Notizie su Israele 43 - 21 settembre 2001


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Pregate per la pace di Gerusalemme! Quelli che ti amano vivano tranquilli. Ci sia pace all'interno delle tue mura e tranquillità nei tuoi palazzi! Per amore dei miei fratelli e dei miei amici, io dirò: La pace sia dentro di te! Per amore della casa del SIGNORE, del nostro Dio, io cercherò il tuo bene.

(Salmo 122.6-9)



Gli articoli di questo foglio possono andare sotto il titolo "Scene di vita in Israele".
Preghiamo per la pace di Gerusalemme!

M.C.


RAGAZZI, ALBERI, BEDUINI E ... DUBAK


Articolo di Johannes Gerloff

    
Dubak

"Dì a Dubak che se ha bisogno di me mi chiami per telefono!" La tredicenne Shosana mi saluta con la mano dall'altra parte della strada. Mi trovo in Alon Shvut, uno degli insediamenti ebrei in Gush Etzion, e sto aspettando Dov Weinstok, di solito chiamato soltanto "Dubak".
    Prima Dubak era "Incaricato della sicurezza" del coloni ebrei in questa zona a sud di Gerusalemme. Adesso è in pensione, ma non per questo si è fermato. Il suo cuore batte per questo paese e per le persone che vi abitano.
    Raccoglie quindi intorno a sé i nuovi giovani immigrati - o, per meglio dire, "Vengono loro da soli!" dice sorridendo Dubak, come anche la piccola Shosana. Fa montare gli scolari sulla sua ammaccata e sovraccarica Landrover e li porta con sé nella selvaggia zona montuosa della Giudea.
    Lì mostra loro come si devono tagliare gli alberi, dove si deve buttare la spazzatura. Da noi si direbbe: "cura del paesaggio". Ma a Dubak importa soprattutto che questi ragazzi ebrei imparino a conoscere e ad amare il loro paese.
    Una parte del suo compito come "Incaricato della sicurezza" dei coloni era quella di vigilare sui resti antichi degli insediamenti ebrei di questa zona. Nel viaggio attraverso il deserto di Giuda, andando giù verso il Mar Morto, mostra vecchi torchi per l'olio e il vino, e indica l'altra sponda al di là del wadi:
    "Lì si trova una cisterna del periodo bizantino. Quella, la sgombreremo insieme con i ragazzi. D'inverno i torrenti si riempiono. D'estate ho una piscina per i ragazzi."
    Dov Weinstok discende da un'antica famiglia ebrea che abita in Gerusalemme da molte generazioni. Conosce bene i suoi vicini arabi, e loro conoscono lui. La politica l'interessa meno. Se gli si chiede chi lo rappresenta nella Knesset, alza le spalle.
    Lui vuole far crescere questo paese e considera il ritorno del popolo ebreo nella sua patria originaria come un'opera del vecchio Dio di Israele.
    La situazione giuridica in Giudea e Samaria, i cosiddetti territori occupati, è caotica. In questa zona si sono succeduti il diritto turco, il diritto del Mandato britannico, il diritto giordano e il diritto di occupazione israeliano. E negli ultimi anni si è aggiunto il diritto palestinese. Ma nelle questioni di terra, e su questo tutti i partiti sono d'accordo, è decisivo il diritto di proprietà dell'Impero Ottomano.
    Secondo il diritto turco non esiste terreno privato, ma soltanto diritto di usufrutto. Tutta la terra appartiene al "Sultano". Quando un abitante del paese lavora un pezzo di terra per più di tre anni senza che gli sia contestato da qualcun altro, ottiene il diritto di uso su quel pezzo di terra. E può vendere o lasciare in eredità questo diritto. Ma se un fondo rimane inutilizzato per più di dieci anni, il diritto di uso decade.
    Il sistema giuridico turco costituisce il motivo per cui Ariel Sharon, allora Ministro degli Esteri nel governo Netanyahu, diceva ai coloni: "Prendetevi le colline come vostri insediamenti!" Perché chi lavora la terra ne diventa proprietario. Nei processi tra coloni e palestinesi la Corte Suprema di Israele ha sempre deliberato contro le ambizioni degli Ebrei.
    Pochi chilometri ad est del Gush Etzion, al limite della pista nel deserto, Dubak indica un centinaio di strani casermoni di cemento. Lunghi tre metri, larghi tre metri e alti due metri, si trovano sparsi nel panorama roccioso. Da un lato c'è una finestra, senza cornice e senza vetro, soltanto con una traversa di metallo; dall'altro lato una porta di ferro. Sullo sfondo si vedono un paio di tende di Beduini.
    "Questo l'ha costruito l'Autorità Palestinese. Dopo ha portato qui i Beduini da Gerico e gli ha detto che queste case sono loro", racconta Dubak. "I Beduini sono stati contenti di essere diventati proprietari di case. Poi l'Autorità Palestinese ha spiegato al mondo: 'Qui c'è un grande villaggio palestinese. Il paese appartiene a noi.' Poi i Beduini sono tornati a Gerico, nelle loro tende." Oggi i bungalows monolocali sono vuoti.
    C'è una politica aggressiva dei coloni ebrei. Ma c'è anche una politica aggressiva di insediamento dei palestinesi. In Giudea e Samaria è in corso una guerra per la terra. Le armi che vengono usate in questa guerra non sono soltanto sassi, mitragliatrici, carri armati e razzi, ma anche bulldozer, costruzioni di case e messa a dimora di alberi. Perché un pezzo di terra su cui si trova un olivo, dopo che per tre anni è stato lavorato diventa "terra privata".
    Per questo nella zona centrale di Israele gli alberi vengono piantati in modo strategico - e ogni tanto divelti. "Per ogni albero mio", dice Dubak in modo inequivocabilmente chiaro, "cinque alberi vostri!" E aggiunge: "Io non metto i chiodi sulle strade per divertimento, come gli estremisti ebrei di destra. Ma dopo che gli arabi mi hanno messo i chiodi sulla strada, la notte seguente si sono trovati i chiodi dappertutto sulle loro strade. E gli ho fatto sapere chi era il responsabile!"
    Dov Weinstok vede il suo futuro insieme ai suoi vicini arabi. Per questo non vuole avere niente a che fare con il servizio segreto israeliano per l'interno, lo 'Shabak'. "Se lavorassi per lo 'Shabak' si verrebbe subito a sapere e perderei ogni fiducia". Dubak risolve i problemi con i suoi vicini a modo suo.
    "Non sono un cane io, da prendere a sassate", dice ricordando qualche difficoltà del passato e indica degli olivi sul bordo della strada. Guardando bene si vede che sono stato tagliati un paio d'anni fa. "L'ho fatto io!" ammette ridendo: "E dopo questo non mi hanno più gettato sassi."
    Nel frattempo, andando giù in direzione del Mar Morto, abbiamo lasciato dietro di noi ogni segno di civilizzazione. La contesa per la terra sembra essere rimasta indietro in un altro mondo. Dubak devia dalla pista del deserto e forza il suo fuoristrada in salita. Dietro la cima di una collina spuntano le tende dei Beduini. Capre, asini, pecore e cammelli sono alla ricerca di cibo negli aridi dintorni. Bassam, un Beduino quindicenne monta in macchina - e Dubak ci presenta un altro esteso ramo della sua attività.
    In questa selvaggia zona montuosa ogni anno si perdono e muoiono delle persone. Prima l'esercito spediva da 15 a 20 mezzi di campagna per andare a cercare nelle gole difficilmente raggiungibili. Spesso venivano impiegati anche degli elicotteri.
    "Io ho spiegato ai Beduini che loro hanno doti che nessun altro ha", dice sorridendo Dubak, a cui la rude vita di questa zona sta scritta in viso. I nomadi di queste parti sono eccellenti cercatori di tracce. "Io chiedo sempre i loro consigli su tutto", racconta Dubak. "Bevendo insieme il caffè nero, con il consiglio dei vecchi, prendiamo informazioni dalla loro conoscenza della zona e dalla loro intuizione. Poi andiamo diretti all'obiettivo."
    Quando viene annunciato che qualcuno si è perso nel deserto di Giuda, la ben equipaggiata squadra di salvezza "Ein Gedi" non si muove più senza prima informarci. Dubak è fiero dei "suoi" Beduini. Da quando loro partecipano alle ricerche il numero delle vittime disperse nel deserto di Giuda è sceso dell'80 percento.
    "Un paio di settimane fa abbiamo trovato uno studente di 16 anni."
    Intanto l'oscurità è scesa sul deserto. Il pungente vento autunnale soffia sulle spoglie colline in direzione del Mar Morto. Attorno al fuoco del bivacco Bassam ci ristora con tè dolce e pane fresco che intingiamo in olio d'oliva e Sa´atar.
    Dubak diventa improvvisamente molto personale e collega la salvezza del teenager con la sua propria biografia. Il primo dicembre 1993 il suo unico figlio, Yitzchak, all'età di 19 anni è stato ucciso in Eli, mentre ritornava dalla Yeshiva (la scuola di Talmud). "E' stato in el-Bireh, un sobborgo di Ramallah. Avevano avuto un guasto alla macchina. Durante la riparazione lui e l'infermiera ventenne che l'accompagnava sono stati colpiti da dietro." Negli occhi del vecchio, duro uomo compaiono le lacrime: "Quando riesco a salvare un giovane come lui, mi sembra di aver fatto rinascere il ragazzo ai suoi genitori."

(Israelnetz.de, 20.09.01).



NON E' FACILE QUI ESSERE BAMBINO


Articolo di Krista Gerloff

 E' il primo di settembre. In Israele questo significa che comincia l'anno scolastico. I due mesi estivi più caldi, luglio e agosto, sono passati, e con loro sono finite anche le vacanze estive.
    Nella sudafricana Durban gli Arabi aizzano il mondo contro Israele, bollano come nazista lo Stato ebraico e paragonano il suo comportamento verso i Palestinesi con l'olocausto. Nel frattempo io sto seduta nel cortile di una scuola elementare israeliana e osservo la cerimonia di saluto per i bambini della prima classe.
    Proprio vicino a me c'è un gruppo di poliziotti. Si temono attentati terroristi di estremisti islamici contro scuole e asili, soprattutto in occasioni come queste, quando i  bambini sono raccolti per il primo giorno di scuola.
    Sotto lo striscione "Shalom Prima Classe" arrivano i bambini della prima. Ogni nuovo bambino è accompagnato per mano da un compagno più grande della sesta o della settima classe.
    Per un po' di tempo i grandi restano seduti vicino ai loro rispettivi rampolli. Per tutto l'anno scolastico, una volta la settimana, saranno a disposizione dei nuovi scolari e prepareranno per loro giochi e sorprese.
    La Direttrice della scuola rivolge a tutti una parola di saluto. Parla di "tempi difficili", di "problemi con i nostri vicini". Nomina anche il ragazzo diciassettenne della nostra zona che a luglio è stato ucciso dai terroristi.
    Ma il tono di fondo del suo discorso è pieno di speranza e gioia. Guardando questa donna impegnata nessuno direbbe che in questa snervante guerra di Israele per il suo diritto all'esistenza anche lei ha perso un figlio. Tre anni fa, nel Libano del Sud, è caduto nella guerra contro i terroristi del movimento estremista Hezbollah.
    Poi è il turno dei bambini della seconda, che fanno vedere ai loro successori che in un anno si sono ben ambientati e hanno imparato a leggere molto bene. Si canta e si balla. Come madre, un canto mi ha particolarmente commosso:

Non è facile qui essere bambino,
sentire notizie ogni mezz'ora
e sapere che da qualche parte la mamma prega
e una lacrima scende dopo l'altra.
Non è facile qui essere bambino
e imparare a scuola che cos'è la guerra.
Ma io so che sotto il cielo azzurro,
non c'è nessun altro posto
dove io voglio vivere.

    Alla fine i bambini grandi si impegnano ad essere di esempio e consegnano ai principianti un foglio su cui sono scritte le parole-chiave che devono accompagnarli: "Amore", "Amicizia", "Pazienza", "Rispetto", "Educazione", "Eredità".
    Durante la consegna delle parole-chiave viene detto, per esempio: "Noi vi consegniamo la chiave della Pazienza. Pazienza significa accettare un'altra opinione. E' la capacità di capire che non siamo tutti uguali. Possiate essere pazienti gli uni verso gli altri, e anche noi verso di voi!"
    Non so se un bambino di sei anni è in grado di capire tutto questo. Ma non sono l'unica ad avere l'impressione che siano veramente assurde le accuse rivolte a Durban contro Israele. In Eilat, per esempio, un gruppo di lavoratori neri ha protestato contro l'accusa rivolta ad Israele di essere razzista.

(Israelnetz.de, 18.09.01) 



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