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Notizie luglio 2009
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Negli Usa esercitazione dell'aeronautica militare israeliana.
WASHINGTON - Gli aerei da combattimento israeliani hanno svolto delle esercitazioni congiunte con l'aviazione militare degli Stati Uniti. Ne hanno dato notizia le forze aeree americane.
Le esercitazioni, che hanno portato il nome "Red Flag", hanno avuto luogo nella base americana del deserto del Nevada, e ha visto la partecipazione di uno squadrone di aerei F-16 israeliani di fabbricazione statunitense.
Grazie alle tecnologie di cui sono dotati, questi aerei possono effettuare bombardamenti su obiettivi a lunga distanza. Questo fatto è di particolare importanza in considerazione dei crescenti segnali israeliani su un imminente attacco militare contro l'Iran.
L'esercitazione, come si può leggere nel sito online delle forze armate americane, ha compreso il combattimento aereo, la fornitura di carburante durante il volo e complesse manovre di pilotaggio.
(Infopal, 31 luglio 2009)
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Anp, puniremo i capi di Hamas in Cisgiordania per gli arresti a Gaza
RAMALLAH, 31 lug. - "Adotteremo provvedimenti esemplari contro i capi di Hamas in Cisgiordania se i loro dirigenti non consentiranno ai militanti di Fatah di lasciare la Striscia di Gaza". E' con queste parole che il portavoce della sicurezza dell'Anp a Ramallah, Adnan al-Damiri, annuncia al giornale arabo 'al-Sharq al-Awsat' quali conseguenze attendono i militanti di Hamas in Cisgiordania per quanto sta avvenendo a Gaza. Nella Striscia, infatti, ci sono circa 400 militanti di Fatah che attendono da giorni di poter lasciare la zona per recarasi a Nablus, dove si svolgera' a partire dal 4 agosto il sesto congresso del partito.
(Adnkronos, 31 luglio 2009)
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Israele: rapporto governo, attacco a Gaza fu "necessario"
GERUSALEMME, 31 lug. - L'offensiva militare di Israele a Gaza a gennaio scorso e' stata "necessaria e proporzionata". E' quando afferma un rapporto governativo israeliano in riferimento alla sua molto criticata risposta militare agli attacchi dell'organizzazione palestinese Hamas, accusata insieme allo stato ebraico di crimini di guerra per l'ultima parte del conflitto israelo-palestinese (28 dicembre 2008-18 gennaio 2009). "Israele aveva sia il diritto che l'obbligo di intraprendere un'azione militare contro Hamas a Gaza per fermare l'incessante lancio di razzi e gli attacchi di mortaio", si legge nel rapporto.
Israele e' accusata di aver portato avanti - attraverso la cosiddetta operazione "Piombo Fuso" - una campagna militare che ha ucciso cittadini disarmati, ha usato civili come scudo e ha distrutto indiscriminatamente proprieta' civili, riferisce la Bbc. Fonti palestinesi parlano di circa 1400 vittime mortali contro soli 13 israeliani morti. Sempre secondo il rapporto israeliano finora sarebbero state aperte 100 inchieste sulla condotta dei soldati nel conflitto, e 14 indagini penali.
I dati delle due parti messi a confronto sulle vittime mortali palestinesi segnalano differenze sostanziali sul numero di morti. Per il Centro palestinese per i diritti umani le proprie vittime sarebbero 1434, contro le 1166 riconosciute dalla Difesa israeliana. Di questi la fonte palestinese ritiene che 235 fossero militari mentre 906 i civili, mentre secondo il governo israeliano il numero delle vittime militari oscilla tra i 710 e gli 870, mentre i civili sarebbero tra i 295 e i 460. Da ultimo, le donne, che risultano 121 per i palestinesi e 49 per gli israeliani, e i bambini al di sotto dei 16 anni, sarebbero 288 per la Palestina, 89 per il nemico israeliano.
Per le Nazioni Unite sarebbero 50.000 le case andate distrutte o danneggiate nella campagna israeliana, oltre a 800 proprieta' industriali, 200 scuole, 39 moschee e 2 chiese. L'ex giudice sudafricano Richard Goldstone e' stato demandato dal consiglio dell'Onu per i diritti umani per indagare su eventuali crimini commessi durante il conflitto. Israele si e' invece rifiutata di collaborare, accusando il consiglio Onu di essere contro di loro. Israele si difende dalle accuse sostenendo che le truppe sono state dispiegate per proteggere i cittadini, e che si e' trattato di una risposta agli attacchi di Hamas che ha messo in pericolo la vita dei civili attaccando aree abitate dai civili, mentre case e edifici sono stati distrutti solo quando necessario per motivi militari. Nel rapporto si nega anche ogni accuse sull'uso del fosforo bianco, considerato un'arma chimica. E si aggiunge che sono stati distribuiti 2,5 milioni di volantini e che 165.00 telefonate sono state fatte per mettere in allarme la cittadinanza civile, oltre a permettere l'arrivo di aiuti militari. I palestinesi sostengono invece che lasciare le case non era considerato sicuro, ne' era possibile accedere agli aiuti militari.
(AGI, 31 luglio 2009)
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Tel Aviv la città dove tutto è in divenire tra Bauhaus, locali trendy e divertimento
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Tel Aviv |
Eclettica, giovane, frizzante, informale. E poi intellettuale, fashion, divertente, tecnologica. Tel Aviv è un continuo sbocciare, proprio come la primavera che si ritrova nel suo nome: «Aviv» significa infatti primavera, «Tel» collina. Le 66 famiglie ebree che 100 anni fa fondarono questa città, mai avrebbero pensato che Tel Aviv, cuore dello stato ebraico (l'anima è Gerusalemme), sarebbe diventata la New York mediterranea, dove laicità, libertà, business e movimento sono le parole d'ordine. E dove i contrasti fra modernità e tradizione sono diventati normalità e ricchezza. Tel Aviv è cool, atmosfera, ritmo. Dal lungomare di sabbia dorata fino ai quartieri Bahuaus; da Jaffa, cuore antico della città, al porto antico di Ashdod, tutto è energia. La lunghissima spiaggia di Tel Aviv è l'epicentro del divertimento e degli sport. Decisamente diverso e ugualmente affascinante il centro della città, dove si trovano Carmel Market, grande mercato all'aperto dove acquistare ogni tipo di frutta e verdura, e la via pedonale Nahalat Binyamin, che ogni martedì e venerdì ospita il colorato mercato degli artigiani ricco di tanti e curiosi oggetti. Tel Aviv è anche architettura, rappresentata dagli stili moderno, eclettico e Bauhaus. Quest'ultimo, che nel primo Novecento fu in Germania e in Europa innovativo e avanguardista, trova qui la sua massima espressione, con oltre mille edifici disseminati nella città bianca tra Rotshchild boulevard e Dizengoff Center. Forme pulite e razionali, simmetrie, angoli smussati, finestre strette e lunghe: lo stile Bauhaus, importato dagli ebrei tedeschi tra il 1935 e il 1939, si ritrova anche negli oggetti e mobili di design provenienti da collezioni private e custoditi nel Bauhaus Museum al numero 21 di Bialik street. Imperdibili sono Albert Square e Montefiore Street, linde e punteggiate da edifici ristrutturati, e Neve Tzedek, antico quartiere diventato trendy e luogo di ritrovo di giovani e artisti. Ma il vero mood di Tel Aviv sono i locali disseminati lungo Sheinkin Street e il porto vecchio di Ashdod: ristoranti, coffe shops, cantine, chioschi, discoteche, teatri, biblioteche, bistrot, gallerie d'arte, locande kasher dove mangiare cibo preparato secondo i dettami biblici. Questo è il cuore della Tel Aviv laica, che trasgredisce lo shabbat e mischia tutto come un frullatore: giovani e vecchi, ebrei e arabi, donne e uomini, gay e lesbo. Sempre nel rispetto dell'altro. I principali collegamenti aerei sono operati dalla compagnia aerea Eurofly, www.eurofly.it, con voli per Tel Aviv da Milano (tre volte alla settimana), Roma e Verona.
Info: Ufficio nazionale Turismo israeliano, tel. 02 804905; www.goisrael.it
(il Giornale, 31 luglio 2009)
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Hamas scippa i fondi internazionali destinati ai palestinesi
Premesso che il popolo palestinese è, in assoluto, ovvero sia pro-capite, sia complessivamente, il popolo che, nella storia, ha più percepito fondi ed aiuti internazionali, è doveroso rilevare che, in molti casi, il denaro non è stato utilizzato, per volontà degli stessi palestinesi, per gli scopi prefissati dai donatori.
E' il caso, ad esempio, di Gaza: Europa e U.s.a. finanziano la ricostruzione della Striscia ma l'immensa quantità di denaro da loro erogata finisce in mano ai fondamentalisti che, anche in questo modo, comprano il consenso tra la loro gente ma, innanzitutto, acquistano armi ed esplosivi invece di realizzare scuole, case, ospedali e servizi per la loro gente.
Il filtro dovrebbero essere l'Autorità nazionale palestinese del presidente Abu Mazen e le agenzie delle Nazioni Unite, ma queste sono incapaci di fronte all'avidità di Hamas. Il dicastero della Difesa israeliano ha stilato un particolareggiato rapporto che denuncia il controllo degli estremisti islamici sui fondi per la ricostruzione. Il rapporto segreto è stato inviato ai governi occidentali: questo contiene i nominativi e le modalità con cui cartelli di società ed associazioni coinvolte nella ricostruzione, rispondono agli ordini di Hamas. I suoi rappresentanti sono riusciti a mettere in piedi comitati congiunti con le agenzie dell'Onu a Gaza, che si occupano degli aiuti.
Secondo il Jerusalem post l'intelligence israeliana ha rivelato che «il 12 luglio si è tenuto un incontro fra l'Unrwa, (l'agenzia delle Nazioni Unite per il popolo palestinese), l'Undp (un'altra costola dell'Onu) e funzionari di Hamas che rappresentano i sindacati degli ingegneri e delle società a contratto nella striscia di Gaza». L'obiettivo è stabilire un meccanismo che gestisca i miliardi di dollari che stanno arrivando dopo l'offensiva israeliana dello scorso dicembre/gennaio. Si tratta di cifre immense.
Alla conferenza internazionale di Sharm el Sheikh i palestinesi avevano chiesto quasi tre miliardi di dollari. Di questi almeno 1,33 miliardi serviranno per ricostruire la Striscia di Gaza. I Paesi arabi hanno promesso 1,65 miliardi di dollari. Gli Stati Uniti 900 milioni di cui 300 per Gaza. L'Unione europea si è impegnata per 436 milioni di euro, che serviranno anche per la riforma dell'Autorità nazionale palestinese. L'Italia ha fatto pure la sua parte. Il fiume di denaro arriva nelle casse del governo palestinese in Cisgiordania del primo ministro Salaam Fayad. La parte per Gaza viene trasferita all'Undp, l'agenzia delle Nazioni Unite che supervisiona la ricostruzione.
Gli israeliani denunciano che «Hamas ha preso il controllo di questi soldi». Il sistema è semplice: il meccanismo dei "comitati congiunti" con i rappresentanti delle Nazioni Unite, mascherati come una normale forma di collaborazione, serve ad Hamas per controllare l'utilizzo del denaro e degli aiuti. Chi cerca di opporsi o protestare viene minacciato. Hamas ha addirittura pubblicato su un quotidiano palestinese il seguente monito: «Chiunque non rispetti gli ordini sarà obbligato a lasciare Gaza». Chris Gunnes, portavoce dell'agenzia dell'Onu per i palestinesi, ha risposto a muso duro sostenendo che «l'Unrwa distribuisce gli aiuti in base alle necessità e null'altro». Una fonte della Difesa israeliana ribatte con il Jerusalem Post che «non ci risulta esista un effettivo meccanismo per aggirare Hamas e far arrivare i soldi direttamente alla popolazione palestinese». Con il fiume di denaro degli arabi e dell'Occidente gli estremisti islamici si comprano il consenso perduto dopo il devastante attacco israeliano. Anche le organizzazioni umanitarie non in linea e fedeli a Fatah, il movimento del presidente Abbas, subiscono ritorsioni e ricatti. «Vogliono imporci i loro uomini per controllare la distribuzione degli aiuti» aveva raccontato dopo la guerra uno dei responsabili di una Ong palestinese a Gaza. «Conosco decine di famiglie che hanno subito l'aggressione israeliana ma sono discriminate negli aiuti perché non appoggiano Hamas».
(Abruzzo Liberale, 31 luglio 2009)
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Dopo il 9 di Av - Superare il lutto
di Alfredo Mordechai Rabello, giurista, Università Ebraica di Gerusalemme
Hanno insegnato i Maestri che dopo la distruzione del secondo Santuario, vi furono numerose persone che manifestarono il loro dolore decidendo di non mangiare carne e non bere vino. Si rivolse loro Rabbì Jehoshua (allievo di Rabban Yochanan ben Zaccai) chiedendo perché mai non mangiassero carne e non bevessero vino; al che essi risposero che non avrebbero potuto mangiare carne, che veniva sacrificata sull'altare e bere vino, che pure faceva parte del servizio, e ora tutto ciò era stato abolito dopo la distruzione del Santuario stesso. Rabbì Jehoshua rispose che in tal caso non si dovrebbe mangiare neppure pane, frutta e neanche bere acqua dato che anche questi facevano parte del servizio nel Santuario. Come risposta al loro silenzio, il Chacham si rivolse loro con affetto: "Figli miei, lasciatemi dirvi: non manifestare il nostro lutto assolutamente, è impossibile, essendo il Santuario già distrutto; manifestare troppo il lutto (come fate voi) è impossibile, dato che non si stabilisce un decreto per il pubblico, altro che nel caso che la maggioranza del pubblico possa applicarlo." (Tosefta, Sotà 15,11; Talmud Bavli, Bava Batra, 60 b).
E l'insegnamento dei Chachamim è quello di lasciare una parte della parete di fronte all'ingresso di casa senza intonaco, di mangiare regolarmente lasciando un po' di cibo, e di ricordare Jerushalaim nelle nostre occasioni liete dicendo: "Se ti dimenticherò o Jerushalaim, che sia dimenticata la mia destra" (Salmi, 137, 5-6) ed il passo conclude dicendo che chi prende il lutto per Jerushalaim ha il merito di vederla nella sua gioia (cfr. Talmud Bavli, Ta'anit 30b).
È un dato di fatto che l'insegnamento ha servito per 1939 anni, nei quali abbiamo ricordato ogni giorno Jerushalaim; Rabbì Jehoshua si rivolge a coloro che volevano reagire con rigore invitandoli a unirsi all'insegnamento dei Saggi, rivolto a comprendere tutto il popolo. Una guida deve sapere in quale misura potrà essere seguita dal suo popolo: meglio essere meno rigorosi nell'aspirazione di essere seguiti da molti e per lungo tempo. In tal modo l'insegnamento non perderà la sua freschezza, così come il nostro lutto è un lutto attuale e non storico.Non possiamo però nascondere la nostra gioia nel vedere Jerushalaim ed Erez Israel accogliere i suoi figli, provenienti da ogni parte del mondo e rimaniamo sorpresi nel vedere parte dei nostri fratelli non partecipi della nostra gioia; un fenomeno simile si verificò nei grandi giorni dopo la dichiarazione Balfur e la conferenza di San Remo in cui i popoli riconobbero il diritto degli Ebrei a Erez Israel; il Rav Kook reagì allora spiegando che solo chi era stato in lutto anche per la situazione fisica di Erez Israel, che era rimasto addolorato per il suo abbandono, poteva "avere il merito di vederla nella sua gioia", (Mo'ade Hareaià, p. 567) onde il nostro Tish'à beav è un misto di dolore intenso per tutto quello che ci manca ancora nella nostra vita spirituale, che impedisce ancora la ricostruzione del Santuario (che avverrà a suo tempo con il consenso generale), ma è anche occasione di ringraziamento al Sign-re per quanto è stato realizzato in questi anni, in cui abbiamo potuto godere dello Stato di Israel indipendente in Erez Israel; "nachamù nachamù amì", consolate, consolate il Mio popolo (Isaia, 40,1).
(Notiziario Ucei, 31 luglio 2009)
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Il Tisha BeAv
Il Tisha BeAv, o più semplicemente 9 di Av, è un giorno di rimembranza di lutto per l'Ebraismo, che cade il nono giorno dell'undicesimo mese di Av (luglio-agosto). La ricorrenza avviene in memoria di numerosi eventi luttuosi per il popolo ebraico:
- distruzione del Primo Tempio da parte delle truppe di Nabuccodonosor (586 a.C.)
- distruzione del Secondo Tempio da parte delle truppe di Tito (70 d.C.)
- sconfitta degli insorti guidati da Bar Kochba (135 d.C.)
- distruzione di Gerusalemme (136 d.C.) e inizio della diaspora
In questa giornata di lutto nazionale gli ebrei osservano un digiuno totale di poco più di 24 ore, dal tramonto alle prime stelle della sera successiva. Oltre a ciò, non vengono indossate scarpe di pelle o cuoio, non vengono effettuati festeggiamenti, non si intrattengono rapporti coniugali né si palesano manifestazioni di affetto, non ci si lava (ad esclusione delle falangi delle mani) né si usano unguenti.
Durante la preghiera della sera e del mattino si recita il Libro delle Lamentazioni. È uso non indossare i Tefillin al mattino ma durante la preghiera del pomeriggio; alcuni ebrei mistici usavano però indossarli al mattino come durante gli altri giorni. Ad esclusione del Libro delle Lamentazioni, di alcune pagine del Talmud (in particolare quelle di Ghittin 55-57 che parlano della distruzione del Tempio di Gerusalemme e del terzo capitolo di Moed Kattan che discute i precetti relativi al lutto) e di alcuni passi del Libro di Geremia, non si studia la Torah, il cui studio è una gioia per l'ebreo né altri libri sacri se non hanno a che fare con il lutto. Fino a mezzogiorno è uso, ma non precetto, sedere su sgabelli bassi in modo da essere volutamente scomodi.
Fonte: Jewish Virtual Library
(Wikipedia)
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Il 9 di Av
Tra le poche cose che è consentito studiare oggi, 9 di Av, visto che per gli ebrei lo studio della Torà è gioia e la gioia è interdetta in questo giorno, sono le regole della giornata stessa e le regole di lutto, ad esse strettamente collegate. Come è noto in caso di lutto vi sono regole da osservare divise per periodi: i primi sette giorni, poi fino a un mese, quindi fino a un anno. Anche le tre settimane dal 17 di Tamuz al 9 di Av sono divise in periodi. In linea di massima il 9 di Av si applicano gli stessi rigori dei primi sette giorni di lutto, con l'aggiunta del digiuno; la settimana in cui cade il 9 (per gli ashkenazim già dal primo di Av) si applicano i rigori dei 30 giorni, e nel periodo precedente i divieti dell'anno. Ciò che è interessante in questo confronto è una differenza significativa: nelle regole di lutto la scansione temporale passa da forti divieti a divieti minori, il che serve tra l'altro allo scopo psicologico di accompagnare la persona in lutto a uscire "dal tunnel". Per il 9 di Av e i giorni che lo precedono il procedimento è inverso, si procede con un progressivo rigore che culmina con il digiuno. C'è da chiedersi perché questa differenza. Tra le risposte possibili, il diverso impatto sulla persona del trauma del singolo e quello della collettività, e quello di un evento recente rispetto a un evento remoto da ricordare.
Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma
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La ricorrenza del 9 di Av, vista da Israele, richiama i profondi paradossi forse non risolvibili dell'esistenza ebraica. Piangiamo la distruzione del Tempio e il nostro esilio, ma oltre il 40% di tutti qualli che di noi vivono al mondo sono ritornati e vivono qui. Il ritorno dall'esilio non è dunque solo del fisico ma anche dell'anima. Ma se rimpiangiamo un nostro passato migliore, sappiamo bene che abbiamo peccato nel deserto fabbricando il vitello d'oro e inseguendo le ragazze moabite, e poi nella Terra Promessa, con l'idolatria e con l'odio gratuito. Se fossimo davvero capaci di emendarci, un progetto di ricostruzione del Santuario sul Monte del Tempio, che è anche la Spianata delle Moschee, sarebbe una ricetta sicura per scatenare un apocalittico conflitto planetario. Resta la riflessione di questo giorno.
Sergio Della Pergola, demografo, Università Ebraica di Gerusalemme
(Notiziario Ucei, 30 luglio 2009)
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Inchiesta: due terzi degli israeliani desiderano la ricostruzione del Tempio
di A. Klotz
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Modello del secondo Tempio |
GERUSALEMME - Circa due terzi degli israeliani vogliono che sia ricostruito il Tempio e per questo ricordano la distruzione del primo e del secondo Tempio. Lo ha stabilito una rilevazione dell'Organizzazione Non-Profit "Gesher" ("Ponte"). La ricostruzione del Tempio stata auspicata non soltanto dagli israeliani religiosi, ha riferito il quotidiano "Yediot Aharonot". Dei due terzi dei favorevoli, circa la metà sono non-religiosi. L'inchiesta è stata introdotta con la domanda: che significato ha il giorno di cordoglio Tisha BeAv? Circa il 97 per cento sapeva che entrambi i Templi sono stati distrutti il nono giorno del mese di Av, soltanto il 2 per cento non ha saputo rispondere niente.
E' stato chiesto poi se è giusto sottolineare particolarmente la distruzione del secondo Tempio, nonostante siano passati già duemila anni. L'80 per cento degli intervistati ha dichiarato che è giusto, il 7 per cento lo ha negato. Il 13 per cento vuole ricordare soltanto gli avvenimenti che hanno a che fare con lo Stato d'Israele. Su questo si sono trovati d'accordo circa il 74 per cento degli israeliani non-religiosi e il 100 per cento degli ultraortodossi.
Sembra che per la maggior parte delle persone il Tisha BeAv sia un giorno di memoria significativo», ha detto Danny Tropper di "Gesher". «Siamo una nazione con una notevole affinità storica. Il Tempio è stato distrutto 1942 anni fa, e adesso circa i due terzi lo vogliono ricostruire.»
L'inchiesta è stata condotta dal "Panel Institute". Sono stati interrogati 516 israeliani che dovrebbero rappresentare la popolazione adulta.
(www.israelnetz.com, 30 luglio 2009 - trad. www.ilvangelo-israele.it)
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Polemiche sul concerto di Cohen
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Cohen |
Ancora a rischio l'appuntamento del 24/9 a Tel Aviv
TEL AVIV, 30 lug - Ore di tensione per 40 mila israeliani che sperano di assistere il 24 settembre in uno stadio di Tel Aviv al concerto di Leonard Cohen.La vendita dei biglietti avra' inizio sabato sera con prezzi che andranno dall'equivalente di 80 euro in su. Ma le polemiche internazionali non si placano e resta il rischio che Cohen sia costretto a rinunciare al concerto di Tel Aviv, dopo aver gia' annullato quello di Ramallah (Cisgiordania), aspramente osteggiato da organizzazioni filo-palestinesi.
(ANSA, 30 luglio 2009)
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Scritte antisemite sulle agenzie turistiche del Cts.
Aveva promosso viaggi in Israele
ROMA (29 luglio) - Manifesti e scritte antisemite sono comparsi, la notte scorsa, sulle saracinesche e sui muri adiacenti ad alcune agenzie di viaggi affiliate al Centro turistico studentesco (Cts) nelle zone della Cecchignola, Centocelle, Quadraro e Monteverde.
Le frasi scritte invitano a «boicottare Israele» e in particolare il turismo. Su un manifesto c'era scritto: «boicotta Israele, rifiuta l'apartheid. Solidarietà attiva al popolo palestinese» a firma «Gruppo antirazzisti e antirazziste». A Monteverde una scritta esplicita che invita a boicottare «il turismo sionista» mentre in via Livilla, al Quadraro, sono stati affissi alcuni manifesti riportanti la carta geografica di Israele e Palestina e i luoghi del conflitto. Sull'episodio indagano i carabinieri.
La protesta dopo la campagna del Cts per promuovere i viaggi in Israele. L'iniziativa, che si chiama «Il bello di Israele» è stata intrapresa in collaborazione con l'Ufficio del Turismo di Israele e la compagnia aerea El Al e invita a recarsi in quei luoghi «affascinanti e multiformi, non lontani, e perfettamente adatte ai giovani». Intanto, questo pomeriggio, un gruppo chiamato «Antirrazzisti e antirazziste», lo stesso che ha firmato i manifesti affissi la scorsa notte, ha organizzata una protesta davanti al Cts di via Appia.
Dura condanna del gesto da parte del sindaco Gianni Alemanno, del presidente della provincia Nicola Zingaretti e del presidente della regione Lazio Piero Marrazzo.
L'ufficio del decoro urbano del Comune di Roma lavorerà stanotte per rimuovere i manifesti e cancellare le scritte apparse nei quartieri del Quadraro, Centocelle, Monteverde e Cecchignola.
(Il Messaggero, 29 luglio 2009)
Il bello di Israele
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Hamas, via a campagna moralizzatrice
"Sì alla virtù" nella Striscia di Gaza
Il movimento radicale islamico ha lanciato una campagna per impedire che la popolazione del territorio palestinese adotti comportamenti contrari all'Islam. Con lo slogan "sì alla virtù" Hamas vuole soprattutto imporsi sulle donne che non vuole troppo scoperte per la strada. Così, da qualche giorno, dipendenti del Ministero per le questioni religiose, visitano negozi e uffici predicando il "comportamento del buon musulmano".
Questi "moralizzatori" stigmatizzano pantaloni e camicette nelle donne definendoli come "abiti diabolici".
Secondo il supervisore della campagna, Salah Abu Saqer, lo scopo di questa campagna è "guidare la gente verso la giusta morale e la vera religione". Ma si tratta di un'iniziativa "amichevole" ha assicurato, "per la quale non sarà mai usata la forza".
(TGCOM.it, 29 luglio 2009)
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Il ritorno del 1o agosto svizzero a Tel Aviv
di Serge Ronen
L'ambasciata svizzera in Israele ha invitato a Tel Aviv il governo e il parlamento dello Stato ebraico in occasione del 1o agosto. Ciò costituisce una novità: negli ultimi anni le celebrazioni per la Festa nazionale elvetica erano infatti state sospese.
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L'edificio che ospita la rappresentanza svizzera
a Tel Aviv |
GERUSALEMME - L'attuale ambasciatore elvetico a Tel-Aviv, Walter Haffner, ha deciso di ridare vita a una tradizione che in passato era solidamente ancorata nella vita sociale della metropoli israeliana: il ricevimento alla residenza dell'ambasciatore svizzero, situata a Ramat-Gan, nella periferia di Tel-Aviv.
Per motivi che non sono mai stati realmente chiariti, i titolari che si sono succeduti nel corso degli ultimi anni hanno deciso di non organizzare più alcuna manifestazione in occasione del 1o agosto. Unica spiegazione ufficiale: «L'ambasciatore è in vacanza».
Animato dal dinamismo che lo contraddistingue, Walter Haffner ha voluto mettere fine a questa strana situazione. La rappresentanza rossocrociata ha quindi organizzato il 28 luglio - il 1o agosto coincide infatti con il riposo sabbatico - un «ricevimento diverso dagli altri» al Teatro Nalaga'at di Jaffa. L'obiettivo, spiega Haffner, era cancellare gli stereotipi e mostrare l'immagine di un paese multiculturale e aperto verso il mondo.
Non di solo pane
Per raggiungere questo obiettivo, Walter Haffner non si è risparmiato: l'ambasciatore ha fatto spedire inviti ai ministri del governo israeliano, ai deputati della Knesset - anche se all'orizzonte si sta profilando un'altra crisi tra i due paesi, stavolta causata della visita a Ginevra di una delegazione di Hamas -, a tutti gli ambasciatori accreditati in Israele, ai corrispondenti della stampa svizzera e a molte altre persone.
Dopo la parte ufficiale dell'appuntamento, sul palco del Teatro Nalaga'at è andato in scena uno spettacolo teatrale intitolato «Non di solo pane» e interpretato da undici attori ciechi e sordi. I protagonisti hanno condotto gli spettatori in un viaggio attraverso il mondo dell'oscurità, del silenzio... e del pane.
Tra attori e spettatori si è creato dunque un legame unico: un modo sottile per dimostrare che nel mondo attuale dobbiamo essere tutti solidali e che soltanto il dialogo riesce ad aprire le porte dell'incomprensione, persino quelle chiuse dalla cecità e dalla sordità.
La compagnia teatrale guidata dalla direttrice Adina Tal, di origine svizzera, ha già ricevuto molti attestati di stima, sia in Israele sia all'estero, segnatamente a Zurigo e Ginevra.
Sponsor importanti
Il budget del ricevimento organizzato dall'ambasciata svizzera è stato assicurato nella misura del 10% dalla Confederazione e del 90% da sponsor privati. Numerose aziende elvetiche presenti sul mercato israeliano hanno contributo in ampia misura: in particolare UBS, Credit Suisse, Crédit Agricole suisse, Roche, la compagnia di assicurazione Zurich e l'aviolinea Swiss.
La penetrazione commerciale della Svizzera sul mercato israeliano ha segnato un notevole sviluppo nel corso dell'ultimo decennio: se a livello diplomatico vi sono stati alcuni momenti di tensioni tra Berna e Tel Aviv, dal profilo economico la situazione è dunque estremamente positiva.
Philippe Weil, delegato all'Assemblea degli svizzeri all'estero, non è offeso per non essere stato invitato all'iniziativa organizzata per la Festa nazionale. «I cittadini svizzeri residenti in Israele celebreranno il 1o agosto tra loro. È normale che eventi come quello dell'ambasciata siano destinati in primo luogo al mondo politico e ai diplomatici. Inoltre, considerando il fatto che i posti a teatro sono limitati, gli invitati hanno dovuto essere selezionati».
Sguardo sulla crisi
In merito alle difficoltà attuali tra i due Stati, Philippe Weil afferma che esse non vanno minimizzate, ma nemmeno drammatizzate. A suo parere, si tratta di un momento di crisi temporanea e nel contempo la manifestazione di un conflitto d'interessi.
«La Svizzera, in virtù della sua neutralità, vuole essere amica di tutti, quindi di Israele e anche di Hamas. Tale orientamento si scontra con la strategia israeliana, che mira proprio all'isolamento di Hamas. Ecco spiegati tutti questi malintesi, che suscitano parecchio nervosismo al ministero degli esteri di Tel Aviv», sottolinea Weil.
Philippe Weil esprime nel contempo una critica: a suo parere, i diplomatici elvetici attivi presso l'ambasciata di Tel Aviv sono «meno attenti che in passato alle impressioni dei loro concittadini residenti in Israele». Questi ultimi, sottolinea, si impegnano costantemente per stemperare le frizioni legate alle diverse strategie politiche svizzere e israeliane, e a migliorare le relazioni bilaterali tra i due paesi.
Organizzando la Festa nazionale a Jaffa - dove già quotidianamente vivono a stretto contatto musulmani, cristiani ed ebrei - l'ambasciata svizzera vuole mostrare i benefici della multiculturalità, della coesistenza tra popoli e religioni differenti, proprio come avviene nella Confederazione.
(traduzione e adattamento: Andrea Clementi)
(swissinfo.ch, 29 luglio 2009)
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Palestina: sale la tensione tra Hamas e al Fatah
GERUSALEMME - Sale la tensione tra le due maggiori fazioni palestinesi rivali, l'islamico Hamas, al potere nella Striscia di Gaza, e il laico al Fatah, fedele al presidente dell' Autorità palestinese Abu Mazen (Mahmud Abbas) che ha sede a Ramallah, in Cisgiordania.
In vista del Congresso generale di Fatah, in programma per la prima volta dopo 20 anni il prossimo 4 agosto a Ramallah, Hamas ha fatto sapere oggi che non permetterà ai circa 400 delegati di Fatah residenti a Gaza di partecipare ai lavori di questo foro.
Il divieto sarà revocato, ha però aggiunto Mahmud Al-Zahar, uno dei capi di Hamas, se l' Autorità palestinese "cesserà di perseguitare i membri di Hamas nella Cisgiordania occupata" e rilascerà quelli che sono stati arrestati.
Le replica di Fatah è stata di minacciare l' arresto degli attivisti di Hamas in Cisgiordania se ai suoi delegati non sarà permesso di raggiungere Ramallah per il Congresso. Il presidente Abu Mazen ha detto che in questo caso potrebbe rinviarne l'apertura.
Le minacce del Fatah, ha commentato Sami Abu Zuhri, esponente di Hamas a Gaza, non faranno cambiare posizione al movimento islamico.
(swissinfo.ch, 29 luglio 2009)
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Se l'Iran boicotta i mondiali di nuoto per antisemitismo
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Mohammed Alirezaei |
Mohammed Alirezaei ha 24 anni, è un nuotatore iraniano e ieri ha boicottato la batteria dei 100 rana dei Mondiali di Roma pur di non trovarsi nelle stesse acque con l'israeliano Mickey Malul, inserito nella stessa lista di partenza. I dettagli ancora non si conoscono ma Alirezaei, molto probabilmente dopo essersi consultato con la sua delegazione, si sarebbe semplicemente rifiutato di presentarsi a bordo vasca. A riferirlo è il giornale "Yediot Ahronot" di Tel Aviv, ma la notizia ha tutto il sapore della verità, dati i precedenti.
Sì, i precedenti. Perché qualcosa di simile era già accaduto alle Olimpiadi di Pechino dello scorso anno, quando, in occasione delle qualificazioni dei 100 rana, lo stesso atleta iraniano non aveva accettato di gareggiare al fianco di un altro rivale israeliano, Tom Beeri, denunciando un improvviso, quanto sospetto, attacco di appendicite neanche mezz'ora prima della gara.
Del resto, non ci sarebbe da stupirsi. Basta tornare indietro di poco con la memoria per rileggere storie di questo genere. Alle Olimpiadi di Atene 2004, per esempio, il judoka iraniano Arash Miresmaeili, uno dei favoriti per la vittoria finale nella sua categoria, si rifiutò di affrontare l'israeliano Ehud Vaks in un turno preliminare e venne quindi eliminato. Pochi ricorderanno però che, tornato in patria, venne accolto come un eroe e premiato con 115mila dollari dal regime iraniano.
Gli atleti iraniani continuano a partecipare alle competizioni internazionali per poi tirarsi puntualmente indietro quando devono affrontare gli israeliani, molto spesso con la scusa della solidarietà verso il popolo palestinese. Va menzionata la storia di Ashkan Dejagah's, il calciatore di origini iraniane dell'Under 21 tedesca, che nel 2007 si rifiutò di scendere in campo contro la squadra israeliana spiegando che "Nelle mie vene scorre sia sangue tedesco che iraniano". Una frase che a sentirla mette ancora i brividi.
A casa nostra quello a cui si è assistito ieri a Roma si chiama razzismo e nulla ha a che fare con lo sport e la sana competizione tra atleti. E, proprio perché antisportivo, un comportamento di questo genere andrebbe sanzionato e pure pesantemente nelle sedi opportune (la Fina si pronuncerà oggi in merito), magari penalizzando la delegazione di appartenenza, come avviene con le squadre di calcio, o con la esclusione degli atleti dalle competizioni internazionali (soprattutto se recidivi).
Per fortuna non ci sono solo le appendiciti antisemite. Ieri, sempre a Roma, il 17enne nuotatore iracheno Saif Alaslam al-Saadi si è presentato regolarmente ai blocchi della batteria di 100 metri dorso. Si è tuffato e ha gareggiato senza problemi con l'avversario l'israeliano Itai Chammah, che nuotava nella corsia accanto. La speranza che forse in Medio Oriente qualcosa stia cambiando.
(l'Occidentale, 29 luglio 2009)
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Israele: ex consigliere di Arafat condannato per traffico armi
ROMA, 29 lug - Un tribunale militare israeliano in Cisgiordania ha giudicato colpevole il consigliere finanziario dell'ex presidente dell'Autorità nazionale palestinese Yasser Arafat, Fuad Shubaki, di contrabbando di armi. Come ha riferito la radio israeliana, la pena sarà decisa in un secondo momento, ma intanto la corte ha giudicato l'uomo colpevole di aver organizzato e finanziato nel 2002 il trasporto di un carico di armi e di aver sostenuto finanziariamente gli attacchi contro lo Stato ebraico. In particolare, secondo i giudici, Shubaki avrebbe finanziato e coordinato l'acquisto di 50 tonnellate di armi imbarcate sulla nave Karine-A, scoperta e bloccata dai militari israeliani nelle acque del Mar Rosso a gennaio del 2002. Arrestato a marzo 2006, Shubaki si è sempre difeso sostenendo che eseguiva un ordine di Arafat.
(IRIS press, 29 luglio 2009)
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Crescono i coloni in Cisgiordania e cresce l'insofferenza degli israeliani verso Obama
L'inviato speciale Usa George Mitchell oggi a Gerusalemme
di Alessandro Di Rienzo
Un rapporto dell'Amministrazione delle Forze di Difesa di Israele comunica che colonie e coloni sono aumentati in Cisgiordania da gennaio di quest'anno. + 2,3% per oltre 300mila coloni. La comunicazione avviene nel giorno in cui George Mitchell torna a chiedere una sorta di disimpegno anche nella West Bank. Cresce intanto l'insofferenza degli israeliani verso Barack Obama. "No al diktat degli Stati Uniti" è lo slogan usato in una manifestazione di coloni la scorsa notte; e il New York Time pubblica editoriali presi da Haaretz dal titolo: "Why Won't Obama Talk to Israel?".
Il dato particolare, ma allo stesso tempo maggiormente significativo, è che le agenzie di stampa internazionali non riferiscono più di manifestazione di gruppi islamisti, oltre che considerati fondamentalisti, contro l'amministra Usa. Oggi dalla Cisgiordania arriva la notizia di una manifestazione di coloni israeliani che contestano l'attuale inquilino della Casa Bianca Barack Hussein Obama con cartelli con su scritto: "No al diktat degli Stati Uniti".
La manifestazione di estremisti israeliani è in concomitanza con la visita di George Mitchell, emissario del presidente americano Barack Obama per il Medio Oriente, nello stato ebraico. La richiesta proveniente con insistenza dagli Usa di un congelamento della colonizzazione ebraica in Cisgiordania è stata discussa oggi a Gerusalemme durante un incontro con il premier israeliano Benyamin Netanyahu. A quanto riferisce la radio militare dello stato ebraico il premier Netanyahu non esclude un congelamento di tre mesi della crescita degli avamposti al quale, a suo parere, i Paesi arabi dovrebbero replicare con gesti concreti e tangibili di distensione nei confronti di Israele. Nella nottata decine di coloni hanno improvvisato in Cisgiordania undici ulteriori avamposti illegali. L'azione dei coloni è da interpretare come un ulteriore gesto di protesta contro le pressioni diplomatiche statunitensi. Una certa insofferenza è avvertita anche dall'intellihghenzia ebraica in Usa. Quotidiani progressisti, come il New York Times, hanno riproposto editoriali apparsi prima su Hareetz dall'inequivocabile titolo: "Why Won't Obama Talk to Israel?". «Nel suo tour mondiale e di apparizioni televisive, il Presidente Obama ha parlato agli arabi, ai musulmani, agli iraniani, agli europei occidentali, agli europei orientali, a russi e africani. Le sue parole hanno suscitato emozioni e sono state ben accolte ovunque», scrive Aluf Benn, quarantenne editorialista. «Ma egli non ha la briga di parlare direttamente con gli israeliani», lamenta Aluf Benn, portando in secondo piano sulla stampa Usa il dato di come dall'inizio del 2009 le colonie israeliane in Cisgiordania, come la popolazione di coloni, siano aumentate. A quanto riportano oggi emittenti televisive locali i soldati israeliani hanno isolato l'area in cui doveva sorgere un ennesimo avamposto vicino a Hebron (al Khalil il nome della cittadina per gli arabi, 120mila abitanti palestinesi per 7mila coloni assiepati sulla collina sopra la città vecchia). Secondo una relazione dell'Amministrazione delle Forze di Difesa di Israele sono più di 300 mila gli israeliani che vivono in insediamenti ebraici in Cisgiordania. Una cifra superiore del 2,3 percento rispetto gennaio di quest'anno. La maggior parte di questa crescita si è verificata nelle comunità religiose. Obama parlerà poco agli israeliani, ma questi fanno orecchie di mercante alle richieste Usa.
(ami, 28 luglio 2009)
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Molinaro, la comunita' ebraica favorisce il dialogo
TRIESTE, 28 lug - Ci sara' anche Trieste, idealmente accompagnata dall'intero Friuli Venezia Giulia, tra le 59 localita' italiane che tra sabato 5 e domenica 6 settembre prossimi celebreranno la 10.a Giornata Europea della Cultura Ebraica, evento che si sviluppera' contemporaneamente in 28 Paesi del Vecchio Continente.
''Conoscere e Accogliere l'Altro'' e' titolo e principio ispiratore della manifestazione che si svolgera' nel capoluogo giuliano, organizzata dalla Comunita' Ebraica locale e dall'Associazione WeDoCare, in collaborazione con la Fondazione Glocal Forum Italy e la Cattedra Unesco Giovanni XXIII sul pluralismo religioso e la pace.
''In questi frangenti della storia - ha commentato l'assessore regionale alla Cultura, Roberto Molinaro, intervenendo alla presentazione in Municipio assieme al sindaco, Roberto Dipiazza, ed alla presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat - la partecipazione di Trieste e di tutta la regione al dialogo senza confini e' un'importante testimonianza di quanto il Friuli Venezia Giulia sia un laboratorio di convivenza tra i popoli.
Solo in questa maniera - ha aggiunto, complimentandosi con la Comunita' Ebraica che ha coinvolto pure quelle islamica e serbo-ortodossa - si puo' favorire quel processo di internazionalizzazione intrapreso soprattutto rispetto all'Europa centro-orientale''.
Dalla cerimonia d'apertura, prevista alle 20.32 di sabato 5 settembre davanti alla Sinagoga triestina, al confronto a piu' voci sul tema dell'Incontro e dell'Accoglienza previsto domenica pomeriggio (ore 16.30) al Teatro Verdi, per finire con il concerto in piazza Giotti (ore 21), si succederanno personaggi ed interpreti quali il rabbino capo del Friuli Venezia Giulia, Haim Baharier, il cantante David D'Or, il vescovo di Trieste, Eugenio Ravignani, il cantante serbo Bilja Krstic, il gruppo musicale macedone Dragan Dautovski Quartet e la cantante araba Miriam Tukan.
(Asca, 28 luglio 2009)
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Trani, manuale di storia e attualità ebraica
E' disponibile Trani Ebraica, quaderno di arte, cultura, pensiero e attualità dell'Ebraismo in Puglia
E' da oggi disponibile il quaderno TRANI EBRAICA, un manuale di storia e attualità ebraica e di promozione dell'Ebraismo in Puglia.
Completo di tutte le informazioni sugli eventi istituzionali, artistici, culturali e musicali della Giornata Europea della Cultura Ebraica 2009 che si svolgerà domenica 6 settembre 2009 (17 Elul 5769 del calendario ebraico) a Trani città capofila, TRANI EBRAICA (copertina a colori, 32 pagine, GRAFICHE 2000 Foggia) contiene una piccola ma esauriente storia della città di Trani, una vasta esposizione storica della comunità ebraica tranese dal suo insediamento alla cacciata del 1541 e una descrizione dell'attività religiosa, culturale e sociale odierna della Sezione tranese dal 2004 ad oggi.
Infine, contiene una scelta di indirizzi utili, hotels e Bed&Breakfast di Trani per chi intenda soggiornare a Trani durante le manifestazioni della Giornata Europea (dal 4 al 6 settembre) e del Festival di Cultura Ebraica in Puglia (dalla sera dal 6 al 10 settembre).
Chiunque desideri copie di TRANI EBRAICA può richiederle all'indirizzo: ebraicatrani@fastwebnet.it
(Bat24ore.it, 28 luglio 2009)
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Abruzzo: la comunità ebraica di Napoli ricostruirà un campanile
Una sottoscrizione della Comunità ebraica di Napoli servirà a ricostruire il campanile di una chiesa abruzzese danneggiata dal terremoto dello scorso aprile. L'iniziativa, che ha visto anche l'invio di aiuti concreti nell'immediata emergenza, è stata presa dal rabbino Pierpaolo Pinhas Punturello, responsabile del culto nella Sinagoga a Cappella Vecchia. Lo stimolo ad attivarsi, spiega il rabbino partenopeo, è venuto dalla celebrazione in famiglia della Pesach, la pasqua ebraica, avvenuta pochi giorni dopo il sisma. "Sono rimasto fermo alla frase d'inizio del rito: 'Chi ha fame venga e mangi, chi ha bisogno venga e faccia Pesach'". Di qui la solidarietà con chi in quel momento era in difficoltà. Punturello ha cercato contatti con case famiglia o chiese abruzzesi ed è stato indirizzato alla parrocchia di San Francesco a Pettino, frazione de L'Aquila, rimasta in piedi e diventata centro per lo smistamento degli aiuti. "Mai come in quel momento mi sono reso conto che come ebreo e come comunità ebraica dovevamo fare qualcosa per tutti coloro che avevano e hanno fame e bisogno", spiega il rabbino. All'iniziativa hanno contribuito anche alcuni dipendenti del consolato statunitense di Napoli: a chi era costretto a stare in tenda hanno procurato repellenti antizanzare e farmaci contro il morso degli insetti. (R.P.)
(Radio Vaticana, 28 luglio 2009)
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I coloni israeliani manifestano contro le richieste statunitensi di smantellare gli insediamenti
Lunedì scorso il Consiglio dei coloni della Cisgiordania ha organizzato una manifestazione davanti alla casa del Primo Ministro Benjamin Netanyahu a Gerusalemme.
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Kiryat Arba |
1.500 militanti di destra hanno protestato contro la richiesta dell'amministrazione Obama di interrompere totalmente la costruzione di insediamenti in Cisgiordania.
Durante la manifestazione il rabbino Eliezer Waldman, capo del Consiglio nell'insediamento di Kiryat Arba si è rivolto alla folla affermando che "Obama è un razzista e se continuerà con la sua azione distruggerà la superpotenza Usa".
La folla di dimostranti ha fischiato ogni volta che veniva nominato l'inviato speciale statunitense George Mitchell, che si trova nella regione per tentare di convincere il governo israeliano a bloccare la costruzione di nuovi insediamenti.
Gli attivisti di destra stanno preparando una grossa manifestazione per la prossima settimana. Proprio mentre il Segretario alla Difesa Usa Robert Gates dovrebbe discutere dello smantellamento degli insediamenti illegittimi in Cisgiordania, centinaia di giovani innalzeranno undici nuovi avamposti nei territori palestinesi per commemorare i fatti del 1946, quando undici nuovi insediamenti vennero costruiti durante la notte a nord del Negev, durante il mandato inglese.
Inoltre un gruppo di dimostranti ha intenzione di ricostruire l'insediamento di Nofei Yarden, smantellato la scorsa settimana.
Gli attivisti hanno organizzato queste iniziative per tre mesi e si attendono la partecipazione di centinaia di giovani e il supporto di altre migliaia di persone. Durante il fine settimana sono stati distribuiti nelle sinagoghe 20mila opuscoli che descrivono il fine e il significato delle loro prossime mosse.
(PeaceReporter, 28 luglio 2009)
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C'è il nuotatore israeliano. Liraniano boicotta la gara
Secondo il giornale 'Yediot Ahronot', Mohammed Alirezaei ha abbandonato di proposito la batteria dei 100 rana a Roma pur di non trovarsi a competere con Mickey Malul. L'atleta non è nuovo a questi gesti: lo aveva già fatto ai Giochi di Pechino
ROMA - Ha boicottato la sua batteria dei 100 rana ai Mondiali di Roma pur di non trovarsi a gareggiare assieme a un atleta israeliano. Protagonista di questa vicenda, che di sportivo ha ben poco, è il nuotatore iraniano Mohammed Alirezaei. Secondo l'edizione online del giornale 'Yediot Ahronot' di Tel Aviv, Alirezaei avrebbe rinunciato alla batteria dei 100 rana perché inserito nella stessa lista di partenza c'era l'israeliano Mickey Malul. Notata la coincidenza, l'iraniano, riferisce 'Yediot Ahronot', si è rifiutato di presentarsi a bordo vasca, probabilmente dopo essersi consultato con la sua delegazione.
ALIREZAEI RECIDIVO - Alirezaei, 24enne, non è nuovo a 'impresè del genere. "Un replay di quanto accaduto già alle Olimpiadi di Pechino", scrive il giornale. In occasione delle qualificazioni dei 100 rana ai Giochi, lo stesso atleta iraniano non aveva accettato di gareggiare al fianco di un altro rivale israeliano, Tom Beeri. Un caso simile si verificò anche alle Olimpiadi di Atene 2004, ma nel judo: l'iraniano Arash Miresmaeili, nonostante fosse uno dei favoriti per la vittoria finale nella sua categoria, si rifiutò di affrontare l'israeliano Ehud Vaks in un turno preliminare e venne quindi eliminato. Tornato in patria, venne accolto come un eroe e premiato con 115mila dollari dal regime iraniano.
A PECHINO FU 'APPENDICITE' - Alle Olimpiadi cinesi, per evitare provvedimenti disciplinari, il presidente della federazione iraniana di nuoto, Vahid Moradi, spiegò che Alirezaei aveva dato forfait nella gara di rana a causa di un improvviso attacco di appendicite, "mezz'ora prima della gara". Ora si aspetta la giustificazione ufficiale per questo nuovo forfait. Non solo fatti censurabili, però, a Roma. Ieri, come rileva sempre 'Yediot Ahronot', in una batteria dei 100 dorso un nuotatore iracheno di 17 anni, Saif Alaslam al-Saadi, si è presentato regolarmente ai blocchi avendo tra i vicini di corsia l'israeliano Itai Chammah. Anche se il giornale non esclude che l'atleta possa in realtà non essersi accorto della iscrizione di Chammah, avvenuta all'ultimo momento.
(la Repubblica, 28 luglio 2009)
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Nei campi estivi di Hamas per bambini va in scena la cattura dellostaggio israeliano
Bambini palestinesi nei campi estivi organizzati da Hamas indotti a mettere in scena il sequestro, avvenuto tre anni fa su suolo israeliano, del soldato Gilad Schalit, da allora trattenuto in ostaggio nella striscia di Gaza contro ogni norma e convenzione umanitaria e internazionale. La recita sarebbe avvenuta alla presenza di alti esponenti di Hamas, secondo quanto emerge da documenti fotografici ottenuti dal Jerusalem Post.
Stando ai dati in possesso della difesa israeliana, più di 120.000 bambini palestinesi stanno trascorrendo lestate in campi estivi organizzati e gestiti da Hamas. Oltre a studi religiosi, questi bambini vengono sottoposti anche a vere e proprie forme di addestramento paramilitare, con armi giocattolo.
Durante una recente cerimonia di fine corso in uno di questi campi estivi, i bambini hanno preso parte a una recita in cui veniva rappresentato il sequestro di Shalit avvenuto a fine giugno 2006. Fra i presenti, Osama Mazini, un alto leader politico di Hamas incaricato di seguire le trattative con Israele per conto del gruppo terrorista. In una delle foto ottenute dal Jerusalem Post si vede Mazini, in piedi accanto ad Ahmad Bahar, presidente ad interim del Consiglio Legislativo palestinese, mentre consegnano copie del Corano agli educatori del campo.
Il messaggio è chiaro - dice un ufficiale della difesa israeliano riguardo alla partecipazione di Mazini alla cerimonia - Questo è il modo con cui Hamas insegna ai bambini palestinesi che prendere in ostaggio israeliani è una cosa del tutto normale.
Le Nazioni Unite, dal canto loro, organizzano attività ricreative per 240.000 bambini fra i 6 e 15 anni di età in 150 località nella striscia di Gaza. A differenza dei campi estivi di Hamas, tali attività, gestite dallUnrwa, comprendono sport, arti e mestieri, nuoto e altre iniziative culturali. Per questo la scorsa settimana un alto esponente di Hamas, Younes al-Istal, parlando alla tv Al-Arabiya ha accusato i campi estivi dellUnrwa di far parte di un piano volto a corrompere le giovani generazioni della striscia di Gaza e prepararle alla normalizzazione dei rapporti con Israele. Alla vigilia dellestate, il coordinatore per le attività governative israeliane nei territori aveva permesso allUnrwa di far entrare nella striscia di Gaza camion carichi di attrezzature per i suoi campi estivi come piscine gonfiabili, giocattoli, vernici colorate e strumenti musicali.
(Jerusalem Post, 27 luglio 2009 - da israele.net)
Nella foto in alto: bambini palestinesi, vestiti come soldati isareliani, partecipano alla recita in cui hanno rapperesentanto il sequestro dellostaggio israeliano Gilad Schalit.
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Canada: in mostra a Toronto per la prima volta 17 rotoli del Mar Morto
"I Rotoli del Mar Morto: le parole che hanno cambiato il mondo" è il titolo della mostra, aperta al pubblico fino al 3 gennaio del 2010, inaugurata nei giorni scorsi in Canada. Riunisce 17 autentiche pergamene di Qumran, contenenti alcuni dei più famosi testi nella storia e i più antichi scritti noti della Bibbia ebraica. Di questi, riferisce il Sir, quattro vengono mostrati al pubblico per la prima volta. Il battesimo è avvenuto al Royal Ontario Museum di Toronto, in cui Dalton McGuinty, premier della provincia dell'Ontario, ha presentato l'evento. I 17 manoscritti includono frammenti dei libri della Genesi, del Deuteronomio e dei Salmi, e alcune tra le più antiche versioni dei Dieci Comandamenti. Scoperti 60 anni fa da un giovane pastore beduino, i Rotoli del Mar Morto sono considerati la più antica testimonianza dei patriarchi e profeti biblici conosciuti dall'ebraismo, dal cristianesimo e dall'islam. Per 2000 anni, i Rotoli del Mar Morto sono rimasti sepolti nelle grotte di Qumran. Dopo decenni di scavi, sono stati riportati alla luce 900 manoscritti in ebraico, aramaico e greco. Seppur sbiadite, con il passare del tempo, queste pergamene conservano intatto oggi il loro valore storico. Studiosi della Bibbia e relatori internazionali da tutto il mondo visiteranno la mostra per una serie di conferenze sull'importanza di questi manoscritti per il dialogo interreligioso. Oltre ai 17 frammenti di pergamena, l'esposizione permette di ammirare 200 artefatti rinvenuti insieme ai manoscritti del Mar Morto. A marzo scorso, l'Autorità palestinese ha protestato per l'invio dei rotoli in Canada, sostenendo che erano stati trasportati via, senza autorizzazione, dal loro territorio dopo il 1967. (A.D.G.)
(Radio Vaticana, 27 luglio 2009)
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Israele: Più di 300.000 coloni israeliani in Cisgiordania
Rapporto dei militari dello Stato ebraico: +2,3% da gennaio
GERUSALEMME, 27 lug. - Più di 300.000 coloni israeliani vivono attualmente nella Cisgiordania occupata, secondo una relazione ufficiale citata oggi dal quotidiano Haaretz. Il numero dei coloni installati in Cisgiordania ha superato questa soglia ed ha toccato quota 304.569 al 30 giugno scorso, secondo questa relazione elaborata dai vertici militari israeliani nella regione. Il tasso di crescita demografica dei coloni ha raggiunto il 2,3% dal mese di gennaio, indica ancora il documento. Questo testo è stato pubblicato proprio mentre gli Stati Uniti esigono un congelamento totale della politica coloniale israeliana in Cisgiordania nel quadro dei loro sforzi per la creazione di uno Stato palestinese e per il raggiungimento di una pace globale in Medio Oriente. (fonte Afp)
(Apcom, 27 luglio 2009)
COMMENTO - ... gli Stati Uniti esigono un congelamento totale della politica coloniale israeliana in Cisgiordania ... per il raggiungimento di una pace globale in Medio Oriente. Come già osservato (Notizie su Israele 468), per gli americani di Barack Hussein Obama, i coloni israeliani sono la causa dei guai di tutto il mondo.
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Fra i coloni degli avamposti, siamo qui per restare
di Alessandro Logroscino e Aldo Baquis
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Bruchin |
BRUCHIN (Cisgiordania) - "Vedete là in fondo? Sono i grattacieli Azrieli di Tel Aviv. A destra, le ciminiere di Hadera. A sinistra, il porto di Ashdod". Nelle giornate terse dal campo da giochi dell'avamposto di Bruchin (Cisgiordania) si tiene in palmo di mano metà della costa israeliana. "Siamo la linea di difesa di Tel Aviv", spiega all'ANSA Tamir Ben-Shlomi, responsabile di questo pugno di case color giallo pastello appollaiate su un'altura non lontana da Nablus, spingendo lo sguardo a qualche decina di chilometri di distanza senza far troppo caso alle torri di guardia dell'esercito e ai minareti dei villaggi palestinesi che si frappongono a pochi metri in linea d'aria. Padre di sei figli, ha scelto di vivere quassù in nome della "qualità di vita", dice.
Ma non solo per questo. E' convinto di far parte di un'avanguardia di pionieri destinata a rappresentare il futuro d'Israele in questa terra (che i coloni ebrei chiamano con i nomi biblici di Giudea e Samaria, sdegnando come posticci i riferimenti alla "cosiddetta Cisgiordania"). E non crede che il governo di Gerusalemme - malgrado le pressioni degli Usa di Barack Obama o gli ammiccamenti della politica - vorrà davvero sgomberare o congelare granché, dopo anni di sovvenzioni, strizzate d'occhio, concessioni edilizie almeno parziali. Non fosse per i reticolati e il soldato che presidia l'ingresso mitra alla mano, l'ambiente apparirebbe sereno, addirittura bucolico. Le famiglie che vi abitano sono, come quella di Tamir, perlopiù giovani e d'idee nazional-religiose: 50 coppie ottimiste che vantano già 200 fra neonati e bambini in età da asilo. Tra i residenti anche "alcuni ufficiali dell'esercito e dei servizi", con mogli e figli. Ma com'è, esattamente, che da questa brullo picco della Samaria, arso dal sole e percosso dal vento, si difende Tel Aviv? "Se qua non ci fossimo noi, ci sarebbero gli arabi", fa eco con voce pacata una delle ultime arrivate, Efrat Hollander, 28 anni, insegnante scolastica di studi biblici e "colona a tempo pieno" da appena 12 mesi.
"Agli arabi bisogna garantire tutti i diritti. Ma controllo militare e sovranità - precisa - devono restare nelle nostre mani". Se qualcuno poi le chiede dove immagini un confine fra Israele e il futuro stato palestinese cui di recente ha accennato pure il premier Benyamin Netanyahu (Likud), la risposta è sorridente, ma secca: "Fino al Giordano non serve alcun confine". Una parola d'ordine che vale per tutti i coloni (saliti oltre quota 300.000 nella sola Cisgiordania, secondo gli ultimi dati) e che anima oggi stesso a Gerusalemme la manifestazione indetta per chiedere a Netanyahu di "non mollare" nemmeno d'un palmo di fronte alle sollecitazioni degli emissari del poco amato Obama. L'avamposto di Bruchin sorge a una mezz'ora da Tel Aviv, grazie a una comoda autostrada riservata. Trentacinque chilometri a ovest c'é il Mediterraneo, 45 a est il fiume Giordano.
Tagliando verso sud le colonie punteggiano il percorso anche sulla direttrice che conduce a Gerusalemme, passando a un tiro di schioppo da Ramallah, capitale provvisoria dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) del presidente Abu Mazen. Ma qui il panorama cambia. L'autostrada cede il passo alla statale 60, monopolizzata dalle targhe verdi dell'Anp. La vetture dei coloni diventano l'eccezione e sfrecciano a tutta birra - fra campi, gole e lapidi - per arrivare a destinazione nel minor tempo possibile. L'autista che accompagna i cronisti fa in tempo a dire di sentirsi "sicuro in Samaria come a Tel Aviv" prima che una sassata centri la portiera della macchina in corsa. Nei giorni scorsi la stampa ha anticipato che il governo, pressato dalla comunità internazionale, progetta di sgomberare 23 avamposti illegali anche in quest'area.
"A noi la cosa non tocca", taglia però corto Ben-Shlomi, accettando per la sua Bruchin tutt'al più lo status di 'avamposto non totalmente autorizzato'. Che - puntualizza - "non significa affatto illegale". La prova? Undici anni di vita indisturbata e un bel cartello indicante il ministero dell'Edilizia fra i committenti di un nuovo lotto di bifamiliari ormai a buon punto. Un giorno, Ben-Shlomi non ha dubbi, Bruchin diverrà frazione della città-insediamento di Ariel, distante 10 chilometri. "Il governo ci vuole qua", assicura. La presenza della casamatta e del militare di guardia al cancello non pare smentirlo.
(ANSA, 27 luglio 2009)
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Hillary Clinton, "proteggeremo Israele e Teheran non avrà mai armi nucleari"
Il segretario di stato americano Hillary Clinton ha dichiarato che all'Iran non sarà consentito di possedere armi nucleari ed ha ribadito l'impegno di Washington di proteggere Israele da qualsiasi minaccia possa provenire dal regime di Teheran, a quanto riferisce la Reuters.
In una intervista alla rete televisiva NBC la Clinton ha dichiarato che gli Stati Uniti "faranno di tutto" per impedire all'Iran di costruire bombe nucleari, e, rivolta a Teheran ha detto: "I vostri tentativi sono inutili", perché l'Iran non ha diritto di costruire ordigni atomici.
Richiesta di precisare se stesse accennando alla possibilità di dotare Israele di un "ombrello nucleare" per garantire la sua sicurezza, la Clinton ha risposto: "Non è questo il momento di entrare nei particolari, semmai lo faremo al momento opportuno". Ed ha aggiunto: "La nostra amicizia con Israele è di lunga durata e salda, e crediamo fermamente che la sua sicurezza debba essere protetta".
Svariati funzionari dell'amministrazione di Barack Obama si recheranno in Israele questa settimana, inclusi il ministro della Difesa Robert Gates e il capo della Sicurezza Nazionale James Jones, allo scopo di rassicurare Israele sull'impegno degli Stati Uniti per la sua difesa. L'amministrazione Obama è preoccupata che Israele possa lanciare un attacco preventivo contro l'Iran per distruggere le sue installazioni nucleari se non vi sarà un accordo globale per por fine al programma nucleare di Teheran.
(Blitz quotidiano, 27 luglio 2009)
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Gaza, stretta sui costumi: avvocatesse costrette ad indossare il velo
Secondo il giornale Al-Quds al-Arabi il governo di Hamas starebbe lavorando ad una islamizzazione dei costumi
Scrive il giornale arabo stampato a Londra, Al-Quds al-Arabi, che il governo di Gaza ha approvato una serie di leggi a guardia della morale musulmana.
L'autorità giudiziaria ha decretato che, alla ripresa dei lavori dopo le vacanze, tutte le avvocatesse dovranno indossare l'hijab, il velo che copre la testa e il collo, e "abiti modesti". La decisione è già stata condannata dall'associazione degli avvocati indipendenti e dal Palestinian Centre for Human Rights che ha definito il provvedimento "una discriminazione contro le donne e un attacco alla libertà personale". Il giudice della Corte suprema ha imposto particolari divise anche per gli avvocati uomini, che dovranno vestire di scuro.
Secondo quanto riportato da Al-Quds al-Arabi, alcuni rappresentanti del ministero degli Interni, della Religione, dell'Ufficio militare e della polizia si sarebbero incontrati per stilare "lista di principi morali" che plausibilmente verranno fatti passare un poco alla volta. Sheikh Yusef Farhat, un alto funzionario del ministero della Religione, ha dichiarato al giornale londinese che la lista include principi volti a difendere la morale della società, come "guidare impropriamente accanto ad una donna", organizzare di eventi di massa che permettono "il contatto fra uomini e donne" e impiegare manichini nei negozi che "inducono a sguardi lussuriosi". Questi nuovi provvedimenti seguirebbero una tendenza già denunciata dagli abitanti di Gaza che riferiscono di numerose pattuglie per la moralità in giro per le strade a controllare l'abbigliamento delle donne e a ispezionare le macchine isolate in cerca di giovani coppie appartate.
(PeaceReporter, 27 luglio 2009)
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Espulsione Israele, Non in mio nome
Un appello duro e molto critico nei confronti della Federazione internazionale dei giornalisti, firmato da 1500 tra cronisti e lettori. "Non in mio nome", così la categoria ha risposto alla decisione dell'Ifj di espellere la delegazione israeliana per una questione di irregolarità nel pagamento delle quote di partecipazione. La lettera-appello è stata inviata ai vertici della Federazione nazionale della stampa italiana, Roberto Natale e Franco Siddi. Nel documento i firmatari richiedono alcuni chiarimenti al sindacato. In primo luogo si chiede se il voto del rappresentante italiano, Paolo Serventi Longhi, fosse stato concordato con la segreteria e/o con la giunta della Fnsi; in secondo luogo se, dopo la polemica vicenda delle quote anche la Fnsi è d'accordo, con Serventi Longhi, che l'unica soluzione fosse quella burocratica, invece che avviare finalmente un chiarimento politico al vertice della Fig. Poi l'attenzione dell'appello si sposta sulla necessità di far parte di questo organismo definito "non democratico" che costa alla Fnsi, e quindi a tutti gli iscritti, circa 100 mila euro l'anno. Infine si polemizza sull'azione della Fig e dei suoi vertici che non si sono mai occupati degli omicidi di colleghi in Iran, in Cecenia, e in altre parti del mondo. La lettera si conclude con la richiesta dei firmatari di una presa di da una decisione descritta come "vergognosa e inaccettabile dalla società civile". Ai tanti quesiti posti dall'appello ha risposto il presidente della Fnsi, Roberto Natale. La decisione della Ifj può, comprensibilmente, essere suonata come discriminatoria a chi poco conosce della vita degli organismi del sindacato internazionale - ha detto Natale dalle pagine del sito del sindacato - Allora vorrei cogliere l'occasione del vostro appello per aggiungere qualche elemento: nella speranza di dare ai problemi la loro dimensione reale, evitando di vedere il fantasma orribile dell'antisemitismo nell'azione di un sindacato internazionale che non merita davvero di essere sporcato da questi sospetti. Proprio per far chiarezza, vi dico che le vostre domande sull'azione della Federazione Internazionale a difesa dei giornalisti in Iran, in Cecenia e in altre parti del mondo tradiscono una disinformazione che poco si concilia con il mestiere di giornalista. Basta una visita - anche fugace - al sito della Federazione Internazionale per rendersi conto che la denuncia di questi crimini è la sua missione principale". Sulla vicenda dell'esclusione del sindacato israeliano, Natale risponde che, "la posizione della Ifj può essere certo contestata, ma merita almeno di essere conosciuta nella sua completezza. In anni recenti, provvedimenti di espulsione per il mancato pagamento delle quote hanno riguardato i sindacati di Cile, Macedonia, Moldavia, Serbia, Corea, Kenya e Thailandia. L'uscita di Israele, naturalmente, non può essere ridotta a burocratica lettura dei libri contabili. Consapevole della rilevanza della questione, la Ifj ha mandato due missioni nel paese negli ultimi tre anni, ha invitato il sindacato dei giornalisti israeliani a unirsi alla sezione europea della Federazione Internazionale, si è offerta di trovare sostegni per la conferenza dei colleghi israeliani alla fine di quest'anno, e i sindacati tedesco e inglese hanno proposto di cooperare". In conclusione della sua risposta Natale assicura che la Fnsi sta agendo affinché il provvedimento di espulsione possa essere superato. Segnali di distensione sulla spinosa questione sono arrivati anche da Farnco Siddi che ha risposto all'appello da Trieste dove ha incontrato i giovani giornalisti della redazione del portale dell'ebraismo italiano "Moked.it". Il segretario dell' Fnasi ha aperto le porte ai giornalisti israeliani per il rientro nella Federazione internazionale dei giornalisti e ha reso noto di aver invitato a un incontro il segretario generale del sindacato dei giornalisti israeliani Nfij "per fare davvero ogni attività affinché - ha detto - venga meno ogni incomprensione con l'Ifj e vengano alleggerite e superate le tensioni sorte in queste settimane".
(Informa, 27 luglio 2009)
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Lora del nucleare sta scoccando. Svegliate Obama! Hitler è tornato
Adolf Hitler per prima cosa eliminò tutti gli oppositori interni, poi gli alleati politici più scomodi (S.A.), quindi pensò di annientare gli ebrei e, nel contempo, conquistare il mondo.
Il dittatore iraniano Mahmoud Ahmadinejad sta percorrendo lo stesso identico schema. Dopo la repressione violenta del dissenso interno, ha silurato i ministri del suo governo meno allineati. Non nasconde che il suo obiettivo messianico sia la distruzione di Israele sapendo che si tratta soltanto della prima tappa per la conquista del mondo (il secondo obiettivo sarà lArabia Saudita).
Sul versante opposto sconcerta la politica estera del Presidente Usa Obama che, non contento dei continui fallimenti conseguiti (Corea del Nord innanzitutto), dimostra di perseverare nellerrore non comprendendo nulla di quanto sta accadendo.
Qualcuno spieghi a Obama questa semplice equazione: in Iran operano 7.000 centrifughe per larricchimento delluranio al 3%. Cosa intende fare di questo uranio un paese che non dispone di nessuna centrale energetica atomica?
Peggio. Il segretario di Stato Clinton ha dichiarato che gli Stati Uniti sono pronti a rafforzare le difese dei loro alleati regionali nei confronti dellIran e di una eventuale minaccia nucleare, naturalmente lasciando la porta del dialogo aperta.
In sostanza, la Clinton dicendo che gli Usa intendono rafforzare la difesa dei suoi partner nella regione dichiara di accettare ed arrendersi al fatto che lIran possa dotarsi di armi nucleari e, per fronteggiare il pericolo, costruirà un ombrello come nellest Europa.
Obama, purtroppo, sembra non aver studiato molto la storia (i più acerrimi antagonisti conservatori sospettano cose molto più cattive) che, per questo, appunto, sembra ripetersi.
(Abruzzo Liberale, 27 luglio 2009)
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Gran Bretagna: antisemitismo in crescita, il picco per Gaza
In Gran Bretagna, tra gennaio e giugno 2009, gli incidenti dettati dallantisemitismo si sono intensificati in un modo senza precedenti. Lo dimostrano i dati pubblicati ieri dalla Community Security Trust (CST), lorganismo britannico che si occupa del monitoraggio dellantisemitismo e della sicurezza della comunità ebraica nel Regno Unito.
Nel primo semestre di questanno sono stati registrati 609 incidenti antisemiti per odio contro gli ebrei espresso tramite prevaricazioni come attacchi verbali o fisici contro gli ebrei inglesi e le loro proprietà, contro le sinagoghe, minacce dirette, e-mail cariche dodio, graffiti razzisti, ecc. Questo nuovo dato numerico supera quella dellanno scorso intero e risulta senza precedenti, dato che il massimo si era toccato nel 2006, con 598 incidenti da odio antisemita, a partire dal 1984, data di inizio dei lavori di controllo a carico della Community Security Trust .
Limpennata di queste cifre riguarda però soprattutto i due mesi di gennaio - febbraio 2009, quindi è collegata al periodo durante il quale era in corso, e poi si è conclusa, la guerra tra Israele e Hamas a Gaza. Infatti, le tre settimane degli accadimenti che riguardano i primi bombardamenti israeliani iniziati sulla Striscia di Gaza il 27 dicembre 2008, lattacco di terra a partire dal 6 gennaio fino al cessate il fuoco il 17 gennaio 2009, hanno prodotto una reazione antisemita che ha superato di gran lunga qualsiasi altro evento possa essere mai successo in Medio Oriente. Israele, in quelloccasione, ha lanciato una massiccia offensiva contro Gaza della durata di ventidue giorni durante i quali hanno perso la vita più di 1.300 palestinesi e 13 israeliani. Londata di antisemitismo diffuso è ritornata ai livelli pre-Gaza soltanto ad aprile, circa tre mesi dopo che i combattimenti si erano conclusi.
In risposta alla nuova relazione, il Ministro degli Esteri britannico Ivan Lewis, ha dichiarato: Sono profondamente preoccupato per laumento del numero di incidenti antisemiti
Il governo britannico è fermamente impegnato a combattere e ridurre tutte le forme di razzismo compreso lanti-semitismo. Non possiamo tollerare coloro che cercano di utilizzare i conflitti esteri per giustificare razzismo e atti criminali nei confronti di qualsiasi cittadino del Regno Unito
la comunità ebraica
deve essere in grado di vivere libera dalla paura dellattacco verbale o fisic.
Il mese scorso, dalla Gran Bretagna il Rabbino Capo Sir Jonathan Sacks ha avvertito di una nuova emergenza: levoluzione dellantisemitismo - da odio verso il giudaismo come religione a quello contro gli ebrei come nazione - è un fenomeno culturale in via di diffusione e di pericolosa intensificazione a livello globale tramite Internet.
(Periodico Italiano, 27 luglio 2009)
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Shas attacca gli Usa: non siamo una loro enclave
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Ovadia Yosef |
Un nuovo progetto di insediamenti ebraici a Gerusalemme est, ha causato tensione tra Israele e gli Stati Uniti, che come il resto della comunità internazionale, hanno chiesto di fermare la politica coloniale nei territori occupati.
GERUSALEMME - Il capo spirituale del Partito governativo ultra-ortodosso Shas, il rabbino Ovadia Yosef, ha rivolto dure accuse all'amministrazione americana che ha chiesto l'immediato congelamento delle colonie israeliane. "Di quale diritto parlano: non siamo una loro enclave", ha detto l'ex grande rabbino sefardita d'Israele nel suo sermone settimanale.
Un nuovo progetto di insediamenti ebraici a Gerusalemme est, ha causato tensione tra Israele e gli Stati Uniti, che come il resto della comunita' internazionale, hanno chiesto di fermare la politica coloniale nei territori occupati. "Noi non accettiamo che ebrei non abbiano il diritto di vivere e costruire ovunque a Gerusalemme est", ha affermato domenica scorsa il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu.
(RaiNews24, 26 luglio 2009)
Jewish Response to the Obama Cairo Speech
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200 milioni dagli Usa all'Anp
È il primo acconto di un contributo di 900 milioni
WASHINGTON - La segretaria di Stato americana, Hillary Clinton, ha reso noto oggi che gli Stati Uniti hanno sbloccato 200 milioni di dollari a favore dell'Autorità nazionale palestinese (Anp), come si erano impegnati a fare nel marzo scorso.
"Sono felice di annunciare che gli Stati Uniti hanno trasferito duecento milioni di dollari sotto forma di aiuto diretto all'Autorità palestinese", ha detto Hillary Clinton. "Questo trasferimento rappresenta una parte degli aiuti che ho annunciato a marzo a Sharm el Sheikh", in Egitto, dove si tenne una conferenza di donatori per concordare aiuti per Gaza.
In quell'occasione il segretario di Stato Usa aveva reso noto di aver concordato un contributo totale di 900 milioni di dollari per i palestinesi, di cui 300 milioni destinati alla striscia di Gaza, il resto per l'Autorità palestinese.
(Corriere del Ticino, 25 luglio 2009)
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Hamas mette le mani sui fondi Onu e li usa per ricattare i palestinesi
di Fausto Biloslavo
Europa e America finanziano la ricostruzione della Striscia di Gaza Ma gli aiuti finiscono ai fondamentalisti. Che così si comprano il consenso. In ballo centinaia di milioni di dollari
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Fausto Biloslavo |
Hamas ha messo le mani sui soldi della ricostruzione per la disastrata Striscia di Gaza. Miliardi che arrivano da tutto il mondo, compresi gli Stati Uniti, l'Unione europea e l'Italia. Il filtro dovrebbero essere l'Autorità nazionale palestinese del presidente Abu Mazen e le agenzie delle Nazioni Unite, ma non bastano a fermare Hamas. Il ministero della Difesa israeliano ha preparato un dettagliato rapporto che denuncia il controllo degli estremisti islamici sui fondi per la ricostruzione. Il rapporto è segreto, ma è stato inviato ai governi occidentali. Cartelli di società e categorie professionali, coinvolte nella ricostruzione, rispondono ad Hamas. I suoi rappresentanti sono riusciti a mettere in piedi comitati congiunti con le agenzie dell'Onu a Gaza, che si occupano degli aiuti.
Secondo il Jerusalem post l'intelligence israeliana ha rivelato che «il 12 luglio si è tenuto un incontro fra l'Unrwa, (l'agenzia delle Nazioni Unite per il popolo palestinese), l'Undp (un'altra costola dell'Onu) e funzionari di Hamas che rappresentano i sindacati degli ingegneri e delle società a contratto nella striscia di Gaza». L'obiettivo è stabilire un meccanismo che gestisca i miliardi di dollari che stanno arrivando dopo la pesante offensiva israeliana dello scorso dicembre e gennaio. Si tratta di cifre enormi.
Alla conferenza internazionale di Sharm el Sheikh i palestinesi avevano chiesto quasi tre miliardi di dollari. Di questi almeno 1,33 miliardi serviranno per ricostruire la Striscia di Gaza. I Paesi arabi hanno promesso 1,65 miliardi di dollari. Gli Stati Uniti 900 milioni, dei quali 300 per Gaza. L'Unione europea si è impegnata per 436 milioni di euro, che serviranno anche per la riforma dell'Autorità nazionale palestinese. L'Italia ha fatto pure la sua parte. Il fiume di denaro arriva nelle casse del governo palestinese in Cisgiordania del primo ministro Salaam Fayad. La parte per Gaza viene trasferita all'Undp, l'agenzia delle Nazioni Unite che supervisiona la ricostruzione.
Gli israeliani denunciano che «Hamas ha preso il controllo di questi soldi». Il sistema è semplice: lavorano alla ricostruzione le società e i tecnici vicini ad Hamas. Il sistema dei "comitati congiunti" con i rappresentanti delle Nazioni Unite, mascherati come una normale forma di collaborazione, serve ad Hamas per controllare l'utilizzo del denaro e degli aiuti. Chi cerca di opporsi o protestare viene minacciato. Hamas ha addirittura pubblicato su un quotidiano palestinese il seguente monito: «Chiunque non rispetti gli ordini sarà obbligato a lasciare Gaza». Chris Gunnes, portavoce dell'agenzia dell'Onu per i palestinesi, ha risposto a muso duro sostenendo che «l'Unrwa distribuisce gli aiuti in base alle necessità e null'altro». Una fonte della Difesa israeliana ribatte con il Jerusalem Post che «non ci risulta esista un effettivo meccanismo per aggirare Hamas e far arrivare i soldi direttamente alla popolazione palestinese». Con il fiume di denaro degli arabi e dell'Occidente gli estremisti islamici si comprano il consenso perduto dopo il devastante attacco israeliano. Anche le organizzazioni umanitarie non in linea e fedeli a Fatah, il movimento del presidente Abbas, subiscono ritorsioni e ricatti. «Vogliono imporci i loro uomini per controllare la distribuzione degli aiuti» aveva raccontato dopo la guerra uno dei responsabili di una Ong palestinese a Gaza. «Conosco decine di famiglie che hanno subito l'aggressione israeliana, ma sono discriminate negli aiuti perché non appoggiano Hamas».
(il Giornale, 25 luglio 2009)
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Hamas cambia tattica: basta razzi, ora combatte a colpi di penna
Conquistare i cuori e le menti: sembra questa la nuova strategia di Hamas. A giugno ha lanciato solo due Qassam contro Israele, quasi un record dal 2002.
La svolta è stata confermata al New York Times da Ayman Taha, un leader dell'organizzazione islamica radicale. "La resistenza armata è ancora importante e legittima", spiega, ma abbiamo deciso di mettere maggiore enfasi sulla resistenza culturale. La situazione attuale richiede uno stop ai razzi".
La resistenza culturale consiste in spettacoli teatrali, cinema, mostre , libri, serie televisive che parlano della situazione dei palestinesi a Gaza.
Certo, non sono opere politically correct nella loro rappresentazione di Israele e dei "martiri" palestinesi, ma rispondono alla stanchezza dalla popolazione civile. Esausta per l'assedio israeliano ma anche per la continua chiamata alle armi da parte di Hama
(Internazionale, 25 luglio 2009)
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Ora Netanyahu vuol mostrare agli Usa che è capace di mordere
di R.A. Segre
A Gerusalemme assieme al clima estivo si riscalda quello politico, con Netanyahu apparentemente deciso a allargare il conflitto sia con Washington che con i membri insicuri della sua coalizione.
A torto o a ragione è convinto che Washington voglia sostituirlo con il capo dell'opposizione, la Livni, considerata più malleabile nei confronti dei palestinesi. Deciso a prevenire l'alleato, ma anche convinto del buon diritto di Israele, respinge la richiesta americana (e francese) di arrestare le costruzioni negli insediamenti ebraici e soprattutto nella zona araba della città su terreno privato ebraico. E sembra aver ottenuto un successo data la dichiarazione del portavoce di Washington, che ha smentito le voci di sanzioni economiche contro Israele su questa questione.
Netanyahu è mosso dalla convinzione che la politica di negoziazione a tutto campo coi nemici di Israele è fallita con l'Iran, la Russia, la Corea del Nord non meno di quella militare in Afghanistan. Mosca bloccherà nuove sanzioni contro l'Iran, per cui l'opzione militare israeliana ridiventa attuale. L'America non può indebolire l'unico alleato capace di agire contro la nuclearizzazione persiana, più pericolosa per gli arabi che per Israele stesso.
Ma il premier israeliano sembra propenso a provocare una crisi interna. Anzitutto per mettere fine all'insubordinazione dei membri socialisti della coalizione. Li ha avvertiti che se la settima prossima voteranno contro il progetto governativo di privatizzare le proprietà terriere del Fondo Nazionale ebraico (per costituzione sono considerate possesso inalienabile del popolo ebraico) nei pressi delle città in cambio di terre governative nel Negeve e in Galilea (dove il governo vuole impedire l'occupazione illegale da parte dei beduini), privatizzazione che divide i partiti, li espellerà dal governo. Questo porterebbe a nuove elezioni e - come ha dimostrato il governo dimissionario Olmert - manterrebbe Netanyahu al governo per mesi con pieni poteri, senza timore di essere messo in minoranza al Parlamento, sino alla formazione di un nuovo esecutivo.
Ma c'è di più. Solo il 6% dell'elettorato israeliano crede che Obama sia amico di Israele. La maggioranza è convinta che, sotto l'influenza dei suoi consiglieri sinistroidi, di origine ebraica e israeliana (come il capo di Stato Maggiore della Casa Bianca), Obama ha cercato di "comprare" il sostegno islamico con pressioni su Israele. Una vecchia tesi della diplomazia inglese che Israele ha combattuto con successo. Netanyahu crede di poterlo fare con un Paese unito contro la politica di Obama a favore dei palestinesi, disponendo di una forza militare di cui l'America ha bisogno, di un largo sostegno al Congresso e al Senato di Washington, preoccupato del "socialismo" del presidente. C'è anche un'altra ragione per la sua fiducia. Israele ha finalmente scoperto riserve energetiche nel suo mare. Ieri la compagnia elettrica israeliana ha firmato un contratto di un miliardo di dollari per forniture di gas, battendo l'offerta egiziana. Nel 2011 il 46% dei bisogni energetici israeliani saranno coperti da forniture nazionali o indipendenti da Paesi ostili. Il risparmio per l'importazione di greggio e le nuove disponibilità di denaro danno a Netanyahu la speranza di portare il Paese fuori dalla crisi e farsi rieleggere. Se Obama ha voluto dimostrare che Israele non è più la «coda che fa muovere il cane americano», lui vuole sfatare questa teoria antisemita e mostrare all'America e ai suoi vicini che il «cane» israeliano è capace di mordere.
(il Giornale, 25 luglio 2009)
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Nel mondo cresce l'«obamamania». In calo in Israele
WASHINGTON - Se la riforma sanitaria ha portato per la prima volta il gradimento di Barack Obama a scendere negli Stati Uniti sotto la soglia del 50%, nel resto del mondo l'immagine dell'America è tornata a risplendere proprio grazie al suo presidente.
Lo ha riscontrato l'ultimo sondaggio dell'istituto di ricerca Pew, condotto in 25 Paesi.
EUROPA - In base all'ultimo sondaggio dell'istituto di ricerca Pew, condotto in 25 Paesi del mondo (ma non in Italia), gli Stati Uniti di Barack Obama godono di un giudizio particolarmente favorevole in Francia, dove il gradimento per la l'immagine Usa è salito al 75% contro il 42% di un anno fa, in Gran Bretagna (dove è cresciuto dal 53% al 69%), Germania (dal 31% al 64%), Spagna (dal 33% al 58%).
MEDIO ORIENTE - In crescita il gradimento per gli Usa anche in Medio Oriente, ad eccezione di Israele.
ASIA - Tra i Paesi asiatici solo in Pakistan, dove peraltro la fiducia era già bassissima, la ricerca ha registrato un ulteriore calo.
AFRICA - Vi è un solo Paese al mondo in cui si registra un gradimento ancora superiore: il Kenya, con il 90%.
(Il Tempo, 25 luglio 2009)
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Germania: ebrei denunciano Amazon
Nel suo catalogo libri neonazisti che negano il genocidio
BERLINO, 24 lug - La filiale tedesca dell'American jewish committee (Ajc) ha sporto denuncia contro il sito di vendite di libri via internet Amazon. L'Ajc sostiene che la filiale tedesca della societa' di commercio elettronico Usa (amazon.de) offre libri di estrema destra in cui si aizza l'odio contro gli ebrei, si minimizza il nazionalsocialismo e si nega l'olocausto. Attraverso una ricerca a campione condotta all'inizio di luglio, si aggiunge, sono stati trovati nel catalogo circa 50 di questi testi.
(ANSA, 24 luglio 2009)
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I vertici del partito ortodosso ebreo Shas in ansia per l'inchiesta sui rabbini Usa
Ieri nel New Jersey l'Fbi ha effettuato decine di arresti per corruzione, riciclaggio e perfino traffico di organi fra i rabbini.
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L'arresto del rabbino Saul Kassin |
I dirigenti del partito ortodosso Shas, una delle formazioni più influenti nella politica israeliana, seguono col fiato sospeso gli sviluppi della inchiesta lanciata dalla Fbi negli ambienti rabbinici del New Jersey, culminata ieri con decine di arresti. Malgrado l'imminenza del riposo sabbatico, la stampa locale ha dato ampio spazio alla vicenda. Nei siti web degli ebrei ortodossi c'è un'atmosfera di viva preoccupazione in quanto fra gli arrestati figurano persone molto note negli ambienti ortodossi, alcune delle quali hanno interessi in Israele. Il timore principale nel partito Shas è che la vicenda rischia di avere ripercussioni drammatiche sui finanziamenti delle istituzioni religiose sefardite (orientali) in Israele, tradizionalmente sostenute negli anni dalle comunità ebraiche di origine siriana, particolarmente attive a New York, Panama, Messico, Argentina e Brasile.
GLI ARRESTI ECCELLENTI. Fra quanti sono stati arrestati ieri dall'Fbi figurano tre persone chiave di quelle comunità: il 90enne rabbino Shaul Katzin (sospettato di riciclaggio, anche se in Israele si afferma che da tempo ha abbandonato ogni attività); il finanziare Edmund Nahum, noto anche come 'Nahum il Saggiò, e il rabbino Eliahu Ben Haim. Questi è indicato in Israele come uno stretto amico del rabbino Yaakov Yossef, figlio del fondatore di Shas Ovadia Yossef. La stampa locale precisa che il rabbino Yaakov Yossef è rientrato ieri dagli Stati Uniti: ma la data del volo, è stato precisato, era stata fissata per tempo e non è collegata alla ondata di arresti. Nei commenti della stampa ortodossa si afferma che per motivi di prestigio l'FBI ha gonfiato ad arte una operazione molto vistosa "unendo artificialmente tre inchieste che non sono collegate fra di loro": ossia il riciclaggio di fondi, il traffico di organi (che vede come protagonista il rabbino Levy Itzhak Ronsenbaum) e la corruzione di elementi politici statunitensi. Fra gli arrestati figurano anche membri di sette ebraiche ortodosse ashkenazite (di origine mitteleuropea), come i Belz e i Satmar. Ad accrescere la preoccupazione degli ambienti ortodossi in Israele vi è la minaccia che a quanti fossero trovati colpevoli siano comminate pene detentive fino a un massimo di 20 anni.
(L'Unione Sarda, 24 luglio 2009)
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Libano, Usa accusano Hezbollah di possesso illegale di armi
di Louis Charbonneau
NAZIONI UNITE - Gli Stati Uniti si sono uniti a Israele nell'accusa ai guerriglieri di Hezbollah di aver violato l'embargo dell'Onu sulle armi nel sud del Libano e di aver minato così gli sforzi delle forze di pace delle Nazioni Unite nella zona.
Alejandro Wolff, viceambasciatore Usa all'Onu, ha riferito che il capo delle forze di pace Alain Le Roy ha comunicato al Consiglio di Sicurezza di un'esplosione sospetta nel sud del Libano, la scorsa settimana, probabilmente proveniente da un deposito di armi che gli Usa ritengono appartenere a Hezbollah.
Wolff, dopo l'incontro con Le Roy, ha dichiarato che la riserva clandestina di armi a sud del fiume Litani rappresenta "una chiara violazione della risoluzione 1701 e che tutte le indicazioni portano a pensare che queste armi siano in possesso di Hezbollah".
La risoluzione 1701 dell'Onu, che ha posto fine a 34 giorni di guerra, nel 2006, tra Israele e proprio il movimento libanese Hezbollah, sostenuto da Iran e Siria, vieta il possesso di qualsiasi tipo di arma non autorizzata tra il fiume Litani e la Linea Blu, il confine virtuale tra Libano e Israele controllato dalle forze Onu.
Un portavoce dell'Unifil ha detto, la scorsa settimana, che le forze di pace sono state attaccate, con lancio di pietre, da un centinaio di persone nel villaggio di Khirbet Selim, proprio mentre stavano tentando di controllare la zona da cui era provenuta l'esplosione sospetta.
L'ambasciatore di Israele all'Onu, Gabriela Shalev, ha scritto, in una lettera al Consiglio di Sicurezza, che l'esplosione è stata causata chiaramente da un deposito di armi appartenente a Hezbollah.
Dopo aver lasciato il meeting del Consiglio di Sicurezza, Le Roy ha confermato ai giornalisti il sospetto che l'esplosione possa essere riconducibile a un deposito di armi, sorto sulle ceneri di un vecchio deposito.
"Ci sono comunque delle indagini in corso", ha detto Le Roy.
(Reuters, 24 luglio 2009)
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Andria partecipa al Festival Cultura Ebraica in Puglia
L'iniziativa toccherà alcune loclaità pugliesi e si svolgerà dal 6 al 10 settembre prossimi.
Anche Andria parteciperà al Festival Cultura Ebraica in Puglia previsto dal 6 al 10 settembre 2009
Dal 6 al 10 settembre prossimi in alcune città della Puglia sarà un susseguirsi di proposte culturali, momenti di approfondimento, musica, spettacoli, mostre sullo sfondo di alcune delle più belle città e località della Puglia.
Le città partecipanti sono Andria, Bari, Lecce, Oria, Otranto, Sannicandro Garganico e Trani, città, quest'ultima, indicata quest'anno come "Città italiana capofila" della Giornata Europea della Cultura Ebraica.
In particolare Andria ospiterà lunedì 7 settembre, alle ore 18.30, presso la SPA-Società per l'Arte l'iniziativa dal titolo "LA VITA: UN VALORE ASSOLUTO? BIOETICA E CULTURA EBRAICA", cui interverranno Gianfranco Di Segni, Rabbino di Roma, Lorenzo D'Avack,Vice Presidente Comitato Nazionale per la Bioetica, Piergiorgio Donatelli dell' Università La Sapienza. Conduce il dibattito Guido Vitale dell' Ucei.
Per maggiori informazioni: http://www.festivaldellaculturaebraicainpuglia.it
(AndriaLive.it, 24 luglio 2009)
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"Noi, discriminati perché israeliani". Parlano i giornalisti espulsi dall'Ifj
di Daniela Gross
Molti silenzi, qualche impegno disatteso, un'ostilità spesso mascherata da indifferenza. A leggerlo con gli occhi dei giornalisti israeliani il colpo di scena è maturato tra numerosi e inequivocabili segnali. Tanto che l'espulsione l'11 luglio dall'Ifj, la Federazione internazionale dei giornalisti, non sembra affatto averli colti di sorpresa. Ma da qui a parlare di rassegnazione ce ne corre. Perché i rappresentanti della stampa israeliana sono ben decisi a dare battaglia per riconquistare un ruolo sovranazionale. Anche a costo di scompigliare gli equilibri esistenti.
A raccontare in presa diretta i sentimenti e le emozioni contrastanti di questa vicenda che tanto interesse ha suscitato anche in Italia è il gruppo di giornalisti israeliani che a Roma hanno preso parte a un incontro con il presidente dell'Ordine nazionale Lorenzo Del Boca dedicato proprio alla recente vicenda dell'Ifj questo tema. "I problemi della categoria sono gli stessi in Italia e a Tel Aviv - ha sottolineato Del Boca - è indispensabile uno sforzo comune per capirli, affrontarli, risolverli: senza ricorrere al boicottaggio". Da qui la decisione di fissare un momento di confronto a caldo, anche simbolico, senza attendere l'evolversi degli eventi.
I colleghi israeliani accolgono con gioia l'invito. "Da quando è nato lo Stato d'Israele - racconta Arik Bachar, segretario generale dell'Israel press council - abbiamo fatto l'abitudine a non avere troppi amici né appoggi particolari. Non siamo dunque rimasti troppo stupiti dalla decisione dell'Ifj. E' stata invece una sorpresa molto piacevole avere ricevuto quest'invito dall'Italia".
Al di là dei toni morbidi, la rabbia per quella che viene vissuta come una discriminazione è però forte. "La tessera da giornalista - sottolinea Bachar - è il nostro passaporto. Condividiamo lo stesso mestiere, la medesima etica professionale". Perché dunque, si chiede, questo provvedimento che va a colpire la nazionalità? L'Ifj ha motivato la sua decisione con il mancato pagamento delle quote, protratto per alcuni anni. "Ma su questo punto - ricorda Haim Shibi della Federazione dei giornalisti israeliani - era stato trovato un accordo, sia per il pregresso sia per il futuro".
Non è dunque una questione di quote come finora si è voluto lasciare intendere, ripetono i rappresentanti della stampa israeliana. Le ragioni dell'espulsione, lasciano intendere, vanno invece rintracciate in motivazioni di tipo politico. E con dovizia di particolari ricordano l'assenza di Israele dal board dell'organismo, la mancata partecipazione ad alcuni congressi, l'esclusione dalla commissione d'inchiesta su Gaza e un'indifferenza alle proposte israeliane così forte da indurli a prendere loro per primi le distanze da una federazione in cui era divenuto impossibile riconoscersi.
Non vi è però traccia di vittimismo in questo racconto corale. Gli spunti d'azione sono infatti molteplici. "Sono un israeliano nato in Marocco- dice Yosi Bar Moha, direttore generale della Tel Aviv Journalists Association- Anche per questo avverto da sempre una particolare sensibilità riguardo la realtà giornalistica dei paesi arabi. La volontà di collegarci alle loro associazioni è molto forte". "La nostra - continua Bar Moha - è l'unica stampa libera e democratica dell'area mediorientale. Per questo abbiamo chiesto all'Ifj di farci incontrare i rappresentanti della Giordania, della Siria, dell'Egitto e dell'Iran così da poter avviare un dialogo".
La richiesta pare sia stata finora ignorata. Ma i giornalisti israeliani rilanciano proprio da questa prospettiva. "La nostra volontà - dice Bachar - è quella di fare rientro nell'Ifj purché ci venga riconosciuto un ruolo". Ma se ciò si rivelasse impossibile vi è la disponibilità ad avviare una cooperazione su base regionale da allargare magari all'Europa, Italia inclusa. E magari la possibilità di dare vita a un nuovo organismo che divenga punto di riferimento per un dibattito che promuova l'etica e la professionalità. Insomma, la sfida internazionale è aperta. Prossimo appuntamento a fine novembre a Eilat per l'incontro annuale della stampa israeliana. Invitato d'onore, il presidente dei giornalisti italiani Lorenzo Del Boca.
(Notiziario Ucei, 24 luglio 2009)
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L'Inghilterra si riscopre antisemita. Record degli atti contro gli ebrei
L'Inghilterra si riscopre antisemita. Il numero di atti contro gli ebrei ha segnato un record nel I semestre 2009, con 609 incidenti registrati, una cifra superiore al totale del 2008 che, secondo un'organizzazione ebraica.
L'IMPENNATA DOPO GLI ATTACCHI A GAZA - L'impennata si spiega come reazione all'offensiva israeliana nella Striscia di Gaza, con nove incidenti antisemiti al giorno registrati nel Regno Unito. ,Sui 286 incidenti censiti per il solo mese di gennaio, più della metà faceva diretto riferimento a quell'offensiva. "Gli ebrei britannici affrontano un livello senza precedenti di aggressioni e intimidazioni razziste che minacciano il benessere della nostra comunità ebraica, d'altra parte prospera e felice", ha dichiarato Mark Gardner, portavoce dell'organizzazione Community security trust (Cst).
IL CONFRONTO - Il Cst ha registrato 609 incidenti antisemiti nei primi sei mesi del 2009, contro i 544 nell'intero arco del 2008. Il precedente record risaliva al 2006 (offensiva di Israele in Libano) con 598 incidenti segnalati. "Non c'è nessuna scusa per l'antisemitismo - ha continuato Gardner - il razzismo e il pregiudizio, ed è del tutto inaccettabile che conflitti all'estero abbiamo tali conseguenze qui",
(Affaritaliani.it, 24 luglio 2009)
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Gaza. Hamas: "Stop ai razzi, serve una cultura della resistenza"
"La resistenza armata è ancora importante e legittima - dice Ayman Taha, un leader politico di Hamas, in un articolo apparso sul New York Times - ma adesso vogliamo creare una cultura della resistenza. L'attuale situazione richiede un'interruzione degli attacchi missilistici. Dopo la guerra, sia la popolazione che i miliziani hanno bisogno di una tregua".
Il responsabile della organizzazione terrorista rivela che lo "stato maggiore" è stato rimosso e sostituito dopo la guerra di Gaza e che il lancio di razzi a corto raggio 'Qassam' è stato interrotto perché la popolazione palestinese considera sempre più inefficace una tattica del genere.
Sarebbe una buona notizia se non fosse che neppure una decina di giorni fa un razzo è stato sparato dalla Striscia contro la città di Sderot, facendo ripiombare nel panico la popolazione israeliana. In ogni caso, i palestinesi di Hamas non hanno rinunciato alla cultura delle bombe. Qualche giorno fa, un ordigno ha fatto circa 60 feriti al matrimonio del nipote di Mohammed Dahlan, considerato uno dei leader palestinesi più filo-occidentali. Dietro la bomba ci sarebbe il gruppo Jaljalat, una emanazione di Hamas che mira alla creazione di un califfato globale. Secondo l'intelligence israeliana, il gruppo sarebbe infiltrato da al Qaeda.
Nel frattempo, il ministero degli esteri israeliano ha diffuso un documento in cui si mettono in guardia gli Usa dall'investire circa 900 milioni di dollari per la ricostruzione di Gaza, spiegando che ad incassarli sarebbe Hamas: "l'organizzazione usa la violenza contro le agenzie internazionali, UNRWA compresa, se queste non si mostrano collaborative".
(l'Occidentale, 24 luglio 2009)
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Scoperto un giro di traffico d'organi e riciclaggio tra Israele e Usa
Rabbini, deputati, sindaci e poliziotti arrestati per un racket miliardario
Tre sindaci del New Yersey e diversi rabbini sono tra le 44 persone arrestate dall'Fbi con l'accusa di aver organizzato un gigantesco racket che comprendeva riciclaggio di denaro sporco, estorsione, corruzione, e persino traffico d'organi.
Partendo da un informatore incriminato per frode bancaria nel 2006 e poi infiltrato come "talpa" gli agenti federali hanno sventato un giro di appalti, tangenti, riciclaggio di denaro sporco e traffico di organi tra Usa e Israele. La conclusione è stato l'arresto di decine di poliziotti e rabbini, accusati di aver organizzato un racket degno di un film hollywoodiano. In manette sono finite 44 persone, tra cui 5 rabbini, i sindaci di tre città (Hoboken, Secaucus e Ridgefield) e due deputati locali.
I funzionari arrestati sono accusati di aver intascato denaro, utilizzati per campagne elettorali, in cambio di favori. Le indagini si sono concentrate su una rete di riciclaggio di denaro che operava tra Brooklyn (New York), Deal (New Jersey) e Israele: decine di milioni di dollari venivano «ripuliti» attraverso organizzazioni di beneficenza ebraiche, controllate da rabbini a New York e nel New Jersey. Tra gli arrestati un giovanissimo sindaco insediatosi appena una ventina di giorni fa a Hoboken, il trentunenne Peter Cammarano e un newyorkese, Levy Izhak Rosenbaum, che da dieci anni trafficava in reni umani per il trapianto: li acquistava da povera gente in Israele per 10.000 dollari e li rivendeva a 160.000 sul facoltoso mercato americano
(La Stampa, 24 luglio 2009)
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Giornalisti: Siddi (Fnsi) sarà domani a Trieste con la redazione di Moked.it
ROMA 23 lug. (Adnkronos) - Il segretario generale della Fnsi, Franco Siddi, sara' domani a Trieste per una giornata di incontro e relazioni con la nuova redazione del Portale dell'Ebraismo italiano, Moked.it, edito dall'Unione delle Comunita' ebraiche italiane (Ucei).
La Federazione Nazionale della Stampa Italiana spiega anche che l'incontro fa parte "dell'intenso programma di due settimane di 'redazione aperta' promosso dal Portale, allo scopo di realizzare un'occasione di formazione e aggiornamento professionale e culturale dei colleghi''.
(Libero-news.it, 23 luglio 2009)
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Israele fa circolare una foto del Gran Mufti assieme a Hitler
di Roberto Fabbri
Il governo israeliano ha dato ordine ai propri diplomatici di utilizzare una vecchia fotografia che ritrae un capo religioso palestinese mentre incontra Adolf Hitler. Obiettivo: contrastare le critiche al piano israeliano di costruire nuovi quartieri ebraici a Gerusalemme Est, cioè nella zona araba.
Il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman ha dunque disposto che gli ambasciatori di Israele all'estero facciano circolare copie della foto scattata a Berlino nel 1941, che mostra il Führer della Germania nazista seduto accanto a Haj Amin al-Husseini, allora Gran Mufti (cioè massimo leader religioso musulmano) di Gerusalemme. «È bene che il mondo ricordi i fatti», avrebbe detto Lieberman. L'attuale governatore palestinese della parte orientale di Gerusalemme (che è sotto sovranità israeliana dal 1967) Adnan al-Husseini, parente del defunto Gran Mufti, ha detto che «si tratta di una storia vecchia, che non ha collegamenti col presente». Un funzionario del governo palestinese ha accusato Lieberman di «Bancarotta politica» per la scelta di far circolare l'imbarazzante fotografia.
Questa settimana gli Stati Uniti e l'Europa hanno protestato per l'annunciato piano di costruttori privati israeliani di realizzare circa venti appartamenti su un terreno acquistato da un milionario ebreo americano. Ma anche per il contestuale progetto di demolire numerose case dove abitano centinaia di palestinesi.
(il Giornale, 23 luglio 2009)
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Milano: lUnione Giovani Ebrei propone di intitolare una via agli studenti iraniani
MILANO, 23 lug -"Recependo la nostra proposta, di intitolare una via al 9 luglio 1999, giorno in cui si svolse la più grande rivolta, da parte degli studenti iraniani, contro il regime, il Comune di Milano, ha portato in essere un gesto importante e concreto per gli studenti iraniani che si battono per la libertà e la democrazia nel loro Paese, un gesto simbolico che lega in maniera indissolubile Milano e l'Iran, un gesto che costruisce un ponte di pace e di diritti tra noi giovani italiani e gli studenti di Teheran". Questa la dichiarazione dell' Unione Giovani ebrei d'Italia.
"Per l'Unione è un motivo d'orgoglio aver portato avanti questa battaglia e riuscire a realizzarla e credo che il dato politico che fa ben sperare la nostra generazione è che si è raggiunto questo risultato grazie all'appoggio trasversale di tutte le forze poltiche giovanili - dichiara Daniele Nahum, che continua- in particolar modo voglio ringraziare Silvia Gadda, segretario giovani del Partito Democratico della Lombardia e Emanuel Piona Coordinatore dei Giovani del Popolo delle Libertà della Lombardia, che più di tutti si sono spesi in questa battaglia, assieme ai Consiglieri Comunali Pierfrancesco Maran e Lorenzo Malagola che hanno portato in consiglio la mozione sulla via."
" Grazie alla loro sensibilità politica abbiamo ottenuto questo risultato - conclude Nahum - oggi da Milano, il nostro Paese ha scritto una pagina bellissima, che speriamo trovi immediata applicazione dal sindaco Letizia Moratti"
(IRIS Press, 23 luglio 2009)
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L'Ordine nazionale dei giornalisti incontra la stampa israeliana
ROMA, 23 lug. - Oggi pomeriggio alle 15 il presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti, Lorenzo Del Boca, incontra una delegazione di giornalisti israeliani per discutere dei problemi del giornalismo. All'incontro con Del Boca partecipano il Segretario generale dell'Israel Press Council Arik Bachar, il presidente dell'associazione dei Giornalisti di Tel Aviv Avi Paz, il direttore generale dell'Associazione dei Giornalisti di Tel Aviv Yossi Bar-Moha, il presidente dell'Associazione dei Giornalisti di Gerusalemme Ahiya Genossar e il direttore generale della stessa associazione Advocate Haim Shibi. Subito dopo, alle ore 16, si terra' una conferenza stampa per illustrare i risultati dell'incontro nella sede dell'Ordine in via Parigi 11.
(AGI, 23 luglio 2009)
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Spedire online preghiere per il 'Muro del pianto'
Come portare una preghiera al Muro del pianto di Gerusalemme se si vive in Australia o negli Stati Uniti? Semplice, si scrive una preghiera su Tweetyourprayers.info e si attende che un bigliettino di carta venga fisicamente portato al luogo sacro e tanto caro agli ebrei di tutto il mondo.
Il servizio, offerto dal sito di microblogging Twitter, permette di lasciare un messaggio o una preghiera nel box denominato 'Twit at the Kotel', con firma del devoto che poi sarà riportata fedelmente su bigliettini pronti per la stampa, di li a poco, nelle tipografie di Gerusalemme.
Una squadra di corrieri, infine, provvederà a recapitare la preghiera fino al sacro Kotel, incastrandola, come tradizione vuole, tra le pietre del secolare Muro Occidentale. Connessioni non solo elettroniche quindi, ma sempre più 'spirituali' su Internet.
(Key4biz, 23 luglio 2009)
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10a Giornata europea della cultura ebraica
Domenica 6 settembre 2009 - 17 Elul 5769
Gorizia e Trieste tra le 59 località italiane coinvolte.
Il 6 settembre, la 10a Giornata della Cultura Ebraica
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La sinagoga di Gorizia |
Domenica 6 settembre, il 17 Elul 5769 del calendario ebraico, in 28 Paesi del Vecchio Continente si celebra la Giornata Europea della Cultura Ebraica, occasione imperdibile per scoprire la presenza ebraica e le testimonianze culturali, ma non solo, che le comunità ebraiche hanno lasciato in tutta Europa.
La manifestazione, che festeggia il suo primo decennale, quest'anno è dedicata ad un tema assolutamente affascinante, quello delle feste e tradizioni ebraiche.
Gorizia e Trieste sono tra le 59 località coinvolte. In ciascuna di esse sinagoghe, luoghi di culto e di incontro, quartieri che hanno vissuto la presenza di comunità ebraiche saranno aperti alla visita. In molti casi saranno gli stessi componenti delle Comunità ebraiche a fungere da guida. Ma a creare un clima di festa e di accoglienza concorreranno anche le iniziative che ciascuna località ha messo in cantiere: spettacoli, concerti, mostre, incontri, conferenze, proposte gastronomiche, il tutto, naturalmente, nel rigoroso rispetto della grande tradizione ebraica. Una tradizione che presenta molte sfaccettature, visto che attraversando l'Europa e il Mediterraneo, la cultura ebraica si è confrontata con popoli e tradizioni diverse, mutuando specificità pur all'interno della grande, unica tradizione. Basti pensare alla ricchezza dei generi musicali conosciuti oggi come musica klezmer, sefardita, sinagogale, yiddish e chassidica, ciascuno influenzato da paesi e consuetudini diverse.
La Giornata, accolta nelle precedenti edizioni con crescente consenso - molte più di 50mila le presenze registrate lo scorso anno in Italia - è promossa dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane con l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica e il Patrocinio dei Ministeri per i Beni e le Attività Culturali, dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca, e delle Politiche Europee.
Com'è nella tradizione della Giornata, ogni anno una città viene indicata come ideale "capofila" delle località coinvolte. Per la decima Giornata sarà Trani, città pugliese che per un millennio è stata di riferimento per tutte le comunità ebraiche nel Mezzogiorno d'Italia, un percorso illustre, bruscamente interrotto nel 1541, allorché l'editto di espulsione dal Regno di Napoli, emanato dal re spagnolo Ferdinando, colpì gli ebrei del Sud d'Italia.
Queste le località coinvolte nella decima Giornata: Alessandria, Ancona, Asti, Biella, Bologna, Bozzolo, Carmagnola, Carpi, Casale Monferrato, Cherasco, Chieri, Cittanova, Correggio, Cuneo, Ferrara, Finale Emilia, Fiorenzuola D'Arda, Firenze, Genova, Gorizia, Ivrea, Livorno, Lugo di Romagna, Mantova, Merano, Milano, Modena, Moncalvo, Mondovì, Monte S. Savino, Napoli, Ostiano, Padova, Parma, Pesaro, Pisa, Pitigliano, Pomponesco, Reggio Calabria, Reggio Emilia, Roma, Sabbioneta, Saluzzo, San Nicandro Garganico, Senigallia, Siena, Siracusa, Soncino, Soragna, Torino, Trani, Trino Vercellese, Trieste, Urbino, Venezia, Vercelli, Verona, Viadana, Vicenza
I programmi di ogni singola località saranno consultabili su: www.moked.it/giornatadellacultura.
Chi volesse conoscere le iniziative dei 28 Paesi europei, potrà consultare il sito: www.jewisheritage.org.
GORIZIA
Sinagoga, Museo, Ghetto - Via Ascoli, 19
Tel. 0481.532115 - mettefh@libero.it
Mostra a tema mediante pannelli espositivi presso il Museo della Sinagoga di Gorizia
Conferenza/ titolo da definire
Bancarella di libri che trattano il tema della giornata, Storia e cultura ebraica e autori israeliani
TRIESTE
Sinagoga e Museo - Via S. Francesco, 19
Tel. 040.371466 - info@triestebraica.it
Programma da definire
(Il Giornale del Friuli Libero, 23 luglio 2009)
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Netanyahu: Il muro non si tocca
La barriera con i palestinesi in Cisgiordania ha ridotto gli attacchi
Israele non ha alcuna intenzione, allo stato, di smantellare la barriera di separazione innalzata a suo tempo lungo ed entro il confine con i territori palestinesi della Cisgiordania con l'intenzione dichiarata (e poi sostanzialmente raggiunta) di impedire le incursioni terroristiche. Lo ha dichiarato ieri il premier, Benyamin Netanyahu. "Sento oggi persone che ritengono si possa smantellare la barriera di sicurezza visto che la situazione in Cisgiordania è calma, ma in realtà è proprio grazie a quella barriera, oltre che a un certo miglioramento dell'azione dei servizi di sicurezza dell'Autorità nazionale palestinese (Anp),che regna la calma", ha affermato il premier, aggiungendo seccamente che "la barriera resterà dunque al suo posto".
Le parole di Netanyahu rappresentano una risposta alle notizie riportate ieri dal giornale Maariv secondo cui l'Anp starebbe chiedendo al presidente americano, Barack Obama, di esercitare pressioni su Israele per ottenere l'abbattimento dei reticolati e dei tratti di muro che compongono la barriera. La linea di difesa - chiamata "barriera di sicurezza" da Israele, ma vista come una punizione collettiva e un simbolo di "apartheid" dalla gran parte dei palestinesi - si estende per una lunghezza di 709 chilometri e il suo tracciato corre per l'85 per cento all'interno del territorio palestinese e solo per il 15 per cento a ridosso della linea di frontiera. Voluta dal governo dell'allora premier Ariel Sharon in una fase di allarme rosso per la popolazione civile d'Israele e di frequenti attacchi terroristici dalla Cisgiordania, è stata giudicata tuttavia nel 2004 ''contraria al diritto internazionale" dalla Corte di giustizia dell'Onu.
Intanto l'eventuale ripresa di contatti indiretti tra Siria e Israele è al centro dei colloqui in corso ad Aleppo, nel nord della Siria, tra il presidente siriano Bashar al Assad e il premier turco Tayyip Recep Erdogan.
L'agenzia siriana ufficiale Sana afferma che Erdogan, accompagnato dal ministro degli Esteri, Ahmad Davutoglu, alla sua sesta visita ufficiale nel vicino Paese arabo in qualità di premier, è stato ricevuto da Assad nel palazzo presidenziale di Aleppo alla presenza, tra gli altri, del ministro degli Esteri di Damasco, Walid al Muallim.
(Il Denaro, 23 luglio 2009)
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Territori, avamposti nel mirino dell'esercito
I coloni: nessuno sgombero, pronti a lottare per difendere i nostri diritti
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Aryeh Eldad |
TEL AVIV - I piani sono pronti; le forze sono addestrate; i preparativi logistici sono in fase avanzata. "Tsahal" (acronimo dell'esercito israeliano) si appresta a sgomberare decine di avamposti ebraici in Cisgiordania, in un giorno solo. La notizia viene da uno dei giornalisti-chiave di Israele: lo stesso Yoel Marcus, opinionista di punta di Haaretz, che anni fa annunciò per primo fra la sorpresa generale che il premier Ariel Sharon si accingeva a sgomberare gli ottomila coloni di Gaza. L'esercito ha smentito la notizia. Piani concreti, ha affermato, non ce ne sono. Un'esercitazione c'è stata effettivamente la settimana scorsa, ma di dimensione ridotte. Eppure il titolo vistoso di Haaretz ha destato grande emozione, in primo luogo fra i coloni. «Se l'esercito provasse a sgomberarci con la forza - ha detto il deputato di estrema destra Aryeh Eldad - scorrerebbe il sangue». Leggendo fra le righe del testo di Marcus si ha la sensazione che la sua fonte sia stata il ministro della difesa Ehud Barak. Gli israeliani pensano che in questi giorni egli sia in vacanza familiare in Irlanda. «Chi lo può sapere? - scrive il giornalista - Barak potrebbe essere impegnato invece in contatti discreti con gli Stati Uniti. Contatti che forse riguardano i palestinesi, e forse, chissà la Siria». Il premier Benyamin Netanyahu e Barak stanno cercando un'intesa di ampio respiro con lo staff di Barack Obama, dopo i no alla comunità internazionale alle richieste di congelamento totale degli insediamenti e su Gerusalemme est: in questo contesto, lascia intendere Marcus, proprio gli avamposti potrebbero essere sacrificati.
Si tratta di piccoli insediamenti eretti negli ultimi anni a breve distanza da colonie più floride: vuoi per controllare dall'alto incroci stradali che erano stati teatro di attentati, vuoi per mettere sul terreno dei pioli verso i quali estendere, in futuro, le colonie esistenti.
La popolazione di questi avamposti non è fissa: Haaretz la stima in 1.200 anime in tutto, fonti dei coloni parlano di 5-8mila persone. Ossia come la popolazione complessiva dei coloni a Gaza, sgomberati appunto quattro anni fa da Sharon con l'aiuto di decine di migliaia di soldati e di agenti di sicurezza.
Dal punto di vista militare lo sgombero degli avamposti presenta problemi non secondari, anche per la loro dispersione sul terreno: a differenza della striscia di Gaza, le cui vie di accesso potevano essere facilmente controllate. Un rabbino oltranzista, Dov Lior, ha già emesso un verdetto rabbinico che consente ai coloni di ignorare anche il riposo sabbatico, se fossero sotto la minaccia di una rimozione forzata.
Ulteriore preoccupazione deriva dalle violenze a cui gruppi isolati di coloni si sono abbandonati nei giorni scorsi in Cisgiordania, contro civili o appezzamenti agricoli palestinesi, in seguito alla demolizione di edifici in avamposti ebraici.
Un'operazione frontale dell'esercito contro decine di avamposti potrebbe dare fuoco alle micce.
(Corriere Canadese, 22 luglio 2009)
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Lettera a Paolo Serventi Longhi
Il giornalista che schiera l'Italia contro i giornalisti israeliani
di Yasha Reibman
La Federazione internazionale della stampa ha espulso la Federazione israeliana per una banale questione di soldi. Gli israeliani non avrebbero pagato le quote di iscrizione e per questo sarebbero stati espulsi. Naturalmente quando si parla di denaro ed ebrei le antenne si drizzano, ma comunque stupisce che i giornalisti più liberi e aggressivi del Medio Oriente siano stati espulsi da una Federazione internazionale che dovrebbe tutelare la libertà di stampa.
Marco Perduca, senatore radicale, ha anche ricordato che la Federazione è la stessa che, di fronte all'assassinio del giornalista di Radio Radicale durante la guerra in Cecenia, ha fatto spallucce e si è limitata a un burocratico «Antonio Russo non è iscritto all'ordine dei giornalisti».
Tornando a oggi, gli israeliani sostengono che la loro espulsione sia solo l'ultimo di una lunga serie di gesti aggressivi compiuti dalla Federazione internazionale nei confronti dei giornalisti dello Stato ebraico. Il penultimo è avvenuto durante il recente conflitto a Gaza, quando la Federazione internazionale volle incontrare i giornalisti palestinesi, ma non i colleghi israeliani.
Venendo alla questione denaro: agli israeliani sarebbe richiesta una quota di iscrizione molto più alta dei paesi vicini, paragonabile a quella degli altri paesi occidentali, ma senza che vengano loro riconosciuti analoghi diritti di rappresentanza in seno alla Federazione internazionale. Gli israeliani dicono che con i rappresentanti della Federazione tuttavia alla fine sarebbe stato raggiunto un accordo economico, e che avrebbero pertanto pagato quanto pattuito. Peccato che poi sia arrivata l'espulsione, senza alcun preavviso.
In Italia la notizia, raccontata da Giulio Meotti sul Foglio e da Pierluigi Battista sul Corriere della Sera, ha suscitato grande scalpore tra i giornalisti. La decisione è parsa un atto di ostilità verso Israele e in molti hanno parlato di antisemitismo. Ha stupito che il rappresentante italiano nella Federazione, Paolo Serventi Longhi, abbia votato a favore dell'espulsione. E in molti, delusi, iniziano a chiederne le dimissioni.
(Tempi.it, 22 luglio 2009)
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Torna la giornata europea della cultura ebraica
ROMA, 22 lug. (Adnkronos) - Far conoscere una cultura antica che ha contribuito a creare l'identita' italiana ed europea. Combattere i pregiudizi razziali che si abbattono contro le minoranze etniche e religiose. Costruire un ponte tra il Mediterraneo e la cultura ebraica riscoprendo tradizioni e costumi. Sono questi gli obiettivi principali della decima Giornata Europea della Cultura ebraica che sara' celebrata il 6 settembre in 59 localita' italiane e in 27 paesi europei. La manifestazione, alla quale si aggiunge la prima edizione del Festival della Cultura Ebraica in Puglia, che si svolgera' dal 6 al 10 settembre, e' stata presentata oggi al ministero per i Beni e le Attivita' Culturali da Renzo Gattegna, presidente dell'Unione delle Comunita' Ebraiche italiane, Nichi Vendola, presidente della regione Puglia, Francesco Maria Giro, sottosegretario ai Beni Culturali, Alain Elkann e Enrico Hullweck, capo della segreteria politica del ministero.
''Per l'edizione di quest'anno - ha spiegato Alain Elkann - abbiamo scelto di attribuire a Trani, in Puglia, il ruolo di citta' capitale della cultura ebraica cosi' come, nel 2008, la capofila della manifestazione e' stata Milano. Il tema centrale sul quale punteremo la nostra attenzione sara' quello del ciclo della vita. Ci concentreremo anche su tutte le feste della tradizione ebraica''. La decima Giornata Europa della Cultura Ebraica si pone l'obiettivo di far conoscere la presenza ebraica e le tante testimonianze che ha lasciato in Italia e nel mondo intero. Nelle 59 localita' coinvolte sinagoghe, luoghi di culto e di incontro e quartieri in cui si e' radicata la presenza ebraica saranno aperte alla visita del pubblico, in molti casi organizzata dagli stessi componenti della Comunita' che faranno da guide. La 'sfida' principale dell'edizione 2009, pero', sara' quella di promuovere, in Puglia, il primo Festival della Cultura Ebraica chiamato ''Negba- Verso il Mezzogiorno''.
''La manifestazione pugliese - ha chiarito il presidente della regione Puglia Nichi Vendola - ha avuto un 'anno zero' a Bari nel 2008 quando abbiamo allestito una festa tra la cultura pugliese e quella ebraica. Fino ad oggi, abbiamo lavorato con i giovani per far conoscere la tragedia dell'Olocausto organizzando viaggi nei campi di concentramento. Il Festival si svolgera' in diverse realta' pugliesi tra cui spiccano le citta' di Andria, Bari, Otranto, Lecce, San Nicandro Garganico oltre che, naturalmente, Trani. Vogliamo testimoniare che la Puglia e' una regione in cui non vengono violati i diritti umani e nella quale ogni cultura deve sentirsi accolta''.(segue)
(Libero-news.it, 22 luglio 2009)
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Trani ebraica, a Settembre feste e tradizione per la Giornata Europea
di Ermes di Gregorio
Con la partecipazione di Sandro Bondi, Ministro per i Beni e le Attività Culturali, Renzo Gattegna, Presidente dell'Unione Comunità Ebraiche Italiane, e Nichi Vendola, Presidente della Regione Puglia, si svolge oggi a Roma la conferenza stampa di presentazione della Giornata Europea della Cultura Ebraica 2009, dedicata al tema Feste ebraiche e tradizioni
che si celebrerà il prossimo 6 settembre in 27 Paesi Europei e 59 località italiane con Trani città capofila.
Responsabile culturale della Sezione ebraica di Trani e di questa edizione della Giornata Europea della Cultura Ebraica è il pianista Francesco Lotoro.
Trani città capofila: è questo un importante riconoscimento alla presenza ebraica del Meridione e costituisce un appuntamento di alto spessore culturale e mediatico dell'Ebraismo nel Mezzogiorno.
Il ritorno degli Ebrei a Trani dopo 500 anni è un avvenimento di enorme portata sociale, a prescindere dal suo significato religioso; da Sannicandro Garganico a Trani sino a Oria e Otranto, la Puglia ha sempre avuto una spina dorsale ebraica....
(Cannibali, 22 luglio 2009)
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"Trani, città capofila della Giornata della Cultura, scelta emozionante e coraggiosa"
Di seguito la versione integrale del discorso sostenuto dal Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Renzo Gattegna, in occasione della presentazione della prossima Giornata Europea della Cultura Ebraica (6 settembre 2009).
La decima edizione della Giornata Europea della Cultura Ebraica coincide con una interessante ed entusiasmante svolta, sempre mantenendo fermo l'obiettivo di apertura dell'ebraismo verso tutti coloro che sono interessati a conoscerne la cultura, la vita, i valori.
Le precedenti edizioni sono passate attraverso il recupero e la diffusione della cultura tradizionale, l'apertura delle porte per consentire le visite delle nostre sinagoghe, la conoscenza dei luoghi nei quali gli ebrei hanno vissuto, la scoperta dei segni della presenza ebraica e degli itinerari che sono stati percorsi nel corso della millenaria diaspora.
L'edizione del 2009 ci sta facendo provare l'emozione e l'ebbrezza di una coraggiosa avventura: scegliere Trani come città capofila per l'Italia della Giornata Europea della Cultura Ebraica e, nello stesso tempo, promuovere in Puglia il primo Festival della Cultura Ebraica denominato "Negba - Verso il Mezzogiorno", è una decisione che comporta rischi e incognite di varia natura.
E' la prima volta che l'ebraismo italiano propone un'iniziativa così importante in una regione dove la presenza di correligionari è limitata e sparsa nel territorio. Ma la Puglia è ricca di storia e di tracce della presenza ebraica. E proprio in Puglia assistiamo oggi ad un interessante risveglio di vita ebraica e di interesse verso l'ebraismo e la cultura ebraica.
Anche per queste ragioni abbiamo ritenuto non più rinviabile la riscoperta di un intenso capitolo della storia italiana e della storia ebraica che da oltre 500 anni, e non per caso, è rimasto quasi sconosciuto, e che è stato approfondito solo da pochi appassionati studiosi.
Abbiamo trovato la forza e la determinazione necessarie per proporre questo difficile argomento perché in questo momento in Italia gli ebrei sentono di poter contare su larghi consensi, solidarietà, interesse, simpatia e sincera volontà di conoscenza.
La prova di tutto ciò è data oltre che dall'Alto Patronato del Presidente della Repubblica e dai numerosi e significativi patrocini concessi alla Giornata Europea della Cultura Ebraica, anche e soprattutto dalle strette sinergie operative nate, e continuamente rafforzate, sia con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali che con la Regione Puglia.
Cinquecento anni dopo la scomparsa delle numerose comunità ebraiche dal sud d'Italia, il desiderio di verità supera le passioni e il dolore per le persecuzioni subite. Prevale ancora una volta il desiderio di conoscere, e di far conoscere, il contributo ebraico allo sviluppo del Meridione, e quanto l'Italia ha perduto con l'applicazione dei provvedimenti contro gli ebrei anche nel Regno delle Due Sicilie, come era avvenuto nella penisola iberica ad opera dell'Inquisizione spagnola, a partire dal 1492.
Abbiamo deciso quindi di non limitarci ad aprire le nostre porte e a far conoscere noi stessi e la nostra cultura, ma di andare oltre, partendo dal presupposto che la storia e la civiltà sono un patrimonio comune. A Trani città capofila della Giornata della Cultura, che con Andria, Bari, Lecce, Oria, Otranto, San Nicandro Garganico, ospiteranno il Festival, compiamo il primo passo verso la riscrittura di un intero capitolo, che è parte integrante della storia d'Italia e degli ebrei italiani.
Renzo Gattegna, Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
(Notiziario Ucei, 22 luglio 2009)
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Gaza: ordigno a una festa nuziale, tensione Fatah-Hamas
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Mohammed Dahlan |
GAZA - Forte tensione e' avvertita a Khan Yunes (Gaza) dopo che la scorsa notte decine di persone sono rimaste ferite da una esplosione durante una cerimonia nunziale di uno stretto congiunto di Mohammed Dahlan, un dirigente di al-Fatah costretto a lasciare la Striscia dopo il colpo di mano armato di Hamas del giugno 2007. Il portavoce della polizia di Hamas, Islam Shahwan, ha minimizzato l'importanza dell'evento che sarebbe nato, ha detto all'ANSA, da una lite fra famiglie rivali. La deflagrazione, ha precisato, e' stata prodotta da un ordigno assordante e tre persone sospette sono state gia' arrestate. A quanto risulta l'ordigno era stato deposto sotto a un palco. La sua esplosione e' avvenuta verso la mezzanotte e ha provocato il ferimento in modo grave dello sposo Mahmud Dhalan, del padre Momahammed e di un bambino che si trovava nelle immediate vicinanze. Il leader di al-Fatah Mohammed Dahlan - ex uomo forte nella Striscia di Gaza e tuttora consigliere del presidente dell'Anp Abu Mazen - e' uno zio dello sposo. Fonti mediche precisano che i feriti sono complessivamente alcune decine: le stime sono comprese fra 35 e 50. La agenzia di stampa palestinese Wafa riferisce che mezz'ora prima della esplosione la polizia di Hamas aveva telefonato ad uno degli organizzatori della cerimonia nunziale per chiederne la fine immediata. Subito dopo la deflagrazione, aggiunge la Wafa, i membri della famiglia Dahlan hanno accolto a sassate le prime pattuglie della polizia di Hamas. Sul posto si e' anche organizzata una manifestazione di protesta durante la quale sono stati scanditi slogan contrari a Hamas, secondo la agenzia Wafa.
(ANSAmed, 22 luglio 2009)
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Crociere sicure con i contractors israeliani
Gli assalti dei nuovi pirati hanno provocato danni per oltre 80 milioni di dollari
di Mara Vigevani
GERUSALEMME - Capitan Uncino non esiste solo nell'immaginario mondo delle storie per bambini o sui libri di storia del XVII secolo. I capitani delle navi lo sanno bene: navigare per i mari, soprattutto nei dintorni della Somalia e delle Seychelles, è oggigiorno pericoloso. A marzo e' stato rafforzato lo schieramento della Nato nel corno d'Africa. Un ulteriore passo avanti nell'escalation anti-pirateria, deciso durante il summit dei ministri della difesa di Cracovia.
Il metodo è sempre quello: piccole barche veloci si avvicinano alle immense navi da crociera o da trasporto. I pirati, solitamente giovani armati senza paura si arrampicano sulle pareti delle navi, salgono, sparano all'impazzata e la nave è presto nelle loro mani. Cosi è successo alla Melody, nave da crociera italiana lo scorso aprile. Sono stati gli agenti di sicurezza israeliani a salvare I passeggeri dai pirati impedendo di prendere il timone della Nave.
«Negli ultimi anni le società di trasporto marittimo hanno perso piu di 80 milioni di dollari a causa della pirateria», dice Shuki Bronhaim, esperto in terrorismo marittimo , ed ex Comandante della Marina israeliana. Oltre alla continua crescita delle spese per la sicurezza delle navi. Ci vogliono, infatti, tra i 12.000 e i 15.000 dollari al mese per ogni guardia, a seconda del livello di pericolo e per ogni nave sono necessarie almeno tre guardie. È proprio in Israele, a Haifa, che si è svolto il primo corso per la sicurezza delle navi. Sono arrivati rappresentanti da tutto il mondo: Australia, Francia, Inghilterra, Portogallo, Cile, Spagna, Russia, Germanie e altri. Per i 120 partecipanti il corso è finito lo scorso giugno dopo sei intense settimane di studio e praparazione fisica. Il corso ha preparato gli studenti non solo a come comportarsi in caso di attacco, ma anche a come far sì che i pirati non si avvicinino neppure. Ad esempio in caso di pericolo, tutto l'equipaggio deve portarsi sulla prua, affinché i pirati pensino che il personale per la sicurezza sia di maggior numero: un metodo semplice, ma che funziona sempre.
«Non siamo noi ad aver inventato i metodi anti-pirateria, ma siamo ben felici di poter aiutare altri paesi a sconfiggere il terrorismo marittimo», dice David Mirza fondatore della Isa, la società di sicurezza promotrice del corso. Il corso è unico nel suo genere - racconta Ross, australiano ex militare, venuto a imparare le nuove tecniche -. Non ho mai fatto allenamenti di questo genere. Gli israeliani usano tecniche nuove per me, una offensiva deterrente». Anche Yariv Baruh, 34 anni, ma gia da 10 nel campo della sicurezza, direttore della Israeli Special Forces, un'altra azienda specializzata in sicurezza marina e non, conferma che la miglior difesa è l'attacco: «I pirati non si aspettano la reazione che deve essere al momento giusto e con tutta la potenza di cui si è capaci. Questa è una delle regole fondamentali che ogni soldato israeliano impara per combattere gruppi terroristici».
(Il Tempo, 22 luglio 2009)
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Cancellata dai libri di storia la 'nabka', per gli arabi la nascita di Israele
Lo ha deciso il ministro dell'Istruzione israeliano: scomparirà dai libri di testo destinati agli studenti arabo-israeliani - La "Nakba" sparirà dai libri di testo destinati agli studenti arabo-israeliani. Lo ha annunciato il ministero dell'Istruzione di israele, Gideon Saar, affermando che il riferimento alla nascita di Israele come "catastrofe" (nakba) fu un errore che adesso va corretto". "Il sistema dell'istruzione - ha continuato Saar - non deve condurre a negare la legittimità di Israele nè promuovere l'estremismo tra gli arabi israeliani". Di recente lo Stato ebraico ha approvato una legge che vieta l'erogazione di fondi agli eventi che ricordano la nakba. Una versione iniziale della normativa, presentata dal ministro degli Esteri, l'ultraortodosso Avigdor Lieberman, aveva il proposito di vietare le stesse commemorazioni. In seguito il governo e' tornato sui propri passi e ha proposto una norma più morbida, ma comunque avvertita come ingiusta da gran parte degli 1,2 milioni di arabi che vivono nello Stato di Israele.
(Virgilio Notizie, 22 luglio 2009)
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Polizia israeliana crea squadra per sgombero avamposti
Ancora nessun ordine ufficiale per operazione
ROMA, 22 lug. (Apcom) - La polizia israeliana ha creato un'unità speciale in vista dei preparativi per lo sgombero degli avamposti illegali in Cisgiordania: è quanto pubblica il quotidiano israeliano Ha'aretz, pur precisando che non esiste ancora alcun ordine ufficiale da parte delle autorità dello Stato ebraico per una simile operazione.
Dato che la sicurezza in Cisgiordania ricade sotto la giurisdizione dell'esercito, anche i militari parteciperanno a un'eventuale operazione anche perché la polizia non ha effettivi sufficienti per provvedere all'evacuazione forzata dei 23 avamposti creati dopo il marzo del 2001; i coloni avrebbero peraltro messo a punto i propri servizi d'ordine per resistere allo sgombero.
L'esercito tuttavia non è affatto contento di dover partecipare a operazioni che riguardano dei civili e che sarebbero quindi di pertinenza della polizia, temendo un'ondata di obiezioni di coscienza da parte dei coloni e dei loro sostenitori, quando non scontri tra le forze dell'ordine e i soldati e ufficiali che risiedono negli insediamenti.
(Virgilio Notizie, 22 luglio 2009)
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Francia: fuga di ebrei verso Israele, 2.000 nel 2009
di Luana De Micco
PARIGI - Per mesi si sono preparati a fare 'aliyah', la loro 'salita' in Israele, hanno imparato l'ebraico, ricevuto la benedizione di rito. Oggi 250 ebrei francesi si sono imbarcati su un volo da Parigi per raggiungere Gerusalemme e rifarsi una vita lì. Complessivamente saranno 2.000 le persone che lasceranno la Francia nel 2009 per andare a vivere in Israele, 150 in più rispetto all'anno scorso quando erano stati 1.850. Altri 2.000 ebrei partiranno da Parigi per altre destinazioni, come gli Stati Uniti. La Francia non solo conta la comunità ebraica più numerosa d'Europa, 500.000 persone circa, ma è anche il paese con più partenze ogni anno. Dal 1948 gli ebrei francesi che hanno fatto aliyah (termine ebraico che vuol dire "salire alla Terra") sono stati più di 70.000. Sono partite 2.500 persone nel 2002, 3.000 nel 2005, 2.802 nel 2006, 2.659 nel 2007.
Un flusso costante con picchi che coincidono con periodi di tensioni più forti vissuti dalla comunità ebraica in Francia. Dopo il leggero calo del 2008, quest'anno la fuga da Parigi é ripresa. All'inizio dell'anno l'aria è stata pesante con attacchi a sinagoghe di pari passo con l'escalation della violenza a Gaza.
Reati antisemiti hanno colpito le banlieue e i quartieri più violenti della capitale. Ma la vicenda che ha più sconvolto è stato il sequestro e l'omicidio di un giovane ebreo, Ilan Halimi. Il fatto risale al 2006,
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Il Rabbino Gilles Bernheim |
ma quest'anno l'orrore delle torture subite da Ilan per tre settimane è tornato a galla con il lungo processo ai suoi aguzzini, i membri della 'gang dei barbari' e dello spietato capobanda, Youssouf Fofana, che ha fatto appello alla condanna all'ergastolo. Secondo l'Agenzia ebraica, un organismo paragovernativo israeliano con diverse sedi in Francia, non esiste un ritratto "tipo" dell'ebreo francese pronto a partire. Sono giovani, pensionati, famiglie con bambini. Gli ebrei francesi "sono molto sionisti, fattore legato alla loro cultura, alla loro storia, alla loro pratica religiosa. Israele è per loro un valore essenziale", ha spiegato al settimanale Actualité Juive Oren Toledano, direttore del dipartimento Aliyah dell'Agenzia ebraica. Tutti si preparano a lungo prima di affrontare il viaggio.
Per mesi studiano la lingua e vengono orientati per la ricerca di un lavoro o di una scuola per i bambini. Per i 250 che sono partiti oggi una cerimonia solenne di addio si è svolta giovedì scorso con la benedizione del Grande Rabbino di Francia, Gilles Bernheim, presente l'ambasciatore di Israele in Francia, Daniel Shek. Ma non tutte le aliyah sono destinate al successo. Circa il 10% delle persone infatti finisce per tornare indietro, indica l'Agenzia ebraica, che sta portando avanti uno studio per spiegare i motivi di questi rientri.
(ANSA, 21 luglio 2009)
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Israele: un quarto delle popolazione sarà colpita dal virus
di Giovanni Pasqua
E' dell'APCom la notizia al riguardo della percentuale di israeliani che potrebbe essere colpita dalla nuova infuenza: le cifre in gioco sono elevate trattandosi del 25% dell'intera popolazione, per cui a breve termine circa 7,4 milioni di israeliani potranno aspettarsi di essere contagiati.
La dichiarazione è stata rilasciata da Itamar Groto, capo del servizio pubblico al ministero della Sanità israeliana, anche se contemporaneamente il messaggio è stato rassicurante dal momento che ci si aspetta che il 99,99% degli ammalati si rimetterà nel giro di 2 o 3 giorni senza alcuna complicazione.
Attualmente dei colpiti dal virus solo 4 giacciono in ospedale in gravi condizioni , mentre il totale dei contagiati in Israele ammonta a 890.
(PresseWeb, 21 luglio 2009)
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Alla scoperta della Sinagoga di Pesaro
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La sinagoga di Pesaro |
PESARO - Giovedì 23 luglio, alle 17, dopo il grande successo del primo percorso si replica l'incontro in sinagoga a cura dei Servizi Educativi museali.
Si tratta dell'ultima proposta del calendario estivo che ha offerto iniziative per bambini, ragazzi e famiglie.
Dopo la pausa di agosto, il prossimo appuntamento, sempre in sinagoga, è per domenica 6 settembre in occasione della Giornata Europea della Cultura Ebraica.
Con il percorso "C'era una volta una trottola", bambini e famiglie visiteranno la sinagoga sefardita di Pesaro che risale alla seconda metà del '500.
Gli affascinanti ambienti di questo edificio verranno esplorati attraverso giochi, racconti e musiche per assaporare un po' di quella cultura ebraica che si respirava in quelle strade della città meno di un secolo fa.
All'interno della sala delle Preghiere verrà raccontata una storia per bambini dello scrittore Isaac B. Singer; protagonista del racconto è una trottola speciale - il dreidel - regalata in occasione della festa di Hanukkah.
La trottola sarà poi anche l'oggetto che i bambini dovranno ricostruire in laboratorio con carte, legno, colori e materiali di riciclo.
L'appuntamento per giovedì 23 luglio è direttamente in sinagoga (via delle Scuole); la partecipazione è gratuita ma va prenotata telefonicamente.
Info e prenotazioni 0721 387714-271.
(fanoinforma.it, 21 luglio 2009)
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Gran Bretagna - I non musulmani scelgono sempre più la Sharia per le cause civili
In Gran Bretagna un numero sempre crescente di non musulmani si rivolge ai tribunali che applicano la legge islamica (Sharia) per risolvere dispute commerciali o civili. Lo riferisce oggi il Times.
Secondo il Muslim Arbitrator Tribunal, il 5% delle cause esaminate riguarda non musulmani che si rivolgono ai tribunali islamici perché li ritengono meno farraginosi e più informali del sistema giudiziario inglese.
Secondo un portavoce di Faiz-ul-Aqtab Siqqiqi, fondatore del tribunale islamico, uno dei motivi alla base del fenomeno è che nella sharia «si dà più peso agli accordi verbali, al contrario dei tribunali britannici», e ha aggiunto che quest'anno sono stati fino ad ora 20 i casi giudicati dal tribunale che coinvolgevano non musulmani.
Il dato emerso ha messo in allarme le associazioni anti-sharia che ritengono il sistema islamico ingiusto nei confronti delle donne.
(ilsussidiario.net, 21 luglio 2009)
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Malesia: beve birra in pubblico. In pubblico verrà frustata
Kartika Sari Dewi Shukarno, 32enne modella di Singapore di religione islamica è stata condannata ad essere frustata in pubblico, per essere stata vista mentre beveva birra durante una serata in una discoteca.
Il processo si è tenuto di fronte ad un tribunale islamico con la stretta applicazione della Sharia, la legge coranica che prevede pene molto severe per chi viene trovato a consumare alcolici.
"E' una sentenza giusta che speriamo spinga l'imputata al pentimento e che deve servire da esempio a tutti i musulmani" ha detto il giudice Abdul Rahman Yunus che ha anche imposta una multa alla giovane donna.
Shukarno, stravolta dalla sentenza intende ricorrere tramite i suoi legali alla Corte Suprema.
Decisione che difficilmente porterà ad un annullamento della condanna, in quanto il massimo organo giudiziario malese non si è mai opposto ad una decisione emessa dai tribunali religiosi che applicano la Sharia.
(TicinoLibero, 21 luglio 2009)
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Alemanno: visita alla Sinagoga di New York 'momento bello e toccante'
"Un momento bello e toccante ma anche per aver parlato dallo stesso 'tevà da cui è intervenuto papa Benedetto XVI". Così il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, al termine della visita alla sinagoga di Park East a New York. Il sindaco ha poi tenuto un breve discorso di fronte ad alcuni rappresentati della comunità ebraica di New York. "Nella mia città ho lavorato molto per costruire una relazione stabile e duratura con la comunità ebraica romana che è un esempio di identità culturale e religiosa radicata", ha detto Alemanno ricordando che a breve aprirà a Roma un museo dedicato alla Shoah. La memoria può essere "uno strumento per costruire italiani migliori ed essere sicuri che le decisioni politiche future vengano prese nel rispetto della dignità umana". Il sindaco ha poi ribadito come "il destino d'Israele, il suo diritto ad esistere e la sua sicurezza" sono questioni che non si fermano all'interno dei confini del Paese, ma "riguardano tutto l'Occidente". Alemanno ha usato parole dure contro il fondamentalismo di matrice islamica e contro organizzazioni come Hamas che "nel loro statuto hanno ancora la negazione di Israele tra i punti cardine". Il primo cittadino ha ricordato, come aveva fatto prima di lui il presidente della comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici, il soldato israeliano Gilad Shalit che da tre anni si trova in mano alle milizie di Hamas. "Roma ha voluto concedergli la cittadinanza onoraria - ha detto Alemanno - Ho scritto una lettera al sindaco di New York Michael Bloomberg perché spero faccia lo stesso per manifestare l'indignazione del mondo di fronte a questo rapimento"
(L'Unione Sarda, 21 luglio 2009)
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Giornata della cultura ebraica con Trani città capofila
Martedì la presentazione presso il Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Martedì 21 luglio, dalle ore 11.30 presso il Ministero per i Beni e le Attività Culturali sarà presentata la "Giornata Europea della Cultura Ebraica 2009" (è la decima edizione) dedicata al tema "Feste ebraiche e tradizioni" che si celebrerà il prossimo 6 settembre 2009 in 27 Paesi Europei e in 59 località italiane con Trani città capofila.
Contestualmete sarà presentato il "I Festival della Cultura Ebraica in Puglia" che dal 6 al 10 settembre sarà ospitato dalle città pugliesi in cui la presenza di comunità ebraiche è stata di rilievo. Interverranno: il Sen. Sandro Bondi, Ministro per i Beni e le Attività Culturali, l'Avv. Renzo Gattegna, Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e l'On. Nichi Vendola, Presidente della Regione Puglia.
Trani città capofila: è questo un importante riconoscimento alla presenza ebraica del Meridione e costituisce un appuntamento di alto spessore culturale e mediatico dell'Ebraismo nel Mezzogiorno. Il ritorno degli Ebrei a Trani dopo 500 anni è un avvenimento di enorme portata sociale, a prescindere dal suo significato religioso; da Sannicandro Garganico a Trani sino a Oria e Otranto, la Puglia ha sempre avuto una spina dorsale ebraica.
(TraniWeb, 20 luglio 2009)
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Arsenale Hezbollah nel Libano sud: l'Unifil sapeva
L'Unifil (Forze Onu in Libano) aveva già avuto notizia alcuni mesi fa (probabilmente anche da fonti israeliane) del deposito di razzi Katyusha che martedì scorso è esploso presso il villaggio di Khirbet Salim, nel Libano meridionale, non lontano dalla frontiera con Israele. È quanto afferma una fonte governativa a Gerusalemme. Secondo la fonte, l'Unifil aveva già avuto informazioni precise sull'arsenale e su un certo numero di altre istallazioni dove Hezbollah sta immagazzinando razzi ed esplosivi, e tuttavia non aveva preso nessun misura in proposito....
(israele.net, 20 luglio 2009)
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America Latina, Iran ed Hezbollah osservati speciali di Israele
BOGOTÀ, 20 lug (Velino/Velino Latam) - La "penetrazione" di Hezbollah in America latina preoccupa il ministero degli Esteri israeliano. La direttrice dell'America Latina della diplomazia israeliana, Dorit Shavit ha parlato in questi giorni della presenza di cellule di Hezbollah in Bolivia, Ecuador e Nicaragua, oltre che nella zona settentrionale della Colombia. Secondo Shavit, la presenza di Hezbollah nella regione rivela il crescente interesse che mostra l'Iran nel subcontinente. L'Iran. ha detto, "ha iniziato con cellule di Hezbollah alla frontiera tra Argentina e Paraguay e sappiamo che negli ultimi anni ha formato cellule a la Guajira, in Colombia. Miliziani sciiti sarebbero presenti anche nelle isole Margarita, in Venezuela. Di più: esiste secondo Shavit "una organizzazione che si chiama Hezbollah Venezuela", sospettata di aver messo esplosivi nei pressi dell'ambasciata statunitense a Caracas. Un analogo avvertimento viene indirizzato anche al Brasile: "Vogliamo mettere il Brasile in guardia rispetto alla minaccia iraniana. L'Iran esporta terrorismo verso l'America Latina ed è dietro gli attacchi alle ambasciate israeliane a Buenos Aires".
Pur coscienti degli interessi brasiliani in Iran, la funzionaria ha ricordato che è necessario "aprire gli occhi", dal momento che Teheran non pensa al paese amazzonico solo "in termini economici". L'intreccio Iran-America latina occuperà gran parte dell'agenda degli incontri che il ministro degli Esteri Avigdor Liberman terrà a partire da domani nel subcontinente. L'esordio del titolare della diplomazia israeliana sarà proprio a Brasilia, dove incontrerà il presidente Inacio Luis Lula da Sila e il suo collega Celso Amorim. Di seguito, Liberman si sposterà in Argentina, ospite anche qui della presidente Cristina Fernàndez e del collega Jorge Taiana, prima di recarsi in Perù (dove incontrerà il presidente Alan García e il ministro degli Esteri José Belaunde) e in Colombia. Il rientro di Liberamn in patria è previsto per il prossimo 30 luglio.
(il Velino, 20 luglio 2009)
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Dalla rassegna stampa di Ugo Volli
C'è una novità nei rapporti fra Stati Uniti e Israele al centro della rassegna di oggi. Il Dipartimento di Stato ha convocato il nuovo ambasciatore israeliano Oren per chiedere al governo israeliano di annullare un progetto edilizio a Gerusalemme. Non si tratta affatto di una nuova costruzione, e neppure di un insediamento, ma della trasformazione di un ex albergo (che era stato la residenza del muftì Haj Amin Al Hussein, il predecessore di Arafat alla guida dei palestinesi, ispiratore dei pogrom degli anni Venti e Trenta, che durante la Seconda Guerra Mondiale si era trasferito a Berlino a far propaganda per i tedeschi, approvando esplicitamente i loro metodi sulla "questione ebraica". Il palazzo è stato comprato negli anni Ottanta da un ricco ebreo americano, Moskovitz, che si è deciso a trasformarlo in una ventina di appartamenti (il servizio di Davide Frattini è sul Corriere). La notizia è data in maniera molto tendenziosa su quasi tutti i giornali: La Stampa parla di "colonie a Gerusalemme", il Messaggero di "insediamenti a Gerusalemme est". Il fatto è che non esiste una Gerusalemme Est e una Gerusalemme Ovest, come non esisteva una Berlino Est e una Berlino Ovest; si è sempre trattato della stessa città, dove gli ebrei erano in maggioranza da lunghissimo tempo prima della nascita dello Stato di Israele. La divisione è stata imposta dall'occupazione giordana della città fra il 48 e il 67; un'occupazione che a differenza dello Stato Ebraico non ha garantito la libertà d'accesso ai luoghi santi delle tre religioni e anzi ha cercato di distruggere tutto quel che c'era di ebraico nella città vecchia. Ha fatto dunque bene Netanyahu a respingere la richiesta americana e le proteste dell'ANP (Repubblica, Wall Street Journal): Gerusalemme non è una "colonia", ha risposto agli americani, ma la capitale indivisa dello Stato di Israele e tutti i suoi abitanti hanno diritto di comprare e riqualificare edifici dove vogliono.
(Notiziario Ucei, 20 luglio 2009)
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I muscoli di Hezbollah fanno paura
di Fiamma Nirenstein
L'attacco subito nel sud del Libano dalle truppe dell'Unifil mentre tentavano di verificare in che cosa consistesse il deposito d'armi degli hezbollah saltato per aria qualche giorno prima con morti e feriti, è un pessimo segnale per la pace in Medio Oriente. Quel centinaio di abitanti di Kirbat a Silm che alla fine si sono persino messi a sparare contro le forze internazionali sono il segno della solida presenza degli hezbollah al sud del fiume Litani, dove hanno comprato, costruito, arruolato; è un segnale della determinazione della milizia sciita a proteggere le armi e le loro infrastrutture nonostante la risoluzione dell'Onu che ne stabilisce lo smantellamento.
La chiave dell'aggressività delle ultime azioni degli hezbollah, che hanno taciuto per lungo tempo e che sembravano determinati a conquistare il potere in Libano tramite un percorso di legittimazione democratica, deve essere letta alla luce dei risultati delle ultime elezioni, anche se è lo scontro con Israele la stella polare intorno a cui costruiscono l'azione e il consenso....
(il Giornale, 20 luglio 2009)
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Nuova Influenza; Israele: due milioni di persone si ammaleranno
GERUSALEMME, 20 lug. (Apcom) - Un quarto della popolazione israeliana, pari a due milioni di persone, potrebbe contrarre nei prossimi mesi l'influenza suina. Lo ha dichiarato un responsabile del ministero della Sanità israeliano alla radio militare. "Si può stimare che circa un quarto della popolazione israeliana (7,4 milioni) potrebbe essere colpita da questa epidemia di influenza suina nei prossimi mesi", ha dichiarato Itamar Groto, capo del servizio pubblico al ministero della Sanità. Il responsabile ha tuttavia sottolineato che nella stragrande maggioranza dei casi, la malattia avrà un decorso benigno. "Nel 99,99% dei casi, i malati saranno in piedi nel giro di due o tre giorni", ha previsto. Attualmente quattro persone che hanno contratto il virus sono ricoverate negli ospedali in condizioni definite gravi. Secondo le ultime cifre del ministero della Sanità, 890 casi di contagi dal virus A-H1N1 sono stati registrati in Israele. (con fonte Afp)
(La Provincia di Varese, 20 luglio 2009)
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Lettera aperta al Sindaco di Pescara: "Aggiungiamo la bandiera di Israele"
Il testo della lettera aperta inviata stamani al Sindaco di Pescara, Luigi Albòre Mascia, da Alessio Di Carlo, coordinatore nazionale della Federazione per un'Italia Liberale e patron di Abruzzo Liberale.
"Illustre Signor Sindaco,
chiusi i Giochi del Mediterraneo, rimane il disarmante silenzio con cui le autorità amministrative ed organizzative hanno tollerato l'esclusione dello Stato di Israele dalla competizione sportiva.
Pur non condividendo le ragioni di convenienza politica sottese a questa vergognosa scelta dichiaratamente antisionista, abbiamo preso atto dell'avvenuta discriminazione, non senza denunciare, da diversi mesi a questa parte, la scelta compiuta..
Chiusi i Giochi del Mediterraneo rimane, inoltre, lo sventolio di tante belle bandiere in Largo Mediterraneo.
A queste Le chiediamo di aggiungere quella dello Stato di Israele, stato democratico bagnato dal Mar Mediterraneo.
Sarebbe un modo per passare il testimone al Comitato Organizzatore dei Giochi di Volos 2013 con l'auspicio che, a partire dalla prossima edizione, possa cessare la discriminazione perpetrata da quasi cinquant'anni verso lo Stato di Israele.
Con viva cordialità
Alessio Di Carlo"
(Abruzzo Liberale, 20 luglio 2009)
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Romania: traffico di ovuli in una clinica di Bucarest, arrestati 30 israeliani
BUCAREST, 20 lug. - (Adnkronos) - Trenta israeliani sono stati arrestati in una clinica della fertilita' di Bucarest, con l'accusa di traffico di ovuli. Secondo quanto riferito dai media dello Stato ebraico, 28 degli arrestati sono stati rilasciati su cauzione dopo essere stati interrogati ieri dalla polizia rumena. La notizia e' stata confermata da un portavoce del ministero degli Esteri israeliano, Yossi Levi, secondo cui l'ambasciata a Bucarest sta collaborando con le autorita' locali, nelle quali "abbiamo piena fiducia", per chiarire la vicenda.
(IGN, 20 luglio 2009)
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Nei paesi fiorisce la «Hitler Jugend»
Lo denuncia un dossier della Provincia, nel Burgraviato scatta l'allarme
MERANO. Sono sempre di più i giovani, molto spesso minorenni, che si riconoscono nella "Hitler Jungend" e sono organizzati sotto forma di cellula neonazista. Un fenomeno diffuso nel Burgraviato e particolarmente evidente nella zona di Naturno dove gli adepti sarebbero addirittura una settantina. La denuncia viene da un dossier elaborato dal Servizio giovani della Provincia.
Che le valli del Meranese fossero terreno fertile per la diffusione dell'ideologia neonazista già lo si sapeva. Le cronache degli anni scorsi riportano numerosi episodi riconducibili a gruppi dell'estrema destra tedesca con spiccate simpatie per la croce uncinata. Sparute cellule di esaltati tenute sotto stretta sorveglianza dalle forze dell'ordine che, salvo qualche caso di violenza prontamente repressa e punita, si sono limitate a celebrare i loro inquietanti riti lontano da occhi indiscreti.
Il dossier elaborato dal Servizio giovani della Provincia, e finito recentemente sul tavolo dell'assessore Richard Theiner che ne ha parlato anche nell'ultima riunione della giunta provinciale, mette però il fenomeno sotto una preoccupante luce, e in tutto il Burgraviato scatta l'allarme. Questo perché non può evidentemente rientrare nei limiti dell'accettabile il fatto che nel solo paese di Naturno siano all'incirca una settantina i giovani (quasi tutti minorenni, con un'età d'iniziazione che si aggira anche attorno ai 14 anni) che darebbero vita alla locale sezione della "Hitler Jugend".
«Un fenomeno che non va sottovalutato, anche perché sembra che vi aderiscano ragazzi delle medie e delle superiori, di varie classi sociali - osserva l'assessore Theiner - con un trend che individua la diffusione delle adesioni, o meglio del più semplice avvicinamento a questa ideologia in una fascia d'età sempre più bassa e per questo più condizionabile. L'elaborazione dei nostri uffici in ogni caso non fa che rilevare una situazione già nota e che non è statisticamente peggiore di quella presente in altre regioni, anzi. Ciò non significa evidentemente sottovalutarla».
«Qualora dovesse svilupparsi, sarà compito del Comune impegnarsi ad affrontare il problema assieme a genitori e studenti, oltre alle forze di polizia ed ai servizi sociali», come ha ribadito il sindaco di Naturno Andreas Heidegger.
Secondo quanto si è appreso in questura «il fenomeno è conosciuto alle forze dell'ordine ed è sotto costante controllo, già più volte in Alto Adige sono venute alla luce associazioni di giovani che si richiamano al nazionalsocialismo e sono stati già celebrati anche processi per violazione della legge Mancino a carico di giovani».
La questione verrà inevitabilmente affrontata anche a livello di Comunità del Burgraviato. È noto infatti che il Comprensorio ha da tempo avviato uno specifico programma per combattere il fenomeno dell'estremismo di destra di matrice neonazista con l'impiego di personale specializzato.
(Alto Adige, 12 luglio 2009)
Ved. articolo del Corriere della Sera
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La trappola di Netanyahu: mostrare che i palestinesi non vogliono i due Stati
di R.A. Segre
Il discorso tenuto avant'ieri dal segretario di Stato americano Hillary Clinton al Centro di Studi internazionali e strategici di Washington è piaciuto a Gerusalemme. La dichiarazione della Clinton che la corsa dell'Iran all'arma nucleare «è inaccettabile» e l'invito ai Paesi arabi ad assumere «adesso» iniziative per giungere alla normalizzazione dei rapporti con Israele hanno creato soddisfazione anche se non sono bastate a cancellare i sospetti.
Per il governo di Gerusalemme la politica di «conversazione col nemico» del presidente Obama resta preoccupante tanto più che si teme che gli ostacoli incontrati da questa politica con la Russia e con l'Iran non vengano compensati da un avvicinamento coi Paesi arabi a scapito di Israele.
Nella cerchia del premier Netanyahu si comincia a credere che l'apparente realismo della Clinton verso gli arabi e in particolare dei palestinesi sia anche l'effetto del piano di pace in cinque punti varato dal governo e immediatamente respinto dai palestinesi che lo considerano «una trappola».
La novità di questo piano consiste nel fatto che per la prima volta dal 1967 un governo israeliano non menziona né Gerusalemme né confini «indispensabili» come parte del negoziato coi palestinesi. Questi due punti cruciali diventano teoricamente negoziabili. Lo scopo del piano di pace israeliano è di dimostrare agli americani che i palestinesi non vogliono il rientro di Israele alle frontiere del '67 e probabilmente neppure due Stati in Palestina. Mirano a ottenere la continuata pressione americana ed europea per mettere Israele con le spalle al muro in vista della sua «liquidazione».
In un'intervista al giornale Al Dustour, Saeb Erekat, principale negoziatore dell'Autorità palestinese con Israele, ha sostenuto non esserci alcuna fretta di arrivare a un accordo: «Perché affrettarci, non ci sarà un accordo stabile se non fondato sul diritto internazionale e la giustizia». Il termine giustizia per la Carta costituzionale dell'Olp come di Hamas ha sempre significato la scomparsa dello Stato sionista.
La politica di Netanyahu in questi frangenti mira a respingere le pressioni americane, scoprendo il gioco palestinese guadagnando tempo. È convinto che quattro dei cinque punti della sua proposta di pace non possono essere rifiutati da Washington perché fanno parte di principi proclamati da tutte le amministrazioni (riconoscimento dello Stato ebraico; demilitarizzazione di quello palestinese; non ritorno dei rifugiati sul territorio israeliano ma su quello palestinese; garanzie internazionali). L'ultimo punto: impegno palestinese a dichiarare che una volta raggiunto l'accordo non ci saranno da parte loro altre pretese. Cosa impossibile per Hamas e Al Fatah di accettare. Per cui Netanyahu, convinto che il tempo lavori per lui molto più che per i palestinesi, ha lanciato un piano che diventa difficile da rifiutare.
(il Giornale, 19 luglio 2009)
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Dal kibbutz alla Coppa Davis. La missione del soldato Levy
Il giocatore israeliano è stato il protagonista dei quarti di finale contro la Russia ed a settembre Israele potrà giocarsi l'accesso alla finale contro la Spagna di Nadal
di Giovanni Marino
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Harel Levy |
ROMA - Maggio 2001, tribune gremite sul Centrale del Foro Italico. C'è sua maestà Pete "Pistol" Sampras agli Internazionali d'Italia. L'americano è testa di serie numero 4. A Roma ha già trionfato quando era il re delle classifiche mondiali, ma anche ora che la sua carriera ha imboccato la fase discendente è sempre un grandissimo. Nessuno è disposto a scommettere sull'avversario di turno: Harel Levy, israeliano nato a Kibbutz Nashonin, dice lo speaker presentandolo al pubblico. Ma, pochi scambi dopo, a Pete sembra di giocare contro uno specchio che, quel pomeriggio, riflette la sua immagine: Levy è elegante con il rovescio a una mano in top e in back quando occorre, sicuro col dritto a cui sa imprimere variazioni di velocità, deciso con la battuta e capace di chiudere a rete di volèe appena possibile. L'sraeliano è decisamente meno potente ma sa appoggiarsi perfettamente sui colpi dell'americano e sfruttarne così la loro stessa forza. Tra lo stupore generale il match diventa una strenua lotta e l'outsider prevale per 6-4 al terzo set. Pete, sorpreso, ci prova a vincere, eccome, ma Harel riesce ad annullargli ben 13 dei 17 break point. Con eleganza, l'asso Usa commenta in sala stampa: "Il mio avversario gioca molto bene". Da lì Levy si arrimpica fino ai quarti di finale e gioca la sua migliore stagione raggiungendo, a 22 anni, il gradino numero 30 del ranking. Sembra il trampolino di lancio verso una carriera luminosa per l'ex soldato che (in quel periodo) ha appena completato i suoi tre anni di servizio militare obbligatorio nell'Idf, Israeli defense forces e non avrà altro cui pensare che il tennis. Ma l'infortunio, il nemico più temuto da ogni atleta, è in agguato e gli renderà la vita difficile.
Un incidente dietro l'altro. Colpiti, soprattutto, spalle e anche. Nelle ultime stagioni solo challenger e tornei minori. Diventano ricordi lontani le sue vittorie su top player come Roddick, Sampras, Chang, Ferreira, Henman, Grosjean, Novak o lo strepitoso Masters series canadese che nel luglio del 2000 fece intuire le sue grandi possibilità quando, da numero 144 giunse in finale arrendendosi solo all'allora irresistibile russo Marat Safin. I malanni fisici sembrano condannare Levy nel malinconico ambito delle promesse bruciate. Attenzione però, a emettere sentenze definitive. Mai dire mai con chi ha classe e cuore. Harel si ribella al suo destino e scrive una pagina indelebile per il tennis israeliano. Perché iIl talento, quello vero, sa resistere alle avversità e uscire fuori quando meno te lo aspetti.
Quarti di finale di Coppa Davis. Israele ha l'occasione di accedere alle semifinali del più importante torneo a squadre per nazioni. Gioca in casa. Difronte c'è un ostacolo arduo: la Russia di Andreev, Safin, Kunitsyn e Youzhny. Un team esperto, affiatato e di alto valore. Harel va in campo per primo, forte del suo orgoglio e di quel tennis classico da giocatore d'attacco. Il Nokia Arena di Tel Aviv è una bolgia. Prima di entrare in campo il tennista israeliano non si nasconde: "Io credo che possiamo farcela qui, con questo pubblico fantastico". Parole da leader coraggioso. Che replicano alla sicurezza un po' sbruffona di Safin: "Con tutto il rispetto, va detto che Israele è stato solo molto fortunato ad arrivare fin qui". Non proprio un indovino Marat.
Il rigido schema delle classifiche dice: Levy numero 210. Il suo rivale del primo match, Igor Andreev, numero 24. Per la matematica la questione non si pone: non c'è match. Errore: il Dio del tennis ha inventato la Davis per smentire tutto questo e stravolgere ogni logica previsione. E l'ex soldato Harel si cala perfettamente nella parte del campione ritrovato. Imbriglia le frustate di dritto dell'avversario, attacca spesso in contropiede, raccoglie punti con perentorie volèe. Vince primo e secondo set d'autorità: 6-4, 6-2. Subisce il ritorno di Andreev nel terzo (4-6), poi chiude l'incontro con un secco 6-2. Uno a zero Israele. E' il match che cambia tutto. Sull'onda dell'entusiasmo i padroni di casa abbattono i russi infliggendo loro un umiliante 4 a 1 e l'ex soldato Harel porta a termine la sua missione anche nell'ultimo, ormai ininfluente singolare contro Kunitsyn, mandato al tappeto, contro ogni pronostico anche stavolta, con un tie break finale.
In quasi undicimila, pubblico record, applaudono l'impresa di Levy e dei suoi compagni di squadra. Il primo ministro Benjamin Netanyahu telefona a Moshe Haviv, direttore generale della Israel tennis association e dice con l'enfasi delle grandi occasioni: "Con questo successo siamo di nuovo nel tennis che conta, avete riempito i cuori della nazione di orgoglio". I russi sono letteralmente sotto choc. Harel spiega con poche parole l'exploit: "Andreev aveva addosso tutta la pressione del mondo, io ero molto più rilassato". Sicuro del fatto suo, aggiunge: "Il mio allenatore mi ha sempre detto che ero un vincente". E il suo pensiero va a chi, quando era gravemente infortunato ad un'anca, lo dava per finito.
Davide batte Golia, titolano agenzie di stampa e giornali nei loro resoconti della Davis riferendosi all'impresa di Israele con la Russia. E le vittorie di Levy hanno grande spazio. I suoi exploit fanno quasi passare in secondo piano la buona qualità di un team comunque iper-competitivo in patria (ne sa qualcosa l'Italia, sconfitta nel 2007 già dopo i due singolari e il doppio a Ramat Hasharon nel 2007); una formazione che, a parte lui, può contare su buoni giocatori come l'emergente Dudi Sela (ottavi di finale a Wimbledon), un doppio di prima qualità con Erlich e Ram (vincitori anche di uno Slam in Australia nel 2008) e un rincalzo come Noam Okun (in passato tra i primi cento).
Ma chi è, nel privato, l'ex soldato Harel? Un tipo molto simpatico, dicono gli abituali frequentatori dell'Atp tour. Amicissimo del tre volte campione del Roland Garros, Gustavo "Guga" Kuerten (il brasiliano dai fondamentali devastanti costretto un anno fa al ritiro proprio dai ricorrenti infortuni alle anche), Levy è un tifoso sfegatato di calcio. Dovunque sia segue le sorti del Maccabi Haifa e ad alcuni amici ha confidato di amare il pallone quanto, se non più, della racchetta. Al Foro Italico ricordano ancora il suo disappunto per una sconfitta del Maccabi proprio nei giorni in cui lui raggiungeva i quarti di finale del Masters series: "Era così dispiaciuto per un ko della sua squadra che non riusciva a godersi il suo grande momento tennistico".
E adesso in Israele si aspettano un nuovo miracolo in un altro fine settimana: dal 18 al 20 settembre contro lo squadrone spagnolo di Rafa Nadal (ginocchia permettendo), Verdasco, Ferrero, Robredo, Ferrer e Lopez, campioni in carica della Davis. Per giunta, con ogni probabilità, sulla terra rossa di Marbella, un terreno dove l'Armada di Spagna è considerata praticamente imbattibile. Insomma, un'impresa impossibile, sulla carta. L'ideale per un tipo come Harel Levy.
(la Repubblica, 19 luglio 2009)
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Capo negoziatori, Gerusalemme Est sara' la capitale palestinese
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Saeb Erekat |
GERUSALEMME - Si infiamma la polemica per i progetti edilizi ebraici nel rione Sheikh Jarrah, a Gerusalemme est: "Non ci sarà mai la pace fra israeliani e palestinesi se Gerusalemme est non sarà la capitale del futuro Stato", ha detto alla stampa il negoziatore capo palestinese, Saeb Erekat, replicando alle dichiarazioni odierne del premier israeliano, Benyamin Netanyahu. Commentando il sostegno del premier alla realizzazione di un progetto edile per ebrei al posto delle edificio dell'Hotel Sheperd (Gerusalemme est), Erekat ha notato che le sue parole "aggiungono ostacoli" negli sforzi per la ricerca di intese israelo-palestinesi. Compito del premier israeliano, a suo parere, dovrebbe essere "di preparare il popolo israeliano alla pace, non di rilasciare dichiarazioni populistiche".
Usa, congelare il progetto edilizio ebraico
Gli Stati Uniti hanno formalmente chiesto alle autorita' israeliane di bloccare un progetto edilizio nel rione Sheikh Jarrah, a Gerusalemme est. Lo riferisce la stampa locale, secondo cui al centro della vicenda c'e' l'Hotel Sheperd, che secondo i piani dovrebbe essere raso al suolo per consentire la realizzazione di un progetto edile di una trentina di edifici destinati ad una organizzazione ebraica. L'edificio fu costruito all'inizio del secolo scorso dal Mufti (guida religiosa islamica) Haj Amin al-Husseini. Nella stessa zona, nel medesimo periodo, suoi congiunti edificarono altri palazzi significativi: fra questi la Orient House (ex sede di istituzioni dell'Olp) e l'American Colony, un edificio oggi adibito ad albergo. La demolizione dell' Hotel Sheperd desta dunque notevole fermento fra i palestinesi di Gerusalemme est. Il ministro israeliano per la sicurezza interna, Yitzhak Aharonovic (Israel Beitenu), ha pero' lasciato intendere che le pressioni diplomatiche statunitensi non saranno accolte in quanto ''i progetti di costruzione sono gia' stati convalidati dal Municipio''. Nel frattempo e' slittato alla settimana prossima l'arrivo in Israele dell'emissario statunitense, George Mitchell, incaricato dal presidente Usa, Barack Obama, di discutere con i dirigenti israeliani le modalita' e i tempi di un congelamento delle attivita' di colonizzazione in Cisgiordania.
Netanyahu respinge le pressioni Usa
"Gerusalemme unificata è la capitale del popolo ebraico e dello stato di Israele. La nostra sovranità a
Gerusalemme non può essere messa in discussione". Lo ha dichiarato il premier israeliano Benyamin Netanyahu, commentando le notizie stampa su pressioni statunitensi per il congelamento di un progetto edilizio ebraico nel rione di Sheikh Jarrah, a Gerusalemme est. Netanyahu ha fatto queste dichiarazioni durante la apertura della seduta settimanale del Consiglio dei ministri.
''La nostra politica e' che tutti gli abitanti di Gerusalemme possono acquistare appartamenti in tutto il territorio urbano'', ha proseguito Netanyahu. ''Questa e' stata la politica di tutti i governi israeliani passati. Non c'e' divieto agli arabi di comprare appartamenti a Gerusalemme ovest e non c'e' divieto agli ebrei di costruire o acquistare appartamenti a Gerusalemme est. Si tratta di una politica di 'Citta' aperta''', ha osservato il premier. ''Israele - ha concluso - non puo' accettare il principio che ebrei non abbiano il diritto di acquistare o di costruire appartamenti in ogni parte di Gerusalemme est... Mi immagino cosa accadrebbe se qualcuno proponesse che ebrei non possano vivere o acquistare (appartamenti) in determinati rioni di Londra, New York, Parigi o Roma. Di certo sentiremmo elevate proteste internazionali. A maggior ragione non e' possibile accettare limitazioni del genere a Gerusalemme est''.
(ANSA, 19 luglio 2009)
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Revocato il bando contro Al Jazeera
L'emittente potrà riprendere l'attività in Cisgiordania
RAMALLAH - L'Autorità nazionale palestinese (Anp) ha annunciato oggi, sabato, che consentirà alla Tv satellitare del Golfo Al Jazeera di riprendere le sue attività dopo aver ordinato la chiusura del suo ufficio di corrispondenza.
Il premier Salam Fayyad ha detto che la sospensione sarà «revocata» ma che contro l'emittente verrà avviato un procedimento legale «per i suoi continui attacchi contro l'Olp e l'Anp».
La chiusura dell'ufficio di Al Jazeera in Cisgiordania era stata ordinata tre giorni fa. L'emittente era stata accusata di raccogliere «provocazioni» e di avere diffondere «menzogne», in particolare a proposito della morte di Yasser Arafat.
A suscitare la collera dei vertici palestinesi sembra sia stata la messa in onda di dichiarazioni di Faruk Kaddumi - dirigente radicale dell'Olp da sempre contrario agli accordi di pace di Oslo - in cui questi è tornato a imputare all'attuale presidente dell'Anp, il moderato Abu Mazen (Mahmud Abbas), di aver provocato la morte di Arafat (avvenuta nel novembre del 2004), complottando con uomini del suo entourage e con Israele per avvelenarlo.
Walid Al Omary, responsabile di Al Jazeera per Israele e i Territori palestinesi, ha accolto con favore la decisione ed ha detto che non bisogna mai mettere il bavaglio ai mezzi di informazione. «Se hanno qualcosa contro di noi, dovrebbero rivolgersi alla magistratura», ha affermato.
(Corriere del Ticino, 18 luglio 2009)
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Kunafa da 74 metri: a Nablus rinata il dolce da Guiness
NABLUS, 18 lug. (Apcom) - Pasta phillo, formaggio di capra al miele, pistacchi, uvetta, nocciole tritate: sono gli ingredienti della Kunafa, dolce tipico mediorientale oggi prodotto in formato 1.765 chili proprio nella sua città di origine, la palestinese Nablus. Così 170 pasticceri della località in Cisgiordania, col sostegno dell'Autorità nazionale palestinese, hanno cercato di rimettere la città sulla carta geografica come attrazione turistica e centro economico, e non come roccaforte degli estremisti.
Almeno per oggi, missione compiuta: migliaia di visitatori, fra cui il primo ministro Salam Fayyad, hanno addentato un quadrato della dolcissima torta spazzolando via i 74 metri distesi su un tavolo al centro della piazza principale di Nablus.
Le misure sono state certificate dal Palestinian Standards Institute, e gli organizzatori intendono richiedere l'iscrizione dell'evento nel Guinness dei primati: non ci sono altri esempi nella storia di una kunafa gigante.
A partire dal 2000, per nove mesi l'esercito israeliano ha tenuto Nablus sotto assedio in un crocevia di posti di blocco. Le restrizioni sono state considerevolmente allentate il mese scorso a riconoscimento della campagna per il rispetto della legge varata dal governo dell'Anp guidato appunto da Fayyad. Oggi i turisti possono entrare liberamente.
Israele dichiara comunque che è troppo presto per pensare a un ritiro dell'esercito dalla Cisgiordania e rifiuta di prendere in considerazione il congelamento della crescita degli insediamenti ebraici, condizione sine qua non affinché i palestinesi accettino di discutere dei colloqui di pace.
(tendenzeonline.info, 18 luglio 2009)
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Gaza - Folla di fans per il primo film di Hamas
"Emad Akel" racconta la storia di un comandante del gruppo
Folla di fans e fotografi anche a Gaza City per la prima del film "Emad Akel", prodotto da Hamas, che racconta in due ore e mezza la storia di un comandante dell'ala militare del gruppo palestinese, ucciso nel 1993 in uno scontro a fuoco con i soldati israeliani. Akel aveva 23 anni quando fu ucciso, ed era soprannominato il "fantasma" per la sua capacità di camuffarsi (una volta si vestì anche da colono ebraico). Nei primi anni '90 era il ricercato numero uno di Israele, in quanto sospettato di aver ucciso in diversi attentati undici soldati israeliani, un civile e quattro informatori palestinesi. Il film è costato 200mila dollari, e la sceneggiatura è stata scritta da Mahmoud Zahar, uno dei principali leader di Hamas, già autore di tre romanzi e di un'altra sceneggiatura. "Invece di Hollywood questa è Hamaswood", ha detto ieri sera il ministro dell'Interno di Hamas Fathi Hamad al termine della prima, all'Università islamica di Gaza. "Stiamo cercando di fare arte di qualità, islamica e sulla resistenza, senza scene sensuali", ha aggiunto.
(Apcom, 18 luglio 2009)
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Saluzzo: sulle 'Tracce del ricordo' delle storie degli Ebrei
Mercoledì 22 luglio alle 20.45, in collaborazione con l'Istituto Storico della Resistenza Cuneo e la Comunità Ebraica di Torino, si terrà un itinerario guidato tra le case degli ebrei deportati e la successiva visita alla Sinagoga di Saluzzo, con partenza da Piazza Risorgimento 1 (davanti Ufficio Turistico IAT). L'itinerario si concluderà ai Giardini della Rosa Bianca, con le letture e proiezioni de 'L'armadio della Vergogna' di Ugo Rizzato tratto da 'Le stragi nascoste' di Mimmo Franzinelli. Regia di Valter Scarafia, voci narranti: Lionello Nardo, Franco Bellino, Luana Pes, Gabriella Molineri, Alberto Decostanzi, Irene Calvetti, Anna Gavatorta, Christian la Rosa, Ugo Rizzato. Tecnico audio e luci: Franco Carletti
Per l'appuntamento, gratuito, è richiesta la prenotazione presso: Ufficio Turistico IAT, Piazza Risorgimento 1- tel. 0175.46710, mail: iat@comune.saluzzo.cn.it
Tracce del ricordo
Della presenza di ebrei a Saluzzo abbiamo testimonianza già dal XV secolo. Alla fine del 1938 a Saluzzo risiedevano 45 ebrei. La Comunità, un tempo fra le più numerose della provincia, era stata caratterizzata nell'ultimo secolo dalla forte partecipazione dei suoi componenti alla vita sociale e politica della città. Emancipati nel 1848 dallo Statuto Albertino, gli ebrei saluzzesi avevano
cominciato ad abitare anche fuori dell'antico ghetto e si erano sempre più integrati e legati ai concittadini non ebrei con cui intrattenevano rapporti di lavoro, di affinità di interessi, di
vicinato. Ai primi del Novecento un'intensa migrazione verso i centri maggiori aveva drasticamente ridotto il gruppo ebraico, ma non modificato quella pacifica e costruttiva integrazione.
Nonostante ciò, il veleno dell'antisemitismo che dal 1936 progressivamente viene diffuso dal regime fascista non incontra alcuna opposizione pubblica ed intacca quella secolare pacifica convivenza, che le leggi razziali del 1938 devastano poi completamente, senza che si levino voci a difesa dei concittadini perseguitati nei diritti all'istruzione, al lavoro, alla proprietà, alla libertà.
Dopo l'8 settembre 1943 la situazione precipita. L'antisemitismo fascista si salda con quello nazista al cui servizio la RSI si colloca con zelo: è la vita degli ebrei ora ad essere in pericolo.
A questo punto molti singoli offrono aiuto e nascondigli, la Chiesa locale si muove, ma per troppi è ormai troppo tardi: il bilancio delle vittime è, per la città di Saluzzo, altissimo: 29 persone deportate ed uccise. Le 'Tracce del ricordo', collocate davanti agli usci dove abitavano i 21 ebrei residenti a Saluzzo poi sterminati ad Auschwitz, vogliono far incontrare con la storia coloro che oggi percorrono le stesse strade che percorrevano i saluzzesi di allora. Far toccare la concretezza di una tragedia enorme sviluppatasi un passo dopo l'altro nella banale quotidianità della vita di ognuno, senza che nessuno la fermasse per tempo, per indifferenza, per viltà, per convenienza, o perché si era persuasi dalla propaganda che fosse giusto così.
Le targhe (tracce del ricordo) apposte davanti alle case degli ebrei, prima iniziativa del genere in Italia, sono state realizzate dagli allievi dell'Istituto Statale d'Arte Amleto Bertoni di Saluzzo, sezione metalli, nel 2009. Le targhe sono in ottone, incise ad acquaforte e martellate. L'Itinerario delle 'Tracce del Ricordo che comprenderà anche la visita alla Sinagoga di Saluzzo, sarà guidato dalla prof.ssa Adriana Muncinelli, dell'Istituto Storico della Resistenza della Provincia di Cuneo, dal Dott. Giuseppe Segre della Comunità Ebraica di Torino e da Sandro Cappellaro dell'Associazione Giorgio Biandrata.
(targaton, 18 luglio 2009)
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Israele e gli ultraortodossi: un rapporto complesso che mostra tutte le sue contraddizioni
di Christian Elia
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A Mea Shearim |
''Centinaia di poliziotti, sostenuti anche da guardie di frontiera, presidieranno le strade di Gerusalemme. Nessun tipo di violenza sarà tollerata''. Il portavoce della polizia israeliana, Micky Rosenfeld, ha annunciato alla stampa la tolleranza zero verso gli ebrei ultraortodossi che hanno messo a ferro e fuoco nelle ultime 48 ore due quartieri di Gerusalemme.
Il pretesto
- Tutto è nato, martedì scorso, dall'arresto di un una donna ultraortodossa accusata dai servizi sociali israeliani di negligenza. Il suo bimbo di tre anni, ultimo di cinque figli, era stato trovato in condizioni di denutrizione dalle autorità di Tel Aviv che accusano la madre di aver privato sistematicamente dell'alimentazione necessaria il piccolo. La donna nega, sostenuta da tutta la comunità, che è scesa in piazza per dimostrare. Bilancio della battaglia: 18 poliziotti feriti e 34 ultraortodossi arrestati. Il sindaco di Gerusalemme, Nir Barkat, aveva reagito ai disordini ordinando la sospensione di qualsiasi servizio comunale nei quartieri di Geula e Mea Shearim, teatro degli scontri. Barkat, a sentir lui, ha preso la decisione per proteggere gli impiegati comunali, in quanto tutte le istituzioni erano diventate un bersaglio delle proteste degli ultraortodossi. In molti, però, hanno parlato di un'ingiusta punizione collettiva. Dopo la mediazione del presidente israeliano Peres, sono arrivati gli arresti domiciliari per la donna. Questo potrebbe stemperare la tensione, ma l'episodio ha riportato alla luce una tensione di fondo che attraversa la società israeliana: il rapporto con gli ultraortodossi.
Un salto nel tempo - Fare una passeggiata per Mea Shearim, che in ebraico significa 'delle cento porte', è come fare un viaggio nel tempo. Costruito a partire dal 1875, il quartiere è il secondo agglomerato formatosi fuori dalla città vecchia, dai seguaci del rabbino Auerbach. Loro si sono rinchiusi in un ghetto volontario, per vivere nella più totale osservanza degli scritti religiosi e si vestono come i loro antenati dell'Europa centro-orientale del Settecento. I cappelli a falda larga, le lunghe barbe e i riccioli che escono dai copricapi sono i segni distintivi di una comunità che non riconosce lo Stato d'Israele, perché la tradizione vuole che lo fonderà il Messia al suo ritorno e non possono farlo degli uomini comuni. Non parlano la lingua ebraica, ritenuta sacra e da utilizzare solo per la preghiera, e si esprimono in yiddish, l'idioma degli ebrei originari dell'Europa dell'est. Per una passeggiata tra le migliaia di sinagoghe e di yeshivot (le scuole talmudiche) è consigliabile un atteggiamento composto e un abbigliamento castigato. Inoltre durante il sacro sabbath (dal tramonto del venerdì al tramonto del sabato) è proibito fumare e fotografare per le strade del quartiere. Un altro mondo, fatto anche di privilegi, però. Nel 1947, dopo un accordo tra Ben Gurion, uno dei padri d'Israele, e i leader ultraortodossi, si stabilì che questi ultimi potevano rimandare il servizio militare, le loro scuole ricevono fino a 170 milioni di dollari di sussidi e non lavorano.
Ben Gurion ne ottenne l'appoggio politico, ma il resto della società israeliana ha sempre mal tollerato i loro privilegi che, secondo una stima, costano alla comunità un miliardo di dollari l'anno in termini di forza lavoro sottratta all'economia israeliana.
Rabbini contro Israele -
Da sempre posti agli estremi della società israeliana, nella galassia ultraortodossa non mancano neanche quelli che non accettano denaro e non fanno patti con lo Stato. Come il gruppo di Neturei Karta, per esempio. Il movimento è stato fondato a Gerusalemme, nel 1938, schierandosi da subito su posizioni anti sioniste. Partendo da presupposti, però, differenti da quelli degli anti sionisti politici. I seguaci del movimento, infatti, partono da una base teologica e sostengono d'interpretare alla lettera la Torah, il libro sacro dell'ebraismo. Secondo loro, le sacre scritture proibiscono la creazione di uno stato ebraico prima della venuta del Messia. Quindi, secondo questa lettura, lo stato d'Israele è un'impostura e la sovranità sulla Terra santa è dei palestinesi. Uno di loro divenne consigliere di Yasser Arafat per le questioni ebraiche.
Il movimento è stato oggetto, nel tempo, di polemiche e di attentati da parte di ebrei che li vedono come il fumo negli occhi. A settembre dello scorso anno, a Teheran, il governo di Mahmoud Ahmadinejad organizzò un convengo contro il sionismo che, tra gli ospiti, contava tanti negazionisti dello stesso Olocausto. Facile immaginare la reazione in Israele alle immagini provenienti dall'Iran, dove alcuni esponenti di Neturei Karta pregavano con Ahmadinejad. Ieri, mentre gli ultraortodossi di Gerusalemme davano battaglia, quattro di loro sono andati a trovare Ismail Hanyieh, leader di Hamas, a Gaza.
''Noi sentiamo la vostra sofferenza, noi piangiamo le stesse vostre lacrime'', ha detto ad Haniyeh il rabbino Yisroel Weiss, uno dei leader di Naturei Karta. Una dichiarazione decisamente poco ortodossa.
(PeaceReporter, 18 luglio 2009)
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Hamas contro Fatah e Fatah contro al-Jazeera
ROMA, 17 lug - Il ministro degli Esteri del deposto governo di Hamas, Mahmoud a-Zahar, ha affermato che le forze di sicurezza operanti a Gaza hanno sventato un complotto che mirava all'assassinio di alcuni alti esponenti del movimento islamico al potere nella Striscia. Secondo a-Zahar la morte dei dirigenti di Hamas avrebbe comportato la fine del negoziato in corso tra lo stesso movimento islamico e i laici di Fatah al potere in Cisgiordania. Il politico islamico ha poi aggiunto che il piano è stato ordito da ex elementi delle forze di sicurezza palestinesi attive a Gaza prima della presa del potere nella Striscia da parte di Hamas. Sempre di complotto si è parlato poche ore prima a Ramallah da dove il presidente dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) Mahmoud Abbas, ha respinto come "bugie" le accuse che gli sono state rivolte di avere avuto un ruolo nella morte, avvenuta nel 2004, del suo predecessore Yasser Arafat. "Mr. Palestine" morì in circostanze misteriose l'11 novembre a Parigi e nel corso di una intervista con al-Jazeera l'ex consigliere di Arafat Faruk Qaddumi ha accusato Abbas di aver partecipato a un complotto per sbarazzarsi dell'allora presidente.
"Bugie fabbricate per sabotare il sesto congresso di Fatah (in programma nelle prossime settimane a Betlemme, ndr)", ha protestato alla tv palestinese il capo dell'Anp che ha anche assicurato di volere perseguire "a ogni livello in seno a Fatah" le accuse di Qaddumi. Intanto sull'Anp è giunta la condanna della Federazione internazionale dei giornalisti (Ifj), la stessa che ha espulso Israele dal suo seno all'unanimità a inizio settimana. Una nota dell'Ifj chiede al governo di Abbas di ritornare sulla sua decisione di chiudere l'ufficio di corrispondenza di al-Jazeera in Cisgiordania. Definita "una serie violazione della libertà di stampa", la chiusura della sede del network qatarino, era stata motivata dall'Anp per le trasmissioni "di incitamento all'odio e falsa informazione". Nel chiedere al procuratore generale palestinese Ahmed Al-Mughni di chiudere al-Jazeera, il primo ministro Salm Fayyad aveva spiegato che l'Anp è impegnata ad assicurare la libertà di stampa ma anche ad agire "contro qualunque attività che possa causare discriminazione tra le fazioni" e allargare la frattura politica nazionale.
(il Velino, 17 luglio 2009)
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Israele pronto a negoziati con la Siria
Il ministro Ayalon al diplomatico Usa Frederic Hof: Damasco isoli gli estremisti
Il vice ministro degli esteri israeliano Danny Ayalon ha ribadito ieri la disponibilita' del suo paese a riprendere i negoziati di pace con la Siria, ma ha al tempo stesso insistito che Damasco si deve prima allontanare dalle forze radicali nella regione. Ayalon ha ribadito questa posizione nel corso di un colloquio svoltosi nella giornata di ieri a Gerusalemme col diplomatico Usa Frederic Hof, consigliere per la Siria e il Libano nell'equipe dell'inviato degli Stati Uniti in Medio Oriente, George Mitchell. Nei giorni scorsi la stampa israeliana aveva ipotizzato che la visita di Hoff fosse parte di un nuovo tentativo degli Stati Uniti mirato a rilanciare i negoziati di pace.
Stando a un comunicato diffuso dal ministero degli esteri, Ayalon ha detto a Hof che Israele e' pronto ''a entrare in negoziati diretti con la Siria senza condizioni preliminari''. Al tempo stesso ha detto che la Siria ''non puo' da una parte parlare di pace e dall'altra rafforzare le sue relazioni con la Siria e sobillare uno scontro, come sta facendo tramite gli Hezbollah, Hamas e la Jihad Islamica''.
''Queste cose devono finire'' ha detto il vice ministro alla radio pubblica israeliana. Nei giorni scorsi egli aveva pure affermato che ''non sono maturate'' le condizioni per progressi sul tracciato diplomatico con la Siria. Quest'ultima dal canto suo subordina la ripresa dei negoziati a un chiaro impegno di Israele a ritirarsi dalla totalita' delle alture del Golan occupate nel conflitto del 1967.
Hoff, che nei quattro giorni di permanenza in Israele si e' incontrato con diversi esponenti governativi, e' autore di uno studio accademico in cui ha proposto una soluzione della disputa sul Golan, che prevede la trasformazione di gran parte di questo territorio di importanza strategica in una riserva naturale liberamente accessibile a israeliani e palestinesi. Comunque gli Stati Uniti intendono svolgere un ruolo efficace ed equilibrato per la ripresa dei negoziati di pace nella regione mediorientale, tra cui quelli tra Siria e Israele: concetto ieri ribadito a Damasco dallo stesso Frederic Hof. Hof, giunto nella capitale siriana da Israele dopo colloqui con le autorita' dello Stato ebraico, s'e' intrattenuto a colloquio col ministro degli esteri siriano Walid al Muallim. Citato dall'agenzia ufficiale Sana, Hof ha affermato al termine dell'incontro che ''gli Stati Uniti intendono lavorare per il raggiungimento della pace globale'' nella regione. Dal canto suo, Muallim ha ribadito la richiesta siriana di riottenere le Alture del Golan, occupate da Israele nel 1967.
(Il Denaro, 17 luglio 2009)
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Gerusalemme, ancora scontri nella notte tra ortodossi e polizia: una decina i feriti
Il tribunale ha concesso gli arresti domiciliari alla donna ortodossa accusata di aver denutrito il figlio
GERUSALEMME (17 luglio) - Dopo i disordini di ieri nei rioni ultraortodossi, anche oggi la polizia di Gerusalemme è in stato di allerta: nella notte sono rimaste ferite una decina di persone. All'origine delle violenze c'è l'arresto di una donna ortodossa sospettata di aver denutrito il figlio di tre anni, ricoverato all'ospedale Hadassah. Oggi nei rioni ortodossi sono stati affissi poster di denuncia proprio contro l'ospedale, accusato di aver condotto esperimenti medici illegali.
Il tribunale di Gerusalemme oggi ha concesso gli arresti domiciliari alla donna, decisione che potrebbe attenuare il clima di tensione tuttora in atto. La donna, sospettata d'aver privato del cibo l'ultimo dei suoi cinque figli, nega le accuse. A sostenerla c'è la sua comunità (una setta ebraica antisionista) secondo cui il piccolo sarebbe deperito per colpa di cure sbagliate e delle sperimentazioni subite proprio all'Hadassah.
La vicenda, negli ultimi giorni ha innescato polemiche sfociate in violenti disordini di piazza fra poliziotti e dimostranti ultraortodossi. Il sindaco ieri era stato costretto a sospendere i servizi municipali. La sentenza del tribunale arriva dopo che il capo dello Stato Shimon Peres si era impegnato in una mediazione per mettere fine alle proteste degli ultraortodossi. Peres aveva suggerito il rilascio della donna e la consegna a un autorevole rabbino israeliano. Per il figlio aveva consigliato il trasferimento all'ospedale infantile Schneider di Kfar Saba.
(Il Messaggero, 17 luglio 2009)
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Rabbini antisionisti da leader di Hamas
Ieri incontro di esponenti ultraortodossi, nella Striscia di Gaza, con Ismail Hanyeh
Una rappresentanza di rabbini aderenti a una setta di nicchia dell'ultraortodossia ebraica antisionista e' stata ricevuta ieri nella Striscia di Gaza da Ismail Hanyeh, capo dell'autopraclamato governo islamico radicale al potere in questa porzione di territorio palestinese controllata da Hamas.
Gli esponenti religiosi, espressione del movimento Neturei Karta, erano giunti a Gaza mercoledì, attraverso il confine egiziano insieme con una delegazione guidata dal controverso parlamentare progressista britannico George Galloway. La loro presenza ''dimostra che Hamas non ha alcuna ostilita' verso gli ebrei, ma ha un problema soltanto con l'occupazione israeliana fondata sull'ideologia sionista'', ha detto Hanyeh, invitando tutti ''gli ebrei che rifiutano l'occupazione'' a contribuire alla ricostruzione di Gaza dopo l'operazione militare (Piombo Fuso) condotta da Israele all'inizio dell'anno e nonostante il perdurare del blocco imposto attorno al territorio. La delegazione ha consegnato la seconda tranche di un convoglio di aiuti destinati alla popolazione di Gaza nel quadro del progetto ribattezzato da Galloway ''Un'arteria per la vita''. A margine degli incontri il parlamentare britannico ha poi ventilato una possibile visita futura nella Striscia del presidente venezuelano, Hugo Chavez, che - se confermata - sarebbe la prima da lungo tempo di un capo di Stato.
Intanto, se l'ortodossia si conferma una voce forte nel panorama israeliano, nello stato ebraico si registrano di continuo interessanti segnali sul fronte dell'innovazione. l ministero degli Esteri israeliano (Mfa) si apre infattii alle nuove tecnologie ed adotta Facebook, Twitter e Flickr per fare comunicazione.
Oltre al sito web www.mfa.gov.il/MFA - disponibile in ebraico, inglese, arabo e persiano - ora la divulgazione del MFA e' raggiungibile anche su Facebook, il piu' famoso social-network del mondo e attraverso il servizio di microblogging e social-network Twitter, due strumenti balzati agli onori delle cronache per il ruolo svolto durante i tumulti scoppiati in Iran dopo le elezioni presidenziali. Per le diffondere le foto il ministero degli Esteri d'Israele ha scelto www.flickr.com, il sito web di condivisione delle immagini di proprieta' del gruppo Yahoo!.
(Il Denaro, 17 luglio 2009)
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Libano-Israele: lesercito di Beirut aiuta Hezbollah
Dopo lesplosione in un presunto arsenale clandestino
L'esercito libanese avrebbe aiutato le milizie sciite di Hezbollah a nascondere le prove delle attività militari della guerriglia nel sud del Paese: è quanto riporta il quotidiano israeliano Ha'aretz, che cita una lettera dell'inviato dello Stato ebraico presso l'Onu, Gabriela Shalev. Nella lettera indirizzata al Segretario Generale dell'Onu Ban Ki-moon Shalev sostiene che l'esplosione avvenuta alcuni giorni fa nel sud del Libano ha avuto luogo in un arsenale clandestino, il che proverebbe come le milizie stiano violando la risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Dopo l'esplosione, conclude la lettera, l'esercito avrebbe inoltre impedito alle forze dell'Unifil di recarsi sul posto per dare tempo di eliminare le prove dell'esistenza dell'arsenale.
(Virgilio Notizie, 17 luglio 2009)
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Cresce la tensione fra il Partito di Dio e i suoi avversari
L'esplosione due giorni fa nel sud del Libano di un deposito di munizioni della milizia sciita libanese Hezbollah ha rischiato di innescare un nuovo pericoloso confronto tra Partito di Dio e suoi avversari, per il momento scongiurato a causa dell'apparente clima di distensione che domina la scena politica in vista della formazione del nuovo governo di ''unita' nazionale''. I vertici dell'Unifil, la forza Onu schierata a ridosso del confine provvisorio con Israele, hanno ieri implicitamente confermato che le munizioni e le armi depositate in un ''edificio abbandonato'' ed esplose martedi' mattina poco lontano dal quartier generale dei Caschi blu italiani appartenevano al movimento sciita sostenuto da Iran e Siria. In un comunicato, l'Unifil ha cautamente puntato il dito sul Partito di Dio, considerando ''l'incidente una seria violazione della risoluzione Onu n.1701'', che ha interrotto le ostilita' tra Hezbollah e lo Stato ebraico nell'estate 2006 e che impone, tra l'altro, l'assenza di armi e uomini armati ''non autorizzati'' nell'area meridionale libanese compresa tra il fiume Litani e la Linea Blu di separazione con Israele. Fino a qualche settimana fa, un incidente simile avrebbe riaperto la polemica tra Partito di Dio e i suoi rivali libanesi, oggi formalmente riuniti nella coalizione di maggioranza, sulla legittimita' dell'arsenale della 'Resistenza', sinonimo della milizia sciita anti-israeliana. Dopo esser pero' giunti a un passo da una nuova guerra civile nel maggio 2008 e nonostante la loro vittoria ottenuta contro la coalizione dominata da Hezbollah alle recenti elezioni legislative, i leader della maggioranza da settimane si stanno riposizionando alla ricerca di un nuovo equilibrio in vista della formazione del nuovo esecutivo, del quale faranno parte anche ministri del Partito di Dio. Gia' dall'autunno del 2006, Hezbollah aveva comunque piu' volte ribadito di aver raddoppiato la propria capacita' militare. I giornali libanesi hanno affermato ieri che il deposito di armi esploso nel sud apparteneva alla milizia sciita, ma il Partito di Dio non ha finora ufficialmente ne' confermato ne' smentito la notizia.
(Il Denaro, 17 luglio 2009)
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Israele mostra i muscoli: test allo scudo antimissili
Times: accelerato il piano per rispondere a eventuali attacchi
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Lancio dell'antimissile Arrow |
GERUSALEMME - Israele moltiplica i suoi avvertimenti all'Iran mentre accelera la messa a punto di sistemi che dovrebbero formare uno scudo difensivo contro razzi e missili a corto, medio e lungo raggio. Insolitamente nessuna fonte israeliana si è intanto affrettata a smentire le affermazioni del giornale inglese Times, secondo il quale le manovre navali condotte nel mar Rosso dalla marina e l'accelerazione dei progetti volti a dare a Israele uno scudo antimissilistico sono un segnale rivolto all'Iran e indicano un'intensificazione dei preparativi per un eventuale attacco agli impianti nucleari iraniani. Il giornale ha citato fonti del ministero della Difesa israeliano secondo le quali «Israele sta investendo tempo nel preparare se stesso di fronte alla complessità di un attacco all'Iran». Anche l'ostentato transito del canale di Suez - in evidente coordinamento con l'Egitto - di alcune delle più moderne unità navali israeliane per il mar Rosso «sono un segnale all'Iran che Israele è pronto a far seguire i fatti agli avvertimenti». Israele - che si ritiene direttamente minacciato - e gran parte della comunità internazionale sospettano che l'Iran miri a dotarsi di bombe atomiche, sviluppando al tempo stesso anche i vettori per lanciarle a grandi distanze. In questo contesto assumono un rilievo ancora maggiore le notizie sul positivo collaudo nei giorni scorsi nel Neghev di un sistema di difesa, denominato "Iron Dome" ("Cupola di ferro") capace di distruggere in volo razzi e missili aventi un raggio di 5-60 km. Nell'Oceano Pacifico, in collaborazione con gli Stati Uniti, è in programma nei prossimi giorni un test di cruciale importanza dell'antimissile Arrow (Freccia). Infine, in risposta alla minaccia di missili a medio raggio, tipo Scud, Israele dispone di batterie di antimissili Patriot.
(Corriere Canadese, 17 luglio 2009)
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Olmert: un errore concentrarsi sulla questione degli insediamenti
Ex premier israeliano: un ostacolo ai negoziati di pace
Il volersi concentrare sul congelamento delle attività edilizie negli insediamenti ebraici costituisce un ostacolo ai negoziati di pace in Medio Oriente: lo ha affermato l'ex premier israeliano Ehud Olmert, in un editoriale pubblicato dal quotidiano statunitense The Washington Post. Olmert ricorda come nel 2007 la Conferenza di Annapolis abbia "fornito il quadro per un negoziato diretto far israeliani e palestinesi", eppure "oggi invece di un processo politico, la questione degli insediamenti domina l'agenda fra Stati Uniti ed Israele": "E' un errore che non serve né ai palestinesi né ai rapporti fra Israele e i Paesi arabi, e che oltretutto potrebbe potenzialmente mettere in crisi i rapporti fra Israele e Stati Uniti". L'ex premier chiede infine ai governi israeliano e statunitense di rispettare gli accordi già esistenti in materia di insediamenti, che permettono di procedere con le attività edilizie in base a criteri stringenti, relegando le trattative sulle colonie "a un discreto secondo piano, come già in passato, per discutere invece delle questioni politiche principali".
(Virgilio Notizie, 17 luglio 2009)
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Esercito di Israele: infondate le accuse di crimini a Gaza
ROMA, 16 lug - Dopo le accuse diramate dall'organizzazione "Breaking the Silence", composta da ex soldati che si battono per il rispetto dei diritti umani, che ieri ha reso pubblico un dossier sui crimini commessi dai soldati israeliani nell'operazione 'Piombo fuso' a Gaza, arriva oggi la risposta dell'esercito israeliano che ha bollato le accuse come "esagerate" e "infondate". "Prevenire perdite tra i civili e migliorare la ricerca dei ribelli che si nascondevano nelle abitazioni private, evitando un uso esagerato delle armi da fuoco", secondo l'ufficiale israeliano, erano gli ordini che avevano i soldati impegnati in questo genere di operazioni. Questi uomini, sottolinea la fonte citata da 'Haaretz', "rischiavano le loro stesse vite pur di risparmiare degli innocenti". Anche l'ufficio stampa dell'esercito israeliano, attraverso un comunicato, respinge con decisione le accuse contenute nel dossier di 'Breaking the silence'. "La maggior parte delle testimonianze - è scritto nella nota - sono basate su voci e resoconti di seconda mano. L'Idf esige che tutti i soldati e gli ufficiali che hanno assistito a violazioni di ordini e procedure, soprattutto quelle legate a danni a non combattenti, portino queste violazioni alla nostra attenzione. L'Idf - conclude il comunicato - si rammarica del fatto che un'organizzazione per i diritti umani abbia divulgato al Paese e al mondo un rapporto contenente testimonianza anonime e generiche, senza controllare i dettagli della loro attendibilità".
(IRIS Press, 17 luglio 2009)
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Gerusalemme, disordini nei rioni zeloti per l'arresto di una donna anti-sionista
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Gli incidenti a Gerusalemme |
GERUSALEMME (16 luglio) - Disordini e scontri in alcuni rioni ultraortodossi di Gerusalemme. I responsabili di alcune sette rabbiniche stanno lottanto per la liberazione di una madre sospettata di aver denutrito il figlio, che secondo i medici è quasi in punto di morte. La sconvolgente fotografia del bimbo è stata pubblicata dal quotidiano israeliano Yediot Ahronot. Ha tre anni e mezzo, scrive il giornale, pesa solo sette chilogrammi, ha la testa rasata e un corpicino scheletrico. L'arresto della donna - membra della setta anti-sionista "Toldot Aharon" (mille famiglie in tutto) - ha provocato un'ira incontenibile nelle frange estreme degli zeloti.
Per tutta la mattinata hanno imperversato in diversi rioni di Gerusalemme, attaccando gli agenti della polizia e i dipendenti del municipio, dando l'assalto al ministero dell' Istruzione (vicino al rione ortodosso di Mea Shearim) e ad alcuni uffici della previdenza sociale, "colpevole" di aver segnalato il caso della bambino alle autorità laiche israeliane. Negli incidenti si sono avuti una decina fra feriti e contusi.
La polizia ha predisposto speciali misure di sicurezza nell'ospedale Hadassah Ein Karem dove il piccolo è ricoverato, nel timore che possa essere «rapito» da "ultras" ortodossi. Secondo la stampa i sospetti dei medici sono nati a causa dei frequenti ricoveri. Alcune telecamere fisse avrebbero ripreso la giovane donna mentre staccava una sonda dal corpo del figlio. I medici hanno poi dichiarato che subito dopo l'arresto della madre, le condizioni del bambino sono immediatamente migliorate ed entro poche settimane dovrebbe recuperare il peso normale per la sua età.
Nei quartieri ortodossi di Gerusalemme, però, si racconta un'altra drammatica versione. Si afferma che il bambino sarebbe stato sottoposto dai medici a trattamenti di chemioterapia non necessari: da qui il suo deperimento fisico. Le accuse di "denutrizione" sarebbero state quindi inventate dai medici - aggiungono i conoscenti della madre - per nascondere i loro «errori». Un responsabile dell'Ospedale Hadassah, però ha subito negato che il bambino abbia mai subito una chemioterapia.
Di fronte agli inquirenti la madre si è chiusa nel mutismo. La polizia si oppone a rilasciarla, nel timore che verrebbe subito trasferita all'estero dai membri della setta a cui appartiene. Domani la polizia chiederà una perizia psichiatrica, ipotizzando che la donna soffra di turbe nervose. Ma i suoi avvocati si oppongono: «La donna non ha fiducia nella polizia, nel sistema medico e nello psichiatra distrettuale di Gerusalemme» ha detto l'avvocato Ben David Ha-Levi. «Sa di non avere niente da rimproverarsi, non vuole sottoporsi a perizie».
In diversi rioni ortodossi di Gerusalemme la collera si sta allargando perchè il sindaco ha disposto la sospensione dei servizi municipali laddove è minacciata l' incolumità dei suoi dipendenti. La popolazione ortodossa replica che si tratta di una «punizione collettiva ingiustificata» e minaccia di appellarsi alla Corte Suprema.
(Il Messaggero, 16 luglio 2009)
COMMENTO - Il termine zeloti per indicare gli ebrei ultraortodossi è del tutto inadeguato.
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Libano: è di Hezbollah il deposito esploso nel sud
Il deposito di armi esploso due giorni fa nel sud del Libano apparteneva al movimento sciita libanese Hezbollah: è quanto implicitamente indicato, a conferma delle notizie riportate ieri dalla stampa di Beirut, in un comunicato diffuso nelle ultime ore dall'Unifil, la forza Onu schierata a ridosso del confine provvisorio con Israele. Nel testo si afferma che "l'Unifil considera l'incidente una seria violazione della risoluzione Onu n.1701", che impone, tra l'altro, l'assenza di armi e uomini armati, non appartenenti all'esercito libanese o alla stessa Unifil, nell'area meridionale libanese compresa tra il fiume Litani e la Linea Blu di separazione con Israele. Il deposito era esploso la mattina del 14 luglio nei pressi di Khirbet Selem, località pochi km a nord di Tibnin dove è ospitato il quartier generale del contingente italiano dell'Unifil. La risoluzione n.1701 ha sospeso nell'agosto 2006 le ostilità tra Hezbollah e Israele. Citando fonti anonime dell'esercito di Beirut, la stampa libanese aveva ieri affermato che il deposito apparteneva alla milizia sciita. Il Partito di Dio non ha finora ufficialmente nè confermato nè smentito la notizia. In seguito all'episodio, il comandante dell'Unifil il generale italiano Claudio Graziano ha incontrato ieri il premier uscente libanese Fuad Siniora e il comandante dell'esercito Jean Qahwaji.
(L'Unione Sarda, 16 luglio 2009)
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Giornata europea della cultura ebraica: Trani è città capofila
A settembre arte, cultura, pensiero, letteratura, attualità ebraica
"Trani ebraica" è un contenitore artistico, culturale, musicale e sociale per la Giornata Europea della Cultura Ebraica 2009 che si svolgerà domenica 6 settembre 2009 (17 Elul 5769 del calendario ebraico) in 30 nazioni europee e che in Italia avrà Trani quale città capofila.
Trani città capofila: è questo un importante riconoscimento alla presenza ebraica del Meridione e costituisce un appuntamento di alto spessore culturale e mediatico dell'Ebraismo nel Mezzogiorno. Il ritorno degli Ebrei a Trani dopo 500 anni è un avvenimento di enorme portata sociale, a prescindere dal suo significato religioso; da Sannicandro Garganico a Trani sino a Oria e Otranto, la Puglia ha sempre avuto una spina dorsale ebraica...
(TraniWeb, 16 luglio 2009)
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'Times': Israele potrebbe attaccare iran entro un anno
LONDRA, 16 lug.- (Adnkronos/Aki) - Israele e i governi occidentali stanno lavorando a un accordo che prevede il sostegno di gran parte della comunita' internazionale a un attacco israeliano contro le installazioni nucleari iraniane, in cambio di concessioni di Gerusalemme nel negoziato di pace con l'Autorita' Nazionale Palestinese (Anp). Questo patto, secondo un ufficiale britannico rimasto anonimo, citato oggi nell'edizione on line del quotidiano 'The Times', permettera' a Israele di attaccare l'Iran "entro un anno".
A questo proposito, conferme indirette del raid giungono dalle parole di un ufficiale della difesa israeliana, rimasto anch'egli anonimo, secondo il quale le due navi da guerra della marina israeliana che pochi giorni fa hanno attraversato il Canale di Suez rappresentano un chiaro messaggio all'Iran e dimostrano che lo Stato ebraico e' in grado di lanciare un attacco senza preavviso. "Questo tipo di esercitazioni - dichiara l'ufficiale - dovrebbero essere prese seriamente. Israele sta investendo molto tempo nel preparare un attacco all'Iran che si preannuncia complesso. Queste manovre - continua - rappresentano quindi per l'Iran il segnale che Isreale dara' seguito alle sue minacce".
Ma l'azione che il governo di Gerusalemme intende seguire in vista di un raid contro le installazioni nucleari della Repubblica Islamica, non prescinde anche da un'offensiva diplomatica. Israele starebbe cercando alleati soprattutto tra i Paesi arabi che temono un Iran dotato della bomba atomica. Secondo quanto riporta 'The Times', le relazioni tra Egitto e Israele nell'ultimo anno sarebbero diventate molto solide per "la sfiducia comune che i due Paesi hanno nell'Iran", come riferisce una fonte diplomatica, citata dallo stesso quotidiano britannico.
(Libero-news.it, 16 luglio 2009)
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Hamas rifiuta l'offerta del Qatar di un riscatto per Shalit
IL CAIRO, 16 lug. - (Adnkronos/Aki) - I dirigenti di Hamas hanno respinto l'offerta, avanzata nei giorni scorsi dalle autorita' del Qatar, di prendere in consegna il caporale israeliano Gilad Shalit, in cambio di una somma di danaro. Secondo quanto riporta il giornale 'al-Quds al-Arabi', le autorita' del Qatar hanno in pratica chiesto di poter 'comprare' il loro prigioniero, per porre fine definitivamente alla vicenda del soldato israeliano da anni nelle mani dei miliziani palestinesi, che ha scatenato la guerra di Gaza dello scorso dicembre.
(IGN, 16 luglio 2009)
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Disordini a Gerusalemme per un bimbo denutrito
Nuovi disordini si sono registrati oggi in alcuni rioni ultraortodossi di Gerusalemme in seguito all'arresto di una madre ortodossa sospettata di aver sistematicamente denutrito il figlio di tre anni, che secondo la stampa oggi pesa circa sette chilogrammi. Da ieri il municipio di Gerusalemme ha deciso di sospendere i servizi ai rioni dove ebrei ultraortodossi - che protestano contro l'arresto della madre - si sono scontrati con la polizia. Le strade sono ancora cosparse di immondizia e di detriti. I trasporti pubblici sono sospesi e così pure le riparazioni della compagnia elettrica, che teme per l'incolumità delle sue squadre di tecnici. Oggi un funzionario del municipio di Gerusalemme è stato circondato da dimostranti, e ferito. Il quotidiano Yediot Ahronot pubblica intanto una fotografia del bambino che appare scheletrico e con la testa rasata: l'immagine è in bianco e nero e, hanno notato in molti, fa venire in mente i bambini ebrei nei lager nazisti. Mentre la madre resta agli arresti in attesa di una perizia psichiatrica, i suoi familiari hanno sostenuto che essa non ha affatto denutrito il figlio. Questi, secondo loro, sarebbe vittima di un tumore e sarebbe stato sottoposto a prolungate cure di chemioterapia. Ma i medici dell'Ospedale Hadassah di Gerusalemme, dove è ricoverato, sostengono che queste affermazioni sono del tutto infondate.
(L'Unione Sarda, 16 luglio 2009)
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Hillary Clinton ai paesi arabi: subito un'apertura verso Israele
Il segretario di Stato Usa chiede "misure significative"
NEW YORK, 16 lug. - Il segretario di Stato americano Hillary Clinton ha lanciato un appello ai paesi arabi affinché ci sia "subito" una politica di apertura nei confronti di Israele. Clinton, che ha delineato le sfide nella politica estera americana per i prossimi mesi con un discorso al Council on Foreign Relations di Washington, ha chiesto "misure significative" per una normalizzazione dei rapporti con lo Stato ebraico. I paesi arabi - secondo il segretario di Stato Hillary Clinton - hanno la responsabilità di appoggiare gli sforzi dell'Autorità Palestinese con parole e fatti e di avviare iniziative concrete per migliorare le relazioni con Israele nel segno della pace nella regione". Noi - ha continuato Clinton - chiediamo che i paesi arabi ascoltino il nostro appello e si muovano in questa direzione da subito".
(Apcom, 16 luglio 2009)
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Libano sud Esplode deposito di razzi di Hezbollah
Un'alta fonte militare israeliana ha detto che martedì un grande edificio utilizzato dagli Hezbollah come magazzino per munizioni e razzi in un villaggio nel Sud Libano è stato semidistrutto da un'esplosione e ha avvertito che in quella zona i miliziani sciiti sembrano essere ora in grado di limitare la capacità di azione dell'Esercito nazionale libanese e dell'Unifil, il contingente delle Nazioni Unite. «All'interno c'era una grande quantità di razzi» ha detto il militare alla stampa estera.
Nella versione israeliana, subito dopo l'esplosione unità del contingente francese dell'Unifil e dell'Esercito nazionale libanese hanno tentato di raggiungere la zona, ma sono state impedite dagli Hezbollah che nel frattempo hanno «ripulito il terreno» e rimosso i razzi residui con l'ausilio di camion.
Secondo l'Unifil, l'esplosione è stato un «incidente che rappresenta una seria violazione della risoluzione 1701 dell'Onu la quale stabilisce che non debba esserci la presenza di armi non autorizzate» nel Paese.
(il Giornale, 16 luglio 2009)
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Elbit: Mission Training Centre per aviazione israeliana
Elbit ha annunciato di aver stretto un accordo con il ministero della Difesa israeliano per la creazione di un Mission Training Centre destinato ai piloti di F-16 C, D, ed I della Heyl Ha'Avir. Il contratto, del valore di 55 milioni di dollari, comprende una fase di sviluppo e la fornitura di addestramento e manutenzione per 15 anni.
(Dedalo News, 16 luglio 2009)
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Un sistema antirazzo per Israele
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Il sistema antirazzo Iron Dome |
GERUSALEMME - Un sistema di difesa antirazzo, denominato Iron Dome (Cupola di ferro), è stato collaudato con successo in Israele, secondo un comunicato del ministero della difesa diffuso oggi.
Fonti della difesa hanno detto che il completamento dei test segna una pietra miliare nel programma di creazione di sistemi di difesa stratificati contro missili e razzi.
A quanto si è appreso nella serie di test appena conclusi è stato distrutto con successo in volo un razzo di tipo Grad avente un raggio d'azione di 40-60 km.
Razzi di questo tipo hanno causato danni e vittime in Israele durante il conflitto contro gli Hezbollah in Libano nell' estate del 2006. Razzi di questo e altri tipi sono stati inoltre usati da Hamas contro Israele prima e durante l' offensiva lanciata dallo stato ebraico contro questo movimento islamico nella striscia di Gaza all'inizio dell'anno.
(Corriere del Ticino, 15 luglio 2009)
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Niente concerti a Ramallah per Cohen e Barenboim
Il direttore d'orchestra israeliano di origini argentine, Daniel Barenboim, e il cantante canadese, Leonard Cohen, hanno entrambi cancellato concerti che si erano impegnati a tenere a Ramallah, dopo che diversi esponenti palestinesi ne avevano chiesto il boicottaggio. Barenboim avrebbe dovuto debuttare ieri sera al Cultural Palace della città, con la sua ormai celebre orchestra giovanile «Divan»: 33 giovani strumentisti provenienti da Israele e dalla Palestina chiamati a far musica insieme, un'orchestra «contro la paura e l'ignoranza - diceva il maestro -. Il segno che un'altra via è possibile, quella di fare qualcosa di bello insieme». Il Presidente palestinese, Mahmoud Abbas aveva conferito a Barenboim la cittadinanza onoraria dei territori nel 2008, prima che il direttore d'orchestra facesse infuriare i palestinesi dichiarando che Israele aveva diritto a difendersi nei giorni dell'offensiva contro la Striscia di Gaza.
Leonard Cohen era invece atteso sempre a Ramallah più avanti questa estate, durante una tournée che lo avrebbe portato anche in Israele. Il cantautore è stato criticato per essersi rifiutato di cancellare il concerto che aveva in programma a Tel Aviv.
(La Stampa, 15 luglio 2009)
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La Palestina contro Al-Jazeera
L'emittente non può più trasmettere dalla Cisgiordania
RAMALLAH - L'autorità palestinese ha annunciato stamane la sospensione delle attività in Cisgiordania dell'emittente satellitare Al-Jazeera, accusata di aver preso posizione a favore di Hamas nei territori palestinesi.
Secondo un responsabile palestinese che ha chiesto l'anonimato, la decisione è stata presa da Mahmoud Abbas. Il presidente dell'autorità palestinese sarebbe rimasto scandalizzato da una trasmissione di Al-Jazeera durante la quale uno dei suoi ex rivali di al Fatah, Farouk Kaddoumi, l'ha accusato di aver giocato un ruolo nella morte di Yasser Arafat, nel 2004.
Il ministro palestinese dell'informazione accusa l'emittente con base nel Qatar di favorire Hamas, rivale di al Fatah, nella lotta al potere tra le due fazioni palestinesi. Stamane ha indicato che l'autorità palestinese perseguirà Al-Jazeera per vie legali e che l'emittente, molto guardata nei territori palestinesi, non trasmetterà più dalla Cisgiordania in attesa della decisione legale.
(Corriere del Ticino, 15 luglio 2009)
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Shoah - Salvarono ebrei convertiti, polemiche sull'attribuzione del titolo di "giusti"
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Yad Vashem |
Sarà concesso anche a due famiglie olandesi che durante la Seconda guerra mondiale nascosero dai nazisti bambini ebrei convertiti al cristianesimo il titolo di "Giusti fra le Nazioni". Lo ha reso noto lo Yad Vashem, il memoriale dell'Olocausto di Gerusalemme, che in un primo tempo aveva deciso di negare il riconoscimento, suscitando l'indignata protesta di diversi superstiti della Shoah e della stessa comunita' ebraica d'Olanda. Il ripensamento e' stato formalizzato in questi giorni e viene commentato oggi con favore sulle colonne del giornale israeliano Haaretz. Esso riguarda due famiglie olandesi - gli Hollebrand e gli Egging - cui numerose testimonianze accreditavano di aver dato rifugio a bambini ebrei. Ma alle quali la commissione dello Yad Vashem incaricata di concedere il riconoscimento aveva inizialmente rifiutato il titolo di 'Giusti fra le Nazioni', adducendo che a trovare asilo erano stati in questo caso bambini non ebrei in quanto convertiti dai genitori al cristianesimo prima della guerra. Una decisione che aveva destato polemiche e proteste nei Paesi Bassi e di cui il direttore di Yad Vashem, Aver Shalev, ha infine annunciato al giornale la revoca sulla base di 'nuove informazioni' giunte alla commissione. Secondo Haaretz, a suggerire la marcia indietro sarebbe stata in realta' la veemente lettera aperta firmata in Olanda da 230 persone - inclusi sopravvissuti dell'Olocausto e i vertici della comunita' ebraica locale - in cui si additava il diniego come 'un'inaccettabile forma di discriminazione'. E si sottolineava fra l'altro 'la sorte comune (agli ebrei)' toccata ai convertiti catturati: rinchiusi e uccisi nei campi di sterminio nazisti al pari delle altre vittime.
(ilsussidiario.net, 15 luglio 2009)
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Delegazione d'Hamas in Svizzera, Israele chiede lumi
Il governo dello Stato ebraico ha chiesto spiegazioni alla Svizzera, rea - ai suoi occhi - di aver ricevuto ufficialmente una delegazione di Hamas.
Secondo il quotidiano dello Stato ebraico Haaretz, la delegazione di Hamas guidata da Mahmud al-Zaha, membro dell'ufficio politico dell'organizzazione palestinese, è stata ricevuta dalle autorità elvetiche due settimane fa.
Yigal Palmor, portavoce del ministero degli esteri israeliano, ha dichiarato all'agenzia France Presse (AFP) che il suo paese "è in collera con la Svizzera, perché Hamas è sempre considerata un'organizzazione terroristica dall'Unione Europea". Interpellata dall'Agenzia telegrafica svizzera, una collaboratrice di Palmor ha aggiunto che "i chiarimenti forniti da Berna sono insufficienti".
Ricevendo ufficialmente una delegazione di Hamas, la Svizzera non si è schierata dalla parte dei moderati, ha sottolineato Palmor, aggiungendo che il movimento al potere nella striscia di Gaza è in guerra non solo con Israele, ma anche con l'Autorità palestinese e l'Egitto.
Contrariamente agli Stati Uniti e all'Unione Europea, Berna non considera Hamas un'organizzazione terroristica.
Le relazioni fra Israele e Berna sono tese da quando il presidente della Confederazione Hans Rudolf Merz incontrò il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad in aprile a Ginevra a margine della conferenza dell'Onu contro il razzismo. L'ambasciatore dello Stato ebraico a Berna, Ilan Elgar, era allora stato richiamato in patria per consultazioni. Al suo ritorno aveva spiegato in un'intervista alla NZZ am Sonntag che la reazione di collera di Israele era dovuta al valore simbolico di un incontro a così alto livello e non al fatto che la Svizzera avesse contatti con l'Iran.
(swissinfo.ch, 15 luglio 2009)
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Religione: Una maestra finisce sotto processo per aver insultato gli ebrei
Un'insegnante elementare di Livorno è finita sotto processo con l'accusa di vilipendio alla religione ebraica. La notizia è stata riportata oggi dalla stampa locale. L'imputata, Cinzia Viviani di 48 anni, secondo l'accusa avrebbe ripetutamente offeso pubblicamente in classe la religione ebraica durante le sue lezioni pronunciando frasi quali "gli ebrei sono tutti ladri", "l'ebraismo è una religione stupida perché insegna a pregare un muro", "la religione ebraica è inferiore a quella cristiana" e altre frasi di questo tenore. Al processo si sono costituiti parti civili anche un'ex collega di lavoro dell'imputata e l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane per tutelare l'immagine dell'ebraismo e di monitorare ogni forma di razzismo e antisemitismo. I fatti risalgono al 2006 quando i genitori di alcuni alunni segnalarono il comportamento e le frasi ingiuriose della maestra all'insegnate di religione ebraica ora costituitasi parte civile. Da lì le denunce e l'iter procedurale sfociato nel processo che si è aperto ieri ed è stato subito rinviato al 9 febbraio 2010.
(L'Unione Sarda, 15 luglio 2009)
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Sperma artificiale da staminali embrionali? La legge ebraica non lo vieta
Ricercatori inglesi hanno annunciato di avere creato per la prima volta dello sperma umano per la ricerca sulle staminali embrionali, e secondo un importante studioso ebreo di etica, le scuole rabbiniche potrebbero approvarne l'uso.
Il professor Karim Nayernia, che ha guidato il team dell'universita' di Newcastle, ha dichiarato che la ricerca ha cercato di aiutare la fertilita' degli uomini, e non di sostituire lo sperma umano nella fecondazione. Per Nayernia e i suoi colleghi, "in minimo cinque anni la ricerca potrebbe essere usata per curare l'infertilita'".
I ricercatori non vogliono usare questa tecnica per creare embrioni umani, anche perche' e' contraria alla legge inglese.
La ricerca e' stata pubblicata nella rivista scientifica Stem Cells and Development.
Il dottor Mordechai Halperin, medico e rabbino ortodosso, ha dichiarato al Jerusalem Post che la produzione di sperma umano dalle cellule staminali embrionali non e' proibita dalla legge ebraica. "Per esempio", ha continuato, "per una coppia che voglia figli, ma il marito abbia dei probelmi, sarebbe utile che si producesse sperma usando cellule staminali prelevate dai suoi tessuti. Non e' stato provato che gli embrioni e i feti saranno sani usando questi processi. E' ancora teoria. In base alle leggi ebraiche ci sono delle domande ancora da chiarire. Ma secondo queste leggi, anche se l'uomo non produce lo sperma, ma ha donato i geni prelevati da altre cellule si puo' indicare come padre del feto. Se le cellule staminali fossero prese da altri fonti, allora ci potrebbero essere dei problemi. Ma la legge e' sempre in favore della continuita' delle generazioni, specialmente se c'e' desiderio di paternità.
(ADUC Salute, 15 luglio 2009)
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Hamas: Israele spaccia droga
Droghe cedute a prezzo stracciato, ma anche misteriose sostanze eccitanti e persino gomme da masticare impregnate di presunti afrodisiaci, spacciate nella Striscia di Gaza attraverso una rete locale di 'collaborazionisti'.
Sarebbero questi - a voler credere alla polizia di Hamas, il movimento islamico radicale al potere nella Striscia - gli ingredienti dell'ultima trama diabolica attribuita a Israele per 'pervertire la gioventu'' palestinese.
L'accusa - tanto singolare quanto impossibile da riscontrare in alcun modo - e' stata lanciata da Islam Shahwan, portavoce della milizia creata da Hamas con funzioni di polizia. Secondo Shahwan, tutto sarebbe nato con l'individuazione a Gaza di una banda di trafficanti di droga, i quali avrebbero poi 'confessato' di essere 'collaborazionisti dello Shin Bet' (i servizi di sicurezza israeliani) e di aver ricevuto gli stupefacenti - insieme con imprecisati 'prodotti afrodisiaci sotto forma sia di chewing gum sia di gocce' - per poterli rivendere a basso costo nella Striscia.
'Abbiamo sequestrato grandi quantita' di hascisc, ma anche di droghe piu' pesanti - ha confermato Shahwan all'ANSA - e gli spacciatori hanno ammesso che questa volta il traffico non proveniva dai tunnel (sotterranei realizzati al confine con l'Egitto), ma dai varchi con Israele'. La stessa via utilizzata per far passare gli afrodisiaci, a sentire il portavoce, stando al quale tutte le sostanze sarebbero state fornite dallo Shin Bet col deliberato proposito di 'pervertire la nostra gioventu'' e offendere i valori dell'Islam.
Prove? Nessuna, se non le confessioni attribuite agli arrestati e al presunto regista del traffico ('un personaggio importante a Gaza' del quale Shahwan si e' peraltro ben guardato dal fare il nome). Oltre alle denunce di giovani (ragazze e ragazzi) che, a suo dire, si sarebbero 'presentati spontaneamente' alla polizia di Hamas per dichiarare di essere caduti in 'comportamenti provocanti', durante qualche festa, dopo aver masticato gomme o bevuto 'succhi' contaminati.
(ADUC Droghe, 15 luglio 2009)
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Scontri tra ultraortodossi e polizia
Contro il parcheggio aperto il sabato
Centinaia di ebrei ultra-ortodossi si sono scontrati con la polizia a Gerusalemme dando fuoco a contenitori della spazzatura e lanciando sassi contro le auto della polizia. I disordini proseguono da un mese per protestare contro la decisione del sindaco laico, Nir Barkat, di tenere aperto un parcheggio nella città vecchia durante lo shabbat (il sabato). L'iniziativa è vista come un attentato alla santità della festa.
(TGCOM.it, 15 luglio 2009)
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"L'Europa non può imporci un accordo"
«Non negozierò il blocco delle colonie, sono anch'io un colono»
di Rina Masliah
GERUSALEMME
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Avigdor Lieberman |
Ministro, questa settimana l'Alto rappresentante per la politica estera dell'Unione Europea Javier Solana ha detto che forse sarà necessario prestabilire una data entro la quale la comunità internazionale riconosca lo Stato palestinese. Israele rischia di vedersi tagliato fuori?
«L'esperienza che abbiamo accumulato negli anni mostra che nelle due volte in cui abbiamo firmato accordi di pace, con Egitto e Giordania, ciò è avvenuto al termine di negoziati diretti con i nostri vicini. La pace può essere edificata, sviluppata, ma non imposta. Comunque non mi impressionerei eccessivamente per le dichiarazioni di Solana, la cui carriera nell'Unione Europea volge al termine».
Ma in Europa lei sembra destare opposizione
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«Io direi l'opposto, a giudicare dalla quantità di inviti e di visite. Anche di recente, a Lussemburgo, di fronte a tutti i Paesi dell'Ue l'atmosfera era ottima, mai stata migliore».
Eppure il presidente francese Sarkozy vedrebbe volentieri al suo posto Tzipi Livni, la leader di Kadima...
«Sarkozy ha fatto alcune dichiarazioni anche su Obama, sulla signora Merkel, su Zapatero. Quanto meno, sono in buona compagnia».
Ma non ha maturato l'impressione che in Europa ci sia insoddisfazione per la politica di Israele?
«Non penso sia insoddisfazione, semmai incomprensione di quanto avviene in Medio Oriente. Con i palestinesi abbiamo discussioni, ma non un confronto, noi non minacciamo l'Anp, al contrario la sosteniamo. Senza l'appoggio di Israele all'Anp Hamas si impadronirebbe anche della Giudea-Samaria (Cisgiordania) in due settimane, tre al massimo. In Medio Oriente il confronto è fra moderati ed estremisti. Per l'Anp la minaccia maggiore è Hamas, non Israele. Per il governo di Saad Hariri a Beirut la minaccia maggiore sono gli Hezbollah, non Israele. Per Hosni Mubarak la minaccia maggiore sono i Fratelli musulmani, non Israele. Anche Pakistan e Afghanistan non sono minacciati dai sionisti, ma dai talebani».
Benyamin Netanyahu ha proposto un incontro ad Abu Mazen. Eppure tutto sembra restare fermo. Come mai?
«Nell'Anp si sono accumulati problemi diversi. Ormai sono due entità distinte: Fatah-land in Cisgiordania, Hamastan a Gaza. Nella migliore delle ipotesi, Abu Mazen rappresenta metà dei palestinesi dei Territori. Poi c'è la questione delle elezioni presidenziali che dovevano avvenire nella prima metà del 2009. Non credo che nemmeno nella seconda metà del 2010 riusciranno a svolgerle. Senza elezioni, i dirigenti dell'Anp hanno un problema di legittimità. Ci sono persistenti difficoltà nell'organizzazione della conferenza di al-Fatah. Abu Mazen cerca di scaricare su di noi i suoi problemi interni, anche indurendo le sue posizioni».
Ma prima ancora di Abu Mazen, c'è' una richiesta esplicita degli Stati Uniti per il congelamento delle colonie.
«Abbiamo offerto un gesto di buona volontà agli americani. Ma sia chiaro, è molto limitato nel tempo. Noi non vogliamo alterare la situazione demografica, non costruiamo nuovi insediamenti, ma non ci si può chiedere di asfissiare gli insediamenti ebraici in Giudea-Samaria».
Come mai in questi contatti lei si tiene in disparte?
«Non voglio negoziare il congelamento della colonizzazione ebraica in Cisgiordania, visto che dovrei congelare anche me stesso
Non è giusto da parte mia prendere parte attiva. Non vorrei essere poi accusato di aver messo a rischio le relazioni con gli Usa, o aver silurato il processo di pace a causa della mia situazione personale in un insediamento».
Oggi come sono le relazioni con Washington?
«I contrasti sono su un punto soltanto (le colonie, ndr). Ogni Amministrazione è diversa dall'altra, ma il legame resta forte, profondo, molto stretto. In passato c'è stato anche Jimmy Carter, che non era precisamente un "fautore dei sionisti". Eppure le relazioni rimasero buone».
Lei pensa che proprio un governo guidato dal Likud potrebbe, a sorpresa, trovare un accordo con i palestinesi?
«Il governo che ci ha preceduto, guidato da "colombe" come Ehud Olmert e Tzipi Livni, in tre anni ha: condotto una guerra in Libano; l'operazione Piombo Fuso a Gaza; ha visto la rottura delle relazioni con Mauritania e Qatar; non è riuscito a liberare il soldato Ghilad Shalit dalla prigionia a Gaza; e ha lasciato bloccato il processo di pace. Il nostro approccio è diverso. In primo luogo dobbiamo garantire sicurezza agli israeliani e sviluppo economico e stabilità ai palestinesi. Solo dopo si potrà pensare a soluzioni politiche. Invertire i termini sarebbe un fallimento sicuro. Abbiamo accresciuto la cooperazione sul terreno in Cisgiordania, di 41 posti di blocco ne abbiamo lasciati 14. Tony Blair mi ha detto di aver constatato che si tratta di una cooperazione senza precedenti, che ora finalmente le cose si stanno mettendo in moto».
(La Stampa, 15 luglio 2009)
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Obbligo di denuncia degli immigrati irregolari? I rabbini si ribellano
Crescono le polemiche in Israele per una proposta di legge sull'immigrazione clandestina di profughi che prevede pene severe per i 'trafficanti', per i clandestini stessi e anche per chi li aiuti in Israele. Secondo il quotidiano Haaretz, se la legge fosse approvata nella sua forma attuale, potrebbero finire in carcere anche 'medici o infermieri disposti, nel rispetto della loro deontologia professionale, a dare assistenza sanitaria a un rifugiato'.
Oggi contro la bozza di legge si lancia con foga uno dei piu' noti rabbini israeliani, Yuval Sherlo, che trova 'inconcepibile' che una legge del genere possa essere discussa nel parlamento dello Stato di Israele. L'assistenza al profugo, ricorda il rabbino Sherlo, e' un obbligo enunciato a chiare lettere dalla Bibbia e non puo' essere ignorato. Facendo riferimento alle molte migliaia di profughi africani che cercano di entrare in Israele attraverso il deserto del Sinai, il rabbino ammette che lo stato ebraico non potra' farsi carico di tutti indiscriminatamente e per un tempo illimitato. Fra di essi, inoltre, potrebbero esserci 'elementi ostili'. Ma la legge discussa alla Knesset, afferma, 'e' draconiana in una maniera che fa venire i brividi': occorrera' dunque elaborare una versione molto piu' addolcita, compatibile con i dettami della Bibbia.
(ADUC Immigrazione, 14 luglio 2009)
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Migliaia di atleti ebrei a Tel Aviv per le Maccabiadi
Le olimpiadi ebraiche contano quest'anno partecipanti da 65 paesi
Migliaia di atleti hanno sfilato allo stadio di Tel Aviv per la cerimonia d'inaugurazione della 18esima edizione della Maccabiadi, le olimpiadi riservate agli sportivi ebrei di tutto il mondo. Secondo gli organizzatori, si contano 5.300 atleti internazionali che prenderanno parte ai Giochi accanto a duemila israeliani. Ai festeggiamenti per l'apertura prendono parte cantanti, ballerini e ciclisti. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu è intervenuto annunciando alla folla che sebbene i partecipanti provengano da 65 paesi differenti, essi rappresentano "un popolo speciale, il popolo d'Israele". Le Maccabiadi si tengono ogni quattro anni, dal 1932, in Israele, e alternativamente, ogni due, in un paese europeo in cui esista una associazione sportiva Maccabi. Nel 2007 si sono svolte a Roma.
(Virgilio Notizie, 14 luglio 2009)
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Per internet israeliani e palestinesi collaborano
di Giorgio Raccah
GERUSALEMME, 14 lug - La prima start-up israelo-palestinese nel campo di Internet e' stata inaugurata sull'inquieta linea di demarcazione tra Israele e territorio palestinese, tra Gerusalemme e Betlemme, con la benedizione dell'inviato del Quartetto Tony Blair. Un primo concreto esempio - e' stato detto - di quanto proficua potrebbe essere la cooperazione tra due popoli divisi da un sanguinoso conflitto pluridecennale la cui fine appare ancora lontana. La societa', denominata G.HO.ST (Global Hosted Operating System), offre agli utenti un vero e proprio pc virtuale, basato su Internet e quindi accessibile ovunque, con un software utilizzabile su qualsiasi computer - anche sui telefonini - senza bisogno di esservi stato installato. L'amministratore delegato, l'israeliano Zvi Schreiber, ha spiegato che tra i vantaggi di questo servizio, basato sul Web 2.0 e sull'innovativo ''cloud computing'', c'e' appunto quello di ''liberare gli utenti dal fastidio di dover installare i software, di aggiornarli, di farne copia e di proteggerli dai virus''. L'idea della nuova impresa, nelle parole di Schreiber, e' nata tre anni fa grazie a ''un incontro con alcuni palestinesi di eccellenti capacita' nel campo del software, con i quali si e' subito stabilito un contatto umano''. Nel progetto ha trovato spazio anche Noa Rothman-Rabin - nipote di un uomo simbolo di pace come l'ex premier israeliano Yitzhak Rabin, ucciso nel 1995 - la quale ha descritto l'inedita esperienza di lavoro gomito a gomito con giovani coetanei palestinesi come ''la dimostrazione concreta di come, a livello di persone normali, il dialogo possa dare frutti e le cose funzionare''. Certo la difficile realta' sul terreno, col divieto agli israeliani di entrare in territorio palestinese per motivi di sicurezza e ai palestinesi - con rare eccezioni - di entrare in Israele, non ha facilitato la cooperazione. ''Io sono il primo amministratore delegato che non puo' visitare la sua azienda a Ramallah'', ha ammesso Schreiber. Il risultato pero' appare fin d'ora a Schreiber motivo d'orgoglio: ''abbiamo creato un team composto in maggioranza da palestinesi e insieme abbiamo messo a punto una tecnica che pensiamo rivoluzionaria''. Il palestinese Montasser Abdellatif, direttore per il marketing delle comunicazioni, gli ha fatto eco: ''Noi riteniamo che il prodotto sia ormai maturo e pronto per un uso di massa. Duecentomila persone hanno gia' usato la versione alfa e pensiamo che la versione beta sia destinata ad essere adottata su ampia scala''. La struttura di G.HO.ST e' cosi' composta: una societa' madre, registrata nelle Isole Vergini Britanniche, nella quale un fondo ha investito 4 milioni di dollari, che a sua volta e' proprietaria di due societa', una israeliana, sottoposta alle leggi e al regime fiscale israeliano, e l'altra palestinese, sottoposta alle leggi e alla tassazione dell'Anp. In futuro, se le cose andranno come Schreiber spera, l'azienda conta di raccogliere in Borsa capitali privati per finanziarsi e crescere ancora. Continuando a contribuire, a suo modo, a un dialogo possibile.
(ANSAmed, 14 luglio 2009)
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Al Quds Al Arabi: incontri Hamas-UE avvenuti in Svizzera
Delegazione movimento palestinese guidata dal falco al Zahar
ROMA, 14 lug. - Incontri tra l'Unione Europea e Hamas, il movimento radicale islamico palestinese, sono avvenuti in Svizzera. E' quanto rivela stamane il quotidiano palestinese, al Quds al Arabi. Secondo fonti palestinesi citate dal foglio arabo edito a Londra, il mese scorso "una delegazione di Hamas, dietro invito del governo elvetico" si sarebbe recata in Svizzera dove avrebbe avuto "contatti con diversi delegati di governi europei", ai quali sarebbe stata esposta "la visione del movimento palestinese circa diverse questioni, tra i quali la soluzione del conflitto" israeliano palestinese. Stando alle fonti palestinesi, a guidare la delegazione sarebbe stato il 'ministro degli Esteri' del governo Hamas a Gaza, Mahmoud al Zahar. Membro dell'Ufficio politico di Hamas, al Zahar è considerato uno dei falchi del movimento estremista islamico, e sarebbe la prima volta che un esponente di questo calibro si reca in uno stato europeo. Interpellato dal giornale, l'esponente di Hamas Ismail Radwan, non ha voluto fornire dettagli sugli incontri limitandosi a affermare che "i contatti con l'Europa, sia ufficiali che non, non sono mai stati interotti". Il quartetto internazionale per la pace in Medio Oriente, di cui fa parte l'Unione Europea, rifiuta di trattare con Hamas, prima di un riconoscimento da parte di quest'ultimo degli accordi di pace siglati tra l'Olp e Israele a Oslo nel 1994.
(Apcom, 14 luglio 2009)
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Giornalisti: Siddi, impegno per superare incomprensioni con israeliani
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         Franco Siddi |
ROMA, 13 lug - ''Siamo addolorati per la misura polemica assunta dalla presa d'atto della mancata adesione della Federazione nazionale dei giornalisti israeliani (Nfij) da parte della Federazione internazionale dei giornalisti (IFJ)''. Lo afferma, in una nota, il segretario generale della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Franco Siddi, che spiega: ''La Fnsi, che fa parte da tempo della Federazione internazionale, e' impegnata a creare le condizioni per la revoca di questo provvedimento, per il superamento delle incomprensioni e per affermare le ragioni del dialogo e della piena partecipazione della rappresentanza israeliana. In questo senso ha comunicato alla Ifj la disponibilita' a svolgere la propria opera di relazione e rilancio della partecipazione insieme con i Sindacati dei giornalisti statunitensi e olandesi. Faremo davvero il possibile perche' vengano meno le incomprensioni. Tra di noi non ci sono ragioni antiisraeliane e nessun sentimento di questo tipo puo' essere imputato a dirigenti passati e presenti della Fnsi. Ci sono gia' abbastanza ragioni di ostilita' tra israeliani e parti importanti del resto del mondo, cui non pensiamo affatto di dover concorrere. Come ha sottolineato anche il Papa, nella sua recente visita in Israele, va alleggerita la tensione e a cio', professionalmente e sindacalmente, ci sentiamo impegnati nell'adesione all'autonomia della nostra condizione di operatori che vogliono poter agire in una situazione di informazione libera e pluralista ovunque, che non deve per forza costruirsi nemici.
''Legittimamente - prosegue Siddi -, i dirigenti del Sindacato dei giornalisti israeliani Nfij hanno ritenuto di contestare prese di posizione della Ifj, trasformando questi atti nel ritiro dell'adesione. Legittimamente la Ifj, dopo tre anni di mancata sottoscrizione delle iscrizioni, applicando le sue disposizioni statutarie, ha preso atto di un'auto cancellazione di fatto. La Federazione internazionale dei giornalisti, presente in 123 Paesi nel mondo attraverso Associazioni nazionali di categoria rappresentative di piu' di seicentomila giornalisti, e' chiamata a tenere insieme, anche organizzativamente, molte voci diverse. Linee guida: la liberta', la democrazia e il pluralismo dell'informazione all'insegna del motto ''Non c'e' stampa libera se i giornalisti vivono in condizioni di corruzione, di poverta', di paura''. Le campagne per la liberta' e il pluralismo dell'informazione prescindono dai Governi di qualsiasi Paese, sono contro i regimi e come dimostra in questi giorni l'iniziativa internazionale per liberta' di stampa in Iran, cui la Fnsi ha attivamente partecipato anche con manifestazioni tutt'altro che simboliche tenute nella sua sede di Roma. Ecco perche' la Fnsi continua a stare nella Federazione internazionale dei giornalisti con una sua linea di sostegno all'impegno dei giornalisti liberi, all'affermazione di legislazioni nazionali rispettose della libera stampa (condizione sempre riconosciuta in Israele), alla lotta contro le sopraffazioni e contro le violenze nei confronti del giornalismo. La democrazia di Israele - conclude il segretario generale della Fnsi -, la liberta' del popolo palestinese e i suoi diritti nazionali sono beni grandi e delicati, per i quali ci sono ancora troppe sofferenze e non vogliamo alimentarne altre per nessuna ragione. Il nostro lavoro sui terreni della comprensione, del dialogo, dell'amicizia e' e resta permanente''.
(ASCA, 13 luglio 2009)
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Un lager fatto in casa. Il musulmano Youssef Fofana condannato all'ergastolo per morte Ilan
La corte di Parigi si è riunita venerdì notte, durante la sacra festività ebraica, per pronunciare la sentenza sull'assassinio del giovane Ilan Halimi.
Il criminale sanguinario Youssef Fofana è stato condannato all'ergastolo in qualità di capo della banda di "barbari" musulmani che nel 2006 torturò e uccise un giovane ebreo dopo tre settimane di agonia.
L'episodio mise in luce il feroce antisemitismo islamico, serpeggiante nei sobborghi multietnici francesi, sconvolgendo la Francia tanto che la polizia per giorni chiese alla famiglia Halimi di non fare parola a nessuno della vicenda. Ilan fu torturato per tre settimane, da una trentina di persone, in un appartamento che un commentatore americano avrebbe, in modo appropriato, soprannominato "un campo di concentramento fatto in casa"....
(Abruzzo Liberale, 14 luglio 2009)
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Israele - Arrestato leader del Ku Klux Klan ricercato negli Usa
Una unità di elite della polizia israeliana ha arrestato ieri in un rione popolare di Tel Aviv un esponente del Ku Klux Klan, il movimento di lotta per la supremazia bianca negli Stati Uniti, che era incluso fra le 100 persone più ricercate dall'Fbi.
La segnalazione sugli spostamenti di Micky Louis Mayion (33 anni), è giunta proprio dall'Fbi che ha chiesto la assistenza della polizia israeliana. Al momento della cattura l'uomo ha manifestato sorpresa, ma non ha accennato ad alcuna reazione. Non è noto se fosse armato.
A quanto pare da quasi due anni Mayion viveva in Israele, in condizioni di semi-clandestinità. La sua vicenda ha destato sorpresa in Israele in quanto spesso i membri del Ku Klux Klan si sono distinti per il loro antisemitismo. L'uomo è adesso in attesa di essere estradato negli Stati Uniti.
(ilsussidiario.net, 14 luglio 2009)
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Israele attende ancora notizie sul soldato ostaggio di Hamas
di Yasha Reibman
Gilad Shalit aveva 19 anni quando è stato rapito in territorio israeliano dai terroristi di Hamas durante unincursione nella quale persero la vita altri due soldati e altri quattro furono feriti. Sono passati tre anni, ma Gilad è ancora nelle mani dei suoi rapitori. Il governo israeliano ha cercato di liberarlo con operazioni militari e con trattative indirette tramite lEgitto, che finora sono risultate inutili. Larcivescovo Antonio Franco, nunzio apostolico presso lo Stato di Israele, si è messo in contatto con la parrocchia cattolica di Gaza, ma senza ottenere risultati.
Si pensa che Shalit sia ancora vivo. Lo dice Hamas, che ha avanzato in cambio della sua liberazione richieste sempre più alte, ma nessuno lo ha più visto. Gilad ha potuto scrivere finora una sola lettera ai genitori, ma nessuno ha potuto incontrarlo. «Hamas dovrebbe consentire a Gilad Shalit di comunicare con la propria famiglia e ricevere visite del Comitato internazionale della Croce Rossa», ha ribadito lorganizzazione non governativa Human Rights Watch. Invece, in piena violazione della Convenzione di Ginevra, nemmeno i rappresentanti della Croce Rossa Internazionale hanno potuto visitare il giovane prigioniero.
Non sembra, a onor del vero, che la Cri si sia troppo impegnata in questo senso. Alcuni funzionari dellorganizzazione hanno detto che mancava una controparte con la quale parlare. Purtroppo, invece, linterlocutore esiste. Hamas, in occasione della festa per il proprio 21esimo anniversario, ha inserito nel programma delle celebrazioni una messa in scena in cui una comparsa nei panni dellostaggio Gilad Shalit, dipinto come un vile, implorava libertà in ebraico, piagnucolando, nel ludibrio della folla. La prigionia di Gilad è motivo di orgoglio e dimostrazione di forza nelle trasmissioni televisive di Hamas, compresi i cartoni animati per bambini.
Intanto la solidarietà continua. Il Comune di Roma ha conferito la cittadinanza onoraria a Gilad Shalit, e adesso in piazza del Campidoglio campeggia un manifesto con la foto del soldato israeliano e una scritta: «Roma vuole il suo cittadino Gilad Shalit libero».
(Tempi.it, 13 luglio 2009)
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Hamas organizza un matrimonio di massa
GAZA - Venerdì scorso Hamas ha organizzato nella striscia di Gaza un matrimonio di massa di cento vedove palestinesi con altrettanti seguaci di Hamas. I loro primi mariti sono caduti nell'offensiva israeliana contro l'organizzazione radicale islamica del dicembre-gennaio scorso.
Per la loro disponibilità al matrimonio gli uomini hanno ricevuto 2.800 dollari ciascuno. Il matrimonio è avvenuto in una spiaggia di Gaza. Le spose erano vestite tutte in nero, avevano il velo sul viso e portavano guanti. La maggior parte delle donne sono andate come seconda moglie a un fratello del marito morto. In venti casi però le vedove sono entrate in una nuova famiglia. La notizia è stata data dal quotidiano "Haaretz".
(israelnetz.com, 13 luglio 2009 - trad. www.ilvangelo-israele.it)
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La Gran Bretagna taglia la vendita di armi a Israele
Cancellate le forniture relative a navi usate nell'operazione contro Gaza
Nessun embargo, assicura Londra, ma ci assomiglia molto. Pressato del Parlamento e delle associazioni per i diritti umani, il governo britannico ha infatti deciso di tagliare la fornitura di armi a Israele in risposta all'offensiva nella Striscia di Gaza.
Per ora Londra ha cancellato gli equipaggiamenti delle navi da guerra Saar 4.5 che presero parte all'operazione Piombo fuso nel gennaio scorso, in cui morirono oltre 1.400 palestinesi. Il governo britannico ha esaminato 182 licenze per l'esportazione di armi, munizioni e forniture militari verso lo Stato ebraico, tra cui 35 riservate alla marina israeliana e ha deciso di cancellare le cinque licenze relative alle navi da corvetta che furono direttamente impegnate nell'operazione a Gaza.
La verifica era stata annunciata lo scorso aprile dal ministro degli Esteri, David Milliband, dopo che diversi parlamentari e associazioni per i diritti umani avevano chiesto a Londra di imporre l'embargo totale di armi verso Israele. Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, la parziale sospensione delle forniture britanniche non dovrebbe avere alcun effetto sull'operatività della marina israeliana. Ma certamente rappresenta un segnale politico importante che potrebbe portare altri Paesi europei a seguire l'esempio. Il prossimo, secondo l'Haaretz, potrebbe essere il Belgio che vende allo Stato ebraico gli equipaggiamenti utilizzati dalla polizia per disperdere le manifestazioni
(La Stampa, 13 luglio 2009)
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Israele alza il velo sul sottomarino "anti Iran"
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Il sottomarino Leviathan |
Quando il 29 giugno i bagnanti di Eilat (Mar Rosso) hanno visto levarsi dalle onde la sagoma di un sottomarino israeliano, hanno pensato ad un miraggio. La sua fotografia, subito rilanciata su un sito di questioni militari, é stata inizialmente ritenuta un fotomontaggio. Ma poche ore dopo sarebbe venuta la conferma: un sottomarino israeliano aveva effettivamente lasciato il porto di Haifa, era passato dal canale di Suez con l'assenso egiziano ed aveva partecipato ad esercitazioni nel Mar Rosso, per poi rientrare alla base.
L'episodio ha destato un grande interesse a livello internazionale. Alcuni analisti hanno affermato che esso dimostrerebbe un crescente coordinamento israelo-egiziano, in funzione anti-Iran. In un eventuale conflitto fra Israele e Iran proprio i sommergibili, secondo gli esperti, potrebbero svolgere un ruolo di primo piano. Ieri, in un incontro con la stampa estera nella base della marina militare di Haifa, un'alta fonte militare ha detto che quell'attraversamento del canale di Suez non è stato il primo. E cosa poteva dire di altre informazioni secondo cui di recente anche una corvetta lanciamissili Saar 5 era stata avvistata nel mar Rosso? "Il Mar Rosso - ha risposto, in termini generali - é per noi un'area di operazione che dobbiamo studiare e dove svolgiamo attività di routine".
La marina israeliana, afferma il Centro di studi strategici di Tel Aviv (Inss), dispone di tre sottomarini di produzione tedesca: 'Dolphin' (delfino), 'Leviathan' (balena) e 'Tkuma' (risurrezione). Ad essi se ne aggiungeranno in un prossimo futuro altri due, pure di produzione tedesca. La consegna dei primi tre, avvenuta nella seconda metà degli anni Novanta, fu vista come un gesto di riparazione della Germania verso Israele per aver assistito l'industria bellica del presidente iracheno Saddam Hussein.
Si tratta, viene spiegato a Haifa, di sottomarini 'high-tech' che uniscono il meglio delle conoscenze marine accumulate dall'industria tedesca con le più recenti elaborazioni israeliane nei sistemi di navigazione, di comunicazione e di Esm (mezzi di sostegno elettronico). Nascosto dietro ad occhiali da sole in cui si rispecchiano il porto di Haifa e il monte Carmelo, il comandante di uno dei sottomarini spiega che, se necessario, il Dolphin può procedere a centinaia di metri sotto il livello del mare. Ne va molto fiero: ha partecipato ad esercitazioni con altre marine militari, dando sempre ottimi risultati. Accenna ai due sommergibili che spuntano dall'acqua, lunghi 60 metri, ne decanta i "sonar eccellenti", i sofisticati periscopi, il tubo "shnorkel" per il rifornimento di aria pura. Per un mezzo da combattimento così formidabile occorre un equipaggio fuori dal comune: una cinquantina di uomini, volontari, addestrati per un anno in specializzazioni diverse come elettronica, navigazione, ingegneria, utilizzazione delle armi. L'aspetto psicologico è prioritario: "Devono essere - elenca - intelligenti, tranquilli, non aggressivi". Accade che per settimane non vedano la luce del sole. Entrare nel sottomarino non è possibile. Fotografarlo, nemmeno. E le informazioni della stampa estera sulle sue asserite capacità non convenzionali ? "Abbiamo missili Harpoon americani e torpedini tedesche" risponde l'ufficiale, per poi sprofondare in abissi di discrezione.
(il Giornale, 13 luglio 2009)
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Concluso il processo contro gli assassini di Ilan Halimi
di Anna Foa
Nel quasi generale disinteresse della stampa italiana, si è concluso a Parigi il processo contro gli assassini di Ilan Halimi, con l'ergastolo al loro capo e pene decrescenti, fino a sei mesi, per gli altri 26 torturatori. Un verdetto, questo, verso i complici di Fofana, che il mondo ebraico francese contesta indignato come troppo mite. Il Presidente del Consiglio delle istituzioni ebraiche, Richard Prasquier, pone seri dubbi sulle motivazioni che hanno portato a tale indulgenza e soprattutto sul fatto che il processo si sia svolto a porte chiuse, impedendo all'opinione pubblica di giudicare le intenzioni degli assassini. E' stato un omicidio antisemita? La povertà delle banlieues può essere un'attenuante a un omicidio così feroce? Si può considerare motivato da ragioni diverse dall'antisemitismo l'omicidio di una persona scelta solo perché ebreo? Credo che siano domande che riguardano tutti noi, ebrei e non ebrei, e non solo il mondo ebraico francese e la famiglia del ragazzo assassinato.
(Notiziario Ucei, 13 luglio 2009)
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Anna Magnani, un tributo al Jerusalem Film Festival
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Anna Magnani |
ROMA, 13 lug - Da Roma a Gerusalemme, dalla Città Eterna alla Città Santa, per raccontare una delle storie straordinarie di cent'anni di cinema italiano. La grande Anna Magnani sarà protagonista di un evento-tributo nell'ambito del Jerusalem Film Festival, la kermesse cinematografica più prestigiosa del Medio Oriente (Gerusalemme fino al 18 luglio). "Ciao, Anna Magnani", a cura dell'Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv, dell'Associazione Culturale "Golda", della Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma e fortemente sostenuto dalla Regione Lazio: l'evento prevede una mostra fotografica che raccoglie venti immagini dell'Archivio fotografico della Cineteca Nazionale - Centro Sperimentale di Cinematografia - Roma, e la presentazione al pubblico israeliano di due pellicole pietre miliari nella storia del cinema: "L'Onorevole Angelina" di Luigi Zampa e "Roma, città aperta" di Roberto Rossellini. "Il pubblico israeliano, attento spettatore e appassionato di cinema italiano, potrà così conoscere e rendere omaggio alla figura che ha incarnato mille volti e portato in scena la verità, parlando sempre al cuore di tutti- spiega Ariela Piattelli, curatrice dell'evento-. Così 'Ciao, Anna Magnani' celebra gli aspetti molteplici dell'indimenticabile personalità di 'Nannarella', 'la Magnani', l'attrice, la donna, il mito".
La mostra, collocata presso la prestigiosa Cineteca di Gerusalemme e resa possibile grazie all'Archivio fotografico della Cineteca Nazionale - Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, ripercorre, attraverso una selezione di venti fotografie scattate da grandi fotografi sui set degli indimenticabili film interpretati dalla diva, il suo percorso cinematografico: l'affermazione con il neorealismo, l'esperienza artistica e umana con Roberto Rossellini; l'incontro artistico con l'amico Luchino Visconti; il rapporto contrastato e sofferto con Pier Paolo Pasolini in Mamma Roma; l'ultima apparizione, nel 1973, in Roma di Federico Fellini. La mostra sarà inaugurata da Ronit Elkabetz, la "Anna Magnani" di Israele, e dal presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo.
(il Velino, 13 luglio 2009)
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I cugini di Google
Nascono come funghi, durano lo spazio di qualche titolo sui giornali e poi finiscono rapidamente nel dimenticatoio. Sono alcuni bizzarri motori di ricerca i cui nomi fanno il verso al gigante Google ma che promettono di fornire risultati filtrati e ordinati sulla base di alcuni criteri particolari, tematici, culturali o religiosi.
L'ultimo ad arrivare, pochi giorni fa, è stato Koogle: motore di ricerca kosher che promette di fornire solo risultati approvati da un rabbino e impedisce di fare shopping online durante lo shabbat. Prima di lui era arrivato Jewgle, sempre per ebrei, Muslumanoogle, motore di ricerca per musulmani, e Cathoogle, per i cattolici.
(Internazionale, 13 luglio 2009)
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La Gran Bretagna blocca alcune forniture di armi a Israele dopo l'offensiva di Gaza
GERUSALEMME - La Gran Bretagna ha cancellato alcune forniture già programmate di attrezzature militari a Israele in seguito a una revisione dei contratti di esportazione chiesta dopo la guerra che tra dicembre e gennaio ha scosso la striscia di Gaza.
Lo ha annunciato oggi un funzionario israeliano, spiegando che Londra ha cancellato cinque dei 182 contratti di esportazione stipulati tra Israele e Gran Bretagna, tutti riguardanti la fornitura di equipaggiamenti per Corvette di classe Saar 4.5, le navi utilizzate nel corso dell'offensiva nella quale sono morti più di 1.400 palestinesi.
Il ministro degli Esteri britannico David Milliband aveva annunciato la revisione ad aprile, dopo l'appello di alcuni parlamentari per un embargo delle armi sia contro Israele che contro Hamas, al potere a Gaza.
In Gran Bretagna tutte le esportazioni di merci sensibili destinate ad uso militare o che possono avere impiego militare o civile devono essere autorizzate. Se c'è la possibilità che vengano impiegate per atti di repressione interna o di aggressione esterna, il paese non concede l'autorizzazione.
(Reuters, 13 luglio 2009)
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Israele, il ministro dei trasporti cancella dai cartelli stradali i nomi in arabo
TEL AVIV (13 luglio) - Nei cartelli stradali israeliani sta per scomparire la dizione araba delle varie località, per essere sostituita una volta per tutte da quella ebraica. Lo riferisce oggi con grande evidenza il quotidiano Yediot Ahronot secondo cui si tratta di una iniziativa «di carattere ideologico» del ministro dei trasporti Israel Katz (Likud). Il ministro ha spiegato al giornale che è per lui inaccettabile ad esempio che Gerusalemme venga indicata nei cartelli stradali come "Jerusalem", in inglese, o "al-Quds" in arabo.
D'ora in poi, nelle tre lingue, si dovrà leggere solo la dicitura ebraica di "Yerushalaim". Il progetto di sostituzione dei cartelli stradali era iniziato già un anno fa, ma ha ricevuto nuovo impulso negli ultimi mesi dopo la nomima di Katz. La sua iniziativa, nota il giornale, sta già suscitando prime reazioni polemiche.
(Il Messaggero, 13 luglio 2009)
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Monaco: Demjamiuk sarà processato per omicidio
Centro Wiesenthal: speriamo in un processo rapido
MONACO, 13 lug. - Il presunto criminale di guerra nazista John Demjanjuk, 89 anni, sarà processato in Germania per "complicità in 27.900 casi di omicidio". Lo ha annunciato oggi la Procura di Monaco. Noto come "Ivan il terribile", Demjanjuk è stato estradato nel maggio scorso dagli Stati Uniti, dopo oltre due mesi di battaglie legali, e trasferito nel carcere di Stadelheim, a Monaco. L'ottantanovenne di origine ucraina è sospettato di aver avuto un ruolo attivo nello sterminio di 29.000 ebrei durante la seconda guerra mondiale, quando era guardiano nel campo di concentramento di Sobibor, oggi in Polonia. Dopo il conflitto, Demjanjuk era fuggito negli Stati Uniti, dove aveva ottenuto la cittadinanza nel 1958. La procura ha specificato in un breve comunicato che i capi d'imputazione sono stati oggi resi noti all'uomo; si ignora ancora però la data d'inizio del processo. Se riconosciuto colpevole, l'ottantanovenne rischia una condanna fino a 15 anni di carcere. Efraim Zuroff, il principale cacciatore di nazisti del Centro Simon Wiesenthal, ha accolto con favore l'incriminazione dell'uomo. "Si tratta ovviamente di un importante passo avanti - ha detto Zuroff, raggiunto telefonicamente a Gerusalemme - speriamo che il processo sia rapido in modo che sia fatta giustizia e che lui ottenga la giusta punizione". "Lo sforzo fatto per consegnare Demjanjuk alla giustizia dice che il passare del tempo non sminuisce in alcun modo la colpa dei responsabili", ha aggiunto Zuroff.
(Apcom, 13 luglio 2009)
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Stupore e dissenso per l'espulsione dei giornalisti israeliani dall'Ifj
(13/07/2009) - Esprimiamo forte stupore e dissenso sulla decisione assunta dalla Federazione Internazionale dei giornalisti di espellere la branca israeliana affiliata all'Ifj. La decisione sembra sia di natura amministrativa, legata al fatto che il sindacato israeliano si rifiutava di pagare le quote associative. Anche se questa fosse davvero la motivazione ufficiale non è comunque sufficiente per giustificare un atto contro il pluralismo e la libertà di opinione sempre difesi da tutti i giornalisti italiani. La situazione politica in Medio Oriente è delicatissima: occorrerebbero equilibrio, forte diplomazia, determinazione per porre fine a conflitti devastanti che durano da troppo tempo. E su questo terreno il ruolo della stampa è determinante. La nostra posizione è euroatlantica, con Israele e per la libertà del popolo palestinese: due popoli, due Stati. Per il momento sembra aver vinto l'ala radicale dell'Ifj che ha ottenuto l'unanimità nel prendere la decisione di espulsione, quindi anche con il voto del rappresentante italiano. Siamo a conoscenza del disagio e del dissenso dei giornalisti israeliani sulla "linea politica" dell'Ifj e che il non pagare le quote possa essere stato l'escamotage per uscire da un'organizzazione della quale non condividono le idee. Ebbene il "governo" della Federazione Nazionale della Stampa si è sempre saputo distinguere per interventi tesi ad allentare ad ogni costo le tensioni, le incomprensioni. E' questo il ruolo che abbiamo sempre svolto. E assume alto profilo simbolico il fatto che mentre si espellevano (o si autoespellevano) i colleghi israeliani dall'Ifj, il segretario nazionale della Fnsi Franco Siddi, che rappresenta tutti i giornalisti italiani, si trovava a Dachau, dove ha reso omaggio alle vittime dell'olocausto e ha in programma a breve una giornata di lavoro e di studio con i colleghi degli organi di stampa delle comunità ebraiche. Noi non confondiamo il ruolo dei giornalisti con i poteri degli Stati perché siamo per una vera libertà di stampa.
(IMGPress, 13 luglio 2009)
Ved. Informazione Corretta
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Israele, proibita la solidarietà verso Gilad Shalit
Al Maccabiah proibito indossare il nastro giallo di solidarietà
Gli organizzatori del Maccabiah, un evento simile ai giochi olimpici che si svolge in Israele ogni quattro anni, hanno proibito alle delegazioni di Usa e Gran Bretagna di indossare dei nastri gialli in segno di solidarietà verso Gilad Shalit, il militare israelo-francese rapito dal 25 giugno 2006 da guerriglieri palestinesi nei pressi di Gaza e detenuto da Hamas. L'iniziativa era stata lanciata da attivisti che lavorano per la liberazione di Shalit, che ora accusano gli organizzatori tramite Ella Hafez, di ''non voler a che fare con la politica poiché alcuni funzionari potrebbero interpretare il nastro come un gesto di sfida''. Le delegazioni statunitense e britannica avevano approvato il gesto di supporto ma all'ultimo minuto, prima della cerimonia di apertura prevista per oggi, hanno espresso il loro disappunto. Yaron Michaeli, portavoce del comitato organizzatore, ha assicurato che ''Shalit sarà ricordato nel discorso inaugurale'' ma ha ribadito che ''non si può cambiare la cerimonia sulla quale abbiamo lavorato nelle ultime due settimane'' a seconda dei voleri degli attivisti. Michaeli ha aggiunto che ''non possiamo trasformare l'evento in una manifestazione per la liberazione di Shalit'' in quanto esso ''è un raduno sportivo internazionale''. Il Maccabiah attrae ogni quattro anni circa 8 mila atleti ebrei provenienti da oltre 50 paesi diversi.
(PeaceReporter, 13 luglio 2009)
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IBM, dati sempre più sicuri
di Giorgio Pontico
ROMA - L'ultima idea di IBM in materia di protezione dati e tutela della privacy viene dai laboratori di ricerca di Haifa, si chiama Masking Gateway for Enterprises (MAGEN) e dovrebbe agire direttamente sullo schermo, oscurando le informazioni impostate come riservate.
Uno dei vantaggi di MAGEN, secondo IBM, sta nella capacità di questa tecnologia di non modificare nulla a livello di software interno, intervenendo sui dati prima che vengano visualizzati sullo schermo: questi vengono recepiti come un'immagine le cui parti ritenute sensibili possono essere riconosciute attraverso un sistema di riconoscimento ottico in grado di decifrare caratteri alfanumerici.
Si tratta inoltre di una soluzione multipiattaforma: l'unico requisito richiesto per il suo funzionamento è la presenza nel sistema di almeno un display.
(Punto Informatico, 13 luglio 2009)
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La pace dipende dal riconoscimento di Israele come stato ebraico
"Theodor Herzl preconizzò uno stato ebraico 50 anni prima della Shoà. Già allora era giunto alla conclusione che solo uno stato ebraico avrebbe permesso agli ebrei di tutto il mondo di essere padroni del proprio destino". Lo ha detto domenica il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu alla cerimonia per l'anniversario della morte del fondatore del sionismo politico. E ha aggiunto: "Il conflitto ha le sue radici nel rifiuto dei palestinesi di riconoscere il diritto della nazione ebraica ad un suo stato sulla Terra d'Israele. La pace dipende dal semplice riconoscimento di Israele come stato ebraico da parte dei palestinesi".
(israele.net, 13 luglio 2009)
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Israele risponde a Solana: No a ogni soluzione di pace imposta
Il ministro Lieberman replica ad Alto rappresentante Ue
GERUSALEMME, 13 lug. - No a ogni soluzione di pace imposta dalla comunità internazionale. Lo ha ribadito Israele, dopo le dichiarazioni attribuite all'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell'Unione Europea, Javier Solana. "Una soluzione di pace non può venire che a seguito di negoziati diretti e non può essere imposta", ha dichiarato alla radio pubblica il ministro degli Esteri dello stato ebraico, Avigdor Lieberman. Ha risposto alle affermazioni che avrebbe pronunciato Solana due giorni fa a Londra: secondo l'alto responsabile, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dovrebbe imporre una soluzione che includa il riconoscimento di uno stato palestinese indipendente, se non si sbloccasse lo stallo nel processo di pace. In base a queste opinioni, riprese dalla stampa israeliana, il Consiglio di sicurezza dovrebbe in questo caso riconoscere in modo unilaterale uno stato palestinese, come "membro a pieno titolo dell'Onu". L'Onu dovrebbe inoltre decidere l'applicazione di diverse risoluzioni che riguardano i dossier su cui israeliani e palestinesi non sono arrivati a un'intesa: frontiere di questo Stato, Gerusalemme, la questione profughi. Lieberman ha d'altra parte minimizzato la portata di queste dichiarazioni, ritenendo che "né gli Stati Uniti, né l'Europa intendano imporre una soluzione". Non è necessario, ha aggiunto, "attribuire troppa importanza a opinioni che vengono da un diplomatico a fine mandato". Solana era stato nominato nell'ottobre 1999 Alto rappresentante per la politica estera dell'Unione, prima di essere riconfermato nel 2004. Il suo mandato scade a ottobre e Solana ha annunciato che non chiederà di prorogarlo. (fonte Afp)
(Apcom, 13 luglio 2009)
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Da Amos Mansdorf a Dudi Sela: Israele si merita questa semifinale
Dopo la Svezia, anche i russi si sono dovuti arrendere al cuore di una piccola, grande squadra figlia di un progetto nato 30 anni fa su un vecchio campo di fragole
di Stefano Semeraro
Israele è in semifinale di Davis, per la prima volta nella sua storia, e personalmente ne sono molto contento. Niente contro la Russia, intendiamoci, ma la realtà del tennis Israele la conosco da tanti anni, conosco la passione e la simpatia degli amici dellIsrael Tennis Center di Ramat Hasharon, di Ian Froman, di Daniel Wechsberg, della mitica Yona. Molti di loro ormai sono in pensione o si occupano daltro, ma fu grazie a loro che agli inizi degli anni 90 visitai per la prima volta lex campo di fragole, lo strawberry field diventato academy tennistica alle porte di Tel Aviv.
Mi scarrozzarono su è giù per il Paese, a visitare i 14 centri disseminati qui e lì, dove i bambini venivano avvicinai al tennis e svezzati con la stessa passione con cui gli israeliani strappavano terreni coltivabili al deserto. Il più grande programma pubblico di avviamento al tennis del mondo, probabilmente.
Lo stadio e il college di Ramat Hasharon, anche se stavolta si è giocato al Nokia Stadium, è sempre stata la tana della passione tennistica israeliana: il centrale, il Canada Stadium, non enorme - 4500 posti - ma suggestivo, con le sue curve a strapiombo che favoriscono gli effetti della torcida; i 25 campi di allenamento, le targhette che qui e là testimoniano le tante donazioni - dal Canada, dagli States, dallInghilterra - laria da circolo campestre, quasi famigliare, ma organizzatissimo, farcito di passione.
Cerano in giro Shlomo Glickstein e Shaar Perkiss, due dei giocatori professionisti che Israele è riuscito a produrre nel corso dei trentatrè anni di apertura dellITC, che fu inaugurato nel 1976 da Lea Rabin, dopo che da due anni pionieri come Ian Froman, Freddie Krivine, Joseph D. Shane, Harold Landesberg, Rubin Josephs e William H. Lippy si erano impegnati a cercare fondi.
Su quei campi sono passati anche Hadad e Ram, Bloom e Levy, Shara Peer e Dudi Sela, Ran, Okum, e soprattutto Amos Mansdorf, n.18 del mondo nel 1987, vincitore anche di unedizione del torneo di Bercy. Mansdorf è nato proprio a Ramat Hasharon, è stato fra i primi allievi del centro, anche lui come tutti, compresa Sharar Peer, dovette farsi due anni di servizio militare durissimo, rischioso, prima di potersi dedicare al tennis a tempo pieno. Iszak Rabin, il primo ministro israeliano assassinato anni fa da un folle, lo ammirava moltissimo. Ed è stato Amos a dimostrare in mnaire convincente, tangibile che il lavoro fatto dallITC aveva un valore, uno spessore internazionale. Ad aprire la strada agli altri. Per gli israeliani non è mai stato troppo facile girare il mondo, ottenere visti, superare preconcetti. Tutti si ricordano della terribile strage del 72 ai Giochi di Monaco, ma anche recentissimamente, appena un anno fa, il rifiuto del torneo di Dubai ad ammettre Sharar Peer, la minaccia di farlo anche con Ram, dimostrano che purtroppo che gli odii religiosi ed etnici continuano a inquinare lo sport. Le offese ricevute da Sania Mirza, le parole razziste di Breydan Klein che gli sono (giustamente) costate sei mesi di squalifica, aggiungono voci al tristo capitolo.
Sono contrario allingerenza della politica nello sport, ripeteva spesso Amos, la gente ha sempre visto i soldati israeliani in televisione, ma vedendo invece un israeliano che gioca a tennis come tutti gli altri , forse la gente potrebbe cambiare idea. Purtroppo i suoi discendenti il diritto a giocare i quarti con la Russia, questanno, se lo sono dovuti conquistare fra le tribune vuote dello stadio di Malmoe, contro la Svezia: ragioni di sicurezza, hanno spiegato le autorità svedesi, mentre fuori sfilavano i dimostranti anti-israeliani.
Nonostante tutte queste difficoltà, Levy, il simpaticissimo Dudi Sela - sì, proprio quello che affondò due anni fa le nostre ambizioni a Tel Aviv, rimontando da 1-3 nel qunto set contro Seppi - Erlich e Ram, cioè gli eroi del match contro la Russia, hanno continuato a giocare, a battersi per se stessi e per uno sport senza steccati religiosi o etnici.
Questa vittoria sarà importante per il futuro del nostro tennis, dicevano quasi commossi due anni fa i colleghi dopo la vittoria dei loro contro lItalia. E noi, gli inviati di un Paese ricco, senza guerre, non potemmo fare altro che annuire con un sorriso un po triste, ma amichevole. Due anni dopo Israele è in semifinale nel tabellone principale di Coppa Davis, noi ci dibattiamo ancora in serie B.
Una grande gioia, che ha ridotto in lacrime anche un saltimbanco come Ram, per il tennis israeliano. E, sospetto, lennesima lezione di umiltà per noi.
Shalom, amici, questa gioia ve la siete meritata.
(La Stampa, 12 luglio 2009)
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L'Africa e l'Aids - da Israele nuove idee per prevenire la malattia
di Anna Momigliano
Per la prima volta lo Stato di Israele e un Paese musulmano hanno avviato insieme un programma di ricerca per la sanità pubblica. Obiettivo non da poco: ridurre drasticamente l'infezione di Aids nel continente africano. La scorsa settimana una delegazione di medici del Senegal, nazione musulmana dell'Africa Sub-Sahariana, sono arrivati all'ospedale di Hadassa Ein Kerem per incontrare alcuni colleghi israeliani. Insieme, hanno messo a punto le basi per una missione congiunta per prevenire la diffusione dell'Aids... attraverso la circoncisione chirurgica. Infatti un recente studio israeliano, riportava il quotidiano Yediot Ahronot, dimostra che la circoncisione (richiesta anche nell'Islam) riduce del 65% le probabilità di contrarre il virus durante un rapporto sessuale non protetto. I ricercatori di Hadassa hanno studiato l'argomento, mettendo a punto una tecnica chirurgica particolarmente adatta per ridurre le infezioni da HIV: una squadra di medici israeliani era già stata inviata nello Swaziland per dare alcune dimostrazioni.
Ma questa volta si tratta di un progetto molto più ampio, che impegna le autorità sanitarie senegalesi e israeliane: "E' il primo accordo di questo genere con un Paese musulmano", commenta una fonte di Yediot. Gerusalemme avrebbe offerto la propria collaborazione nella lotta contro l'HIV anche ad alcuni Paesi arabi - che però, a quanto riferiscono fonti israeliane, avrebbero rifiutato.
(Notiziario Ucei, 12 luglio 2009)
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Decine di miliziani palestinesi arrestati dall'Anp
Decine di miliziani palestinesi, per lo più affiliati alla Jihad islamica, sono stati arrestati di recente in Cisgiordania dai servizi di sicurezza dell'Autorità nazionale palestinese. Lo ha affermato oggi Hamas, in un comunicato citato dalla agenzia di stampa Maan.
I miliziani - fra cui vi sarebbero anche membri del Fronte popolare di liberazione della Palestina e del piccolo gruppo integralista Hizb-e-Tahrir - sono sospettati di aver organizzato operazioni eversive. I servizi di sicurezza dell'Anp - aggiunge Hamas, con tono critico - hanno anche requisito i fondi di cui disponevano.
Da parte sua la Jihad islamica ha reso noto che a Gaza due dei suoi miliziani sono stati arrestati dai servizi di sicurezza di Hamas mentre erano intenti a preparare un attacco contro un obiettivo israeliano lungo la linea di demarcazione.
(ilsussidiario.net, 11 luglio 2009)
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Torturò e uccise ragazzo ebreo. Ivoriano condannato all'ergastolo
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Youssuf Fofana |
Youssuf Fofana, il capo della «banda dei barbari» che ha riconosciuto l'omicidio di un giovane ebreo dopo tre settimane di sequestro nel 2006 nella regione di Parigi, è stato condannato al massimo della pena, l'ergastolo con 22 anni di carcere duro. Fofana, 28 anni, di origine ivoriana, ha riconosciuto, durante il processo a porte chiuse cominciato due mesi e mezzo fa, di aver dato i colpi fatali a Ilan Halimi, 23 anni, rapito il 20 gennaio 2006 allo scopo di ottenere un riscatto, dopo che era stato preso in trappola da una ragazza usata come esca. Sequestrato e torturato per 24 giorni nella città di Bagneux, nella regione parigina, Ilan Halimi era stato trovato agonizzante lungo una ferrovia il 13 febbraio 2006. Era morto nel tragitto verso l'ospedale. La vicenda, a sfondo antisemita, aveva scosso tutta la Francia. Contro gli altri 26 imputati, la corte ha pronunciato due assoluzioni e pene che vanno dai sei mesi con la condizionale fino a 18 anni di carcere. I due complici giudicati maggiormente responsabili, Samir Ait Abdelmalek, 30 anni, e Jean-Christophe Soumbou, 23 anni, hanno preso rispettivamente 15 e 18 anni. La ragazza che aveva fatto da esca, minorenne al momento dei fatti e oggi di 21 anni, è stata condannata a nove anni.
(Il Secolo XIX, 11 luglio 2009)
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Israele - Musica per rilassare l'automobilista stressato
Il traffico automobilistico è causa di stress? Niente di meglio di una musica rilassante, quindi. Le note armoniche come antitodo ad una delle cause di frenesia dei tempi moderni sono infatti alla base di un provvedimento preso nel comune israeliano di Hadera. Ad un particolare incrocio della cittadina a Nord di Tel Aviv, che garantendone l'accesso costringe gli automobilisti a code interminabili, infatti, è stato installato un congegno su semafori che "fa musica". Allo scattare del rosso, come scrive il quotidiano "Yediot Ahronot", il dispositivo diffonderà canzoni rilassanti, mediante appositi altoparlanti. Il giornale ha appreso anche che i responsabili del municipio hanno già scelto un pacchetto di canzoni, tutte israeliane, che dovrebbero a loro parere distendere i nervi di chi ogni mattina, nel tentativo di superare quel tratto di strada, è costretto a perdere tempo prezioso.
(055news.it, 11 luglio 2009)
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Da Israele all'Aquila, sopravvivere al terremonto con il grande abbraccio degli ebrei di Roma
di Piera Di Segni
"Vedo ancora gli occhi terrorizzati dei miei figli; si aspettavano che io, la loro mamma, facessi qualcosa. Ma non potevo fare nulla, eravamo bloccati in casa, in trappola". Svetlana Pekarskaya, pianista russo-israeliana, trapiantata in Abruzzo, non riesce a dimenticare la notte del terremoto: alle tre e trentacinque del 6 aprile scorso, quando è arrivata la scossa più forte, dormiva con i suoi figli, Primo e Ottilia, nella loro casa, nel centro storico de L'Aquila. "Mi sono svegliata con un gusto di polvere in bocca, il soffitto che crollava, la casa che si muoveva: anche i bambini si sono svegliati, abbiamo cercato di scappare, ma la porta di casa era bloccata. Il pianerottolo era pieno di macerie, i fili elettrici pendevano come altalene, usciva acqua dai tubi. Il telefono non funzionava, i cellulari non prendevano, eravamo nel panico. Siamo rimasti così per quaranta minuti, poi il padrone di casa, una persona anziana, con grande coraggio e a rischio della vita, è riuscito ad aprire la porta. Abbiamo potuto portare via solo il clarinetto di Primo, ridotto in pezzi: il pianoforte su cui suonavamo mia figlia ed io naturalmente è rimasto sotto le macerie. Abbiamo raggiunto piazza Duomo, dove c'era tanta gente, in pigiama, svestita, con le coperte: c'era il terrore totale, e le scosse continuavano".
Come tanti concittadini de L'Aquila Svetlana, Ottilia e Primo sono rimasti senza casa, senza vestiti, senza più nulla. Nei primi giorni hanno trovato rifugio da amici in Abruzzo, poi a Roma. Prezioso è stato l'aiuto della comunità ebraica, offerto dal presidente, Riccardo Pacifici, e da tante famiglie. Ottilia e Primo sono stati accolti alla scuola ebraica, e così non hanno perso l'anno scolastico. Hanno anche tenuto piccoli concerti, rivelandosi veri talenti musicali in erba.
"Ho avuto un'accoglienza splendida da parte della comunità, i bambini sono stati accolti in modo fantastico dagli altri bambini e dagli insegnanti: sono molto riconoscente". Per Svetlana è stato anche un modo per riallacciare i fili di una tradizione familiare. "Il mio bisnonno era rabbino a Topolez, una piccola città della Russia. Durante l'invasione nazista fu trucidato, proprio dentro la sinagoga. Mia nonna sapeva l'ebraico, conosceva le feste, le tradizioni, ma non ci ha mai trasmesso nulla, aveva paura: durante il regime sovietico era vietato professare qualunque religione. Io ho scoperto molte cose quando sono arrivata in Israele". Succede nel 1990: l 'Unione Sovietica, in tempo di "perestroyka", concede finalmente i visti agli ebrei. In Israele i Pekarsky, come tutti i nuovi immigrati, vengono inseriti in un programma di accoglienza. Svetlana ha 21 anni, è figlia di musicisti, ed è già un'eccellente pianista. Suona dall'età di sei anni; a Mosca ha frequentato la Scuola Centrale, riservata a bambini di talento. Prosegue quindi gli studi a Gerusalemme, presso l'Accademia di Musica, sotto la guida di Isaak Kats. "L'impatto con Gerusalemme fu scioccante, è una città così religiosa! Ma c'è libertà per le scelte di vita, cosa che non esisteva in Unione Sovietica. In Israele mia madre e due mie sorelle sono diventate osservanti". Dopo quattro anni in Israele Svetlana va a perfezionarsi a Boston, con una borsa di studio dell'American Cultural Foundation creata da Isaac Stern. Lì conosce un italiano e nel 1996 viene a vivere in Abruzzo, dove ha vissuto fino al terremoto.
"Penso che la cura migliore per noi sia la musica" dice convinta Svetlana Pekarskaya. Appena è stato possibile tutti e tre hanno ricominciato a suonare. Una bella occasione è stata offerta ai bambini da un'amica abruzzese, Luisa Prayer, insegnante al Conservatorio "Alfredo Casella" de L'Aquila. Il vecchio edificio è finito in macerie, ma gli studenti non hanno mai smesso di esercitarsi, ospiti di altre scuole musicali italiane, con il sostegno e la dedizione dei loro insegnanti. Per il concerto finale sono stati ospitati dal Reale Circolo Canottieri Tevere Remo di Roma e, nell'Intermezzo, hanno a loro volta ospitato Primo e Ottilia: i due bambini, molto emozionati, hanno avuto la possibilità di esibirsi, mostrando tutta la loro bravura, Primo al clarinetto, Ottilia al pianoforte. Poi, insieme, hanno suonato "La danza del rabbino", un classico del klezmer. Fuori programma Svetlana, per Sorgente di vita, ha suonato un adagio di Beethoven, rivelando l'eccellenza della sua musica.
"La mia esperienza personale mi ha aiutato a ricominciare da zero, prima in Israele, poi in America, infine in Italia; adesso devo ricominciare, dopo il terremoto. Dovunque sono stata credo di aver preso qualcosa di buono: spero di farcela anche questa volta."
(Notiziario Ucei, 10 luglio 2009)
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Tel Aviv - Per contrastare le minacce portate da Siria e Iran
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Lockheed Martin F-35 |
Israele ha ordinato la sua prima squadriglia di caccia Lockheed Martin F-35 Lightning II Joint Strike Fighter (Jsf), il più moderno prodotto dell'aviazione militare americana, per difendersi dalle potenziali minacce provenienti da Siria ed Iran, in particolare se questi acquisteranno sistemi di difesa aerea (come missili S-300) dalla Russia. Lo ha reso noto oggi il giornale israeliano "Jerusalem Post".
La lettera di richiesta riguarda l'acquisto da parte del Paese ebraico di 25 aerei, il cui prezzo per unità dovrebbe essere fissato sui 100 milioni di dollari, più l'integrazione di sistemi israeliani. Il contratto dovrebbe essere firmato entro il 2010 e le consegne dovrebbero avvenire a partire dal 2014.
Successivamente le forze aeree israeliane contano di acquistare altri 50 F-35, compresi modelli a decollo verticale. Secondo il "Jerusalem Post" ci sarebbe già un'intesa su tutte le questioni principali. Le richieste di Israele riguardano tre punti: l'integrazione di sistemi per la guerra elettronica e di sistemi di comunicazione di produzione israeliana e la possibilità di effettuare la manutenzione autonomamente in caso di problemi.
(Avionews, 10 luglio 2009)
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Pellegrinaggi, mercato prioritario per Israele
Il turismo religioso resta nel Dna di Israele e si conferma quale fonte di maggiore appeal per i visitatori Italiani. Oltre il 75% del flusso turistico proveniente dall'Italia, infatti, si reca nel Paese per pellegrinaggi e percorsi religiosi. "I pellegrini sono indubbiamente la componente più importante - dichiara Tzvi Lotan, neodirettore dell'Ufficio nazionale israeliano del turismo in Italia -, ma il mio obiettivo nei prossimi anni sarà arrivare a tutti gli italiani, portando il messaggio di Israele quale destinazione affascinante sotto molti punti di vista, dal naturalistico al culturale, adatta alle famiglie tanto quanto ai giovani". Rafforzare il comparto leisure è, quindi, la mission del nuovo direttore. "Molti tour operator italiani non credono nel potenziale di Israele come prodotto leisure, ma la tendenza sta cambiando - conclude Lotan -; abbiamo siglato un accordo con Cts e anche alcune compagnie low cost si stanno interessando a volare su Tel Aviv, elementi che possono aiutarci a cambiare l'immagine di Israele, rendendola appetibile per tutti".
(TTG, 10 luglio 2009)
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Netanyahu, la Cisgiordania non puo' essere senza ebrei
GERUSALEMME, 10 lug - Il Primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha detto al ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, che la Cisgiordania ''non puo' essere Judenrein'', un'epressione nazista che significa ''ripulita dagli ebrei''. E' quanto riporta il Jerusalem Post, precisando che il premier dello Stato ebraico ha rilasciato queste dichiarazioni durante una visita di Steinmeier all'inizio della settimana.
Utilizzando il termine israeliano per la Cisgiordania occupata, Netanyahu ha affermato: ''La Giudea e la Samaria non possono essere Judenrein''.
La frase del Primo ministro israeliano arriva mentre cresce la pressione da parte di Unione Europa e Stati Uniti affinche' Tel Aviv fermi l'espansione degli insediamenti ebraici in territorio palestinese.
(ASCA-AFP, 10 luglio 2009)
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Jltv trasmetterà per la prima volta in tutto il mondo le Maccabiadi
LOS ANGELES - Il primo canale televisivo a contenuto totalmente ebraico 24 ore su 24 produce un evento storico.
JLTV diventerà il primo canale televisivo al mondo a contenuto totalmente ebraico, 24 ore su 24, quando il 12 luglio raggiungerà più di 100 milioni di case, aggiungendo alla sua distribuzione americana, la copertura via satellite Hot Bird in tutta l'Europa, in Nord Africa e in Medio Oriente. In concomitanza con la sua espansione mondiale, JLTV trasmetterà le 18me Maccabiadi dal 12 al 23 luglio, inserendole nella sua speciale programmazione sportiva. Quest'evento segna la prima trasmissione in nazioni diverse da Israele.
Conosciute come le "Olimpiadi Ebraiche", le Maccabiadi hanno luogo ogni quattro anni in Israele, e attraggono eccezionali atleti ebrei da tutto il mondo. Vi gareggiano più di 8.000 atleti di oltre 50 paesi diversi, facendo delle Maccabiadi il terzo evento sportivo più grande al mondo.
"Le Maccabiadi sono un'esperienza culturale incredibile, con atleti di tutto il mondo riuniti in Israele accomunati dall'interesse per lo sport," ha dichiarato il Presidente e CEO di JLTV, Phil Blazer. "Come primo network ebraico mondiale, è nostra speranza che il pubblico del mondo celebrino le prodezze sportive degli atleti ebraici."
La programmazione JLTV dei Giochi comprende uno speciale pre-olimpico di tre ore, Domenica 12 luglio dalle 18 alle 21 (fuso orario costa USA orientale), con 2 ripetizioni. La cerimonia di apertura della durata di 4 ore sarà trasmessa Lunedì 13 dalle 18 alle 22 (fuso orario costa USA orientale), con ulteriori ripetizioni. La trasmissione delle Maccabiadi continuerà fino al 24 luglio, mostrando i fatti salienti dei Giochi, interviste agli atleti e storie di interesse umano.
La copertura televisiva JLTV delle Maccabiadi avrà come speaker principale il vincitore della medaglia d'oro, campione olimpionico Mitch Gaylord, il primo ginnasta americano ad ottenere un perfetto "10". "Vincere l'oro alle Olimpiadi 1984 è stato certamente il massimo, ma ho sempre ripensato alla mia partecipazione alle Maccabiadi come una pietra miliare nella mia carriera di ginnasta," ha dichiarato Gaylord.
Cenni su JLTV
JLTV (Jewish Life Television) è il primo network televisivo a tempo pieno al mondo con programmazione di contenuto ebraico. Lanciato nel 2007, il network offre una gamma completa di notiziari, trasmissioni sportive, costume e società e intrattenimento. Oltre a trasmettere via Time Warner Cable, DirecTV e stazioni televisive locali in tutti gli Stati Uniti, JLTV può essere vista in più di 100 milioni di case in tutto il mondo grazie al prossimo lancio del 12 luglio su Hot Bird, un gruppo di trasmissioni via satellite, in tutta l'Europa, in Nord Africa e in Medio Oriente. Posizione di Hot Bird: Frequenza: 11200. Polarità: Verticale. Symbol Rate: 27500. FEC Rate: 5/6
Lisa Kussell, +1-212-901-3930, lisa.kussell@bwr-ny.com, o Steven Wilson, +1-310-248-6163, swilson@bwr-la.com, entrambi di B|W|R Public Relations
(ITnews, 10 luglio 2009)
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Anastasia Michaeli : ex modella onorevole con otto figli
di Loredana Chiappini
È russa (ma nel '97 è emigrata in Israele dopo il matrimonio, convertendosi all'ebraismo), bionda, alta, bella, ha 33 anni, un titolo in ingegneria elettronica, un passato da modella e in tv: da cento giorni è la parlamentare israeliana più famosa e più discussa. È Anastasia Michaeli (nome d'arte, ricavato dal cognome Michaelevski), il primo parlamentare che durante il suo mandato ha partorito. L'ottavo figlio. Otto in 12 anni e sembra appena uscita da un calendario: non una ruga o un capello fuori posto. Si divide tra casa e politica in un Paese dove la contaminazione lavoro-bambini è normale. Come farà a presiedere le sedute? La commissione etica della Knesset le ha riconosciuto un diritto alla maternità senza precedenti. Lei non ha ancora deciso come sfrutterà la nuova legge. I figli li alleva in modo spartano, ricordando le ristrettezze del comunismo russo della sua infanzia. Quanto all'ultimo, lo ha "disciplinato "a nascere nel giorno del compleanno di Liberman, il 5 luglio, come omaggio al suo adorato capolista. Maschio, ubbidiente: «È nato un altro soldato», dice con orgoglio.
(Metro, 9 luglio 2009)
Per chi conosce il russo
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Conversioni "Kosher Style"?
di Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme
Mi scrive un amico dall'Italia: "Mi sembra che la ferrea volontà di legare strettamente Religione e Stato sia una geniale trappola per avere conversioni 'Kosher Style' in cui sta cadendo il Rabbinato moderato statale in Israele. Ma qualcuno sta facendo una ricerca a posteriori sul sentimento ebraico di questi convertiti 'statali' di massa? O basta che picchino i martelletti di Yom Haatzmaut (che, per carità, sarebbe già qualcosa!)".
Non sono d'accordo. In Israele sono arrivati oltre 300 mila non ebrei membri di famiglie miste, in parte con padre ebreo. Questi 300 mila cittadini pagano le tasse e muoiono in guerra, ma non hanno nemmeno il diritto elementare di sposarsi perché in Israele non esiste il matrimonio civile. Si potrebbe rimandarli al mittente, come cercarono di fare Ezra e Nehemia. Una soluzione migliore è di convertire all'ebraismo, dopo adeguata preparazione, i molti che lo chiedono liberamente. Invece il Rabbinato (moderato?) statale mantiene al minimo il numero delle conversioni, e pure le revoca se la ragazza, convertita, viene fotografata in pantaloni. La revoca del ghiur è quasi inaudita nella multimillenaria storia del pensiero rabbinico. Questo crea danni gravi all'ebraismo per il quale l'esistenza di Israele è un fattore di sostegno. Con tutte le critiche che si possono fare all'operato dei suoi governi, Israele rappresenta un accertato polo centrale nell'identificazione degli ebrei del mondo. Favorevoli o contrari, gli ebrei non sono indifferenti a Israele, mentre lo sono di fronte a molte altre forme di identificazione ebraica. Se seguiamo la logica dei martelletti di Yom Haatzmaut, andrebbe tolta la patente di ebreo a milioni di ebrei nel mondo perché, appunto, non fanno nemmeno quello.
(Notiziario Ucei, 9 luglio 2009)
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Autorità palestinese: sette uomini a rischio di esecuzione, l'appello di Amnesty
Amnesty International è seriamente preoccupata per sette uomini di età compresa tra i 28 e i 45 anni che si trovano a rischio di esecuzione. Shadi 'Abdul Karim al-Madhoun, 'Aamer Saber Hussein al-Jundiya, Salem 'Ali al-Jundiya, Mo'men Hussein al-Jundiya, Nasser Salamah Abu Freih, Mohammed Ali Hassan Saidam, Iyad Ahmed Diab Sukkar sono stati condannati a morte da tribunali militari a seguito di processi irregolari. I tribunali stanno operando sotto la giurisdizione di Hamas che, di fatto, sta amministrando il territorio dal 2007.
Le condanne sono state emesse tra il 2008 e il 2009: Shadi 'Abdul Karim al-Madhoun, 'Aamer Saber Hussein al-Jundiya, Salem 'Ali al-Jundiya e Mo'men Hussein al-Jundiya sono stati condannati per rapimento e omicidio. Nasser Salamah Abu Freih, Mohammed Ali Hassan Saidam e Iyad Ahmed Diab Sukkar sono stati condannati invece per "collaborazione" con l'esercito israeliano, in seguito alla quale sono morti alcuni loro commilitoni....
(ICN-News.com, 9 luglio 2009)
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Creato il robot che nuota nel sangue, curerà tumori e rimuoverà le ostruzioni nelle vene
di R.Z.
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Il microrobot israeliano |
Capaci di suonare uno strumento musicale, di sollevare pesantissimi carichi, di rilevare intrusi in casa e a breve di ispezionare il corpo umano per individuare problemi medici ed eventualmente risolverli. Sono i robot, amati e temuti esseri artificiali dotati di intelligenza propria o controllati a distanza dall'uomo, destinati a stravolgere la vita dell'umanità. Di recente, stando a quanto si legge sulle pagine del American Society for Technion (ATS), un gruppo di ricercatori israeliani della Technion University ha creato un robot, grande quanto una formica, capace di nuotare nel sangue ed esplorare il corpo per poi diagnosticare, e in futuro anche curare, tumori e pericolose ostruzioni.
Questo è il futuro della medicina - L'essere artificiale non è dotato di un motore ma riesce comunque a muoversi grazie ad un campo magnetico generato dai medici esternamente al corpo del paziente. Dotato di microscopiche zampe, che gli permettono di aggrapparsi alle pareti dei vasi sanguigni e resistere così alla corrente del flusso circolatorio, è in grado di spostarsi nelle vene ad una velocità, apparentemente insignificante, di 9 millimetri al secondo.
Ricercatori pensano a come migliorare il micro robot chirurgo - In un prossimo futuro i ricercatori israeliani intendono comunque migliorare la propria creatura dotandola di telecamere e micro strumenti chirurgici per intervenire in maniera non invasiva nella cura di malattie altrimenti complicate da combattere. Il piccolo robot, sempre nei progetti degli scienziati, verrà impiegato anche per la veicolazione dei farmaci.
(Tiscali Notizie, 9 luglio 2009)
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Hamas smentisce Mubarak: "Non sa nulla di Shalit"
ROMA, 8 lug - "Gilad Shalit sta bene". "Il presidente egiziano non ne sa nulla". Nel giro di 24 ore due dichiarazioni di opposto tenore sulle condizioni del caporale israeliano rapito dagli islamici di Hamas sono giunte dal Medio Oriente. Dapprima il rais egiziano Hosni Mubarak ha dichiarato davanti al capo dello Stato ebraico Shimon Peres, in visita al Cairo, che il giovane militare stava bene, aggiungendo: "porremo presto fine a questa vicenda". Oggi invece un portavoce di Hamas, ripreso da fonti internazionali di agenzia, ha dichiarato che Mubarak non ne sa nulla. Il movimento islamico ha fatto del silenzio attorno alle sorti di Shalit uno dei punti di forza a proprio favore per alzare la posta con Israele nel caso in cui le due parti si accordino per uno scambio di prigionieri. Neppure alla Croce Rossa Internazionale è stato permesso di visitare il prigioniero nel corso degli ultimi tre anni.
L'intelligence egiziana media da mesi tra israeliani e Hamas per giungere a uno scambio di prigionieri, tuttavia nelle ultime ore il portavoce dell'organizzazione islamica, Usamah al-Mizeini, ha negato la preparazione da parte del suo movimento di una nuova lista di detenuti palestinesi in sostituzione di quella con 450 nomi preparata mesi fa. Al-Mizeini ha anche negato che Hamas abbia ricevuto un invito recente a riprendere il dialogo con gli israeliani sulla questione, quindi ha aggiunto che la stessa Hamas "ha pochi contatti" con i sequestratori.
(il Velino, 8 luglio 2009)
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Tel Aviv tra le nuove rotte easyJet da Londra
easyJet espande il network internazionale aprendo su Israele. Dal prossimo inverno sarà, infatti, attiva la nuova rotta Londra Luton-Tel Aviv con sei frequenze a settimana. easyJet sarà la prima compagnia low cost ad operare il collegamento; sei le frequenze settimanali, di lunedì, martedì, mercoledì, giovedì, sabato e domenica. La compagnia, inoltre, ha annunciato l'ampliamento delle sue operazioni in Marocco con un nuovo servizio che collegherà, due volte a settimana (mercoledì e domenica), Londra Gatwick ed Agadir.
(TTG, 8 luglio 2009)
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Peres incontra Hosni Mubarak
Al centro dei colloqui gli ultimi sviluppi del processo di pace per una tregua a Gaza
Il presidente israeliano Shimon Peres e' giunto ieri al Cairo per una visita di poche ore nel corso della quale si è incontrato con il presidente egiziano Hosni Mubarak.
I colloqui vertono sugli ultimi sviluppi del processo di pace, alla luce dgli sforzi egiziani per una tregua nella striscia di Gaza.
Nell'agenda dei lavori anche la questione relativa alla liberazione del prigioniero israeliano Ghilad Shalit e di centinaia di detenuti palestinesi.
A quanto si e' appreso, Peres ha illustrato inoltre una serie di provvedimenti adottati di recente dalle autorita' israeliane in Cisgiordania per agevolare le condizioni di vita dei palestinesi: fra queste, le rimozioni di posti di blocco.
Quanto al soldato Ghilad Shalit, prigioniero di Hamas a Gaza da oltre tre anni, gli egiziani giocano un ruolo determinante nella complessa mediazione fra Hamas ed Israele.
Nei giorni scorsi la stampa israeliana ha scritto che le relazioni di sicurezza fra Israele ed Egitto sembrano essersi avvicinate negli ultimi tempi. In particolare e' stato giudicato significativo il transito per la prima volta dal canale di Suez di un sottomarino israeliano di tipo Dolphin, nel contesto di esercitazioni militari israeliane avvenute nelle settimane passate nel mar Rosso di fronte al porto di Eilat.
Il presidente israeliano Shimon Peres inoltre dichiarato nel corso della sua visita al Cairo che ''la proclamazione di uno stato palestinese con confini provvisori per un periodo determinato e' contenuta nella Road Map che e' stata accettata da palestinesi, arabi, israeliani e americani''.
''Questa dunque non e' una nuova proposta, ma e' basata su documenti gia' scritti '', ha aggiunto Peres durante una conferenza stampa congiunta con Mubarak. Peres ha poi dichiarato: ''Nessun israeliano desidera venire al tavolo dei negoziati armato di pistola, perche' qualunque questione puo' essere esaminata e discussa e noi veniamo al confronto con una volonta' buona e sincera''.
(Il Denaro, 8 luglio 2009)
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Sì degli Usa a Israele per 2.500 abitazioni in colonie
Si tratta di progetti già quasi completati pagati da privati
Israele ha ottenuto il consenso degli Stati Uniti per la costruzione di 2.500 unità abitative in alcuni insediamenti della Cisgiordania: è quanto riporta il quotidiano israeliano Ma'ariv. Si tratterebbe, secondo fonti statunitensi, di progetti già quasi completati o vincolati a contratti privati che non è possibile violare: "E' una concessione per evitare di causare indebite difficoltà a dei privati" che hanno già pagato i lavori e non possono essere rimborsati, "progetti che sono già stati praticamente completati". Stando al Ma'ariv gli appartamenti sono distribuiti su 700 palazzine in diversi insediamenti; identiche cifre riporta lo Yedioth Aharonoth, citando un briefing del ministro della Difesa israeliano Ehud Barak. Questi, reduce da una visita a Washington dove ha incontrato l'inviato speciale dell'Amministrazione Obama, George Mitchell, avrebbe parlato di "accordo vicino" con gli Stati Uniti ma secondo altri Ministri citati dal quotidiano non vi sarebbe ancora alcuna intesa.
(Virgilio Notizie, 8 luglio 2009)
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Iran: «Se Israele attacca la pagheranno gli Usa»
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Ali Larijani |
Il presidente del parlamento iraniano, Ali Larijani, ha detto che Teheran farebbe ricadere sugli Stati Uniti la responsabilità di un eventuale attacco israeliano contro la Repubblica islamica aggiungendo che la risposta sarebbe in ogni caso «dolorosa». In un incontro con la stampa al termine di una visita ufficiale a Doha, negli Emirati Arabi Uniti, Larijani ha risposto a quanto detto ieri dal vice-presidente americano Joe Biden, che ha in pratica lasciato capire che Israele, in quanto stato sovrano, avrebbe tutto il diritto di optare per un eventuale attacco anche se gli Usa non la pensano allo stesso modo. «Non possiamo dettare ad una nazione quello che può o non può fare quando prende una decisione, soprattutto se la sua esistenza è minacciata e se la sua sopravvivenza è minacciata da un altro paese», ha detto Biden alla Abc. «Riterremo gli americani responsabili di qualsiasi avventura dell'entità sionista - ha affermato Larijani - nessun uomo politico e nessuna persona al mondo può pensare che l'entità sionista sia in grado di condurre un'operazione senza avere ricevuto la luce verde dagli Stati Uniti». «Biden, dicendo che loro non potrebbero fermare una tale operazione, ha imboccato una brutta strada e ha scoperto le carte», ha aggiunto. Il presidente del parlamento iraniano ha poi ammonito che la risposta della Repubblica islamica, in caso di attacco, sarebbe «decisa e dolorosa».
(Il Secolo XIX, 7 luglio 2009)
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Monito di Obama a Gerusalemme: "Niente attacco contro l'Iran"
Il presidente Usa dice che non ha intenzione di autorizzare un eventuale attacco contro il possibile arsenale atomico di Teheran. Mano tesa alla Russia
MOSCA - Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha detto a chiare lettere che gli Stati Uniti non hanno alcuna intenzione di dare il loro via libera a Israele per un eventuale attacco all'Iran, e che questa interpretazione non corrisponde "assolutamente" al vero. Intervistato dalla Cnn, Obama ha ribadito quanto già precisato nella serata di ieri dal Dipartimento di Stato, e cioè che non hanno ragion d'essere le interpretazioni da parte di alcuni su quanto dichiarato domenica dal vicepresidente degli Stati Uniti, Joe Biden. Alla domanda se sia vero che gli Stati Uniti potrebbero dare il loro "via libera" ad un eventuale attacco israeliano all'Iran, Obama ha risposto: "Assolutamente no. È molto importante, e credo che non potrei essere più chiaro di così. È molto importante, sono quanto più chiaro possibile" su questo argomento.
Meglio i canali diplomatici - "Il vicepresidente Joe Biden lo ha detto categoricamente: non possiamo dettare ad altri Paesi la condotta da tenere in materia di sicurezza", ha sottolineato l'inquilino della Casa Bianca, a Mosca da lunedì. "Non possiamo dettare a un'altra nazione sovrana quello che può fare e non fare, quando decide, se decide, che è minacciata nella sua esistenza", ha spiegato Biden ieri in un'intervista. "È vero anche per la politica degli Stati Uniti per tentare di risolvere il problema delle capacità nucleari dell'Iran", ha sottolineato Obama, che ha aggiunto di privilegiare "i canali diplomatici".
L'arma nucleare - Si tratta di "un compito difficile. Ho sempre detto che noi, gli Stati Uniti, manteniamo il diritto e come comandante in capo, mi riservo il diritto di prendere qualunque decisione sia necessaria per proteggere gli Stati Uniti", ha proseguito Obama, intervistato a Mosca. Israele, unica potenza atomica - non dichiarata - della regione, sostiene, come l'Occidente, che l'Iran cerchi di dotarsi di un arsenale nucleare, malgrado i rifiuti ripetuti di Teheran".
(il Giornale, 7 luglio 2009)
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Domani a Roma l'inaugurazione della mostra 'Prove di sterminio'
Aperta fino al 23 luglio l'iniziativa sull'Olocausto
ROMA - Sarà inaugurata domani alle ore 16 a Roma, presso il complesso di Vicolo Valdina della Camera dei Deputati, la mostra «Prove di sterminio, l'eliminazione dei disabili nella Germania nazista», promossa dall'Istituto Affari Sociali, la Presidenza della Camera dei deputati e il Comune di Roma.
L'iniziativa, unica nel suo genere, trae spunto dalle testimonianze fotografiche e contenuti inediti che sottolineano l'unicità dell'Olocausto: la costruzione di un enorme macchina tecnica e culturale finalizzata alla distruzione psicologica e fisica di ogni diversità.
«L'Olocausto, visto anche sul versante della disabilità serve certo a ricordare ma anche a scoprire gli innumerevoli razzismi del quotidiano», afferma l'On. Antonio Guidi.
All'appuntamento parteciperanno il presidente della Camera Gianfranco Fini, il sindaco di Roma Gianni Alemanno, il Rabbino Capo Comunità Ebraica di Roma Riccardo Shmuel Di Segni, il Portavoce della Comunità di S. Egidio Mario Marazziti e il Presidente IAS (Istituto per gli Affari Sociali) Antonio Guidi. La mostra è ad ingresso libero e rimarrà aperta fino al 23 luglio.
(Diariodelweb, 7 luglio 2009)
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Israele: autisti nervosi? dai semafori arrivano canzoni
TEL AVIV - Incapace di risolvere in tempi brevi il problema degli ingorghi stradali a un ingresso della città, il municipio di Hadera (a nord di Tel Aviv) ha deciso di sforzarsi almeno di rasserenare gli automobilisti imbottigliati. Allo scattare del rosso, scrive il quotidiano Yediot Ahronot, i semafori diffonderanno canzoni rilassanti, mediante appositi altoparlanti. Il giornale ha appreso che i responsabili del municipio hanno già scelto un pacchetto di canzoni, tutte israeliane, che dovrebbero a loro parere distendere i nervi di chi ogni mattina é costretto a perdere tempo prezioso nel tentativo di superare il fatidico incrocio.
(ANSA, 7 luglio 2009)
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Lotan torna alla guida dell'Ente israeliano in Italia
La carica di direttore dell'Ufficio nazionale israeliano del turismo in Italia gli sarà assegnata ufficialmente il prossimo 2 agosto, ma Tzivi Lotan è già in Italia, pronto a riprendere ad operare direttamente sul nostro mercato. "Ho ricoperto la carica di direttore in anni particolari - spiega Lotan -, passando dagli ottimi risultati di fine anni Novanta, con l'apice raggiunto nel 2000 di 175mila italiani in Israele, ai problemi legati alla seconda intifada e il picco negativo del 2002 con soli 30mila visitatori dal Belpaese". Scaduto il mandato, nel 2006, Lotan è stato richiamato in Israele per ricoprire un ruolo di maggiore importanza, ovvero direttore marketing per l'Europa. "Obiettivo dei prossimi anni - conclude il direttore - è tornare ai risultati del 2000 e superarli, raggiungendo 200mila italiani in Israele".
(TTG, 7 luglio 2009)
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Una legge per sostenere la Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea
di Valerio Di Porto, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
Inizia alla Camera giovedì mattina di buon'ora, alle 9, il viaggio della proposta di legge n. 2500, che prevede la concessione di un contributo di 300.000 euro annui, a decorrere dal 2009, a favore della Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea (CDEC), allo scopo di sostenerne l'azione di perseguimento dei fini istituzionali.
La proposta, presentata a prima firma dell'onorevole Alessandro Ruben e sottoscritta, in perfetto spirito bipartisan, da altri 15 deputati, sarà discussa dalla Commissione Cultura della Camera in sede legislativa: non si dovrà discutere cioè in Assemblea, ma sarà sufficiente l'approvazione della Commissione, previa l'espressione del parere favorevole delle Commissioni Affari costituzionali e Bilancio.
L'incarico di relatore verrà espletato dalla presidentessa della Commissione, Valentina Aprea, deputata ormai di lungo corso, già sottosegretaria al Ministero della pubblica istruzione nella XIV legislatura.
Che sia la presidentessa della Commissione ad assumere su di sé l'incarico di relatrice è indice della condivisione della proposta e della volontà di fare presto, enfatizzandone il valore di iniziativa condivisa da tutti i componenti.
L'auspicio è che la proposta possa essere prontamente approvata dalla Commissione - e vi sono tutti i presupposti - per essere rapidamente esaminata anche al Senato, probabilmente sempre in sede legislativa. Occorre infatti fare in fretta: per i complessi meccanismi che regolano il bilancio dello Stato, sarebbe di gran lunga preferibile approvare la legge entro il 30 settembre di quest'anno. Ma chissà che prima delle vacanze estive....
(Notiziario Ucei, 7 luglio 2009)
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Israele - La guerra del sabato
Un tema importante che attrae l'attenzione dei giornali è "la guerra del sabato" (Frankfurter Allgemeine) a Gerusalemme: piccole folle di ultrareligiosi, mobilitate dall'organizzazione Edat Haredit (che, bisogna ricordare, insieme a Naturei Karta è il più estremista e fanaticamente antisionista dei gruppi ultrareligiosi) provoca incidenti da alcuni sabati nel tentativo di impedire l'apertura di Shabbat di un parcheggio privato di fronte alla porta di Giaffa, gestito peraltro da personale non ebraico. E' la seconda soluzione di compromesso autorizzata da un tribunale per risolvere il problema del parcheggio dei turisti che vanno alla Città Vecchia di Gerusalemme, dopo che gli stessi gruppi si erano opposti all'apertura di un parcheggio comunale, sempre gestito da non ebrei. In realtà quel che è in gioco non è il parcheggio, ma la presa dei movimenti ultraortodossi sulla società israeliana e gerosolimitana in particolare. Come nota il Jerusalem Post in un editoriale non firmato ("Unquiete weekend"), non è accettabile la pretesa dei manifestanti di avere una sorta di diritto di veto su quel che accade a Geruslaemme anche lontano dai loro quartieri; ma il problema, afferma Isi Leiber ancora sul Jerusalem Post è più generale: gli haredim si avvalgono in maniera crescente della possibilità loro concessa di non svolgere il servizio militare per la difesa comune di Israele, hanno sviluppato un sistema scolastico privato interamente finanziato dallo stato e in via di forte espansione che non comprende le materie fondamentali necessarie alla vita contemporanea, preparando così un avvenire di disoccupazione forzata e dunque di forzata reclusione nei muri dei loro quartieri affidati all'assistenza pubblica per quasi un quarto dei giovani israeliani; si sono impadroniti del rabbinato centrale, che sta prendendo posizioni sempre più estremiste su temi cruciali come matrimoni e conversioni. Isi Leiber sostiene che è necessaria una riscossa dei laici e anche dei sionisti religiosi, i quali su questi temi hanno un comportamento del tutto diverso.
(Notiziario Ucei, 6 luglio 2009)
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Hitler e Saddam, il boss rientra ai box
Il patron della Formula Uno Bernie Ecclestone ingrana la retromarcia dopo la pioggia di critiche suscitate dalla sua intervista al Times di Londra, nella quale aveva elogiato i regimi totalitari come quello nazista e in particolare Hitler.
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Bernie Ecclestone |
"E' stato tutto un grande malinteso". Il patron della Formula Uno Bernie Ecclestone ingrana la retromarcia dopo la pioggia di critiche suscitate dalla sua intervista al Times di Londra, nella quale aveva elogiato i regimi totalitari come quello nazista e in particolare Hitler.
Ieri, il presidente del Congresso Ebraico Mondiale, Ronald Lauder, aveva chiesto le dimissioni di Ecclestone. In particolare, Lauder ha chiesto al mondo della Formula Uno di non collaborare più con il britannico, definendolo un ammiratore di Hitler e dell'ex dittatore iracheno Saddam Hussein.
Intervistato dal tabloid tedesco Bild, Ecclestone ha detto di non avere citato Hitler "come un esempio positivo". Ho "molti amici ebrei" e perciò "non volevo in alcun modo offendere" la comunità ebraica, ha aggiunto Ecclestone.
Nel corso dell'intervista rilasciata al Times e pubblicata sabato scorso, Ecclestone aveva detto, tra l'altro, che "...Hitler era nella condizione di comandare molta gente e di far funzionare le cose" ed aveva commentato che Saddam Hussein "era l'unico che poteva controllare" l'Iraq.
"Io non ho evocato Hitler come un esempio positivo, ho soltanto osservato che prima di commettere i suoi crimini orribili, egli ha agito in modo efficace contro la disoccupazione e la crisi economica", ha proseguito Ecclestone nella rettifica.
(RaiNews24, 6 luglio 2009)
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L'apartheid politicamente corretto dei palestinesi
da un articolo di Jonathan Dahoah-Halevi
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] Vi è un intrinseco squilibrio nella soluzione politica comunemente proposta. I palestinesi hanno ottenuto dalla comunità internazionale il riconoscimento della loro richiesta di istituire uno stato palestinese da cui tutti gli ebrei dovranno essere espulsi. E la Legge Fondamentale dell'Autorità Palestinese, che rappresenta lo stato palestinese in embrione, afferma espressamente che l'islam è la religione ufficiale della Palestina e che i principi della legge islamica (shari'a) costituiscono la sua principale fonte giuridica.
Dunque la comunità internazionale permette ai palestinesi ciò che vuole negare a Israele. Vale a dire: ritiene che i palestinesi siano nel loro pieno diritto se vogliono istituire uno stato fondato sulla religione della maggioranza, e con una minoranza di cristiani che non potranno mai modificare la natura dello stato quand'anche diventassero maggioranza.
I campioni dei diritti umani nelle loro lucenti armature predicano senza sosta a Israele che rinunci al suo "carattere ebraico", ma intanto accettano senza battere ciglio come perfettamente morale la prospettiva che venga creato uno stato palestinese razzista e da apartheid, uno stato che apertamente e orgogliosamente proclama la sua intenzione di essere Judenrein ("ripulito dalla presenza ebraica").
Le basi del processo di pace avviato con gli accordi di Oslo del 1993 (riconciliazione tra le parti attraverso successivi accordi interinali) sono franate con l'intifada al-Aqsa e con il fronte unito palestinese, da Fatah a Hamas, che inequivocabilmente rifiuta un compromesso con Israele e pretende una "giusta soluzione" fondata sulla rivendicazione del diritto al ritorno di milioni di profughi palestinesi e loro discendenti in quello che è oggi lo stato d'Israele. Concetto continuamente ribadito nei discorsi sia del presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) che del leader di Hamas Khaled Mashaal.
Nessuno sembra contestare il diritto del palestinesi a uno stato nazionale sebbene fondato sul razzismo (Judenrein) e sebbene si prospetti nella forma di una teocrazia estremista tipo Iran, un assaggio del quale si può avere oggi nella striscia di Gaza da quando Hamas ne ha assunto il controllo.
Si dà per scontato che il problema palestinese sarà risolto quando uno stato palestinese vedrà la luce. Ma questa soluzione, essendo politicamente squilibrata perché non fondata su un autentico compromesso, in realtà lascerà spalancate le porte al conflitto con la pretesa del "ritorno" di milioni di palestinesi: che significherebbe la sottomissione e/o espulsione degli ebrei. Il che riproporrà di bel nuovo la questione del (conculcato) diritto all'autodeterminazione degli ebrei d'Israele. E così la politica internazionale, convinta d'essersi finalmente sbarazzata del "problema palestinese", si ritroverà invece con il "problema ebraico" in Palestina.
(da: YnetNews, 2.07.09)
DOCUMENTAZIONE
Legge Fondamentale Palestinese
Ramallah, 29 maggio 2002
Art. 1 - La Palestina è parte del grande Mondo Arabo e il popolo palestinese è parte della Nazione Araba. L'Unità Araba è un obiettivo per il cui conseguimento si adopererà il popolo palestinese.
Art. 2 - Il popolo palestinese è la fonte di ogni potere, che sarà esercitato attraverso le autorità legislative, esecutive e giudiziarie in base del principio della separazione dei poteri, nei modi fissati da questa Legge Fondamentale.
Art. 3 - Gerusalemme è la capitale della Palestina.
Art. 4 - a) L'Islam è la religione ufficiale in Palestina. Sarà preservato il rispetto e la santità di tutte le altre religioni celesti. b) I principi della Shari'a islamica saranno la principale fonte della legge. c) L'arabo sarà la lingua ufficiale. [...]
(da: mideastweb)
(israele.net, 6 luglio 2009)
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Gaza, spiaggia preclusa a bagnanti 'immodeste'
TEL AVIV - GAZA, - Si è presentata sulla spiaggia di Gaza senza il velo islamico: per questa ragione la giornalista palestinese Asma al-Ghul è entrata in rotta di collisione con agenti di Hamas che l'hanno ruvidamente trascinata in un commissariato. Prima di rilasciarla, dopo un interrogatorio, l'hanno avvertita che ora seguiranno il suo comportamento. Nel frattempo con la posta elettronica le è giunta una minaccia anonima, ma molto precisa. "Ti uccideremo - era scritto - e poi getteremo il tuo cadavere sulla spiaggia"....
(ANSA, 6 luglio 2009)
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Anp: Hamas vuole creare servizio di sicurezza alternativo in Cisgiordania
Il movimento di resistenza islamico Hamas "aveva pianificato la creazione di un servizio di sicurezza in Cisgiordania, alternativo a quello dell'Autorità nazionale palestinese (Anp)". È quanto ha rivelato una fonte della polizia dell'Anp al giornale arabo 'al-Hayat', sottolineando come i militanti di Hamas fossero decisi a formare in Cisgiordania un apparato di sicurezza simile a quello che nella Striscia di Gaza ha consentito loro di assumere il controllo del Territorio.
Secondo la fonte, creare un apparato di sicurezza da contrappore in Cisgiordania a quello dell'Anp era l'obiettivo dei militanti islamici palestinesi ai quali di recente sono stati sequestrati armi e denaro, per un valore di otto milioni e mezzo di dollari, dalla polizia fedele al presidente dell'Anp Abu Mazen. La notizia del sequestro di armi e denaro è stata diffusa ieri dal portavoce della sicurezza in Cisgiordania, Adnan al-Damiri. "Negli ultimi mesi abbiamo sequestrato otto milioni e mezzo di dollari che sono entrati illegalmente in Cisgiordania - ha spiegato all'agenzia di stampa locale 'Maan' - Inoltre, abbiamo sequestrato ingenti quantitativi di armi a Nablus, Hebron e Qalqiliya".
L'ufficiale ha quindi precisato che a Nablus è stato individuato un "appartamento acquistato da Hamas, che veniva usato come ufficio di collegamento tra gli islamici locali e quelli di Gaza". "I militanti della Cisgiordania dovevano eseguire gli ordini impartiti da Gaza, come rapire funzionari dell'Autorità palestinese", ha detto. Queste accuse sono state subite respinte dai dirigenti di Hamas a Gaza, che hanno accusato gli apparati dell'Anp di avere l'unico obiettivo di far fallire i colloqui inter-palestinesi mediati dall'Egitto.
(l'Occidentale, 6 luglio 2009)
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Teheran fa paura: Riad apre i cieli ai top gun israeliani
di Gian Micalessin
Chiamatela pure operazione "apriti cielo". Anche se tutti smentiscono, Meir Degan ha fatto il miracolo. Dopo mesi di trattative super segrete il celebrato capo del Mossad ha strappato a Riad il via libera ad un sorvolo dei cieli sauditi. Gli stormi di cacciabombardieri israeliani diretti, in un eventuale ed ipotetico futuro, a bombardare i siti nucleari iraniani potranno violare lo spazio aereo della terra dell'Islam. La celebrata super spia, scelta da Ariel Sharon nel 2002 e riconfermata sia da Ehud Olmert che da Bibì Netanyahu, ha messo a segno un altro centro regalando alla propria aviazione una rotta agevole e sicura verso i siti nucleari nemici. «I sauditi hanno tacitamente acconsentito a far volare nel loro spazio aereo la nostra aviazione nell'eventualità di una missione di comune interesse», confermava ieri al Sunday Times una fonte diplomatica israeliana....
(il Giornale, 6 luglio 2009)
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L'Arabia Saudita corridoio aereo per i bombardamenti israeliani sull'Iran
Nella sua edizione di domenica 5 luglio, il giornale inglese Sunday Times scrive che l'Arabia Saudita ha dato l'autorizzazione al passaggio nei suoi cieli di aerei militari israeliani, nel caso in cui Israele dovesse andare a bombardare i siti nucleari iraniani.
Si tratta di un accordo tacito per appoggiare un'offensiva bellica che andrebbe a favore sia di Israele sia dell'Arabia Saudita.
A Gerusalemme i servizi del premier Benyamin Netanyahu hanno smentito, definendo l'informazione falsa e senza alcun fondamento.
Meir Degan, capo del Mossad che da diversi anni intratterrebbe incontri regolari con le autorità saudite, ha invece confermato l'esattezza di quanto riportato dal Sunday Times.
John Bolton, ex ambasciatore statunitense alle Nazioni Unite appena rientrato da un tour diplomatico nei paesi del Golfo, ritiene che sarebbe più che logico per gli israeliani sorvolare lo spazio aereo saudita in caso di necessità.
Nessuno capo di governo arabo lo ammetterebbe pubblicamente, ma molti di loro lascerebbero libero il passaggio all'aviazione israeliana, desiderosi tanto quanto Israele di porre un termine alla minaccia nucleare iraniana.
(ticinolibero.ch, 5 luglio 2009)
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I Giochi della discriminazione si chiudono tra indifferenza, polemiche e scontento
di Andrea Grilli
Sarà un grande beach party a chiudere oggi i Giochi del Mediterraneo in una festa che, enfatizza il sito internet della manifestazione, coinvolgerà l'intera città in una sorta di notte bianca. Ma Pescara pare salutare l'evento con una sostanziale indifferenza. Nemmeno le polemiche per l'esclusione d'Israele dalla manifestazione che hanno segnato l'avvio dei Giochi sembrano aver lasciato tracce degne di nota nell'opinione pubblica locale.
Non a caso oggi Il Centro, il quotidiano locale più importante della zona, apre con la notizia delle scosse di terremoto che ancora in questi giorni hanno spaventato le popolazioni aquilane. E poi spazio al G8 che arriva con il suo bel carico di dubbi e incertezze mentre lo scontento della gente aumenta giorno per giorno. Solo al centro pagina una foto delle atlete italiane vincitrici.
Gli abruzzesi sembrano comunque aver gradito gli eventi sportivi. Ad assistere, un pubblico di tutte le età con molti giovani, famiglie, appassionati di tutti i tipi. Il livello atletico è stato di gran valore sia con la presenza di atleti di livello internazionale, già premiati alle ultime Olimpiadi, sia con l'impegno e i risultati di chi per la prima volta affrontava una competizione di questo rilievo.
A Giochi in corso si sono registrate le consuete lamentele per i blocchi della circolazione, per l'eccessivo traffico e per la scarsa informazione. Ma nulla di più. Ci si chiede piuttosto cosa rimarrà dopo un evento internazionale di questo tipo. Gli spazi sportivi rimodernati? Un villaggio olimpico per l'università di Chieti? Uno stadio Adriatico che sembra non tenga bene la pioggia? E i turisti dov'erano?
Da domani sarà tutto finito. Questi giorni hanno riempito temporaneamente le tasche dei commercianti. E poi? Dopo ci sono il G8 dell'Aquila e i terremotati mentre i Giochi del Mediterraneo si avviano verso un'altra sede che ci si augura possa rilanciare il messaggio universale di pace e fratellanza alla base di quest'importante appuntamento sportivo. La speranza è che a Volos, la città greca che ospiterà i Giochi nel 2013, possano partecipare davvero tutte le nazioni affacciate su questo mare nostrum che ancor oggi così spesso divide anziché unire i popoli.
(Notiziario Ucei, 5 luglio 2009)
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Giordania, Hussein sara' successore
Abdallah e Rania rafforzano legame ashemiti e palestinesi
BEIRUT/AMMAN, 4 lug -La dinastia hascemita scommette sul 15/enne principe Hussein, figlio di Re Abdallah di cui e' successore e della regina Rania. La regina e' di origine palestinese come il 65% della popolazione del regno, alleato Usa e unico paese arabo con l'Egitto a essere formalmente in pace con Israele.La nomina avvenuta due giorni fa era stata annunciata e decisa da Re Abdallah con la moglie Rania. Il re e' in carica da dieci anni.
(ANSA, 5 luglio 2009)
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Conosce bene i dirigenti di Hamas il possibile futuro ambasciatore Usa in Siria
TEL AVIV, 5 luglio - Secondo Haaretz, uno dei candidati più accreditati ad assumere l'incarico di futuro ambasciatore americano in Siria sarebbe Daniel Kurtzer, ex ambasciatore Usa in Israele. Arabmonitor ha saputo mesi fa da fonti di Hamas che Kurtzer, nel corso del 2008, ha avuto ben due colloqui con esponenti di primissimo piano del movimento di resistenza islamico palestinese durante visite compiute nella capitale siriana da "privato cittadino".
(Arab Monitor, 5 luglio 2009)
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Netanyahu, 2 stati per 2 popoli
GERUSALEMME, 5 lug - 'Abbiamo realizzato un consenso nazionale sul concetto dei 'due Stati per i due popoli' ' ha affermato il premier israeliano Netanyahu. Per la realizzazione di quella formula e' necessario che 'i palestinesi riconoscano Israele come stato del popolo ebraico', ossia che accettino che la soluzione della questione dei profughi palestinesi dovra' avvenire al suo esterno. E che per Israele siano stabiliti confini difendibili.
(ANSA, 5 luglio 2009)
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Se tocchi l'islam "muori": su internet le minacce a chi denuncia gli estremisti
di Maria Giovanna Maglie
Abbiamo scovato e denunciato una bella cellula di Al Qaida in Italia, tra un blog, un forum e un video di You Tube, una di quelle che si nascondono dietro sermoni prolissi sulla Costituzione italiana e accusano il governo di non farla rispettare, uno di quelli che indica i nemici da eliminare in personaggi coraggiosi come Magdi Cristiano Allam, Souad Sbai, l'avvocato Loredana Gemelli, costringendoli a vivere nella paura, e non tutti adeguatamente protetti dal nostro Stato; uno di quelli che intimidiscono i giornalisti che, come chi scrive, continuano a occuparsi di fondamentalismo islamico in Europa, con querele e minacce indirette. Soprattutto quello di cui vi parliamo è un sito, un'attività eversiva e subdolamente dedita al plagio, che mortifica i cittadini di religione musulmana che vivono pacificamente in Italia, come la comunità dei maghrebini che ieri si è autodenunciata ai terroristi, dichiarando «siamo tutti Souad Sbai»....
(il Giornale, 5 luglio 2009)
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Obama al re del Marocco: piano arabo sia base per la pace
Il presidente Usa ribadisce la sua posizione sugli insediamenti
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Mohammed VI |
In una lettera inviata al re del Marocco Mohammed VI, il presidente americano Barack Obama ribadisce la sua posizione riguardo al processo di pace in Medio Oriente: Israele deve fermare le costruzioni negli insediamenti e rimuovere i check point in Cisgiordania, mentre i palestinesi devono rafforzare le loro forze di sicurezza per combattere con più risolutezza il terrorismo. Lo riporta il sito web di Haaretz, che cita una fonte ufficiale. Obama nella lettera afferma anche che i palestinesi devono riformare le loro istituzioni in vista della creazione di uno Stato palestinese. "Spero che il Marocco possa fare da guida" nel percorso di avvicinamento tra "Israele e il mondo arabo", dice il presidente Usa. Obama in particolare auspica che gli Stati arabi diano sostegno economico e politico all'Autorità Palestinese, e che l'iniziativa di pace araba faccia da base per la risoluzione del conflitto.
(Virgilio Notizie, 4 luglio 2009)
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Attentato ad Abu Mazen, si indaga
Ritorna in alto mare il dialogo di riconciliazione fra Hamas ed al-Fatah
Torna in alto mare il dialogo di riconciliazione fra Hamas ed al-Fatah dopo che i servizi di sicurezza dell'Anp sono giunti alla conclusione che i loro rivali islamici si accingevano a compiere in Cisgiordania una serie di attacchi destabilizzanti. Fra questi, scrive oggi Haaretz, era forse incluso anche un attentato alla persona del presidente Abu Mazen (Mahmud Abbas). Hamas, da Gaza, ha definito ''menzognere'' queste informazioni e ha affermato che il loro scopo e' essenzialmente quello di mettere in cattiva luce il proprio braccio armato, in ossequio al coordinamento di sicurezza fra l'Anp da un lato e Stati Uniti ed Israele dall'altro. Pochi giorni fa lo stesso Abu Mazen, in un'intervista ad una emittente russa, aveva rivelato l'arresto di miliziani di Hamas in Cisgiordania intenzionati a compiere attentati contro dirigenti dell'Anp. ''Sappiamo che Hamas ha messo da parte in Cisgiordania armi ed esplosivi. Abbiamo trovato due tonnellate di esplosivi. Sappiamo dell'esistenza di una cellula incaricata di assassinare dirigenti dell'Anp'', aveva detto il presidente. Nell'intervista Abu Mazen aveva rivelato un particolare particolarmente inquietante: oltre ad armi automatiche, nei nascondigli di Hamas erano state trovate anche uniformi della sua guardia presidenziale. Oggi il quotidiano Haaretz di Tel Aviv torna sull'argomento precisando che i servizi di intelligence dell'Anp hanno scoperto nelle mani dei miliziani di Hamas fotografie e piantine dalle quali si puo' desumere che lo stesso Abu Mazen era seguito nei suoi spostamenti, e che informazioni dettagliate erano state raccolte sui sistemi di sicurezza utilizzati dai suoi accompagnatori. Gli investigatori palestinesi - afferma Haaretz - sono dunque persuasi che anche Abu Mazen potesse essere l'obiettivo di un attentato.
I membri della cellula catturati dall'Anp, aggiunge il giornale, hanno registrato una confessione in cui ammettono che intendevano eliminare dirigenti dell'Anp. In particolare a Nablus doveva essere fatto saltare in aria un centro di sicurezza dell'Anp. Nei giorni scorsi Hamas, da Gaza, aveva pubblicato a sua volta un duro atto d'accusa nei confronti dell'Anp. Aveva sostenuto che nel mese di giugno sei membri attivi di Hamas erano stati ''assassinati'' in Cisgiordania dai servizi di sicurezza di Abu Mazen.
(Il Denaro, 4 luglio 2009)
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Netanyahu convince: gradimento al 52%, bene Lieberman
ROMA, 3 lug - Il governo di Benjamin Netanyahu taglia il traguardo dei primi 100 giorni, con un indice di gradimento al 52 per cento. Certamente un buon risultato, se si considera lo stallo determinatosi all'indomani delle elezioni parlamentari dello scorso febbraio e le polemiche seguite alle prime dichiarazioni di esponenti di governo, come il ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman. La rilevazione è stata condotta dall'istituto Dialog in collaborazione con l'università di Tel Aviv per il quotidiano Haaretz su un campione di 500 persone e attribuisce a Netanyahu un vantaggio di ben 18 punti percentuale sulla leader di Kadima, Tzipi Livni, ferma invece al 34 per cento dei consensi. Il campione dà del governo un giudizio complessivo che va oltre la sufficienza, con un punteggio di 5.6 su un totale di 10, anche se rimane un 40 per cento convinto che l'esecutivo a guida Likud non stia portando Israele sulla strada giusta. Buon risultato personale per il ministro Lieberman, che gode di un gradimento attestatosi al 40 per cento. Secondo quanto emerso infine dal dal sondaggio, Il 46 per cento del campione ritiene che Israele dovrebbe continuare a costruire insediamenti in Cisgiordania, nonostante le pressioni della comunità internazionale, contro un 44 per cento favorevole invece a un congelamento per contribuire alla ripresa dei negoziati di pace con i palestinesi.
(il Velino, 3 luglio 2009)
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Demjanjuk può sostenere un processo
Le udienze dovranno però essere di massimo tre ore al giorno.
I medici incaricati di esaminare John Demjanjuk, il presunto criminale di guerra nazista di 89 anni estradato dagli Stati Uniti a inizio maggio, hanno stabilito che l'uomo è in condizioni di essere giudicato. Lo ha reso noto oggi la procura di Monaco di Baviera. Tuttavia, i medici hanno affermato che le udienze non dovrebbero superare due periodi quotidiani di un'ora e mezza ciascuna, ovvero un massimo di tre ore al giorno. La decisione di oggi spiana la strada all'apertura formale dell'atto di accusa contro Demjanjuk da parte della procura, che dovrebbe essere presentato entro la fine del mese. L'ottantanovenne di origine ucraina è sospettato di aver avuto un ruolo attivo nello sterminio di 29.000 ebrei durante la seconda guerra mondiale, quando era guardiano nel campo di concentramento di Sobibor, oggi in Polonia. Dopo il conflitto, Demjanjuk era fuggito negli Stati Uniti dove aveva ottenuto la cittadinanza nel 1958.
(Virgilio Notizie, 3 luglio 2009)
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Calcio, Palestina: Moussa Bezaz nuovo selezionatore
La Palestina ha un nuovo allenatore. Si tratta di Moussa Bezaz, 51 anni, ex calciatore di origini algerine che ha militato nella massima serie del campionato francese con il Sochaux e il Rennes, per poi diventare allenatore del Nancy nel 1999 e del Charleville-Mezieres (seconda divisione francese) nel 2002. La Federazione palestinese (affiliata alla Fifa dal 1998, nonostante i territori della Cisgiordania e della Striscia di Gaza, occupati dagli israeliani, non abbiano ancora una loro indipendenza) ha annunciato che il nuovo tecnico, che sostituisce il giordano Ezzat Hamzeh, è atteso nei prossimi giorni a Ramallah per firmare il contratto.
(la Repubblica, 3 luglio 2009)
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Fonte Anp: attivisti di Hamas volevano uccidere Abu Mazen
Arrestati, hanno confessato il loro obiettivo
ROMA, 3 luglio (Apcom) - I dieci attivisti di Hamas arrestati nei giorni scorsi dall'Autorità palestinese (Anp) stavano organizzando un attentato contro il presidente palestinese Abu Mazen. Lo riporta il sito web del quotidiano israeliano Haaretz.
Gli attivisti hanno ammesso che stavano seguendo gli spostamenti di Abu Mazen, leader del partito rivale al Fatah, e stavano anche raccogliendo informazioni sulla sua sicurezza, ha detto una fonte dell'Anp ad Haaretz.
Volevano uccidere Abu Mazen, ha aggiunto la fonte. "L'intenzione di Hamas era quello di far naufragare i colloqui di riconciliazione del Cairo (tra Hamas e Fatah), e di gettare nel caos la Cisgiordania, in contrasto con il senso di sicurezza che ha caratterizzato il territorio negli ultimi due anni", ha detto ad Haaretz il portavoce di al Fatah, Fahmi Zarir.
Lunedì, mentre erano in corso al Cairo i colloqui di riconciliazione, il segretario dell'Anp Taib Abd-Arahim aveva annunciato l'arresto dei dieci membri di Hamas.
(Parma OK, 3 luglio 2009)
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Obama: il Papa e' piu' che un capo di stato
CdV, 3 lug. - Il presidente Usa Barak Obama considera Benedetto XVI "molto piu' che un capo di Stato" ed e' ansioso di discutere con Sua Santita' come far ripartire il processo di pace in Medio Oriente. Durante una lunga intervista alla Casa Bianca con un ristrettissimo gruppo di giornalisti, tra i quali la corrispondente di Avvenire e di Radio Vaticana, unica giornalista italiana, Obama ha ricordato di aver avuto "una meravigliosa conversazione telefonica con il Papa subito dopo le elezioni". E di essere d'accordo con lui sull'approccio alla crisi del Medio Oriente: 'con gli israeliani - spiega - siamo stati molto chiari nell'affermare che gli insediamenti devono essere fermati....
(AGI, 3 luglio 2009)
COMMENTO - Un altro aspetto inquietante del nuovo presidente Usa.
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Roma - Santori (pdl): preoccupa la campagna di odio contro la cantante Noa
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Noa |
ROMA, 2 lug - "Preoccupa la campagna indiscriminata di odio e l'appello ingiustificato alla violenza nei riguardi della cantante pacifista israeliana Noa la quale, come riportato dal quotidiano Libero di oggi, è vittima di una vera e propria azione di boicottaggio da parte di frange estreme della sinistra che hanno annunciato di voler sabotare il concerto di Villa Ada". Lo dichiara in una nota Fabrizio Santori, Presidente della Commissione sicurezza urbana del Comune di Roma, che accusa i militanti del Forum Palestina di aver programmato iniziative contro la cantante e di aver palesato la volontà di assaltare il sito che ospiterà il concerto, inneggiando a forme di razzismo nei confronti della popolazione ebraica.
"Esprimiamo la nostra solidarietà all'artista Noa ed all'intera comunità ebraica certi che il Prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, in concertazione con le forze dell'ordine, abbia disposto un servizio ad hoc per garantire sicurezza ed incolumità ai partecipanti al concerto ed alla cantante stessa - continua Santori - la solidarietà e la vicinanza al popolo palestinese non può e non deve presupporre contrasto allo Stato israeliano. In merito a questo, un riconoscimento va proprio al sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che ha predisposto iniziative volte al dialogo e all'apertura verso la popolazione palestinese prevedendo un' iniziativa culturale e religiosa all' Ara Pacis, quale premessa per la pace in Medio Oriente, e la nascita, a Roma, di una sede stabile per la Palestina".
"Non è accettabile che momenti di divertimento, cultura ed espressione del libero pensiero possano essere ostacolati da frange estreme della sinistra prive di qualsivoglia punto di riferimento ed in chiara instabilità politica, considerato che l'evento è stato organizzato dall'Arci, associazione notoriamente di sinistra doc - conclude Santori. Auspichiamo che tutte le forze politiche di centrosinistra, a cominciare dal PD, condannino tali indiscriminati ed ingiustificati appelli alla violenza che attentano all'apertura pacifica e democratica della nostra città".
(IRIS Press, 02 luglio 2009)
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Qui Milano - Stasera in piazza della Scala con gli studenti iraniani per la democrazia
di Rossella Tercatin
Ormai ben poco riesce a raggiungere i media occidentali, ma le manifestazioni contro Ahmadinejad, a sostegno della democrazia in Iran continuano, così come la spietata repressione del regime, gli arresti, le torture. Di ieri poi la notizia di sei impiccagioni.
Sono i giovani a scendere in piazza a Teheran, gli universitari, i liceali, le donne, già da tempo esasperati per le sistematiche limitazioni poste alla loro libertà di scegliere, di esprimere la propria opinione, di poter vivere come vogliono, i brogli elettorali rappresentano solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Proprio nel segno della solidarietà a questa gente, i giovani italiani si mobilitano, stasera a Milano con una manifestazione che si terrà in piazza della Scala alle ore 19, promossa dall'Unione Giovani Ebrei d'Italia, insieme ad altre associazioni, tra cui gli Studenti Iraniani di Milano e le sezioni giovanili dei principali partiti politici italiani. Giovani proprio come quelli che scendono in piazza a Teheran. Vite che dovrebbero essere simili ma che sono invece così diverse. Perché in Iran è davvero difficile sentirsi padrone della propria vita e del proprio futuro.
Parliamo con Daniele Nahum, presidente dell'Ugei.
Daniele, come nasce il coinvolgimento dell'Ugei in questa iniziativa?
L'Ugei è impegnato nel sostegno dei diritti umani e della battaglia degli studenti iraniani contro il regime già dallo scorso anno. Nel maggio del 2008, dalle pagine de "Il Riformista", Emanuele Ottolenghi (direttore del Transatlantic Institute, organizzazione non governativa con sede a Bruxelles ndr) in occasione della partecipazione di Ahmadinejad alla conferenza della Fao a Roma, propose di dedicare una via della capitale a Nikou-Nesbati, uno dei principali dissidenti iraniani. Dal carcere (dove si trovava per aver criticato un discorso del presidente iraniano e quindi "messo in pericolo la sicurezza nazionale" ndr), Nikou-Nesbati ringraziò, ma chiese che la via fosse invece dedicata al 9 luglio 1999, data di una grandissima rivolta studentesca in cui persero la vita oltre venti studenti. L'Ugei ha scelto allora di sostenere questa iniziativa. Il 9 luglio 2008 mi sono recato personalmente dal Sindaco di Roma Alemanno, insieme ad altri duedissidenti iraniani Ahmad Rafat e Alì Afshar, per rilanciare la proposta. Alcuni mesi fa abbiamo poi fondato un Comitato per l'intitolazione di una via agli studenti iraniani, insieme alle principali organizzazioni del mondo politico giovanile.
E quindi a che punto siamo?
A Roma il Sindaco Alemanno si è detto favorevole a intitolare una via agli studenti iraniani, e un Consigliere Comunale del Partito Democratico, Paolo Masini, ha presentato di recente una mozione in Consiglio. Abbiamo scelto però di andare oltre, e di lanciare un appello per dedicare una via agli studenti iraniani a tutti i sindaci d'Italia. L'idea è stata subito accolta da Vittorio Sgarbi, sindaco di Salemi, che si è impegnato a realizzarla nel più breve tempo possibile. Anche a Milano le cose si stanno muovendo; con il sostegno del presidente del Consiglio comunale Manfredi Palmeri infatti, i consiglieri Lorenzo Malagola del PDL e Pierfrancesco Maran del PD presenteranno domani (oggi ndr) la mozione per una via anche agli studenti iraniani anche nel capoluogo lombardo. E la manifestazione di Piazza della Scala servirà anche a sostenere questa iniziativa.
A proposito della manifestazione, cosa senti di dire ai giovani ebrei e a tutti i cittadini di Milano? Perché è importante esserci?
Io credo semplicemente che sostenere la battaglia per i diritti umani e la libertà di quei ragazzi rappresenti per tutti un obbligo morale. Noi abbiamo la fortuna di vivere in un paese in cui la libertà è garantita e data per scontata, e abbiamo quindi il dovere di sostenere chi non ha avuto lo stesso privilegio. Inoltre tutti noi della Comunità ebraica sappiamo bene quale enorme pericolo Ahmadinejad e il regime degli Ayatollah rappresentino per il mondo intero , certo, ma ancora di più per Israele, ed è quindi doppiamente necessario per noi supportare la ribellione dei giovani iraniani contro il regime . Ecco perché essere in piazza il più numerosi possibile, sarà fondamentale.
(Notiziario Ucei, 2 luglio 2009)
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"Fatenah", il primo film d'animazione palestinese
Si chiama Fatenah il primo film di animazione palestinese, per la regia di Ahmad Habash.
Realizzato con il sostegno dell'Organizzazione mondiale della sanità , il film racconta la vera storia di Fatenah, una donna di Gaza che, scoperto di essere ammalata di tumore al seno, cerca di curarsi tra le mille difficoltà legate al territorio e al contesto in cui vive.
Il mediometraggio di 30 minuti è prodotto dalla Dar Films Production.
In attesa della presentazione ufficiale a Ramallah, è possibile vedere il trailer.
(Cine Città, 2 luglio 2009)
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"Unfair without Israel"
"Sleale senza Israele": con questo striscione comparso stamani su uno dei ponti più centrali della città prosegue la polemica contro la mancata partecipazione di Israele dai Giochi del Mediterraneo di Pescara 2009.
Sul tema è tornata pochi giorni fa la parlamentare del PdL Fiamma Nirenstein e vicepresidente della Commissione Esteri della Camera dichiarando che "suscita grave sconforto e persino un senso di disagio morale il fatto che, anche a questa edizione dei Giochi, come avviene sin dalla loro istituzione negli anni 50, Israele non sia invitata".
"Come ha scritto Maurizio Caprara sul Corriere della Sera - ha aggiunto la deputata - il nome Giochi del Mediterraneo non e appropriato, dato che lunica democrazia che dal Medio Oriente si affaccia su di esso, non vi e stata inclusa. Escludere Israele e un gesto di apartheid e di razzismo, privo di qualsiasi ragione e di qualsiasi significato. Speriamo almeno che il momento dellinaugurazione dei Giochi sia loccasione per affermare lindecenza di una simile esclusione, che non deve e non puo essere messa da parte. Speriamo anche, dopo questa edizione, di vedere chiuso ufficialmente un capitolo che non fa onore allo sport mondiale, ne al nostro paese che li ospita."
(Abruzzo Liberale, 2 luglio 2009)
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Gli effetti negativi del congelamento degli insediamenti
Da un editoriale del Jerusalem Post
Se si scorrono le mille e passa parole che compongono la dichiarazione diramata venerdì scorso dal Quartetto (Usa, Ue, Russia, Onu) sul Medio Oriente, si può restare sorpresi da cosa salta fuori. Ad esempio, il Quartetto ha sostanzialmente detto ai palestinesi che un accordo di pace con Israele esige che essi mettano fine ad ogni altra rivendicazione, intendendo con questo che abbandonino la pretesa del cosiddetto diritto al ritorno [dei profughi palestinesi e loro discendenti allinterno di Israele anche dopo la nascita di uno stato palestinese ]. Il Quartetto ha anche ribadito che lunità palestinese esige che Hamas si impegni a ripudiare la violenza, a riconoscere Israele e a onorare i precedenti accordi e impegni. Il Quartetto ha persino chiesto limmediata liberazione di Gilad Shalit (lostaggio israeliano trattenuto da Hamas a Gaza da tre anni). Eppure, comera prevedibile, la richiesta del Quartetto che Israele congeli tutte le attività negli insediamenti è lunica che ha dominato servizi e titoli sui mass-media di tutto il mondo....
(israele.net, 2 luglio 2009)
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Prima israeliani, poi ebrei
di Sergio Della Pergola, demografo, Università Ebraica di Gerusalemme
Gli israeliani si sentono ancora ebrei? E qual è l'impatto della storica appartenenza askenazita e sefardita nel gioco dell'identità israeliana contemporanea? Ce lo rivela una nuova indagine dell'Ufficio Centrale di Statistica di Gerusalemme, che ha intervistato 7 mila e 400 persone dai 20 anni in su per scoprire le scelte della popolazione ebraica di fronte alle possibili alternative identitarie religiose, nazionali, regionali o professionali. Con il consolidarsi dello Stato d'Israele, è l'identità di israeliano (43% come prima scelta) che tende a prevalere sull'identità di ebreo (27%). Sappiamo anche che la seconda scelta identitaria è speculare alla prima e quindi il peso complessivo delle due identità principali è quasi identico. Al terzo posto l'identità di un paese o città d'origine (13%), solo quarte quelle etno-regionali (sefardita/askenazita, 12%), e infine un 5% di altre opzioni. L'identità di israeliano predomina fra i nati nel paese (52%) e fra i nati all'estero fuori dall'ex-URSS (34%), mentre gli immigrati dall'ex-URSS preferiscono l'identità di ebreo (50%). Ma la loro identità israeliana cresce con il trascorrere degli anni di residenza in Israele. La scelta fra israeliano e ebreo è fortemente legata alla religiosità: all'estremo dei Haredim, 42% si dicono ebrei e 18% israeliani; al centro moderato tradizionale, 40% ebrei e 31% israeliani; all'estremo dei secolari, 20% ebrei e 50% israeliani. Le sezioni estreme religiose e secolari hanno in comune una certa resilienza dell'identità askenazita, 10% in entrambi i casi, contro l'1% al centro moderato tradizionale. Sembra invece uscire di scena l'identità sefardita/orientale, prescelta solamente dal 7% delle persone originarie dei paesi islamici.
(Notiziario Ucei, 2 luglio 2009)
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Alemanno ad Hamas: «Ora liberate Shalit»
«Roma vuole il suo cittadino Gilad Shalit libero»
E un inarrestabile battito di mani soffoca la voce di Gianno Alemanno. Nella sala consiliare del Campidoglio il sindaco di Roma conferisce ufficialmente, con queste parole, la cittadinanza onoraria al soldato israeliano rapito il 25 giugno del 2006 per mano di Hamas, entro un confino di pace, in territorio israeliano. Da allora di lui non si sa più nulla, violando qualsiasi diritto umano e convenzione internazionale. Alemanno consegna il documento di cittadinanza nelle mani di Noam, il padre di Shalit. Davanti a una platea composta di giovani e meno giovani appartenenti alla Comunità ebraica di Roma presieduta da Riccardo Pacifici. C'è anche l'ambasciatore Gideon Meir in sala, seduto al fianco del rabbino capo Riccardo Di Segni e di fronte al presidente Ucei Renzo Gattegna e ai deputati Pdl Fiamma Nirenstein e Alessandro Ruben. Chi non ti aspetti è invece un gruppo di rom. Nell'Aula Giulio Cesare sono 4 o 5. «Siamo rom della Romania - spiegano - in Italia da più di tredici anni. Abbiamo sofferto come tutti. Certo, siamo commossi nel sentire le parole del padre di Shalit, ma ora chiediamo al sindaco Alemanno - dice Decebal Tanasie - di poter ottenere anche noi la cittadinanza italiana». Nessuna protesta rumorosa. Chiedono solo parità di diritti. Dal palco dell'aula del Campidoglio, intanto, Noam continua a parlare del figlio. Ha passato la giornata in giro per la Capitale. È stato dal presidente della Camera Gianfranco Fini, il quale ha spiegato che «chi detiene il prigioniero, Hamas, non rispetta le convenzioni di Ginevra». Poi dal presidente del Senato e dal ministro degli Esteri Franco Frattini: «La liberazione di Shalit - ha detto il ministro - è una questione cruciale. Farò pressioni in sede europea». Noam Shalit torna così in Israele con una speranza in più. Con l'Italia al fianco della sua battaglia. E con la richiesta che Roma possa ottenere dal G8 un concreto aiuto per liberarlo. O almeno per sapere se è ancora vivo.
(Il Tempo, 2 luglio 2009)
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Algeria: prima associazione ebraica
Riunira' le 25 sinagoghe presenti nel Paese, si temono reazioni
ALGERI, 1 lug - Per la prima volta e' stata autorizzata in Algeria un'associazione che rappresenta la religione ebraica nel paese maghrebino. Secondo quanto scrive il quotidiano El Khabar, che cita il portavoce del ministero della religione, Mohamed Fellahi, il nuovo organismo riunisce 25 sinagoghe presenti su tutto il territorio. Autorizzata nel quadro della legge del 2006 che regola il culto non musulmano, l'associazione sara' diretta da Roger Siad e si teme possa provocare violente reazioni.
(ANSA, 1 luglio 2009)
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Fini: doveroso fare tutto il possibile per liberare Shalit
ROMA, 1 lug - La decisione del Comune di Roma di conferire la cittadinanza onoraria al caporale israeliano Gilad Shalit, rapito dai miliziani di Hamas tre anni fa in Libano, ''e' opportuna per tenere desta l'attenzione dell'opinione pubblica sul dovere morale di fare tutto cio' che e' in potere delle istituzioni per liberarlo''. Lo ha detto il presidente della Camera Gianfranco Fini al termine dell'incontro con il padre del caporale, a Montecitorio.
''Vorrei ricordare - ha proseguito Fini - che Hamas non rispetta la convenzione di Ginevra e, non a caso, e' inserita nella 'black list' delle organizzazioni di tipo terroristico''.
(ASCA, 1 luglio 2009)
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La terra trema nel Mediterraneo, forti scosse di terremoto a Creta e in Israele
ATENE, 1 lug. - Un terremoto di intensità pari a 5.9 gradi della scala Richter ha colpito l'isola greca di Creta alle 12.30. L'epicentro è stato localizzato in mare. Turisti e residenti si sono riversati all'esterno, lasciando case e alberghi in preda al panico. Nei giorni scorsi era stata un'altra isola greca, Santorini, ad aver subito le scosse di un terremoto di intensità pari a 5.1 gradi.
Il sisma che ha colpito Creta è stato avvertito anche in Israele. Lo riporta il sito del quotidiano 'Jerusalem Post', spiegando che, come ha riferito l'Istituto Geografico di Israele, la scossa di intensità 6.2 della scala Richter è stata percepita nelle città di Rishon Letzion e Petah Tikva, a sud di Tel Aviv. L'emittente satellitare 'al-Jazeera' ha riferito che al momento non si registrano danni a cose o persone nel territorio dello Stato ebraico.
(Adnkronos, 1 luglio 2009)
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Gli ebrei emigrati per effetto delle leggi razziste riacquistano la cittadinanza italiana perduta
Riconosciuta ufficialmente la cittadinanza italiana a coloro i quali ne erano stati privati pereffetto delle leggi razziste, e che lasciando l'Italia a causa delle persecuzioni acquistarono la cittadinanza del Paese ospitante. Lo rende noto la circolare del Dipartimento libertà civili e immigrazione dell'Interno (k33 del 15/6/09). La stessa chiarisce che solo coloro che hanno espressamente rinunciato alla cittadinanza non possono riacquistarla. Infatti, nel comportamento del nostri connazionali non può ravvisarsi una scelta volontaria e consapevole di rinuncia alla cittadinanza italiana, ma una forzatura, per cui non si è concretizzata l'ipotesi di perdita (della cittadinanza), come prevista dall'art. 8 della legge 555/12. Un documento che si è ritenuto doveroso emanare in quanto, da più parti, si legge nel testo della circolare, è stato sollevato il problema del riconoscimento della cittadinanza a ex connazionali, di origine ebraica, che privati dello status, lasciarono l'Italia.
"Desidero ringraziarla per la sua sensibilità e l'interesse da sempre dimostrato verso la lotta ad ogni forma di discriminazione razziale e per l'attenzione prestata alle drammatiche vicende che hanno coinvolto il popolo ebraico" così il prefetto Perla Stancari del Dipartimento per le libertà civili e immigrazione a voluto ringraziare il presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini, fu lui infatti a segnalare tempo fa al Dipartimento il caso di un cittadino ebreo che privato della cittadinanza a causa delle infami leggi del '38, dopo aver lasciato l'Italia e aver acquistato un'altra cittadinanza, desiderava essere dichiarato cittadino italiano. Questo caso è stato risolto positivamente. E solo grazie al singolo episodio è stato sollevato il problema generale e il prefetto Stancari, come spiega nella sua lettera al presidente Fini, ha ritenuto opportuno "applicare tale favorevole orientamento a tutti i casi analoghi sul presupposto che, benché nel 1944 tali leggi fossero abrogate (rdl 25/44), i nostri ex-connazionali, per evitare condizioni di apolidia, avevano nel frattempo acquistato la cittadinanza del Paese di emigrazione".
(Notiziario Ucei, 1 luglio 2009)
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Bufera Sarkò a Israele «Sostituite Lieberman»
Tempesta diplomatica tra Francia e Israele a causa di unindiscrezione secondo cui il presidente francese, Nicolas Sarkozy, avrebbe chiesto al premier israeliano, Benjamin Netanyahu, di sostituire il suo ministro degli Esteri, il falco Avigdor Lieberman con lattuale leader dellopposizione Tzipi Livni. «Se la ricostruzione è corretta, si tratta di uninaccettabile interferenza negli affari interni israeliani», ha fatto sapere lufficio di Lieberman. Netanyahu è intervenuto con una nota in cui ribadisce «la piena fiducia» in Lieberman. Interpellato, lEliseo ha semplicemente replicato: «No comment». Come anche la presidenza del Consiglio in Israele.
(il Giornale, 1 luglio 2009)
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Hamas partecipa alla repressione in Iran
Molte fonti ormai concordano nel confermare la partecipazione di membri di Hamas alla repressione della rivolte in corso a Teheran. Secondo i dettagli estratti e tradotti da drzz.info Hamas sta ripagando il regime teocratico iraniano delle enormi somme di denaro e del continuo addestramento fornito dallIran al gruppo terrorista palestinese. Uomini di Hamas starebbero quindi collaborando con dunque con i Bassidjis nella repressione dei sostenitori del candidato Hossein Moussavi. Molte sarebbero le denunce fatte dai manifestanti contro la presenza di membri di Hamas, particolarmente attivi nel servizio di sicurezza del presidente Ahmadinejad. Secondo lo schema proposto dalla predetta fonte, le ragioni di questa convergenza di azione ed interessi, è alquanto lineare:
1- L' Iran fornisce armi, comporta e finanze Hamas. I Guardiani della Rivoluzione si occupano della formazione dei terroristi islamisti di Hamas negli appositi campi militari gestiti da Teheran. Consiglieri militari, fondi ed armi forniti ad Hamas hanno dietro il generoso sponsor sciita. Oltre 900 i terroristi che ogni anno lIran riesce a formare per Hamas. Tra i 20 ed i 30 milioni di dollari il contributo finanziario di Teheran. Non è un mistero che lIran abbia dato 50 milioni di dollari USA a fondo perduto, dopo la vittoria del Hamas alle elezioni palestinesi del 2006.
2- La partecipazione dei commando del movimento Hamas, nella repressione delle manifestazioni organizzate in Iran, si spiega in particolare con il fatto che Hamas è altamente specializzata in materia di violenza urbana. Daltronde, Hamas che ha creato a Gaza una vera e propria teocrazia, che scimmiotta il modello iraniano, è indiscutibilmente unautorità nel campo dei colpi di stato e nella repressione delle popolazioni. Hamas stesso ha preso il potere con la forza, uccidendo i suoi avversari del Fatah e strappando il potere delle mani dei rappresentanti del potere legittimo che sono Mahmoud Abbas e Salam Fayyad, eletti dal suffragio universale. Gli agenti del Bassidjis hanno dunque trovato in Hamas, una preziosa esperienza per il controllo delle manifestazioni urbane, al fine di far rapidamente cessare le proteste inscenate per le vie di Teheran. Sono membri di Hamas quelli che avrebbero sparata sulla folla ad Azadi, causando morti e feriti.
3 - Con la stessa ferocia con la quale l' OLP di Arafat si inventò i cecchini che soffocarono nel sangue le proteste del 1979, in modo da causare il maggior numero di morti possibile, così oggi Hamas interviene (30 anni dopo!!!), contro dimostranti pacifisti di Mir Hossein Moussavi per intimidirli ed indurli ad accettare supinamente la frode elettorale. Si sappia (e la storia non la puoi nascondere a lungo), che nel settembre 1979, circa 250 terroristi dellOLP, spediti in rinforzo del Mullah, fecero un perfetto lavoro di snipers, accoppando una bella vagonata di iraniani. Oggi lo stesso scenario si ripete ma sotto con le mani dei terroristi del Hamas (1).
4 - Segnaliamo, infine, come il movimento islamista palestinese ha apertamente salutato la vittoria di Ahmadinejad, il cui regime ha regolarmente sostenuto la satrapia di Gaza con armi e denaro. Hamas è stato il primo a rallegrarsi, il 13 giugno scorso, del risultato dell'elezione presidenziale in Iran. Secondo Fawzi Barhoum, portavoce del movimento islamista palestinese: "Questi risultati sarebbero una indiscussa prova del successo del programma ufficiale iraniano, al servizio degli interessi del popolo e del suo metodo vincente nellaffrontare tutte le sfide". Sempre per l'ineffabile Fawzi Barhoum, quest'elezione "dovrebbe costituire un monito a tutte le controparti filosioniste per cambiare la loro politica riguardo a l'Iran". Palese riferimento ai paesi arabi, oppositori del regime della repubblica islamica sciita.
(Abruzzo Liberale, 1 luglio 2009)
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Notizie archiviate
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