Notizie su Israele 58 - 4 dicembre 2001


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In quel giorno, verso la radice d'Isai, issata come vessillo dei popoli, si volgeranno premurose le nazioni, e la sua residenza sarà gloriosa. In quel giorno, il Signore stenderà una seconda volta la mano per riscattare il residuo del suo popolo rimasto in Assiria e in Egitto, a Patros e in Etiopia, a Elam, a Scinear e a Camat, e nelle isole del mare. Egli alzerà un vessillo verso le nazioni, raccoglierà gli esuli d'Israele, e radunerà i dispersi di Giuda dai quattro canti della terra.

(Isaia 11:10-12)


RITI SACRIFICALI IN ONORE DI IDOLI PAGANI

Bambino palestinese con il mitra
festeggia per il ritiro di Israele
da Beit Jalla
Abbiamo attentatori suicidi per i prossimi vent'anni", ha detto il portavoce di Hamas dopo le orrende stragi avvenute nei giorni scorsi in Israele. Questo particolare aspetto della cosiddetta "intifada" palestinese non viene molto sottolineato. Anche gli ammiratori dell'eroico Davide palestinese in lotta contro il prepotente Golia ebraico si trovano un po' in imbarazzo davanti a simili metodi di combattimento. I consueti canoni economico-politici servono a poco. Allora si preferisce sorvolare e soffermare l'attenzione sulle classiche contrapposizioni falchi-colombe, ricchi-poveri, oppressori-oppressi.
    Ma che dei genitori siano fieri dei figli che si uccidono per uccidere altri, è difficile da spiegare e da "comprendere", anche da quelli che sono abituati a prendere sempre le parti degli "oppressi", che in questo caso naturalmente sarebbero i "poveri palestinesi".
 Ma questi fatti per noi nuovi rivelano la natura autenticamente religiosa del conflitto in corso. Religiosa nel senso che per entrambe le parti il riferimento a Dio o a una sua imitazione non è una sovrastruttura aggiuntiva, ma è reale e ineliminabile.
    Al tempo del profeta Eliseo il regno di Israele dominava anche sul regno di Moab. Mesa, re di Moab, si era ribellato a Ieoram, re di Israele. Ma quest'ultimo, con l'aiuto del re di Giuda e sotto la guida ispirata di Eliseo, aveva costretto Mesa a rinchiudersi nella città di Chir-Areset. Dopo aver tentato invano una sortita, davanti alla imminente, terribile catastrofe Mesa cercò l'aiuto del suo dio compiendo un atto estremo:

    "Allora prese il figlio primogenito, che doveva succedergli al trono, e lo offrì in olocausto sopra le mura" (2 Re 3:27).

 Le divinità dei popoli che contendevano con Israele potevano richiedere, come atto di supremo omaggio, anche il sacrificio dei figli.

 E il fatto interessante è che quella volta la cosa funzionò, perché nel racconto è scritto che:
 
     "A questa vista, un profondo orrore s'impadronì degli Israeliti, che si allontanarono dal re di Moab e se ne tornarono al loro paese" (2 Re 3:27).

    Purtroppo però anche gli Israeliti, nei loro lunghi periodi di infedeltà al Signore, imitarono le popolazioni di Canaan in questa abominevole forma di culto idolatrico, e per questo motivo furono più volte ripresi dalle parole dei profeti.

    "I figli di Giuda hanno fatto ciò che è male ai miei occhi, dice il SIGNORE; hanno collocato le loro abominazioni nella casa sulla quale è invocato il mio nome, per contaminarla. Hanno costruito gli alti luoghi di Tofet nella valle del figlio di Innom, per bruciarvi nel fuoco i loro figli e le loro figlie; cosa che io non avevo comandata e che non mi era venuta in mente" (Geremia 7:30-31).

    "Prendesti inoltre i tuoi figli e le tue figlie, che mi avevi partoriti, e li offristi loro in sacrificio, perché li divorassero. Non bastavano dunque le tue prostituzioni, perché tu avessi anche a scannare i miei figli, e a darli loro facendoli passare per il fuoco?" (Ezechiele 16:20-21)

    "Servirono i loro idoli, che divennero un laccio per essi; sacrificarono i propri figli e le proprie figlie ai demòni, e sparsero il sangue innocente, il sangue dei propri figli e delle proprie figlie, che sacrificarono agl'idoli di Canaan; e il paese fu profanato dal sangue versato" (Salmo 106:36-38).

    "Non c'è nulla di nuovo sotto il sole", dice l'Ecclesiaste, e questo è vero anche per i sacrifici umani che oggi vengono compiuti in nome di qualcuno che viene chiamato "il vero dio", mentre non è che un idolo come quelli davanti a cui si prostravano gli abitanti di Canaan.
    "Servirono i loro idoli ... sacrificarono i propri figli e le proprie figlie ai demòni ... sacrificarono agl'idoli di Canaan".
    Chi sacrifica i propri figli per una qualsiasi causa, certamente non li sacrifica al vero Dio, ma a un idolo. E chi sacrifica agli idoli, sacrifica ai demòni. L'uso voluto, continuato, religiosamente raccomandato di attentatori suicidi, vere vittime sacrificali di immondi riti pagani, rivela la natura diabolica di questa guerra contro Israele. Ma i saggi di questo mondo sono convinti che cedendo qualche pezzo di terra in più, concedendo un po' più di autonomia alle popolazioni oppresse, dando un po' di aiuti economici ai "poveri palestinesi", la pace potrebbe essere raggiunta.

    "Essi curano alla leggera la piaga del mio popolo; dicono: "Pace, pace", mentre pace non c'è (Geremia 6:14).

    "Poiché un bambino ci è nato, un figlio ci è stato dato, e il dominio riposerà sulle sue spalle; sarà chiamato Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace, per dare incremento all'impero e una pace senza fine al trono di Davide e al suo regno, per stabilirlo fermamente e sostenerlo mediante il diritto e la giustizia, da ora e per sempre: questo farà lo zelo del SIGNORE degli eserciti" (Isaia 9:6-7).

    La guerra contro Israele è una guerra contro il Dio di Israele. E quindi è una guerra persa in partenza.

Marcello Cicchese


IL MONDO SEGRETO DEI SUICIDI BOMBA 


Fanatismo religioso e spinte sessuali
portano i giovani arabi a diventare delle bombe umane

Articolo di Jack Kelly del USA TODAY


    ZARQA (Giordania) -  La famiglia Hotaris sta preparando una festa per celebrare l'assassinio di 21 giovani israeliani effettuato dal loro figlio suicida.
     I vicini appendono le foto di Saeed Hotari con 7 candelotti di dinamite in mano e scrivono con la vernice spray sui muri: 21 e si continua a contarli. Dispongono dei fiori a forma di cuore e di una bomba sul portone di ingresso.
    "Sono molto felice ed orgoglioso di quello che ha fatto mio figlio e devo ammettere che sono un po' geloso" dice Hassan Hotari,54,padre del giovane che il 1/6/2001 ha fatto l'attentato a Tel Aviv. Era il peggior attentato degli ultimi 4 anni."Magari l'avessi fatto io l'attentato. Mio figlio ha eseguito i desideri del profeta Mohammed. E' diventato un eroe! Cosa puo' chiedere di piu' un padre?" In piu' di una dozzina di interviste con membri di Hamas e con ufficiali di sicurezza israeliani che danno loro la caccia, USA TODAY e' riuscito ad avere una rara visione interna del mondo segreto dei suicidi bomba e della cultura che li crea.
    Adescati da promesse di stabilita' finanziarie per le loro famiglie,fama eterna per il loro martirio e sesso illimitato nella vita dell'aldila', dozzine di palestinesi bramano di diventare bombe umane, dicono sia gli israeliani che i palestinesi.
    Il loro scopo: ammazzare o ferire quanti piu' ebrei possibile.
    Queste bombe umane che hanno seminato paura e disperazione tra gli israeliani si sono dimostrate l'arma piu' micidiale in mano ai palestinesi in questa guerra.
    "Anche se non possiamo raggiungere lo scopo di far cessare l'occupazione,infliggiamo perdite al nemico", dice Abdel Aziz Rantissi, portavoce di Hamas.
    "Quando cammino per le strade, i bambini palestinesi vengono da me e mi chiedono di organizzare un'altra bomba per farli felici" dice Sheik Hassan Yussef, 45 anni, leader di Hamas a Ramallah. "Non posso deluderli, non dovranno aspettare a lungo." 

Le visioni del paradiso

    In ogni momento, dicono ufficiali israeliani, i palestinesi hanno tra i 5 e i 20 uomini di eta' tra 18 e 23 che aspettano l'ordine di portare a termine un attacco suicida.
    Hamas sostiene che ci sono decine di migliaia di teenagers disposti a seguirli.
    "Noi li facciamo crescere dall'asilo fino alla scuola superiore" dice Yussuf.
    Negli asili palestinesi, molti sotto il diretto controllo di Hamas, si puo' leggere sui muri: "I bambini dell'asilo di oggi sono i Shaid (martiri) di domani". Nelle classi dell'universita' di Al Najah in Cisgiordania e nell'universita' islamica di Gaza la scritta sui muri dice: "Israele ha le bombe nucleari, noi abbiamo le bombe umane". Nella scuola islamica di Gaza, Ahmed, 11 anni, dimostra una determinazione ad ammazzare ad ogni costo: "Trasformero' il mio corpo in una bomba che fara' esplodere la carne dei sionisti,i figli dei maiali e delle scimmie (dice Ahmed),faro' esplodere i loro corpi in tanti pezzettini causando loro piu' dolore di quanto possano immaginare."
    "Allah hu akbar" (Allah e' grande) gli rispondono urlando i compagni di classe.
    "Possano le vergini darti piacere" gli urla l'insegnante, riferendosi a una delle ricompense che spettano ai martiri in paradiso. Anche il preside sorride e approva annuendo con la testa.
    "Non puoi cominciare ad educare i martiri all'eta' di 22 anni" dice Roni Shaked, un ufficiale dei servizi segreti israeliani", si comincia all'asilo, cosi' all'eta' di 22 anni aspettano solo di sacrificarsi per la causa." Alcuni suicidi bomba, come Hotari, arrivano a compiere la loro missione per vie diverse. Trasformano se stessi in bombe umane per le frustrazioni economiche e politiche.
    I leader di Hamas cercano due qualita' nei potenziali suicidi: un intenso interesse per l'Islam e una fedina penale pulita per non destare sospetti negli israeliani.
    Saeed Hotari, che aveva 22 anni, aveva entrambe le qualita'." Era un devoto musulmano che seguiva le preghiere e i precetti alla lettera" dice suo padre. Uno di nove fratelli ha lasciato Zarqa in Giordania per la citta' di Qalqilia nel 1999 in cerca di una vita migliore. In Qalqilia lui e altri due giovani palestinesi sono andati in una moschea dove Sheik Jamel Tawil, un leader di Hamas, li ha convinti a frequentare la classe degli studi religiosi dell'Islam. Tutti e 3 sarebbero diventati dei suicidi bomba.
    Nella classe condotta da Hamas, agli arruolati viene continuamente ricordata "l'occupazione israeliana illegale" e "il trattamento barbarico" che subiscono gli arabi, insieme all'esortazione del profeta Mohammed che chiama i fedeli musulmani alla guerra contro gli infedeli.
    "Ammazzate gli infedeli ovunque li troviate" dice Yussuf. (Gli israeliani cercano di arrestare questi leader come Yussuf con l'accusa di assassinio).
    "Dopo alcune settimane di scuola,i giovani si offrono volontari a fare i suicidi bomba," dice Yussuf." Se qualcuno ti confiscasse la terra, ti demolisse la tua casa, costruisse degli insediamenti per bloccarti la possibilita' di tornare, ammazzasse i tuoi figli e ti evitasse di andare a lavorare, non andresti anche tu a combattere per il tuo paese?" chiede Yussuf.
    In cambio del loro "martirio", Hamas promette ai giovani che le loro famiglie saranno ricompensate, le loro fotografie saranno appese nelle scuole e nelle moschee e si guadagneranno un posto d'onore in paradiso.
    Promettono loro anche qualcosa di piu' audace: sesso illimitato con 72 vergini in paradiso. Il Corano,il libro sacro dell'Islam, descrive la bellezza di queste donne, "belle come rubini, come diamanti e perle." Un altro passaggio del Corano recita che "i martiri e le vergini godranno l'uno dell'altro su cuscini verdi e bellissimi tappeti", dai tempi di Mohammed i martiri sono sempre stati quelli disposti a sacrificarsi per difendere l'Islam.

La ricompensa sacra per le sofferenze

    Per alcuni giovani musulmani queste offerte sono troppo allettanti per poterle respingere .
    "Io so che la mia vita e' povera in confronto a quelli dell'Europa o dell'America, ma ho qualcosa che mi aspetta che ricompensera' la mia sofferenza" dice Bassam Khalifi, 16 anni, un leader giovanissimo di Hamas di un campo profughi a Gaza.
    "La maggior parte dei ragazzi non possono smettere di pensare alle vergini".
     Roni Shaked dell'antiterrorismo israeliano dice: "Alla fine la maggior parte dei suicidi bomba non fa il martirio per le promesse del sesso illimitato, ma per l'assoluta devozione ad Allah e per il loro desiderio di morire con sangue ebreo sulle loro mani. "Non e ' una questione di eroismo, ma e' una questione religiosa." Il potenziale suicida bomba viene selezionato per la sua missione pochi giorni o poche ore prima. Come parte della preparazione il martire viene portato in un cimitero dove gli si dice di prepararsi alla morte sdraiato tra le tombe per ore.
    Viene vestito con un sudario bianco che normalmente si usa per avvolgere i cadaveri. Poi viene portato in una casa sicura. Viene girato un video in cui lui esprime il suo consenso a diventare un martire  e la sua devozione all'Islam.
    Questo video sara' fatto vedere in pubblico dopo la sua morte, gli si fanno anche delle gigantografie che verranno esposte per onorarlo nelle moschee e nelle scuole di Gaza e Cisgiordania.
    Per la segretezza i leader non permettono al martire nemmeno di salutare la famiglia.
    Intanto altri hanno gia' scelto l'obiettivo, costruito la bomba da indossare e fatto i preparativi per portarlo sul posto. Una volta sul posto gli viene detto di stare il piu' calmo possibile e, quando sara' circondato da israeliani, di farsi esplodere.
prosegue ->
La mia preghiera e' che i fratelli di Saeed, i suoi amici palestinesi, sacrifichino anche le loro vite come ha fatto lui. Non c'e' miglior modo di far vedere ad Allah quanto lo amiamo", conclude il padre di Saeed Hotari.   

(dalla rivista WHISTLEBLOWER, novembre 2001)


COMUNICATO DELLE ASSOCIAZIONI ITALIA-ISRAELE


Di fronte ai nuovi, gravissimi atti di sangue e di terrore che hanno nuovamente colpito i cittadini israeliani, mietendo vite innocenti e facendo decine di nuovi feriti e mutilati, le Associazioni Italia-Israele, nel rinnovare, con immenso dolore, la più profonda e commossa solidarietà alle persone colpite, alle famiglie dei caduti, a tutto il popolo e il governo di Israele, sente il dovere di ribadire, per l'ennesima volta, all'opinione pubblica italiana e a tutte le forze politiche, i seguenti dati di fatto:

a)      il terrorismo islamico, come l'11 settembre ha tragicamente dimostrato, non è una minaccia rivolta solo contro Israele, ma contro l'intero Occidente e l'intera civiltà umana: esso non desidera solo la distruzione di Israele, ma dell'intero mondo moderno, ed è ingenua illusione (o palese malafede) illudersi che esso possa arrestarsi da solo, magari in cambio di una 'globalizzazione più equa', o di una risoluzione della questione palestinese: il conflitto medio-orientale è la conseguenza dell'odio e del terrore, e non certo la causa, tanto è vero che le violenze si sono sempre accentuate ogni qual volta è parso profilarsi uno spiraglio di soluzione. Chi persegua sinceramente la pace, in Medio Oriente, in Afghanistan e in tutto il mondo, pertanto (al di là dei falsi e ambigui 'pacifismi'), non può non vedere nella lotta al terrorismo una priorità assoluta, e non può non sentirsi, in tale lotta, al fianco di Israele.

b)      L'Autorità Palestinese, con il suo continuo incitamento all'odio e alla violenza e con la totale mancanza di qualsiasi seria iniziativa di lotta ai terroristi, è pienamente responsabile della spirale di violenza che insanguina Israele e la Palestina, ed è altamente sconcertante vedere come tanti governi, così giustamente severi verso i Talibani dell'Afghanistan, continuino a tributare onori e risconoscimenti ad Arafat, senza esercitare nessuna pressione affinché questi voglia impegnarsi onestamente per la pace e contro la violenza.

c)      Pace e sicurezza sono un binomio inscindibile, e la prima non ci sarà mai senza la seconda. L'idea di uno Stato palestinese è già stata esplicitamente accettata, più volte, dalle autorità isareliane, ma è evidente che tale stato non ci sarà mai se la sua attività principale sarà quella di seminare morte e terrore nel vicino Israele: chi veramente desidera la costituzione di uno stato palestinese pacifico e democratico (nel cui governo, possibilmente, non figuri un 'ministero del tritolo'), giudicandone i tempi 'maturi' (come recentemente notato dalla massima autorità politica del nostro Paese), dovrebbe innazitutto ricordare l'assoluta necessità di una lotta preliminare, senza quartiere, contro il terrorismo.

d)      La risposta armata che il governo israeliano deciderà di dare contro i terroristi sarà, in ogni caso, eticamente e politicamente legittima, anzi dovuto. Chi, come al solito, avanzerà critiche e riserve sarà, come al solito, dalla parte dei terroristi.

Il Consiglio Direttivo delle Associazioni Italia-Israele 

2 dicembre 2001



UN DOCUMENTO IN FAVORE DI ISRAELE!


    "Per oltre 50 anni Israele ha cercato la pace con i suoi vicini. Ma i palestinesi hanno perduto una straordinaria occasione storica rifiutando il pacchetto di proposte di compromesso piu' avanzato che fosse mai stato offerto loro e Israele ha di nuovo la sensazione di non avere piu' un interlocutore con cui negoziare". Lo afferma il documento "Amici di Israele, amici della pace" promosso dall'Associazione Italia-Israele di Milano e sottoscritto da importanti personalita' italiane del mondo della cultura, della politica e del giornalismo tra cui Umberto Veronesi, Enzo Biagi, Livio Caputo, Renato Mannheimer, Egidio Sterpa, Attilio Agnoletto, Willy Molcho, Andrea Monti, Paolo Guzzanti.
    Il documento e' stato consegnato al nuovo ambasciatore d'Israele Ehud Gol in occasione della sua prima visita a Milano la sera di mercoledi' 28 novembre, nel corso di un'affollata tavola rotonda al Circolo della Stampa, presieduta da Piero Ostellino, cui hanno preso parte, oltre allo stesso Ambasciatore, Carlo Tognoli, Andree Ruth Shammah, Roberto Jarach e Miro Silvera.
    "Noi cittadini italiani ed europei, amanti della pace e della democrazia - concludono i firmatari del documento di Italia-Israele - siamo a fianco di Israele nel momento in cui Israele difende il proprio diritto a esistere come stato indipendente e sovrano entro confini sicuri e riconosciuti, nel rispetto dei principi di democrazia, di liberta' e di riconoscimento reciproco, gli unici sui quali e' possibile costruire un futuro di pace per tutti i popoli del Medio Oriente e del Mediterraneo". Quello che segue e' il testo completo del documento con l'elenco dei firmatari fino al 28 novembre 2001.

Amici di Israele, amici della pace

    I terroristi fondamentalisti, che da anni compiono stragi fra la popolazione civile israeliana e che l'11 settembre hanno dimostrato a tutto il mondo di quali orrori sono capaci, dicono da sempre con chiarezza di voler cancellare la presenza ebraica in Medio Oriente. Nessuno si faccia illusioni. Non c'e' concessione per quanto ardita da parte di Israele che possa placare la sete di potere, l'intolleranza e l'odio di questi fanatici.
    Per oltre 50 anni Israele ha cercato la pace coi suoi vicini. Nel 1948 i paesi arabi rifiutarono la spartizione della Palestina votata dalle Nazioni Unite e attaccarono Israele, gettando le basi del dramma dei profughi. Occupando terre palestinesi e una parte di Gerusalemme, i paesi arabi impedirono la nascita dello stato arabo palestinese a fianco di Israele. Solo nel 1967, quando - dopo un'ulteriore aggressione da parte dei paesi arabi - Israele ne assunse il controllo, si e' cominciato a parlare di "territori palestinesi". Ancora una volta, riuniti a Kartoum, i paesi arabi ribadirono: no al riconoscimento di Israele, no al negoziato con Israele, no alla pace con Israele.
    Quando finalmente un leader arabo, il presidente egiziano Anwar Sadat, si mostro' disposto alla pace, Israele colse al volo l'occasione. E fu la pace di Camp David del 1979, con la quale Israele restitui' tutti i territori egiziani conquistati, smantellando i propri insediamenti.
    Quando finalmente, nel 1993, il leader dell'Olp Yasser Arafat si dichiaro' disposto alla pace, Israele fu pronto ad avviare un processo di pace fondato sul riconoscimento reciproco, sulla rinuncia alla violenza e all'istigazione, sulla ricerca per tappe di una soluzione negoziata del conflitto. E fu la stretta di mano Rabin-Arafat, fu il ritiro delle forze israeliane dai centri abitati palestinesi, fu la nascita dell'Autorita' Nazionale Palestinese, con la sua polizia e le sue istituzioni, fu l'avvio della cooperazione economica.
    Quelle speranze sono andate in frantumi nell'estate 2000 quando i palestinesi hanno perduto una straordinaria occasione storica rifiutando il pacchetto di proposte di compromesso piu' avanzato che fosse mai stato offerto loro e, per tutta risposta, hanno scatenato una delle piu' lunghe e sanguinose ondate di violenza e di attentati della storia di questo conflitto. Di nuovo Israele ha la sensazione di non avere piu' un interlocutore con cui negoziare. Di nuovo viene messo in dubbio il suo diritto di esistere e difendersi. Di nuovo viene demonizzato il sionismo, il movimento nazionale ebraico. L'antisemitismo di ieri negava agli ebrei i loro diritti come cittadini. L'antisionismo di oggi nega agli ebrei il loro diritto a un posto legittimo e riconosciuto nella comunita' delle nazioni.
    Piu' che mai dopo l'11 settembre deve essere ripresa la strada della "pace dei coraggiosi".
    L'Autorita' Palestinese deve scegliere una volta per tutte: non c'e' negoziato ne' pace quando si consente che vengano lanciate decine di aggressioni armate ogni giorno contro civili e militari israeliani, quando si da' rifugio e protezione ai terroristi, quando si allevano bambini palestinesi nell'odio e li si usa come scudi umani, quando nelle moschee, nelle scuole, nei mass media si predica lo sterminio degli ebrei.
    Lo Stato di Israele, nonostante tutto questo, non deve abbandonare la prospettiva di raggiungere la pace nella sicurezza anche a costo di dolorose concessioni, come ha dimostrato di saper fare anche nel recente passato.
    Noi cittadini italiani ed europei, amanti della pace e della democrazia, siamo a fianco di Israele - il paese colpito per primo e piu' spesso dal terrorismo fondamentalista suicida - nel momento in cui Israele difende il proprio diritto a esistere come stato indipendente e sovrano entro confini sicuri e riconosciuti, nel rispetto dei principi di democrazia, di liberta' e di riconoscimento reciproco, gli unici sui quali e' possibile costruire un futuro di pace per tutti i popoli del Medio Oriente e del Mediterraneo.
  
Firmato:
 Attilio Agnoletto, Egle Bassan, Luciano Belli Paci, Enzo Biagi, Livio Caputo, Carlo Cerami, Arturo Colombo, Massimo Della Campa, Liliana Piciotto Fargion, Anna Maria Finoli, Paolo Foà, Giuseppe Franchetti, on. Giorgio Gangi, Paolo Gastaldi, Micaela Goren Monti, Paolo Guzzanti, Ileana Iori, Roberto Jarach, Giuseppe Laras, Patrizia Mandelli, Renato Mannheimer, Maria Modena Mayer, Willy Molcho, Andrea Monti, Mimì Navarro, Piero Ostellino, Novella Pacini, Marco Paganoni, Ernesto Pasquali, Gerolamo Pellicanò, Yasha Reibman, Fabio Rocca, Maria Pia Roggero, Giorgio Sacerdoti, Daniele Scalise, Sergio Scalpelli, Fabio A.Schreiber, Arturo Schwarz, Andrée Ruth Shammah, Miro Silvera, on. Egidio Sterpa, Lorenzo Strik Lievers, Marco Szulc, Carlo Tognoli, Umberto Veronesi, Arturo Viola, Paola Vita Finzi, Susanna Zevi
   
(israele.net, 28.11.01)



UN INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLO STATO DI ISRAELE


Arafat sta conducendo la sua gente verso la catastrofe

Di Moshe Katsav, presidente dello Stato di Israele

    Il popolo israeliano sta affrontando un momento estremamente difficile e frustrante e la risposta dell'Autorita' Palestinese e' un aumento del terrorismo. Siamo forti e non consideriamo nemico il popolo palestinese. Una escalation o uno scontro militare non sono nel nostro interesse.
    Solo grazie al negoziato diplomatico il popolo palestinese ha ottenuto dei miglioramenti storici. Se tornera' al tavolo dei negoziati otterra' altri storici risultati diplomatici. Ma l'Autorita' Palestinese insiste con l'istigazione all'odio e non si adopera per impedire questi feroci attentati terroristici. Con gli accordi di Oslo del 1993 il presidente dell'Autorita' Palestinese Yasser Arafat si era impegnato ad abbandonare il terrorismo, ma non ha cambiato il suo approccio strategico e continua a considerare il terrorismo uno strumento utile per ottenere risultati politici.
    Israele ha dimostrato di essere pronto a fare concessioni dolorose. Ma Arafat e' del tutto insensibile alle sofferenze dei palestinesi. Non da' valore alla vita umana. Anziche' guidare il popolo palestinese verso nuovi risultati, lo sta conducendo verso la catastrofe. Tra la popolazione israeliana sorgono dubbi e interrogativi circa la possibilita' di arrivare a un accordo con Arafat. E' lui che ha la responsabilita' di questo bagno di sangue, dunque non puo' essere un interlocutore nel processo di pace.
    Lo Stato di Israele ha il pieno diritto di difendersi e di impedire lo spargimento di sangue dei suoi cittadini e abitanti. La lotta contro il terrorismo, come hanno dimostrato gli Stati Uniti che sono alla testa del mondo libero, e' una lotta legittima. Il terrorismo non ha legittimita' e la lotta contro di esso e' vitale. Il successo degli attentati in un luogo favorisce altri attentati in altri luoghi. Se, Dio non voglia, il terrorismo palestinese dovesse prevalere nella nostra regione, nessun luogo al mondo sarebbe piu' al sicuro. Non esiste nazione al mondo che sia immune dalla minaccia del terrorismo.
    Arafat preferisce lasciarsi guidare verso la violenza dagli estremisti del suo campo anziche' guidare i palestinesi su una strada migliore. E' un irresponsabile che mette in pericolo l'intera regione. La comunita' internazionale puo' usare la propria influenza per ottenere che Arafat ponga fine alle violenze. Le nazioni del mondo libero, soprattutto l'Europa che gode di buoni rapporti con l'Autorita' Palestinese, e i paesi arabi devono dire ad Arafat che non esiste legittimazione possibile per gli atti di terrorismo, per l'uccisione intenzionale di bambini, donne e anziani. Devono dire che l'Europa non accettera' che atti cosi' orrendi procurino vantaggi politici e diplomatici e che anzi e' pronta a rompere tutti i rapporti con lui. Devono dire ad Arafat che, finche' il terrorismo continua, la comunita' internazionale non intratterra' rapporti diplomatici con lui. Sono convinto che questa presa di posizione sarebbe utile ed efficace e che Arafat adotterebbe finalmente misure concrete per fermare il terrorismo.
    Arafat fa il doppio gioco. Nonostante tutte le sue promesse, membri delle forze di sicurezza palestinesi sono direttamente implicati in molti attentati terroristici. Non e' vero che c'e' una spirale della violenza in Medio Oriente. La parte palestinese e' quella che da' inizio agli atti di violenza. Israele e' pronto a cessare il fuoco in qualunque momento.
    Israele non ha intenzione di punire la popolazione palestinese ne' di vendicarsi su di essa. Stiamo semplicemente cercando di proteggere i nostri cittadini e abitanti e di prevenire altri atti di terrorismo. Non appena cessera' il terrorismo, non vi sara' piu' bisogno di blocco delle zone palestinese ne' di eliminazione mirata dei terroristi.
    Faccio appello ai leader del mondo libero, soprattutto agli europei, perche' combattano con noi contro il terrorismo.
    Faccio appello al popolo israeliano perche' continui a essere unito e continui a dare prova di fermezza, unita' e fede. Siamo nel giusto e non abbiamo alternative. Per questo vinceremo.

(Jerusalem Post, 3.12.01)



INDIRIZZI INTERNET


Un articolo di Ernesto Galli Della Loggia