Notizie su Israele 17 - 1 giugno 2001


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Il Signore disse ad Abramo: "Va' via dal tuo paese, dai tuoi parenti e dalla casa di tuo padre, e va' nel paese che io ti mostrerò; io farò di te una grande nazione, ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai fonte di benedizione. Benedirò quelli che ti benediranno e maledirò chi ti maledirà, e in te saranno benedette tutte le famiglie della terra"

(Genesi 12.1-3)



Nel primo foglio di Notizie su Israele del 17 aprile scorso avevo riportato un discorso tenuto nel mese di marzo a Beirut da Faisal Husseini, ministro dell'Autorità Palestinese per Gerusalemme, che nel 1993 fece parte della delegazione palestinese nella discussione degli accordi di pace di Oslo. Il discorso di Husseini, tradotto e commentato in inglese e in tedesco, aveva un nocciolo che può essere espresso così: Bisogna impedire a Sharon di riportare sicurezza in Israele, perché questo significherebbe il naufragio dell'obiettivo palestinese, che è l'annientamento dello Stato di Israele per gradi. Bisogna dire che alcuni obiettivi intermedi nella direzione dell'obiettivo finale sono stati raggiunti: a Gerusalemme e in tutto il territorio di Israele continuano gli attentati e Sharon non è riuscito a riportare sicurezza al suo popolo. Quello che Faisal Husseini non poteva prevedere è la sua repentina uscita di scena dal terreno di lotta. La sua morte inaspettata ha colpito tutto il mondo palestinese e la notizia è stata ampiamente diffusa anche in occidente dai mezzi di comunicazione. Oltre alla notizia della sua scomparsa, riporto di nuovo il testo del discorso di Husseini, perché vale la pena di riflettere attentamente sulle sue parole alla luce di quello che sta accadendo.

M.C.


FAISAL HUSSEINI, MINISTRO DELL'AUTORITA' PALESTINESE PER GERUSALEMME, MUORE PER ATTACCO CARDIACO


Discendente di uno dei clan famigliari arabo-palestinesi piu' influenti a Gerusalemme, autorevole esponente dell'Olp, negli anni Ottanta Faisal Husseini si mise in mostra come uno dei fautori del dialogo con gli israeliani. Buon conoscitore della lingua ebraica, fu spesso ospite di trasmissioni radio-televisive israeliane durante le quali cercava di illustrare il punto di vista palestinese. La sua posizione tuttavia era diventata sempre piu' intransigente durante questi ultimi mesi di scontri violenti fra israeliani e palestinesi. La morte per infarto miocardico ha colto Faisal Husseni, 61 anni, mentre si trovava in albergo in Kuwait per partecipare a un convegno volto a bloccare la normalizzazione dei rapporti fra Israele e mondo arabo. Il padre di Faisal Husseini, Abdel Kader, aveva guidato truppe irregolari arabe contro gli ebrei di Palestina nel 1948 ed era rimasto ucciso a quarant'anni nelle battaglie per stringere d'assedio la Gerusalemme ebraica, divenendo un simbolo palestinese della lotta armata contro la nascita di Israele. I capi della "intifada" hanno ordinato ai negozi arabi di Gerusalemme tre giorni di chiusura per lutto.

(Ha'aretz, Jerusalem Post, 31.05.01 - ripreso da israele.net)


OBIETTIVO FINALE: L'ANNIENTAMENTO DI ISRAELE PER GRADI


Dal discorso di Faisal Husseini a Beirut (marzo 2001)

"Sia benedetta Beirut, che ha sconfitto il nemico e in questo modo ha dimostrato che noi possiamo vincere le superpotenze. Benedetta sia la resistenza [degli Hesbollah] che ci ha dato la speranza che il futuro è nelle nostre mani. La vittoria libanese [cioè il ritiro delle truppe israeliane dalla zona di sicurezza sudlibanese] è il più grande esempio della realtà in cui vive il nemico israeliano, la cui sconfitta è cominciata poche settimane dopo la sconfitta araba del 1967.

Nel 1969 ero un membro dell'esercito di liberazione in Siria e da li visitai le città occupate in Palestina. Quando visitai Jaffa e Haifa un giornalista mi chiese quali erano i miei sentimenti. Dissi che Gerusalemme avrebbe subito lo stesso destino di Haifa - che in massima parte è diventata ebrea - se noi non fossimo stati abbastanza saggi da combattere e prepararci con ordine.

L'attuale Intifada ha irrinunciabili motivi interni ed esterni. Non è un atto di protesta, ma un movimento di liberazione che non può essere fermato fino a che non sia stata raggiunta la piena indipendenza palestinese.

Nella prima Intifada [dicembre 1987] riuscimmo a infrangere con successo molti tabù israeliani. Golda Meir disse una volta che non esisteva un popolo palestinese, ma noi ci guadagnammo il nostro riconoscimento. Nel passato avevano detto "no" a uno stato palestinese, ma noi rompemmo anche questo tabù.

Nel passato si rifiutavano di riconoscere l'OLP [Organizzazione per la Liberazione della Palestina], e adesso ci riconoscono come l'unico legittimo rappresentante del popolo palestinese. Nell'attuale Intifada abbiamo anche infranto il tabù su Gerusalemme e sui profughi [il diritto al ritorno sui territori di Israele dei profughi del 1949].

Durante il periodo di Barak, nonostante tutte le tragedie e i comportamenti barbarici [di Israele], abbiamo infranto molti tabù, e adesso Sharon cerca di far tornare indietro tutto questo. Barak aveva consentito che fosse restituito il 95% del territorio palestinese occupato. Per questo non dobbiamo permettere che Sharon abbia successo. L'Autonomia Palestinese non offrirà nessuna rete di protezione a Sharon, anche se lui usa toni più moderati quando mantiene la sua politica.

Il vertice arabo [che si tenne la settimana successiva] si deve tenere lontano dalla logica secondo cui si devono offrire possibilità a Sharon. Noi ci aspettiamo molti scontri con gli Israeliani nei prossimi mesi, soprattutto a Gerusalemme. Ci sono tutti gli elementi per un'esplosione.

Noi siamo convinti che gli scontri in Gerusalemme scuoteranno il mondo dall'Indonesia al Marocco. E questo sarà un segno per gli USA, che saranno costretti a capire che il loro appoggio a Israele distruggerà la stabilità in tutta la regione. Ci troviamo davanti a una battaglia, e a questa adesso ci stiamo preparando. Non dobbiamo permettere che Sharon abbia successo sulla questione della sicurezza, perché questo significherebbe la nostra sconfitta politica.

In questa battaglia il popolo palestinese procede mano nella mano con la dirigenza dell'Autonomia Palestinese. Non ci sono dissidi interni tra le due parti. L'Intifada deve avere la priorità. Ci possono essere stati errori e mancanze, ma la battaglia ha importanza primaria.

C'è anche una fine differenze che tutti devono ben capire. Io posso essere obbligato a mantenere i contatti con il governo di Sharon per ottenere alcune cose di importanza vitale per il nostro popolo. Ma questo non giustifica il mantenimento di relazioni con Israele da parte di altri [stati arabi]. Io mantengo i contatti [con Israele] PER PORRE FINE ALLA RELAZIONE. E' cosa ben diversa dalle relazioni che altri stati voglio mantenere fra di loro.

C'è differenza tra l'obiettivo strategico del popolo palestinese, che non è pronto a concedere neppure un briciolo del territorio palestinese, e l'obiettivo politico che si vuol ottenere con l'equilibrio delle forze, secondo l'attuale sistema internazionale.

La prima cosa è diversa dalla seconda. Possiamo vincere o perdere [le singole battaglie], ma i nostri occhi continueranno a puntare l'obiettivo strategico, cioè UNA PALESTINA CHE SI ESTENDA DAL FIUME AL MARE. Quali che siano le cose che adesso possiamo ottenere, esse non ci faranno dimenticare questa altissima verità".

(dal giornale libanese "Al-Safir", 21.03.01)



ATTIVISTI FATAH SEQUESTRANO DUE GIORNALISTI STRANIERI


Un gruppo di attivisti di Fatah ha messo in atto martedi' a Rafah (striscia di Gaza) un sequestro-lampo di quattro ore di due giornalisti che lavorano per la redazione di Gerusalemme del periodico americano Newsweek, il reporter statunitense Joshua Hammer e il fotografo britannico Gary Knight. "Questa operazione - recita un comunicato emesso dal gruppo di Fatah - costituisce un avvertimento a Stati Uniti e Gran Bretagna perche' si rifacciano i loro conti e sappiano che tutti i loro cittadini in Palestina e nel mondo arabo sono passibili di sequestro e uccisione se continueranno ad appoggiare Israele". "Siamo molto sollevati per il rapido rilascio di Hammer e Knight - ha dichiarato il direttore di Newsweek Richard Smith - ma siamo indignati per il fatto che due giornalisti siano stati trattati in questo modo mentre svolgevano il loro lavoro". Benche' i due siano usciti illesi dal sequestro, la vicenda potrebbe pregiudicare ulteriormente la qualita' dei servizi giornalistici dal teatro israelo-palestinese. "Si tratta davvero di un segnale di pessimo augurio per i giornalisti che operano nei territori - dice un corrispondente straniero - Questo genere di fatti tendono ad essere contagiosi e altri potrebbero farsi venire la stessa idea. Tutti abbiamo in mente il Libano degli anni Ottanta e ci domandiamo se nei territori palestinesi le cose possano mettersi allo stesso modo". Forse un effetto si puo' gia' vedere nella presa di posizione molto piu' sfumata dell'Associazione Stampa Estera, che in un comunicato firmato dal presidente Howard Goller condanna il rapimento messo in opera da quelli che definisce "sedicenti membri di Fatah" ed esprime soddisfazione per l'impegno pubblico da parte di Mohammed Dahlan, capo dei servizi di sicurezza preventiva palestinesi a Gaza, di perseguire e incriminare i responsabili. "L'Associazione Stampa Estera - continua il comunicato - chiede all'Autorita' Palestinese, come ha gia' fatto di recente con il governo israeliano, di garantire che tutti giornalisti in servizio su questo difficile e pericoloso conflitto possano fare il proprio lavoro senza timore di aggressioni, interferenze, vendette o intimidazioni". Piu' laconico il commento di un funzionario della difesa israeliano: "Ora i corrispondenti stranieri possono vedere il vero volto della liberta' di stampa palestinese".

(Jerusalem Post, 30.05.01)


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