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Notizie novembre 2009
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Congelamento colonie, venti di fronda nel Likud
Venti di fronda nei confronti del premier Benyamin Netanyahu sono spirati ieri nel corso di una riunione di attivisti del Likud convocata dopo la decisione del governo israeliano di congelare per i prossimi dieci mesi nuovi progetti edili nelle colonie ebraiche in Cisgiordania.
La misura è stata approvata dal Consiglio di difesa del governo nell'intento di rilanciare negoziati con i palestinesi e di rendere più distese le relazioni con l'amministrazione del presidente Barack Obama.
Nel corso della riunione, riferiscono fonti del Likud, gli animi si sono scaldati. Uno degli oratori - Ron Nahman, sindaco della colonia di Ariel - ha evocato il presidente degli Stati Uniti con il suo nome "Hussein", nell'evidente intenzione di attribuirgli una innata simpatia per la causa palestinese.
Il deputato Dany Danon ha sostenuto che il congelamento delle colonie deve necessariamente essere approvato dal Comitato centrale del Likud, una istituzione di oltre tremila membri dove la corrente nazionalista è relativamente forte.
Il leader di quella corrente, Moshe Feiglin, ha affermato che i coloni devono ignorare la risoluzione del governo "e considerarsi come soldati impegnati in una guerra". Alla riunione ha partecipato il leader del movimento dei coloni Dany Dayan secondo cui gli abitanti ebrei della Cisgiordania non intendono accettare il congelamento.
(swissinfo.ch, 29 novembre 2009)
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Israele: laici in piazza contro gli ultraortodossi
Diverse centinaia di laici israeliani sono scesi in piazza a Gerusalemme per protestare contro gli ebrei ultraortodossi che pretendono che il sabato, giorno di Sabbath, ogni attività lavorativa venga vietata in città. Il corteo è stato organizzato dal "Forum per una Gerusalemme libera".
"Sono venuta qui - dice questa donna - per manifestare per la libertà di Gerusalemme. Perché Gerusalemme è di tutti, non è solo degli ultraortodossi, dei religiosi o dei laici, è di tutti. E nessuno deve imporci il modo di governare la città".
Qualche ora prima decine di ebrei ultraortodossi, che in Israele rappresentano la minoranza, avevano manifestato contro l'apertura di un parcheggio comunale e contro una fabbrica di microprocessori che il sabato fa lavorare il proprio personale.
Non sono mancati momenti di tensione con la polizia. Secondo la religione ebraica lo Sabbath, che inizia il venerdì al tramonto e termina il sabato sera, è dedicato al completo riposo.
(euronews, 29 novembre 2009)
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Minareti: un "sì" che dimostra il disagio degli svizzeri
Il commento di Walter Wobmann del comitato promotore del testo antiminareti
Il sì all'iniziativa contro la costruzione di minareti dimostra il disagio degli svizzeri verso la crescente influenza dell'Islam, stando al comitato promotore del testo.
Per anni il malcontento della popolazione per la costruzione di minareti non ha potuto esprimersi, ha detto Walter Wobmann, presidente del comitato alla Televisione della Svizzera tedesca. Grazie all'iniziativa la gente ha potuto far sentire la sua voce.
La popolazione non vuole né i minareti né la "sharia" (la legge islamica) in Svizzera, ha aggiunto Wobmann. L'alta percentuale di sì dimostra che i promotori hanno saputo mobilitare la gente. Ora dovranno essere vietati anche il burqa, i matrimoni forzati e le mutilazioni sessuali.
(ticinonews.ch, 29 novembre 2009)
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Dal Technion una nuova scoperta che rivoluzionerebbe la cura delle malattie cardiovascolari
di Anna Momigliano
Cellule di un cuore umano, che forse, in un futuro non troppo lontano, potrebbero contribuire a salvare la vita a migliaia di persone. Il tutto partendo da un pezzettino di pelle. Questo è il frutto della ricerca di uno scienziato del Technion di Haifa, che si spera possa rivoluzionare il trattamento delle malattie cardiovascolari. Stando a quanto riportato da alcuni siti di informazione israeliani, il professor Lior Gepstein sarebbe infatti riuscito a ricreare delle cellule cardiache, partendo da alcune cellule epiteliali: questo - tiene a precisare lo stesso scienziato - è stato possibile grazie alla scoperta di un team di ricercatori giapponesi che aveva ideato il modo di fare regredire alcuni tipi di cellule epiteliali allo stato di staminali (definite dopo il processo "induced pluripotent stem cells," iPSCs). Partendo da queste "cellule staminali indotte," insieme a un team di colleghi del Technion e dell'istituto medico Rambam di Haifa, Gepstein ha poi creato cellule cardiache. La scoperta potrebbe contribuire molto alla cura dei pazienti i cui tessuti cardiaci sono gravemente danneggiati. Anche se, affinché la ricerca possa essere applicata alla cura di pazienti, dovranno passare ancora dei decenni. Insomma, i ricercatori del Technion e del Rambam mettono le mani avanti.
(Notiziario Ucei, 29 novembre 2009)
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Germania - Domani in aula il «mostro di Sobibor»
Monaco di Baviera Il suo ultimo appello lo ha perso il mese scorso: domani John Demjanjuk, ritenuto uno dei responsabili dello sterminio di circa 28mila ebrei nel 1943, si presenterà davanti al tribunale di Monaco di Baviera per quello che si preannuncia come uno degli ultimi grandi processi a un ex nazista sospettato di crimini contro l'umanità. L'attesa è grande: 220 giornalisti provenienti da tutto il mondo seguiranno le udienze e, per accomodarli tutti, la Corte ha già preparato un'apposita sala collegata all'aula con una tv a circuito chiuso.
La Corte Costituzionale tedesca ha spianato definitivamente la strada al processo lo scorso 21 ottobre, respingendo il ricorso degli avvocati di Demjanjuk, secondo i quali il procedimento sarebbe incostituzionale poiché il loro assistito ha già trascorso diversi anni in prigione durante un precedente processo in Israele. Dopo oltre tre decenni di battaglie legali, prima per cercare di evitare l'estradizione dagli Stati Uniti, poi per cercare di sottrarsi alla legge tedesca, Demjanjuk - 89 anni - ha esaurito i ricorsi in appello: se verrà riconosciuto colpevole, rischia di trascorrere il resto della sua vita in prigione per un eccidio compiuto nel campo di sterminio di Sobibor, nella Polonia occupata dai tedeschi durante la Seconda guerra mondiale.
Nato in Ucraina, Demjanjuk ha vissuto per oltre 50 anni negli Usa, dove arrivò nel 1952, ottenendo in seguito la cittadinanza. Riconosciuto da alcuni sopravvissuti come «Ivan il Terribile», aguzzino nazista di Treblinka (Polonia), responsabile di centinaia di morti tra 1942 e il 1943. Dopo una battaglia legale, gli Stati Uniti gli tolsero la cittadinanza e nel 1986 lo espulsero in Israele, che lo accusava di essere il misterioso «Ivan il Terribile» e nel 1988 lo condannò a morte. Ma la sentenza fu annullata nel 1993, quando vennero alla luce documenti dell'ex Urss secondo cui l'«Ivan» di Treblinka era probabilmente un'altra persona, Ivan Marcenko.
Ieri un quotidiano tedesco ha pubblicato la notizia di una nuova accusa a Demjanjuk: nel 1947 avrebbe ucciso un ebreo investendolo con un camion.
(il Giornale, 29 novembre 2009)
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Il palestinese più pericoloso della Terra!
"Il palestinese più pericoloso è il professor Nusseibeh" così lo definì paradossalmente e scherzosamente l'israeliano Reuvlen Rivlin.
Il professor Nusseibeh è il presidente dell'Al Quds University ed è autore di uno studio tanto destabilizzante per la storiografica ufficiale palestinese quanto logicamente inconfutabile per la sua razionalità. La sua ultima fatica si chiama "Al-Haram Al Sharif", ossia la Spianata delle Moschee.
In sostanza, secondo Nusseibeh, Maometto giunse dove oggi sorge Al Aqsa, la Spianata delle Moschee, per il semplice ed unico motivo che quello era un luogo sacro per ebrei e cristiani. Di conseguenza, forse per la prima volta, uno dei maggiori storici e più qualificati intellettuali palestinesi, riconosce che il Monte del Tempio esisteva da molto prima rispetto alla Spianata e, pertanto, gli ebrei hanno un diritto temporalmente e moralmente antecedente rispetto ai musulmani su quel luogo tanto conteso. Di più. La tesi dell'illustre storico, però, addiviene ad una conclusione assolutamente rivoluzionaria.
Secondo il professore palestinese, lo scopo del viaggio di Maometto era quello di "fondere Ebraismo ed Islam, unire tutti i fedeli dell'Unico Dio".
Purtroppo il professor Nusseibeh, a seguito di questa pubblicazione, è stato oggetto di pesanti minacce e, secondo alcuni, potrebbe essere costretto ad una prossima pubblica ritrattazione.
Il pericolo è più che serio. E' rivoluzionario. L.C.
(Abruzzo Liberale, 29 novembre 2009)
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Iran: Israele, bene risoluzione Aiea, ora serve applicarla
GERUSALEMME, 27 nov. - Israele ha salutato con favore la decisione dell'Aiea di censurare l'Iran per il suo controverso programma nucleare. "Il passaggio della risoluzione con una larga maggioranza", si legge in una nota del ministero degli Esteri, "dimostra che la comunita' internazionale e' giunta alla conclusione che il programma nucleare iraniano sta diventando una significativa e urgente minaccia alla pace".
(AGI, 28 novembre 2009)
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Domenica in Svizzera referendum anti-minareti
Divieto di minareti in Svizzera. È l'obiettivo della destra populista, con il referendum di domenica prossima. Se gli elvetici si pronunceranno a favore, il divieto di costruire minareti sarà aggiunto all'articolo 72 della costituzione federale.
È la prima consultazione di questo genere in un paese europeo.
Promossa dall'Unione democratica di centro, grande partito della destra nazional-conservatrice, l'iniziativa contro la costruzione di minareti ha scatenato le polemiche.
L'Islam è la seconda religione in Svizzera per numero di fedeli. I musulmani sono almeno 310 mila, oltre il 4 per cento della popolazione, per la maggior parte immigrati provenienti dai Balcani, Kosovo, Albania e Bosnia, e nella stragrande maggioranza non praticanti.
Su 200 moschee, solo quattro hanno minareti. Altri due sono per ora solo in fase di progetto, a Will e Langenthal.
L'Udc ha tappezzato il paese di minacciosi poster, che dipingono i minareti come missili, accanto a una donna avvolta in un burqa nero.
Per i promotori dell'iniziativa, il minareto non ha nulla a che fare con la religione, è un simbolo di potere politico, il preludio all'introduzione della sharia, dei delitti d'onore, dell'oppressione delle donne e della lapidazione.
I cattolici integralisti condividono alcuni di questi timori, riassunti nelle parole di Walter Wobmann, dell'Udc: "I minareti sono simboli di potere, è il primo passo verso l'islamizzazione. Il secondo passo sarà il muezzin, il terzo la legge islamica, la sharia. Qui in Svizzera non vogliamo una situazione di questo tipo".
Le Nazioni unite hanno criticato l'iniziativa, dicendo che viola la libertà di culto. Anche il governo e la maggior parte dei partiti sono contrari al divieto, che - dicono - oltre a violare diversi diritti fondamentali, non contrasterebbe l'estremismo islamico, ma al contrario lo incoraggerebbe.
Opinione condivisa dal presidente del consigio svizzero delle religioni, Thomas Wipf: "Questa campagna contro i minareti è pericolosa perché presuppone che religioni diverse non possano convivere, che debbano finire per scontrarsi. Ma noi dobbiamo avvicinarci gli uni agli altri. Dobbiamo imparare a parlarci. È questa la vera sfida!".
Secondo i sondaggi, il movimento contro i minareti domenica dovrebbe perdere, ma potrebbe esprimersi a favore circa un terzo dei votanti.
Contro l'iniziativa, però, non c'è solo chi predica tolleranza e rispetto dei diritti. Anche il mondo degli affari è preoccupato per l'impatto negativo che il divieto potrebbe avere sulle esportazioni in Medio oriente. Il caso della Danimarca e delle vignette di Maometto brucia ancora.
(euronews, 28 novembre 2009)
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Parlamentari Likud contro Obama, "nemico degli ebrei"
L'amministrazione di Barack Obama e' "nemica degli ebrei". E' l'attacco di un gruppo di parlamentari israeliani del partito di destra Likud. Il premier, Benjamin Netanyahu, si e' immediatamente dissociato dai commenti dei suoi colleghi di partito che hanno preso di mira Obama accusandolo di aver fatto pressioni affinche' Netanyahu congelasse temporaneamente la costruzione di colonie in Cisgiordania.
(la Repubblica, 28 novembre 2009)
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Il nazista Demjanjuk uccise un ebreo anche nel 1947
di Roberto Fabbri
John Demjanjuk, l'ottantanovenne «boia nazista di Sobibor», uccise anche dopo la fine della guerra: nel 1947 investì deliberatamente un ebreo con un camion a Ulm, in Germania. La nuova accusa è stata pubblicata dal quotidiano «Stuttgarter Nachrichten», a poche ore dall'apertura lunedì a Monaco di Baviera del processo all'ex militare del Terzo Reich estradato dagli Usa a maggio.
Il quotidiano tedesco ha avuto conferma dal portavoce della procura di Ulm, Michael Bischofsberger, che in relazione a quell'episodio Demjanjuk è indagato per omicidio volontario.
Gli atti riguardanti la nuova accusa verranno trasmessi «al momento opportuno» al tribunale di Monaco di Baviera, che ne ha già fatto richiesta.
Secondo le informazioni ottenute dal quotidiano di Stoccarda, l'investimento avvenne con il camion di servizio di Demjanjuk, che all'epoca faceva l'autista per le truppe americane. Il presunto boia di Sobibor, nella Polonia occidentale, si era fatto registrare dopo la guerra come sfollato ed era riuscito a ottenere un posto di autista presso una base americana in Germania, prima di emigrare nel 1952 negli Stati Uniti. Il processo di Monaco di Baviera si protrarrà almeno fino a maggio, perchè a causa delle precarie condizioni di salute di Demjanjuk le udienze non potranno durare più di 3 ore al giorno. L'accusa nei suoi confronti è di concorso nell'omicidio di 27.900 ebrei, sterminati nel lager di Sobibor, in cui l'ucraino prestava servizio come guardiano ausiliario delle SS.
(il Giornale, 28 novembre 2009)
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Rafforzata sicurezza a Rafah, voci su imminente trasferimento Shalit
GERUSALEMME, 28 nov. - Sono state rafforzate le misure di sicurezza intorno al valico di Rafah, tra Gaza ed Egitto, dando adito a voci secondo cui la decisione potrebbe anticipare un imminente trasferimento di Gilad Shalit da Gaza all'Egitto.
Catturato dai militanti palestinesi con un raid compiuto nel 2006, il militare israeliano e' al centro di una trattativa nella quale e' stato chiesto il rilascio di centinaia di prigionieri palestinesi rinchiusi nelle carceri israeliane in cambio della sua liberazione. Stando a fonti egiziane citate dalla Radio Voce della Palestina, il rafforzamento della sicurezza "e' una mossa inusuale che indicherebbe che il militare sequestrato verra' consegnato al Cairo molto presto".
Secondo le stesse fonti, a seguito di un suo trasferimento in Egitto, Shalit verrebbe esaminato dai medici della Croce Rossa e da squadre francesi ed israeliani. Israele rilascera' in contemporanea mille prigionieri palestinesi.
(Adnkronos, 28 novembre 2009)
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Iran: Israele, bene risoluzione Aiea, ora serve applicarla
GERUSALEMME, 27 nov. - Israele ha salutato con favore la decisione dell'Aiea di censurare l'Iran per il suo controverso programma nucleare. "Il passaggio della risoluzione con una larga maggioranza", si legge in una nota del ministero degli Esteri, "dimostra che la comunita' internazionale e' giunta alla conclusione che il programma nucleare iraniano sta diventando una significativa e urgente minaccia alla pace".
(AGI, 28 novembre 2009)
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Domenica in Svizzera referendum anti-minareti
Divieto di minareti in Svizzera. È l'obiettivo della destra populista, con il referendum di domenica prossima. Se gli elvetici si pronunceranno a favore, il divieto di costruire minareti sarà aggiunto all'articolo 72 della costituzione federale.
È la prima consultazione di questo genere in un paese europeo.
Promossa dall'Unione democratica di centro, grande partito della destra nazional-conservatrice, l'iniziativa contro la costruzione di minareti ha scatenato le polemiche.
L'Islam è la seconda religione in Svizzera per numero di fedeli. I musulmani sono almeno 310 mila, oltre il 4 per cento della popolazione, per la maggior parte immigrati provenienti dai Balcani, Kosovo, Albania e Bosnia, e nella stragrande maggioranza non praticanti.
Su 200 moschee, solo quattro hanno minareti. Altri due sono per ora solo in fase di progetto, a Will e Langenthal.
L'Udc ha tappezzato il paese di minacciosi poster, che dipingono i minareti come missili, accanto a una donna avvolta in un burqa nero.
Per i promotori dell'iniziativa, il minareto non ha nulla a che fare con la religione, è un simbolo di potere politico, il preludio all'introduzione della sharia, dei delitti d'onore, dell'oppressione delle donne e della lapidazione.
I cattolici integralisti condividono alcuni di questi timori, riassunti nelle parole di Walter Wobmann, dell'Udc: "I minareti sono simboli di potere, è il primo passo verso l'islamizzazione. Il secondo passo sarà il muezzin, il terzo la legge islamica, la sharia. Qui in Svizzera non vogliamo una situazione di questo tipo".
Le Nazioni unite hanno criticato l'iniziativa, dicendo che viola la libertà di culto. Anche il governo e la maggior parte dei partiti sono contrari al divieto, che - dicono - oltre a violare diversi diritti fondamentali, non contrasterebbe l'estremismo islamico, ma al contrario lo incoraggerebbe.
Opinione condivisa dal presidente del consigio svizzero delle religioni, Thomas Wipf: "Questa campagna contro i minareti è pericolosa perché presuppone che religioni diverse non possano convivere, che debbano finire per scontrarsi. Ma noi dobbiamo avvicinarci gli uni agli altri. Dobbiamo imparare a parlarci. È questa la vera sfida!".
Secondo i sondaggi, il movimento contro i minareti domenica dovrebbe perdere, ma potrebbe esprimersi a favore circa un terzo dei votanti.
Contro l'iniziativa, però, non c'è solo chi predica tolleranza e rispetto dei diritti. Anche il mondo degli affari è preoccupato per l'impatto negativo che il divieto potrebbe avere sulle esportazioni in Medio oriente. Il caso della Danimarca e delle vignette di Maometto brucia ancora.
(euronews, 28 novembre 2009)
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Chavez: Israele votato al genocidio
"Il loro scopo è eliminare i palestinesi"
Il presidente del Venezuela, Hugo Chavez, ha detto che lo scopo di Israele è quello di "eliminare il popolo palestinese" e ha definito lo stato ebraico "votato al genocidio". "Noi siamo dalla parte della memorabile lotta del popolo palestinese", ha affermato Chavez dopo un incontro con il presidente dell'Anp Abu Mazen in visita in Venezuela. Chavez ha aggiunto che il Venezuela resta a favore della creazione di uno stato palestinese indipendente.
(TGCOM.it, 28 novembre 2009)
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L'ebreo che disse "taci" a Goering
E' morto a New York l'interprete del processo di Norimberga
Quando gli americani lo nominano interprete del processo di Norimberga Richard Sonnenfeldt ha 22 anni, l'età in cui Rudolf Hess, il più vicino al Führer tra i gerarchi nazisti seduti di fronte a lui sul banco degli imputati, era partito volontario per la Prima Guerra Mondiale arruolandosi nel reggimento List insieme al caporale Adolf Hitler, un oscuro ufficiale dell'esercito tedesco che amava sponare i commilitoni intonando "Deutschland über alles in der Welt". Ma a quel punto Sonnenfeld ha già visto "montagne di cadaveri e migliaia di moribondi" nel lager di Dachau, dove è stato tra i primi a entrare con i soldati alleati il giorno della liberazione, ed è pronto a tradurre l'idioma dei carnefici senza abbassare lo sguardo, unico ebreo ammesso a decifrare la banalità del male nel tribunale della storia.
La vita dell'uomo attraverso cui passarano le ultime parole di Hermann, Goering, Speer, Hess, comincia nel 1923 nella Berlino della Repubblica di Weimar e si spegne alcuni giorni fa a New York, sua città adottiva a cui è dedicata l'autobigrafia Witness to Nuremberg (Testimone a Norimberga) pubblicata nel 2002. Un cortometraggio in bianco e nero come il novecento.
Negli anni '30, racconta il Financial Times, i Sonnenfeldt sono una famiglia benestante, moglie e marito medici, alta borghesia. Ma la storia incalza. A 15 anni Richard capisce che non c'è futuro per gli ebrei nella cittadina sassone di Gardenlegen in cui è cresciuto: due mesi prima della Notte dei Cristalli i genitori lo mandano a studiare nel Regno Unito insieme al fratello Helmut, futuro consigliere del presidente americano Nixon, e partono alla volta degli Stati Uniti. La New Herrilinge School, nel Kent, è un istituto prestigioso, gestito da quaccheri ed ebrei. Se non fosse che il giovane Sonnenfeldt è tedesco, un "nemico straniero" a cui gli inglesi non concedono sconti d'età: nel 1940 viene caricato a bordo di un incrociatore britannico e deportato in Australia.
Duro destino è l'avere un destino, ammoniva Italo Calvino. Aiutato da un amico ebreo di Melbourne il prigioniero Richard riesce a fuggire e, attraverso Bombay, raggiunge New York giusto in tempo per arruolarsi volontario con le truppe americane e combattere negli anni più cruenti della Seconda Guerra fino allo sbarco in Italia e alla resa della Germania. E' qui che il generale americano William Donovan, capo dell'Office of Strategic Services, la futura Cia, si accorge del giovane soldato bilingue e lo promuove traduttore, l'uomo che ogni giorno, per almeno sei ore, deve sedere gomito a gomito con i 21 ideatori della soluzione finale, maschere tragiche dietro cui si celano ordinari impiegati dello sterminio come il protagonista de Le Benevole di Jonathan Littell.
Fino al faccia a faccia con gli imputati di Norimberga Sonnenfeldt non aveva mai pensato alla dimensione globale dell'Olocausto. "Quello che mi colpiva di più al processo era la loro semplice banalità, la normalità, yes-men intellettualmente mediocri, anelli della catena del male al di fuori della quale non li avresti distinti dalla massa" scrive nella sua autobiografia. Quando domana a Rudolf Höss, l'ex comandante di Auschwitz, se fosse vero che aveva sterminato tre milioni e mezzo di persone, quello risponde impassibile: "Erano solamente due milioni e mezzo, gli altri morirono di fame o di malattie".
La memoria perdona ma non dimentica. Nella galleria del Terzo Reich è l'ex capo delle SA Hermann Göring l'icona del male di cui Richard Sonnenfeldt ha continuato a parlare fino all'ultimo, l'uomo qualunque, quel che Eichmann aveva rappresentato per Hannah Arendt. Lo chiamava Herr G'rink giocando con il termine tedesco gering, piccolo, e ripeteva di quella volta che prima d'uccidersi con il cianuro gli aveva confidato: "Tra trent'anni ci saranno statue di me in tutta la Germania". I due avevano preso confidenza durante il processo, quando di fronte alle continue interruzioni del gerarca nazista l'interprete ventiduenne l'aveva zittito "Taci finchè finisco di tradurre". Sono le sue parole che restano, quelle di Göring e gli altri fluttuano afone, lost in translation.
(La Stampa, 28 novembre 2009)
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Pace fatta tra Israele e la Federazione Internazionale della Stampa
di Lisa Palmieri-Billig
Se è vero che "non è oro tutto quello che luccica" è vero anche il contrario, cioè che non è piombo tutto quello che si nasconde nell'ombra perché la luce non ci arriva.
In Italia è stata accolta con sdegno la notizia riguardante l'espulsione del sindacato dei giornalisti israeliani (NFIJ) dalla federazione internazionale (IFJ) lo scorso giugno, ufficialmente per il mancato pagamento della quota annuale relativa agli ultimi 4 anni. Ora che gli israeliani sono stati definitivamente reintegrati durante una riunione straordinaria dell'esecutivo dell'IFJ, convocato appositamente a Londra il 14 novembre scorso, è però opportuno raccontare i particolari della faccenda, anche per sfatare un po' il mito del totale isolamento di Israele e l'impermeabile muro di antagonismo a livello internazionaleNon che non esista un blocco anti-israeliano, ma esiste anche una forte voce che arriva dai paesi amici, tanto solidali da prendere iniziative forti per ricucire lo strappo e riparare il danno fatto dal voto di giugno dei loro rappresentanti. E' stato il caso della Germania e dell'Italia innanzitutto, che hanno voluto battersi per la risoluzione del contenzioso e il reinserimento dei giornalisti israeliani "perché sono esponenti di una stampa fra le più libere e democratiche del mondo", secondo Franco Siddi, Segretario Generale della Federazione della Stampa italiana (FNSI)....
(l'Occidentale, 28 novembre 2009)
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Israele, sventato attentato a Eilat; raid aereo a Gaza
TEL AVIV - Un'improvvisa recrudescenza della violenza viene segnalata in Israele e nei Territori palestinesi mentre ancora si attende di sapere se andrà in porto l'accordo con Hamas per uno scambio di prigionieri.
L'episodio potenzialmente più grave è avvenuto a nord della città turistica israeliana di Eilat, dove la scorsa notte una pattuglia israeliana di confine ha intercettato un uomo mentre si accingeva ad attraversare il confine fra Egitto e Israele. L'uomo è riuscito a dileguarsi, ma nella zona i militari hanno trovato un ordigno di 15 chilogrammi di esplosivo, pronto per l'uso. Se fosse esploso a Eilat in una zona affollata, ha stimato la radio militare, avrebbe provocato decine di morti.
Tensione anche al confine fra Gaza e Israele. Ieri miliziani palestinesi hanno sparato diversi colpi di mortaio contro una zona del Neghev israeliano. Oggi la aviazione israeliana ha condotto una incursione sul campo profughi di Jabalya dove ha colpito, a quanto pare, una cellula di miliziani. Quattro i feriti, uno dei quali è grave.
Un altro incidente è avvenuto ieri in Cisgiordania. Un palestinese armato di un pugnale ha ferito due coloni nei pressi della località ebraica di Kiryat Arba ed è stato ferito a sua volta da un guardiano. Il palestinese è stato ricoverato in ospedale a Gerusalemme, in condizioni gravi.
(TiconOnline, 27 novembre 2009)
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Netanyahu autorizza la costruzione di edifici pubblici nei nuovi insediamenti
Scuole e sinagoghe sorgeranno in Cisgiordania
Il ministro della Difesa israeliana, Ehud Barak ha approvato la costruzione di 28 nuovi edifici pubblici nelle colonie ebraiche in Cisgiordania; una decisione, scrive il quotidiano Haaretz, presa nello stesso giorno in cui il governo ha annunciato una moratoria nella costruzione di case negli insediamenti. Ma la decisione di Barak non contraddice la sospensione parziale di costruzione di edifici annunciata dal premier Benjamin Netanyahu, perche' si limita ad autorizzare "edifici pubblici", come scuole o sinagoghe, mentre la moratoria si riferisce esclusivamente alle nuove abitazioni nella Cisgiordania occupata.
(PeaceReporter, 27 novembre 2009)
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Svastiche e autonomi, torna l'onda silenziosa della violenza politica
di Carlo Maria Lomartire
(...) Sto esagerando? Si tratta solo di ragazzate? Decleva è stato compagno di studi e amico di Walter Tobagi e in cuor suo sa benissimo come finiscono e dove vanno a parare certe «ragazzate».
D'altra parte nelle stesse ore qualcuno disegnava svastiche sui muri dell'ospedale milanese San Giuseppe recentemente acquistato da un importante imprenditore nel campo della sanità che si chiama Daniele Schwarz ed è ebreo. Pare, però, che la situazione economica dell'ospedale sia difficile e richieda qualche intervento doloroso. Ecco, forse, la «spiegazione» di quelle svastiche: minacce infami al nuovo padrone.
Si tratta di due vicende apparentemente molto lontane l'una dall'altra, tra le quali, tuttavia, è facile trovare un nesso. Anzi, più d'uno. In primo luogo tutte e due annunciano il ritorno di comportamenti, pregiudizi e simboli che pensavamo, speravamo, fossero definitivamente scomparsi nelle latrine della storia. Nei due casi, poi, i bersagli hanno una chiara identità religiosa: cattolici molto attivi i ciellini della Cusl, orgogliosamente ebreo il nuovo proprietario dell'ospedale San Giuseppe.
Anche questo è un caso? Più probabilmente la risorgente intolleranza politica ha bisogno di obiettivi chiari ed evidenti: nulla è più evidente di una appartenenza religiosa che, per definizione, è fondata sulla testimonianza, cioè sulla manifestazione della propria fede.
Per contro sono certo che molti di quei violenti, in nome di quel multiculturalismo e di quell'ideale di società multietnica diventati dogmi del catechismo no global e politicamente corretto, si ribellerebbero indignati a ogni atteggiamento meno che condiscendente nei confronti delle rivendicazioni islamiche.
Prima degli anni di piombo tutto era cominciato, dicevamo, con qualche scritta sui muri: scritte che invitavano esplicitamente a «sparare ai padroni» o ai poliziotti o a dar fuoco alle sedi del Msi. Ben presto qualcuno passò ai fatti. Quelle scritte non erano altro che anticipazioni grafiche di una violenza che sarebbe presto diventata reale.
Sui muri delle nostre città, nelle università, nelle fabbriche erano manifestazioni di violenza grafica. E questo, niente meno questo, sono oggi le scritte contro gli studenti di Cl alla Statale e le svastiche sulla facciata del San Giuseppe e come tali, come manifestazioni di violenza andrebbero perseguite.
L'esperienza ci dice, purtroppo, che rischiamo tutti di pagare carissimo certa tolleranza e condiscendenza per presunti «eccessi giovanili». È quello che deve aver pensato il professor Decleva quando ha deciso di affrontare il manipolo di teppisti della sua università. Non si tratta di inventare nuovi tipi di reati, ne abbiamo già troppi: l'apologia del fascismo è un reato; l'istigazione all'odio razziale e alla violenza sono reati, le minacce e la violenza privata sono anch'essi reati.
È già tutto scritto, basta vigilare e non sottovalutare.
(il Giornale, 27 novembre 2009)
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Spianata sacra a ebrei e musulmani, Nusseibeh rompe un tabù
GERUSALEMME - Un testo accademico di 400 pagine dedicato alla storia della Spianata di Gerusalemme e scritto congiuntamente da studiosi israeliani e palestinesi sta destando la attenzione della stampa locale anche perché include un intervento giudicato "non-conformista" da parte del professor Sari Nusseibeh, presidente della Università al-Quds di Gerusalemme est.
Questi infatti - contrariamente alla visione degli integralisti islamici - riconosce un legame storico e religioso fra gli ebrei e la Spianata, dove oggi si trovano la moschea al-Aqsa e il Duomo della Roccia.
Il libro è stato presentato di recente alla Scuola Biblica di Gerusalemme. In quell'evento, nota il quotidiano Maariv, Nusseibeh ha preferito non prendere la parola e ha evitato di rispondere alle domande dei giornalisti. Da fonti accademiche il giornale ha appreso che Nusseibeh è adesso minacciato sia per aver cooperato in una iniziativa culturale con un istituto israeliano (Yad Ben-Zvi) sia per il contenuto del suoi essai.
Una collaboratrice dello studioso palestinese ha tuttavia negato che egli sia sottoposto a pressioni.
Il libro in questione si chiama: 'Dove il Cielo e la Terra si incontrano: la Sacra Spianata di Gerusalemme' e contiene testi storici che ne ripercorrono la storia millenaria.
Secondo Maariv in questo contesto Nusseibeh ha assunto una posizione non-conformista fra i ricercatori palestinesi ed islamici quando ha affermato che Maometto è giunto a Gerusalemme proprio perché in precedenza era sacra agli ebrei e ai cristiani. "Il suo viaggio a Gerusalemme - prosegue Nusseibeh - aveva per scopo una fusione fra Ebraismo ed Islam, fra tutti i veri fedeli della Divinità ".
Scopo dell' intervento di Nusseibeh, spiega Maariv, è di convincere ebrei e musulmani a riconoscere gli uni i legami degli altri con la contesa Spianata. Ma quando il giornale gli ha chiesto di spiegare meglio il suo pensiero, Nusseibeh ha preferito declinare l'offerta.
(swissinfo.ch, 27 novembre 2009)
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Fourth International Conference on Jewish Italian Literature
Il Fourth International Conference on Jewish Italian Literature (ICOJIL) sarà dedicato al confronto delle varie diaspore di Oriente e Occidente partendo da una prospettiva italiana. L'accoglienza fatta agli ebrei della galut è, infatti, assai varia. Dall'essere tollerati in alcune nicchie economiche ma sottoposti alle più diverse limitazioni e vessazioni (è il caso della maggior parte dei paesi cattolici) al più sincero anche se non disinteressato benvenuto (come nell'Impero Ottomano e nelle Province Unite), vi sono stati casi molto dissimili. E diversi sono stati anche gli esiti: dal rinchiudersi nella propria cultura all'accettazione della cultura del paese ospite, applicazione del principio dina de malkuta dina (le leggi del paese [ospite] sono le [nostre] leggi) che poteva anche assumere la veste della conversione per comodità (Mahler, Svevo)....
(Fabula, 27 novembre 2009)
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La Spagna di Zapatero come la Germania di Hitler. Fuori gli ebrei dall'Università
La notizia sembra un ripasso di storia degli anni '30: gli ebrei sono stati cacciati via da una Università spagnola.
I fatti sono semplicemente questi: gli studenti israeliani dell'Ariel University Center (AUC) sono stati espulsi dal "2010 Solar Decathlon" in svolgimento in Spagna. Si tratta di una competizione tra Università straniere per la costruzione di una casa solare autosufficiente.
L'espulsione è avvenuta perché, appunto, trattasi di ebrei e, soprattutto, israeliani. In particolare, il team dell'AUC era uno dei 20 finalisti selezionati ed aveva già ricevuto dei fondi dalla Spagna per il loro progetto. Ora, però, gli israeliani devono fare le valigie e tornare a casa.
Quando sui libri di storia si legge delle prime discriminazioni antisemite nell'Europa pre-bellica, poi sfociate nello sterminio di massa di 6 milioni di persone, un aspetto poco toccato dagli storici è l'ignavia degli individui non coinvolti. Questi nutrita massa di indifferenti spettatori sarà, però, destinata a comporre parte degli oltre 55.000.000 di morti alla fine del secondo conflitto mondiale.
Ora assistiamo ad una nuova violenta ondata di antisemitismo in Europa oltre alla minaccia nucleare iraniana che sembra minacciare, palesemente, il solo Israele. La matrice dei due fenomeni è, comunque, identica.
La storia, però, è maestra di vita: si comincia con gli ebrei, si finisce come gli ebrei. Tutti.
(Abruzzo Liberale, 26 novembre 2009)
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Israele: bombe di mortaio sparate da Gaza
GERUSALEMME - Cinque bombe di mortaio, sparate dalla striscia di Gaza, sono esplose questo pomeriggio in territorio israeliano, nel Neghev, senza causare vittime e neppure danni.
Il fuoco non è stato finora rivendicato da alcun gruppo armato palestinese a Gaza.
Recentemente esponenti di Hamas, il movimento islamico al potere a Gaza, avevano annunciato che un accordo di cessate il fuoco su Israele era stato raggiunto con tutti i diversi gruppi armati presenti nella Striscia.
(swissinfo.ch, 26 novembre 2009)
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Forte impegno di Israele ad Aurea 2009
L'ente lavora per rinnovati percorsi e per un turismo religioso che veda un coinvolgimento dei giovani
L'Ufficio Nazionale Israeliano del Turismo partecipa all'edizione 2009 di "Aurea", appuntamento fieristico dedicato al Turismo religioso ed alle aree protette che ha luogo presso la Fiera di Foggia dal oggi al 28 novembre. Si parlerà di nuovi percorsi o, meglio ancora, di nuove tipologie di percorsi e verrà illustrata la possibilità di rendere "attuali" alcuni dei luoghi più classici d''Israele e della Terra Santa. Israele sta lavorano molto per la realizzazione di rinnovati percorsi e per la promozione di un turismo religioso che veda un grande coinvolgimento anche dei giovani, tanto che molti operatori hanno già ormai da tempo programmi dedicati agli studenti delle scuole superiori, ai giovani universitari o semplicemente a quanti scelgono di sostituire con un viaggio in Terra Santa il più classico campeggio estivo oratoriano.
Oltre a ciò, l'Ufficio Nazionale Israeliano del Turismo parteciperà al convegno: "Sulle strade dell'uomo e dello Spirito" illustrando i dati sempre in crescita relativi al pellegrinaggio ed al turismo religioso.
(Guida Viaggi, 26 novembre 2009)
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Gli Usa avvertono Pechino: Israele potrebbe colpire siti nucleari
La Casa Bianca ha chiesto collaborazione alla Cina sul dossier nucleare
ROMA, 26 nov. - Due settimane prima del visita di Barack Obama in Cina, due emissari della Casa Bianca si sono recati in "missione speciale" a Pechino per convincere i cinesi ad assumere una posizione più ferma nei confronti dell'Iran e del suo programma atomico. Lo ha detto una fonte dell'amministrazione Usa, secondo quanto riporta oggi il Washington Post. I due emissari, Dennis Ross e Jeffrey Bader, entrambi membri del Consiglio per la sicurezza nazionale Usa, hanno avvertito Pechino che se la Cina non collaborerà con gli Stati Uniti nel dossier nucleare iraniano, costringendo Teheran a rinunciare ai suoi presunti piani per la costruzione della bomba atomica, ci potrebbero essere gravi conseguenze in Medio Oriente. In particolare - scrive il Washington Post - Ross e Bader hanno spiegato ai cinesi che Israele considera il dossier iraniano come una "questione esistenziale, e che i Paesi che hanno questioni esistenziali non ascoltano gli altri Paesi". L'avvertimento è chiaro: Israele potrebbe bombardare l'Iran, innescando una crisi nella regione del Golfo Persico che avrebbe gravi ripercussioni anche sugli approvvigionamenti di petrolio di cui ha bisogno la Cina per la sua economia.
(Apcom, 26 novembre 2009)
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Le nuove case in costruzione a Gilo
di Sergio Della Pergola
Una cosa è certa: quando il 5 giugno 1967 l'artiglieria giordana incominciò a tirare dalla collina subito a sud di Gerusalemme sulle residenze universitarie dove mi trovavo, mai mi sarei immaginato che più di 42 anni dopo la questione della pace e dei confini di Israele sarebbe rimasta ancora irrisolta. Moshe Dayan voleva restituire tutti i territori in cambio di una telefonata, che mai arrivò. Né avrei potuto pensare che pochi mesi dopo quella micidiale collina sarebbe stata incorporata nel municipio di Gerusalemme; che lì sarebbe sorto il nuovo quartiere di Gilo; e che una delle strade sarebbe stata dedicata alla memoria di mio nonno, Rav Raffaello Della Pergola, uno dei fondatori dell'Università sul Monte Scopus. Ora, 42 anni dopo, quella stessa collina viene dichiarata da qualcuno territorio occupato e ostacolo al conseguimento di una pace giusta e duratura nel Medio Oriente. Il dibattito sulla politica del conflitto è complesso e va affrontato con cautela e conoscenza di causa. Curiosamente, a volte il discorso si rianima, sembra scoprire o inventare qualche elemento nuovo che crea il pretesto per ampie analisi di fondo. Salvo poi accorgersi che non è questo il punto, il dato non era vero, la cosa era arcinota, l'episodio irrilevante, o addirittura mai avvenuto. È appunto il caso della polemica dei giorni scorsi fondata su una non-storia come le nuove case in costruzione a Gilo. Se non c'è la pace in Medio Oriente, certo non è per via delle case di Gilo. D'altra parte, se Gerusalemme è riuscita a farsi coinvolgere in questa polemica, vuol dire che la sua capacità di gestire il discorso politico va radicalmente ripensata. Tanto più che dietro l'angolo, pronti a criticare, ci sono in attesa molti nemici, e talvolta anche alcuni amici.
(Notiziario Ucei, 26 novembre 2009)
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Nuova edizione di "Dio ha scelto Israele"
E' uscita recentemente una nuova edizione del libro di Marcello Cicchese Dio ha scelto Israele, corretta e ampliata con l'aggiunta di note bibliografiche e di un altro capitolo avente come titolo "Un interrogativo inquietante: sparirà Israele?"
Dallultimo capitolo:
«Lo Stato d'Israele appare sempre in bilico. Fin dal giorno successivo alla sua fondazione ha dovuto prendere le armi contro chi voleva che sparisse. Ha resistito vittoriosamente sul piano militare, ma la lotta è continuata sul piano della legittimità giuridica. Continuamente e da più parti si levano voci che mettono in dubbio il "diritto all'esistenza" di Israele e ne pronosticano la fine.»
(Notizie su Israele, 26 novembre 2009)
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Un rapito vale mille criminali?
di Fiamma Nirenstein
Per assistere alla più espressiva parabola della condizione di Israele nel Medio Oriente, si può guardare in questi giorni al peggiore fra tutti gli affari possibili: lo scambio di un ragazzo innocente, un caporale dell'esercito israeliano che doveva aver sparato ben pochi colpi se non nel corso delle esercitazioni, tenuto in crudele segregazione dal giorno del rapimento nel giugno 2006, contro un branco gigantesco di delinquenti, 1400 prigionieri palestinesi condannati nei più rigorosi processi che sistema giudiziario possa garantire. Fra loro, almeno un centinaio di ergastolani, assassini seriali, killer volontari di donne e bambini.
Queste sono le ore in cui si decidono gli ultimi nomi, e Israele cerca di evitare che escano liberi i più fanatici assassini, quelli che probabilmente torneranno a uccidere. Ma Israele è soggetta a due forze straordinarie: la totale devozione alla vita che nasce dal dovere di sopravvivere e di salvare i ragazzi per i loro genitori; e dall'altra parte, il cinismo di un mondo che da sempre lo spinge a considerare naturale rinunciare, abbandonare, come se dovesse farsi perdonare.
Sembra un vortice di senso di colpa quello per cui Netanyahu, proprio in mezzo a una trattativa così controversa, ha annunciato ieri la sua decisione di cessare da qualsiasi costruzione negli insediamenti per i prossimi dieci mesi. Hamas intanto rimanda la decisione su Shalit, mentre si incrociano ordini e contrordini da Damasco e dal Cairo, il mediatore tedesco si mette le mani nei capelli, i genitori di Shalit usano ogni minuto e la loro eroica fede senza fine nel bussare alle porte dei politici e dei rabbini perché si pronuncino per lo scambio. Sono anche le ore in cui Roni Karman, Yossi Mendelevich, Yossi Tzur, i genitori di tre ragazzi uccisi nel marzo 2003 sull'autobus numero 37 di Haifa chiedono all'Alta Corte di opporsi alla liberazione degli assassini.
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Ibrahim Hammed |
È giusto o sbagliato che la vita di un soldato di leva valga quanto il disperdere per il mondo tanta ingiusta ferocia? Giusto liberare Ibrahim Hammed, leader militare di Hamas in Cisgiordania, che ha ucciso negli attacchi da lui organizzati 76 persone? O Abdullah Barghouti "l'ingegnere", che ha confezionato quasi tutti gli ordigni che hanno seminato stragi a Gerusalemme fra il 2001 e il 2003? O Abbas Sayed, che organizzò l'attacco suicida di Natanya nel 2002, in cui furono uccisi 30 israeliani?
Nella lista il più famoso è Marwan Barghouti, di cui si dice che, una volta uscito, sostituirà Abu Mazen, un presidente consumato. Se ciò accadesse, anche Hamas potrebbe sostenerne una candidatura unitaria dato che, una volta liberato per i suoi buoni uffici, l'antico capo dei Tanzim di Fatah gli sarà debitore. Le sue più recenti foto in carcere lo mostrano sorridente in mezzo a carcerati di vari gruppi politici. Ma Barghouti ha collezionato ben cinque ergastoli, è il vero organizzatore, da noi intervistato più volte a Ramallah, della seconda Intifada, un uomo di Arafat che inventò e controllò per lui la logistica dei terroristi suicidi e delle loro cinture. Barghouti, se liberato, può sostituire Abu Mazen, certamente, ma non è detto affatto che porti la pace. Il nodo non è politico, è morale. Cos'è giusto? Israele compirà lo scambio impossibile, ogni soldato deve essere certo di essere salvato se cade in prigionia. È giusto che un mondo così piccolo e abbandonato a se stesso si stringa intorno al valore della propria vita. Peccato che intorno milioni di persone prendano questa scelta come un invito a rapire e uccidere ancora.
(il Giornale, 26 novembre 2009)
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Israele, l'altro modo di essere refusenik. Al fianco dei coloni
di Carlo M. Miele
All'interno di Tsahal, l'esercito ebraico, si sta affermando un nuovo tipo di obiezione di coscienza.
A rappresentarla sono quei soldati - sempre più numerosi - che si rifiutano di prendere parte all'evacuazione dei cosiddetti "avamposti", ossia le colonie ritenute illegali anche dallo Stato ebraico oltre che dalla comunità internazionale.
Il fenomeno sta acquistando dimensioni considerevoli e preoccupa gli stessi leader di Tel Aviv.
La manifestazione più evidente si è avuta il mese scorso, quando centinaia di nuovi soldati hanno approfittato della cerimonia di giuramento per manifestare il proprio dissenso.
Nel corso della manifestazione - tenuta a Gerusalemme, in un luogo di alto valore simbolico come il Muro del pianto - il gruppo di militari ha esposto uno striscione per dichiarare che non avrebbe mai preso parte alla evacuazione degli insediamenti in Cisgiordania.
Nella loro battaglia, i militari dissidenti possono contare sul sostegno dei propri familiari.
"L'esercito israeliano ha un solo grande scopo: proteggere i cittadini israeliani. Nessun esercito democratico al mondo usa le armi contro la propria gente", ha dichiarato Yoel Melamed, padre di un soldato che attualmente si trova in un penitenziario dell'esercito, in quanto la settimana scorsa si è rifiutato di prendere parte all'evacuazione di un piccolo avamposto ebraico.
Al loro fianco ci sono anche i rabbini, che spesso li hanno sostenuti in pubblico.
Del resto, il numero di ortodossi all'interno dell'esercito israeliano è cresciuto in maniera esponenziale negli ultimi anni. Tanto che alcuni dei battaglioni impiegati in Cisgiordania sono formati quasi esclusivamente da studenti delle yeshivas, le scuole religiose.
- Refusenik"
La stampa israeliana ha etichettato i nuovi dissidenti col nome di "refusenik", lo stesso adottato per definire i soldati israeliani che si rifiutano di prestare servizio nei Territori occupati perché contrari all'occupazione.
Questa nuova forma di opposizione, tuttavia, sembra preoccupare i commentatori e i leader israeliani molto più della precedente.
In diversi editoriali apparsi sui giornali dello Stato ebraico si sostiene che i soldati debbano scegliere tra Dio e il Paese.
Lo stesso primo ministro, Benjamin Netanyahu, ha pubblicamente condannato i dissidenti, affermando che l'esistenza di Israele e la sua sicurezza dipende dall'affidabilità dell'esercito, e che i nuovi "refusing" rischiano di portare alla distruzione dello Stato ebraico.
Attualmente nei Territori palestinesi occupati vive quasi mezzo milioni di coloni ebrei, all'interno di insediamenti illegali in base al diritto internazionale.
I palestinesi hanno chiesto un "congelamento" delle colonie (previsto anche dalla Road Map del 2003) al fine di consentire la ripresa dei negoziati di pace.
Nonostante le pressioni degli Stati Uniti e del resto della comunità internazionale, il governo di Tel Aviv ha proposto solo uno stop temporaneo degli insediamenti, che tra l'altro riguarderebbe solo la Cisgiordania, escludendo Gerusalemme Est. (fonte: Bbc News)
(Osservatorio Iraq, 26 novembre 2009)
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Israele, esito della Fiera Watec
Si è conclusa il 20 novembre a Tel Aviv la Fiera Watec Israel dedicata alle tecnologie dell'acqua e dell'energia, alla quale hanno partecipato più di 200 espositori provenienti da varie parte del mondo.
La Fiera è stata inaugurata dal Ministro dell'Industria Binyamin Ben-Eliezer, dal Ministro dell'Ambiente Gilad Ardan e dal Ministro delle Infrastrutture Uzi Landau.
L'Italia ha visto la partecipazione del Ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, che è intervenuta nella giornata di mercoledì 18 novembre.
Il Ministro, tra le altre cose, ha chiuso un Seminario organizzato sullo stand istituzionale Italia, organizzato dall'ICE, dove ha sottolineato la necessità di collaborazione tra Ministero dell'Ambiente e Ministero delle Attività Produttive, anche la fine di collegare il mondo Scientifico a quello Imprenditoriale.
Nello stand istituzionale ICE erano presenti sia esponenti del mondo accademico italiano e israeliano che una delegazione composta da circa 20 imprese italiane. Il Ministro Prestigiacomo, dopo aver visitato la Fiera, si e' intrattenuta con i membri della delegazione italiana per un confronto sui temi.
La presenza italiana a Watec è stata organizzata oltre che dall'ICE anche dal Ministero dell'Ambiente, dall'Ambasciata italiana a Tel Aviv, Unioncamere e Mondoimpresa.
(Portalino.it, 26 novembre 2009)
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Polledri (Lega) nel gruppo di collaborazione Camera-Knesset
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Massimo Polledri |
L'onorevole piacentino del Carroccio, Massimo Polledri, farà parte del gruppo di collaborazione tra Camera dei deputati e Knesset (il parlamento israeliano). Polledri è stato scelto dal presidente della Camera, Gianfranco Fini a seguito dell'interesse dimostrato in questi anni per la politica mediorientale e per la sua lunga esperienza all'interno dell'Associazione Italia-Israele. Con lui, nel gruppo, anche i deputati: Fiamma Nirenstein (Pdl), Ferdinando Adornato (Udc), Luca Barbareschi (Pdl), Augusto di Stanislao (Idv), Emanuele Fiano (Pd), Enrico Pianetta (Pdl), Gianni Vernetti (misto). L'istituzione del gruppo di collaborazione sancisce ulteriormente gli ottimi legami diplomatici italo-israeliani e fa seguito alla firma di un protocollo che prevede: l'approfondimento dei legami già esistenti tra i due corpi legislativi, la promozione di incontri tra le omologhe commissioni, la definizione di iniziative comuni per la cooperazione parlamentare euro mediterranea e la formazione di posizioni convergenti, l'attuazione di forme di cooperazione amministrativa, favorita dallo scambio periodico di funzionari per una conoscenza reciproca delle macchine amministrative dei due Paesi.
(PiacenzaSera.it, 25 novembre 2009)
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Israele: Ong finanziate da Ue un "Cavallo di Troia"
TEL AVIV - Sono ormai divenute un 'Cavallo di Troia' decine di Ong israeliane - fra cui organizzazioni ben note come Peace Now, Betzelem e Ir Amim - che ricevono cospicui finanziamenti dall'estero ed in particolare dai governi europei. Questa la severa conclusione di un dettagliato rapporto redatto dall'Istituto di strategie sioniste e dalla associazione Ngo-Monitor che sarà discusso prossimamente alla Knesset (Parlamento).
Il rapporto, intitolato "Un cavallo di Troia, l'impatto dei finanziamenti dei governi europei sulle Ong in Israele", sostiene che anche se le organizzazioni oggetto dello studio si proclamano israeliane, in diversi casi i finanziamenti stranieri sono divenuti determinanti per le loro attività.
Il gruppo per i diritti umani Betzelem ha disposto nel 2007 di finanziamenti al 27% provenienti dall'estero. Il 40% per Peace Now, il 46% per Shovrim Shtikà (piccolo gruppo di ex militari israeliani impegnanti nella denuncia di soprusi patiti ai danni dei palestinesi in Cisgiordania.
Fra i finanziatori sono menzionati, fra gli altri, l'Unione europea e i ministeri degli Esteri di Gran Bretagna, Germania e Olanda.
(TicinOnline.ch, 25 novembre 2009)
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La Germania riconosce dopo 73 anni il record di salto in alto di un'atleta ebrea
di Matteo Sacchi
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Gretel Bergmann |
«C'è voluto tantissimo tempo, ma è molto bello»: così a 95 anni una ex campionessa tedesca, Gretel Bergmann, ha accolto la molto tardiva decisione della federazione di atletica della Germania di riconoscerle - con ben 73 anni di ritardo - il record nazionale di salto in alto femminile, da lei stabilito a Berlino nel 1936. Merito anche di un film che racconta la sua storia e appena uscito in Germania. Adesso, quindi, dopo i molti applausi nelle sale cinematografiche, anche il mondo sportivo si è deciso e le ha dato atto dei suoi meriti.
Era il 30 giugno del '36, quando, un mese prima dell'apertura dei Giochi Olimpici, la ventiduenne Bergmann superò l'asticella posta a un metro e 60 centimetri, infrangendo così il precedente primato tedesco. Ma la giovane atleta, nata a Laupheim, era di religione ebraica. Fu così che, due settimane prima delle Olimpiadi di Berlino, si vide negare la partecipazione ai Giochi.
Le autorità sportive naziste, non solo avevano di fatto cancellato il nuovo primato, ma l'avevano anche bandita dalla competizioni, dicendole in una lettera che la sua performance non era sufficiente per partecipare a una gara internazionale. Eppure, ha tenuto a sottolineare l'ex campionessa, se avesse partecipato a quelle Olimpiadi avrebbe vinto «di sicuro: All'epoca ero molto arrabbiata - ha ricordato -. Ormai non ci penso più e non mi aspettavo questo riconoscimento».
Il presidente onorario della federazione tedesca, Theo Rous, da parte sua, ha ammesso in un comunicato che il riconoscimento «non è una reale riparazione, ma almeno un atto di giustizia e un gesto simbolico di rispetto nei confronti di Gretel Bergmann». Ma la sua rivincita, in un certo senso, l'ex campionessa - che si trasferì negli Usa nel 1937 - la ebbe proprio alle Olimpiadi berlinesi. L'oro nel salto in alto, infatti, andò all'Ungherese Ibolya Csak e le due arianissime atlete tedesche, Elfriede Kaun e Dora Ratjen, ottennero «solo» il terzo e il quarto posto. Non è tuuto: successivamente, si scoprì che la Ratjen in realtà era un uomo. «Ho saputo che Dory era un uomo nel 1968, ero dal dentista, l'ho letto su una rivista - ha raccontato la Bergmann -, mi sono fatta una risata. Certo era strana, non voleva mai fare la doccia insieme a noi, ma non avevo mai pensato che fosse un uomo».
(La Stampa, 25 novembre 2009)
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Torah oggi - Pregare in rete, pregare insieme
di Rav Scialom Bahbout
La frequenza sempre minore dei fedeli alle funzioni ha indotto la Chiesa cattolica a lanciare, in un recente convegno, l'idea della preghiera online (con la benedizione papale). Se ogni iniziativa tesa a educare alla preghiera è certamente benvenuta e se l'ebraismo ha sempre visto nella tecnica uno strumento importante per lo sviluppo religioso, sociale e culturale dell'uomo, è lecito interrogarsi su quali siano i limiti e quali i pericoli nell'intraprendere una via del genere e soprattutto perché nell'ebraismo sia così importante la preghiera pubblica. Gli ebrei hanno sempre fatto un grande uso dei mezzi di comunicazione, ma hanno anche elaborato regole che impediscono la trasformazione dell'uomo in una specie di macchina, affinché non si corra il rischio di trasformarlo in una sorta di monade senza contatti veri con gli altri. Alcune parti della preghiera possono essere dette solo se è presente un gruppo minimo di dieci adulti (il minian); di sabato e di giorni festivi non si può fare uso del computer o di registratori, ma solo di libri o di testi scritti a mano su pergamena (i testi biblici letti in pubblico). Del resto la preghiera, pur essendo importante, è sempre venuta in ordine di importanza dopo lo studio e, anche se si può studiare da soli, l'ebraismo ha sempre privilegiato lo studio in chavruta (compagnia). Non v'è dubbio che per lo studio sia molto utile fare uso dei siti che su internet danno lezioni di Torà o di Talmud. La preghiera stessa inizia con un percorso di studio che va dalla Bibbia al Talmud. Ci si può aggregare a un gruppo di preghiera (un minian) se ci si trova in un'altra stanza, anche se non lo si vede, purché si senta la voce dei membri del gruppo. Niente può sostituire il contatto diretto con gli altri. La preghiera non è un fatto che interessa il singolo, ma tutta una collettività. Una collettività che non può essere virtuale, ma deve essere costituita di singoli in carne e ossa.
(Notiziario Ucei, 25 novembre 2009)
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Festival della cultura ebraica e d'Israele
dal 26 al 28 novembre 2009
SALEMI (TP) - È stato presentato ieri, nel corso di una conferenza stampa all'associazione della Stampa estera a Roma, il «Festival della Cultura ebraica e d'Israele» che s'inaugura domani al Centro Kim con l'anteprima siciliana di «Yossl Rakover si rivolge a Dio», un monologo scritto da Kolitz Zvi e portato in scena da Vittorio Sgarbi. Alla conferenza stampa erano presenti il critico d'arte, Nicolas Ballario, direttore artistico del Festival, Ahamad Rafat, esperto delle vicende iraniane e mediorientali presso l'agenzia Adnkronos International di Roma e Daniele Nahum, Presidente dell'Unione Giovani Ebrei d'Italia. Sgarbi ha spiegato com'è nata l'idea della rassegna. «Perché un Festival della cultura ebraica? Perché in questa città ebrei, cristiani e musulmani hanno convissuto senza ghetti. Oggi la Sicilia, dal punto di vista culturale, è un cimitero infinito. Culturalmente prevale il prodotto surgelato. Ai giovani non viene dato spazio. L'unica economia che hanno praticato in Sicilia è quella delle pale eoliche». Il direttore artistico Nicolas Ballario ha invece motivato l'iniziativa con l'intento di «avvicinare sempre di più Israele all'Europa per abbattere il suo isolamento verso il resto del mondo. Per questo teniamo alla sezione politica»
(La Sicilia.it, 25 novembre 2009).
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Israele, "obiezione di coscienza" fra i militari
di Alessia Carlozzo
Un numero sempre crescente di soldati israeliani, sta pubblicamente protestando per motivi religiosi e politici, sul ruolo nell'evacuazione degli insediamenti israeliani in Cisgiordania. Già in passato, nel 2005, l'esercito era stato fortemente coinvolto nel piano di evacuazione degli israeliani che allora vivevano nella zona di Gaza, causando un vero e proprio trauma nazionale.
Ad oggi, più di mezzo milione di israeliani vivono in Cisgiordania e Gerusalemme Est, in abitazioni ritenute illegali dal diritto internazionale che ha definito quelle zone come terre occupate.
Malgrado Israele si opponga a tale definizione, alcuni insediamenti sono stati considerati dalla nazione stessa illegali e l'esercito non ha potuto non aiutare nell'opera di evacuazione.
Molti soldati però non stanno eseguendo gli ordini, Yoel Melamed, il padre di uno di essi che si trova attualmente in un centro di detenzione militare per aver rifiutato di far evacuare un insediamento la scorsa settimana, ha così commentato: "Sono d'accordo con le azioni di mio figlio e sono orgoglioso di lui, l'esercito israeliano ha un unico grande scopo prendersi cura e proteggere gli israeliani e Israele. Non c'è nessun altro paese al mondo, nessuna nazione democratica, che usa il proprio esercito contro il suo popolo".
Preoccupato per il crescente dissenso all'interno dell'esercito, il Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato come "La sicurezza e l'esistenza di Israele dipende dal nostro esercito, la sua mancanza potrebbe portare alla distruzione del nostro stato".
I "Refuseniks", così come vengono definiti i soldati dissidenti, hanno definito l'evacuazione di alcuni insediamenti in Cisgiodania come una questione politica e non esistenziale nella quale non intendono essere coinvolti.
La questione appare particolarmente spinosa per i leaders israeliani, in quanto l'evacuazione delle abitazioni potrebbe essere una chiave per riaprire possibili colloqui di pace con i palestinesi.(fonte BBC)
(Agenzia Radicale, 25 novembre 2009)
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Chiesa cattolica e Israele, Minerbi fa il punto su un rapporto difficile e delicato
di Manuel Disegni
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Sergio Minerbi |
TORINO - "I problemi tra Santa Madre Chiesa e Israele sono nati prima di Israele", assicura il professor Sergio Minerbi (nell'immagine), uno dei maggiori esperti delle questioni diplomatiche tra il Vaticano e lo Stato ebraico. "L'opposizione della Chiesa a Israele è l'appendice del filone antisemita nella storia del cattolicesimo", aggiunge lo studioso.
Internazionalista dell'Università di Haifa, collaboratore del Sole 24ore, ex ambasciatore israeliano a Bruxelles, Minerbi non usa sempre toni che ci si aspetterebbe da un navigato diplomatico. Lancia accuse forti e precise: "La Santa Sede si è sempre opposta alla preponderanza ebraica in Palestina, praticamente alleandosi con l'Olp.". "La tesi principale della Chiesa, riguardo ai suoi rapporti col nazismo, è quella coniata nel 1945 da Pio XII: la Chiesa non è stata collaboratrice ma vittima della furia nazista. Ma questa tesi è un falso storico". L'atmosfera in sala si scalda, ma i rilievi critici non sono finiti. Una delle figure più criticate da Minerbi, dopo aver premesso di non volersi dilungare su Pio XII, è papa Giovanni Paolo II: "E' quello che più ha lavorato al progetto di cristianizzare la Shoah (è nell'ottica di questo progetto che è pensata la tanto controversa beatificazione di Pio XII), di sottrarre agli ebrei il ruolo di vittima". Nell'omelia per Birkenau papa Wojtila dice che sono morti sei milioni, ovvero un quinto della popolazione polacca; "ciò è gravissimo: cercò di far credere che sono morti sei milioni di polacchi, ma non è affatto così, i sei milioni sono ebrei". Qualcuno a questo punto si alza per protestare, ma il professore non si tira indietro, sembra quasi disposto a trasformare la sua conferenza in un dialogo acceso con un cattolico suscettibile, anche gli organizzatori (l'associazione Italia-Israele di Torino) cercano di mantenere calmi gli animi.
Un'altra cosa che Minerbi non si sente di accettare del pontificato di Wojtila è "l'espressione Golgota del mondo moderno, usata ben tre volte per designare la Shoah: Golgota è il colle sul quale fu crocifisso un ebreo per dare vita al cristianesimo. Che messaggio vuole lanciare un simile parallelo?". Le critiche si susseguono a ritmo incalzante, e c'è ne anche per il mondo ebraico: "Il rabbinato che intrattiene relazioni diplomatiche con la Santa Sede, con poche eccezioni, capisce di questioni ecclesiastiche quanto la Chiesa capisce di Talmud: davvero poco". "Per esempio - spiega Minerbi - è stato firmato un documento diplomatico che parla di riconciliazione, senza conoscere il particolare significato che tale parola assume in San Paolo: riconciliarsi sotto un'unica croce".
Tra polemiche sul caso Williamson, il vescovo negazionista, e confronti a volte contrastati con una parte del pubblico, si conclude con una nota amichevole: "Nonostante alcuni suoi errori, devo ammettere che provo simpatia per papa Benedetto XVI".
(Notiziario Ucei, 25 novembre 2009)
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Shalit, mediazione tedesca avvicina accordo Israele-Hamas
ROMA, 24 nov - Un accordo con Hamas per il rilascio del caporale israeliano Gilad Shalit è possibile, forse anche in tempi brevi, ma "un'elaborazione prematura potrebbe mettere a repentaglio l'esito positivo" della trattativa. È il pensiero di Guido Westerwelle espresso dal sito internet del quotidiano Haaretz dopo l'incontro del ministro degli Esteri tedesco con l'omologo israeliano Avigdor Lieberman. Il primo ministro dello Stato ebraico, Benjamin Netanyahu, ha detto che l'intesa per uno scambio di prigionieri con il movimento islamico palestinese non è ancora stata raggiunta, malgrado i numerosi dispacci di stampa che negli ultimi giorni l'hanno data per scontata proprio grazie alla mediazione tedesca.
Il premier ha anche garantito che, qualora si raggiungesse effettivamente a un accordo, sarebbe sottoposto sia al governo che all'opinione pubblica di Israele: "Non eviteremo una discussione pubblica, né utilizzeremo la questione per fare del vile opportunismo", ha detto Netanyahu, assicurando che il suo esecutivo non sfrutterà per ragioni di consenso la vicenda del caporale sequestrato tre anni e mezzo fa. L'eventuale accordo non è peraltro certo che superi il vaglio del Parlamento. Lo stesso Lieberman ha spiegato che ogni rappresentante del suo partito, Israel Beiteinu, "voterà secondo coscienza". "Sarà una decisione difficile", ha aggiunto il ministro degli Esteri. La cautela di Netanyahu e Westerwelle sull'accordo con Hamas è stata parzialmente smentita da Benjamin Ben-Eliezer, ministro del Commercio ed ex titolare della Difesa: "Israele e Hamas non sono mai stati così vicini a un'intesa sul rilascio di Shalit".
(il Velino, 24 novembre 2009)
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Abu Mazen irride Obama: non fai niente per la pace in Medio Oriente. Ha ragione
di Carlo Panella
Durissimo, inusitato attacco frontale di Abu Mazen a Barack Obama: «Il presidente americano non sta facendo niente in questo momento per riavviare i colloqui di pace in Medio Oriente. I palestinesi stanno aspettando che gli Usa premano su Israele affinché rispetti le leggi internazionali e che inducano Israele a bloccare gli insediamenti di coloni e ad accettare di ritornare ai confini del 1967». Non vi sono precedenti di una critica così sferzante e addirittura irrisoria di parte palestinese ad un presidente americano, per di più affidata ad un giornale di grande autorevolezza come l'argentino Clarin, alla vigilia di un viaggio dello stesso presidente dell'Anp in America Latina. Una critica, va detto, assolutamente meritata che fotografa una incredibile inerzia - sottolineata anche dal Washington Post, dal New York Times e da altri media che hanno fortemente appoggiato Obama - del presidente americano. Parole che segnalano la delusione più completa del mondo arabo nei confronti di un presidente americano che si era pomposamente presentato al mondo come l'unico in grado di risollevare l'autorevolezza degli Usa in un mondo arabo profondamente deluso da Gorge W. Bush.
Abu Mazen, con questa mossa, esprime addirittura lo sconcerto di chi aveva salutato con gioia la coraggiosa posizione con cui Obama si era gettato nell'agone mediorientale. Ricevendo infatti Benjamin Nethanyau alla Casa Bianca lo scorso 12 maggio, il nuovo presidente Usa aveva fatto una mossa decisa, criticabile, ma assolutamente chiara e aveva espresso un diktat a Israele: immediata fine della politica di insediamenti. Quando però Nethanyau ha fatto orecchie da mercante, ha respinto il diktat di Obama, ha continuato la politica di insediamenti, Obama
non ha fatto assolutamente niente. Peggio ancora, ha inviato Hillary Clinton a Gerusalemme, a Ramallah e nelle capitali arabe a sostenere che in fondo era sufficiente che Israele contenesse - anziché annullare - i suoi progetti per nuovi insediamenti nei Territori. Poi, il silenzio.
La posizione ondivagante e attendista di Obama, peraltro, si mostra per quello che è in un momento assolutamente critico per la pace, perché Abu Mazen non riesce a domare la ribellione di Hamas e a venire a patti col governo di Gaza, è stato costretto - facendo una pessima figura - a scovocare le elezioni politiche e presidenziali che aveva da poco convocato per il prossimo 10 gennaio ed ha addirittura dichiarato al Consiglio direttivo dell'Olp di non avere nessuna intenzione di ripresentarsi al voto. Il tutto, mentre la crisi sul nucleare iraniano aumenta di intensità e mentre è sempre più chiaro che l'intransigenza di Hamas è strettamente voluta da Teheran, tanto che lo stesso Abu Mazen ha dichiarato che «l'Iran finanzia Hamas e controlla in pieno il suo processo decisionale».
Sferzato in maniera addirittura crudele dal leader palestinese - l'accusa di "non fare nulla", rivolta al capo dell'unica superpotenza è ancora peggiore di quella di commettere errori - Obama tace. Ed è un silenzio inquietante.
(l'Occidentale, 24 novembre 2009)
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Hamas, premio a chi rapisce soldati
La cifra promessa e' pari a un milione e 400 mila dollari
GAZA, 24 nov -Mentre lo scambio di prigionieri con Israele e la liberazione del caporale Shalit sembrano avviati a soluzione Hamas progetta nuovi sequestri.''La nostra formula e' semplice'', ha spiegato all'ANSA un membro della brigate Ezzedin al-Qassam, il braccio armato di Hamas. ''Offriamo un premio in denaro a chiunque riesca a rapire un soldato nemico''. La cifra e' un milione di dinari giordani, equivalente un milione e 400 mila dollari, la certezza per una famiglia di vivere nell'agio per tutta la vita.
(ANSA, 24 novembre 2009)
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Henio, vittima dell'Olocausto rivive su Facebook
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Henio Zytomirski |
Il giovane storico polacco Piotr Buzek da pochi mesi sta conducendo un ambizioso esperimento sui social media: utilizzare Facebook per aumentare la consapevolezza su ciò che è stato l'Olocausto soprattutto nelle nuove generazioni. Buzek, ventidue anni, che lavora per il centro culturale Brama Grodzka, che si occupa di salvaguardare la memoria della comuinità ebraica di Lublino, ha creato ad agosto sul social network un profilo per Henio Zytomirski, un bambino di sette anni, morto nel campo di concentramento di Majdanek nel 1942.
Buzek aggiorna spesso i pensieri di Henio raccontando, come in un diario di Anna Frank virtuale, la tragica esperienza vissuta dal ragazzino. Nel suo profilo si legge infatti: il mio nome è Henio Zytomirski, ho sette anni e vivo a Lublino, mentre in uno dei post : «L'inverno è arrivato. Ogni ebreo deve indossare la stella di Davide con il suo nome. Molto è cambiato. Truppe tedesche hanno invaso le nostre strade. Mamma dice che non devo aver paura, e sempre che tutto va bene. Sempre?» . La sua storia, sembra funzionare, visto che ben 1.887 persone sparse in tutto il mondo hanno deciso di iscriversi e di diventare suoi amici. La pagina di Henio si è trasformata dunque in un luogo virtuale di memoria collettiva, di preghiera, di riflessione settant'anni dopo la sua atroce scomparsa.
(Il Sole 24 Ore, 24 novembre 2009)
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Gaza, raid di Israele in risposta al lancio di un razzo, 3 feriti
Tre palestinesi sono rimasti feriti oggi in seguito a un raid compiuto dall'aviazione israeliana nella Striscia di Gaza, la parte di territorio palestinese controllata dagli islamico-radicali di Hamas, in risposta al nuovo lancio di un razzo Qassam dalla Striscia verso Israele avvenuto ieri sera.
Lo riferiscono fonti locali. Il raid si è concentrato su alcuni tunnel usati per il contrabbando di merci e armi nella zona di Rafah, al confine sud fra la Striscia di Gaza e l'Egitto. Ed è avvenuto alcune ore dopo che un Qassam aveva colpito il sud d'Israele, senza raggiungere centri abitati o causare vittime.
Nei giorni scorsi Hamas ha ribadito a nome suo e delle altre principali fazioni attive nella Striscia la tregua di fatto nel lancio di razzi e colpi di mortaio contro Israele in vigore dalla fine della devastante operazione militare israeliana "Piombo Fuso" dell'inverno scorso, salvo in caso di incursioni. Un cessate il fuoco violato peraltro da episodiche eccezioni ed evidentemente non accettato da tutti i gruppi. Il tentativo di Hamas di evitare innalzamenti della tensione si lega anche al rilancio delle trattative, segnalato negli ultimi giorni da diverse fonti, per il possibile rilascio del soldato israeliano Ghilad Shalit (ostaggio nella Striscia di Gaza dal giugno 2006) in cambio di centinaia di palestinesi detenuti nelle carceri israeliane.
(l'Occidentale, 24 novembre 2009)
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Ahmadinejad in Brasile, proteste contro la visita
Nucleare, politica internazionale e commercio: sono i temi chiave nell'agenda della missione in Brasile del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, che poi si recherà anche in Bolivia e Venezuela. Una visita che ha suscitato polemiche e proteste nel paese carioca: ieri un migliaio di persone si sono date appuntamento a Ipanema, un quartiere di Rio de Janeiro, per protestare soprattutto contro le dichiarazioni di Ahmadinejad su Israele, a favore della pace e delle libertà di espressione in Iran.
Per il presidente iraniano la visita nei tre paesi latinoamericani cade in mezzo ad una nuova fase dei negoziati internazionali sul nucleare. Proprio quest'ultimo aspetto sarà uno dei temi al centro del viaggio di Ahmadinejad a Brasilia, visto che i due paesi puntano ad una cooperazione bilaterale per la produzione di energia idroelettrica. Ahmadinejad sarà accompagnato da circa 200 imprenditori, a conferma che le potenzialità del gigantesco mercato brasiliano attira non solo gli imprenditori americani ed europei. Su quest'ultimo fronte, l'obiettivo di Brasilia e Teheran è quello di aumentare e diversificare gli scambi commerciali. Finora, il paese latinoamericano ha venduto soprattutto alimenti a Teheran, importando a sua prodotti del settore petrochimico.
Dopo la tappa a La Paz, dove incontrerà il presidente Evo Morales, Ahmadinejad si recherà a Caracas, per vedere Hugo Chavez, il leader "bolivariano" del Venezuela, che è uno di principali alleati della Repubblica Islamica, visto che negli ultimi anni i due paesi hanno sottoscritto circa 300 accordi in diversi settori.
Intanto il regime di Teheran non intende farsi cogliere impreparato ad un eventuale attacco contro le proprie installazioni nucleari. Per questo le autorità iraniane hanno dato il via ieri a cinque giorni di esercitazioni per contrastare potenziali raid aerei contro i siti nucleari. Le «manovre interesseranno Bushehr, Fars, Isfahan, Teheran e le province occidentali», ha detto il comandante della contraerea Ahmad Mighani, precisando che copriranno 600.000 chilometri quadrati. Il generale ha fatto riferimento in particolare alla centrale nucleare di Bushehr, ancora in fase di avviamento da parte dei russi, e agli impianti di arricchimento dell'uranio di Isfahan, noto da tempo, e quello di Qom, denunciato solo a settembre.
(Il Sole 24 Ore, 24 novembre 2009)
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Abu Mazen: non lanceremo una terza intifada
"I palestinesi hanno sofferto già troppo"
ROMA, 24 nov. - Il presidente palestinese Abu Mazen, parlando dall'Argentina, ha detto che i palestinesi non lanceranno una terza intifada (rivolta), nonostante la loro frustrazione per lo stallo nel processo di pace. Lo riporta Ynet, l'edizione online dello Yedioth Ahronoth. Israele ha finora respinto le richiesta degli Stati Uniti e dell'Autorità Palestinese per un congelamento delle costruzioni nelle sue colonie in Cisgiordania, mentre Abu Mazen - incalzato da Hamas - non ha fatto sconti alle condizioni poste per il rilancio dei colloqui di pace. Il presidente palestinese ha comunque chiarito che non intende vedere una ripetizione dell'intifada, che tra il 2000 e il 2005 ha innescato una spirale di violenze. "Il popolo palestinese sta pensando solo alla via verso la pace e non torneremo all'intifada perché abbiamo sofferto troppo".
(Apcom, 24 novembre 2009)
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Così Gerusalemme comincia a difendersi
La distribuzione delle maschera antigas precede eventuali attacchi atomici, batteriologici e chimici
Nel 1991, mentre Saddam Hussein bombardava Tel Aviv con i missili scud, l'allora viceministro degli Esteri israeliano, Benjamin Netanyahu, compariva sulla Cnn con una maschera antigas. Ora Netanyahu, primo ministro dello stato ebraico, si appresta a lanciare la più vasta distribuzione di maschere antigas a tutta la popolazione israeliana. Non accadeva dalla prima guerra del Golfo. La distribuzione di nuove maschere antigas fa parte del piano di autodifesa del "fronte interno" in caso di attacco iraniano. Da due anni Israele è impegnato a ritirare le maschere obsolete che non sono più in grado di proteggere dai nuovi veleni. In ogni casa israeliana si conservano sempre maschere antigas dentro a brutte scatole di cartone color caki. Generalmente nella stanza meno visibile, come a voler esorcizzare il pericolo. Israele deve ora fare di nuovo i conti con l'incubo di una guerra non convenzionale. "Abc" è come viene indicata la nuova maschera, perché deve far fronte ad attacchi atomici, batteriologici e chimici. Nei forum su Internet circolano già domande simili: "Ma questa maschera starà alla mia bambina di sette anni?". Israele è l'unico paese dopo la Seconda guerra mondiale che deve proteggere in massa i propri cittadini....
(Il Foglio, 24 novembre 2009)
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Lo Stato ebraico non "grazie" ma "nonostante" la Shoah
di Elena Loewenthal
La rinascita dello Stato ebraico e la catastrofe europea della Shoah sono legate da un nesso innegabile, tragicamente indissolubile. È un'evidenza storica che non si può ignorare. Ciò non toglie che il più delle volte gli estremi di questo nesso vengano confusi, generando un equivoco di fondo. Lo Stato d'Israele non è la conseguenza della Shoah: non deve la propria esistenza allo sterminio di sei milioni di ebrei. Anzi. Georges Bensoussan - grande studioso del sionismo - ci dimostra il contrario, e cioè che Israele è nato non grazie, bensì nonostante la Shoah. «Si tratta di un legame negativo», scrive in Israele, un nome eterno (Utet, pp. 203, eurp 22), sotto tre punti di vista fondamentali, d'ordine politico, morale e demografico.
Il sionismo è infatti un fenomeno intrinseco alla civiltà ebraica. Si può condividere o meno questa ideologia, innanzitutto d'ordine politico, ma non si può negare che faccia parte dell'anima d'Israele: non è una contingenza, né la passiva adozione di canoni nazionalistici altrui, da parte del mondo ebraico. È invece un fil rouge che accompagna da sempre questa esperienza storica. Bensoussan ci racconta che nel 1922, nella Palestina sotto mandato britannico, l'ebraico è una delle tre lingue locali ufficiali, con l'inglese e l'arabo. Questo perché già allora lo Yishuv, cioè il mondo ebraico organizzato prima della creazione dello Stato vero e proprio, vanta una storia di tutto rispetto. Nel 1948, anno della fondazione ufficiale, Israele è ormai da generazioni un sistema sociale, politico, culturale, produttivo. Lo Stato non sorge dal nulla, ma sigla quella costruzione politica e storica che il sionismo ha creato sulla lunga distanza.
Spazzato via il pregiudizio che stabilisce un nesso di «dipendenza» tra lo Stato ebraico e la Shoah, Bensoussan si sofferma su questo complesso e tragico rapporto. È una storia di grande interesse e persino di fascino, se questa parola non fosse così inadeguata al contesto. Che è segnata prima da una muta rimozione della memoria, e poi dalla devozione a essa: fino al processo Eichmann, nel 1961, i sopravvissuti tacevano. Il loro ruolo di vittime era insostenibile in quel nuovo presente. E il silenzio era un meccanismo di difesa, di sopravvivenza. Le deposizioni dei testimoni al processo, la sua innovativa portata mediatica, hanno «personalizzato» quella sofferenza inenarrabile, dandole corpo e voce. L'hanno resa dicibile, oltre che denominatore emotivo del paese. Bensoussan esplora la complessità di questo rapporto, con le sue instabili contraddizioni e la certezza di uno sgomento che, a distanza di anni e generazioni, è ancora molto difficile da articolare.
Autore: Georges Bensoussan
Titolo: Israele, un nome eterno
Edizioni: Utet
Pagine: 203
Prezzo: 22 euro
George Bensoussan presenta il suo libro oggi a Torino alla Fondazione Einaudi (v. Principe Amedeo 34, ore 17). Con Alberto Cavaglion, Anna Foa e Elena Loewenthal..
(La Stampa, 24 novembre 2009)
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Israeliani per negoziati ma divisi su colonie, sondaggio
TEL AVIV - Il 75% degli ebrei israeliani desidera la ripresa delle trattative di pace con l'Autorità nazionale palestinese (Anp), ma riguardo alla costruzione di nuovi insediamenti ebraici a Gerusalemme est e in Cisgiordania l'opinione pubblica d'Israele si conferma profondamente divisa. E' quanto rivela un sondaggio riportato oggi dai media online.
Il dato sul processo di pace appare il più favorevole degli ultimi anni, sottolineano i ricercatori dell'istituto che realizza il sondaggio in questione ("L'indice della guerra e della pace") con cadenza mensile. Tuttavia esso non modifica l'atteggiamento ambivalente dell'opinione pubblica sulla questione degli insediamenti: se il 47% appare infatti convinto della necessità di un congelamento delle colonie (considerato irrinunciabile dai palestinesi), un 50% non sembra disposto a concessioni su questo punto.
In generale, due terzi degli intervistati giudicano del resto negativamente le pressioni americane sull'argomento.
Malgrado ciò, negli ultimi mesi risulta cambiata la percezione diffusa sull'approccio del presidente Usa, Barack Obama, al dossier mediorientale: lo scorso maggio, il 55% degli israeliani affermava che il presidente Usa fosse "filo- palestinese"; oggi, solo il 40% ha conservato la stessa opinione.
(swissinfo.ch, 18 novembre 2009)
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Pazner: "Israele costruisce sul suo territorio"
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Avi Pazner |
Polemiche e critiche per la decisione di Israele di avviare un piano per la costruzione di 900 nuovi alloggi a Gerusalemme Est. L'ambasciatore Pazner a CNR: "Gerusalemme è territorio israeliano, ne abbiamo diritto".
Il piano di costruzione di 900 nuove case a Gerusalemme Est solleva le critiche della comunità internazionale e in particolare della Casa Bianca. CNRmedia ha raggiunto l'ambasciatore Avi Pazner, portavoce del governo israeliano, che così ha commentato: "Non si tratta di un nuovo insediamento e non capiamo le reazioni, in particolare quelle americane. Si tratta di un piano per costruire 900 nuove unità abitative all'interno del territorio d'Israele, perché Gerusalemme è parte del territorio d'Israele. Non c'è quindi nessun nuovo insediamento. A volte ci sono delle differenze con Washington, sulla questione di Gerusalemme siamo divisi. Da quarant'anni costruiamo all'interno di Gerusalemme e non si tratta di territori palestinesi ma di terra israeliana. Purtroppo il processo di pace è in una fase di stallo perché non troviamo un interlocutore valido, Abu Mazen è schiacciato dalla forza di Hamas"
(CNR Media, 18 novembre 2009)
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Razzo palestinese su Sderot
Lancio da Gaza, nessun ferito
Un razzo palestinese è stato lanciato dalla Striscia di Gaza verso il sud diIsraele, senza fare vittime o danni. Lo rende noto l'esercito israeliano.Il razzoè caduto vicino la città di Sderot, specifica un portavoce militare. Secondo un bilancio dell'esercito, circa 270 tra razzi ecolpi di mortaio sono stati sparati contro Israele dopo la fine, lo scorso gennaio, dell'offensiva armata israeliana contro Hamas, nel territorio di Gaza.
(TGCOM.it, 18 novembre 2009)
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Hamas cerca un'altra guerra. Ancora razzi su Israele
Secondo l'ultimo bilancio dell'esercito israeliano, sono oltre 270 i razzi ed i colpi di mortaio sparati contro Israele dallo scorso gennaio, ovvero dalla fine della controffensiva armata israeliana contro Hamas, nel territorio di Gaza, proprio in risposta agli incessanti attacchi provenienti dalla Striscia. L'ultimo missile è caduto oggi, senza provocare feriti. Ormai la popolazione israeliana nei pressi di Gaza vive perennemente sotto assedio disponendo di circa 15 secondi per rifugiarsi sotto cappe di cemento armato sparse lungo le strade.
(Abruzzo Liberale, 18 novembre 2009)
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Sport: 'donne combat' a lezione di Krav Maga nel livornese
CECINA (LI), 18 nov. - 'Donne Combat' a lezione di Krav Maga. Disciplina che nasce come tecnica di difesa per l'esercito israeliano e approda poi in Italia come difesa personale. Sono soprattutto le donne, studentesse, casalinghe, giornaliste e impiegate a rivolgersi ad esperti istruttori per imparare le antiche tecniche di difesa. Diceva Ghandi: "Trovo che piu' una creatura e' indifesa, piu' ha diritto di essere protetta dall'uomo, dalla crudelta' di altri uomini". I numeri della violenza contro le donne, sia in strada che nell'ambito delle mura domestiche, hanno, purtroppo, cifre a sei zeri.
Sembra che siano 7 milioni le donne in Italia tra i 16 ed i 70 anni che hanno subito un'aggressione o violenza. Questo e' uno degli obiettivi dei corsi che partiranno a dicembre a Cecina, in provincia di Livorno, presso la palestra Piramide e a Donoratico alla Fitness Planet 2. Ma non e' rivolto solo al gentil sesso sono tanti anche gli uomini che lo praticano.
"Serve a tutti e possono farlo tutti - dichiara Antonio Risecchi, istruttore nelle due palestre - e in una realta' sociale come quella che ci circonda, concorre a dare piu' sicurezza in se' stessi e nelle proprie capacita'. Il Krav Maga ha tecniche semplici ma altamente redditizie che aiutano in situazioni difficili che normalmente ci metterebbero in forte rischio". Codificato al termine della seconda guerra mondiale, come tecnica di difesa per l'esercito israeliano, ha, successivamente, avuto sempre piu' riscontro in ambito civile, divenendo una delle tecniche piu' conosciute e seguite. Questo nuovo sistema difensivo di origine israeliana, sta riscuotendo un inaspettato successo per la semplicita' e la validita' delle tecniche utilizzate, risultato di un mix di diversi stili marziali da cui sono state estrapolate le parti migliori e piu' efficaci.
(AGI, 18 novembre 2009)
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Lo scivolone di Netanyahu
l primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, è stato protagonista di uno scivolone mentre cercava di passare da un gommone a una nave della marina israeliana su cui si è recato in visita al largo di Haifa nel corso di un sopralluogo ai mezzi a disposizione di Gerusalemme nel caso di un conflitto nucleare. Il militare che lo stava aiutando a salire sulla scaletta lo ha però trattenuto durante la caduta evitando che il capo del governo finisse fuori bordo.
(Ap, 18 novembre 2009)
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Dall'eccidio del Castello alla distruzione della Comunità Ebraica di Ferrara
Dal discorso del 12 novembre 2009 nella Sinagoga di Ferrara, in occasione delle Celebrazioni per l'eccidio del Castello Estense.
di Marcella Ravenna
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Il Castello di Ferrara |
Vorrei qui soffermare l'attenzione su quei tragici eventi avvenuti a ritmo incalzante a partire dall'autunno 1943 che hanno portato, nel breve arco di cinque mesi, a stroncare con la violenza la vita di questa Comunità.
Se il 1938 segnò per gli Ebrei italiani l'inizio di un periodo di esclusione morale e sociale dalla vita del Paese che durerà ben sette anni, fra il 1943 e il 1945 si passò da fase di "persecuzione dei diritti" ad una vera e propria "persecuzione delle vite".
Ma veniamo alle principali tappe della persecuzione che interessò Ferrara, cercando per quanto possibile di calarci in quel clima. Va innanzitutto ricordato che subito dopo l'armistizio (8 Settembre 1943) Ferrara fu occupata dai soldati tedeschi la cui presenza consentì il ritorno massiccio di epigoni del fascismo le cui condotte apparvero da subito più truci e violente rispetto a quel regime così detto "moderato" che l'aveva preceduto.
Nello scenario di oppressione e paura che si andava configurando, fra il 7 e l'8 Ottobre furono effettuati sei arresti a sfondo antisemita che anticiparono di pochi giorni quanto stava per verificarsi a livello nazionale; fra essi il Rabbino Capo della Comunità Leone Leoni, il cantore della sinagoga Benzion Fink, Ugo Teglio, Alberto Vita Finzi.
E' tuttavia a seguito dell'omicidio del federale Iginio Ghisellini che venne compiuto il primo arresto di massa: nella notte del 14 novembre furono infatti rastrellate 74 persone, per la metà ebrei o di origine ebraica, per lo più capofamiglia, fra i quali il Presidente della Comunità Prof. Silvio Magrini.
Circa gli 11 che saranno fucilati all'alba del 15 novembre, 4 erano ebrei o di origine ebraica.
Ecco come ricordano la lunga e terribile notte dell'eccidio due testimoni che da differenti punti di osservazione assistettero agli ultimi momenti di vita di alcuni di coloro che sarebbero stati di lì a poco fucilati. L'uno, Eugenio Ravenna, 23 anni, si trovava agli arresti nelle Carceri di via Piangipane; l'altro, Corrado Israel De Benedetti, 16 anni , era da qualche ora in stato di fermo presso la Caserma "Fausto Beretta".
Nella trasmissione "III B: facciamo l'appello" del 1971 Eugenio Ravenna, mio padre, così riferì di quella notte ad Enzo Biagi : "Mi pare che fossero le 3-4 di notte, che improvvisamente ci svegliarono in questo camerone, eravamo in un camerone del Carcere di Ferrara. Venne dentro il capo guardia con due agenti di custodia. Avevano una lista in mano, cominciarono a leggere, avvocato, avvocato, dottore e altri. Un brivido fu proprio, scosse tutti noi, perché non si poteva in quel momento lì, tutti pensarono che le cose stavano precipitando, ci sarebbe stato qualcosa di impensabile. Io stesso mi rifugiai sotto le coperte della mia branda, proprio con un gesto di difesa, così, inconscio, cosa c'entrava, non si sa. Eppure quando finirono di leggere questi nomi, un po' per egoismo, un po' per la lotta che si fa per sopravvivere, fu un grande respiro.
Si vestirono in fretta tutti e quattro, quelli che erano con noi, non capirono neanche loro dove dovessero andare, alle 4 di notte. Chiusero la porta, sparirono.
Dopo mezz'ora sentimmo rumori nel carcere un po' dappertutto: erano i nuovi arrestati che arrivavano, centinaia di persone e dopo ne arrivarono ancora e la notizia della fucilazione del castello estense ci fu resa nota" .
Ricca di dettagli e di pathos è la testimonianza che di quella stessa notte fornisce Corrado De Benedetti nel volume "Anni di rabbia e di speranze. 1938-1949". Ne riporto alcuni passaggi: "Ormai è mattina: le prime ore del 15 novembre. Gli occhi mi bruciano per il fumo e la voglia di dormire, però ora che sono vicino a questo amico anziano (Carlo Shonheit) mi sento come protetto. Invece la gente attorno diventa sempre più irritata: alcuni si sono seduti per terra, altri sbattono i piedi per cercare di trovare un po' di calore, tutti mostrano facce stravolte e stanche per la tensione. [
] Dopo che le campane del Duomo hanno suonato le tre, uno stridore di freni annuncia l'arrivo di una macchina nel piazzale. Il portone viene spalancato di colpo e un gruppetto di uomini in camicia nera, stivaloni lucidi e mitra in mano, si fa strada tra di noi per scomparire dietro la porta interna. Al di là arrivano voci ancora più concitate, poi il gruppo riappare. Uno di loro tira fuori dalla tasca dei calzoni un foglietto di carta e legge a voce alta i nomi di quattro persone cui viene ordinato di uscire dal gruppo [
] I tizi in nero escono dal portone seguiti dal quartetto a passi esitanti, [
] poi si sentono porte sbattute e auto che si mettono in moto. [
] Sono passate le quattro e dal piazzale arriva lo scalpiccio di diverse persone. [
] Si spalanca di nuovo la porta e un tizio anche lui in camicia nera urla: "Tutti fuori, subito!". [
] Nel piazzale ci ordinano di metterci in fila per tre e ci sospingono verso il muro della piazzetta. [
] Ci siamo, ora spareranno e ci faranno fuori. Il papà di Franco si vede che ha avuto il mio stesso pensiero e mi costringe a mettermi dietro di lui, come per ripararmi dai colpi o perché per lo meno non veda quello che sta per succedere. [
] passeranno così dieci, venti minuti [
] ma a me sembra un'eternità. Poi qualcuno sbraita altri ordini e i militi si dispongono questa volta al nostro fianco e ci ordinano di camminare. [
] Dalla testa della colonna si alza la voce allegra di Gigetto (il gelataio ambulante): "Coraggio, compagni, si va soltanto in galera!", e un brivido di sollievo mi scende giù per la schiena (pp. 50-56).
Una seconda massiccia retata di Ebrei fu attuata il 5 Febbraio 1944. Va qui osservato che dopo il bombardamento del 29 gennaio, che rese il carcere del tutto inagibile, i detenuti ebrei furono evacuati alla Caserma "Bevilacqua" (all'angolo di Ercole d'Este) mentre parte delle donne presso il Carcere di Portomaggiore.
L'11 febbraio un primo gruppo di 45 ebrei ferraresi fu portato al Tempio italiano, già devastato dalle squadre fasciste il 21 Settembre 1941, che per alcuni giorni funzionò come un vero e proprio campo di concentramento "L'aula del tempio - ricostruisce Paolo Ravenna (2001) - si affollava di ebrei via via arrestati. La più anziana Carolina Iesi, di 85 anni (morta a Fossoli pochi giorni dopo), il più giovane Bruno Farber, di soli tre mesi. Un cieco, l'avvocato Giuseppe Bassani e un anziano, amputato di un piede, [il già citato] Benzion Fink." Quel gruppo, a cui furono aggiunti altri 3 anziani prelevati dal S.Anna, partì per Fossoli il 12 Febbraio e da qui, dieci giorni dopo, fu inoltrato ad Auschwitz con il convoglio n. 08. "Al loro arrivo a destinazione, alle 20.30 del 26 Febbraio dopo un viaggio estenuante in balia del gelo, della sete e dei più tremendi presagi, soltanto 95 uomini e 29 donne dei circa 500 trasportati furono immatricolati, tutti gli altri subito "mandati in gas". Alla liberazione di Auschwitz, il 27 Gennaio 1945, solo 23 persone di quel convoglio erano ancora in vita e dei 47 ebrei ferraresi uno solo fece ritorno: Eugenio Ravenna.
Un gruppo di altri 10 ebrei, gli ultimi ad essere stati rinchiusi nel tempio, fu inviato a Fossoli il 26 febbraio; di essi si salveranno Carlo Rietti e i tre componenti della famiglia Schonheit: Carlo, Franco e Gina.
Dopo secoli di presenza ininterrotta, il 26 Febbraio 1944 segna dunque un vero e proprio momento di cesura nella storia degli ebrei ferraresi che ricordiamo ogni anno in questa sinagoga: infatti in quella data un primo gruppo giunge ad Auschwitz, altri sono inviati a Fossoli mentre la Guardia di finanza repubblichina pone i sigilli alla Comunità. Quei sigilli verranno però rotti ai primi di settembre, quando le quattro sinagoghe e l'intero patrimonio ebraico (Tribunale rabbinico, Archivio, Biblioteca, Ospizio per anziani, Asilo infantile) saranno devastati e saccheggiati. Da quel momento fino alla liberazione l'edificio di via Mazzini rimarrà chiuso e non ci saranno più Ebrei a Ferrara.
Solo col 25 Aprile 1945 la Comunità ha potuto di nuovo rivivere: ritornarono i tanti sfuggiti alle razzie che dovettero la loro salvezza all'aiuto di semplici e coraggiosi cittadini nonché di esponenti del mondo cattolico, in primis l'Arcivescovo Ruggero Bovelli, e rientrarono i 5 sopravvissuti ai lager nazisti. Cospicuo fu, invece il numero di coloro che furono barbaramente uccisi dai Nazisti: 100 persone. La Comunità risultò pertanto drasticamente ridotta: dei 700 ebrei censiti nel 1938, ne resteranno infatti alla fine del 1945 meno di 200. Le occorreranno alcuni decenni per riprendersi sia dalle conseguenze di quei tragici eventi sia anche dalla perdita di quanti, i più giovani e determinati, erano via via emigrati, prima in Argentina, Stati Uniti e Palestina, poi in Israele.
La storia degli Ebrei a Ferrara non è però solo questa. C'è un lungo "prima" e c'è un "dopo" intessuto di vita culturale, sociale e religiosa che meriterebbero di essere meglio approfonditi e precisati. L'istituzione a Ferrara del "Museo Nazionale dell'Ebraismo e della Shoah" rappresenta senza dubbio una grande opportunità in tale senso ed è nostro auspicio che possa anche costituire uno stimolo vitale per il futuro di questa Comunità.
(CronacaComune Ferrara, 18 novembre 2009)
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Insediamenti, Israele non accetta restrizioni a Gerusalemme
ROMA, 18 nov. - Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è disposto a limitare le costruzioni di nuove case e infrastrutture negli insediamenti ebraici in Cisgiordania, ma non accetterà mai restrizioni nei quartieri di Gerusalemme: lo ha detto una fonte governativa israeliana, citata dal Jerusalem Post, dopo che ieri le autorità israeliane hanno autorizzato la costruzione di 900 nuove case nel quartiere di Gilo, a Gerusalemme Est. L'annuncio delle nuove costruzioni ha suscitato un coro di proteste. "La decisione del governo israeliano ci lascia sgomenti", ha dichiarato da Pechino il portavoce della Casa BIanca, Robert Gibbs. "Nel momento in cui stiamo lavorando a rilanciare i negoziati - ha aggiunto - questa mossa rende più difficile che i nostri sforzi abbiano successo". Pesanti critiche sono giunte anche da Londra e dalle Nazioni Unite, con il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon che ha deplorato l'autorizzazione concessa per le nuove case. Per Saeb Erekat, capo negoziatore dell'Autorità Palestinese, non ha senso parlare di pace mentre Israele espande i suoi quartieri ebraici a Gerusalemme Est: "Condanniamo questo atto nel modo più assoluto", ha dichiarato. Fonti vicine a Netanyahu, citate da Ynet - l'edizione online dello Yedioth Ahronoth - hanno detto che le critiche da parte degli Stati Uniti erano in un certo senso attese, e hanno rassicurato che non c'è alcuna crisi tra il governo israeliano e la Casa Bianca. Tuttavia, non è mancata una certa sorpresa tra i funzionari israeliani per l'intensità della reazione.
(Apcom, 18 novembre 2009)
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Il boomerang dellindipendenza unilaterale
La dichiarazione di sabato scorso del negoziatore palestinese Saeb Erekat secondo cui gli israeliani starebbero bloccando lattuazione della soluzione a due Stati e presto i palestinesi chiederanno allOnu di riconoscere uno Stato palestinese su tutta la Cisgiordania e la striscia di Gaza, voleva essere una dura minaccia o forse solo una spavalderia ad uso e consumo delluditorio internazionale.
Perché dunque i palestinesi non dovrebbero dichiarare unilateralmente il loro Stato? In linea di principio, cambierebbe poco. LAutorità Palestinese avrebbe il controllo a malapena su un 40% delle terre che spera di ottenere dai negoziati, vale i dire i maggiori centri abitati palestinesi di Cisgiordania, ma non molto più di questo....
(israele.net, 18 novembre 2009)
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Israele conferma: ok a 900 nuove case a Gerusalemme Est
GERUSALEMME, 17 nov. - Il ministero dell'Interno israeliano ha confermato il via libera alla costruzione di 900 nuove unita' abitative a Gerusalemme Est, la parte araba della citta'. I nuovi alloggi saranno costruiti nell'insediamento ebraico di Gilo nonostante la richiesta di congelamento della comunita' internazionale e degli Stati Uniti in particolare. Il progetto era stato anche al centro degli ultimi colloqui tra il premier israeliano Benjamin Netanyahu e l'inviato americano per il Medio Oriente George Mitchell.
(AGI, 17 novembre 2009)
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Watec Israel 09, dove acqua e rinnovabili convergono
L'evento internazionale mira a rafforzare la posizione di Israele come la «Silicon Valley» del mercato mondiale delle tecnologie idriche ed ambientali.
Si è aperta questa mattina a Tel Aviv la quinta edizione della Fiera internazionale Watec (Water Technologies, Renewable Energy & Environmental Control), la tre giorni dedicata alla questione dell'acqua e delle tecnologie ambientali che si stanno guadagnando un posto sempre più centrale nella coscienza globale e nell'economia. Ad oggi circa 2 miliardi di persone in tutto il mondo, o non hanno accesso a quantità sufficienti d'acqua, o non dispongono affatto di risorse idriche potabili. Una carenza che peggiorerà nel prossimo futuro a causa della crescita della popolazione mondiale e degli effetti climatici scatenati dal surriscaldamento globale. La crescente consapevolezza ambientale ha comportato una spinta notevole allo sviluppo di nuove tecnologie per alleviare i problemi ecologici, in particolare per la depurazione ed il trattamento delle acque.
In tal senso Watec 09 riunirà dirigenti israeliani e internazionali, decisori politici e ricercatori di primo piano, per stimolare un dibattito di merito e dettagliati approfondimenti sui principali problemi idrici mondiali, consentendo quindi una valutazione critica delle sfide poste dal contesto attuale e futuro. Israele non è solo il padrone di casa ma un esempio di come il problema abbia delle soluzioni applicabili. Il paese, infatti, nonostante due terzi del suo territorio sia definito come zona arida, riesce a superare la carenza idrica.
Il Salone si svolge sotto l'egida dei Ministeri dell'Industria e del Commercio, tutela dell'Ambiente, degli Affari esteri e nazionali e darà spazio anche all'indissolubile rapporto che l'acqua ha instaurato con le tecnologie rinnovabili. Fulgido esempio la Leviatano Energy Company, che presenterà in anteprima "Benkatine", una micro turbina installabile in qualsiasi tubatura idraulica che consente la produzione di energia dalla pressione dell'acqua in eccedenza o dalle acque grigie urbane. Oggi avrà luogo un seminario sulle energie rinnovabili al quale prendono parte esperti ENE, per la presentazione di due proposte di progetti ENPI (European Neighbourhood and Partnership Instrument): "Sun Kiosks" e "Medenergie".
Domani presenzierà all'evento anche il ministro dell'Ambiente per presenziare ad una serie di incontri: il 18 al Seminario Scientifico bilaterale italo- israeliano "The virtuos circle: from depuration to clean energy" in collaborazione con il Centro di Ricerca e Sviluppo del Ministro dell'Industria israeliano, e il 19 al Seminario "
(Rinnovabili.it, 17 novembre 2009)
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Israel ha-Yom lancia la sfida agli altri quotidiani israeliani
TEL AVIV, 17 nov - Guerra fra quotidiani in Israele. Abituato ad essere il primo e incontrastato giornale di Israele per volume di vendite, il quotidiano Yediot Ahronot deve adesso misurarsi con la minaccia rappresentata da Israel ha-Yom, un giornale favorevole al premier Benyamin Netanyahu (Likud) che viene distribuito gratuitamente, in prevalenza nei mezzi di trasporto pubblici. Come numero di copie Israel ha-Yom è già il secondo giornale di Israele, e precede di larga misura quotidiani che pure vantano una grande tradizione storica come Maariv e Haaretz. Oggi Israel ha-Yom ha lanciato una nuova sfida nei confronti di tutti i concorrenti annunciando che da venerdì inizierà la pubblicazione di un giornale del week-end, con supplementi che avranno complessivamente un centinaio di pagine. Il giornale aggiunge di essere riuscito a garantirsi diverse "firme prestigiose". In questa fase il numero del week-end di Israel ha-Yom sarà distribuito in 100 mila copie. In futuro la tiratura diventerà, il venerdì, di 250 mila. Yediot Ahronot e Maariv, che già lottano per difendere le attuali tirature, rischiano di perdere di conseguenza un cospicuo numero di lettori. Fonti giornalistiche affermano che nelle settimane passate gli editori di Yediot Ahronot hanno chiesto a Netanyahu di intervenire urgentemente sul proprietario di Israel ha-Yom, l'uomo di affari statunitense Sheldon Edelson, per dissuaderlo dal distribuire il suo giornale nel week-end. Ma Netanyahu, secondo le fonti, si è rifiutato di assecondare la richiesta.
(Notiziario Ucei, 17 novembre 2009)
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Germania, aperta inchiesta contro ex nazista: "Uccise 58 ebrei"
ROMA, 17 nov - Un novantenne tedesco è stato accusato oggi dalla procura di Duisburg dell'assassinio di 58 ebrei, avvenuto nel 1945 in Austria. Il procuratore Andreas Brendel, la cui inchiesta è ancora in corso, ha definito l'imputato "un pensionato di Duisburg" ma la stampa lo ha già identificato: si tratterebbe di Adolf Storms, ex membro della Quinta divisione Panzer delle SS "Wiking". A determinare l'apertura dell'inchiesta sono state le testimonianze rese da tre ex membri della Gioventù hitleriana. Un quarto testimone ora residente in Canada dovrebbe essere sentito questa settimana. In realtà, secondo quanto ha affermato Brendel, non esiste un testimone oculare ancora vivo dei fatti ascritti all'imputato. Tuttavia, contro Storms potrebbero essere utilizzati gli atti di un altro processo già celebrato in Austria.
Secondo la Corte, il 29 marzo del 1945 "l'accusato e i suoi complici costrinsero 57 lavoratori ebrei a dividersi in gruppi in un'area forestale nei pressi di Deutsch Schuetzen, dove dovettero lasciare i loro oggetti di valore e inginocchiarsi davanti a una fossa comune. A quel punto l'accusato e gli altri membri delle SS spararono loro crudelmente alla nuca". Il giorno dopo Storms avrebbe poi sparato ad un altro ebreo con difficoltà ambulatorie durante un trasferimento da Deutsch Schuetzen a Hartberg. Storms fu internato in un campo prigionieri americano subito dopo la guerra ma fu rilasciato nel 1946. Nel dicembre 2008, quando le autorità tedesche fecero irruzione nella sua abitazione, Storms reclamò il diritto di non rispondere ma negò ogni coinvolgimento negli assassinii. La Corte di Duisburg dovrà stabilire entro due settimane se aprire ufficialmente il processo contro di lui.
(il Velino, 17 novembre 2009)
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Agricoltura: Italia-Israele, accordo di cooperazione scientifica
ROMA, 17 nov. - "Sono molto soddisfatto dell'incontro avuto oggi con il mio collega israeliano Shalom Simhon. Abbiamo firmato una dichiarazione congiunta per un accordo che punti a potenziare la collaborazione tra i due Paesi in materia di cooperazione scientifica applicata all'agricoltura. Credo che la collaborazione con un Paese cosi' avanzato dal punto di vista della tecnologia e della ricerca scientifica in ambito agricolo potra' rivelarsi fruttuosa per l'Italia".
Con queste parole il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Luca Zaia ha commentato il colloquio bilaterale avuto presso il Ministero con il Ministro dell'Agricoltura e dello Sviluppo rurale di Israele Shalom Simhon. Al termine dell'incontro, i due ministri hanno sottoscritto una dichiarazione congiunta in cui auspicano la firma di un accordo per promuovere la cooperazione tra il Ministero italiano e quello israeliano nel campo dell'agricoltura e dell'agroalimentare, che includa programmi bilaterali di ricerca e sviluppo in materia agricola e un programma operativo nel settore delle scienze agrarie.
Nella dichiarazione i Ministri hanno inoltre dichiarato che, dopo la firma dell'accordo, ciascun programma bilaterale di ricerca e sviluppo sara' finanziato da entrambi i Ministeri, in base al bilancio previsto e nel rispetto delle rispettive leggi nazionali in materia di ricerca. Entrambe le parti forniranno il proprio supporto all'implementazione degli accordi negoziati nella Dichiarazione congiunta.
(AGI, 17 novembre 2009)
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Israele: investimenti privati l'obiettivo del Ministero del Turismo e del Governo
L'Italia è al sesto posto per arrivi
"In alcuni momenti dell'anno, non sempre quindi, ma con frequenti e notevoli picchi verticali, sono arrivati in Israele da tutto il mondo oltre 3.000.000 di visitatori. L'azione del ministero del Turismo e del Governo - spiega il direttore in Italia dell'Ente del turismo di Israele - è quella di accrescere gli investimenti privati per aumentare la ricettività nel 2011 di almeno 10.000 posti letto". Non mancano gli investimenti anche sul fronte dei collegamenti, se parliamo di collegamenti interni al Paese, continuano a crescere quelli del Centro verso la periferia nell'ambito: ferroviario, autostradale con anche la costruzione di nuovi collegamenti interni alle città come, per esempio, il tram di Gerusalemme.
Quanto ai principali mercati di riferimento in termini di arrivi per Israele, il 60% è rappresentato dall'Europa il 30% dagli Stati Uniti. Fondamentali sono la Russia e la Francia. L'Italia è al sesto posto.
(Guida Viaggi, 17 novembre 2009)
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La Russa: da Israele contributo contro ordigni esplosivi
TEL AVIV, 17 nov - Quello con il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak e' stato un incontro ''molto cordiale ma anche molto importante sul piano di una maggiore collaborazione industriale nel settore della difesa''. E' stato questo il commento del ministro della Difesa, Ignazio La Russa, giunto in Israele per una missione che lo portera' ad avere incontri istituzionali ma anche piu' squisitamente ''tecnici'' sul piano della difesa.
''Sono molto interessato - ha aggiuno - alle attrezzature per neutralizzare gli ordigni esplosivi improvvisati, ma anche agli aerei senza pilota e ad altre occasioni di attivita' comuni che possano essere sviluppate''.
In sostanza, ha poi aggiunto il ministro La Russa parlando con i cronisti al termine del colloquio con Barak, ''siamo interessati a tutto cio' che puo' essere di aiuto alla sicurezza delle nostre Forze Armate in teatri quali l'Afghanistan e ovunque queste operino''.
La Russa ha poi ricordato come vi sia gia' un ''grande scambio'' tra i due paesi e la ''esperienza'' israeliana nel settore della sicurezza e' ''la ragione prima della mia visita a Gerusalemme insieme a quella di rinsaldare il processo di pace''. In questo senso sono stati toccati, nel corso del colloquio a Tel Aviv, questioni come quelle riguardanti l'Iran e la Palestina. Per quanto riguarda Teheran la Russa ha ribadito che ''l'opzione militare e' quella che non ci piace e che, quindi, non vogliamo'' ricordando, pero', che vi sono ''ragioni per essere preoccupati soprattutto per gli atteggiamenti iraniani anche se non va mai tralasciata alcuna possibilita' - ha sottolineato - per aprire un varco e continuare l'azione di contatto''.
La Russa ha poi rivelato come, invece, da parte israeliana non vi sia un ''eccessivo ottimismo sulle buone intenzioni iraniane''.
Per quanto riguarda, infine, il problema palestinese La Russa ha ribadito il convincimento che ''occorra non lasciare nulla di intentato per la pace in Medio Oriente e in una area cosi' difficile'' notando che, comunque, ''il processo di pace non e' interrotto''.
(ASCA, 17 novembre 2009)
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"Prematura l'indipendenza palestinese"
Dopo gli Usa, l'Ue. La presidenza svedese dell'Unione europea giudica "prematura" la richiesta dell'Anp di sostegno alla domanda palestinese di riconoscimento in sede di Consiglio di Sicurezza Onu di uno Stato palestinese indipendente.
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Bernard Kouchner |
BRUXELLES - Dopo gli Usa, l'Ue. La presidenza svedese dell'Unione europea giudica "prematura" la richiesta dell'Anp di sostegno alla domanda palestinese di riconoscimento in sede di Consiglio di Sicurezza Onu di uno Stato palestinese indipendente.
Ieri il portavoce del Dipartimento di Stato, Ian Kelly, ha detto chiaro che gli Stati Uniti sono contrari ad una eventuale proclamazione unilaterale di uno Stato palestinese, che "deve essere il risultato di un negoziato tra le parti". Favorevole invece la Lega Araba, che sul riconoscimento di uno Stato palestinese potrebbe chiedere al Consiglio di Sicurezza dell' Onu di aprire una procedura formale.
Israele, dal canto suo, è nettamente contrario. Nel caso di un'eventuale proclamazione unilaterale dello Stato palestinese, il governo israeliano minaccia nuove annessioni di zone d'insediamento ebraico nei territori occupati delle Cisgiordania (ritenute illegittime dalla comunità internazionale, al pari di quelle di Gerusalemme est).
In un'intervista al quotidiano palestinese al Quds il ministro degli Esteri Bernard Kouchner tuttavia auspica un rilancio dei negoziati di pace per giungere alla creazione di uno stato palestinese. Kouchner questa sera ha in agenda un colloquio ad Amman con il presidente palestinese Abu Mazen, prima di incontrare domani i responsabili israeliani. "Desidero insistere sull'urgenza di un rilancio dei negoziati per arrivare, malgrado le difficoltà, alla creazione di uno stato palestinese. Occorre trovare i mezzi per superare l'attuale vicolo cieco", ha spiegato Kouchner.
Il ministro francese ha detto di volersi rivolgere "ai responsabili israeliani per dire loro che l'Anp e il suo leader, Abu Mazen, sono i loro partner per la pace".
I palestinesi hanno di recente comunicato la loro intenzione di chiedere alle Nazioni Unite di riconoscere uno stato palestinese indipendente per uscire dal vicolo cieco in cui si trova il processo di pace, un passo da cui Israele li ha messi in guardia.
I negoziati sono arenati sul contenzioso delle colonie, con i palestinesi che richiedono subito una sospensione totale degli insediamenti nella Cisgiordania occupata mentre il governo Netanyahu si è limitato a (offrire) un blocco parziale e ha annunciato una ripresa dei colloqui "senza condizioni preliminari".
(RaiNews24, 17 novembre 2009)
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Schedatura biometrica al vaglio
TEL AVIV - Dopo mesi di polemiche, la legge sulla schedatura biometrica obbligatoria degli israeliani sarà sottoposta oggi al voto dei 120 deputati della Knesset, sui quali, secondo gli opinionisti locali, grava in questa occasione una responsabilità particolarmente grave. Da un lato il governo sostiene che è necessaria nella lotta alla criminalità organizzata e al terrorismo, nonché nell'evenienza che sia necessaria l'identificazione rapida e sicura di vittime numerose di possibili attacchi militari. Ma d'altra parte celebri ricercatori - fra cui la professoressa Ada Yonath, premio Nobel per la chimica nel 2009 - avvertono che la legge rappresenta un grave rischio per la privacy.
«Una legge stupida e pericolosa», stabilisce un commentatore di Yediot Ahronot nell'accostarla ad altre leggi approvate di recente dal parlamento di Gerusalemme, che vengono incontro alle necessità dell'esecutivo nell'intercettazione delle conversazioni e nel monitoraggio degli apparecchi telefonici cellulari.
«Un pericolo per la democrazia», avverte l'Associazione israeliana dell'Internet. La nuova legge prevede l'istituzione di carte di identità biometriche in cui siano incastonate informazioni relative alle impronte digitali e ai tratti identificativi del volto di ogni cittadino. I dati raccolti saranno conservati in un database, un archivio centrale gestito dalle autorità.
La sua necessità è stata giustificata, fra l'altro, con l'alto numero di documenti falsificati in Israele - centinaia di migliaia, secondo la polizia - e con la preoccupazione di impedire "furti di identità" da parte di elementi legati alla malavita o a gruppi terroristici.
Il rifiuto di consegnare alle autorità i propri dati biometrici comporterebbe la rinuncia a ricevere documenti ufficiali di identificazione e sarebbe passibile con una pena massima di un anno di carcere.
(Corriere Canadese, 16 novembre 2009)
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Nuova micidiale arma di Israele: non uccide ma dà la sensazione di bruciare vivi
di Anna Guaita
NEW YORK - Il Pentagono ci sta lavorando dal 2001, ma finora ne ha costruito solo versioni ingombranti, che pesano quasi 9 tonnellate. Ma adesso una università israeliana ha prodotto una versione portatile del "raggio del dolore", una nuova arma antisommossa destinata al controllo "umanitario" delle folle.
Si chiama "Active Denial System" (Sistema Respingente Attivo), e si può portare in spalla. Colpisce il bersaglio entro un raggio di trenta metri, causando una sensazione di bruciore così intensa che le terminazioni nervose fanno credere al cervello che il corpo sia in fiamme. In realtà - negli esperimenti di laboratorio - il "raggio del dolore" non sembra causare danni fisici reali.
L'università di Giudea e Samaria ha reso noto di aver ideato una versione del raggio del dolore grande quanto un fucile, e del costo di circa 170 mila euro. L'università sorge nella città di Ariel, un insediamento ebraico in Cisgiordania fondato nel 1978. Il prototipo dell'arma finora è stato mostrato in pubblico solo in fotografia. Ma è molto più piccola di quella costruita dagli americani, che viene invece montata su mezzi corazzati resistenti alle bombe. Il Pentagono aveva inizialmente pensato di inviare il "raggio del dolore" in Iraq. Ma prima che una nuova arma possa venire adottata al fronte, negli Stati Uniti si devono superare un serie di test scientifici, anche sui possibili rischi che l'arma può avere per gli stessi soldati che la utilizzano.
Il governo israeliano sembra meno burocratico in questo senso. Difatti ha già utilizzato armi "alternative", non letali. Nel 2008 ad esempio ha messo alla prova sul campo, contro un gruppo di palestinesi che dimostravano nel villaggio di Naalin, la "bomba puzzolente", una doccia mefitica che impregna i vestiti e la pelle delle vittime.
L'arrivo del "raggio del dolore" preoccupa però gli esperti di sicurezza perché potrebbe essere adottato anche da Paesi dittatoriali per reprimere il dissenso: «Costa così poco, tutti ora potranno farsi il loro raggio del dolore» si lamenta il professor Steve Wright, dell'Università di Leeds.
(Il Messaggero, 16 novembre 2009)
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Salute: nei geni degli ebrei ashkenaziti il segreto della longevità
ROMA, 16 nov - Nella ''coda'' dei cromosomi il segreto per vivere cent'anni. E' quanto emerge dallo studio pubblicato su Pnas dai ricercatori dell'Albert Einstein College of Medicine of Yeshiva University di New York, negli Usa, secondo cui estendere la lunghezza dei telomeri - i tratti di Dna situati nelle estremita' dei cromosomi, che si ''ritirano'' con la riproduzione cellulare, determinando l'accorciamento della vita delle cellule - potrebbe prolungare l'esistenza umana.
La ricerca, condotta sui geni di 86 centenari ebrei di origine ashkenazita e sui loro discendenti, ha dimostrato che la presenza di un alto livello di telomerasi - un enzima che ripara i telomeri - rallenta il processo di invecchiamento cellulare, determinando un allungamento della vita. ''Lo studio - spiega Yousin Suh, docente dell'Einstein College - suggerisce che la lunghezza dei telomeri e le varianti genetiche della telomerasi potrebbero aiutare le persone a vivere piu' a lungo''.
(ASCA, 16 novembre 2009)
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Lieberman: lAnp chiese a Israele di schiacciare Hamas
GERUSALEMME, 16 nov. - L'Anp chiese a Israele di "schiacciare Hamas" durante l'offensiva dello scorso inverno nella Striscia di Gaza. Lo ha rivelato il ministro degli Esteri dello Stato ebraico, Avigdor Lieberman. "Durante l'operazione 'Piombo Fuso' l'Autorita' nazionale palestinese ha fatto pressioni su di noi affiche' schiacciassimo Hamas e un mese dopo ci ha denunciato al Tribunale penale internazionale dell'Aja", ha detto Lieberman parlando davanti alla Commissione esteri e difesa del parlamento israeliano. Il ministro ha quindi accusato l'Anp di "brutto doppio gioco".
(AGI, 16 novembre 2009)
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Salmi e pugni, Israele esalta il pugile rabbino
Yuri Foreman, neo-campione del mondo nella categoria dei super welter, «ha demolito Santos pregando nel suo cuore durante il match»
TEL AVIV - Dopo essersi aggiudicato il titolo di campione del mondo nella categoria dei super welter (ieri a Las Vegas, contro il portoricano Daniel Santos) il pugile-rabbino israeliano Yuri Foreman conquista oggi - a colpi di patriottismo e di convinte attestazioni di fedeltà alla religione dei padri - le prime pagine dei principali giornali d'Israele.
Il personaggio, del resto, è di quelli singolari: israeliano quasi per caso - è nato in Bielorussia 29 anni fa e da oltre dieci vive negli Stati Uniti -, Foreman non è solo il primo tra i suoi connazionali a mettere le mani su un alloro pugilistico di questo livello: è anche un aspirante rabbino ortodosso, studente in una yeshiva (scuola religiosa) a Brooklyn, che durante tutta la durata dell'incontro ha pregato e recitato i Salmi col cuore, come racconta il giornale Haaretz, di Tel Aviv, citando il suo entourage.
Nell'articolo, Foreman viene descritto come una rara combinazione di forza e intelligenza: al mattino studia la Torah e nel pomeriggio si allena intensamente. Sullo stesso tono il lungo pezzo dedicato al trionfatore di Las Vegas dal Jerusalem Post, dal titolo eloquente: Fare la storia. Prima di Foreman, nota il quotidiano, solo un altro israeliano, Johar Abu-Lashin, aveva vinto un titolo mondiale, ma in un contesto molto meno prestigioso. Il Post non manca di dare poi risalto ad alcune frasi patriottiche pronunciate a caldo dal neocampione, che in una prima intervista ha dichiarato: «Sono molto fiero di quello che ho fatto, per Israele e per Brooklyn, e di dimostrare che gli ebrei possono combattere».
(La Stampa, 16 novembre 2009)
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Soldati israeliani disobbediscono
Un ulteriore episodio di disobbedienza da parte di militari israeliani vicini al movimento dei coloni viene segnalato oggi dal sito online Ynet.
Esso riferisce che in seguito alla demolizione di un piccolo avamposto di coloni avvenuta oggi in Cisgiordania, due militari sono saliti sul tetto della caserma dove prestano servizio (ad Adoraim, presso Hebron) ed hanno esposto un cartello in cui denunciano l'accaduto. «Il nostro battaglione - hanno proclamato - non espelle ebrei dalle proprie abitazioni». Alcune settimane fa aveva destato clamore un'analoga protesta inscenata da due reclute durante la cerimonia di giuramento al Muro del Pianto di Gerusalemme. Anch'essi avevano esposto un cartello di protesta contro la rimozione forzata di coloni.
Sottoposti ad una pena disciplinare dai vertici militari i due «disobbedienti» sono stati invece premiati pubblicamente da una organizzazione nazionalista. La promiscuità fra i militari e i coloni in Cisgiordania rappresenta da tempo un problema disciplinare per i vertici dell'esercito, specialmente nei momenti di tensione politica. Nel tentativo di segnare un chiaro limite, l'ex comandante militare della Cisgiordania ha vietato ai militari in servizio nelle colonie cisgiordane di entrare per alcuna ragione nelle abitazioni private e di entrare in rapporti di amicizia. Ma il divieto è durato solo poche settimane, ed è stato di recente abolito.
(Nuova Società, 16 novembre 2009)
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Israele potrebbe annettersi altri territori in Cisgiordania
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Gilad Erdan |
GERUSALEMME - Un ministro del governo israeliano ha detto oggi che Israele potrebbe annettersi altri territori in Cisgiordania, se i palestinesi dichiarassero l'indipendenza senza firmare un accordo di pace.
"Se i palestinesi assumessero questa linea unilaterale, Israele dovrebbe anche valutare... una legge per annettersi alcuni insediamenti", ha detto il ministro dell'Ambiente Gilad Erdan, stretto alleato del premier Benjamin Netanyahu, come riferito da Radio Israele.
Senza fissare alcuna scadenza, le autorità palestinesi hanno detto ieri di prepararsi ad andare al Consiglio di sicurezza dell'Onu per cercare sostegno internazionale nei confronti di uno stato indipendente in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza.
I palestinesi hanno attribuito la mossa alla crescente frustrazione per la mancanza di progressi nei colloqui di pace, fermi da un anno. Il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha detto che i negoziati non potranno riprendere finché Israele non fermerà l'espansione degli insediamenti.
Le dichiarazioni palestinesi su un possibile passo unilaterale hanno portato Netanyahu a lanciare un avvertimento: solo i colloqui di pace con Israele condurranno ad uno stato palestinese.
"Non ci sono alternative ai negoziati tra Israele e l'Autorità palestinese e qualsiasi iniziativa unilaterale scompaginerà il quadro degli accordi tra di noi e porterà a passi unilaterali da parte israeliana".
Il negoziatore palestinese Saeb Erekat ha detto che lo scopo dell'iniziativa non è quello di dichiarare l'indipendenza ma di preservare l'opzione dei due stati e formalizzare il sostegno internazionale allo stato che i palestinesi vogliono creare.
In un'intervista radiofonica Erdan ha evocato anche altre opzioni in mano ad Israele, che ha conquistato la Cisgiordania nella guerra del 1967 e ha annesso alcuni territori tra cui Gerusalemme est, la parte araba della città.
"Tutto rimane aperto... si potrebbe iniziare con lo stop al trasferimento di denaro dal governo israeliano all'Autorità palestinese", ha detto, riferendosi alle tasse che Israele raccoglie per conto dell'Autorità, come previsto dagli accordi di pace provvisori.
Secondo Erdan, Israele potrebbe anche ripristinare delle restrizioni alla libertà di movimento degli arabi in Cisgiordania.
(Reuters, 16 novembre 2009)
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Rabbino: la legge ebraica rispetta la volontà dei pazienti sulla nutrizione artificiale
Per la religione ebraica non si puo' impedire il nutrimento, e quindi e' corretto l'utilizzo del sondino per un paziente in stato vegetativo, ma se vi sono speranze di sopravvivenza. Il paziente, solo lui, puo' rifiutare le cure e in tal senso ha valenza la dichiarazione di volonta'.
Sono queste, secondo la sintesi di Cesare Efrati, rabbino e medico chirurgo dell'Ospedale Israelitico di Roma, le posizioni dell''halacha' (la legge ebraica) sui percorsi di fine vita, al centro di un convegno organizzato ieri a Trieste dal Gruppo sionistico della comunita' ebraica locale, a sette mesi dalla morte, a Udine, di Eluana Englaro.
Nella visione ebraica per il medico vi e' l'obbligo di curare e per il malato quello di farsi curare, seguendo i consigli dei sanitari, in quanto l'uomo e' responsabile ma non proprietario del corpo, e va preservata la santita' della vita. C'e' pero' il dovere di alleviare il dolore e rimuovere cio' che prolunga la sofferenza e di non accelerare la morte.
Nel caso di un paziente la cui attivita' cerebrale e' irreversibilmente danneggiata, ha spiegato Efrati, non si possono fare infusioni che creino una realta' artificiosa, e una delle ipotesi e' quella di un respiratore 'a timer'. Infine, pregare per la morte di un paziente e' proibito ai parenti, mentre e' permesso al malato.
(ADUC Salute, 16 novembre 2009)
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Israele: Tvzi Lotan, più turisti italiani nel 2010
di Barbara Tummolo
ROMA - Prima volta a Roma per il nuovo Direttore dell'Ufficio Nazionale Israeliano del Turismo, Tvzi Lotan che, nel corso di una serata dedicata ad Israele, ha diffuso i dati relativi alle presenze turistiche italiane nel 2009, indicando al contempo, le strategie di promozione e le prospettive di crescita per il nuovo anno.
"Il mio obiettivo per il 2010 è incrementare il numero di turisti, visitatori, pellegrini italiani in viaggio verso Israele, per questo a metà novembre partirà una campagna pubblicitaria sui principali quotidiani italiani che durerà fino alla prima settimana di marzo. - annuncia Tzvi Lotan - Israele è un Paese difficile da vendere e noi abbiamo pochi soldi per promuoverci, ma vogliamo con questa campagna diffondere un'immagine diversa del nostro Paese, non siamo solo Terra Santa, abbiamo molte destinazioni ancora poco conosciute, soprattutto al mercato italiano; in fondo anche noi facciamo parte del Mediterraneo, che da solo rappresenta il 70% del turismo mondiale e dove ogni anno arrivano oltre 700 milioni di visitatori da tutto il mondo".
È sempre il nuovo Direttore Lotan a snocciolare, come un fiume in piena, i dati relativi alle presenze turistiche a partire dal 2008, anno a suo dire, da record, con oltre 3,630 mila visitatori, meglio del 2000, anno del Giubileo e della prima volta di un Papa cattolico in Terra Santa.
"Israele non ha subìto grandi conseguenze, in ambito turistico, a causa della grande crisi economica mondiale, se i più pessimisti parlavano di perdite, nelle presenze, pari al 50%, i più ottimisti intorno al 30%, posso dire che da gennaio ad ottobre 2009, il nostro paese - spiega Lotan - ha visto scendere le presenze dal mondo, del 15% mentre dall'Italia del 10%".
E proprio rispetto all'Italia, il Direttore dell'Ufficio del Turismo, ha sottolineato come nel 2008 gli italiani arrivati in Israele sono stati circa 125 mila; nel 2009, ormai agli sgoccioli, il totale dovrebbe aggirarsi intorno alle 100 mila unità, mentre per il 2010 l'obiettivo è quello di incrementare le percentuali fino a toccare quota 150 mila unità.
"Se ogni anno 150-200 mila israeliani vengono in Italia, in Israele, se mettiamo a confronto i nostri due paesi, vengono molti meno italiani; mi piacerebbe nel giro dei prossimi anni almeno eguagliare le cifre. - ammette Tzvi Lotan - Al momento, oltre l'Opera Romana Pellegrinaggi, non abbiamo molti T.O. che trattano la nostra destinazione, mi auguro però possano aumentare, invito perciò gli italiani interessati a conoscere il nostro paese a visitare il sito ufficiale www.goisrael.it, dove è possibile visionare anche le nostre offerte di viaggio".
Presente alla serata anche il Vicesindaco di Roma, Mauro Cutrufo, che ha teso la mano al Direttore dell'Ufficio Nazionale del Turismo di Israele sulla possibilità di avviare una collaborazione tra la città di Roma ed Israele per il rilancio turistico di entrambe le destinazioni.
"Il Comune di Roma è disponibile a trovare una forma di collaborazione turistica con Israele data la comune radice storica dei due paesi. Se in Israele i turisti quando arrivano, soggiornano almeno una settimana, a Roma il problema è inverso - spiega il Vicesindaco Cutrufo - purtroppo i turisti rimangono solo 2/ 3 notti. Possiamo però dire che il 2009, per la Capitale, non è stato un anno negativo, anzi nel mese di ottobre abbiamo registrato un incremento del 2,5% di presenze, contiamo perciò di chiudere il bilancio a fine anno in pareggio se non addirittura in positivo, con oltre 12 milioni di arrivi complessivi; meglio delle altre capitali europee, che chiuderanno il 2009 con grandi perdite. Rimane la pecca della durata dei soggiorni che contiamo di risolvere anche con lo sviluppo del Secondo Polo Turistico, che siamo convinti riuscirà a raddoppiare le presenze".
(Master Viaggi, 16 novembre 2009)
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Borsa della domenica, nuovi massimi per Tel Aviv
di Gianluca Defendi
La borsa israeliana chiude la domenica con un rialzo dello 0,83%. Il listino si è portato sui massimi dell'anno e di periodo. A sostenere il listino israeliano ci hanno pensato le società a media capitalizzazione e i finanziari, entrambi hanno registrato rialzi superiori all'1%. Pesante invece il settore immobiliare che lascia sul campo lo 0,89%. Più contenuta la perdita del settore tecnologico a -0,19%.
Quanto all'andamento intraday, la giornata non è stata semplice. Partenza più alta rispetto alla chiusura di ieri e poi stretto trading range per tutta la seduta. Sul medio periodo, come indicato, il Ta-25, l'indice principale della borsa israeliana si è portato sui massimi degli ultimi mesi.
(Milano Finanza, 16 novembre 2009)
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Mussolini segreto nei diari della Petacci
Furibondo con ebrei e Pio XI, spavaldo nelle fantasie erotiche: le confessioni del Duce alla sua amante
Avete presente il Benito Mussolini descritto nei ricordi di seguaci e parenti, o quello che emerge dai suoi pretesi «diari» acquistati da Marcello Dell'Utri, di cui gli storici negano l'autenticità? Un uomo bonario, attaccato alla famiglia, diffidente verso i nazisti, ossequioso nei riguardi del Papa, generoso con gli ebrei e dubbioso sulle leggi razziali. Ebbene, dai diari della sua amante, Claretta Petacci, esce un ritratto opposto in tutto e per tutto: un Duce ferocemente antisemita, che rivendica il suo razzismo di lunga data, sprezzante verso la moglie, insofferente dei Savoia, ammaliato dalla potenza del Terzo Reich, furibondo con Pio XI per le sue parole in difesa degli ebrei....
(Corriere della Sera, 16 novembre 2009)
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Netanyahu: con la Siria, la Turchia non sarebbe un "mediatore onesto"
Nei negoziati di pace
ANKARA, 15 nov. - La Turchia non sarebbe un "mediatore onesto" in qualunque rilancio dei negoziati di pace tra Israele e Siria. Lo ha affermato il primo ministro dello stato ebraico, Benjamin Netanyahu.
La Turchia ha mediato quattro cicli di negoziati indiretti lo scorso anno tra i due Paesi. I rapporti tra lo stato ebraico e Ankara si sono da allora deteriorati e il primo ministro turco ha aspramente criticato le politiche israeliane.
Al suo governo, oggi, Netanyahu ha detto che Israele è pronto a parlare con la Siria, preferibilmente in modo diretto: lo ha detto uno dei presenti a condizione dell'anonimato. Secondo la fonte, il primo ministro ha dichiarato che in caso i colloqui avvenissero attraverso un mediatore, allora dovrebbe essere "un mediatore onesto". Il primo ministro Netanyahu, ha aggiunto il la fonte, ha definito il capo del governo turco un mediatore non equo.
(Apcom, 15 novembre 2009)
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Netanyahu: no ad atti unilaterali
Per il premier israeliano non ci sono alternative al negoziato
GERUSALEMME, 15 nov - Il premier israeliano Netanyahu avverte che Israele potrebbe rispondere a atti unilaterali palestinesi con atti unilaterali. Intervenendo a Gerusalemme a un forum sulla politica, Netanyahu ha detto che ''non ci sono alternative a un negoziato'' e che atti unilaterali, come la proclamazione di uno stato palestinese, possono solo portare ''a gesti unilaterali da parte di Israele''. Il premier ha alluso a una possibile annessione israeliana di insediamenti ebraici in Cisgiordania.
(ANSA, 15 novembre 2009)
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Fao, il debutto della moglie di Ahmadinejad
''Diamo voce alle donne e ai bimbi oppressi di Gaza''
ROMA, 15 nov. - Ha scelto Roma, il vertice delle 'first ladies' dei Paesi non allineati che precede di un giorno quello della sicurezza alimentare della Fao la moglie di Mahmoud Ahmadinejad, Azam al Sadat Farahi per pronunciare il suo primo discorso pubblico da quando il marito è comparso sulla scena politica del suo Paese, prima come sindaco di Teheran, poi come presidente.
La signora è rimasta al suo posto, parlando di fronte alle altre 12 mogli di presidenti o capi di governo presenti in sala, inclusa la signora Suzanne Mubarak, che presiede i lavori, e al direttore generale della Fao Jacques Diouf, la signora Farahi ha ringraziato prima di tutto la moglie del presidente dell'Egitto, un Paese con cui Teheran non ha rapporti, per avere organizzato l'incontro di oggi che si propone "come fine quello di coinvolgere in modo efficace le first ladies dei Paesi non allineati nella lotta contro la povertà alimentare".
"Oggi abbiamo bisogno di un nuovo modello di consumo. Dobbiamo promuovere il modello di consumo basato sui bisogni cosi' come lo spirito di collaborazione, beneficienza e generosita'" ha dichiarato la signora Farahi, portando l'esperienza iraniana dove, ha aggiunto "l'ispirazione religiosa ha effettivamente aumentato la sicurezza alimentare della famiglia".
La signora Ahmadinejad ha concluso il suo discorso deplorando quello che ha definito "un chiaro esempio di insicurezza alimentare e medica" che è quello degli abitanti della Striscia di Gaza, "gente innocente costretta a subire le conseguenze del blocco che va contro tutte le regole e le leggi internazionali". "Ci aspettiamo di vedere una fine immediata di questa enorme oppressione. Chiedo alla signora Mubarak di seguire questa questione e dare voce del nostro incontro e delle donne e dei bambini oppressi di Gaza in tutto il mondo". Finora la signora Farahi, una laurea in ingegneria, tre figli e posizioni molto conservatrici, si era limitata, di rado, ad accompagnare il marito senza mai intervenire.
(Adnkronos, 15 novembre 2009)
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Alla Knesset la legge sulla schedatura biometrica
Il voto dopo mesi di polemiche
La legge sulla schedatura biometrica obbligatoria degli israeliani sarà sottoposta lunedì al voto dei 120 deputati della Knesset dopo mesi di polemiche. Da un lato il governo sostiene che è necessaria nella lotta alla criminalità organizzata e al terrorismo, e nell'evenienza che sia necessaria l'identificazione di vittime di attacchi militari. Ma d'altra parte celebri ricercatori avvertono che la legge rappresenta un grave rischio per la privacy.
(TGCOM.it, 15 novembre 2009)
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Anp: chiederemo allOnu il riconoscimento dello stato palestinese
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Saeb Erekat |
RAMALLAH, 15 nov. - I palestinesi chiederanno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di riconoscere la loro indipendenza. "Abbiamo preso una decisione" ha detto il capo negoziatore dell'Anp, Saeb Erekat, "chiederemo al Consiglio di sicurezza il riconoscimento di uno stato palestinese indipendente con Gerusalemme capitale ed entro i confini del 1967". "Cercheremo il sostegno dell'Ue, della Russia e di altre Nazioni" ha aggiunto Erekat. Il ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman, e' tornato a respingere ogni ipotesi di ritiro entro i confini precedenti la 'Guerra dei Sei Giorni'. "Il ritorno ai confini del 1967 e la creazione di uno Stato palestinese in Giudea e Samaria non porrebbe fine al conflitto ma piuttosto lo sposterebbe all'interno di Israele". Per Lieberman quanto chiedono i palestinesi li spingerebbe poi a rivendicare la Galilea e il Negev e rafforzerebbe i legami tra loro e gli arabi-israeliani.
(AGI, 15 novembre 2009)
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Peres contrario al riconoscimento Onu dello stato palestinese
"Impossibile costituire uno Stato senza un accordo di pace"
TEL AVIV - Il capo dello stato israeliano Shimon Peres si oppone al progetto dell'Autorità nazionale palestinese di ottenere dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu il riconoscimento di uno stato indipendente nei confini antecedenti il conflitto del 1967 e con Gerusalemme est come capitale. "E' impossibile costituire uno Stato senza un accordo di pace" ha osservato Peres, che si trova in America Latina, a giornalisti israeliani al seguito. "Non è realizzabile, non avrebbe successo".
Ieri, in una intervista al quotidiano palestinese Al Ayyam, il negoziatore palestinese Saeb Erekat ha affermato che l'Anp ha già ottenuto il sostegno a quel progetto da parte dei paesi arabi e segnali positivi anche dalla Russia e dal segretario generale dell' Onu Ban Ki-moon. Secondo la stampa israeliana, il progetto dell'Anp di esigere dall'Onu il riconoscimento di uno Stato palestinese in Cisgiordania, a Gaza e Gerusalemme est viene visto negativamente anche dal premier Benyamin Netanyahu, che dovrebbe esprimersi in merito in serata.
Anche il ministro israeliano degli esteri Avigdor Lieberman si è espresso ieri in termini negativi sulla iniziativa diplomatica palestinese. "Il ritorno di Israele sulle linee antecedenti il 1967 - ha previsto Lieberman - e la costituzione di uno Stato palestinese non significheranno la fine del conflitto, bensì lo sposteranno all'interno di Israele con richieste di autonomia da parte degli arabi della Galilea e del Neghev e con la creazione di un loro legame con la leadership palestinese".
Da parte sua il negoziatore palestinese Saeb Erekat è tornato oggi sull'argomento in una intervista alla radio militare israeliana in cui ha accusato i dirigenti israeliani di non essere realmente interessati a concludere con i palestinesi un accordo di pace. Il 15 novembre è l'anniversario della Dichiarazione di indipendenza palestinese enunciata ad Algeri nel 1988 dal Consiglio nazionale palestinese, sotto la direzione di Yasser Arafat.
(ANSA, 15 novembre 2009)
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Boxe: Foreman campione superwelters
E' il primo titolo mondiale per un israeliano
LAS VEGAS, 14 nov- Per la prima volta nella boxe diventa campione del mondo un israeliano.E' Yuri Foreman, che ha conquistato il titolo Wbo dei superwelters. Nato in Bielorussia ma poi emigrato in Israele, ha battuto il portoricano Daniel Santos ai punti in 12 riprese, con verdetto unanime (116-110, 117-109 e 117-109). 'Sono fiero di me stesso - ha detto Foreman dopo il match -. Ho vinto per Israele e ho dimostrato cio' che puo' fare un ebreo. Anche noi possiamo combattere sul ring, e vincere'.
(ANSA, 15 novembre 2009)
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Il presidente siriano all'Eliseo
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Bashar Al-Assad |
Il capo di Stato Bashar Al-Assad ha incontrato ieri a Parigi il presidente Nicolas Sarkozy per parlare della ripresa dei negoziati con Israele.
Si sono visti quattro volte in 18 mesi, due a Damasco e due Parigi. Continua la luna di miele tra Nicolas Sarkozy e il presidente siriano Bashar al-Assad, ieri all'Eliseo per accelerare il processo di pace in Medio Oriente. Ma a due giorni dalla visita del premier israeliano Benjamin Netanyahu, il tema clou del vertice bilaterale più che la Palestina è stato la ripresa dei negoziati tra Damasco e Tel Aviv sulla questione delle alture del Golan.
Durante la conferenza stampa a conclusione del colloquio, alla domanda su un ipotetico incontro con Netanyahu, Assad ha risposto: «Per parlare di cosa? Del menu del pranzo o della restituzione della terra?». La regione siriana del Golan, fertile e ricca d'acqua, è stata occupata nel 1967 da Israele dopo la Guerra dei 6 giorni. Il contenzioso irrisolto ha determinato per tutti questi anni un blocco granitico nei rapporti tra Israele e Siria.
Netanyahu si è detto pronto a riprendere i negoziati senza precondizioni, nonostante Damasco non si sia mai fatta mancare un'occasione per sostenere tutte le forze politiche della regione in funzione antisionista. Di fronte all'apertura israeliana Assad diffida: «Facessero sapere alla Turchia che sono pronti a riprendere i negoziati - ha affermato - e poi ne riparleremo».
(Terra, 14 novembre 2009)
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LAnp vuole dallOnu il riconoscimento di stato palestinese
GERUSALEMME - L'Autorità nazionale palestinese (Anp) sta valutando la possibilità di ottenere dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu il riconoscimento di uno Stato palestinese nei confini antecedenti il conflitto del 1967 e con Gerusalemme est come capitale.
Lo ha affermato il negoziatore capo dell'Anp Saeb Erekat al quotidiano palestinese Al Ayyam, nell'odierna edizione.
Secondo Erekat l'Anp ha già ottenuto il sostegno dei Paesi arabi e segnali positivi anche dalla Russia e dal segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon.
Il presidente palestinese Abu Mazen (Mahmud Abbas) sta pure cercando di ottenere l'appoggio dell'America Latina e dell'Europa.
Il riconoscimento di uno Stato palestinese nei territori occupati da Israele nel 1967 da parte dell'Onu avrebbe l'effetto, secondo i palestinesi, di legare le mani a Israele in Cisgiordania e a Gerusalemme est e renderebbe inoltre automaticamente illegali gli insediamenti ebraici.
(swissinfo.ch, 14 novembre 2009)
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La casa di Hitler? La compri Israele
di Francesco Battistini
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La casa natale di Hitler |
GERUSALEMME La trama è un po' alla Tarantino. C'era una volta a Braunau, in un verde paesino dell'Austria, la casa natale di Hitler che era rimasta senza proprietà. In tutti quegli anni era stata usata come biblioteca, scuola, banca, studio tecnico, officina, istituto per disabili, finché un giorno la signora Gelinde Pommer non decise di metterla sul mercato. Si fece vivo qualche neonazista, che sognava di trasformarla in una Predappio tutta lumini e nostalgia. Si mosse un eccentrico milionario, che ne avrebbe fatto volentieri un hotel. Ma ecco spuntare dal nulla quei bastardi senza gloria degli ebrei scampati alla Shoah, pronti a rovesciare la storia. E da antichi schiavi, a trasformarsi in nuovi padroni. Lanciando un provocatorio appello che ieri campeggiava sul Jerusalem Post : «Perché il governo d'Israele non compra la culla del Male Assoluto?».
Hire Hitler, trattasi nazicasa. La proposta choc è d'una Ong italiana, EveryOne, ed è piaciuta alle ricche comunità ebraiche americane. Che hanno subito contattato l'organizzazione e fatto partire un tam-tam di email a Shimon Peres, a Bibi Netanyahu, ai ministri e ai parlamentari della Knesset. «Sono state spedite più di 500 richieste », spiega Roberto Malini, copresidente dell'Ong, in collegamento con associazioni israeliane: «La casa costa due milioni di euro e se il governo decide l'acquisto, noi ci mettiamo dentro 200 opere della Shoah, la più grande raccolta d'arte dopo quella di Yad Vashem, il museo dell'Olocausto di Gerusalemme. Sarebbe il modo migliore per rovesciare il significato di quel luogo».
Israele che paga per conservare la casa di Hitler. Come fa la Georgia con quella di Stalin. O la Spagna con quella di Franco. Tace la Gerusalemme dei palazzi, nel riposo del sabato. Prende tempo il portavoce di Avigdor Lieberman, ministro degli Esteri: «Proposta da valutare ». Si dividono i lettori sul blog del Post : «Idea disgustosa.
Quel posto va bruciato» (Narick, Usa); «idea meravigliosa: far diventare la casa d'un assassino il memoriale delle sue vittime» (Steven, Usa); «ci voglio vivere dentro » (Potato Land); «datela a qualche organizzazione di carità » (Ben, Australia); «è una presa in giro delle vittime, d'Israele e della Shoah!!! » (Aliza); «compràtela e fateci un wc pubblico» (Golden Nugget, Australia); «tiràtela giù e fateci una sinagoga » (Edward, Usa)... Scettica anche Dina Porat, storica dell'Università di Tel Aviv e del comitato scientifico di Yad Vashem: «Lo Stato non può comprare un posto simile. Sarebbe una provocazione: noi dobbiamo ricordare la nostra storia, non mettere mano in quella altrui. Dovrebbe essere l'Austria, patria di Hitler e di Eichmann, a dare a quel luogo il giusto significato». Già, il significato: ma quale? «È solo la casa dov'è nato Hitler dice la professoressa Porat . Null'altro. Non c'è memoria, lì. La memoria sta ad Auschwitz ». Malini però difende l'idea: «Questa è l'Auschwitz dello spirito umano ». E ha senso farne un museo, ribaltandone il significato? «È l'immagine della banalità del male. La memoria della Shoah non sta solo nei capelli ammassati e nei forni dei lager. È anche la banale casa di un banale uomo in un banale paesino. Da dove si scatenò tutto».
(Corriere della Sera, 14 novembre 2009)
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Da Israele con amore: quattro giorni di film ebraici alla Casa del cinema
«Ebraismo e Israele nel Cinema», appuntamento all Casa del Cinema, 14-18 novembre.
La commedia «A Matter of Size» apre oggi la rassegna di cinema israeliano, la settima edizione del Pitigliani Kolno'a Festival, la rassegna di cinema ebraico ed israeliano, diretta dal critico cinematografico italo-israeliano Dan Muggia e dalla giornalista Ariela Piattelli e organizzata dal Centro Ebraico Italiano «Il Pitigliani» in collaborazione con l'ambasciata di Israele, con l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e con il Patrocinio e il sostegno della Regione, della Provincia e del Comune. Sarà una commedia ad aprire la manifestazione: il regista Sharon Maymon e l'attore Itzik Cohen presenteranno «A Matter of Size», una pellicola che mette al centro della storia un gruppo di obesi emarginati che cercano la propria rivalsa e che è stata presentata quest'anno al Tribeca Film Festival e al Jerusalem Film Festival 2009. In Israele ha avuto un grandissimo successo a tal punto che l'idea del film è stata acquistata da Hollywood per riproporla in versione americana. Un gruppo di persone obese della città israeliana Ramla, prova a fare i conti con un regime di dieta molto rigido, ma ogni tentativo è vano. Uno tra loro, Herzl, inizia a lavorare come lavapiatti in un ristorante giapponese, dove viene in contatto e si appassiona al mondo del Sumo, attraverso il maestro Kitano, ovvero il manager del ristorante, che è stato anche mastro di Sumo in Giappone. Così Herzl convince Kitano ad iniziarlo alla lotta giapponese, e pian piano riesce a coinvolgere tutti i suoi amici con gli stessi problemi di «taglia forte». Attraverso il Sumo questo gruppo di persone riesce a vivere finalmente in armonia con il proprio corpo. Il Festival offre quindi al pubblico la possibilità di vedere la migliore cinematografia israeliana.
(Il Tempo, 14 novembre 2009)
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Ebrei Italiani di fronte al "razzismo"
Curato dal giornalista e studioso della shoah Nico Pirozzi sarà ripubblicato, per i tipi della casa editrice napoletana Cento Autori, il pamphlet elaborato da Maurizio Valenzi Ebrei Italiani di fronte al "razzismo". Scritto dall'ex sindaco di Napoli nel 1938 a Tunisi, il lavoro è una testimonianza inedita del Valenzi ebreo, che da spettatore ebbe modo di assistere alla svolta razzista impressa da Mussolini all'Italia, a conclusione di un lungo processo di avvicinamento alla Germania. Un processo che tendeva ad annullare tutte le dissonanze esistenti tra fascismo e nazismo. Un'opera che è anche una puntuale denuncia di un italiano che vedeva avvicinarsi i lampi di una nuova terribile guerra, conclusasi con lo sterminio di sei milioni di ebrei.
"Si tratta - anticipa Nico Pirozzi, che ha curato la riedizione del volume - di un Valenzi inedito, quello che emerge dalle pagine del suo saggio. A denunciare la politica razzista dell'Italia di Mussolini, in quel lontano 1938, non è il Valenzi comunista, ma il Valenzi ebreo, preoccupato per la sorte che il fascismo ha riservato a migliaia di altri ebrei, indipendentemente dalla casacca politica che, in passato, hanno indossato".
"È un libro - spiega Pietro Valente, fondatore della casa editrice Cento Autori, che il prossimo mese di gennaio porterà in libreria il volume di Valenzi - che vuole essere anche un omaggio postumo a una persona che ha creduto nella democrazia e nei valori dell'uomo. Che a testa alta ha percorso un intero secolo, senza mai inciampare".
La pubblicazione del libro Ebrei Italiani di fronte al "razzismo" sarà annunciata domani, nel corso delle celebrazioni organizzate dalla Fondazione Valenzi per ricordare i cento anni dell'ex sindaco di Napoli, in programma al Maschio Angioino.
(Julie News, 14 novembre 2009)
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Incontro Merkel Netanyahu entro fine mese
Il 30 novembre riunione congiunta dei due governi
BERLINO, 13 nov. - Il governo tedesco ha annunciato oggi che il cancelliere Angela Merkel si incontrerà col premier israeliano Benjamin Netanyahu entro la fine del mese.
Il portavoce del cancelliere Merkel, Ulrich Wilhelm , ha detto che un'agenda precisa dell'incontro sarà messa a punto in vista dell'incontro del 30 novembre per la secondo riunione congiunta dei governi israeliano e tedesco. Durante la prima, a Marzo, Merkel e il suo esecutivo si recarono in Israele.
(Apcom, 13 novembre 2009)
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Israele; 57% per dialogo con Hamas, sondaggio
La maggioranza degli israeliani sono favorevoli ad un dialogo politico con Hamas, se quella organizzazione riconoscesse Israele e cessasse la attività terroristica nei suoi confronti. E' quanto emerge da un sondaggio di opinione condotto dal quotidiano Haaretz.
Facendo riferimento al piano di pace illustrato questa settimana da Shaul Mofaz (numero 2 di Kadima, principale partito di opposizione), il 57 per cento degli intervistati si sono detti favorevoli e il 39 per cento contrari. Il piano prevede la costituzione nel prossimo futuro di uno stato palestinese indipendente e smilitarizzato nella striscia di Gaza e nel 60 per cento della Cisgiordania. Mofaz ritiene che se Hamas vincesse le prossime elezioni dell'Anp, Israele dovrebbe essere pronto a riconoscerlo come partner di negoziati, su una base di reciprocità.
Nel sondaggio di Haaretz ha trovato conferma la progressiva erosione del partito laburista di Ehud Barak che alle ultime elezioni ha ottenuto 13 seggi (su un totale di 120), mentre oggi ne riceverebbe appena sei. La popolarità personale di Barak (che svolge l'incarico di ministro della difesa) è invece piuttosto elevata: egli riceve infatti il 50 per cento dei consensi, così come il premier Benyamin Netanyahu, leader del Likud.
(swisscom, 13 novembre 2009)
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Nazismo, l'Australia estrada Charles Zentai
Richiesta dallUngheria, avrebbe torturato e ucciso un ragazzo ebreo nel 1944
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Charles Zentai |
SYDNEY, 13 nov - L'Australia ha autorizzato l'estradizione in Ungheria del presunto criminale di guerra nazista Charles Zentai, 88 anni. L'uomo e' accusato dal centro Wiesenthal di aver torturato e ucciso un ragazzo ebreo nel 1944 mentre serviva nell'esercito dell'Ungheria allora alleata di Hitler. Il governo di Budapest sostiene che Zentai prese parte al mortale pestaggio del 18enne Peter Balazs perche' non indossava la stella di Davide che lo identificava come ebreo.
(ANSA, 13 novembre 2009)
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Intel lavora di sabato, no dei rabbini
Fabbrica attiva in giorno riposo, manifestazioni a Gerusalemme
GERUSALEMME, 13 nov - Manifestazioni di protesta contro la Intel a Gerusalemme perche' l'azienda e' attiva anche di sabato.Le iniziative sono state organizzate dai rabbini dirigenti della comunita' ortodossa che sottolinea come il sabato sia il tradizionale giorno di riposo ebraico. Lo stabilimento della Intel si trova nel Har Hotzvim, la zona 'high-tech' di Gerusalemme.
(ANSA, 13 novembre 2009)
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Il Maccabi vince sul campo di Lottomatica
Lottomatica Roma 90 - Maccabi Electra 92
di Adam Smulevich
Dopo la doppia sfida tra Maccabi Haifa e Juventus, una squadra israeliana e una squadra italiana sono tornate a confrontarsi su un campo di gioco. Non più sul tappeto erboso di uno stadio di calcio, ma sul ben più ruvido parquet di un palazzetto dello sport. Con un'ulteriore differenza. Mentre nel football le compagini italiane, a meno di clamorose disattenzioni, hanno generalmente la meglio, nel basket la situazione si ribalta o quantomeno si riequilibra. E quando regna l'incertezza, di solito se ne vedono delle belle. Come ieri sera, quando al PalaLottomatica di Roma, impianto annoverato tra i capolavori dell'architettura razionalista italiana, Lottomatica e Maccabi Electra si sono sfidate in un match molto intenso e emozionante, incerto sino alla fine. In palio c'era la leadership del girone C dell'Eurolega, la Coppa Campioni della pallacanestro, e nessuna delle due squadre voleva farsi sfuggire l'occasione di mettere qualcosa più di un piede nella Top 16, seconda fase della competizione alla quale accedono le migliori quattro classificate di ogni raggruppamento. Così, per decretare un vincitore, sono stati necessari cinque minuti supplementari, dopo che i tempi regolamentari si erano conclusi sul risultato di parità (73-73).
A rischiare maggiormente la sconfitta, comunque, è stato il Maccabi. La Lottomatica, infatti, ha giocato un'ottima partita e solo una tripla di negli ultimi secondi di gioco di Wisniewski ha permesso agli israeliani di giocarsi la vittoria nell'extra time. Eppure l'inizio di partita sembrava profilare una serata più tranquilla per i tifosi del Maccabi, con il quintetto messo in campo da Pini Gershon apparentemente in grado di bloccare le incursioni dei pericolosi esterni romani e maggiormente propositivo sotto canestro. Un'illusione, appunto. Il match, almeno nei primi venti minuti di gioco, faceva infatti registrare un sostanziale equilibrio. Il primo quarto si chiudeva in parità (17-17) e il secondo vedeva il Maccabi lievemente in vantaggio (33-35), dopo un tentativo di fuga (21-30) andato a vuoto. Poi, al ritorno in campo dopo l'intervallo, spinta da quasi seimila tifosi, la Lottomatica prendeva in mano la partita. I giocatori di casa, fino a quel momento un po' imprecisi al tiro, collezionavano un filotto di canestri da due e tre punti, con Winston sugli scudi (4/7 dalla lunga distanza), che permetteva loro di ribaltare il risultato (59-51). Otto punti di vantaggio, fattore campo e solo dieci minuti al termine, i romani sembravano davvero vicini al poker di vittorie consecutive in Eurolega (mentre per il Maccabi si sarebbe trattata della seconda sconfitta stagionale). Ma qualcosa si è inceppato nei meccanismi, fino a quel momento quasi perfetti, della squadra di casa. Forse ha pesato la minore esperienza internazionale o forse l'assenza di due titolari fondamentali come Datome e Vitali, sta di fatto che il Maccabi, grazie anche ad un ottimo Alan Anderson (saranno ventisette i punti realizzati alla fine) è riuscito a pareggiare per il rotto della cuffia. Poi, nell'extra time, non senza ulteriori emozioni, gli israeliani hanno fatto loro la partita. 90-92 il risultato finale, che proietta il Maccabi in testa alla classifica insieme alla Lottomatica e al Caja Laboral.
(Notiziario Ucei, 13 novembre 2009)
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Brasile, comprati aerei militari da Israele per la vigilanza delle frontiere
ROMA, 12 nov - Israele ha chiuso una commessa per la vendita al Brasile di tecnologia militare per 350 milioni di dollari. Lo riferiscono fonti della difesa israeliana rilanciate dalla stampa brasiliana. Il pacchetto comprende tra le altre cose aerei senza pilota destinati alla vigilanza delle frontiere. Gli apparecchi Heron, prodotti dalla israeliana Aerospace industries Ltd, verrebbero impiegati soprattutto in compiti di intercettazione del traffico di armi e si ritiene possano anche essere utilizzati anche per garantire la sicurezza dei cieli nel corso dei giochi olimpici del 2016 e dei mondiali di calcio del 2014. L'accordo, il cui destinatario finale è la Polizia federale brasiliana, sarebbe stato siglato proprio nei giorni della visita del presidente israeliano Shimon Peres in Brasile. Una visita apertasi con l'incontro tra il capo di Stato e il ministro latinoamericano della Difesa Nelson Jobim.
(il Velino, 12 novembre 2009)
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Ambasciatore Anp a Bruxelles: D'Alema piace ai palestinesi
BRUXELLES, 12 nov. - Massimo D'Alema piace ai palestinesi. Ad affermarlo con decisione e' l'ambasciatore dell'Autorita' nazionale palestinese a Bruxelles, la signora Leila Shahid, sentita da Adnkronos International.
"E' una persona per bene - ha detto la diplomatica - un uomo che ha una storia personale interessante e per noi positiva, ed e' qualcuno che ha avuto sempre un atteggiamento positivo nei confronti dei palestinesi".
Quanto alla sua candidatura alla carica di Alto rappresentante per la politica estera dell'Ue, Shahid rimane cauta. "Non posso dare un commento ufficiale su questo finche' non sara' definita la candidatura, aspettiamo", dice. Tuttavia, sottolinea, "quello che posso dire e' che D'Alema e' un uomo che piace ai palestinesi".
(Adnkronos, 12 novembre 2009)
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Palestina, agenzia di stampa chiude i battenti per protestare contro Hamas
Ramattan da tempo è vittima di perquisizioni illegali da parte delle forze dell'ordine - L'agenzia di stampa palestinese "Ramattan", con sede a Gaza, ha chiuso i propri uffici e interrotto l'attività giornalistica. Con un comunicato stampa, Ramattan ha dichiarato di aver optato per la chiusura, in seguito "ad azioni illegali effettuate a suo danno che minano la libertà di stampa ed espressione".Nel comunicato si legge che la scelta della momentanea chiusura è stata presa in particolare dopo l'irruzione illegale di martedì sera da parte delle forze dell'ordine locali e in seguito al divieto di organizzare una conferenza stampa. L'agenzia Ramattan accusa Hamas di attuare una politica volta a reprimere e sfidare una stampa libera e indipendente a Gaza."La decisione di interrompere la nostra attività - conclude il comunicato - non è conseguenza soltanto dell'irruzione di martedì, ma è il risultato di una serie di problemi e restrizioni, oltre che della crisi finanziaria dell'agenzia".
(PeaceReporter, 12 novembre 2009)
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Esposta una pergamena del '500 a Portobuffolè
Il documento certifica il passaggio da sinagoga a chiesa cristiana
PORTOBUFFOLÈ (TV) - In questi giorni un'interessante pergamena datata 1559 è esposta nel duomo di San Marco (nella foto) a Portobuffolè.
Un documento di grandissimo valore storico, non foss'altro perché la pergamena certifica il passaggio dell'edificio da sinagoga ebraica a chiesa cristiana.
La pergamena, del 22 ottobre 1559, spiega: «Abbiamo consacrato la chiesa con l'altare maggiore e altri due altari nel castello di Portobuffolè.
L'altare maggiore è in onore dei Santi Marco Evangelista e Prosdocimo vescovo e vi abbiamo posto le sacre reliquie dei Santi Martiri Apollinare, Pietro Alessandrino e di santa Maria Maddalena.
L'altare dal lato del Vangelo è in onore dei Santi Francesco confessore e Antonio abate».
La pergamena inoltre prevede quaranta giorni di indulgenza e le modalità con cui ottenerla. Proprio a San Marco, l'omonimo comitato sorto per le celebrazioni dei 450 anni del Duomo, dedicherà a partire da gennaio una serie di eventi.
(Oggi Treviso, 12 novembre 2009)
COMMENTO - Chissà se nella pergamena si spiegano i motivi del passaggio delledificio da sinagoga ebraica a chiesa cristiana. Da un sito internet abbiamo ricavato queste notizie storiche:
«A Portobuffolè si insediò anche una fiorente comunità ebraica, talmente numerosa e capace negli affari da costruirsi una sinagoga. Come si costumava, furono ristretti in un quartiere, il Ghetto, ma senza mura o porte che lo restringessero.
Questa loro ricchezza in qualche modo faceva gola, e quindi due ebrei furono arrestati, processati e (ovviamente) condannati a morte per avere sequestrato, ucciso, ed usato a scopo rituale il corpo di un ragazzino.
Il ragazzino, forse mai esistito, fu santificato, e la comunità ebraica espulsa, previa confisca dei suoi beni.
La sinagoga fu "riciclata" in chiesa e coi denari così acquisiti fu aperto un Monte di Pietà.
Questa la storia degli ebrei e della sinagoga di Portobuffolè.»
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Parte la campagna di comunicazione dell'ente Israele
Presenti in modo orizzontale e costantemente su testate e riviste di settore
Parte la campagna di comunicazione dell'Ufficio nazionale israeliano del Turismo. Mantenendo il format, ma rinnovando i contenuti, l'Ufficio si pone come obiettivo fondamentale della campagna autunno-inverno di essere presente sulle più importanti testate e sulle riviste di settore con una campagna continua e costante al fine di comunicare tutti i differenti brand che si accinge a promuovere. "La nostra principale finalità è quella di comunicare al pubblico che in Israele ci si può recare in qualsiasi stagione dell'anno, anche in inverno: proprio per questo abbiamo fatto la scelta di essere presenti in modo orizzontale, costantemente, e così sarà fino alla fine del 2010. Fondamentale risulta la comunicazione che verrà dedicata al turismo spirituale, con un'immagine suggestiva ed evocativa che richiama l'esperienza del pellegrinaggio. E poi, immagini che ricordano la molteplice e diversa offerta d'Israele: dal divertimento al benessere, dal turismo culturale all'ecoturismo, alla scoperta dei mille volti di questa destinazione".
(GuidaViaggi, 12 novembre 2009)
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Iran a Russia: rispettare laccordo sulla vendita dei missili
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Lancio di uno Shahab 3 |
TEHERAN - La Russia dovrebbe rispettare il contratto per la vendita all'Iran di un sistema missilistico di difesa senza subire pressioni esterne, secondo quanto messo in chiaro oggi dal ministro della Difesa della Repubblica Islamica.
La Russia, che sta subendo le pressioni dell'Occidente affinché prenda le distanze dall'Iran, non ha dato corso alle proposte di fornire missili per la difesa S-300.
Il mese scorso, il segretario di Stato Usa Hillary Clinton ha elogiato la Russia per non aver venduto armi all'Iran, al centro di forti tensioni con l'Occidente per il suo programma nucleare e missilistico.
Israele ha detto che i sistemi S-300 potrebbero essere impiegati per difendere gli impianti nucleari iraniani da eventuali attacchi aerei.
Il ministro della Difesa Ahmad Vahidi ha spiegato che l'Iran ha un contratto con la Russia per la vendita di un sistema missilistico.
"In relazione all'acquisto di S-300, abbiamo un contratto con la Russia e non credo che possa essere utile per la Russia essere considerato un partner poco affidabile nel mondo", ha puntualizzato Vahidi in alcune dichiarazioni diffuse oggi sul quotidiano Siyasat-e Rouz.
Mosca "dovrebbe rispettare il contratto e non essere influenzata dai Sionisti... naturalmente speriamo che la vicenda si risolva il prima possibile", ha detto Vahidi. L'Iran di solito si riferisce a Israele definendolo "il regime sionista".
Il sistema S-300PMU1, noto in Occidente come SA-20, può sparare missili cruise e raggiunge obiettivi posti a 150 chilometri di distanza a una velocità di due chilometri al secondo.
(Reuters, 12 novembre 2009)
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Ironia e invenzione: è il nuovo cinema israeliano
di Alessandra Miccinesi
Il viaggio nel nuovo cinema israeliano è un'esplorazione del quotidiano realizzata per mezzo di una cinematografia intrigante e introspettiva, oggi più che mai acclamata dalle giurie internazionali (pensiamo a Lebanon di Samuel Maoz, Leone d'oro a Venezia o Valzer con Bashir di Ari Folman, Golden globe 2009). Dal 14 al 18 novembre accenderà gli schermi della Casa del Cinema il Pitigliani Kolno'a Festival, rassegna di cinema ebraico e israeliano diretta da Dan Muggia e Ariela Piattelli, che attraverso la settima arte apre una preziosa finestra di dialogo tra le culture. Non a caso il filo rosso è il superamento delle tensioni legate all'emarginazione e alla comprensione dell'altro. Dove il diverso può essere chiunque: un nemico, un figlio, una donna emancipata, un omosessuale. «Se il cinema è anticipatore della società di domani, forse siamo un passo avanti» spiega la Piattelli annunciando il programma diviso in quattro sezioni che affiancherà il meglio della stagione cinematografica (Lebanon e Valzer con Bashir in testa) a classici . Otto lungometraggi e tre documentari compongono la sezione principale «Sguardo nuovo cinema israeliano». Oltre al film d'apertura A matter of size di Sharon Maymon - commedia in odore di remake hollywoodiano, che narra il riscatto di un gruppo di obesi emarginati tramite il sumo - fanno parte della selezione anche Il giardino di limoni di Eran Riklis, sul conflitto israelo-palestinese in chiave domestica, e Guy di Ilan Jarzina e And thou shalt love di Chaim Elbaum che narrano la storia di un kibbutzista ortodosso con aspirazioni da cantante e la crisi d'identità di un religioso omosessuale. Molti gli autori attesi al festival, come Karin Albou regista de Il canto delle spose, e Modi Bar-On e Anat Zaltser autori del documentario Tel Aviv Jaffa che fa parte della speciale sezione «100 anni di Tel Aviv: storie di una città». In occasione del centenario della Città bianca, infatti, il PKF 2009 mette in programma una serie di classici e docufilm - tra cui Tel Aviv stories, Big eyes e Life accordino to Agfa - che raccontano un secolo di storia della metropoli considerata alternativa laica a Gerusalemme.
(il Giornale, 12 novembre 2009)
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Caso Francop - Carico d'armi, Israele: «origine iraniana»
Israele ritiene di avere prove materiali schiaccianti sulla provenienza iraniana del mastodontico carico di armi sequestrato il 4 novembre in alto mare dai reparti speciali della marina israeliana a bordo del mercantile Francop, in navigazione verso Libano e Siria. Lo si legge in una nota ufficiale diffusa dallo stato maggiore di Tsahal (le forze armate dello Stato ebraico) a corredo di foto e documenti resi oggi di dominio pubblico a sostegno dell'accusa secondo cui Teheran ha provveduto a mettere insieme il carico per destinarlo agli sciiti libanesi di Hezbollah.
I documenti pubblicati contengono informazioni finora inedite sull'arsenale confiscato. Vi si legge che l'armamento (oltre 500 tonnellate di ordigni) era stato stivato in 36 container sigillati, disseminati a bordo fra merci non militari. La lista delle armi comprende oltre 9000 proiettili da mortaio, 3000 missili di tipo katiusha (usati frequentemente in passato da Hezbollah contro il nord d'Israele), 3000 pezzi di artiglieria, 20.000 granate e mezzo milione di munizioni per armi automatiche. Non solo: vi figurano anche - debitamente fotografati - 3124 razzi da 107 millimetri di fabbricazione iraniana e migliaia di detonatori AZ111-A2 che, sottolinea lo stato maggiore israeliano, sono prodotti «solo in Iran».
Secondo un portavoce militare, l'armamentario in questione sarebbe stato sufficiente da solo a consentire alle milizie sciite di sostenere «un mese di guerra» in campo aperto. Hezbollah ha negato qualsiasi legame con la vicenda, mentre i ministri degli Esteri di Teheran e Damasco hanno smentito addirittura l'esistenza di armi a bordo della nave, nonostante il carico fosse stato mostrato dal governo israeliano a rappresentanti di tutto il corpo diplomatico presente a Tel Aviv. Siria e Iran hanno inoltre accusato lo Stato ebraico di aver compiuto «un atto di pirateria» abbordando la Francop - un cargo tedesco battente bandiera di Antigua, poi rilasciato col suo equipaggio polacco, ritenuto all'oscuro della natura del carico - in acque internazionali. Accuse cui Israele aveva peraltro risposto preventivamente, annunciando il giorno stesso del raid di aver fatto intervenire le sue forze speciali sulla base della risoluzione Onu 1701: varata dopo la fine della guerra del 2006 condotta da Tsahal contro Hezbollah e che dispone misure contro il traffico d'armi verso il Libano.
(Shippingonline.it, 12 novembre 2009)
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Parlare con Hamas? Ci prova il "falco" Mofaz
Parlare con Hamas? Fino a ieri la domanda non poteva neppure essere posta, in Israele. Tabù.
Adesso a prospettarne la possibilità e, forse, l'ineluttabilità, è un noto falco dell'establishment israeliano, Shaul Mofaz. L'ex-ministro della difesa e attuale numero due di Kadima, il partito di opposizione al governo di coalizione guidato da Bibi Netanyahu, ha presentato domenica scorsa un piano da negoziare con Hamas per la creazione e la proclamazione di uno stato palestinese provvisorio, indipendente e disarmato sul 60 per cento della Cisgiordania entro un anno.
«Se Hamas sarà eletta [alle elezioni di gennaio] e sceglierà di negoziare - sostiene il vice e arcirivale di Tzipi Livni - Israele deve condurre un dialogo con qualsiasi gruppo se cambia il suo comportamento».
Del piano ha parlato lunedì all'ambasciatore americano a Tel Aviv, James Cunninngham, su sua richiesta, e martedì prossimo lo esporrà a Washington, ai funzionari dell'amministrazione Obama, agli esperti mediorientali dei principali think tank e a rappresentanti dei paesi europei. Nel frattempo vedrà gli ambasciatori di Turchia, Giordania, Egitto e Russia.
E Hamas? Un portavoce ha reagito secondo il consueto copione: nessun negoziato con «l'occupante sionista». Più aperta e articolata la posizione del parlamentare Mushir al Masri: «È un passo molto importante, ma siamo interessati al passaggio dalle parole ai fatti».
Nessuna offerta sarà lasciata cadere «purché basata sul riconoscimento dei diritti fondamentali del popolo palestinese e del suo diritto a liberarsi dell'occupazione».
A crederci di meno sono i suoi avversari dentro Kadima: è solo una mossa, dicono, per conquistare la leadership del partito.
(europaquotidiano.it, 12 novembre 2009)
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Nessuno leggerà Anne Frank in arabo
Hezbollah bandisce il Diario e lo aggiunge alla lista dei libri proibiti
Beirut è la "capitale mondiale del libro" designata per il 2009 dall'Unesco. Ma vi si potrà leggere il Diario di Anne Frank soltanto in francese (per i cristiani) o in inglese. Nessuno stamperà il diario in farsi o in arabo, per gli sciiti e i sunniti. E tantomeno lo porterà nelle scuole. La traduzione e l'adozione nelle scuole libanesi del celebre Diario di Anne Frank avrebbe rappresentato un passo epocale nel paese dei cedri, che si vanta di essere uno dei paesi arabi "moderati". In Libano sono a oggi banditi "La scelta di Sophie" di William Styron, "Schindler's List" di Thomas Keneally, "From Beirut to Jerusalem" di Thomas Friedman, e poi Philip Roth, Saul Bellow e Isaac Singer. In pratica, tutto ciò che parla di ebrei e d'Israele. Così come i film di Jane Fonda, in quanto nel 1982 fece visita a Israele; "Exodus" con Paul Newman e la serie televisiva "The Nanny", a causa della presenza dell'attrice newyorchese Fran Drescher....
(Il Foglio, 12 novembre 2009)
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Italtel alleata con gli israeliani di Eci telecom
Italtel e l'israeliana Eci Telecom firmano un'alleanza per l'offerta congiunta di soluzioni innovative di telecomunicazioni per i service provider internazionali. «Nel quadro della partnership - commenta Erik M. Keith,
Principal Analyst per le Infrastrutture Broadband di Current Analysis, società internazionale di ricerche di mercato
nell'ICT - Eci contribuisce con la piattaforma multiservizio HI-FOCuS per l'accesso e con la innovativa piattaforma XDM per il trasporto su fibra ottica. Italtel, da parte sua, offre sia la forte presenza commerciale in EMEA e in America Latina sia la propria consolidata esperienza nei settori di punta dell'ICT: system integration, VoIP, mobilità».
«L'accordo con Eci Telecom rientra nel nostro piano di sviluppo su mercati esteri specifici e di ampliamento del perimetro di offerta; - commenta Claudio Chiarenza, General Manager e Chief Strategy Officer di Italtel - questa partnership ci consente di estendere il nostro portafoglio di soluzioni per i service provider nei mercati dell'area Emea e dell'America Latina con prodotti per l'accesso e il trasporto ottico e di indirizzare in modo strutturato un segmento di mercato potenzialmente interessante, rappresentato da quelle utilities europee dotate di una propria infrastruttura di rete»
(Il Sole 24 Ore, 11 novembre 2009)
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Israele è più vicina all'Italia con Hi! Comunicazione
Continua la collaborazione tra l'Ufficio Israeliano del Turismo e l'agenzia Hi! comunicazione, per il rilancio in Italia dell'immagine di Israele come meta per le vacanze.
Hi!, andando contro le convenzioni della tradizionale comunicazione turistica, propone più immagini per rappresentare la grande varietà di questo paese e lascia spazio alle parole e all'immaginazione.
La campagna stampa è sviluppata in quattro soggetti indirizzati alla promozione dei differenti aspetti del turismo in Israele: religioso, active vacation, cultura e benessere. Un messaggio che con ironia e vivacità mostra l'aspetto più moderno e vero di Israele.
La comunicazione è rivolta a un target che predilige maggiormente questa destinazione: un pubblico tra i 30-60 anni, con una buona preparazione culturale, curioso, vivace e desideroso di scoprire nuove realtà. La campagna sarà pianificata in maniera continuativa da novembre fino a marzo 2010 sulle più importanti testate quotidiane, periodiche e sulle riviste di settore.
(Pubblicitaitalia, 11 novembre 2009)
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Eletta la nuova presidenza della Federazione delle Associazioni Italia-Israele
Si è riunito il nuovo Direttivo della Federazione delle Associazioni Italia-Israele, eletto dal congresso nazionale tenuto a Padova nello scorso ottobre e composto da Carlo Benigni, Aida Foà, Bernardo Kelz, Giorgio Linda e Mimì Navarro. Il Direttivo ha eletto le cariche per il prossimo triennio: Carlo Benigni, presidente; Aida Foa, vice-presidente; Bernardo Kelz, tesoriere. La Federazione comprende oltre 50 Associazioni attive in tutta Italia.
"Il nostro impegno - ha dichiarato il Presidente - sarà rivolto all'obiettivo di promuovere l'amicizia verso lo Stato di Israele e di diffondere presso l'opinione pubblica italiana una corretta informazione sugli scenari politici del Medio Oriente. Si registrano anche nel nostro Paese preoccupanti insorgenze nel segno del negazionismo e di un antisionismo che pone sullo stesso piano le ragioni di Israele e di quanti ne chiedono la distruzione; tale antisionismo, come ha rilevato il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, cela in realtà un nuovo, insidioso antisemitismo. Al riguardo, svolgeremo un'attenta attività di monitoraggio e prevenzione.
Promuoveremo iniziative per favorire una migliore conoscenza della realtà di Israele sul piano della cultura, della scienza e dell'arte, con particolare attenzione al mondo dei giovani e della scuola, e lavoreremo per sviluppare la presenza delle Associazioni sul territorio". C.S.
(Sanremonews, 11 novembre 2009)
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L'uomo del futuro avrà un grosso debito con la medicina israeliana
di Costantino Pistilli
L'uomo del futuro? Avrà un grosso debito con le medicina israeliana. Basta dare una veloce scorsa alle ultime scoperte medico-scientifiche realizzate in Israele. I risultati ottenuti attraverso la ricerca sono all'avanguardia e garantiscono concreti risultati alla lotta contro cancro, SLA, epatite, diabete, Aids, infarti, rughe, allergie, tumori.
In occasione del 60esimo anniversario dell'indipendenza del governo di Gerusalemme, l'Associazione "Italia-Israele" ha ricordato alcune delle scoperte più significative che lo Stato di Davide ha donato al mondo: dall'amniocentesi al disegno di enzimi artificiali in grado di evolversi, passando tra le cure per l'Alzheimer, la cardiopatia, la leucemia, le patologie neurologiche e cardiovascolari.
È in Israele che si è riusciti a rattoppare un cuore infartuato e a realizzare un computer biologico (composto interamente di molecole di DNA ed enzimi, costruiti su di un chip ricoperto d'oro, in grado di identificare e diagnosticare cellule cancerose e rilasciare farmaci per distruggerle); è israeliano anche "il missile" anti-cancro (una tecnica basata sull'uso di linfociti che vengono trasformati in "cellule cancro-distruttrici"), oltre a un sistema ad ultrasuoni per rimuovere tumori maligni con una procedura non invasiva.
Sempre in Israele si è arrivati ad osservare "in tempo reale" lo sviluppo delle cellule cerebrali, a trovare una nuova cura per l'epilessia, a inventarne un'altra per combattere le allergie, e per sviluppare la tecnologia necessaria a stimolare la memoria dei pazienti affetti da Alzheimer; mentre si studia come controllare i batteri senza uso di antibiotici. E poi la scoperta di una vaccino-terapia per esaminare il sistema immunitario colpito da AIDS, quella di un gel capace di incollare le ossa fratturate (stimolando anche lo sviluppo dei tessuti), nuovi farmaci contro le malattie neurodegenerative e terapie contro il cancro della pelle (ma anche gli antiossidanti che ritarda le rughe).
Sono solo alcune espressioni della avanzata di Israele in campo biomedico. Scoperte che possiamo approfondire su Nature o Proceedings of the National Academy of Sciences. Di certo non tra le sulfuree pagine di qualche rapporto onusiano.
(l'Occidentale, 11 novembre 2009)
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Nirenstein mette in guardia contro la cultura dell'odio
La tv è la nuova arma dei nemici di Israele nel mondo arabo. Non solo sassi, uomini bomba e missili, ma anche telefilm e cartoni animati antisemiti. A lanciare questo allarme, raccontando ai rotariani genovesi le proprie esperienze in Medio Oriente, è Fiamma Nirenstein, vice presidente della commissione affari esteri della Camera dei Deputati e editorialista del Giornale, grande conoscitrice della storia e dei problemi della regione più «calda» del mondo.
«Negli ultimi tempi - spiega- ho assistito a programmi televisivi costruiti apposta per alimentare l'antisemitismo: un serial nel quale si vede un soldato israeliano che spara a una bambina araba che gli sorride, un altro in cui gli israeliani sono predatori di organi, un cartone animato nel quale un orsacchiotto incita i bambini a massacrare gli ebrei».
Fiamma Nirenstein durante la sua relazione intitolata «Mito e realtà del Medio Oriente» ha cercato il confronto e il dialogo con i soci dei Rotary club Golfo Paradiso e Golfo di Genova, e con i loro ospiti fra i quali figuravano anche il rabbino Giuseppe Momigliano e il generale dei carabinieri Pietro Pistolese, già comandante provinciale di Genova comandante di numerose missioni di pace in quell'area geografica.
Raccogliendo idealmente il testimone lasciato da Oriana Fallaci, Fiamma Nirenstein denuncia un momento di debolezza della cultura occidentale troppo garantista. Una cultura che, ad esempio, senza curarsi della reciprocità delle buone intenzioni si pone «il problema dei Crocefissi nelle scuole che potrebbero offendere le altre religioni». La vice presidente della commissione affari esteri difende poi appassionatamente le posizioni di Israele e traccia un cupo quadro della situazione attuale: dal suo punto di vista il momento è difficile perché l'Occidente non ha compreso a fondo che a partire dalla sconfitta dell'Urss in Afganistan in poi c'è una parte del mondo islamico, quella estremista, che non vuole affatto la pace e continua a credere nella possibilità di abbattere anche l'altra superpotenza, cioè gli Stati Uniti: «Una delle priorità dell'Onu e delle organizzazioni internazionali - conclude - dovrebbe essere quello di porre un freno non solo alla violenza e ai missili, ma anche alla diffusione della cultura dell'odio».
(il Giornale, 11 novembre 2009)
Video
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Celebrazioni per l'anniversario della morte di Arafat. Atteso discorso di Abu Mazen
Migliaia di palestinesi stanno convergendo verso la Muqata (Quartier Generale) di Ramallah per partecipare oggi ad una solenne cerimonia di commemorazione del presidente Yasser Arafat, nel quinto anniversario della sua morte.
L'agenzia di stampa palestinese Maan anticipa che in giornata è previsto un discorso in cui il suo successore Abu Mazen (Mahmud Abbas) farà il punto della situazione, mentre il processo di pace con Israele è ancora bloccato e mentre resta aspro il dissidio con i dirigenti di Hamas a Gaza. Ieri Hamas ha vietato lo svolgimento di qualsiasi manifestazione in memoria di Arafat nella striscia di Gaza.
Nei giorni scorsi Abu Mazen ha reso noto che non tornerà a candidarsi alla carica di presidente dell'Anp alle prossime elezioni nei Territori, fissate per il 24 gennaio 2010. Sulla stampa locale viene evocata anche la possibilità che Abu Mazen decida di rinunciare alle sue cariche di dirigente dell'Olp e di al-Fatah. Da Gaza queste voci sono state commentate con compiacimento: "Abu Mazen può essere sicuro che nessun palestinese avrà nostalgia di lui" ha affermato Mahmud a-Zahar (Hamas), uno dei suoi più accesi avversari.
Forte preoccupazione è stata invece espressa dal negoziatore capo palestinese Saeb Erekat, secondo cui c'è da temere che con la eventuale partenza di Abu Mazen, l'intera Autorità nazionale palestinese cesserebbe di funzionare.
(l'Occidentale, 11 novembre 2009)
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Gaza. La scelta dei palestinesi
Quando, nel 2005, gli ebrei se ne andarono da Gaza senza alcuna contropartita sperando di avere in cambio solo pace, lasciarono, in quella terra, 42 centri assistenziali "day-care", 36 asili, 7 scuole elementari, 3 scuole superiori, 38 sinagoghe e 166 aziende agricole (fortunatamente le 48 sepolture del cimitero ebraico di Gush Katif furono riesumate e trasferite in Israele temendo profanazioni).
Dal giorno in cui i palestinesi si appropriarono di tutto questo devastarono e distrussero tutto ciò che gli ebrei gli avevano lasciato. In un solo giorno tutto fu cancellato.
I palestinesi di Gaza, rappresentati in maniera più o meno legittima da Hamas, da quel giorno hanno speso tutte le loro risorse (è un dato inconfutabile che nessun popolo nella storia dell'umanità ha ricevuto tante risorse finanziarie e aiuti di ogni tipo come il popolo palestinese; il record è sia pro-capite sia in termini assoluti) per lanciare missili sul territorio israeliano invece di curarsi di realizzare il benessere economico e la prospettiva di una vita in pace con i loro vicini.
Questo è un dato di fatto.
(Abruzzo Liberale, 11 novembre 2009)
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Ebraismo e Israele nel Cinema
La migliore cinematografia israeliana in anteprima a Roma
Dal 14 al 18 novembre alla Casa del Cinema di Roma si terrà la settima edizione del Pitigliani Kolno'a Festival, la rassegna di cinema ebraico ed israeliano, diretta dal noto critico cinematografico italo-israeliano Dan Muggia e dalla giornalista Ariela Piattelli, e organizzata dal Centro Ebraico Italiano "Il Pitigliani" in collaborazione con l'Ambasciata di Israele e con il Patrocinio e il sostegno della Regione Lazio e della Provincia di Roma e del Comune di Roma. La nuova cinematografia israeliana, cresciuta nel corso degli ultimi anni ha iniziato anche a vincere. Il successo di Valzer con Bashir di Ari Folman, in concorso al 61o Festival di Cannes e Golden Globe 2009 per il miglior film straniero, e il Leone d'Oro come miglior film alla 66. Mostra del Cinema di Venezia a "Lebanon" di Samuel Maoz, ne sono la testimonianza. Il festival offrirà al pubblico la possibilità di vedere sia film di questa stagione cinematografica, particolarmente felice per il cinema israeliano, che grandi classici, pellicole storiche che mostreranno la complessità del panorama israeliano....
(ZaBrisKIepOInt.net, 11 novembre 2009)
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Cinema: Godard antisemita? Un libro riapre il dibattito in Francia
PARIGI - Un libro riapre il dibattito in Francia sul presunto antisemitismo di Jean-Luc Godard: si tratta di 'Courts circuits', dello scrittore-regista Alain Fleischer, che accusa di atteggiamenti antisemiti il grande cineasta della Nouvelle Vague.
In particolare, secondo quanto indica il quotidiano francese Le Monde, Fleischer riporta nel suo libro una frase 'mostruosa' che Godard avrebbe pronunciato in sua presenza sul set di 'Morceaux de conversations avec Jean-Luc Godard', girato dallo stesso Fleischer nel 2006: "Gli attentati suicidi dei palestinesi per far esistere uno stato palestinese, assomigliano in fin dei conti a quanto fecero gli ebrei lasciandosi guidare come pecore e sterminare in camere a gas, sacrificandosi così per riuscire a far esistere lo Stato d'Israele".
Non è la prima volta che sul regista franco-svizzero piovono accuse di questo tipo. Godard è stato criticato anche di recente per i suoi presunti atteggiamenti antiebraici, per esempio, nel film 'Olocausto'. Già nel 1974, nel suo film 'Ici et ailleurs', Godard sovrappose un'immagine di Golda Meir, allora primo ministro israeliano, con quella di Hitler.
(swissinfo.ch, 11 novembre 2009)
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Israele: lezioni di cinema
Vivacità e vitalità del cinema che si fa in Israele - tanto notevole forse quanto la ricchezza letteraria affidata a grandi nomi come Yehoshua, Oz, Grossman, oltretutto in proporzione a un paese e a un popolo così piccoli - sono stati via via testimoniati dai grandi esiti internazionali dei film Valzer con Bashir e Lebanon, quest'ultimo vincitore del Leone d'oro all'ultima Mostra del Cinema di Venezia. Ma, più in profondità, anche dalla monografia informativa che alla cinematografia di Tel Aviv ha dedicato l'edizione del Pesaro Film Festival (nuova denominazione della gloriosa Mostra del Nuovo Cinema fondata nel '65 da Lino Miccichè) svoltasi la scorsa estate sotto la direzione di Giovanni Spagnoletti. A questi precedenti si aggiungono due occasioni romane proprio in questi giorni....
(la Repubblica, 11 novembre 2009)
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Imprese israeliane visitano Argentina e Brasile
Il presidente israeliano Shimon Peres ha iniziato ieri, 9 novembre, una visita ufficiale in Argentina e Brasile, a capo di una delegazione di 40 imprenditori alla ricerca di opportunità d'affari per rilanciare il commercio e gli investimenti bilaterali. Ne dà notizia ADNMundo.com.
Con questa visita, il presidente israeliano intende rafforzare e approfondire i rapporti strategici, diplomatici ed economici con i due Paesi latinoamericani.
Peres ha visitato i due Paesi in precedenza, con incarichi diversi ricoperti per il governo israeliano: questa è la prima occasione in cui li visita in quanto capo di stato israeliano.
E' la prima volta che un presidente israeliano visita l'Argentina in 20 anni, nonostante i due Paesi condividano importanti interessi strategici, politici e commerciali.
Nel Paese risiede la maggior comunità israeliana dell'America Latina, che conta per l'Argentina 230.000 immigrati.
Peres sarà in Argentina dal 15 al 17 novembre prossimi.
Ad accompagnare il presidente, 40 imprenditori di settori come l'idrotecnologia, l'agricoltura, le comunicazioni, l'energia, la medicina, la difesa, alcuni con forti legami nel continente latinoamericano e che sperano di poter espandere le proprie attività.
(Portalino.it, 10 novembre 2009)
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Navi teleguidate per la Marina di Israele
di Gianandrea Gaiani
Dopo la sempre più larga diffusione dei velivoli teleguidati, i cosiddetti "droni" o Uav (Unmanned Aerial Vehicles) protagonisti dei conflitti in Iraq e Afghanistan e soprattutto dei raid statunitensi contro le forze di al-Qaeda nel Waziristan pakistano, sembra sia giunto il momento delle navi teleguidate. Almeno in Israele, paese all'avanguardia nei sistemi di controllo remoto, che ha sviluppato diversi modelli di unità navali guidate alcuni dei quali già operativi. La Marina di Gerusalemme ha infatti in programma di impiegare piccole unità navali teleguidate e senza equipaggio (Unmanned Naval Patrol Vehicle) per il pattugliamento del Mediterraneo e delle acque vicine a Libano e Gaza controllate dai miliziani Hezbollah e di Hamas. Lo ha rivelato il Jerusalem Post citando fonti militari secondo le quali le unità realizzate dalla Rafael Advanced Systems del tipo Protector diverranno operative per il pattugliamento insieme a un secondo tipo di nave teleguidata non meglio precisata. Potrebbe trattarsi però del Seastar, della Aeronautics Defence System
Entrambi i tipi di unità sono stati testati a inizio anno durante il conflitto a Gaza dimostrando l'importanza di disporre di unità navali spendibili, perché prive di equipaggio, in grado di esplorare con sensori e visori ampie aree marittime e insidiose zone costiere. Il Protector dispone di un sistema d'arma leggero composto da una torretta a controllo remoto Mini-Typhoon, armata con una mitragliatrice (Mg, Browning o Gatling) o un lanciagranate. Lungo 9 metri, è un mezzo ideale per sorvegliare a costi contenuti spazi marittimi di interesse strategico nell'ambito della protezione di attività economiche (pesca, giacimenti off-shore), di ricerca e soccorso e di sorveglianza anti-intrusione (antiterrorismo o contro l'immigrazione clandestina) come di scorta a mercantili e protezione aree portuali e costiere. Il Protector è stato acquistato dalla marina di Singapore ed è stato presentato a Us Navy e Us Coast Guard. Il mercato delle imbarcazioni teleguidate sembra potersi sviluppare enormemente e in molti paesi vengono avviati programmi di ricerca e di sviluppo mentre piccole unità leggere teleguidate (Unmanned Surface Vessels) sono state presentate negli ultimi mesi anche dai cantieri svedesi Kockums.
(Il Sole 24 Ore, 10 novembre 2009)
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Shoah: a Bracciano una mostra sul codice d'onore che salvo' gli ebrei
ROMA, 10 nov. - Negli anni drammatici della seconda guerra mondiale e della persecuzione razziale nei confronti delle popolazioni ebraiche, in Albania gli ebrei si salvarono grazie al Besa: il codice d'onore dell'ospitalita' che li difese dalla furia antisemita. A raccontare questa vicenda, ancora poco nota, e' la mostra 'Besa: un codice d'onore' in programma fino al 27 dicembre al chiostro degli Agostiniani di Bracciano.
La rassegna, finanziata dall'assessorato alle Politiche Sociali e Istruzione e dall'assessorato alle Politiche Culturali, e' stata realizzata con la collaborazione dello Yad Vashem- Centro studi sulla Shoah di Gerusalemme e con il patrocinio e il supporto della Consulta comunale per le politiche migratorie.
Un viaggio della memoria riproposto attraverso le suggestive immagini del fotografo americano Norman Gershman che per cinque anni ha percorso l'Albania recuperando le testimonianze di questo straordinario salvataggio che riguardo' quasi 2 mila ebrei e documentandolo attraverso i ritratti dei salvatori e dei loro discendenti. Un reportage che rende onore a quegli Albanesi musulmani che salvarono gli ebrei durante la Shoah fino al punto di donare loro abiti e nomi musulmani, pur di 'obbedire' al Besa: l'antico codice d'onore del popolo albanese, profondamente radicato nella cultura e nelle usanze di questo popolo.
(Adnkronos, 10 novembre 2009)
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Mibac, in Israele la Carta del rischio che tutela il patrimonio
di Paolo Fantauzzi
ROMA, 10 nov - Mettere a confronto i tecnici impegnati nella gestione del patrimonio culturale per individuare strategie comuni nella riduzione dei rischi. È l'obiettivo del secondo seminario internazionale organizzato dall'Unesco che da sabato a martedì si svolgerà ad Acri (Akko), in Israele. Dodici mesi dopo il primo appuntamento che si era svolto a Olimpia, in Grecia, gli studiosi che parteciperanno alla sessione faranno il punto della situazione sull'avanzamento di soluzioni condivise in caso di calamità naturali e disastri, in primo luogo terremoti. Perché la sismicità è un flagello che unisce tutta la geologia dell'area mediterranea dal Medio oriente alla Spagna all'Italia, come ha dimostrato la scossa che ad aprile ha distrutto L'Aquila. E proprio le esperienze maturate nel contesto abruzzese saranno al centro dell'intervento del vicecommissario alla Protezione civile, Luciano Marchetti, dedicato alle modalità con cui è stata gestita l'emergenza e avviata la ricostruzione dei siti storico-artistici danneggiati.
Ma nell'incontro di Acri, ci sarà spazio anche per l'Istituto centrale del restauro, una delle due scuole di alta formazione del ministero dei Beni culturali (l'altra è l'Opificio delle pietre dure di Firenze). Proprio l'Icr, infatti, ha realizzato negli anni scorsi la "Carta del Rischio", un sistema informativo che raccoglie circa 100 mila schede di monumenti italiani con lo scopo di fornire agli istituti e agli enti statali e locali tutte le informazioni necessarie alla loro tutela, salvaguardia e conservazione. "Lavoriamo sulla prevenzione e quindi soprattutto in ambito Unesco c'è molto interesse a standardizzare le procedure per estendere anche all'estero quella che al momento è una banca dati solo nazionale - spiega al VELINO Alessandro Bianchi, storico dell'arte e coordinatore del Sistema informativo territoriale (Sit) che gestisce la Carta del rischio -. La struttura del sito esiste da dieci anni, ma lo sviluppo pratico è iniziato solo da cinque. Molto in ogni caso dipende dalla capacità dell'amministrazione di valorizzare questo strumento. Se si è consapevoli della particolare urgenza di proteggere alcuni monumenti, le informazioni sono ben gestibili da un punto di vista tecnico".
Un esempio lo ha fornito, nel 1997, il terremoto che colpì l'Umbria e le Marche. In quella circostanza, proprio con la Carta del rischio, soprintendenti e vicecommissari delle due regioni ebbero a disposizione in meno di due ore tutti gli elementi necessari per organizzare e attivare le squadre di rilevamento e di controllo dei danni riportati dal patrimonio culturale. Un'indagine che fu possibile compiere in maniera abbastanza semplice, grazie alla catalogazione effettuata in precedenza: tracciando una circonferenza di un raggio 30 chilometri intorno all'epicentro, il sistema telematico aveva individuato tutti i comuni colpiti, fornendo così tutte le informazioni sulla consistenza, la distribuzione, la tipologia e la localizzazione dei beni culturali presenti in quelle aree. Altro vantaggi, i costi sono abbastanza contenuti, anzi praticamente inesistenti. "Una scheda di rilevazione può costare 300-400 euro a monumento, ma il sistema informatico non ha costi aggiuntivi. Gli unici - osserva Bianchi - riguardano la sua realizzazione e gestione e 'spalmati' sulle migliaia di monumenti rilevati finiscono per diventare quasi irrisori".
(il Velino, 10 novembre 2009)
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Israele: decine di migliaia di razzi in mano agli Hezbollah
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Gaby Eshkenazy |
L'arsenale degli Hezbollah include diverse decine di migliaia di razzi, alcuni dei quali con un raggio di 300 km. e perciò in grado di colpire le maggiori città israeliane. Lo ha affermato oggi il capo di stato maggiore israeliano Gaby Eshkenazy in una relazione alla commissione esteri e difesa della Knesset. Secondo l'alto ufficiale, inoltre, anche Hamas, al potere nella striscia di Gaza, si sta riarmando intensamente e come gli Hezbollah si sta preparando all'eventualità di un nuovo conflitto con Israele. Secondo Ashkenazy, perciò, la calma che attualmente regna lungo i confini nord e sud di Israele è ingannevole. Alcuni giorni fa la marina israeliana ha intercettato un mercantile con un carico di 500 tonnellate di armi, inclusi diversi tipi di razzi, apparentemente inviate dall' Iran agli Hezbollah. Nel 2006, durante il conflitto con Israele in sud Libano, gli Hezbollah lanciarono circa quattromila razzi sui centri abitati israeliani nel nord causando diverse vittime civili, ingenti danni alle abitazioni e costringendo un milione di persone a stare nei rifugi o a trasferirsi provvisoriamente in aree non minacciate.
(L'Unione Sarda, 10 novembre 2009)
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Ministro di Israele minimizza su contrasti con gli Usa
GERUSALEMME, 10 nov. - Un ministro israeliano che accompagna il capo dal governo, Benjamin Netanyahu, durante la sua visita a Washington ha minimizzato sui contrasti tra il suo Paese e gli Stati Uniti.
"Netanyahu è stato ricevuto per un'ora e quaranta alla Casa Bianca, di cui un'ora e mezzo in un faccia-a-faccia con il presidente Barack Obama. Questo dimostra che i rapporti tra i due Paesi sono normali e migliorano costantemente", ha dichiarato alla radio pubblica il ministro dell'Informazione e della Diaspora, Youli Edelstein. "Netanyahu è ottimista. Ovunque è stato ricevuto calorosamente, in particolare al Senato (a Washington), e auspica che gli Stati Uniti continuino a essere coinvolti nel processo di pace" in Medio Oriente, ha aggiunto.
I colloqui tra Netanyahu e Obama sono stati avvolti dal massimo riserbo e la Casa Bianca si è limitata a diramare uno stringato comunicato di tre frasi per darne conto. Secondo questo testo, i due leader hanno "discusso dell'Iran e del modo di far avanzare la pace in Medio Oriente".
(Apcom, 10 novembre 2009)
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Israele, veicolo con bombole di gas bloccato alla Knesset
GERUSALEMME - Momenti di tensione si sono avuti alla Knesset (il parlamento di Gerusalemme) dove stamane i guardiani sono riusciti a bloccare un veicolo che tentava di forzare uno dei cancelli di ingresso.
Secondo le prime informazioni all'interno del veicolo c'erano bombole di gas.
L'autista del veicolo è stato fermato e preso in custodia dai guardiani. La sua identità e i suoi moventi non sono ancora noti.
L'uomo è un abitante di Gerusalemme che si è presentato all'ingresso del parlamento a bordo della sua automobile Mazda. Là ha minacciato di compiere un suicidio facendo esplodere bombole di gas che aveva a bordo. Ma i custodi hanno subito avuto il sopravvento e non si segnalano vittime.
A quanto pare all'origine del gesto disperato dell'uomo ci sarebbe una vertenza con le autorità municipali relative alla sua abitazione.
(swissinfo.ch, 10 novembre 2009)
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Jeremic: il ricordo al pogrom degli ebrei è una responsabilità permanente
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Vuk Jeremic |
Il ministro serbo degli esteri Vuk Jeremic ha dichiarato che il ricordo al pogrom degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale rappresenta una responsabilità morale, politica e sociale. Oggi non è soltanto la giornata di ricordo ai crimini più gravi, ma anche alla lotta antifascista e alla vittoria dell'idea di uguaglianza e giustizia come antipodi all'estremismo razziale, ha dichiarato Jeremic alla celebrazione della Giornata internazionale della lotta contro il fascismo e l'antisemitismo nel Teatro popolare. Lui ha rilevato che le uccisioni di massa e le persecuzioni rappresentano l'apice delle attività anticivili. Jeremic ha ricordato che nella Notte dei cristalli, fra il 9 e il 10 novembre del 1939, furono distrutte quasi tutte le sinagoghe in Germania, i cimiteri e i negozi ebraici, che furono uccisi centinaia di ebrei sul luogo, e oltre 20mila furono arrestati e portati nei campi di concentramento. Evidenziando che la Notte dei cristalli è l'inizio simbolico dell'Olocausto e del pogrom organizzato contro gli ebrei, crimine commesso su 6 milioni di civili innocenti, Jeremic ha rilevato che questo era un crimine senza precedenti nella storia mondiale. Lui ha fatto sapere che la Serbia oggi è un paese che va in avanti, orgogliosa della propria tradizione ed identità, e che oggi, come durante la Seconda guerra mondiale, è un testimone che la libertà e la giustizia sono le uniche fondamenta mantenibili del vero patriottismo. I nostri antenati ci hanno lasciato un nome degno, e il ricordo alla lotta di cui senso è incorporato nelle fondamenta dell'Europa moderna, il più grande progetto pacifico nella storia dell'umanità, ha sottolineato Jeremic. Secondo lui, la Serbia si adopererà coraggiosamente e con dignità anche in futuro per la pace e per il dialogo fra i popoli. Jeremic ha annunciato che, in segno di ricordo ai cittadini che parteciparono nella Guerra civile spagnola, la settimana prossima a Madrid sarà innalzato una lapide commemorativa, dedicato ai partecipanti e alle vittime serbe in questi scontri. Al raduno erano presenti, fra l'altro, i partecipanti alla Guerra civile spagnola di Serbia, i veterani della Seconda guerra mondiale, gli ex detenuti nei campi di concentramento e i rappresentanti della comunità ebraica.
(Radio Srbija, 9 novembre 2009)
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La migliore cinematografia israeliana in anteprima a Roma
ROMA, 9 nov. - Dal 14 al 18 novembre alla Casa del Cinema di Roma si terra' la settima edizione del 'Pitigliani Kolno'a Festival', la rassegna di cinema ebraico ed israeliano, diretta dal noto critico cinematografico italo-israeliano Dan Muggia e dalla giornalista Ariela Piattelli, e organizzata dal Centro Ebraico Italiano "Il Pitigliani" in collaborazione con l'Ambasciata di Israele e con il Patrocinio e il sostegno della Regione Lazio e della Provincia di Roma e del Comune di Roma. La nuova cinematografia israeliana, cresciuta nel corso degli ultimi anni ha iniziato anche a vincere. Il successo di ''Valzer con Bashir'' di Ari Folman, in concorso al 61o Festival di Cannes e Golden Globe 2009 per il miglior film straniero, e il Leone d'Oro come miglior film alla 66esima Mostra del Cinema di Venezia a ''Lebanon'' di Samuel Maoz, ne sono la testimonianza.
Il festival offrira' al pubblico la possibilita' di vedere sia film di questa stagione cinematografica, particolarmente felice per il cinema israeliano, che grandi classici, pellicole storiche che mostreranno la complessita' del panorama israeliano. Anche quest'anno quattro sono le sezioni: La sezione 'Sguardo sul nuovo cinema israeliano' prevede lungometraggi e documentari. Alcuni tra i film selezionati hanno gia' avuto grande riscontro di pubblico e critica, altri saranno per la prima volta in Italia grazie al 'Pitigliani Kolno'a Festival'.
L'apertura del festival, sabato 14 novembre, sara' dedicata alla commedia: il regista Sharon Maymon e l'attore Itzik Cohen presenteranno ''A Matter of Size'', una pellicola che ha avuto un grande successo in Israele e che mette al centro della storia un gruppo di obesi emarginati che cercano la propria rivalsa. Emarginati sono anche i protagonisti di ''Guy'' di Ilan Jarzina e di ''And Thou Shalt Love'' di Chaim Elbaum, che, rispettivamente, raccontano di un kibbutzista laico 'pentito' ed ora ortodosso con l'aspirazione di diventare un cantante, e un religioso omosessuale che fa i conti con la sua identita'.
(Adnkronos, 9 novembre 2009)
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Intel aprirà nuovo impianto a Gerusalemme domenica prossima
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Intel chip wafer |
GERUSALEMME - Intel, Il più grande produttore mondiale di chip, ha annunciato che aprirà un nuovo impianto di preparazione delle matrici a Gerusalemme la settimana prossima.
Nel 2008 la società aveva chiuso nella stessa città una vecchia fabbrica di chip per riconvertila.
La preparazione delle matrici è il passo successivo alla produzione dei wafer di silicio.
Un portavoce di Intel ha detto che la fabbrica - costata decine di milioni di dollari per la riconversione, e che impiega 150 persone - aprirà ufficialmente i battenti domenica prossima.
Intel è uno dei principali esportatori di Israele, con circa 1,4 miliardi di dollari nel 2008. Finora la preparazione delle matrici per i chip wafer di Intel avveniva in Asia.
In Israele Intel dispone anche di quattro centri di ricerca e sviluppo.
(Reuters, 9 novembre 2009)
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Libano, Hezbollah si prepara a conflitto "diverso" con Israele
ROMA, 9 nov - Hezbollah si sta rapidamente riarmando in vista di un nuovo conflitto con Israele. Lo rivela il britannico Observer dopo un'intervista a un comandante del movimento sciita. "Ci stiamo riarmando, certamente, e abbiamo molti più missili rispetto al 2006", conferma il miliziano libanese, il quale fa capire che Hezbollah è pronto ad una diversa strategia per affrontare un eventuale attacco da parte dello Stato ebraico: "Abbiamo dovuto far esplodere o lasciare alcuni bunker e alcune postazioni - ammette il comandante - ma ancora abbiamo una notevole capacità nel sud". Che la milizia sciita si stia preparando a una guerra diversa, più basata a nord, viene confermato da Andrew Exum, esperto militare e in particolare di Hezbollah: "Sembra che stiano rinforzando i villaggi per il prossimo round di combattimenti mentre stanno muovendo le loro posizioni fisse più a nord rispetto a Unifil, così da proteggere l'approccio a Beirut e la valle di Bekaa".
Anche Israele, secondo l'Observer, si prepara a una guerra diversa, meno basata sui bombardamenti aerei. In particolare, gli strateghi israeliani si preoccupano di come favorire l'utilizzo dei carri armati. Nel 2006 i razzi e le mine intrappolarono 24 tank israeliani che puntavano a un'area strategica nei pressi del fiume Litani, distruggendone undici. Proprio l'uso dei carri armati potrebbe determinare la data in cui lo Stato ebraico potrebbe attaccare. Il comandante hezbollah intervistato dal giornale inglese ha infatti affermato: "Ci aspettiamo che attacchino presto, se non questo inverno la prossima primavera, quando il terreno non sarà troppo soffice per i loro mezzi cingolati".
(il Velino, 9 novembre 2009)
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Muro di Berlino: i tedeschi ricordano anche la Notte dei Cristalli
BERLINO, 9 nov. - La gioia per le celebrazione del ventesimo anniversario della caduta del Muro non ha fatto dimenticare in Germania l'altro 9 novembre, quello della 'Notte dei cristalli' del 1938, che segna l'avvio della persecuzione contro gli ebrei. "Il 9 novembre 1938 e il 9 novembre 1989 sono legati", ha dichiarato oggi il presidente tedesco Horst Koheler, spiegando che il mondo ha avuto fiducia nella Germania e ne ha permesso la riunificazione perche' "noi tedeschi abbiamo imparato la necessaria lezione" della seconda guerra mondiale.
"Non dobbiamo dimenticare che se 20 anni fa si sono aperte le porte alla liberta', il pogrom di 71 anni fa porto' all'apertura delle porte di Auschwitz", ha commentato Charlotte Knobloch, presidente del Consiglio delle Comunita' ebraiche tedesche, mentre l'anniversario veniva ricordato in tutte le sinagoghe tedesche. "L'antisemitismo e' ancora un problema in Germania", ha poi notato, facendo riferimento alle svastiche tracciate ieri sui muri di una sinagoga di Dresda.
(Adnkronos, 9 novembre 2009)
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Jihad islamica: "Israele attaccherà Gaza in primavera"
"Ci aspettiamo che le truppe israeliane diano il via a una nuova offensiva su Gaza entro la prossima primavera". È quanto ha annunciato un alto dirigente della Jihad Islamica palestinese al giornale arabo al-Hayat.
L'esponente islamico, di cui il quotidiano non ha fornito il nome, sostiene che "entro i prossimi mesi ci sarà una seconda guerra su Gaza. Si tratterà di un conflitto molto duro, che potrebbe iniziare anche prima o al più tardi in primavera che servirà ad Israele per testare la sua forza militare".
La Jihad Islamica si dice pronta ad affrontare una nuova guerra a Gaza coordinandosi con le forze di Hamas. L'esponente islamico non esclude infine anche una nuova guerra sul Libano perché "Israele non può accettare che ci siano forze militari ostili lungo il proprio confine, che sia a Gaza o in Libano", facendo riferimento alle notizia sui rifornimenti militari per Hezbollah scoperti la scorsa settimana su una nave al largo di Cipro.
(l'Occidentale, 9 novembre 2009)
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Le storie mai raccontate dei martiri di Israele
Per la prima volta, in un libro, i ritratti delle vittime dell'odio islamista. Giovani e vecchi, uomini e donne. Abbattuti sull'autobus, al bar, al mercato. Uccisi per la sola "colpa" di essere ebrei.
di Sandro Magister
ROMA, 9 novembre 2009 - Oggi gli ebrei di tutto il mondo commemorano i loro martiri della "notte dei cristalli", cioè le vittime del pogrom nazista della notte tra il 9 e il 10 novembre 1938, in Germania.
Di quel massacro e poi del tremendo successivo sterminio degli ebrei ad opera del Terzo Reich oggi si fa universale e penitenziale memoria.
Non accade invece lo stesso, in Europa e in Occidente, per le numerose altre vittime ebree che cadono da anni in Israele, aggrediti dal terrorismo musulmano.
Ogni volta che qualcuno di loro viene ucciso, entra nelle notizie e presto ne esce. Finisce sommerso nell'indistinto della "questione palestinese", letta da molti come prodotto della "colpa" di Israele.
Intanto, una famiglia israeliana su trecento è stata già colpita da un attentato. Le azioni terroristiche si contano a migliaia. Gli attentati suicidi andati a bersaglio sono più di 150 e per ogni attentato eseguito la polizia israeliana calcola di averne prevenuti altri nove. A tutt'oggi, il totale dei morti è di 1723, di cui 378 donne. I feriti sono più di diecimila.
Alla distrazione dell'occhio occidentale e cristiano di fronte a questo stillicidio di vittime, colpite sistematicamente nel tran tran quotidiano, sugli autobus, nelle caffetterie, nei mercati, in casa, reagisce un libro che per la prima volta racconta le loro storie. Ci dice finalmente chi sono.
Il libro è uscito da un mese in Italia e presto sarà tradotto a New York e Londra. Ha per titolo "Non smetteremo di danzare". E per sottotitolo: "Le storie mai raccontate dei martiri di Israele".
L'autore, Giulio Meotti, è già noto ai lettori di www.chiesa per due suoi reportage che hanno avuto grande risonanza: sulla città più islamizzata d'Europa, Rotterdam, e sui "giovani delle colline", i coloni israeliani dell'ultima generazione.
Questo suo ultimo libro si apre con una prefazione del filosofo inglese Roger Scruton e con una lettera di Robert Redeker, lo scrittore francese che vive in una località segreta da quando è stato minacciato di morte da islamisti fanatici.
(LEspresso, 9 novembre 2009)
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Missile lanciato contro Sderot
Proiettile lanciato da Striscia di Gaza
Un razzo palestinese lanciato dalla Striscia di Gaza è esploso in territorio israeliano, vicino la città di Sderot, senza causare vittime o danni. Lo rendono noto fonti di polizia. Secondo un bilancio dell'Esercito israeliano, almeno 266 tra razzi e colpi di mortaio sono stati sparati contro Israele dalla fine, lo scorso gennaio, dell'offensiva israeliana contro il movimento islamico di Hamas che controlla la Striscia di Gaza.
(TGCOM.it, 9 novembre 2009)
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Abdallah: "Israele deve smettere di giocare con il fuoco"
Israele deve "smettere di giocare con il fuoco". È il messaggio lanciato da re Abdallah di Giordania in un'intervista pubblicata oggi dal quotidiano edito a Londra al-Hayyat, in cui ha affermato che il persistere della situazione di stallo in cui si trovano i negoziati di pace isrealo-palestinesi è come "camminare in un abisso".
"Se non ci sono progressi, se non c'è un orizzonte, sono preoccupato per la Palestina e per l'intera regione", ha detto il monarca hashemita, invitando lo Stato ebraico a "comprendere lo status di Gerusalemme" come città condivisa da ebrei, musulmani e cristiani e, su queste tematiche, a "non giocare con il fuoco".
Abdallah è arrivato a Londra ieri in compagnia della consorte Rania per una visita ufficiale che prevede incontri con le autorità locali, tra cui il premier Gordon Brown, dedicati alla crisi mediorientale. In programma anche un discorso al British Royal College for Defence Studies.
(l'Occidentale, 9 novembre 2009)
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Chi ama Israele? 13 modi per riconoscersi
di Ugo Volli
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Ci sono gli antisemiti puri e semplici, quelli che gli ebrei hanno il nasone e vogliono dominare il mondo. Sono il 90% del mondo islamico e parecchi altri. Ma non basta. Vicino a loro ci sono quelli che "io non sono antisemita, non sono antirazzista; ma antisionista sì, perché il sionismo è una forma di colonialismo". Diciamo il 90 % dei comunisti, ex e post. Ma non basta. Ci sono quelli che dicono "io non sono antisemita, io non sono antisionista, sono per Israele, amo Israele; ma sono contro le sue politiche, contro il suo governo [e dunque anche contro il popolo che l'ha scelto, ma questo di solito non lo dicono], bisogna prenderli a ceffoni per il loro bene." Sono il 90% della sinistra ebraica, i Goldstone, i J Street eccetera. Per costoro, la "chutzpa lobby", come li chiama qualcuno, o per chi si trova a discutere con costoro, vi riassumo e vi adatto qui un decalogo, anzi un 13-logo scritto da un grande intellettuale ebreo americano, Mitchell Bard, direttore della Jewish Virtual Library, su come si distingue oggi uno che "ama Israele" per davvero, al di là di tutte le retoriche e i buonismi. Chi ama Israele:
- Crede che il popolo ebraico sia una nazione che ha diritto all'autodeterminazione nella sua patria, che è Israele
- Rispetta la democrazia israeliana e non sostituisce il suo giudizio a quello degli elettori israeliani
- Enfatizza ciò che di buono fa Israele, senza nascondere i suoi errori, non enfatizza gli errori ignorando gli aspetti positivi
- Critica Israele, se deve farlo, prima di tutto dentro il mondo ebraico e non cerca pubblicità facendo in pubblico l'ebreo dissenziente da Israele. Israele è forse la sola nazione il cui primo ministro consulta regolarmente i non cittadini.
- Rifiuta l'idea che sia giusto criticare in pubblico il governo israeliano perché lo fanno i cittadini in Israele. Gli israeliani hanno esperienze e storia in comune, che gli abitanti degli altri paesi non condividono. La discussione in Israele e nella diaspora ha un senso diverso.
- Rispetta il giudizio dei militari israeliani, che non sono infallibili, ma certamente ne sanno di più degli strateghi da salotto dei giornali europei.
- Cerca di agire nel consenso. Magari questo significa rinunciare a qualche posizione, ma il consenso ebraico è uno dei pochi vantaggi sulla pressione della lobby araba.
- Conosce la storia e i fatti del medio oriente e sa riconoscere gli errori della propaganda palestinese.
- Non sostituisce il suo desiderio alla realtà. Tutti vorrebbero la pace, ma bisogna vedere se è possibile, non solo se sia desiderabile.
- Non si allea con i nemici di Israele, anche per cause che appaiono "buone"
- Conosce il suo ambiente comunicativo e sa che le sue parole potranno essere sfruttate perché dette da un ebreo o da un amico di Israele.
- Sostiene gli sforzi per la pace del governo israeliano, comprendendone i rischi e le difficoltà, senza cullarsi nella sicurezza della sua casa in America o in Europa.
- Desidera la pace, ma sa che per molti gruppi la ricetta per la pace in Medio Oriente è la sparizione di Israele e non si confonde con loro.
A questi punti io ne aggiungo un altro, che li riassume tutti: chi ama Israele oggi lo ama per davvero, come si ama un padre o un fratello maggiore, non come si ama un bambino piccolo da educare. Gli vuole bene, gli è legato, lo aiuta, è disposto a imparare da lui e ha fiducia in lui "a prescindere", perché conosce la sua natura e la sua identità. Il resto sono chiacchiere.
(Informazione Corretta, 8 novembre 2009)
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Israele: uno squillo di telefono avvertirà l'arrivo di missili
Israele sta mettendo a punto una nuova tecnologia in base alla quale, nella evenienza di un attacco missilistico sulle sue retrovie, nella zona immediatamente esposta al rischio squilleranno tutti i telefoni cellulari. In quel modo sarà possibile salvare vite umane. Uno dei dirigenti del Comando delle retrovie, il col. Hilik Sofer, ha spiegato al Jerusalem Post che si stanno mettendo a punto sensori capaci di stabilire - mediante una "ellisse virtuale" - la esatta traiettoria di ogni razzo o missile lanciato contro Israele. Il nuovo sistema, ha notato il Col. Sofer, sarà molto più preciso delle attuali sirene di allarme e dunque la popolazione allertata di volta in volta sarà più ristretta. La settimana scorsa le sirene di allarme sono risuonate a Tel Aviv nel contesto di una esercitazione delle retrovie che simulava un attacco di razzi sulla città. Secondo i responsabili militari israeliani, sia Hamas da Gaza sia Hezbollah dal Libano possono teoricamente minacciare la città, o almeno la sua periferia.
(L'Unione Sarda, 8 novembre 2009)
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Casa natale di Hitler: il gruppo EveryOne propone di farne una Pinacoteca della Shoah
Il Gruppo EveryOne propone al governo dello Stato di Israele di acquistare la casa in cui nacque Adolf Hitler - messa in vendita nei giorni scorsi dalla proprietà - per farne una Pinacoteca dell'Olocausto, nel luogo-simbolo in cui ebbe origine "la banalità del male" ed ebbero inizio i germi dello sterminio. "La nostra organizzazione è pronta a donare allo Stato di Israele," dichiarano Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, co-presidenti dell'organizzazione antirazzista, "circa 200 quadri realizzati da pittori ebrei scomparsi nei lager o sopravvissuti alla Shoah, una collezione di inestimabile valore creata negli anni dai nostri esperti dell'Olocausto, dopo meticolose ricerche in tutto il mondo sulle tracce degli artisti assassinati dai nazisti o entrando in contatto con i sopravvissuti". Il costo della casa, che si trova nella cittadina austriaca di Braunau am Inn, è di circa 2 milioni di euro: un costo che potrà essere ammortizzato rapidamente attraverso biglietti di ingresso, pubblicazioni, documentari, opere audiovisive, film e sponsorizzazioni. "Riteniamo di grande importanza che la cultura della Memoria e della tolleranza razziale," concludono gli attivisti, "possa sostituire la cultura dell'odio e del male, in un luogo che è emblematico almeno come Auschwitz, offrendo frutti di pace e uguaglianza alle generazioni future". I fondatori e leader del Gruppo EveryOne, che sono artisti e uomini di cultura, oltre che attivisti per i Diritti Umani, hanno realizzato diverse opere e iniziative per la Memoria dell'Olocausto: il documentario sostenuto dal Museo Yad Vashem di Gerusalemme "In viaggio con Anne Frank", che ricostruisce la vicenda della giovane vittima dell'odio razziale; i libri "Le 100 Anne Frank", "Poesie dell'Olocausto" e "Insegnare l'Olocausto"; l'opera teatrale "Anne in the sky", con la regista israeliana Angelica Calò; i cortometraggi "Binario 21" e "Grune Rose". Alcune delle opere d'arte che il Gruppo EveryOne intende donare al progetto sono state esposte con grande successo di pubblico durante il Giorno della Memoria 2009 in provincia di Milano.
(IMGpress, 8 novembre 2009)
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Milano celebra il centenario di Tel Aviv con una rassegna di film israeliani
MILANO, 8 nov. - Il cinema israeliano sbarca a Milano per celebrare il centenario della nascita di Tel Aviv, far conoscere temi diversi dal conflitto israelo palestinese e aspetti meno noti della citta' che non si esaurisce nelle sue spiagge, nella sua vita notturna e nei suoi caffe'. Dal 17 al 22, al cinema Gnomo (Via Lanzone 30/A) si svolgera' la rassegna ''Cinematov 2009: La collina della primavera: cinema israeliano da Tel Aviv'', promossa dall'Assessorato alla cultura, in collaborazione con la comunita' ebraica di Milano, il ministero degli esteri israeliano, l'Associazione Italia-Israele di Milano e Movingimage.
''Nell'ultimo decennio, il cinema israeliano ha cominciato a essere noto in tutto il mondo, riscuotendo eccellenti critiche, oltre a prestigiosi premi tra cui il Leone d'oro nell'ultimo Festival di Venezia con 'Lebanon' di Shmulik Maoz. La produzione cinematografica sul conflitto israelo-palestinese e' ormai conosciuta all'estero - spiega la curatrice della rassegna, Marta Teitelbaum - ma il cinema israeliano s'interessa a soggetti molteplici, che riflettono i mille volti di una societa' dinamica, multiculturale, non esente da profonde contraddizioni''.
Ed e' proprio questo lo scopo della manifestazione, quello di far conoscere alcuni di questi volti e nello stesso tempo rendere omaggio al ''Secolo di Tel Aviv'', citta' gemellata con Milano. Costruita, nel 1909 - come quartiere ebraico dell'allora importante porto di Jaffa, popolato essenzialmente da arabi - Tel Aviv (letteralmente ''la Collina della Primavera'') e' diventata presto una metropoli in movimento, centro economico, commerciale, finanziario e culturale d'Israele.
(Adnkronos, 8 novembre 2009)
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Haaretz: "Impegno degli Usa a riconoscere lo Stato palestinese"
Il premier palestinese Salam Fayad sarebbe segretamente riuscito ad ottenere dall'amministrazione di Barack Obama l'impegno degli Stati Uniti a riconoscere uno Stato palestinese entro i confini antecedenti la guerra dei sei giorni del 1967, ossia in Cisgiordania, a Gaza e a Gerusalemme est.
Lo afferma con grande evidenza il quotidiano Haaretz di Tel Aviv secondo cui questo sviluppo desta vivo allarme nei vertici politici israeliani. Il giornale spiega che Fayad intende dedicare i prossimi due anni al rafforzamento delle istituzioni politiche e della economia nei Territori. Quindi progetta di chiedere dalla Lega Araba e dalle Nazioni Unite il riconoscimento dello Stato palestinese. Francia, Gran Bretagna, Svezia e Spagna gli hanno già espresso incoraggiamento, afferma Haaretz.
Gli Stati Uniti non hanno manifestato contrarietà e Fayad, precisa il giornale, è persuaso di aver già ricevuto il loro sostegno. Queste notizie vengono pubblicate mentre il premier Benyamin Netanyahu è diretto verso gli Stati Uniti per partecipare alla Assemblea Generale (GA) delle federazioni ebraiche americane.
Ancora non è noto se incontrerà il presidente degli Stati Uniti Barack Obama: cosa che viene interpretata dalla stampa locale come un gesto di ostentata freddezza da parte della Amministrazione verso il leader del Likud.
(l'Occidentale, 8 novembre 2009)
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Chrome viola un brevetto israeliano
Lo sostiene Red Bend Software. Uno degli algoritmi di compressione usati da Google nel suo browser sarebbe utilizzato abusivamente. Nessun commento da Mountain View.
Chrome violerebbe un brevetto depositato nel 2003 da Red Bend Software, un'azienda israeliana che produce software per cellulari.
Il browser di BigG si serve di una tecnologia denominata Courgette per comprimere e inviare gli update. Il nodo della questione sarebbe da ricercare in un algoritmo che Google non solo avrebbe utilizzato senza autorizzazione, ma avrebbe anche distribuito liberamente i sorgenti essendo Chrome un software open source.
Secondo Red Bend Software a Mountain View erano da tempo a conoscenza del problema, e la mancanza di un intervento risolutivo ha spinto la società israeliana a rivolgersi a una corte del Massachusetts per ottenere giustizia. Dal Googlplex replicano invece di non aver ricevuto nessuna comunicazione in merito: al momento non è stato rilasciato alcun commento ufficiale sull'intera vicenda.
(Portalino.it, 8 novembre 2009)
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Cisgiordania, migliaia in piazza chiedono ad Abbas di restare
HEBRON - Migliaia di palestinesi sono scesi in piazza a Hebron oggi per chiedere a Mahmoud Abbas, meglio noto in Italia col nome di Abu Mazen, di correre per un nuovo mandato presidenziale, dopo l'annuncio del suo ritiro.
Sventolando bandiere, i sostenitori di Abbas hanno riempito le strade di Hebron per salutare il presidente che ha condotto un raro tour in Cisgiordania, parte dei territori in cui i palestinesi vorrebbero far sorgere il loro stato.
"Abbas non lasciare!", gridava la folla.
Le scene di piazza sono state trasmesse dalla tv palestinese, che ha continuato a proporre programmi a sostegno di Abbas dalla sua dichiarazione di non partecipazione alle prossime elezioni presidenziali previste per il 24 gennaio.
Molti analisti ritengono che il suo annuncio sia stato solo una tattica per spingere gli Stati Uniti a fare ulteriore pressione su Israele affinché metta fine alla costruzione di nuovi insediamenti in Cisgiordania.
Ma il capo dei negoziatori palestinese Saeb Erekat ha detto che quella di Abbas non è affatto una tattica.
Abbas, 74 anni, ha costruito la sua carriera politica intorno ai negoziati di pace con Israele. Anche l'Olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina), che lui stesso presiede dopo aver preso il posto di Yasser Arafat cinque anni fa, gli ha chiesto di restare.
(Reuters, 8 novembre 2009)
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Germania: sinagoga di Dresda imbrattata con svastiche
DRESDA, 8 nov. - La sinagoga della citta' di Dresda e' stata imbrattata con svastiche alla vigilia dell'anniversario della 'notte dei cristalli', il 9 novembre 1938, in cui ebbe inizio il genocidio degli ebrei. Lo ha riferito la polizia tedesca, spiegando che il muro esterno alto sei metri del tempio e' stato imbrattato con i simboli nazisti nonostante la sorveglianza che gli agenti garantiscono notte e giorno.
(Adnkronos, 8 novembre 2009)
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Medio Oriente Lezioni di suicidio politico: il caso Abu Mazen
di Fiamma Nirenstein
Fine settimana piuttosto luttuosa per le politiche di conciliazione internazionale, di cui il patrono è Barack Obama. Da una parte, il rifiuto ormai chiaro dell'Iran a seguire il piano occidentale che doveva portare a un rallentamento della costruzione del suo nucleare, con immediata e ossequiosa sostituzione del piano da parte di El Baradei e entrata in scena della Turchia; dall'altra parte lo sconcerto occidentale di fronte al ritiro di Abu Mazen dalla competizione elettorale da lui stesso fissata per il 24 gennaio. Bernard Kouchner, ministro degli Esteri francesi è il più disperato e chiede a Abbas di ripensarci: il suo abbandono è una minaccia non solo per la pace, dice, ma «per tutti noi». Anche Hillary Clinton spera di continuare con Mahmoud Abbas «qualsiasi sarà la sua posizione»....
(il Giornale, 8 novembre 2009)
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Il Nobel Kertesz: mai più a Budapest, razzista e antisemita
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Imre Kertész |
BERLINO, 7 nov. - Non tornera' mai piu' a vivere a Budapest, la sua citta' natale, nella quale ha trascorso quasi tutta la sua esistenza, poiché nella capitale ungherese ci sono troppi estremisti di destra e antisemiti. Lo ha dichiarato in un'intervista al quotidiano 'Die Welt', il premio Nobel del 2002 per la Letteratura Imre Kertész, che lunedi' prossimo compie 80 anni e da otto anni vive con grande soddisfazione nella capitale tedesca. "Ho appena trascorso dieci giorni a Budapest, una citta' completamente balcanizzata", ha spiegato lo scrittore, "ma la situazione negli ultimi dieci anni e' andata continuamente peggiorando. A dettare legge sono gli estremisti di destra e gli antisemiti, mentre continuano a proliferare i vecchi vizi degli ungheresi, come la falsita' e la tendenza alla rimozione del passato. Temi come il comportamento degli ungheresi in guerra, sotto il fascismo ed il socialismo, non vengono riesaminati, tutto viene ricoperto da una patina di mistificazione". "Io sono un prodotto della cultura europea, un decadente, se volete, e anche uno sradicato", ha proseguito lo scrittore, "ma non etichettatemi come ungherese. Mi basta il fatto che i tedeschi abbiano fatto di me un ebreo. Connotazioni razziali ed appartenenze nazionali per me non contano". Kertész ha rivelato anche i motivi del suo attaccamento alla capitale tedesca, che lo spingono a definirsi con le famose parole di John F. Kennedy, "ich bin ein Berliner", io sono un berlinese. "La ragione decisiva che mi ha spinto a vivere qui da otto anni - spiega - e' che Berlino e' la metropoli piu' musicale del mondo. Quando abitavo ancora a Budapest, per ascoltare musica con la mia radio a transistor dovevo sempre recarmi in bagno, perché era l'unico luogo con una buona ricezione. Qui ci sono invece tre teatri d'opera, per non parlare dei grandiosi Berliner Philarmoniker: per un appassionato di musica si tratta di condizioni paradisiache".
(AGI, 7 novembre 2009)
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«Gli italiani hanno salvato molti ebrei»
In migliaia sfuggirono ai campi di concentramento perché furono nascosti
TORONTO - «Che gli italiani abbiano contribuito a salvare molti ebrei durante la Seconda guerra mondiale è un fatto risaputo anche dagli storici», dice Sandra Gold Millstein, presidente dell'Holocaust Education del Beit Rayim Synagogue e Hebrew School. Millstein si augura che la comunità italiana venga a conoscenza di queste storie l'8 novembre alle 7:30 al Richmond Hill Centre for the Performing Art. L'evento fa parte di 170 programmi culturali, film, rappresentazioni, discussioni e mostre che termineranno l'11 novembre, e che si svolgono all'interno di sinagoghe, chiese, scuole, biblioteche, ospedali, community centre e centri d'affari dislocati nella Gta, in occasione della 29a edizione dell'Holocaust Education Week di Toronto.
Il programma include la proiezione del documentario A Debt to Honour: Italy The Rescue of Italian Jewry (1995) del regista Sy Rotter, che illustra la storia di Esther Bem, che fuggì in Italia durante la guerra, ed il lancio ufficiale della novella per ragazzi di Miriam Walfish The Stars Will Guide You. «Queste storie sono state scelte in quanto multiculturali e multigenerazionali», racconta Millstein «e speriamo possano unire insieme la comunità ebraica con quella italiana».
La serata verrà aperta proprio dalla proiezione del documentario di Rotter, che raccoglie numerose interviste di coloro che hanno nascosto ebrei aiutandoli a sfuggire al destino dei campi di concentramento. Le ricerche condotte al riguardo hanno infatti dimostrato che circa l'80% degli ebrei rifugiatisi in Italia sono sopravissuti, contro l'80% di coloro che, in tutta Europa, sono stati uccisi.
L'autrice di Toronto Miriam Walfish, la quale ha scritto in passato numerosi libri per bambini ed adolescenti, sarà a disposizione dei partecipanti per autografare il suo nuovo libro The Stars Will Guide You, la cui storia prova il fatto che, anche dopo 60 anni, ci sono molte storie che devono ancora essere raccontate. «Mi sono interessata molto a questo rapporto tra italiani ed ebrei, ma a livello accademico non ci sono molti libri che illustrino fatti realmente accaduti. Per questo ho sentito di voler condividere questa storia con persone che potevano immedesimarsi nei personaggi. Mi ritengo molto fortunata per aver avuto l'opportunità di parlare con sopravissuti della guerra».
Una di questi sopravissuti è Esther Bem, fuggita in Italia con la famiglia dalla ex Yugoslavia dopo l'invasione dei nazisti nel 1941, la quale ha speso quattro anni nascondendosi con i genitori in fattorie e capanne nelle campagne del nord Italia.
Dopo l'accoglienza da parte di un prete, la famiglia ottenne documenti di identificazione italiani falsi, cibo, bevande, e anche libri, rarità in tempi duri di guerra. «Gli italiani dovrebbero essere molto fieri della propria storia», afferma Walfish. «L'intera comunità era a conoscenza di queste persone nascoste. In particolare a Roma è stato documentato che più di 4.000 ebrei sono stati nascosti in chiese cattoliche, conventi, monasteri ed orfanotrofi. Durante i nove mesi nei quali i tedeschi occuparono la Capitale - 1943-44 - vi era metà della città che nascondeva l'altra metà»
Walfish ha tratto ispirazione per il titolo del suo libro dalla domanda di una dei suoi quattro figli che le ha chiesto se le stelle morivano.
Quando ha scoperto che le stelle muoiono e loro immagine rimane nel cielo, lei dice di «aver trovato la metafora perfetta per spiegare la morte ai bambini che hanno perso i genitori».
Millstein ritiene che l'obbiettivo più importante dell'Holocaust Education Week sia educare le persone: «Vogliamo preservare le memorie di coloro che hanno sofferto, onorare l'eredità dei sopravvissuti, creare consapevolezza ed educare i bambini. Sono in pochi a ritenere importante questo lato oscuro della storia accaduto in Italia. I bambini italiani dovrebbero venire a conoscenza di queste grandi azioni di coraggio».
(Corriere Canadese, 7 novembre 2009)
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Onu, Israele perde su Goldstone, "ma la maggioranza morale con noi"
ROMA, 6 nov - "I risultati del voto e l'ampio numero dei paesi che hanno votato contro o si sono astenuti, dimostrano che la risoluzione dell'Assemblea non ha il supporto della maggioranza morale". È questo il commento del ministero degli Esteri israeliano sul controverso Rapporto Goldstone, che denuncia le presunte violazioni dei diritti umani da parte dei soldati dello Stato ebraico durante l'operazione "Piombo fuso" a Gaza. La relazione ha avuto 114 voti a favore, 44 astenuti e 18 contro. Il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman era consapevole che con il blocco arabo e quello dei Non allineati Israele non avrebbe avuto la possibilità di sovvertire questa maggioranza. Una "maggioranza automatica", come l'ha definita Lieberman, costituita da "Paesi come l'Arabia Saudita o la Somalia che non possono insegnare a noi la morale. Ancora una volta è stato provato che le Nazioni Unite non sono un'arena in cui noi possiamo combattere".
Tuttavia, ha osservato Lieberman, "siamo soddisfatti che 18 Paesi, che costituiscono una maggioranza morale, hanno sostenuto la posizione israeliana, e che in più altri 44 si sono astenuti senza aderire alla maggioranza automatica". "Durante l'operazione Piombo fuso, le Idf (le Israeli defense forces) hanno mostrato standard di combattimento e morali più elevati rispetto a quelli di chi ha appoggiato la risoluzione - recita una nota del ministero degli Esteri -. Israele continuerà ad agire per difendersi dal terrorismo internazionale, come ogni paese democratico nel mondo". La risoluzione - definita da Israele "lontana dalla realtà" - implica l'invio del rapporto Goldstone al Consiglio dei diritti umani, invita il segretario generale a sottoporlo al Consiglio di Sicurezza, chiede che sia Israele che i palestinesi lancino una inchiesta indipendente affidabile basata sugli standard internazionali.
(il Velino, 6 novembre 2009)
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Tumori: Israele, test su cura aggressiva ma intelligente
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Il Centro medico Sheba di Tel Hashomer |
TEL AVIV - Una sostanza per curare il cancro che sembra essere in grado di aggredire le cellule malate senza intaccare quelle sane. E' questa, a quanto riporta il quotidiano israeliano Haaretz, l'ultima scoperta in materia oncologica di un gruppo di ricercatori dell'Universita' di Tel Aviv e del Centro medico Sheba di Tel Hashomer.
Il risultato della ricerca e' stato pubblicato su 'Breast Cancer Reasearch', autorevole rivista scientifica. ''Abbiamo trovato il tallone d'Achille delle cellule cancerogene'', si felicita Malka Cohen-Armon, ricercatrice-capo. ''Individuato il modo di colpire solo questi tessuti - spiega - si puo' pensare di somministrare al paziente trattamenti molto piu' aggressivi di quelli utilizzati finora, perche' non c'e' il rischio di effetti collaterali devastanti''. Per ora la sostanza - un derivato di un altro farmaco realizzato una decina di anni fa nell'ambito di ricerche di tutt'altra natura, riguardanti terapie destinate a pazienti colpiti da ictus cerebrale - e' stata testata su un topo, il prossimo passo dovrebbe essere la sperimentazione sugli esseri umani. Ma diversi aspetti del suo funzionamento vanno ancora approfonditi: ''Non sappiamo perche' il ritrovato agisca esclusivamente sulle cellule tumorali, questa scoperta e' stata davvero fortuita'', ammette Cohen-Armo.
(cybermed.it, 6 novembre 2009)
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Gli Hezbollah censurano il Diario di Anna Frank perché promuove il sionismo
BEIRUT, 6 nov - Promuoverebbe il sionismo. Con questa motivazione il Diario di Anna Frank e' stato censurato da una scuola del Libano dopo una campagna promossa dai militanti Hezbollah.
Il testo, considerato un classico della letteratura, raccoglie le memorie di una giovane ebrea che ha vissuto in clandestinita' prima di entrare nei campi di concentramento.
La controversia e' scoppiata quando gli Hezbollah hanno saputo che alcuni estratti del libro erano stati inclusi nel programma di una scuola inglese privata ad ovest di Beirut.
Il canale televisivo degli Hezbollah, Al-Manar, ha trasmesso un programma in cui veniva criticato aspramente il libro accusato di affrontare la persecuzione degli ebrei in modo ''drammatico, teatrale''.
Questo modo di raccontare la storia ''e' pericoloso'', ha spiegato l'emittente. Un membro del consiglio scolastico, Jimmy Shoufani, ha detto all'Afp che per evitare disordini dopo la polemica il testo e' stato tolto dal programma scolastico.
Il movimento Hezbollah, che nel 2006 ha combattuto una guerra devastante contro Israele, si e' sempre rifiutano di consegnare le armi sostenendo che sono necessarie per proteggere il Libano dall'aggressione israeliana.
(ASCA, 6 novembre 2009)
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Il commento di Anna Foa:
Che il Diario di Anna Frank sia sotto accusa da parte degli Hezbollah libanesi che cercano, e con ogni probabilità ci riusciranno, di farne vietare la diffusione in arabo e farsi, è notizia di oggi che non può stupirci molto. Il Diario è stato il libro che più ha dato impulso nel mondo alla memoria della Shoah, e come tale è stato anche uno dei testi più attaccati dai negazionisti, che ne hanno più volte messo in dubbio l'autenticità. Ma questo sta succedendo a Beirut, città scelta dall'Unesco come capitale mondiale del libro per il 2009. Beirut quindi, in quest'anno, ci ha rappresentato tutti, lettori, scrittori, editori. E questo, che a rappresentare il libro sia un paese che fa un uso abituale della censura, dove per esempio sono proibiti i libri di Philip Roth, Bellow, Singer, è assai grave. Che cosa risponderà l'Unesco a questo divieto? Ha ancora quasi due mesi per riparare e togliere alla città di Beirut questo onore immeritato.
(Notiziario Ucei, 6 novembre 2009)
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TV palestinese: "Nessuna storia ebraica in questa terra"
Nabil Alqam, storico palestinese e alto funzionario dell'Olp, nega che la nazione ebraica abbia mai avuto alcun legame storico con la Terra d'Israele. Lo rende noto Palestinian Media Watch, che cita un'intervista rilasciata da Nabil Alqam lo scorso 22 ottobre all'emittente televisiva ufficiale dell'Autorità Palestinese: nell'intervista l'esponente palestinese dapprima nega alcune migliaia di anni di documentata storia ebraica in Terra d'Israele, poi "la sostituisce con 4 o 5mila anni di fittizia storia palestinese". Ricordando che Israele negli ultimi anni ha reso di pubblico dominio numerosi reperti archeologici, tra cui monete con scritte in ebraico e sigilli con nomi di personaggi menzionati nella Bibbia, Palestinian Media Watch afferma che probabilmente Alqam intende replicare a questi ritrovamenti quando accusa Israele d'aver creato "simboli artificiali israeliani". "Come mai - ha detto Nabil Alqam nell'intervista (diffusa in inglese da Palestinian Media Watch) - l'occupazione [Israele] si preoccupa di rubare, di furto [culturale], di distorcere e cancellare il retaggio palestinese? Poiché cerca una storia [nel Paese], mentre il retaggio è una storia che dimostra il nostro legame con la terra
[Il retaggio palestinese] ha una profondità storica di quattromila-cinquemila anni. E qui [Israele] cerca di rubare questi simboli per creare simboli e identità israeliana falsi".
Poche settimane fa Saleh Rafat, membro del comitato esecutivo dell'Olp, ha accusato Israele d'aver rubato persino "la cucina, l'abbigliamento e l'architettura" che erano di origine palestinese, per sostenere che fanno parte della storia ebraica. Rafat ha negato che sia mai esistito un Tempio ebraico e ha detto che i tunnel presso il Muro Occidentale del Monte del Tempio non sarebbero altro che i resti di un vecchio acquedotto. "Noi rivitalizziamo questo retaggio [palestinese] - ha detto Saleh Rafat alla televisione Al-Filistiniya (Fatah) lo scorso 15 ottobre - e noi ci aggrappiamo ad esso per contrastare tutti i tentativi da parte di Israele, dell'occupazione israeliana, di rubare il retaggio nazionale e di falsificarlo sostenendo che è il loro retaggio: anche i tunnel che cercano di scavare sotto la Moschea di al-Aqsa e sotto Gerusalemme. Molti di questi tunnel sono vecchi tunnel che portavano acqua a Gerusalemme, e loro sostengono che stanno cercando un presunto Tempio".
(Jerusalem Post, 5 novembre 2009 - da israele.net)
COMMENTO - Se il Tempio ebraico non è mai esistito, neanche Gesù è mai esistito. Il patriarca di Gerusalemme e il Vaticano non hanno niente da dire?
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Washington più vicina alle ragioni di Israele
di R. A. Segre
Hillary Clinton ha lasciato Israele dopo una visita che ha soddisfatto il premier israeliano e fatto infuriare il presidente dell'Autonomia palestinese Abu Mazen. Netanyahu ha ragione di essere contento. Non ha ceduto sulla questione delle costruzioni dentro gli insediamenti; ha incassando i complimenti del Segretario di Stato per la «moratoria senza precedenti» da lui decisa in merito alla creazione di nuovi insediamenti. È sollevato dal rifiuto di Abu Mazen di riprendere i negoziati «senza condizioni» che lo libera dal bisogno di prendere iniziative. Ma la soddisfazione di Netanyahu nasce anche dal sentimento che gli americani incominciano a capire quello da lui sostenuto e negato dalla sinistra israeliana (con gli accordi di Oslo) che i palestinesi non vogliono uno Stato per convivere in pace con Israele ma come condizione per distruggerlo. Se questa è la direzione che prenderà il conflitto mediorientale quattro potrebbero esserne le conseguenze.
1. Nessuna nuova concessione territoriale israeliana ai palestinesi dal momento che l'evacuazione ordinata da Sharon dei coloni nella striscia di Gaza ha dimostrato che tanto Al Fatah quanto Hamas le userebbero per minacciare il cuore di Israele. Se è stato possibile far sgombrare con la forza 8000 coloni è impossibile farlo contro la volontà di 250mila ebrei installati in Cisgiordania.
2. La frattura fra Al Fatah in Cisgiordania e Hamas a Gaza ha messo in luce l'inesistenza di un'identità nazionale palestinese. Questa esiste solo contro Israele mentre altrove i palestinesi continuano a seguire la logica di interessi spesso contrastanti fra cristiani e musulmani, fra modernisti laici e tradizionalisti islamici, fra clan famigliari e tribali. La violenza degli attacchi che quotidianamente Hamas lancia contro l'Autorità palestinese e il suo presidente lo dimostra contribuendo al posizionamento del «moderato» Abu Mazen su posizioni sempre più rigide e anti israeliane. Allo stesso tempo e nella più tradizionale logica di «lotta di liberazione» palestinese, Al Fatah e Hamas unitamente al movimento islamico in Israele si sono accordati per coordinare - nonostante le loro differenze ideologiche - le loro tattiche a sostegno degli scontri settimanali a Gerusalemme per la «difesa delle Sante moschee dall'assalto criminale sionista».
3. Se il processo di radicalizzazione palestinese, dentro e fuori a Israele, dovesse continuare e svilupparsi, è evidente che rappresenterebbe la fine dalla strategia della «road map», mirante a creare «due Stati in Terra santa». Se ne avvantaggerebbero tutti coloro che credono nella inevitabilità dell'esistenza di «un solo stato per due popoli in Palestina». Paradossalmente è la politica in cui tanto gli islamici di Hamas quanto i sionisti laici e i religiosi della destra israeliana hanno sempre creduto. Con una importante differenza: uno Stato ebraico con due popoli significherebbe un grosso problema demografico arabo nelle proprie frontiere. Uno Stato islamico con due popoli significherebbe un grosso problema di identificazione di cimiteri sufficientemente grandi per accogliere gli ebrei.
4. Prevedere come si svilupperà il conflitto palestinese è elusivo come il tentativo di creare le condizioni di pace attraverso la diplomazia in Terra santa. Una cosa tuttavia appare certa: il conflitto fra Israele e Stati arabi è finito sia attraverso accordi di pace (Egitto e Giordania) sia attraverso la sospensione di operazioni di guerra (Siria, Irak, Libano). Il suo posto viene preso in maniera crescente dal conflitto fra ebraismo e islam nonostante tutte le dichiarazioni del contrario di leader religiosi o laici. Lo dimostra l'emergere di Hamas come Stato palestinese islamico «democratico (a suo modo) e moderno». Lo dimostra l'abbandono da parte della maggioranza degli israeliani (nonostante tutte le dichiarazione del contrario dei suoi scrittori, intellettuali e uomini della sinistra ) dell'idea di uno Stato laico sionista a favore di uno Stato ebraico democratico (a suo modo) e moderno.
(il Giornale, 6 novembre 2009)
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I palestinesi dicono no ai due stati. Sconfitta la linea pacifista di Obama
di Angelo Pezzana
L'atteggiamento leale ma non succube di Bibi Netanyahu nei colloqui americani con Barack Obama e le richieste non esaudite di Hillary Clinton ad Abu Mazen per la ripresa dei colloqui di pace, hanno costretto la dirigenza palestinese, frazione Anp, a gettare la maschera. I reiterati no a Israele non erano tanto un rialzo del prezzo con l'accusa allo Stato ebraico di non avere seguito quanto prescritto dalla "Road Map", quanto piuttosto l'impossibilità di continuare a nascondere una verità che ormai era evidente a chi volesse guardare alla realtà mediorientale senza le abituali ipocrisie. I palestinesi, o meglio la loro leadership frazione Cisgiordania, non è che non avesse più l'obiettivo dello Stato indipendente, più semplicemente era diventato impossibile non tenere conto del colpo di stato di Hamas, che ha strappato con violenza la striscia di Gaza dalle mani di Fatah, dividendo in due il territorio palestinese.
Nel frattempo Abu Mazen ha deciso di non ripresentarsi per le elezioni del prossimo gennaio. In ogni caso i pronostico danno per favorita Hamas. «Non è una manovra. Spero che tutti capiscano questa mia scelta e farò di tutto per farla comprendere», ha detto il leader "dimezzato" dell'Anp.
Capiamo l'imbarazzo del povero Mahmoud Abbas, a doversi sedere con Bibi al tavolo dei colloqui, senza sapere esattamente che cosa reclamare. Se ne è accorto per primo il premier Salam Fayyad che ha chiesto due anni di tempo per realizzare le sovrastrutture del futuro stato, ma Hamas non concede dilazioni, vuol sapere, e in fretta, chi è che comanda sui palestinesi.
Ecco allora che i giochi cominciano a diventare chiari, ci pensa il capo negoziatore Saeb Erekat, il quale si è accorto che l'unico argomento dietro al quale può nascondere la sua impotenza è la solita accusa a Israele, «i palestinesi potrebbero dover abbandonare l'obiettivo di uno Stato indipendente, se Israele dovesse continuare ad estendere le proprie colonie senza che gli Stati Uniti lo fermino» ha dichiarato all'agenzia Reuters l'altro ieri. Una introduzione che ha permesso subito dopo ad Abu Mazen di «dire al suo popolo la verità, che con le attività di insediamento che proseguono, la soluzione "due stati" non è più un'opzione». Finalmente, le carte si scoprono e la parola misteriosa esce allo scoperto, eccolo lo Stato Binazionale, lo Stato unico, che dovrebbe unificare Gaza, Israele e Cisgiordania, a maggioranza musulmana, con gli ebrei ritornati alla condizione di "dhimmi", sotto la protezione "benevola" di un potere che la storia di questi ultimi secoli ci ha già fatto conoscere. Altro che «due stati, l'uno accanto all'altro in pace e in sicurezza», come ce l'hanno sempre menata da Arafat in poi, e l'Occidente a chiedersi come mai i palestinesi non si decidevano mai ad accettare le offerte - tranne che nel ritorno dei profughi, identiche alle richieste - che i vari governi israeliani avevano sempre messo sul tavolo delle trattative. No di Arafat, no di Abu Mazen, no di Hamas, che almeno, sui primi due, ha sempre avuto il vantaggio di parlare chiaro, Israele deve sparire, a qualunque prezzo. Adesso lo dice anche l'Anp, gettandone la responsabilità su Israele, che in tutto questo rimestar di carte non può far altro che prendere atto che lo Stato che i palestinesi vogliono non è più quello indipendente ma binazionale. Una proposta che troverà estasiati tutti gli antisionisti - che sta per antisemiti, come ricorda sempre il presidente Napolitano - i quali staranno a brindare, con a capofila Barbara Spinelli, che da sempre appoggia questa soluzione, così buona e utile per Israele, che però si ostina a rifiutarla, ma si sa, Israele è uno stato oppressore, come potrebbe continuare ad esserlo se gli ebrei diventassero nel nuovo stato una minoranza?
La proposta di Erekat ha il pregio di aver smosso le acque in casa palestinese, qualcosa dovranno pur decidere. Mentre navi cariche di armi arrivano dall'Iran per essere puntate contro Israele, accrescendo gli arsenali di Hezbollah e Hamas, Unione europea e Stati Uniti saranno obbligati a prendere atto del cambiamento di direzione.
Se così sarà, come annunciato, vedremo quale sarà la loro risposta.
(Libero-news.it, 6 novembre 2009)
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Israele boccia la risoluzione dellOnu su Gaza
GERUSALEMME, 6 nov. - Israele ha bocciato la risoluzione dell'Assemblea generale dell'Onu che concede tre mesi al governo israeliano e ai palestinesi per avviare delle indagini "credibili" sui crimini di guerra che sarebbero stati compiuti durante l'offensiva sulla Striscia di Gaza dello scorso gennaio. "Israele respinge la risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni unite che è completamente avulsa dalla realtà cui Israele si confrontava sul campo", si legge in un comunicato del ministero degli Esteri israeliano.
(Apcom, 6 novembre 2009)
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Riarmo alla faccia di Unifil
Il caso della nave piena di armi intercettata dagli israeliani getta un'ombra sulla missione
di Michael Sfaradi
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La FrancoP nel porto di Ashdod |
Il sequestro del mercantile "FrancoP." nave cargo di proprietà tedesca ma battente bandiera di Antigua, in acque internazionali non lontano dalle coste cipriote, da parte dei commandos della Shaietet 13, l'unità d'assalto della marina israeliana, è sicuramente il frutto di un attento lavoro di intelligence. Infatti, a bordo del mercantile sono state trovate armi di tutti i tipi destinate ad Hetzbollah nel sud del Libano. Le armi, di fabbricazione iraniana, erano stivate all'interno di container trasbordati sulla "FrancoP" nel porto egiziano di Damietta da un'altra porta container arrivata dall'Iran. La "FrancoP" viene, in queste ore, scaricata nel porto di Ashdod, e da un primo inventario risulta che questo sequestro non solo è di gran lunga superiore a quello effettuato, alcuni anni fa, sulla nave "Karine A", ma si tratterebbe del più grande sequestro di armi effettuato dall'esercito israeliano in tutta la sua storia. Oltre ad armi leggeri di tutti i tipi, fucili d'assalto, mitragliatrici pesanti e decine di migliaia di proiettili di ogni calibro, facevano parte del carico anche centinaia di mine antiuomo, anticarro e un numero imprecisato di casse contenenti esplosivi vari. Ma non è tutto, perché nelle stive della nave sono stati trovati 3000 missili terra-terra a media e a lunga gittata, una versione riveduta e corretta dei famosi Katiuscia. Se non fossero stati intercettati dalla marina israeliana i container, una volta arrivati in Siria, avrebbero proseguito via terra verso il Libano e sarebbero giunti ad Hetzbollah nonostante la presenza delle truppe Unifil.
È prevedibile, a questo punto, che le conseguenze politiche non si faranno attendere anche perché in molti, questa volta, dovranno spiegare il loro operato. Innanzitutto il trasbordo delle armi è avvenuto in un porto egiziano e questo mette il governo del Cairo in grave imbarazzo. Per non parlare del mittente, cioè l'Iran, che continua a seminare guerra in tutta la regione sia per la faccenda del nucleare sia per l'appoggio militare esplicito agli sciiti di Hetzbollah che attendono solo il momento giusto per scatenare una nuova guerra contro lo Stato ebraico. Siamo sicuri che il governo di Damasco sarà bravissimo a far intendere al mondo intero di non avere alcuna idea di quello che era il carico di una nave che aveva come prossimo attracco proprio un porto siriano. L'Iran, l'Egitto, la Siria ed anche Hetzbollah, che sono tanto bravi ad accusare Israele di ogni crimine immaginabile, dovranno anche loro, prima o poi, rispondere della loro complicità in operazioni, come quella pena sventata, vietate dalla risoluzione 1701 dell'Onu che prevede il completo disarmo della milizia sciita filo iraniana. E non sono i soli a dover fare un approfondito esame di coscienza. Anche i governi dei contingenti che attualmente compongono l'Unifil nel sud del Libano, Francia, Italia e Spagna solo per citarne alcuni, dovranno spiegare il perché del mancato controllo più volte denunciato da Israele negli ultimi anni che ha permesso ad Hetzbollah di riarmarsi ed essere oggi militarmente più potente di quello che era prima della guerra del 2006.
(l'Opinione, 6 novembre 2009)
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Israele: "Iran troverà nuove vie per fornire armi a Hezbollah"
"Il governo iraniano troverà probabilmente altre rotte per contrabbandare in Libano le armi di cui necessita il movimento sciita Hezbollah". Lo hanno dichiarato oggi fonti della difesa israeliane, a condizione di anonimato, citate dalla radio dell'esercito dello Stato ebraico.
I reparti speciali della Marina israeliana hanno sequestrato ieri, non lontano da Cipro, una nave salpata dall'Iran con un carico di 500 tonnellate di armi che, secondo il portavoce militare israeliano Avi Benayahu, era diretto ai militanti di Hezbollah. Le stesse fonti si sono dette certe che il sequestro della nave Francop, di proprietà tedesca e battente bandiera di Antigua, non scoraggerà gli iraniani dai loro sforzi per armare Hezbollah.
Nei container della nave sono stati rinvenuti missili Katyusha, anticarro e munizioni. La nave, intercettata in acque internazionali, è stata subito dirottata dagli israeliani nel porto di Ashdod, a sud di Tel Aviv. Oggi Hezbollah ha negato ogni legame con "le armi che il nemico sionita afferma di aver confiscato a bordo della nave".
(l'Occidentale, 5 novembre 2009)
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Europa League: C, ok Hapoel Tel Aviv
Gli israeliani sbancano Vienna e guadagnano la testa del girone
ROMA, 5 nov - L'Hapoel Tel Aviv guadagna la vetta del gruppo C di Europa League dopo la vittoria per 3-0 in casa del Rapid Vienna. Per gli israeliani a segno Yadin, Vermouth e Natcho. Nell'altro match del girone 0-0 tra Amburgo e Celtic Glasgow. La classifica: Tel Aviv 9, Amburgo 7, Vienna 4, Glasgow 2. Il prossimo turno (2 dicembre): Glasgow-Tel Aviv e Amburgo-Vienna.
(ANSA, 5 novembre 2009)
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D'Alema è un comunista. Stop all'UE dai Paesi dell'Est
E pensare che quando Berlusconi denunciava l'essenza comunista di Massimo D'Alema molti, a sinistra, dicevano che Berlusconi era anacronistico.
Ora l'accusa arriva proprio da chi ha subito per decenni, sulla propria pelle, le atroci conseguenze dei regimi totalitari comunisti che hanno dominato l'Europa orientale con la dittatura, la violenza e la negazione di ogni libertà.
I Paesi dell'ex blocco sovietico hanno affermato chiaramente che non vogliono un ex comunista come prossimo ministro degli Esteri dell'Unione europea. Lo ha detto, oggi, Tombinski, ambasciatore della Polonia presso la Ue a Bruxelles, parlando dell'ipotesi della candidatura di Massimo D'Alema al ruolo di Alto rappresentante degli Affari esteri dell'Unione europea istituita dal Trattato di Lisbona. «D'Alema è un problema», ha detto Tombinski. «Sarebbe meglio avere una persona la cui autorità non può essere contestata a causa delle sue appartenenze politiche passate».
In realtà alcune recenti iniziative di D'Alema, come la passeggiata sottobraccio ad Hezbollah in Libano, sembrano sempre più confermare la fondamentale diffidenza di quest'uomo verso i valori e gli interessi occidentali.
Decisamente poco opportuna, pertanto, appare l'attribuzione di un ruolo così delicato proprio in capo ad un profilo così controverso.
(Abruzzo Liberale, 5 novembre 2009)
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'Le radici storiche dell'antisemitismo - Nuove fonti e ricerche'
ROMA, 5 nov. - Lunedi' prossimo ricorre il ventesimo anniversario della caduta del muro di Berlino, data-simbolo della speranza in un mondo nuovo e libero da barriere di razza, di religione, di sesso, di civilta' tra i popoli. Nell'ambito delle celebrazioni dell'evento l'Archivio di Stato di Roma propone nella Sala Alessandrina del Complesso di S. Ivo alla Sapienza un incontro-dibattito sul tema Da muro a muro: origini dell'antisemitismo e stereotipi antiebraici. Al centro la presentazione del volume 'Le radici storiche dell'antisemitismo - Nuove fonti e ricerche', curato da Marina Caffiero per la Casa Editrice Viella. L'opera, che raccoglie gli Atti del Seminario di Studi svoltosi presso l'Istituto Storico Germanico nei giorni 13-14 dicembre 2007, avvia una riflessione di lungo periodo - dal Medioevo al Novecento - sulla nascita e sull'evoluzione del fenomeno, inserendolo in una visione piu' ampia che aiuti a leggere il contemporaneo con maggiore consapevolezza storica.
Dagli atti emerge quanto sia fuorviante continuare a considerare l'antigiudaismo religioso e l'antisemitismo razzista come fenomeni non comparabili, perche' appartenenti a epoche diverse e fondati su logiche differenti. Entrambi, invece, hanno avuto forti implicazioni politiche legate alla costruzione dell'identita' di un gruppo di individui rispetto ad un altro, percepito come diverso e quindi come pericoloso. L'antigiudaismo cristiano, coltivato sul suolo europeo e italiano nel corso di secoli, si riverso' senza ostacoli nell'antisemitismo moderno che, rivestito di distruttive suggestioni biologiche, antropologiche e razziali, avrebbe portato nel XX secolo alla tragedia della Shoah.
Il volume fornisce anche interessanti notazioni rispetto alla genesi dei cognomi ebraici in rapporto alle trasformazioni della vita sociale della comunita', legate anche alla costituzione del ghetto, voluta da Paolo IV Carafa nel 1555 con la bolla Cum nimis absurdum. Esempio emblematico e' Astrologo, la cui formazione, in realta' di origine francese, si confonde, nell'evoluzione del linguaggio quotidiano, con la pratica delle arti astrologiche. In occasione della manifestazione saranno esposti documenti conservati nell'Archivio di Stato di Roma e nella Sede succursale di Via Galla Placidia.
(Adnkronos, 5 novembre 2009)
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Sepolto in Israele tycoon russo
Ucciso a Mosca. Su vita e morte Kalmanovic resta il mistero
TEL AVIV, 5 nov - E' stato sepolto oggi in Israele, col rito ebraico Shabtai Kalmanovic, l'uomo d'affari russo-israeliano ucciso lunedi' a Mosca. Kalmanovic era ritenuto un'ex spia del Kgb infiltrata negli anni '70 e '80 nelle piu' alte sfere dello Stato sionista. La cerimonia si e' svolta nel cimitero di Petakh Tikva, non lontano da Tel Aviv. Nell'orazione funebre, la figlia Liat lo ha ricordato come 'uno spirito ebraico' e 'un ardente sionista'.
(ANSA, 5 novembre 2009)
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Turchia - Dura contestazione contro l'ambasciatore di Israele
Per il secondo giorno di seguito
L'ambasciatore israeliano in Turchia è stato duramente contestato oggi in Turchia. La tv privata TV 24 ha mostrato le immagini di una manifestazione di protesta contro Gabby Levy mentre visitata la sede del comune della città di Dumshane. I manifestanti l'hanno accolto al grido di "Israele assassino" portestando contro l'offensiva di Israele a Gaza di inizio anno. Già ieri Levy era stato contestato all'università di Trabzon. Contro la sua macchina era stato orchestrato un fitto lancio di uova. Recentemente, proprio in realazione alla questione Gaza, la Turchia aveva annullato alcune operazioni militari congiunte con israele.
(Apcom, 5 novembre 2009)
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Su YouTube le forniture di armi iraniane agli Hezbollah
Il video è lì, sulla pagina YouTube dell'esercito israeliano: descrive un abbordaggio fulmineo, eseguito in alto mare dai reparti speciali della marina israeliana, che sono riusciti a mettere le mani su una nave imbottita di missili e munizioni di provenienza iraniana, nascosti sotto un innocuo carico-merci e destinati a quanto pare alle milizie sciite libanesi di Hezbollah attraverso la Siria.
TEL AVIV, 5-11-2009 - Il video è lì, sulla pagina YouTube dell'esercito israeliano: descrive un abbordaggio fulmineo, eseguito in alto mare dai reparti speciali della marina israeliana, che sono riusciti a mettere le mani su una nave imbottita di missili e munizioni di provenienza iraniana, nascosti sotto un innocuo carico-merci e destinati a quanto pare alle milizie sciite libanesi di Hezbollah attraverso la Siria: una micidiale Santabarbara pari a oltre 500 tonnellate di ordigni, secondo le stime dei militari israeliani, incluso "materiale sofisticato mai posseduto finora" dai gruppi islamico-radicali della regione.
Il movimento sciita libanese Hezbollah, naturalmente, oggi ha negato "categoricamente" qualsiasi collegamento col carico di armi. In un comunicato letto stamani dalla sua tv al Manar, il Partito di Dio "smentisce categoricamente ogni relazione con le armi che il nemico sionista sostiene di aver sequestrato sulla nave Francop".
L'operazione si è consumata a circa cento miglia a nord-ovest dalla costa mediterranea d'Israele, non lontano da Cipro. E ha portato al fermo del 'Francop', un mercantile di 8622 tonnellate di stazza battente bandiera dello staterello caraibico di Antigua, ma di proprietà tedesca. L'armamento - ha rivelato piu' tardi il portavoce militare Avi Benayahu, squadernando immagini di razzi di tipo katyusha, missili terra-aria, proiettili anticarro e altro - è saltato fuori da diversi container sigillati, sistemati nella stiva accanto a merci varie. Il blitz non ha avuto intoppi: le unità di commando sono salite a bordo senza ostacoli, come per una banale ispezione, e nessuno ha opposto resistenza, tanto meno quando l'armamento e' stato scovato e la nave dirottata verso il porto di Ashdod, a sud di Tel Aviv.
L'armatore tedesco si è dichiarato naturalmente all'oscuro di tutto, cosi' come l'equipaggio (polacco) che le autorità israeliane hanno annunciato di voler rilasciare al piu' presto, al pari del mercantile: non appena completato lo sbarco delle armi.
Il carico, secondo il viceministro della Difesa Matan Vilnai, era destinato senza dubbi a Hezbollah - bersaglio tre anni or sono d'una guerra scatenata da Israele in Libano per fermare i lanci di razzi contro la Galilea - e ne avrebbe "rafforzato la capacita' di fuoco a lungo raggio". In totale, 5-600 tonnellate di attrezzature belliche: 10 volte quanto sequestrato nel 2002 nel clamoroso caso della 'Karine A', il vascello accusato da Israele di trasportare armi iraniane a gruppi palestinesi impegnati nella seconda Intifada.
La 'Francop', a quanto s'e' potuto ricostruire, avrebbe imbarcato il materiale incriminato nel porto egiziano di Damietta dove un'altra nave - proveniente dall'Iran attraverso il mar Rosso e il canale di Suez - l'aveva trasbordato nelle settimane scorse. Per dirigersi poi verso nord prima d'essere intercettata in extremis dall'azione della marina israeliana fra Cipro e Libano. Azione cui l'Iran ha risposto col silenzio e la Siria - approdo di transito del carico clandestino - negando diessere a conoscenza di alcun trasporto di armi.
Ma il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak ha viceversa salutato l'accaduto come "un successo" dello Stato ebraico e delle sue forze armate "nella lotta incessante contro i tentativi di traffico di armi e mezzi da combattimento destinati a elementi terroristi che agiscono a nord di Israele". Mentre il premier Benyamin Netanyahu ha messo in guardia dalla minaccia che un simile arsenale avrebbe potuto rappresentare per "le citta' israeliane", lasciando peraltro trapelare il timore che altre spedizioni possano essere andate a segno negli ultimi mesi malgrado la presenza del contingente Unifil (attualmente sotto comando italiano) schierato nel sud del Libano sin dalla fine del conflitto del 2006 con compiti di sorveglianza dei confini.
Teheran e Damasco tramano per "distruggere il Medio Oriente", ha accusato infine il presidente Shimon Peres. Denunciando l'episodio di oggi come una prova in più "dell'enorme fossato che si squarcia fra cio' che Iran e Siria dicono e cio' che fanno".
Il ministro degli esteri iraniano Manoucher Mottaki e il suo collega siriano Walid Mouallem, tuttavia, hanno negato qualsiasi collegamente improprio con il mercantile intercettato dalla marina israeliana al largo della coste cipriote.
In una conferenza stampa congiunta, Mottaki ha negato che a bordo vi fossero armi e Mouallem ha aggiunto che il mercantile trasportava manufatti siriani per il mercato iraniano.
(RaiNews24, 5 novembre 2009)
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Importanti cambiamenti al vertice delle massime organizzazioni ebraiche mondiali
di Sergio Della Pergola
Mentre si festeggiano i vent'anni dalla firma dell'Intesa fra lo Stato e gli ebrei italiani, sono passati alquanto in sordina due importanti cambiamenti al vertice delle massime organizzazioni ebraiche mondiali. Uno è l'avvenuta separazione fra l'Organizzazione Sionista Mondiale e l'Agenzia Ebraica che finora costituivano un unico complesso - la prima, espressione dell'idea che esiste un popolo ebraico globale unito attorno alla rinascita dello Stato di Israele, la seconda, dedicata a realizzare concretamente la costruzione di Israele con la piena partecipazione degli ebrei di tutto il mondo - L'altra riforma, che scatterà nei prossimi giorni a Washington in occasione dell'Assemblea Generale annuale delle comunità ebraiche americane, consiste nel "ribattezzare" la United Jewish Communities - appunto il massimo organismo comunitario USA che era nato dalla fusione fra il Council of Jewish Federations (attività comunitarie locali) e la United Jewish Appeal (raccolta di fondi per Israele) - nel nuovo (ma in realtà vecchio) logo Jewish Federations of North America. In entrambi i casi si direbbe che l'elemento ideologico e l'elemento pratico vogliano incamminarsi per strade separate, e che i rappresentanti dell'ebraismo comunitario mondiale vogliano in qualche modo prendere le distanze da Israele. La risposta alla domanda se sia la realtà che crea le istituzioni, o siano le istituzioni che creano la realtà, preferiamo lasciarla a chi scriverà la storia degli ebrei nel 21o secolo.
(Notiziario Ucei, 5 novembre 2009)
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Giornalisti: Israele rientra nella Federazione internazionale, a mediare la Fnsi
ROMA, 5 nov - La Federazione nazionale dei giornalisti israeliani (NFIJ) rientra nella Federazione internazionale dei giornalisti (IFJ). A darne notizia una corrispondenza pubblicata dal Jerusalem Post. L'accordo raggiunto a Tel Aviv, alla presenza del segretario generale della stessa IFJ, Aidan White, e del segretario generale della Fnsi, Franco Siddi, pone fine ad un periodo di forti polemiche seguite alla espulsione dall'organizzazione internazionale di quella israeliana per una questione di quote non pagate.
Una riunione del Comitato esecutivo dell'IFJ convocata a Bruxelles per il 14 novembre provvedera' a ratificare le intese raggiunte che prevedono un ruolo appropriato a livello regionale ed internazionale per la reintegrata organizzazione dei giornalisti israeliani.
Aidan White ha voluto ringraziare le organizzazioni dei giornalisti di Italia e Germania per il contributo recato nel rompere la situazione di blocco che si era verificata e, in particolare, il segretario della Fnsi, Franco Siddi, per ''il bisogno che ha avvertito di portare il suo apporto di buona volonta' al tavolo''.
Da parte sua Siddi, secondo quanto riporta il Jerusalem Post, ha definito semplicemente ''inconcepibile l'assenza del contributo dei giornalisti d'Israele alla Federazione internazionale. I media israeliani sono tra i piu' indipendenti e liberi al mondo e le loro voci sono un elemento essenziale per l'IFJ''.
I giornalisti israeliani hanno espresso, dal loro punto di vista, il profondo desiderio e l'esigenza professionale di strutturare una piu' ampia cooperazione con i colleghi arabi e palestinesi in particolare.
(ASCA, 5 novembre 2009)
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New York, raccolti in una serata 43 milioni di dollari per sostenere gli ebrei in difficoltà
E' stata una serata da 43 milioni di dollari quella organizzata dalla UJA-Federation di New York, la federazione degli ebrei di New York: il lancio della campagna 2010 per la raccolta fondi da destinare alle famglie ebraiche bisognose di supporto in tutto il mondo ha raccolto la cifra record che ha superato quella dello scorso anno. E tutto questo a dispetto della crisi. Nella casa di Manhattan dell'ex presidente di Bear Sterns Alan "Ace" Greenberg e di sua molgie Kathryn, a due passi da Central Park, c'erano 86 rappresentanti degli affari e della filantropia ebraica di New York, che nonostante la recessione, come ha detto Jerry Levin, presidente della UJA ed ex presidente di AOL Time Warner, sono stati particolarmente generosi: «Non credo che un evento del genere si possa trovare in nessun'altra parte del mondo», ha commentato. La raccolta precedente era stata organizzata nel settembre 2008, prima che scoppiasse la crisi dei mercati, che ha portato la UJA a fondare l'iniziativa "Connect to Care" nel giugno scorso, per fornire prestiti e assistenza legale agli ebrei che hanno perso il lavoro. E ad oggi gli iscritti sono 6500.
(Il Sole 24 Ore, 4 novembre 2009)
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Saeb Erekat: fine dellidea dello stato palestinese
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Saeb Erekat |
Può essere, ha detto, che sia giunta l'ora per il presidente palestinese Abu Mazen (Mahmud Abbas) "di dire la verità al suo popolo: con la continuazione delle attività (israeliane) di insediamento nella Cisgiordania occupata la soluzione di due stati non è più un'opzione". L'alternativa rimasta ai palestinesi, ha continuato, "è di riportare la loro attenzione alla soluzione di un solo stato, in cui musulmani, cristiani e ebrei possano vivere su basi di eguaglianza". "Per noi questo è molto serio .. è il momento della verità".
L'idea di uno stato unico è considerata da Israele, che teme di perdere la sua maggioranza ebraica, una formula per la fine della sua esistenza come stato ebraico.
Erekat ha detto che il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha imposto a Abu Mazen un diktat e non un negoziato, dichiarando che "Gerusalemme unificata resterà l'eterna capitale di Israele, che la questione dei profughi (palestinesi) non sarà discussa, che il nostro stato sarà smilitarizzato, che dovremo riconoscere lo stato ebraico, che i confini (dello stato palestinese) non saranno quelli del 1967 (antecedenti il conflitto israelo-arabo) e che lo spazio aereo palestinese resterà sotto il controllo di Israele".
I palestinesi, ha detto Erekat, "hanno commesso un errore" quando in passato hanno accettato di negoziare con Israele senza insistere - come invece ora fanno - sul totale congelamento della politica di insediamenti.
(swisscom, 4 novembre 2009)
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I dati affermano che il 70% degli israeliani anziani incontra difficoltà economiche.
NAZARETH - Dati ufficiali riportano che il 70% degli anziani in Israele vivono in uno stato di povertà, tra varie difficoltà economiche.
Il vice - ministro competente per le pensioni afferma che "la situazione degli anziani in Israele è ancora peggio di quella illustrata nel rapporto sulla povertà pubblicato due giorni fa".
Durante una discussione in Commissione Lavoro e Affari sociali della Knesset egli ha illustrato che i dati in possesso della sezione del Ministero competente per le pensioni dimostrano che "circa il 70% degli anziani incontra gravi difficoltà economiche".
Si rammenta che un rapporto pubblicato dall'Ente di Previdenza israeliano riferisce che circa 784.000 ragazzi hanno vissuto, l'anno scorso, in famiglie povere e che le famiglie già descritte come "povere" hanno visto peggiorare le loro condizioni.
Dal canto suo, il ministro degli Affari sociali israeliano Yitzhak Herzog, ha affermato che "è la prima volta da cinque anni che il livello di vita dei cittadini di Israele non sale. I redditi individuali sono scesi dello 0,6%, dopo che in passato avevano registrato un aumento annuo del 3-4%".
(Infopal, 4 novembre 2009)
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Usa, il Congresso si schiera con Israele sui crimini di guerra a Gaza
Il rapporto Goldstone delle Nazioni Unite è stato definito "irrimediabilmente parziale"
Il Congresso degli Stati Uniti ha respinto come "irrimediabilmente parziale" il rapporto Goldstone. Il documento, commissionato dal Consiglio dei diritti umani dell'Onu, accusa Hamas, ma soprattutto Israele, di crimini di guerra compiuti nella Striscia di Gaza durante l'operazione 'Piombo Fuso'.
Ben 344 membri del Congresso contro 36 hanno votato in favore di una risoluzione non vincolante che esorta il presidente Barack Obama ad opporsi all'adozione del rapporto.
La votazione del Congresso statunitense è giunta dopo che ieri Israele si era rivolto ai paesi occidentali per chiedere di respingere l'adozione del rapporto Goldstone. "Questo rapporto - aveva detto Danny Ayalon, ministro degli Esteri israeliano - non danneggia soltanto Israele, ma ogni paese democratico che cerchi la pace e si confronti con il terrorismo. Israele non rimarrà in disparte mentre i palestinesi manipolano e usano le istituzioni internazionali per combattere contro di noi". Il voto del Congresso degli Stati Uniti è arrivato proprio il giorno prima che l'Assemblea delle Nazioni Unite si riunisca per avviare il dibattito su Goldstone.
(PeaceReporter, 4 novembre 2009)
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La marina israeliana scopre un cargo con armi provenienti dall'Iran per gli Hezbollah
Secondo il 'Jerusalem Post', la nave era carica di razzi katyusha, mine anticarro, granate ed esplosivo. Il cargo 'Francop', battente bandiera di Antigua, è stato scortato nel porto israeliano di Ashdod, a sud di Tel Aviv, per essere ispezionato in modo più approfondito.
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Il cargo Francop intercettato dalla
marina militare israeliana |
GERUSALEMME, 4 novembre 2009 - Blitz della marina israeliana su un cargo che trasportava razzi e munizioni dall'Iran agli Hezbollah. A confermarlo è stato il primo ministro dello Stato ebraico, Benjamin Netanyau, per il quale le armi "avrebbero potuto centrare città israeliane". Secondo il 'Jerusalem Post', la nave era carica di razzi katyusha, mine anticarro, granate ed esplosivo. "Si tratta di un ulteriore successo nella lotta senza fine al traffico di armi ed equipaggiamenti militari verso i terroristi che minacciano la sicurezza di Israele", ha commentato il ministro della Difesa, Ehud Barak.
Il cargo 'Francop', battente bandiera di Antigua, è stato scortato nel porto israeliano di Ashdod, a sud di Tel Aviv, per essere ispezionato in modo più approfondito. Intanto, i media israeliani hanno ricostruito il percorso della nave, dall'Iran fino ad arrivare al largo di Cipro, dove è stata intercettata e bloccata all'alba da un pattugliatore. Il cargo avrebbe fatto tappa prima nello Yemen e successivamente in Sudan, prima di attraversare il canale di Suez e arrivare nel Mediterraneo. Le destinazioni finali, secondo quanto riferito da fonti della Difesa israeliana, erano Libano e Siria.
(Quotidiano.net, 4 novembre 2009)
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Emergenza acqua, da Israele in arrivo tecnologia antisprechi
TEL AVIV - Poco lontano da una piccola cittadina nei pressi di Tel Aviv, un drone senza pilota con un'apertura alare di un metro raccoglie i dati prodotti da centinaia di rilevatori.
Un solo tecnico con il suo computer monitora da terra il volo e riceve un quadro istantaneo del sistema (idrico) della città, capace di evidenziare -- così dice -- anche perdite nel bagno di una singola casa.
Ciò potrebbe sembrare insignificante ma l'aereo che legge i metri d'acqua è, con una turbina che può generare elettricità dall'interno delle condutture, uno dei ritrovati tecnologici che società israeliane stanno sviluppando per risparmiare i miliardi di dollari persi a causa delle perdite nelle reti idriche.
Questi sistemi sono parte di una politica che mira a intercettare ordini da fuori, dato che l'aumento delle popolazioni e una massiccia urbanizzazione hanno spinto in alto la domanda di acqua fresca, e gli esperti sostengono che le perdite delle reti idriche sono uno dei problemi più gravi che il mondo si trovi ad affrontare.
Uno studio prodotto dalla World Bank nel 2006 stimava il valore dell'acqua persa durante il tragitto verso il consumatore attorno ai 14 miliardi di dollari ogni anno, in buona parte a causa delle perdite nella rete e di una cattiva manutenzione della medesima.
Secondo quanto rivelato dallo studio, la maggior parte delle perdite si verificano nei paesi emergenti: qui, 45 milioni di metri cubi d'acqua vanno persi quotidianamente, quanto basterebbe per servire 200 milioni di persone.
Il problema si verifica anche nei paesi industrializzati, dove ha un carattere endemico. Ad esempio, l'Agenzia per la protezione ambientale (Epa) stima che le perdite nel sistema di distribuzione dell'acqua negli Stati Uniti costino al paese 2,6 miliardi di dollari ogni anno.
"Israele è uno dei paesi all'avanguardia per quanto riguarda le iniziative per ridurre le perdite d'acqua e i relativi costi", spiega Stuart Hamilton, membro della task force dell'International Water Association (Iwa).
Israele è per due terzi deserto e la questione dell'acqua ha un riflesso diretto sul processo decisionale ai più alti livelli. Per decenni, diverse società hanno lavorato allo sviluppo di tecnologie per il settore idrico, pensate per un uso interno più che per il mercato estero.
Ma vedendo l'occasione per entrare nei mercati stranieri, secondo quanto rivelato dal ministero dell'Industria e del Commercio, ci si è dati l'obiettivo di esportare annualmente circa 2,5 miliardi di dollari in tecnologia idraulica entro il 2011.
(Reuters, 4 novembre 2009)
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Software israeliani in Est Europa
L'azienda israeliana di software ha annunciato di aver firmato contratti con due compagnie dell'Est Europa, rivela l'Istituto Israeliano per le Esportazioni e la Cooperazione Internazionale.
Magic Software Enterprises Ltd. è un fornitore di piattaforme software e soluzioni per business. I progetti comprendono la fornitura della piattaforma uniPaaS e delle offerte iBOLT per business.
Il primo accordo è di partnership con la ceca DBS per la distribuzione della iBOLT suite attraverso il territorio della Repubblica Ceca.
Il secondo contratto riguarda l'aggiornamento delle licenze uniPaaS per AlphaSoft in Romania, che era già fornitrice di Magic Software e sviluppa e commercializza sistemi ERP per centinaia di clienti nelle PMI. Il sistema permette di sviluppare applicazioni Full Client, RIA, mobili e SaaS.
(EUregion.net, 4 novembre 2009)
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Israele: nuovo razzo di Hamas minaccia Tel Aviv
Il braccio armato di Hamas ha di recente compiuto a Gaza un test di un nuovo missile che ha una gittata di 60 chilometri e rappresenta una minaccia potenziale per l'hinterland di Tel Aviv. Lo ha riferito la radio militare israeliana. Secondo l'emittente, nel corso di un dibattito alla commissione parlamentare per gli Affari esteri e la Difesa è stato riferito oggi da un comandante dell'intelligence che si tratta di un razzo di produzione iraniana. Il test, ha precisato, è stato effettuato con successo. Nel corso della operazione 'Piombo Fuso', lo scorso inverno, Hamas ha sparato verso le città israeliane del Neghev una quantità elevata di razzi. Alcuni sono esplosi fino a 40 chilometri di distanza da Gaza, colpendo città popolose come Ashdod, Ashqelon, Netivot, Kiryat Gat e Beer Sheba. Di conseguenza al suono delle sirene di allarme un milione circa di persone sono state costrette allora a raggiungere i loro rifugi. Una volta che il nuovo razzo di Hamas diventasse operativo anche popolosi sobborghi di Tel Aviv - come Bat Yam, Holon e Rishon le-Zion - rischierebbero di trovarsi esposti alla minaccia degli islamici palestinesi.
(L'Unione Sarda, 3 novembre 2009)
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Somalia, gli integralisti di Shabaab vietano anche le suonerie dei cellulari
Chi non rispetta la nuova disposizione sarà punito a suon di frustate
Il partito degli integralisti islamici di Shabaab ha deciso di mettere al bando anche le suonerie dei cellulari. "Non tolleriamo nulla - ha detto Shiekh Hassan Yaqub, portavoce di Shabaab a Chisimaio - che possa corrompere la gente. Non permettiamo nulla che vada conotro la nostra religione, specialmente la musica ed i video sexy".
A partire da oggi, quindi, suonerie musicali o personalizzate sono state bandite. Secondo quanto raccontano i testimoni l'nica suoneria ammessa è quella della voce di un muezzin che recita la parola del Profeta o del Corano. Chi non si adegua sarà punito a suon di frustate, costume già praticato dai talebani in Afghanistan. Il divieto sulle suonerie è solo l'ultimo di una serie di proibizioni imposte dagli integralisti islamici.
Nel sud della Somalia, controllato in gran parte da Shabaab, è già entrata in vigore la sharia ed è stato proibito ascoltare la musica, ballare, giocare in strada, andare al cinema e guardare le partite di calcio in televisione.
(PeaceReporter, 3 novembre 2009)
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Maccabi Haifa vuole vincere contro la Juventus
TEL AVIV - «Vogliamo l'impresa, non abbiamo niente da perdere». È chiaro il tecnico israeliano Elisha Levi del Maccabi Haifa, un po' perché si rende conto di avere di fronte una Juventus in difficoltà, che già all'andata aveva fatto soffrire, e un po' perché, come spiega anche il portiere Davidovitch, «il Maccabi ha sempre giocato bene in queste partite, anche quando abbiamo perso 3-0 in casa con il Bayern». L'orgoglio è grande, in casa israeliana: «Le risorse finanziarie non sono pari a quelle di Spagna, Inghilterra, Italia. Ma abbiamo fame di imparare, siamo molto motivati e vogliamo divertirci».
(Il Gazzettino.it, 3 novembre 2009)
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Qui Haifa - I calciatori della Juventus incontrano i ragazzi di Tsad Kadima
I calciatori della Juventus hanno incontrato un gruppo di ragazzi di Tsad Kadima, una delle principali associazioni senza scopo di lucro, attive in Israele a sostegno della educazione e riabilitazione di bambini e giovani sofferenti di handicap muscolari dovuti a paralisi cerebrali. E' accaduto in occasione dell'allenamento conclusivo prima della partita Maccabi Haifa - Juventus valido per la quarta giornata di Champions che si giocherà questa sera....
(moked.it, 3 novembre 2009)
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Somalia, i Giovani Mujahidin chiudono le sedi di tre ong e vietano il lavoro femminile
Secondo i fondamentalisti il divieto è necessario per permettere alle donne di stare con i propri figli
Secondo quanto riferisce la tv satellitare al-Arabiya le milizie dei Giovani Mujahidin hanno vietato alle donne somale di svolgere qualsiasi attività lavorativa.
Il gruppo armato dei Giovani Mujahidin controlla buona parte dell'area meridionale della Somalia ed è considerato molto vicino ad al-Qaeda. Ieri i combattenti islamici avevano imposto la chiusura di tre organizzazioni non governative, impegnate nel sostegno dell'imprenditoria femminile e nella diffusione della cultura, nel villaggio di Balad Hawa, al confine con il Kenya, e impedito alle operatrici di andare al lavoro. "Abbiamo presa questa decisione - ha detto il sindaco Dawd Muhammad - dopo esserci accorti che le donne avevano la necessità di restare a casa con i propri figli. L'Islam non permette alle donne di andare in ufficio a lavorare".
Nei piani dei Giovani Mujahidin rientra anche la chiusura di altre cinque Ong, attive sempre nel Sud del Paese, e l'applicazione della sharia, la legge islamica. Diversi cinema e negozi di cd musicali sono già stati costretti a chiudere i battenti e le donne costrette a indossare il velo.
(PeaceReporter, 3 novembre 2009)
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Internet. Polizia postale: "Pubblicare i cognomi degli ebrei on line vìola la privacy"
«La nuova pubblicazione dei cognomi ebrei italiani su un sito internet viola gravemente la privacy». A spiegarlo è il dirigente della polizia postale Sergio Staro in un'intervista a Klaus Davi, in merito all'inchiesta del programma 'KlausCondicio sul sito holywar.org, che pubblica una lista di cognomi di cittadini italiani di origine ebraica.
«Anche se il sito web ha sede in Norvegia, la lista è pubblicata in Italiano e pertanto la violazione è evidente - dice Staro, secondo cui c'è un vero e proprio boom di siti antisemiti. Da parte nostra stiamo verificando se questo illecito è tale anche nel paese che lo ospita. Se queste due condizioni si verificano c'è la possibilità di rimuovere le liste».
«Lavorando su Internet e quindi su crimini che possono essere compiuti in rete con l'aiuto della tecnologia, dobbiamo porci il problema della giurisdizione».
Il problema, secondo Staro, riguarda anche i siti neonazisti. «L'azione di gruppi neonazisti su internet è particolarmente forte sui più giovani, particolarmente vulnerabili e non necessariamente dotati di un filtro di conoscenza storica per filtrare un certo tipo di informazioni. Per questo è necessario intervenire e arginare il fenomeno»
(Biitz quotidiano, 2 novembre 2009)
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Da un sito pro Hamas
92o anniversario della Dichiarazione Balfour. Il governo di Gaza: saldamente radicati ai nostri diritti.
GAZA. Il Consiglio legislativo palestinese ha dichiarato oggi che "i legittimi diritti storici alla terra e alla patria palestinese sono inalienabili nella mente dei palestinesi e radicate nella loro coscienza e nei loro cuori. Nessuno può cancellarli".
In una dichiarazione in occasione del 92o anniversario della "Dichiarazione Balfour" (2 novembre 1917), Ahmad Bahar, primo vice-presidente del Consiglio legislativo, ha affermato: "Il radicamento profondo al nostro diritto a resistere all'occupazione e a proteggere la nostra unità nazionale costituiscono la migliore garanzia per proteggere il nostro cammino nazionale e la nostra giusta causa dai tentativi di liquidazione da parte dell'amministrazione americana e dei suoi alleati a livello regionale e internazionale".
E ha aggiunto che la Gran Bretagna, responsabile storica dell'attuale situazione di occupazione sionista della Palestina, deve delle "scuse" al popolo palestinese e deve fornirgli "tutto il sostegno politico ed economico necessario alla causa nazionale".
La Dichiarazione Balfour, che invocava la "fondazione di un focolare nazionale per gli ebrei" in Palestina, rese possibile la creazione dello stato sionista sulla terra appartenente da sempre al popolo palestinese.
Bahar ha poi sottolineato: "Questo anniversario odioso fa tornare alla memoria tutte le forme di oppressione, ingiustizia e di terrorismo che il Mandato britannico e le bande sioniste hanno praticato per un lungo periodo di tempo contro il nostro popolo, prima di completare il loro crimine politico e morale offrendo la Palestina ai sionisti, e garantendo loro la protezione necessaria per dichiarare, nel 1948, la nascita del loro stato illegittimo sulla nostra benedetta terra".
(Infopal, 2 novembre 2009)
COMMENTO - In un precedente anniversario della Dichiarazione di Balfour, durante la seconda guerra mondiale, il gerarca nazista Heinrich Himmler inviò al Gran Mufti di Gerusalemme Amin al Husseini il seguente telegramma di solidarietà:
BERLINO
AL GRAN MUFTI AMIN EL HUSSEINI
IL MOVIMENTO NAZIONALSOCIALISTA DELLA GRANDE GERMANIA HA SCRITTO FIN DAL SUO INIZIO SULLA SUA BANDIERA LA LOTTA CONTRO L'EBRAISMO MONDIALE. QUINDI HA SEMPRE SEGUITO CON PARTICOLARE SIMPATIA LA LOTTA DEI COMBATTENTI PER LA LIBERTÀ ARABI, SOPRATTUTTO IN PALESTINA, CONTRO GLI INTRUSI EBREI. L'INDIVIDUAZIONE DI QUESTO NEMICO E LA COMUNE LOTTA CONTRO DI LUI COSTITUISCONO IL SOLIDO FONDAMENTO DEL NATURALE LEGAME TRA LA GRANDE GERMANIA NAZIONALSOCIALISTA E I COMBATTENTI PER LA LIBERTÀ MAOMETTANI DI TUTTO IL MONDO. IN QUESTO SENSO LE TRASMETTO, NELL'ANNIVERSARIO DELL'INFAUSTA DICHIARAZIONE DI BALFOUR, I MIEI PIÙ CORDIALI SALUTI E AUGURI PER LA FELICE PROSECUZIONE DELLA SUA LOTTA FINO ALLA SICURA VITTORIA FINALE.
FIRMATO: HEINRICH HIMMLER
Notizie su Israele 126
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Internet. "Boom di siti antisemiti", la polizia postale lancia l'allarme
Sempre più siti antisemiti su internet. A lanciare l'allarme, con un'intervista rilasciata a "KlausCondicio" in onda su YouTube, è Sergio Staro, dirigente della Polizia postale e delle comunicazioni.
«Gli investigatori di tutta Europa stanno sviluppando un monitoraggio e una serie di sinergie e di rapporti con le polizie di altri paesi per adottare provvedimenti. Va detto che con alcuni si lavora meglio mentre con altri i rapporti devono essere perfezionati. Tuttavia anche se i siti sono in italiano, spesso sono allocati in altre nazioni quindi benche' la nostra segnalazione arrivi puntuale, sta poi alle autorità straniere intervenire ed eventualmente oscurarli».
In particolare, Germania, Francia e Inghilterra si stanno mobilitando attivamente per la censura di siti antisemiti, nella convinzione che l'azione dei gruppi neonazisti sia forte soprattutto sui più giovani, «target che maggiormente usa questo strumento e a cui arrivano, per cosi dire, anche questo genere di contenuti. I più giovani sono particolarmente vulnerabili e non necessariamente dotati di un filtro di conoscenza storica per filtrare un certo tipo di informazioni. Per questo è necessario intervenire e arginare il fenomeno».
Un esempio? «Esperti della Polizia delle comunicazioni vanno a promuovere e ad effettuare incontri informativi all'interno delle scuole medie e superiori dove c'è una fascia di utenza massiccia di internet, che potrebbe diventare vittima di determinati crimini commessi attraverso il web».
(Blitz quotidiano, 2 novembre 2009)
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Da Israele una innovazione per innevare le piste delle Alpi
Si chiama "All Weather Snowmaker" e produce neve a qualsiasi temperatura
a cura di Luca Lorenzini
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L'interno dello Snowmaker |
Che la neve sia ormai considerata una risorsa strategica, è un fatto noto. Basta chiederlo ad un gestore di impianti di risalita che opera sull'arco alpino, a un albergatore o ad un produttore di sci. Ma che si potesse arrivare a crearla anche a decine di gradi sopra lo zero e a conservarla sotto speciali teli o tonnellate di segatura, nessuno, sino a qualche anno fa, avrebbe mai potuto immaginarlo. Andiamo a scoprire le ultime innovazioni ideate per salvare l'economia dello sci anche in periodi di scarse precipitazioni naturali, in un'epoca non proprio favorevole a causa delle ormai ben tangibili conseguenze del global warming.
L'ultima trovata arriva addirittura da Israele, un paese in cui la neve la si è sempre vista solo in cartolina. L'azienda Ide, specializzata nel trattamento delle acque ed in particolare in impianti di desalinizzazione, ha presentato sul mercato "All Weather Snowmaker". Questa innovativa macchina può produrre quasi 1000 metri cubi di neve al giorno, sufficienti per ricoprire 2000 mq con 50 cm di spessore, a qualsiasi temperatura (anche di molto sopra lo zero), con qualsiasi umidità, senza alcun problema dovuto al vento (che invece disturba i normali cannoni da neve). "Snowmaker" sfrutta solo principi fisici, senza alcun additivo chimico: solo acqua ricavata dal naturale scioglimento estivo delle nevi, accumulata in un idoneo bacino, che, dopo essere passata dallo Snowmaker, viene rimessa in circolo di nuovo come neve: vera. Il consumo di energia elettrica è di 500 kw al giorno, pari a quello di 5 cannoni (che sono però molto meno efficienti) o di una piccola seggiovia. Il video della macchina che produce neve
L'innovativo marchingegno ha trovato immediati riscontri sul mercato delle stazioni sciistiche. Il primo impianto è stato installato ai piedi del Cervino, nella bella Zermatt, mentre un secondo è entrato in funzione nel corso dell'estate 2009 sul ghiacciao del Pitztal, patria del campione austriaco di sci alpino Benjamin Raich.
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Lo Snowmaker installato a Zermatt |
Ma le novità non finiscono qui. Oltre ai teli geotessili che hanno ricoperto il ghiacciao del Presena nel corso dell'ultima estate - grazie ad essi sono stati salvati ben 2 metri di neve dallo scioglimento - qualcuno ha pensato di utilizzare un rimedio naturale. In Svizzera, nei pressi di Davos, una parte dell'abbondante neve "avanzata" nel corso della scorsa stagione è stata ricoperta con mezzo metro di
segatura. L'isolamento termico così ottenuto ha funzionato alla perfezione e l'80% di bianco manto si è conservato, anche sotto il caldo solleone estivo. Gli addetti alla preparazione lo impiegheranno nel corso delle prossime settimane per creare il fondo di alcuni tracciati del comprensorio.
Indubbiamente questi metodi, seppur molto diversi tra loro, dimostrano come si possa raggiungere il medesimo obiettivo, ovvero poter disporre di neve per sciare e non arrestare l'economia delle stazioni (e il relativo indotto). Ma ci si deve chiedere quale sia il reale impatto ambientale di simili operazioni, che, seppur presentate come "amiche dell'ambiente" indubbiamente non contribuiscono a risolvere la vera e reale questione, ossia la sfida del surriscaldamento globale. Il problema, è proprio il caso di dirlo, sta a monte!
(DiscoveryAlps, 2 novembre 2009)
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Sciopero in aeroporto, tarda la partenza della Juve per Tel Aviv
Inizia con un inconveniente la trasferta israeliana della Juventus, che martedì sera gioca contro il Maccabi Haifa in Champions League. La partenza del volo prevista per le ore 10 è stata rinviata per via di uno sciopero dei lavoratori di Aviapartner, società che gestisce i servizi a terra all'aeroporto Caselle di Torino. La protesta è scattata dopo che la squadra era già salita sull'aereo.
Il presidente Blanc è sceso per tentare una mediazione. Grazie ad una sua dichiarazione di solidarietà, lo sciopero è stato poi interrotto solo per consentire alla Juve di partire verso mezzogiorno. C.G.
(Calciomercato.com, 2 novembre 2009)
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Netanyahu: dobbiamo fermare gli estremisti di destra
ROMA, 2 nov. - Le autorità israeliane devono combattere il terrorismo praticato dalle frange estremistiche di destra, che costituiscono "una minoranza marginale" nel Paese. E' quanto ha detto oggi il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, dopo l'arresto di un colono cisgiordano di origine statunitense, accusato di essere responsabile di numerosi reati e atti di violenza contro arabi israeliani, palestinesi e attivisti di organizzazioni non governative pacifiste. Secondo quanto riporta il sito web di Haaretz, Netanyahu ha dichiarato: "Tra noi c'è ancora una minoranza che non è pronta ad accettare la democrazia e il rispetto della legge". "Non rappresentano la maggioranza del Paese, sono gruppi piccoli e marginali, ma noi abbiamo già visto la forza e i danni di un solo omicidio". Il colono arrestato si chiama Jack Teitel, ha 37 anni, ed è stato stato arrestato dallo Shin Bet, i servizi di sicurezza israeliani: tra i reati contestati all'estremista - commessi nell'arco di dodici anni - vi sono gli omicidi di due arabi israeliani e numerosi attentati dinamitardi contro obbiettivi quali un monastero, una comunità di ebrei messianici e contro la polizia, accusata di essere filo-omosessuale.
(Apcom, 2 novembre 2009)
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Da un sito pro Hamas
Campagna BDS: studenti britannici approvano il boicottaggio di prodotti israeliani
GRAN BRETAGNA. Studenti della Sussex University di Brighton, in Gran Bretagna, questa settimana, hanno votato per boicottare i prodotti israeliani.
La decisione degli studenti, emersa da un referendum, segue l'appello della Campagna per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) che chiede a Israele di rispettare le leggi internazionali e porre fine all'occupazione dei Territori palestinesi.
Il boicottaggio studentesco ha ricevuto il plauso delle organizzazioni ebraiche e israeliane che si oppongono all'occupazione sionista. Tra questi, lo scrittore e studioso Norman G. Finkelstein.
(Infopal, 2 novembre 2009)
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Cisgiordania: Israele libera un deputato di Hamas
Hatem Qafisha, 49 anni, deputato del movimento integralista Hamas in Cisgiordania, è stato rilasciato oggi dalle autorità israeliane dopo un anno di detenzione amministrativa. Qafisha, secondo un giornalista dell'agenzia francese Afp, è tornato nella sua casa di Hebron, nel sud della Cisgiordania, accolto dai familiari e dal presidente del parlamento palestinese, Abdel Aziz Doweik, anche lui rilasciato dagli israeliani lo scorso giugno dopo tre anni di carcere. Nel 2006, diversi parlamentari palestinesi di Hamas erano stati arrestati dai militari dello stato ebraico in Cisgiordania dopo la cattura di Gilad Shalit, il soldato israeliano tuttora prigioniero a Gaza. Secondo Hamas, sono una quindicina i parlamentari palestinesi ancora reclusi nelle carceri israeliane, di cui 12 appartenenti proprio a Hamas.
(L'Unione Sarda, 1 novembre 2009)
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Il pregiudizio che portò a Berlino 1936
Nella lotta tra antirazzisti e filonazisti all'interno del Comitato olimpico vinse il partito ostile agli ebrei
di Paolo Mieli
Le Olimpiadi che si tennero a Berlino nell'estate del 1936 sono passate alla storia per la performance di Jesse Owens che vinse ben quattro medaglie d'oro (nei cento e duecento metri piani, nel salto in lungo, nella staffetta 4x100) e mise in grande imbarazzo il regime hitleriano. Le vittorie di Owens provocarono grande stizza in Adolf Hitler il quale, secondo i resoconti dell'epoca, non volle in alcun modo congratularsi con lo sportivo afroamericano che con la sua stessa presenza alla competizione sportiva e salendo poi sul podio aveva infranto il più grande tabù della Germania razzista. Tra l'altro Owens era soltanto uno, certo il più importante, dei diciassette atleti neri presenti in quei giorni nella compagine olimpica statunitense: diciassette ragazzi di colore che vinsero complessivamente tredici medaglie nell'atletica leggera e totalizzarono 83 dei 107 punti assegnati agli americani. Il loro punteggio totale nelle competizioni di atletica fu addirittura superiore a quello di tutte le altre squadre nazionali e quando alla fine dei giochi ci furono le manifestazioni di saluto conclusivo, il «Los Angeles Times» registrò con ironia la «depressione» del dittatore tedesco al cospetto di quella «sfilata in nero»....
(Corriere della Sera, 1 novembre 2009)
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Quell'amicizia con Hezbollah pesa come un macigno
di Fiamma Nirenstein
Massimo D'Alema commentando ieri l'ipotesi che egli, ex ministro degli esteri italiano diventi ministro degli esteri europeo, secondo Repubblica ha detto una delle sue frasi classiche, quelle in cui da del cretino a un po' di gente: «Una nomina italiana a ministro degli Esteri d'Europa è una questione di grande interesse nazionale, non un pastrocchio da piccolo interesse di bottega. Se qualche imbecille non lo capisce, peggio per lui». Ha ragione. E io sono, mi sembra, fra questi imbecilli. Una scelta per D'Alema implica una quantità di piani politico-ideologici: parla di scelte che riguardano la politica italiana; di Weltanschaung, la sua visione del mondo; delle attuali scelte degli italiani per l'Europa. Non c'è dunque solo la questione che è stata maggiormente messa in rilievo, il segnale di buona volontà fra le parti politiche, la buona novella che quando si tratta dell'interesse nazionale si deve e si può sotterrare un'ascia di guerra ormai insanguinata....
(il Giornale, 1 novembre 2009)
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Notizie archiviate
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