dalla nazione iraniana alle elezioni non fanno parte del popolo" dell'Iran.
L'opposizione sostiene che Mousavi sia il vincitore delle presidenziali del 12 giugno e che la vittoria del presidente Mahmoud Ahmadinejad sia il risultato di brogli di una dimensione senza precedenti. Le manifestazioni sono proseguite nonostante la dura repressione delle forze di sicurezza del regime nel corso delle quali centinaia di persone sono finite in manette. Il mese scorso, due persone sono state giustiziate e sentenze di morte sono state pronunciate anche a carica di altri nove daccusadi di esseri coinvolti nei disordini postelettorali di giugno.

(Apcom, 8 febbraio 2010)

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Gli Hezbollah libanesi finanziano le loro attività con il narcotraffico?

Gli Hezbollah libanesi potrebbero finanziare le loro attivita' terroristiche contro Israele attraverso il traffico di droga in Europa. E' la tesi delle autorita' tedesche, riporta oggi il settimanale Der Spiegel, secondo cui il movimento sciita invierebbe cocaina da Beirut attraverso l'aeroporto di Francoforte.
Secondo il settimanale, la polizia avrebbe scoperto questo traffico nel maggio del 2008, quando 8,7 milioni di euro in contanti erano stati trovati nei bagagli di quattro libanesi all'aeroporto di Francoforte. Ulteriori 500mila euro erano stati scoperti nell'appartamento di una delle persone sospette a Speyer (sudovest), in Renania Palatinato.
Lo scorso ottobre le autorita' tedesche hanno arrestato due uomini libanesi sempre nella cittadina di Speyer.
Membri di una famiglia libanese starebbero trasferendo da tempo a Beirut, attraverso l'aeroporto di Francoforte, fondi generati con il commercio di cocaina in Europa.
In Libano, i soldi verrebbero consegnati a presunti membri di una famiglia che ha contatti con i vertici del comando di Hezbollah, incluso il leader dell'organizzazione, Sayyed Hassan Nasrallah.

(MondoRaro.com, 8 febbraio 2010)

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Leader di Hamas incontra il ministro degli Esteri russo a Mosca

Lavrov ha ricevuto Khaled Meshaal

MOSCA, 8 feb. - Una delegazione di Hamas, guidata dal leader in esilio a Damasco Khaled Meshaal, è stata ricevuta a Mosca dal ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov. La Russia vuole ampliare la sua influenza in Medio Oriente, e vorrebbe anche ospitare una conferenza di pace internazionale. Mosca considera Hamas come un attore a pieno titolo del processo di pace, contrariamente a Israele e Stati Uniti che lo hanno inserito nella lista nera delle organizzazioni terroristiche. La Russia, che fa parte del Quartetto di mediatori per il Medio Oriente (insieme a Usa, Onu e Unione Europea) ha anche più volte chiesto la fine dell'embargo israeliano sulla Striscia di Gaza, il territorio controllato da Hamas.

(Apcom, 8 febbraio 2010)

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Libano: il mito della rinascita ebraica

di Omar Ghiani

Considerazioni sul progetto di ristrutturazione della sinagoga Maghen Abraham a Beirut e le implicazioni che potrebbe avere sulla minoranza ebraica ancora presente nel paese. Dopo i finanziamenti promessi da Isaac Arazi, la raccolta fondi è ricominciata con il blog di Aaron-Micael Beydoun.

Erano più di 22.000 gli ebrei che, nel Libano degli anni '50, vivevano apertamente il proprio culto. Gli stessi anni in cui i libanesi, per benessere e tolleranza, erano conosciuti nel mondo come "svizzeri del medio oriente". Al termine della guerra civile degli anni '70, gli ebrei rimasero in 300: la maggioranza si trasferì in Europa, America e Israele. Oggi, secondo stime recenti di D. Singer e L. Grossman, i rimasti non superano i 200. Altre fonti ne riportano solo poche decine. La cifra esatta non si può stabilire perché la comunità odierna vive mimetizzata nel crogiolo multietnico. Oggi però, col progetto di ristrutturazione della sinagoga centrale, il Libano pare propenso ad aprirsi verso nuovi corsi storico-politici.

Maghen Abraham oggi
All'inizio del novecento, la comunità ebraica poteva avvalersi di otto sinagoghe a Beirut, cimiteri e seminari talmudici. Maghen Abraham, sinagoga principale fin dalla sua fondazione nel 1925, è oggi un edificio desolato, pericolante e chiuso al pubblico. Le stelle di David sulle arcate sono coperte da fronde cresciute alla luce che filtra dalle lesioni nei muri, i banchi da preghiera e l'altare sono spariti in seguito a razzie. L'ultima volta che fu utilizzata risale agli anni della guerra civile, quando servì come vedetta per le milizie in lotta, essendo situata nel distretto di Wadi Abu Jamil (detto Wadi al-Yahud, "vallata degli ebrei") che si trova nella vecchia linea di demarcazione tra Beirut cristiana e musulmana. Lo stato di abbandono è dovuto al ridursi della popolazione ebraica, specie dopo l'invasione israeliana del 1982, quando A. Sharon arrivò a Beirut e offrì la cittadinanza ai residenti ebraici che in massa si trasferirono. Da allora la popolazione rimasta ha subito un calo continuo irreversibile e, lasciate le sinagoghe, pratica il culto in privato. Maghen Abraham oggi - al pari della comunità ebraica - non è che l'ombra del suo passato.

La scelta di riesumare la sinagoga di Beirut cela ragioni politiche profonde. Da anni si rumoreggiava negli antri governativi libanesi di dare il beneplacito alla ricostruzione. Rafiq Hariri, ex primo ministro, aveva espresso il suo assenso, ma nulla di concreto venne attuato. Il suo successore Fouad Siniora era sulle stesse linee ma, per via della guerra contro Israele, bloccò il progetto.

Erano più di 22.000 gli ebrei che, nel Libano degli anni '50, vivevano apertamente il proprio culto. Gli stessi anni in cui i libanesi, per benessere e tolleranza, erano conosciuti nel mondo come "svizzeri del medio oriente". Al termine della guerra civile degli anni '70, gli ebrei rimasero in 300: la maggioranza si trasferì in Europa, America e Israele. Oggi, secondo stime recenti di D. Singer e L. Grossman, i rimasti non superano i 200. Altre fonti ne riportano solo poche decine. La cifra esatta non si può stabilire perché la comunità odierna vive mimetizzata nel crogiolo multietnico. Oggi però, col progetto di ristrutturazione della sinagoga centrale, il Libano pare propenso ad aprirsi verso nuovi corsi storico-politici.

All'inizio del novecento, la comunità ebraica poteva avvalersi di otto sinagoghe a Beirut, cimiteri e seminari talmudici. Maghen Abraham, sinagoga principale fin dalla sua fondazione nel 1925, è oggi un edificio desolato, pericolante e chiuso al pubblico. Le stelle di David sulle arcate sono coperte da fronde cresciute alla luce che filtra dalle lesioni nei muri, i banchi da preghiera e l'altare sono spariti in seguito a razzie. L'ultima volta che fu utilizzata risale agli anni della guerra civile, quando servì come vedetta per le milizie in lotta, essendo situata nel distretto di Wadi Abu Jamil (detto Wadi al-Yahud, "vallata degli ebrei") che si trova nella vecchia linea di demarcazione tra Beirut cristiana e musulmana. Lo stato di abbandono è dovuto al ridursi della popolazione ebraica, specie dopo l'invasione israeliana del 1982, quando A. Sharon arrivò a Beirut e offrì la cittadinanza ai residenti ebraici che in massa si trasferirono. Da allora la popolazione rimasta ha subito un calo continuo irreversibile e, lasciate le sinagoghe, pratica il culto in privato. Maghen Abraham oggi - al pari della comunità ebraica - non è che l'ombra del suo passato.

La scelta di riesumare la sinagoga di Beirut cela ragioni politiche profonde. Da anni si rumoreggiava negli antri governativi libanesi di dare il beneplacito alla ricostruzione. Rafiq Hariri, ex primo ministro, aveva espresso il suo assenso, ma nulla di concreto venne attuato. Il suo successore Fouad Siniora era sulle stesse linee ma, per via della guerra contro Israele, bloccò il progetto.

Se l'affluenza alle urne mostra un rifiuto degli ebrei a comparire pubblicamente, a che serve allora riesumare perfino la sinagoga?

Isaac Arazi, leader della comunità ebraica libanese dal 2005, in un'intervista a Haaretz, si dice comunque soddisfatto del progetto di restauro, e per farlo è deciso a raccogliere velocemente 1.000.000 $. Per legge, infatti, i luoghi di culto appartengono alle rispettive comunità, quindi la sinagoga è della comunità ebraica. Però, l'edificio si trova in una zona di Beirut dove vige una recente legge che impone ai proprietari di ristrutturare entro una data prefissata, e un ritardo si traduce in un'espropriazione dello stabile. Da anni la comunità incespicava in procrastinazioni, e la sorte di Maghen Abraham sembrava segnata. Nel 2007 l'allora ventunenne Aaron-Micael Beydoun, libanese-americano sciita, creò un blog per la raccolta fondi. L'operazione ebbe un esito clamoroso, che parve smuovere l'opinione pubblica e fungere da incipit per il progetto. In effetti, riabilitare Maghen Abraham farebbe comodo a molti, anche al gruppo sciita Hezbollah che si è detto entusiasta di questa rinascita. Si tratta di una carta importantissima da giocare per scuotere il gruppo dalla situazione di stasi dopo la perdita delle elezioni, guadagnarsi il sostegno di un esiguo ma affluente gruppo di persone, e migliorare la propria immagine nel mondo. Il governo di Hariri potrebbe sostenere il progetto per ragioni dello stesso ordine.

"Non si tratterebbe comunque di riesumare la sinagoga come luogo di culto", sostiene I. Arazi nel quotidiano Haaretz. Ciò non sorprende. Il governo e Hezbollah guadagnerebbero la stima per il loro assenso al progetto, che resterebbe di fatto una facciata. Molti sostengono che prima di riaprire la sinagoga bisognerebbe invece lavorare sull'integrazione degli ebrei nella società libanese, nella quale sono visti come israeliani, quando spesso sulla loro pelle hanno pagato il peso di non esserlo. La mera riapertura di una sinagoga insomma è un atto simbolico che potrebbe restare fine a se stesso.

"La storia degli ebrei in Libano è andata. Non può ritornare" commentava, sempre a Haaretz, lo scrittore Yitzhak Levanon, per il quale ristrutturare quanto resta è un'operazione archeologica. Si tratterebbe appunto di restaurare la sinagoga, ma non di restituirla al culto. Non ancora, o forse non più. Il multiculturalismo, per lo meno vis-à-vis del giudaismo da sempre presente in Libano, pare arrestarsi alla facciata. Quella appunto ancora da stuccare di Maghen Abraham, che sembra destinata a mutare in pezzo da museo..

(Limes, 8 febbraio 2010)

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L'escalation atomica iraniana preoccupa Israele

Teheran ha annunciato 10 nuovi impianti per l'arricchimento di uranio entro il 2011

dal corrispondente Claudio Pagliara

GERUSALEMME - Saranno costruiti dieci nuovi siti per l'arricchimento dell'uranio entro il 2011. Lo ha detto il direttore dell'agenzia atomica iraniana, Ali Saleh. E poco fa il governo di Teheran ha ufficializzato all'Aiea la decisione di iniziare l'arricchimento dell'uranio al 20%, a partire da domani. Un annuncio che ha scatenato la reazione di Stati Uniti, Paesi europei e Russia, intenzionati ad adottare nuove sanzioni nei confronti della Repubblica islamica. Intanto, prosegue l'escalation militare di Teheran con l'imminente realizzazione di un sistema di difesa antiaereo dalle stesse potenzialità dei missili russi S-300. Notizie che vengono accolte con preoccupazione da Israele, soprattutto per i legami tra l'Iran e Hamas. E a Roma, il ministro Frattini ed il segretario alla Difesa Usa Gates hanno detto che per impedire la prospettiva destabilizzante di un Iran potenza nucleare è urgente un ampio raccordo internazionale oltre che ulteriori pressioni.

(Giornale Radio Rai, 8 febbraio 2010)

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L'urlo della memoria e la fiamma del ricordo

di Fabrizio Gambolati

La Sinagoga di Casale Monferrato
CASALE MONFERRATO (AL) - La memoria urla. Inorridita. Prepotente. La memoria brucia, si consuma, ritorna come una fiammella dall'abisso di nera disperazione. La memoria è viva.
Nell'ultimo, commovente e solenne appuntamento per le celebrazioni della Giornata della Memoria, la tragedia ha il volto disperato e urlante di un uomo in cartone che vomita l'orrore dall'inferno della prigionia nazista con un grande grido angosciato che si alza e risuona senza fine nelle coscienze: è la bellissima opera d'arte creata dai ragazzi della Jaffe, ispirandosi a un quadro di Zoran Music e collocata ai piedi della scalinata in Comune.
La fiamma del ricordo e del dolore accende le tante candele in memoria degli ebrei casalesi morti nei lager, un fuoco che non deve incenerire le reminescenze del passato ma purificare il futuro dell'umanità.
A partecipare, sabato pomeriggio, agli avvenimenti organizzati da Comune e Comunità Ebraica, tantissimi casalesi, a partire dal sindaco Giorgio Demezzi, l'assessore alla cultura Giuliana Bussola, il consigliere regionale Beppe Filiberti, la presidente del Comitato Antifascista di Casale Annamaria Crosio, il presidente della Comunità Ebraica casalese, Giorgio Ottolenghi, il vice presidente Elio Carmi, molti cittadini e giovani del Leardi.
Le celebrazioni sono cominciate nella Sala Consiliare del Comune, con i saluti del primo cittadino. «Giornate come queste - ha affermato Demezzi - servono a far riflettere in modo che drammi come l'olocausto non si ripetano più. Vedere anche i giovani protagonisti in queste iniziative rafforza la speranza. Purtroppo i testimoni viventi della Shoah sono sempre di meno».
L'assessore Bussola ha definito l'olocausto «un orrore irreale, quasi impossibile da credere». Noto con piacere - ha di seguito aggiunto - come la città abbia partecipato appassionatamente e attivamente alle celebrazioni di queste settimane».
Il professor Mauro Bonelli è poi intervenuto proponendo una relazione sulle fasi della Shoah, assistito nella parte tecnica da tre suoi alunni.
L'insegnante del Leardi ha intrattenuto i presenti con un' interessante lezione di storia, che sarebbe potuta continuare, animata di passione e competenza, per molte ore non fosse stato per i tempi imposti.
Ripercorrendo tutte le fasi che hanno portato alla soluzione finale di Hitler, Bonelli ha mostrato fotografie agghiaccianti dei campi di sterminio: ammassi di cadaveri, bambini ridotti a scheletri, esperimenti medici su ragazzini usati come cavie. Scene raccapriccianti, che urtano la sensibilità umana, ma si dimostrano efficaci documenti di grande impatto.
Al termine della lectio brevis, sono stati nominati, sulle gradinate municipali illuminate dalle candele, uno a uno, i casalesi che persero la vita nei lager. Un momento ormai tradizionale ma sempre toccante e partecipato.
La manifestazione è proseguita in Sinagoga, dove Elio Carmi ha ricordato la tenacia e l'impegno con cui Ottolenghi ricopre il ruolo di presidente della comunità ebraica e la figura di Giuseppina Gusmano che rischiò la vita per salvare 20 bambini dai rastrellamenti.
Giorgio Ottolenghi, Elio Carmi e la figlia Diletta hanno acceso sette lumini: sei per ogni milione di ebrei sterminati e uno per tutti gli zingari, omosessuali, portatori di handicap, oppositori vittime della crudeltà nazista.
Per salutare degnamente il numeroso pubblico, il Coro dell'Istituto Leardi ha cantato due salmi ebraici eseguiti con maestria e trasporto, meritando il forte applauso a suggello della cerimonia.

(Il Monferrato, 8 febbraio 2010)

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Iran: Khamenei, la distruzione di Israele è imminente

TEHERAN, 7 feb. - Dopo che Mahmoud Ahmadinejad ha rotto con l'Aiea e ha dato ordine di procedere all'arricchimento dell'uranio in Iran, l'ayatollah Ali Khamenei ha gettato altra benzina sul fuoco: la Guida Suprema ha annunciato che la distruzione di Israele e' "imminente". Khamenei si e' detto "molto ottimista sul futuro della palestina" e crede "che Israele sia sulla strada del tramonto e del deterioramento. A dio piacendo, la sua distruzione e' imminente" .

(AGI, 7 febbraio 2010)

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Kadima divisa: pari popolarità Livni-Mofaz al 45%

Un anno dopo le elezioni politiche non sembra essersi ancora cementata la popolarita' di Tzipi Livni alla guida di Kadima, il principale partito di opposizione in Israele. Secondo un sondaggio condotto fra 1.300 membri attivi del partito, solo il 45,1 per cento sostengono la sua leadership, mentre il 44,8 per cento si sono schierati con il suo principale rivale, l'ex ministro della difesa Shaul Mofaz.
Lo rende noto un sito web legato al partito, Yalla-Kadima. Al terzo posto per popolarita' si e' nel frattempo assestato Zahi Hanegbi, presidente della prestigiosa commissione per gli affari esteri e la difesa della Knesset.
L'esito del sondaggio ha destato fermento nel partito e secondo alcuni osservatori potrebbe incoraggiare Mofaz a chiedere elezioni primarie in Kadima gia' nel corso del 2010.

(ANSA, 7 febbraio 2010)

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Leila Ghannam
La prima donna al governo di Ramallah

La 35enne Leila Ghannam, sin da giovanissima nei ranghi di al-Fatah, nominata da Abu Mazen

MILANO - Ex membro dell'intelligence palestinese, è diventata la prima donna governatrice dell'Anp. Si chiama Leila Ghannam, ha 35 anni, è single e senza figli, e Abu Mazen (impegnato in un giro di vite nei confronti di Hamas) l'ha recentemente voluta alla guida di Ramallah, la capitale non ufficiale della Cisgiordania.

IL MESSAGGIO DEL PRESIDENTE - La Ghannam, che può vantare un dottorato in psicologia, è nata nel villaggio di Deir Dibwan ed è entrata da giovanissima nei ranghi di al-Fatah, arrivando negli anni ad occupare un ruolo di prestigio nell'organizzazione che fa parte dell'Olp. Ora, in qualità di governatore, la giovane Leila ha anche il comando di tutte le forze armate di Ramallah. La sua nomina è considerata una mossa tattica di Abu Mazen. In una città in cui molte donne indossano jeans e minigonne, (e che non a caso in passato è stata definita la «Parigi della Cisgiordania»), lei indossa sempre un hijab e proviene da una famiglia religiosa. «La sua nomina è un doppio messaggio che Abu Mazen invia - sostiene sul Times Matti Steinberg, esperto di questioni palestinesi -. In primo luogo, dice ai sostenitori di Hamas che si può essere religiosi, ma non necessariamente fondamentalisti. In secondo luogo invia un messaggio alle donne musulmane in Cisgiordania: "Se lei è riuscita, tutte potete farlo: andate a lavorare e migliorate il vostro tenore di vita"». La nomina di Ghannam è indice di un approccio «più moderno» da parte di Abu Mazen», ha sottolineato anche Ahmad Tibi, un membro arabo della Knesset israeliana che conosce bene il presidente palestinese.

(Corriere della Sera, 7 febbraio 2010)

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Shalit spostato in altro nascondiglio

Fonta Hamas: portato in un luogo piu' sicuro della striscia di Gaza

IL CAIRO, 7 feb - Ghilad Shalit, il soldato israeliano prigioniero dal 2006 e' stato spostato in un nuovo nascondiglio piu' sicuro nella striscia di Gaza. Lo scrive il settimanale cairota El Arabi citando un alto responsabile del movimento Hamas. “La persona responsabile della guardia e della protezione di Shalit ha deciso di spostarlo recentemente in un luogo piu' sicuro - precisa - nessuno dei dirigenti di Hamas, compreso il primo ministro, conosce il nuovo nascondiglio”.

(ANSA, 7 febbraio 2010)

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Gli ebrei francesi incontrano le istituzioni politiche

Appuntamento ormai tradizionale nel calendario politico francese, si è svolta anche quest'anno la cena annuale organizzata dal Conseil Representatif des Institutions Juives (CRIF), l'organo che rappresenta i circa seicentomila ebrei transalpini. Oltre ottocento gli invitati al Pavillon d'Armenonville di Parigi, tra cui il Presidente della Repubblica Nicolas Sarkozy, alla sua seconda partecipazione. L'inquilino dell'Eliseo era accompagnato dalle più alte cariche dello Stato e da mezzo governo. Erano inoltre presenti diplomatici (compreso l'ambasciatore di Haiti), religiosi, giornalisti e alcuni leader di comunità ebraiche straniere. A rappresentare l'Italia c'era Claudia De Benedetti, vicepresidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
Nel corso della cena si è parlato di Medio Oriente, dei rapporti tra Francia ed Israele e della lotta all'antisemitismo. Sono intervenuti alcuni sopravvissuti e anche il Primo Ministro Francois Fillon ha voluto portare il suo saluto.
Abbiamo deciso di riportare per interno il discorso di Richard Prasquier, presidente del CRIF. Le sue parole, infatti, sono un j'accuse molto forte contro il negazionismo e contro ogni forma di razzismo, ma anche una difesa appassionata dei valori alla base della Republique. Libertà, Uguaglianza e Fratellanza: i valori che hanno reso gli ebrei francesi i primi ebrei europei a essere considerati cittadini come tutti gli altri.

(Notiziario Ucei, 7 febbraio 2010)

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Il "caso Golasa" scuote i giovani ebrei

di Giacomo Sette

Eyal Golasa
Il tempo di indossare la maglia della Lazio, pochi giorni nella Capitale, accolto dalla comunità ebraica di Roma, una tappa alla Sinagoga e Eyal Golasa non è già più un giocatore biancoceleste. Qualche foto con il cappellino di lana nera e un sorriso radioso e poi via, da una città che non gli ha fatto festa. Diciottenne con la passione per il calcio, il giocatore ha confermato che resterà nelle fila del Maccabi Haifa. Oggi è in Israele dopo esser stato accolto nella Città Eterna con poco entusiasmo da parte dei tifosi laziali. Sono bastati pochi giorni a Roma per far fioccare su i primi gruppi contro di lui, promossi da alcuni ultras della curva biancoceleste. Il più numeroso, con un centinaio d'iscritti, chiedeva che Golasa non indossasse la maglia della Lazio, in quanto appartenente al popolo israeliano «che ha commesso gravi crimini contro l'umanità». E ancora «Noi Golasa non lo vogliamo!». Un gruppo con una chiara matrice razzista, che nella descrizione infatti figura la motivazione «No agli israeliani con la nostra maglia!». C'è chi sospetta che dietro al rientro in Israele ci sia l'effetto della campagna denigratoria dei tifosi, e pensare che tutto è avvenuto a pochi giorni dalle celebrazioni della giornata della Memoria. «Golasa è stato messo alle corde sia dal padre e da Israele, ma soprattutto dai tifosi», commenta Edoardo Amati consigliere dell'Ugei, l'Unione giovani ebrei italiani. «Sono sgomento perché quando si parla di sport non si possono tirare in ballo queste cose. Lo sport deve aggregare, deve fare da collante tra persone di diverse religioni, di diversa etnia, di diversa cultura. Ed invece il risultato è sotto gli occhi di tutti. Negli anni Novanta la Lazio ha fatto la stessa cosa con Aron Winter, persona di colore che veniva dall'Aiax. La storia si ripete, ma al negativo». «Non abbiamo mai dubitato del fatto che l'accordo tra noi ed il giocatore fosse vincolante», ha detto il presidente del Maccabi Haifa, Jacob Shahar. La società laziale, intanto, si prepara a far valere legalmente i suoi diritti sul giocatore. Dopo il comunicato ufficiale del club israeliano la società del presidente Lotito fa sapere che «c'è un contratto regolarmente depositato in Lega Calcio» (4 anni e mezzo), e che ora aspetterà fino a domenica sera il ritorno di Golasa. Se poi il giocatore non dovesse tornare a Formello, la Lazio si muoverà per tutelare il contratto sottoscritto con l'israeliano.

(Libero Roma, 7 febbraio 2010)

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Hamas si rammarica per le vittime civili israeliane ma poi ci ripensa

A sorpresa Hamas ha espresso "rammarico per le vittime civili israeliane" provocate dai razzi Qassam lanciati da Gaza durante l'Operazione Piombo Fuso dello scorso anno. Il dispiacere, pero', non era autentico o quantomeno non aveva i crismi dell'ufficialità. Dopo qualche ora, infatti, i vertici del movimento hanno preso le distanze dall'affermazione contenuta nei rilievi inviati alla commissione d'inchiesta dell'Onu, che ha accusato sia Israele che Hamas di crimini di guerra

(la Repubblica, 6 febbraio 2010)

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Israele, nave da guerra attraversa il canale di Suez

TEL AVIV, 6 feb - Una nave da guerra israeliana, la lancia-missili Ahi-Hanit, ha attraversato il canale di Suez, diretta verso il Mar Rosso. Lo ha riferito la televisione commerciale israeliana Canale 10, citando 'fonti di Hamas'. L'emittente ha aggiunto che la marina militare israeliana non ha voluto invece commentare la notizia.
Secondo la televisione e' presumibile che la missione della nave da guerra sia di combattere contro il traffico di armi dall'Iran verso la striscia di Gaza.

(ANSA, 6 febbraio 2010)

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Due bambini israeliani feriti da una mina nel Golan

Stavano facendo una gita con la loro famiglia

GERUSALEMME, 6 feb. - Due bambini di 11 e 12 anni sono rimasti feriti in modo serio per l'esplosione di una mina mentre stavano facendo una gita con la loro famiglia nella regione delle Alture del Golan. Lo hanno riferito i servizi di soccorso israeliani. I bambini sono entrati per errore in un campo minato.
Israele ha occupato il Golan dalla Siria nella guerra dei Sei giorni del 1967. Ci sono ancora alcuni campi minati nell'area circondata dal filo spinato, ma raramente sono stati segnalati incidenti. L'esercito israeliano ha riferito che i campi minati sono adeguatamente segnalati.

(Apcom, 6 febbraio 2010)

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Il "muro" israeliano

Lettere arrivate a "La Stampa"

5 febbraio 2010 - "Quel muro grande ma invisibile"

Sono stata in Palestina l'estate scorsa, e forse una delle immagini che mi è rimasta più impressa è il muro di cemento che separa i Territori Palestinesi da Israele: una barriera alta 8 metri e lunga 500 Km, di cui troppo poco si è parlato (il muro di Berlino era meno di 4 m…). Apprendo ieri sera (3 febbraio 2010) che il nostro Presidente del Consiglio in visita in Palestina, alla domanda postagli da un giornalista sulle sue impressioni nel vedere e nell'oltrepassare per la prima volta il muro, ha risposto che gli dispiace deluderlo, ma non l'ha visto… (era impegnato a preparare il discorso per l'incontro con il Presidente Abu Mazen). Mentre risponde, e ripete più volte il concetto, il suo volto sorride soddisfatto. Non l'ha visto? Le sue parole, e forse ancor più il suo sorriso, mi fanno salire le lacrime agli occhi.
Mi ritengo offesa a nome delle migliaia di palestinesi che ogni giorno stanno ore in fila per oltrepassare quel muro per andare a lavorare o a scuola, e che da quel muro sono stati privati di beni e servizi che a loro spettavano. Io e moltissimi altri come me il muro l'abbiamo visto, e ci è rimasto come un pugno nel cuore che aspetta l'indignazione del mondo.
Maria Ruzzene Vicenza

6 febbraio 2010 - "Muro/1: la menzogna dei 500 chilometri

Caro Direttore, la lettera uscita ieri sulla lunghezza del cosidetto «muro» che separa Israele dai territori palestinesi contiene la solita menzogna di chi è interessato più alla propaganda che alla verità. La barriera difensiva, quando sarà completata, sarà lunga circa 700 km, oggi è in funzione circa il 65%.
Essa è formata da sensori di filo metallico, che hanno la funzione di segnalare la presenza di chi intendesse oltrepassarli.
La parte in muro, una volta finita la barriera sarà del 5% del totale. Come vede nulla a che vedere con i 500 km citati dalla lettrice.
Angelo Pezzana

6 febbraio 2010 - Muro/2: fa barriera contro i kamikaze

Per motivi di lavoro sono stato nel corso dell'ultimo anno due volte, per un totale di due mesi, in Israele. Devo quindi contestare quanto diceva ieri una lettrice. La barriera difensiva tra Israele e i territori palestinesi (che sono andato a vedere di persona due volte) è alta otto metri per tre/quattro chilometri, è alta due/tre metri per un'altra decina di chilometri, per il resto è un reticolato con segnalatori/dissuasori contro chi dovesse tentare di oltrepassarli.
Inoltre, è una barriera difensiva: serve a evitare che chi sta dall'altra parte possa sparare verso Israele, o tentare di passare indossando cinture esplosive. Perché chi critica l'esistenza della barriera difensiva non parla mai dei kamikaze?
Gilberto Bosco

6 febbraio 2010 - Muro/3: da quando c'è niente più bombe

Vorrei poter dire alla lettrice Maria Ruzzene che anch'io sono contrario ai muri. Sono, però, anche contrario totalmente ai terroristi che mettevano le bombe sui pullman israeliani, e negli altri posti affollati. Vengono anche a me le lacrime agli occhi, quando penso ai bambini, ma anche alle donne e agli uomini, fatti a pezzi da tali esplosioni. Come la signora Ruzzene NON ha notato, da quando c'è il muro, episodi di questo genere non si sono più verificati.
Battista Caputo

(Informazione Corretta, 6 febbraio 2010)

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Botta e risposta Siria-Israele, mentre si ricerca il dialogo

Netanyahu ha affidato a Berlusconi messaggio per Assad

ROMA, 6 feb. - Continua il botta e risposta tra Israele e Siria, mentre dietro le quinte le diplomazie - inclusa quella italiana - sarebbero al lavoro per cercare di rilanciare il negoziato di pace, interrotto dopo l'offensiva israeliana nella Striscia di Gaza del gennaio 2009.
In un editoriale, il quotidiano ufficiale siriano Tishree - citao da Haaretz -scrive oggi che la Siria è pronta "sia alla pace che alla guerra" con Israele, replicando alle sferzanti dichiarazioni di due giorni fa del ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman.
Il capo della diplomazia israeliana aveva alzato i toni con la Siria affermando che in caso di guerra il presidente siriano Bashar al Assad non solo verrebbe sconfitto ma perderebbe anche il potere. Il governo israeliano aveva poi cercato di riportare la calma diffondendo un comunicato in cui si ribadiva la volontà di Israele di sedersi al tavolo del negoziato con la Siria senza precondizioni, per giungere a un accordo di pace.
Nell'editoriale, il quotidiano Tishree afferma che qualsiasi "strada intraprenda Israele, la Siria sarà pronta sia alla guerra che alla pace", precisando però che Israele "non sembra avere reali intenzioni di pace".Ma secondo quanto rivela oggi il quotidiano La Stampa citando fonti qualificate, il premier israeliano Benjamin Netanyahu avrebbe in realtà consegnato al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, durante la sua visita a Gerusalemme, "un messaggio destinato al presidente Bashar Assad in cui viene ribadita la volontà israeliana di rilanciare negoziati di pace con la Siria, senza precondizioni".
"In parallelo - scrive la Stampa - Netanyahu ha consegnato un analogo messaggio al ministro degli Esteri spagnolo Miguel Moratinos, che l'ha subito recapitato a Damasco".

(Apcom, 6 febbraio 2010)

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Ariccia: vertice di pace Israele-Palestina

La porchetta simbolo della "Pax Aricciensis": «L'integrazione deve partire dalla contaminazione culturale. Dobbiamo diventare tolleranti almeno rispetto alle scelte gastronomiche»

di Gianni Galleri

ARICCIA - Erice è uno dei comuni più importanti dei Castelli Romani, famoso per la porchetta, le fraschette e la splendida piazza realizzata dal Bernini. Queste potrebbero tranquillamente essere due righe del quotidiano israeliano Haaretz. E in realtà qualcosa di molto simile è successo. Berlusconi è in visita in Israele ed offre la collaborazione italiana per la realizzazione di un summit di pace fra Tel Aviv e la Palestina. La città prescelta è appunto Erice, in provincia di Trapani, ma i traduttori del famoso quotidiano prendono un granchio e scrivono Ariccia. L'Ansa riprende la notizia e rilancia sul mercato informativo italiano: Ariccia sarà la città ospite dell'incontro di pace fra Palestina e Israele. Il Sindaco Cianfanelli, fra lo stupore e la felicità, manda subito qualcuno a lucidare Palazzo Chigi, la sede di rappresentanza di tutti gli incontri che si tengono nella città della Porchetta, e chiede al suo ufficio stampa di mandare ai media un comunicato: «Ariccia è pronta».
Però, già sulle prime battute, l'errore di traduzione viene svelato e la bolla si sgonfia. Sarà Erice e non Ariccia a ospitare il vertice. Ma il Sindaco ormai ha dato la sua disponibilità, sarebbe un peccato perdere l'occasione, quindi Cianfanelli continua a proporsi. L'eco attraversa Roma e la sua provincia e diventa nazionale. Si arriva persino su Radio2. La mattina dalle 8 alle 10 va in onda "il Ruggito del Coniglio", il caso Ariccia non passa inosservato e arrivano le prime battute: «il Sindaco aveva già tagliato la porchetta, ha dovuto rimettere dentro tutto». Ma il massimo dell'attenzione si ottiene con Caterpillar, trasmissione di approfondimento, che in modo leggero e sarcastico, dà spazio agli amministratori che hanno buone idee e rilanciano un po' l'amore per la politica.
I due conduttori Cirri e Solibello introducono la vicenda e poi introducono «Emilio Cianfanelli, Sindaco di Ariccia». La chiacchierata è nel solito tono della trasmissione a metà fra l'attento e lo scherzoso, dicendo le cose senza prendersi troppo sul serio. Cianfanelli sta allo scherzo, propone Palazzo Chigi come perfetta sede, approva a fare il summit nella sua città ma chiudere con una granita di mandorla, ma poi si arriva alla domanda che tutti si aspettano: come si fa a fare un summit di pace fra ebrei e musulmani in un paese che come piatto simbolo ha il maiale. «L'integrazione deve partire dalla contaminazione culturale. È necessaria, dobbiamo diventare tolleranti almeno rispetto alle scelte gastronomiche, se no il percorso di pace è difficile», risponde pronto Cianfanelli, facendo proprio una bella figura. Mentre la conversazione va avanti, Cicchitto parla in aula alle Camera, si sta approvando il "legittimo impedimento", i conduttori aprono la diretta con Montecitorio e si sentono gli applausi. «Cianfanelli lei è pro-Cicchitto o anti-Cicchitto?». «Io sono del Partito Democratico». «Ah si? Eppure appare lucido». L'intervista va avanti per un altro minuto, il Sindaco si dice disponibile, Cirri e Solibello si propongono per mediare. Insomma l'esempio di come da un errore di traduzione, si possa lanciare l'immagine della propria città in tutta Italia.

(Castellinews.it, 6 febbraio 2010)

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Comune di Udine: rinnovata collaborazione con la comunità ebraica

UDINE, 6 feb. - Il Comune di Udine e la rappresentanza ebraica del Friuli Venezia Giulia hanno aperto un confronto per una collaborazione a 360 gradi sulla presenza della comunita' israelitica nel capoluogo friulano. E' il risultato di un incontro avvenuto tra il sindaco Furio Honsell, il rabbino capo della comunita' ebraica di Trieste (e con competenza su tutto il territorio regionale) David Margalit, il presidente della comunita' ebraica del capoluogo giuliano, Andrea Mariani, e il segretario della stessa comunita' Eliyahu Giorgi. ''Tra gli argomenti che abbiamo affrontato - commenta Honsell - c'e' la questione del cimitero ebraico udinese, situato all'interno del campo santo di San Vito e attualmente privo di recinzione come, invece, prevedrebbe la legge ebraica''. Per l'ebraismo italiano, non solo la sinagoga, ma anche il cimitero rappresenta uno spazio identitario molto forte. ''Abbiamo pensato - aggiunge Honsell - a delle forme che concilino l'esigenza di una recinzione dell'area, tenendo tuttavia conto del fatto che gli spazi si trovano all'interno del cimitero comunale. Per questo motivo si e' pensato a delle forme di delimitazione simbolica, come puo' essere una siepe o una corda, che rendano visibile e identificabile il cimitero ebraico''. A definire meglio tutti gli aspetti sono cosi' stati incaricati i tecnici del Comune, ai quali spettera' il compito di studiare le migliori soluzioni possibili e predisporre anche dei piccoli interventi migliorativi dell'intera area. ''Il primo e significativo dato che e' emerso da questo incontro - precisa Andrea Mariani - e' che dopo una lunga assenza nei rapporti tra le istituzioni, finalmente ci si e' riavvicinati grazie anche all'interessamento del sindaco di Udine. Oltre alle questioni del cimitero, per il quale il nostro interesse e' prevalentemente conservativo si e' parlato di promuovere nel futuro altre forme di collaborazione in ambito culturale''. Ma nell?incontro e' stato affrontato anche il tema del restauro della tomba di Elio Morpurgo, sepolto proprio nel cimitero ebraico di San Vito. ''Per una citta' come Udine, medaglia d'oro alla Resistenza - conclude Honsell - e' ancora piu' importante preservare dal degrado la tomba di Morpurgo, che fu sindaco della citta' e deportato ad Auschwitz. Per questo motivo ci attiveremo per favorire ogni forma di finanziamento possibile per il recupero della sua tomba''.

(AGI, 6 febbraio 2010)

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L'Iran attacca Berlusconi

"Ha reso servigi ai padroni israeliani"

Immediatamente dopo il discorso di Silvio Berlusconi alla Knesset (il parlamento israeliano), il regime di Teheran aveva reagito contestando una "interferenza negli affari interni di un Paese indipendente" da parte dell'Italia. Oltre a sottolineare il pericolo di una dittatura, guidata da un uomo (Ahmadinejad) che usa gli stessi argomenti di Hitler e vuole dotarsi dell'atomica, Berlusconi ha espresso tutto il suo sostegno all'opposizione iraniana. Che da mesi, coraggiosamente, protesta sfidando la repressione. E' una presa di posizione legittima, tipica di un governo democratico che non rinuncia ai propri valori nel nome del buon vicinato con una delle peggiori dittature del mondo. E i media di regime iraniani, che sanno quanto sia pericoloso (per il regime) un endorsment internazionale all'opposizione dell'Onda Verde hanno reagito con un attacco personale contro Berlusconi. Usando i triti e ritriti slogan della propaganda antisemita. Il premier italiano, dal loro punto di vista, avrebbe reso una "serie di servigi ai padroni israeliani" con le dichiarazioni fatte durante la sua visita in Israele. Lo ha affermato il sito in italiano della radiotelevisione di Stato iraniana. "Dopo aver sparato dichiarazioni decisamente discutibili sull'Iran - afferma il sito - il premier italiano è arrivato a dire che la guerra contro Gaza fu giusta, calpestando così i cadaveri di 1.400 civili palestinesi uccisi l'anno scorso da Israele durante tre settimane di folli bombardamenti". Berlusconi, si aggiunge nel commento, "durante il suo discorso ieri alla Knesset ha completato tutta la serie di servigi fatti ai padroni israeliani", dopo che, "prima e durante la visita in Israele aveva rivolto all'Iran tutte le accuse possibili, ad iniziare da quella di voler sviluppare armi nucleari". In Italia, Marco Casella, vicepresidente dell'International Young Democrat Union (Iydu, cioé l'Internazionale che raduna i movimenti giovanili di centrodestra), rilancia la battaglia per la democrazia in Iran: "In questi giorni - ricorda Casella - vengono eseguite le condanne a morte contro gli oppositori al regime, arrestati in seguito alle proteste di piazza per il contestato esito elettorale dello scorso anno. La repressione del regime poliziesco iraniano ha già fatto molte vittime innocenti soprattutto tra i giovani e gli studenti. Ad oggi - sottolinea il vicepresidente dell'Iydu - almeno altre nove persone si trovano in attesa di esecuzione capitale, poiché rei di aver osato manifestare, liberamente, il proprio dissenso". "Perciò il network giovanile mondiale del centrodestra l'International Young Democrat Union - afferma Casella - invita tutti i governi democratici ad accogliere l'invito del capo del Governo italiano, Silvio Berlusconi, quando egli stesso ha ricordato che è un nostro dovere sostenere e aiutare l'opposizione in Iran". Sottolineando, tra l'altro, che Ahmadinejad non ha un grande seguito popolare.

(l'Opinione, 5 febbraio 2010)

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Israele: gli insulti a Berlusconi sono un onore

Perche' vengono da un regime 'sanguinario' che opprime il popolo

GERUSALEMME, 5 feb - Gli attacchi dell'Iran al presidente del Consiglio, Berlusconi sono un complimento. Così il portavoce del ministro Esteri israeliano Le critiche provengono da un regime 'sanguinario' che 'opprime il suo stesso popolo', dice Yigal Palmor commentando quanto affermato ieri da Teheran a proposito di presunti 'servigi' che Berlusconi avrebbe reso al 'padrone israeliano'.

(ANSA, 5 febbraio 2010)

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Lazio: Golasa rinuncia al trasferimento

"Eyal si è scusato, e le sue scuse sono state accolte" fanno sapere dal Maccabi

Niente Lazio per Golasa. Il diciottenne centrocampista israeliano ha rinunciato al trasferimento al club biancoceleste ed ha confermato che resterà al Maccabi Haifa. Lo afferma un comunicato emesso dalla squadra di calcio proprietaria del cartellino del giocatore. "Eyal si è scusato, e le sue scuse sono state accolte" sostiene il comunicato del Maccabi Haifa pubblicato al termine di un incontro di chiarimento svoltosi a Tel Aviv. "Il contratto fra di noi resta infatti vincolante. Lui ha compreso di essere stato tratto in errore dai suoi consiglieri, che lo hanno indotto a firmare un contratto di quattro anni e mezzo con la Lazio".
Lotito aveva affermato che il contratto firmato con il club capitolino era del tutto regolare e che quello sottoscritto dai genitori con il Maccabi era un "accordo morale ma non professionale". Le cose però sono andate poi diversamente: Golasa giocherà quindi in patria almeno fino al 30 giugno, poi i biancoceleste (e probabilmente altri club) torneranno alla carica.

(Datasport, 5 febbraio 2010)

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Caso Golasa, la Lazio punta i piedi

Il club biancoceleste: "Se il giocatore non dovesse tornare a Formello, la società si muoverà per tutelare il contratto" -
Altro che arrendersi. La Lazio si prepara a far valere legalmente i suoi diritti sull'israeliano Eyal Golasa, nel caso questi decida di non fare ritorno in Italia e continuare a giocare nel Maccabi Haifa. Dopo il comunicato ufficiale del club israeliano, che ha annunciato che il centrocampista, dopo essersi scusato "ha deciso di restare al Maccabi e di rinunciare al trasferimento", la società del presidente Lotito replica che "c'è un contratto regolarmente depositato in Lega Calcio - della durata di quattro anni e mezzo - e che ora "aspetterà fino a domenica sera il ritorno di Golasa. Se il giocatore non dovesse tornare a Formello, la Lazio si muoverà per tutelare il contratto sottoscritto con l'israeliano".
"Eyal si è scusato, e le sue scuse sono state accolte" sosteneva la nota della controparte, pubblicata al termine di un incontro di chiarimento svoltosi a Tel Aviv. "Il contratto fra di noi resta infatti vincolante. Lui ha compreso di essere stato tratto in errore dai suoi consiglieri, che lo hanno indotto a firmare un contratto di quattro anni e mezzo con la Lazio".

(Datasport, 5 febbraio 2010)

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La popolarità di Netanyahu è in calo

Il premier perde consenso fra gli elettori della destra

ROMA, 5 feb. - Il Likud regge e anzi si rafforza, ma la popolarità del premier Benjamin Netanyahu è in forte calo, così come quella del suo ministro degli Esteri Avigdor Lieberman: è quanto risulta da un sondaggio pubblicato dal quotidiano israeliano Ha'aretz. Per la prima volta dalla sua elezioni infatti la maggioranza degli israeliani disapprova la sua gestione: un calo dovuto soprattutto alla decisione unilaterale di congelare le attività edilizie degli insediamenti, iniziativa che nessun altro Primo ministro conservatore aveva mai avuto il coraggio di prendere. Le cifre infatti mostrano che Netanyahu sta perdendo consensi fra gli elettori della destra, solo in parte bilanciato da una maggiore approvazione di coloro che votano centro e sinistra. Quanto alle alternative, l'ex ministro degli Esteri e leader del Kadima Tzipi Livni rimane l'unica credibile: tra gli iscritti del movimento centrista viene preferita di gran lunga al rivale Shaul Mofaz, protagonista di una faida interna al partito che sta costandogli una parte del suo elettorato, finita ai laburisti. In termini di schieramenti, la situazione rimane comunque invariata rispetto all'ultima rilevazione, effettuata tre mesi fa: se si votasse oggi la destra guadagnerebbe 72 seggi (attualmente ne ha 65) e il centrosinistra 48 (contro 55).

(Apcom, 5 febbraio 2010)

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Austria - Rivista per cani pubblica l’immagine di un pit bull con la stella di David

Costretta a modificare l’immagine dopo le proteste della comunità ebraica

VIENNA, 4 feb. - La rivista per cani austriaca Wuff è finita nella bufera per avere pubblicato un'immagine che ritrae un pit bull con impresso la stella di David e che - dopo le proteste della comunità ebraica - ha dovuto "modificare".
Nel volantino, pensato per criticare la licenza per alcuni cani, si vedeva un cucciolo di pit bull che porta la stella degli ebrei con la parola "cattivo" e accanto a lui un piccolo Labrador. Il titolo sopra di loro era: "Cosa ci differenzia?".
L'editore di Wuff, Gerald Poetz, ha dichiarato che il giornale non intendeva fare un collegamento con la persecuzione degli ebrei, obbligati a indossare la stella gialla. Ma per stare tranquillo ha preferito sostituire il simbolo con un nastro rosso.
Il responsabile della comunità ebraica locale, Raimund Fastenbauer, aveva definito la pubblicità iniziale priva di gusto, affermando che era stata pensata per attirare l'attenzione.

(Apcom, 4 febbraio 2010)

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Hamas: la posizione di Berlusconi su Gaza è pericolosa ed estremista

GAZA, 3 feb. - La posizione espressa dal premier Silvio Berlusconi sull'operazione militare Piombo Fuso condotta da Israele contro Gaza tra dicembre 2008 e gennaio 2009 e' "pericolosa" ed "estremista". E' questa l'opinione espressa per conto di Hamas da Salah al-Bardawil, deputato e portavoce del blocco parlamentare del movimento islamico nel Consiglio legislativo palestinese. In un comunicato diffuso in serata, al-Bardawil parla di "un estremismo espresso dalle frasi di Berlusconi" che a suo dire sarebbe "piu' grave" di quello espresso dalla leadership israeliana.

(Adnkronos, 4 febbraio 2010)

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In Israele tiene banco il caso del "traditore" Golasa

"Lotito parla di regole, poi 'ruba' i giocatori..."

Eyal Golasa
Dicono sia bravo, bravissimo. E con margini di crescita ancora enormi, a soli 18 anni. "Uno dei giovani più talentuosi che il calcio israeliano abbia lanciato negli ultimi anni, probabilmente il miglior prodotto in assoluto dopo Yossi Benayoun". E' anche per questo che in Israele, i media sportivi, non parlano che del caso legato ad Eyal Golasa, centrocampista ex Maccabi Haifa passato proprio negli ultimi giorni di calciomercato alla Lazio di Claudio Lotito. Una vicenda, la sua, complessa e interessante. Per approfondirla ci siamo avvalsi del contributo di Michael Yokhin, corrispondente israeliano di 'Goal.com International' che ci ha dipinto un quadro estremamente completo della situazione.

Qui da noi se ne sta parlando tantissimo - ci ha spiegato Yokhin -. Al Maccabi Haifa l'hanno cresciuto, ci sono rimasti molto male nell'apprendere del suo trasferimento all'Olimpico da un articolo circolato in rete nella serata di domenica. Yaacov Shahar, presidente del club, non sapeva nulla della trattativa tra Golasa e la Lazio e continua a sostenere la validità del contratto del giocatore fino al 2011. Ciò nonostante, ormai, è stato etichettato da tutti come un traditore, e fonti interne alla società assicurano come con il Maccabi abbia chiuso per sempre. Ad Haifa stanno pensando di rivolgersi alla commissione arbitrale della Uefa per risolvere la vicenda". Voci giunte anche in Italia, queste ultime, che lasciano pensare a nuove grane nei tribunali dello sport per Claudio Lotito. A proposito del numero uno biancoceleste, la sua reputazione in Israele non è certo schizzata alle stelle: "E' interessante notare come proprio lui - impegnato a lottare in tribunale per evitare di farsi soffiare Pandev dall'Inter - si sia sentito in diritto di rubare un giocatore aggirando completamente la dirigenza del Maccabi. Non è esattamente il tipo di comportamento che ci si attende da un uomo da sempre attento a certi valori e rispettoso dei regolamenti...".

La scelta del ragazzo non ha indispettito soltanto i dirigenti del suo vecchio club, il Maccabi. Anche in famiglia non l'hanno presa benissimo. Anzi, l'impressione è che il giovane Eyal sia stato quasi rinnegato. Suo padre - ci ha riferito Yokhin - si è espresso così, con toni durissimi: "Ha fatto qualcosa di sporco, davvero brutto. Specialmente dopo tutto quello che il Maccabi aveva fatto per lui anche nel periodo dell'infortunio. E' stato semplicemente disonesto, e mi vergogno di lui. Sono arrabbiato sia con Eyal, sia con suo fratello che ha pianificato il tutto. Ho provato a persuaderlo, senza riuscirci. Credo che nel corso della sua carriera pagherà caro questo tipo di comportamento". A partire dal suo destino in nazionale, seriamente a rischio a questo punto: "E' molto delicata la questione, perchè legata al servizio militare obbligatorio. Golasa dovrebbe partire in estate, ma non sarà semplice sedersi ad un tavolo con i funzionari dell'esercito per trovare una soluzione. E la legge, in Israele, vieta di giocare per la nazionale ai calciatori che non hanno svolto il servizio di leva". Inevitabile, poi, soffermarsi sul tema antisemitismo, discorso su cui l'attenzione, in Israele, è sempre ai massimi livelli: "Lo sanno tutti, gli Ultras biancocelesti sono politicamente schierati e le loro preferenze vanno verso destra. Estrema destra. C'è molto stupore per la sua decisione anche per questo motivo. Molti giornalisti si sono mossi proprio per cercare di capire, attraverso internet, la reazione della piazza all'arrivo di Golasa alla Lazio, e un gruppo a lui ostile nato da poco su Facebook ha trovato anche spazio sul popolare portale Ynet".

A giudicare dalle premesse - ha chiuso Yokhin -, l'avventura italiana di Golasa sarà seguita con grandissimo interesse dai media israeliani per tutta la sua durata". Con la speranza che tra qualche mese possano essere le sue imprese sul campo ad attirare l'attenzione. E nient'altro...

(goal.com, 4 febbraio 2010)

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Berlusconi accolto da Abu Mazen mostra sulla giacca la spilla con la bandiera israeliana

Berlusconi non cambia, o non rimuove, la spilla che lo ha accompagnato nel viaggio israeliano

Oltre alla dichiarazione rilasciata al giornalista che chiedeva quale fosse il parere di Berlusconi riguardo il muro: «Non me ne sono accorto in quanto stavo rimettendo a posto le mie idee, prendendo appunti sulle cose che avrei dovuto dire al presidente incontrandolo. So di deluderla e me ne scuso», il premier italiano si è fatto ricevere dal presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese Abu Mazen con la bandiera d'Israele, incrociata con il tricolore italiano, appuntata sul bavero della giacca. Tale spilletta ha accompagnato Silvio Berlusconi per l'intero viaggio israeliano e non è stata cambiata, o rimossa, all'incontro con Abu Mazen. Sotto la pioggia, dall'automobile fino alla Moqata Berlusconi è stato scortato da Abu Mazen che gli teneva l'ombrello, esposta a favore dei fotografi la spilla di Berlusconi.

(ami, 4 febbraio 2010)

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Lieberman, Assad destinato a cadere in un'eventuale guerra con Israele

GERUSALEMME, 4 feb. - Il regime siriano e' destinato a cadere se continuera' a provocare Israele. Parole del ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman che, citato dalla Radio dell'esercito, ha messo in guardia il presidente siriano Bashar Assad. Se il suo Paese dichiarera' guerra allo Stato ebraico, ha detto, non solo perdera' il conflitto, ma il suo regime crollera'. ''Questo e' il messaggio al leader siriano da parte di Israele'', ha detto Lieberman, parlando a una business conference all'Universita' Bar-Ilan di Tel Aviv.

(Adnkronos, 4 febbraio 2010)

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Squilla la campanella in una scuola fatta di pneumatici

GERICO - La campanella e' suonata ieri, per la prima volta dopo le vacanze invernali, ad Khan al Ahmar (a nord di Gerico) nella scuola interamente realizzata con copertoni usati dalla cooperativa del comitato dei Beduini di Gerusalemme. L'edificio, una struttura smontabile eretta con oltre mille copertoni per ''aggirare'' il divieto di edificazione nell'area soggetta al controllo amministrativo di Israele (ricade nella cosiddetta 'zona C', definita negli Accordi di Oslo), e' stato ultimato adesso grazie anche al contributo della cooperazione decentrata italiana che ha finanziato un nuovo sistema fotovoltaico per fornire energia pulita alle aule del villaggio beduino. ''La scuola dei copertoni e' un modello di cio' che si puo' realizzare con materiali riciclati'', ha spiegato ad ANSAmed Massimo Rossi, presidente di ''Vento di terra'', l'organizzazione non governativa che, assieme alla Cooperazione italiana, ha contribuito alla realizzazione del progetto. Secondo Rossi l'uso di copertoni, vetro, sabbia o lattine rappresenta una valida alternativa in situazioni in cui scarseggiano le risorse tradizionali come cemento e ferro: ad esempio, a Gaza. ''Proprio per questo - ha concluso - pensiamo di proporre progetti simili nella Striscia''. La scuola, che dallo scorso settembre ospita circa sessanta studenti, resta in piedi nonostante una querelle giudiziaria che ne minaccia l'esistenza sin da prima della sua realizzazione. Una sentenza dell'Alta corte suprema israeliana, a novembre, aveva imposto alle parti in causa (il Comune del vicino rione israeliano di Maale Adumim, la societa' autostradale Maatz e la comunita' beduina di Jahalin) di trovare un accordo. Mentre la Maatz e gli abitanti di al Khan al Ahmar hanno concordato lo ''spostamento'' di parte dell'edificio per non intralciare i lavori di ampliamento della strada, la disputa con il comune israeliano continua in vista della prossima udienza, fissata per il 22 febbraio. ''I bambini sono felici di studiare nel loro villaggio'', ha aggiunto dal canto suo il presidente della cooperativa di Beduini Mohammad Abu Suleiman. ''Se prima dovevano arrivare fino alla citta' di Gerico percorrendo una strada pericolosa, adesso la scuola dista solo cinque minuti''.

(ANSAmed, 4 febbraio 2010)

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Salute: neuroscienze e atomi, nuova collaborazione Cnr-Israele

ROMA, 4 feb - Ricerche in comune e scambio di ricercatori. Due laboratori congiunti Italia-Israele per svolgere ricerche insieme e scambiarsi gli esperti: il primo nel campo delle neuroscienze, l'altro in quello degli atomi freddi e delle tecnologie quantistiche. E' questo il risultato dell'incontro svoltosi ieri a Gerusalemme tra il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), rappresentato dal Presidente Luciano Maiani, e i massimi delle universita' ed enti di ricerca israeliani, alla presenza dei ministeri della Ricerca scientifica e tecnologica e dell'Industria del Paese mediorientale.
Il nuovo laboratorio dedicato alle neuroscienze nasce dalla collaborazione tra l'Istituto dei sistemi complessi del CNR (ISC-CNR) di Roma e l'universita' di Tel Aviv. Il laboratorio di fisica coinvolge invece il LENS (il Laboratorio Europeo per la Spettroscopia Non lineare) di Firenze, in cui il CNR ha una forte partecipazione, e l'Istituto Weizmann di Rehovot.
La durata dell'accordo e' di 5 anni, durante i quali sono previsti 60 mesi di borse post-dottorali a favore di giovani scienziati da fruire nei laboratori dei centri coinvolti.

(ASCA, 4 febbraio 2010)

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Capo di Hamas a Mosca per consultazioni la prossima settimana

Dopo Abu Mazen, Russia prosegue colloqui con palestinesi

MOSCA, 4 feb. - Sarà tra pochi giorni a Mosca il principale dirigente politico di Hamas, Khaled Meshaal. Lo rende noto il Ministero degli Esteri russo, specificando che il suo arrivo è previsto per l'inizio della prossima settimana.
Secondo il portavoce del Ministero Andrei Nesterenko "le riunioni si terranno nel contesto del dialogo politico, a cui la Russia sta lavorando con le forze influenti nella società palestinese".
Pochi giorni fa anche il capo dell'Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen è stato in Russia. "I suoi colloqui con il Presidente (Dmitri Medvedev) hanno confermato l'identità di vedute e di approcci per superare la crisi del processo di pace in Medio Oriente", ha sottolineato Nesterenko

(Apcom, 4 febbraio 2010)

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Il diario di Mengele comprato da un nipote di un sopravvissuto all'Olocausto

WASHINGTON, 3 feb. - Il "diario" di Josef Mengele, il medico nazista che faceva esperimenti sui prigionieri ad Auschwitz, e' stato venduto all'asta ad un discendente di un sopravvissuto dell'Olocausto che intende donarlo ad un museo. Lo riferisce l'Hartford Courant, quotidiano del Connecticut, citando una mail inviata dal curatore dell'asta, Bill Panagopoulous. L'acquirente "e' un filantropo ebreo della West Coast che vuole rimanere anonimo. Suo nonno e' un sopravvissuto di Auschwitz che incontro' personalmente Mengele ad Auschwitz. Vuole donare il manoscritto ad un museo dell'Olocausto".

(Adnkronos, 3 febbraio 2010)

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Berlusconi: ''Reazione 'giusta' per i missili di Hamas lanciati da Gaza''

ROMA, 3 feb - Israele dispiego' ''una giusta reazione'' ai missili lanciati da Gaza da Hamas. Lo sostiene il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, come riporta Sky Tg24, nel suo intervento oggi alla Knesset.
Berlusconi, sottolineando come Israele sia sempre sotto attacco anche con ''l'ondata terroristica della seconda Intifada'', si dice ''fiero di ricordare in questa solenne occasione che l'Italia seppe reagire con un grande 'Israel Day' di solidarieta' e di amore quando le bombe umane seminavano morte ad Haifa, a Tel Aviv, a Gerusalemme sui vostri autobus, nei vostri luoghi di ritrovo, nelle vostre feste nuziali, nelle vostre cerimonie religiose''. L'Italia, sottolinea, ''e' orgogliosa di molti gesti di solidarieta' verso il vostro paese, come ad esempio il rifiuto del nostro governo a partecipare alla Conferenza 'Durban II' di Ginevra, che voleva sanzionare Israele con intollerabili accuse di razzismo e di violenza. Come il nostro voto contrario al rapporto Goldstone - conclude Berlusconi - che intendeva criminalizzare Israele per la reazione ai missili di Hamas lanciati da Gaza''.

(ASCA, 3 febbraio 2010)

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Berlusconi alla Knesset, unanime apprezzamento dei leader israeliani

ROMA, 3 feb - Com'era già accaduto due anni fa al Congresso degli Stati Uniti, l'intervento odierno del presidente Silvio Berlusconi alla Knesset, il Parlamento israeliano, ha raccolto un apprezzamento caloroso e bipartisan, testimoniato dai dodici applausi che hanno interrotto il suo discorso e dalle parole pronunciate dai principali leader israeliani. "Lei qui in Israele ha conquistato i nostri cuori e a nome di tutti voglio dirle che la stimiamo, la abbracciamo e la amiamo", ha detto il premier Benjamin Netanyahu, leader del principale partito di governo e di centrodestra, il Likud. "Un discorso stupendo, emozionante e vero", l'ha definito il ministro della Difesa, e leader laburista, Ehud Barak. Tzipi Livni, leader del principale partito di opposizione, Kadima, l'ha trovato "commovente", facendo notare che "mentre altri leader tentennano, Berlusconi ha sempre il coraggio di dire quello che pensa. Al di là della politica, è una questione di valori. Lui sa distinguere fra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, sia che si tratti di antisemitismo, della minaccia iraniana o della lotta al terrorismo".
Anche dal presidente israeliano, e premio Nobel per la Pace, Shimon Peres, sono giunte parole di stima: Berlusconi "è il leader più solare tra tutti quelli che ho conosciuto". Ha definito il suo discorso di oggi "caldo, nobile, coraggioso, pieno di visione e di amicizia", e durante il brindisi di saluto ha detto che "l'Italia è nella parte illuminata del mondo". Allo stesso modo, "ci possono essere leader che sono nella parte nuvolosa della vita e leader che, come Berlusconi, sono invece nella parte soleggiata". "Non è importante - ha aggiunto Peres - ciò che i giornali scrivono, ma quello che gli italiani votano: e votando, gli italiani dimostrano di avere buon gusto".

(il Velino, 3 febbraio 2010)

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Vancouver, caso Israele. Le bandiere imbrattate

Vandalismo contro i vessilli con la stella di David. Gli organizzatori dei giochi invernali le rimuovono senza però sostituirle, una scelta discutibile che scatena le polemiche

di Claudio Stefanizzi

ROMA - A Vancouver tutto è pronto per ospitare la 21a edizione dei Giochi Olimpici Invernali, che prenderanno il via il prossimo 12 febbraio. Ma altrettanta prontezza hanno dimostrato anche quei vandali che, ancor prima che la manifestazione abbia inizio, hanno già trovato il modo di rovinare la kermesse. Le bandiere di tutte le nazioni partecipanti sventolano già nei viali della città canadese. Ma due sono state profanate. Quelle con la stella di David, manco a dirlo. La scritta 'Free Palestine', che campeggiava in bella mostra su entrambi i vessilli dello Stato ebraico, ha costretto gli organizzatori a rimuoverle. "Se le avessimo rimesse subito le avrebbero sicuramente imbrattate di nuovo", dicono. E anche se ciò avverrà in ogni caso prima della cerimonia inaugurale, quelle bandiere mancanti, seppure solo per pochi giorni, hanno l'effetto di un pugno nello stomaco.

UN RAPPORTO TORMENTATO - Israele e le Olimpiadi, un rapporto tormentato che si arricchisce di nuovi capitoli quasi ad ogni edizione della rassegna. Del massacro di Monaco si sa tutto: 11 atleti prelevati dal villaggio e trucidati da un commando di fedayyin il 5 settembre 1972, dietro il pretesto del mancato accoglimento da parte del Cio della richiesta di partecipazione di una delegazione palestinese ai Giochi. Ma c'è stato anche dell'altro. Per citare gli episodi più recenti, nel 2008, a Pechino, un nuotatore iraniano, Mohammad Alirezaie, si rifiutò di scendere in vasca per la presenza nella stessa batteria del collega israeliano Tom Beeri, per poi 'ribadire il concetto' l'anno seguente ai mondiali di Roma, quando avrebbe dovuto misurarsi con un altro israeliano, Mickey Malul. Persino alle paralimpiadi, sempre a Pechino, la nazionale iraniana di basket si rifiutò di affrontare nei quarti di finale gli Stati Uniti, ufficialmente a causa di un improvviso e non gradito cambio di orario. In caso di passaggio del turno, l'Iran avrebbe trovato la vincente di Canada-Israele. E anche al di fuori dell'ambito olimpico, il mese scorso un funzionario della Federcalcio iraniana è stato addirittura costretto a dimettersi per il solo fatto di aver inviato una normalissima mail di auguri, tra le altre, anche alla Federazione israeliana.

TONI SMORZATI - Mark Gurvis, capo dell'associazione ebraica di Vancouver, preferisce non esacerbare i toni: "Non mi stupisco di quest'atto vandalico, so bene che la nostra bandiera è un target e che i Giochi Olimpici rappresentano un'occasione unica, come cassa di risonanza. Ma noi siamo fieri dei nostri atleti e speriamo che quella bandiera torni a sventolare soprattutto grazie ai loro risultati". Probabilmente non accadrà, ma sarebbe bellissimo.

(la Repubblica, 3 febbraio 2010)

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Il 67,5% degli abitanti di Gaza è favorevole a un accordo di pace con Israele

Il 67,5% degli abitanti di Gaza e' favorevole a un accordo di pace con Israele, sebbene per il 70,8% i palestinesi della Striscia goda di un basso livello di diritti umani. Tuttavia il 52,8 giudica possibile la pace tra israeliani e palestinesi solo quando i bambini di oggi diventeranno adulti. Sono alcuni dei dati che emergono da un sondaggio del Palestinian Center for Public Opinion (Pcpo), diretto da Nabil Kukali, cristiano, docente alla Hebron University, in Cisgiordania.
L'indagine, di cui riferisce l'agenzia cattolica Sir, e' stata condotta su un campione di 1.450 abitanti della Striscia dai 18 anni in su. Sul piano sociale il 51,2% degli intervistati definisce ''cattiva'' la situazione economica della Striscia, con problemi legati alla sicurezza (38,3%), al lavoro (23%), alla salute (16,2%), al futuro in generale (22,5%).
Tant'e' che il 40,2% degli intervistati emigrerebbe se si aprissero le frontiere. Sulla divisione tra Hamas e Fatah il risultato parla chiaro: per il 48,2% della popolazione la riunificazione tra le due fazioni e' ''priorita' assoluta'', ancor piu' della ricostruzione dopo la distruzione operata dagli israeliani (21,2%) e dell'apertura delle frontiere (29%).
Per riunificare Fatah e Hamas servono ''seri negoziati'' (48,1%). In chiave elettorale risultano infine interessanti le indicazioni di voto degli intervistati: il 27% sceglierebbe l'attuale presidente Abu Mazen (Mahmud Abbas), il 15,3% il leader di Fatah in prigione in Israele, Marwan Barghuti, seguono distanziati gli esponenti di Hamas, l'ex premier Ismail Haniyeh (9,8%) e Khaled Meshaal (2%). (Ansa).

(ANSA, 3 febbraio 2010)

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Collaborazione Italia Israele nel settore Hi-tech

di Michael Calimani

Si è svolto a Roma tra il 25 e il 28 Gennaio, il Medtech 2010 un evento bilaterale organizzato da Sviluppo Lazio, società regionale per lo sviluppo economico, che ha messo in contatto aziende israeliane e italiane, localizzate, nello specifico, sul territorio laziale. Presente all'evento il Consigliere per gli affari economici presso l'ambasciata israeliana in Italia, Gila Livnat Rosiner.
La Regione Lazio, attraverso Sviluppo Lazio, ha strutturato un progetto di internazionalizzazione dei settori ICT, Ambiente (tecnologie e risorse idriche) ed Energia sostenibile verso Israele, paese in cui nel prossimo futuro sono previsti importanti investimenti sia nella ricerca che nella produzione.
L'obbiettivo del convegno è stato quello di creare un rapporto sinergico tra aziende italiane, israeliane e istituti di ricerca e sviluppo nell'ottica di aprire la strada a progetti di collaborazione tra i soggetti interessati.
Il progetto ha coinvolto 35 compagnie e istituti di ricerca italiani e 13 aziende israeliane, quest'ultime promosse e coadiuvate nel supporto logistico e nell'organizzazione dalla Business Value in collaborazione con la JPPartners. Le aziende presenti all'evento sono tutte caratterizzate da un forte potenziale di internazionalizzazione e da una spiccata capacità di sviluppo di progetti innovativi riguardanti la gestione delle risorse idriche, l'information technology e l'implementazione di sistemi che ottimizzino lo sfruttamento delle fonti energetiche alternative e rinnovabili.
La collaborazione tra le aziende italiane e israeliane del settore hi-tech sta diventando un naturale complemento nel passaggio dalla fase di ricerca e brevetto a quella di realizzazione e commercializzazione dei prodotti finiti. L'Italia è vista come un valido partner nella fase di industrializzazione dei prodotti grazie all'estensione del suo sistema industriale e contestualmente è cresciuta la consapevolezza del rilievo assunto dall'high-tech israeliano a livello mondiale.
Il settore Hi-tech israeliano beneficia da molti anni della cooperazione di aziende straniere ad ogni livello. Un rapporto in cui Israele fornisce la tecnologia o il prodotto finito e le aziende estere provvedono alla gestione delle vendite e alle strategie di marketing e posizionamento del prodotto sul mercato.
L'industria è in continua ascesa e il potenziale di crescita nell'ultimo periodo è aumentato nonostante la recente crisi economica, che ha influito in modo marginale nel campo dell'Hi-Tech. Un fattore importante nel tasso eccezionale di crescita di questo settore, è costituito dalla percentuale di ingegneri, la più alta del mondo. Si parla di 135 ingegneri ogni 10 mila persone, in confronto agli 85 ogni 10 mila persone negli Stati Uniti.
Israele è sulla buona strada per vantare l'Hi-tech più avanzato in termini di conoscenza, ricerca e sviluppo. Un'industria che potrà guidare sia lo stato d'Israele che i paesi che collaborano con esso, oltre la crisi, verso sviluppi e prospettive economiche più favorevoli.

(Notiziario Ucei, 3 febbraio 2010)

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Hamas restituisce un israeliano

Sarebbe mentalmente instabile

TEL AVIV, 3 feb - Dopo 12 ore di contatti discreti, le autorita' di Gaza hanno restituito un israeliano entrato ieri nella Striscia, superato il confine Lo dice la radio militare, secondo cui i contatti con Hamas sono stati tenuti da deputati arabi israeliani, mentre ufficiali israeliani di collegamento al valico di Erez hanno concordato il suo rientro con funzionari tecnici palestinesi. Protagonista e' un arabo israeliano, Hisham Shaaban a-Sayed, di un villaggio del Neghev, sembra instabile mentalmente.

(ANSA, 3 febbraio 2010)

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Ariccia, per poche ore capitale di pace e porchetta

Berlusconi su Haaretz ripropone l'idea del vertice arabo-palestinese a Erice. Un lapsus di traduzione fa sognare il sindaco della città laziale, nota per un cibo tabù sia per gli ebrei che per i musulmani

di Filippo Ceccarelli

Il presidente Berlusconi racconta sempre le barzellette, e ieri è stato il turno di quella della trota. Ma le cose che fanno più ridere sono quelle vere, e irresistibilmente fioriscono ai margini dei grandi eventi internazionali come piccole gemme di stralunata allegria. In questo caso municipalistica.
Accade così che il presidente del Consiglio, nell'intervista concessa domenica al quotidiano israeliano Haaretz, lanci o meglio rilanci l'idea di una conferenza di pace arabo-israeliana da tenersi in Italia. Dove? Berlusconi indica la stessa località proposta nel 2003: ad Erice. Il luogo è bello, molto mediterraneo, buona ricezione alberghiera e soprattutto Erice ha una sua lunga tradizione di incontri, giornate di studio e seminari internazionali organizzati dalla fondazione e centro di cultura scientifica "Ettore Majorana", quello del professor Zichichi. Ma il giornalista israeliano questo non lo sa, o sente male, o non lo capisce, o è l'interprete che traduce male, o magari è il diavoletto delle redazioni che stava lì in agguato, fatto sta che sul giornale, invece di Erice, esce Ariccia.
Che è un magnifico paese dei Castelli romani, certamente noto per le sue bellezze d'arte, oltre che per la sua formidabile porchetta che da quelle parti si consuma in quelle rustiche trattorie fuori porta, dette "fraschette", che possono vantare 31 mila richiami su Google. C'è poi ad Ariccia un celebre ponte, un tempo prediletto dai suicidi; ci hanno abitato Teddy Reno e Rita Pavone; e tanti altri rimarchevoli eventi. Ma poco o nulla che abbia a che fare con la politica internazionale. E ancora di meno tanto con gli israeliani quanto con gli arabi, per una volta accomunati dal tabù della porchetta.
Sennonché l'alacre sindaco Emilio Cianfanelli, medico, era già partito in quarta, precipitosamente, rilasciando una dichiarazione d'orgogliosa gratitudine: "La città di Ariccia è profondamente onorata per essere stata candidata dal presidente Berlusconi, ad ospitare i colloqui di pace arabo-israeliani. A tal fine il Comune mette a disposizione la meravigliosa cornice del principesco Palazzo Chigi".
Vero è che già ieri l'altro giornali e tv avevano segnalato la svista, ma evidentemente Cianfanelli non se n'era dato inteso. E infatti così proseguiva la sua nota trionfale: "Siamo pronti ad accogliere questo importante avvenimento nella nostra città, che fu dimora dei principi Chigi e laboratorio creativo del maestro Gian Lorenzo Bernini, che ad Ariccia realizzò con la Collegiata dell'Assunta il prototipo della Basilica di San Pietro". Anche quest'ultimo particolare, a pensarci bene, c'entrava poco con gli arabi e gli israeliani. A proposito: la sa Berlusconi quella del pellegrino che voleva tanto andare a Pompei e si trovò imbarcato per Bombay?

(la Repubblica, 3 febbraio 2010)

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Gaza esplode… in festeggiamenti!

di Ayman Mohyeldin*

Malgrado il contributo determinante del governo egiziano al durissimo assedio che soffoca Gaza, domenica scorsa i palestinesi della Striscia hanno festeggiato la vittoria della Coppa d'Africa da parte della nazionale di calcio egiziana come se quest'ultima fosse la loro squadra; un altro esempio dello stretto legame che unisce due popoli separati da barriere e filo spinato - scrive il giornalista Ayman Mohyeldin da Gaza.

Le strade di Gaza sono esplose domenica sera… non per rabbia o per protesta… ma per una delle rare occasioni che meritano una celebrazione.
È proprio così: decine di migliaia di palestinesi in tutta la Striscia di Gaza hanno invaso le strade celebrando la vittoria dell'Egitto contro il Ghana, risultato che li ha incoronati campioni alla Coppa delle Nazioni Africane 2010.
Per la seconda volta in meno di una settimana (l'altra si è verificata mercoledì, quando l'Egitto ha sbaragliato l'Algeria 4-0), i cittadini di Gaza sono stati visti sventolare le bandiere egiziane mentre intonavano alcune canzoni egiziane, in un momento di giubilo in un territorio che, assediato e nel vortice della guerra, spesso ha davvero poco per essere così felice.
Per qualche ora, la rabbia crescente di molti palestinesi nei confronti del loro vicino meridionale - a causa delle sue politiche sempre più arroccate che stanno esacerbando un assedio imposto da Israele - è stata del tutto dimenticata.
E c'era rabbia anche in Egitto nelle ultime settimane, quando una guardia di frontiera egiziana è stata uccisa dopo che una protesta di Hamas lungo il confine è sfociata nella violenza.
Ma domenica, per quelle poche ore, il popolo di Gaza e dell'Egitto, diviso da confini, distanze, recenti tensioni, e da governi politicamente opposti, erano uniti nelle celebrazioni … un momento di sollievo per entrambi i lati della frontiera, se volete!
La battuta che domenica sera girava per le vie di Gaza è che all'alba di lunedì molti palestinesi si sarebbero diretti al confine di Rafah sperando che gli egiziani, sopraffatti dalla gioia per la loro vittoria, e in segno di buona volontà dopo aver visto migliaia di cittadini di Gaza che celebravano per loro lungo le strade, avrebbero aperto il confine e consentito ai palestinesi di avere qualcosa che li potesse far festeggiare per conto loro allo stesso modo.
Se gli egiziani non apriranno il confine nei prossimi giorni (che è l'eventualità più realistica e probabile) e l'assedio di Israele continuerà (non ci sono indizi di una cessazione nell'immediato futuro), ebbene, i palestinesi dovranno aspettare altri due anni per la prossima Coppa d'Africa, con la possibilità di festeggiare per un altro trionfo egiziano.


* Ayman Mohyeldin è un giornalista che scrive da Gaza, da dove ha seguito la Guerra di Israele contro la Striscia, all'inizio del 2009; collabora con The Middle East Blog, il blog di al-Jazeera sul Medio Oriente, su cui è apparso questo artico.

(medarabnews, 3 febbraio 2010)

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Scritte antisemite, sequestri in casa esponenti di Militia

Computer, fotografie, cellulari e giubbotti sequestrati. E alcune fotografie che ritraggono scritte e striscioni antisemiti apparsi in passato sui muri di Roma. In casa di uno dei giovani, anche un album apologetico del nazismo

ROMA - Computer, fotografie, cellulari e giubbotti sequestrati. E alcune fotografie che ritraggono scritte e striscioni antisemiti apparsi in passato sui muri di Roma. Operazione della Digos presso le abitazioni di soggetti ritenuti organici o militanti del gruppo di estrema destra, Militia, dopo l'apparizione delle scritte antisemite e negazioniste apparse in occasione della ricorrenza della "Giornata della Memoria".
Nell'abitazione di uno dei giovani, tutti tra i 20 e i 30 anni, gli investigatori hanno sequestrato un album apologetico del nazismo in cui erano conservati foto e frasi inneggianti alla discriminazione razziale. Nei prossimi giorni verranno effettuati controlli sui cellulari sequestrati per cercare di capire le responsabilità degli appartenenti al movimento in relazione anche alle scritte apparse nel Giorno della Memoria vicino al museo di via Tasso.
I provvedimenti di perquisizione sono stati emessi dal Pubblico Ministero Perla Lori, magistrato del Pool Antiterrorismo della Procura diretto dal Dr. Pietro Saviotti, a seguito di informativa della Digos.

(la Repubblica, 3 febbraio 2010)

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Militanti di Gaza: l’attentato via mare era una vendetta

Per l'omicidio del comandante di Hamas

GERUSALEMME, 2 feb. - I militanti palestinesi della Striscia di Gaza hanno rivendicato il fallito attentato di oggi contro Israele affermando che i barili imbottiti di esplosivo rinvenuti lungo il litorale israeliano erano una vendetta per l'omicidio del comandante di Hamas a Dubai il mese scorso. Gli stessi militanti hanno aggiunto che altre bombe simili galleggiano nel Mediterraneo.
La polizia dello Stato ebraico, non appena scattato l'allarme, ha transennato una estesa zona della costa settentrionale di Gaza ed è ancora impegnata a setacciare il litorale israeliano alla ricerca di altri eventuali ordigni. Gli inquirenti hanno spiegato che i due barili, ciascuno con 10 chili di esplosivo, si sono arenati ieri notte nei pressi delle due città di Ashkelon e Ashdod. Uno dei barili è stato disinnescato da una squadra di artificieri mentre il secondo è stato fatto brillare da un sofisticato robot in dotazione della polizia. Il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato che Israele "risponderà" a questi tentativi di attacchi.

(Apcom, 2 febbraio 2010)

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Lazio: non vogliamo l'ebreo con la nostra maglia

di Mattia Nesti

Eyal Golasa, diciannovenne israeliano già trequartista del Maccabi Hafa e nuovo acquisto della Lazio, non ha fatto in tempo a sbarcare a Roma, dove ha visitato il quartiere ebraico, che già fioccano, su Facebook, i primi gruppi contro di lui, promossi da alcuni ultras della curva biancoceleste.
Il più numeroso, con un centinaio di iscritti, chiede che Golasa non indossi la maglia della Lazio, in quanto appartenente al popolo israeliano che ha commesso gravi crimini contro l'umanità.
Non è da oggi, d'altronde, che l'estrema destra utilizza la questione palestinese per camuffare il suo mai sopito antisemitismo.
Anche perché, se è fuor di dubbio che il Governo e l'esercito israeliano abbiano commesso nella striscia di Gaza crimini di guerra da "soluzione finale", utilizzando anche armi bandite dall'Onu, non si capisce come si possano attribuire queste colpe non alla politica e alla maggioranza degli elettori israeliani ma, piuttosto, alla razza ebraica.
Un pò come pensare che Bertolt Brecht, essendo stato "tedesco" negli anni della dittatura di Hitler potesse essere etichettato come "nazista".
I tifosi laziali che hanno promosso il gruppo, vicini in larga parte a soggetti neofascisti come Casapound, possono adoperarsi quanto vogliono a spiegare che loro non sono antisemiti ma vicini al popolo palestinese, ma niente può cancellare lo spettacolo di croci celtiche, svastiche e cori fascisti offerti ogni domenica in curva.
E come dimenticare, poi, il "romanisti ebrei, i forni sono la vostra casa", esposto durante un derby di cinque anni fa?
"Siamo pronti a difendere il ragazzo contro tutti e con tutte le nostre forze. - ha detto ieri Vittorio Pavoncello, presidente della federazione italiana Maccabi - Lotito è molto vicino alla comunità ebraica, e anche se un pizzico di timore c'è, bisogna sottolineare il lavoro fatto dalla nuova dirigenza biancoceleste".

(NewNotizie, 2 febbraio 2010)

COMMENTO - «Anche perché, se è fuor di dubbio che il Governo e l'esercito israeliano abbiano commesso nella striscia di Gaza crimini di guerra da "soluzione finale"...» Non si sa se sono più antisemiti quei tifosi laziali o l'articolista che presume di difendere Golasa. La disinvoltura con cui si accosta Israele al nazismo è impressionante.

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Polemiche in Israele per il caso Golasa

Il trasferimento alla Lazio del gioiellino israeliano Eyal Golasa sta diventando un caso in Israele: il giocatore infatti avrebbe lasciato il paese d'origine per sottrarsi al servizio di leva, obbligatorio e di durata triennale. "Mio figlio è stato disonesto, sono arrabbiatissimo con lui - ha spiegato il padre Avner al quotidiano online Ynet - gli ho detto che sarebbe dovuto restare al Maccabi, non mi piace affatto come si è comportato, ha fatto una cosa sporca, ferendo la società che per lui ha fatto molto". Ci sarebbe la possibilità che il giocatore si dichiari obiettore di coscienza e compia il servizio di leva all'estero. Il Maccabi Haifa intanto sembra aver accantonato l'ipotesi di un esposto alla Fifa per invalidare l'accordo stipulato tra la Lazio ed il giovane centrocampista, forte di un accordo firmato due anni fa dal calciatore.

(la Repubblica, 2 febbraio 2010)

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Israele, fra i dossier di Berlusconi anche la gara Finmeccanica

L'M346 dell'Aermacchi
ROMA, 2 febbraio - Fra i dossier che il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha portato con sé per la visita in Israele che si conclude domani figura anche quello della possibile partecipazione di Alenia Aermacchi, società del gruppo Finmeccanica (SIFI.MI: Quotazione), con il suo M346 alla gara che Tel Aviv sta preparando per un totale di circa 40 addestratori, rivelano fonti politiche.
La gara israeliana potrebbe riguardare un ordine di circa 20 macchine più altre 20 in opzione con un valore iniziale intorno ai 500 milioni ed un valore complessivo che potrebbe superare il miliardo di euro, secondo fonti industriali.
Israele si sta preparando ad una gara che potrebbe essere indetta agli inizi del 2011 per l'acquisto di addestratori.
Come spesso succede in questi casi fra i velivoli selezionati dalle forze armate israeliane ci sarebbe l'M346, velivolo di punta degli addestratori Aermacchi, che è un apparecchio sia subsonico che supersonico con costi di gestione considerati concorrenziali, ed il supersonico T50 della Korea Aerospace, partecipato dall'americana Lockheed Martin (LMT.N: Quotazione).
Si tratta degli stessi due apparecchi che sono stati in lizza per la gara negli Emirati Arabi Uniti, gara aggiudicata agli inizi dello scorso anno alla casa italiana e della quale si stanno ora trattando i particolari per una sua definizione.

(Reuters, 2 febbraio 2010)

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«Berlusconi? Per noi è la linea giusta»

Il premier in Israele. Intervista a Gantz

di Maurizio Debanne

Secondo Menachem Gantz, corrispondente in Italia del quotidiano israeliano più diffuso, Yedioth Ahronoth, in questi giorni in Israele per seguire la visita del presidente del consiglio, «Berlusconi ha dimostrato sul campo di essere un amico di Israele».

- Come si diventa amici di Israele?
- Per avere ottime relazioni con lo stato ebraico basta adottare la politica condotta da Berlusconi negli ultimi anni. Nel 2003, su impulso dell'Italia, l'Unione europea ha inserito Hamas tra le organizzazioni terroristiche. C'è poi l'impegno di Roma nella lotta contro l'antisemitismo, pensiamo ad esempio a quanto è successo alla conferenza Durban II. Sono state infine molto apprezzate a Gerusalemme le posizioni italiane su Piombo Fuso (l'operazione militare israeliana contro Hamas terminata nel gennaio 2009, ndr). Nei fatti, non a parole, l'Italia ha dimostrato la sua amicizia. Berlusconi oggi gode con merito i frutti delle sue politiche. E parlare alla Knesset è uno di questi.

- Ma Israele è amico del governo Berlusconi o dell'Italia?
- In Israele Berlusconi viene visto come colui che ha rivoluzionato la politica mediorientale dell'Italia. Prima della sua discesa in campo, il vostro paese era tendenzialmente pro arabo.
Arafat era sempre il benvenuto a Roma, già dagli anni Settanta. Berlusconi ha fatto capire agli italiani che la situazione era più complessa e che Israele meritava rispetto. Ma Israele non è cieco. Non vediamo l'Italia come un paese a volte governato dalla destra, a volta dal centro e altre ancora dalla sinistra. Non siamo faziosi, non tendiamo per alcuna parte. Israele non tifa per Berlusconi, per Bersani o per Prodi. Israele tifa Israele.

- L'Italia degli affari continua a fare affari con l'Iran. Questo non disturba?
- «Un vero amico, non solo nostro».
Questo era il titolo del mio giornale di venerdì scorso che apriva proprio con un focus sulle relazioni commerciali tra l'Italia e l'Iran. In Israele sappiamo bene che Roma è il primo partner commerciale di Teheran.
Lo è oggi sotto Berlusconi ma lo era anche ieri sotto Prodi.
Siamo molto sensibili su questo punto, ma sappiamo pure che gli affari sono affari.

- Prima di Berlusconi è toccato alla Merkel e a Sarkozy di parlare alla Knesset. Israele cerca appoggi in Europa perché in difficoltà con l'amministrazione Obama?
- Figuriamoci. Niente può spostare il rapporto tra Gerusalemme e Washington.
Su tutte le questioni più importanti questi due paesi lavorano insieme senza alcune divisioni. Certo sullo stallo del processo di pace possono esserci posizioni differenti ma il problema è lo stallo politico in Israele e le laceranti divisioni nel campo palestinese.

- C'è chi sostiene che per sbloccare l'impasse in Israele Obama stia cercando di spingere la Livni nelle braccia di Netanyahu per formare un governo di unità nazionale.
- Assolutamente no. Sulle questioni interne Obama è ben attento nell'immischiarsi.
Il problema è tuttavia evidente: questa coalizione non va da nessuna parte.

- Prevede una fine anticipata della legislatura?
- Israele non è l'Italia dove si vive sempre in campagna elettorale. Nello stato ebraico finché non ci sono i numeri per cambiare si va avanti con quello che si ha.

- Sono state divisioni all'interno del governo israeliano a far saltare lo scambio dei prigionieri con Hamas?
- Non credo. Le trattative si sono arenate poiché certe richieste dei palestinesi erano troppo onerose per Israele.

- Barghouti libero rappresenta un prezzo troppo alto da pagare in cambio della liberazione del caporale Shalit?
- Credo sia Hamas a non volere Barghouti libero. Per il momento non hanno bisogno di lui.

(Europaquotidiano.it, 2 febbraio 2010)

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Barak avverte la Siria: ''Senza un accordo di pace si andrà alla guerra''

GERUSALEMME, 1 feb. - "In assenza di un accordo di pace con la Siria, Israele potrebbe arrivare a un conflitto armato che potrebbe svilupparsi in una vera e propria guerra". Lo ha dichiarato oggi il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, nel corso di un incontro con alcuni ufficiali delle forze di difesa. Citato dal sito del 'Jerusalem Post', Barak ha affermato che è fondamentale aprire un dialogo con la Siria e farlo finché Damasco continua a percepire Israele come una realtà forte.
Per Barak, la sfida dei prossimi mesi è raggiungere un accordo, tanto con i siriani quanto con i palestinesi, "sedersi e negoziare esattamente su ciò di cui si parla da oltre 15 anni". Sull'Iran, il ministro laburista ha affermato che si tratta della più grave minaccia all'ordine mondiale e che non è detto che le sanzioni più pesanti a cui pensa Washington producano gli effetti sperati.
"Non si può prevedere l'efficacia delle sanzioni e la possibilità che gli Stati Uniti portino la Cina dalla loro parte sono scarse, alla luce degli sviluppi nelle relazioni Usa-Cina negli ultimi tempi", ha detto Barak. "Come ho detto in passato, tutte le ipotesi sono sul tavolo", ha aggiunto, riferendosi a un possibile attacco militare agli impianti nucleari iraniani.

(Adnkronos, 2 febbraio 2010)

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Israele-italia: "Roma metta i pasdaran nella lista dei terroristi"

GERUSALEMME, 2 feb. - Israele ha chiesto l'aiuto italiano perché le Guardie della Rivoluzione iraniana (Pasdaran) siano inserite nella lista nera delle organizzazioni terroristiche dell'Unione Europea: lo ha affermato il vicepremier israeliano Sylvan Shalom, intervistato dalla radio dello Stato ebraico. "Nel mio incontro di lunedì con il presidente del consiglio Silvio Berlusconi gli ho proposto che l'Italia voti una legge che consideri i pasdaran un'organizzazione terroristica, in vista di una sua adozione da parte dell'Unione Europea, e gli ho ricordato che aveva già usato la sua influenza per includere Hamas in questo elenco", ha spiegato Shalom riferendosi ad una decisione presa dall'Ue nel 2003. "Una tale risoluzione costituirebbe un colpo assai duro per il regime iraniano", ha concluso Shalom ricordando come due mesi fa il Parlamento olandese abbia già adottato un provvedimento simile e confermando che la questione sarà discussa oggi nel corso del previsto incontro fra Berlusconi e l'omologo israeliano, Benjamin Netanyahu.

(Apcom, 2 febbraio 2010)

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L'Italia sfida l'Iran

Frattini: "Bloccheremo petrolio e gas". Per Berlusconi Ahmadinejad è come Hitler

Hossein Mousavi
Questa volta siamo ai ferri corti.
Dopo le pesanti dichiarazioni del premier in Israele (secondo il quotidiano israeliano Haaretz, Berlusconi avrebbe paragonato Ahmadinejad ad Hitler. Il quotidiano avrebbe attribuito la frase del Cav. "Dobbiamo vigilare, abbiamo già avuto un pazzo simile nella storia" ad un paragone col regime di Teheran), ora anche Frattini si allinea.Come ministro degli Esteri, a margine delle missione in Israele, Frattini ha fatto sapere che "siamo assolutamente fermi nel bloccare nuovi investimenti nei settori del petrolio e del gas in Iran" ricordando che è "già stata bloccata l'assicurazione Sace per chi investe, una misura di assoluta correttezza che gli amici israeliani apprezzeranno". Frattini ha aggiunto: "Noi non abbiamo segreti con i nostri amici israeliani e diremo loro che i dati dell'interscambio con l'Iran tra il 2001 e il 2008 si è ridotto di oltre la metà".
In Iran la situazione è gravissima. Repressione, censura, impossibilità per gli studenti di manifestare il proprio dissenso pena il carcere e via dicendo. Oggi si è pronunciato anche il leader riformista Mousavi. "Gli obiettivi della rivoluzione islamica del 1979 non sono stati realizzati poiché sono ancora intatte le radici della tirannia e della ditattura" che avevano contraddistinto l'epoca dello Shah Reza Pahlevi. È un attacco durissimo all'establishment politico-religioso della Repubblica Islamica quello sferrato da Mir-Hossein Mousavi.
Le dichiarazioni di Mousavi assumono un significato ancora più profondo perché sono diffuse durante le celebrazioni del Fajr (alba), i 10 giorni che precedono l'anniversario della rivoluzione che verrà celebrato nella Repubblica Islamica l'11 febbraio. "La rivoluzione - ha affermato Mousavi - non ha rimosso tutte quelle strutture che aveveano portato al totalitarismo e alla dittatura. Oggi - ha aggiunto - sussistono contemporaneamente elementi che portano il Paese verso la dittatura e altri che lottano (contro questa forma di governo, ndr)". Mousavi, uscito sconfitto alle elezioni presidenziali dello scorso 12 giugno, ha quindi severamente criticato la repressione con cui le forze di sicurezza hanno contrastato in questi mesi le proteste antigovernative. "Soffocare i media, riempire le carceri e uccidere brutalmente la gente che manifesta pacificamente per i suoi diritti - ha concluso Mousavi - sono segnali che indicano che le radici della dittatura e della tirannia (dell'epoca dello Shah, ndr) sono rimaste intatte".

(Libero-news.it, 2 febbraio 2010)

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Restauro di Gerusalemme, Israele rischia la crisi con l'Islam

Tribunale ferma piano per ristrutturazione Porta Mughrabi

ROMA, 2 feb. - Dopo le recenti polemiche diplomatiche con la Giordania e la Turchia, il governo israeliano rischia di alienarsi i rapporti con l'intera comunità musulmana, se dceciderà di dare via libera ad alcuni lavori di ristrutturazione alla Porta di Mughrabi, l'ingresso alla Spianata della Moschee di Gerusalemme.
Come spiega il quotidiano israeliano Ha'aretz, nel 2004 erano state rilevate alcune crepe nella rampa di accesso alla porta, ed erano iniziati i lavori di consolidamento: nel mondo arabo si erano diffuse le voci su un tentativo israeliane di minare le fondamenta della Moschea di Al Aqsa, e una squadra di archeologi turchi, recatasi sul posto, aveva denunciato il tentativo di distruggere reperti risalenti al periodo islamico.
Le autorità di Gerusalemme avevano infatti intenzione di sfruttare lo spazio esistente sotto la rampa per ampliare l'area destinato ai fedeli che si recano al Muro del Pianto, sottostante la porta: due settimane fa la Corte Distrettuale di Gerusalemme ha tuttavia accolto il ricorso della comunità musulmana, la quale sostiene che i danni sono molto limitati e non sono dunque necessari lavori su grande scala come quelli previsti dal piano israeliano.
In attesa dell'opinione dell'Unesco - che segue i lavori fin dall'inizio, per assicurare che il patrimonio archeologico della Città Santa non soffra danni - spetterà al governo di Netanyahu decidere se rispettare la decisione della Corte di riconsiderare il piano edilizio o procedere comunque con i lavori, che potrebbero suscitare molte polemiche.

(Apcom, 2 febbraio 2010)

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Gaza: esplode l’auto di un dirigente di Hamas

L' automobile di un dirigente locale di Hamas, Yussef Sarsur, è stata distrutta nella nottata a Khan Yunes (Gaza) da una violenta esplosione che ha provocato il ferimento di due adolescenti. Lo riferisce la agenzia di stampa palestinese Maan. Sarsur ha riferito di essersi svegliato di soprassalto alle tre del mattino dopo aver udito un forte boato nei pressi della propria abitazione. In un primo momento ha pensato ad un raid israeliano, ma poi si è reso conto che la sua automobile era stata appena distrutta da una potente deflagrazione. "Si è trattato di un attacco codardo, che ha provocato il ferimento di innocenti" ha aggiunto Sarsur. I responsabili, ha previsto, saranno individuati dalle forze di sicurezza di Hamas.

(L'Unione Sarda, 2 febbraio 2010)

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Hamas: fallite trattative per la liberazione di Shalit

"A causa delle politiche del governo israeliano"

ROMA, 2 feb. - Le trattative per lo scambio di prigionieri che avrebbe dovuto portare al rilascio del militare israeliano Gilad Shalit, rapito nel 2006 dalle milizie palestinesi, sono naufragate a causa della politica del governo dello Stato ebraico, che avrebbe fatto "un passo indietro": lo ha affermato l'alto dirigente di Hamas Mahmoud Zahar, intervistato dalla Bbc.
Secondo quanto riporta il quotidiano saudita Okaz, Hamas avrebbe deciso invece di sospendere temporaneamente i negoziati a causa dell'omicidio di uno dei principali esponenti dell'ala militare del gruppo, Mahmoud al Mabhou, ucciso nel Dubai il mese scorso; stando a un rapporto interno della stessa Hamas tuttavia i responsabili dell'omicidio sarebbero agenti dei servizi arabi, e non il Mossad israeliano.
Israele avrebbe accettato in linea di principio l'ipotesi di uno scambio di prigionieri con Hamas per ottenere la liberazione di Shalit, ma si oppone al rilascio in Cisgiordania di alcuni detenuti palestinesi, condannati per reati di sangue.

(Apcom, 2 febbraio 2010)

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A Gerusalemme in vendita t-shirt con Berlusconi ultraortodosso

Ma anche versione stile palestinese, con la Kefiah

GERUSALEMME - Vi piace di più il Berlusconi palestinese o quello ebreo ultra-ortodosso? Il dibattito è aperto nei vicoli della città vecchia di Gerusalemme dove tutti sanno dell'arrivo del premier italiano, il "famoso e ricco Berlusconi". E prontamente hanno stampato delle spiritose magliette - rigorosamente bipartisan - dove Silvio Berlusconi appare in versione araba-palestinese o, secondo i gusti, in una più inquietante versione ultra-ortodossa.
Nella prima c'é solo il nome del premier con una foto che lo ritrae con la classica Kefiah a scacchi bianchi e neri dei palestinesi. In questa maglietta Berlusconi ha un'espressione seria, quasi accigliata. La secondo versione è più divertente: si legge in alto il nome del presidente del Consiglio, quindi una foto di un Berlusconi a bocca aperta, fermato dal fotografo in un atteggiamento a metà tra il ghigno ed il sorriso. Una lunga barba gli scende dal volto accompagnata dai riccioli rituali (Peot) degli ultra-ortodossi. Naturalmente il premier indossa anche il classico cappello nero a falde larghe. Chiude in bellezza la scritta che si legge sotto la foto: "DON'T WORRY BE JEWISH". In vendita direttamente in Euro, dieci per la precisione.

(ANSA, 1 febbraio 2010)

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Israele - Sventati attentati di Hamas

I servizi di sicurezza rendono noto di aver arrestato due arabi un mese fa

TEL AVIV, 1 feb - I servizi di sicurezza israeliani hanno sventato una serie di attentati di Hamas con l'arresto di due arabi di Gerusalemme est. Secondo i servizi di sicurezza, i due, presi un mese fa a Beer Sheba nel Neghev, erano stati reclutati dal braccio armato di Hamas mentre negli anni passati soggiornavano rispettivamente in Giordania e a Dubai. Il loro incarico era di raccogliere informazioni su alcune localita' affollate nelle citta' israeliane, allo scopo di condurvi attentati.

(ANSA, 1 febbraio 2010)

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Israele avverte i suoi militari all'estero: guardatevi da Hamas

Movimento islamico palestinese potrebbe tentare rapimenti

GERUSALEMME, 1 feb. - L'esercito di Israele ha lanciato un avvertimento ai suoi uomini in missione all'estero: Hamas potrebbe tentare di catturare alti responsabili di Tsahal o attacche militari di stanza fuori dal Paese a seguito dell'omicidio di Mahmud al Mabhuh, noto comandante militare del movimento islamico palestinese, assassinato a Dubai il 20 gennaio. Hamas ha accusato Israele di aver ucciso al Mabhuh e ha giurato vendetta per la sua morte. Lo Stato ebraico non ha al momento smentito un suo coinvolgimento nella morte del militante.
Uno dei fondatori dell'ala militare di Hamas (le Brigate Izzedin al Qassam), Mahmud al Mabhuh partecipò nel 1989 al sequestro e all'uccisione di due soldati israeliani, Avi Sasportas e Ilan Saadon.
Al Mabhuh è stato assassinato in un hotel di Dubai da "una banda di professionisti criminali" con passaporto europeo, secondo il governo dell'emirato che ha aperto una inchiesta sulla vicenda. .

(Apcom, 1 febbraio 2010)

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Pio XII - Da Londra altre prove sui silenzi per la Shoah

Nuovi documenti emersi dagli archivi britannici gettano ulteriori dubbi sull'atteggiamento tenuto da Pio XII verso lo sterminio degli ebrei operato dalla Germania nazista. I documenti, che attesterebbero la mancata volontà del Pontefice di condannare apertamente il regime hitleriano, sono stati resi noti dallo storico Giuseppe Casarrubea, specializzato nella ricerca negli archivi inglesi di Kew Gardens.
In particolare, un telegramma del 19 ottobre 1943, che riferisce dell'incontro tra Papa Pacelli e l'incaricato d'affari statunitense presso la Santa Sede, Harold Tittmann, descrive un Pio XII che, invece di indignarsi per la deportazione degli oltre mille ebrei romani avvenuta il giorno prima dalla stazione Tiburtina, si mostra in forte ansia a causa delle «bande comuniste che stazionano nei dintorni di Roma».
Il Pontefice sottolinea, inoltre, che fino a quel momento i tedeschi avevano rispettato la Santa Sede. Un altro documento, datato 10 novembre 1944, illustra invece un colloquio intercorso tra Pacelli e l'ambasciatore britannico D'Arcy Osborne. Il confronto avviene proprio nei giorni in cui le truppe delle Ss, al comando di Adolf Eichmann, massacravano oltre 400mila ebrei ungheresi.
Ma l'ambasciatore inglese riferisce al ministro degli Esteri, Anthony Eden, che il Papa, rispetto al suggerimento di diffondere un appello sul «maltrattamento degli ebrei in Ungheria», si era difeso dicendo di non aver deciso e che «in ogni modo», la sua condanna sarebbe stata «anonima».

(il Giornale, 1 febbraio 2010)



dal blog di Giuseppe Carrubea:

Il secondo documento, da noi ritrovato a Londra poche settimane fa, è del giorno successivo e descrive l'incontro avvenuto tra il papa e l'incaricato d'Affari statunitense presso la Santa Sede, Harold Tittmann.
Invece di indignarsi per la deportazione degli oltre mille ebrei romani, avvenuta il giorno prima dalla stazione Tiburtina, il principe Pacelli è in forte ansia per "le bande comuniste che stazionano nei dintorni di Roma". Beato lui che in quei giorni neri si sente protetto soltanto dal Padreterno e dalle truppe delle SS che hanno occupato Roma un mese prima.
Aggiunge, infatti, che fino a quel momento i tedeschi hanno rispettato la Santa Sede. L'armistizio è stato firmato qualche settimana prima e quelle " bande comuniste" che gli turbano il sonno, altro non sono che i primi nuclei di Resistenza contro il nazifascismo, costituiti da ampi settori del nuovo esercito italiano che ha giurato fedeltà al maresciallo Badoglio.

L'ultimo documento, di gran lunga il più importante, illustra un altro colloquio tra Pacelli e Osborne, avvenuto la mattina del 10 novembre 1944 nella biblioteca del Palazzo Apostolico. In quelle settimane le truppe delle SS, al comando di Adolf Eichmann stanno letteralmente massacrando oltre 400.000 ebrei ungheresi. Vale la pena riportare un brano del documento in questione:

"Oggi sono stato ricevuto in udienza dal Papa. […] Abbiamo sostenuto una lunga discussione sulla Russia. In relazione al maltrattamento degli ebrei in Ungheria - e al suggerimento contenuto nel tuo telegramma n. 468, secondo il quale egli dovrebbe divulgare un appello sul tema - il Papa ha affermato di essere stato pressato a denunciare pubblicamente le violenze subìte dai polacchi e dalle popolazioni degli Stati baltici per mano dei russi. Egli non ha ancora preso una decisione in proposito e, in ogni modo, la sua condanna sarebbe anonima (come nel caso della disapprovazione delle atrocità tedesche, in passato).
Io l'ho esortato a non condannare i russi in maniera esplicita, perché ciò avrebbe un effetto pessimo a Mosca e ripercussioni non meno sfavorevoli a Londra e, probabilmente, anche a Washington. Una denuncia aperta delle presunte atrocità russe sarebbe messa a raffronto con l'assenza di una condanna specifica dei crimini tedeschi contro le popolazioni dei Paesi occupati [dalla Germania nazista].
A questo punto, Sua Santità è intervenuta per dire che in nessun modo il riferimento ai russi sarebbe esplicito. Io ho poi aggiunto di non avere informazioni sulla condotta dei russi nell'Europa dell'Est. Tuttavia, sono certo che nulla di ciò che i russi potrebbero fare [sul fronte orientale] si avvicinerebbe alle atrocità commesse dai tedeschi in molti Paesi. Sua Santità non ha obiettato. Un esempio per tutti: nella Storia non vi è nulla che possa essere paragonato alla condanna di massa emanata da Hitler con l'obiettivo di annientare la razza ebraica; oppure ai metodi - camere a gas, morte per inedia, eccetera - che erano (e sono ancora) utilizzati per attuare questo fine. Su questo, il Papa si è detto d'accordo. […]".

Ancora una volta le carte del Foreign Office dimostrano che Pacelli non ebbe la volontà di condannare apertamente il regime hitleriano, nemmeno dinanzi all'inaudito olocausto ungherese dell'autunno '44.
In conclusione, a padre Gumpel (compagnia di Gesù) vogliamo dire che prima di pensare alle santificazioni farebbe bene a leggere con attenzione almeno questi tre documenti, se proprio non vuol far la fatica di studiare più a fondo le carte vaticane conservate negli archivi nazionali di Londra e Washington. Sarebbe un suo obbligo professionale, questo, visto che è anche un suo compito pensare ai peccati e ai peccatori, oltre che alle anime pie. GC e MJC

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Shoah, alla stazione Tiburtina commemorazione del primo treno di deportati

Cerimonia di ricordo della prima deportazione degli ebrei di Roma, questa mattina alla stazione Tiburtina in occasione degli eventi commemorativi legati al Giorno della Memoria. Il primo treno diretto ai campi di concentramento parti' dalla capitale il 16 ottobre 1943. Dei 824 ebrei deportati fecero ritorno a Roma solo 15 uomini e una donna. In ricordo di quanto accaduto, questa mattina, sul binario uno della stazione Tiburtina erano presenti il vice sindaco Mauro Cutrufo, l'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti, l'assessore regionale al Lavoro Alessandra Tibaldi, il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, il presidente della comunita' ebraica di Roma Riccardo Pacifici, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, il presidenti onorario e il presidente della fondazione Museo della Shoah, Giovanni Maria Flick e Leone Paserman, il sopravvissuto alla deportazione Lello Di Segni e alcuni studenti della scuola media Angelo Sacerdoti. (omniroma.it)

(la Repubblica Roma, 1 febbraio 2010)

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Alla Lazio l'ebreo Golasa. Sfida alla curva di destra

Lotito acquista il centrocampista del Maccabi Haifa. La stampa israeliana: «Come verrà accolto?»

di Guglielmo Buccheri

Eyal Golasa
Eyal Golasa è un centrocampista di 18 anni. Nato a Netanya (Israele) è cresciuto nel Maccabi Haifa e da questo club il patron della Lazio Claudio Lotito lo ha acquistato. Un'operazione apparentemente come tante per chi tenta in extremis di ridisegnare il volto alla propria squadra in difficoltà.
Ma, l'arrivo di Golasa nella Capitale fa rumore perché per la prima volta dai tempi di Aron Winter nella Lazio giocherà un ragazzo ebraico. «Lotito è amico di Israele, ma il nocciolo duro della tifoseria laziale è di estrema destra e bisognerà capire come reagirà all'acquisto di Golasa», scrive il quotidiano israeliano Yediot Ahronot. Con Winter, estate '92, il rapporto fu di ostilità all'inizio con scritte antisemite sui muri. «Dovetti negare le mie origini», così Winter. Poi l'olandese nato nel Suriname diventò l'idolo della curva laziale con 123 presenze e 21 gol fatti.

(La Stampa, 1 febbraio 2010)

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Washington serra i ranghi nel Golfo

Il programma nucleare iraniano per gli Stati Uniti è ora una minaccia troppo grande per essere ignorata. La batteria antimissile nel Golfo via terra e via mare sarà rinforzata.
Otto postazioni patriot verrebbero installate in quattro paesi: Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Kuwait. Una svolta nei rapporti con Teheran indotta anche dalla titubanza con cui il Consiglio di sicurezza dell'Onu sta affrontando la richiesta di sanzioni statunitense. Titubanza duvuta all'ostruzionismo di Pechino.
James Jones, Consigliere per la sicurezza nazionale: "Semplicemente non possiamo tollerare una corsa al riarmo in Medio Oriente innescata dal programma nucleare che l' Iran sta sviluppando, insieme alla capacità di usare queste armi"
Secondo alcuni osservatori uno degli obiettivi dell'ampio dispositivo antimissile è rassicurare Israele. Si teme un attacco di Teheran, ma anche che la tensione induca ad agire Hezbollah in Libano e Hamas a Gaza.

(euronews, 1 febbraio 2010)

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Abu Mazen: non permetterò ritorno della lotta armata

ROMA, 1 feb. - L'Autorità Nazionale palestinese non permetterà il ritorno della lotta armata, e chiede a Israele una sospensione di tre mesi delle attività edilizie negli insediamenti per riprendere le trattative: lo ha affermato il presidente dell'Anp, Abu Mazen, in un'intervista rilasciata al quotidiano britannico The Guardian.
La continua colonizzazione sta invece portando a una "soluzione di uno Stato", contrariamente a quanto stabilito dalla comunità internazionale: di fatto, Abu Mazen ha dichiarato di non sapere il motivo per il quale l'Amministrazione Obama abbia rinunciato a esigere la sospensione totale delle attività edilizie.
Il presidente dell'Anp ha poi spiegato di volersi consultare con gli alleati arabi prima di dare una risposta alla proposta dell'inviato statunitense George Mitchell di aprire un dialogo indiretto con Israele attraverso la mediazione americana.

(Apcom, 1 febbraio 2010)

COMMENTO - "Non permetterò il ritorno della lotta armata", dice Abu Mazen. A conferma delle sue parole si può ascoltare quello che dice questo bambino alla TV palestinese.



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Berlusconi in Israele annunciato da Leonardo Da Vinci

La visita di tre giorni del Presidente Berlusconi in Israele è stata anticipata da un illustre personaggio italiano Leonardo Da Vinci (1452 - 1519), con l'arrivo di 7 suoi schizzi.
Del resto Da Vinci è abituato ad essere un servitore di nobiltà, ha lavorato per i governanti di Milano e non meraviglia l'utilizzo della sua opera, ma ci si interroga sull'opportunità di spostare tali rare e pregevoli opere d'arte, sensibili per loro natura, dall'Italia in Israele solo per accompagnare una visita politica.
Sicuramente i curatori della trasferta hanno preso tutte le precauzioni possibili ed agli israeliani si offrirà una rara opportunità di vedere l'opera di Leonardo Da Vinci, che sarà in mostra alla Knesset fino a Pasqua. I bozzetti sono tratti dal Codice Atlantico, tra le opere più importanti dell'artista.

(QuiNews, 1 febbraio 2010)

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Notizie archiviate

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