Notizie su Israele 59 - 6 dicembre 2001


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«Se quelle leggi verranno a mancare davanti a me», dice il SIGNORE, «allora anche la discendenza d'Israele cesserà di essere per sempre una nazione in mia presenza». Così parla il SIGNORE: «Se i cieli di sopra possono essere misurati e le fondamenta della terra di sotto, scandagliate, allora anch'io rigetterò tutta la discendenza d'Israele per tutto quello che essi hanno fatto», dice il SIGNORE.

(Geremia 31:36-37)


SHARON: "QUESTA GUERRA DI TERRORISMO CI E' STATA IMPOSTA"


Ariel Sharon
Testo del discorso alla nazione tenuto dal primo ministro israeliano Ariel Sharon la sera di lunedi' 3 dicembre.
   
Cittadini d'Israele,

prima di tutto, a nome mio e del governo, desidero esprimere le condoglianze alle famiglie di coloro che sono stati assassinati e augurare pronta guarigione ai tanti feriti che sono ancora ricoverati in varie parti del paese.
    Sono tornato oggi dagli Stati Uniti dopo una conversazione con il presidente George W. Bush. Il presidente mi ha chiesto di far pervenire al popolo d'Israele i sensi del suo profondo cordoglio e le sue sincere condoglianze. Mi ha detto che gli Stati Uniti sono un vero amico dello Stato d'Israele. Nei tempi di pace cosi' come oggi, mentre lottiamo contro il terrorismo, Stati Uniti e Israele sono insieme fianco a fianco.
    Cittadini d'Israele, abbiamo combattuto molte guerre, e le abbiamo vinte tutte. Abbiamo sconfitto i nostri nemici e abbiamo fatto la pace. Con la spada in mano, abbiamo fatto fiorire deserti e lande desolate. Abbiamo edificato citta', sviluppato industrie, coltivato l'agricoltura. Abbiamo trasformato lo Stato di Israele in un esempio e un simbolo per tanti altri paesi al mondo.
    Continuiamo a portare avanti questa impresa ogni giorno e non smetteremo. Mai. Ora ci viene imposta un'altra guerra. Una guerra di terrorismo. Una guerra che miete vittime innocenti ogni giorno. Una guerra di terrorismo condotta in modo sistematico, in modo organizzato e con obiettivi metodici.
    Se vi domandate quale sia lo scopo di questa guerra, vi rispondo: lo scopo di questa guerra di terrorismo, lo scopo dei terroristi, di chi li manda e di chi li aiuta, di chi li mette in condizione di perpetrare i loro attentati in tutta tranquillita' senza disturbarli, e' quello di cacciarci da qui. Il loro scopo e' di ridurci alla totale disperazione, di farci perdere ogni speranza e di farci smarrire la concezione nazionale che ci guida: "un popolo libero nella nostra terra, la terra di Sion e Gerusalemme" [citazione dall'inno nazionale dello Stato d'Israele, ndr].
    Cittadini d'Israele, questo non accadra'. Non esiste nazione al mondo che abbia dimostrato tanta maturita' e tanta capacita' di resistenza. Sono fiero di far parte di questa nazione. So bene che dobbiamo affrontare difficolta' anche in altri campi della nostra vita. Anche in questo caso sappiamo dimostrare la nostra integrita' e forza.
    Hanno gia' capito che non ce la faranno. Hanno gia' capito che la nostra nazione e' piu' forte e il nostro spirito di resistenza e' piu' saldo di quanto essi avessero mai potuto immaginare. Per questo continuano a massacrare bambini, ragazzi, uomini, donne, cittadini israeliani e di altri paesi, semplicemente esseri umani, al solo scopo di uccidere, al solo scopo di assassinare.
    Io ora vi dico da qui, da Gerusalemme, l'eterna capitale dello Stato d'Israele, da Gerusalemme unita, dico questo a voi e a tutti coloro che stanno ascoltando oggi nel mondo: il sangue di coloro che si leveranno per ucciderci sara' sulle loro stesse mani.
    Come gli Stati Uniti stanno combattendo la loro guerra contro il terrorismo internazionale, usando tutta la loro potenza contro il terrore, cosi' faremo noi. Con tutta la nostra forza, determinazione e con tutte nostre le risorse, quelle che abbiamo usato finora e tutte quelle a nostra disposizione.
    Non date credito alle false profezie e non fatevi fuorviare da chi promette risultati immediati. Questa non e' una battaglia facile, questa non sara' una battaglia breve. Ma la vinceremo.
    Israele non inizia le guerre. Come in passato, questa guerra di terrorismo ci e' stata imposta. Sappiamo chi ce l'ha imposta. Sappiamo chi e' colpevole. Sappiamo che e' responsabile.
    Arafat e' responsabile di tutto quello che sta accadendo qui. Arafat ha fatto la scelta strategica del terrorismo. Con la sua decisione di cercare di guadagnare vantaggi politici mediante il metodo dell'assassinio e con la sua decisione di permettere le piu' spietate uccisioni di civili innocenti, Arafat ha scelto la via del terrorismo.
    Per molto tempo il mondo non ha visto Arafat per cio' che e'. Ma di recente vi e' stato un cambiamento significativo. Vi sono segnali che indicano una maggiore comprensione per la nostra posizione: tutti stanno scoprendo il vero Arafat.
    Arafat e' il piu' grande ostacolo alla pace e alla stabilita' in Medio Oriente. E' un dato di fatto che abbiamo constatato in passato, che constatiamo nel presente e che purtroppo continueremo probabilmente a constatare nel futuro. Ma Arafat non imbrogliera' questo governo. Questa volta Arafat non riuscira' a ingannarci.
    Il popolo palestinese deve saperlo: loro sono le prime vittime di questa situazione provocata da Arafat.
    Io vi dico: noi perseguiremo i responsabili, gli esecutori e i mandanti. Li perseguiremo finche' non li avremo presi e non avranno pagato il prezzo dei loro atti.
    Oggi [3 dicembre], subito dopo il mio arrivo, ho convocato una riunione d'emergenza con tutti i capi della sicurezza. Tra pochi minuti il gabinetto si riunira' per un incontro speciale e prendera' decisioni sull'ampliamento delle misure contro il terrorismo.
    Non e' questo il luogo per discutere le varie opzioni. Le decisioni che dobbiamo prendere oggi richiedono una riunione particolare dell'intero gabinetto.
    Il governo di cui sono alla guida e' un governo di unita' nazionale. Ci troviamo in tempi di emergenza, tempi nei quali un governo di unita' nazionale, un governo che rappresenti l'intera popolazione israeliana, e' di suprema importanza.
    Uniti, sapremo affrontare tutte le sfide davanti a noi.

(Jerusalem Post, 4.12.01)


I TANZIM E FORZA 17 SONO ORGANIZZAZIONI TERRORISTICHE


GERUSALEMME, 3 dicembre 2001

Comunicato del Segretariato di Gabinetto israeliano all'incontro speciale tenutosi nella notte di lunedì 3 dicembre 2001

    Il Gabinetto ha deciso che gli attacchi terroristici crudeli e mortali dello scorso week end illustrano la mancanza di inibizioni dei nostri nemici e richiedono azioni più vaste di quelle intraprese finora contro il terrorismo palestinese.
    In conformità alla decisione del Comitato Ministeriale per la Sicurezza Nazionale del 17 ottobre 2001, il Governo ha appurato che l'Autorità Palestinese è un'entità che sostiene il terrorismo e che bisogna trattarvi di conseguenza. Nel quadro di questa decisione, il Comitato Ministeriale per la Sicurezza Nazionale è autorizzato a decidere sui passi operazionali (militari, diplomatici, d'informazione ed economici). Questa decisione è soggetta a cambiamento –tramite delibera del Gabinetto- nel caso in cui l'Autorità Palestinese rispetti i suoi obblighi previsti dagli accordi volti a prevenire e sventare il terrorismo, a punire i terroristi e a smantellare le infrastrutture terroristiche.
    In base alle competenze attribuite dalla sezione 8 della Normativa Anti-terrorismo, il Governo dichiara che i Tanzim e Forza 17 (la Guardia Presidenziale) sono organizzazioni terroristiche e verranno trattate di conseguenza.

(Ambasciata di Israele a Roma)


RISPOSTA DI UN RABBINO AD UN ARTICOLO DI MESSORI


L'oracolo Bergson e le colpe degli ebrei

Articolo di Giuseppe Laras
Rabbino capo della comunità ebraica di Milano

    Stupefacente l'articolo di Vittorio Messori pubblicato sulla Terza Pagina» del Corriere sabato scorso. Per incominciare, egli si duole che l'invito di Barbara Spinelli rivolto dalla Stampa a Israele e all'Ebraismo perché pronuncino un solenne e corale «mea culpa» per «le responsabilità in Medio Oriente» non sia stato prontamente raccolto dagli ebrei di tutto il mondo. Anzi, gli sembra addirittura inaudito che, nel corso di una recente trasmissione televisiva sull'argomento, un cittadino ebreo dello Stato d'Israele (con la famiglia sterminata ad Auschwitz) abbia osato dire che «gli ebrei non devono chiedere scusa di niente a nessuno». Dichiarazione gravissima per un ebreo - secondo Messori - perché indicherebbe la non conoscenza della Torah «per la quale anche il giusto pecca ogni giorno settanta volte sette»! Qui il moralista si fa esegeta. Peccato che le sue cognizioni bibliche e la sua abilità ermeneutica si mostrino quanto mai incerte e zoppicanti. Tale espressione nella Torah non esiste! Più semplicemente, confonde, equivoca e pasticcia su quanto scritto in Genesi IV, vv. 15 e 24 relativamente al divieto di uccidere rispettivamente Caino e Lèmech. Nel primo caso, chi lo facesse meriterebbe una pena 14 volte (2 volte 7) superiore a quella spettante a Caino, nel secondo 77 volte.
Il brano è notoriamente enigmatico. Ma come e da dove Messori ricavi che - per la Torah - «il giusto pecca ogni giorno settanta volte sette» non è dato sapere. Forse confonde con Kohèleth (che appartiene però agli Agiografi) quando afferma: «Non esiste sulla terra un uomo tanto giusto che compia il bene senza mai peccare» (VII, 20). Ma, anche se così fosse, l'assunto di Messori non sarebbe comunque dimostrato, e la frase di Kòheleth proporrebbe, in termini di universalità, una riflessione sulla non assoluta perfezione degli esseri umani, il che, già di per sé, costituirebbe una salutare lezione di modestia e di umiltà, valevole per tutti, ebrei o cristiani che fossero.
    Il riferimento, poi, al peccato originale alle cui conseguenze nessuno («ad eccezione di Maria») sfuggirebbe, ebrei compresi , fa toccare con mano i rischi di banalizzazione a cui ci si espone, allorché si sfiorano tematiche teologiche, delicate e profonde, con una leggerezza troppo disinvolta. Con lo stesso ragionamento aprioristico, però capovolto, potrei anch'io affermare che, per la dottrina dell'ebraismo, la conseguenza del peccato originale di Adamo è la perdita dell'immortalità dell'umanità, il che, come fondamento di fede, deve valere sia per gli ebrei che per i cristiani! Ma l'intento di Messori non è stato ancora completato.
    Sotto l'influenza dell' apocalittico pontificato di Giovanni Paolo II, caratterizzato dalla «purificazione della memoria» (il «mea culpa» della Chiesa, per capirsi), l'autore del pezzo si chiede - «visto che si parla di giudaismo» - chi gli potrà spiegare quello che in anni di «ricerca e di riflessione» non gli è stato dato mai di capire.
    Ciò che vorrebbe sapere da una voce ebraica è se gli ebrei sono o meno pronti a chiedere scusa «almeno per qualcosa».
A tale ossessivo turbamento lo induce il testamento del filosofo ebreo Henri Bergson che nel 1937, poco prima della morte, dopo aver scritto di essere stato sempre più condotto dalle sue riflessioni verso la religione cattolica, nella quale egli vedeva la realizzazione del giudaismo, affermava di vedere avvicinarsi un'imponente ondata di antisemitismo, dovuta «in gran parte, ahimè, per colpa di un certo numero di ebrei interamente privi di senso morale». Che cosa significa ciò?
    Significa, se vogliamo ben ragionare e correttamente dedurre, che, in base alle sue personali esperienze, Bergson si era convinto che un certo numero di ebrei, privi di senso morale, erano in gran parte responsabili dell'antisemitismo che colpiva la Francia negli anni '30. E con questo? Ognuno, sulla base delle proprie personali esperienze e con le capacità deduttive che gli riesce di estrinsecare, si convince di qualche cosa. Non è però detto che ciò sia sempre necessariamente vero, in senso oggettivo. Con tutto il rispetto dovutogli, il filosofoBergson non era infallibile né assimilabile all'oracolo di Delfi!
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Questa spiegazione, però, non appare convincente a Messori, il quale «conoscendo e amando l'equilibrio straordinario del Bergson filosofo e uomo», argomenta che quelle parole devono certo essere state soppesate una ad una e quindi (udite!) assumere un valore assoluto e universale di certezza e di inconfutabilità.
    Tuttavia, Messori chiede aiuto e lumi agli ebrei, perché non può rassegnarsi ad ammettere né che Bergson abbia voluto diffamare i suoi fratelli «circoncisi» (sic!), né che all'origine dell'antisemitismo europeo vi sia «qualcosa di non ancora detto e di non chiarito, qualcosa cioè che merita di essere indagato, pena la riapparizione dei mostri». Capito?!
    Che cosa può esserci ancora di non chiarito alla base del razzismo e dell'antisemitismo se non la responsabilità degli stessi ebrei, cioè delle vittime, che con il loro comportamento immorale hanno giustificato le persecuzioni, gli assassinii, i campi di concentramento, le torture e tutto il resto?
    Si arriva a risuscitare l'«inciso» del testamento di Bergson per riproporre la prospettiva negazionista, che ha come conseguenza - volenti o nolenti - di alleggerire di responsabilità le dottrine di morte del nazismo e del fascismo. Rattrista constatare - in un contesto generale tormentato e rischioso come l'attuale - come stereotipi e veleni di antica o recente matrice anti-giudaica vengano improvvidamente riproposti all'interno di un discorso drammatico (Israele-Palestina) che è e deve essere affrontato in modo politico.

(da "Federazione Associazioni Italia Israele", 02/12/01)



INTERROGATIVI SUL FUTURO

E tutti si domandano: ora che succedera' in medio oriente?

Articolo di Luciano Taras
    
    E anche altrove, se è per questo. Che succederà in Afghanistan? E come continuerà, e dove, la lotta al terrorismo internazionale, e chi sarà ancora al fianco degli americani se questa lotta dovesse estendersi? E come reagirebbe l'Europa se dovesse venire colpita dai terroristi islamici in quegli insostituibili capolavori, simboli della nostra storia, che sono le grandi cattedrali, o nei nostri tesori d'arte?
    Sono domande che si pongono tutti e alle quali non è possibile dare risposte. Si possono solo azzardare ipotesi che domani, tra un'ora, potrebbero essere smentiti dai fatti. Nel campo delle previsioni navighiamo come non mai a vista.
    Alla luce di quanto è accaduto nei territori controllati dall'Autorità palestinese, dopo i sanguinosi attentati di Gerusalemme e di Haifa, sono attendibili le voci sull'incontro di domenica 2 dicembre a Washington tra il Presidente americano George Bush e il Premier israeliano Ariel Sharon.
    Modificando notevolmente la sua precedente posizione, Bush avrebbe dato il segnale di luce verde a Sharon perché colpisse in modo durissimo i gangli vitali dell'Autorità palestinese. L'offensiva israeliana non si è fatta attendere e non si sa quando avrà termine. Offensiva, non rappresaglia, perché il livello dello scontro è salito di parecchi scalini.
    Sembra inoltre che gli Stati Uniti guardino ora al terrorismo palestinese, sia esso dei Tanzim, della Jihad, degli Hezbollah, di Forza 17 o di altri gruppi e gruppuscoli più o meno legati tra loro e ad Arafat, come ad un "secondo fronte" nella guerra contro il terrorismo di marca islamica e araba (al momento nel mondo non ce ne sono altri di altrettanto pericolosi.
    Il timore di slabbrare la coalizione anti-talebani in Afghanistan, pare superato dai fatti. E i fatti dicono, e gli Stati Uniti lo hanno compreso, che se guerra al terrorismo deve essere, lo sia davvero. Consentire l'esistenza di "santuari" del terrorismo potrebbe voler dire essere sconfitti.
    Non si tratta dunque più (se mai si è davvero trattato) di un conflitto arabo-israeliano o palestinese-israeliano, ma di un disperato attacco del fondamentalismo islamico a tutto l'Occidente. La lotta contro il terrorismo deve quindi allargarsi a 360 gradi (e includere quindi anche le potenti "quinte colonne" terroristiche negli Stati Uniti e in Europa, come hanno dimostrato le lettere all'antrace negli USA e la scoperta di covi di bin Laden un po' in tutti i principali centri europei, Italia inclusa).
    E' invece possibile supporre che vi sia ancora una divergenza tattica tra Washington e Gerusalemme. La Casa Bianca ritiene che non vi sia nessuno tra i palestinesi in grado di occupare il posto di Yasser Arafat e sia quindi "consentito" a Israele di sgominare i centri del terrorismo nei Territori e forse anche al di là dei Territori, ma salvando l'immagine e la vita di Arafat.
    Il governo israeliano ha invece smesso di credere nel vecchio leader del'OLP. Che egli non possa o non voglia stroncare il terrorismo delle molte sigle arabe che agiscono secondo un piano chiaro e suicida (in tutti i sensi), è irrilevante, dicono a Gerusalemme. Arafat non può più essere il nostro interlocutore.
    Difficile dire quale tesi alla fine prevarrà, ma intanto la mano libera lasciata a Israele porterà alla distruzione di molti se non di tutti i gangli terroristici palestinesi. Poi si vedrà.
    Perché il piano terroristico di mandare giovani fanatici a farsi saltare in aria nelle vie affollate delle città israeliane, trascinando con sé alla morte il maggior numero di persone, è chiaro e insieme politicamente suicida?
    Perché l'overdose di attentati contro civili inermi, inclusi molti giovani e bambini, ha finito per provocare una reazione molto dura in tutto il mondo civile (in contrapposizione all'inciviltà degli attentatori e dei loro mandanti), una reazione di rigetto, persino tra gli endemici antiamericani e antisemiti – oggi i due termini vanno identificandosi – a volte travestiti da pacifisti a oltranza.
    La Russia e la Cina, che hanno per parte loro, specie la prima, i loro guai con il fondamentalismo e il terrorismo islamico, sono oggi saldamente a fianco dell'America e, implicitamente ed esplicitamente, con Israele. Che questa nuova e singolare coalizione abbia anche altri scopi politici, peraltro molto chiari e "innocenti", non ha importanza. E' una coalizione forte che avrà la meglio sugli spasmi del terrorismo. E avrà la meglio perché ne ha fotografato i connotati, e paventa le possibili conseguenze di una politica di appeasement nei suoi confronti.
    Quando, alcune settimane fa, Sharon, esasperato dall'incomprensione di cui vedeva circondato il suo paese, agitò il fantasma di Monaco 1938, fu vivacemente rampognato dalla Casa Bianca. Ma il fantasma di Monaco '38 incombeva davvero sul mondo intero. Russia, Cina e Stati Uniti, in quest'ordine temporale, lo hanno capito e si stanno comportando di conseguenza. L'Europa si sta svegliando alla spiacevole realtà.
    Peccato che per arrivare a queste conclusioni ci siano volute le stragi di New York e di Washington, e l'eccesso di sangue sparso per le strade di Gerusalemme e di Haifa.
    Non è difficile prevedere che di sangue ne sarà sparso ancora, ma forse non tanto come sarebbe avvenuto se al  terrorismo non fosse stato dato un alt perentorio.
    
(da "Federazione Associazioni Italia-Israele", 04/12/01)



LA COMPLICITA' DI ARAFAT

    L'impegno principale preso da Arafat negli accordi di Oslo era di fermare i terroristi operanti sul suo territorio. E invece i gruppi terroristi islamici si addestrano ed operano alla luce del sole sotto gli occhi dell'Autorità Palestinese. Infatti le forze di sicurezza proprie di Arafat (Fatah e Tanzim) hanno rapporti continui con Hamas e la Jihad islamica.
    Per questo Ariel Sharon nel suo discorso alla nazione di lunedì ha detto: "E' impossibile per i terroristi fare tutto quello che fanno senza ricevere rifugio e aiuto da Arafat. Possono mettere i loro alloggiamenti e i loro campi di addestramento vicino ai quartieri di Arafat. E lui non ha fatto niente per fermarli."
    In passato Arafat può avere pensato che questo accomodamento potesse servire al suo scopo di fomentare violenza contro Israele, ma adesso la cosa ha preso una piega inaspettata e Arafat ne porta la responsabilità.
    Oltre a questo, dei membri delle forze di sicurezza proprie di Arafat hanno partecipato direttamente ad attacchi suicidi. Mohammed Halbiyeh, uno degli attentatori suicidi di Ben Yeudah, ha rassegnato le dimissioni da ufficiale dell'intelligence service solo due giorni prima delle scoppio delle bombe. E come ha riportato l'Associated Press, uno dei due uomini che hanno sparato ad Afula era un membro della forza di polizia dell'Autorità Palestinese.
    Inoltre Arafat continua ad agire soltanto a parole quando gli viene chiesto di arrestare i terroristi che operano nelle zone dell'Autonomia Palestinese. La settimana scorsa ha fatto un certo numero di arresti, ma erano soltanto attivisti di basso livello; quasi nessuno di loro compariva nella lista israeliana di quelli massimamente ricercati.
    E infine Arafat continua nella sua politica della "porta girevole", scarcerando i terroristi dopo pochi giorni.

(da "Honest Reporting", 03/12/01)



CONTINUO INCITAMENTO ALL'ODIO


    Un accordo di pace non è soltanto un pezzo di carta firmato da due singole persone. E' un contratto fra due nazioni che si impegnano a vivere accettandosi reciprocamente.
    Ma il fatto è che il popolo palestinese, attraverso i canali ufficiali dell'Autorità Palestinese, è stato indottrinato a non accettare l'esistenza di Israele. Questa atmosfera di incitamento e odio spinge i giovani a diventare bombe umane suicide; e quando le tragedie avvengono, l'Autorità Palestinese ne porta la corresponsabilità.

    Per esempio:

    LIBRI DI TESTO: Nel 58 libri di testo correntemente usati nel sistema scolastico dell'Autorità Palestinese non c'è menzione del diritto di Israele ad esistere, e neppure si fa menzione del processo di pace. Nessuna delle carte geografiche di questi testi contiene alcun riferimento allo Stato di Israele o alle sue città.
    Nell'enciclopedia "Il nostro paese Palestina" si dice lapidariamente (pag. 13): "Non c'è alternativa alla distruzione di Israele".
    Il sistema scolastico dell'Autonomia Palestinese è finanziato anche da sussidi dell'Unione Europea e di altri paesi occidentali. Per altri dettagli sulle atrocità contenute nei testi scolastici si può vedere il "Center for Monitoring the Impact of Peace":

http://www.edume.org.

    MEDIA: La TV palestinese, la radio e i quotidiani hanno alimentato l'intenso odio per Israele e promosso la violenta Jihad. Nei quotidiani palestinesi (Al-Hayat Al-Jadidah), nelle trasmissioni della TV e della radio, nei sermoni pieni di odio delle moschee, nei programmi per bambini che esaltano e incoraggiano il martirio, gli Ebrei sono regolarmente chiamati "i figli dei maiali e delle scimmie". Tutte queste emissioni dei media sono sponsorizzati e controllati dall'Autorità Palestinese di Arafat.

(da "Honest Reporting", 03/12/01)



INDIRIZZI INTERNET

Palestinian Media Watch