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Notizie settembre 2013
Diplomatica francese schiaffeggia un militare israeliano
La diplomatica è stata richiamata in Francia
PARIGI - Marion Fesneau-Castaing è una diplomatica francese. La donna, dopo essere stata estratta in malo modo dalla sua auto durante una protesta in Cisgiordania, ha dato uno schiaffo a un soldato israeliano.
Il fatto è accaduto davanti alle telecamere e diversi testimoni. Le immagini hanno fatto il giro del web e la donna è stata richiamata a Parigi dal Quai d'Orsay, il ministero degli esteri francese, a causa delle vivaci proteste del governo israeliano.
(Blitz quotidiano, 30 settembre 2013)
Roma - Fino al 4 ottobre il festival della enogastronomia giudaico-romana
Si e' aperta domenica 29 settembre, la prima edizione del Festival della cultura e dell'enogastronomia giudaico-romanesca chiamato ''Kosher a Roma'', in programma fino al prossimo 4 ottobre. L'iniziativa, nata in occasione della Giornata europea della cultura ebraica, e' promossa e organizzata da ARM (Azienda Romana Mercati, Azienda speciale della Camera di Commercio di Roma), in collaborazione con la Discoteca di Stato, con il Centro culturale e con l'Archivio Storico della Comunita' ebraica di Roma. Sono previsti convegni, presentazioni di libri, degustazioni e visite guidate. Si spazia dai temi legati alla cucina a quelli piu' generali relativi alla storia e alla cultura della piu' antica comunita' della diaspora ebraica in Europa. Si parlera', poi, di come era la vita degli ebrei nel periodo del Ghetto, con una mostra fotografica del quartiere prima della completa demolizione alla fine dell'800, dei loro rapporti con il resto della popolazione romana, delle vicende che hanno portato alla costruzione della sinagoga e, piu' in generale, degli oltre duemila anni di storia della comunita'. Azienda Romana Mercati ha censito e descritto ristoranti, pastifici artigianali, panifici, pasticcerie, tavole calde e fast-food kasher presenti non solo nella storica cornice dell'antico ghetto, ma anche in altre parti della citta'. Tutti sono stati inseriti in un catalogo e in un'applicazione internet. Per coloro infine che volessero cimentarsi nella preparazione di queste specialita', nel catalogo figurano anche alcune ricette. Per gli aggiornamenti del programma e' possibile consultare il sito www.kosheraroma.it o scrivere all'e-mail posta@romamercati.com. com-mpd
(ASCA, 30 settembre 2013)
Oltremare - Politiche del guardaroba
Della stessa serie:
Primo: non paragonare
Secondo: resettare il calendario
Terzo: porzioni da dopoguerra
Quarto: l'ombra del semaforo
Quinto: l'upupa è tridimensionale
Sesto: da quattro a due stagioni
Settimo: nessuna Babele che tenga
Ottavo: Tzàbar si diventa
Nono: tutti in prima linea
Decimo: un castello sulla sabbia
Sei quel che mangi
Avventure templari
Il tempo a Tel Aviv
Il centro del mondo
Kaveret, significa alveare ma è una band
Shabbat & The City
Tempo di Festival
Rosh haShanah e i venti di guerra
Tashlich
Yom Kippur su due o più ruote
Benedetto autunno
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di Daniela Fubini, Tel Aviv
E' cosa nota che l'israeliano veste in modo molto meno elegante di qualsiasi europeo. Che negli uffici le giacche si contano sulle dita di una mano e di cravatte semplicemente non c'è traccia. Per le donne c'è più spazio a vestiti e gonnelline, ma i miei tailleur italiani giacciono nell'armadio e ne escono di rado e di norma come spezzati, che tutto insieme un tailleur in Israele fa troppo effetto: ti chiedono subito se vai a un matrimonio.
Appunto, i matrimoni. Mi sono appena arrivati due inviti. Sul primo, molto israeliano, c'è scritto in basso, con modestia naturale: "Vi consigliamo un abbigliamento caldo". E' un matrimonio di sera, sulle colline di Gerusalemme. Gentili a ricordarmelo, a me che vivo nella pianura calda e umida. Il messaggio è chiaro: farà fresco, portatevi giacca o pashmina, senò batterete i denti. Nulla fa presupporre invece che io mi debba vestire elegante; ma da europea, sarò impeccabile ed in lungo. Nobelesse oblige.
Sull'altro invito, le indicazioni sul vestiario occupano un intero cartoncino, con precisa descrizione del livello di eleganza (lungo da giorno per le signore, vestito grigio con panciotto per i gentlemen) e perfino uno schizzo della resa, davvero elegante, del tre pezzi maschile. Eh, ma che esagerazione, vien da dire. Poi mi ricordo di aver sentito racconti dell'orrore di israeliani che si sono presentati a matrimoni di europei in Crocs (sì, le scarpe di plastica colorata che vanno bene per andare in spiaggia e anche lì non tutti le metterebbero). Si vede che i futuri sposi hanno sentito gli stessi racconti e hanno deciso di non rischiare.
Forse saremo davvero israeliani il giorno che andremo anche noi nuovi immigrati in gonna jeans e infradito ad un matrimonio. Nell'attesa, io continuo prudentemente con il lungo.
(Notiziario Ucei, 30 settembre 2013)
Scritte antisemite a Fiuggi nella giornata degli ebrei
di Stefano De Angelis
Scritte antisemite a Fiuggi nella giornata europea della cultura ebraica. Sono comparse ieri mattina davanti all'ingresso della Fonte Anticolana, nei pressi della biglietteria. Sul caso, la procura di Frosinone ha aperto un'inchiesta contro ignoti e polizia e Digos stanno indagando nel tentativo di risalire agli autori. Due gli striscioni con frasi razziste. Anzi, nello specifico un lenzuolo grande circa tre metri per due e una sorta di cartellone di circa un metro quadrato che campeggiavano alle porte della città termale. Solo poche ore dopo, sarebbero cominciate le iniziative previste nell'ambito della giornata promossa in varie città dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. Quando c'è stata la scoperta, subito è scattato l'allarme alla polizia e sul posto sono intervenuti gli agenti del commissariato di Fiuggi, coordinati dal vicequestore Sergio Vassalli. Vista la situazione, è stata immediatamente informata la Digos, guidata dal vicequestore Cristiano Bertolotti. I poliziotti hanno effettuato un sopralluogo e i rilievi, anche fotografici. Poi quelle scritte offensive sono state rimosse: lenzuolo e cartone sono stati sottoposti a sequestro e messi a disposizione dell'Autorità giudiziaria. Stando alla ricostruzione degli investigatori, non c'erano solo quelle frasi che hanno lasciato tutti sgomenti, attoniti: «La vostra cultura è una menzogna» e un'altra dai toni razzisti, discriminatori: «Al forno gli...». Su quella stoffa e sul quel cartone, erano state incise anche una svastica e una Stella di Davide, quest'ultima rappresenta la civiltà e la religiosità ebraica, barrata con una sorta di croce. Gli uomini della Digos hanno repertato tutto il materiale ritenuto utile all'attività investigativa e hanno fatto scattare le indagini, che vanno avanti serrate. La polizia ritiene che quelle scritte siano state sistemate in quel luogo della città termale nella notte tra sabato e domenica scorsi. Al momento sono in corso gli accertamenti per fare piena luce sull'accaduto. Ma non è la prima volta che a Fiuggi spuntano striscioni di questo tipo: era già accaduto in passato e anche in quell'occasione si era trattato di scritte antisemite contro la comunità ebraica, su cui sempre gli uomini della questura di Frosinone avevano fatto partire un'indagine.
(Il Messaggero, 30 settembre 2013)
Marta Affricano, una custode della cultura ebraica
Una vita di passione per insegnamento e musica. Tra i suoi allievi anche Vasco Rossi
di Laura Solieri
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Marta Affricano, l'insegnante di Vasco |
MODENA - I documenti fanno risalire alla seconda metà del Trecento l'arrivo a Modena di ebrei prestatori di denaro. Dal 1638 al 1859, con un'unica breve interruzione nel periodo napoleonico, gli ebrei abitarono nel ghetto al centro della città: erano circa 1500 e rappresentavano il 10 per cento della popolazione. All'indomani della Quattordicesima Giornata europea della Cultura Ebraica, la nostra rubrica incontra Marta Affricano, ex docente, di famiglia e cultura ebraica, che da anni collabora con la Comunità ebraica di Modena e Reggio Emilia per la quale guida le scolaresche alla visita della Sinagoga e all'incontro con l'ebraicità.
«Ho trascorso gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza a Roma, dove ho vissuto la guerra e ho fatto tutti gli studi, fino alla laurea - racconta Marta mostrandoci le foto dell'infanzia romana, foto che sua madre spediva al padre, ingegnere civile, che era stato fatto prigioniero degli inglesi in Africa - Sono stati anni bui. Io e la mia famiglia abbiamo vissuto il discrimine e le persecuzioni razziali. Negli anni, è maturata in me la necessità di scavare nella memoria e nella mia cultura d'origine per illuminare gli intrecci nascosti dell'appartenenza culturale, legati a questo vissuto così difficile» spiega l'ex insegnante, che è arrivata a Modena nel 1964 e ha insegnato fino al 1996 Geografia economica al Barozzi.
«Tra i miei alunni ho avuto anche Vasco Rossi - sorride la professoressa - Insegnare è sempre stata per me una vocazione e anche dopo la pensione non ho mai smesso di farlo, proseguendo con forme di volontariato: nella Comunità ebraica, ogni anno scolastico, vengono accolti a visitare la Sinagoga circa 2500 ragazzi di circa 100 classi di Modena e provincia. Oltre all'insegnamento - prosegue Marta - l'altra mia grande passione è la musica. Ho cantato per 20 anni nella Corale Luigi Gazzotti di cui sono anche stata presidente. Inoltre, ho collaborato a riordinare gli spartiti musicali di canti sinagogali della Comunità modenese, custoditi nell'Archivio della stessa Comunità. Questi canti sono così tornati a vivere in un concerto eseguito nel 2008 nella Sinagoga dalla Corale Gazzotti, motivo per me di grande soddisfazione».
Documenti, testimonianze, fatti storici, ma anche costumi e tradizioni che forniscono lo spaccato di una Modena di periferia pervasa dalle tracce della presenza ebraica è quanto ritroviamo nel libro di Marta Affricano "Tra Naviglio e Panaro. La presenza ebraica nel territorio a nord di Modena", realizzato con il contributo della Circoscrizione 2, in collaborazione con l'Archivio storico del Comune di Modena e la Comunità ebraica. Il libro è un mosaico di luoghi e residenze che traccia un itinerario abitativo che si snoda nella zona compresa tra gli assi viari di via Canaletto nord e via Emilia est, cercando di fare luce su importanti famiglie ebraiche e connettendone le vicende con quelle della città durante il Ducato Estense e il Regno d'Italia.
«Partendo dal cimitero ebraico di via Pelusia, l'itinerario si snoda tra le dimore di campagna di famiglie, come gli Usiglio, i Formiggini, i Nacmani, i Sarcedoti, alcune ancora presenti, altre scomparse. La popolazione ebraica - conclude Marta - rappresenta da tanti secoli una componente importante della cittadinanza di Modena. Negli incontri con i giovani trasmetto volentieri le mie conoscenze e le mie esperienze personali per far avvicinare le nuove generazioni alla cultura ebraica che storicamente rappresenta, nonostante esclusioni e persecuzioni, una parte importante della cultura italiana».
(Gazzetta di Modena, 30 settembre 2013)
Mohamed Helmy, primo 'Giusto tra le nazioni' egiziano
ROMA - Un medico egiziano e' stato riconosciuto per la prima volta da Israele ''Giusto tra le nazioni'', un titolo onorifico attribuito dallo Stato ebraico agli stranieri che hanno agito per salvare anche un solo ebreo dalla persecuzione nazista. Lo ha annunciato oggi lo Yad Vashem in un comunicato, precisando di aver attribuito il riconoscimento postumo al dottor Mohamed Helmy, un medico egiziano che viveva a Berlino e alla moglie tedesca Frieda Szturmann per ''aver salvato insieme una famiglia ebrea in pieno Olocausto''. ''Il dottor Helmy e' il primo egiziano ad essere riconosciuto ''Giusto tra le nazioni'' precisa lo Yad Vashem, che e' alla ricerca della famiglia del medico per consegnarle la medaglia. Trasferito in Germania dal 1922, il dottor Helmy lavora presso l'Istituto Robert Koch di Berlino fino al 1937, quando viene licenziato dal regime nazista. ''Non appartenendo alla razza ariana, il dottor Helmy non aveva il diritto di esercitare nella sanita' pubblica ne' di sposare la fidanzata tedesca'', spiega lo Yad Vashem, aggiungendo che il medico ''fu arrestato nel 1939 ma rilasciato l'anno successivo per ragioni di salute''. Il dottor Helmy, morto nel 1982, insieme alla sua fidanzata (poi moglie) ''aiuto' quattro membri di una famiglia ebraica a nascondersi e a sopravvivere all'Olocausto''.
(ASCA, 30 settembre 2013)
Facce da coloni
La Guerra dei Sei Giorni, mossa da Egitto, Siria e Giordania nei confronti di Israele nel 1967, si è conclusa il 10 giugno di quell'anno con la riunificazione della capitale Gerusalemme, occupata dalle truppe giordane nel 1967, e con la conquista della penisola del Sinai, poi riconsegnata all'Egitto dopo sottoscrizione di trattato di pace del 1979, e delle Alture del Golan, annesse due anni dopo. Quanto ai territori di Giudea e Samaria, strappati alla Giordania che li aveva occupati nel 1949, e noti anche come West Bank per la circostanza di occupare la parte occidentale del fiume Giordano, essi non hanno mai guadagnato un pieno stato giuridico, dopo la formalizzazione posta in essere dalla Conferenza di Sanremo del 1920 che assegnò queste terre, provenienti dal disfacimento dell'impero ottomano, alla locale popolazione ebraica....
(Il Borghesino, 30 settembre 2013)
Israele - Vandalismo anticristiano nel cimitero evangelico
Arrestati quattro studenti di una yeshivah
GERUSALEMME - Nel pomeriggio di domenica 29 settembre quattro giovani ebrei israeliani di età tra i 17 e i 27 anni sono stati arrestati dopo che avevano gravemente danneggiato almeno quindici tombe del cimitero cristiano evangelico situato sul Monte Sion, nei pressi della Città Vecchia di Gerusalemme. I quattro arrestati sono studenti di una scuola religiosa ebraica (yeshivah) situata a ovest della Città Vecchia. Almeno due di loro - ha riferito il portavoce della polizia israeliana Micky Rosenfeld - risultano essere attivisti delle sigle legate ai coloni ebrei estremisti della Cisgiordania.
E' dall'inizio del 2012 che si susseguono profanazioni e atti vandalici contro monasteri, chiese, moschee e cimiteri cristiani e musulmani compiuti da gruppi oltranzisti vicini al movimento dei coloni ebrei. Molti di tali atti intimidatori sono stati finora "firmati" con la formula "il prezzo da pagare". "Questi atti" dichiara all'agenzia Fides il sacerdote palestinese Raed Abusahliah, direttore generale di Caritas Jerusalem "vanno perseguiti con fermezza, e i loro autori vanno sottoposti a giudizio, evitando di liquidare questi gesti come se fossero solo intemperanze di qualche scriteriato". Padre Raed riferisce che alcuni frequentatori delle scuole rabbiniche mostrano spesso atteggiamenti offensivi nei confronti di vescovi, suore, sacerdoti e religiosi che passano per la Città Vecchia. "Appena vedono una croce" racconta il sacerdote "molti di loro cominciano a sputare per terra".
(agenzia Fides, 30 settembre 2013)
Ebraismo, la Giornata di Genova
GENOVA - Si è celebrata domenica, in 66 città italiane, la quattordicesima Giornata della Cultura ebraica, dedicata quest'anno al tema "Ebraismo e natura".
Nel capoluogo ligure, la sinagoga di via Bertora ha aperto le porte al pubblico per una serie di visite guidate, cui sono seguite due conferenze del rabbino di Genova, Giuseppe Momigliano: la prima dal titolo "Animali e vegetali nella simbologia biblica"; la seconda sul "Rapporto tra l'uomo e la natura nei Comandamenti della Torah". Sono state programmate visite anche al Museo ebraico, dove è allestita la mostra sull'Haggadah di Sarajevo (presenti i curatori, Daniéle Sulevic e Alberto Rizzerio) ed è stata organizzata anche un'attività didattica per bambini con il laboratorio sulla "Tutela della natura nelle principali festività del calendario ebraico".
A chiusura del programma della giornata, il presidente della comunità ebraica di Genova, Amnon Cohen, ha presentato il gruppo musicale savonese Musa Migrante Ensemble, che ha eseguito di fronte a un folto pubblico musiche klezmer e della tradizione balcanica.
Tra i visitatori, da registrare la presenza dell'imam Abu Bakr Moretta, della comunità religiosa isalmica (Coreis) di Sanremo: un segnale importante di vicinanza tra la comunità ebraica e quella islamica.
(Il Secolo XIX, 30 settembre 2013)
Iran: "Non negoziabile il diritto all'arricchimento dell'uranio"
Il Ministro degli Esteri iraniano accusa Israele di "mentire" sulle intenzioni di Teheran
WASHINGTON, 29 set. - Il capo della diplomazia iraniana Mohammad Javad Zarif ha definito oggi "non negoziabile" il diritto dell'Iran ad arricchire l'uranio, accusando quindi Israele di "mentire" sulle intenzioni di Teheran. L'Iran è "pronto a negoziare, lo vogliamo", e "sul tavolo del negoziato ci sono tutti gli aspetti del programma iraniano di arricchimento", ha detto il ministro all'emittente Usa Abc. Ma "il nostro diritto all'arricchimento non è negoziabile", ha precisato, aggiungendo che l'Iran non ha "bisogno di uranio arricchito a livello militare". "Questo è sicuro e non stiamo andando in questa direzione", ha sottolineato. Zarif ha quindi replicato al premier israeliano Benjamin Netanyahu che ha criticato "l'offensiva del fascino" del nuovo presidente iraniano, Hassan Rohani, verso gli Stati Uniti: "Un'offensiva del sorriso è preferibile a un'offensiva di bugie".
(TMNews, 29 settembre 2013)
Rohani criticato per la 'pace' con il Grande Satana americano
Il presidente iraniano non ha lasciato indifferenti i suoi connazionali, dopo l'intervento all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, e le sue aperture verso l'Occidente, e in particolare verso gli Stati Uniti. Contestatori lo hanno accolto con insulti e lanci di uova (e scarpe) al ritorno da New York.
NEW YORK - Una sola telefonata tra i presidenti di Usa e Iran non è il segno che le relazioni saranno presto ripristinate, perché "relazioni normali" necessitano più di "una chiamata, un incontro e negoziati". Lo ha dichiarato il viceministro agli Esteri di Teheran, Abbas Araghchi, secondo quanto riporta l'agenzia stampa Fars. I suoi commenti sembrano destinati a calmare gli intransigenti che si oppongono a un rapido appianamento dei 34 anni di congelamento delle relazioni diplomatiche.
I due Paesi avevano infati interrotto le relazioni dopo la Rivoluzione musulmana sciita del 1979 guidata dall'ayatollah Ruhollah Khomeini, che aveva costretto alla fuga lo Scià Reza Pahlevi, deposto la monarchia e istituito la Repubblica islamica.
Hassan Rohani, tornato in patria dopo il viaggio a New York e la conversazione telefonica di 15 minuti con Barack Obama, è stato accolto all'aeroporto di Teheran da centinaia di persone che lo hanno acclamato ma anche da un gruppo di contestatori - vicini ai pasdaran, i Guardiani della rivoluzione - che, al grido di "morte all'America", lo hanno insultato lanciando uova e scarpe. Le guardie del corpo hanno fatto da scudo al presidente mentre la sua auto lasciava l'aeroporto.
Sulle 'aperture' di Washington al regime degli ayatollah sembra critico anche Israele. "Dirò la verità rispetto alle parole dolci e agli attacchi dei sorrisi. Si deve parlare dei fatti e dire la verità", così il premier Benyamin Netanyhu prima di partire per gli Usa ieri sera. Netanyahu vedrà il presidente Obama e interverrà all'Onu. ''Dire oggi la verità - ha aggiunto - è vitale per la sicurezza e la pace del mondo e ovviamente per Israele''. Prima di partire il premier ha dato istruzioni ai ministri del suo governo e ai portavoce ufficiali di non rilasciare dichiarazioni pubbliche o interviste riguardo la telefonata tra Obama e Rohani e, in genere, sul dossier Iran. Con l'obiettivo - riportano i media - di evitare gaffe o critiche prima del suo incontro con il presidente Usa domani alla Casa Bianca. Netanyahu parlerà martedì prossimo all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, ultimo degli interventi dei capi di Stato e di governo.
Oggi Avigdor Lieberman, presidente della commissione Affari esteri e Difesa della Knesset ha postato sulla sua pagina Facebook un commento nel quale mette in guardia dalle parole di Rohani che sono ''null'altro che un falso espediente in stile Nord Corea''.
(Rai Giornale Radio, 29 settembre 2013)
Ebrei, figli della Roma di tutti
Piccole e grandi storie nel nuovo saggio di Stefano Caviglia che ripercorre la storia della Comunità nella Capitale
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La Sinagoga centrale di Roma |
ROMA - È il 2 luglio 1904, Sono appena finiti i lavori per la costruzione del Tempio maggiore israelitico nell'area dell'antico Ghetto. Un simbolo multiplo. È il pieno, definitivo inserimento della Comunità ebraica e dell'area in cui vive nel nuovo tessuto urbano di Roma capitale del Regno d'Italia ma anche l'inaugurazione di un rinnovato rapporto con la componente israelitica italiana dopo i terribili secoli dei Ghetti chiusi. La consacrazione religiosa avverrà il 27 luglio ma quel giorno, appunto il 2 luglio, avviene qualcosa di straordinario: arriva in visita Vittorio Emanuele III re d'Italia. Riporta il corrispondente da Roma del periodico torinese «Il Vessillo Israelitica»: «Ho veduto moltissimi colle lacrime agli occhi, certo paragonando e ricordando le diseguaglianze passate». È sconvolgente pensare che quello stesso sovrano avrebbe sottoscritto di proprio pugno per la divulgazione le Leggi razziali (che sarebbe meglio definire, una volta per tutte, razziste) del 1938-39. Una responsabilità incancellabile per il terzo re d'Italia: nessun sovrano europeo si è macchiato dello stesso, immondo delitto. Sinistra e tragica anticipazione, a Roma, dell'agghiacciante rastrellamento degli ebrei romani del 16 ottobre 1943.
Basterebbe questa pagina legata al 1904 per suggerire la lettura del nuovo libro di Stefano Caviglia «Alla scoperta di Roma Ebraica», edito da Intra Moenia. Caviglia è un giornalista, scrive di economia e politica per «Panorama», ma è anche un raffinato cultore del retaggio ebraico. Per Laterza ha scritto nel 1996 «L'identità salvata. Gli ebrei di Roma tra fede e nazione 1870-1938». Ed oggi, proprio nella stagione in cui ricorre il settantesimo anniversario della vergogna del 16 ottobre 1943, Caviglia sente il bisogno di proporre una storia della Roma ebraica. Si parte, inevitabilmente, da lontano, dalla cronaca dello storico ebreo Giuseppe Flavio che descrisse la deportazione degli ebrei a Roma dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme nell'anno 66. Da lì comincia la presenza a Roma della diaspora ebraica. Ed è per questa ragione che gli ebrei romani rivendicano, con un orgoglio giustificato dalla Storia, di rappresentare il più antico insediamento israelitico del Mediterraneo. Caviglia ci rammenta che il rito ebraico romano non è askenazita (area franco-tedesca) né sefardita (area spagnola) semplicemente perché gli ebrei romani «provengono direttamente dall'antico Israele».
Caviglia, lungo tutto il saggio storico, ha l'abilità letteraria di mantenere un tono narrativo non da addetti ai lavori ma da autentico divulgatore. C'è il capitolo dei lunghi secoli degli alterni rapporti col Papato (da Leone X che istituisce una cattedra di ebraico a La Sapienza nel 1514 a quelli che Caviglia chiama «i settant'anni nel deserto» compresi tra il 1800 e il 1870). Ma avvincenti sono soprattutto (proprio perché l'autore presenta i dati senza emozione né coinvolgimento) le pagine di storia moderna. La complessa questione dell'adesione, spesso entusiasta, di molti ebrei al primo fascismo. L'intollerabile capitolo del 16 ottobre. Il clima che precedette l'attentato alla Sinagoga del 9 ottobre 1982. Poi la prima visita di un Papa con Giovanni Paolo II accanto a Elio Toaff. Infine una guida alla vita religiosa ebraica romana, con tanto di glossario e di analisi della gastronomia ebraico-romana. Il pregio di questo saggio è di non puntare l'indice contro nessuno né di sollecitare conti storici. Anzi è la tipica pietra posta sul cammino del futuro. E chiunque sia romano, o ami questa nostra complessa città, troverà mille ragioni per identificarsi in mille passaggi del libro. Lassatece passà/ semo romani , ordina lo stornello. Lassatece passà ma tutti insieme. Soprattutto i più antichi tra noi, figli della stessa Roma.
(Corriere della Sera - Roma, 29 settembre 2013)
Milano - Jewish and the City, un appuntamento da tutto esaurito
Tutto esaurito e oltre nella serata del Teatro Parenti che ha ufficialmente aperto Jewish and the City, la rassegna milanese dedicata alla cultura ebraica che abbraccia ed espande la Giornata europea dedicata a Natura ed ebraismo. Sul palco Haim Baharier, studioso di ermeneutica biblica e lo psicanalista Vittorino Andreoli, coordinati da Andreè Ruth Shammah, direttore artistico del teatro, a raccontare perché "Shabbat non è una domenica che capita di sabato". In un cammino di linguaggi tra spiritualità, ricordi e un pizzico di ironia, si è inserito anche l'intervento del direttore del Dipartimento educazione e cultura dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e direttore scientifico del festival rav Roberto Della Rocca, che ha conquistato la platea con i suoi ricordi di ragazzino a Roma alle prese con l'arduo compito di spiegare l'osservanza di Shabbat a compagni e insegnanti del liceo classico pubblico Visconti....
(Notiziario Ucei, 29 settembre 2013)
Le donne israeliane tra cinema e realtà" a Cinematov
Cinematov : rassegna di film israeliani in programma a Milano al teatro Franco Parenti
MILANO - Cinematov, rassegna di cinema israeliano indipendente giunta quest'anno alla seconda edizione presenterà a Milano al Teatro Franco Parenti, dal 4 al 7 ottobre, una serie di film imperniati sulla donna nella società israeliana.
Tutti i film in programma a Cinematov, opere che vanno dagli anni '60 a quelli del 2000, girano intorno al tema "Le donne israeliane tra cinema e realtà" una serie di corto e lungometraggi che evidenziano il ruolo delle donne nella società di Israele, riflettendo un'immagine che può sorprendere rispetto all'immaginario spesso veicolato, di una donna paritaria rispetto all'uomo, in un paese antesignano che tra i primi ha visto la presenza di rappresentanti femminili nell'esercito e di una donna di primissimo piano internazionale come Golda Meir dominare la scena politica (lady di ferro come la britannica Thatcher che diventerà Primo ministro nel '79 mentre la Meir era già deceduta da un anno).
I film presentati a Cinematov, sono stati selezionati tenendo conto della loro qualità (diversi, infatti, hanno ricevuto premi e menzioni) ma anche con il desiderio di offrire al pubblico la visione di opere difficilmente proposte nei circuiti commerciali.
Film in maggioranza di registi uomini, tra questi anche uno, "Matzor", (che fu candidato alla Palma d'oro a Cannes) di un regista italiano Gilberto Tofano,(figlio dell'attore, regista, disegnatore Sergio Tofano) mentre la rassegna è opera di una donna Marta Teitelbaum, - giornalista, traduttrice e docente di ebraico all'università di Amiens.
Marta Teitelbaum, con il suo sguardo attento e sensibile e la sua grande conoscenza di Israele paese in cui ha compiuto i suoi studi, ha a lungo vissuto, che continua regolarmente a frequentare sia per lavoro che per relazioni familiari, ha curato una volta di più un programma vario ed accuratamente scelto per offrire agli spettatori una rassegna di grande qualità che non potrà che interessare il pubblico.
(Mondo Informazione, 29 settembre 2013)
Una telefonata non assicura la pace
di Fiamma Nirenstein
Una telefonata storica, dal '79 non si era visto niente di simile, una svolta, un passo strategico, una vittoria per Obama. I media non si sono risparmiati. Se poi il saluto in farsi di Obama a Rohani (khodafez, «che Dio ti accompagni») e il «have a nice day» di Rohani a Obama preludano a vere trattative sul nucleare, solo un indovino lo può prevedere, per ora parole gentili sono state aggiunte a parole, il fantasma del perfido Ahmadinejad è fugato, che sollievo, e tutti sperano che la bomba a tempo più paventata, quella degli ayatollah destinata a stabilire il califfato mondiale e a distruggere Israele, possa essere stata disinnescata, con i pericoli di guerra. Obama si muove a fin di bene, come ha fatto anche col discorso del Cairo, o quando ha chiamato la Fratellanza Musulmana «una forza prevalentemente laica». Sbagliava. E oggi? La telefonata di quindici minuti, è stata richiesta dagli iraniani, certo un segno di grande interesse. Obama vi si è detto ancora una volta disponibile a trattative, ma non non ha parlato di promesse nella confernza stampa post-telefonata: solo di un'apertura di rapporto che potrebbe portare a una «soluzione complessiva»; la via è, dice, «piena di ostacoli»; e Rohani giunto in patria, dove è stato accolto da evviva ma anche da scarpate, si è vantato dei grandi onori ricevuti come di una svolta, ma ha detto subito che gli impianti nucleari sono «l'orgoglio» irrinunciabile del popolo iraniano. Un vero dilemma: nucleare per uso civile, come ha detto a New York. Difficile davvero crederlo. Rohani è un presidente partorito dal leader supremo Khamenei, l'unico vero capo. Gli altri candidati sono stati esclusi o incarcerati; è il negoziatore che nel 2005, quando l'Agenzia Atomica rivelò che l'Iran aveva nascosto le strutture per un nucleare aggressivo, disse: «Parliamo con gli europei a Teheran e installiamo strutture a Isfahan. Creando un ambiente rilassato, siamo riusciti a finire il lavoro».
Obama ha citato la dichiarazione di Rohani sulla proibizione religiosa a fare armi di distruzione di massa, ciò che è in contraddizione completa sia con la realtà dei fatti in tutto l'Islam (il Pakistan ha almeno 200 bombe atomiche, e quasi tutto il Medio Oriente ci ha provato), quanto all'Iran ci sono dozzine di prove della sistematica costruzione della bomba. In più si sa bene che c'è la mumatilah, una tattica sviluppata dai mullah nei secoli: temporeggiare per raggiungere lo scopo. Inoltre un cedimento iraniano non è concepibile per chi si ritiene il suo capo, la sua testa di ponte, segnerebbe una sconfitta complessiva.
Tuttavia l'Iran, per far togliere le sanzioni, che è la promessa elettorale di Rohani, può trattare per accatastare il suo uranio arricchito, aprire in parte all'Aiea, gestire a lungo una trattativa che soddisfi il mondo e in particolare Obama. La bomba non sparirebbe dall'orizzonte ma sarebbe rimandata. Quando Obama il 9 ottobre del 2009 ricevette il Premio Nobel, molti giudicarono avventato quel gesto: non lui. È invece del tutto probabile che quell'evento che commentò auspicando tolleranza fra popoli di diverse fedi, razze e religioni e invocando l'eliminazione dell'arma nucleare lo abbia influenzato per sempre. A ogni costo, Obama vuole rendere reale il suo Nobel. E Rohani vuole che si sollevino le sanzioni sull'Iran. Ci basta?
(il Giornale, 29 settembre 2013)
La sorprendente reazione di Israele all'aggressione palestinese
di Daniel Pipes
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La casa di Beit Hamachpela a Hebron |
Come rappresaglia per la sparatoria avvenuta il 22 settembre in cui è rimasto vittima un soldato israeliano di 20 anni, il sergente Gabriel Goby, mentre era di pattuglia a Hebron, colpito dal fuoco di un cecchino alla nuca, il governo israeliano ha autorizzato l'immediato re-insediamento nell'edificio ribattezzato Beit Hamachpela ("la Casa dei Patriarchi"), un fabbricato di tre piani che sorge a Hebron, vicino alla Grotta dei Patriarchi e al luogo in cui il soldato Koby è stato ucciso.
(La comunità ebraica di Hebron aveva acquistato gran parte dell'edificio nel marzo 2012 ma pochi giorni dopo ai suoi membri fu ordinato di sgomberare il caseggiato perché non erano in possesso del permesso di soggiorno. In seguito, essi hanno vinto una causa legale che ha permesso loro di farvi ritorno senza però avere l'autorizzazione per farlo.)
Il premier Benjamin Netanyahu ha commentato che "Chiunque cerca di sradicarci dalla città dei nostri antenati otterrà l'opposto. Noi continueremo a combattere il terrorismo e a colpire i terroristi con una mano, e con l'altra, continueremo a rafforzare l'impresa delle colonie". Il ministro dell'Economia Naftali Bennett ha osservato che "Sappiamo come costruire e colonizzare. Non come uccidere. Questa sarebbe la risposta sionista adeguata [alla violenza]".
Commenti:
1) Essendo io favorevole da lunga data a una risposta israeliana più energica alla violenza immotivata, questa decisione mi sembra molto appropriata. Essa indica ai palestinesi che uccidere gli israeliani li fa procedere a ritroso. La prossima volta, la risposta israeliana dovrebbe essere più energica; e come suggerisce Aaron Lerner, ciò potrebbe significare la creazione di un nuovo quartiere. Questo messaggio arriverebbe rapidamente e la violenza avrebbe fine. |
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