Notizie su Israele 75 - 15 marzo 2002 <- precedente seguente -> indice | |||||
O Dio, non restare silenzioso! Non rimanere impassibile e inerte, o Dio! Poiché, ecco, i tuoi nemici si agitano, i tuoi avversari alzano la testa. Tramano insidie contro il tuo popolo e congiurano contro quelli che tu proteggi. Dicono: «Venite, distruggiamoli come nazione e il nome d'Israele non sia più ricordato!» Poiché si sono accordati con uno stesso sentimento, stringono un patto contro di te. Copri la loro faccia di vergogna perché cerchino il tuo nome, o SIGNORE! Siano delusi e confusi per sempre, siano svergognati e periscano! E conoscano che tu, il cui nome è il SIGNORE, tu solo sei l'Altissimo su tutta la terra. (Salmo 83:1-5, 16-18) COMUNICATO DELLE FORZE DI DIFESA ISRAELIANE Le Forze di Difesa israeliane in un comunicato del 13 marzo dichiarano che stanno conducendo indagini sulle circostanze che mercoledi' hanno causato la morte del giornalista italiano Raffaele Ciriello e il ferimento di un fotografo francese a Ramallah. Ad una prima indagine risulta che i militari israeliani non fossero a conoscenza della presenza di giornalisti nella zona. Va sottolineato - continua il comunicato - che la sera prima Ramallah era stata dichiarata zona militare chiusa, off limits per i civili. Le Forze di Difesa israeliane ribadiscono inoltre che chiunque entri nelle zone dei combattimenti senza coordinare i propri movimenti con i militari si espone consapevolmente al rischio di restare colpito negli scontri a fuoco. Lo stesso Amedeo Ricucci, un collega italiano che si trovava con Ciriello, ha raccontato che i due giornalisti si erano uniti a un gruppo di miliziani palestinesi armati che e' stato poi raggiunto da una raffica sparata da un carro israeliano. "A noi giornalisti era stato detto molto chiaramente che entrare ora a Ramallah era a nostro rischio e pericolo - ha dichiarato David Zev Harris, direttore dell'agenzia di stampa Media Line - e che a una certa distanza una telecamera in spalla puo' facilmente essere scambiata per un lanciarazzi anticarro". Il comunicato delle Forze di Difesa israeliane si chiude esprimendo profondo dolore per qualunque danno involontariamente causato a civili e giornalisti. Negli ultimi dieci giorni sono giunti in Israele 300 nuovi giornalisti, oltre ai 500 giunti negli ultimi mesi, che si sono andati ad aggiungere a quelli che si trovano in Israele in modo permanente, pertanto il totale quasi a mille. (Jerusalem Post, 13.03.02) RAMALLAH ERA DIVENTATA LA "CAPITALE DEL TERRORISMO" Le operazioni militari israeliane a Ramallah hanno lo scopo di smantellare le strutture del terrorismo in una citta' che negli ultimi due mesi era diventata una vera e propria "capitale" del terrorismo palestinese, dove si organizzavano e armavano alla luce del sole coloro che compivano ripetuti, sanguinosi attentati contro la popolazione israeliana. Lo ha affermato martedi' un portavoce delle Forze di Difesa israeliane, aggiungendo che "le strutture terroristiche a Ramallah e, in una certa misura, nel resto della Cisgiordania dipendono dalla dirigenza di Fatah e da alti comandanti dell'apparato di sicurezza palestinese". Secondo le Forze di Difesa israeliane, molti recenti attentati suicidi sono stati organizzati da cellule terroristiche a Ramallah, fra questi l'attentato al ristorante "Sea Food Market" di Tel Aviv, la penetrazione di terroristi a Ayn Arik e l'attacco contro civili e soldati al posto di blocco "British Police". Nel frattempo, sono terminate le operazioni militari nel campo palestinese di Jabaliya, nella striscia di Gaza, dove le Forze di Difesa israeliane hanno demolito, fra l'altro, una fabbrica dove venivano prodotti missili Kassam-2 e altre armi. (Ha'aretz, 12.03.02) ISRAELE HA IL DIRITTO DI DIFENDERSI Non si tratta di occupazione di Clarence H. Wagner, Jr. Come americano cristiano che vive in Israele da più di 25 anni, sono stufo di sentire che tutti, dai Palestinesi ai giornalisti e ai leader politici, non fanno che parlare di "occupazione" da parte di Israele. Non si tratta di occupazione, perché Israele ha fatto una generosa offerta per farla cessare, e i Palestinesi l'hanno respinta senza fare nemmeno una controproposta. E hanno cominciato invece questa guerra. Guardiamo com'è la storia. Israele, sotto il precedente Primo Ministro Ehud Barak, ha proposto ai Palestinesi, nel luglio del 2000, più o meno la stessa cosa del piano di pace saudita. Yasser Arafat l'ha rifiutato, e per sua stessa ammissione ha fatto partire questa guerra Al-Aksa contro Israele, il 29 settembre 2000. Per quel che riguarda l'occupazione, avrebbe potuto finire lì. Che cosa avrebbe potuto aspettarsi di più l'Autorità Palestinese (96% della Cisgiordania con un'aggiunta di terra alla striscia di Gaza a compensazione del rimanente 4%; la sovranità sopra cinque quartieri di Gerusalemme est e, per quanto riguarda la Città Vecchia, la sovranità sul Monte del Tempio e la costruzione del Parlamento nelle vicinanze del Monte del Tempio)? Quello che i Palestinesi vogliono, secondo le loro stesse dichiarazioni alla stampa araba, è tutto il territorio dal fiume Giordano al mar Mediterraneo. Leggete le loro citazioni e notate che parlano degli Accordi di Oslo come di un "cavallo di Troia" per portare dentro Israele i loro guerriglieri a combattere una guerra come questa. Yasser Arafat ha sottolineato questo nel suo Programma per Gradi presentato al summit della Lega Araba nel 1974, e a questo si è attenuto. Questo è dovuto alla posizione indebolita che le nazioni arabe circostanti hanno dal 1974, e per il fatto che la Giordania e l'Egitto hanno firmato un trattato di pace con Israele. Arafat è rimasto quindi in posizione d'attesa, nella speranza che alla fine anche queste nazioni si uniranno. Nel frattempo Arafat ha perpetrato più di 11.700 atti di terrorismo dal settembre 2000. Circa 350 Israeliani sono rimasti uccisi e 3.185 feriti. So che anche le statistiche palestinesi sono tragiche. Ma la maggior parte di queste vittime sono combattenti, mentre la maggior parte degli uccisi israeliani sono civili, e in larga misura giovani, bambini e donne mentre partecipano a feste bar mitzwa, o escono dalle sinagoghe, stanno al ristorante, passeggiano, sono al mercato o in un autobus di città, ecc. E vengono fatti esplodere da attentatori suicidi, da macchine cariche di bombe, o colpiti da cecchini. E sento parlare di occupazione. NON SI TRATTA DI OCCUPAZIONE! Si tratta dell'obiettivo dell'Islam radicale, che è di distruggere Israele! E il peggio è che questo Islamismo radicale è appoggiato da Arafat e dall'Autorità Palestinese, le cui forze, come quelle di Hamas e della Jihad islamica sono sulla lista, fatta dal Presidente americano Bush, dei terroristi che minacciano la pace del mondo, per non dire di Israele e dello stesso popolo palestinese. E poiché non si tratta di occupazione, credere che il piano di Barak, adesso chiamato "Piano di pace saudita", porti alla fine la pace è pura fantasia. Guardate il Libano. Israele ha terminato "l'occupazione", e non c'è pace. Infatti gli Hezbollah adesso si impegnano a combattere in aiuto dei Palestinesi e ieri (13 marzo), sei Israeliani sono stati uccisi mentre percorrevano in macchina una strada vicino al confine settentrionale. Questi sono fatti, e Israele ha il diritto di difendersi, per impedire l'assassinio dei suoi cittadini e per proteggerli. Se i cittadini di altri paesi fossero assassinati in una percentuale simile a quella giornaliera degli Israeliani uccisi dal terrorismo, i loro governi invierebbero delle truppe per impedire la carneficina. Si guardi ai fatti e alla storia. L'Autorità Palestinese ha rigettato la pace, il compromesso, l'accordo e ha scelto il terrorismo e la guerra. Troppi sono stati i morti, da entrambe le parti. Per fermare tutto questo bisogna fermare le organizzazioni dei terroristi, che purtroppo includono Arafat, un uomo che non è un partner di pace. L'Autorità Palestinese non ha fatto niente per impedire il terrorismo; anzi, l'ha sostenuto. Io sono un cristiano che vive a Gerusalemme nei dintorni di Gilo e sono stufo di subire gli spari dei terroristi palestinesi. A quelli che parlano di diritti umani dico che i miei diritti umani sono stati violati da criminali armati che hanno ucciso e mutilato i miei vicini e attaccato la mia casa. Se Israele interviene in difesa di civili innocenti, inclusi i Palestinesi che si trovano sotto il tiro dei terroristi, a me questo va bene. Una nazione che non vuol proteggere i suoi cittadini da terroristi criminali armati non governa in modo responsabile. Proprio ieri la brigata Al-Aksa di Arafat ha sequestrato da Beit Jalla due Palestinesi sospettati di collaborare con Israele, li ha legati vivi al paraurti della loro macchina e li ha trascinati fino a piazza della Mangiatoia in Betlemme; li ha uccisi e ha cercato di appendere i loro corpi sanguinanti davanti all'ufficio del Ministro del Turismo. Questi criminali sono quindi una minaccia per il loro proprio popolo. La guerra è un inferno, e, credetemi, Israele occuperebbe molto volentieri il suo tempo in altre faccende. Vorrei dire ai politici, ai giornalisti laici, e anche ai Palestinesi: "Riservate le vostre critiche per Arafat e l'Autorità Palestinese. Questi sono i veri criminali contro l'umanità". (Bridges for Peace, 14.03.02) DISCORSO DEL PRIMO MINISTRO ARIEL SHARON ALLA NAZIONE Gerusalemme, 21 febbraio 2002 Cittadine e cittadini di Israele, buona sera! Desidero porgere le mie più sentite condoglianze alle famiglie delle vittime di questi attacchi omicidi ed augurare una pronta guarigione ai feriti. In questo momento ci troviamo nel mezzo di una campagna che ci è stata imposta una brutale campagna di terrorismo. Non
Non sono tempi facili. Grida provenienti da certe parti, si levano aspre in queste giorni, mentre dobbiamo ora più che mai rimanere calmi, ragionevoli e controllati. Quando si arriva a questioni di guerra e pace, non dobbiamo agire precipitosamente. C'è un tempo per ogni cosa né troppo tardi, né troppo presto. Questo è il solo modo di vincere una guerra ed il solo modo di arrivare ad una pace accettabile. Siamo una nazione che ha accumulato una vasta esperienza nell'affrontare i problemi, abbiamo un'inesauribile fonte di talenti ed la capacità di tirarci fuori [dai problemi]. Se c'è qualcosa che mi preoccupa, non è la nostra capacità di affrontare e risolvere i problemi, ma la disparità esistente fra la nostra reale capacità, da un lato e dall'altro, il dubbio infondato che abbiamo a proposito di tale capacità,. Pensate solo un momento all'ultimo anno e mezzo di lotta che ci è stato imposto. Ritengo che abbiamo sopportato questa esperienza in maniera ammirabile. Soldati e civili, nuovi immigrati e cittadini di vecchia data hanno dimostrato capacità di risorse e coraggio, disponibilità ad aiutare il prossimo e spirito di volontariato. Tutto ciò è una dimostrazione di una società sana, ricca di vitalità e di forza di volontà, una società i cui figli e le cui figlie non sono meno validi delle generazioni che hanno fondato lo Stato, rotto l'assedio a cui ci avevano assoggettato nel 1967 e sono emersi dalle profondità dell'abisso nel 1973. Lo Stato di Israele non è crollato e non crollerà. Tutto è nelle nostre mani e gli sviluppi futuri dipendono da noi dal nostro comportamento, dal nostro coraggio. Dipendono dal raggiungimento di un'unità completa fra noi, dalla capacità di soprassedere a tutte le dispute e a tutte le ambizioni personali, affrontando insieme i pericoli ed insieme avanzando verso la speranza. Siamo fieri della nostra democrazia e desideriamo ardentemente la pace con i nostri vicini, anche al prezzo di concessioni dolorose. Tutto ciò a cui aspiriamo è di conservare la nostra libertà ed il nostro modo di vivere. Siamo una società aperta e tale vogliamo rimanere, malgrado le terribili minacce che continuano a sovrastare lo Stato dal giorno della sua creazione. Vogliamo vivere in pace e darci da fare per la prosperità della nostra società, l'educazione dei nostri figli, il benessere dei deboli, la dignità degli anziani e per la parità di occasioni per tutti. Vogliamo studiare e lavorare, commerciare, fare ricerca e svilupparci. Sfortunatamente, i nostri vicini non hanno capito né il nostro desiderio di pace, né il nostro modo di vivere. Non sono nemmeno riusciti a capire che i nostri dissensi interni non sono solo la linfa vitale della nostra democrazia, ma anche una delle fonti della nostra forza. Sbagliano, credendo che la nostra nazione stia cedendo. Naturalmente, le espressioni di disobbedienza incoraggiano le organizzazioni terroristiche e danno loro una motivazione in più per intensificare le loro azioni. E tuttavia sbagliano. Il popolo d'Israele è molto più forte e resistente di quanto si immaginino. |
Il carro armato "Merkavà" (progettato dal gen. Tal "Talik") è il carro armato vincente il migliore del mondo. L'Esercito Israeliano è uno dei maggiori eserciti combattenti del mondo. La nostra Aviazione e la nostra Marina sono anche fra le più notevoli del mondo. Continueremo a combattere il terrorismo ed i terroristi con tutte le nostre forze ed intensificheremo le nostre attività. Non ci fermeremo finché il terrorismo non sarà sradicato, finché l'infrastruttura delle organizzazioni terroristiche non sia stata smantellata e le loro armi confiscate e distrutte. Contemporaneamente, continueremo a fare tutto quanto è in nostro potere per arrivare ad un cessate-il-fuoco, che alla fine conduca ad un compromesso, ad un accordo, alla pace. Desidero sottolineare che, contrariamente a quanto è stato pubblicato, la classe politica non ha messo alcuna limitazione alle forze di sicurezza, nell'intraprendere quelle azioni ritenute necessarie per combattere il terrorismo. La politica di sicurezza di Israele è determinata dalle nostre necessità. Respingo recisamente tutta quella pubblicità priva di fondamento, insinuante che Israele non può intraprendere determinate azioni a causa della pressione internazionale. Gli Stati Uniti, che si trovano alla testa della campagna internazionale contro il terrorismo, sanno e capiscono che è nostro dovere proteggere la vita dei nostri cittadini. Farò tutto quanto è in mio potere per mettere fine alle violenze ed al terrorismo ed arrivare al cessate-il-fuoco. Continuerò ad incontrarmi con i rappresentanti dei palestinesi e ad intraprendere tutte le misure necessarie, in accordo con le decisioni del governo. Continuerò, per quanto mi riguarda, a fare ogni sforzo per evitare un'escalation ed un deterioramento in direzione di una guerra dichiarata. Per aumentare la sicurezza dei cittadini israeliani e con lo scopo di arrivare ad una separazione che offra sicurezza, abbiamo deciso di stabilire delle aree-cuscinetto. Nel corso del dibattitto del "cucinotto allargato" [gabinetto ristretto, in seguito parzialmente riesteso, n.d.t.] è stato deciso delineare immediatamente le zone-cuscinetto, ponendovi degli ostacoli. Cittadini di Israele, Tutti noi vogliamo la pace, tutti noi siamo impegnati alla pace. La mia meta è di arrivare ad una pace comprensiva con i palestinesi, per assicurare una vita tranquilla e pacifica ai nostri due popoli. L'accordo si dovrà basare su due fasi: la prima fase: un accordo di armistizio, che crei una situazione di non-guerra. La smilitarizzazione totale della zona palestinese è imperativa; la seconda fase: la soluzione permanente, che fisserà i confini finali fra noi ed i palestinesi. Tutto ciò rifletterà il carattere dei nostri rapporti. Bisogna tuttavia ricordare che non vi sono soluzioni magiche e non dobbiamo lasciarci ingannare dalle false ricette elaborate da "esperti e commentatori". I negoziati su una soluzione politica potranno avere luogo solo dopo un cessate-il-fuoco totale e completo. Così è stato quando abbiamo firmato gli accordi di pace con l'Egitto un accordo preceduto da tutte le fasi necessarie a condurre ad un totale cessate-il-fuoco e ad accordi di transizione. L'ho detto prima e lo ripeto oggi: per giungere ad una vera pace, vi saranno compromessi dolorosi, ma non vi sarà alcun compromesso circa la sicurezza dello Stato di Israele e dei suoi cittadini. Prima il terrorismo deve fermarsi, poi, quando sarà ritornata la calma, parleremo di pace. Mi rivolgo da qui anche al popolo palestinese, per dire loro ciò che ho detto in passato So che non è facile essere un palestinese. Mi rivolgo a quei palestinesi, che non vogliono la guerra e non sono coinvolti nel terrorismo, a quei palestinesi, il cui solo scopo è di mantenere le proprie famiglie e potersi permettere i vestiti per i propri figli. Voi ci osservate, noi israeliani, con struggimento e vedete le molte conquiste di Israele. Negli ultimi cinquantatre anni Israele ha sviluppato floride industrie ed un'altrettanto florida agricoltura, fra le più avanzate nel mondo; città moderne, con centinaia di migliaia di abitanti, con sistemi educativi e sanitari da fare invidia al mondo intero. Tutto ciò è stato raggiunto in cinquantatre anni. Oggi vi propongo di pensare intensamente ed a lungo a che cosa voi ed i vostri figli volete arrivare nei prossimi anni. Volete continuare a seguire coloro che vi conducono alla rovina, alla distruzione ed alla disperazione? Volete continuare ad essere ingannati da color che fanno appello ai vostri figli ed al loro suicidio, o volete seguire coloro che scelgono il progresso e la prosperità? Oggi prometto a tutti voi, ebrei e arabi, che quando regnerà la quiete e smetterete di incoraggiare l'odio, prospereremo. E so che, alla fine, sarà così. Cittadini di Israele, Così come sono convinto che avremo la meglio sul terrorismo, e che ciò richiederà tempo, pazienza e determinazione, sono altrattanto convinto che supereremo la crisi economica internazionale, che ha influenzato la crisi economica interna. Finalmente, dopo molte difficoltà, siamo riusciti a fare approvare il bilancio dello Stato e potremo cominciare a perseguire tale obiettivo. Parlerò quanto prima di questo argomento. So che oggi non è facile chiedervi di essere pazienti. Come ho già dichiarato in passato, l'auto-controllo è forza. Oggi vi dico: anche la determinazione è forza. Abbiamo provato che ciò è vero. Stiamo passando un periodo difficile ma vi chiedo di continuare a vivere secondo questi principi anche ora. La situazione della sicurezza e quella economica non sono facili, ma insieme e solo insieme possiamo superarla. So che la guerra terroristica che ci è stata imposta 17 mesi fa ha sollevato serie questioni. Odo le voci che chiedono quotidianamente: Dove siamo diretti? Che cosa bisogna fare? Da questa pedana, mi rivolgo a ciascuno e a tutti voi: ce la faremo, avremo la meglio, non solo perché la nostra causa è giusta, ma perché non abbiamo scelta. Vorrei anche rivolgermi a coloro che parlano di crollo, disperazione e perdita di speranza. Non è il momento questo di pronunciare parole evocanti il disastro è il momento di resistere fermi ed uniti ed aiutare dove sia possibile. Questo è il momento di dimostrare quell'unità che sta alla base del carattere del popolo ebraico. Questo è il momento di dimostrare che siamo fieri di essere israeliani ed ebrei nella Terra d'Israele. Sì, fieri di essere israeliani ed ebrei nella Terra d'Israele. Cittadini di Israele, Continueremo sempre ad aspirare alla pace e la nostra guerrra, contro coloro che tentano di distruggere il nostro popolo, sarà sempre dolorosa e senza compromessi. Siamo sempre stati uniti nel nostro comune obiettivo e quando avremo raggiunto un cessate-il-fuoco che porti tranquillità, allora saremo in grado di parlare di pace. (Keren Hayesod, 28.02.02) MESSAGGIO ALLE MADRI PALESTINESI di Gila Kastzav, Consorte del Presidente dello Stato di Israele Gerusalemme, 25 febbraio 2002 - 13 Adar 5762 Oggi voglio appellarmi, dal profondo del cuore, a chi non ho mai avvicinato prima, le madri palestinesi. Ho deciso di rivolgermi a voi, madri palestinesi. Noi tutte abbiamo passato 18 mesi d'inferno, 18 mesi durante i quali voi avete perduto i vostri figli, noi abbiamo perduto i nostri figli ed il dolore è incommensurabile. Una madre è sempre una madre. Noi continuiamo a sopportare il dolore, l'afflizione e la perdita. E' difficile sostenere la perdita di quel sorriso, che le madri desiderano tanto e di quelle voci, che sono scomparse. E' doloroso combattere la nostalgia ed il desiderio di udire le voci di quegli israeliani, che ora tacciono, le voci di quei palestinesi , che si sono dissolte. Sono torturata dalla perdita della vita dei nostri figli, ma sono anche sensibile alle lacrime delle madri palestinesi e condivido il loro dolore. E' ora di mettere fine ai lutti dei due popoli!!! Di ritonare sulla via della sanità, alla via che porta ad un futuro con speranza. Le madri hanno il potere di mettere fine alla distruzione della vita. Le madri hanno il potere di costruire un ponte di riconciliazione con spirito gentile e generoso. Che ciascuna di noi tenda le braccia in pace, una pace che preservi la vita, una pace che preservi la vita dei nostri figli. Agiamo insieme per portare la vita ai nostri figli, così da non doverli seppellire. Risvegliamoci, perché, da madri, sappiamo che vi è un'altra via. (Keren Hayesod, 11.03.02) LE RESPONSABILITA' DELLA STAMPA Nel conflitto mediorientale i giornali chiudono gli occhi Di Ehud Gol, Ambasciatore d'Israele a Roma Due dei principi basilari del giornalismo corretto sono l'imparzialità dell'informazione e la netta separazione tra fatti e opinioni. Questa distinzione è ancora più importante quando il tema da trattare è un conflitto complesso con caratteristiche violente, come quello mediorientale. Nei media internazionali così come nei media italiani, si registra una mancanza di equilibrio mentre la linea di separazione tra fatti e opinioni diviene sempre più sottile. Questa tendenza si rende evidente nei frequenti casi in cui degli eventi vengono ignorati dai media per timore di far apparire come "cattiva" una delle parti di un conflitto che sempre più diventa una guerra mediatica, una guerra alla conquista delle simpatie dell'opinione pubblica. Pochi esempi aiuteranno ad illustrare questo punto. Lo scorso anno quella di Rete 4 fu la sola troupe televisiva a filmare una folla di palestinesi inferociti che linciavano due soldati israeliani a Ramallah. Però nessuno si prese la briga di scrivere che molte altre televisioni erano presenti in loco ma i palestinesi avevano prontamente provveduto a confiscare i video in un brutale atto di censura. Quasi nessuno in Italia ha scritto della campagna di intimidazione messa in atto dai palestinesi contro i giornalisti stranieri. Pochi mesi fa l'Autorità Palestinese ha fucilato in una pubblica piazza due palestinesi. Entrambe le fucilazioni sono state filmate. Tutti i corrispondenti stranieri in Israele avevano accesso alle riprese. Ciononostante, non è stata scritta una parola, non è stata data alcuna notizia, non sono state trasmesse immagini che avrebbero potuto gettare un'ombra sulla maschera palestinese di decenza e rispetto dei diritti umani. Poche settimane fa, una folla di palestinesi ha fatto irruzione in un tribunale di Jenin dove giudici palestinesi presiedevano un processo contro tre palestinesi. La folla ha linciato i tre accusati e ha portato i cadaveri in corteo per centinaia di metri lungo le strade della città. Nei media italiani l'evento è stato a mala pena menzionato. Dopo tutto, perché mai macchiare l'immagine dei palestinesi come amanti della pace e ligi alla legge? Tanto si merita la "giustizia" palestinese. Tanto si merita l'informazione corretta! Dopo gli attacchi dell'11 settembre, i palestinesi si sono riversati nelle strade per festeggiamenti anti-americani. Ma per i media italiani, o questo evento non è mai accaduto oppure non valeva la notizia. E intanto Arafat continua a godere della reputazione di leader amico dell'Occidente. Il Ministero palestinese per l'istruzione ha pubblicato una serie di libri di testo per il suo sistema scolastico. Tutti i testi, dalla matematica alla storia, dalla letteratura alla religione sono pieni zeppi di incitamento alla violenza contro gli israeliani e gli ebrei, e alla distruzione dello Stato d'Israele. Il maggior contribuente alla pubblicazione di questi testi avvelenati è l'Unione Europea che, con il suo generoso sostegno finanziario, seppur indirettamente finisce per sostenere quell'incitamento che culmina in attacchi terroristici e distruzione. Nel frattempo, come se niente fosse, la stampa europea continua a domandarsi da dove provenga tutto questo odio palestinese e si disinteressa totalmente dell'incitamento dei bambini e nelle scuole. Nuove generazioni stanno crescendo con un vademecum di odio nelle mani, ma la deduzione logica, tutt'altro che complessa, che porta dalla premessa "istigazione alla violenza" alla conseguenza "atti di violenza e terrorismo" stranamente sembra sfuggire anche al giornalista più acuto. Il risultato di queste omissioni è la negazione al pubblico italiano della conoscenza di fatti riguardanti i palestinesi e il loro leader Arafat. Piace dipingere Arafat come un Don Quijote dei nostri tempi, eroe e condottiero della rivoluzione "pacifica" di un popolo represso e senza alternative, amante della pace, amico dell'Occidente. Ogni volta che i media si imbattono in fatti, eventi, dichiarazioni e azioni di Arafat e dell'Autorità Palestinese che configgono con questa immagine ideale, scatta un riflesso condizionato di pavloviana memoria: chiudere gli occhi e tapparsi le orecchie, come a dire: "non confondetemi con i fatti, ho già le mie opinioni". Non è questo il momento né il luogo adatto per un'analisi delle ragioni storiche e ideologiche che hanno determinato questo atteggiamento. Ma è sempre il momento giusto per fare della seria autoanalisi e introspezione da parte di alcuni opinion leaders. Per il bene del loro pubblico. E per il bene della verità. (Il Corriere della Sera, 21 febbraio 2002) LIBRI VALTER VECELLIO, "La polveriera mediorientale", Ed. Mamma, Lodi 2001 INDIRIZZI INTERNET Keren Hyesod | ||||