Notizie su Israele 46 - 4 ottobre 2001


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Ma ora così parla il SIGNORE, il tuo Creatore, o Giacobbe, colui che ti ha formato, o Israele! Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome; tu sei mio! Quando dovrai attraversare le acque, io sarò con te; quando attraverserai i fiumi, essi non ti sommergeranno; quando camminerai nel fuoco non sarai bruciato e la fiamma non ti consumerà, perché io sono il SIGNORE, il tuo Dio, il Santo d'Israele, il tuo salvatore.

(Isaia 43.1-3)



Fin da quando è stata formata, nel 1980, l'ICEJ (International Christian Embassy Jerusalem) festeggia ogni anno una "Festa delle capanne" cristiana. Quest'anno la festa ha avuto inizio la sera del 2 ottobre scorso nella sede dell'International Convention Center Jerusalem (ICCJ). Erano presenti più di 3000 persone provenienti da 66 nazioni diverse. Le delegazioni più numerose erano quelle di Indonesia, Brasile, Finlandia, Germania, Norvegia e Stati Uniti. La manifestazione può essere considerata l'incontro internazionale che ha avuto di gran lunga la più alta partecipazione nel 2001 in Israele. Nonostante che poche ore prima fossero avvenuti i gravi attentati di Alei Sinai, il Primo Ministro Ariel Sharon ha accettato di prendere parte alla cerimonia di apertura, e pur arrivando in ritardo e scusandosi di dover ripartire subito dopo, ha rivolto ai presenti il discorso che viene riportato nell'articolo che segue.

M.C.


IL DISCORSO DI ARIEL SHARON ALLA "FESTA DELLE CAPANNE" CRISTIANA

Ariel Sharon
Gerusalemme, 2 ottobre 2001

    Vi ringrazio moltissimo per questa calda e amichevole accoglienza.
    Avrei voluto passare con voi tutta la sera, ma come sapete ci troviamo nel mezzo di un'ondata di atti di terrorismo. E questa sera, mentre venivo qui, c'è stato un altro terribile attentato in un insediamento ebraico: dei civili sono stati attaccati. Per ora sappiamo che ci sono 2 morti e 7 feriti, alcuni dei quali in situazione critica. Questo è quello che effettivamente è avvenuto. Mi scuso quindi di non potere passare tutta la sera con voi. Veramente avrei voluto così tanto essere oggi con voi. Conosciamo la vostra amicizia. Apprezziamo la vostra amicizia. Abbiamo bisogno della vostra amicizia.
    Vorrei salutare tutti voi qui in Gerusalemme, la capitale del popolo ebreo per più di tremila anni, da quando il re Davide fu incoronato in Hebron e governò in Israele per sette anni e mezzo. Poi spostò la sua capitale a Gerusalemme. Gerusalemme, la capitale del popolo ebreo e per sempre la capitale unita e indivisibile dello Stato di Israele.
    Parlando a voi so di non aver bisogno di dire che Gerusalemme e il paese di Israele sono sacri per gli Ebrei, per i Cristiani e per i Musulmani, ma sono stati promessi soltanto agli Ebrei. Gerusalemme - è facile dirlo a voi, voi conoscete la Bibbia - è menzionata nella Bibbia 676 volte come Gerusalemme e 143 volte come Sion. E il re Davide è menzionato nella Bibbia 1023 volte.
    Il monte del tempio era già menzionato ed era chiamato "Monte del Tempio" - Har Habayit - dai profeti Geremia e Isaia. E il mondo cristiano ha usato il termine "Monte del Tempio" per quasi 2000 anni. Il monte del tempio è il cuore del popolo ebreo. E bisogna anche ricordare che soltanto da quando Gerusalemme Est è stata liberata c'è libertà d'accesso e libertà di adorazione per ogni nazione e per ogni religione.
    So che non ho bisogno di dirvelo. Lo sapete perché voi camminate nella terra di Israele tenendo la Bibbia in mano, e chi tiene la Bibbia in mano non ha bisogno di una guida turistica.
    Qui nella terra di Israele oggi vengono usati i nomi biblici. Gerusalemme è Gerusalemme. Il fiume Giordano è HaYarden e Betlemme è Beit Lechem. Hebron è Hevron. E Silo e Bethel e la tomba di Rachele portano gli stessi nomi dei nomi biblici. E così Gerico. E il monte Tabor è Har Tabor, e il monte Gilboa è Har Gilboa, e il monte Carmel è Har Carmel. Il mare di Galilea è il mare di Galilea. E così Nazaret. Tutti questi posti portano i loro nomi biblici.
    Tuttavia devo ammettere che tutti noi, me compreso, abbiamo commesso l'errore di parlare della Samaria e della Giudea in termini di sicurezza. Senza dubbio dal punto di vista strategico sono molto, molto importanti per Israele. Ma avremmo dovuto menzionarli di più. Dobbiamo parlare maggiormente del diritto, dello storico diritto del popolo ebreo, perché la Samaria e la Giudea sono la culla del popolo ebreo. E il diritto storico, credo, è più importante e procura un sentimento di maggior sicurezza - il sentimento del diritto, del diritto di nascita del popolo ebreo su questi luoghi. Questa forse è la più grande sicurezza, perché una volta che hai capito che sono tuoi, questo può renderti molto più forte nella convinzione dell'importanza di queste zone.
    Ma devo dire che Israele era pronto a concedere parte della sua terra storica per una pace vera, genuina, stabile. E davvero non so se esiste un altro paese al mondo disposto a fare una cosa simile, soprattutto se si tiene in considerazione che abbiamo vinto tutte le guerre che siamo stati costretti a fare per più di 50 anni. Ma l'abbiamo fatto. Per avere pace vera, pace per le generazioni future, e abbiamo detto molto chiaramente che eravamo disposti a fare dolorosi compromessi. Ma devo sottolineare che non può esserci nessun compromesso quando si tratta della sicurezza e della semplice esistenza dello Stato di Israele!
    Da un anno stiamo affrontando una guerra. Qui siamo in guerra. Dobbiamo affrontare una guerra e una lotta molto pesanti, e dobbiamo far fronte gli attacchi degli Arabi palestinesi. Dovete sapere che sono più di 120 anni che dobbiamo affrontare questi raids e il terrorismo arabo. Abbiamo già avuto dei tempi difficili qui. Già mio nonno ha dovuto affrontare il terrorismo arabo. E i miei genitori, e io stesso e i miei figli. E so che ora dovremo affrontare il terrorismo arabo-palestinese per cinque, sei generazioni. Ma anche se abbiamo dovuto affrontare il terrorismo, siamo riusciti a ottenere sorprendenti risultati tenendo la spada in una mano, nonostante che non avremmo mai voluto.
    E so che adesso siamo nel mezzo di una pesante battaglia. Anche il mondo libero, guidato dagli Stati Uniti, si trova in una pesante lotta contro il terrorismo fondamentalista musulmano. Abbiamo visto che cosa può fare questo terrorismo soltanto poche settimane fa. E certamente noi possiamo capire il dolore. Abbiamo provato la terribile sofferenza provocata dal terrorismo. Le nostre condoglianze al popolo americano, al Presidente americano, alla classe dirigente americana. La guerra è guerra di noi tutti. La guerra si combatte per conservare i nostri valori democratici e la nostra libertà. Per questo stiamo combattendo. Non stiamo combattendo contro gli Arabi, non stiamo combattendo contro i Musulmani. Stiamo combattendo per difendere il nostro diritto e nostri valori per  poter vivere in libertà, come siamo abituati e come siamo intenzionati a vivere. Questo è nostro diritto.
    Abbiamo offerto tutto l'aiuto che era necessario, e siamo ancora pronti a dare aiuto. E ogni cosa che potrebbe essere utile per aiutare il mondo libero ad affrontare questo terribile terrorismo, siamo disposti a farla. Ma dovete capire una cosa: il terrorismo è terrorismo. Non c'è terrorismo buono e terrorismo cattivo. Il terrorismo è come l'omicidio. L'omicidio è omicidio e il terrorismo è terrorismo. E il terrorismo è male; un terribile male. Non ci sono vari gradi di terrorismo. Nessun grado di terrorismo. Il terrorismo è terrorismo!
    Perciò chiediamo che il mondo libero dichiari Hamas, la Jihad islamica e Hezbollah organizzazioni terroristiche. E chiediamo che il mondo libero compia tutti i passi che sono necessari non soltanto contro di loro, ma anche contro quelli che li aiutano, li sostengono, li finanziano, li accolgono.
    Può darsi, ma è solo un'ipotesi, che questo eserciterà una pressione su Arafat, che ha formato una coalizione di terrorismo, la cui strategia è il terrorismo. Ma se dichiareranno che quelle organizzazioni sono terroristiche, lui sarà di nuovo sotto pressione. Adesso lui non è sotto pressione. Il mondo è contento, sono tutti contenti: Arafat ha dichiarato il cessate il fuoco. Ma il fuoco non smette neppure un minuto, neppure un minuto.
    Il mondo chiedeva, tutti dicevano che era importante che il nostro Ministro degli Esteri Shimon Peres avesse un incontro con Arafat. Sapete, tutti dicevano che era molto, molto importante per poter costituire, formare la coalizione di cui si sta parlando, e anch'io credo che sia importante combattere il terrorismo. E così sono stati tutti contenti e la pressione [su Arafat] è finita. Si sono incontrati. E la conseguenza è stata terrorismo, e ancora terrorismo, e ancora terrorismo.
    Ieri c'è stato un attentato terroristico in Gerusalemme. Grazie a Dio non abbiamo avuto vittime, ma solo due feriti. Ma il bilancio delle vittime avrebbe potuto essere molto pesante a Gerusalemme, nel centro della città. La Jihad islamica ha rivendicato il fatto. Arafat lo sa. Sanno chi sono le persone che hanno commesso il fatto. Non sono state arrestate, e nessun passo è stato fatto per prenderle. Passi reali. Non parlo di dichiarazioni, non parlo di parole; parlo di pace. Nessun passo serio è stato compiuto.
    Gli Ebrei hanno il diritto di vivere una vita sicura, e quindi, come si può ben capire, abbiamo offerto tutto l'aiuto che è necessario. Siamo pronti a dare ogni forma di aiuto per combattere questo terribile terrorismo in tutto il mondo. E lo faremo. Ma si deve capire che non siamo disposti a pagare con le nostre vite gli accordi per far entrare i paesi arabi nella coalizione, soltanto perché loro lo chiedono. Non ci riusciranno. Si deve capire. Non possiamo permetterlo. Non lo accetteremo.
    Vorrei dirvi che abbiamo bisogno della vostra solidarietà. Sappiamo di averla. Ma ne abbiamo bisogno ancora di più, e voglio ringraziarvi per essere venuti. Per aver mostrato la vostra solidarietà in questi tempi difficili. Vorremmo che ne venissero ancora di più. Il vostro sostegno è molto importante per noi. Abbiamo bisogno del vostro aiuto. Abbiamo bisogno del vostro appoggio, e sono sicuro che lo otterremo. Grazie ancora per questo.
    Ancora una volta chiedo scusa per non poter passare tutta la sera qui con voi. So che ci sono molti canti che avrei voluto ascoltare, ma sono preso da tutti i terribili avvenimenti che stanno accadendo e quindi vi chiedo ancora di scusarmi. Grazie ancora per la vostra amicizia, che ci è tanto necessaria. Grazie per la vostra comprensione. E vorrei augurare a tutti "Shana Tovah", cioè "Buon Anno", a voi che siete nostri amici, a tutti gli Ebrei nel mondo, a tutti noi e, vorrei dire, a tutti gli uomini che vorrebbero vivere in pace una vita tranquilla, una vita normale come tutti vorremmo avere. Grazie di nuovo. Grazie.

(ICEJ press release - 02-10.01)


LO SCHEMA FISSO DI ARAFAT

    Eccoci da capo. Quando il governo israeliano si e' riunito la sera del 29 settembre per valutare la situazione del cessate il fuoco, gli attacchi armati palestinesi, compreso i tiri di mortaio su Tekoa, sferrati dopo l'incontro Peres-Arafat del 26 mattina erano gia' piu' di cinquanta. Il governo ha deciso di dare ad Arafat altre 48 ore per fare cio' che si era impegnato a fare "immediatamente": impartire ordini netti per prevenire il terrorismo, arrestare i terroristi latitanti, porre fine alle azioni violente e agli attacchi, far cessare l'istigazione alla violenza e al terrorismo.
    Ufficiali della sicurezza israeliana fanno notare come la calma relativa che aveva preceduto l'incontro Peres-Aarafat si sia rapidamente deteriorata subito dopo l'incontro: una conferma che Arafat, una volta ottenuto cio' di cui ha bisogno, allenta subito le redini ai violenti e ai terroristi. Il capo della sicurezza palestinese a Gaza Muhammad Dahlan ha gia' dichiarato che l'Autorita' Palestinese non arrestera' nessuno dei 108 terroristi latitanti che compaiono nell'elenco fornito da Israele (una decina dei quali costituiscono vere e proprie "bombe a orologeria" viventi), benche' questo sia proprio cio' che Arafat si era impegnato a fare nell'incontro con Peres. E gia' lunedi' mattina si registrava il primo attentato esplosivo all'interno di Israele dopo l'11 settembre: un'autobomba davanti a una scuola di Gerusalemme (fortunatamente chiusa per le festivita' di Sukkot).
    Come minimo ci troviamo di fronte a uno schema fisso. Ogni volta che si trova seriamente sotto pressione (come dopo gli atroci attentati suicidi alla discoteca di Tel Aviv o alla pizzeria di Gerusalemme, e adesso, dopo la tragedia dell'11 settembre), Arafat accetta un cessate il fuoco e chiede ai fondamentalisti palestinesi di Hamas e Jihad Islamica di sospendere per un po' gli attentati. Poi, appena la pressione su di lui si attenua, il cessate il fuoco si dilegua, fino alla successiva occasione in cui Arafat si trova a dover temere la collera e l'isolamento del resto del mondo.
    Conclusione: il comportamento di Arafat non dipende affatto dagli accordi che prende o dagli incontri diplomatici, ma soltanto da cio' che pensa di potersi permettere facendola franca. E in questo momento evidentemente ritiene di potersela cavare con un "basso livello" di attentati contro Israele, pur continuando il tentativo di strappare a Israele concessioni negoziali […].

(Jerusalem Post, 1.10.01)


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