Notizie su Israele 155 - 17 febbraio 2003


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Poiché un bambino ci è nato, un figlio ci è stato dato, e il dominio riposerà sulle sue spalle; sarà chiamato Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace, per dare incremento all'impero e una pace senza fine al trono di Davide e al suo regno, per stabilirlo fermamente e sostenerlo mediante il diritto e la giustizia, da ora e per sempre: questo farà lo zelo del SIGNORE degli eserciti.

(Isaia 9:6-7)

Ma gli empi sono come il mare agitato, quando non si può calmare e le sue acque cacciano fuori fango e pantano. «Non c'è pace per gli empi», dice il mio Dio.

(Isaia 57:20-21)



LA SPACCATURA AMERICA-EUROPA E GLI EBREI


di Herb Keinon

Un approccio specificamente ebreo all'attuale disaccordo degli Stati Uniti con la Francia e la Germania sul modo di trattare l'Iraq punta l'attenzione sul timore che alla fine chi ne farà le spese sarà Israele.
    Come aveva detto Menachem Begin: "Quando dei goym [non-ebrei] litigano con altri goym sul modo di combattere dei goym, alla fine chi ci va di mezzo sono gli ebrei. (Si ricordi quello che aveva detto a proposito di Sabra e Shatilla: "Dei goym ammazzano altri goym e la colpa è degli ebrei").
    Paranoia? Può darsi. Ma una corrente di pensiero presente in certi circoli diplomatici ritiene che la tensione tra gli Stati Uniti e la "vecchia" Europa a proposito dell'Iraq non fa presagire nulla di buono per Israele.
    Secondo questa linea di ragionamento, gli Americani e i Francesi e i Tedeschi non vogliono che i loro battibecchi sull'Iraq continuino all'infinito e influenzino tutto. Una situazione simile non giova agli interessi di nessuno. Entrambe le parti sanno che cosa si aspetta il mondo, e certamente vorranno riprendere la loro collaborazione una volta che la questione irachena sarà risolta.
    E quale modo migliore di appianare le cose, se non di occuparsi del conflitto israelo-palestinese? Questo conflitto corrisponde bene alle attese perché è in gioco un meccanismo che può dare un obiettivo alla cooperazione del Quartetto composto da Stati Uniti, Unione Europea, ONU e Russia.  Se Stati Uniti e "vecchia" Europa vogliono riconciliarsi, questo può essere il forum ideale. Una tale ripresa di dialogo, per esempio, potrebbe prendere la forma di un accettazione da parte degli Stati Uniti della versione europea del "programma di marcia" ("road map").
    Il principio alla base della creazione del Quartetto era di presentare un fronte comune alle parti in conflitto, in modo che né i Palestinesi né gli Israeliani potessero rivolgere le loro lamentele a qualcun altro, perché la comunità internazionale avrebbe assunto una posizione unificata. Né una parte né l'altra potrebbe far giocare gli Europei contro gli Americani, o viceversa.
    E' esattamente il tipo di fronte che gli Stati Uniti vorrebbero presentare all'Iraq, ma la Francia e la Germania hanno impedito che si realizzasse. Ma entrambe le parti, dopo aver rimosso Saddam Hussein, potrebbero voler dimostrare che è possibile ricostituire un fronte comune su altre importanti questioni internazionali.
    Questo fatto, unito al bisogno che avranno gli Stati Uniti di mostrare agli Arabi, dopo l'Iraq, che non sono contro di loro, può spingerli ad allinearsi agli Europei sul "programma di marcia", che il Primo Ministro Ariel Sharon ha definito contrario agli interessi di Israele.
    Però questo non è l'unico modo di vedere l'attuale spaccatura tra gli Stati Uniti e la "vecchia" Europa. Non tutti credono che gli attuali problemi tra l'Europa e gli USA siano dannosi per gli Ebrei.
    Un'altra corrente di pensiero ritiene che la spaccatura è ben più profonda di quel che sembra e non riguarda soltanto l'Iraq. Come ha detto l'ex ambasciatore di Israele negli USA, Zalman Shuval: "Gli Stati  Uniti pensano globalmente, considerano la loro posizione nel mondo e la necessità di preservare la libertà nel mondo. L'Europa invece è condotta da interessi particolari, eurocentrici".
    Shuval sostiene che questa differenza è nota da anni agli Israeliani, che paragonano le posizioni degli Americani e degli Europei nei confronti di Israele. Secondo questa scuola di pensiero, l'inefficace posizione della Francia e della Germania a proposito della minaccia irachena e il tentativo di rimodellare il Medio Oriente si ripercuoteranno sul ruolo che potranno giocare nel processo diplomatico israelo-palestinese. L'ostinazione della Francia e della Germania nella questione dell'Iraq convincerà gli americani a non coinvolgerle in questo processo. Gli Stati Uniti non si sentiranno obbligati verso un alleato che li ha abbandonati. Secondo questo scenario, gli Stati Uniti diranno alla "vecchia" Europa: "Dal momento che voi giocate un ruolo insignificante in una questione di primaria importanza, perché dovremmo permettervi di giocare un ruolo nel trattamento di un'altra materia di importanza decisiva in Medio Oriente come il conflitto israelo-palestinese? In questa ottica, il Quartetto probabilmente non sarebbe sciolto, ma il centro dell'iniziativa passerebbe ancora più marcatamente nelle mani degli USA.  
    Tuttavia, la tensione tra Americani e Europei potrebbe avere anche conseguenze opposte: gli Europei potrebbero accusare gli Stati Uniti e dire che se gli Americani scelgono di agire indipendentemente nella questione dell'Iraq, loro [gli Europei] cominceranno ad agire in modo indipendente nel Medio Oriente e cercheranno di far andare avanti le cose a modo loro.
    Quale che sia la corrente di pensiero che si preferisce seguire, è chiaro che il cattivo sangue tra Washington e alcune capitali europee avrà delle ripercussioni sul processo diplomatico in Israele.
   
(Israel Informatie, 11.02.2003)



I CORDIALI RAPPORTI TRA ARABI E FRANCESI


Jacques Chirac proposto come presidente della lega araba

 Secondo Abdelilah Salhi, il corrispondente a Parigi del quotidiano panarabo di Londra, Al-Quds Al-Arabi, "un sentimento di fierezza spira sulla comunità araba e musulmana di Francia dopo le ultime prese di posizione di Parigi nella crisi irachena. L'insistenza francese nell'opporsi alla politica egemonica americana contro l'Iraq e il suo braccio di ferro contro Washington attenuano un po' la delusione degli arabi islamici di Francia riguardo alla debolezza della posizione araba su questa questione. Una debolezza che consacra il sentimento di sottomissione che caratterizza i paesi arabi, dall'Atlantico fino al Golfo". Il quotidiano sottolinea che in effetti "la fermezza francese nella sua opposizione alla guerra contro l'Iraq va di pari passo con l'unità europea e quella della NATO". Ma questa fermezza ha piacevolmente sorpreso gli arabi e i musulmani che vivono in Francia. "Qualche umorista nella comunità musulmana di Francia ha perfino proposto la candidatura di Jacques Chirac alla presidenza della Lega Araba", sottolinea il quotidiano. Un commerciante tunisino del quartiere di Belleville a Parigi riassume così il sentimento arabo: "Chirac è un uomo politico coraggioso. In questo momento ci sembra più arabo dei nostri stessi dirigenti arabi che hanno la preoccupazione di salvare il loro regime e mantenersi al potere..."
    Un intellettuale algerino che vive a Parigi afferma che "Chirac ha dato prova di astuzia politica eccezionale nella questione irachena. Sta camminando sulle orme del generale de Gaulle nella lotta contro l'egemonia americana e nell'indipendenza della diplomazia francese".
    Un franco-marocchino pensa, da parte sua, che "è la prima volta che si ha l'impressione che la Francia stia veramente dalla parte degli Arabi contro gli Stati Uniti. Sono fiero di aver votato per Chirac nelle ultime elezioni. Lui rispetta il sentimento degli arabi e dei musulmani di Francia".
    Il quotidiano conclude dicendo che: "[...] gli Arabi e i musulmani di Francia sono soddisfatti della posizione di Chirac, in compenso, una gran parte degli Ebrei francesi che sostengono Ariel Sharon non vedono l'ora di raccogliere i frutti della guerra contro l'Iraq. Sono abbattuti e arrabbiati. Alcuni di loro considerano ormai la Francia come il più pericoloso nemico d'Israele".

(Proche-Orient.info, 14.02.2003)


*   *   *


La Francia invita gli Arabi a sostenere l'iniziativa franco-tedesca

    Il quotidiano egiziano Al-Ahram continua a fare l'elogio del ruolo del Cairo. In questo quadro, questa mattina [14 febbraio] il giornale sottolinea che "il direttore del Comitato dei Francesi all'estero del partito gollista, Jacque Godefrin, ha affermato che la partecipazione del presidente Mubarak al vertice Francia-Africa, a partire dal 19 febbraio, dà a questo incontro una dimensione araba indispensabile". Secondo Al-Ahram, "il presidente Chirac ha insistito per invitare Mubarak a questo vertice a causa dell'importanza del ruolo giocato dall'Egitto, sia al livello del vertice del NEPAD sia al livello del vertice Francia-Africa. Del resto, Radio-Orient ha affermato questa mattina che l'ambascitore di Francia nel Libano, Philippe Lecourtier, ha incontrato dei responsabili libanesi [il Libano attualmente ha la presidenza del vertice arabo] attraverso i quali "la Francia ha invitato gli Arabi a sostenere l'iniziativa franco-tedesca".

(Proche-Orient.info, 14.02.2003)



TAREQ AZIZ: «NON RISPONDO ALLA STAMPA D'ISRAELE»


Tareq Aziz non risponde alla domanda di un giornalista israeliano e la platea di corrispondenti esteri e cronisti italiani lo fischia. Un giornalista israeliano aveva chiesto al vicepremier iracheno se Bagdad avesse intenzione di colpire Israele come rappresaglia in caso di attacco. «Non rispondo ai media israeliani», ha detto laconico Aziz. Il presidente dell'Associazione della stampa estera lo ha invitato a rispondere, ma il vicepremier iracheno si è nuovamente rifiutato tra i fischi dei giornalisti. La stessa domanda è stata quindi formulata da un collega e solo allora Aziz ha risposto: «Non colpiremo Israele – ha detto – perché non abbiamo i mezzi per farlo». «Il rifiuto di Tareq Aziz di rispondere alla domanda di un giornalista israeliano dimostra che il vice premier iracheno svolge il ruolo di portavoce della dittatura di Bagdad», ha sottolineato il giornalista, Menachem Gantz, corrispondente dall'Italia del quotidiano Maariv.

(La Sicilia, 15.02.2003)


L'IRAQ SI PREPARA ALLA GUERRA


I media arabi e, in particolare, quelli iracheni continuano a riferire sui preparativi iracheni alla guerra. Negli ultimi mesi, alti funzionari iracheni hanno descritto ai media arabi come il paese si stava preparando all'arrivo delle forze americane. Ora, il Presidente iracheno Saddam Hussein incontra quasi quotidianamente i suoi più alti ufficiali militari per dar loro istruzioni su cosa fare in caso di guerra.


Alti ufficiali iracheni: Uccideremo 100.000 americani come uccidemmo 100.000 inglesi.

In un'intervista al settimanale di opposizione egiziano Al-Haqiqa, il ministro del Commercio iracheno Muhammad Mahdi Salleh ha affermato: "Abbiamo dotato i cittadini iracheni di mezzi, in anticipo rispetto alla battaglia decisiva per la storia della nazione araba. Alla popolazione sono stati distribuiti cinque mesi di approvvigionamenti. Abbiamo anche assicurato [provviste] di fonti d'acqua diverse dalla rete idrica esistente, che ci aspettiamo sia bombardata dalle forze americane. Abbiamo scavato pozzi in ogni quartiere di ogni città... Analogamente, ai cittadini sono state distribuite armi per affrontare gli americani…".

"Noi siamo pronti per la guerra, sebbene non la vogliamo. Se la guerra scoppia, il destino degli americani sarà analogo a quello degli inglesi, che persero 100.000 soldati in territorio iracheno; i loro cimiteri sono sparsi per l'Iraq e sono diventati luoghi storici…"(1).

In un'altra dichiarazione, nell'agosto 2002, il ministro del Commercio Salleh aveva detto: "Tutto l'Iraq disprezza le minacce. Noi non temiamo l'America, o la Gran Bretagna, o chiunque altro. Anche se gli Stati Uniti vengono con tutte le loro forze, l'Iraq combatterà questo esercito e farà della regione un nuovo Vietnam" (2).

Lo stesso presidente Saddam Hussein ha detto che se gli americani inviano un milione di truppe a Bagdad, "la gioventù le ucciderà" (3).

Alcuni mesi fa, il ministro del Commercio iracheno Salleh ha detto in un'intervista al quotidiano degli Emirati Arabi Uniti, Al-Khaleej: "Israele sarà colpito in profondità se parteciperà alla guerra" (4). Dopo questa affermazione, il vice Primo ministro iracheno Tareq 'Aziz dichiarò in un'intervista alla televisione irachena che l'Iraq "non ha alcun mezzo per attaccare Israele... Non abbiamo missili a lungo raggio".


Saddam incontra alti ufficiali iracheni

Quasi ogni giorno, il presidente Saddam Hussein si incontra con suo figlio Qusay Saddam Hussein, con l'Ispettore della Guardia Repubblicana e con le alte gerarchie militari per dare istruzioni sui preparativi di guerra con gli Stati Uniti. La stampa irachena, successivamente, riferisce su questi incontri con grandi dettagli. In una riunione con i comandanti della Guardia Repubblicana il 1 febbraio 2003, Saddam li ha spronati ad "addestrarsi, addestrarsi, addestrarsi". Allo stesso modo, ha detto loro: "Fate attenzione ai dettagli della battaglia e portate le mie benedizioni a tutti gli uomini che si preparano a distruggere, a fare a pezzi e a colpire violentemente il nemico, per impartirgli la più dura delle lezioni" (5).


Apprendere le lezioni della lotta israelo-palestinese

Di solito, durante queste riunioni, Saddam fa domande alle alte sfere sulla loro prontezza. In un'occasione, Saddam ha chiesto ai comandanti della Guardia Repubblicana: "State seguendo le battaglie fra i vostri fratelli palestinesi e l'entità sionista? Cosa avete imparato dall'uso che il nemico fa dei mezzi corazzati? Quale innovazione tecnologica vedete che hanno aggiunto ai carri armati?".
    
I comandanti della Guardia Repubblicana gli hanno risposto: "Sui carri armati sono stati piazzati sacchetti di sabbia per fermare i

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proiettili. "Giusto", ha risposto Saddam, "questo è uno dei mezzi utilizzati dal nemico. Ma che altro...? Il nemico ha utilizzato i suoi veicoli corazzati contro i palestinesi in modo sbagliato... ma il nemico ha introdotto un'innovazione tecnologica e vi chiedo: che cos'è? Voi avete detto 'sacchetti di sabbia' e questo è corretto, ma quali sono i dettagli della corazza che proteggono [le forze di fanteria]? Voglio essere sicuro che voi, come ufficiali di corpi corazzati, li abbiate notati per trarne beneficio; o forse sono passati in televisione davanti ai vostri occhi senza che ne abbiate valutato l'importanza? Io li ho notati, anche se non sono un ufficiale di corpi corazzati. Ho notato che ciascun carro armato nemico ha una mitragliatrice, e non penso che ognuno dei vostri carri armati abbia una mitragliatrice!"(6).


L'Iraq sconfiggerà la superiorità tecnologica dell'America

Spesso Saddam utilizza parabole per spiegare ai suoi ufficiali come superare la superiorità militare americana. Ad una recente riunione, ha spiegato: "Supponiamo che il tuo vicino abbia un fucile e tu solo un pugnale. Se il tuo vicino [cioè gli americani] ti dice: Esci dalla tua casa, registrala a mio nome e prendo in ostaggio i tuoi parenti, non lo combatteresti (anche solo) con il tuo pugnale? Quale alternativa c'è quando il nemico viene a dirti: io devo conquistarti? Non abbiamo altra scelta che combattere (7)".
    
Ad un'altra riunione, alcuni giorni più tardi, Saddam ha dato ai suoi uomini un'altra parabola: "Talvolta vediamo un campione di boxe prendere colpi tremendi da un uomo che non è un pugile campione. Quale è il suo problema? La questione è il morale e la fede. Il più debole crede in se stesso, e con la fede sicuramente vincerà; l'altro non crede in se stesso e [i brandelli] della sua fede sono minati dai colpi di uno che non è un pugile campione. Perciò, viene sconfitto anche se è un pugile campione... E' vero, noi non abbiamo i mezzi degli americani e degli inglesi. Ma la nostra superiorità in altre cose, che abbiamo già citato, è chiara e decisiva, anche se loro hanno la superiorità tecnica ed elettronica…".
  
"Se solo gli inglesi dessero consigli agli americani su quel che hanno visto in Iraq negli anni Venti! Nel passato, i conquistatori inglesi avevano mitragliatrici ed armamenti moderni, al contrario di ciò che avevano gli iracheni, che erano finanziariamente poveri. Gli iracheni combatterono gli inglesi con aste dotate di palle di catrame e con fiocine da pesca... Gli iracheni ficcheranno gli arpioni nei petti degli inglesi, dice una canzone popolare... e poi estrarranno gli arpioni dai loro petti... Gli iracheni difesero la loro terra e costrinsero l'esercito di occupazione britannico ad obbedire alla loro richiesta di un governo nazionale... Quel che volevo dire è che se gli inglesi avessero dato un saggio consiglio agli americani, gli avrebbero detto... che quando gli iracheni si sollevarono per difendere l'onore nazionale e la patria, sconfissero l'esercito britannico".

"Se [gli inglesi] avessero dato [agli americani] questo consiglio, penso che si sarebbero guadagnati una ricompensa da Allah e dall'umanità, e avrebbero aperto gli occhi agli americani, in modo da non farli cavalcare in groppa a questo mulo pazzo [cioè il presidente Bush] com'è chiamato oggi...".
    
Più tardi nella riunione, Saddam ha detto al comandante di reggimento di ordinare alle sue truppe "di non toccare nessun frammento degli aerei americani, perché ne faremo uso" (8).


Come affrontare l'assalto americano

Nelle sue riunioni, Saddam parla spesso del previsto arrivo delle forze americane, sottolineando la necessità di aspettare fino a quando non si saranno avvicinate, invece di scagliarsi verso di loro non appena atterrano: "Dovete attendere il momento della verità. So che il sangue di un iracheno è caldo e il suo orgoglio è grande: perciò talvolta va alla carica... Ma questa carica potrebbe essere fuori luogo nel momento della verità... Ad esempio, se il nemico appare davanti a voi fuori del raggio dei carri armati... dovreste attendere il momento opportuno... e poi affrontarlo. Se ciò accade prima di quel momento, subiremo perdite senza colpire lui..."(9).

In un'altra riunione ancora, Saddam ha chiesto ai suoi ufficiali le loro valutazioni sull'affrontare le truppe americane appena atterrano. Quando gli è stato risposto che le unità che attaccano devono essere vicine al bersaglio, Saddam ha detto: "E se non sono vicine all'obiettivo? Il nemico non atterrerà nei sobborghi di Bagdad per farsi uccidere, perché anche se inviano un milione [di truppe a Baghdad], i giovani [iracheni] li uccideranno... Il nemico atterrerà in aree remote, sarà filmato [dalla televisione] e poi i suoi mezzi di comunicazione cominceranno a dire che è situato a tale e tale distanza da Al-Ramadi o in tale e tale posto, ed è sulla strada per prendere questa o quella città... Chi vi ha detto che la forza [irachena] dev'essere vicina e che deve riempire il deserto di truppe dell'esercito ed esporle al fuoco del nemico solo per essere vicine?" (10).

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Note:
(1) Al-Haqiqa (Egitto), 25 gennaio 2003.
(2) Reuters, citato su Al-Bayan (EAU), 22 agosto 2002.
(3) Al-Jumhouriyya (Iraq), 1 febbraio 2003.
(4) Al-Khaleej (EAU), 13 settembre 2002.
(5) Al-Thawra (Iraq), 2 febbraio 2003.
(6) Al-Thawra (Iraq), 2 febbraio 2003.
(7) Al-Thawra (Iraq), 2 febbraio 2003.
(8) Al-Jumhouriyya (Iraq), 4 febbraio 2003.
(9) Al-Thawra (Iraq), 2 febbraio 2003.
(10) Al-Jumhouriyya (Iraq), 1 febbraio 2003.

(The Middle East Media Research Instituten n° 467, 13.02.2003)



DAL MINARETO CON LA BENEDIZIONE DI ARAFAT


di Federico Steinhaus

    Il canale satellitare della emittente di Gaza della televisione ufficiale dell' Autorità Nazionale Palestinese e la Voce della Palestina hanno trasmesso in diretta un sermone della durata di 33 minuti pronunciato nella moschea Shaykh Jilin di Gaza da Shaykh Ibrahim al-Mudayris.
    Dopo i richiami ai doveri religiosi e culturali, in particolare a quello del pellegrinaggio alla Mecca, l' imam cita versetti dal Corano per esaltare i palestinesi espulsi - dice - dalle loro case perché credevano nella santità di Dio. Dopo accuse di atrocità commesse da Israele, egli continua: " O Palestinesi, o Musulmani, noi giuriamo che nessuno al mondo potrà restare salvo fino a che verrà negata giustizia ai Palestinesi...Dopo che l' inetto presidente americano ha proclamato la sua lealtà verso gli ebrei...la sua nazione ha perso la sicurezza e la salvezza". E conclude: " Dio, accetta i nostri martiri, perdonali, ed abbi pietà di loro...Dio, elimina l' assedio al nostro popolo, alla nostra patria, alla nostra guida politica".
    L' emittente di Ramallah della radio nazionale palestinese ha anche trasmesso dal vivo un sermone di Shaykh Ikrimah Sabri, della durata di 25 minuti, dalla moschea di Al Aqsa. "Mentre i musulmani scannano gli agnelli nella festa di Id Al-Adha, gli Stati Uniti scanneranno i musulmani in Iraq per portare a compimento i loro disegni aggressivi, criminali, terroristici ed inumani...Dio, proteggi l' Iraq ed il suo popolo" conclude.

(Informazione Corretta, 12.02.2003)



LA GUERRA SUI CIVILI


Mirando i bambini

di Sylvana Foa

GIAFFA - Ultimamente è diventato sempre più "politicamente corretto" descrivere Israele come una terra di brutali assassini. Gli Ayatollah del "politicamente corretto" ci forniscono i numeri a conferma di ciò - 1500 palestinesi ma solo 500 israeliani uccisi negli ultimi 20 mesi, sogghignano. E' ora di guardare più da vicino queste cifre. L'Istituto di Politica Internazionale contro il Terrorismo (ICT) sta facendo proprio questo. L'ICT, presso il prestigioso Centro Interdisciplinare di Herzelia, è un centro studi per lo sviluppo di soluzioni nella pubblica condotta per quanto riguarda il terrorismo internazionale.
    "Secondo i dati forniti dalle fonti palestinesi, il 55 percento delle vittime palestinesi è rappresentato da combattenti", ha dichiarato Don Radlauer, un ex newyorkese che sta creando un database delle vittime presso l'ICT. "E abbiamo considerato tutti i ragazzi sotto i 13 anni come civili, anche quando erano armati nel momento in cui venivano uccisi" Per quel che riguarda gli israeliani, le statistiche mostrano che solo il 25 percento delle vittime erano combattenti.
    I dati riguardanti il numero delle donne uccise sono ancora più significativi. Radlauer ha dichiarato che i risultati "non sono quelli che ci aspettavamo" "Meno del 5 percento di tutte le vittime palestinesi erano donne, le donne rappresentano invece il 30 percento delle vittime israeliane". "Tra i civili uccisi, sempre basandosi sulle fonti palestinesi, risulta che il 7 percento erano donne palestinesi. Mentre il 37 percento delle vittime civili israeliane erano donne" Considerando i crudi numeri, i palestinesi riportano un totale di 66 donne uccise alla fine di aprile. Nello stesso periodo, 135 donne israeliane sono morte, tutte civili, tranne tre.
    "Se però ci occupiamo solo dei civili, escludendo le donne terroriste suicide e quelle uccise nelle fabbriche di bombe per "incidenti sul lavoro" ecc., il numero di donne scende a 40", ha dichiarato Radlauer.
    "Comparando le 132 donne israeliane civili con le 40 donne palestinesi, il risultato è che ci sono più di tre donne israeliane uccise per ogni donna palestinese" "I dati palestinesi sulle vittime non portano ad affermare che Israele stia attaccando la popolazione civile nelle proprie case" sostiene Radlauer.
    "Le vittime palestinesi rappresentano una tragedia calcolata", ha aggiunto. "Quello che più di ogni altra cosa mi irrita è che la dirigenza palestinese sia disposta a mettere in pericolo i propri ragazzi solo per guadagnare punti per quanto riguarda la propaganda".
    Gli attentati suicidi sono l'arma scelta dai palestinesi, che ne hanno messi in atto più di 100 da quando l'intifada è scoppiata nel settembre 2000. La scena è quasi sempre la stessa dopo che qualche ragazzo palestinese viene convinto a farsi saltare in aria tra la più grande folla di israeliani che riesce a trovare.
    "La prima cosa che ti colpisce è il forte odore. Odore di peli bruciati," ha detto Achy Sheffer, 42 anni, medico volontario dei corpi "First responder", un'unità del Magen David Adom, la risposta israeliana alla Croce Rossa.
    "C'è sempre un sacco di sangue dappertutto", dice. "Mani, gambe, braccia, e qualche volta teste, sparpagliati per terra. Cerco di non guardare quello che posso evitare di vedere" "E ci sono sempre chiodi", dice Achy. "Una donna che ho soccorso aveva più di 40 chiodi nelle gambe e nelle braccia - non li vedi, entrano dentro" "Se l'attentato è uno di quelli 'grossi', c'è un silenzio inquietante.
    Come dopo il massacro di Pesach a Natanya (dove furono uccise 29 persone e 140 ferite). E' stato 'grosso' e c'era molto silenzio.
    Nessuno urlava. Spesso il silenzio è rotto dai suoni dei cellulari delle vittime sparpagliati per terra. Genitori disperati in cerca dei propri figli, o figli in cerca dei propri genitori.
    "Il peggiore per me è stato il Dolphinarium", dice Achy, che risponde mediamente a 43 chiamate di emergenza al mese. "Sono arrivato presto sul luogo. La prima cosa che ho visto è stata una catasta di morti, giovani ragazzine - dai 10 ai 12 corpi, letteralmente accatastati uno sopra l'altro" Il massacro alla discoteca sulla riviera Dolphinarium è accaduto solo un anno fa. Ventuno giovani, per la maggior parte ragazzine, sono stati uccisi e 83 feriti. C'è un piccolo memoriale sul posto; è sempre coperto di fiori freschi.
    "Una ragazza che non riesco a dimenticare aveva perso un occhio. Aveva le gambe fratturate e un braccio distrutto" dice Achy. "Non so se siano riusciti a salvarle il braccio, era conciato molto male. L'esplosione l'ha scaraventata a 20 metri di distanza. Non ho dormito per due settimane dopo il massacro del Dolphinarium. Stavo a casa a scrivere poesie e a piangere" Shiran Cohen ha solo 11 anni ma sa già come individuare un terrorista suicida.
    Shiran si trovava nel centro commerciale di Petach Tikvah, dieci chilometri ad est di Tel Aviv, quando un terrorista suicida ha fatto esplodere un congegno che ha vomitato chiodi e bulloni dentro una veranda piena di bambini nei loro passeggini. E' stata una strage.
    "L'ho visto guidare il suo motorino tra i tavoli," ha detto Shiran dal suo letto in ospedale. "Ho capito chi era e ho detto a mamma di guardare. Lei non ha capito e ha iniziato a sgridarlo perché guidava in una zona pedonale. Poi si è fatto esplodere. E' successo tutto così in fretta." Shiran fa parte dei 50 feriti. Nella stanza accanto, una bambina di due anni con gravi ferite alla testa sta lottando per la propria vita. La madre le sussurra di muovere le dita e le sue piccole mani tremano.
    Al momento, ci sono 2 morti, compreso Sinai Kenaan, di 18 mesi, che era seduto sul suo passeggino presso l'obiettivo scelto dal terrorista, una gelateria. Una gelateria? Quanto in basso si può arrivare? Supermarket, caffè, piscine, sale da pranzo di hotel danno all'attentatore suicida una vasta schiera di età da mutilare e uccidere. Ma una gelateria in una serata calda è sicuramente zeppa di bambini.
    Personalmente, odio i terroristi, specialmente quelli che scelgono come obiettivo i bambini. D'altra parte, io sono newyorkese e sono sempre stato orgoglioso del mio essere "politicamente scorretto".
    Il padre di Shiran, Samir, fa la spola fra gli ospedali. Sua moglie, Dalia, si trova in un altro ospedale con ferite al volto e perdita totale dell'udito. "Non riesce a chiudere la bocca e piange continuamente," dice Samir, tassista. "Continua a dire di aver visto esplodere il cranio di una bambina, e il suo cervello uscire fuori" Berta, la sorella maggiore di Shiran, si trova in un altro ospedale ancora. L'esplosione l'ha fatta volare via ed è stata scaraventata a terra sul proprio ventre. "E' all'ottavo mese di gravidanza", dice Samir. "I dottori non sono sicuri riguardo al bambino - non riescono a sentire il battito cardiaco" "E poi la gente parla di un uso sproporzionato della forza da parte di Israele" si schernisce il tenente colonnello Olivier Rafowicz, un portavoce dell'esercito israeliano. "Quando piazzi 15 chili di esplosivo su un uomo con un cervello diventa una straordinaria arma letale, molto più letale di qualsiasi cosa che noi usiamo. Quest'uomo può anche aspettare in giro per 20-30 minuti, per scegliere il momento giusto per uccidere il maggior numero di persone" "L'attentato suicida è considerato come l'arma del più debole, invece è l'arma più letale in questo conflitto. Gli attentati suicidi dovrebbero essere classificati come 'guerra non convenzionale" 

(The Village Voice, giugno 2002)


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