Notizie su Israele 164 - 29 marzo 2003


<- precedente    seguente ->                                                                                                                                                 indice
O Israele, spera nel SIGNORE, poiché presso il SIGNORE è la misericordia e la redenzione abbonda presso di lui. Egli redimerà Israele da tutte le sue colpe.

(Salmo 130:7-8)



SOLDATESSE RICHIAMATE IN RISERVA

    
   

In Israele la difesa passiva ha mobilitato per la prima volta delle giovani donne per un periodo di riserva affinché siano pronte, in caso di attacco chimico iracheno, a distribuire medicine e a curare le prime vittime.
    Queste giovani donne, tutte infermiere, sono per ora in attesa in una base militare vicino a Tel Aviv. Come i loro colleghi maschi, dormono in tende di tela su dei materassi che fanno presto a inumidirsi, a causa della pioggia caduta negli ultimi giorni. Secondo una di loro, vivono questo periodo di riserva in condizioni più dure di quelle che hanno avuto nel loro servizio regolare.
    Richiamate una settimana fa, queste riserviste si esercitano la mattina e poi fanno passare il tempo facendo dei giochi di società o riguardando i loro corsi, perché molte di loro sono studenti.
    Il colonnello Deborah Hassid, comandante della base,  ha messo a loro disposizione delle sale dove possono studiare e ha concesso perfino un fax col quale possono ricevere i corsi di cui sono state private.
    L'unità delle infermiere di riserva è pronta alla guerra, ma secondo le testimonianze di alcune soldatesse, sono soprattutto impazienti di riprendere il corso normale della loro vita.

(Arouts 7, 27.03.2003)



CHE SUCCEDERA' SE SADDAM SOPRAVVIVERA' ALLA GUERRA?


Notizie tratte dal quotidiano israeliano "Ma'ariv"

Un documento preparato a Gerusalemme dal Consiglio Nazionale per la sicurezza prima dello scoppio delle ostilità presenta diversi scenari possibili. Ben Caspit, che pubblica degli estratti di questo documento, scarta fin dall'inizio il primo scenario, quello di una vittoria netta delle forze americane. Restano allora due casi possibili.
    Una vittoria a tappe nel corso di una guerra che durerebbe tra 6 e 12 settimane, avente come conseguenza delle perdite gravi per le forze alleate, degli attentati terroristici, un costo elevato e una instabilità nella regione.
    Lo scenario più pessimista prevede una guerra lunga (fra i tre e i sei mesi) che coinvolgerebbe le forze americane in combattimenti urbani e in operazioni di guerriglia, una instabilità politica, degli attentati terroristici nel mondo intero, degli attacchi iracheni contro i pozzi di petrolio e, soprattutto, il mantenimento al potere di Saddam.
    «Una settimana fa pochi esperti avrebbero scommesso sul terzo scenario - scrive Ben Caspit -, ma oggi la situazione sembra assumere la forma di un compromesso tra lo scenario intermedio e quello pessimo».
    «Non meno inquietanti sono gli sviluppi sull'asse politico: più Bush e Blair si avvicinano, più si avvicina a Gerusalemme e a Ramallah il "piano di marcia" nella sua versione originale. Una persona vicina a Tony Blair ha confessato a degli israeliani in visita a Londra "che Israele e la Gran Bretagna erano sul punto di arrivare a una collisione frontale. Blair è molto influenzato da Lord Michael Levy, che ha una profonda avversione per il governo Sharon. Risultato: gli americani, che in tempi normali non possono pronunciare il nome di Arafat senza vomitare, rischiano di dover cedere alle pressioni britanniche che s'intensificano di ora in ora. Secondo alcune fonti, nel vertice delle Azzorre Blair ha quasi picchiato fisicamente Bush per convincerlo a rendere pubblico il "piano di marcia" nella sua forma originale. Più il tempo passa, più i due presidenti diventano dipendenti l'uno dall'altro, e più l'opposizione di Bush si attenua», scrive Caspit. «Arriverà il momento in cui gli impegni di Bush verso Blair supereranno i suoi doveri verso Sharon».

(Proche-Orient.info, 28.03.2003)



PACIFISMO E ANTISEMITISMO


di Francesco Cramer

    L' antisemitismo, questa volta, era avvolto in una bandiera pacifista. Per le strade di Parigi, sabato scorso, circa 100mila persone hanno sfilato per la pace, contro "la violenza imperialista di Bush". Ma durante il variopinto corteo, un gruppo di 4 giovani ebrei è stato inseguito, raggiunto e picchiato da vari manifestanti no-war. Un gruppo di attivisti che sventolavano bandiere palestinesi ed irachene, con i volti coperti dalla "kefiah", si è avventato contro alcuni giovani appartenenti ad un centro culturale ebraico. Il filmato di quanto successo nella rue Saint-Claude, vicino al quartiere parigino del Marais è visibile su un sito Internet (www.digipresse. com).
    Secondo numerosi testimoni, è al grido di "Eccoli!Laggiù ci sono degli ebrei!" che gli aggressori si sono lanciati all' inseguimento dei quattro giovani nella stradina. Uno è stato selvaggiamente picchiato e poi medicato, gli altri se la sono cavata con molto spavento.
    A quel corteo era presente tutta la intellighenzia di sinistra francese: dal leader socialista Francois Hollande alla comunista Marie-Georgie Buffet, passando per il Verde Noel Mamère ed il trotzkista Alain Krivine.
    "Le immagini fanno male" ha commentato il quotidiano Le Monde con riferimento al video degli incidenti disponibile sul sito internet www.digipresse.com .
    "Ci si può soltanto stupire" - ha protestato il CRIF, consiglio rappresentativo della comunità ebraica francese - "che una manifestazione per la pace presenti queste deviazioni". Ad essere aggrediti, tra l' altro, sono stati i giovani di un' associazione ebraica di sinistra, Hashomer Hatzair, che ha sporto denuncia contro ignoti ed ha protestato duramente contro gli organizzatori della manifestazione per la pace, ritenendoli "responsabili di quello che si avvicina ad un tentativo di linciaggio. Voi non potete continuare a far valere i vostri ideali umanitari quando al tempo stesso marciate fianco a fianco con persone animate da ben altre intenzioni. Spetta a voi dire chiaramente, prevenire, scandire: Antisemiti, non c' è posto per voi nel nostro corteo!" Gli organizzatori della manifestazione "No alla guerra, sì ad un mondo di pace, giustizia e democrazia", un coordinamento che raggruppa circa 100 movimenti di sinistra, hanno denunciato questi "atti inqualificabili totalmente estranei agli obiettivi di pace". Condanna anche dal sindaco di Parigi, Bernard Delanoè.
    Fra le immagini e le testimonianze riportate dal sito di Digipresse, quella di un giovane che si è separato ad un certo punto dal corteo rivolgendosi con un megafono agli aggressori: "Noi, i musulmani" - grida - "noi, gli arabi, noi possiamo  camminare a testa alta per strada. Loro (gli Ebrei) sono costretti a nascondersi. Un versetto del Corano dice: quello che vi è stato inflitto, potrete infliggerlo." L' altro quotidiano vicino alla sinistra, Liberatiòn, riferisce di essere stato direttamente testimone di altri incidenti a Place de la Natiòn, quando gruppi di manifestanti filopalestinesi hanno scandito lo slogan "BuSharon assassino!" sventolando una enorme bandiera americana che al posto delle stelle aveva una croce uncinata nazista con i colori israeliani. Alle proteste di uno studente ebreo, una dozzina di giovani di origine araba lo hanno strattonato, spinto e colpito alla testa.
    E a Berlino, domenica, un ebreo americano ha subito la stessa sorte: calci e pugni in pieno centro, da parte di un uomo dalle sembianze mediorientali (scrive il Der Tagesspiegel), forse turco o arabo.

(Il Giornale, 26.03.2003)



PALESTINESI CHE AIUTANO SADDAM

   
Saddam usa i palestinesi per uccidere chi fugge
   
di Dimitri Buffa
   
    Lo chiamano il battaglione dei santi e dei martiri. E' quello dei palestinesi che stanno aiutando le guardie pretoriane di Saddam a domare la rivolta di Bassora. In realtà ci sono dentro anche combattenti degli hizbullah libanesi e di altre formazioni terroristiche che operano tra Libano e Palestina e il modello su cui si è costituito, sin da prima dell'inizio delle ostilità, ricorda un po' quelle formazioni di combattenti volontari musulmani che si aggregarono ad Al Qaeda in Afghanistan durante la guerra che seguì ai fatti dell'11 settembre.
    A parlare per la prima volta di loro è stato il quotidiano inglese "Evening standard". Pare che siano molto ben equipaggiati, armati fino ai denti e disposti anche al martirio suicida pur di sbarrare la strada di Baghdad alle forze alleate. Inoltre vengono utilizzati e il loro numero si aggira sulle 50 mila unità per vigilare che non vi siano diserzioni o fughe verso il nemico tra i soldati dell'esercito iracheno. Più volte durante i combattimenti hanno già sperimentato questa loro propensione a comportarsi come i kapo' dei campi di concentramento nella seconda guerra mondiale e sembra che abbiano fucilato sul posto già diverse decine di soldati iraqeni.
    Da cui non dipendono neppure gerarchicamente. E nelle terribili battaglie di Bassora, raccontano i testimoni, non c'è stato verso di costringerli ad arrendersi e a smetterla di sparare: per avere ragione di loro bisogna semplicemente ucciderli. Sembra che il comandante sia palestinese anche se non viene reso noto il nome.
    Se molti palestinesi hanno scelto oggi come nel 1991 di stare al fianco di Saddam combattendo, molti altri lo hanno fatto come semplice adesione di simpatia anti americana e ovviamente anti israeliana: dopo l'11 settembre i figli si chiamavano tutti Osama, oggi il nome più gettonato è Saddam.
    Da parte sua lo sceicco Ahmed Yassin, il capo paraplegico di Hamas ha sollecitato la nazione islamica a "colpire gli interessi occidentali dovunque, se l'Iraq viene conquistato".
    Yassin esorta il popolo iracheno a serrare le file sotto la bandiera della Jihad, ed ha richiesto che l'Iraq "apra i suoi confini a tutti i musulmani del mondo in modo che possano giocare la loro parte nella battaglia difensiva della nazione islamica".
    Quasi peggio di Hamas ha fatto solo l' "Associazione degli ecclesiastici palestinesi", considerata vicina alla Jihad islamica. In un documento diffuso nei giorni scorsi oltre a chiedere il boicottaggio di tutti i prodotti americani e israeliani e a ritirare i capitali arabi dalle banche occidentali, ha esplicitamente minacciato di morte ogni possibile collaborazionista con "le forze d'invasione". Più precisamente nel documento si legge che "qualsiasi autorità religiosa e ogni funzionario di alto livello in un paese arabo o musulmano che formi un'alleanza e trami con l'America nella sua aggressione preventiva contro l'Iraq, o che le fornisca aiuto materiale o spirituale, o che permetta agli eserciti degli invasori di attraversare il territorio di questi paesi, sarà considerato come il più efferato dei criminali e traditori di Allah, del suo Messaggero e dei fedeli". E come tale verrà punito. Se Arafat stavolta per opportunismo tace, quasi tutti i suoi sottopancia si sono, come si vede, scatenati.
   
(Libero, 27.03.2003)



L'OLOCAUSTO DIMENTICATO DEGLI EBREI IRACHENI


«Non provo sentimenti d´odio, per prima cosa noi diciamo pace»

di Fiamma Nirenstein

SALMAN Khalastchi, profugo ebreo iracheno, oggi commercialista cinquantenne di Tel Aviv, guarda con stupore e ritegno la grande guerra contro il suo nemico, il regime baathista che lo ha costretto alla fuga, che lo ha perseguitato, affamato, che ha ucciso i suoi cari e i suoi amici meno fortunati di lui. Il suo aspetto è tipicamente iracheno, la folta chioma grigia ondulata, il volto rotondo e gli occhi neri propri della sua terra. Mi mostra in un film le immagini di Baghdad, le maestose svolte del Tigri, le foto della città ai tempi di Abd Al Karim Kassem che non era nemico degli ebrei, i monumenti moderni costruiti nei tempi di Saddam al posto delle vecchie case in cui la comunità ebraica abitava. «L´Iraq è meraviglioso, la Bibbia vi colloca il giardino dell´Eden - dice - e per noi ebrei lo è ancora di più: fino a cinquant´anni fa eravamo 130mila, i discendenti della diaspora più antica, quella legata alla distruzione del primo Tempio nel 586 avanti Cristo. Gli ebrei furono portati in prigionia a Babilonia, ben prima che diventasse islamica. Si può dire che erano gli iracheni più antichi, finchè non sono stati espulsi o sono fuggiti. I babilonesi sapevano fare la guerra, ma a noi fu chiesto, tremila anni fa, di insegnar loro a cantare, a forgiare i recipienti di rame, a diventare falegnami, e scrivani. A Babilonia gli ebrei hanno scritto il Talmud. Vi rimase nei secoli un gruppo, di cui faceva parte la mia famiglia, una delle più antiche dell´Iraq. Risiedevamo a Diwanja, nel nord, una città a maggioranza sciita: là sono nato, e là sono rimasto finchè il regime baathista, salito al potere nel 1963, non costrinse gli ebrei (circa 6000 dopo l´esodo di massa del 1951) a spostarsi a Baghad». Salman ricorda con orrore la deportazione che costrinse gli ultimi ebrei a trascinarsi verso la capitale: oltre che sequestrare i loro beni e a metterli in una condizione di ulteriore debolezza, questa prepotenza doveva intimidire tutta la popolazione. «Passammo anni di terrore e di miseria. Ogni giorno ci colpiva una nuova angheria, gli ebrei venivano espulsi dai posti di lavoro, i bambini venivano buttati fuori dalle scuole normali, la propaganda dopo la guerra dei Sei Giorni era terribile. Ci furono molti rapimenti e uccisioni. Nel `69 i baathisti, Saddam era già un leader, accusarono un gruppo di ventenni di essere spie di Israele: dopo un falso processo li impiccarono fra gli applausi nella Piazza dell´Indipendenza. Mio padre morì quell´anno nella miseria e nel dolore. Mia madre restò con sei figli. Pensavamo con rimpianto alla grande emigrazione verso Israele: 120mila ebrei nel 1951, con l´operazione Ezra Nehemia, erano fuggiti dopo la Guerra d´Indipendenza da cui nacque lo Stato Ebraico. L´Iraq era stato uno dei Paesi arabi che avevano mandato il loro esercito contro gli israeliani dopo la dichiarazione dell´Onu che nel `47 proclamava la spartizione. Con la sconfitta subita, l´odio antiebraico, un elemento portante nel filonazismo dei baathisti, diventò eccitazione persecutoria. Per Saddam è stata sempre una fissazione. L´antisemitismo degli iracheni ricorda un po´ quello dei polacchi durante la seconda guerra mondiale: un´aggressione verso un millenario frammento della propria storia». Per Salman nel 1973, quando ormai il regime del Baath è consolidato e Saddam è di fatto il vero leader, è tempo di fuggire: «I miei salvatori, benedetti siano, furono i Curdi. Presi accordi con loro, non vollero denaro in cambio, le due comunità curda e ebraica erano unite dalla persecuzione. Per due volte organizzammo la fuga, ma solo al terzo tentativo riuscimmo. Al nord, dove eravamo diretti c´era la guerra con i Curdi, prima di giungere nel loro territorio, bisognava superare molti posti di blocco. Ma non c´era piu´ tempo. Con documenti falsi partimmo su una macchina in affitto, una vecchia Mercedes, alle tre di notte, guidati da un amico curdo. Non prendemmo con noi niente, neppure una valigia; mia madre non piangeva, non aveva niente da rimpiangere in quella casa. Avevamo già perduto tutto. Giungemmo il giorno dopo a Sulemanja, in zona curda. Da là una jeep ci portò in una notte senza luna in un nascondiglio presso la diga di Darbenb. I guerriglieri ci aiutarono a passare il confine; entrammo in Iran, respirai profondamente, era la prima volta che mi sentivo libero». Salman e la sua famiglia, ormai aiutati direttamente dall´Agenzia Ebraica, furono prima trasportati nel villaggio di Hane con una vecchissima auto. Si rifocillarono, aiutati dalle autorità locali cui si presentarono senza bagagli e senza danaro dicendo: «Siamo ebrei»: «Bevemmo il the persiano, amaro: era la cosa più dolce che abbia mai bevuto».
    «Sull´aereo israeliano che ci portò a casa pregavamo e cantavamo in coro con gli israeliani che ci erano venuti a salvare». Salman annovera fra i suoi salvatori non solo gli uomini dell´Agenzia, ma anche alcune figure fondamentali del periodo della persecuzione: «C´era il piccolo custode del tempio, Abu Eliahu, che costrinse noi ragazzi a imparare a memoria i salmi: sapeva di farci un regalo impagabile, di lavorare per la nostra salvezza: "Il Signore ti aiuterà nel giorno della disperazione" ci faceva recitare. L´ho ripetuto tante volte quando credevo che la fine fosse arrivata. Lui è morto là´. Ricordo anche il professor Abdullah Ovadia, il preside della scuola semiclandestina: per ogni fuggitivo, preparava una lettera di presentazione personale in cui descriveva il carattere e la preparazione dei suoi allievi. La mia futura moglie Rachel, che era allora una bambina e mi raggiunse dopo due anni,sapeva battere a macchina in inglese e faceva questo lavoro a casa. Ovadia non si stancava di ripetere che chi fuggiva doveva continuare a studiare ovunque andasse, a qualunque costo. Un giorno Rachel preparò due diplomi urgenti, per due ragazzi della famiglia Karkush. Dovevano fuggire, era molto urgente, sarebbero venuti a ritirarli la mattina. Ma Rachel non vide arrivare nessuno: tutta la famiglia era stata sterminata, i vicini videro il sangue e i sacchi di juta in cui erano stati trascinati via i corpi dei genitori e dei ragazzi». Oggi che le truppe americane marciano su Saddam , non c´è in Salman nessuna eccitazione, tantomeno gioia: «Gli ebrei per prima cosa dicono "Shalom", pace. Non ho sentimenti d´odio, per strano che possa sembrare, verso nessuno:Noi ebrei iracheni cerchiamo di essere degni di tremila anni di tradizione meravigliosa.
 
(La Stampa, 28.03.2003)



L'IRAN E LA GUERRA IN IRAQ


Introduzione

    L'atteggiamento dell'Iran sulla guerra in Iraq è complesso. L'Iran respinge Saddam Hussein, ritenendolo responsabile della guerra di otto anni Iran-Iraq (1) e di aver ucciso cittadini iraniani con armi chimiche. Nondimeno, l'Iran vede la presenza americana ai suoi confini come una minaccia ancor più grande per la sicurezza del suo regime e dei suoi interessi nazionali. Come uno dei tre paesi dell'"asse del male", l'Iran controlla le mosse degli Stati Uniti  in merito all'Iraq e alla Corea del Nord, temendo di poter essere il prossimo sulla lista. A seguito di questa paura, l'Iran si oppone all'uso dell'intervento militare per abbattere il regime iracheno, sia per la ragione che terrorizza i suoi cittadini, sia per quella che possiede una varietà di armi di distruzione di massa.
    Così, la politica dell'Iran nei confronti dell'offensiva americana contro il regime iracheno è caratterizzata da atteggiamenti contraddittori. Mentre l'Iran ha adottato ufficialmente un approccio militante e ostile verso gli Stati Uniti e le sue intenzioni nella regione, contemporaneamente intraprende azioni che contraddicono questo atteggiamento, come il mantenere i colloqui con l'opposizione sciita e curda in Iraq per influire sulla natura del regime futuro. Inoltre, appoggia la penetrazione delle forze curde dall'Iran in Iraq e sembra aver raggiunto una discreta comprensione con gli Stati Uniti. L'Iran sta anche promuovendo iniziative regionali, nel tentativo di limitare la presenza americana nel Golfo, proponendo elezioni in Iraq sotto gli auspici dell'ONU e agendo spesso con Europa e Russia contro gli Stati Uniti.


L'opposizione dell'Iran alla guerra: considerazioni principali

A. La presenza americana ai confini dell'Iran costituisce una minaccia al regime iraniano e ai suoi interessi

    L'Iran teme di essere circondato da forze americane, e segue con apprensione la continua presenza americana ai suoi confini: l'istituzione del regime di Karzai sotto la sponsorizzazione americana, l'accresciuta cooperazione con la Turchia nel nord-ovest e con il Pakistan nel sud-est, la presenza americana rafforzata in Arabia Saudita e negli Emirati del Golfo, e la massiccia presenza militare americana nel Golfo Persico. L'Iran accusa gli Stati Uniti di espansionismo e di tentare di stabilire il suo dominio politico, militare e culturale nel mondo, e nel Medio Oriente in particolare. Dal discorso sull'"asse di male" del gennaio 2002, l'Iran teme di poter essere il prossimo nella lista. I leader iraniani dicono che l'Iraq è solo un pretesto. L'obiettivo reale degli Stati Uniti è l'Iran.
    Forse perché la paura che l'accusa di possedere armi di distruzione di massa sarà sollevata in futuro contro l'Iran, il Leader Supremo 'Ali Khamenei sostiene che le affermazioni degli Stati Uniti di agire contro l'Iraq perché possiede armi di distruzione di massa (come pure nel nome di promuovere la democrazia nella regione), sono "grandi bugie" a cui nessuno crede (2). Gli obiettivi degli Stati Uniti, dice Khamenei, sono di "cambiare la mappa politica del Medio Oriente" (3) e di intensificare i loro complotti contro "Iran, Siria e Arabia Saudita" (4). Anche l'ex presidente iraniano, 'Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, che dirige ora l'Expediency Council, ha fatto commenti sulla "manovra" utilizzata dagli Stati Uniti per giustificare l'attacco all'Iraq: "I passi non calcolati di Saddam e i suoi gusti possono dare all'America il pretesto necessario per attaccare l'Iraq... anche se non ci fosse un tale pretesto, gli americani avrebbero creato il pretesto necessario"(5).
    Durante i sermoni del venerdì a Teheran, parlando a migliaia di fedeli, Rafsanjani ha detto: "La presenza americana in Medio Oriente è peggiore delle armi di distruzione di massa di Saddam" (6) e,  ha aggiunto, la massiccia presenza militare

prosegue ->
americana nel Golfo Persico rivela le loro "sinistre" intenzioni. Rafsanjani ha definito i tentativi americani di stabilire una presenza in aree sensibili come il Golfo Persico e il Medio Oriente "pericolosi" per la pace e la sicurezza nella regione e nel mondo (7), e ha dichiarato che l'America sta cercando di resuscitare il governo coloniale (8).
    L'Ayatollah Ahmad Jannati, un leader delle preghiere del venerdì a Teheran e un socio di alto rango di 'Ali Khamenei, ha proclamato in uno dei suoi sermoni del venerdì: "Noi non siamo contro il disarmo dell'Iraq, ma questo è diverso dall' occupazione militare americana di quel paese". E ha dichiarato che l'Iran è "al 100 per cento contrario a un attacco guidato dagli Stati Uniti contro l'Iraq anche se il Consiglio di Sicurezza dell'ONU appoggiasse un'azione militare" (9).
    Anche il Presidente iraniano, Mohammad Khatami, ha sottolineato che Teheran "è contraria a qualsiasi attacco militare all'Iraq" (10). Alla conferenza del Movimento dei paesi non allineati, Khatami ha dichiarato che gli Stati Uniti si erano calati nel ruolo di "un Grande Fratello guidato dal fanatico fondamentalismo [cristiano]"(11). Ed ha aggiunto: "Un attacco all'Iraq è in linea con la politica unilaterale dell'America [il cui obiettivo è] l'intervento illegittimo nel futuro di altri paesi", ed ha avvertito gli Stati Uniti a non appoggiare gli avversari del regime iraniano (12).
    Il Segretario del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale, Hujjat al-Islam Hassan Rowhani, un conservatore autorevole, parlando in occasione delle commemorazioni Ashura, ha sottolineato l'aspetto culturale delle paure iraniane dell'America: "L'amministrazione americana ha programmato [di intraprendere] una 'guerra software' contro l'Iran dopo l'Iraq che include [la distruzione] della fede del popolo e il cambiamento del suo comportamento, colpendo la nostra unità nazionale e cancellando l'identità nazionale e religiosa del popolo [iraniano]" (13).

B. Paura di perdere il primato sciita se il regime iracheno cambiasse

    L'Iran teme che la caduta del regime di Saddam influirà sul suo controllo sul centro spirituale sciita. L'Iraq ha una grande popolazione sciita e le città sante di Karbala e di Najaf (più sante persino della Mecca per gli sciiti) sono dentro i suoi confini. Con l'istituzione del regime di Saddam Hussein negli anni '70, la leadership sciita è stata espulsa da Najaf - il principale centro spirituale sciita – ed esiliata nella città iraniana di Qom. Da allora, Qom è stato il luogo degli ayatollah sciiti e si è caratterizzato come il principale centro religioso sciita.
    Come potenza regionale e protettore degli sciiti nel mondo, l'Iran, sotto la leadership degli ecclesiastici di Qom, cerca di preservare la sua influenza e la sua centralità, particolarmente da quando i requisiti di Ali Khamenei come giurista religioso dell'Iran sono insufficienti. La leadership sciita a Qom teme che, sotto un regime diverso in Iraq (e sotto gli auspici degli Stati Uniti), Qom perderà il suo potere e cederà la sua influenza nel mondo sciita a Najaf, dato che gli ayatollah di estrazione irachena si sposteranno da Qom a Najaf (14).
    Infatti, molti rapporti hanno sostenuto recentemente che tra l'Iran e il leader spirituale degli Hizbullah, sceicco Fadhallah, collegato con Najaf, si era sviluppata una divisione. Il settimanale pro-iracheno arabo Al-Watan Al-Arabi ha riferito che i leader conservatori in Iran stavano pianificando di assassinare lo sceicco Fadhallah, la cui influenza si è estesa oltre i confini del Libano. Secondo questo rapporto, a Teheran si è tenuto un incontro segreto tra ecclesiastici conservatori vicini a Khamenei, rappresentanti dei servizi segreti iraniani e del Consiglio nazionale supremo di sicurezza, e un autorevole personaggio libanese collegato con il gruppo degli sciiti libanesi, per discutere il futuro degli sciiti, in Iran, e di Hizbullah di fronte alle minacce americane. Uno dei principali argomenti in programma era la loro disapprovazione per il crescente potere e l'influenza dello Sceicco Fadhallah  sugli sciiti al di fuori del Libano. Il rapporto più avanti ha aggiunto che l'Iran sta cercando di discreditare lo sceicco Fadhallah tra i suoi sostenitori per dichiararlo "un apostata", in preparazione del suo assassinio. Rapporti che riguardavano la divisione sono apparsi anche in giornali indipendenti come il quotidiano arabo londinese Al-Hayat, il quale ha citato Fadhallah che ha detto di non temere i tentativi di assassinio da parte dell'Iran (15).

C. Gli Stati Uniti vogliono controllare le risorse di petrolio – Contro l'Iran e l'Arabia Saudita

    L'Iran è preoccupato che l'obiettivo degli Stati Uniti sia di prendere il controllo delle riserve energetiche del Medio Oriente. Il Leader supremo 'Ali Khamenei ha detto che "il popolo dell'Iraq sta fronteggiando le minacce di guerra, a causa delle necessità degli Stati Uniti di essere [militarmente] presenti in Iraq... per dominare [tutte le] risorse energetiche nella regione e controllare tutti i paesi del Medio Oriente". Egli ha sottolineato che "gli americani dicono che vanno a cacciare Saddam Hussein e il regime iracheno. Essi mentono. La loro intenzione reale è di controllare l'OPEC, [e] dominare i giacimenti di petrolio nella regione…".
(16).
    Rafsanjani ha fatto commenti simili sugli obiettivi degli Stati Uniti: "Agli occhi dell'America non c'è alcuna riserva [di energia] migliore del Medio Oriente. Perciò, Washington pensa di dover avere una presenza fisica nella regione per controllarlo.."(17). A una riunione con il ministro degli Esteri russo Igor Ivanov, Rafsanjani ha annunciato che "gli Stati Uniti hanno deciso di attaccare l'Iraq nel tentativo di ottenere il controllo sulle sue risorse di petrolio" (18). Il segretario del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale, Hujjat al-Islam Hassan Rowhani, si è espresso in termini analoghi quando ha detto che l'obiettivo degli Stati Uniti nell'occupazione dell'Iraq era di "trasformarlo in una superpotenza di petrolio contro l'Iran e l'Arabia Saudita" (19).


La volontà dell'Iran di accettare e prepararsi per la guerra – Considerazioni principali

A. La necessità di privare l'Iraq delle sue armi di distruzione di massa

    L'Iran non è contrario alla richiesta di disarmare Saddam Hussein delle armi di distruzione di massa, ma insiste che questo dovrebbe essere fatto con mezzi pacifici, in conformità con una risoluzione dell'Onu e senza alcun intervento militare americano unilaterale. L'ex presidente 'Ali Akbar Hashemi Rafsanjani ha dichiarato in un sermone del venerdì a Tehran che l'Iran "concorda con il disarmare il regime iracheno, ma [contemporaneamente] è esplicitamente contrario alla presenza dell'America nella regione del Medio Oriente" (20). Rafsanjani ha aggiunto: "Riteniamo che i missili a lungo raggio e anche le armi chimiche, biologiche e nucleari non debbano essere messi a disposizione del partito Ba'ath, poiché essi hanno mostrato di non essere impegnati [in nessun principio]" (21).
    Il presidente dell'Iran, Mohammad Khatami, ha sottolineato in molte occasioni che l'opposizione dell'Iran all'attacco all'Iraq "non significa che noi [approviamo] il regime iracheno... [Ma] un attacco militare, oltre a infliggere un danno massiccio al nobile popolo iracheno, porterà alla tensione e all'insicurezza nella regione"(22). Sulla stessa scia, ha aggiunto: "Noi non approviamo Saddam e il regime iracheno, ma non concordiamo neanche con la dittatura o con nazioni minacciose" (23).
    Il ministro degli Esteri iraniano, Kamal Kharrazi, ha chiarito questa posizione nelle riunioni in Europa. Durante gli incontri con il presidente austriaco Thomas Klestil e con il ministro degli Esteri britannico Jack Straw, ha dichiarato che "è' assolutamente necessario disarmare Saddam, poiché è responsabile finora dello scoppio delle due devastanti guerre nella regione, ma il suo disarmo dovrebbe avere luogo attraverso metodi politici pacifici e ricorrendo alle iniziative dell'Onu". Ed ha  continuato: "Dobbiamo fare del nostro meglio per risolvere questa crisi senza la necessità di utilizzare  la forza" (24).
    Contrariamente alla tradizionale posizione iraniana, che respinge l'uso della forza contro uno stato sovrano, il ministro della Difesa 'Ali Shamkhani ha dichiarato che nient'altro che una sconfitta militare potrebbe deporre il presidente iracheno Saddam Hussein. "Gli americani",  ha detto, "stanno perseguendo una strategia di vittoria senza ricorrere alla guerra, ma la nostra esperienza nella guerra Iran-Iraq [1980-1988] mostra che il regime iracheno non abbandonerà il potere senza esservi costretto da una guerra" (25). Anche un membro della Commissione per la sicurezza nazionale e la politica estera del Majlis, Hamid Reza Haji Babaie, ha assunto pubblicamente una posizione insolita quando ha detto che "Saddam è una creatura pericolosa", e che "se è messo sotto controllo, questo gioverà all'intera regione, incluso l'Iran" (26).
    
B. La necessità di prepararsi per il futuro

Le osservazioni pubbliche su questo argomento da parte di funzionari iraniani di alto livello non sono comuni, ma i pochi che le hanno fatte riflettono un pratico approccio iraniano. Dopo che il ministro degli Esteri iracheno, Naji Sabri, ha visitato Teheran (27), il portavoce del governo 'Abdullah Ramazanzadeh ha detto: "Noi stiamo cercando di organizzare la nostra politica [sull'Iraq] in un modo in cui, se un nuovo regime deve insediarsi in Iraq, non provi ostilità verso il popolo iraniano" (28).
    Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Hamid Reza Asefi, ha spiegato che l'Iran "è preparato per gli scenari peggiori. Perciò, i nostri piani sono stati organizzati in modo che l'Iran non si trovi di fronte ad una situazione inattesa o a probabili negativi risultati [della guerra]... Per questa ragione, proteggere i nostri interessi nazionali è per noi importante"(29).
    L'Iran si sta preparando agli eventi muovendosi in molte sfere: sta avendo colloqui con rappresentanti dell'opposizione irachena, sia sciiti che curdi, e concede i suoi auspici a riunioni fra loro sul suolo iraniano. Dopo che i principali gruppi di opposizione si sono incontrati a Teheran ai primi di gennaio, il ministro degli Esteri iraniano, Kharrazi, ha respinto le affermazioni secondo cui la presenza di questi gruppi di opposizione in Iran violava la posizione neutrale dell'Iran verso Bagdad, affermando: "Noi manterremo la nostra posizione neutrale, ma questo non significa che rimaniamo indifferenti". Ed ha aggiunto che è "una procedura normale che [l'opposizione irachena] voglia consultarsi con noi sia in Iran sia fuori l'Iran" (30).
    Il Financial Times ha riferito che circa 5.000 membri delle forze di opposizione sciite irachene appoggiate dall'Iran avevano attraversato il confine dall'Iran all'Iraq settentrionale. Funzionari iraniani hanno annunciato che la missione di queste forze - che sono sotto il comando dell'Ayatollah Mohammad Bakr al-Hakim, un autorevole sciita iracheno e un leader del Consiglio supremo della Rivoluzione islamica in Iraq (SCIRI), che vive in Iran dal 1980 - era puramente difensiva. Queste forze, note come "La Brigata Badr", erano state addestrate ed equipaggiate dalle Guardie rivoluzionarie iraniane (31).
    I due leader principali dell'opposizione curda hanno visitato l'Iran e hanno avuto colloqui con i leader dell'opposizione irachena. Il leader dell'Unione Patriottica del Kurdistan (PUK), Jalal Talabani, ha visitato l'Iran e ha definito "molto buoni" i rapporti fra la sua organizzazione e l'Iran. Ha detto che questi rapporti erano basati su tre assi fondamentali: sostegno iraniano per il popolo curdo, bisogno per i curdi del sostegno iraniano, e la loro comune fede come musulmani. Il suo rivale giurato, Massoud Barazani, leader del Partito Democratico Curdo (KDP), ha visitato Teheran alcuni giorni prima e si è incontrato con il leader del Congresso Nazionale Iracheno, Ahmad Chalabi, e con i leader del Consiglio supremo della Rivoluzione islamica in Iraq, per discutere il futuro dell'Iraq (32).
    In un tentativo disperato di evitare la guerra, il ministro degli Esteri Kharrazi ha proposto di tenere "un referendun in Iraq" ed ha suggerito che " l'opposizione irachena si riconcilii con l'attuale regime in quel paese sotto la supervisione dell'Onu". Egli ha detto all'Iraq che "non doveva considerare [questa proposta] come interferenza nei suoi affari interni" (33). Ma la proposta ha incontrato critiche a casa quando i membri riformisti del Majlis l'hanno descritta come "irrealizzabile e illusoria" (34).


Tentativi iraniani di dissuadere gli Stati Uniti dall'andare in guerra

    Oltre a opporsi alla guerra, da una parte, e a prepararsi, dall'altra, per il futuro mantenendo contatti con gruppi di opposizione iracheni, l'Iran ha anche tentato di dissuadere gli Stati Uniti dall'andare in guerra. In un discorso per il 24° anniversario della rivoluzione islamica, Khamenei ha avvertito gli Stati Uniti che l'Iran non permetterebbe a "ladri e selvaggi americani in abiti civili di governare di nuovo il nostro paese ... essi hanno divulgato un piano per installare un americano come governante per l'Iraq e per incanalare tutte le risorse irachene verso le tasche di società americane e sioniste. Un tale piano, naturalmente, non si materializzerà", ha detto Khamenei. "Anche se gli Stati Uniti potessero prendere il controllo dell'Iraq nel breve termine, la nazione irachena alla fine condurrà gli americani fuori del loro paese" (35), ha aggiunto. In un discorso davanti al comando navale delle Guardie rivoluzionarie, Khamenei ha spiegato che gli Stati Uniti resterebbero impantanati se lanciassero un attacco militare sulla regione, che affretterebbe solo il suo crollo! (36).
    Anche Rafsanjani ha avvertito i leader americani a non rimanere nella regione: "Noi non permetteremo agli americani di restare nell'area", ha detto, e li ha avvisati a considerare il fatto che i paesi della regione non gli permetterebbero di "derubare" la loro ricchezza naturale (37). Ad una riunione con il ministro degli Esteri russo, Ivanov, Rafsanjani ha detto: "I vicini  [dell'Iraq], Iran incluso, non consentiranno agli Stati Uniti di derubare l'Iraq del suo petrolio"(38). Ed ha aggiunto che, mentre gli Stati Uniti si considerano invincibili, sono in effetti vulnerabili (39).
    L'Ayatollah Ahmad Jannati, un leader della preghiera del venerdì a Teheran, ha attaccato l'amministrazione americana in un sermone del venerdì, dicendo: "Molte persone ingenue nel Congresso degli Stati Uniti appoggiano i passi del capo del loro governo, che agisce come Stalin, Hitler e Genghis Khan... il popolo presto si occuperà di lui" (40).
    Molti alti funzionari di sicurezza iraniani hanno fatto dichiarazioni tese a funzionare come deterrente, non contro un attacco americano all'Iraq, ma piuttosto contro un attacco all'Iran. Il Segretario del Supreme National Security Council, Hujjat al-Islam Hassan Rowhani, ha detto che gli americani sono in grave errore poiché, anche in caso di loro vittoria sull'Iraq, l'Iran si alzerà invincibilmente davanti a loro. Non ci sarà alcuna "felice conclusione per la strada che gli americani hanno scelto" (41).
    Il ministro della Difesa iraniano 'Ali Shamkhani ha annunciato che l'Iran reagirebbe "rapidamente e decisivamente" se gli americani provassero a mettere piede all'interno dei suoi confini. "Non permetteremo [agli Usa] di commettere qualsiasi errore contro il nostro paese... data la fiducia che gli americani hanno nel loro equipaggiamento, se essi commettono un errore, affronteremo l'errore dando una risposta rapida e decisiva" (42).
    Alla domanda se l'Iran temeva un attacco all'Iraq, il ministro dell'Intelligence 'Ali Yunesi  ha risposto: "Noi non siamo preoccupati. Sono gli altri che dovrebbero essere preoccupati di noi" (43).

--------------------------
Note:
(1) L'ex presidente iraniano Rafsanjani ha detto che la guerra Iran-Iraq "ha causato [all'Iran] danni per 1.000 miliardi di dollari, con inestimabili danni non-materiali, e noi stiamo ancora trovando e seppellendo migliaia e migliaia di martiri preziosi…". Lettera di Sa`ai a Khamenei, Vedi MEMRI, Inchieste e Analisi, N. 125, "Intellettuali iraniani contro Khamenei – Il dr. Qassem Sa'adi: 'Il vostro regime è illegittimo, la vostra politica estera e interna è fallimentare e dispotica".
28 febbraio 2003.
(2) Iran Daily, 9 febbraio 2003. Malgrado questo, Khamenei non ha esitato ad attaccare gli Stati Uniti su questo argomento: "Voi cercate di giustificare l'azione militare... [in base al fatto che] gli iracheni hanno 19.000 bombe chimiche nei loro arsenali, ne hanno usate 13.000 contro gli iraniani, e ora stanno nascondendo le restanti 6.000 bombe. Chi ha fornito tutte queste bombe e strutture chimiche all'Iraq? C'è qualcun altro diverso da voi e dai vostri alleati che ha creato questa catastrofe nella storia dell'umanità?", IRNA, 9 febbraio 2003.
(3) Kayhan (Iran), 18 febbraio 2003.
(4) IRNA, 9 febbraio 2003.
(5) IRNA, 26 febbraio 2003.
(6) IRNA, 7 febbraio 2003.
(7) IRNA, 3 marzo 2003.
(8) IRNA, 16 marzo 2003.
(9) IRNA, 22 febbraio 2003.
(10) IRNA, 10, 11, 15 e 24 febbraio 2003.
(11) Tehran Times, 25 febbraio 2003. L'ambasciatore iraniano in Siria, Hussein Sheikholeslam, ha detto che la mobilitazione americana in Iraq è stata progettata, tra l'altro, per inserire un cuneo geografico fra Iran e Siria, e impedire a Iran, Iraq e Siria di formare un fronte strategico. IRNA, 16 marzo 2003.
(12) IRNA, 10, 11, 15 e 24 febbraio 2003. Sostenitore di Khatami, il riformista ex ministro  'Ataollah Mohajerani, che dirige il Center for Dialogue Among Civilizations, credeva che la seconda priorità dell'America, dopo "l'assicurarsi la sua presenza permanente qui, sarebbe la pianificazione dell'influenza sugli sviluppi in Iran". IRNA, 26 febbraio 2003.
(13) IRNA, 14 marzo 2003.
(14) V. i servizi su questo argomento sull'Al-Hayat (Londra, in arabo),  25 gennaio e 4 febbraio 2003.
(15) Al-Watan Al-Arabi (filo iracheno, in arabo), 7 febbraio 2003. V. anche i servizi sulle osservazioni di Fadhallah, che non teme l'assassinio da parte degli iraniani, sul quotidiano Al-Hayat, 25 gennaio 2003 e su al-Safir (un quotidiano libanese pro-siriano), 5 febbraio 2003. È degno di nota che la tensione tra Iran e Fadhallah sia aumentata dopo che Fadhallah aveva emesso recentemente molte Fatwa, respingendo qualsiasi cooperazione con gli Stati Uniti contro l'Iraq. In questa connessione, si può ricordare che il Presidente siriano ha sorprendentemente cancellato una visita programmata in Iran, a quanto pare a causa di divergenze di opinione sull'attacco all'Iraq. La Siria ha espresso opposizione all'attacco e ha respinto la posizione più moderata dell'Iran.
(16) IRNA, 9 febbraio 2003.
(17) IRNA, 7 febbraio 2003.
(18) IRNA, 11 marzo 2003.
(19) IRNA, 3 marzo 2003. Il comandante delle Guardie rivoluzionarie, Yahya Rahim Safavi, ha sostenuto questa posizione, dichiarando che gli Stati Uniti hanno voluto la guerra per prendere il controllo delle risorse energetiche del Medio Oriente, IRNA, 10 marzo 2003. Il sostenitore di Khatami, 'Ataollah Mohajerani, ha detto di ritenere che gli americani sono venuti nella regione per restarvi permanentemente. La loro "prima priorità è di rafforzare la loro egemonia sulle riserve di petrolio", IRNA, 26 febbraio 2003.
(20) IRNA, 7 febbraio 2003.
(21) IRNA, 7 febbraio 2003;  Iran Daily, 8 febbraio 2003.
(22) IRNA,  10 febbraio, 11,15 e il 24 febbraio 2003.
(23) IRNA, 4 marzo 2003.
(24) IRNA, 8 febbraio 2003. L'Ayatollah Mohammad Emami-Kashani, un leader delle preghiere del venerdì a Teheran, ha detto che l'Iran "è contrario alle armi di distruzione di massa e crede che sia l'Iraq che la Casa Bianca debbano essere disarmati", IRNA, 14 febbraio 2003.
(25) Servizio AFP sull'Iranmania website, 16 gennaio 2003, http://www.iranmania.com/news.  Il quotidiano riformista Iran News, d'altra parte, ha messo in evidenza la difficoltà di individuare le armi di distruzione di massa in Iraq: "E' virtualmente impossibile trovare qualcosa come le armi di distruzione di massa che Saddam non voglia... far trovare in un paese delle dimensioni dell'Iraq", Iran News, citato su IRNA, 16 febbraio 2003.
(26) Iran Daily, 2 marzo 2003.
(27) Secondo un servizio sul quotidiano Al-Hayat, il ministro degli Esteri iracheno ha proposto che Iran e Iraq discutessero una "cooperazione strategica tra i due paesi", data la possibilità che Teheran sia il prossimo obiettivo degli Usa dopo Bagdad. Un alto funzionario iraniano ha dichiarato che Sabri era venuto a Teheran "per discutere il risultato dei colloqui iraniani [sull'Iraq] con i paesi europei ", Al-Hayat, 10 febbraio 2003.
(28) IRNA, 11 febbraio 2003.
(29) IRNA, 9 febbraio 2003
(30) IRNA, 29 gennaio 2003. Circa cento membri del Majlis hanno richiesto l'impeachment del ministro degli Esteri, Kharrazi, a causa della sua politica unilaterale di sostegno all'Iraq, citando come prova la visita improvvisa a Teheran del ministro degli Esteri iracheno, Naji Sabri, "tre giorni prima del discorso del presidente Bush " e l'aiuto a Saddam Hussein a superare il suo isolamento politico internazionale. IRNA, 16 febbraio; 23 febbraio 2003; Aftab-Yazd (Iran), 18 febbraio 2003.
(31) Financial Times, 19 febbraio 2003. Ved. anche il servizio sulle forze Badr su Iran Daily, 22 febbraio 2003. Il 6 marzo Teheran ha ospitato una conferenza dal titolo "Il futuro degli sciiti in Iraq", insieme al Supremo consiglio rivoluzionario islamico in Iraq. Alla conferenza sono intervenuti 250 rappresentanti di Hezb al-Da`wa, dell'organizzazione islamica Amal e il leader dell'Iraqi National Congress, Ahmad Chalabi. IRNA, 1 marzo, 8 marzo 2003. Il quotidiano riformista Iran News ha sollecitato gli sciiti iracheni a rimanere uniti; IRNA, 8 marzo 2003. Va notato che il Supremo consiglio rivoluzionario islamico in Iraq ha partecipato a colloqui con gli Stati Uniti sul futuro dell'Iraq. V. anche i servizi sulla cooperazione fra l'opposizione irachena e rappresentanti dell'Iran e degli Stati Uniti; IRNA, 26 febbraio 2003.
(32) IRNA, 16 febbraio 2003.
(33) IRNA, 5 marzo 2003.
(34) Aftab-Yazd (Iran, persiano), 5 marzo 2003.
(35) Kayhan (Iran, persiano, 18 febbraio 2003.
(36) Aftab-Yazd (Iran, persiano), 12 marzo 2003.
(37) IRNA, 12 febbraio 2003.
(38) IRNA, 11 marzo 2003.
(39) IRNA, 19 febbraio 2003.
(40) IRNA, 22 febbraio 2003. L'Ayatollah Mohammad Ha'eri Shirazi ha dichiarato che il destino degli americani sarebbe simile a quello dei Faraoni che volevano conquistare il mondo. Iran Daily, 16 marzo 2003.
(41) IRNA, 14 marzo 2003.
(42) IRNA, 19 febbraio 2003.
(43) IRNA, 8 marzo 2003.

(The Middle East Media Research Institute, n.178, 28.03.2003)



INDIRIZZI INTERNET


Union of Two House Messianic Congregations