Notizie su Israele 27 - 19 luglio 2001


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«Perciò, di' alla casa d'Israele: "Così parla DIO, il Signore: Io agisco così, non a causa di voi, o casa d'Israele, ma per amore del mio nome santo, che voi avete profanato fra le nazioni dove siete andati. Io santificherò il mio gran nome che è stato profanato fra le nazioni, in mezzo alle quali voi l'avete profanato; e le nazioni conosceranno che io sono il SIGNORE, dice il Signore, DIO, quando io mi santificherò in voi, sotto i loro occhi. Io vi farò uscire dalle nazioni, vi radunerò da tutti i paesi, e vi ricondurrò nel vostro paese; vi aspergerò d'acqua pura e sarete puri; io vi purificherò di tutte le vostre impurità e di tutti i vostri idoli. Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dal vostro corpo il cuore di pietra, e vi darò un cuore di carne.

(Ezechiele 36.22-26)


IL NOSTRO PEGGIORE NEMICO? E' LA PIGRIZIA INTELLETTUALE


Un decalogo su come non accettare passivamente i pregiudizi e le semplificazioni dei mezzi di comunicazione e dell'opinione pubblica sul conflitto israelo-palestinese

di Fiamma Nirenstein
 
Un decalogo per avere un atteggiamento sensato rispetto a Israele durante questo conflitto israelo palestinese? Ecco il mio. Non cercare la simpatia degli amici, non essere troppo preoccupato della loro approvazione e del fatto che a cena ti accolgono dicendo con aria di penosa comprensione : "Eh, terribile là!! La spirale dell'odio... gli opposti estremismi... la violenza reciproca...". Dì soltanto la verità, che avrai appreso - e qui vale la seconda legge - da un'informazione più ampia di quella che puoi avere ricevuto dalla stampa italiana soltanto. Guarda i giornali israeliani (che, stai sicuro, sono ipercritici verso Israele: non avrai un'informazione di parte) su Internet, frequenta i siti specializzati, telefona agli amici in Israele, anche a quelli di Pace Adesso.

Non cadere nella trappola della pigrizia che ti induce ad accettare uno schema semplificato come : "i palestinesi lottano per la loro indipendenza e il loro Stato". Domandati, scandagliando il passato a partire dal 1948, quanto il desiderio di disegnare dei confini si sia mescolato in realtà con il desiderio di non condividere un bel niente, ma piuttosto di espellere gli ebrei; e tu, che ti ritieni soprattutto ebreo ma ben poco israeliano, guarda quanto è la stessa identità ebraica a essere presa di mira dall'ondata d'odio che da parte del mondo arabo viene adesso a investire i nostri fratelli che vivono in quella regione. E come questa ondata antiebraica trovi eco in Europa, ben contenta di dimenticare le sue responsabilità storiche e morali verso gli ebrei.

Interrogati senza tregua sui nessi fra l'integrità della tua identità e quella dello Stato d'Israele; non ti bamboleggiare con le idee più comode, come quella ad esempio che una volta sgomberati gli insediamenti (era previsto dagli accordi che Arafat ha rifiutato) si placherà il conflitto; comunque, ricorda che sgombrare gli insediamenti, cosa opinabile e alla lunga indispensabile, è anche la merce di scambio perché il futuro Stato Palestinese non schieri dei missili iraniani o dei carri armati siriani sul confine israeliano; non ti creare alibi con l'idea che la richiesta palestinese sia solo di carattere territoriale (era il centro dell'accordo che Arafat ha rifiutato); non ti raccontare novelle sulla disponibilità al compromesso dell'Autorità Palestinese. Quanto alla violenza, guardala negli occhi: non ci sono opposti estremismi, gli attacchi palestinesi usano la strategia concentrica di una quantità di organizzazioni diverse, tutte quante in mano all'Autorità Palestinese, ovvero ad Arafat. Senza la sua luce verde niente si muove: i cessate il fuoco e i "via" del rais contano, pesano, lo si vede dai fatti., Quando Yoschka Fisher gli ha detto "stop" e Arafat si è convinto che con la violenza avrebbe portato a una reazione violenta di Sharon (occhio, su di lui si dicono una quantità di bugie e si danno giudizi stereotipati senza nessuna relazione con che cosa ha fatto realmente, quindi studia i suoi cessate il fuoco, il suo trattenersi dal rispondere, la sua accettazione della commissione Mitchell) ha bloccato gli attentati terroristici più sanguinosi. Quindi, invita gli amici a capire che se l'Europa, come in questa occasione ha fatto, smette di appoggiare acriticamente la violenza, può dare una vera mano per fermare lo scontro, e riportare la pace.

Non avere paura a ricordare che gli ebrei hanno radici antichissime in Palestina, ricorda agli amici che nella Bibbia e nelle preghiere degli ebrei Gerusalemme è la patria della nostra anima, e che il Tempio di Erode fu quello in cui pregò anche Gesù; non temere di non essere moderno quando ricordi che se i musulmani possono vantare una continuità di presenza nell'area, anche gli ebrei nonostante le mille difficoltà hanno cercato di mantenervi sempre una radice, e che nel 1948 arabi ed ebrei sotto il tallone britannico, erano quasi nello stesso numero in Terra Santa; non temere di rivendicare, come se fosse fuori moda, il grande amore con cui gli ebrei hanno fertilizzato e resa verde una terra improduttiva e brulla, come hanno fatto fiorire di scuole, ospedali, case e negozi luoghi che non erano che pietra. Ricorda che chi costruiva colonie non aveva nulla a che fare con gli ebrei che non avevano Paese d'origine, non avevano esercito, non avevano da sfruttare né ricchezze né mano d'opera né risorse locali per portarsele a casa. Non avere paura a dire la verità: Israele ha vinto solo guerre di difesa, Ben Gurion invitò caldamente i palestinesi a restare.

E soprattutto non dimenticare un fatto fondamentale: Israele non è là a difendere solo i suoi valori nazionali, pure importanti quanto lo possono essere per un italiano quelli della sua Nazione, ma per difendere, e lo fa, qualcosa di molto, molto importante anche per i tuoi amici che ti hanno invitato a cena: Israele difende la democrazia, il Parlamento, lo Stato di Diritto, la pluralità delle istituzioni. Siede nel suo parlamento un gruppo di arabi israeliani che tengono per i Palestinesi e la Siria, e nessuno li tocca; la stampa è punteggiata di articoli che difendono i palestinesi; lo scontro politico è straordinariamente vivo; l'esercito è sotto la lente d'ingrandimento, se sbaglia o esagera l'opinione pubblica lo attacca; Sharon è la vittima di un'attenzione spietata. Dall'altra parte, un regime illiberale in cui le donne sono oppresse e vige la pena di morte quasi senza processo, i bambini vanno in guerra in prima fila, insomma un regime illiberale in cui tutte le istituzioni fanno capo ad Arafat.

Questo vuol dire che Arafat non ha diritto allo Stato palestinese? Niente affatto. Ha questo diritto. I palestinesi sono una nazione. Questo vuol dire che Israele non è responsabile di una serie di azioni che limitano la libertà dei palestinesi e che deve emendarsene, al momento che si trovi in una condizione di sicurezza. Assolutamente. Ma è sedendosi a un tavolo con gli israeliani che i palestinesi possono ottenere ciò che desiderano, non sperando di metterli sul banco degli accusati tramite organismi internazionali covando il desiderio, e insegnandolo ai giovani, di vedere sparire lo Stato degli Ebrei. Dimenticavo: forse è proprio l'accettare il fatto di esistere come nazione organizzata in uno Stato, che a noi ebrei della diaspora ci rimane un po' difficile. Interroghiamoci onestamente su questo. Noi demandiamo la nostra identità a un'esistenza virtuale, a libri, a concetti, a memorie, a musei.

La memoria è bella, ma il presente può essere migliore. Più simpatico, più vitale nella sua complessità. Se accettiamo di esserci.

(da "Shalom", mensile ebraico di informazione e cultura, giugno 2001)



ARAFAT PARLA SEMPRE DI "PACE DEI FORTI". CHE COS'È?


Le bugie dei palestinesi
che la sinistra israeliana e' disposta a credere


Articolo  di Jan Willem van der Hoeven
Direttore del Centro Internazionale Sionista - 24April 2001.
  
   L'affermazione propagata da quasi tutti i sostenitori della causa araba palestinese, secondo cui non ci può essere pace o cessazione di violenza fino a che non cesserà l'occupazione israeliana dei territori arabi, è falsa. Ed è penoso vedere che questa menzogna viene accolta e proclamata dalla maggior parte dei politici di sinistra israeliani; è una cosa che non depone a favore della loro capacità e profondità intellettuali.
   Se la soluzione di tutto fosse l'abbandono dei territori occupati da Israele nella guerra difensiva del giugno 1967, ci si deve chiedere perché non c'era pace con gli Arabi e i Palestinesi prima che Israele occupasse quei territori. E se fosse giusto dare ad Arafat il 100 per cento dei territori attualmente occupati, incluso il controllo di tutta la città vecchia di Gerusalemme, perché i Palestinesi e gli Stati arabi non accettarono questa soluzione quando il piano proposto dalle Nazioni Unite [nel 1948] dava loro la possibilità di stabilire il loro proprio Stato Palestinese su tutto questo territorio e ancora più?
     Rigettarono questa spartizione perché volevano tutta la Palestina, e non soltanto una parte. Ed è questo che ancora oggi vogliono Hamas, Hezbollah, Egitto, Siria e tutte le fazioni dell'O.L.P.! Com'è possibile che la sinistra israeliana, ancora oggi, rifiuti  di prendere atto intellettualmente ed emozionalmente  di questa realtà fondamentale? Dipende forse dal fatto che non vogliono cedere davanti ad una realtà che contraddice le loro opinioni così accanitamente sostenute?
     Quanta disonestà intellettuale in persone che pretendono di essere le intelligenti guide razionali dei nostri giorni! E ci sono anche quelli che ancora osano negare queste fondamentali premesse dicendo che la volontà delle nazioni arabe e dei palestinesi è cambiata da quando è cominciato il processo di pace. Quello che adesso realmente vogliono è soltanto tutta la Cisgiordania (100%) e Gerusalemme Est, e poi ci sarà la pace. Ebbene, lasciatemi citare alcuni dei loro portavoce, e non quegli autoingannati intellettuali israeliani che amano citare gli intellettuali ebrei dell'Europa che  credono di saperla più lunga degli altri perché citano con disprezzo gli scritti e le dichiarazioni e i fatti di Hitler. Permettetemi di riportare le seguenti affermazioni, fatte dagli stessi leader arabi e palestinesi, alcune delle quali molto tempo dopo che il processo di pace è incominciato.

     Il 13 settembre 1995 - lo stesso giorno in cui si svolse la cerimonia degli accordi di pace in Wahshington - Yasser Arafat disse alla televisione giordana:

     "Poiché non possiamo sconfiggere Israele in guerra, lo faremo per gradi. Prenderemo tutto il territorio che potremo in Palestina, stabiliremo lì la nostra sovranità e l'useremo come trampolino per prendere di più. Quando arriverà il tempo opportuno, chiederemo alle nazioni arabe di unirsi a noi per il colpo finale contro Israele."

     Nel 1998, quando il processo di Oslo era già stato firmato, il Fatah di Arafat inserì la sua costituzione sul suo sito internet. Uno degli obiettivi della sua costituzione è espresso con queste parole:

     "La completa liberazione della Palestina e lo sradicamento economico, politico, militare e culturale dell'esistenza sionistica."

     Nel 1999, nel giorno del suo 70° compleanno, Arafat disse davanti a molti simpatizzanti [ICEJ News Service, August 6, 1999]:

     "Allah volendo, continueremo la nostra battaglia, la nostra Jihad... e ancora una volta entreremo nella città di Gerusalemme come fecero i Musulmani la prima volta."

     Feisal al-Husseini, ministro di Arafat per Gerusalemme, disse pubblicamente nel novembre 1994 [Bulletin of the Jerusalem Institute for Western Defence, Bulletin 2, June 1994]:

     "Pace per noi significa la distruzione di Israele. Ci stiamo preparando per una guerra decisiva... siamo diventati i nemici più pericolosi di Israele. Non ci daremo riposo ... fino a che non avremo distrutto Israele."

     E ancora recentemente, durante la sua visita a Beirut, Feisal al-Husseini ha detto [MEMRI, 22 March 2001 - Riportato anche su "Notizie su Israele - 1"]:

     "L'attuale Intifada ... non deve cessare fino a che non sia raggiunta la piena indipendenza della Palestina ... Io mantengo i contatti per porre fine alla relazione... I nostri occhi continueranno a puntare l'obiettivo strategico, cioè una Palestina che si estenda dal fiume al mare. Quali che siano le cose che adesso possiamo ottenere, esse non ci faranno dimenticare questa altissima verità".

     Abdul Malik Dahamshe, un israeliano arabo membro della Knesset, ha avuto l'impudenza di dire, durante una visita di solidarietà a Damasco, in Siria  [David Makovsky, Jerusalem Post, January 24, 1995]:
    
     "Palestina e Siria sono un'unica patria. Il popolo arabo vincerà con la spada; la vittoria si otterrà con la Jihad del mondo arabo."

     Un altro arabo,  MK, Abdul Darawshe, ha detto  [Jerusalem Institute of Western Defence, Bulletin 3, August 15, 1997]:

     "Non c'è differenza tra una Palestina e l'altra: siamo tutti Palestinesi e tutti Arabi Siriani ... Io giuro su Allah che ritorneremo in Palestina."

     Darawshe ha detto inoltre [Maariv, August 11, 1997]:

     "Haifa e Jaffa ci chiamano! Col sangue e col fuoco libereremo la Palestina."

     Se perfino gli Arabi israeliani, che hanno vissuto per molti anni sotto la bandiera e la sovranità di Israele, sono pronti ad esprimersi in questo modo, quale pace sarà mai possibile con quei Palestinesi (quasi tutti) che sognano il giorno in cui la Palestina sarà tutta loro, trasformata in uno Stato Palestinese Musulmano?

     Il membro della Knesset Azmi Bishara ha osato dire, nel marzo 1999 [ICEJ News, March 26, 1999]:

    "La nazione ebraica è una finzione che non ha alcun diritto di esistere."

     Il leader della Jihad islamica Ramadan Abdalla Shalah ha detto [Mid-East Mirror, November 10, 1996):

     "Alla fine Israele sparirà, come stabilisce il Corano. Dal punto di vista del Corano, non c'è posto per Israele e la sua esistenza non è giustificabile."

     Un altro leader di Hamas, Abdel-Aziz Rantisi, ha detto [Jerusalem Post, May 25, 1997]:

     "L'Islam non può permettere di cedere neppure un metro della Palestina e afferma che la Palestina appartiene ai Musulmani, appartiene al popolo palestinese, non agli Ebrei. Barattare la terra non è liberazione e nell'Islam non è permesso."

     Lo sceicco di Hamas, Ahmed Yassin ha detto in una conferenza nel 1998 [ICEJ News Service, May 27, 1998]:

     "Il primo quarto del prossimo secolo vedrà l'eliminazione dell'entità sionista e lo stabilimento dello Stato Palestinese su tutto il territorio della Palestina. Il forte non rimarrà forte per sempre e il debole non resterà debole per sempre. Le cose cambieranno."

     In un articolo del 19 luglio 1992 su "Al-Ahrar", organo del Partito Liberale Egiziano, il Dr. Yahya al-Rakhaw ha riassunto bene la cosa:

     "Ci troviamo dunque faccia a faccia con l'essenza di un problema che recentemente ha indossato la toga della religione e si è concentrato su un pezzo di terra. Non possiamo essere di alcun aiuto in questo confronto, ma davanti a noi si staglia la figura di quel grande uomo che è Hitler; voglia Allah avere misericordia di lui, che è stato fra tutti il più saggio nell'affrontare questo problema... e che, per compassione verso l'umanità, ha tentato di sterminare ogni Ebreo, ma non è riuscito a estirpare questa escrescenza cancerosa dal corpo dell'umanità. Ed ora l'accuratezza della sua intuizione viene confermata."

     E parlando dell'olocausto in un articolo intitolato "Mezzo mondo" sul giornale egiziano "Al-Akhbar", finanziato dal governo (18 aprile 2001), l'editorialista Ahmad Ragab ha scritto [riportato anche su "Notizie su Israele - 9]:

     "Sia ringraziato Hitler, e benedetto sia il suo ricordo, perché in anticipo ha usato vendetta contro i più biechi criminali esistenti sulla faccia della terra (gli Ebrei). Solo di una cosa dobbiamo lamentarci: che la sua vendetta  non è stata abbastanza grande".

     Né l'Egitto, né la Siria, né la Giordania né alcun altro Stato musulmano si è fatto avanti per chiedere ad Arafat o all'OLP la pubblica e completa cancellazione dell'obiettivo ultimo di quasi tutti i Musulmani radicali: la dissoluzione dello Stato ebraico e la sua sostituzione con uno Stato arabo musulmano palestinese. Duque è questo il loro obiettivo; e per questo sono disposti, se necessario, a procedere per fasi successive, seguendo anche il cosiddetto processo di pace fino a che la Palestina sarà loro.
     Tutto questo non ha niente a che vedere con l'attuale occupazione della Cisgiordania. Ha a che vedere con l'esistenza di Israele come Stato. Quando questo sarà rimosso, ci sarà la pace!
     Questi fatti sono evidenti per coloro che possiedono onestà intellettuale e obiettività per volere che i loro occhi siano aperti. Le generosissime concessioni del 97 per cento dei territori occupati che il governo di Ehud Barak era disposto a fare hanno messo in evidenza non soltanto l'intransigenza dei Palestinesi e degli Arabi, hanno anche mostrato il testardo ottimismo della maggior parte degli Israeliani di sinistra che ci hanno sempre assicurato che la pace sarebbe venuta da quelle concessioni. Nessuno, o a mala pena qualcuno di loro ha detto che, anche se avessimo dato ai Palestinesi e agli Arabi il 100 per cento dei territori occupati, inclusa tutta Gerusalemme Est e il monte del Tempio solo come inizio, come prima fase della totale acquisizione della Palestina, la restituzione del cento per cento della Cisgiordania sarebbe stata accettata dai Palestinesi e dagli Arabi soltanto come una prima fase. In ogni caso, in nessun modo gli Arabi sarebbero stati disposti per tutto questo a firmare un reale, permanente accordo di pace!
     Anche con la restituzione del 100 per cento di tutti i territori occupati sarebbe rimasta la linea rossa palestinese sostenuta da tutto il mondo musulmano: il diritto al ritorno di tutti i profughi palestinesi alle loro case e ai paesi dentro la linea verde.
   Perché la sinistra intellettuale israeliana non ha saputo vedere in anticipo questa evidente verità in modo da preparare tutti noi al terribile prezzo senza il quale nessuna pace è possibile? Perché non hanno parlato chiaro e forte in modo da far sapere a tutti noi che per avere pace con Arabi e Palestinesi dobbiamo commettere suicidio e cedere tutta la Palestina in cambio della pace?
     In una cosa la sinistra israeliana ha involontariamente detto il vero, ma non nei termini esatti in cui l'hanno presentata: hanno detto che non ci sarà mai una vera pace con gli Arabi palestinesi fino a che non cesserà l'occupazione di tutti i territori arabi, e nelle loro menti come territori arabi intendevano Haifa, Giaffa e la Galilea. Sì, Arafat ha espresso bene la cosa quando una volta ha detto, a nome di tutti gli Arabi:

     "Per noi pace significa la distruzione di Israele."

     Israeliani di sinistra! Adesso non continuate come pecore a ripetere il mantra palestinese che soltanto dopo la fine dell'occupazione ci sarà la pace. Voi potreste aiutare i nemici dell'esistenza di Israele a raggiungere effettivamente una simile pace!  Questa non sarebbe certamente la"pace dei forti" (peace of the brave), ma la "pace dei morti" (peace of the grave)!



INDIRIZZI INTERNET


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