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Notizie ottobre 2009

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Netanyahu, il congelamento degli insediamenti è un pretesto

GERUSALEMME, 31 ott. - La richiesta dei palestinesi di congelare gli insediamenti israeliani in Cisgiordania e' un "pretesto" per impedire la ripresa dei negoziati di pace. Lo ha affermato il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, al termine dell'incontro a Gerusalemme con il segretario di Stato Usa Hillary Clinton, arrivata nello Stato ebraico dopo un colloquio con il presidente palestinese Abu Mazen. Ad Abu Dhabi, il leader di Fatah aveva spiegato alla Clinton che non ci sarebbero stati colloqui di pace con gli israeliani senza il "congelamento totale" delle colonie in Cisgiordania.

(AGI, 31 ottobre 2009)

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Ciò che il web unisce...

Ebrei religiosi ortodossi e ultraortodossi, stanchi della vita da single, ricorrono sempre più spesso a internet per trovare l'anima gemella. Un fenomeno in ascesa in Israele, che i più scaltri hanno già trasformato in business: basta un rapido giro sul web.

GERUSALEMME, 31-10-2009 - Per rendersi conto di quanti siano i siti di 'dating online' riservati a ebrei che cercano partner 'kosher' per sposarsi e formare una famiglia nel rispetto dei precetti dell'Halacha (la legge religiosa), che regola in dettaglio la vita di coppia fin negli aspetti piu' intimi, basta un motore di ricerca.
Orthodate.com - una delle agenzie matrimoniali del web - ha nella sua homepage un rabbino-cartoon che aggrotta severo le sopracciglia, a quanti sono alla ricerca della propria meta'.
Quasi tutti i siti propongono un menu' a tendina che consente d'indicare con precisione a quale corrente dell'ebraismo deve appartenere il potenziale coniuge. Ortodosso, ortodosso moderno, chassidish, frum, dati leumi e cosi' via: le opzioni disponibili sono circa una ventina.
Le agenzie web per 'cuori solitari': incrociano profili piu' o meno compatibili tra di loro, confidando, poi, nella divina provvidenza. Ogni tanto organizzano eventi: serate riservate a "ebrei single che pensano all'aliyha", a trasferirsi in Israele, oppure "discrete rappresentazioni teatrali adatte a tutti i background".
Per aumentare le possibilita' di successo della ricerca, possono offrire, a pagamento, 'optionals' ad hoc per l'approccio con l'altro sesso.
Frumster.com, ad esempio, vende videogame in grado di migliorare le capacita' di sostenere "conversazioni eccitanti e profonde col partner".

Rabbini comprensivi
"L'incredibile tecnologia di cui disponiamo oggi - commenta il rabbino Ari Sytner - consente a ebrei single in giro per il mondo di entrare in contatto con correligionari. E spesso le coppie funzionano. Mi e' gia' capitato di benedire persone che si sono incontrate cosi"'.
L'unica remora, fa notare il religioso, e' che "in questo modo si lascia al singolo tutta la responsabilita' di trovarsi un compagno, mentre fino a poco tempo fa la comunita' giocava un ruolo fondamentale".
"Confesso del resto - ammette Sytner - che quando compilo un certificato di matrimonio in cui, nello spazio riservato al nome di chi ha presentato i due sposi, devo scrivere una sigla che inizia con www., non posso non farmi grandi risate".

(RaiNews24, 31 ottobre 2009)

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Yemen: ebrei trasferiti negli Usa, sciiti processati e condannati a morte

SANAA, 31 ottobre - Come riferito dal The Wall Street Journal, una sessantina di ebrei yemeniti sono stati trasferiti in gran segreto dallo Yemen negli Stati Uniti a partire dallo scorso luglio. Il primo gruppo, composto da 17 persone, è giunto a New York, via Francoforte, l'8 luglio scorso.
Un numero imprecisato di loro ha poi raggiunto Israele. Altri cento ebrei yemeniti potrebbero arrivare a breve negli Usa. Stando al giornale americano, le autorità di Sanaa erano state messe al corrente dell'operazione.
Intanto, una Corte yemenita ha condannato a morte altri 8 ribelli zaiditi per aver combattuto l'offensiva dell'esercito ai danni della popolazione sciita del nord. Si è trattato in tempi brevi del sesto processo del genere. Sino ad ora sono state emesse sentenze capitali ai danni di 34 persone, ma altre circa cento attendono di essere processate.

(Arab Monitori, 31 ottobre 2009)

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Roma - Sfida di calcio tra musulmani ed ebrei, ma nel "terzo tempo" ci si tende la mano

Maccabi Roma e Liberi Nantes si affrontano nel torneo di terza categoria. La prima fa capo alla comunità ebraica, la seconda è composta da rifugiati arabi e africani.

di Giusi Spica

ROMA - Tendere la mano all'avversario dopo una partita "all'ultimo goal", è un gesto ormai rituale nel galateo calcistico. Ma quando a farlo sono i "rivali" di sempre, diventa una lezione di vero fair-play. La prova che il calcio può fare miracoli. Può persino unire nella comune passione per il pallone romanisti e laziali, juventini e milanisti, bianchi e neri. E, perché no, anche arabi ed ebrei. Domani alle 9, allo stadio Fulvio Bernardini di Roma, una squadra afro-araba e una ebraica si sfideranno nel campionato di terza categoria sotto il segno dell'amicizia.
Da una parte la Liberi Nantes, 25 giocatori di sette nazionalità arabo-africane, in maglia "azzurro Onu". Dall'altra la Maccabi Roma, una rosa di 30 atleti uniti sotto il segno della stella di Davide. La partita non vale ai fini della classifica, perché la Liberi Nantes è stata inserita nel campionato solo a titolo onorifico, ma rappresenta un appuntamento importante e atteso. "Sarà una sfida vera, poi tutti a festeggiare, qualunque sia il risultato", assicura Claudio Pavoncello, allenatore del Maccabi. La gara non si chiuderà nei 90 minuti tradizionali. Dopo il fischio dell'arbitro, è previsto un "terzo tempo" a base di tartine e pasticcini. Un modo per ribadire che la competitività è ammessa solo sul campo da gioco, legata al colore della maglia. Poi si può solo prendere atto del risultato e fare festa.
L'idea del terzo tempo è nata per caso, da una telefonata tra Vittorio Pavoncello, presidente della Federazione italiana Maccabi (l'organizzazione sportiva della comunità ebraica internazionale) e l'allenatore della squadra dei rifugiati, Vezio Bagazzini. "Il ct della Liberi Nantes - racconta Pavoncello - mi ha cercato per chiedermi di mantenere toni bassi. Così gli ho proposto il gemellaggio. Lo sport unisce, non divide. Nel Maccabi non ci sono solo ebrei, ma anche cattolici e giovani di nazionalità nigeriana".
La multietnicità è l'ingrediente fondamentale anche per la squadra arabo-africana, composta da eritrei, afghani, etiopici, iracheni, nigeriani, sudanesi e togolesi; molti, ovviamente, di religione musulmana. Tutti vivono in centri di accoglienza. Per loro il club rappresenta un fattore di appartenenza e recupero dell'identità. Da quando è nata, nel 2007, su iniziativa di un gruppo di volontari e con il sostegno di alcune associazioni sportive, la squadra è allenata da Vezio Bagazzini, storico barista del caffè della sinistra capitolina "Botteghe Oscure", chiuso nel 1995. E' anche grazie al suo impegno e alla sua passione se oggi il Liberi Nantes è una delle realtà più dinamiche del campionato dilettantistico romano.

(la Repubblica, 31 ottobre 2009)

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Libano. Arrestato palestinese, pianificava attacco a Unifil

Uno dei principali membri di Fatah al Islam, un movimento islamico radicale che si ispira ad al Qaida, è stato arrestato dall'intelligence militare libanese che lo sospetta di aver pianificato alcuni attentati contro la forza dell'Onu schierata nel Sud del Libano (Unifil). Lo riferisce il quotidiano libanese as Safir, secondo cui Ghassan Ibrahim, che ha 34 anni, è stato prima attirato fuori dal campo profughi di Ayn el Hilwe, situato nei pressi di Sidone, a 40 chilometri a Sud di Beirut, e in seguito arrestato.
Secondo la stampa libanese, Ghassan Ibrahim è uno dei "pesci grossi" di Fatah al Islam, il gruppo che nell'estate del 2007 aveva combattuto contro l'esercito libanese nel campo profughi di Nahr al Bared, nel nord del Paese. L'uomo, un palestinese che nel 1994 aveva ottenuto la nazionalità libanese, sarebbe coinvolto in diversi attentati dinamitardi e missioni con finalità terroristiche. L'ultima di queste consisteva nel monitorare gli avamposti militari libanesi e delle truppe Unifil allo scopo di pianificare un attentato.

(l'Occidentale, 31 ottobre 2009)

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Sardegna: Cappellacci incontra l’ambasciatore di Israele

CAGLIARI, 31 ott. - Il presidente della Regione, Ugo Cappellacci, ha incontrato in mattinata nella sede della Presidenza in viale Trento, l'ambasciatore d'Israele in Italia, Gideon Meir, che era accompagnato dal consigliere Affari economici e scientifici, Gila Rosiner.
Il diplomatico - che nei giorni scorsi ha avuto una serie di incontri con esponenti politici, economici e culturali, e ha visitato il Parco tecnologico di Pula - ha ribadito l'attenzione del Governo di Tel Aviv per l'isola e la volonta' di rafforzare i gia' buoni rapporti che vedono forme di collaborazione e interscambio nel campo delle energia rinnovabili, dei controlli ambientali e dello sfruttamento delle acque. L'ambasciatore ha anche invitato il presidente Cappellacci a una visita in Israele e ha messo l'accento, oltre che sui rapporti economici, su quelli culturali , campo in cui da tempo vi sono contatti e sinergie tra studiosi israeliani e sardi.
"Accolgo molto volentieri l'invito a una visita in Israele - ha risposto il presidente della Regione all'ambasciatore Gideon - e i nostri uffici si attiveranno fin dalla prossima settimana per gli aspetti organizzativi e per studiare insieme con i funzionari dell'Ambasciata tutte le iniziative per favorire e ampliare relazioni con un Paese al quale ci uniscono tante cose dal punto di visto storico e culturale, ma anche collaborazione e interscambi economici e scientifici".

(AGI, 31 ottobre 2009)

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Rapporto Goldstone, l'autore ammette: nessuna prova per condannare Israele

di Andrea B. Nardi

Negli ultimi anni da parte delle Nazioni Unite si sono moltiplicati i documenti infondati e ingannevoli contro Israele, i quali poi spesso devono essere smentiti e ritrattati dalla stessa Onu. Nel frattempo Gaza è diventato terreno fertile per qualsiasi accusa contro lo stato ebraico: ogni falsità, propaganda mediatica, mistificazione, alterazione della verità è non solo abilmente creata dai terroristi di Hamas e dai loro alleati arabi, ma pedissequamente riportata dai media occidentali senza alcuna verifica.
Di ciò si avvantaggiano le parti politiche internazionali pervicacemente avverse a Israele, così come sta accadendo appunto anche all'interno dell'Onu. Questa tragica pagliacciata si è ripetuta negli ultimi giorni grazie al giudice Richard Goldstone e al Rapporto della 12a sessione speciale del Consiglio Onu per i Diritti Umani, UN Watch, Commissione d'indagine sulla guerra nella Striscia di Gaza, da lui presieduta, e che è stata tanto pubblicizzata per le origini ebraiche del giudice sudafricano....

(l'Occidentale, 31 ottobre 2009)

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L'Italia rinuncia a Unifil e scontenta Israele

Le strane scelte della politica estera dell'Italia

In Libano il nostro Paese detiene il comando Unifil. Un impegno in Medio Oriente per la Pace dopo la guerra dell'estate 2006. Una scelta fatta dal governo Prodi e poco gradita all'esecutivo di centrodestra. La decisione di inviare truppe al confino israelo-libanese sembrava essere dettata da un atteggiamento filo Hezbollah, palesato dai colloqui tra l'allora ministro degli Esteri Massimo D'Alema e i rappresentanti del Partito di Dio. In questo ultimo anno il comando di quella missione è sulle spalle del generale Claudio Graziano, ufficiale di grande professionalità. Ma ora la sua ricandidatura viene bocciata proprio dall'Italia per un accordo con la Spagna. E questo anche contro il parere delle parti in causa nel teatro mediorientale. È infatti Israele a volere la riconferma del genereale Graziano. La richiesta, come ha rivelato il quotidiano Haaretz, è stata avanzata in via riservata dal primo ministro israeliano Benyamnin Netanyahu al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Israele teme che un cambio alla guida di Unifil possa aumentare l'instabilità del confine. E guarda caso sono gli Hezbollah che chiedono l'allontanamento del comandante italiano. Il generale Claudio Graziano in questo anno ha svolto un importante lavoro di diplomatico. È riuscito a stabilire i «tripartite meeting»: un momento di incontro mensile intorno a un tavolo tra ufficiali d'Israele e del Libano con la mediazione di Unifil. Gli incontri avvengono a ridosso della blu line, la linea di confine, nella base 132 Alfa del contigente italiano di Unifil. Ma ora l'Italia ha deciso che meglio rispettare l'impegno con la Spagna e consegnare a loro la responsabilità dell'Unifil che ascoltare Israele. Il governo Netanyahu non ha gradito tutto ciò e come primo atto il ministro della Difesa di Gerusalemme ha cancellato la visita a Madrid. Altro piccolo dettaglio, il generale Claudio Graziano vanta un'antica amicizia con il generale Michel Suleiman, al momento presidente del Libano.

(Il Tempo, 31 ottobre 2009)

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Olocausto - Muore Darges, nuove rivelazioni da ex assistente di Hitler

Scomparso ieri a 96 anni, le memorie potrebbero dare nuovi indizi

Darges e Hitler al Berghof
Le memorie di Fritz Darges, uno degli ultimi assistenti personali di Adolf Hitler, potrebbero gettare nuova luce sul coinvolgimento personale del leader nazista nell'Olocausto. Lo riporta il sito online della Bbc che cita il quotidiano Daily Telegraph. Gli storici sostengono che il manoscritto di Darges potrebbe fornire una prova chiave che fu Hitler in persona ad ordinare lo sterminio dei circa sei milioni di ebrei europei. Ad oggi non esiste nessun documento storico che provi nero su bianco che la "soluzione finale" fu una decisione del dittatore nazista. Fritz Darges, che è morto lo scorso fine settimana a 96 anni, era un membro della ristretta cerchia dei fidatissimi di Hitler durante i quattro anni di guerra. In veste di responsabile delle Ss, Darges presenziava a tutte le principali riunioni del Fuehrer. "Io dovevo essere sempre pronto per lui, ad ogni conferenza, ad ogni incontro. Tutti noi sognavamo un grande impero tedesco. Per questo mi ero messo al suo servizio e lo rifarei", dichiarò in una intervista ad un giornale tedesco poco prima della morte. Ma questo sodalizio, che durava dal 1940 quando Darges entrò ufficialmente nello staff personale del Fuhrer, si infranse nel luglio 1944 per una delle tipiche stravaganze del leader nazista. Durante una riunione strategica, nel luglio di quell'anno, una mosca cominciò a ronzare nella stanza, irritando il dittatore nazista che ordinò a Darges di eliminarla su due piedi: l'ufficiale delle Ss obiettò che si trattava di una "minaccia aerea" e che pertanto il compito spettava al supervisore della Luftwaffe, Nicolaus von Below. Per tutta risposta Hitler gonfio di rabbia lo silurò con queste parole: Tu sei destinato al fronte orientale".

(Apcom, 30 ottobre 2009)

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Roma: sfida di calcio tra israeliani e arabi

Una squadra afro-araba e una ebraica si sfideranno domenica prossima in una partita ufficiale a Roma sotto il segno dell'amicizia. Da una parte la Liberi Nantes, composta da giocatori di sette nazionalità arabo-africane, molti dei quali di religione musulmana; dall' altra la Maccabi Haifa, squadra interamente di religione ebraica. La squadra afro-araba, dopo aver partecipato alla XII edizione dei Mondiali di calcio antirazzisti disputata recentemente a Casalecchio di Reno ora milita, come quella ebraica, in un campionato di terza categoria a Roma. La Liberi Nantes, composta da rifugiati, è stata inserita nello stesso girone della Maccabi Haifa, storica compagine del campionato dilettantistico romano, vicina alla Comunità ebraica. La partita, che si svolgerà domenica prossima alle 9 nel centro Bernardini, nel quartiere Pietralata, sarà una sorta di gemellaggio che i giocatori festeggeranno subito dopo l'incontro con un rinfresco. La squadra afro-araba conta 25 atleti, tutti rifugiati e richiedenti asilo: eritrei, afghani, etiopici, iracheni, nigeriani, sudanesi e togolesi, che vivono in centri di accoglienza. Per loro il club rappresenta un elemento di appartenenza e di recupero dell'identità. Liberi Nantes è nata nel 2007 a Roma, su iniziativa di un gruppo di volontari e con il sostegno di alcune associazioni sportive, di centri di assistenza e sostegno, come il Centro Astalli, la Fondazione Don Luigi Di Liegro e l'Uisp di Roma.

(L'Unione Sarda, 30 ottobre 2009)

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Vicenda minareti: i timori dell'Onu

GINEVRA - Il comitato dei diritti umani dell'ONU è preoccupato per l'iniziativa anti-minareti e per «la campagna di affissione discriminatoria» che l'accompagna. La «Svizzera deve assicurare attivamente la libertà religiosa e combattere le incitazioni alla discriminazione, all'ostilità e alla violenza», affermano i 18 esperti dell'Onu.
Dopo aver esaminato il rapporto presentato da Berna sulla situazione interna in materia di diritti umani si chiede di rafforzare le competenze della commissione federale contro il razzismo in modo che quest'ultima possa indagare su tutti i casi di discriminazione o di creare un organismo indipendente a questo scopo.
Si dovrebbero anche intensificare gli sforzi per promuovere la tolleranza e il dialogo culturale ed esaminare le minacce che pesano sulle minoranze, anche su quella ebraica bersaglio di un "ingente aumento degli incidenti antisemiti".
È stata espressa preoccupazione anche per le condizioni restrittive imposte ai richiedenti l'asilo per ottenere assistenza giuridica durante l'esame della loro domanda e per «le condizioni di vita inadeguate» di coloro che sono stati respinti.
Si raccomanda di superare le ultime riserve riguardo al Patto dell'ONU sui diritti civili e politici, di ratificare il protocollo facoltativo e di creare un'istituzione nazionale dei diritti umani con un ampio mandato e risorse sufficienti.

(Corriere del Ticino, 30 ottobre 2009)

COMMENTO - Questi dunque sono i «timori dell’Onu»: i minareti in Svizzera, che potrebbero trovare qualche difficoltà ad essere costruiti nella misura richiesta dai fedeli della sharia. Nessun timore invece per l’Arabia Saudita, dove per legge non è ammesso il culto cristiano, dove è vietata qualsiasi manifestazione pubblica di fede, dove la polizia religiosa ha il compito di reprimere le celebrazioni clandestine, dove ai sacerdoti cattolici è negato l’ingresso nel paese, dove la conversione al cristianesimo è un reato. Nessun timore neppure per la striscia di Gaza governata da Hamas, dove le sinagoghe rimaste sono state distrutte perché naturalmente gli ebrei non solo non hanno diritto di esercitare su quella terra la loro fede, ma non devono neanche osare di metterci più il piede. Le preoccupazioni dell’Onu sono ben altre. L’«iniziativa anti-minareti in Svizzera» e la «campagna di affissione discriminatoria» che l’accompagna, questa è la preoccupazione del «comitato dei diritti umani dell’Onu».M.C.

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Israele-Palestina e il vuoto che si riempie

di Roberto Fontolan

Il ticchettio è ancora leggero, ma ha chiaramente superato la soglia dell’impercettibilità.
È ripreso da un po’ di settimane, da quando si è notato che il discorso di Obama al Cairo sul nuovo atteggiamento americano nei confronti dell’Islam e il successivo incontro tripartito a Washington con i riluttanti Netanyahu e Abu Mazen non hanno impresso nuovi ritmi o ravvicinato un ipotetico calendario di negoziato.
Israeliani e palestinesi restano distanti, e molto. La costruzione di nuove case per i gruppi irriducibili dei coloni, che ha scatenato le solite critiche sul governo di Tel Aviv, a partire dal segretario generale dell’Onu; poi gli scontri sulla spianata delle moschee; e ancora un nuovo round di tensioni tra Hamas e l’Autorità palestinese; infine la sparata di un razzo dal sud del Libano verso il nord di Israele con la consueta e prevedibile risposta....

(ilsussidiario.net, 30 ottobre 2009)

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Razzismo in Italia

Graffito antisemita a Milano, svastica a Roma, deliri contro ebrei e minoranze in internet

Cresce l'allarme antisemitismo anche in Italia. Mercoledì 28 ottobre 2009, un graffito realizzato con vernice nera è apparso nel centro di Milano, in corso Buenos Aires. Il Gruppo EveryOne, che ha scoperto il graffito, ha chiesto alla polzia municipale la sua immediata rimozione. "Eravamo in corso Buenos Aires per rimuovere una serie di locandine razziste che inneggiavano alla violenza contro i rifugiati africani che vivono a Milano," hanno commentato Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, co-presidenti dell'organizzazione per i Diritti Umani, "quando ci siamo imbattuti in quello sfregio, vicino a una delle farmacie più frequentate. Il graffito presenta la Stella di Davide, simbolo dell'Ebraismo, equiparata alla svastica nazista. E' un messaggio odiosamente antisemita, che si cela dietro ideologie antisioniste. Abbiamo contattato i centri sociali, che hanno a loro volta stigmatizzato il graffito, assicurando che non è opera loro". Il messaggio antisemita di Milano segue la notizia della svastica apparsa ieri a Roma, sulla serranda di un'autorimessa di proprietà di una famiglia di fede ebraica. "Siamo molto preoccupati," proseguono gli attivisti, "perché non si tratta di episodi isolati. Abbiamo amici ebrei che avvertono un clima ostile intorno a loro. Anche internet rivela un'escalation di antisemitismo, come rivelano i deliri che compaiono su pagine di Facebook e siti neonazisti o di estrema destra come quelli di Storm Front, White Pride, Kali Yuga, Ordo Nigri Solis e molti altri. Un comune in provincia di Milano, vista l'atmosfera che tira, ha rinunciato al progetto già avviato di creare - grazie a un'importante donazione - la prima pinacoteca dell'Olocausto in Europa. Anche i viaggi verso i lager, previsti per il Giorno della Memoria, sono osteggiati da politici e movimenti intolleranti". Il Gruppo EveryOne presenterà a fine anno un dossier sull'antisemitismo in Italia all'attenzione della Commissione europea e dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. "E' un fenomeno sottovalutato," conclude EveryOne, "come lo era qualche anno fa quello dell'antiziganismo e del razzismo, che oggi imperversano in Italia, da Nord a Sud, o dell'omofobia, che è diventato un vero dramma per la comunità glbt, colpita da un numero di aggressioni senza precedenti, superiori persino a quanto avveniva durante il fascismo. Ma rigurgiti di antisemitismo sono sempre più forti anche fuori dai nostri confini. Ieri mattina a Los Angeles, un antisemita ha aperto il fuoco all'interno di una sinagoga a Los Angeles, ferendo due persone e dandosi poi alla fuga. E' importante che le Istituzioni italiane abbandonino irresponsabili politiche improntate all'intolleranza e ripristinino programmi educativi che spieghino alle nuove generazioni gli orrori prodotti nella Storia umana dall'antisemitismo, dall'odio razziale e dall'omofobia. E' altresì importante che l'Unione europea continui a monitorare e per quanto possibile combattere la deriva dei valori civili che è in corso in Italia, tanto che sopravvissuti ad Auschwitz come Piero Terracina o Nedo Fiano hanno più volte parlato di un clima che ricorda quello che percorreva l'Italia negli anni delle Leggi Razziali".

(IMG Press, 30 ottobre 2009)

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Abu Mazen ignorato. I palestinesi tifano Hamas

di Angelo Pezzana

Si dimette o non si dimette? Si prepara alle elezioni oppure ha cambiato idea? Non è facile capire quello che pensa Abu Mazen del suo prossimo futuro. Le elezioni dovrebbero tenersi il 24 gennaio 2010, ma la data è valida solo nelle intenzioni del premier palestinese, perché di tutti gli ostacoli che si frappongono, lui continua a denunciarne solo uno, per di più inesistente. Sarebbe infatti Bibi Netanyahu, che grazie all’accordo con Obama ha potuto evitare il blocco totale delle nuove costruzioni in Cisgiordania, ad impedirle. Non è Hamas, il quale, riconfermandosi a Gaza padrone assoluto, non riconosce ad Abu Mazen nemmeno la qualifica di presidente dimissionario, negandogli di fatto persino la giurisdizione su tutto il territorio....

(Libero-news.it, 30 ottobre 2009)

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Israele vuole l’Italia e non la Spagna alla guida delle truppe Onu in Libano

Ancora sei mesi di comando italiano alla testa del contingente internazionale Unifil, che presidia sin dalla fine della guerra israelo-libanese del 2006 il Libano meridionale. A chiederlo è Israele, sceso in campo con il premier, Benyamin Netanyahu, per sostenere la proposta di una proroga al vertice della missione del generale Claudio Graziano. Una proposta che anche a Beirut non sembra incontrare riserve e che, per una volta, potrebbe non contrapporre gli interessi israeliani a quelli libanesi. Ma che rischia di innescare un caso diplomatico con la Spagna, convinta da tempo di avere i titoli per ambire a un passaggio di consegne al vertice di Unifil dopo i turni francese e italiano.
La vicenda già affrontata anche dal Giornale, è riesplosa ieri. In particolare sul quotidiano israeliano Haaretz, che ha rivelato un colloquio «top secret» avuto in questi giorni da Netanyahu con il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Argomento, appunto, il comando di Unifil. Un ruolo delicato che Israele - pur assicurando di non nutrire riserve verso i generali spagnoli - auspica possa restare almeno per alcuni mesi in mano italiana. Per lo Stato ebraico non si tratta tanto di una scelta legata ai rapporti di fiducia con Roma, quanto di garantire la continuità operativa della missione. Dell’operazione Gerusalemme riconosce l’effetto stabilizzatore, malgrado qualche ricorrente fibrillazione (da ultimo il lancio di un razzo Katyusha verso l’Alta Galilea, avvenuto martedì) e le recriminazioni su un mandato che non consente un’efficace azione di disarmo delle milizie di Hezbollah.
Il timore di Netanyahu (e dello stato maggiore israeliano) non convince tuttavia il governo di Madrid: «offeso» sia dalle forme dell’intervento - scrive Haaretz - sia dalle spiegazioni, ritenute «generiche», fornite per giustificare la preferenza per l’Italia. Da parte sua il premier Zapatero, mira da tempo al comando, un traguardo di prestigio per il suo Paese, nonostante la Spagna contribuisca alla missione con 1.100 militari contro i 1.480 francesi e i 2.500 italiani. L’Onu per il momento ha preso tempo («ogni decisione è sospesa»), mentre il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha smorzato i toni: «Abbiamo preso un impegno, per noi la scadenza resta quella naturale di febbraio. La Spagna ha espresso un suo desiderio molto forte e abbiamo deciso di non contrastarlo a condizione che Madrid aumenti il suo contingente».

(il Giornale, 30 ottobre 2009)

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Uomo spara in sinagoga, due feriti

LOS ANGELES - Un uomo ha aperto il fuoco contro una sinagoga di North Hollywood facendo due feriti prima di darsi la fuga. Lo ha annunciato la polizia che sta trattando l'episodio come un atto di violenza a sfondo razziale. La sparatoria è avvenuta all'alba alla sinagoga sefardita Adat Yeshurun Valley. I due feriti, due uomini di circa 30 anni che stavano entrando al tempio per pregare, sono stati ricoverati in ospedale. Le loro condizioni sono considerati stabili. La polizia ha allertato altre sinagoghe dell'area di Los Angeles e aumentato la vigilanza nei pressi di altre organizzazioni ebraiche.

(RaiNews24, 29 ottobre 2009)

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Cagliari: il sindaco Floris riceve l'ambasciatore d'Israele

Il sindaco di Cagliari, Emilio Floris, ha ricevuto questo pomeriggio nel suo studio, al Municipio, l'ambasciatore di Israele in Italia, Gideon Meir, giunto in città per una serie di incontri con le più alte autorità. Nel corso del colloquio si è tra l'altro parlato della sempre critica situazione dell'Oriente dove, ha sottolineato il diplomatico, la sfida più grande per il nuovo governo di Gerusalemme è costituita dall'Iran, che si sta dotando di missili a lunga gittata in grado di colpire non solo Israele anche l'Europa. Quanto ai rapporti con l'Italia, che ha definito eccellenti, Meir ha detto che il suo Paese intende intensificarli, sia sul piano economico che sul piano culturale. Il sindaco Floris ha dichiarato di condividere le sue preoccupazioni, rilevando che l'Iran rappresenta al momento una minaccia non solo per Israele ma per la pace nel mondo. Dopo aver sostenuto la necessità di non abbassare la guardia ha tuttavia espresso la speranza che l'intensificarsi degli scambi, soprattutto culturali, possa favorire un progressivo miglioramento delle relazioni di Gerusalemme oltre che con l'Italia e con l'Europa anche con la comunità internazionale. Al termine dell'incontro, dopo il rituale scambio di doni, Gideon Meir ha invitato il sindaco a visitare il suo Paese.

(L'Unione Sarda, 29 ottobre 2009)

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L'ambasciatore di Israele Gideon Meir incontra gli alunni di una scuola media

CAGLIARI - Al centro culturale del Comune "Il Ghetto", in via Santa Croce, si terrà stasera alle ore 18 un incontro tra l'ambasciatore di Israele a Roma, Gideon Meir, e gli alunni della scuola media Alfieri, accompagnati dai loro professori. Assieme alle autorità cittadine saranno presenti il presidente dell'associazione KKL Italia, Raffaele Sassun, e il Procuratore Rafael Ovadia.
Alla manifestazione, organizzata in collaborazione con l'Assessorato alla Cultura del Comune di Cagliari, prenderanno parte circa duecento tra alunni e docenti, delegazioni di altre scuole e di genitori.
Temi dell'incontro saranno il negazionismo e l'antisemitismo, Israele ieri e oggi, la Shoah, l'impegno del mondo della scuola in una società multiculturale per trasmettere la memoria della Shoah.

(Ufficio Stampa Comune di Cagliari, 29 ottobre 2009)

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Lo scandalo degli etilometri in Israele può avere ripercussioni anche sull'Italia?

TORINO - In Israele sta scoppiando un caso legato agli etilometri: gli strumenti utilizzati dalla polizia locale non sarebbero infatti infallibili, ma incredibilmente vulnerabili all'umidità, al calore, alle varianti atmosferiche. Perchè dovrebbe interessare l'Italia? Perchè il modello sotto accusa sarebbe lo stesso che viene utilizzato dalla Polizia stradale italiana.

Qui di seguito il testo di un blogger, Lorenzo Cairoli, che ne ha dato notizia.

Etilometro della polizia italiana
La notizia arriva da Israele, letta tre ore fa sul quotidiano 'Hareetz', ma riguarda anche noi, e tanto. Nella polizia israeliana sta scoppiando un imbarazzante caso 'Dräger'. La Dräger è una storica azienda tedesca che da più di un secolo brevetta invenzioni che contribuiscono a proteggere e a salvare vite umane. In più di un secolo, ha prodotto maschere antigas, autorespiratori ad aria compressa, tute di protezione chimica, autorespiratori subacquei a miscelazione meccanica, sensori fissi e mobili per la rilevazione di gas e vapori esplosivi, test immunologici per individuare agenti biologici e tossine, rilevatori di droga e di alcol (i famosi etilometri della polizia stradale) - curioso, se si pensa che il primo brevetto della Dräger fu un riduttore di pressione ad anidride carbonica da applicare ai macchinari della birra. Gli etilometri della Dräger erano il fiore all'occhiello della polizia israeliana, almeno fino a poche ore fa. Ma ora si è scoperto che la loro millantata infallibilità è una bufala pazzesca. Sono incredibilmente vulnerabili all'umidità, al calore, alle varianti atmosferiche e riconoscono come sostanze alcoliche sostanze che alcoliche non sono come l'acetone e l'acido acetico. Ma lo scandalo vero è che hanno rilevato alto tasso alcolemico in soggetti colpevoli d'aver bevuto solo un succo d'uva o una bevanda energetica. L'avvocato Eran Ben-Ami annuncia una possibile class action in favore delle migliaia di automobilisti israeliani che in questi anni sono stati sanzionati ingiustamente per aver guidato in stato d'ebbrezza - reato che in Israele è punito col ritiro della patente per due anni. Per la cronaca, l'etilometro utilizzato dalla polizia stradale italiana, omologato dal ministero dei Trasporti secondo le prescrizioni fissate nell'art. 379 del regolamento di esecuzione del codice della strada e nel richiamato disciplinare tecnico approvato con decreto del ministro dei Trasporti, di concerto con il ministro della Salute del 22 maggio 1990, è proprio il Dräger 7110 MKIII. Sindaco Tosi, be careful.

(La Stampa, 29 ottobre 2009)

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Due pesi e due misure nell'informazione

di Sergio Della Pergola

La rassegna quotidiana della stampa italiana che il Portale dell'ebraismo italiano www.moked.it ha reso accessibile a tutti, nel corso di un anno produce 120mila pezzi di interesse su temi relativi all'ebraismo e a Israele. E' una quantità incredibilmente alta di testi che dimostra l'attenzione meticolosa e perfino ossessiva dei media di fronte al fenomeno "ebrei". Ma non necessariamente di fronte ad altri temi. Quando 18 palestinesi vengono arrestati durante una dimostrazione sulla Spianata delle Moschee a Gerusalemme, segue la notizia secondo cui Israele sta provocando un miliardo di musulmani nel mondo. Ma quando lo stesso giorno attivisti di un movimento islamico causano almeno 150 morti e 600 feriti in due attentati di fronte al ministero della Giustizia a Bagdad, la notizia passa con un leggero senso di fastidio. Il rifiuto di Israele di accettare pedissequamente un documento della commissione Diritti Umani dell'ONU circa presunti crimini di guerra ai danni di una popolazione islamica solleva grandi dibattiti, ma l'attentato nel quale perdono la vita nove dipendenti dell'ONU, nuovamente da parte di agenti islamici, è considerato parte di una inevitabile routine. Due pesi e due misure nell'informazione - un fenomeno ben presente fra i 120mila ritagli di giornale - sono qualcosa di ancora più inquietante rispetto alla pratica intollerabile delle veline. Sono un sintomo grave di disfacimento della società civile.

(Notiziario Ucei, 29 ottobre 2009)

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Libano: Israele chiede la proroga del comando Italia, Spagna furiosa

Netanyahu ha chiamato Berlusconi: "Graziano resti al suo posto"

Israele ha chiesto all'Italia di mantenere il comando della missione Unifil nel sud del Libano, con il generale Claudio Graziano, almeno per i prossimi sei mesi e di non procedere al passaggio di consegne con la Spagna, che dovrebbe assumere la guida della missione delle Nazioni Unite. Una presa di posizione, riferisce oggi l'autorevole quotidiano israeliano Haaretz, che ha mandato su tutte le furie le autorità di Madrid. "Il primo ministro israeliano Banjamin Netanyahu ha chiamato la settimana scorsa il capo del governo italiano Silvio Berlusconi e gli ha chiesto di provare a mantenere al suo posto l'attuale comandante di Unifil, il generale Claudio Graziano", ha confermato un responsabile dello stato ebraico. Il mandato di Graziano dovrebbe scadere nelle prossime settimane e la successione al comando di Unifil, salvo ripensamenti, dovrebbe essere garantita da un ufficiale spagnolo. Ma questa mattina lo stesso ministro della Difesa Ignazio La Russa ha confermato che molti chiedono all'Italia di "prorogare di qualche mese la guida del generale Claudio Graziano", che ha ricevuto "apprezzamenti al di là di ogni aspettativa". E la presa di posizione di Netanyahu, secondo il quotidiano Haaretz, rischia di creare un serio incidente diplomatico con la Spagna, dove il ministro della Difesa Ehud Barak si recherà nei prossimi giorni. In quella occasione, si legge ancora, Barak dovrà fornire valide spiegazioni a Madrid se vorrà evitare una vera e propria crisi bilaterale. Da parte sua, il ministro israeliano degli Affari Esteri Avigdor Lieberman, ha comunque precisato che Israele "non ha alcuna preferenza sul comandate di Unifil". "Collaboriamo con il capo di questa forza, chiunque esso sia", ha aggiunto.

(Virgilio Notizie, 29 ottobre 2009)

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Turchia, palestinesi contro serie tv anti-Israele, autore lascia

ROMA, 29 ott - Uno degli sceneggiatori di "Ayrilik", la fiction in programma sul primo canale della tv pubblica turca che ha suscitato dure proteste da parte di Israele, si è dimesso perché l'ultimo episodio trasmesso, ha riconosciuto, "insulta le donne palestinesi e le forze della resistenza". Hakan Albayrak, questo il nome dello sceneggiatore, si è scusato con i palestinesi dopo che un'organizzazione di Gaza aveva definito una delle scene andate in onda "una coltellata nella schiena della nazione palestinese". Giorni fa era stata la diplomazia israeliana a convocare l'ambasciatore turco per protestare contro uno show definito dal ministro degli Esteri Avigdor Lieberman "indegno di essere trasmesso in un Paese nemico, figuriamoci in Turchia". In particolare Israele contestava alcune scene in cui i soldati israeliani vengono dipinti come "assassini assetati di sangue". Tuttavia è con i palestinesi che Albayrak si è scusato, per alcuni passaggi di "Ayrilik" in cui uomini palestinesi violentano e uccidono delle connazionali rilasciate dalle forze armate israeliane.
In una lettera pubblicata su Turktimes e ripresa dall'israeliano Yedioth Ahronoth, lo sceneggiatore ha spiegato che "la traccia originale era incentrata sul terrorismo in Turchia ma io ho suggerito che il focus fosse spostato sulla Cisgiordania e Gaza". E su Hamas invece che su Fatah, continua Albayrak, "visto che Fatah si oppone alla resistenza". La proposta fu accettata, "e all'inizio ero orgoglioso che il mio nome apparisse nei titoli di coda, ma con questa svolta che offende i palestinesi, chiedo che il mio nome sia cancellato. Volevo dare visibilità ai palestinesi - ha concluso lo sceneggiatore - e adesso mi scuso con i miei fratelli che sono arrabbiati con me". I produttori del canale pubblico Trt1, osserva Yedioth, non hanno commentato le parole di Albayrak limitandosi a dichiarare: "Non interferiamo con le questioni interne di case di produzione private".

(il Velino, 29 ottobre 2009)

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Ahmadinejad: gli Usa rompano i legami con Israele

TEHERAN, 29 ott. - Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha invitato oggi gli Stati Uniti a rompere i loro legami con Israele, come primo passo per dimostrare di voler cambiare il loro approccio con l'Iran. "Dovete scegliere tra il prestigio mondiale e il sostegno al regime sionista", ha dichiarato Ahmadinejad rivolto agli Usa, durante un discorso pronunciato a Mashad, nell'est dell'Iran, stando a quanto ha riferito la tv di Stato. "Dovete scegliere una delle due opzioni", ha precisato Ahmadinejad.
Il presidente iraniano ha quindi auspicato che il presidente americano Barack Obama cambi la politica americana nelle aree calde del Medio Oriente e dell'Asia centrale. "Ci piacerebbe essere testimoni di questi cambiamenti", ha concluso il suo discorso Ahmadinejad.

(Adnkronos, 29 ottobre 2009)

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Acqua: "È Israele che rispetta i patti, a differenza dei palestinesi"

La gestione delle risorse idriche fra israeliani e palestinesi si basa su un accordo ad interim fra le due parti, e in particolare sull'articolo 40 dell'Allegato III che concerne la questione dell'acqua dolce e delle acque reflue.
Secondo tale accordo, ai palestinesi spettano ogni anno 23,6 milioni di metri cubi di acqua. All'atto pratico, essi hanno accesso ad una quantità di acqua almeno doppia di questa cifra.
Israele ha rispettato tutti i suoi obblighi previsti dall'accordo sull'acqua riguardo alle forniture di quantità addizionali ai palestinesi, superando anche largamente le quantità obbligatorie.
I palestinesi, per contro, hanno significativamente violato i loro impegni previsti dall'accordo sull'acqua, con particolare riguardo a questioni importanti come lo scavo illegale di pozzi (ne hanno scavati più di 250 senza autorizzazione da parte della Commissione Congiunta sull'Acqua) e la gestione delle acque reflue (i palestinesi non costruiscono impianti di trattamento delle acque reflue nonostante il loro impegno a farlo e i cospicui fidanzamenti internazionali stanziati a questo scopo).
I dati relativi al consumo di acqua dolce naturale mostrano chiaramente il trattamento corretto da parte di Israele delle esigenze palestinesi. Nel 1967 il consumo israeliano pro capite di acqua dolce naturale era di 508 metri cubi all'anno. Nel 2008 tale consumo è vistosamente sceso a 149 metri cubi per persona all'anno. Le cifre palestinesi per lo stesso consumo sono passate da 86 metri cubi nel 1967 a 105 nel 2008.
Israele si è offerto di fornire ai palestinesi acqua desalinizzata, ma questa opzione è stata sistematicamente respinta per ragioni politiche.
Mentre dal 1967 Israele ha significativamente ridotto il suo uso di acqua fresca naturale, ridimensionando in modo consistente il gap fra consumo israeliano e palestinese, non si capisce in base a quali elementi reali Amnesty International possa parlare di "politiche discriminatorie" verso i palestinesi.
Gli autori del rapporto hanno scelto di ignorare tutti i dati, i documenti e i rapporti di parte israeliana, sebbene contengano fatti verificabili presentati in totale trasparenza. Questo discutibile approccio, che consiste nel trascurare sistematicamente il materiale di fonte israeliana facendo assegnamento esclusivamente sulle accuse palestinesi, suscita seri dubbi sulle reali intenzioni degli autori del rapporto e dell'organizzazione stessa che lo firma.

(Comunicato del portavoce del ministero degli esteri israeliano, 27.10.09)

(israele.net, 28 ottobre 2009)

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La Serbia firma un accordo di cooperazione con la polizia israeliana

Ivica Dacic
BELGRADO - Il Vice Primo Ministro della Serbia e il Ministro degli Interni, Ivica Dacic, si è recato in visita ufficiale in Israele, per incontrare il suo omologo israeliano. La sua presenza in Israele si è tradotta in un'occasione per rafforzare i legami di Israele con la Serbia e per scambiare le esperienze nelle diverse sfere del lavoro di polizia, spiega Dacic, con la firma di un accordo sulla cooperazione del Ministero degli interni serbo e del Ministero della Pubblica Sicurezza di Israele. Dacic durante la visita incontrerà anche il Ministro degli Esteri israeliano, visto che alcune settimane fa a Belgrado è stato firmato l'accordo sull'abolizione dei visti per i cittadini serbi. Il Ministro serbo ha visitato anche la compagnia Motorola a Tel Aviv, con la quale il Ministero degli Interni serbo ha un accordo di cooperazione strategica. "Questa compagnia è molto importante per il nostro sistema di telecomunicazionii, il cosiddetto Tetra sistema, il cui completamento è d'interesse per tutto il sistema di sicurezza serbo", ha concluso Dacic.

(Rinascita Balcanica, 28 ottobre 2009)

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Kkl per Israele e il suo ambiente

di Maurizio Gasparri

Gala dinner di apertura per il Progetto del Kkl, (Italia Keren Kayemeth LeIsrael), la più antica associazione ambientale del mondo, nata nel 1901, dal titolo «Halutzit. Le radici del futuro», celebrata presso l'Aranciera del Semenzaio a Caracalla, alla presenza di centinaia di invitati, fra i quali il presidente Ucei Renzo Gattegna, il presidente della Comunità ebraica Romana Riccardo Pacifici, il diplomatico David La Cecilia. Promossa dall'ambasciata di Israele in Italia, la serata ha posto la questione della sostenibilità ambientale e le azioni volte a garantire acqua, terra, aria pulita, infrastrutture e servizi alle popolazioni che vivono in Israele e nel Medio Oriente. Alla serata, di cui era ospite d'onore Shaul Mofaz già ministro della Difesa di Israele, hanno partecipato Gideon Meir, ambasciatore d'Israele in Italia, Avi Dickstein, direttore esecutivo risorse e sviluppo KKL, Piero Fassino (deputato Pd), capogruppo del Pdl in Senato e il sindaco di Roma Gianni Alemanno.

(il Giornale, 28 ottobre 2009)

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Svastica su negozi ebrei alla Magliana. Alemanno: uniti contro razzismo

ROMA - Una svastica, piuttosto evidente, è stata tracciata con una vernice spray, nel corso della notte, sulla serranda di autorimessa appartenente ad una famiglia ebrea nella Capitale. A denunciare l'accaduto è stato lo stesso proprietario dell'attività commerciale di vicolo dell'Imbarco, nella zona della Magliana, a sud di Roma.
Immediati i rilievi scientifici dei carabinieri della Compagnia Eur che starebbero anche visionando alcuni filmati di una telecamera a circuito chiuso per risalire agli autori del gesto. Un gesto che arriva proprio nell'anniversario della marcia su Roma e all'indomani dell'affissione, e della seguente rimozione, di decine di manifesta inneggianti proprio alla marcia su Roma e raffiguranti Benito Mussolini, affissi ieri in alcune strade del centro storico.
«Esprimo il mio più vivo sdegno e la mia solidarietà alle vittime di questo atto di idiozia. La svastica è, probabilmente, il simbolo che, più di tutti gli altri, ha finito per incarnare il male più assoluto, totale e delirante». Lo afferma il sindaco di Roma, Gianni Alemanno. «Purtroppo la mala pianta dell'imbecillità aggravata dall'odio razziale è difficile da estirpare. Per questo, abbiamo bisogno che tutte le Istituzioni e le forze politiche collaborino nella lotta contro questo mostro. Mi auguro che i Carabinieri facciano piena luce su questo episodio e assicurino i responsabili alla giustizia», ha concluso Alemanno.

(Il Messaggero, 28 ottobre 2009)

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Più rischi di cancro per i sopravvissuti alla Shoah

La fame e gli stenti subiti in età giovanile possono essere legati a una maggiore incidenza di tumori

MILANO - La Seconda Guerra Mondiale non è ancora finita? Non per tutti, pare. Gli Ebrei sopravvissuti agli orrori dell'Olocausto, infatti, risultano esposti a un rischio più alto della media di sviluppare un tumore. Lo sostengono gli autori di uno studio pubblicato sull'edizione on line del Journal of the National Cancer Institute.
    LO STUDIO - Ci avevano già provato altri ricercatori a trovare legami fra l'incidenza di malattie oncologiche e un estremo stress fisico e psicologico, osservando popolazioni diverse dagli Ebrei d'Europa vittime delle persecuzioni naziste. Ma non erano mai emersi risultati interessanti. Ora gli esperti della School of Public Health dell'università israeliana di Haifa hanno confrontato l'incidenza di tumori in una coorte di oltre 300mila Ebrei israeliani nati in Europa. Non essendoci dati individuali sull'esposizione alla Shoah, i ricercatori si sono basati sulla data di ingresso in Israele, distinguendo fra le persone immigrate prima o durante il secondo conflitto mondiale (e dunque non esposte alle persecuzioni) e quelle che invece hanno lasciato l'Europa dopo la fine della guerra, dunque potenzialmente reduci da privazioni, violenze e internamento. La probabile esposizione all'Olocausto è risultata associata a un aumento statisticamente significativo del rischio di cancro, specie per i tumori del seno e del colon-retto. Non si sono rilevate differenze fra maschie e femmine o in base all'età, ma più colpiti di altri sono apparsi coloro che all'epoca delle persecuzioni erano più piccoli.
    LA FAME ESTREMA DIVENTA UN RISCHIO - In un editoriale di commento, Stephen Hursting, del dipartimento di Scienze nutrizionali dell'università del Texas e Michele Forman del dipartimento di Epidemiologia dell'MD Anderson Cancer Center di Houston, hanno accostato questi dati a quelli di diverse altre indagini su riduzione calorica e rischio di cancro, osservando che va rinforzandosi la letteratura sugli effetti di una severa restrizione dell'apporto calorico, unita a inimmaginabili avversità fisiche e psicosociali. «Tutti i dati di studi su uomini e animali suggeriscono che, mentre la riduzione di calorie tipicamente diminuisce il rischio tumorale, questo effetto anticancro potrebbe essere neutralizzato o inibito dalla presenza di fattori di stress estremo - hanno scritto -. Da questo campione davvero unico possiamo imparare lezioni importanti sull'adattamento a ristrettezze estreme nella prima fase dell'esistenza, sulla resistenza nel corso della vita e sulla suscettibilità al cancro in età avanzata».

(Corriere della Sera, 28 ottobre 2009)

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Hamas: vieteremo a Gaza le elezioni convocate da Abbas

GAZA CITY, 28 ott - Il ministro dell'Interno di Hamas a Gaza ha annunciato che vietera' lo svolgimento delle elezioni convocate dal presidente palestinese Mahmud Abbas nel territorio costiero.
''Il ministero terra' conto di chiunque sara' coinvolto nelle elezioni'', ha spiegato il ministero in una nota.
Il ministero ha precisato di voler ''respingere lo svolgimento delle elezioni nella Striscia di Gaza perche' richieste da qualcuno che non ha il diritto di pronunciare un simile annuncio e perche' giunge senza un accordo nazionale''.
La scorsa settimana Abbas, leader del partito Fatah, aveva convocato elezioni presidenziali e politiche nei Territori palestinesi per il 24 gennaio 2010, a quattro anni esatti dall'ultima consultazione elettorale.

(ASCA-AFP, 28 ottobre 2009)

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Israele, il governo dice no agli autobus segregati per gli ortodossi

Sono illegali e comportano gravi discriminazioni gli autobus segregati degli ebrei ortodossi dove, per ragioni di «modestia», gli uomini siedono nel settore anteriore e le donne in quello posteriore. Lo ha stabilito una commissione del ministero israeliano dei Trasporti, che ha oggi presentato un ponderoso rapporto in merito dalla Corte Suprema di Gerusalemme.
Secondo il rapporto, le compagnie pubbliche israeliane non possono imporre la separazione per sesso nei loro mezzi di trasporto. Gli autori del rapporto consigliano tuttavia di venire incontro alle esigenze della popolazione ortodossa.
Una delle idee avanzate è l'istituzione per un periodo di prova di un anno, nei rioni ortodossi, di autobus dove uomini e donne possano separarsi su base volontaria, e non coercitiva.
Nel frattempo desta scalpore l'arresto a Gerusalemme di uno zelota, Yoel Kreuss, sospettato di aver aggredito una donna con una bombola di gas lacrimogeno perché si ostinava a restare su un marciapiede che a suo parere era riservato «a soli uomini».
Kreuss, che è in attesa di giudizio, ha ammesso di aver redarguito la donna, ma ha negato di aver fatto ricorso a spray.
La separazione dei marciapiedi, ha spiegato, si era resa necessaria perché in quel tratto di strada si era creato un grande affollamento durante la recente Festa dei Tabernacoli e occorreva dunque evitare che uomini e donne si toccassero, sia pure inavvertitamente.

(il Giornale, 27 ottobre 2009)

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Israele contesta il rapporto di Amnesty sull'acqua ai palestinesi

Le autorità israeliane contestano il rapporto di Amnesty International pubblicato oggi riguardo alle forniture d'acqua ai palestinesi. Secondo israele, gli accordi attuali prevedono che ai palestinesi vadano 26,3 milioni di metri cubi all'anno, mentre "nella realtà dei fatti hanno acceso al doppio".
Secondo le autorità israeliane sarebbero invece i palestinesi ad aver violato gli impegni non costruendo impianti di depurazione delle acque impure, nonostante l'esistenza di "fondi esteri stanziati appositamente e, e costruendo invece oltre 250 pozzi illegali".
Le cifre pubblicate da Amnesty sono state contestate anche dall'Autorità israeliana per l'acqua secondo cui gli israeliani usano 408 litri d'acqua al giorno, mentre i palestinesi 200. Cifre molto diverse da quelle pubblicate da Amnesty che parlano di un consumo di acqua da parte israeliane superiore da quattro a venti volte di quello palestinese.

(Sabato Sera Online, 27 ottobre 2009)

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La guerra del Tempio

di Giorgio Bernardelli

La rampa dei Mughrabi
«Israele sta progettando un grande scavo archeologico sotto la piazza del Muro del Pianto, davanti al Monte del Tempio. Con questi scavi verrà creato un parco archeologico sotto l’area dove i fedeli attualmente stanno in piedi a pregare». A lanciare la notizia è Arutz Sheva, l’agenzia di stampa israeliana vicina alla destra religiosa. Un annuncio attribuito a «fonti ufficiali». E che viene da una testata molto attendibile su questi temi: per ovvie ragioni, Arutz Sheva è l’agenzia più attenta a tutto quanto si muove intorno al Muro del Pianto. Quasi, poi, a voler fugare ogni dubbio, la notizia è accompagnata da un disegno attribuito direttamente all’Israel Antiquities Authority , l’ente governativo israeliano che sovrintende agli scavi archeologici.
Vi si vede descritta un’idea che - se attuata - cambierebbe radicalmente il modo di accostarsi al luogo più sacro per ogni ebreo, la memoria del Tempio distrutto dai romani nel 70 d.C. Esteriormente l’attuale piazzale dove si prega rimarrebbe immutato. Ma - grazie a un sistema di pilastri di sostegno - nel sottosuolo verrebbe creato un nuovo ambiente, che si troverebbe all’esatta altezza che aveva il terreno nella Gerusalemme di duemila anni fa. Quindi è facile prevedere che qui verrebbero alla luce reperti archeologici di grande importanza. Per gli ebrei religiosi, poi, significherebbe vedere di «quel Muro» la parte che realmente vedevano accanto a loro i fedeli che, nel I secolo d.C., da questo lato salivano al Tempio. Va precisato che l’uso del condizionale è d’obbligo, perché l’attuabilità di un progetto del genere è tutta da verificare. Scavare sotto il piazzale aprirebbe, infatti, un nuovo fronte nella guerra degli scavi archeologici che intorno al Monte del Tempio si combatte dal 1967 - quando Israele ha assunto il controllo di questa parte di Gerusalemme.
È proprio sopra al Muro del Pianto - infatti - che sorge la moschea di al-Aqsa. Anche in anni recenti ci sono stati episodi violenti legati a iniziative archeologiche in questa zona delicatissima della Città Santa: nel 1996 - quando già allora era premier Netanyahu - l’apertura del tunnel archeologico (che corre verso nord dal Muro del Pianto) fu accompagnata da gravissimi scontri con i musulmani di Gerusalemme. Nel 2007, poi, è stata la volta della tensione intorno alla ristrutturazione della rampa dei Mughrabi, il passaggio attraverso cui - a poche decine di metri a sud rispetto al Muro del Pianto - i musulmani salgono alla spianata delle moschee a pregare. E appena poche settimane fa ci sono stati nuovi scontri dopo che lo sheikh Raed Salah, leader del Movimento islamico in Israele, si è scagliato contro gli scavi condotti dagli archeologi israeliani che - secondo lui - minerebbero le fondamenta di al Aqsa. Un progetto politicamente incandescente, dunque. Ma che non sorprende, se guardato alla luce di quanto sta accadendo intorno al Muro del Pianto. I lavori condotti nei tunnel a nord - scavati sotto le case - hanno infatti portato alla luce numerosi reperti della Gerusalemme erodiana. Ma un’altra scoperta di grande valore è affiorata, quasi per caso, nella parte ovest della piazza, quella opposta al Muro del Pianto.
Qui, nel 2005, l’allora governo Sharon aveva dato il via libera alla costruzione di un nuovo museo. Ma, quando si è aperto il cantiere, è riemerso un tratto del cardo orientale, una delle due strade più importanti della Gerusalemme romana. La scoperta non ha però fermato il progetto del nuovo museo - 4800 metri quadri, tre piani di altezza - che verrebbe costruito sopra, adibendo il piano interrato alla visita del nuovo reperto. Ma se già si scende per visitare la strada romana - è il ragionamento che ora sta dietro al disegno dell’Israel Antiquities Authority - perché non ampliare verso est questi scavi sotterranei, arrivando fino al Muro del Pianto? Contro questa idea non giocano, però, solo considerazioni politiche: ha fatto scalpore, qualche giorno fa, la presa di posizione di Yoram Tsafrir, uno dei maestri dell’archeologia israeliana, che ha definito un’assurdità l’idea di costruire il museo sopra la strada romana. «Anche il migliore architetto non sarebbe in grado di evitare danni al reperto - ha dichiarato - . Ci si comporta con tanta leggerezza solo perché quella non è una scoperta direttamente legata alla storia ebraica». Parole ancora più dure sui metodi di lavoro dell’Israel Antiquities Authority sono state scritte da un altro archeologo israeliano, Raphael Greenberg. «Per diversi anni - ha denunciato sul quotidiano Haaretz - sono stati condotti lavori in tunnel scavati orizzontalmente, un modo di procedere contrario a qualsiasi metodo di scavo accettato».
L’accusa è quella di praticare un’archeologia frettolosa interessata a «un unico strato» (quello appunto della Gerusalemme erodiana), compromettendo reperti significativi (romani, bizantini e arabi) che potrebbero essere presenti negli strati superiori. Il disegno del parco archeologico progettato nell’area del Muro del Pianto a Gerusalemme, che sta scatenando polemiche.

(Avvenire, 27 ottobre 2009

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Il ministro degli esteri francese Bernard Kouchner avverte Teheran

Ora Israele può colpire

di Dimitri Buffa

Israele non starà a guardare una nazione come l’Iran che si dichiara da anni così ostile (al punto che il proprio raiss afferma ripetutamente di volere cancellare lo Stato ebraico dal mondo) dotarsi di un’arma atomica mentre il resto del mondo intavola trattative che sembrano minuetti. Lo dice il ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner in un’intervista al quotidiano britannico Telegraph, in cui ha sottolineato la necessità di arrivare in tempi brevi a un accordo con le autorità iraniane in merito al programma nucleare della Repubblica Islamica. Kouchner non è un Frattini qualsiasi, ma una persona molto addentro agli “interna corporis” di Israele ed è anche uno di quei ministri degli esteri europei che spingono sull’acceleratore del chiudere la questione con l’Iran il prima possibile piuttosto che omologarsi alle parole d’ordine di Obama. Gli israeliani, secondo Kouchner, “non tollereranno che l’Iran abbia la bomba”. “Lo sappiamo, lo sappiamo tutti. Pertanto questo è un altro rischio - ha aggiunto - ed è per questo che dobbiamo ridurre le tensioni e risolvere il problema”. Le dichiarazioni di Kouchner arrivano mentre la comunità internazionale attende una risposta formale delle autorità iraniane in merito alla bozza di accordo per l’arricchimento dell’uranio iraniano all’estero, presentata a Vienna. Secondo il capo della diplomazia francese, che ha rilasciato l’intervista durante la sua visita a Beirut, in Libano, “Israele reagirà appena saprà con certezza che c’è una minaccia”. “La speranza - ha proseguito - è che si riesca a fermare questa corsa al confronto”. Ma chi vive sperando, come dice il noto adagio, muore cantando… eccetera eccetera. Ciò detto allora quale potrebbe essere la maniera migliore per fronteggiare, sic stantibus rebus, la minaccia iraniana?
Kouchner non ha dubbi: l’ora della carota è fuggita, resta il bastone. In merito, però, alla strategia di sanzioni fin qui seguita contro la Repubblica Islamica, Kouchner è scettico e ritiene che un loro inasprimento andrebbe solo ai danni della popolazione iraniana, indebolirebbe l’opposizione e non raggiungerebbe l’obiettivo di fare pressioni sul governo. “Certamente i vertici del governo non soffrirebbero per le sanzioni. Ma la gente dei mercati e della strada, le donne e i giovani, ne pagherebbero tutti le conseguenze - ha detto il ministro - questo è un problema. Non è una scoperta. Ho assistito agli effetti delle sanzioni nel mondo e colpiscono sempre i poveri più dei ricchi”. Pertanto, stando a Kouchner, la priorità deve essere quella del “dialogo”. Ma un dialogo dinamico, non un semplice effetto annuncio. “Non vorremmo imporre sanzioni e, come ho detto, la mia esperienza personale non è quella di imporre misure che danneggino la gente. C’è un’opposizione - ha aggiunto - la gente manifesta e con molto coraggio scende in strada. Perché prenderla di mira? Non so...”. Sullo sfondo però c’è una presa di posizione netta contro l’attendismo di Obama e contro la sua strategia fatta di sorrisi e annunci che sin qui ha combinato solo guai nella regione. E infatti oltre al ritorno alla grande del terrorismo pre elettorale in Iraq e all’incasinamento totale della situazione in Pakistan e Afghanistan, sembra essere alle porte una terza Intifda palestinese che, con Hamas e Hezbollah nell’area, potrebbe assumere la forma della guerriglia permanente. Tutto ciò con le apparizioni agli show di Lettermann non si risolve di certo.

(l'Opinione, 27 ottobre 2009)

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L'albo d'oro del Nobel per la pace dimostra che il premio va all'ideologia, non al merito

Basta guardare ai riconoscimenti assegnati in area presidenziale americana. Oltre a Obama, c'è Carter, che ha accumulato solo catastrofi tranne Camp David, che però non fu merito suo. E poi Al Gore, gratificato per le sue tirate

di Giorgio Israel

Giorgio Israel
Molti hanno osservato che il premio Nobel per la pace al presidente statunitense Obama è alquanto imbarazzante. Non un solo soldato si è ritirato dall'Iraq, Guantànamo non è stata chiusa, la guerra in Afghanistan è stata intensificata. Dopo la scoperta di un laboratorio nucleare iraniano segreto il Pentagono ha accelerato la produzione di un supermissile antibunker (in sigla GBU-57A/B) capace di arrivare a 60 metri di profondità, il Congresso ha autorizzato un finanziamento extra per portare da 4 a 10 il numero dei missili da produrre entro dicembre e l'aviazione lavora pancia a terra per adattare un bombardiere invisibile al trasporto della bomba. Non basta. Varie fonti indicano che ai primi di ottobre si sono incontrati in Normandia i capi di stato maggiore della difesa statunitense, israeliano e francese. E pochi giorni fa ha avuto luogo la più grande esercitazione di difesa aerea congiunta tra Israele e Stati Uniti, denominata Juniper Cobra II. Lo scopo è stato di simulare la reazione a un attacco missilistico su Israele proveniente dalla Siria, da Hezbollah o dall'Iran. Più di mille militari americani hanno partecipato all'esercitazione, con la partecipazione di molte navi.
Proviamo a metterci dalla parte dei cervelloni che hanno deciso l'attribuzione del Nobel. O sono totalmente disinformati di quel che accade e di ciò che Barack Obama potrebbe essere costretto a fare (magari a malincuore) oppure sono adepti della formula dell'antica Roma: si vis pacem para bellum. Non sono credibili né l'una né l'altra ipotesi.
D'altra parte è istruttivo guardare ai precedenti premi Nobel per la pace in area presidenziale americana. L'unico "successo" di Jimmy Carter fu l'accordo di pace di Camp David tra Egitto e Israele. Ma non fu merito suo, bensì del coraggio del presidente egiziano Sadat e dell'intelligenza del primo ministro israeliano Begin. Per il resto, la sua presidenza è stata una catastrofe: la rivoluzione iraniana, la cattura degli ostaggi americani nell'ambasciata di Teheran e una serie di altre batoste. Malgrado questi pessimi risultati gli fu dato nel 2002 il premio Nobel per le campagne per i diritti umani e per la promozione della democrazia portate avanti dalla sua fondazione. Insomma un premio alla retorica. Al Gore, poi, il premio l'ha avuto per gli «sforzi per costruire e diffondere una conoscenza maggiore sui cambiamenti climatici provocati dall'uomo e per porre le basi per le misure necessarie a contrastare tali cambiamenti», ovvero per le sue tirate ideologiche.
È chiaro che i cervelloni sono interessati solo a premiare l'ideologia, non gli atti concreti. Non danno un premio per la pace, bensì un premio al pacifismo. Gli unici meriti di Obama in funzione del Nobel sono le cose peggiori che ha fatto: l'insulso e umiliante discorso del Cairo in cui mancava solo che desse all'islam il merito di aver scoperto l'acqua calda, l'inchino fino a terra al re dell'Arabia Saudita, l'abbraccio al tiranno Chàvez, il rientro americano nell'orrido Consiglio per i diritti umani dell'Onu, il rifiuto di incontrare il Dalai Lama (beninteso per difendere la pace con la Cina), il silenzio assoluto sui massacri di dissidenti iraniani mentre sdottoreggiava su pace e diritti umani all'Onu con il solito movimento della testa di qua e di là. È chiaro che chi gli ha dato il premio spera anche di legargli le mani sul piano militare, a tutto profitto di "pacifisti" come Ahmadinejad. Altrimenti, se le cose andranno diversamente, pazienza. L'importante, come nel caso di Carter e Al Gore, è aver premiato la retorica pacifista sotto il cui ombrello si compiono i peggiori misfatti.

(Tempi.it, 27 ottobre 2009)

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L'esilio degli ebrei d'Iran dalla voce di Dalia Sofer al Festival della Letteratura Ebraica

dI Adam Smulevic

ROMA - La terza giornata di incontri del Festival affronta il tema della Memoria e della Shoah, quella della Shoah. Il primo degli eventi in programma è dedicato agli studenti delle scuole romane, che partecipano con grande coinvolgimento (quasi cinquecento i ragazzi presenti). Alla presenza di Giulia Rodano, assessore alle politiche culturali della Regione Lazio, e Rav Benedetto Carucci Viterbi, direttore Scuole Ebraiche di Roma, Alberto Sed, uno dei pochi italiani sopravvissuti ad Auschwitz, racconta la sua incredibile e toccante storia, che ha come effetto quello di commuovere la platea. Una copia del libro “Sono stato un numero, Alberto Sed racconta”, scritto da Roberto Riccardi ed edito da La Giuntina, viene regalata a tutti i presenti a suggello di questa intensa giornata, nella quale si ricordano anche le figure di quattro Giusti tra le Nazioni romani, persone che misero a repentaglio la propria vita pur di salvare degli ebrei dalla furia nazista.
Altro momento estremamente suggestivo della giornata di ieri, la piece teatrale “Lo zio Arturo”, scritta dal’israeliano Daniel Horowitz e messa in scena dal bravissimo Mauro Marino. “Lo zio Arturo” è un monologo estremamente efficace, che affronta il tema del muro dell’incomunicabilità che spesso rappresenta un ostacolo insormontabile da superare per chi cerca di parlare di Auschwitz e dei campi di sterminio a chi in quei luoghi non c’è mai stato. Un compito, quello di trasmettere il significato della Shoah, che dovrà basarsi sempre più su questo genere di rappresentazioni, considerato che, prima o poi, si dovrà necessariamente fare i conti con la scomparsa degli ultimi testimoni. Di questa forma di comunicazione Marino è un interprete straordinario e cinque minuti di applausi ininterrotti stanno a dimostrarlo.
Si è parlato tanto di Shoah, come detto, ma grande spazio è stato dedicato anche alle vicende iraniane. Ad affrontare questa delicatissima tematica la scrittrice Dalia Sofer, che si inserisce a pieno titolo nel fertile filone di letterati iraniani tanto amati dai lettori occidentali. Ma Dalia Sofer intervistata dalla giornalista Susanna Nirenstein,ha una caratteristica che la rende ancora più “interessante” dei suoi colleghi, il fatto di essere ebrea. Così, l’incontro di ieri, diventa una proficua occasione per parlare del suo libro “La città delle rose” (che il New York Times ha classificato tra i cento libri più significativi del 2007).
Un romanzo autobiografico (anche se i personaggi del libro sono inventati), che parla della difficile situazione di una famiglia ebraica iraniana negli anni della sanguinosa rivoluzione khomeinista.

(Notiziario Ucei, 27 ottobre 2009)

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Festival della Letteratura Ebraica: il 28 ottobre la presentazione di due opere

ROMA, 27 ott - Doppio appuntamento domani, mercoledì 28 ottobre, alla Casa dell’Architettura a Roma (piazza Manfredo Fanti, 47)nell'ambito del Festival Internazionale di Letteratura Ebraica.
Si comincia alle ore 18 con "I condomini di Tel Aviv" diYehoshua Kenaz. Nell'opera, l'autore israeliano racconta la vita intima degli abitanti di Tel Aviv.
Yehoshua Kenaz è considerato uno dei più grandi scrittori israeliani. Egli, infatti, ha abbattuto per primo molti tabù legati ad Israele, diventando cosìpunto di riferimento per tutti i giovani scrittori israeliani di oggi e poeta della Città Bianca. Precursore della scrittura intimistica in Israele, ha segnato il passaggio dalla letteratura ideologica sionista a quella individuale non ideologiaca. Nato a Petach Tikva nel 1937, ha studiato filosofia all'Università Ebraica di Gerusalemme e letteratura francese alla Sorbona. Già traduttore di classici francesi e redattore dell'autorevole Ha'aretz, è autore di romanzi e racconti tradotti in tutto il mondo. Tra le sue opere pubblicate in Italia: "La grande donna dei sogni" e "Voci di muto amore" (Giuntina), "Paesaggio con tre alberi e cortocircuito" (Nottetempo).
Alle 19:30, poi, sarà la volta della presentazione di "Luci della città: New York e Tel Aviv" con Maurizio Molinari e Benni Barbash.
Si tratta di un gemellaggio ideale tra la Grande Mela e la Città Bianca (due centri nevralgici della vita culturale ebraica di oggi) che festeggia i suoi primi cento anni. Due metropoli, centri vitali di energia, di movimenti artistici, fulcro di creatività, sempre nella stessa direzione: il futuro. A raccontarle, appunto, lo scrittore e sceneggiatore israeliano Benny Barbash e il giornalista corrispondente a New York per La Stampa Maurizio Molinari.
Ingresso libero fino ad esaurimento posti

(IRIS Press, 27 ottobre 2009)

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Divorzio in Medio Oriente: ecco come turchi e israeliani sono arrivati ai ferri corti

di Anna Momigliano

Quando di amici se ne ha pochi, perderne uno può diventare molto pericoloso. Ed è esattamente quello che sta capitando a Israele. Che, a quanto pare, sta perdendo l'unico grande alleato che aveva in Medio Oriente: la Turchia.
Ormai è ufficiale: Ankara e Gerusalemme stanno divorziando. Alla questione ha dedicato un ampio articolo Foreign Policy, una delle migliori riviste di politica estera in circolazione: qui trovate il pezzo, è lungo, in inglese, e francamente un po' di parte, ma per chi ne ha voglia, vale la pena di leggerlo.
L'ultimo capitolo di questa saga riguarda una fiction apparsa sulla televisione di Stato turca, che descrive i soldati dell'esercito israeliano come una massa di belve assetate di sangue. Il governo israeliano ha protestato: "E' un incitamento alla violenza contro gli israeliani che vengono in Turchia". Ankara si è rifiutatata di cancellare il programma....

(Panorama, 27 ottobre 2009)

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Tornata la calma a Gerusalemme dopo gli scontri di ieri

GERUSALEMME - La spianata delle Moschee di Gerusalemme (il Monte del Tempio per gli ebrei) è stata riaperta al pubblico stamattina, dopo i nuovi scontri di ieri tra giovani palestinesi e poliziotti israeliani che hanno fatto una trentina di feriti. "Ci sono numerosi poliziotti che pattugliano la Città Vecchia. Ma il Monte del Tempio è aperto ai visitatori e ai fedeli musulmani", ha detto all'Afp il portavoce della polizia Micky Rosenfeld. Nelle vie della Città Vecchia è ritornata la calma. Negli scontri di ieri sono rimasti feriti 24 palestinesi, nove agenti e un giornalista israeliano. La polizia ha anche arrestato 19 manifestanti, tra cui un ex ministro palestinese incaricato di Gerusalemme, Hatem Abdelqader, fermato per "incitamento alla violenza".

(Apcom, 26 ottobre 2009)

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Portale dell'ebraismo italiano, i perché di un successo

di Valerio Mieli

Sono oltre 100 mila gli utenti che in questo primo anno di vita dell'iniziativa hanno utilizzato il Portale dell'ebraismo italiano www.moked.it (in ebraico questa parola significa "messa a fuoco"). Molti frequentatori della costellazione di siti dedicata alle realtà ebraiche italiane sono persone, spesso non ebree, che vogliono comprendere, conoscere la più antica comunità della Diaspora presente in Italia da oltre due millenni. Se una parte del pubblico vuole consultare i servizi di informazione (ogni settimana si pubblicano oltre cento articoli e commenti), o vuole leggere gli ultimi scritti dell'ottantina di collaboratori, tutti volontari non retribuiti, che affiancano la redazione, in tanti arrivano quotidianamente al Portale per consultare la Rassegna stampa. Sembra incredibile, ma gli strumenti di ricerca messi a punto dalla redazione assieme a Data Stampa hanno consentito di classificare in pochi mesi oltre 120 mila articoli di giornale e altri documenti. La stampa italiana, infatti, parla spesso di ebrei e di cose ebraiche, anche se di frequente, per un motivo o per l'altro, non riesce a comprendere e raccontare questa realtà in modo equilibrato. Leggere e archiviare tutto ciò che fanno i media senza utilizzare strumenti sofisticati sarebbe per una piccolissima minoranza un'impresa impossibile. Il lavoro dei lettori di Data Stampa, cui si affianca quello della redazione del Portale, comincia all'una di notte e si protrae fino alle otto del mattino. Una rassegna che metta nel mirino i temi scottanti (religione, identità, Memoria, laicità, diritti civili, minoranze, Medio Oriente) richiede esperienza e attenzione. Quando i lettori iscritti a Moked vanno al mattino a consultarla, alcuni operatori del Portale hanno già alle spalle ore e ore di lavoro.

(Notiziario Ucei, 26 ottobre 2009)

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Israele, vittime della Shoah rimborsate

Istituti di credito hanno iniziato il risarcimento

Banca Leumi in Israele
BERNA - Se le banche svizzere hanno risolto già da tempo la questione degli averi ebraici in giacenza, in Israele - da cui erano partite critiche virulente - si è appena agli inizi: solo la settimana scorsa gli istituti di credito israeliani hanno versato la prima rata, di 25 milioni di shekel (6,8 milioni di franchi), agli aventi diritto.
I soldi sono stati pagati a un'associazione parastatale che si occupa della gestione dei beni delle vittime dell'Olocausto. Solo nelle banche Leumi, Hapoalim e Discount ci sono attualmente diverse migliaia di conti di ebrei europei morti durante l'Olocausto, per complessivi 400 milioni di shekel (109 milioni di franchi).
I discendenti delle vittime dell'Olocausto hanno lottato durante decenni per ottenere la restituzione delle proprietà e dei beni. Nell'ambito delle discussioni sui fondi in giacenza nelle banche svizzere, verso la fine degli anni Novanta, anche Israele ha iniziato a cercare tali conti. Nella sola banca Leumi ne sono stati identificati 3'500.
Se non si riescono a individuare gli eredi, il denaro viene versato a associazioni per la promozione della salute, di aiuto sociale, a organizzazioni dei sopravvissuti dell'Olocausto e per i memoriali.

(Corriere del Ticino, 26 ottobre 2009)

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Dal 17 al 22 novembre, Milano dedica sei giorni al cinema israeliano

Milano dedica sei giorni al cinema israeliano. L'assessorato alla Cultura del Comune di Milano promuove dal 17 al 22 novembre una rassegna per il centenario della nascita di Tel Aviv, in collaborazione con l'assessorato alla Cultura della Comunità ebraica di Milano, il Ministero degli Affari esteri israeliano, l'associazione Italia-Israele e Moving images. «Cinematov 2009 - La Collina della Primavera» è il titolo dell'iniziativa che prenderà forma sul grande schermo del Cinema Gnomo, in via Lanzone 30.
Nell'ultimo decennio, il cinema israeliano ha cominciato a essere noto in campo mondiale e ha riscosso eccellenti critiche, oltre a prestigiosi premi tra cui il Leone d'oro nell'ultimo Festival di Venezia con «Lebanon» di Shmulik Maoz. Questa rassegna intende far scoprire alcuni di questi volti e nello stesso tempo rendere omaggio al «Secolo di Tel Aviv», città gemellata con Milano. Costruita, nel 1909 - come quartiere ebraico dell'allora importante porto di Jaffa, popolato essenzialmente da arabi - Tel Aviv (letteralmente «la Collina della Primavera») è diventata presto una metropoli in movimento, centro economico, commerciale, finanziario e culturale d'Israele. Ma i film, i cortometraggi e i documentari presenti in questa rassegna, a cura di Marta Teitelbaum, fanno scoprire molti altri aspetti della città e della sua storia, che vanno aldilà delle sue spiagge d'oro, della sua agitata vita notturna e dei suoi caffè.
Tutti i film sono in lingua originale con sottotitoli in italiano (il biglietto valido per tutte le proiezioni della giornata costa 4,10 euro, ridotto 2,60). Si comincia martedì 17 novembre alle ore 20 con «Girafot» (Giraffe), di Tzahi Grad. Mercoledì 18: alle ore 19 in programma il cortometraggio «Efshar Lirkod» (You can dance), di Maya Macmanus e Shlomit Friedman e alle 19.30 la divertente commedia «Te'alat Balumich» (Il canale Blaumich), di Efraim Kishon. Giovedì 19: alle 19 «Otobus» (Autobus) di Shany Littman e alle 19.30 «Einaim gedolot» (Big Eyes) di Uri Zohar. Si prosegue venerdì 20: alle 19 il cortometraggio «Sheriff'ironi» (Local Sheriff) di Limor Ofri Glick e alle 19.30 «Golem Ba-Ma'agal» (Mosca cieca) di Anar Preminger. Sabato 21: alle 18.30 «Nissuim fictivim» (Matrimonio fittizio) di Hayim Bouzaglo, alle 21 «Ha-haym al pi Agfa» (La vita secondo Agfa) di Ass Dayan. Chiudono la rassegna, domenica 22, alle ore 18 «Yoman» (Diario) di David Perlov e alle 21 «Shnat Efes» (Anno zero) di Joseph Pitchhhadze. Dopo ogni proiezione seguirà un dibattito con il pubblico in sala.

(il Giornale, 26 ottobre 2009)

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Francia: "Senza un accordo Israele attacherà l’Iran"

Bernard Kouchner
Israele lancerà un attacco preventivo contro gli impianti nucleari iraniani se non verrà raggiunto un accordo con la Repubblica Islamica per l'arricchimento dell'uranio all'estero. È quanto ha affermato il ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner in un'intervista al quotidiano britannico 'Telegraph', in cui ha sottolineato la necessità di arrivare in tempi brevi a un accordo con le autorità iraniane in merito al programma nucleare della Repubblica Islamica. Gli israeliani, ha detto, «non tollereranno che l'Iran abbia la bomba». «Lo sappiamo, lo sappiamo tutti. Pertanto questo è un altro rischio - ha aggiunto - ed è per questo che dobbiamo ridurre le tensioni e risolvere il problema». Le dichiarazioni di Kouchner arrivano mentre la comunità internazionale attende una risposta delle autorità iraniane in merito alla bozza di accordo per l'arricchimento dell'uranio iraniano all'estero, presentata a Vienna. Secondo il capo della diplomazia francese, che ha rilasciato l'intervista durante la sua visita a Beirut, in Libano, «Israele reagirà appena saprà con certezza che c'è una minaccia». «La speranza - ha proseguito - è che si riesca a fermare questa corsa al confronto». In merito, poi, alla strategia di sanzioni contro la Repubblica Islamica, Kouchner è scettico e ritiene che un loro inasprimento andrebbe solo ai danni della popolazione iraniana, indebolirebbe l'opposizione e non raggiungerebbe l'obiettivo di fare pressioni sul governo. «Certamente i vertici del governo non soffrirebbero per le sanzioni. Ma la gente dei mercati e della strada, le donne e i giovani, ne pagherebbero tutti le conseguenze - ha detto il ministro - Questo è un problema. Non è una scoperta. Ho assistito agli effetti delle sanzioni nel mondo e colpiscono sempre i poveri più dei ricchi». Pertanto, stando a Kouchner, la priorità deve essere quella del «dialogo». «Non vorremmo imporre sanzioni e, come ho detto, la mia esperienza personale non è quella di imporre misure che danneggino la gente. C'è un'opposizione - ha aggiunto - la gente manifesta e con molto coraggio scende in strada. Perché prenderla di mira? Non so».

(Leggo Online, 26 ottobre 2009)

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Da un sito pro Hamas

Hamas: 'La battaglia per Gerusalemme è appena iniziata'.

GAZA. Ieri Hamas ha dichiarato che la 'battaglia per Gerusalemme' è appena cominciata e che "è giunto il momento in cui ogni musulmano deve assumersi la propria responsabilità in difesa della propria dignità".
"Noi del Movimento di resistenza islamica faremo tutto ciò che è nelle nostre possibilità per sostenere coloro che condurranno vittoriosamente la 'battaglia per Gerusalemme', concentrando e mobilitando tutte le potenzialità del nostro popolo e dirigendolo verso il suo principale nemico, il Sionismo", ha affermato Hamas per bocca di uno dei suoi capi, Salah al-Bardawil.
Il Movimento islamico ha affermato che l'attacco sionista alla Moschea al-Aqsa, avvenuto ieri, domenica 25 ottobre, ha rappresentato "un test della volontà e della capacità di reazione del popolo palestinese e della umma islamica, per abituarli a uno scenario che dovrà ripetersi fino a che la loro rabbia pian piano scemerà; così a quel punto gli israeliani potranno demolire la Moschea, cancellandola dalla geografia religiosa sacra dei musulmani".
Hamas ritiene l'Anp ("l'Autorità di Oslo") ed alcuni Paesi arabi responsabili per quel che sta avvenendo contro la moschea al-Aqsa: "La 'battaglia per Gerusalemme' è decisiva, e la vittoria arriderà inevitabilmente al popolo palestinese".
Fawzi Barhoum, portavoce di Hamas, ha affermato che i ripetuti tentativi sionisti di aggredire la Moschea e il blocco imposto ad essa mirano ad imporre la sovranità ebraica su Gerusalemme e la Moschea, come fase preliminare alla ricostruzione del cosiddetto 'Tempio'.
Egli ha dichiarato ad "al-Bayan" che quest'attacco non si sarebbe verificato se gli Usa non avessero concesso a Israele il via libera per commettere tali violazioni e se l'Anp non avesse insistito in negoziati che incoraggiano gli occupanti a innalzare il livello delle loro provocazioni contro i palestinesi e i luoghi santi islamici.
Il portavoce di Hamas, facendo appello alla ripresa della resistenza in Cisgiordania, ha aggiunto che nessuno è esentato dal difendere e proteggere la moschea al-Aqsa.
Hamed al-Beytawi, rappresentante di Hamas nel Consiglio legislativo palestinese, ha messo in guardia gli occupanti israeliani dal persistere nelle loro violazioni nei confronti della città occupata di Gerusalemme, aggiungendo che "Israele ha spalancato le porte dell'Inferno allorché ha osato attaccare la moschea a al-Aqsa".
"Un miliardo e mezzo di musulmani non perdoneranno il fatto che i sionisti trasformino la moschea al-Aqsa in una sinagoga o in un cosiddetto tempio", ha commentato al-Beytawi.
Il parlamentare palestinese ha richiamato i leader dell'Anp, gli arabi e i musulmani a interrompere ogni forma di "normalizzazione" con Israele.
Nello stesso contesto, Aziz Dweik, portavoce del Plc, ha fatto appello alla "umma islamica" affinché insorga prontamente in difesa di al-Aqsa sotto attacco.
"È ora che la umma ritrovi la sua dignità e il suo prestigio: non può restare passiva un attimo di più, altrimenti si ricoprirà di eterna vergogna".
Il blocco dei parlamentari di Hamas ("Cambiamento e Riforma"), in una conferenza stampa, ha avvertito che le ripetute violazioni israeliane contro la Moschea "faranno esplodere la situazione in tutta la regione", e ha richiamato l'urgenza di un'immediata azione per frenare Israele.
Yahya Musa, membro dello stesso Blocco parlamentare, ha dichiarato al "Pic" (Palestinian Information Center) che oggi il popolo palestinese sta affrontando un altro crimine israeliano commesso contro la sua terra ed il suo patrimonio storico e religioso.
Yusuf Farhat, portavoce di Hamas a Gaza, ha detto che la debolezza della posizione araba ha incoraggiato Israele a condurre i suoi ripetuti attacchi alla moschea al-Aqsa. Egli perciò fa appello ai sapienti musulmani ed agli intellettuali in genere ad attivarsi e ad assumere il ruolo che compete loro nei confronti della Moschea.
In una conferenza stampa a Damasco, Hamas ha richiamato il popolo palestinese, gli arabi ed i musulmani di tutto il mondo ad organizzare marce di protesta contro la gratuita aggressione in corso che ha come obiettivo la Moschea al-Aqsa.

(Infopal.it, 26 ottobre 2009)

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Usa: J Street, debutta in America la lobby ebraica sinistra

J Street, la nuova lobby ebraica di sinistra che vuole la pace con i palestinesi e si riconosce su posizioni più progressiste rispetto a quelle del premier israeliano Benyamin Netanyahu, debutta in serata sul palcoscenico internazionale ospitando a Washington il suo primo convegno, e lo fa con un appello alla pace dello scrittore israeliano David Grossman.

J Street (dove la 'J' sta per 'jewish') per tre giorni vedrà un pubblico confronto tra politici israeliani, americani e internazionali con questo preciso obiettivo: rafforzare, soprattutto tra gli ebrei americani, la convinzione che la soluzione a due Stati proposta dall'amministrazione Obama sia l'unica via possibile per arrivare a mettere fine al conflitto israelo-palestinese.
In questa direzione va una lettera dell'ex ministra degli esteri israeliano Tzipi Livni (sconfitta alle ultime elezioni proprio da Netanyahu): nella missiva, inviata al direttore di J Street, Jeremy Be-Ami, la Livni ribadisce la necessità di "un impegno a mettere fine al conflitto israelo-palestinese dando vita a due Stati capaci di vivere uno a fianco dell'altro in pace e sicurezza". Un invito analogo è stato fatto anche da David Grossman, che ha inviato un video-messaggio anticipato oggi sul sito di J Street.
La lobby, che si propone di contrapporsi alla più potente Aipac (American Israeli, public action committee), nei giorni scorsi ha visto alcune defezioni importanti. Tra le altre quelle dei senatori di New York Kirsten Gillibrand e Chuck Schumer, mentre almeno una decina di esponenti repubblicani hanno fatto sapere oggi che non saranno presenti alla tre giorni di convegno. Anche la presenza del senatore del Massachussetts John Kerry, annunciata in un primo tempo, non è stata confermata.
E' certo invece che sarà il consigliere per la Sicurezza della Casa Bianca, generale James Jones, a pronunciare martedì prossimo il discorso più importante della conferenza a conclusione dei lavori.

(swisscom, 25 ottobre 2009)

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Gerusalemme: scontri Spianata Moschee, feriti e fermi

La polizia israeliana in assetto antisommossa ha fatto irruzione oggi a Gerusalemme est nella Spianata delle Moschee, uno dei più esplosivi focolai di passioni religiose e nazionalistiche tra arabi e israeliani, per sedare disordini e porre fine a sassaiole da parte di gruppi di giovani musulmani.
Da parte palestinese si afferma che circa una ventina di manifestanti sono stati feriti dalla polizia che a sua volta denuncia il ferimento di nove agenti. La polizia ha detto di aver arrestato 18 persone, compreso l'ex ministro dell'Autorità palestinese Hatem Abdel Khader, esponente del Fatah, e un alto dirigente dell'ala più radicale del Movimento Islamico israeliano.
Dopo due settimane di calma relativa gruppi di fedeli islamici palestinesi e reparti della polizia israeliana sono perciò tornati ad affrontarsi nella Spianata delle Moschee: uno dei luoghi più sacri all'Islam, ma anche il più sacro per gli ebrei perché si ritiene si trovi sopra i resti del biblico Tempio di Gerusalemme, distrutto nel 70 d.C. dalle legioni romane dell'imperatore Tito.
Nella tarda mattina la Spianata è stata chiusa al pubblico, fino a nuovo ordine. All'interno della moschea di Al Aqsa, assediata dalla polizia, si sono barricati per ore un centinaio di fedeli islamici che hanno poi abbandonato il sito.
Apparentemente frutto di questo clima esasperato anche il ferimento, alcune ore dopo, di una guardia accoltellata da una giovane palestinese di Ramallah a un posto di blocco nella periferia nord di Gerusalemme est.
Il capo del distretto di polizia Ilan Franco ha detto che gli agenti sono intervenuti nella Spianata per porre fine a lanci di pietre contro un gruppo di visitatori. Hanno fatto uso di candelotti lacrimogeni e granate assordanti.
I responsabili islamici palestinesi hanno avvertito che la situazione potrebbe degenerare ulteriormente e hanno accusato la polizia di comportamento "provocatorio" nella Spianata.
Il capo della polizia Dudi Cohen ha accusato il Movimento Islamico di aver istigato gli incidenti e ha anticipato una severa inchiesta nei confronti dei suoi dirigenti.
Le nuove tensioni sarebbero legate a un convegno indetto in serata nel settore occidentale di Gerusalemme per rivendicare il diritto degli ebrei di pregare nella Spianata, cosa finora vietata. I partecipanti al convegno rappresentano un settore minoritario del mondo rabbinico israeliano di estrema destra.
Dall'occupazione di Gerusalemme est nel 1967 tutti i Rabbini Capo di Israele, affiancati da numerosi altri rabbini, hanno infatti emesso "un assoluto divieto" a pregare nel sito per motivi religiosi.
L'iniziativa ha comunque allarmato o è stata sfruttata dai responsabili islamici e palestinesi che hanno fatto appello ai fedeli di correre a "difendere la moschea al-Aqsa".
Molto severe le reazioni dell'Autorità palestinese a Ramallah, di al Fatah e di Hamas ai fatti odierni. La polizia è stata fra l'altro accusata di aver "dissacrato" la Spianata.
"Costernazione" e preoccupazione sono state espresse pure da Egitto e Giordania. Il primo ha anche compiuto un passo diplomatico presso il governo israeliano con l'intento di prevenire un ulteriore deterioramento della situazione. La Giordania ha accusato Israele di "pericolose provocazioni" e di mettere a rischio la pace e la stabilità nella regione.
Anche l'Organizzazione della Conferenza islamica (Oci), infine, ha denunciato la "violazione" della Spianata delle Moschee da parte della polizia israeliana e ha convocato una riunione straordinario del suo Comitato esecutivo per decidere come "rispondere".

(ticinonews.ch, 25 ottobre 2009)

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Premier palestinese: Stato completo entro 2011

WASHINGTON, 24 ott. - Entro il 2011 lo Stato palestinese sara' realizzato. Lo ha ribadito il premier legittimo dell'ANP, Salam Fayyad, in un'intervista al Washington Post. "Siamo impegnati nel percorso di completamento delle istituzioni " e dunque "della capacita' di autogovernarci in tutti i settori", ha sottolineato Fayyad, aggiungendo che tale governo sara' completamente operativo "entro due anni" ma sfuggendo alla domanda se entro questa scadenza sara' dichiarata l'indipendenza. Ieri il presidente dell'ANP, Abu Mazen, aveva avuto un colloquio telefonico con Barack Obama. Il presidente americano aveva confermato il proprio "impegno personale" per la costruzione dello Stato palestinese. Da parte sua il presidente palestinese aveva ribadito di voler far ripartire il processo di pace, bloccato dallo scorso anno. Le parole di Obama sono giunte come rassicurazioni qualche giorno dopo le notizie sulla circolazione tra la dirigenza palestinese di un documento in cui si affermava che le speranze riposte nel nuovo inquilino della Casa Bianca sono "sfumate". Resta, inoltre, a complicare il quadro, il gelo tra Fatah e Hamas. Abu Mazen ha voluto convocare per il prossimo 24 gennaio le elezioni legislative e presidenziali, sottolineando che si andra' al voto anche nella Striscia di Gaza, controllata pero' dai fondamentalisti dal giugno 2007. Nei giorni scorsi Abu Mazen aveva in realta' minacciato di fissare le consultazioni il 24 gennaio ma solo per fare pressione su Hamas affinche' sottoscrivesse l'accordo di riconciliazione mediato dagli egiziani. Il leader dell'Anp aveva dato al movimento di resistenza islamico fino a domenica 25 per decidere. La risposta di Hamas non si e' fatta attendere. Il movimento di resistenza islamico ha definito o il provvedimento del il presidente dell'Anp "illegale e incostituzionale", ha chiarito un portavoce.

(AGI, 24 ottobre 2009)

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Soldati israeliani pro coloni

Insubordinazione di un'unità militare: rifiuto a sgomberare Homesh

Soldati israeliani sgomberano Homesh, marzo 2007
Desta grande clamore un gesto di insubordinazione organizzato da alcuni soldati israeliani favorevoli al movimento dei coloni durante una cerimonia ufficiale celebrata al Muro del Pianto di Gerusalemme. Non appena il comandante della loro brigata ha preso la parola alcuni soldati che erano schierati sul piazzale hanno esposto un vistoso cartello in cui affermavano: ''Shimshon (ovvero il nome della loro unita' - Ndr) non sgomberera' Homesh''.
Quella colonia (nella Cisgiordania settentrionale) fu sgomberata nel 2005 su ordine dell'allora premier Ariel Sharon nel contesto della politica di separazione dai palestinesi. Ma da allora gruppi di coloni tentano periodicamente di tornare alle rovine di Homesh per insediarvisi.
La plateale protesta dei soldati filo-coloni viene riferita con titoli vistosi dalla stampa odierna ed e' stata subito condannata dai vertici militari.
Al tempo stesso essa sembra esprimere sentimenti sotterranei piu' vasti che da tempo sono avvertiti in alcune unita' nell'esercito e che rendono ancora piu' problematico un futuro sgombero in massa di coloni, se il governo dovesse ordinarlo.
Intanto il ministro degli esteri israeliano Avigdor Lieberman ha telefonato la scorsa notte al segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon per chiedergli di non inoltrare all'Assemblea generale o al Consiglio di sicurezza il rapporto sulla operazione 'Piombo Fuso' redatto dal giudice Richard Goldstone.
Lo riferisce la radio militare. Israele sostiene che quel rapporto - che documenta una serie di possibili crimini di guerra che vengono attribuiti sia all'esercito israeliano sia a Hamas nel corso del conflitto dell'inverno scorso a Gaza - e' ''tendenzioso'' e infondato.

(Il Denaro, 24 ottobre 2009)

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Boicottaggio di Israele: sei paesi arabi disertano incontro

Sei Paesi arabi hanno disertato un incontro organizzato in Siria sul boicottaggio di Israele. Quest'anno alla 83/ma ''Conferenza per il boicottaggio di Israele'' a cui la stampa di Damasco ha dedicato ieri ampio spazio, oltre a Egitto e Giordania che intrattengono rapporti diplomatici con lo Stato ebraico non hanno partecipato i rappresentanti di Oman, Mauritania, Isole Comore e Barhain.
Il meeting, dove si discutono le strategie per isolare gli israeliani mediante il boicottaggio economico, da decenni riunisce esponenti finanziari della Lega Araba e della Organizzazione della conferenza islamica, ma col tempo e con la normalizzazione dei rapporti tra Israele e alcuni degli Stati partecipanti, ha perso tutta una serie di importanti adesioni.
Fra le aziende che vengono definite ''haram'', ovvero ''vietate'' agli imprenditori arabi perche' collegate al marchio ''Made in Israel'', risultano anche alcune multinazionali internazionali come la Pepsi Cola, la Caterpillar e la Procter and Gamble.

(Il Denaro, 24 ottobre 2009)

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Olocausto tra negazione e memoria: delegazione ligure in visita ad Auschwitz

di Fabrizio Pinna

Auschwitz
SAVONA - Proprio nei giorni in cui è venuto alla ribalta delle cronache il caso di Antonio Caracciolo, il ricercatore di Filosofia del Diritto dell'Università "La Sapienza" di Roma che in un blog ha sostenuto e divulgato le mistificanti tesi negazioniste sull'Olocausto, secondo i noti canoni di una persistente subcultura storica che annovera tra i suoi proseliti figure culturalmente imbarazzanti (è solo di qualche mese fa la dura polemica sul vescovo lefevbriano negazionista Richard Williamson che ha messo in difficoltà il Vaticano…), si è svolto l'annuale viaggio organizzato dall'Assemblea legislativa ligure nei luoghi simbolo della persecuzione nazista e della ferocia antisemita, capitolo dei più neri della storia europea.
Oltre che dal presidente del Consiglio della Regione Liguria Giacomo Ronzitti e dai due consiglieri Ubaldo Benvenuti (Partito Democratico) e Luigi Patrone (gruppo Udc), la delegazione era composta da rappresentanti dell'Aned, della comunità ebraica di Genova e da 25 studenti liguri - vincitori del concorso "Un Giorno per la memoria" - in rappresentanza dell'istituto Amoretti di Imperia, del liceo scientifico Arturo Issel di Finale Ligure, del liceo scientifico Cassini e del liceo artitistico Barabino - Paul Klee di Genova, del liceo Da Recco di Rapallo e dell'istituto tecnico Da Passano della Spezia.
Dopo la visita, martedì, al ghetto ebraico di Cracovia e alla "fabbrica di Schindler", la cui storia è stata raccontata senza eccessi di inutile retorica nel celebre film di Steven Spielberg, la delegazione ha ieri varcato la soglia del lager di Auschwitz-Birkenau.
Davanti al monumento che nel campo di concentramento ricorda le vittime, la rappresentante della comunità ebraica genovese Miryam Kraus ha letto il messaggio del rabbino capo Giuseppe Momigliano.
Non solo un viaggio fatto di simboli, gesti e parole rituali per trasmettere meno inerte la memoria storica alle generazioni più giovani, ma anche per far affiorare - oltre l'opacità del tempo che si dilata di anno in anno - il senso profondo di quella umana tragedia avvenuta ormai oltre sessant'anni fa "nella civilissima Europa", come ha sottolineato anche Benvenuti, e che ha significato lo sterminio di milioni di ebrei e di nemici del nazismo, non risparmiando Rom, omosessuali, disabili mentali, sacrificati tutti, senza alcuna pietà, sull'altare dell'ideologia più cieca.
"La memoria del passato, anche quello più terribile come le stragi naziste, è essenziale per costruire il futuro, un futuro migliore fondato sulla dignità dell'uomo, sulla libertà e sulla democrazia", ha ammonito il presidente del Consiglio regionale Giacomo Ronzitti prima di deporre una corona di fiori davanti al monumento di Birkenau.
Un futuro che sembra però dover fare ancora i conti con i fantasmi che abitano il presente e con chi nega valore a quella stessa memoria del passato, anche se oggi - di fronte a una percepibile crescente intolleranza nei confronti del "diverso" - a generare preoccupazione non è soltanto il negazionismo, una delle tante spie di un antisemitismo mai del tutto estinto in Europa e, anzi, spesso strumentalmente rinvigorito a livello internazionale dalle irrisolte tensioni geopolitiche dell'area mediorientale che ruotano intorno allo stato di Israele (in questo senso, esempio inquietante è notoriamente l'Iran, dove persino nelle trasmissioni radiofoniche di Stato dirette all'estero, in apposite rubriche, sotto l'etichetta più neutra dell'anti-sionismo si contrabbandano tutt'oggi gli stereotipi antisemiti più beceri che sembrano presi di peso dalla propaganda nazista degli anni Trenta/Quaranta del secolo scorso…).
"Qualcuno oggi sostiene che l'Olocausto non è mai esistito ma ai numeri dell'eccidio corrispondono i nomi, i volti e le storie di tante persone. Avevo solo 16 anni quando mi hanno deportato eppure quei volti non li ho mai dimenticati", ha ricordato ieri ad Auschwitz Gilberto Salmoni, il quale ha poi però giustamente invitato a non sottovalutare anche i segnali dei nuovi pericoli che possono nascere da certa facile demagogia oggi imperante.
"Allora - ha proseguito il presidente dell'Associazione nazionale deportati della provincia di Genova - si diceva che gli ebrei erano un pericolo; anche oggi sentiamo dire che le persone che vengono nel nostro paese spinte dalla fame o dalla guerra possono essere un pericolo, ma per un uomo un altro uomo non deve costituire mai una minaccia. Bisogna stare attenti - ha concluso Salmoni - e mantenere sempre vigile il nostro spirito critico".

(Il Ponente, 24 ottobre 2009)

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L'estremismo islamico minaccia anche l'Italia ma esiste il modo di fermarlo

Intervista a Souad Sbai di Andrea B. Nardi

La sharia in Europa e in Italia, le corti islamiche in luogo dei tribunali ordinari, le minacce degli estremisti islamici, la paura delle donne musulmane segregate, la tragica responsabilità della Sinistra nostrana e internazionale: su questo e molto altro abbiamo sentito l'opinione di Souad Sbai, deputata del Parlamento italiano per il Popolo della Libertà (PdL) e Presidente di ACMID-Donna Onlus, Associazione delle Comunità Marocchina delle Donne in Italia....

(l'Occidentale, 24 ottobre 2009)

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Pagine Ebraiche - Conoscersi per capirsi



Il primo numero di Pagine Ebraiche, il giornale dell'ebraismo italiano, è in distribuzione in tutta Italia. I lettori possono procurarsene una copia in un numero selezionato di edicole e librerie distribuite su tutto il territorio nazionale o sottoscrivere un abbonamento su www.paginebraiche.it. Qui di seguito il saluto rivolto ai lettori dal Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna.

Renzo Gattegna
«La rivista mensile Pagine Ebraiche, il Portale dell'ebraismo italiano www.moked.it e il notiziario quotidiano online l'Unione informa fanno parte di un progetto finalizzato a dotare la minoranza ebraica in Italia, così antica, così particolare, così aperta al dialogo e al confronto, di strumenti di comunicazione veloci, flessibili e interattivi. Una strategia della conoscenza che si propone di presentare l'ebraismo e gli ebrei per quello che sono realmente.
Di far comprendere la loro vita, le loro tradizioni e le loro speranze. Il nostro impegno vuole essere un contributo alla vita civile, sociale e culturale del Paese, perché affronti e superi le nuove sfide, consolidando i princìpi di libertà, di democrazia e di laicità. Valori, questi, alla base del vivere comune che sono stati irrevocabilmente scelti e acquisiti dagli italiani.»

Renzo Gattegna, Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

(Notiziario Ucei, 23 ottobre 2009)

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Germania: Museo non restituirà a Israele un manoscritto di Kafka

GERUSALEMME, 23 ott. - Il Museo tedesco della letteratura moderna non restituira' a Israele il manoscritto del "Processo" di Franz Kafka. Lo ha riferito "Haaretz".
L'Archivio nazionale israeliano sostiene che fu venduto illegalmente ai tedeschi da Esther Hoffe, ex assistente dell'amico del grande scrittore ceco Max Brod. Ma il Museo, che ospita il manoscritto a Marbach, ha replicato che l'acquisto nel 1988 avvenne in un'asta pubblica, senza reclami, e ha aggiunto che per quanto se ne sa Brod lo aveva lasciato alla Hoffe. Kafka sul letto di morte aveva chiesto che i suoi manoscritti fossero bruciati. Ma Brod, quando nel 1939 riusci' a scappare da Praga per la Palestina, si porto' tutti gli originali in una valigia. Quando Brod mori' nel 1968 a Gerusalemme fu la segretaria, Esther Hoffe a ereditare le carte di Kafka. Nel 1988 la Hoffe mise all'asta a Londra il Processo che fu acquistato dall?Archivio della Letteratura Tedesca per due milioni di dollari. Israele sostiene che trattandosi di un bene culturale di eccezionale valore il manoscritto non poteva essere venduto all'estero.

(AGI, 23 ottobre 2009)

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Israele: Likud in ascesa

Secondo un sondaggio, in netto calo i laburisti

TEL AVIV, 23 ott - La popolarita' del Likud e' in netta ascesa mentre precipita quella dei laburisti. Lo rileva un sondaggio pubblicato da Yediot Ahronot.
Il Likud del premier Netanyahu riceverebbe oggi 33 seggi, sei in piu' rispetto alle elezioni di febbraio. I centristi di Kadima sono confermati a 28 seggi, mentre i laburisti di Barak calano da 13 a 7. Gli israeliani sostengono il governo Netanyahu: il 60% approva la sua politica estera e le sue capacita' nella difesa. Il 41% pensa sia il premier giusto.

(ANSA, 23 ottobre 2009)

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"Shimshon non sgombera Homesh"

GERUSALEMME - Quando il comandante della loro brigata prende la parola, spunta fuori un cartello: "Shimshon non sgombererà Homesh". La clamorosa protesta a favore dei coloni di un gruppo di soldati della brigata Shimshon è stigmatizzata dai vertici militari, ma dilaga, oggi, sui quotidiani israeliani.

Raduno di attivisti dell'insediamento di Homesh

Homesh è una colonia - simbolo: insediamento nella Cisgiordania settentrionale, fu sgomberata nel 2005 su ordine dell'allora premier Ariel Sharon nel contesto della politica di separazione dai palestinesi. Ma da allora gruppi di coloni tentano periodicamente di tornare alle rovine di Homesh per insediarvisi.
Non si tratta - basta leggere alcuni quotidiani israeliani di oggi per rendersene conto - di una protesta isolata: i soldati hanno riportato alla luce sentimenti evidentemente avvertiti in alcune unità nell'esercito e in vasta parte dell'opinione pubblica israeliana. Fatto che rappresenta un problema politico di difficile soluzione per l'attuale premier Benjamin Netanyahu, che sullo stop a nuove colonie ha ingaggiato da tempo un braccio di ferro diplomatico con l'amministrazione Obama, condizionando i tentativi di riavviare il processo di pace in Medio Oriente.

(RaiNews24, 23 ottobre 2009)

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Il rapporto Goldstone sarà "usato" contro Israele

ROMA - Il rapporto Goldstone sulle violenze dell'esercito israeliano a Gaza durante l'offensiva "Piombo Fuso"? Servirà alla propaganda per colpire Israele: ne è convinto lo storico israeliano Benny Morris in questi giorni a Roma ospite del Festival internazionale di letteratura ebraica.
Morris ha detto di non aver letto il resoconto stilato di recente sotto la guida del giudice sudafricano Richard Goldstone su mandato della Commissione Onu per i Diritti Umani, ma ha ricordato le critiche che in sede di Onu stessa si sono levate. Questo non toglie che «il rapporto sarà usato come strumento di propaganda per dare addosso ad Israele».
Lo storico ha invece definito «una buona idea» l'ipotesi che sia Israele (dove invece ci sono state voci contrarie) ad istituire una commissione d'inchiesta nazionale per indagare sul comportamento dell'esercito a Gaza.
Una sorta di indagine parallela e alternativa a quella sfociata sotto la guida di Goldstone. «Si scoprirà - ha detto Morris - che il comportamento delle forze armate israeliane non è stato così deplorevole». Morris ha poi detto che Roma ha sempre avuto un ruolo decisivo nella storia degli ebre. «Il genere umano - ha spiegato a margine della presentazione del festival - è all'inizio di una lotta tra islam arabo e occidente cristiano-giudaico. In questa lotta ritengo che Israele, l'ebraismo e la cristianità siano dalla stessa parte».

(Corriere Canadese, 23 ottobre 2009)

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Letteratura ebraica. Storici a confronto su Shoah e revisionismo

di Anna Astrella

ROMA - Un viaggio nella millenaria cultura ebraica. Tra la sua storia, le sue tradizioni e i suoi libri. Il Festival internazionale di letteratura ebraica ( da sabato fino a mercoledì prossimo) vede alternarsi alla Casa dell'Architettura scrittori, storici, giornalisti e attori che puntano l'attenzione sulla Memoria e sull'attualità. Forte del successo dello scorso anno (più di seimila presenze) questa edizione affida un ruolo chiave alla Storia: ad aprire il festival (alle 21), infatti, sarà Benny Morris, tra i più influenti storici post-sionisti, intervistato da Antonio Monda. Anche l'intera giornata di domenica è dedicata allo stesso tema: alle 11 l'appuntamento è con la tavola rotonda «Gli ebrei e la storia» alla quale partecipano David Bidussa, direttore della biblioteca della fondazione Feltrinelli, Roberto Della Rocca, rabbino della sinagoga di Roma, Anna Foa della Sapienza, e Shulim Vogelmann, curatore del festival capitolino insieme con Ariela Piattelli e Raffaella Spizzichino. In serata (alle 21) si parla del «Mestiere dello storico» con Carlo Ginzburg e Benny Morris. Lunedì (alle 18.30) spazio alle «Voci di donne: diaspore, tra '900 e nuovo millennio», con la giovane scrittrice iraniana Dalia Sofer, introdotta da Susanna Nirenstein. Alle 21 invece la Casa dell'Architettura si trasforma in palcoscenico per «Lo zio Arturo», di Daniel Horowitz, monologo con Mauro Marino che affronta il tema dei campi di sterminio. In programma anche incontri con Chiara Valerio, Eshkol Nevo, Mario Calabresi, Mahum Barnea ed Edoardo Albinati.

(il Giornale, 23 ottobre 2009)

il sito

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Israele: la Ligat ha'Al ai nastri di partenza

Prenderà il via domenica la 56esima edizione della Ligat ha'Al, il campionato israeliano di massima serie, noto anche come Basketball Super League. Una competizione il cui finale sembra ogni anno già scritto con il Maccabi Tel Aviv vincitore designato (ben 48 titoli in bacheca), ma comunque capace di regalare motivi d'interesse sempre nuovi....

(Basketnet.it, 23 ottobre 2009)

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Il Museo della Shoah slitta al 2012

FERRARA - Il museo nazionale dell'ebraismo italiano e della Shoah di Ferrara doveva essere inaugurato nel 2011, ma al momento non esiste nemmeno un progetto vero e proprio. Eppure 15 milioni sono già stanziati dal ministero dei Beni culturali. Il Consiglio di amministrazione dell'ente istituito dalla legge 91 del 2003 (e costituito da Riccardo Calimani, Cesare De Seta, Bruno De Santis, Renzo Gattegna, Gad Lerner, Saul Meghnagi, Antonio Paolucci, Paolo Ravenna e Michele Sacerdoti) si è riunito ieri nella residenza municipale estense per fare il punto, ma pare probabile che non se ne parli di tagliare il nastro prima del 2012. La realizzazione del museo spetta direttamente al ministero dei Beni culturali, la gestione alla Fondazione nazionale creata da hoc (costituita, oltre che dal ministero, da Comune, Provincia, Regione, Ucei, comunità ebraiche, Cdec). Un progetto vero e proprio, però, per ora non c'è. I finanziamenti per la realizzazione sono di 15 milioni di euro, più uno all'anno per la promozione di attività didattiche, manifestazioni, incontri nazionali-internazionali, mostre....

(estense.com, 23 ottobre 2009)

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Le dichiarazioni del Colonnello inglese Richard Kemp

Il Colonnello Kemp dichiara pubblicamente che durante l'operazione "Piombo Fuso" l'esercito israeliano ha fatto il possibile per salvaguardare i diritti della popolazione civile nelle zone di combattimento.




"Grazie Signor Presidente.
Sono stato il comandante delle forze inglesi in Afghanistan. Ho prestato servizio con la NATO e le Nazioni Unite; ho assunto il comando di truppe nell‘Irlanda del Nord, la Bosnia e la Macedonia; e ho partecipato alla Guerra del Golfo. Ho speso un tempo considerevole in Iraq fin dall‘invasione del 2003, e ho lavorato sul tema del terrorismo internazionale con il Joint Intelligence Committee del governo britannico.
Signor Presidente, basandomi sulle mie conoscenze e la mia esperienza, posso affermare questo: Durante l‘operazione Cast Lead (Piombo Fuso), le forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno fatto il possibile per salvaguardare i diritti dei civili nelle zone di combattimento, più di qualsiasi altro esercito nella storia.
Israele ha fatto tutto questo nonostante si confrontasse con un nemico che deliberatamente ha piazzato la sua capacità militare dietro la popolazione civile utilizzandola come scudo umano.
Hamas, come Hizballah, sono degli esperti nel pilotare l‘agenda dei media. Ambedue avranno sempre delle persone pronte a concedere interviste nelle quali si condannano le forze Israeliane per crimini di guerra. Queste organizzazioni sono esperte nelle messa in scena e nel distorcere gli avvenimenti.
La IDF ha dovuto affrontare una sfida di una portata sconosciuta a noi Britannici. E molti mass media e associazioni internazionali per i diritti umani hanno automaticamente, pavlovianamente presunto che la IDF si trovasse nel torto, che stessero abusando dei diritti umani.
La verità è che la IDF ha preso delle misure straordinarie per fornire ai civili di Gaza informazioni sulle aree diventate obiettivo militare, distribuendo più di 2 milioni di volantini, ed effettuando più di 100.000 chiamate telefoniche. Molte missioni che avrebbero potuto colpire la capacità militare di Hamas sono state annullate al fine di prevenire vittime civili. Durante il conflitto, la IDF ha permesso il transito di aiuti umanitari verso Gaza. E fornire aiuti virtualmente nelle mani del tuo nemico è, nella tattica milit are, una cosa del tutto inimmaginabile. Ma la IDF si è presa questo rischio.
Nonostante tutto, certamente delle vittime civili innocenti sono state uccise. La guerra è caos ed è piena di errori. Ci sono stati errori da parte dei Britannici, Americani ed altre forze in Afghanistan ed in Iraq, e molti di questi possono essere attribuiti all‘errore umano. Ma un errore non è un crimine di guerra.
Più di ogni altra cosa le vittime civili sono state una conseguenza del modo di combattere di Hamas. Quest‘organizzazione deliberatamente ha provato a sacrificare la sua popolazione civile.
Signor Presidente, Israele non ha avuto altra scelta per difendere la sua popolazione, per fermare Hamas e i suoi lanci di missili.
E lo dico di nuovo: le forze di Difesa Israeliane hanno fatto il possibile per salvaguardare i diritti dei civili nelle zone di combattimento, più di qualsiasi altro esercito nella storia.
Grazie, Signor Presidente"

Col. Richard Kemp

(Informazione Corretta, 20 ottobre 2009 - trad. Filippo Lobina)

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Dopo tre anni di coma Sharon verso il risveglio

Da anni è ricoverato in stato vegetativo persistente: eppure Ariel Sharon (81 anni) riserva nuove sorprese agli israeliani e in totale silenzio sembra lottare ancora per riaversi dall'emorragia cerebrale che lo stroncò nel gennaio 2006 mentre fungeva da primo ministro e si accingeva a guidare il suo partito Kadima verso un primo ed impegnativo confronto elettorale. Oggi l'ex consigliere Dov Weisglass ha rivelato che le sue condizioni sono gradualmente migliorate e che Sharon si trova - in una scala di coma diversi per gravità - «in un posto elevato, verso il risveglio». «Se poi questo risveglio avverrà davvero, lo sa il Cielo» ha aggiunto. La prima conferma di un lieve miglioramento delle condizioni dell'ex premier era giunta nei giorni scorsi dal suo medico curante, il dottor Shlomo Segev, in una intervista alla reporter statunitense Lynn Sherr. Segev aveva raccontato che una volta al cospetto di Sharon «si ha la sensazione di una comunicazione... che lui avverta la tua presenza». Ricoverato nel Centro medico Sheba (Tel ha-Shomer) di Tel Aviv, Sharon è ancora protetto da un soldato di guardia e da agenti dello Shin Bet, il servizio di sicurezza. Solo quattro persone sono ammesse nella sua stanza: il dottor Segev, i figli Omri e Ghilad, e la moglie di quest'ultimo, Inbal. Spesso Sharon mantiene gli occhi aperti: ha davanti a sè un televisore su cui scorrono immagini di paesaggi naturali che dovrebbero ricordargli il suo 'Ranch del Sicomorò, nel Neghev. Certi di fare cosa gradita, i figli - che lo visitano assiduamente - gli fanno ascoltare musica classica, gli leggono libri, lo aggiornano sui titoli dei giornali. «Quando gli viene detto di muovere un dito, lo fa», sostiene Weisglass. Il dottor Segev ha precisato che Sharon respira per proprio conto, ma deve essere nutrito con una sonda. La sua pressione sanguigna è regolare. Non è in grado di parlare, o di muoversi: ma resta la figura massiccia che gli israeliani ben ricordano. Ossia è ancora corpulento, con un ciuffo ribelle di capelli bianchi. Sulla base delle informazioni ricevute dai medici curanti, Weisglass ha spiegato: «Diciamo che Sharon è ancora in coma e privo di conoscenza. Ma le sue condizioni non sono gravi. Nelle gradazioni di un coma, è ora in quelle che preludono a un possibile risveglio. In merito vengono compiuti test». E quali sono le possibilità per una persona così anziana di risvegliarsi dopo un coma così prolungato? Il dottor Segev si limita ad osservare che Sharon ha dimostrato una fibra molto resistente rispetto ad altri pazienti della stessa età: «In passato mi raccontava spesso che sua madre e sua nonna avevano vissuto più di 90 anni e che egli intendeva fare altrettanto. Di certo è una persona straordinaria». Il figlio Ghilad pensa che ce la farà: «Ma nessuno - precisa il medico - può fare previsioni».

(LEGGO Online, 22 ottobre 2009)

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"Lo sterminio degli ebrei è una leggenda", prof negazionista, shock alla Sapienza

Il ricercatore di filosofia del diritto scrive sul suo blog ripreso dall'estrema destra. "Priebke? Solo una vendetta".

ROMA - Definisce l'Olocausto una "leggenda" sulla quale esistono "solo verità ufficiali non soggette a verifica storica e contraddittorio". Una "leggenda" usata "per colpevolizzare moralmente i popoli vinti". Anche le camere a gas, "ammesso e non concesso che queste siano mai veramente esistite", sono una delle tante verità "da verificare".
Come "i sei milioni di morti nei campi di concentramento". È la Storia reinterpretata secondo i folli principi del negazionismo, e che sembra trovare terreno fertile nel pensiero e nei blog gestiti da Antonio Caracciolo, un ricercatore 59enne di filosofia del diritto dell'università La Sapienza. Secondo il sito ufficiale del dipartimento di teoria dello Stato è ricercatore, anche se lui dice di essere "professore aggregato"....

(la Repubblica, 22 ottobre 2009)
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Lo scandalo del prof negazionista. Il rettore: "Vada a Dachau"

La Sapienza annuncia provvedimenti dopo l'articolo di Repubblica
La Comunità ebraica: "Solo in Italia personaggi del genere non vengono puniti"


ROMA - Dalla comunità ebraica romana al rettore, sono durissime le reazioni alle tesi negazioniste del ricercatore Antonio Caracciolo, docente di filosofia del diritto alla Sapienza di Roma. Il rettore della Sapienza Luigi Frati, invita "il professore ad andare a Dachau". La Comunità ebraica romana preannuncia un'iniziativa legale: "Ci sono molti "signor nessuno" - dice il presidente, Riccardo Pacifici, parlando da Israele - che pensano di aver una ribalta e una notorietà cercando di sorprendere o di stupire. Questi signori devono sapere che i tempi dell'indignazione della protesta non hanno più senso. L'Italia. l'Europa le Nazioni Unite hanno fatto propria la lezione della Shoah a tal punto che il 27 gennaio, Giornata della Memoria è celebrata ovunque. Questi "signori" in alcuni paesi europei, purtroppo ancora non in Italia, sono perseguiti dalla legge per le tesi che sostengono. Ed è per questo che, come abbiamo fatto con altri, adiremo le vie legali"....

(la Repubblica, 22 ottobre 2009)
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Il negazionismo in cattedra

Negare l'olocausto. lo sterminio di 6 milioni di ebrei non è mai esistito, un mito ha detto il presidente iraniano Ahmadinejad ma il negazionismo ha i suoi adepti ovunque. Anche all'università la Sapienza di Roma. Antonio Caracciolo, professore associato.

ROMA, 22-10-2009 - L'Olocausto una leggenda, "Come 'i sei milioni di morti nei campi di concentramento'. E' la Storia reinterpretata secondo i folli principi del negazionismo, e che sembra trovare terreno fertile nel pensiero e nei blog gestiti da Antonio Caracciolo, un ricercatore 59enne di filosofia del diritto dell‘universita' La Sapienza. Secondo il sito ufficiale del dipartimento di teoria dello Stato e' ricercatore, anche se lui dice di essere "professore aggregato". Sentito telefonicamente Caracciolo non smentisce la propria difesa del negazionismo, anzi, ne fa una questione di principio affermando 'il diritto dei negazionisti di poter esprimere le loro idee, senza finire in carcere'....

(RaiNews24, 22 ottobre 2009)
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Paterna: "il ricercatore negazionista potrebbe non essere l'unico"

E' esploso lo scandalo su Antonio Caracciolo, il ricercatore dell'Università La Sapienza di Roma che su uno dei suoi trenta blog ha negato la Shoah, bollandola come una teoria imposta, e ha definito la gasazione degli ebrei come dubbia. Il commento di Giorgio Paterna, Coordinatore Nazionale dell'Unione degli Universitari.

"All'interno dei corsi di studio non ci possono essere teorie negazioniste perchè sarebbe la follia". Così ai microfoni di CNRMedia.com Giorgio Paterna, Coordinatore Nazionale dell'Unione degli Universitari, commenta la vicenda di Antonio Caracciolo, ricercatore dell'Università "La Sapienza" di Roma, che ha definito la "gasazione" degli ebrei come "dubbia". "Non penso a delle selezioni sulle idee, ma sicuramente ci dovrebbero essere dei punti fermi nei nostri programmi d'insegnamento che non mettano in discussione la nostra storia". Tantopiù "se noi pensiamo che un fenomeno di questo tipo in realtà potrebbe verificarsi anche in altri atenei e non c'è nessuna maniera per limitarlo". "Questo fenomeno - spiega - potrebbe essere molto più largo di quanto pensiamo e questo potrebbe non essere il solo docente o ricercatore ad aver avuto per le mani più e più classi di studenti".

(CNRMedia.com - 22 ottobre 2009)
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Shoah: Croppi, coltivare e approfondire tema memoria

ROMA, 22 ott. - ''E' necessario coltivare e approfondire il tema della memoria e la scuola riveste un ruolo fondamentale. Serve una presenza pedagogica su questo punto''. Lo ha detto l'assessore capitolino alla Cultura Umberto Croppi in merito alla notizia apparsa sulla stampa di un ricercatore dell'Universita' La Sapienza che sul suo blog avrebbe negato lo sterminio degli ebrei.

(Adnkronos, 22 ottobre 2009)
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Shoah: Pomarici, allontanare professore negazionista dalla 'sapienza'

ROMA, 22 ott. - "Quando ho letto delle tesi negazioniste del Professor Caracciolo sono trasecolato. Non e' tollerabile che determinate affermazioni circolino liberamente nella piu' grande Universita' europea, per di piu', in un corso dove si insegna la filosofia del Diritto". Lo dichiara in una nota il presidente del Consiglio Comunale di Roma Marco Pomarici.
"Simili teorie possono generare odio e recrudescenze di antisemitismo - conclude - e' di tutta evidenza quindi che Caracciolo non e' adatto all'insegnamento e va allontanato".

(Libero-news.it, 22 ottobre 2009)

COMMENTO - Il redattore di queste note rivendica a sé l'onore di essere stato oggetto delle attenzioni personali del suddetto ricercatore.

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Iran, trattative confermate ma permangono incertezze

di Giampiero de Andreis

ROMA, 22 ott - C'è un'aura di mistero intorno all'intesa che sarebbe stata raggiunta tra l'Iran e l'Occidente sul nucleare, che secondo alcune fonti dovrebbe consentire alla Repubblica islamica di arricchire uranio in Russia. Il quotidiano israeliano Haaretz riporta che per ordine del capo del Consiglio di sicurezza nazionale dello Stato ebraico, ai funzionari del ministero degli Esteri, dell'intelligence e della Commissione sull'energia atomica è stato proibito di parlare. Il vice ministro della Difesa Matan Vilnai, tuttavia, ha lasciato capire che qualcosa effettivamente bolle in pentola: "Questo prova quanto sia importante la pressione internazionale", ha detto alla radio dell'esercito, "l'Iran è molto più sensibile alle pressioni di quanto si pensi". Vilnai ha affermato che Israele "presterà attenzione ad ogni dettaglio" dell'accordo per essere sicuro che l'apparente apertura non serva all'Iran solo per guadagnare tempo e proseguire il proprio programma nucleare. E anche se Teheran acconsentisse a ridurre le proprie scorte di uranio arricchito, ha insistito Vilnai, la comunità internazionale dovrà comunque tenere alta la guardia e mantenere la pressione per garantire che l'Iran non raggiunga la capacità di costruire armi atomiche. Una posizione condivisa dall'ambasciatore americano alle Nazioni Unite, Susan Rice, che dopo un incontro con il premier israeliano Binyamin Netanyahu ha dichiarato che gli Usa non permetteranno all'Iran l'acquisizione di armi nucleari e manterranno inalterata la pressione politica sul regime degli ayatollah.
Netanyahu mercoledì si è incontrato anche con l'Alto rappresentante europeo per la politica estera, Javier Solana, ma lo staff dei due interlocutori non ha chiarito se il tema della presunta intesa con Teheran sia stato toccato. Haaretz riporta anche il commento di un alto funzionario della difesa israeliana, il quale ha definito "strana tutta questa storia, e anche come questo accordo sia venuto fuori". È vero che al momento si tratta solo di una bozza di intesa, quindi ancora da definire. Tuttavia il fatto che sia stata salutata con favore dalla Casa Bianca dà l'impressione che le trattative siano giunte a uno stato più avanzato di quanto venga rivelato alla stampa. Anche da parte iraniana è giunta qualche conferma: l'ambasciatore all'Aiea Ali-Ashgar Soltanieh ha ammesso che è effettivamente in piedi una trattativa con la Russia, pur indicando che Francia e Stati Uniti, seppure volessero associarsi all'accordo dovrebbero farlo in maniera indiretta, in quanto Teheran non intende stringere nessuna intesa con questi due Paesi. Se realmente l'Iran intenda fare un passo indietro dovrebbe comunque essere chiarito molto presto: venerdì la Repubblica islamica dovrà fornire una risposta ufficiale alla proposta di arricchire l'uranio all'estero (una proposta precedentemente rifiutata più volte) mentre domenica è prevista la visita degli ispettori dell'Aiea (l'agenzia atomica internazionale) al sito di Qom, dove si è recentemente scoperto che l'Iran arricchiva segretamente uranio. Il grado di collaborazione della Repubblica islamica con i funzionari dell'Aiea dovrebbe dunque chiarire se un'intesa è davvero imminente o se si tratta dell'ennesimo espediente del regime per guadagnare tempo e procedere con il suo controverso programma atomico.

(il Velino, 22 ottobre 2009)

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Turchia: censurata una scena fiction dopo la protesta di Israele

ANKARA, 22 ott. - L'emittente pubblica turca Trt ha cancellato una scena di violenze dei soldati israeliani sui palestinesi da una fiction tv, dopo le proteste di Israele.
L'annuncio e' stato dato dal produttore di "Separazione: amore e guerra in Palestina", Selcuk Cobanoglu, al quotidiano turco Milliyet. Nella seconda puntata andata in onda martedi' sera e' stata tagliata una scena in cui i soldati israeliani fucilavano alcuni palestinesi bendati. "Ogni emittente ha le sue regole di supervisioni e noi non ci siamo opposti", ha spiegato Cobanoglu. La prima puntata del 13 ottobre aveva mostrato varie brutalita' dei militari di Israele che uccidevano persino un neonato palestinese, con lo Stato ebraico che aveva convocato l'ambasciatore turco per denunciare "un incitamento all'odio indegno persino di un Paese nemico". Accusa respinta da Cobanoglu, il quale ha assicurato che la fiction e' soprattutto una storia d'amore, "come apparira' piu' chiaro nelle prossime puntate". La vicenda ha aumentato le tensioni tra Gerusalemme e Ankara, uno dei pochi Paesi musulmani con cui Israele ha stretti legami economici e militari.

(AGI, 22 ottobre 2009)

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Iran-Israele, un mese fa primo incontro diretto

L'incontro, reso pubblico dal quotidiano israeliano Haaretz, è stato nell'ambito di discussioni per un Medio Oriente libero da armi nucleari

Ali Ashgar Soltanieh
Una rappresentante della Commissione israeliana per l'Energia Atomica e l'ambasciatore iraniano presso l'Aiea, l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, si sono incontrati il mese scorso al Cairo nell'ambito di discussioni per un Medio Oriente libero da armi nucleari. Lo afferma il sito del quotidiano israeliano Haaretz, sottolineando che si tratta del primo incontro diretto fra due rappresentanti ufficiali dei due paesi dalla caduta dello Shah nel 1979.
Meirav Zafary-Odiz, direttore dell'ufficio politica e controllo degli armamenti della commissione atomica israeliana, e l'ambasciatore iraniano Ali Ashgar Soltanieh si sono visti più volte fra il 29 e il
30 settembre, scrive il giornale. Gli incontri sono avvenuti all'Hotel Four Seasons del Cairo, sotto gli auspici della Commissione Internazionale per la Non Proliferazione Nucleare e il Disarmo
(Icnnd), un'organismo creato dal primo ministro australiano Kevin Ruud.
Erano presenti anche rappresenatnti della Lega Araba, di Giordania, Egitto, Tunisia, Turchia, Marocco, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, oltre a funzionari europei e americani. L'esistenza
dell'incontro è stata rivelata dal quotidiano australiano The Age. La Commissione israeliana per l'Energia Atomica ha confermato l'incontro, ma non ha voluto fare commenti. Gli incontri si sono svolti a porte chiuse e i partecipanti si erano impegnati al silenzio. Tuttavia, scrive Haaretz, si è appreso che l'israeliana e l'iraniano si sono parlati nell'ambito di tre sessioni, rispettivamente dedicate all'obiettivo di un Medio Oriente senza armi nucleari, la prevenzione della proliferazione nucleare nella regione e l'uso dell'energia nucleare a fini pacifici. In una di queste occasioni Soltanieh ha chiesto direttamente alla Zafary-Odiz se Israele possiede armi nucleari e lei si è limitata a sorridere, fedele alla politica israeliana di non confermare o smentire.
La Zafary-Odiz ha aggiunto che Israele è disposto in via di principio a discutere di un Medio Oriente libero da armi nucleari, ma data la situazione strategica del suo paese tale discussione non
potrà avvenire prima di accordi di pace e sicurezza nella regione. Soltanieh ha dal canto suo affermato che il suo Paese vuole dotarsi soltanto di energia nucleare a scopi pacifici e non vuole mettere in pericolo Israele. Ha poi aggiunto che il suo governo non si oppone agli ebrei, ma al sionismo.

(Vita.it, 22 ottobre 2009)

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Gaza, raid aereo di Israele

Dopo il lancio di un razzo nel Neghev

GERUSALEMME, 22 ott - La notte scorsa l'aviazione israeliana ha compiuto raid contro obiettivi nella Striscia di Gaza. E' avvenuto dopo un lancio di razzi da parte palestinese contro il Neghev nel sud di Israele. Lo ha detto oggi una portavoce militare. La portavoce ha precisato che a finire sotto l'attacco e' stato ''un edificio nel nord della Striscia, in cui venivano costruite armi,e due tunnel, sotto il confine con l'Egitto, utilizzati per il traffico di armi''.

(ANSA, 22 ottobre 2009)

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Il rapporto Goldstone è un colpo basso ai palestinesi che vogliono la pace

di Luca Meneghel

Dopo mesi di indagini sull'operazione militare "Piombo fuso" - condotta dall'esercito israeliano nella Striscia di Gaza dal 27 dicembre 2008 al 18 gennaio 2009 - Richard Goldstone ha presentato le proprie valutazioni al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, che le ha accolte a maggioranza assoluta. Il rapporto redatto dal giudice sudafricano, che accusa Israele e Hamas di "possibili crimini contro l'umanità", passa ora all'Assemblea generale dell'Onu, dove verrà discusso entro la fine dell'anno. Durissima la reazione israeliana: mentre il premier Netanyahu, su consiglio di Gordon Brown e Nicolas Sarkozy, sta valutando la possibilità di commissionare un'indagine indipendente sulla condotta dell'esercito, Tzipi Livni ha definito il Consiglio per i diritti umani "un organo criminale, che agisce in modo criminale soprattutto contro lo Stato d'Israele"....

(l'Occidentale, 22 ottobre 2009)

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Qui Torino - A poche ore dal grande incontro di Champions

I ragazzi del Maccabi Haifa con i bimbi delle scuole

di Daniel Reichel

A poche ore dalla partitissima con la Juventus si apre per i giocatori del Maccabi Haifa fra i sorrisi e l'incitamento degli alunni della scuola ebraica di Torino (le scuole paritarie dell'infanzia e primaria Colonna e Finzi e la scuola secondaria di 1o grado Emanuele Artom). Eyal Golaza, Biram Kial e il capitano Alon Harazi hanno fatto visita in mattinata agli alunni festanti e rumorosi della scuola di via Sant'Anselmo. I tre, visibilmente emozionati di fronte al giovane pubblico, hanno espresso la loro gratitudine per la calorosa accoglienza e in particolar modo hanno ringraziato la direttrice, Marta Morello, per l'ospitalità. Harazi, il giocatore di maggior esperienza fra le fila del Maccabi, ha poi rivelato ai bambini: "Sono molto emozionato di trovare così lontano da casa dei giovani sostenitori come voi; mi ha colpito molto vedere dei cartelloni di incitamento scritti in ebraico" e ha poi voluto sottolineare "la nostra squadra è una delle poche ad avere giocatori ebrei, mussulmani e cristiani", una dimostrazione che la convivenza è possibile. I giocatori hanno poi regalato alla scuola e alla direttrice sciarpa, bandiera e gagliardetto del Maccabi Haifa.
Sperando che la visita sia di buon auspicio per questa sera, la partita si presenta particolarmente ostica per i verdi di Haifa. La Juventus, che in serie A non sta brillando, vuole riscattarsi in Champions e giocherà sicuramente a viso aperto per ottenere gli agognati tre punti. Se da una parte la Juve vuole uscire dalle difficoltà del campionato, il Maccabi deve portare a casa almeno un punto essendo ancora a secco nella competizione europea. L'allenatore Elisha Levi ha dichiarato ieri in conferenza stampa: "Valiamo molto di più degli zero punti in classifica, siamo qui per cambiare le statistiche - e ha aggiunto - siamo venuti a Torino per giocarcela, dobbiamo scendere in campo concentrati e cercare di fare il nostro gioco". Levi ha poi dichiarato che non cambierà il suo stile di gioco veemente e aggressivo, non importa se di fronte avrà una grande squadra come quella bianconera e ha affermato: "Dobbiamo giocare come sappiamo senza snaturare il modulo. Non abbiamo mai giocato per difenderci ed è grazie a questo spirito che siamo arrivati fin qui".
Harazi, uno dei giocatori più rappresentativi della rosa, ha sostenuto il credo del suo allenatore: "Non partiamo sconfitti, scendiamo in campo con la determinazione di sempre e cercheremo per quanto possibile di aggredire i nostri avversari". Nessun timore reverenziale dunque anche se "le farfalle nello stomaco ci sono sempre in queste occasioni" ha sottolineato il portiere del Maccabi, Nir Davidovitch "ma - ha poi aggiunto - una volta scesi in campo, dobbiamo pensare solo ala partita".
Nella conferenza stampa c'è stato anche un momento di ilarità generale, più fra gli israeliani a dire il vero, quando un giornalista italiano ha chiesto all'allenatore Levi "se potesse togliere uno fra Buffon, Laquinta, Diego, Amauri, chi leverebbe?" e uno dei reporter israeliani ha commentato ironico: "Questa è proprio una domanda italiana".
I pronostici sono tutti a favore della squadra di casa ma, come amano dire gli esperti del settore, "nel calcio non si può mai sapere". Inoltre il Maccabi può contare su dei piccoli tifosi gioiosi ed entusiasti che questa sera potrebbero essere un'arma in più.

(Notiziario Ucei, 21 ottobre 2009)

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Israele - Staminali cordonali, nuove speranze contro la leucemia

Marjie Hadad
Un passo in avanti verso la cura dei tumori del sangue, leucemie e linfomi in testa. Cosi' la Gamida Cell, azienda hi-tech israeliana che si occupa di tecnologie di espansione delle cellule staminali, presenta i risultati della 'fase uno' di una ricerca che mira a ricavare dal cordone ombelicale staminali utili per trattare pazienti adulti affetti da questi tipi di cancro del sangue.
'Una terapia del genere - spiega all'ANSA Marjie Hadad, della Gamida Cell - e' gia' in uso per i neonati. Ma per i bambini piu' grandi o gli adulti il numero di cellule staminali ricavabili dal cordone ombelicale era finora insufficiente'. La ricerca in questione - coordinata da Gerusalemme e a cui partecipano anche due centri italiani (l'universita' romana di Tor Vergata e l'ospedale Careggi a Firenze) - sta tuttavia mettendo a punto un sistema in grado di espandere e trapiantare 'ex vivo' queste cellule 'progenitrici'.
Gli studiosi hanno gia' messo i presupposti per la realizzazione di un farmaco, cui e' stata data la denominazione generica di Carlecortemcel-1 e che si ritiene possa essere commercializzato nel 2011. I frutti della ricerca sono illustrati in un articolo di prossima pubblicazione dai due ricercatori-capo del progetto, gli americani Ka Wah Chan e Demetrios Petropoulos, entrambi attivi in Texas.
'La difficolta' maggiore di questo approccio - si legge nel contributo, che e' stato anticipato su internet e che comparira' nel numero di novembre della rivista scientifica 'Expert Opinion on Biological Therapy' - e' riuscire a far moltiplicare le staminali, evitando al contempo che si differenzino'. 'Ma i primi risultati - osservano i due ematologi-oncologi - mostrano che il prodotto e' sicuro, e che puo' essere associato a tassi di mortalita' piu' bassi nei casi di tumori non recidivi'.

(Cellule Staminali, 20 ottobre 2009)

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Egitto - Conferenza sul cancro al seno: medici israeliani invitati e respinti

Medici israeliani invitati a partecipare a una conferenza in Egitto sulla lotta contro il cancro al seno sono stati pregati all'ultimo momento di non presentarsi all'evento. Il ministero degli esteri israeliano ha espresso indignazione per la cancellazione, aggiungendo che esigerà spiegazioni dal Cairo per l'improvvisa decisione.

(israele.net, 20 ottobre 2009)

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Turchia e Israele, la frattura

di Sami Kohen

La recente decisione della Turchia di escludere Israele da un’esercitazione militare congiunta è frutto della nuova politica contraria a Israele del governo turco. La Turchia, il primo paese musulmano ad aver riconosciuto lo Stato d’Israele, è stata per molti anni uno dei suoi alleati più fedeli. I due Stati hanno uno scambio commerciale di più tre milioni di dollari, progetti di cooperazione nella Difesa e la Turchia è, di fatto, una delle mete turistiche preferite dagli israeliani.
Nonostante questo, il governo ha lanciato una virulenta campagna anti israeliana in seguito all’Operazione di Gaza dell’anno scorso.
Durante il World Economic Forum a Davos nel febbraio scorso, partecipando a un dibattito con il presidente israeliano Shimon Peres, il primo ministro Recep Tayyip Erdogan espresse commenti rabbiosi su Gaza, lasciando la sala subito dopo. E' stato questo il momento della svolta nelle relazioni turco-israeliane.
Il presidente Adbullah Gul, atteso in Israele l’estate scorsa, non si è presentato.
Il ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu, invitato in Israele il mese scorso, aveva insistito nel voler visitare anche Gaza, idea fortemente opposta dagli israeliani. Così la visita è stata cancellata.
Erdogan ha continuato ad attaccare Israele sulla scena internazionale, recentemente all’assemblea generale delle Nazioni Unite, dove ha accusato lo Stato israeliano del dramma umanitario a Gaza e la comunità internazionale di passività. Nello stesso periodo, Erdogan ha incontrato un gruppo di 50 leader ebrei statunitensi per cercare di riparare le relazioni con gli Stati Uniti e Israele. Ma l’incontro non ha avuto un esito positivo a causa dei duri commenti anti israeliani del Primo ministro su Gaza.
In una recente dichiarazione, il ministro degli Esteri Davutoglu ha messo in chiaro che le relazioni con Israele potranno tornare alla normalità quando cambierà la politica israeliana su Gaza.
La decisione del governo di cancellare l’esercitazione militare è frutto della volontà di mantenere lo Stato israeliano sotto pressione. Quello che ha sorpreso molti, è stato che l’esercito, da sempre bendisposto verso Israele, si sia piegato alla volontà del governo, mentre in passato aveva continuato i suoi rapporti con la controparte israeliana nonostante l’atteggiamento ostile del potere civile. In questo caso, il governo sapeva di avere l’appoggio dell’opinione pubblica, con i media e i circoli politici opposti “all’apertura dello spazio aereo turco ai jet militari israeliani che hanno bombardato gli innocenti palestinesi di Gaza”.
Un ufficiale turco ha spiegato, sotto anonimato, che “la nostra previsione è che le azioni della Turchia spingeranno Israele a cambiare la sua politica e gli altri Paesi, specialmente quelli dell’Occidente, a mostrare maggiore interesse per la sofferenza dei palestinesi e a reagire al comportamento d’Israele con fatti invece che parole”.
Diverse ragioni spiegano il cambiamento dell’atteggiamento turco.
Primo, il partito al potere, l’APK ha tendenze pro islamiche.
Pur essendo un pragmatico, Erdogan fa di tutto per mostrare le sue affinità con il mondo arabo e islamico. Ha preso gli eventi di Gaza molto seriamente, appagando così quella consistente fetta della popolazione turca solidale con i palestinesi e arrabbiata con gli israeliani. Questa comprende anche i partiti all’opposizione e i loro sostenitori. Non sorprende che Erdogan, ritornando a casa da Davos, sia stato accolto come un eroe.
Secondo, l’orientamento internazionale del governo si è spostato da un allineamento con l’Occidente ad “una politica estera multi dimensionale”. Anche se la Turchia è membro attivo della Nato e aspira a far parte dell’Unione Europea, si è recentemente impegnata a sviluppare le relazioni con le potenze regionali e in particolare con i Paesi arabi e musulmani.
In questo caso, Ankara non voleva irritare la Siria e l’Iran partecipando a un’esercitazione militare Nato che includeva Israele. Il ministro degli Esteri Davutoglu ha visitato la Siria questa settimana mentre il premier Erdogan è atteso in Iran la settimana prossima, così questo periodo è particolarmente delicato.
Inoltre, il ministro degli Esteri siriano ha annunciato che la Siria e la Turchia hanno condotto un’esercitazione militare congiunta la settimana scorsa.
In generale, il governo di Erdogan ha cercato di assumere un ruolo di maggior rilievo nella regione. Incoraggiato dal suo nuovo status di attivo protagonista regionale, Erdogan guarda alla relazione con Israele da una posizione di forza e sente che può permettersi di avere un atteggiamento di sfida verso lo Stato israeliano. Sempre secondo lo stesso ufficiale, “il sentimento è che Israele ha più bisogno della Turchia di quanto la Turchia d’Israele”.

da The Jewish Chronicle - versione italiana a cura di Rocco Giansante

(Notiziario Ucei, 20 ottobre 2009)

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Vertice del governo israeliano sul rapporto Goldstone

ROMA, 20 ott - Primo vertice di governo israeliano dedicato al rapporto Goldstone, il documento che accusa l’esercito dello Stato ebraico e Hamas di crimini di guerra durante l’operazione Piombo fuso a Gaza. In discussione la possibile istituzione di un organismo indipendente con il compito di valutare la condotta delle Israeli Defence Forces durante l’offensiva lanciata contro il movimento islamico nella Striscia a cavallo tra dicembre e gennaio. La proposta, sostenuta dal procuratore generale Menahem Mazuz, ha già incontrato la ferma opposizione di diversi esponenti del governo, tra cui il ministro della Difesa, Ehud Barak. Del dossier il primo ministro Benjamin Netanyahu discuterà con il presidente Shimon Peres e in una serie di incontri, che lo vedranno a colloquio con l’ambasciatore americano all’Onu, Susan Rice, con l’Alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza dell’Ue, Javier Solana, e con l’inviato speciale del Quartetto (Stati Uniti, Russia, Onu e Ue), Tony Blair. A Netanyahu è stata anche recapitata una lettera congiunta del presidente francese Nicolas Sarkozy e del primo ministro britannico Gordon Brown, nella quale si esorta il governo ad avviare un’inchiesta indipendente che punti ad accertare responsabilità tra le fila dell’esercito durante l’offensiva a Gaza.
Dall’opposizione, Tzipi Livni, leader di Kadima, è tornata a scagliarsi contro il Consiglio dei diritti umani dell’Onu, che la scorsa settimana ha appoggiato a maggioranza il rapporto Goldstone. Livni, all’epoca dell'offensiva ministro degli Esteri, ha definito il Consiglio “un organo criminale, che agisce in modo criminale, soprattutto contro lo Stato d’Israele”. “Ho appoggiato l’operazione Piombo fuso e ho piena fiducia nelle Idf - ha aggiunto nel corso di un’intervista alla radio -. La guerra al terrorismo di Israele non riguarda solo noi, stiamo rappresentando il mondo libero. Sostenere la guerra al terrorismo non vuol dire sostenere Israele contro i palestinesi, ma sostenere gli ideali in cui crediamo, contro coloro che non vogliono vivere in pace e vogliono imporre l’ideologia dell’estremismo islamico”.

(il Velino, 20 ottobre 2009)

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"Giudice Goldstone, lei ci deve una risposta"

di Haviv Rettig Gur

Richard Goldstone
La notizia è che il giudice Richard Goldstone non approva la risoluzione votata venerdì scorso dal Consiglio Onu per i Diritti Umani a sostegno del rapporto da lui stesso redatto (sulle violazioni durante l'operazione israeliana anti-Hamas nella striscia di Gaza del gennaio scorso). "Questa bozza di risoluzione mi addolora - ha dichiarato Goldstone venerdì al giornale svizzero Le Temps - perché contempla solo accuse contro Israele senza nemmeno una frase di condanna di Hamas, come invece avevamo fatto noi nel rapporto. Spero che il Consiglio possa modificare questo testo". Ma naturalmente il Consiglio non l'ha affatto modificato, ed anzi l'ha approvato a grande maggioranza.
Per rappresentanti e osservatori israeliani, l'inopinata scoperta da parte di Goldstone che c'è del marcio in quello che dovrebbe essere il sistema giuridico internazionale rappresenta una amara vittoria, ormai inutile. L'eminente giurista ha dunque scoperto, a spese di Israele, ciò che da tempo avrebbe dovuto essere ben chiaro a un erudito tanto insigne: la sconcertante ipocrisia che vizia alla base il procedimento, quando si tratta di Israele.
Importa qualcosa se il suo tribunale, strettamente parlando, non aveva valore "giudiziario", quando tutti e dappertutto sono perfettamente convinti che avesse facoltà di emettere sentenze? Importa qualcosa che, agendo sulla base di criteri appartenente "obiettivi" nel valutare la "legalità" delle azioni israeliane e palestinesi durante l'offensiva anti-Hamas, il giudice Goldstone abbia prodotto un testo che servirà solo ed esclusivamente come corpo contundente contro Israele (tanto è vero che viene sostenuto e sbandierato da quella stessa Hamas che lui sostiene d'aver criticato)? I giudici hanno o non hanno la responsabilità di tener conto delle ramificazioni delle loro scelte e decisioni, in particolare quando - come nel caso di Goldstone - l'organismo che ha commissionato il "parere giuridico" è un organismo notoriamente e irrimediabilmente affetto da un feroce pregiudizio ostile a Israele?
Se diamo per assodato che Goldstone è una persona onesta animata dalle migliori intenzioni, la domanda allora diventa: i termini strettamente "di legge" sono i termini corretti per emettere delibere in un contesto politico che garantisce che ne verrà fatto un pessimo uso?
Dal punto di vista di Israele, il rapporto Goldstone non spezza affatto una lancia a favore della legalità, quanto piuttosto a favore di una versione leggermente diversa di apartheid politico ai suoi danni.
Goldstone ora è turbato per la risoluzione spudoratamente prevenuta approvata dal Consiglio Onu per i Diritti Umani. Eppure lui stesso non se l'era sentita di procedere con il mandato originario affidato dal Consiglio alla sua commissione, finché - a suo dire - quel mandato non è stato modificato (ma non ufficialmente).
Dunque Goldstone deve agli israeliani una risposta su un interrogativo etico fondamentale. Per dirla con le parole di un commentatore israeliano: è sua abitudine, giudice Goldstone, accettare di presiedere commissioni d'indagine di cui si trova innanzitutto a depennare l'evidente intento politico affinché il mandato risponda ai più elementari criteri di correttezza?
Può darsi che un giorno nel diritto internazionale risiederà la chiave della dignità e della felicità umana. Ma utilizzare il linguaggio del diritto in una situazione segnata con tutta evidenza da un diverbio politicamente preorientato significa solo allontanare sempre più quel giorno.
Gli israeliani, e con loro molti altri, vorrebbero sapere, signor Goldstone, se nel frattempo lei resta convinto che il suo contributo sia stato utile o non sia andato piuttosto a detrimento di obiettivi come la pace e la legalità internazionale. O se semplicemente ha permesso, con impressionante ingenuità, che il suo prestigio e il suo stesso essere ebreo venissero strumentalizzati da soggetti che sono spinti esclusivamente da malcelata intolleranza e fanatismo.

(Jerusalem Post, 18 ottobre 2009- da israele.net)

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Passeggera denuncia: «Insultata da bigliettaio Met.ro: "ebrei pieni di soldi"»

La donna doveva comprare a Ostia Antica 4 biglietti con 50 euro
L'azienda: nomineremo una commissione d'inchiesta

ROMA (19 ottobre) - «Insulti sugli "ebrei pieni di soldi"». E' la denuncia di una passeggera ebrea contro un dipendente Met.ro alla biglietteria della stazione ferroviaria di Ostia Antica della linea Roma-Lido.
«"Ebrei pieni di soldi"». Secondo la donna, Barbara Levi Carrisi, ieri alle 11, nel comprare quattro biglietti «ho dato al bigliettaio, un giovanotto sulla trentina, una banconota da 50 euro. Subito si è messo a protestare perché non aveva il resto da darmi e poi sono partiti gli insulti con riferimento "agli ebrei pieni di soldi". Probabilmente il giovanotto ha notato il mio braccialetto con la stella di Davide. Non sapendo nulla di me e pertanto che non sono neppure ricca: avevo soltanto prelevato i soldi al bancomat poco prima»....

(Il Messaggero, 19 ottobre 2009)

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Gerusalemme: 16 Ottobre 1943 ricordato a Yad Vascem dalla Comunita` Italiana

L`Ambasciatore Luigi Mattiolo
Anche quest'anno la Comunita' Italiana in Israele si e' raccolta nella Tenda della Memoria di Yad Vascem per ricordare il tragico evento vissuto dai 1024 ebrei romani strappati alle proprie case del Portico d'Ottavia, il 16 ottobre 1943.
Hanno partecipato alla manifestazione l'Ambasciatore Italiano Luigi Mattiolo con la gentile consorte e la dottoressa Donata Robiolo per il consolato di Gerusalemme.
Presenti molti esponenti di tutte le Istituzioni Italiane in Israele : l'Avvocato Beniamino Lazar, presidente del Comites, il Giudice Ben Zimra , presidente all'Associazione degli Ebrei Italiani a Gerusalemme, Miriam Toaff Della Pergola direttrice del Giornale in lingua Italiana "Kol HaItalikim", la Signora Carla Di Nola della Riccia della Fondazione Cantoni, Il Dottor Lello Della Riccia della UIM (Unione Italiani nel Mondo) la dottoressa Claudia Amati, presidente dell'Associazione per l'immigrazione dall'Italia.
Ma sopratutto erano presenti tanti Italiani riuniti ancora una volta per ricordare, per non dimenticare e, come ha detto l'Ambasciatore Mattiolo, per "riflettere insieme sulla nostra storia grazie ad una intesa intensa e durevole"
Il Dottor Mattiolo, parlando ai presenti, ha sottolineato i molteplici eventi in agenda , in Italia, per la celebrazione della giornata e il continuo impegno del Governo Italiano per tenere alto il livello di consapevolezza nei confronti della Shoa e nella lotta all'antisemitismo.
Sottolineano, l'ambasciatore Mattiolo e un'altra relatrice, la dottoressa Amati come la formazione di una coscienza collettiva possa venir realizzata sopratutto attraverso l'educazione dei giovani.
Durante la manifestazione e' stato eseguito un preludio musicale scritto nel 1943 dal compositore Italiano Mario Melli deceduto ad Auswitz. Per questa occasione il Maestro Renzo Cesana ha trascritto la parte melodica per oboe ed e' stato accompagnato dalla pianista Sonia Mazar.

(politicamentecorretto.com, 19 ottobre 2009)

Video

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Aeronautica: conclusa in Sardegna esercitazione con Israele

Un'esercitazione congiunta si è appena conclusa nella base aerea di Decimomannu (Sardegna), con la partecipazione di aerei dell'aeronautica militare italiana e di quella israeliana e all'avvenimento hanno dato evidenza stasera le due televisioni commerciali dello stato ebraico, Canale 2 e Canale 10. Iniziata il 5 ottobre scorso, l'esercitazione è terminata il 16 ottobre. Secondo le emittenti, le manovre aeree acquistano per Israele una significativa importanza alla luce della recente decisione della Turchia di annullare la partecipazione israeliana ad una esercitazione aerea multinazionale nel proprio territorio, e ciò in segno di contrarietà per la operazione Piombo Fuso a Gaza dello scorso inverno. Alle manovre in Sardegna, ha precisato Canale 10, hanno partecipato "i migliori apparecchi israeliani", fra cui aerei F15I, F16I e Hercules.

(L'Unione Sarda, 19 ottobre 2009)

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Hitler al museo, caso in Thailandia

Pubblicità con scritta "non è morto"

E' polemica in Thailandia per la scelta di un museo delle cere di farsi pubblicità con un enorme cartellone pubblicitario che ritrae Adolf Hitler mentre fa il saluto romano con sotto la scritta "non è morto". Immediate le proteste di Germania e Israele che, come scrive il sito web della Bbc, hanno portato i responsabili del museo Louis Tussaud di Pattaya a rimuovere le immagini incriminati piazzate due settimane fa.
"Non abbiamo scelto l'immagine di Hitler per celebrare la sua figura - si difende il direttore del museo, Somporn Naksuetrong -. E' una importante figura storica, ma in forma orribile. Ci scusiamo per chiunque si sia offeso, non era la nostra intenzione". Le ambasciate di Germania e Israele in Thailandia hanno vigorosamente protestato, rivolgendosi sia al museo che al ministro degli Esteri. Non è la prima volta che nel Paese vengono utilizzate immagini legate al nazismo per scopi pubblicitari, segnala il quotidiano Hindu.
Due anni da, una scuola consegnò ai propri studenti berretti da baseball con svastiche e la scritta Nazi molto in evidenza per una parata sportiva. L'istituto si scusò pubblicamente. Nel 1998, ancora Hitler salutava i potenziali clienti di una marca di patatine. La pubblicità venne ritirata. Alla fine degli anni '80, destò scandalo il "Nazi bar" aperto a Bangkok, tappezzato al proprio interno di foto dei gerarchi e delle Ss in azione. Alla fine il bar cambiò nome in "No name bar".

(TGCOM.it, 19 ottobre 2009)

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Netanyahu, con gli Usa abbiamo risolto la questione degli insediamenti

GERUSALEMME, 19 ott. - Israele ha trovato un accordo con gli Stati Uniti sulla questione degli insediamenti ebraici in Cisgiordania. Lo ha assicurato il premier israeliano Benjamin Netanyahu al primo ministro spagnolo Jose' Luis Rodriguez Zapatero secondo quanto si legge sul quotidiano israeliano 'Ha'aretz'. "Abbiamo risolto la questione degli insediamenti con gli americani", ha detto Netanyahu a Zapatero durante il loro colloquio di giovedi' scorso. "Non posso dire di piu'. Se siete interessati a conoscere i dettagli chiedete a Washington", ha aggiunto il premier israeliano.

(Adnkronos, 19 ottobre 2009)

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Sfila la Torah restaurata - Benedizione per la bimba Tedeschi - Una bella mostra

CASALE MONFERRATO (AL) - Tre avvenimenti hanno caratterizzato domenica la vita della Comunità Ebraica di Casale: una dimostrazione di vita e di capacità da parte delle piccole Comunità ebraiche italiane di guardare avanti e di festeggiare e condividere momenti salienti.
Grande folla e molti giovani al mattino per festeggiare il restauro e l'Hachnasat Sefer Torà offerta dalla vicepresidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Claudia De Benedetti e da Ermanno Tedeschi per celebrare la nascita della prima nipotina (figlia di Serena Tedeschi), Avigail la cui benedizione è avvenuta dopo il corteo esterno con la Torah nella splendida Sinagoga degli argenti....

(Il Monferrato, 19 ottobre 2009)

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Ormai è il 43,8% dei palestinesi a non avere più fiducia in Abu Mazen

di Aldo Baquis

TEL AVIV - La popolarità del presidente dell'Anp, Abu Mazen, ha patito un duro colpo per la sua incerta gestione del Rapporto Goldstone delle Nazioni Unite sull'operazione militare "Piombo Fuso" nella Striscia di Gaza. Questo uno degli elementi più inquietanti di un sondaggio d'opinione condotto in Cisgiordania e a Gaza dal Jerusalem Media Communication Center (Jmcc), un centro stampa palestinese.
Dalle risposte dei palestinesi trapelano sentimenti potenti di frustrazione. Qual è il personaggio politico di cui vi fidate maggiormente? ha chiesto il Jmcc. E una forte maggioranza relativa (31,3%) ha risposto: «Nessuno».
E qual è l'impatto regionale del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, nella settimana in cui ha appreso di essere stato insignito del premio Nobel per la pace? Solo il 25% dei palestinesi lo trovano positivo: un'analoga quota era del 40,6% solo nel giugno scorso. Oggi regna sovrano lo scetticismo: Obama non rappresenta alcun cambiamento rispetto ai precedenti presidenti degli Stati Uniti, lamentano il 57,7% dei palestinesi.
La gestione contraddittoria del Rapporto Goldstone ha minato la popolarità di Abu Mazen, dice il Jmcc, facendola calare di sei punti rispetto a giugno. Oggi il 43,8% dei palestinesi lo biasimano per aver prima temporeggiato (destando l'impressione di volerlo insabbiare, anche perchè il Rais era oggetto di pressioni diplomatiche da parte di Usa ed Israele) e per averlo rilanciato solo dopo aver ricevuto energiche pressioni da Hamas e dalla sua stessa base in Cisgiordania.
In una riunione di al Fatah a Ramallah, Abu Mazen ha difeso con foga il proprio operato, ha descritto complessi problemi tecnici e procedurali che erano all'origine dei suoi cambiamenti di azione. Ma il Rapporto Goldstone - che accusa Israele di essersi macchiato di crimini di guerra a Gaza - crea una situazione nuova che rischia di bloccare del tutto il processo di pace. Dal 2007 l'Anp si trova in netta opposizione con Hamas che, secondo Abu Mazen, sta edificando a Gaza «un emirato del Male». Adesso, assecondando le accuse di asseriti «crimini di guerra» israeliani a Gaza, Ramallah rischia di entrare inoltre in un duro confronto con il governo israeliano. In assenza di un'intesa politica fra Fatah e Hamas, Abu Mazen si accinge a proclamare nuove elezioni presidenziali e politiche nei Territori.

(Gazzetta del Sud, 19 ottobre 2009)

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Israele: razzo esplode nel Neghev

Proiettile da Gaza e' caduto vicino al confine, senza fare danni

GERUSALEMME, 18 ott - Un razzo Qassam sparato dalla striscia di Gaza e' caduto in territorio israeliano, vicino al confine, senza causare vittime o danni.
Prima della caduta del razzo i sistemi di allarme sono entrati in funzione nei centri israeliani nel Neghev situati in aree sotto tiro, causando momenti di tensione.
Il lancio del razzo, giunto dopo alcuni giorni di tregua, non e' stato finora rivendicato da nessun gruppo armato palestinese a Gaza.

(ANSA, 18 ottobre 2009)

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Ascoltate il rabbino di Roma: in classe solo il cattolicesimo

di Giorgio Israel

Per quanto mi riguarda non amo gran che l'ora di religione cattolica e quindi, proprio per questo sono forse più credibile se (anticipando la conclusione) dico che non vi è una seria alternativa allo stato delle cose. Non amo l'ora di religione cattolica per tanti motivi e non insisto su vicende personali ormai lontane, quando alle elementari - dovendo assistere all'ora di religione, pur esentato - il sacerdote insegnante spiegò come gli ebrei fossero gente cattiva che aveva ucciso Gesù e, passandomi le mani nei capelli aggiunse che io non c'entravo, col risultato che da quel giorno nessuno volle sedere accanto a me sul banco. Sono vicende legate a un clima fortunatamente lontano. E tuttavia preferivo l'esenzione del vecchio Concordato che consentiva agli alunni meno piccoli di uscire prima o entrare più tardi e di non subire l'avvilente obbligo di seguire improbabili materie alternative. Al primo dei miei figli fu imposto di seguire un'ora di storia delle religioni che si risolse nella lettura del Corano per tutto l'anno. Per il secondo - e parlo di pochi anni fa - fummo soggetti a pressioni con l'argomento che è bene che il bambino non si senta «isolato». Al punto che l'insegnante di religione si permise di incitare i bambini a premere sul compagno perché restasse in classe. E per il terzo figlio abbiamo subito le pressioni dell'insegnante per farlo restare con l'incentivo che si sarebbe parlato tutto l'anno dell'Antico Testamento. Ma perché mai - con tutto il rispetto - dovremmo far insegnare la Torah da un insegnante cattolico?
Quindi non sono appassionato dell'ora di religione, soprattutto per il modo in cui viene gestita, spesso da insegnanti di scarso spessore spirituale, che hanno una visione della religione da sociologia progressista, e per la pressione che viene fatta a seguirla a tutti i costi attraverso il ricatto di assurde materie alternative o del presunto isolamento.
Ciò detto, quali sono le alternative? Si tratta di chiarire una volta per tutte cosa si vuole che sia questa ora di religione. Una materia come le altre? Oppure un'ora in cui si introduce l'alunno alla religione cattolica con un approccio confessionale, se pure non strettamente catechistico? O un'altra cosa ancora? Se fosse da intendere come una materia al pari delle altre, allora dovrebbe trattarsi di un'ora di storia delle religioni. Una siffatta materia non esiste, né esistono gli insegnanti preparati per farla. Si potrebbe considerarne l'opportunità, ma allora si aprirebbe una questione interamente nuova: introdurre questa materia negli ordinamenti della pubblica istruzione, definirne i contenuti, preparare gli insegnanti attraverso lauree adeguate, definire le corrispondenti classi di abilitazione ecc. Insomma, una tematica inedita che apre problemi difficilissimi e imporrebbe una revisione costituzionale che verrebbe respinta da gran parte del mondo cattolico.
Esistono scelte intermedie tra questa e l'approccio confessionale? Ne vedo una soltanto che avrebbe senso ma porrebbe problemi non meno complessi. Si tratterebbe di identificare il ceppo non soltanto culturale ma spirituale della religiosità europea, il quale è indiscutibilmente il monoteismo ebraico-cristiano. Dico «indiscutibilmente» perché sono convinto che tale tesi possa essere sostenuta con argomenti assai più validi delle chiacchiere su Averroè, e che sia più che legittimo enfatizzare l'approccio spirituale che più ha plasmato la nostra cultura religiosa e, più in generale, europea. E tuttavia è chiaro che molti - non soltanto tra gli ebrei e i cattolici - non la condividono. Basti pensare alla sorte che ha avuto la richiesta di introdurre un riferimento alle «radici giudaico-cristiane» nella costituzione europea. Inoltre, progettare una «materia» simile porrebbe problemi molto difficili. In primo luogo, occorrerebbe individuare un'impostazione capace di rendere conto dei principi religiosi e morali della Bibbia ebraica e del Nuovo Testamento, che ne evidenzi gli assi comuni senza tacere le differenze, soprattutto teologiche, e presentandole in modo obbiettivo e sereno. Si richiederebbe per questo una capacità non comune di progettare programmi adeguati. Inoltre, la preparazione e la scelta degli insegnanti - che in linea di principio potrebbe essere anche più facile che nel primo caso - porrebbe problemi enormi che lascio immaginare al lettore. In conclusione, anche questa ipotesi - che personalmente trovo stimolante - non appare realizzabile.
E allora cosa fare? Introdurre un'ora di religione islamica soltanto perché i musulmani sono ora più numerosi di prima e più numerosi dei protestanti o degli ebrei? Essi sono comunque abbastanza poco numerosi da creare situazioni ingestibili nelle classi (di certo la stragrande maggioranza) in cui sono presenti soltanto uno o due bambini musulmani. Bisognerebbe creare un'ora apposita soltanto per una persona? E allora perché non farlo per gli ebrei o i valdesi? Non sarebbe questa una inaccettabile discriminazione? A meno che qualche sconsiderato non pensi alla concentrazione dei musulmani in classi in cui siano abbastanza numerosi creando così davvero delle madrasse e seguendo un approccio di tipo comunitarista che sappiamo benissimo a quali approdi disastrosi conduca. Non voglio neppure accennare ai problemi che si pongono in relazione alle questioni di sicurezza e di prevenzione dell'integralismo e della predicazione dell'odio. E poi: chi sceglierà i docenti, chi compilerà gli albi? Si pensa forse a un concordato tra Stato e una consulta islamica, ovvero la creazione di una specie di chiesa islamica italiana? Appena si entra nel concreto, l'idea dell'ora di religione islamica è un sogno di mezzo autunno che è meglio archiviare prontamente.
Allo stato degli atti, condivido l'opinione del rabbino Di Segni. Si lasci com'è l'esclusività dell'ora di religione cattolica, un'ora da intendere come attività confessionale e di introduzione spirituale al cattolicesimo. In fin dei conti, essa continua ad essere frequentata dalla stragrande maggioranza degli alunni e risponde al fatto che il nostro Paese continua a essere caratterizzato dalla religiosità cattolica. L'unica cosa che va chiesta - anche nell'interesse di chi difende il valore di questa ora - è di superare quegli aspetti negativi illustrati sopra e che ne fanno talvolta qualcosa di oppressivo per chi legittimamente non voglia seguirla.

(il Giornale, 18 ottobre 2009)

COMMENTO - E' strano che tra tante possibilità esaminate e scartate perché impraticabili non sia stata nemmeno presa in considerazione l'unica che sul piano teorico e pratico risolverebbe ogni cosa: l'abolizione dell'ora di religione cattolica. Certo, anche questa è una soluzione impraticabile, anzi più impraticabile di tutte le altre, ma sarebbe stato bene dire almeno perché. Perché dipende dal Concordato, che assicura alla Chiesa Cattolica una serie di privilegi tra cui uno dei più scandalosi: l'introduzione nelle scuole pubbliche di un'ora straordinaria di religione che si chiede sia come tutte le altre ma con insegnanti che non sono come tutti gli altri. Insegnanti che possono diventare di ruolo senza passare per la trafila di prove e concorsi a cui sono sottoposti tutti i comuni mortali che non hanno un vescovo a cui rivolgersi per fare carriera nella scuola. Questo dovrebbero continuare a dire i laici. Ma dove sono i laici? Visto che la religiosità ormai è stata accolta stabilmente nelle istituzioni, molti sono convinti che l'unica cosa da fare è condurre guerre di religione nel quadro delle strutture democratiche. Per battere la religione emergente dell'Islam - si pensa - l'unica cosa da fare è allearsi con la religione presente sul territorio da più tempo e quindi in possesso delle maggiori possibilità di resistenza e contrattacco. Dove sono i laici? M.C.

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Accordo interpalestinese, Egitto stufo tentennamenti Hamas

Il governo del Cairo ha negoziato l'intesa

L'Egitto è stufo dei "tentennamenti" di Hamas di fronte alla firma dell'accordo di riconciliazione interpalestinese negoziato con il Cairo. Lo ha riportato il quotidiano governativo al-Ahram, che ha citato una fonte vicina alle autorità egiziane. "L'Egitto è rimasto sorpreso dai tentennamenti del governo di Hamas, che ha affermato di non poter venire al Cairo nella data prevista", ha dichiarato al quotidiano questa fonte ufficiale, sotto copertura di anonimato. L'Egitto ha annunciato due giorni fa il rinvio 'sine die' della firma prevista al Cairo il 26 ottobre, dopo altri due rinvii a causa di profondi contrasti tra le fazioni palestinesi. Il movimento al Fatah del presidente palestinese Abu Mazen ha annunciato giovedì scorso di aver consegnato ai mediatori egiziani l'accordo firmato, ma il via libera di Hamas resta ancora un'incognita. Un responsabile del movimento integralista islamico ha segnalato oggi che Hamas ha posticipato la partenza della sua delegazione incaricata di consegnare una risposta all'Egitto, motivandola con l'assenza al Cairo del principale negoziatore egiziano, l'influente capo dei servizi segreti Omar Suleiman. Quest'ultimo doveva però ritornare proprio oggi in Egitto, al termine di una missione in Europa dove ha accompagnato il presidente Hosni Mubarak. "Il rinvio della riconciliazione e il fatto che Hamas abbia istigato un'atmosfera di estrema tensione nei Territori palestinesi dimostra che Hamas manca di buona volontà e ha una sua agenda", ha ancora ritenuto l'ufficiale citato da al Ahram. I contrasti che riguardano il rapporto Goldstone sul conflitto di Gaza dello scorso inverno, invocate dal movimento integralista islamico, "valgono che Hamas sacrifichi una riconciliazione storica?", si è ancora interrogato l'ufficiale.

(Virgilio Notizie, 18 ottobre 2009)

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Gaza - Dall'Onu un bel regalo al terrorismo

di Fiamma Nirenstein

Una volta qualcuno ha detto che prima o poi l'Onu voterà a maggioranza che il mondo è quadrato, e che questa diventerà una inviolabile risoluzione. Il rovesciamento della realtà all'Onu succede continuamente, in realtà, dato che questa organizzazione e tutte le strutture che ne derivano come il Consiglio dei Diritti umani hanno una maggioranza automatica formata da Paesi islamici e Paesi cosiddetti non allineati antiamericani e antisraeliani che votano qualsiasi cosa venga deciso a priori dai loro interessi, ovvero dagli interessi di fatiscenti e nuove dittature, senza nessun riguardo per la verità e con una perversa interpretazione del tema dei diritti umani. Ed essi sono tanto più diritti e tanto più umani quanto più fanno comodo ai loro interessi.
Ma adesso siamo tutti a rischio. Il voto che due giorni fa ha promosso il rapporto del giudice Goldstone che descrive a modo suo la guerra di Gaza per 575 pagine è, anche se siamo abituati al peggio quando si tratta di Israele, un amaro pasto che ci rimangeremo per i prossimi anni a tutte le latitudini in cui si presenti un conflitto non convenzionale; una guerra, cioè, in cui non siano due eserciti a fronteggiarsi, ma un esercito da una parte e dall'altra milizie fanatizzate e terroriste che ritengono loro diritto e, anzi, loro dovere fare uso della popolazione civile per condurre la loro guerra. Immaginiamo per esempio che in queste ore l'esercito pakistano nella sua offensiva anti-Al Qaida e anti-talebana, indispensabile per evitare che le bombe atomiche (90) di quel Paese finiscano all'estremismo islamico, sia regolato da norme che proibiscono categoricamente di affrontare il nemico se per caso si nasconde dentro strutture a uso civile, case, moschee, scuole.
Immaginiamo che in Afghanistan sia impossibile, pena la condanna morale e anche penale, per gli Usa, l'Inghilterra, la Francia, l'Italia, creare dei posti di blocco, magari fitti, e circondare un territorio così da impedire che ne escano terroristi carichi di esplosivo. Immaginiamo che tutto questo sia definito una patente violazione dei diritti umani, una persecuzione «volontaria» della popolazione civile, proibita secondo la legge internazionale e quindi un reato da essere giudicato prima al Consiglio di Sicurezza e poi dal Tribunale internazionale dell'Aia, perché è questo l'iter che adesso dovrebbe compiere l'adozione della risoluzione di Goldstone, finendo per allineare sul banco degli imputati i militari israeliani.
Figuriamoci anche che queste decisioni debbano basarsi sulle bugie preferite delle organizzazioni che professionalmente sono impegnate a distruggere Israele e a farne il nemico pubblico numero uno: questi sono i testimoni scelti da Goldstone per costruire il suo rapporto. E quindi le realtà che vi sono descritte sono semplicemente balle: per esempio, i testimoni negano sempre la presenza di combattenti di Hamas in certe zone, per spiegare che Israele ha sparato sulla gente. Ma proprio là, il sito stesso di Hamas si vanta della bella battaglia ingaggiata dai suoi. Il rapporto nega l'uso delle ambulanze per trasportare armi, l'uso come trincee degli edifici dell'Onu e di case private, come riferito da molti testimoni, nega che tutto lo stato maggiore di Hamas si fosse acquartierato sotto un ospedale, ignora l'uso delle moschee come depositi d'armi... e ignora soprattutto, e questo interessa particolarmente al mondo libero, che la guerra sia stata una reazione a anni di persecuzioni terroristiche, a una decina di migliaia di missili.
Israele si sa, è il boccone più prelibato dell'Onu, quello cui è dedicato un terzo delle risoluzioni di condanna del consiglio di sicurezza mentre emeriti violatori seriali di diritti umani come Yemen, Libia, Iran, Cuba, Sudan, quasi tutti i Paesi arabi, la Cina, tutti quelli che costruiscono eserciti di bambini soldato (300mila), quelli che buttano i loro nemici giù dai tetti, come Hamas, se ne vanno in giro indisturbati.
Infine: nessuno venga più a dire che vuole la pace. Per stringere un accordo che cede territorio, Israele deve prendere rischi enormi in nome della sua gente, che, come hanno dimostrato i ritiri da Gaza e dal Libano, resta alla mercé dei missili del nemico. Se le si toglie il diritto a difendersi, come potrà farsi ancora più piccola a favore del nemico?

(il Giornale, 18 ottobre 2009)

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Shoah, corone d'alloro per ricordare la deportazione

Settimia Spizzichino
Furono oltre mille le persone rastrellate dai nazisti il 16 ottobre 1943 nel ghetto di Roma e deportate ad Auschwitz: ne tornarono 16, di cui un'unica donna, Settimia Spizzichino. Ieri mattina, in occasione del sessantaseiesimo anniversario della deportazione degli ebrei, le istituzioni locali hanno deposto corone d'alloro di fronte alla Sinagoga a lungotevere. Alla cerimonia era presente il presidente della Regione Lazio, Marrazzo, quello della Provincia, Zingaretti e il sindaco Alemanno oltre al rabbino capo e al presidente della comunità ebraica di Roma Riccardo Di Segni e Riccardo Pacifici. «È uno dei fatti più tragici avvenuti nella Roma contemporanea: questa deportazione è stata il segno più evidente di quello che è stato l'effetto delle leggi razziali e della Shoah - ha detto Alemanno -. Dobbiamo tenerlo presente per capire un fatto importante. La Shoah non riguarda soltanto gli ebrei e i tedeschi, ma anche gli italiani». Per Alemanno è una piccola minoranza che si macchia di atti di razzismo e spesso si tratta di emarginati.
«Dobbiamo cercare di fare in modo che i messaggi che veicoliamo in queste occasioni non siano retorici - ha sottolineato -. Per questo continuiamo i viaggi della memoria ad Auschwitz, per permettere agli studenti di rendersi conto di ciò che è avvenuto». «Siamo qui dopo tanti anni non per un atto dovuto alla comunità ebraica, ma per un atto dovuto a noi - ha commentato Zingaretti -. Per non dimenticare che quell'orrore nacque e fu prodotto da esseri umani. È accaduto e non è detto che non possa riaccadere e quindi siamo qui oggi per fare un appello ai ragazzi: difendetevi dall'odio, dalla violenza, dall'intolleranza perché uniti si è più forti». Il presidente del consiglio comunale Marco Pomarici ha deposto invece una corona al reparto ebraico del Verano: «Queste cose devono entrare nel bagaglio culturale dei nostri giovani, per questo l'11 novembre, col sindaco e il presidente Riccardo Pacifici visiteremo la scuola ebraica portando una delegazione di 60 alunni di altre scuole che aderiscono al progetto anti bullismo della presidenza del consiglio comunale».

(il Giornale, 17 ottobre 2009)

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Israele convoca un forum di giuristi contro il rapporto Goldstone

GERUSALEMME (17 ottobre) - Il premier Benyamin Netanyahu ha ordinato la formazione di un foro comprendente ministri, giuristi, diplomatici, membri del Mossad e esperti diversi col compito di analizzare le conseguenze dell'adozione del rapporto Goldstone da parte dell'Onu e di proporre contromisure.
Il premier, secondo la radio pubblica, ha detto che Israele agirà «per rendere illegittimi tutti gli organi che cercano di delegittimarlo». Israele, ha detto una fonte governativa, «reagirà a ogni colpo e risponderà a chi cerca di farci male». A questo fine lo stato ebraico intende anche avvalersi dell'aiuto di paesi amici e di giuristi stranieri di fama. «Sarà una dura battaglia - ha detto la fonte - ma noi andremo in ogni posto dove si svolgono attività contro Israele».
Il ministero degli Esteri ha intanto respinto con un duro comunicato l'adozione da parte dell'Onu «dell'unilaterale» e «ingiusto» rapporto Goldstone e ha chiesto a tutti gli «stati che hanno un senso di responsabilità» di fare lo stesso. Il voto del Consiglio, secondo il ministero, «incoraggia il terrorismo» e mina gli sforzi per arrivare a una pace general

(Il Messaggero, 17 ottobre 2009)

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'Computer al Dna'' che pensano logicamente

ROMA, 16 ott - Pensare in modo logico presto potrebbe non essere soltanto una prerogativa umana: sono stati realizzati dei ''computer biomolecolari'' composti da Dna in grado di pensare logicamente. E' quanto emerge dallo studio pubblicato su Nature Nanotechnology dai ricercatori del Weizmann Institute of Science di Rehovot, in Israele.
L'elaboratore e' in grado di tradurre le domande e le regole in rappresentazioni molecolari, di assemblarle in deduzioni logiche e di produrre il risultato appropriato: basta inserire una serie di informazioni - come ''Tutti gli uomini sono mortali'' e ''Socrate e' un uomo'' - per far si' che il computer realizzi un ragionamento perfettamente logico (consistente nella risposta corretta alla domanda ''Socrate e' mortale?''). In futuro, spiegano gli esperti, questa tecnologia potrebbe consentire di creare dei microdispositivi ''intelligenti'' in grado di localizzare eventuali patologie.

(ASCA, 17 ottobre 2009)

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L'Onu processa l'autodifesa d'Israele".

Richard Goldstone
Equivalenza morale fra Hamas e Israele, sottomissione ai crimini dell'islamismo in armi e liquidazione del diritto all'autodifesa della democrazia occidentale sotto assedio terroristico. Riguarda non soltanto Israele ma tutto l'occidente quest'idea per cui bisogna arrendersi di fronte al terrorismo sistematico che colpisce e usa i civili. Per questo i paesi occidentali dovrebbero costituire una catena di solidarietà attorno a Gerusalemme presso il Consiglio dell'Onu dei diritti umani, dove ieri è arrivato il rapporto Goldstone. Dovrebbero farlo perché sanno che Israele, la nazione più minacciata del mondo, è anche quella che compie i maggiori sforzi per evitare di colpire civili. I regimi dittatoriali che spadroneggiano nel Consiglio e le organizzazioni terroristiche sanno che nessuna incriminazione verrà mossa contro di loro, mentre sarà incriminato il paese che cerca di tutelare la moralità militare più di quanto il mondo abbia mai visto fare in condizioni analoghe. Oggi in Europa i politici israeliani rischiano l'arresto proprio sulla scia del rapporto Goldstone. Secondo quest'ultimo, Israele non ha più alcuna possibilità di difendersi militarmente dagli attacchi del terrorismo. Il rapporto dà luce verde a Hamas perché continui a uccidere i civili israeliani. Un collaboratore del primo ministro Netanyahu, usando parole di zolfo, lo ha chiamato "pogrom politico". E' putrida invece la meschinità che ha spinto Goldstone a dedicare appena due delle 452 pagine del rapporto alla cattività di Gilad Shalit.

(Il Foglio, 16 ottobre 2009)

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Italia-Israele, firmati 3 memorandum per collaborazione in ricerca

I Laboratori consentiranno a circa quindici ricercatori italiani di lavorare allo sviluppo di progetti congiunti in uno dei Paesi leader nel campo della Ricerca e Sviluppo e dell' alta tecnologia.

ROMA - Sono stati firmati alla Farnesina tre Memorandum di intesa per l'istituzione di altrettanti Laboratori Congiunti fra i maggiori Centri ed Agenzie di ricerca italiani e le più prestigiose università israeliane, nel quadro dell'Accordo di Collaborazione Scientifico-Tecnologica fra Italia e Israele, la cui dotazione finanziaria, grazie all' impulso del Ministro degli Esteri Frattini, è stata triplicata con una delibera parlamentare del giugno scorso, passando da 1 milione a 3 milioni di euro.
I tre Laboratori Congiunti, rende noto la Farnesina in una nota, verranno costituti fra ENEA e Università Ben Gurion del Negev su energie solari e rinnovabili; fra LENS (Laboratorio Europeo di Spettroscopia non lineare) di Firenze ed Istituto Weizmann sulla fisica degli atomi freddi, il cui ambito di applicazione è, fra l'altro, quello degli orologi atomici; fra Università di Tel Aviv e CNR sulle neuroscienze, nell' aspettativa di importanti progressi nella cura di malattie come l'Alzheimer e il Parkinson.
I Laboratori consentiranno a circa quindici ricercatori italiani di lavorare allo sviluppo di progetti congiunti in uno dei Paesi leader nel campo della Ricerca e Sviluppo e dell' alta tecnologia, alimentando la presenza di una comunità scientifica italiana presso università che vantano indiscusso prestigio al livello mondiale, come testimoniato, da ultimo, dal conferimento del Premio Nobel per la chimica ad una ricercatrice israeliana dell' Istituto Weizmann.
In tale contesto, l' Accordo con Israele, corroborato dall' apporto di risorse aggiuntive, ha consentito di approvare 17 nuovi progetti congiunti e di mettere in cantiere il Biennio italo-israeliano della Scienza e della Tecnologia 2010-2011, di cui si sono fatti promotori il Presidente Napolitano ed il Presidente israeliano Peres. Si tratta di un risultato significativo che fa guadagnare all'Italia la posizione di primo partner scientifico di Israele fra i Paesi europei, e di secondo in assoluto dopo gli Stati Uniti.

(IGN, 16 ottobre 2009)

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Gerusalemme - Ritrovata fortificazione che risale al XVII secolo a.C.

All'epoca in cui il villaggio era controllato dai cananei

Una parte della fortificazione riportata alla luce
GERUSALEMME, 16 ottobre 2009. È stato scoperto dagli archeologi a Gerusalemme un muro di 3.700 anni fa che costituisce il più antico esempio di fortificazioni massicce mai trovato nella città. La notizia del ritrovamento è stata data dalla Israel Antiquities Authority citata dal sito on line Israele.net. Il muro, alto circa 8 metri, si ritiene facesse parte di un passaggio protetto costruito dagli antichi cananei intorno al XVII secolo a.C., che conduceva da una fortezza in cima a una collina fino a una sorgente vicina, che era l'unica fonte d'acqua della città ed esposta ai predatori. È la prima volta che gli archeologi israeliani trovano una così massiccia costruzione risalente a prima dell'epoca di Erode, artefice duemila anni fa di numerosi progetti monumentali nella città.
La scoperta dimostra che la Gerusalemme della media età del bronzo aveva una forte popolazione capace di progetti edilizi complessi, spiega Ronny Reich, direttore dello scavo e professore di archeologia all'università di Haifa. Il muro risale al XVII secolo a.C., quando Gerusalemme era una piccola enclave fortificata controllata dai cananei, uno dei popoli che la Bibbia dice vivessero nel paese prima della conquista ebraica. Il regno ebraico, che si ritiene fosse governato da Gerusalemme dal re biblico David, viene solitamente fatto risalire ad almeno sette secoli più tardi. Una piccola sezione del muro venne scoperta per la prima volta nel 1909, ma gli archeologi hanno ora portato alla luce una porzione di oltre 25 metri e Reich ritiene che si estenda molto di più. Ma le restrizioni di budget legate alla crisi finanziaria mondiale, spiega Reich, hanno messo fine allo scavo, almeno per il momento. «Il muro è enorme e il fatto che sia sopravvissuto 3.700 anni rappresenta anche per noi un periodo molto», afferma Reich.
È notevole che una fortificazione di questo tipo non sia stata smantellata per successivi progetti edilizi, aggiunge. «Quando lo si guarda da vicino è impressionante», dice. Il muro ed altri reperti archeologici sul sito saranno presto aperti al pubblico, ha precisato la Israel Antiquities Authority. Le ricerche archeologiche sul sito noto come «Città di David», appena fuori le mura della Città Vecchia di Gerusalemme, sono ostacolate dalle dispute politiche per il controllo della città. Il sito archeologico, uno dei più ricchi in un paese ricchissimo di resti antichi, si trova infatti nel mezzo di un quartiere arabo di Gerusalemme est.

(Adnkronos, 16 ottobre 2009)

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Shoah. Alemanno - Zingaretti - Marrazzo ricordano deportazione

ROMA, 16 ott. - Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, il presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, quello della Provincia, Nicola Zingaretti ed i rappresentanti della Comunità ebraica di Roma hanno posto questa mattina sei corone d'alloro davanti alla Sinagoga di Roma per ricordare la deportazione degli ebrei della Capitale avvenuta il 16 ottobre 1943.
Sei le corone deposte, come detto, una ciascuna da parte di Comune, Provincia e Regione, una inviata dall'Ambasciata israeliana, una dal I Municipio ed un'ultima dalla stessa Comunità ebraica. Presenti alla cerimonia, oltre ai rappresentanti delle tre istituzioni, il rabbino capo ed il presidente della Comunità ebraica, rispettivamente Riccardo Di Segni e Riccardo Pacifici, il presidente del I Municipio, Orlando Corsetti, ed i confaloni di Anpi, Anfim, Associazione nazionale combattenti di guerra ed Associazione partigiani cristiani.

(Diregiovani, 16 ottobre 2009)

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16 ottobre 1943. La barbarie nazista nel ghetto ebraico di Roma
I tedeschi depredarono la Comunità ottenendo 50 chili d'oro, ma era un trucco. Volevano anche le vite di donne, vecchi e bambini. Il responsabile di quei fatti, Herbert Klapper, condannato all'ergastolo, nel 1977 riuscì a fuggire in Germania e a morire nel proprio letto.

ROMA - Era una giornata mite e la luce del sole non aveva ancora fatto capolino dai palazzi umbertini del Lungotevere. Le 5,30 a Roma; un sabato, il giorno del riposo, secondo la religione di Jahvè. La soldataglia tedesca penetrò nel ghetto addormentato per liquidarlo definitivamente.

(Dazebao, 16 ottobre 2009)

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Sull'esercito israeliano si allungano le mani dei religiosi

Viaggio nelle scuole che preparano la nuova generazione dei vertici militari

di R.A. Segre

GERUSALEMME - Se non c'è traffico, in 15 minuti si arriva da Gerusalemme al primo posto di blocco nella zona «C» della Cisgiordania controllata dall'Autorità palestinese. Gli israeliani viaggiano su strade di fresca costruzione che evitano i villaggi arabi. Il muro di separazione si trasforma in barriera di fili spinati. A destra, su colline che ricordano il Carso, gli insediamenti di Shilo e di Ofra, al di là della linea armistiziale dove gli arabi vorrebbero ricondurre Israele. Di fronte, su alture brulle, nuove costruzioni di due o tre piani sono l'indice dello sviluppo economico palestinese.
Ely è la meta del mio viaggio, un insediamento passato in 13 anni da 70 a 700 abitanti. Lo distingue il fatto di aver germogliato l'idea e creato il modello delle scuole pre e post militari, diventate la colonna portante un pionierismo religioso, militare e militante israeliano. Lior (quarantenne, fondatore di Ely, sei figli e un telefono che suona in continuazione) spiega nel suo ufficio il perché di queste scuole. Per mezzo secolo i giovani israeliani educati nei licei religiosi o appartenenti a famiglie tradizionaliste si sono trovati al momento di arruolarsi in mezzo a un fuoco incrociato. Da un lato il disprezzo paternalista di laici, socialisti, sionisti. Dall'altro l'ostilità dei rabbini e delle famiglie, convinte che il servizio militare facesse perdere la fede, dal momento che il 70% delle reclute religiose diventava «laica» dopo tre anni di leva. Relegati ai servizi per impreparazione fisica, questi giovani si sentivano vittime di un formalismo religioso sviluppato nei ghetti della diaspora, incapace di spiegar loro il senso di uno stato ebraico e il perché di difenderlo con le armi. I collegi pre e post militari hanno rivoluzionato la situazione. Con l'approvazione dell'esercito, interessato all'arruolamento di giovani più maturi e preparati alle fatiche militari, essi educano per 12 o 18 mesi (in giornate divise fra studio religioso e «laico» e allenamento fisico) una nuova generazione di leader che mira «a condizionare tutti i settori della società con l'esempio personale». Di queste scuole ve ne sono oggi 30. Alcune religiose, altre «miste» con studenti laici, una per i drusi che fanno servizio di leva, due per ragazze. Quella di Ely accoglie 250 studenti in due anni; li espone all'insegnamento religioso ma anche a quello laico con conferenze di storici, psicologi, sociologi, filosofi.
Il 50% dei giovani religiosi usciti da queste scuole diventano ufficiali; il 70% serve in unità di élite; il 25% continua nella carriera militare; l'1% abbandona la religione. Ogni 20 ragazzi c'è una «guida» - generalmente un giovane rabbino che ha fatto il servizio militare e studiato all'università e che li segue durante e dopo la smobilitazione. Per il momento il massimo grado raggiunto da ufficiali usciti da queste scuole è quello di tenente colonnello. Ma ci sono piloti e alti funzionari nell'amministrazione statale, nelle banche. Il 20% si dà all'insegnamento.
«Vogliamo diventare una élite, penetrare tutti i campi di attività di uno stato ebraico». Che mira a prendere un giorno il potere?, chiedo. «No, il nostro scopo è servire». Anche un governo che sviluppa una politica contraria alle vostre idee? «Certo. Lo abbiamo dimostrato con l'evacuazione di Gaza dove i nostri giovani hanno obbedito agli ordini del governo non dei rabbini». Cosa pensate dei coloni che sfidano il governo e picchiano i palestinesi?. «Sono dei pazzi estremisti. Nelle nostre scuole insegniamo moralità e convivenza».
Convivenza fra due stati? «No fra due popoli. Gli arabi posseggono territori immensi. Noi solo questa piccola terra che Dio ci ha dato». Come pensate di risolvere il problema demografico di una inevitabile maggioranza palestinese in uno Stato "grande" destinato a non essere né democratico né ebraico? Per Lior il pericolo demografico palestinese è illusorio. Col progresso economico che Israele deve favorire, la natalità araba in Israele scenderà mentre ci sono milioni di ebrei che come quelli russi - a cui nessuno credeva - arriveranno in Israele. Saranno spinti dall'antisemitismo, da una Europa che ha scambiato 6 milioni di ebrei assassinati e che formavano lo humus della sua cultura con 20 milioni di musulmani che dei valori occidentali non sanno cosa farsene. Israele resterà un piccolo paese a grande maggioranza ebraica. Ha dalla sua parte storia e giustizia. Occorre tener duro e dare tempo al tempo.
Penso al motto fiumano dannunziano: Hic manebimus optime. Sappiamo come è finito ma la storia non si ripete. In una sala di conferenze ascolto un avvocato, senza cappellino in testa, spiegare le teorie del negoziato davanti a una trentina di giovani. Fuori, operai arabi stanno costruendo la nuova "aula magna" dell'accademia post militare. Cammino in strade fra file di giovani alberi piene di bambini e donne che spingono carrozzini. Da una villetta escono le note della Nona di Beethoven.

(il Giornale, 16 ottobre 2009)

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In Israele nasce l'auto salva pedoni

Un sistema di telecamere e frenata automatica per evitare di investire passanti. Lo userà Volvo

dal corrispondente Francesco Battistini

GERUSALEMME - Parla come un navigatore: "Attenzione, pedone!". Lampeggia come una spia: gialla se l'ostacolo è ancora lontano, rossa se s'avvicina. Inchioda come un freno a mano: poche decine di centimetri di frenata, se la velocità è da città. L'Auto Intelligente non ha ancora un nome, però ha già un mercato. L'ha messa a punto un istituto d'elettronica applicata di Gerusalemme, Mobileye, e il brevetto è stato venduto agli svedesi della Volvo che lo monteranno fin dall'anno prossimo, sul nuovo modello S60. L'Auto Intelligente "vede" il pedone che attraversa a 35 metri di distanza, avverte l'automobilista con un segnale sonoro e, se alla guida c'è un distratto, provvede da sé: rallentando o frenando con decisione, a seconda della situazione.

COME FUNZIONA - Ci sono voluti cinque anni, per inventare la frenata automatica. Una microcamera collegata a un radar: insieme, utilizzano algoritmi che possono individuare qualsiasi forma vivente, esseri umani o animali, mentre attraversano la strada. L'Auto Intelligente, è sicuro Amnon Shashua, il docente d'informatica all'Università ebraica che ha guidato l'équipe di ricerca, "permetterà di salvare molte vite umane e diventerà presto, più che un optional, un irrinunciabile dotazione di qualsiasi vettura". Un problema sentito, se è vero che richieste d'informazioni sono arrivate anche da Stati Uniti, Giappone e Germania: "Abbiamo cominciato a studiarlo quando ci siamo accorti che le morti sulla strada erano diventate un dramma. Non è solo una questione d'indisciplina, d'abuso d'alcol o di droghe. L'aumento del traffico ha annullato il rispetto delle distanze di sicurezza un po' dappertutto, anche nei Paesi dove il codice stradale è più rispettato. Qui, è diventato quasi una piaga sociale".

GUIDA SPERICOLATA - In Israele non guidano male. Guidano malissimo. E non è vero che questo è un Paese che va sempre più a destra: fatevi in macchina l'autostrada Rabin, a qualunque ora, e vedrete che la grande passione di tutti è occupare la corsia di sorpasso, senza mollarla più. Poche strade al mondo sono più pericolose di quelle israeliane. Negli ultimi nove mesi sono morte 90 persone, investite da pirati o incapaci del volante. E si vendono poche moto, nonostante il clima caldo e la buona manutenzione dell'asfalto, perché la percentuale d'incidenti su due ruote è altissima. "Abbiamo sperimentato il sistema su decine d'automobilisti", spiega Shashua, "e le probabilità d'urto si sono ridotte". Quando la scoperta è stata presentata, qualcuno ha posto la domanda: frenare va bene, ma chi garantisce che dietro non ci tamponino? L'Auto Intelligente sa pensare anche a questo: la prima cosa che fa, mentre inquadra la sagoma sul percorso e calcola lo spazio, è guardarsi le spalle. Per decidere, in un istante, come graziare il pedone senza farsi ringraziare dal carrozziere.

(Corriere della Sera, 15 ottobre 2009)

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Accordo Hamas-Anp, acqua sul fuoco da Gaza

di Emanuele Giordana

GAZA - La firma sull'accordo mediato dall'Egitto che dovrebbe siglare la pace tra Hamas e l'Autorità nazionale palestinese (Anp) ancora non c'è. Anzi, da Damasco - dove risiede una parte della dirigenza del movimento islamista - viene l'indicazione di una linea dura mentre a Gaza City, la sede del governo, sembra prevalere la linea morbida. Questo almeno si evince da quanto ha detto oggi Hamad Jusuf, vice ministro degli Esteri di Hamas, in una breve conversazione a margine dell'incontro, avvenuto a Gaza nella sede del centro "Casa delle vedove" (che Hamas indica come un think thank aperto e indipendente) tra il viceministro e la delegazione dei "Quattrocento", la marcia Perugia-Assisi, trasferitasi in Israele e Palestina per una settimana e che oggi è riuscita a traghettare oltre il valico di Eretz 26 rappresentanti della società civile italiana. Hamad Jusuf parla poi anche del ruolo dell'Italia

- Ministro, Hamas firma o non firma l'accordo mediato dall'Egitto?
- Entrambe le parti sono impegnate per a riconciliazione nazionale e nessuna delle due intende boicottare una riconciliazione nazionale. Posso assicurare che stiamo facendo ogni sforzo possibile

- Questo significa che firmerete?
- Ci sono ancora delle cose da mettere a punto, dei dettagli, delle riserve da sciogliere sull'accordo ma si sta lavorando in quella direzione. Nessuno del resto può accettare che i palestinesi restino divisi e che non si compia una riconciliazione nazionale. Anche per il fatto che chi ne trae vantaggio è soltanto Israele. Inoltre anche la stessa comunità internazionale va in questa direzione

- Come valuta l'arrivo di questa delegazione italiana?
- Abbiamo piacere che le persone vengano a vedere con i loro occhi la nostra sofferenza e la condizione in cui viviamo dopo la guerra iniziata a fine dicembre 2008. Apprezziamo molto chi viene qui perché per farlo ci vuole coraggio e bisogna superare molte difficoltà

- Cosa pensa del ruolo dell'Italia?
- Proprio qualche giorno fa ho fatto da interprete al telefono tra il nostro primo ministro e il vostro ex premier, Romano Prodi che si trovava a Ramallah. Sappiamo che il vostro attuale premier, Silvio Berlusconi. ha una posizione filo israeliana ma noi sappiamo che anche lui vuole aiutare la Palestina. Sappiamo che l'Italia è sempre stata vicina alla sofferenza dei palestinesi

(Lettera 22, 15 ottobre 2009)

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Israele convoca ambasciatore turco: protesta contro tv "indegna"

ROMA, 15 ott - È ancora tensione tra i governi turco e israeliano dopo il no di Ankara alla partecipazione di Israele a una esercitazione Nato prevista domenica scorsa sui cieli turchi. Oggi il ministro israeliano degli Esteri, Avigdor Lieberman, ha convocato l'incaricato di affari turco in Israele per protestare contro una trasmissione della tv turca che ha dipinto i militari dello Stato ebraico, scrive il quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, "come assassini assetati di sangue". Secondo Lieberman il programma di prima serata "Ayrilik" dell'emittente Trt1 "è un serio atto di accusa sponsorizzato dallo Stato. Questo programma, che non ha l'ombra di alcun legame con la realtà - ha aggiunto Lieberman -, e che presenta i soldati delle Idf come assassini di bambini, non è degno di essere trasmesso negli Stati nemici, tantomeno in un Paese con piene relazioni diplomatiche con Israele". La serie tv è ambientata a Gaza durante "Piombo fuso", l'offensiva militare condotta da Israele nel dicembre scorso e in una delle scene descritte da Ynet ai propri lettori, "un soldato israeliano trascina una giovane palestinese in un angolo, lei gli sorride, ma lui le spara al petto e osserva il suo corpo insanguinato". E ancora, riferisce Ynet, la sigla di "Ayrilik" si apre con scene "scioccanti e mostruose di soldati israeliani che picchiano civili palestinesi mentre lo schermo si riempie di cadaveri".
Ynet riporta anche le parole di Jackie Angel, una rappresentante della comunità ebraica di Turchia che parla di una tendenza consolidata presso i media turchi: "Gli israeliani sono sempre i cattivi e i palestinesi i buoni: non c'è nulla di nuovo e durante 'Piombo fuso' la copertura mediatica era catastrofica dal punto di vista dell'imparzialità". Di tutt'altro avviso Saljuk Trubanulad, il produttore della serie tv al centro delle polemiche: "Lo show non è sui soldati israeliani, lo scriviamo anche in un disclaimer che appare all'inizio di ogni puntata". Anzi, spiega ancora ripreso dal Jerusalem Post, "tutto il nostro staff ama gli israeliani. La serie non è 'sui soldati' ma su un piccolo gruppo di questi, responsabile degli omicidi. Noi amiamo il popolo israeliano". Nella prima puntata, si vede un gruppo di soldati - "che non indossano le uniformi israeliane" sottolinea il produttore -, uccidere prima un neonato palestinese, poi una bambina per allineare, infine, un gruppo di adulti davanti a un plotone di esecuzione.




(il Velino, 15 ottobre 2009)

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Chiudiamo la Tv di Hamas, no all'odio estremista

In due interrogazioni a Commissione europea e Consiglio dell'Unione Europea, il vicepresidente della Commissione Esteri dell'Assemblea di Strasburgo Fiorello Provera ha chiesto alle istituzioni europee di intervenire per bloccare le trasmissioni di Al-Aqsa Tv sul satellite europeo EutelSat.
Il satellite francese EutelSat continua a trasmettere il canale televisivo Al-Aqsa Tv, nonostante il fatto che i suoi programmi violino la direttiva europea "Televisione senza frontiere". Secondo la normativa europea, infatti: "Gli Stati membri assicurano, con misure adeguate, che i servizi di media audiovisivi forniti dai fornitori di servizi di media soggetti alla loro giurisdizione non contengano alcun incitamento all'odio basato su razza, sesso, religione o nazionalità."
Al-Aqsa Tv è un canale satellitare gestito, finanziato e controllato da Hamas, che è inserita nella lista europea delle organizzazioni terroristiche. Attraverso Al-Aqsa Tv, Hamas continua a trasmettere programmi Tv che incitano all'odio antisemita e razziale ed alla radicalizzazione islamica non solo nel Medio - Oriente, ma anche in Europa. Una richiesta di fermare le trasmissioni di Al-Aqsa Tv è stata già avanzata dal Consiglio Superiore dei servizi audiovisivi francese (CSA), ma EutelSat continua a trasmettere la Tv satellitare di Hamas.
Sulla vicenda l'On. Provera ha dichiarato: "La mia richiesta non sostiene soltanto la normativa europea che vuole impedire la diffusione di incitamenti all'odio e all'estremismo, ma mi sembra particolarmente opportuna a pochi giorni dall'attentato di Milano. Al Aqsa Tv ha trasmesso programmi per bambini palestinesi che incitavano all'odio antisemita e all'uso della violenza: si preparano, così, i bambini alla guerra e non alla pace e alla tolleranza. Estremamente pericoloso è l'effetto di questo tipo di trasmissioni nel radicalizzare l'islam anche in Europa, con gravi conseguenze non solo per la sicurezza, ma anche per la convivenza pacifica tra diverse culture".
Su Youtube è disponibile il link ad una delle trasmissioni di Al-Aqsa Tv che incitano i bambini palestinesi all'odio antisemita.

(La Gazzetta di Sondrio, 15 ottobre 2009)

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La stampa francese: "A gennaio Israele attaccherà l'Iran"

Israele starebbe preparando un attacco alle installazioni nucleari iraniane da effettuare dopo il prossimo dicembre: è quanto riporta il settimanale francese Le Canard Enchainè. Secondo fonti francesi citate dal settimanale, le forze armate israeliane avrebbero ordinato da un fornitore d'Oltralpe razioni da combattimento per le proprie unità di elite e a tutti i riservisti attualmente all'estero sarebbe stato ordinato di fare rientro alle proprie unità entro dicembre....

(Tiscali Notizie, 15 ottobre 2009)

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Il giornale degli ebrei per i non ebrei

«Pagine Ebraiche», prima pubblicazione nazionale della comunità. «Interagire con la società italiana»

MILANO - Un giornale degli ebrei italiani per parlare con i non ebrei. Un mensile che nasce con lo scopo di rivolgersi a quanti stanno fuori dalla comunità ebraica italiana. E' lo scopo che avrà il mensile «Pagine ebraiche», primo giornale nazionale degli ebrei italiani, in uscita con il primo numero a fine ottobre.

DIALOGO - L'iniziativa, sostenuta dall'Ucei (Unione Comunità Ebraiche Italiane), affianca il portale web Moked.it, nato un anno fa, che riporterà anche online i contenuti del mensile. Ma non vuole sostituirsi alle pubblicazioni già attive in alcune delle comunità italiane. L'obbiettivo di «Pagine ebraiche» infatti è diverso. Guido Vitale, che dirige il mensile spiega all'agenzia Jta di voler costruire« una piazza, un agorà, dove gli ebrei italiani possono interagire tra loro e con la società italiana». Il mensile, stampato in 30mila copie, sarà distribuito in edicole selezionate delle principali città italiane. I l contenuto sarà un mix tra notizie d'attualità, temi culturali e storici. Sempre in una chiave di lettura rivolta verso in non ebrei. «Lo scopo è di parlare al mondo esterno, non alla comunità ebraica - dice Vitale -. Vogliamo aprire un dialogo con il mondo esterno».

(Corriere della Sera, 14 ottobre 2009)

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Latina, il 16 ottobre arriva il "Percorso dei Giusti"

ROMA, 14 ott - Il "Percorso dei Giusti", progetto quinquennale promosso dalla presidenza della Regione Lazio, in collaborazione con l'assessorato regionale all'Istruzione, si avvia verso l'ultima tappa. Dopo Frosinone, Viterbo, Rieti e Roma, è ora la volta di Latina. Le scuole pontine, infatti, raccoglieranno il testimone da quelle della Provincia di Roma, che hanno partecipato all'edizione 2008-2009 del progetto. Con la propria creatività ed i mezzi che riterranno più opportuni parteciperanno al concorso che porterà i vincitori in Israele. L'obiettivo della "Memoria del Bene patrimonio dell'umanità" è di condurre gli studenti delle scuole medie superiori di tutte le Province del Lazio lungo un tragitto storico e umano diretto a sensibilizzarli sulla capacità di riconoscimento dell'altro, al di là delle differenze culturali o etniche, partendo da un'analisi della Shoah all'interno del Novecento europeo. Gli studenti premiati visiteranno Gerusalemme e lo Yad Vashem (il Giardino dei Giusti) insieme al presidente della Regione Lazio ed all'assessore regionale all'Istruzione, accompagnati dai loro insegnanti e dalle autorità locali.
L'appuntamento per il "passaggio del testimone" da Roma a Latina è per il 16 ottobre alle ore 10.30 a Villa Piccolomini, in via Aurelia Antica n.164, giornata nella quale si commemora l'inizio delle deportazioni in Italia, che ha avuto luogo con il rastrellamento del quartiere ebraico di Roma il 16 ottobre 1943. Parteciperà una rappresentanza delle scuole della Provincia di Latina che hanno aderito al progetto ed interverranno, oltre al presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, e all'assessore all'Istruzione, Marco Di Stefano, i presidenti della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti, e della Provincia di Latina, Armando Cusani, nonché i rappresentanti della Comunità ebraica di Roma. Una rappresentanza degli studenti vincitori della precedente edizione, coordinata dalle attrici pedagoghe teatrali Francesca Gatto e Simonetta De Nichilo, metterà in scena una breve performance per richiamare l'attenzione sui genocidi e sui crimini contro l'umanità perché il grido di dolore delle vittime non venga mai dimenticato.

(il Velino, 14 ottobre 2009)

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In Inghilterra se si discute su Maometto si rischia il carcere

di Gianfranco Amato

Era iniziata come una tranquilla discussione a colazione tra marito e moglie sul rapporto tra Cristianesimo e Islam, sulla pretesa dei musulmani che Gesù sia soltanto un profeta minore, sulle donne e il burqa, e sul fatto che Maometto non disdegnasse la guerra come strumento di conversione. Tutto apparentemente consentito, finora, nel Regno Unito.
Il fatto è che i coniugi Ben e Sharon Vogelenzang gestiscono a Liverpool una struttura ricettiva, il Bounty House Hotel, e la mattina della delicata discussione, al loro dialogo - nel quale sono poi intervenuti alcuni clienti dell'hotel - ha assistito anche un'avventrice musulmana dell'hotel....

(l'Occidentale, 14 ottobre 2009)

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Rapporto Goldstone, gli Usa metteranno il veto alla risoluzione dell'Onu

GERUSALEMME, 14 ott. - L'ambasciatrice israeliana al Palazzo di Vetro, Gabriela Shalev, si dice certa che gli Stati Uniti metteranno il veto se il Consiglio di Sicurezza dell'Onu dovesse decidere di votare una risoluzione sul rapporto Goldstone, che accusa Israele di aver commesso crimini di guerra durante l'operazione militare "Piombo fuso" condotta lo scorso inverno nella Striscia di Gaza.
"Il segretario di Stato Hillary Clinton si è impegnato a che gli Stati Uniti oppongano il veto" in caso di voto su una risoluzione sul rapporto del giudice sudafricano Richard Goldstone, ha dichiarato Gabriela Shalev alla radio israeliana.
Il rapporto, che critica in particolare il comportamento di Israele, sarà discusso oggi al Consiglio di Sicurezza dell'Onu nell'ambito di un dibattito generale sulla situazione in Medio Oriente. Secondo fonti diplomatiche, i Paesi occidentali hanno rifiutato la convocazione di una riunione specifica sul rapporto Goldstone, giudicato "squilibrato" e "difettoso". Il documento sarà discusso in settimana anche al Consiglio dell'Onu per i diritti umani. (con fonte afp)

(Apcom, 14 ottobre 2009)

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La lunga retromarcia della Turchia: sempre meno Europa e più islam

di Fiamma Nirenstein

La Turchia continua a sconcertare. Di nuovo più che un'operazione politica sembra una grintosa presa di posizione, come tutte quelle del governo di Recep Tayyp Erdogan, il governo del partito islamista Akp, anzi un riposizionamento, la ricerca di un nuovo «brand» che mette in imbarazzo chi tiene per il suo ingresso in Europa: dopo aver portato alla cancellazione da parte americana e italiana delle esercitazioni «Aquila anatolica» perché il ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu aveva disdegnato di volare con gli F16 di Israele, ieri dieci ministri turchi (fra cui lo stesso Davutoglu) si sono spostati in massa a Damasco, con cui la Turchia era quasi in guerra negli anni 90, per partecipare al nuovo «Consiglio di cooperazione strategica» con la Siria....

(il Giornale, 14 ottobre 2009)

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Turchia, stampa: scontro con Israele su droni, non su Gaza

ROMA, 14 ott - La mancata consegna di droni di fabbricazione israeliana alle forze armate turche e non la solidarietà a Gaza sarebbero state alla base del no di Ankara alla partecipazione israeliana ad una esercitazione Nato prevista sui cieli turchi domenica scorsa. Secondo quanto riferisce oggi il quotidiano turco Zaman, che cita fonti della Difesa, l'irritazione del governo di Recep Tayyip Erdogan, il premier islamico moderato che nel passato ha criticato severamente l'operazione militare "Piombo fuso" condotta da Israele contro Gaza, è dovuta al ritardo nella consegna dei droni di cui Ankara ha bisogno nella propria lotta contro il terrorismo. Già ieri il quotidiano israeliano Haaretz citava fonti della Difesa israeliana che tendevano a minimizzare la tensione tra i due Paesi mediorientali. E d'altro canto la stessa Turchia aveva addotto ragioni "tecniche" per escludere Israele dall'esercitazione.
Il no turco alla partecipazione dei caccia dello Stato ebraico, ospite tradizionale di questo tipo di manovre dei Paesi dell'Alleanza atlantica, aveva provocato l'annullamento dell'esercitazione dopo il conseguente ritiro da parte degli Usa e di altri Paesi europei, Italia inclusa. Ed era stato annunciato poche ore prima di una missione a Damasco del ministro degli Esteri di Ankara, Ahmet Davutoglu, tornato ieri in patria con quattro accordi per il rafforzamento delle relazioni siro-turche. La tempistica ha fatto pensare a un ulteriore raffreddamento delle relazioni tra la Turchia e Israele. Raffreddamento prima stemperato dal ministro della Difesa Ehud Barak e poi riconosciuto dal vicepremier israeliano Silva Shalom che ieri invitava Ankara a un atteggiamento di maggiore collaborazione. Il tutto condito da una intervista alla tv turca da parte della leader di opposizione centrista israeliana Tzipi Livni che pregava i turchi di dimostrare comprensione per lo sforzo israeliano nella guerra al terrorismo.

(il Velino, 14 ottobre 2009)

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Qui Roma - 'La Memoria e l'immagine'

Il valore della fotografia nella memoria storica

"Il sentimento peggiore verso i responsabili dell'Olocausto deriva dal fatto che ci hanno costretto a raccontare non quello che siamo stati o ciò che abbiamo dato all'umanità, ma solo la memoria della Shoah. Gli ebrei sono identificati alternativamente come vittime o carnefici in Medio Oriente". Lo ha dichiarato il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici intervenendo alla presentazione nella sala Caduti di Nassirya di Palazzo Madama, sede del Senato, del progetto di documentazione sull'Olocausto realizzato dal liceo scientifico Keplero di Roma, 'La memoria e l'immagine. 16 ottobre 1943 così vicino così lontano' è il nome del progetto presentato a pochi giorni dall'anniversario della deportazione degli ebrei del ghetto di Roma da parte dei nazisti avvenuta il 16 ottobre 1943 che sarà portato in tutte le scuole di Roma e provincia. "Se il museo della Shoah dovesse servire solo per noi ebrei allora sarebbe meglio usare i soldi per altre cose, per aiutare l'Abruzzo o Messina. - Ha proseguito Pacifici- Noi vogliamo far capire che la Shoah non ha colpito solo gli ebrei, ma tutta l'umanità". "Il nazifascismo è stato un momento di follia irrazionale che ha colpito tanti uomini tanto da portarli ad essere nemici di altri esseri umani. Non soltanto nemici, ma applicare nei loro confronti dei gesti di tortura, dei gesti di violenza che vanno al di là di ogni ragionevole pensiero". Ha dichiarato poco dopo il presidente del Senato Renato Schifani. "Chi vi parla - ha sottolineato Schifani rivolgendosi in particolare agli studenti - è stato ad Auschwitz e lì ha lanciato un appello a tutti i giovani e a tutte le forze politiche. Ai giovani ho detto mi auguro che tutti i ragazzi che hanno la possibilità possano visitare questi luoghi per farne tesoro nella loro coscienza. Loro saranno la classe dirigente del domani e devono sapere quello che è stata la Shoah, quella che è stata la violenza in cui le coscienze di milioni di uomini erano impazzite". Alla presentazione della mostra anche il Presidente della Provincia Nicola Zingaretti, Paola Rita Stella, assessore alle Politiche della scuola della Provincia di Roma, la senatrice Silvana Amati e Piero Terracina, che ha rievocato i momenti della cattura della sua famiglia e l'orrore della deportazione e dei lager visti con i suoi occhi di bambino. "Il Museo della Shoah non dovrà essere un monumento ma un luogo vivo e vorremmo rendere i ragazzi di Roma protagonisti della sua costruzione con la loro creatività, affinché tutti sentano questa esperienza come un qualcosa di partecipato". Ha dichiarato Nicola Zingaretti. "Non si deve consegnare alla storia solo un racconto dei fatti - ha aggiunto il numero uno della Provincia - perché la memoria non è solo tramandare una data ma l'insieme di valori e di emozioni che questa suscita. L'immagine fotografica o filmata rompe la dimensione del racconto arrivando dove la parola, anche la più bella, non può".

(Notiziario Ucei, 14 ottobre 2009)

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Boom dell'economia palestinese. Prime avvisaglie di una nuova intifada

A settembre, in Israele, si è registrato un vertiginoso aumento degli attacchi contro civili e soldati dello Stato ebraico. Improvvise sassaiole, lanci di molotov su veicoli civili, accoltellamenti ed aggressioni di ogni genere hanno segnato questo mese: 95 attacchi contro i 53 di agosto in Cisgiordania mentre si registrano 17 lanci di razzi dalla striscia di Gaza contro i 2 del mese di agosto.
Quello che, però, più conta sono i ricorsi storici. Il dato è inconfutabilmente economico: i palestinesi hanno scatenato le precedenti intifade proprio quando il loro livello di vita raggiungeva i massimi livelli. È accaduto nel 1987, è accaduto nel 2000, potrebbe accadere di nuovo oggi.
Le similitudini sono inquietanti. Di nuovo, proprio come ventidue anni fa, l'economia palestinese sta completando un ciclo di straordinaria crescita economica soprattutto grazie alle enormi quantità di aiuti finanziari provenienti da tutto il mondo. Il miracolo economico in corso è evidente a Nablus, a Ramallah, a Jenin: nuovi negozi che aprono, caffè strapieni, la disoccupazione che cala vertiginosamente.
Nell'agosto del 2000 decine di migliaia di israeliani si riversavano nei negozi di mobili nei sobborghi di Qalqiliya, in Cisgiordania, mentre altri israeliani facevano lunghe code per salire sugli autobus che da Tel Aviv sud li portavano al casinò di Gerico. Stando ai dati forniti dal Fondo Monetario Internazionale, il reddito pro capite nelle aree dell'Autorità Palestinese negli anni 1995-2000 era cresciuto dell'8-10%. Eppure, proprio questa economia di pace preoccupa i più acuti analisti.
I palestinesi in pace con gli israeliani, ancor più se benestanti, non servono a nulla!
Non servono agli integralisti islamici, non servono ai regimi arabi circostanti, non servono ad Hamas, non servono ai terroristi. I palestinesi in pace non servono all'Iran. Un medio-oriente in pace non serve a tutti costoro che voglio distruggere Israele e nulla più.
I palestinesi, come sempre nella storia, si presteranno anche questa volta al folle gioco masochista sulla pelle degli israeliani.

(Abruzzo Liberale, 14 ottobre 2009)

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Un secolo due primavere 1848 - 1948

Alla Comunità Ebraica di Casale domenica si inaugura "Un secolo due primavere 1848 - 1948, gli ebrei piemontesi dall'emancipazione al ritorno alla vita"

La Sinagoga di Casale Monferrato
All'interno della Sinagoga di Casale Monferrato c'è un'unica iscrizione in Italiano:è la lapide che ricorda l'editto con cui Carlo Alberto dava agli ebrei gli stessi diritti di tutti i cittadini del regno. E' una ragione in più per considerare la mostra dedicata agli ebrei piemontesi che si apre domenica nella sala mostre della comunità di Casale, come uno straordinario punto di vista su una situazione storica unica al mondo. L'esposizione si intitola "Un secolo due primavere, gli ebrei piemontesi dall'emancipazione al ritorno alla vita e sarà inaugurata il 18 ottobre 2009 alle 16 con un intervento dell'avvocato Giulio Disegni.
Nei cento anni che vanno tra il 1848 e il 1948 c'è infatti la storia di due cadute e due rinascite dopo periodi difficili, la prima dopo che la restaurazione aveva abolito la prima emancipazione ottenuta sotto Napoleone, un fatto locale, ma significativo ed emblematico della situazione di molte comunità europee, la seconda è ritorno alla vita dopo che il fascismo e il nazismo avevano abolito lo stesso concetto di esistenza. Si narra il costruirsi delle condizioni democratiche e della riconquista della condizione di parità sancita a livello mondiale dalla costituzione dello Stato di Israele.
L'idea portante della mostra ideata dall'Archivio Ebraico Terracini di Torino però non è tanto quella di ricostruire nel suo insieme la storia degli ebrei piemontesi, quanto piuttosto di ricostruire il rapporto tra minoranza ebraica e la società in questi due momenti cruciali. Attraverso le storie anche si singoli individui o famiglie sarà un viaggio attraverso due forme di discriminazioni differenti che metterà di volta in volta a fuoco la situazione internazionale e quello del governo (di Torino e dell'Italia) tra ottocento e novecento.
Dal punto di vista pratico la mostra si compone di una ventina di pannelli ricchi di testi e fotografie e di una selezione di oggetti significativi che documentano ulteriormente il periodo storico.
Un secolo due primavere sarà poi aperta tutte le domeniche nella sala mostre della Comunità (vicolo Salomone Olper 44 dalle ore 10- 12,30 14,30 - 18. Gli altri giorni su prenotazione al 0142 71807. Ingresso Libero.

(Il Monferrato, 14 ottobre 2009)

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Rapporto Goldstone: l'Anp ottiene una sessione speciale del Consiglio Onu

Il Consiglio Onu per i diritti umani a Ginevra riporta in aula il documento che accusa Israele e Hamas di crimini di guerra. Incerto l'esito del voto per l'approvazione del rapporto che dovrebbe ottenere il parere favorevole di almeno 24 Paesi membri del Consiglio.

GINEVRA - Il Consiglio per i diritti umani dell'Onu ospiterà domani 15 ottobre una sessione speciale sul rapporto Goldstone, che accusa Israele ed Hamas di crimini di guerra e contro l'umanità durante la guerra di Gaza nell'inverso scorso.
La discussione avverrà nell'ambito di una riunione dedicata alla "situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati e a Gerusalemme est" ed è stata richiesta dall'Autorità nazionale palestinese (Anp). .
La richiesta dell'Anp a Ginevra è il frutto della marcia indietro del presidente palestinese Mahmoud Abbas. In un primo tempo favorevole al rinvio del voto a marzo, il leader del'Autorità è tornato sui suoi passi dopo le proteste della popolazione palestinese e le accuse di "tradimento" da parte di Hamas.
La sessione speciale per una nuova discussione del rapporto Goldstone ha il sostegno di 18 Paesi che hanno appoggiato la richiesta palestinese. Tra essi figurano Cina, Cuba, Egitto, Arabia Saudita, Indonesia e Pakistan. Se il rapporto passa a maggioranza, esso potrà essere presto discusso anche al Consiglio di sicurezza Onu, costringendo Israele ed Hamas a rispondere delle accuse di crimini di guerra. è necessario il voto favorevole della maggioranza dei 47 membri del Consiglio.
Secondo fonti palestinesi, il fronte dei Paesi contrari al rapporto, capeggiato da Israele e Stati Uniti, può contare tra gli altri sul voto di Russia, Cina, Gran Bretagna, Germania, Olanda, Brasile e Canada. Favorevoli al documento sono le nazioni arabe a cui si aggiungono Pakistan e Nigeria. Tra gli indecisi figurano Norvegia, Sud Africa, Francia e Svizzera, ma per l'Anp questi ultimi due Paesi, al momento della votazione, sceglieranno per il fronte del no.

(AsiaNews.it, 14 ottobre 2009)

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Olive in Palestina

Inizia la raccolta annuale

È cominciata in Palestina la raccolta annuale delle olive. Si tratta delle principale coltura praticata nell'area, con una rilevanza enorme tanto sul piano culturale che dal punto di vista economico.
La coltivazione dell'ulivo si estende sul 45% delle superfici coltivabili in Palestina e contribuisce, nelle annate migliori, a poco meno del 20% dell'intero prodotto agricolo.
Dipendono dal raccolto delle olive quasi 100.000 famiglie, che trasformano in olio quasi il 95% della produzione totale. È l'olio d'oliva, infatti, l'unico grasso alimentare utilizzato nella cucina tradizionale. L'intera produzione, infine, è assorbita dal mercato interno: solo nelle annate migliori - recentemente soltanto nel 2006 - una piccola quota del surplus è stata destinata all'esportazione.

(RaiNews24, 14 ottobre 2009)

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Damasco e Hamas più vicine ad Ankara, Israele irritata

ROMA, 13 ott - La Siria si è complimentata con la Turchia per avere escluso Israele da una esercitazione Nato in programma domenica scorsa sui cieli turchi, suscitando l'irritazione dei dirigenti israeliani. Il no di Ankara alla partecipazione dei caccia dello Stato ebraico, ospite tradizionale di questo tipo di manovre dei Paesi dell'Alleanza atlantica, ha provocato l'annullamento dell'esercitazione dopo il conseguente ritiro da parte degli Usa e di altri Paesi europei, Italia inclusa. Il sostegno di Damasco alla decisione turca è stato espresso nel giorno in cui i rispettivi ministri degli Esteri hanno firmato ad Aleppo una serie di accordi di cooperazione bilaterale, a cominciare dall'eliminazione dei visti per i viaggiatori dei due Paesi. Anche il gruppo islamico di Hamas, riferiscono fonti di agenzia internazionale, hanno applaudito il "no" turco auspicando azioni analoghe da parte di altri Paesi islamici e la rottura dei rapporti diplomatici esistenti tra alcuni di questi e Israele.
Di fronte alle nuove critiche espresse oggi dal primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan nei confronti di Israele, responsabile dell'offensiva militare "Piombo fuso" contro Gaza del dicembre scorso, il governo israeliano ha manifestato segni di nervosismo. Se lunedì il ministro della Difesa Ehud Barak aveva stemperato lunedì le polemiche definendo comunque "strategiche" le relazioni israelo-turche, oggi il vicepremier Silvan Shalom ha osservato che "il recente deterioramento delle relazioni è fuori posto". Rivolto ad Ankara Shalom ha dichiarato: "Spero che i turchi tornino in loro e capiscano che le relazioni tra i nostri due Paesi rispecchiano il loro interesse quanto rispecchiano il nostro". Intanto, intervistata dalla televisione turca, il capo dell'opposizione centrista ed ex ministro degli Esteri all'epoca di "Piombo fuso", Tzipi Livni, si è rivolta ai cittadini turchi pregandoli di dimostrare comprensione per lo sforzo israeliano nella guerra al terrorismo.

(il Velino, 13 ottobre 2009)

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Al Museo di Bologna una mostra sul contributo della cultura ebraica alla società italiana

"Prima di tutto desidero formulare gli auguri più calorosi per i primi dieci anni di vita del Museo Ebraico di Bologna e per il felice proseguimento delle sue attività". Così il Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna intervenendo all'inaugurazione di'Il Network prima di internet: personaggi e documenti visioni e suoni della modernità ebraica nel tempo', mostra evento che il Museo Ebraico di Bologna ha voluto raccontare in occasione del decimo anniversario della sua nascita e che rimarrà aperta fino al 6 gennaio 2010. Il progetto della Mostra ideato dal Coinsiglio della Fondazione Museo Ebraico di Bologna (MEB) e realizzato da Gabriella Castelli di Laboratorio delle Idee di Bologna con la supervisione di un comitato scientifico di cui fanno parte Annie Sacerdoti già consigliera dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e attualmente chair-culture and heritage ECJC (European Council of Jewish Communities), Giacomo Saban direttore de 'La Rassegna Mensile di Israel', il rav Giuseppe Laras presidente dell'Assemblea dei Rabbini d'Italia e Franco Bonilauri, direttore del Museo, prevede tre sezioni di sviluppo all'interno del Museo. Una prima sezione nella quale è collocata un'opera multimediale che racconta attraverso immagini e suoni alcune personalità ebraiche che, ciascuno nella propria area tematica (medici, imprenditori, impegno a favore della nazione, scienziati, scrittori)con la loro opera hanno lasciato un segno nella comunità non solo ebraica. La seconda sezione è dedicata alle Interviste impossibili, dialogo in chat fra un adolescente e i cinque testimoni (uno per ciascuna area tematica)per comprenderne la concreta modernità.
Infine la terza sezione accompagna le suggestioni multimediali con l'esposizione di volumi rari mai esposti prima: un nucleo di 13 libri antichi a stampa del XV e XVI secolo e un manoscritto, provenienti dalle più importanti biblioteche dell'Emilia Romagna.
"La mostra che oggi inauguriamo "Il network prima di Internet", è un'ulteriore prova della capacità dei responsabili del Museo di Bologna, di organizzare attività che si distinguono per la loro qualità e la loro modernità.- ha spiegato il Presidente Gattegna - In questa mostra, infatti, è molto apprezzabile il modo in cui, attraverso l'uso delle nuove tecnologie, si riesce a proporre al visitatore contenuti di alto valore culturale e sociale con un linguaggio moderno, semplice e immediato, prestando una particolare attenzione al mondo giovanile e, quindi, studentesco".

La mostra sarà aperta al pubblico da domenica a giovedi dalle 10 alle 18.
Il venerdi dalle 10 alle 16.
Chiuso il sabato.

(Notiziario Ucei, 13 ottobre 2009)

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Duro attacco di Abbas a Hamas: responsabile della guerra israeliana contro Gaza.

Questa mattina è andato in scena un duro attacco a Hamas da parte del presidente dell'Anp, Mahmoud Abbas, mandato in onda dalla tv satellitare al-Jazeera.
Abbas, che si trovava in visita alla città di Jenin, ha accusato il movimento islamico di "sfruttare" la questione del rinvio del voto del Consiglio per i diritti umani dell'Onu sul Rapporto Goldstone per "impedire un accordo sull'unità nazionale".
"Hamas sta usando pretesti - ha sottolineato il capo dell'Anp - per evitare accordi di riconciliazione, perché loro sono felici con il loro emirato di Gaza".
Ha poi chiesto a Hamas di accettare il ricorso a nuove elezioni: "Ritornate alle elezioni attraverso le quali avete ottenuto legittimità e scoprirete se vi sarà rinnovata. Sarò il primo a congratularsi con voi, se l'esito sarà positivo".
Inoltre, ha accusato i leader del movimento di essere fuggiti dentro ambulanze verso il Sinai, durante l'operazione israeliana Piombo Fuso, e li ha incolpati di aver "provocato" la guerra contro la Striscia di Gaza non accettando il cessate il fuoco e lanciando razzi Qassam.

(Infopal, 13 ottobre 2009)

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Svastica in costiera amalfitana, il professor Talamo risponde.

Ho letto l'articolo della giornalista australiana a proposito delle svastica che qualche cretino ha ritenuto opportuno disegnare sul muro di Maiori Atrani in costiera amalfitana , chissà con quale spirito, ammesso che chi si onora di disegnare quel simbolo ne abbia uno! Innanzitutto vorrei, da cittadino della costiera, tranquillizzare la giornalista: nella costiera non mi risulta che albergano e proliferano estremismi di alcun genere, tanto meno quelli nazisti. A tal proposito, voglio ricordare che dopo lo sbarco di Salerno, alcuni reparti tedeschi, in ritirata, scelsero la strada costiera. Al loro passaggio per Positano in costa d' Amalfi, precisamente alla Chiesa Nuova, furono fischiati sonoramente dai cittadini positanesi che incontrarono. Nessuno dei soldati osò reagire, eroicamente, sapevano che dovevano far poi i conti con le difficoltà della strada costiera!...

(Positanonews, 13 ottobre 2009)

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Nato: Marina militare israeliana inclusa nella task force anti terrorismo

TEL AVIV, 13 ott - Dopo due anni di contatti preparatori, la marina militare israeliana e' stata adesso inclusa in una 'task force' dalla Nato incaricata di presidiare il Mar Mediterraneo per la prevenzione del terrorismo. Lo riferisce oggi con grande evidenza il quotidiano Maariv secondo cui la conferma e' giunta alcuni giorni fa al comandante della marina militare, generale Eleizer Marom. Il giornale rileva che e' questa la prima volta che unita' israeliane vengono coinvolte in attivita' operative della Nato. Questo sviluppo, aggiunge il giornale, rappresenta un implicito riconoscimento delle capacita' operative raggiunte dalla marina militare israeliana. Maariv spiega che un lanciamissili israeliano sara' presto scelto per partecipare alle attivita' della 'Operation Active Endeavour', un iniziativa in funzione anti-terroristica avviata in seguito agli attacchi alle Torri gemelle di New York nel settembre 2001. Il comando della 'Operatione Active Endeavour' ha sede a Napoli. Fra i Paesi che vi prendono parte attiva figurano Italia, Grecia, Spagna e Turchia. Maariv nota che la inclusione di Israele nella 'Task force' e' ancora piu' significativa alla luce della recente decisione di Ankara di annullare, con una breve preavviso, una esercitazione aerea con Israele in segno di disapprovazione della operazione 'Piombo fuso' condotta a Gaza contro Hamas.

(ANSA, 13 ottobre 2009)

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Peres: Hezbollah fa del Libano una polveriera

ROMA, 13 ott - "Israele non minaccia il Libano, piuttosto è Hezbollah che lo sta trasformando in una polveriera". Questo il commento offerto oggetto dal presidente israeliano Shimon Peres riguardo alla potente esplosione che lunedì sera nel villaggio libanese di Tayr Filsi, sul fiume Litani, ha provocato il crollo di una palazzina di tre piani di proprietà di Hussein Haj Hassan, esponente di Hezbollah. Il gruppo sciita ha subito smentito che l'edificio fosse adibito a deposito di armi come invece sostenuto da Israele, che ha sollecitato le Nazioni Unite, tramite i caschi blu di Unifil, a indagare sulle ragioni dell'esplosione. In sostanza gli israeliani leggono nel caso di Tayr Filsi la replica di quanto successo a metà luglio a Khirbet Selm, sempre nel Libano meridionale. L'esplosione di un deposito di armi allarmò sia l'esercito libanese (Laf) sia Unifil che reagì con un tentativo di ispezione risoltosi poi in una sassaiola ai danni dei caschi blu che riportavano 14 feriti.
Allora Israele denunciò l'ammasso di munizione da parte della milizia sciita come di una "flagrante violazione della risoluzione 1701 dell'Onu". Parlando più in generale dei rapporti tra Israele e il Libano, Peres ha anche affermato: "Abbiamo restituito tutto quello che dovevamo resituire e non c'è motivo per non avere la pace tra di noi". Il capo di Stato ha anche osservato che il Paese dei cedri "potrebbe essere la Svizzera del Medio Oriente, ma Hamas lo sta mettendo in pericolo, così come fa Hamas con la questione palestinese". Il premio nobel per la Pace ha infine sollecitato il governo israeliano a rilanciare il negoziato di pace con Siria e Libano "così toglieremo all'Iran - ha affermato - il principale pretesto per la loro follia nei nostri riguardi e nei riguardi degli altri abitanti della regione".

(il Velino, 13 ottobre 2009)

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Israele, la Marcia di Gerusalemme

di Elena Lattes

Durante la Festività di Sukkot (chiamata in italiano la Festa delle Capanne), la scorsa settimana, si è tenuta una marcia a Gerusalemme organizzata dalla municipalità e da tante associazioni a cui hanno partecipato migliaia di persone.
Divisa in due percorsi, uno lungo di 12 kilometri e uno più corto di 5, ha attraversato la città, partendo da nord, passando per il monte Scopus, sede dell'Università ebraica costituita nel 1918, e poi girando a est della città vecchia, è arrivata a sud per poi terminare nella parte occidentale.
Una manifestazione popolare e molto sentita di solidarietà ad Israele e alla sua capitale che si tiene tutti gli anni da circa cinquanta, ogni volta con un percorso diverso (e che è andato accorciandosi nel tempo, 35 anni fa era lungo 25 kilometri), tanto che è stata definita come l'evento turistico più grande dell'anno.
Un'occasione, oltre che sportiva, anche culturale, vista la presenza di numerosi punti di informazione in cui volontari delle associazioni ambientaliste spiegavano la storia e la geografia specifica della zona. I luoghi attraversati, infatti, erano di grande interesse, come il Monte degli Ulivi, l'Orto dei Getsemani, la Città di David con i suoi scavi e reperti archeologici.
Alla fine del percorso, ad attendere i partecipanti vi erano spettacoli di vario genere e bancarelle. Le famiglie hanno potuto organizzarsi per un picnic o intrattenere i bambini con apposite attività. La giornata si è conclusa poi nel pomeriggio con una sfilata, che partiva dal giardino Sacher (il punto a ovest in cui terminava la marcia) dirigendosi verso il centro della citta' alla quale hanno partecipato moltissime delegazioni, sia di gruppi israeliani (lavoratori dell'El Al, della polizia, della compagnia telefonica, delle banche e tanti altri ancora), ma anche di moltissime delegazioni straniere che l'hanno resa folcloristica e variopinta.
Una manifestazione molto pacifica e festosa, in cui i gruppi presenti rappresentavano un po' tutte le religioni e provenienze, anche di Paesi molto lontani o che non hanno rapporti diretti con Israele, come l'Indonesia, lo Stato a popolazione musulmana più numerosa al mondo. Vi erano persone vestite nei loro abiti tradizionali, africani (Congo, Kenia, Angola, Ghana, ecc.), asiatici (indiani, cinesi, ecc.), americani (sia del nord, alcuni canadesi erano vestiti da rangers, sia del sud).
Così il sindaco, Nir Barkat: ha voluto salutare la manifestazione: "Cari partecipanti alla marcia, Gerusalemme, una delle città più affascinanti del mondo, è lieta di ospitare tutti coloro che giungono alle sue porte. La Marcia di Gerusalemme è da sempre polo di attrazione per le moltitudini di ebrei e per gli ospiti provenienti dall'estero che di fatto mettono in pratica il rituale del pellegrinaggio di Sukkot. Presente e passato, oriente ed occidente ed un affascinante mosaico umano vi accompagneranno nel vostro cammino ed io vi auguro una marcia piacevole."
Un evento importante, in un momento in cui da più parti si tenta di negare lo stretto rapporto che intercorre tra la città e le sue origini, città che si vorrebbe strappare alla sovranità israeliana (laica e multiculturale) nel tentativo di accontentare fondamentalisti di diverse religioni. Una manifestazione che rincuora anche tanti comuni cittadini che si sentono abbandonati dal mondo e soprattutto dalle Istituzioni internazionali (queste ultime troppo spesso inclini a piegarsi ai diktat delle organizzazioni più violente) e che non li fa sentire soli, perché, come dicono all'incirca nel mondo chassidico, anche una piccola luce può cacciar via un grande buio.

(Agenzia Radicale, 13 ottobre 2009)

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Israele ha ormai perso il suo ultimo alleato fra i paesi islamici

Alleato strategico di Israele, la Turchia è da tempo legata al governo di Tel Aviv da un accordo di collaborazione in ambito militare, ma a causa dell'offensiva israeliana nella Striscia di Gaza lo scorso dicembre, Ankara ha ora deciso di proibire la partecipazione dell'aviazione israeliana alle manovre che hanno luogo questa settimana nel suo spazio aereo.
In segno di solidarietà con Israele, gli Stati Uniti ed altre nazioni che fanno parte della Nato hanno disdetto la loro partecipazione alle manovre.
Per i responsabili israeliani, la decisione del governo turco è un campanello d'allarme. Sinora infatti, nonostante il malcontento che esprimeva per gli attacchi sferrati contro la Striscia, la Turchia era considerata un alleato strategico sicuro.
Per anni, i piloti israeliani hanno seguito la loro formazione nei cieli della Turchia, praticamente al di sopra delle frontiere con Iran e Siria, due paesi considerati fra i peggiori nemici di Israele.
Alcune di queste esercitazioni consistevano in simulazioni di attacchi contro sistemi di difesa antiaerei, come ad esempio quelli che proteggono le centrali nucleari iraniane.
Israele ha inoltre sempre venduto armi alla Turchia realizzando ottimi profitti e i servizi segreti dei due paesi si sono spesso scambiati informazioni.
Una relazione privilegiata che sta perdendo colpi. In questi ultimi mesi, il premier turco Erdogan aveva di molto inasprito i toni ma fintanto che non veniva presa di mira la collaborazione militare a Tel Aviv nessuno si preoccupava. Adesso invece c'è preoccupazione e Israele teme un radicale cambiamento strategico.
Dopo il raffreddamento delle relazioni diplomatiche con Egitto e Giordania, se perde anche l'appoggio della Turchia, oltre che perdere un'importante barriera contro la minaccia di un attacco nucleare in provenienza dall'Iran, Israele perderà l'ultimo alleato che può pensare di avere nella regione, venendo così a trovarsi in una posizione di pericoloso isolamento.

(TicinoLibero, 13 ottobre 2009)

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Netanyahu: "Per la pace, riconoscimento di Israle come Stato ebraico"

Il premier israeliano Benyamin Netanyahnu ha ribadito oggi che il riconoscimento di Israele come lo Stato del popolo ebraico da parte dei palestinesi è una condizione necessaria per arrivare alla pace. In un discorso di apertura della sessione invernale della Knesset, Netanyahu ha detto che i dirigenti palestinesi devono "dare prova di coraggio" e riconoscere che Israele è lo stato degli ebrei.
"Senza questo riconoscimento nessun accordo di pace sarà possibile", ha affermato il premier aggiungendo che Israele "non pone condizioni preliminari" per la ripresa dei negoziati di pace con la dirigenza palestinese e che a questo fine Israele sta operando assieme al presidente Usa Barak Obama.
Una soluzione del conflitto, ha detto, dovrà assicurare, oltre al riconoscimento di Israele come stato ebraico, una vera smilitarizzazione di uno stato palestinese e la soluzione della questione dei profughi palestinesi "al di fuori dei confini di Israele".
In apertura del discorso Netanyahu ha lanciato un duro attacco al rapporto Goldstone, che ha accusato Israele di crimini di guerra durante l'operazione Piombo Fuso a Gaza. Secondo Netanyahu è in atto contro Israele una campagna volta "a negare a Israele il diritto all'autodifesa". Un altro effetto del rapporto, ha sostenuto, sarà quello "di incoraggiare il terrorismo". "Noi non torneremo mai più a una situazione in cui non potremo difenderci e proteggere il nostro stato", ha proseguito Netanyahu.
Rintuzzare questa campagna, ha detto il premier, "sarà il primo obiettivo del governo" che non permetterà in nessun caso che i responsabili politici e militari israeliani di Piombo Fuso appaiano sul banco degli imputati davanti al tribunale internazionale dell' Aja. Sull'Iran Netanyahu ha ribadito la minaccia che il regime islamico al potere rappresenta per Israele e per la regione e ha detto che "la comunità internazionale deve far capire al regime iraniano che non gli permetterà di realizzare i suoi obiettivi" volti, ha insistito il premier, ad acquisire armi nucleari e di distruzione di massa.

(l'Occidentale, 13 ottobre 2009)

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Shoah: sabato marcia di Sant'Egidio per ricordare la deportazione a Roma

ROMA, 12 ott. - (Adnkronos) - Si svolgera' sabato 17 ottobre alle 18,30 a Roma la ''Marcia della memoria'' per ricordare la deportazione dal ghetto di Roma del 16 ottobre 1943. La manifestazione e' stata indetta come ogni anno dalla comunita' di Sant'Egidio e vi prenderanno parte don Matteo Zuppi, appartenente alla Comunita' di Sant'Egidio, Riccardo Di Segni, Rabbino Capo di Roma, Riccardo Pacifici, Presidente della Comunita' Ebraica di Roma, Gianni Alemanno, Sindaco della Capitale e Andrea Riccardi della Comunita' di Sant'Egidio.
Il percorso si snodera' da Santa Maria in Trastevere fino a Largo 16 ottobre 1943, accanto alla sinagoga. La marcia vuole ricordare gli oltre mille ebrei romani deportati nel campo di concentramento di Auschwitz. Solo un esiguo numero, 16 persone, tra cui una sola donna, tornarono alle loro case.

(Libero-news.it, 12 ottobre 2009)

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Zingaretti, iniziative della provincia di Roma per ricordare la deportazione degli ebrei

ROMA, 12 ott. - (Adnkronos) - "Come ogni anno vogliamo dedicare alcune occasioni di confronto e dibattito al tema della memoria, per tornare a riflettere e parlare di quanto e' avvenuto a Roma e nel nostro Paese con la deportazione degli ebrei. Il nostro obiettivo e' quello di coinvolgere sempre piu' le scuole e le nuove generazioni, per sensibilizzarle rispetto all'orrore di quel periodo storico, affinche' quel dolore non si ripeta mai piu'''. Lo dichiara in una nota il presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti, che domani mattina partecipera' al dibattito 'La memoria e l'immagine'.
Un'iniziativa organizzata, presso la Sala Nassirya del Senato, dall'assessorato alle Politiche Scolastiche della Provincia di Roma con l'Osservatorio della Fotografia, che ha coinvolto gli studenti del Liceo Scientifico Keplero di Roma in progetti di raccolta di documentazione sul tema della memoria. La Provincia di Roma ricorda la deportazione degli ebrei di Roma avvenuta il 16 ottobre 1943, con altri due appuntamenti.
Giovedi' 15 ottobre sara' presentata, a Palazzo Valentini, la pubblicazione 'Giuseppe Di Porto - la rivincita del bene - una testimonianza inedita di un sopravvissuto ad Auschwitz'. Nella stessa giornata, il presidente Zingaretti incontrera', presso il Teatro Sala Umberto, le ragazze e i ragazzi che hanno partecipato, lo scorso febbraio, al 'Viaggio della Memoria' organizzato dalla Provincia di Roma. Sara' proiettato il documentario '174517', realizzato mettendo insieme le immagini e i video raccolti dai 240 studenti delle scuole del territorio che hanno visitano il campo di sterminio di Auschwitz. Il presidente della Provincia di Roma, inoltre, sara' presente, venerdi' 16 ottobre, alla presentazione del libro 'Anni Spezzati' a Palazzo Valentini e alla consegna delle medaglie conferite dal presidente della Repubblica agli studenti che hanno partecipato al 'Percorso dei Giusti' organizzato dalla Regione Lazio.

(Libero-news.it, 12 ottobre 2009)

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Netanyahu: non consentiremo processi a soldati per Gaza

Israele ha il diritto di difendersi

Israele non permetterà che qualcuno dei suoi leader o dei suoi soldati possa essere mai processato per crimini di guerra. Parola di Benjamin Netanyahu. Il premier israeliano, in un discorso pronunciato in apertura della sessione invernale della Knesset, ha denunciato con parole molto dure i recenti rapporti delle Nazioni unite che accusano i soldati israeliani di crimini di guerra durante l'offensiva nella Striscia di Gaza all'inizio dell'anno. Israele "ha il diritto di difendersi" e non darà mai il suo accordo a che i soldati o i loro superiori possano essere giudicati per quanto accaduto durante un periodo di guerra, ha argomentato il leader della destra israeliana. A fine settembre, quando sono emerse le conclusioni del rapporto Onu, il premier non ha esitato a definirlo una farsa.

(Virgilio Notizie, 12 ottobre 2009)

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Ricerca: siglati accordi per laboratori congiunti Italia-Israele

ROMA, 12 ott - Sono stati firmati questa mattina alla Farnesina tre Memorandum of Understanding per l'istituzione di altrettanti Laboratori Congiunti fra i maggiori Centri ed Agenzie di ricerca italiani e le piu' prestigiose universita' israeliane, nel quadro dell'Accordo di Collaborazione Scientifico-Tecnologica fra Italia e Israele, la cui dotazione finanziaria, grazie all' impulso del Ministro degli Esteri Frattini, e' stata triplicata con una delibera parlamentare del giugno scorso, passando da 1 milione a 3 milioni di euro.
I tre Laboratori Congiunti verranno costituti fra ENEA e Universita' Ben Gurion del Negev su energie solari e rinnovabili; fra LENS (Laboratorio Europeo di Spettroscopia non lineare) di Firenze ed Istituto Weizmann sulla fisica degli atomi freddi, il cui ambito di applicazione e', fra l'altro, quello degli orologi atomici; fra Universita' di Tel Aviv e CNR sulle neuroscienze, nell'aspettativa di importanti progressi nella cura di malattie come l'Alzheimer e il Parkinson.

(ASCA, 12 ottobre 2009)

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Gaza: (finto) processo ad Abu Mazen

Nella Striscia di Gaza alcuni ufficiali della polizia di Hamas hanno organizzato un finto processo ad Abu Mazen.
Durante la rappresentazione teatrale, un attore palestinese ha indossato una maschera con il volto del presidente palestinese Mahmoud Abbas: è stato accompagnato dalle guardie nell'aula del finto processo, dove una ragazza ha svolto il ruolo di testimone.

(Panorama, 12 ottobre 2009)

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Turchia, crisi diplomatica con Israele

La Turchia ammette di aver escluso Israele da un'esercitazione Nato per i crimini commessi a Gaza

"La realtà è cambiata e i legami strategici che avevamo (con la Turchia) semplicemente sono finiti". Si è espresso così un ufficiale israeliano a cui è stato richiesto di commentare la crisi diplomatica scoppiata tra Israele e Turchia a seguito del rifiuto turco di coinvolgere l'aviazione israeliana in un'esercitazione Nato. L'esclusione di Israele era già nota dai giorni scorsi ma i motivi addotti erano stati di matrice tecnica. Il ministero degli Esteri turco ha invece ammesso oggi che le motivazioni sono politiche e in particolare si riferiscono all' operazione Piombo Fuso condotta da Israele a Gaza. Il presidente turco Tayyip Erdogan ha ripetutamente dichiarato che considera Israele responsabile di crimini di guerra e che il suo primo ministro Ehud Olmert dovrebbe essere processato.
Secondo alcuni analisti la Turchia è il paese più ostile Israele tra quelli con cui ha ancora relazioni diplomatiche. Questa situazione ha risvolti anche sui rapporti con la Siria, in quanto la Turchia aveva assunto il ruolo di mediatore tra Tel Aviv e Damasco.
L'esercitazione militare che ha scatenato il "casus belli" si svolgerà in una base in Anatolia e coinvolgerà truppe italiane, olandesi, statunitensi e turche.

(PeaceReporter, 12 ottobre 2009)

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Israele incontra gli Usa sul biofuel dalle acque reflue

Qteros e Applied CleanTech hanno concluso l'importante accordo per l'avvio della collaborazione che le vede produttrici del biocarburante di seconda generazione.

Grazie alla ricerca, che da anni la società Israeliana Applied CleanTech porta avanti, sullo sviluppo dei processi per la depurazione delle acque reflue, e grazie anche, alla professionalità del lavoro di Qteros e del gruppo di scienziati che l'ha resa meritevole per aver elaborato tecnologie per la trasformazione delle biomasse in etanolo cellulosico, Israele e Usa, rispettivamente i paesi di appartenenza delle due società, hanno firmato un importante accordo per la generazione di biocarburante detto di "seconda generazione".
Consentire la sicurezza energetica, la sostenibilità economico-ambientale, e garantire un'uguale distribuzione dell'energia in tutto il mondo, è ciò che Qteros, che ha sede nel Massachussets, si prefigge quotidianamente come scopo delle proprie ricerche.
Il team di lavoro della compagnia americana, ha stimato che è possibile produrre da 120 a 135 galloni di etanolo per ogni tonnellata di "Recyllose-sewage", il fango liquamoso ad alta concentrazione di cellulosa derivante dalla depurazione delle acque di spurgo delle aree urbane.
I protagonisti del concretizzato accordo, si sono detti soddisfatti di aver raggiunto un così importante proposito, affermando il loro primato nell'elaborazione di una "tecnologia commercialmente valida per la creazione di etanolo da scarti dei rifiuti liquidi urbani e agricoli".
Il progetto, finanziato in parte dal Binational Industrial Research and Development (BIRD), istituito da Stati Uniti e Israele, per sostenere investimenti in prodotti innovativi e all'avanguardia, influenzerà positivamente anche sul taglio dei costi relativi alla manutenzione degli impianti di depurazione, altrimenti molto costosa, e grazie anche al ricavato "aggiuntivo" ottenuto per l'appunto dalla vendita del biocarburante.
Questo nuovo tipo di generare energia contribuirà ad "aiutare i governi locali di tutto il mondo con i loro budget limitati",
ha affermato Jeff Hausthor, project manager di Qteros, che ha accolto con esito positivo la proposta del governo americano di voler aumentare dai 10 miliardi di galloni , stimati fino ad oggi per la quantità di etanolo prodotto, fino ad un massimo auspicabile di 36 miliardi entro il 2022.
Il combustibile ricavato dalle acque reflue, si dimostra così , come anche quello ricavato dagli scarti alimentari, essere una valida alternativa nella generazione di energia pulita. A differenza delle tecniche per la produzione del biocarburante tradizionale, che utilizza il mais, quello del Recyllose-sewage è però un tipo di trattamento che non lega a sè le polemiche circa il costo degli alimenti, quindi potenzialmente a minor impatto ambientale.

(Rinnovabili.it, 12 ottobre 2009)

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Camera: dal 15 al 23 ottobre la mostra “Giusti dell'Islam”

ROMA, 12 ott - La Camera dei Deputati ospita dal 15 al 23 ottobre nel Complesso di vicolo Valdina la mostra ''Giusti dell'Islam. Storie di musulmani che salvarono la vita ad alcuni ebrei nella persecuzione nazista'', promossa dalla Fondazione Pime onlus del Pontificio istituto missioni estere di Milano. E' quanto informa un comunicato.
L'esposizione sara' inaugurata mercoledi' 14 ottobre alle ore 17,00 presso lo stesso Complesso di vicolo Valdina. Sara' presente Antonio Mazzocchi, Questore della Camera dei deputati. Intervengono Giorgio Bernardelli, giornalista, curatore della mostra, Daniele Nahum, presidente dell'Unione dei giovani ebrei d'Italia, Khalid Chaouki, associazione islamica Minareti.it.
La mostra racconta le storie - straordinarie ma sconosciute - di musulmani che salvarono la vita ad ebrei durante la persecuzione nazista. Figure che per questo gesto di coraggio e umanita' sono state riconosciute anche dallo Yad Vashem, il memoriale della Shoah a Gerusalemme.
Realizzata con il sostegno della Regione Lombardia, la mostra e' nata a Milano in occasione della Giornata della memoria 2008. Da allora ha fatto tappa in scuole, biblioteche, centri culturali, parrocchie di molte regioni d'Italia, divenendo occasione concreta di dialogo tra ebrei, cristiani e musulmani. I testi della mostra sono di Giorgio Bernardelli, il progetto grafico di Bruno Maggi.

(ASCA, 12 ottobre 2009)

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Slitta l'accordo di riconciliazione tra Fatah e Hamas

ROMA, 12 ott - È ancora lontana la riconciliazione tra le fazioni palestinesi. Le tensioni riesplose tra Fatah e Hamas dopo il ritiro di una mozione al Consiglio dei diritti umani dell'Onu sul rapporto Goldstone - il documento, nel quale si accertano crimini di guerra da parte di Israele e del movimento islamico durante l'offensiva a Gaza a cavallo tra dicembre e gennaio - hanno fatto slittare la firma di un'intesa, prevista per il 25 ottobre. L'accordo avrebbe aperto la strada a una collaborazione per la ricostruzione della Striscia, duramente colpita dall'offensiva israeliana, e per la preparazione delle elezioni a metà del prossimo anno. "Quel che è peggio - ha commentato Mustafa Barghouti, parlamentare indipendente, ripreso dall'emittente araba al Jazeera - è che il rapporto Goldstone sarebbe dovuto essere un elemento in grado di unire tutti i palestinesi nel ritenere Israele responsabile dei suoi crimini. Quello che si vede invece è che tanto Fatah quanto Hamas l'hanno trasformata in una questione di politica interna. E questo non va bene".
Le divisioni tra le due fazioni sono andate accentuandosi sempre di più, dopo la rottura definitiva nel giugno del 2007, quando Hamas ha di fatto assunto il controllo della Striscia di Gaza. L'Egitto sta tentando una mediazione per ottenere la riconciliazione tra le diverse fazioni, considerata una premessa fondamentale per il rilancio del processo di pace in Medio Oriente. Ma la soluzione è ancora lontana. Khaled Meshal, leader politico di Hamas, da Damasco ha duramente attaccato la decisione presa dal presidente Abbas, definendola "uno scandalo". "Una leadership coraggiosa - ha osservato - è una leadership che è onesta con il suo popolo". Dichiarazioni che hanno provocato la reazione, altrettanto dura, di Abbas: "Questa campagna di Hamas è finalizzata a servire i suoi interessi, cioè rinviare la firma di un accordo di riconciliazione".

(il Velino, 12 ottobre 2009)

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Salita-Kahn, sfida santa sul ring

Uno sui pantaloncini ha cucita la stella di David, l'altro si ispira a Muhammad Ali. Il 5 dicembre si contenderanno la corona dei welter jr

Dmitriy Salita, dal suo punto di vista, ha ragione da vendere: «Vorrei che si parlasse di questo match solo come una sfida mondiale, importante solo sotto il profilo sportivo». Concetti chiari, solari. Del resto, lui ci ha impiegato oltre 8 anni di dura carriera, 31 combattimenti (30 vinti e uno pareggiato) e 176 round di presenza sul ring per incrociare la strada mondiale. Ora che è giunto al bivio - di qua il titolo, di là il ritorno all'anonimato - vorrebbe che si parlasse di lui, soprattutto in quanto pugile di vaglia, lasciando perdere il pur sapido contorno, un mix di scontate etichette e curiose suggestioni....

(La Stampa, 12 ottobre 2009)

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Fayyad, noi già costruiamo lo stato palestinese

Salam Fayyad
RAMALLAH, 11 ott. - Il governo palestinese del primo ministro Salam Fayyad "non aspettera' la fine del negoziato con Israele per costruire lo Stato della Palestina", ma sta gia' lavorando a una piattaforma che sara' attuata entro il 2011".
Lo ha detto il premier che a Ramallah questa sera ha incontrato una delegazione dei partecipanti alla marcia della pace: un'azione di diplomazia parallela tutta delle societa' civile italiana, sotto l'egida del Coordinamento degli Enti locali per la Pace, le Ong italiane e la Tavola della pace. "Tutti devono poter dire che i palestinesi hanno fatto la loro parte", ha detto Fayyad proprio quando l'azione diplomatica statunitense per riannodare il negoziato israelo-palestinese non ha fatto registrare alcun passo in avanti e la spaccatura tra i moderati di Fatah, che governano da Ramallah su una Cisgiordania sotto occupazione israeliana, e i radicali di Hamas che hanno preso la Striscia di Gaza, si e' confermata in tutta la sua drammaticita' ancora in queste ore con la notizia del rinvio a data da destinarsi dell'accordo di riconciliazione nazionale tra i due partiti politici. "Il nostro Paese deve essere riunificato", ha insistito il primo ministro, ma nel fa rattempo l'Autorita' nazionale deve dare un segnale forte ai palestinesi. "Abbiamo il diritto di lavorare per fare sviluppare a nostra terra e lo Stato della Palestina e lo faremo con determinazione", ha detto, "Dobbiamo arrivare preparati all'appuntamento e con uno Stato che funziona. E' questa la migliore risposta alle avversita' create dall'occupazione israeliana. L'Anp deve essere piu' efficiente, deve essere in grado di erogare servizi migliori in tutti i settori. Gia' esistono ambiti dell'amministrazione pubblica ad altissimo livello" Poi Fayyad ha rivolto l'ennesimo appello all'Unione europea a svolgere un ruolo politico piu' incisivo anche nei confronti degli israeliani che, ha detto, "continuano a violare il diritto internazionale ostinandosi a non voler congelare gli insediamenti sulla terra di Palestina". Anche i mediatori del 'Quarttto di Madrid' "devono chiedersi che cosa non funziona nell'azione della comunita' internazionale, visto che dagli accordi di Oslo sull'autonomia ai palestinesi, sedici anni fa, non si e' ancora arrivati alla soluzione del conflitto israelo-palestinese". Ma Fayyad riconosce che anche i palestinesi hanno fatto molti errori. "Abbiamo perso molto tempo. Invece dobbiamo agire subito nella politica e avere maggiore attenzione su cio' che accade sul territorio, sulle sofferenze e le difficolta' del nostro popolo", ha affermato, "Stiamo quindi lavorando a dare identita' allo Stato palestinese, perche' elemento centrale in tutti i settori, compreso quello della sicurezza".

(AGI, 12 ottobre 2009)

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Veto turco, rinviata esercitazione aerea con la Nato e Israele

Nell'operazione dovevano essere simulati combattimenti aerei ed attacchi di obiettivi a terra

TEL AVIV - Una esercitazione militare che doveva svolgersi in Turchia, con la partecipazione delle aviazioni di Israele, Usa, Italia e di altri Paesi della Nato, è stata rinviata con breve preavviso. La decisione, spiega la stampa israeliana, è dovuta ad un veto del governo di Ankara alla partecipazione degli aerei israeliani.

COMBATTIMENTI SIMULATI - A Gerusalemme questo sviluppo è stato accolto «con sorpresa». Il giornale Yediot Ahronot precisa che l'operazione «Anatolian Eagle» doveva iniziare lunedì nella base militare di Konya, a sud di Ankara. Fra l'altro dovevano essere simulati combattimenti aerei ed attacchi di obiettivi a terra. Yediot Ahronot aggiunge che la pressione dell'opinione pubblica turca, che è particolarmente ostile ad Israele alla luce dell'operazione «Piombo Fuso» a Gaza, ha infine prevalso, inducendo il governo turco a porre il veto alla partecipazione israeliana. «Le relazioni fra Ankara e Gerusalemme registrano così un nuovo minimo», conclude con amarezza il giornale israeliano.

(Corriere della Sera, 11 ottobre 2009)

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Gerusalemme, accessi alla spianata senza restrizioni di età

GERUSALEMME, 11 ott. - Segnali di ritorno alla normalita' a Gerusalemme. le autorita' israeliane hanno tolto le restrizioni imposte una settimana fa agli accessi alla spianata della moschea al Aqsa (o Monte del Tempio, per gli ebrei).
Da oggi pellegrinaggi e visite dei musulmani a quello che per loro e' il Nobile Santuario non saranno sottoposte a limiti di eta', una misura che domenica scorsa aveva creato tensioni.
A indispettire i giovani palestinesi era stata la visita di un gruppo di persone sulla spianata: ebrei estremisti secondo gli arabi, turisti francesi secondo la polizia israeliana. Le tensioni erano sfociate in scontri violenti, alimentati anche dalla provocazione della marcia ebraica del Sukkot che gli organizzatori hanno voluto far incamminare nella parte araba di Gerusalemme.

(AGI, 11 ottobre 2009)

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Iran, proteste per minacce ex vice-ministro Israele

L'ambasciatore dell'Iran alle Nazioni Unite Mohammad Khazai ha inoltrato una lettera di protesta al segretario generale Ban Ki-moon in cui si lamenta delle "continue minacce israeliane nei confronti di Teheran".
All'origine della nuova protesta, spiega il sito online Ynet del quotidiano Yediot Ahronot, vi è una frase attribuita la settimana scorsa dal settimanale britannico Sunday Times all'ex viceministro israeliano della difesa Efraim Sneh. "Se sanzioni molto severe non saranno imposte all'Iran entro Natale - ha detto Sneh - Israele colpirà... Se siamo lasciati soli, agiremo da soli".
Ex dirigente laburista, Sneh - un generale della riserva - guida un piccolo gruppo di opinione e oggi non riveste più incarichi ufficiali. In passato, da membro della Commissione parlamentare per gli affari esteri e la difesa, ha coordinato un lavoro di ricerca sul potenziale nucleare iraniano.
Nella sua lettera a Ban l'ambasciatore iraniano ha deprecato che da Israele giungano ripetutamente minacce nei confronti del suo Paese e ha assicurato che i programmi nucleari di Teheran hanno solo fini pacifici.

(swisscom, 11 ottobre 2009)

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Delegazione di Hamas al Cairo per un rinvio della firma degli accordi

Mussa Abu Marzuk
Una delegazione del movimento islamico palestinese Hamas, guidata dal numero due in esilio Mussa Abu Marzuk, ha incontrato oggi al Cairo il capo dei servizi segreti egiziani Omar Suleiman per formalizzare la richiesta di rinvio della firma degli accordi di riconciliazione interpalestinesi con al Fatah, previsti per il 26 ottobre. "Abbiamo chiesto ai responsabili egiziani - ha detto un esponente della delegazione Mohamed Nasr - il rinvio della data del 26 ottobre perché riteniamo che il clima non sia propizio (...) per le conseguenze negative della posizione dell'Anp sul rinvio del voto sul rapporto Goldstone" al Consiglio dell'Onu per i diritti umani.
Già qualche giorno fa Hamas aveva preannunciato la richiesta di rinvio della firma condizionandola a pubbliche scuse ai palestinesi da parte del presidente Abu Mazen (Mahmud Abbas) per l'assenso dato dall'Autorità nazionale palestinese (Anp) al rinvio all'Onu del voto sul rapporto Goldstone, che accusa anche Israele di crimini di guerra durante l'offensiva 'Piombo fuso', nella Striscia di Gaza lo scorso gennaio.
Questa sera ci sarà un altro incontro tra la delegazione di Hamas e il vice di Suleiman, il generale Mohamed Ibrahim.
Da parte egiziana si è appreso che il Cairo, che sta mediando tra i vari gruppi palestinesi e che ha già rinviato due volte la firma dell'accordo, sta cercando di convincere i dirigenti di Hamas a mantenere le date del 24-25-26 ottobre, tanto più che Abu Mazen (Mahmud Abbas) sta tentando di ottenere una riapertura del dibattito davanti al Consiglio dell'Onu per i diritti umani.

(ticinonews.ch, 10 ottobre 2009)

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Iran: nave tedesca carica di armi per il Medio Oriente fermata da Usa

BERLINO, 10 ott. - Due navi da guerra americane hanno bloccato la settimana scorsa nel golfo di Suez una nave container tedesca carica di armi di provenienza iraniana, destinate presumibilmente alla Siria o ai miliziani libanesi di Hezbollah. Lo rivela il settimanale 'Der Spiegel', secondo il quale i militari americani hanno scoperto sul cargo "Hansa India", lungo 243 metri ed appartenente all'armatore di Amburgo "Leonardt & Blumberg", sette container pieni di proiettili di kalashnikov calibro 7,65. In un altro container sono stati scoperti semilavorati utilizzabili per la produzione di proiettili. L'armatore tedesco ha spiegato che la nave e' stata da anni noleggiata alla societa' armatrice di stato "Islamic Republic of Iran Shipping". Il settimanale di Amburgo scrive che la vicenda sta occupando a Berlino diversi ministeri, mentre nei circoli diplomatici si parla di "una questione incresciosa". In seguito all'intervento del governo tedesco, gli americani hanno consentito che la "Hansa India" proseguisse la sua navigazione verso la prevista destinazione di Malta, dove funzionari hanno fatto sbarcare il carico.

(AGI, 10 ottobre 2009)

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Basket: Gerusalemme fa il bis, la Winner Cup è dell'Hapoel

Per il secondo anno consecutivo l'Hapoel Gerusalemme si aggiudica la Winner Cup battendo al termine di una finale piena di colpi di scena il Maccabi Tel Aviv, costretto così a restare a bocca asciutta proprio come 12 mesi fa.
Per Pini Gershon neanche questa è dunque la volta buona per mettere nella sua personale bacheca questo trofeo, l'unico che ancora non è mai riuscito a vincere durante la sua gloriosa carriera da head coach.

(Basket.net, 10 ottobre 2009)

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Scontri fra clan a Gaza, un morto

Cinque feriti nel rione di Sabra

Un morto e almeno cinque feriti: questo, secondo fonti ufficiose, è il primo bilancio di duri scontri a fuoco in corso da alcune ore a Sabra, un rione a sud di Gaza City. Gli incidenti, a quanto risulta, sono nati da una lite esplosa nel clan familiare dei Dughmush, uno dei più potenti ed armati di Gaza. In una seconda fase gli scontri si sono estesi quando reparti dei servizi di sicurezza, legati a Hamas, hanno cercato di riportare l'ordine.

(TGCOM.it, 10 ottobre 2009)

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Abbas ammette di aver mandato dei terroristi a uccidere israeliani




Il leader dell’AP Mahmoud Abbas ammette che l’Autorità Palestinese ha ordinato ai palestinesi la “resistenza”, eufemismo per dire terrorismo, contro Israele.

(TV Palestinese, 14 febbraio 2005)

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Lieberman: Pace ancora lontana

Il ministro israeliano non ritiene possibile a breve un accordo con i palestinesi

Il ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman ha detto di non ritenere possibile nel prossimo futuro un accordo di pace con i palestinesi, che risolva tutto il contenzioso, esortando al realismo. Intervistato dalla radio pubblica israeliana, Lieberman ha detto: ''Chi pensa che sia possibile arrivare nei prossimi anni a un accordo generale (con i palestinesi) tale da porre fine al conflitto, non comprende la realta', semina illusioni e ci trascina verso un conflitto''. Lieberman, che oggi a mezzogiorno ricevera' l'inviato Usa in Medio Oriente George Mitchell, ha poi affermato: ''Va detto chiaramente che ci sono conflitti che non sfociano in una soluzione generale, come nel caso di Cipro, con i quali la gente ha imparato a convivere''.
Piuttosto, secondo il ministro degli Esteri, ''bisogna cercare di arrivare ad accordi temporanei di lunga durata, rinviando al futuro le questioni piu' difficili'' come lo status politico permanente di Gerusalemme, il diritto al ritorno dei profughi palestinesi, la questione degli insediamenti ebraici nei Territori occupati. Lieberman ha poi detto che Israele ''deve imparare ad affrontare da solo i suoi numerosi problemi senza dover ogni volta chiedere l'aiuto degli Stati Uniti'', che anche loro hanno sul tavolo una vasta gamma di problemi, pero' su uno scacchiere mondiale.
Dal canto suo Re Abdallah II di Giordania ha affermato che la paralisi diplomatica nel processo di pace tra Israele e i palestinesi rischia ''di riportarci a tempi oscuri'' e che pertanto sbaglia chi in Israele pensa che sia possibile protrarre senza fine lo status quo attuale. In un'intervista al quotidiano Haaretz, di Tel Aviv, il re si e' chiesto se ''Israele stia diventando la fortezza Israele oppure parte del vicinato? Perche' se non vi sara' la soluzione di due stati (israeliano e palestinese), che futuro avremo tutti insieme?''.

(Il Denaro, 9 ottobre 2009)

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Gerusalemme, proteste arabe

GERUSALEMME - Grazie ad un imponente dispendio di forze e di mezzi, la polizia israeliana è riuscita a contenere le manifestazioni arabe indette oggi a Gerusalemme "in difesa della moschea di al-Aqsa", uno dei luoghi più sacri all'Islam. Al termine della giornata sono stati segnalati solo incidenti sporadici, alla periferia di Gerusalemme e in alcune località della Cisgiordania. Una donna israeliana, raggiunta da una sassaiola nella zona di Nablus (Cisgiordania), è rimasta ferita in modo grave. A Gerusalemme undici agenti di polizia e della guardia di frontiera sono rimasti feriti in scontri con dimostranti palestinesi.
Per tutta la settimana la polizia israeliana era stata costretta a mantenere a Gerusalemme un elevato stato di allerta dopo che il Movimento islamico in Israele aveva mobilitato i propri fedeli nel timore che "estremisti ebrei" cercassero di forzare l'ingresso nella Spianata delle Moschee di Gerusalemme in occasione del Sukkot, la festa ebraica dei Tabernacoli. Da più parti nel mondo arabo era stato annunciato che quella di oggi sarebbe stata una giornata di mobilitazione generale in difesa della moschea al-Aqsa. Di prima mattinata la polizia ha dunque schierato migliaia di agenti agli ingressi di Gerusalemme ed in particolar modo nella zona della Città Vecchia. L'ingresso alla Spianata delle Moschee è stato limitato ai soli musulmani di età superiore ai 50 anni, in possesso di documenti israeliani. In queste condizioni, le preghiere del venerdì si sono dunque svolte senza incidenti. Scontri fra dimostranti palestinesi e reparti della polizia sono stati invece segnalati in due quartieri periferici di Gerusalemme est: Ras el-Amud e Zur Baher. Altri incidenti sporadici sono avvenuti in Cisgiordania. Al termine della giornata il capo della polizia israeliana Dudi Cohen ha constatato che i suoi uomini erano riusciti comunque a tenere la situazione sotto controllo. A quanto pare dalla settimana prossima sarà possibile alla polizia allentare la pressione a Gerusalemme e consentire una graduale riapertura al pubblico della contesa Spianata delle Moschee.

(ANSA, 9 ottobre 2009)

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Israele, tensione a Gerusalemme. Hamas chiama a un 'giorno di rabbia'

E' previsto l'arrivo alla spianata delle moschee di migliaia di donne per ripetere le proteste di martedi - La polizia di Gerusalemme dichiara che la situazione è sotto controllo nella città e, soprattutto, nelle prossimità della spianata delle moschee. L'appello di Hamas a scatenare un "giorno di rabbia" contro la militarizzazione israeliana del luogo.Dopo giorni di tensione, infatti, Israele ha dispiegato un nutrito contingente di truppe nelle prossimità della spianata delle moschee e vi ha vietato l'accesso agli uomini sotto i 50 anni. Ci si aspetta dunque il ripetersi oggi dei pellegrinaggi di martedi, quando migliaia di donne provenienti dai villaggi arabi hanno invaso il sito.Il movimento islamico in Israele non accetta restrizioni di alcun tipo all'accesso dei musulmani alle moschee di Al-Aqsa e della Cupola d'Oro. Nonostante le recenti aperture del lider religioso israeliano Rabbi Yosef Sholom Elyashiv, che ha ricordato che secondo la legge ebraica l'accesso alla spianata è proibito agli ebrei, il movimento islamico tiene la linea dura. Il movimento Islamico ha risposto: "Non abbiamo bisogno della legge ebraica o di chiunque altro. Noi deriviamo la nostra legittimazione dal Corano e dalle parole del profeta".

(PeaceReporter, 9 ottobre 2009)

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Lo zoo non può permettersi le zebre. Così dipinge due asini di bianco e nero

Lo stratagemma del direttore del giardino zoologico di Gaza. Che si giustifica: tutta colpa dell'embargo

MILANO - Abituati a sopravvivere tra mille difficoltà i residenti della Striscia di Gaza non potendosi permettere una coppia di vere zebre per il loro mini-zoo hanno fatto di necessità virtù e hanno dipinto due asini.

CONFINI BLOCCATI - Il colpo di genio è opera di Nidal Barghouthi, figlio del proprietario del Marah Land Zoo costretto a fare i conti con un conflitto (l'offensiva israeliana «Piombo fuso») che lo scorso gennaio ha decimato gli animali. Non solo. Con un embargo che gli impedisce di importare nella Striscia di Gaza nuovi animali, per far passare attraverso i tunnel una sola zebra gli avevano chiesto 40.000 dollari. Secondo il quotidiano Yediot Ahronot, i gravi danni provocati quest'anno a Gaza dalla operazione «Piombo fuso» non hanno risparmiato il modesto zoo Zaitun, dove ormai restano in prevalenza cani e gatti e dove una delle attrazioni maggiori sono appunto «gli asini a strisce».
    
STRISCE BIANCONERE - Barghouthi a colpi di rasoio ha prima depilato i due asini e poi li ha dipinte a strisce bianconere. «Volevamo solo portare allegria e gioia ai bambini che sono venuti a visitare lo zoo durante la festa dell Eid al-Fitr» che segna la fine del Ramadan, ha spiegato il ragazzo.

«VE NE DIAMO NOI DUE VERE» - La notizia delle zebre contraffatte è arrivata però alle orecchie del sindaco di Ramat Gan, cittadina nei dintorni di Tel Aviv, in Israele, che ha invitato i responsabili del locale parco safariad un gesto di solidarietà animalesca, chiedendo loro di inviare al più presto al piccolo zoo di Gaza due zebre «autentiche». Non sono dunque rimasti insensibili alla notizia, riportata con enfasi dalla stampa israeliana, dei bambini palestinesi costretti per penuria di risorse ad ammirare solo animali «contraffatti». Ma la operazione potrebbe non essere semplice perchè dovrà essere approvata adesso non solo dalle autorità veterinarie, ma anche dal ministero della difesa, dall'esercito israeliano nonchè dai responsabili di Gaza: ossia dai dirigenti di Hamas.

(Corriere della Sera, 9 ottobre 2009)

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Iran: "Se attaccati, colpiremo Israele al cuore"

TEHERAN - Se attaccato dallo stato ebraico e dagli Stati Uniti, l'Iran reagirebbe "colpendo al cuore" Israele. Lo ha detto oggi un ufficiale dei Guardiani della Rivoluzione.
"Se anche un solo missile missile americano o dell'Entità Sionista colpisce il nostro Paese, prima ancora che la polvere si sia posata, i missili iraniani colpiranno Israele al cuore", ha scritto l'agenzia Irna citando Mojtaba Zolnour.
Zolnour è un vice-rappresentante del leader supremo Ayatollah Ali Khamenei all'interno della forza d'elite dei Guardiani.
Già in precedenza funzionari iraniani avevano detto che Teheran si sarebbe vendicata in caso di un attacco israeliano o americano.
All'inizio di quest'anno, un comandante di alto grado aveva detto che i missili iraniani possono raggiungere i siti nucleari israeliani.
Israele è ritenuto l'unico stato della regione dotato di armi atomiche e non ha mai escluso l'opzione del ricorso alla forza se gli sforzi diplomatici non dovessero portare ad una soluzione della questione del nucleare iraniano.
L'Occidente sospetta che il regime teocratico stia cercando di costruire armi atomiche, ipotesi smentita fermamente dall'Iran.
"Il regime Sionista e gli Usa non possono correre il rischio di attaccare l'Iran", ha detto Zolnour nella città santa degli Sciiti, Qom, citando i progressi iraniani nel campo della tecnologia militare .
Ai colloqui di Ginevra, il primo ottobre scorso, l'Iran aveva concesso ai Paesi del 5+1 (Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna più Germania) di garantire agli esperti delle Nazioni Unite l'accesso all'impianto per l'arricchimento dell'uranio, recentemente svelato, a sud di Teheran.
L'Iran e le potenze occidentali hanno descritto gli incontri come costruttivi e come un passo avanti.
Comunque, prima del vertice, la tensione era salita quando Teheran aveva effettuato dei test missilistici, lanciando testate capaci di colpire Israele e le basi americane nel Golfo.

(Reuters, 9 ottobre 2009)

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"Gheddafi ha origini ebraiche"

Secondo la televisione israeliana Canale 2 il leader libico sarebbe figlio di una donna ebrea

TEL AVIV - Il presidente libico Muammar Gheddafi, uno dei più tenaci avversari di Israele, potrebbe essere di origine ebraica. L'ipotesi - finora non supportata da documenti ufficiali - è stata avanzata dalla televisione commerciale israeliana Canale 2, sulla base dei ricordi di una anziana donna di origine libica.
Secondo la 77enne Rachel Tammam, Gheddafi sarebbe figlio di sua zia, Razale Tammam: una ebrea di Bengasi che a 18 anni aveva sposato un musulmano scontrandosi contro la volontà del padre (il commerciante Tammam Tammam) e di fatto tagliando i ponti con i tre fratelli e col resto della famiglia. «Ricordo ancora che Razale abitava a Bengasi nella via Generale Briccola» ha aggiunto Rachel Tammam.
Un'altra anziana ebrea di origine libica, Gita Buaron, ha aggiunto che anche dopo il matrimonio Razale «continuò a digiunare il giorno di Kippur». L'emittente ha aggiunto che voci su una presunta «discendenza ebraica» di Gheddafi sono state diffuse anche in passato, ma mai dimostrate in maniera convincente. La settimana scorsa un giornale britannico ha scritto che anche il presidente dell'Iran Mahmud Ahmadinejad sarebbe di discendenza ebraica. Ma la notizia non ha trovato conferma nè in Iran, nè fra gli ebrei di origine iraniana immigrati in Israele.

(La Stampa, 9 ottobre 2009)

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Noi e il Libro

di Yaakov Lattes

Nel giorno che noi ebrei festeggiamo il Libro, la festa della Torà, viene da chiedersi qual'è il posto del libro, più in generale, oggi nella nostra cultura e nel nostro mondo. State attenti, gli ebrei fanno festa non quando hanno ricevuto un aumento di stipendio, o hannocomprato una macchina nuova, ma quando hanno terminato di leggere e studiare un Libro, e si approntano a rileggerlo. Nell'era dell'internet, quante persone leggono un libro? Il libro è ancora il mezzo preferenziale di trasmissione della cultura ? Il famoso rabbino veneziano Leon da Modena diceva che dopo la sua morte, l'unico ricordo che rimarrà di lui saranno i libri che ha scritto, e pertanto si affrettava a scriverne quanti più possibile.

(Notiziario Ucei, 9 ottobre 2009)

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Rimini - Settimana della Pace in Palestina. Polemiche dal PdL

Alla vigilia della partenza per Gaza, arriva una nota del consigliere provinciale del PdL Marco Lombardi che mette in discussione l'opportunità della settimana di viaggio in Palestina.

La nota di Lombardi:

Sono perfettamente consapevole del fatto che a polemizzare su questioni particolarmente delicate quali la difficile situazione del medio oriente o su valori particolarmente sentiti, quali la pace e la tutela dei diritti umani, presti il fianco a facili strumentalizzazioni politiche.
Come Consigliere provinciale eletto dai cittadini riminesi ritengo però mio preciso dovere svolgere alcune considerazioni in merito alla missione in Palestina che la Provincia di Rimini si accinge ad effettuare senza per ciò solo essere additato come guerrafondaio o antipacifista.

Punto primo. Quanto costa il tutto ai cittadini riminesi? Sì perché saranno ovviamente loro a pagare. Poco o molto che sia saranno i cittadini stessi a valutare. Ma credo sia doveroso che sappiano quanto questa trasferta gli costi.

Punto secondo. In periodo come quello attuale, dove le risorse scarseggiano ed i bisogni dei cittadini aumentano, credo sia necessario avere delle priorità di investimento e credo che l'agenda politica degli amministratori locali debba prima guardare alle necessità del territorio e dei propri cittadini e quindi alle iniziative volte a consolidare principi e valori universali. Beninteso, non che queste ultime non siano importanti. E' semplicemente una questione di priorità e la Provincia di Rimini ha ben altri problemi, certamente più contingenti ed immediati, da affrontare e risolvere.

Punto terzo. Mi stupisce la doppia faccia dell'attuale Amministrazione provinciale: da un lato, e giustamente, professa una politica di risparmio tagliando gettoni di presenza, compensi, e partecipazioni esterne nelle commissioni; dall'altro manda due Assessori (non ne bastava uno?) in vacanza per una settimana in Palestina a fare cosa? A portare una bandiera!

Punto quarto. Ad accompagnare la delegazione provinciale ci saranno decine di ragazzi. Questi ovviamente, a differenza degli Assessori, parteciperanno a spese proprie e stando ad informazioni raccolte dai diretti interessati, dovrebbero spendere all'incirca una cifra che si aggira attorno ai 900 euro. Per gli Assessori invece, la cui trasferta sarà pagata da tutti noi, sembrerebbe necessaria una spesa pari a circa il triplo di quanto spendono i ragazzi. Va bene che paga pantalone: ma per quale motivo dove paga il pubblico si spende tre volte tanto rispetto a dove paga il privato?

Un ultima considerazione. Smettiamola di vendere fumo pensando che una piccola Provincia possa influire nella vicenda israelo-palestinese che vede impegnate da anni le maggiori potenze mondiali. Facciamo la nostra parte qui e spendiamo meglio i pochi fondi a disposizione.

(News Rimini, 9 ottobre 2009)

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Il Parlamento italiano e la Knesset uniti da un'intesa

Il Presidente della Knesset, Reuven Rivlin, a Roma in questi giorni per una visita ufficiale e il Presidente della Camera Gianfranco Fini hanno firmato il primo Protocollo di cooperazione fra la Camera dei deputati e il Parlamento di Gerusalemme, "ultimo anello, di una serie di importanti iniziative condotte dallo Stato Italiano con e per Israele", come osserva l'onorevole Fiamma Nirenstein, deputata alla Camera nelle fila del Pdl, che a questo accordo ha lavorato con costanza e determinazione per un anno e mezzo grazie anche alla collaborazione e all'opera compiuta da alcuni funzionari della Camera dei deputati e al'impegno di Sharon Nizza. "Quello che è importante rilevare - spiega la Nirenstein - è che questo protocollo di collaborazione è permanente e non decadrà con il concludersi della legislatura. E' la prima volta che un accordo di questo tipo viene concluso".
"Il Protocollo nasce dall'idea che la cooperazione tra Italia e Israele derivi dalla comune fede nei valori di libertà, democrazia e tolleranza, e stabilisce una serie di obiettivi congiunti tra i due Parlamenti, in cui sono stati istituiti due gruppi di collaborazione che dovranno incontrarsi periodicamente per attuare un concreto lavoro. I due gruppi si dedicheranno a un lavoro comune di progettazione e di studio, in ambito economico, amministrativo e formativo e in generale tutte le sfere che competono alla vita parlamentare," spiega ancora laparlamentare del Polo, che sottolinea come questo protocollo faccia riferimento alla politica parlamentare e non a quella dei governi.
Il gruppo italiano sarà composto oltre che dall'onorevole Nirenstein che lo presiederà, dai parlamentari Ferdinando Adornato, Massimo Polledri, Emanuele Fiano, Enrico Pianetta, Gianni Vernetti e Luca Barbareschi.
Nell'agenda di Rivlin, che nei giorni scorsi ha già incontrato il ministro degli Esteri Franco Frattini e il presidente del Senato Renato Schifani anche una visita all'Aquila per portare alla popolazione la solidarietà dello Stato d'Israele e ricordare le vittime del terremoto, tra cui uno studente israeliano. l.e.

(Notiziario Ucei, 7 ottobre 2009)

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Nobel per la chimica: Ada Yonath, l'israeliana che ha aperto la via ai nuovi antibiotici

La scienziata israeliana Ada Yonath
Ha 70 anni e lavora al Weizmann Institute di Rehovot, una piccola cittadina nei pressi di Tel Aviv. Oggi la biologa israeliana Ada Yonath ha ricevuto il premio Nobel per la Chimica, insieme all'americano e Thomas A. Steitz, e a Venkatraman Ramakrishnan, britannico di origine indiana. Il loro merito? "aver mappato i ribosomi - uno dei meccanismi cellulari più complessi - a livello di atomi", ha riferito la commissione dell'Accademia svedese. Che, tradotto, significa un importante passo avanti nello sviluppo di nuovi antibiotici, una speranza in più di combattere i patogeni che finora si sono dimostrati resistenti ai farmaci.
Nuovi e più potenti antibiotici verranno presto ottenuti dalla conoscenza dettagliata della struttura dei ribosomi, parti fondamentali delle cellule che servono per costruire le proteine", ha commentato Giuseppe Novelli, preside della Facoltà di Medicina dell'Università di Tor Vergata di Roma, all'Agi. Infatti, prosegue il docente: "La possibilità di produrre farmaci contro i ribosomi dei batteri ad esempio, permetterà di ottenere importanti risultati nella cura delle malattie infettive, ricostruendo e adattando la struttura dei ribosomi alle specifiche necessità antibatteriche".
Quanto alla dottoressa Yonath, beh, è al settimo cielo. "Sono così felice che non ci credo", ha detto ai giornalisti israeliani. "Già mi sembrava meraviglioso quando i nostri studi ci hanno dato i primi risultati… abbiamo ancora tante cosa da scoprire, ma abbiamo fatto dei grandi passi avanti".
Yonath è nata a Gerusalemme da una famiglia molto povera, è riuscita a studiare e a laurearsi presso l'Università Ebraica grazie alle borse di studio. E ben presto ha dimostrato di averle davvero meritate: ha ricevuto numerosi premi internazionali, incluso il prestigiosissimo Wolf, sempre per lo studio sulla struttura dei ribosomi, questa volta condiviso con il ceco George Feher. Nel 2002 aveva ricevuto, a livello nazionale, l'Israel Prize.
E' la quarta donna ad avere vinto il Nobel per la Chimica, la prima negli ultimi 35 anni. Ma non è certo la prima israeliana a ricevere questo tipo di riconoscimento. Solo cinque anni prima di lei avevano ricevuto il Nobel per la Chimica Avram Hershko e Aaron Ciechanover, del Politecnico di Haifa, premiati insieme all'americano Irwin Rose per avere scoperto il funzionamento della proteina "ubiquitina", considerata importantissima nella ricerca per la cura del cancro.

(Panorama, 7 ottobre 2009)

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Israele: il peso degli ultra-ortodossi nella società e nella politica israeliana

Gli ebrei ultra-ortodossi, gli Haredim (coloro che tremano davanti a Dio), costituiscono uno dei tanti aspetti della sfaccettata e complessa società israeliana. Gli Haredim in Israele sono circa 800.000 individui, una comunità nella società ma allo stesso tempo separata da essa, che risponde a logiche differenti. Seguono le regole dettate delle leggi sacre ebraiche, non prestano il servizio militare, studiano nelle scuole religiose più a lungo rispetto ai loro coetanei delle normali scuole laiche, ricevendo un sussidio dallo stato per poter adempiere ai propri studi religiosi. Diversi fattori sociali, politici ed economici accrescono il peso degli ultra-ortodossi nella definizione dell'identità dello Stato di Israele, tesa tra laicità e religione.
[...]
Gli Haredim costituiscono un importante gruppo di pressione nella società e nella politica israeliana. Sul versante economico gli ultra-ortodossi sono un gruppo forte e coeso capace di incidere sulle logiche di mercato. In politica, il grande peso che il sistema politico-istituzionale israeliano concede ai piccoli partiti, permette loro di acquisire potere di negoziazione sproporzionato e di scegliere di volta in volta l'alleanza col partito disposto a fare maggiori concessioni. Le istanze della società, sempre più secolarizzata, premono per l'introduzione di riforme che tolgano le competenze in materia di matrimoni, conversioni e divorzi all'autorità religiosa. Per contro i partiti religiosi premono affinché lo status quo non venga alterato. I cambiamenti nelle preferenze di voto indicano che gli haredim stanno spostando le proprie preferenze a destra dello schieramento partitico, adottando una posizione assimilabile a quella dei religiosi nazionalisti. Questa tendenza è confermata da un più attivo intervento degli Haredim nella società, che negli ultimi tempi sfociano anche in manifestazioni violente.
Il rischio è che la crescente importanza di questo gruppo di potere possa minare le basi della democraticità e laicità dello stato israeliano. A più di sessant'anni dalla sua nascita lo stato di Israele, ancora privo di una costituzione, rischia di non essere ugualmente rappresentativo di tutti i diversi gruppi sociali, in special modo la "minoranza araba" che ora costituisce un 20% ma che è destinata a crescere con tassi superiori di quelli della popolazione ebraica, nonostante l' alta natalità degli ultra-ortodossi.

(Equilibri.net, 7 ottobre 2009)

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Gaza, arriva Fatenah: primo film animato educativo palestinese

ROMA, 7 ott - Le precarie condizioni di vita a Gaza sono un tema ricorrente dei filmmaker palestinesi e di solito le pellicole trattano di attacchi e incursioni militari israeliane. Questa volta, invece, due cineasti hanno prodotto un film di animazione ispirato al caso di una giovane donna palestinese morta nel 2004 per un cancro al seno. La pellicola, il cui nome è "Fatenah", è ambientata in un campo profughi a Gaza ed "è ispirata alla lunga lotta di questa giovane contro il cancro - ha affermato alla Cnn il regista Ahmad Habash -, una problematica frequente nei Territori Palestinesi. Il film parla dei problemi che lei deve affrontare per sopravvivere e guardandolo in qualche modo ti senti coinvolto". Il film peraltro, è il primo commerciale di animazione palestinese mai prodotto. In dettaglio, si tratta della storia di Fatenah, del suo dolore e dell'umiliazione che prova nel lasciare Gaza a seguito del fatto che nella Striscia solo pochi dottori capiscono quale sia la sua malattia e cercano di aiutarla. All'inizio, infatti, un medico le dice che deve amputarsi i seni e un altro ipotizza che le sue condizioni di salute miglioreranno una volta che sarà sposata. Affinché il suo caso sia analizzato seriamente e le venga successivamente diagnosticato un cancro al seno ci vorranno sei mesi.
A quel punto Fatenah entra nel vortice della burocrazia israeliana e palestinese e riesce a ottenere il permesso di andarsi a curare all'estero solo quando ormai è troppo tardi. "La storia è ambientata nel campo profughi di Shata, che esiste veramente a Gaza - ha proseguito il regista -, ma rappresenta tutte le strutture presenti nella Striscia e Fatenah è il simbolo di tutte le donne cui potrebbe accadere ciò che ha dovuto subire". "Penso che l'animazione abbia un po' alleggerito la drammaticità del problema - ha riferito dal canto suo Saed Andoni, produttore esecutivo del film -. Il cancro al seno, le malattie, la morte e l'assedio a Gaza sono tutti temi molto forti. Mettendoli in stile animato abbiamo voluto dar loro una nuova dimensione e una nuova prospettiva". Lo scopo della pellicola, comunque, non è solo riportare una situazione drammatica ma anche educare sia le donne sia gli uomini della regione a poter affrontare questa problematica.
In diverse scene sono stati infranti dei tabù, come quello che nella società palestinese non si parla del corpo delle donne. A un certo punto si vede la protagonista a seno nudo durante un controllo per i noduli. Nessuno ha protestato, nonostante rappresentare - anche con disegni - il corpo nudo della donna sia strettamente vietato dall'Islam. Fatenah già dalle sue prime proiezioni si è dimostrato un successo, seppure tratti temi finora di secondo piano nella filmografia palestinese. Al termine di una proiezione a Ramallah, il pubblico si è commosso e molte donne si sono immedesimate nel dramma.

(il Velino, 7 ottobre 2009)




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Vietato portare le donne in moto

Prosegue senza sosta la campagna di 'moralizzazione' lanciata dal movimento di resistenza islamico Hamas nella Striscia di Gaza. Questa volta a finire nel mirino degli integralisti sono i motociclisti, ai quali da oggi è vietato portare donne in sella, una pratica ritenuta dai fondamentalisti offensiva nei confronti della morale islamica.

GAZA - Prosegue senza sosta la campagna di 'moralizzazione' lanciata dal movimento di resistenza islamico Hamas nella Striscia di Gaza. Questa volta a finire nel mirino degli integralisti sono i motociclisti, ai quali da oggi è vietato portare donne in sella, una pratica ritenuta dai fondamentalisti offensiva nei confronti della morale islamica.
Il provvedimento è stato reso noto attraverso il sito web del ministero dell'Interno di Hamas, che dal 2007 controlla Gaza. Da allora gli uomini del movimento estremista palestinese hanno imposto la loro rigida interpretazione dell'Islam che, come si legge sul sito del ministero dell'Interno, ha l'obiettivo di "preservare la sicurezza del cittadino e la stabilità delle tradizioni e dei costumi della società palestinese".
L'ultima campagna di Hamas ha riguardato l'obbligo per le avvocatesse di indossare il velo durante le udienze in tribunale. Il movimento di resistenza islamcio ha più volte insistito sul fatto che l'osservanza delle regole di condotta è volontaria, ma più volte ci sono stati episodi di persone picchiate per aver infranto queste direttive.

(RaiNews24, 7 ottobre 2009)

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Il Primo Ministro Israeliano, Benjamin Netanyahu, ha sbagliato alle Nazioni Unite

Paragonare i nemici ai nazisti è un vizio che non va sdoganato

di Yasha Reibman

Il Primo Ministro Israeliano, Benjamin Netanyahu, ha sbagliato l'altro giorno alle Nazioni Unite. Durante l'intervento all'Assemblea generale, Netanyahu ha richiamato più volte la memoria della Shoah.
Lo ha fatto con riferimenti personali alle vicende della propria famiglia, ma naturalmente anche in risposta alle farneticanti e criminali affermazioni del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Il leader degli ayatollah nuclearizzati, mentre impedisce tuttora le ispezioni ai siti atomici e prosegue la corsa all'arricchimento dell'uranio, all'Onu ha ancora una volta negato l'esistenza della Shoah. Questa affermazione non ha spinto la pavida delegazione europea a uscire dall'aula. I rappresentanti dei paesi che sessant'anni fa hanno sterminato gli ebrei europei e che ogni anno si riempiono la bocca di belle parole circa il dovere di ricordare, non hanno sentito l'urgenza di prendere le distanze in modo vistoso, perché le parole di Ahmadinejad non superavano la "linea rossa", e se ne sono rimasti sereni al proprio posto.
Ma Netanyahu ha a propria volta compiuto due errori. Il primo è aver mostrato le cartine di Auschwitz, come se vi fosse oggi la necessità di dover ancora dimostrarne l'esistenza storica. Ma soprattutto il primo ministro di Israele ha sbagliato quando ha paragonato Hamas ai nazisti. Il confronto potrebbe illuminare se Netanyahu si fosse concentrato sulla volontà di Hamas di distruggere Israele e buttare gli ebrei (scimmie e maiali) in mare. Il paragone non regge, invece, quando si basa sul confronto tra i bombardamenti nazisti di Londra e quelli di Sderot a colpi di missili kassam.
Il problema è sempre lo stesso. Il paragone con il nazismo aiuta a pensare? O non crea piuttosto solo confusione? E soprattutto, siccome non esiste un monopolio sulla possibilità di utilizzare la Shoah a sproposito, le parole di Netanyahu rischiano di contribuire a sdoganare un metodo che viene già purtroppo ampiamente utilizzato nella offensiva e fondamentalmente antisemita equiparazione tra nazisti e israeliani.

(Tempi.it, 7 ottobre 2009

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Il motore di ricerca islamico

E' disponibile dall'inizio dello scorso settembre un motore di ricerca esclusivamente pensato ed ideato per i navigatori mussulmani.
Si tratta di ImHalal il cui scopo, secondo il suo ideatore, l'iraniano-Kuwaitiano Reza Sardehaper, è quello di evitare che i credenti possano incappare, durante le loro ricerche in rete, in contenuti considerati immorali dalla Sharia.
E non a caso ImHalal vuol dire proprio "Sono un islamico corretto".
Pertanto se le ricerche dei credenti riguardassero il sesso o altri temi "scottanti", il motore di ricerca avverte immediatamente sulla pericolosità della ricerca, assegnando da 1 a 3 stelline di "pericolosità".
E ci si può davvero sbizzarrire nel vedere quanti filtri vengono messi alle ricerche. Su alcune di queste, come sesso, droga e alcool, non c'è da meravigliarsi, ma anche scoprire che "maialino" è una ricerca considerata pericolosa è sorprendente.
Di certo bisogna entrare nell'ottica culturale dei mussulmani e comprendere bene perchè alcune ricerche vengono considerate non consone.
Infatti l'idea è stata assai apprezzata nel mondo islamico: nelle prime due settimane di test, i contatti sono stati ben 500.000.

(Tuttotech, 6 ottobre 2009)

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Platini a Gerusalemme: Il calcio è pace, tolleranza e amicizia

Il presidente della Uefa incontra il presidente d'Israele Shimon Peres

Michel Platini è convinto che il calcio possa giocare un ruolo nel delicato processo di pacificazione in Medio Oriente. Il presidente della Uefa ha incontrato oggi a Gerusalemme il presidente d'Israele Shimon Peres ed i due hanno ricordato il loro impegno comune nel 2006 per mettere assieme in squadra israeliani e palestinesi in un match esibizione giocato a Siviglia (in Spagna). "Il calcio promuove pace, tolleranza ed amicizia", ha detto Platini.

(Virgilio Sport, 6 ottobre 2009)

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Oktoberfest in Palestina: birra, feste e bevute parlano anche arabo

Cisgiordania e Oktoberfest: un binomio che può suonare strano, ma solo perché non conoscono ancora Nadim Khury. Palestinese, creatore della prima etichetta di birra prodotta nei Territori occupati, Nadim è solito presentarsi come un "uomo con una missione: far svuotare boccali a tutti".
Per riuscire meglio nel proprio intento Nadim ha importato, oltre alla bevanda al luppolo, anche il tradizionale festival di cui la birra è protagonista assoluta, l'Oktoberfest.
In barba alle incertezze sul futuro di una terra che negli ultimi mesi ha proiettato qualche segnale incoraggiante in termini di crescita economica relativa, ma che continua a pensare a una dimensione di normalità e stabilità come a un sogno.
Da Monaco di Baviera a Taybeh: da una decina di anni l'Oktoberfest parla dunque anche arabo. Naturalmente si tratta di una versione in scala ridotta del famoso festival bavarese, celebrata in questo villaggio a maggioranza arabo-cristiana in concomitanza con l'originale e in un singolare mix di rigore filologico e atmosfera e sound locali.
Anche quest'anno, il Festival si è chiuso domenica con un notevole successo di presenze, facendo registrare un tasso di gradimento proporzionale a quello del consumo di birra, per due giorni cantanti di jodel in calzoncini verdi e bretelle, l'abito tradizionale del sud della Germania, si sono alternati sul palco con band come il 'Ramallah Orthodox Club', gli 'Zaman Arabic Gipsy Music'.
Tra gli intervenuti, decine di migliaia, non sono mancati molti israeliani. "Chiunque è il benvenuto - ha spiegato il patron della manifestazione - arabi, cristiani, ebrei, c'é posto per tutti". L'elemento unificante è uno solo: il desiderio di far festa, brindando a più non posso.

(Blitz quotidiano, 6 ottobre 2009)




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E adesso pure Israele ha il suo piano anti-tsunami

di Anna Momigliano

Ecco, ci mancava solo questa. Come se israeliani e palestinesi non avessero già abbastanza problemi, adesso salta fuori che il Paese è pure a rischio Tsunami. O, per lo meno, ne è convinta una commissione governativa che da cinque anni sta lavorando su un piano anti-terremoto. "Ma come?", viene spontaneo chiedersi. "Nel bel mezzo del Mediterraneo?"
Tanto per cominciare: facciamoci le corna, anzi has vehalillà!, come si dice da quelle parti.
Detto questo, procediamo per gradi. Cinque anni fa lo tsunami che colpì una buona parte dell'Asia meridionale fu un campanello d'allarme per molti: potrebbe capitare ancora. I tristi eventi di Sumatra ne sono ahimé una conferma.
Così, come molte altre, anche le autorità israeliane si sono rimboccate le maniche - non solo per fornire aiuti alle popolazioni colpite dal disastro, ma anche per capire se esiste un rischio concreto che un evento di questo tipo (has vehalillà!, si diceva) possa manifestarsi sulle coste di Israele. Di conseguenza è stata formata una commissione governativa, che lavora in stretto contatto con l'Israel Oceanographic and Limnological Research Institute.
Ieri un membro di questa commissione, Dov Rosen (che lavora anche per le Nazioni Unite) , ha dichiarato al quotidiano Haaretz che secondo le loro previsioni un terremoto dovrebbe colpire Israele nei prossimi 50 anni. Presumibilmente devono preoccuparsi anche i palestinesi, visto che i cataclismi non hanno preconcetti ideologici. Quel che è peggio, prosegue Rosen, è che esiste pure una "possibilità ragionevole" che uno tsunami avvenga durante questo periodo.
Pare infatti che gli tsunami non siano eventi così rari nel Mediterraneo: il più recente risale a due anni fa al largo delle coste algerine, ma non ha fatto gravissimi danni, mentre ben peggiore fu quello del 1908 nei pressi della Sicilia. Degli "tsunami mediterranei", circa la metà sarebbe originata da un terremoto nei pressi del Mar Morto, cioè il lago salato tra Israele e la Giordania.
Risultato? Adesso si sta lavorando per mettere a punto un sistema di monitoraggio che (si spera) dovrebbe permettere di notare le eventuali anomalie in anticipo e contenere i danni. Speriamo serva a qualcosa.
Nel frattempo, inviterei i lettori di questo blog a non allarmarsi troppo: tanto per cominciare, i media spesso utilizzano toni troppo allarmisti per questo genere di cose (quelli israeliani non fanno eccezione), eppoi tanto il panico non serve a niente. Anzi, già che ci siamo, proviamo a guardare il lato positivo: forse questa storia dell'allarme tsunami convincerà Israele e i suoi vicini arabi a lavorare insieme, per una volta. Chissà.

(Panorama, 6 ottobre 2009)

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Libano, telefona in Israele per avere informazioni sul caso Arad: arrestata

ROMA, 6 ott - Una donna libanese è stata arrestata per aver cercato di contattare una fondazione israeliana alla ricerca di informazioni sulla sorte di Ron Arad, l'aviatore israeliano catturato nel territorio libanese nel 1986 e del quale si sono perse le tracce. Ne dà notizia il quotidiano panarabo edito a Londra al-Hayat ripreso dai media israeliani. Secondo quanto riportato, Rhada El-Akili dovrà affrontare un tribunale militare dopo aver tentato di chiamare per cinque volte dal suo cellulare un'utenza israeliana. La legge libanese vieta ogni contatto con Israele. Negli scorsi mesi il sito israeliano www.10million.org, finanziato dal governo dello Stato d'Israele, invitava i libanesi a fornire informazioni valide su Arad, offrendo in cambio 10 milioni di dollari. All'iniziativa aveva risposto lo scorso giugno l'esercito libanese (Laf) chiedendo ai propri concittadini di non rispondere né al sito web né alle telefonate che ciclicamente giungono da Israele sulle utenze dei cellulari nazionali.
Sabato scorso le stesse Laf hanno definito le richieste degli israeliani "una violazione della sovranità" nazionale e le eventuali risposte un atto "di collaborazione" con il nemico. Dichiarazioni seguite dall'arresto di Rhada El-Akili. L'interesse sulla sorte di Arad si è riacceso nell'agosto del 2008, quando Israele consegnò al Libano cinque terroristi in cambio delle spoglie di due militari rapiti da Hezbollah due anni prima. Poche settimane fa un rapporto dell'intelligence militare israeliana ha consegnato al governo un rapporto nel quale si afferma che Arad rimase in vita per almeno nove anni dopo la sua cattura nel 1986.

(il Velino, 6 ottobre 2009)

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Hamas impedisce ai miliziani di lanciare razzi contro Israele

Il governo di Hamas che controlla la Striscia di Gaza ha proibito alle varie fazioni palestinesi di lanciare razzi dal proprio territorio contro Israele. Secondo il giornale arabo, i capi di Hamas intendono far rispettare la tregua con Israele per evitare nuove offensive militari, in modo da permettere alla popolazione di riprendersi dopo l'ultima guerra a Gaza.
L'accordo tra il movimento palestinese e Israele prevedeva la liberazione di 20 prigioniere palestinesi in cambio di un filmato di Gilad Shalit. Hamas ha infatti fornito al mediatore tedesco un filmato di 60 secondi del caporale israeliano catturato nel giugno 2006. "Si tratta solo dell'inizio di una trattative molto più grande" aveva detto il portavoce del braccio armato di Hamas, Abu Obeida.
"Nelle ultime 48 ore la sicurezza che fa capo al governo di Gaza ha arrestato due miliziani che volevano lanciare razzi contro Israele. Sono stati rilasciati dopo un lungo interrogatorio", riferisce una fonte della polizia di Hamas al giornale arabo al-Sharq al-Awsat.
Si tratta di militanti di nuove formazioni armate molto piccole che intendevano lanciare razzi per rispondere a quanto sta avvenendo in questi giorni a Gerusalemme. "Hamas ha inoltre sequestrato i razzi pronti al lancio verso Israele - prosegue la fonte - fermando anche grosse fazioni palestinesi come la Jihad Islamica". Per questo le altre fazioni palestinesi di Gaza accusano Hamas "di voler fermare la resistenza, permettendo il lancio di razzi solo quando fa comodo al suo gruppo dirigente".

(l'Occidentale, 6 ottobre 2009)

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Gerusalemme, citta' presidiata

La polizia israeliana schierata per prevenire disordini

GERUSALEMME, 6 ott - Migliaia di agenti della polizia israeliana sono dislocati a Gerusalemme est e nella Citta' Vecchia per prevenire nuovi incidenti.
Ad accrescere la tensione la marcia popolare organizzata oggi in occasione della Festa ebraica dei Tabernacoli, che dovrebbe attraversare il rione palestinese di Silwan, alle pendici della Citta' Vecchia.Per prevenire disordini la polizia israeliana ha vietato ai turisti stranieri e agli ebrei l'ingresso nella spianata della Moschee.

(ANSA, 6 ottobre 2009)

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"Gli ebrei? Mai stati a Gerusalemme". Israele ora teme i negazionisti arabi

di Fiamma Nirenstein

Quando ieri mattina è risuonata sulla spianata del Muro del Pianto la benedizione dei Cohen che hanno levato alto il talled bianco e nero sopra le teste e gli occhi del popolo di Gerusalemme riuniti per la Festa dei Tabernacoli, Sukkot, Gerusalemme ha finalmente preso un lungo respiro dopo giorni di tensione.
Da poco più di dieci giorni, ovvero dalla festa di Kippur, tutta la zona est della città vecchia e dei quartieri arabi moderni che confinano con le sue mura, verso il Monte degli Ulivi, sotto la parte orientale della Spianata del Tempio, o Spianata delle Moschee, è stata tutta un lancio di pietre, di copertoni bruciati, fino all'attacco col pugnale di un giovane poliziotto. Le cariche della polizia contro gruppi di giovani si sono ripetute, con parecchi feriti sia fra loro che fra i poliziotti. Il fuoco religioso islamico di Gerusalemme è divampato di nuovo, le organizzazioni estremiste hanno chiamato a raccolta. Primo si era mosso il movimento politico islamista dello sceicco Ra'ed Tzalah: da settimane, fiancheggiate poi da tutti i gruppi palestinesi, avevano cominciato a mulinare il pericolo della distruzione delle Moschee, di una occupazione della Spianata: lo sceicco Azzam al Khatib, responsabile dell'ente che sovrintende ai siti islamici aveva detto che gli ebrei minacciavano un'azione di massa, poi via via molti altri esponenti islamici si sono uniti al coro. Così un gruppo di turisti francesi (cristiani) è stato preso a sassate, e Salam Fayyad, primo ministro dell'Autonomia Palestinese ha seguito la corrente del consenso ammonendo di una possibile «perdita di controllo» delle Moschee.
Quella che era un'emergenza di sicurezza si è fatta politica internazionale, e mentre il ministro degli Esteri giordano chiamava a rapporto l'ambasciatore israeliano e l'ineffabile Svezia esprimeva a Israele tutte le sue preoccupazioni filo islamiche, si ammucchiavano quei mucchi di grossi sassi che la polizia ha trovato pronti a volare dall'alto sulla folla al Muro del Pianto, se i facinorosi avessero potuto entrare. Le organizzazioni palestinesi hanno tutte protestato perché l'ingresso a Al Aqsa è stato limitato per qualche ora alle persone sopra i cinquant'anni, ma il capo della polizia nega che ci sia qualsivoglia intento di disturbare la libertà di culto: «Il problema è la volontà di creare scontri, come quelli che nacquero nell'ottobre 2000, l'inizio dell'Intifada». La guerra ideologica per il Monte del Tempio è fatale, ma non da sempre: moltissimi testi classici musulmani spiegano, come del resto sanno tutti gli archeologi, che le moschee sorgono sulle rovine del Tempio ebraico, meraviglioso e immenso, distrutto nel 70 dopo Cristo da Tito. Quando nel 67 Israele conquistò la Città Vecchia subito consegnò la spianata all'Waqf che l'ha gestita autonomamente; lo status quo è lo stesso dal '67, nulla è mai stato toccato; salvo delimitate brevi visite mattutine e la sorveglianza al Muro del Pianto, tutto è nelle mani del mufti palestinese. Lo status quo però è stato attaccato alle radici da un'invenzione ideologica fantastica di Arafat, che al nono giorno del summit di Camp David del 2002 disse a Clinton che gli ebrei non erano mai stati a Gerusalemme, mai vi avevano costruito il loro santuario, che tutto là era sempre stato mussulmano. Clinton gli rispose durissimamente, dicendogli «Come cristiano sono convinto del contrario» e aggiungendo che se avesse ripetuto quelle menzogne avrebbe interrotto i colloqui. Era nata però una forma di negazionismo che alcuni definiscono peggiore di quella della Shoah, perché non solo nega ogni evidenza storica e le testimonianze di testi insospettabili, dalla Bibbia a Flavio Giuseppe, la getta discredito su duemila anni di identità tutta fondata nel rapporto con Gerusalemme, appunto dalla conclusione della guerra giudaica istoriata, quasi fotografata nel momento in cui gli ebrei sfilano con la lampada del Tempio nel trionfo dell'imperatore, sull'arco di Tito. Dal nuovo negazionismo di Arafat, tutti i suoi uomini, compreso Abu Mazen, hanno innestato una propaganda spietata contro l'esistenza dello Stato ebraico basata sul rifiuto del rapporto fra gli ebrei e Gerusalemme. Accendere una luce incandescente e negazionista su Gerusalemme è garanzia di consenso estremista e di emozioni capaci di scardinare ogni progetto di colloquio.

(il Giornale, 6 ottobre 2009)

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Israele, mille denunce dall'estero bloccano viaggi dei politici

Moshe Ya'alon
ROMA, 5 ott - Il governo israeliano è "largamente preparato" ad affrontare il fenomeno, tuttavia la situazione dopo la pubblicazione del rapporto Goldstone delle Nazioni Unite "è intollerabile". Lo scrive il quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth riportando le parole di "un alto funzionario del governo" a commento della recente decisione del vicepremier Moshe Ya'alon di non recarsi a Londra il prossimo mese per non rischiare di essere arrestato o di alimentare la propaganda anti-israeliana. Quello delle difficoltà che numerosi esponenti dell'establishment politico e militare israeliano hanno a recarsi all'estero è un problema sempre più diffuso. Ed è gestito, a livello di consulenza legale, ricorda il giornale, solo da tre uomini: "Il procuratore generale dello Stato Menachem Mazuz, il suo numero due Danny Taub e l'avvocato Adi Scheiman". Tre uomini chiamati a consigliare numerosi alti papaveri su non meno di mille denunce per crimini di guerra che pendono sul capo, tra gli altri, dell'ex premier Ehud Olmert, dei deputati Shaul Mofaz, Avi Dichter, del titolare della Difesa Ehud Barak del suo vice Matan Vilnai, del titolare dell'Industria Binyamin Ben Eliezer e dello stesso Ya'alon.
Dopo aver deciso di seguire il consiglio dei tre giuristi di non partecipare a una raccolta fondi, a Londra, il prossimo novembre, il vicepremier ha dichiarato: "Per rafforzare questo fronte, Israele ha bisogno di una forte e vigorosa azione interna così come sul piano diplomatico. E lo stiamo facendo". Secondo quanto scrive Ynet, gran parte delle denunce contro i politici e gli alti gradi militari sono partite dopo l'operazione militare "Piombo fuso" condotta da Israele su Gaza lo scorso gennaio. L'esito del rapporto Goldstone sulla stessa operazione - Israele e Hamas sono state accusate di aver commesso crimini di guerra - è destinato secondo a far crescere il numero di esposti di organizzazioni umanitarie contro i politici israeliani e contro il capo di Stato maggiore della Difesa Gaby Ashkenazy e i suoi più stretti collaboratori. I denunciati, conclude il giornale, hanno particolari difficoltà a spostarsi in Gran Bretagna, in Spagna e in Scandinavia, una terra questa definita "off-limits".

(il Velino, 5 ottobre 2009)

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Gerusalemme. Stato di allerta per le celebrazioni del Sukkot

Massima allerta a Gerusalemme. La polizia israeliana ha dichiarato lo stato di allerta nel timore che nuovi incidenti si verifichino oggi nella Città Vecchia, in occasione delle celebrazioni del Sukkot. La festa dei Tabernacoli - la terza festa ebraica del mese di Tishrei e una delle più importanti ricorrenze dell'ebraismo - sta attirando, infatti, decine di migliaia di fedeli ebrei.
Ingenti reparti di polizia sono stati dislocati in prossimità della Spianata delle Moschee. Per ragioni di sicurezza, l'accesso a quel luogo di culto è stato severamente limitato: vi possono entrare oggi solo musulmani di età superiore ai 50 anni e in possesso di documenti israeliani, e le fedeli islamiche.
Scontri fra fedeli musulmani e reparti di polizia sono avvenuti alla fine di settembre (nell'imminenza del digiuno ebraico del Kippur). Proprio ieri in alcune zone di Gerusalemme est , si sono verificati scontri sporadici fra gruppi di palestinesi e reparti della polizia israeliana. Nei giorni scorsi il Movimento islamico in Israele (frazione settentrionale) ha messo in guardia dal rischio che estremisti ebrei possano forzare l'ingresso nella Spianata.
Secondo le autorità israeliane questi timori sono invece fuori luogo: ma per prevenire scontri, hanno vietato in questi giorni l'ingresso nella Spianata (dove sorgeva il Tempio di Gerusalemme fino al 70 d.C.) a tutti i gruppi di escursionisti. La decisione ha già suscitato reazioni indignate da parte dei movimenti nazionalisti ebraici.
"La situazione è molto tesa nella Città vecchia", spiega Adnan al-Husseini, il governatore nominato dai palestinesi di Gerusalemme.

(l'Occidentale, 5 ottobre 2009)

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La modella "arruolata" Esti Ginzburg contro la "Renitente" Bar Rafaeli.

Esti Ginzburg
Il servizio militare, specie quando il tuo Paese è in guerra da oltre mezzo secolo, è un tema molto delicato. Poco importa che tu sia una donna, pochissimo importa che tu faccia la modella.
In Israele, evitare il servizio militare è qualcosa che all'opinione pubblica non va proprio giù, un comportamento equiparato, dalla maggioranza della popolazione, ad un vero e proprio "tradimento della patria".
Ne sa qualcosa la modella Bar Rafaeli, compagna dell'attore Leonardo Di Caprio, che un paio d'anni fa ha dribblato la leva e poi se n'è anche vantata mandando su tutte le furie l'opinione pubblica israeliana.
Ora, a riaccendere la miccia è una sua collega, meno famosa di lei ma certamente, dopo questa "sparata" più apprezzata in patria: Esti Ginzburg, infatti, è una di quelle che ha imparato a rifarsi la branda e a maneggiare un fucile.
I primi colpi d'arma da fuoco, però, la Ginzburg li ha riservati alla collega renitente: «Se dobbiamo aiutare il nostro Paese, non c'è da discutere: arruolarsi è un dovere, non una scelta. Il servizio militare fa parte delle cose in cui credo, dei valori in cui sono cresciuta. Evidentemente, c'è chi crede in altro».

(Blitz quotidiano, 05 ottobre 2009)

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Suona lo shofar, un piccolo corno di montone

MONCALVO (AT) - Lo shofar è un piccolo corno di montone utilizzato come strumento musicale nella tradizione ebraica. Tutto parte da lì.
La sua musica è il suono originario, quello più importante nell'ebraismo, quello che accompagna l'intera esperienza del popolo di Israele. Con lo shofar è iniziato nel pomeriggio di domenica scorsa nella Biblioteca Civica Montanari di Moncalvo l'incontro dedicato all'"Armonia nell'Ebraismo", un percorso tra storia, riflessioni, musica e canti nella tradizione ebraica aperto con il saluto dell'assessore alla Cultura Piero Baldovino....

(Il Monferrato, 5 ottobre 2009)

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La festa di Sukkot nel pensiero di Rosenzweig

di Donatella Di Cesare

Per Rosenzweig Sukkot è una festa che contraddistingue l'ebraismo (e non per caso non trova corrispondenza nelle feste cristiane). È' la festa della "peregrinazione e del riposo", in ricordo della lunga peregrinazione nel deserto che alla fine condusse il popolo ebraico al riposo in patria. Ci si riunisce per i pasti gioiosi non nelle consuete stanze di una casa, ma nella sukkà, sotto un tetto leggero, costruito in modo che si possa intravedere il cielo. Così in questo tempo possiamo e dobbiamo ricordare che anche la casa, apparentemente più stabile e sicura, non è che una tenda che permette solo un momentaneo ristoro durante la lunga peregrinazione e che solo alla fine "arride il riposo, di cui il costruttore del primo Tempio un giorno lontano (come si legge proprio durante questa festa) disse: "Benedetto Colui che ha concesso riposo al Suo popolo (1 Re 8, 54-66).

(Notiziario Ucei, 5 ottobre 2009)

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Shalit, Asharq al Awsat: Israele sa dove è tenuto prigioniero

Nei negoziati ci sarà maggior flessibilità

Asharq al-Awsat ha inoltre riportato che uno dei presenti alla discussioni ha detto: "Dal momento che sapevamo con esattezza prima di ogni altro organo dei servizi segreti occidentali dove si trova il reattore nucleare segreto iraniano e sapevamo dove si trova il reattore siriano, sarebbe logico che non sapessimo dov'è Shalit is?". Il responsabile ha aggiunto: "Sappiamo dov'è, ma non intendiamo ripetere lo scenario dello sgombero del soldato Nachshon Wachsman". Wachsman fu rapito da Hamas nel 1994 e fu ucciso durante il tentativo dello stato ebraico di liberarlo. Due giorni fa Mahmoud al Zahar, un importante esponente del movimento integralista palestinese, ha dichiarato che entro alcune settimane o un paio di mesi al massimo Shalit sarà libero. L'indicazione secondo molti che nei futuri negoziati Hamas potrebbe dimostrare maggior flessibilità. Le autorità israeliane hanno invece ricordato come venerdì sia stato portato a termine lo scambio tra venti detenute palestinesi e un video recente del soldato tenuto prigioniero, il primo passo secondo loro di un'iniziativa di più ampio respiro tra Israele, Hamas e mediatori tedeschi.

(Virgilio Notizie, 4 ottobre 2009)

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Gerusalemme, tensione sulla Spianata

Chiusa da polizia: misura preventiva

A Gerusalemme sale la tensione: la polizia israeliana ha infatti ordinato la chiusura degli accessi alla Spianata delle Moschee. Secondo i mezzi di comunicazione israeliani si tratta di una misura preventiva, decisa dopo che i responsabili islamici avevano fatto appello ai loro fedeli di convergere sul posto "per difendere i Luoghi santi". La polizia ha compiuto alcuni fermi, fra cui quello dell'ex ministro palestinese Hatem Abdel Qader.

(TGCOM.it, 4 ottobre 2009)

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Ahmadinejad, scetticismo in Israele

TEL AVIV, 4 ott - Non trova conferme, tra gli ebrei di origine iraniana,la notizia che il presidente dell'Iran, Ahmadinejad, sarebbe di origine ebraica. La notizia e' del quotidiano britannico Telegraph. Un esperto di questioni iraniane, Menashri, ha negato che il cognome originale di Ahmadinejad - Sabourjian, abbia ''sapore ebraico''. Ha aggiunto che Ahmadinejad e' nato in un villaggio di 700 anime e la presenza di famiglie ebraiche in localita' cosi' sperdute, non e' conosciuta in Iran.

(ANSA,4 ottobre 2009)

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Il Telegraph spara: Mahmoud Ahmadinejad ha origini ebraiche

Il nome di famiglia originario era Sabourjian, un nome ebreo

ROMA, 3 ott. - Mahmoud Ahmadinejad era ebreo di nascita. La notizia viene sparata oggi dal Daily Telegraph che basa la sua rivelazione su un'immagine scattata durante le elezioni parlamentari in Iran nel marzo 2008. Nella fotografia il presidente mostra la sua carta di identità e, un ingrandimento della stessa, rivela il cognome che aveva in precedenza il capo di stato iraniano: 'Sabourjian", un nome ebraico che significa 'tessitore'. Una breve annotazione scarabocchiata sul documento indica che la famiglia aveva cambiato identità in Ahmadinejad quando si convertì all'Islam, dopo la nascita di Mahmoud. I 'Sabourjian' provengono tradizionalmente da Aradan, luogo di nascita del presidente iraniano, e il nome deriva da "tessitore di Sabour", il termine usato per gli scialli indossati dagli ebrei in Persia. Il cognome rientra persino nell'elenco dei nominativi ebraici stilato dal ministero degli Interni iraniano. "Questo aspetto del passato di Ahmadinejad rivela parecchio del suo comportamento", commenta Ali Nourizadeh, del Centro per gli studi arabi e iraniani. "Qualsiasi famiglia che si converte a un'altra religione rafforza la sua nuova identità con la condanna della vecchia fede". "Tutte le sue affermazioni anti-israeliane sono un modo per scacciare qualsiasi sospetto sul suo passato legame con l'ebraismo. Si sente vulnerabile in una società radicale sciita", conclude Nourizadeh. Durante un dibattito televisivo per la campagna presidenziale di quest'anno Ahmadinejad è stato costretto ad ammettere di aver cambiato nome ma ha poi ignorato l'allusione. Ahmadinejad si è distinto più volte per le sue affermazioni negazioniste sull'Olocausto e per le aperte minacce all'integrità territoriale di Israele.

(Apcom, 3 ottobre 2009)

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Da oggi disponibile su Youtube l'unico filmato di Anna Frank




Amsterdam
    E' da oggi su internet, grazie ad un canale lanciato su YouTube (il canale di Anna Frank) dal Museo della Casa di Anna Frank di Amsterdam, l'unico filmato esistente della ragazza ebrea divenuta un simbolo della Shoah per il diario scritto nel periodo in cui insieme alla famiglia si nascondeva dai nazisti e per la sua tragica morte in un campo di concentramento. Si tratta di un filmato di soli 20 secondi girato in occasione di un matrimonio di un vicino il 22 luglio 1941: si vede Anna che si affaccia ad una finestra e la sua famiglia prima che fossero costretti alla clandestinità per sfuggire alle persecuzioni contro gli ebrei durante l'occupazione dei Paesi Bassi nella Seconda guerra mondiale.

Una piattaforma dedicata ad Anna Frank
    Nel canale sono presenti anche brevi sequenze del padre Otto e dell'ex presidente sudafricano Nelson Mandela mentre parlano di Anna, ha precisato la portavoce del museo Annemarie Bekker. "È veramente una piattaforma importante per mostrare i vari film e documentari su Anna Frank", ha spiegato. Il canale di Anna Frank contiene anche una ricostruzione virtuale in 3-D dell'annesso segreto della casa di Amsterdam in cui la famiglia Frank si nasconderà per 25 mesi prima di essere denunciata e deportata. Sette mesi dopo il suo arresto, Anna Frank morì di tifo nel marzo 1945 nel campo di concentramento tedesco di Bergen-Belsen. Aveva 15 anni. Due settimane dopo, le truppe britanniche e canadesi liberarono il campo. Pubblicato per la prima volta nel 1947, il "Diario di Anna Frank", ha commosso milioni di lettori nel mondo, divenendo il prima opera di grande diffusione sul genocidio degli ebrei. Su Internet:

(il Giornale, 3 ottobre 2009)

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Shalit: dopo video, scambio vicino

Lo sostiene leader di Hamas, ma prevale cautela.

TEL AVIV - Il caso dell'ostaggio Ghilad Shalit, dopo lo scambio video-detenute, potrebbe concludersi presto. Ne e' convinto il leader di Hamas Meshal.
E' questa l'interpretazione dei media israeliani sull'ultima intervista data da Meshal. Ma altre voci gelano l'ottimismo. Da Gaza fonti del governo de facto di Hamas: le milizie palestinesi 'non intendono mercanteggiare'. E sui tempi della liberta' del caporale lo stesso Netanyahu ha mostrato estrema prudenza, suscitando la reazione della famiglia.

(ANSA, 3 ottobre 2009)

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Israele: al sabato gli ebrei osservanti rinuncino agli ascensori automatici

Non si pensi che le comodità siano un modo per aggirare la Torah. Ma molti religiosi non sono d'accordo.

di Francesco Battistini

Ascensore con il pulsante
per il sabato ebraico
GERUSALEMME - Gambe in spalla, si sale a piedi. L'ultimo verdetto dei rabbini ultraortodossi se la prende con gli «ascensori del sabato». Quelli che si vedono in qualsiasi albergo sul lungomare di Tel Aviv, in molti palazzoni di Haifa, negli ospedali, negli uffici di polizia, negli edifici pubblici. O in qualche condominio di Gerusalemme, dove laici e osservanti condividono le spese. Montacarichi dediti al riposo ebraico: dal tramonto del venerdì al calar del sole del giorno dopo, vanno su e giù da soli, le porte sempre aperte, una sosta a ogni piano. Giorno e notte. A ciclo continuo.

LEGGE - Li hanno costruiti così, come molti apparecchi ed elettrodomestici venduti in Israele, perché rispettino alla lettera la Parola biblica che di sabato vieta d'«accendere fuochi» (e quindi d'azionare elettricità), anche schiacciando un semplice pulsante. Dopo lungo dibattito, furono introdotti nel 2001 dalla Knesset, il Parlamento di Gerusalemme che li impose per tutelare gli anziani, i malati, i bambini e, naturalmente, gli stessi ortodossi. La legge era garantista, in un'epoca in cui i religiosi erano un'esigua minoranza (oggi sono circa il 20 per cento della popolazione), ordinando d'installare gli ascensori del sabato ovunque ve ne fossero di «normali». In questi anni, l'obbligo è stato spesso ignorato proprio dai radicali e i montacarichi speciali, malvisti, rari nelle zone abitate solo da religiosi, sono entrati nella consuetudine soprattutto del resto d'Israele. Tollerati dai laici, utilizzati dagli ortodossi, spesso con nonni affaticati e nidiate di bambini al seguito.

DIVIETO - Tutto questo fino a martedì scorso: quando l'anziano Rabbi Yosef Shalom Elyashiv, 95 anni, una delle voci più ascoltate dell'integralismo, non ha preso la parola sull'argomento. Per dire che no, gli ascensori del sabato non vanno bene. Elevation, not elevators. Elevarsi a Dio, sì, ma usando le scale. L'ordine, più influente che vincolante, è motivato dal timore che la «comodità» d'un ascensore automatico insinui nel pio ebreo l'idea di poter aggirare in qualche modo la Torah. Con l'equivoco, magari, d'usare addirittura tasti e porte scorrevoli di quelli comuni. Elyashiv dice d'avere riflettuto a lungo, ma di non avere dubbi sulla necessità del divieto: nessun accorgimento tecnico, per salire o per scendere, può garantire l'osservanza della Legge divina.

DRAMMA - Haredim, una rivista religiosa online che di solito dedica paginate a dibattiti kosher sull'uso del computer di sabato o sul porto d'armi in sinagoga, pubblica il verdetto di Elyashiv e in un commento riconosce che ora si apre «un dramma» di coscienza. Anche perché non tutti i rabbini, specie quelli riformati, la pensano allo stesso modo: «La regola base, prima di fare simili pronunciamenti, è d'ascoltare l'altra parte», contesta Yisrael Rozen, che dirige un istituto (lo Tzomet) dedicato proprio alla tecnologia da applicare alla religione. «In ogni caso, la maggior parte delle comunità non può capire e accettare questo tipo di posizioni. La discussione fu già affrontata a suo tempo e tutto fu chiarito: l'ascensore automatico non implica alcuna partecipazione di chi lo usa. E se proprio vogliamo parlare di questi problemi, il frigorifero è peggio: aprendolo e chiudendolo, si può evitare che s'accenda la lampadina. Ma il motore, quello, si aziona sempre».

(Corriere della Sera, 3 ottobre 2009)

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Hamas, dopo Shalit cattureremo altri soldati israeliani

GERUSALEMME, 2 ott. - Nel giorno della speranza per Gilad Shalit, apparso in video dopo oltre tre anni dalla sua cattura a Gaza, Hamas minaccia una campagna di sequestri di soldati israeliani: "Continueremo nei nostri tentativi di rapire militari per liberare tutti i nostri prigionieri in Israele". E' quanto ha promesso il capo dell'uffico politico di Hamas, Khaled Meshaal, che vive in esilio a Damasco. Lo riporta il sito web dello Yedioth Ahronoth, secondo cui Meshaal ha avvertito il governo israeliano: "Possiamo catturare un altro Shalit, e un altro e un altro ancora".

(AGI, 2 ottobre 2009)

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''Shalit è vivo e sta bene''. Da Hamas le immagini del soldato israeliano (Video)

GERUSALEMME - (Adnkronos/Aki) - Il giovane rapito nel giugno 2006 dai miliziani palestinesi della Striscia di Gaza, racconta la sua prigionia: ''Da tempo attendo con speranza la mia liberazione''. 'Shalom, sono Gilad', ecco il testo del video. Liberate una ventina di donne palestinesi, sino a oggi rinchiuse nelle prigioni dello Stato ebraico....

(IGN, 2 ottobre 2009)

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Caso Shalit, iniziata in Israele la liberazione delle detenute palestinesi

GERUSALEMME, 2 ott. - Le 19 detenute palestinesi, che oggi vengono liberate nell'ambito di un accordo tra Israele e il movimento di resistenza islamico Hamas, hanno lasciato il carcere israeliano di Hadarim. E' quanto riferisce il sito web del quotidiano israeliano 'Ha'aretz', precisando che domenica lo Stato ebraico rilascera' un'altra prigioniera palestinese. La liberazione delle detenute prevede il loro trasferimento in una base militare in Cisgiordania. Da qui le donne verranno accompagnate fino al valico Bitunia e poi rilasciate. Solo una prigioniera passera' dal valico di Erez ed entrera' quindi nella Striscia di Gaza. In cambio della liberazione delle detenute, Israele ricevera' da un mediatore tedesco un breve video di Ghilad Shalit, il giovane soldato israeliano rapito nel giugno del 2006 dai miliziani palestinesi della Striscia di Gaza.

(Adnkronos, 2 ottobre 2009)

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Stampa israeliana: "Il rilascio di Shalit forse tra gennaio e giugno"

Uno scambio di prigionieri tra il movimento di resistenza islamico Hamas e Israele, che consenta il rilascio di Gilad Shalit, potrebbe avvenire all'inizio del prossimo anno, dopo il mese di gennaio, ma prima delle elezioni palestinesi in programma per giugno. È quanto si legge oggi sul quotidiano israeliano The Jerusalem Post, secondo cui Hamas vorrebbe cercare di sfruttare un accordo con Israele per conquistare voti alle prossime consultazioni.
"Hamas vorrà utilizzare un importante scambio di prigionieri per trarne vantaggio alle elezioni contro Fatah", ha detto al giornale israeliano una fonte diplomatica straniera. "Ed è per questo - ha aggiunto - che lo scambio avverrà nella prima parte del prossimo anno". Stando a fonti del quotidiano, ora i negoziati tra Israele e Hamas sono concentrati sui nomi dei prigionieri palestinesi che lo Stato ebraico dovrà liberare nell'ambito dell'accordo e sulle modalità del loro ritorno in libertà.
Intanto per oggi è prevista la liberazione da parte di Israele di una ventina di detenute palestinesi in cambio di un video realizzato da Hamas che dimostri che Shalit è ancora in vita. Il giovane soldato israeliano è stato rapito nel giugno del 2006 dai miliziani palestinesi della Striscia di Gaza.

(l'Occidentale, 2 ottobre 2009)

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Rapporto Goldstone su Gaza, l'Anp si schiera con Usa e Israele

L'Autorità nazionale palestinese (Anp) ha ritirato ufficialmente il proprio sostegno al rapporto redatto dalla commissione Goldstone sull'offensiva israeliana del gennaio scorso, che oggi sarà sottoposto al voto della Commissione Onu per i diritti umani.
Fonti diplomatiche riferiscono che la decisione è stata presa sotto la forte pressione degli Stati Uniti.
Il rapporto Goldstone - redatto per il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite al termine di un'indagine di cinque mesi - accusa lo Stato ebraico di avere commesso crimini deliberati contro la popolazione civile e chiede il coinvolgimento della Corte penale internazionale dell'Aia per perseguire i responsabili.
Nelle 574 pagine del documento Israele viene accusata di "gravi violazioni del diritto internazionale", di "attacchi deliberatamente sproporzionati e volti a punire, umiliare e terrorizzare la popolazione civile", e di "crimini di guerra e contro l'umanità".
Accuse vengono mosse anche ad Hamas: "lanciando missili e sparando colpi di mortaio sul sud di Israele - si legge nel testo - i gruppi armati palestinesi non hanno fatto distinzioni fra gli obiettivi militari e la popolazione civile" e "senza un obiettivo militare, essi costituiscono un deliberato attacco contro la popolazione civile".
Il rapporto ha ricevuto l'approvazione delle principali organizzazioni internazionali per i diritti umani, ma è stato fermamente respinto dal Tel Aviv e Washington.
Ieri, il premier israeliano Benyamin Netanyahu è tornato sulla questione, affermando che il documento della commissione Goldstone è destinato a "incoraggiare il terrorismo" e a minare "il diritto degli Stati all'autodifesa", ma può rappresentare anche "un colpo fatale per il processo di pace" israelo-palestinese. [c.m.m.]

(Osservatorio Iraq, 2 ottobre 2009)

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Attacco Usa all'Iran: ebrei americani favorevoli

Il 56% degli ebrei americani ritiene che gli Stati Uniti dovrebbero attaccare l'Iran, e il 66% appoggerebbe Israele se dovesse colpire Teheran. Il 49% condivide comunque la politica del presidente Obama sull'uso dei mezzi diplomatici per risolvere la questione nucleare.

TEL AVIV - Il 56% degli ebrei americani ritiene che gli Stati Uniti dovrebbero attaccare l'Iran, e il 66% appoggerebbe Israele se dovesse colpire Teheran. Lo rivela un sondaggio commissionato dall'American Jewish Committee, secondo quanto riporta il sito web di Haaretz. Il 36% si dice invece contrario.
Il 49% del campione ha detto di condividere la politica del presidente Obama nei confronti dell'Iran, che sostiene l'uso dei mezzi diplomatici per risolvere la questione nucleare con Teheran. Ma, ha recentemente specificato Obama, se la diplomazia dovesse fallire nuovi passi dovranno essere intrapresi. Gli ebrei americani contrari alla politica di Obama sono il 35%.
Malgrado le posizioni in maggioranza 'liberal' degli ebrei americani, il 58% ritiene che senza un accordo di pace permanente con i palestinesi, Israele non dovrebbe modificare lo status di Gerusalemme come un'unica città sotto giurisdizione israeliana. Il 75% poi è d'accordo con l'affermazione "l'obiettivo degli arabi non è il ritorno ai territori occupati ma piuttosto la distruzione di Israele". Solo il 19% non è d'accordo con questa visione.
Proprio oggi a Ginevra e' ripreso il negoziato tra i Paesi del gruppo del '5+1' (Usa, Russia, Francia, Cina e Gran Bretagna piu' la Germania) e l'Iran. La comunita' internazionale, che sospetta che gli iraniani stiano cercando di fabbricare la bomba atomica, sperano di convincere Teheran a sospendere le attivita' di arricchimento dell'uranio dietro incentivi. In caso contrario gli Stati Uniti sono pronti a chiedere che siano imposte sanzioni piu' dure.

(RaiNews24, 1 ottobre 2009)

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Mahmud Abbas in visita a Roma il 7 ottobre

ROMA, 1 ott - Mahmud Abbas in visita a Roma il 7 ottobre. Il presidente palestinese incontrera' le massime cariche istituzionali: il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ed il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
A renderlo noto il capo servizio stampa e informazione della Farnesina, Maurizio Massari, annunciando che lunedi' il ministro degli Esteri Franco Frattini avra' un colloquio con il presidente della Knesset israeliana, Reuven Rivlin.
''La visita di Abbas - ha precisato Massari nel corso di un briefing con la stampa - si colloca nel quadro della attiva diplomazia dell'Italia in campo mediorientale''.
Il portavoce della Farnesina ha ricordato l'incontro di Frattini avvenuto a margine dell'Assemblea Generale dell'Onu a New York con i colleghi di Israele, Siria, Egitto e Iran.
La posizione dell'Italia e' molto chiara, afferma Massari, ''siamo per il passaggio dal processo ad una soluzione per la questione dello Stato palestinese, in base al principio 'due Paesi due popoli', e riteniamo ci debba essere parallelismo tra lo stop agli insediamenti israeliani e i gesti di riconciliazione dei paesi arabi nei confronti di Israele''.
''Naturalmente - ha concluso - seguiamo da vicino il processo di riconciliazione palestinese e appreziamo l'impegno egiziano in tal senso''.

(ASCA, 1 ottobre 2009)

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Caso Shalit. Israele rilascia la prima detenuta palestinese

Israele ha rilasciato nella notte una giovane detenuta palestinese. La quindicenne Baràa el-Malki è stata liberata nell'ambito dell'accordo raggiunto con Hamas per avere una prova del fatto che Gilad Shalit, il giovane soldato israeliano rapito nel giugno del 2006 dai miliziani palestinesi della Striscia di Gaza, sia ancora in vita. La giovane donna sarebbe in buone condizioni. Questo è quanto si apprende dal quotidiano israeliano 'The Jerusalem Post'. La ragazza, in carcere per tentato omicidio, avrebbe finito di scontare la pena il prossimo novembre. La Malki, si legge, è già tornata nel campo profughi di Jilazoun, vicino Ramallah, dove vive con la famiglia.
L a notizia della liberazione giunge dopo che ieri una fonte della sicurezza egiziana, Hamas e l'ufficio del premier israeliano avevano comunicato che Israele avrebbe liberato 20 donne palestinesi (19 originarie della Cisgiordania e 1 di Gaza) per avere in cambio notizie da Hamas sulle condizioni di Gilad Shalit.
I mediatori egiziani e tedeschi - ha spiegato la fonte egiziana a Reuters - continueranno a lavorare a un accordo che permetta la liberazione di Shalit in cambio del rilascio di centinaia di prigionieri di Hamas, chiesto dal movimento islamico. Nel frattempo, però, Israele dovrà avere le prove che Shalit è ancora vivo, e dovrà ricevere dettagli sulle sue condizioni.
Una fonte vicina ai negoziati ha riferito che lo scambio dovrebbe avvenire venerdì. Israele ha fatto sapere che pubblicherà l'elenco delle donne che verranno liberate, per permettere ai suoi cittadini di manifestare eventuali contrarietà.

(l'Occidentale, 1 ottobre 2009)

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Notizie archiviate

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