Notizie su Israele 138 - 15 novembre 2002


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Così parla il SIGNORE, che ha dato il sole come luce del giorno e le leggi alla luna e alle stelle perché siano luce alla notte; che solleva il mare in modo che ne mugghiano le onde; colui che ha nome: il SIGNORE degli eserciti. «Se quelle leggi verranno a mancare davanti a me», dice il SIGNORE, «allora anche la discendenza d'Israele cesserà di essere per sempre una nazione in mia presenza». Così parla il SIGNORE: «Se i cieli di sopra possono essere misurati e le fondamenta della terra di sotto, scandagliate, allora anch'io rigetterò tutta la discendenza d'Israele per tutto quello che essi hanno fatto», dice il SIGNORE.

(Geremia 31:35-37)



HAMAS E FATAH RAGGIUNGONO L'ACCORDO


Mercoledì scorso [13 novembre] Hamas e il movimento Fatah di Arafat hanno raggiunto un accordo per la loro lotta contro Israele. I primi resoconti avevano detto che Fatah sperava di usare l'incontro del Cairo per convincere Hamas a fermare gli attacchi terroristici all'interno di Israele. Invece, secondo il quotidiano israeliano Ha'aretz, ufficiali dei due gruppi si sono accordati per lavorare insieme e rafforzare l'unità nazionale "palestinese" al fine di "fermare l'aggressione delle forze d'occupazione di Israele". L'accordo implica anche "la creazione di un comitato congiunto che cercherà i modi per "compiere gli interessi nazionali della nazione palestinese", scrive il giornale.

Commento di "Voice of Judea":

Sì, tutti sanno che quando gli arabi ammazzano gli ebrei, le possibilità di vittoria alle elezioni del partito laburista diminuiscono . Questo è diventato chiaro a tutti, dopo che si è visto quanta pace ci hanno portato gli accordi di pace di Oslo. Così Arafat se ne sta tranquillo ad aspettare quello che succederà fra tre mesi. Lui vuole che alle elezioni vincano i Laburisti. Hamas invece vuole che vinca il Likud. Niente di eccezionale. Nessuna grande differenza tra Arafat e Hamas: tutti e due amano il terrorismo e tutti e due vogliono la distruzione totale di Israele. Nessuna grande differenza tra i Laburisti e il Likud: tutti e due vogliono la sopravvivenza di Israele e credono che si debba fare il massimo possibile per difendere se stessi senza alienarsi l'America. L'unico dibattito sta nello stabilire fino a dove  può arrivare Israele senza far arrabbiare zio George a Washington.

(Voice of Judea, 15.11.02)



EDUCAZIONE ALL'ODIO FIN DALLA PIU' TENERA ETA'


14 novembre 2002

Emittente TV musulmana IQRAA, diffusa dall'Egitto. Trasmissione dedicata alla donna islamica condotta da Doaa 'Amer, puntata del 7 maggio 2002. Ospite in studio: una bambina di tre anni e mezzo.

Conduttrice: Oggi la nostra puntata sara' un po' diversa perche' abbiamo ospite una bambina, una vera musulmana. A Dio piacendo, possa il nostro Dio darci la forza di educare i nostri figli in questo modo affinche' la prossima generazione sia una generazione di veri musulmani che capiscano di essere musulmani e sappiano quali sono i loro nemici. Questa bimba si presentera' subito. E' figlia di una mia sorella nella fede e dell'artista Wagdi Al-Arabi. Si chiama Basmallah, come ci dira' lei stessa. Pace a te e tu sia benedetta. Come ti chiami?
Basmallah: Basmallah.

Conduttrice: Quanti anni hai?
Basmallah: Tre anni e mezzo.

Conduttrice: Sei musulmana?
Basmallah: Si'.

Conduttrice: Basmallah, sai chi sono gli ebrei?
Basmallah: Si'.

Conduttrice: E ti piacciono?
Basmallah: No.

Conduttrice: Perche' non ti piacciono?
Basmallah: Perche'...

Conduttrice: Perche' sono che cosa?
Basmallah: Sono scimmie e maiali.

Conduttrice: Perche' sono scimmie e maiali? Chi l'ha detto?
Basmallah: Il nostro Dio.

Conduttrice: E dove l'ha detto?
Basmallah: Nel Corano.

Conduttrice: Giusto, questo ha detto di loro nel Corano. Bene, Basmallah, e cosa fanno gli ebrei?
Basmallah: La Pepsi company.

Conduttrice: Sai anche del boicottaggio, Basmallah? E loro amano il nostro maestro Muhammad [Maometto]?
Basmallah: No.

Conduttrice: No. Cosa gli hanno fatto gli ebrei?
Basmallah: Il profeta Muhammad uccise qualcuno...

Conduttrice: Chiaramente, il nostro maestro Muhammad era forte e poteva ucciderli tutti. Molto bene, sai cosa dice la tradizione sugli ebrei e su cosa hanno fatto al profeta Muhammad? Conosci una storia?
Basmallah: Si', la storia della donna ebrea.

Conduttrice: La donna ebrea? E cosa ha fatto al nostro maestro, il profeta Muhammad?
Basmallah: La donna ebrea?

Conduttrice: Si'.
Basmallah: C'era una donna ebrea che invito' il profeta e i suoi amici. Quando lui le chiese: Hai avvelenato [il mio cibo]? Lei rispose: Si'. Lui le chiese: Perche' l'hai fatto? E lei rispose: Se sei un bugiardo, morirai e Dio non ti proteggera'. Se dici il vero, Dio ti proteggera'.

Conduttrice: E il nostro Dio protesse il profeta Muhammad, naturalmente.
Basmallah: E disse ai suoi amici: Uccidero' questa donna.

Conduttrice: Naturalmente, perche' aveva avvelenato il suo cibo, questa ebrea. Che sia lodato Dio, Basmallah, che sia lodato. [Agli spettatori] Che Dio possa benedirla. Non ci si puo' augurare una bambina piu' credente di lei. Che Dio benedica lei e suo padre e sua madre. La prossima generazione di figli deve essere di veri musulmani. Dobbiamo educarli ora finche' sono ancora bambini cosicche' saranno dei veri musulmani.

(MEMRI - ripreso da israele.net. Per il video completo con sottotitoli in inglese vedi: http://www.memri.org/video)



LA STAMPA ARABA E IL SERIAL ANTISEMITA "UN CAVALIERE SENZA CAVALLO"

   
Il 6 novembre 2002, alcuni canali televisivi arabi hanno trasmesso la prima puntata di un serial di 41 episodi chiamato "Un cavaliere senza cavallo", basato su "I Protocolli dei saggi di Sion". La serie sta andando in onda sulla televisione di stato e sul canale "Dream" egiziani, sulla tv di stato irachena e sul canale 'Al-Manar' degli Hizbullah (1) (2).
    La trasmissione, prodotta da Muhammad Subhi (che ha anche il ruolo principale), era prevista per l'ultimo Ramadan, ma la serie non è stata finita in tempo, perciò viene trasmessa quest' anno. Il programma ha provocato proteste in Occidente, con l'intervento del Dipartimento di Stato americano sul governo egiziano per impedirne la trasmissione, una richiesta che è stata rifiutata su due piedi dal ministro egiziano per l'Informazione Safwat Al-Sharif. L'Al-Sharq Al-Awsat ha riferito che il ministro ha preso la sua decisione dopo avere esaminato tutti gli episodi che hanno a che fare con i Protocolli (3).
    Il serial ha suscitato un grosso dibattito sulla stampa egiziana e araba. La maggior parte degli scrittori ne hanno sostenuto la trasmissione, ma alcuni  hanno criticato l'ossessione dell'Egitto per opere antisemite.
    Il programma è stato visionato ed autorizzato dalla Censura egiziana. Un comitato dell'Associazione egiziana delle radio e tv lo ha definito "una pietra miliare nella storia della drammaturgia araba". Il ministro egiziano per l'Informazione ha dichiarato che "le immagini eccezionali mostrate dal serial non contengono niente che possa essere considerato antisemita".

   

E se Israele avesse fatto la stessa cosa?
Mark Sayegh, un giornalista contrario al serial, ha trovato un modo insolito per esprimere la sua protesta nel suo editoriale settimanale sul quotidiano londinese in lingua araba Al-Hayat. L'articolo, intitolato "I Protocolli dei saggi arabi: basta, Egitto…basta", Sayegh ha presentato uno scenario inverso: la Tv israeliana che trasmette un programma basato sul "complotto arabo" per prendere il controllo del mondo. "In un'atmosfera di segretezza, la televisione israeliana ha cominciato a produrre una serie da trasmettere sulla Tv israeliana e su alcuni canali americani durante il prossimo mese [sic] dello Yom Kippur. Il contenuto di questa serie era preoccupante. Lo sceneggiatore del programma ha dichiarato che gli ebrei di Aleppo gli avevano dato un documento di cui nessuno aveva mai sentito prima ... [vi è detto che] durante gli anni '20, dopo la caduta del regno arabo e la frantumazione del sogno di unità araba, s'era tenuta ad Aleppo una riunione di rappresentanti di tutte le regioni che parlano arabo, in risposta al crudele attacco imperialistico,  per esaminare come recuperare il controllo arabo del mondo...".
    "…Secondo la serie israeliana, in 80 anni, gli arabi riusciranno ad incoraggiare l'emigrazione e a proiettarsi sulla società europea, piazzando ministri nei governi francesi e parlamentari negli altri paesi europei, spingendo paesi come la Francia a rispettare l'opinione araba e ad adottare una politica araba…".
    "Il rappresentante libanese inviato alla riunione di Aleppo era un coltivatore, perché l'élite libanese in quel momento era preoccupata delle questioni francofone (4). Il coltivatore della valle disse, in modo naturale, che stava programmando di sradicare alberi da frutta e piantare hascisc, per poi inondare con hascisc i mercati dell'entità sionista e dei paesi colonialisti, in modo da sottometterli alla volontà araba in una fase successiva…".
    "Naturalmente, nei circoli culturali israeliani è scoppiata una discussione sull'autenticità di questo 'documento' e sul razzismo delle sue accuse. Molti tra la comunità ebraica di Aleppo dubitavano della sua autenticità. Ma il professore israeliano 'Mustahiq Mabdai' ha troncato le polemiche dicendo: 'Io non so se questo documento sia un'invenzione o sia autentico, ma so che i leader arabi hanno provato ad attuare la maggior parte delle sue parti '".
    "Ovviamente, questa storia è del tutto immaginaria", ha scritto Mark Sayegh. "Gli intellettuali e gli artisti israeliani, che hanno raggiunto il massimo livello di violazione dei diritti del popolo palestinese, non hanno raggiunto (e chi è capace di raggiungerlo?) il livello di idiozia di alcuni dei nostri intellettuali ed artisti. La prossima settimana, durante il mese del Ramadan, la televisione egiziana comincerà a trasmettere il programma 'Un cavaliere senza cavallo', che è basato sullo storico falso 'I Protocolli degli anziani di Sion'…La verità storica non interessa a nessuno dell'élite araba ed egiziana. Ad esempio, invece di richiedere che il loro governo cancelli l'accordo di pace con Israele - accordo che è stato portato avanti con successo per un quarto di secolo - alcuni artisti del Cairo fanno ricorso a tamburi, microfoni e all'idiozia dei media che inaspriscono la situazione dei palestinesi".
    "Il protagonista del serial, Muhammad Subhi, si è affrettato a chiarire che 'la trattazione drammatica dei 'Protocolli degli anziani di Sion' è artistica'! Artistica, esattamente come la sinfonia 'Odio Israele', di Ludwig Sha'ban (5). Basta, Egitto…basta (6).
   

Il pubblico arabo è rimasto al 19° secolo
Nella colonna dedicata al cinema dell'Al-Hayat, anche Ibrahim Al-Arabi ha criticato la trasmissione del serial: "...A proposito del serial, l'arte della televisione araba è riuscita a mettersi al centro di un lungo dibattito, che torna indietro di 150 anni, su un libro di cui oggi si sa con certezza che fu una "fabbricazione" della polizia segreta dello zar russo, tesa a giustificare gli attacchi contro gli ebrei russi. Questo libro è stato sempre utilizzato dai regimi fascisti, razzisti e antisemiti per intensificare la persecuzione degli ebrei, con un risultato più disastroso per gli arabi che per gli ebrei, visto che si è trasformato in un argomento politico e storico a sostegno dell'idea di una 'patria nazionale per gli ebrei' e dell'istituzione dello stato di Israele...".
    "Per mesi, le persone consapevoli in Egitto hanno parlato di questo progetto. Alcuni dicono che il sostegno principale al progetto di Muhammad Subhi sia venuto dal presidente iracheno Saddam Hussein in persona, come se il danno che ha causato agli arabi non fosse stato sufficiente ed egli sta ora mettendo una trappola per l'Egitto, i suoi artisti e la sua reputazione nel mondo..."(7).
    Fath Allah ha elogiato Subhi e ha espresso la speranza che la Jihad continui in ogni possibile modo. A suo dire, "abbiamo bisogno di un artista come Subhi... Sia benedetto questo serial rivelatore..."(9).    
    
"Il serial è basato su una storia valida"
La stampa egiziana ha appoggiato l'approccio contrario. Il direttore del quotidiano governativo egiziano Al-Akhbar, Galal Duweidar, ha scritto: "Nella nostra concezione di democrazia, basata sui valori e sui principi di libertà, dobbiamo opporci all'attacco barbarico a cui è sottoposta l'arte egiziana e araba... Sotto la copertura della disonestà e dell'inganno, i nuovi sionisti negano, come fecero i loro padri e i loro nonni [prima di loro], i princìpi che rivendicano la libertà di espressione quando sono in conflitto con i loro obiettivi e complotti. Questa non è una novità, parlando di loro [gli ebrei], perché essi hanno persino negato quel che è detto nelle sacre scritture [islamiche]!!...".
     "Thomas Friedman, l'agente sionista con identità israeliana e cittadinanza americana, ha continuato il suo ostile, volgare attacco contro l'Egitto e per conto degli obiettivi dell'aggressore Israele, con la sua condanna, in un articolo sul New York Times, dell'intenzione della tv egiziana di trasmettere questo serial durante il mese del Ramadan. Ha affermato che la serie si incentra su un complotto sionista per prendere il controllo della terra araba, il che è un fatto. Ha attaccato il programma, ma ha ignorato il fatto che su questo argomento c'era una letteratura scientifica basata su storia legittima. Ha continuato accusando la leadership egiziana di seminare odio contro gli ebrei... Questo ignobile Friedman non ha trovato altra arma da lanciare in faccia agli intellettuali egiziani e arabi che quella dell'estorsione e del terrore basati sull'accusa di antisemitismo..."(8).
    L'editorialista dell'Al-Akhbar, Sanaa Fath Allah, era arrabbiato per il fatto che " il congresso americano non si è opposto alla commedia 'Mamma America' [una commedia di Muhammad Subhi del 1993 contro il governo e l'egemonia americana nel mondo, in cui viene frantumata la Statua della Libertà] ma è ora contrario [al serial del "Cavaliere senza cavallo"] perché [focalizzato] sulla storia degli ebrei...". 


Interviste al produttore del serial
In un'intervista, il  produttore Muhammad Subhi ha detto al settimanale di opposizione egiziano Al-Usbou': "Il serial racconta parte della nostra storia nella regione araba e quel

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che hanno fatto gli ebrei... Questo lavoro non è collegato alla religione ebraica e non incoraggia spargimenti di sangue ed uccisioni. La verità è che il serial condanna il terrorismo... Il mio messaggio al mondo è che la religione islamica proibisce di uccidere innocenti, donne e bambini, ma non ci impedisce di intraprendere la Jihad e di combattere per riconquistare la terra..."(10).
    In un'intervista al quotidiano governativo egiziano Al Gumhouriya, Subhi ha aggiunto: "Il serial non ha alcun collegamento con il semitismo e non riguarda nessuna religione. I comitati della censura l'hanno esaminato più di una volta e l'hanno approvato; l'hanno persino elogiato, il che avviene per la prima volta in 20 anni. Non so perché temono un serial da cui il censore non ha cancellato una singola scena... Se dichiarano che il serial è antisemita e appoggia il terrorismo... qual è la loro risposta ai loro religiosi che bestemmiano contro l'Islam?"(11).
    Dopo il suo ritorno da Bagdad, dove era andato a osservare il referendum in cui il presidente iracheno Saddam Hussein ha vinto con il 100%, Subhi ha dichiarato di essere "non interessato alle proteste di Israele e non colpito dalle loro grida isteriche... perché io sto esponendo i Protocolli dei saggi di Sion e li vedo come le basi del sionismo. Io ho trovato che le memorie di Hafez Najib [sulle quali il serial è basato] sono un fertile terreno per un lavoro che esporrà questi protocolli... Loro [gli ebrei] non accettano nessuna critica, specialmente se viene da un arabo. Si rendono conto che la discussione sui Protocolli mostrerà il loro vero volto razzista, le loro intenzioni espansionistiche e la loro opposizione a qualsiasi pace (12).
        
   
I palestinesi: guardare il programma è un dovere pan-arabo
Negli ambienti palestinesi ci sono state critiche al programma, ma concentrate su come i media arabi abbiano dato ai regimi arabi un modo per fingere di sostenere la lotta palestinese facendo qualcosa. Il direttore del quotidiano dell'Autorità palestinese Al-Hayat Al-Jadida, Hafez Al-Barghouti, ha scritto: "...Il serial è venuto come un tentativo di anestetizzare, o di far tirare un sospiro di sollievo, perché il  cittadino arabo represso, impedito a esprimere solidarietà ai palestinesi massacrati, riterrà di star adempiendo al suo dovere pan-arabo sacrificando un'ora al giorno davanti al piccolo schermo e di poter rilassarsi perché il suo turno per essere massacrato non è ancora venuto, secondo i tempi di Washington, ne quello dei suoi sobborghi, le capitali arabe che sono (anche) loro in linea per il massacro..."(13).
    
   
La trasmissione del primo episodio
La trasmissione del serial è cominciata il 6 novembre. Il primo episodio inizia con un ricordo della sconfitta palestinese/araba del 1948 da parte dei "Figli di Sion, che hanno preso [il territorio] a tradimento". La spiegazione, dice la voce narrante, va ricercata nel passato. Inizia con la storia del sequestro di un bambino di cinque anni al Cairo,nel 1855, da parte del pascià turco, che lo tiene nella sua casa malgrado le proteste della moglie e delle figlie [la moglie aveva dato vita a due ragazze]. Il bambino rapito, Hafez Nagib, è la persona sulle cui successive memorie è basato il serial.
    
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Note:
(1) Secondo il quotidiano arabo londinese Al-Sharq Al-Awsat, sei altri paesi arabi hanno deciso di non trasmettere il serial come previsto, per evitare di interrompere le relazioni con gli Stati Uniti. V. MEMRI Special Dispatch 309, 6 dicembre 2001.
(2) Al-Sharq Al-Awsat (Londra), 3 novembre 2002.
(3) Al-Sharq Al-Awsat (Londra), 1 novembre 2002.
(4) Un riferimento beffardo al summit dei paesi francofoni tenuto a Beirut nel 2002.
(5) Un riferimento beffardo al cantante egiziano Sha'aban Abd Al-Rahim, che ha scritto la canzone popolare egiziana "Odio Israele, amo Amr Moussa".
(6) Al-Hayat (Londra), 3 novembre 2002.
(7) Al-Hayat (Londra), 1 novembre 2002.
(8) Al-Akhbar (Egitto), 3 novembre 2002.
(9) Al-Akhbar (Egitto), 4 novembre 2002.
(10) Al-Usbou' (Egitto), 4 novembre 2002.
(11) Al-Gumhouriya (Egitto), 2 novembre 2002.
(12) Al-Sharq Al-Awsat (Londra), 1 novembre 2002.
(13) Al-Hayat Al-Jadida (Autorità palestinese), 3 novembre 2002.

(The Middle East Media Research Institute, 12.11.02)



LE SUBDOLE FORME DELL'ANTISEMITISMO OCCIDENTALE


Nell'occhio del ciclone

Antisemitismo e critica ad Israele sono ormai due facce della stessa medaglia: mettere gli ebrei sul banco degli imputati

di Fiamma Nirenstein

Mentre scrivo, un attentato ha fatto quattordici morti più diversi feriti molto gravi, fra la vita e la morte, e molti feriti detti "beinonì " medi, che vedremo nei prossimi anni trascinarsi sulle sedie a rotelle o il cui trauma infesterà per sempre la loro vita in un modo o nell'altro; in queste ore, il terribile, famigerato Ariel Sharon stava discutendo: 1) il piano Burnes, ovvero la proposta americana di pace progressiva; 2) la restituzione di due miliardi di shekel ai palestinesi, nonostante l'evidente rischio che vengano usati per il terrorismo; 3) come reagire al fatto che i soldati israeliani, cui è stato ordinato di sgomberare alcuni insediamenti, vengano aggrediti dai "coloni" ("non capisco perché, se violano la legge, i settler non vengano subito arrestati" ha detto il Primo Ministro; 4) il furto (così lo vede tutta la comunità internazionale occidentale, anche quella più antisraeliana) libanese d'acqua senza che Israele alzi un dito
     Mentre insomma la scena israeliana riproduceva le solite immagini di terrorismo catastrofico e la solita impossibilità a trovare una via d'uscita, Abraham Foxman, di ritorno dall'Europa, spiegava ai giornalisti che l'antisemitismo nel mondo cresce dappertutto, persino in America, che l'Europa ne è una produttrice instancabile, che del mondo arabo non se ne parla nemmeno: la tv egiziana (Paese moderato) manda in onda i protocolli dei Savi di Sion in trenta puntate, produzione "Canale dei sogni"; Al Hayat, giornale siriano di Londra, loda le otto edizioni programmate per il libro dell'ex ministro della difesa Mustafa Tlass "L'azzima di Sion", che spiega al mondo arabo (e presto anche da noi, perché il libro sarà tradotto in inglese, francese e italiano) l'uso inveterato di sangue giovanile da parte degli ebrei per preparare la loro matzà di pasqua. Nel libro è da lodare, dice il giornalista, "l'intento di rispondere alle domande della prossima generazione su chi sono gli ebrei e i motivi per cui uccidono gli esseri umani". Il panorama europeo non è migliore, e mi dispiace: non abbiamo lavorato bene, ci siamo nascosti dietro il dito della scusa: "questo non è antisemitismo, è solo critica a Israele". Anzi, guai anche solo a sospettare che qualcosa non andasse: "Non vorrai mica sostenere che se uno critica Israele, è antisemita?"
     Le cose sono peggiorate da marzo, quando in un solo mese, dopo aver perso 126 persone sugli autobus, nei supermarket, nei caffè, a tutte le latitudini, dopo lo sterminio di intere famiglie, Israele ha intrapreso una dura e larga campagna di difesa, che ha ottenuto diversi obiettivi, come il rallentamento degli attentati terroristici, il reperimento di documenti che hanno mostrato i nessi internazionali del terrore e le responsabilità della leadership di Arafat, la distruzione di fabbriche di missili kassam e di fabbriche di altre armi proibite dall'accordo di Oslo. Il prezzo è stato serio: molti soldati israeliani vi hanno lasciato la vita, e le azioni - svolgendosi sul terreno in cui vivono, si organizzano, si armano, si allenano, si preparano i terroristi, ovvero quello della società - hanno fatto molte vittime palestinesi civili. Chi voleva criticare l'esercito poteva farlo tranquillamente senza diventare antisemita: in Israele, i movimenti di opposizione lo hanno fatto strenuamente. Ma l'opinione pubblica europea ha fatto altrimenti: nonostante il carattere evidentemente difensivo delle operazioni, dato l'enorme impatto del terrorismo e la indispensabile necessità di farlo cessare anche in vista di riprendere i colloqui di pace, lo sbilanciamento a favore dei palestinesi è stato enorme. I pregiudizi si sono trasformati in boicottaggi delle merci israeliane, in espulsioni di intellettuali ebrei dalle università, in incredibili documenti razzisti di intellettuali europei. E allora, a chi dice "sono antisraeliano, non antisemita" faremo bene a rispondere: "Quando dai torto pregiudizialmente a chi è aggredito e non a chi aggredisce, quando guardi nella sua storia e la cancelli perché testimonia della sua buona fede e gli togli anche il diritto ad esistere, quando gli applichi stilemi e luoghi comuni quale che sia la situazione, non soffri forse di un pregiudizio che ti impedisce di vedere la realtà? Seguiti ad accusare un Paese che è oggetto di incredibili attentati terroristi, poiché sembri non capire, o fingi di non capire, che difendere la società civile è un compito indispensabile di qualsiasi Paese democratico; seguiti a giustificare il terrore, cerchi le ragioni di chi ha torto... come mai? Non dovresti metterti una mano sulla coscienza? Forse sei antisemita."
    Non è davvero popolare dirlo, ci vuole coraggio per dirlo a un amico, a un collega: ma è indispensabile guardare negli occhi il fatto che la situazione è molto peggiorata. E non è possibile aver dubbi su questo, considerando le violente dimostrazioni olandesi, la distruzione di negozi nello stesso Paese, le cinque bombe gettate nella sinagoga di Bruxelles, l'attacco a fuoco alla sinagoga di Azntwerp data alle fiamme, il pestaggio di due ebrei religiosi nel distretto chic "di sinistra" di Berlino, Kurfuerstendamm, l'attacco nella stessa città di una donna con la stella di David, il graffito spray su una sinagoga: "Sei milioni non bastano - PLO". Una decina di ebrei inglesi sono stati attaccati. Da noi, Yasha Reibman è stato aggredito ad una manifestazione. I cortei dei no-global a Johannesburg sfilavano mettendo sullo stesso piano l'apartheid e lo scontro israelo-palestinese. Del resto, ho sentito con le mie orecchie in un'occasione un giornalista della BBC dire la stessa cosa. La Francia poi è l'epicentro delle aggressioni, con bus scolastici presi a sassate mentre trasportano i bambini, con aggressioni per strada, le scritte: "Hitler ha un figlio: Sharon", che campeggiava su numerosi poster a una manifestazione; in Belgio: "Hitler ha due figli: Bush e Sharon". A Salonicco: "Fermate ora il genocidio: siamo tutti palestinesi". Di nuovo a Berlino: "Sharon è un assassino di bambini". Questo catalogo è uno dei molti che si possono fare: ognuno, e dico ognuno di noi, ha certamente sofferto momenti se non altro di intensa solitudine, un senso di spaesamento nuovo e diverso, una perdita di orientamento quando di fronte hai un vecchio amico che non sa più ascoltare, un interlocutore che non vuole discutere. La paura del terrorismo porta a minimizzarlo e quindi ad accusare chi se ne difende, e anche paradossalmente chi lo soffre: è colpa tua, gli si vorrebbe dire, e a me che sono buono non capiterà mai. Quanto più cattivo è Israele, tanto meno il bum delle esplosioni terroriste mi verrà vicino, sembra suggerire il subconscio di chi demonizza Israele e gli ebrei
     Non dubito che ebrei di destra e di sinistra oggi, tutti insieme, sentano che Israele è nell'occhio di un ciclone ben più grande del conflitto territoriale, che lo specchio concettuale vasto in cui è come andata perduta la contesa israelo-palestinese ha nel cuore un duro rifiuto della democrazia occidentale e la frizione religiosa; e l'antisemitismo che credevamo battuto dalla vittoria alleata sui nazisti ne è l'eco cavernoso.
    L'angoscia alle volte ci impedisce di identificare il fenomeno che lega terrorismo, autocrazie, antisemitismo, scontro religioso. La paura è grande, ed è giustificata.
    La situazione è nuova, ancora non sappiamo affrontarla: occorreranno anni per esaminarla, definirla strategicamente, intraprendere una battaglia.
    Vincerla?
    Questo non si sa: per ora vediamo solo che non abbiamo fatto bene, non abbiamo fatto abbastanza, che l'antisemitismo cresce, e noi seguitiamo a compiacere i vecchi amici con una pacca sulla spalla: "Ma no, non ti preoccupare, non è antisemitismo, è solo critica a Israele.
    Tu sei il mio migliore amico.
    Sei uno che può dire: il mio migliore amico è ebreo".

(Shalom, novembre 2002)



UN ESEMPIO ITALIANO


Giovedì 7 novembre il Corriere della sera ha pubblicato un brano della nuova prefazione di Sergio Romano al volume Lettera a un amico ebreo (edito da Longanesi). Il libro, già alla prima uscita, cinque anni fa, suscitò numerose discussioni sull'Olocausto e sull'antisemitismo. Nella nuova prefazione Romano sostiene che la causa degli ebrei è stata danneggiata da esasperazioni ideologiche e denuncia l'esistenza di una sorta di «inquisizione ebraica» che avrebbe ereditato il ruolo censorio del Sant'Uffizio cattolico.
In questa pagina pubblichiamo una risposta di Luciano Tas, autore di una "Storia degli ebrei italiani", alle tesi di Romano.


«Le società cristiane complici del genocidio»

di Luciao Tas

    Sul Corriere del 7 novembre l'ambasciatore Sergio Romano ritorna sul suo Lettera a un amico ebreo , appena uscito nella nuova edizione. Nella prefazione al libro, che il Corriere riporta, l'ambasciatore Romano scrive tra l'altro che «se un solo fattore può, entro certi limiti, spiegare il carattere straordinario dei massacri ebraici durante la seconda guerra mondiale, questo è, se mai, l'unicità del nazismo, vale a dire di una ideologia fondamentalmente anticristiana».
    Forse non ho capito bene il significato di questa affermazione. Sarà pur vero che il nazismo era un'ideologia anticristiana, ma in realtà a venire sterminati non furono i cristiani come gruppo e in quanto tali, ma il 60% degli ebrei d'Europa. Se ipoteticamente in Italia qualche nuova dittatura fondamentalista fosse antisemita, ma all'atto pratico ammazzasse il 60% dei cristiani, cioè presso a poco 33 milioni di persone, uomini, donne e bambini, non credo che la si potrebbe definire una ideologia fondamentalmente antisemita.
    L'ambasciatore Romano contesta che «le società cristiane siano state oggettivamente complici del genocidio», ma 1900 anni di predicazione antiebraica (cessata solo un minuto fa, in tempo storico della Chiesa) qualche alimento alle persecuzioni antiebraiche lo avranno pure fornito.
    L'ambasciatore Romano scrive poi che se è vero che «quasi sei milioni di ebrei morivano nei lager tedeschi», «furono tre milioni i polacchi uccisi durante la seconda guerra mondiale», ma non precisa che si trattava di tre milioni di ebrei polacchi (con tutto il cordoglio dovuto alle centinaia di migliaia di cristiani polacchi uccisi).
    L'ambasciatore Romano pare lamentare un eccesso di «musei dell'Olocausto» e di «giorni della memoria», eccesso che diventa, sembra, una tendenza. E questa «tendenza si è ulteriormente accentuata e ha assunto una evidente componente patrimoniale». Ma questa non l'ho capita proprio.
    Infine l'ambasciatore Romano ha «l'impressione che dopo la soppressione del Sant'Uffizio esista ormai una inquisizione ebraica, autorizzata a controllare e verificare il tasso di antisemitismo delle società cristiane».
    Ecco, questo è vero, almeno per quanto mi riguarda. Lo confesso, io sono un Inquisitore. Mi mancano però i fiammiferi che talvolta usava il Sant'Uffizio.

(Morasha, 14.11.02)


INDIRIZZI INTERNET


Islamic victimization