Notizie su Israele 150 - 21 gennaio 2003


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Si ode nel paese un grido di guerra, e grande è il disastro. Come mai si è rotto, si è spezzato il martello di tutta la terra? Come mai Babilonia è diventata una desolazione fra le nazioni? Io ti ho teso un laccio, e tu, Babilonia, vi sei stata presa, senza che te ne accorgessi; sei stata trovata e fermata, perché ti sei messa in guerra contro il SIGNORE.

(Geremia 50:22-24)



«CARO SADDAM, BOMBARDA TEL AVIV!»


TULKAREM/JENIN - Migliaia di palestinesi hanno manifestato domenica scorsa in diverse città dell'Autonomia in Giudea e Samaria invocando un attacco dell'Irak contro Israele. "Caro Saddam, bombarda Tel Aviv" era uno degli slogan dei partecipanti, tra cui si trovavano anche alcuni membri di Hamas.
    
Migliaia di palestinesi sfilano in corteo innalzando cartelli inneggianti a Saddam Hussein e sventolando le bandiere verdi di Hamas

    "Offriamo la nostra anima e il nostro sangue per Saddam", gridavano migliaia di dimostranti a Jenin, mentre altri 1.000 palestinesi parzialmente armati portavano per le strade di Tulkarem (Samaria) ritratti di Saddam Hussein. "Vinci da Gerusalemme a Bagdad" si leggeva sui cartelli dei 3.000 partecipanti di un corteo di protesta organizzato da membri di Hamas. I membri di alcuni gruppi palestinesi chiedevano al capo di stato iracheno Saddam Hussein perfino l'impiego di razzi Scud.
    Il capo degli Hamas, Abdel Aziz Rantisi, ha spinto gli iracheni a fare attacchi suicidi contro i soldati americani. Nel suo discorso ha consigliato agli alleati la formazione di un esercito di "martiri" e la produzione di cinture esplosive per attentatori suicidi. "Inciterò tutti i paesi arabi a bruciare la terra su cui marciano i soldati americani", ha minacciato il capo terrorista.
    Le marce di protesta di domenica scorsa fanno parte della "Settimana di solidarietà" dei palestinesi, organizzata da rappresentanti delle autorità dell'Autonomia. Da venerdì sempre più palestinesi manifestano contro un attacco degli USA all'Iraq. Attività simili sono in programma nella striscia di Gaza. Avvengono sotto lo slogan "Giorni iracheni in Palestina".
    Durante la guerra del golfo del 1991 il dittatore iracheno Saddam Hussein aveva lanciato 41 razzi Scud su Israele, di cui due sono caduti nei territori dell'Autonomia Palestinese.

(israelnetz.de, 20.01.2003)



INTERVISTA A ARIEL SHARON


Sharon: "Il mondo non può vivere con quel pericolo permanente"

Intervista di Fiamma Nirenstein al premier israeliano Ariel Sharon.

Di ottimo umore poco prima delle elezioni del 28 di questo mese, che certamente gli consegneranno di nuovo il ruolo di Primo Ministro, Ariel Sharon incontra un gruppo di giornalisti stranieri. Non spreca parole sulle accuse di corruzione: si sente abbastanza forte da accettare di affrontare di petto solo i grandi temi: la guerra con Saddam Hussein, Arafat, la pace, l'Europa, l'antisemitismo.

Signor Primo Ministro, non tutto il mondo pensa, come invece è dato per scontato in Israele, che la guerra contro Saddam Hussein sia una guerra giusta; in Europa, per esempio, si sottolinea come gli ispettori non mostrino nessuna «pistola fumante» che giustifichi l'attacco. La guerra è la scelta più drastica, che causa lutti immensi e innesca reazioni a catena. Israele tuttavia ne abbraccia in pieno la prospettiva anche se, in prima linea, rischia più di ogni Paese occidentale. Perché?
    «In realtà vorrei, data la realtà che noi conosciamo, che si indicasse una possibilità diversa, ma basta osservare lo scenario per capire che la guerra è inevitabile e anche giusta. Chi sa che cosa sia il regime iracheno sa che quel Paese è governato da un tiranno sanguinario, che costruisce da anni armi di distruzione di massa. Si sa che ha usato armi chimiche persino contro i suoi propri cittadini uccidendo migliaia di curdi. L'Iraq è il campione nel campo delle armi di distruzione di massa, fomenta e finanzia il terrorismo, dona 25 mila dollari per ogni terrorista suicida palestinese, cerca continuamente di contrabbandare armi per i terroristi. Il mondo intero ha avuto la fortuna che Menahem Begin, nell'81, prese - col gabinetto di cui mi onoro di aver fatto parte - la decisione di distruggere i reattori nucleari di Saddam. Il mondo ci criticò. Dove saremmo adesso se non lo avessimo fatto? Oggi la cosa giusta è impedire all'Iraq di costruire e usare armi di distruzione di massa, di fomentare il terrore. Il mondo non può vivere con questo pericolo permanente: il terrorismo non è un problema tecnico, è un problema strategico; in realtà io mi aspetto che tutto il mondo libero si unisca per combatterlo».

Lei è disposto a pagare un prezzo molto alto, il più alto, per questa guerra. Pensa che Saddam vi attaccherà? In queste ore è in corso un'esercitazione congiunta israelo-americana: pensa che l'attacco sia imminente? Lavorate su questo? Avete assistenza dagli americani? Vi avvertiranno in tempo?
    «Oggi il ministro della Difesa Mofaz, riferendo al Gabinetto, ha definito "bassa" la possibilità di attacco. Comunque è possibile. E, se saremo attaccati, abbiamo preso ogni precauzione possibile. Siamo pronti e tranquilli. Dopo l'esperienza del `91 la nostra attrezzatura è infinitamente migliorata. Comunque riteniamo questa guerra una guerra contro il terrorismo; una guerra che sosteniamo con tutti noi stessi, ma di cui l'America è il leader. Capiamo la delicatezza della situazione mediorientale e abbiamo la certezza che gli americani danno la massima attenzione ai problemi della nostra sicurezza».

E' preoccupato che dopo la guerra gli Stati Uniti possano esercitare forti e strumentali pressioni per ristabilire la quiete? Quanto a lei, Israele non sentirà la tentazione di intervenire pesantemente contro i palestinesi approfittando della confusione della guerra?
    «No: noi non approffiteremo affatto della situazione. Da tempo avremmo ammorbidito la situazione se solo avessimo potuto; semmai sia i palestinesi, che nel `91 saltavano sui tetti invitando Saddam a colpire Tel Aviv, sia gli hezbollah che già si schierano con le armi in mano, devono stare attenti a non lasciarsi trascinare in un attacco ai nostri danni, che non passerebbe impunito. Quanto a pressioni americane, noi vediamo occhio a occhio con loro la necessità della pace. Ricordate: ho dichiarato di essere favorevole a uno Stato palestinese e di voler accedere a difficili concessioni nel momento più difficile per me, quello delle primarie nel mio partito. Era il momento in cui il costo poteva essere più alto. (Netnayahu dichiarava che mai avrebbe dato uno Stato ai Palestinesi; ndr)».

Ma se lei è sincero nel promettere uno Stato ai palestinesi, perché insiste con una dura politica militare? Perché non cerca una strada per riavviarsi al tavolo delle trattative?
    «Non dovrebbe essere difficile capire che se da una parte noi siamo pronti a concessioni molto serie sul fronte territoriale, non lo siamo affatto sul fronte della sicurezza. Non sono pronto a cedere di un millimetro sulla sicurezza per la nostra gente. Qui sono morte 720 persone innocenti in due anni di Intifada, un numero che negli Usa corrisponderebbe in proporzione a 40 mila persone; abbiamo 5000 feriti, sempre in proporzione 300 mila innocenti invalidati. Intere famiglie sono state distrutte, genitori e figli e nonni».

E quindi qual è il suo piano?
    «Saremo l'unico Paese nella storia che cede terreno sebbene abbia vinto tutte le guerre. Ho previsto tre fasi: la prima prevede la cessazione totale del terrore. All'inizio, i palestinesi arrestino i terroristi e smantellino le loro strutture (Hamas, Jihad islamica, ecc) e le infrastrutture di finanziamento. Poi si cessi di incitare all'odio nelle scuole, alla tv, sui giornali e vengano fatti passi preventivi per impedire la creazione di nuovi nodi di terrore. Infine toccherà a noi per prima cosa creare con strade una contiguità territoriale perché i palestinesi usino le loro strade. Qui, se ci sarà tranquillità, partirà la trattativa per uno Stato totalmente demilitarizzato, che non potrà stabilire accordi con Stati nemici, disporrà di una polizia armata di armi leggere».

Lei è sincero? Fino a toccare lo Stato degli insediamenti?
    «Lo dimostra il fatto che l'ho dichiarato prima della mia designazione».

Perché tutto questo processo non riesce ad avviarsi? I palestinesi non si fidano di lei.
    «C'è una leadership palestinese che si rende conto che il rifiuto e l'attacco terroristico di Arafat è stato un errore terribile, che è costato anche a loro lacrime e sangue. Essi parlano di nascosto, ma sono bloccati da Arafat: finché lui sarà il leader dei palestinesi, niente sarà possibile. Sarebbe ora che gli europei capissero che Arafat è l'ostacolo, che mantenerlo come punto di riferimento costa tempo e sangue».

Lei ha dichiarato al settimanale Newsweek che il «quartetto» è inutile, inconsistente.
    «Come ho detto, vedo le cose occhio a occhio col presidente Bush. E Putin comprende molte cose importanti. Ma l'Europa, per essere un interlocutore credibile, dovrebbe finalmente cercare di essere più equilibrata. Gli europei vengono qui e ci spiegano come dobbiamo risolvere i nostri problemi; vorrei avere un giorno la possibilità di fare altrettanto con loro. Io accetto e apprezzo tutti i leader europei, uno a uno: Berlusconi, Aznar, Chirac. Ma penso che sbaglino su Arafat. Dovrebbe essere rimosso per diventare una figura, se piace ai palestinesi, simbolica. Vorrei che gli Europei divenissero, finalmente, più equilibrati».

Lei vede la crescita dell'antisemitsmo in Europa come un fenomeno serio?
    «Certamente sì: e anche se non è lo stesso mondo di un tempo, quel sentimento si sparge molto rapidamente. Lo abbiamo già conosciuto nel passato, sappiamo che cosa significa sottovalutarlo. E´ un pericolo non solo per gli ebrei, che spero che nel 2020 siano tutti in Israele, ma per tutto il mondo. Le democrazie devono levare la loro voce per fermarlo».

(La Stampa, 20 gennaio 2003)



E' DIFFICILE RILASSARSI IN ISRAELE!


Storie israeliane di ordinaria follia

di  Angelica Calò Livné

Decidiamo di rilassarci un po'…
Decidiamo di rilassarci un po'… si potrebbe andare al cinema. Noi due soli. Optiamo per Tom Cruise. Osservo compiaciuta che il centro commerciale pullula di gente, arabi ed ebrei: siedono insieme, tavolo accanto a tavolo, nel Burger Ranch; comprano nei negozi; se ogni tanto non vedessi delle donne con il tradizionale copricapo, non saprei distinguere tra ebrei e arabi. Manca una mezz'ora all'inizio del film: decidiamo di godercela fino in fondo, entriamo in un piccolo ristorante, ci sediamo. Proprio accanto al nostro tavolo siede un giovane. Sembra molto turbato; si gira, si alza, si risiede, estrae un cellulare, parla in arabo, si guarda intorno. Il panico. I pensieri nella testa si danno a un galoppo furioso ed irrefrenabile. Proprio nel villaggio da dove si libra ora la voce del Muezzin, è stato organizzato l'ultimo attentato all'autobus di Meron, a 9 chilometri da Sasa. L'attentato che ha lasciato Israele esterrefatta perché organizzato, probabilmente, con l'aiuto di arabi israeliani. Ci alziamo e cambiamo tavolo. Io continuo ad osservare i movimenti del giovane che diventano sempre più nervosi poi, con uno scatto improvviso, si alza ed esce dopo aver aperto e chiuso il cellulare una ventina di volte lasciando tutto ciò che aveva ordinato sul tavolo. Entriamo al cinema, è già buio: fila 11, sedie 8 e 9; ci sediamo e sento che mi scende tutto il sangue dalle guance… chi c'è seduto alla sedia 7? Sento venirmi su un leggero senso di nausea: il giovane è là, più elettrico che mai. Ha in mano il cellulare, un enorme involucro di pop corn, una fanta e una coca cola. Mangia e beve tutto nervosamente e a scatti e contemporaneamente parla al cellulare sussurrando parole incomprensibili. Chiedo a Yehuda sottovoce se sarebbe possibile mettere una bomba in un cellulare. Lui sorride. Non riesco a capire nulla del film, il giovane è molto ma molto più interessante: le spalle rialzate, i modi nervosissimi, isterici, ancora più isterici che al ristorante, volge il capo a destra, si rigira a sinistra, guarda in alto, si volge all'indietro, ride senza motivo, sembra che si concentri su qualcosa, prende il cellulare e pigia tutti i numeri, poi lo richiude. All'improvviso il giovane si alza: si guarda tutt'intorno e esce. I miei nervi sono allo spasimo, mi alzo e lo seguo, due signori dietro di me si alzano anche loro, le due signore dall'altra parte anche, è il subbuglio. Due ragazzetti vicino a me gridano «Buum», poi ridendo mi dicono: «Ha ragione, è meglio stare accorti». Chiamo il responsabile della sicurezza, gli racconto tutto, lui mi guarda calmo e dice: «Non si preoccupi signora, è tutto sotto controllo!». Mi rassereno un po' perché vedo che il tizio non torna e spero che se ne sia andato ma, appena mi siedo rientra con un altro scatolone di pop corn, una lattina di sidro e due di coca cola, gli occhi spiritati, le pupille dilatate e le spalle sempre più vicine alle orecchie. Con uno scatto improvviso si rialza, lascia tutto là e esce di corsa. Io gli corro dietro, due signore corrono anche loro, i due di dietro controllano lo scatolone dei pop corn. Quando esco dalla sala lo vedo lasciare il cinema, la signorina dei pop corn mi viene incontro: «Che c'è signora?». Parlo concitatamente: «Quel tizio che è appena uscito...». La signorina mi sorride: «Oh sì, è un tipo strano, viene

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tutte le sere, si compra un sacco di cose, lascia tutto e poi esce a metà». La luce si accende, il primo tempo è finito, io ho lo sguardo perso nel vuoto, Yehuda mi stringe la mano e mi sorride più serafico e più dolce che mai. È difficile rilassarsi da queste parti!

(da "Tempi", n.3 anno 2003)



GLI AUTORI ISRAELIANI DI SINISTRA SI RIMETTONO IN QUESTIONE


In un'intervista accordata al quotidiano Haaretz, i due autori di sinistra Oz e Grossman si sono rimessi in questione. I due autori parlano della sensazione che li accompagna dall'inizio dell'Intifada armata: credevano di essere diventato un popolo come gli altri ma la realtà sembra essere più forte.
    "La mia sensazione è che dall'inizio dell'Intifada e di atti antisemiti in tutto il mondo, qualche cosa sia cambiato." L'Israeliano moderno, che pensava di essere diventato universale, che naviga su Internet e possiede i cavi si trova improvvisamente a fare parte del tipico destino tragico del popolo ebraico, proprio lui che pensava che questo concetto non esistesse più "ha dichiarato Grossman."
    Oz si è dichiarato "sconvolto dall'odio della intelligentsia israeliana di sinistra per tutto il popolo israeliano." Non odiano soltanto gli abitanti delle istituzioni, i religiosi, la destra ed i nazionalisti. Odiano anche l'ortodossia, la musica israeliana, le canzoni del popolo, le memorie, tutto".
    " Per Grossman, il linciaggio di Ramallah è stato una svolta. "Ho capito che gli Arabi non ci accetterebbero mai." A volte mi dico che non c'è nessuna possibilità. Osservo la carta così piccola di Israele dove non c'è neppure il posto di scrivere il suo nome, i paesi che lo circondano e sono disperato. Secondo me, la sinistra è un fallimento ".

(Istituto Culturale della Comunità Islamica Italiana, 12.01.2003)



LE PERICOLOSE DICHIARAZIONI DI ATTAH ALLAH


Quando il Monsignore inneggia agli attacchi suicidi
   
di Dimitri Buffa
   
    "Cristiani e musulmani devono unirsi per prendere parte agli attacchi armati contro Israele". Anche quelli di terrorismo suicida.
    Parola di arcivescovo ortodosso palestinese. Da ieri monsignor Attah Allah Hana ex portavoce della chiesa ortodossa di Gerusalemme è nell'occhio del ciclone con le autorità di polizia israeliane (il suo discorso si può leggere in arabo sul sito internet dell'esercito israeliano, www.idf.il), diventando altresì il naturale candidato al passaggio di testimone con il melchita Hylarion Capucci.
    Cioè l' altro prete del luogo con l'hobby del terrorismo anti ebraico.
    Il discorso che Hana ha tenuto ai primi di gennaio ad Haifa è persino rimbalzato sul sito internet di Hamas che lo ha riprodotto più o meno pari pari. Eccone alcuni assaggi: "i suicide bombers che portano avanti la loro attività nel nome della loro religione sono eroi nazionali dell'Islam e anche noi cristiani siamo orgogliosi di loro." E ancora: " Noi rigettiamo totalmente i dubbi seminati da coloro che protestano contro queste azioni. Chi le fa non commette peccato di suicidio nè perpetra atti di terrorismo assassini come protestano sempre costoro..per il semplice fatto che si tratta di combattenti contro l'occupazione" Non basta: "inoltre noi appoggiamo senza riserve e senza curarci delle proteste di chi dubita e di chi si oppone le azioni eroiche di questo tipo nel quadro di questa lotta." Per chiudere il cerchio della propria logica aberrante, l'arcivescovo nello stesso discorso si è naturalmente dichiarato pacifista: "..quando finalmente gli israeliani mi restituiranno il passaporto, mi metterò a capo di una delegazione cristiana che partirà per l'Iraq per fungere da scudi umani e contrastare così l'aggressione americana all'Iraq.." Perchè Israele ha ritirato il passaporto all'arcivescovo in questione?
    Perchè solo alcuni mesi fa la polizia lo interrogò come indagato di apologia del terrorismo a proposito del proprio incondizionato appoggio alle azioni armate dei palestinesi più volte esternato in discorsi e sermoni. Le dichiarazioni di Hana peraltro riflettono i discorsi della gente di strada nei territori occupati che generalmente, a causa dell'indottrinamento iniziato fin dall'asilo, appoggiano senza riserve il terrorismo suicida.
    Hana ha più volte spiegato di sentirsi come "ognuno dei miei concittadini rispetto all'occupazione israeliana". Ora però con queste dichiarazioni prontamente rilanciate in rete dal sito internet di Hamas, Attah Allah Hana rischia grosso, compreso l'arresto per istigazione al terrorismo. Peggio di lui è andata sinora solo al noto Hylarion Capucci, che però non si era limitato a delirare a favore dei terroristi arabo palestinesi ma li aveva anche aiutati concretamente tentando di trasportare per loro nel 1974 un'ingente quantità di tritolo e armi dalla Siria. Si prese 11 anni, poi il vaticano lo fece uscire nel 1977.

(L'Opinione, 15 gennaio 2003)
   


GIORNATA DELLA MEMORIA A MILANO


Moshe' Bejski è il nome che piu' risplende in questi giorni per la giornata della memoria! Infatti Milano ha dedicato la giornata della memoria proprio a lui con due iniziative molto interessanti.
    La prima, riportata sul Corriere della Sera di oggi, e' la nascita del Giardino dei Giusti a Milano sul piccolo Monte Stella dove il 24 gennaio prossimo verranno piantati tre alberi per ricordare i Giusti!.

''Giusto e' chi non essendo ebreo
ha rischiato la vita per salvare un ebreo''

e' la frase principale del regolamento della commissione dei Giusti di Yad Vashem, il museo dell'olocausto di Gerusalemme, che decide chi siano i giusti.
    L'obiettivo Milanese e' quello di estendere il concetto di Giusto ai tanti genocidi del 900 (I gulag, la pulizia etnica nella ex Jugoslavia, la tragedia degli armeni e dei Curdi)
    Il primo albero milanese sara' dedicato proprio a Moshe' Bejski. Gli altri due alberi saranno piantati in onore di Pietro Kuciukian che ha creato il giardino di Yerevan per ricordare i Giusti ''Armeni'' e a Svetlana Broz che sta creando il giardino a Sarajevo!
    La seconda iniziativa milanese riguarda la presentazione del Libro di Gabriele Nissim dedicato a Moshe' Bejski dal titolo: ''Il tribunale del Bene''.
    Interverranno Giuseppe Laras Rabbino Capo di Milano, Lucien Lazare membro della Commissione dei Giusti di Yad Vashem, Gabriele Nissim autore del libro il Tribunale del Bene e Moshe Bejski presidente della Commissione dei Giusti di Yad Vashem.
    La presentazione avrà luogo presso il Palazzo reale di Milano il Lunedi' 27 alle ore 18.30!

(Cultura ebraica, 15.01.2003)



L'ONU CONTRO L'ABUSO DI BAMBINI PALESTINESI


L'utilizzo sistematico di adolescenti e bambini come scudi umani e persino come attentatori da parte di gruppi terroristici palestinesi e' stato fortemente criticato da una tribuna insolita, generalmente molto comprensiva verso qualunque azione palestinese: le Nazioni Unite.
    Nel quadro di un dibattito in corso al Consiglio di Sicurezza sulle misure necessarie per proteggere i minori nei conflitti armati, il rappresentante speciale dell'Onu sull'argomento Olara Otunnu ha condannato gli attentati suicidi palestinesi per i loro disastrosi effetti sui bambini sia israeliani che palestinesi. "Il ricorso ad attentati suicidi e' totalmente inaccettabile - ha detto Otunnu - e nulla lo puo' giustificare. Assistiamo a entrambi gli effetti di questi atti: bambini vengono usati come bombe suicide, bambini vengono uccisi dalle bombe suicide. Faccio appello alle autorita' palestinesi affinche' facciano tutto cio' che e' in loro potere per far cessare qualunque coinvolgimento dei bambini in questo conflitto".
    Israele, l'unico paese che nel proprio intervento al dibattito aveva ricordato l'abuso dei bambini da parte del terrorismo palestinese, e' stato a sua volta criticato da Otunnu per alcuni aspetti particolari, come il rischio che il tasso di vaccinazioni dei bambini palestinesi possa scendere troppo a causa dei coprifuoco e delle chiusure imposte per ragioni di sicurezza.

(israele.net, 16.01.03 - dalla stampa israeliana)



SHARON: "LE PAROLE DI ARAFAT NON HANNO ALCUN VALORE"


Il primo ministro israeliano Ariel Sharon ha respinto come "priva di qualunque valore" la dichiarazione fatta sabato da Yasser Arafat con la quale il presidente dell'Autorita' Palestinese chiedeva la cessazione degli attentati contro civili israeliani fino alle elezioni israeliane del 28 gennaio perche' danneggerebbero la causa palestinese.
    La dichiarazione di Arafat, ha detto Sharon alla riunione domenicale del governo israeliano, dimostra quali sono i veri criteri che guidano la politica d'assassinio dell'Autorita' Palestinese. "Evidentemente prima del periodo elettorale - ha detto Sharon - e' lecito assassinare civili israeliani. Poi invece, quando le elezioni sono vicine, e' preferibile fermare gli attentati e riprenderli solo dopo le elezioni". Secondo Sharon, inoltre, questo genere di dichiarazioni dimostra che Arafat sa di poter ancora controllare il tasso di violenze anti-israeliane che provengono dai territori palestinesi.
    Yasser Arafat, parlando sabato a una riunione del governo palestinese pochi giorni dopo il duplice attentato terrorista di Tel Aviv (22 morti) rivendicato dalle Brigate Al-Aqsa che fanno capo al suo movimento Fatah, aveva dichiarato che "gli attentati contro civili israeliani hanno seriamente danneggiato la causa palestinese sulla scena internazionale e presso l'opinione pubblica israeliana. Dal momento che la data delle elezioni in Israele si avvicina - aveva continuato Arafat - chiedo a tutto il nostro popolo di praticare piu' autocontrollo".
    Anche il candidato laburista Amram Mitzna ha criticato sabato la dichiarazione di Arafat dicendo che la dirigenza palestinese dovrebbe combattere sempre e con tutte le proprie forze il terrorismo, che costituisce il principale ostacolo sulla via della pace. "Arafat non puo' opporsi al terrorismo solo in certi momenti, secondo l'agenda politica israeliana - ha detto Mitzna - Israele combattera' il terrorismo in ogni momento e in ogni luogo e se la dirigenza palestinese desidera davvero la pace dovrebbe fare lo stesso".
    Sia le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza del 2002, sia i piani Mitchell e Tenet non chiedono solo la sospensione degli attentati contro civili, bensi' un cessate il fuoco totale di attentati, attacchi, scontri e istigazione alle violenze quale condizione preliminare per riavviare i negoziati e il processo politico.

(israele.net, 13.01.03 - dalla stampa israeliana)



IL RICORDO DELL'OLOCAUSTO RAGGIUNGE IL COSMO

    
Il colonnello Ilan Ramon

Il primo astronauta israeliano, il colonnello Ilan Ramon ha portato con sé nel cosmo i rotoli della Torah del prof. Yehoyaim Yosef, uno scienziato israeliano che è anche un sopravvissuto all'olocausto. Ramon intende raccontare la storia del rotolo in una conferenza stampa. Nel bagaglio di Ramon si trovano altri oggetti di culto ebraici, come per esempio il calice Kiddush, quali simboli della sopravvivenza e della nuova nascita del popolo ebraico.
    Yehoyaim Yosef, professore di astrofisica, ha il compito di dirigere uno degli esperimenti che Ramon deve eseguire a bordo del Columbia. Yosef condivise con il Rabbino Capo dell'Olanda una baracca nel campo di concentramento di Bergen-Belsen. Quando questi notò che il giovane Yosef si avvicinava al suo tredicesimo anno di età, lo preparò per la sua Bar Mitzwa. Yosef passò intere notti nello studio dei rotoli della Torah del Rabbino. Alla fine, in una cerimonia che si svolse davanti a tutta la baracca, il ragazzo ne recitò delle parti e fu ammesso con tutti i diritti e i doveri nella comunità ebraica.
    «Dopo la cerimonia il Rabbi mi disse: 'Prendi questi rotoli della Torah, tu hai più probabilità di me di uscire vivo di qui. Promettimi soltanto che racconterai questa storia"», ha detto Yosef. Due mesi dopo il Rabbino fu ucciso a Bergen-Belsen. Dopo un altro anno Yosef e suo fratello furono liberati e si riunirono ai loro genitori. Tutta la famiglia emigrò in Israele.
    Ramon, la cui madre è una sopravvissuta di Auschwitz, ha portato con sé nel cosmo un altro oggetto che ricorda l'olocausto: il disegno a matita "Paesaggio lunare" del quattordicenne Peter Ginz, morto ad Auschwitz.

(ICEJ-nachrichten - direkt aus Jerusalem, 21.01.2033)


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