Notizie su Israele 45 - 1 ottobre 2001


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Sulle tue mura, Gerusalemme, io ho posto delle sentinelle; non taceranno mai, né giorno né notte. Voi che destate il ricordo del SIGNORE, non abbiate riposo, non date riposo a lui, finché egli non abbia ristabilito Gerusalemme, finché non abbia fatto di lei la lode di tutta la terra.

(Isaia 62.6-7)


TERRORISMO RIPROVEVOLE, TERRORISMO COMPRENSIBILE E TERRORISMO ENCOMIABILE


Da un articolo di Evelyn Gordon su Jerusalem Post

     Subito dopo gli attentati a New York e Washington tutti gli esperti hanno proclamato a gran voce che il mondo non sarebbe stato piu' lo stesso. Il mondo non chiudera' piu' gli occhi di fronte al terrorismo, dicevano. D'ora in poi saranno messi al bando tutti i terroristi e tutti i regimi che li sostengono. E invece, soltanto due settimane dopo il piu' devastante attacco terroristico che la storia ricordi, pare che l'approccio del mondo al terrorismo sia gia' tornato quello di sempre, con i suoi ambigui distinguo.
     Un approccio, oltretutto, che assomiglia molto a quello dello stesso super terrorista Osama Bin Laden. Proprio lui, infatti, nel 1998 in un'intervista alla ABC aveva spiegato che c'e' un terrorismo "riprovevole" e c'e' un terrorismo "encomiabile". Sostituite "encomiabile" con "comprensibile" e avrete esattamente la distinzione che gli stessi paesi occidentali hanno fatto per anni, e che hanno gia' ripreso a fare dopo l'11 settembre.
     Cosa determina se un certo attentato e' " riprovevole" o "comprensibile"? Semplice: la nazionalita' rispettivamente delle vittime e degli attentatori. L'ambasciatore francese in Israele Jacques Huntzinger ha esposto con grande chiarezza questo "nuovo" criterio durante un ricevimento due giorni dopo la distruzione delle Twin Towers, ed e' stato ben presto imitato da molte altre voci autorevoli come quella del ministro degli esteri britannico Jack Straw. Secondo Huntzinger, e' impossibile mettere sullo stesso piano l'attentato suicida a New York e gli attentati suicidi in Israele, perche' l'attentato a New York costituisce un'imperdonabile aggressione contro civili inermi, mentre gli attentati in Israele sono "collegati al conflitto tra israeliani e palestinesi".
     In altre parole, assassinare dei civili inermi a New York perche' si vuole che le truppe americane lascino il suolo dell'Arabia Saudita (questa e' la spiegazione abitualmente offerta da Bin Laden per la sua guerra all'America) e' sbagliato. Viceversa, assassinare dei civili inermi a Tel Aviv o a Gerusalemme perche' si vuole che lo stato ebraico venga cancellato dalla mappa del Medio Oriente (questa e' la spiegazione abitualmente offerta da Hamas e Jihad Islamica) e' "comprensibile". Niente male come inizio della nuova guerra mondiale contro tutto il terrorismo.

(Jerusalem Post, 25.09.01)



GUERRA A COALIZIONI VARIABILI CONTRO TERRORISMI PRESCELTI


Da un articolo di Aluf Benn su Ha'aretz

     Il terrorismo e' terrorismo, punto e basta. Gli israeliani lo vanno ripetendo dall'11 settembre 2001 per contrastare l'ambigua distinzione, che sta rapidamente prendendo piede nella comunita' internazionale, tra il terrorismo palestinese contro Israele e quello delle organizzazioni che hanno attaccato l'America.
     In un primo momento, subito dopo il devastante attacco, gli israeliani avevano sperato che la comunita' internazionale potesse ora capire meglio la loro lotta contro il terrorismo. Nei dieci anni trascorsi dalla guerra del Golfo, i governanti israeliani non hanno mai smesso di ripetere ai loro colleghi europei e americani che l'estremismo islamico aveva ereditato il ruolo di "nemico giurato" avuto dall'Unione Sovietica nella guerra fredda. E hanno continuato a chiedere che si unissero gli sforzi per combatterlo. Il colpo inferto dal terrorismo al cuore stesso degli Stati Uniti ha dimostrato che avevano ragione.
     Ma, una volta passato lo shock iniziale, ben presto si e' capito che gli Stati Uniti e i loro alleati hanno intenzione di mantenere le distanze da Israele, cosa che suscita a Gerusalemme il timore che si voglia fare la grande guerra internazionale contro il terrorismo ignorando completamente le minacce poste dal terrorismo a livello regionale e lasciando quindi Israele da solo di fronte agli estremisti palestinesi e libanesi. Timori rafforzati dalle dichiarazioni di vari esponenti, come il ministro degli esteri britannico Jack Straw, secondo cui il terrorismo palestinese sarebbe in qualche modo legittimo, o per lo meno comprensibile.
     Non a caso, nella lista di 27 organizzazioni messe al bando il 24 settembre dal presidente Bush perche' appoggiano e finanziano il terrorismo, non figurano ne' Hamas, ne' Jihad Islamica, ne' Hezbollah, tutte organizzazioni che non fanno mistero del loro ricorso sistematico al terrorismo contro civili, anche americani, e che da tempo compaiono nei rapporti sul terrorismo del Dipartimento di Stato. L'America, e' chiaro, per formare la sua coalizione ha bisogno del sostegno di Siria, Iran e Autorita' Palestinese, regimi che a loro volta sono tutti in un modo o nell'altro coinvolti nell'aiuto a quelle organizzazioni terroristiche. Ma si tratta di una spiegazione che difficilmente Israele puo' accettare.
     Ora Washington cerca di tranquillizzare gli israeliani chiedendo di avere pazienza: per il momento, dicono, ci stiamo concentrando su Osama Bin Laden e soci, principali imputati della strage dell'11 settembre. Ma la lista pubblicata e' solo la prima e non sara' l'ultima. Gli Stati Uniti, spiegano, si stanno preparando per una guerra di lunga durata contro le organizzazioni terroristiche e sono ben consapevoli della minaccia posta da Hezbollah. E dicono a Israele d'aver gia' fatto pressione su Siria, Libano e Autorita' Palestinese affinche' si adoperino contro i gruppi terroristici che operano sul loro territorio, e hanno gia' presentato loro un elenco di ricercati.
     Resta il fatto che Israele in questo momento non e' al centro degli interessi americani, i quali vogliono veder ripartire il dialogo fra Peres e Arafat, mentre ogni altro problema puo' aspettare. E Israele probabilmente dovra' faticare ancora di piu' per spiegare la sua posizione agli Stati Uniti e alla comunita' mondiale.

(Ha'aretz, 26.09.01)



ARAFAT SI SENTE LEGITTIMATO A CONTINUARE L'INTIFADA


    I Palestinesi non accetterano mai che si dica che praticano il terrorismo. Nei trent'anni in cui gli uomini dell'OLP di Arafat hanno trucidato uomini e donne, linciato ogni Ebreo che cadeva nelle loro mani, dirottato aerei e praticato indiscriminati attacchi suicidi, hanno sempre detto di combattere una "legittima guerra di resistenza".
    Sabato scorso, 29 settembre, la Radio ufficiale palestinese ha esteso questa pretesa anche ai devastanti attacchi suicidi che l'11 settembre scorso hanno colpito New York, Washington e la Pennsylvania. Il commentatore della radio e gli americani-palestinesi che stava intervistando hanno tutti insistito nel dire che quegli attacchi non erano atti di terrorismo, ma parte di una "giusta guerra di resistenza dei popoli contro l'egemonia americana".
    Gigantesche rappresentazioni del terrorista saudita Osama Bin Laden erano tenute in alto nelle adunate che si tenevano in quel giorno nei territori palestinesi. Osservatori politici in Gerusalemme hanno dichiarato che se il Primo Ministro israeliano Ariel Sharon pensa che essere morbidi con il terrorismo palestinese aiuterà gli Stati Uniti a creare una colazione anti-terrorismo, resterà deluso.
    Di questo è già stata fatta dolorosa esperienza. L'indulgenza mostrata dagli Stati Uniti nell'escludere Hamas e Jihad dalla lista delle organizzazioni terroristiche (per non parlare di Fatah, l'organizzazione dipendente da Arafat) faranno capire ad Arafat che non ha nessuna spinta per tenerle a freno. Potrà continuare indisturbato la sua criminale carriera di superterrorista e proseguire nelle macchinazioni che hanno già portato alla caduta di tre Primi Ministri israeliani.
    E' stato Arafat - non Bin Laden - quello che ha impartito ad un Presidente americano, Bill Clinton, un'umiliazione mai vista prima.
    Permettere che Arafat prosegua indisturbato nei suoi delitti, gli ha dato alla testa. Si considera in gara con Bin Laden, sia come capo terrorista che come leader religioso della Jihad. Mentre Bin Laden scaglia aerei di linea pilotati da fanatici islamisti suicidi, Arafat usa uomini suicidi con bombe legate al corpo. Nel suo incontro con Peres la settimana scorsa il leader palestinese ha dichiarato con profondo pathos: Bin Laden è in cima alla lista dei ricercati dell'America, ma io sono in cima alla lista di Bin Laden.
    Con questo voleva dire che lui era in cima alla lista di Bin Laden, prima ancora dell'America. Il messaggio per gli Stati Uniti era che per prendere Bin Laden gli Americani hanno bisogno di aiutare la macchina di terrore di Arafat e mantenere lui in vita, sano e salvo. In altre parole: per prendere un terrorista ci vuole un terrorista. Yasser Arafat perciò non ha nessuna intenzione di abbandonare la sua intifada, quali che siano le allettanti offerte che gli possano essere fatte, fino a che lui sarà vittorioso e Israele sarà in rovina.
    Si tratta anche qui di una guerra religiosa contro lo Stato ebraico come la tanto acclamata guerra contro "Crociati ed Ebrei".
    Come Bin Laden, Arafat è sicuro della vittoria finale. L'indulgenza israeliana e americana hanno rilanciato le sue speranze e gli garantiscono un altro tempo di vita. Ma se gli Stati Uniti hanno veramente l'intenzione di sradicare la piaga del terrorismo, saranno obbligati ad un certo momento a colpire la sorgente islamica palestinese, i cui metodi e obiettivi non sono diversi da quelli di Bin Laden.

(GAMLA: News and Views from Israel, 30.09.01)



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