Notizie su Israele 165 - 3 aprile 2003


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«Raccoglierò il rimanente delle mie pecore da tutti i paesi dove le ho scacciate, le ricondurrò ai loro pascoli, saranno feconde e si moltiplicheranno. Costituirò su di loro dei pastori che le porteranno al pascolo, ed esse non avranno più paura né spavento, e non ne mancherà nessuna», dice il SIGNORE.
«Ecco, i giorni vengono», dice il SIGNORE, «in cui io farò sorgere a Davide un germoglio giusto, il quale regnerà da re e prospererà; eserciterà il diritto e la giustizia nel paese. Nei suoi giorni Giuda sarà salvato e Israele starà sicuro nella sua dimora; questo sarà il nome con il quale sarà chiamato: SIGNORE-nostra-giustizia.»

(Geremia 23:3-6)



A COLLOQUIO CON STUDENTI DI UNA SCUOLA MEDIA ISRAELIANA


La pace e' una cosa che abbiamo dentro

di Deborah Fait
 
    Sono andata in una scuola media delle mia citta' per parlare con i ragazzi e tentare di capire perche' la gioventu' israeliana e' in questo momento cosi' diversa da quella europea.
    Ogni giorno i telegiornali israeliani ci mostrano le manifestazioni oceaniche che si fanno in tutto il mondo occidentale e i commenti dei nostri giornalisti sono educatamente meravigliati, forse un po' increduli, spesso ironici sulla presa di posizione delle masse antiamericane pro Saddam.
    In Israele non vi sono cortei ne' manifestazioni, non vediamo ragazzi correre per le strade o gettarsi per terra a fare i finti morti. Non ne hanno bisogno, qui di morti veri se ne sono visti anche troppi e la maggior parte di questi ragazziha in mente gli scenari allucinanti degli attentati. Solo chi non sa cosa sia la morte violenta puo' giocare con essa per le strade di Milano o di Berlino o di Parigi.
    In Israele la guerra e' purtroppo una cosa seria, a pace e' necessaria, desiderata, e la morte e' una realta' tragica colla quale dobbiamo tutti convivere. Altro che manifestazioni, qui tutto e' tragicamente reale!
    Nessun ragazzo israeliano ha voglia di sdraiarsi per terra in una finta morte perche' sa che potrebbe accadergli realmente tornando a casa o venendo a scuola.
    Pace! Parola che e' immorale sporcare alternandola a espressioni di odio o addirittura ad aggressioni fisiche o con falo' di bandiere, parola che purtroppo in Europa ha perso gran parte del suo significato diventando soltanto un mezzo per fare propaganda antiamericana e antiisraeliana in favore di dittatori arabi feroci e sanguinari.
    Mi siedo in mezzo a loro e i ragazzi mi scrutano diffidenti, scanzonati."Cosa vorra' questa qui?" stanno probabilmente pensando. Mi presento e incominciamo a parlare un po' forzatamente, un po' timidamente, poi, dopo i primi minuti di imbarazzo, ecco che si rilassano e diventano interessati alle mie domande, molto interessati.
    - Lo sapete che in tutta Europa i giovani manifestano a centinaia di migliaia?
    "Sì, lo vediamo alla televisione, lo leggiamo sui giornali", e ridono divertiti.
    Una bambina di 12 anni di nome Dorit, mi guarda seria seria e mi dice: "Beati loro che non hanno paura!"
    - Di cosa non hanno paura?
    "Non hanno paura del terrorismo", e un altro grida: "Non hanno paura degli scud e neanche di morire".
    - Ma voi avete paura?
    "Sì, mio fratello piccolo fa la pipi' a letto ogni notte".
    "E' vero, e' vero, anche i miei fratellini sono pieni di paura!"
    Gli psicologi delle scuole di ogni ordine e grado hanno molto lavoro in Israele.
    - Ma voi che siete grandi siete anche spaventati?
    "Certo che sì, il giorno che e' scoppiata la guerra io non sono venuto a scuola, sono stato tutto il giorno chiuso nella camera sigillata ad ascoltare la radio. Mia mamma era arrabbiata con me ma io sono rimasto la', capisci?"
    Cosi' dice Yarden, un bel bambino ricciuto cogli occhi neri come tizzoni.
    -Ma voi pensate che i ragazzi europei manifestano contro la guerra perche' non sanno cosa sia?
    "Forse....", dice timidamente Liem.
    "Mica saltano autobus in Europa!" ribatte un altro con aria di sfida.
    "Io sono nata subito dopo la guerra del Golfo e mia mamma era incinta e aveva la maschera antigas, come noi oggi. Anche il mio cane aveva la maschera ma poi e' morto quando io ero piccola perche' era vecchio."
    - Che effetto vi fa uscire colla scatola della maschera antigas e portarla a scuola?
    "Niente! e' giusto cosi', avere la maschera sempre con me mi fa sentire meno spaventata. Ma quando abbiamo provato a metterla ai piccoli e' stato un disastro perche' non volevano e urlavano".
    Egli altri si mettono a ridere,trasferire le loro paure sui fratellini piccoli li aiuta a sentirsi piu' forti, piu' coraggiosi! Piu' grandi!
    Fanno tanta tenerezza.
    Arava' e' un bellissimo bambino etiope dagli enormi occhi castani, porta la kippa', lo zucchetto tra i capelli ricciuti, alza la mano per raccontare:
    "I miei genitori sono venuti in Israele nel 1990 perche' in Africa li volevano ammazzare perche' erano ebrei. Poi c'e' stata la guerra del Golfo e hanno capito che anche qui li volevano ammazzare perche' erano ebrei e Saddam Hussein ha tentato di farlo. No?"
    - I tuoi genitori si sono pentiti di essere venuti in Israele dove c'e' anche la guerra e c'e' sempre il terrorismo?
    "Nooooooo, mio papà dice che e' meglio morire in Israele che in Africa", e ride con i denti bianchi luccicanti e i suoi compagni lo guardano stupiti.
    "Morire e' morire", brontola qualcuno, scettico.
    "Sì, ma mio papa' dice che qua abbiamo una casa e studiamo e nessuno ci corre dietro per la strada e se moriremo sara' per
   
   
difenderci dai nemi- ci. Io faro' il soldato come mio fratello maggiore per difen- dere Israele."
    - Insomma voi non sentite il biso- gno di andare a manifestare per la pace?
    "No perche' noi vogliamo la pace, e' una cosa che abbia- mo dentro", dice Kamei dai lunghis- simi capelli castani e dagli azzurri occhi seri e tristi, noi vogliamo la pace con i palestinesi e vogliamo che Saddam Hussein vada via dall'Iraq cosi' nessuno piu' ci colpira' cogli scud e potremo gettare via le maschere e magari potremo anche andare a visitare l'Iraq. Mio nonno viene da la'."
    "Sì.." urlano tutti insieme e ridono come tutti i bambini del mondo.
    - Vorreste dire qualcosa ai ragazzi europei?
    "... No... sì... sono fortunati", dice uno sottovoce, e un altro con piu' coraggio: "Oggi c'e stato un attentato a Nataniah, lo sanno?"
    - Credo di sì - rispondo pensando amaramente che mai si son visti i pacifisti in Israele a manifestare contro gli uomini bomba. 
    La pace e' una cosa che abbiamo dentro, ha detto Kamei.
    Ero venuta in questa scuola per capire la differenza tra i ragazzi israeliani compostamente seduti a scuola colle loro maschere e iragazzi europei che sciamano per le stradea fare i finti morti.
    E ho capito perche', me lo ha spiegato Kamei con ingenuita':
    I bambini israeliani vivono la morte quotidianamente e hanno la pace dentro di loro.
 
(Informazione Corretta, 01.04.2003)



SCAMBIO DI RENI TRA UNA FAMIGLIA EBREA E UNA FAMIGLIA ARABA


HAIFA - Poiché i gruppi sanguigni coincidevano, un ebreo ha donato un rene a un arabo israeliano. In contraccambio suo figlio ha ricevuto in dono un rene dalla moglie dell'arabo. L'azione è stata coordinata nell'ospedale Rambam di Haifa.
    Secondo quello che riferisce il Servizio Informazioni "Walla", i pazienti delle due famiglie avevano cercato invano un donatore adatto. Gli israeliani ebrei vivono nel kibbuz Ne'ot Mordechai, vicino al confine libanese, gli arabi in Akko.
    "Siamo tutti una famiglia", ha detto il padre del paziente ebreo di dieci anni dopo i riusciti trapianti. "Questa coincidenza può venire soltanto da Dio". Il quarantaquattrenne arabo, che da lui ha ricevuto un rene, ha sottolineato: "Viviamo nello Stato d'Israele, e non c'è nessuna differenza tra un ebreo e un arabo. Si tratta di salvare la vita, e questa è l'unica cosa che conta."

(Israelnetz Nachrichten, 03.04.2003)



GUERRA IN IRAQ: AIUTI ISRAELIANI, TERRORISTI PALESTINESI


Israele e' pronto a prendere parte allo sforzo per inviare aiuti umanitari all'Iraq dopo la campagna militare anglo-americana contro il regime di Saddam Hussein, se questo gli verra' chiesto dalle Nazioni Unite. Lo ha detto il ministro degli esteri israeliano Silvan Shalom al segretario generale dell'Onu Kofi Annan in un incontro fra i due venerdi' sera a New York. Shalom ha anche confermato ad Annan che Israele e' disposto ad attuare la "mappa stradale" per la pace proposta dal "quartetto" Usa, Ue, Russia, Onu (che prevede la cessazione del terrorismo e la creazione di uno stato palestinese per tappe a fianco di Israele). Shalom infine ha sollevato la questione dei cittadini israeliani, militari e civili, sequestrati dai terroristi libanesi Hezbollah e trattenuti in ostaggio senza che di loro si abbia piu' alcuna notizia.
    Di altro tenore "l'aiuto" all'Iraq offerto da altre parti. Centinaia di palestinesi che vivono in Libano sono stati gia' mandati in Iraq allo scopo di compiere attentati suicidi contro le forze anglo-americane. Lo ha confermato domenica Munir Maqdah, uno dei piu' alti comandanti in Libano del movimento armato Fatah, la maggiore fazione dell'Olp, che mantiene con regolari stipendi diverse migliaia di miliziani addestrati nei campi palestinesi in Libano. Fatah e' stato il primo gruppo terrorista palestinese a mandare anche donne in missioni suicide contro Israele (in particolare, tre donne da Ramallah, Betlemme e Nablus che si sono fatte esplodere provocando numerosi morti e feriti fra la popolazione israeliana). La scorsa settimana le forze di sicurezza israeliane hanno rivelato d'aver arrestato in tempo un diciassettenne palestinese di Betlemme che era stato inviato da Fatah con una valigia piena di esplosivo per una missione suicida contro un collegio che ospita 180 bambini orfani e senzatetto a Gerusalemme.
    Domenica anche il gruppo palestinese Jihad Islamica, che ha rivendicato l'attentato a Netanya, ha annunciato l'invio in Iraq di martiri suicidi delle Brigate Al-Quds.
    Si moltiplicano nel frattempo le manifestazioni di piazza palestinesi a sostegno di Saddam Hussein e del suo regime, con slogan del tipo: "Beneamato Saddam, bombarda Tel Aviv" e "Morte all'America". La manifestazione piu' grande ha avuto luogo venerdi' a Gaza, con la partecipazione di circa 30.000 palestinesi radunati da Hamas dopo le infuocate prediche di mezzogiorno nelle moschee. "Suggeriamo ai fratelli iracheni di fare buon uso dell'esperienza palestinese e di concentrarsi sulle azioni di martirio, che sradicheranno gli infedeli instillando il terrore nei loro cuori", scandiva un altoparlante durante la manifestazione. Il leader di Hamas Ahmed Yassin si e' rivolto alla folla dicendo di "continuare la guerra santa, fecendo ricorso a ogni mezzo possibile per arrivare alla vittoria". Manifestazioni analoghe anche a Nablus, Kalkilya, Tulkarem, Halhoul e Yabad, con diverse migliaia di partecipanti.

(Jerusalem Post, Ha'aretz, 31.03.03 - da israele.net)



LA PIAZZA PRINCIPALE DI JENIN PORTA IL NOME DEL PRIMO ATTENTATORE SUICIDA IRACHENO ANTIAMERICANO


I palestinesi del campo profughi di Jenin hanno cambiato il nome della piazza principale del loro campo dopo che un ufficiale dell'esercito iracheno ha portato il primo attacco suicida contro l'esercito americano in Iraq, ha riferito il Jerusalem Post. "Vogliamo onorare il valoroso ufficiale iracheno che ha portato il primo attacco suicida contro gli occupanti americani e britannici", ha detto un ufficiale senior palestinese a Jenin. "Speriamo che ci saranno altre operazioni suicide nei prossimi giorni."
    La decisione di onorare l'attentatore suicida iracheno è venuta in conseguenza di dimostrazioni anti-americane e anti-britanniche senza precedenti in Cisgiordania e nella striscia di Gaza. Il campo profughi di Jenin è noto come covo di gruppi terroristici palestinesi responsabili di numerosi attentati suicidi in Israele. Dei residenti hanno orgogliosamente descritto il campo come la capitale degli attentatori suicidi. Alcuni giornalisti palestinesi hanno fatto notare che le proteste in cui i palestinesi gridano slogan contro gli Stati Uniti e l'Inghilterra e bruciano le bandiere dei due paesi cominciano a mettere in imbarazzo l'Autorità Palestinese, che infatti ha ammonito i giornalisti palestinesi a non dare "eccessivo" risalto alle dimostrazioni.

(MFA MAIL, 01.04.2003)



SERMONE DEL VENERDÌ A BAGDAD


Il sermone del venerdì tenuto dallo sceicco Abd Al-Ghafour Al-Qaysi nella moschea Abd Al-Qadr Al-Gaylani, a Bagdad, è stato trasmesso sull'Al-Arabia TV (1) di Dubai, in collaborazione con la moschea Al-Haram della Mecca. Per tutto il sermone, il predicatore ha alzato una pistola. Ecco alcuni estratti del sermone:


"Oh fedeli Mujahideen! Noi abbiamo giurato la Jihad a Maometto... Noi siamo l'esercito di Allah. Noi che stiamo combattendo contro quelli che ci stanno combattendo. Oh fedeli Mujahideen dovunque... Il diavolo è arrivato. Il Satana e il suo esercito. I Mujahideen hanno dichiarato la Jihad per amore di Allah  per abbassasse le bandiere degli infedeli e di quelli pieni di odio…".

"La guerra è cominciata e il diavolo è stato sputato dalle bocche di quelli che hanno mentito e continuano a mentire, quelli hanno detto che Bagdad sarà occupata entro poche ore. E, come potete vedere, Bagdad rimane solida e tutti in essa portano armi. Ogni bambino porta armi, e anche le donne portano armi. Essi non faranno contaminare il suolo di Bagdad e non faranno dissacrare alcun centimetro del nostro credente Iraq. La delusione e la sconfitta saranno il loro destino".
  
"Perciò, questa guerra richiede pazienza. Siate pazienti: Allah ama le persone pazienti e sostiene la loro pazienza. Ha promesso loro il paradiso e le introdurrà in cielo senza alcuna altra considerazione".
  
"Per quale scopo voi state combattendo, o uomini perversi? Noi combattiamo la Jihad per amore di Allah. Combattiamo per raggiungere il paradiso... Loro sono stati ingaggiati dal nemico e sono stati condannati in questo mondo e in quello a venire. I loro morti sono all'inferno perché hanno attaccato un paese pacifico e credente, ma benedizioni a chiunque tra noi sia morto da uomo santo, perché egli guadagna forza in questo mondo e il paradiso nel mondo a venire".
  
"Questa guerra ha dimostrato chi sono gli uomini di fede... Il nostro popolo arabo e musulmano ovunque invoca la vittoria dell'Iraq... E' una prova per i credenti affinché Allah distingua fra chi lo ha disdegnato e i buoni.  Questa è una guerra tra verità e falsità... è una guerra da ricordare nella storia".
  
"Noi invochiamo i musulmani ovunque, e gli arabi. Diciamo loro: questo è il giorno della Jihad. La Jihad è diventata un [dovere]  personale di ogni musulmano. Astenersi dalla Jihad oggi costituirebbe una violazione dei comandi di Allah. E' un peccato. Lunga vita alla Jihad! Il diavolo è arrivato! Le forze degli infedeli

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hanno mobilitato eserciti…".
  
"Dove sono gli uomini d'onore? Vogliamo mostrare ai nemici la potenza dell'Islam, in modo che quando essi attaccano un paese musulmano non avranno l'illusione che i musulmani cadono in silenzio".
  
"Alzate la bandiera dell'Islam. Alzate la bandiera della Jihad. Questa guerra non è diversa dalla guerra dei politeisti contro il Profeta. Il criminale Bush dichiara davanti al mondo intero, come i politeisti avevano dichiarato nella battaglia di Badr [la prima battaglia vinta dal Profeta Maometto contro i politeisti]: "'Il mondo riconoscerà la forza del nostro esercito...'".
  
"Il criminale Bush sta riportando nel mondo tutta l'arroganza e l'insolenza e tutta la criminalità e l'assenza di umanità. Egli avvia una guerra che non ha [basi] legittime solo per lo scopo di soddisfare la sua anima malvagia e perversa e la sua sete di sangue puro. La storia si ripete. Ma ecco il suo esercito sconfitto dalla forza della fede. Ed ecco le sue armi moderne che crollano contro la nostra arma semplice. Noi combattiamo con la forza di Allah, la forza della nostra fede. Noi soli affrontiamo. Allah porterà la vittoria a quelli [che dicono] la verità anche se questo richiede molto tempo".
  
"Oh Mujahideen, oh fedeli. Tutti sentono come i media del nemico... diffondono voci e bugie confutate dai Mujahideen. Essi hanno dichiarato, al mondo intero, che l'Iraq verrà alla sua fine. Io dico, da questo posto puro, a tutti i media che diffondono le perverse bugie [dell'uomo]: dovete verificare le informazioni [che trasmettete]. Loro [i nemici] non hanno nessuna vergogna né coscienza. Essi mentono alla gente e devono essere smascherati... Vogliono ingannare la gente come se il loro esercito fosse alle porte di Bagdad... Le reti dei media nel mondo dovrebbero opporsi a questa bugia e verificare la verità delle loro parole, poiché essi non hanno nessuna coscienza e nessuna moralità. Questa bugia sarà confutata dal Mujahideen coraggioso, nell'Iraq della Jihad... I canali delle news sono diventati un veicolo per il passaggio delle bugie del nemico".
  
"Oh uomini dei media, state attenti a trasmettere [solo] la verità. Non siate una voce dell'amministrazione del male; non siate una [voce] dei bugiardi. Questa è la situazione reale: L'Iraq è l'Iraq. Sta combattendo la Jihad nella sua interezza. Tutti portano armi, noi li combattiamo dovunque, in modo che nessuno di loro sia in grado di contaminare il nostro suolo".
  
"Non diffondete voci; non diffondete bugie... Noi approviamo i media che sostengono la verità e rifiutano le loro parole perverse...Noi promettiamo ai nostri fratelli dovunque: l'Iraq è in buona forma, unito, sta lottando sotto la bandiera di 'Allah Akbar'.  I figli dell'Iraq si sono uniti e si ergono in una linea [di battaglia] contro l'attacco feroce ".
  
"Noi combattiamo per soddisfare Allah mentre essi combattono per soddisfare [l'idolo] Taghut. Quanto è grande la differenza fra quelli che combattono per amore di Allah e quelli che combattono per Satana!?"
  
"Allah protegga l'Iraq... Allah protegga i Mujahideen... Allah semina paura nei cuori dei nostri nemici... Allah manda [contro] di loro soldati che essi non possono vedere... Allah porta la vittoria all'Islam e ai musulmani... Allah protegga il nostro esercito, la nostra gioventù e le nostre donne dal male di questi furfanti... Allah protegga il credente leader dell'Iraq, il simbolo della fede e della Jihad, il leader Saddam Hussein".

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Nota:
(1)TV Al-Arabia (Dubai), 28 marzo 2003.

(The Middle East Media Research Institute, n. 487, 31.03.2003)



L'INGENUITA' DEGLI SCUDI UMANI


«Sono stato un ingenuo scudo umano per Saddam»

di Daniel Pepper

    Ho voluto unirmi agli scudi umani in Baghdad perché era un'azione concreta che dava la possibilità al movimento contro la guerra di porsi all'attenzione del mondo. Era una vocazione: scudi umani volontari si sacrificavano per le loro opinioni politiche - un'azione personalmente molto più difficile che andare alle manifestazioni di Washington o Londra. Era semplice: sali sull'autobus e mostri te stesso.
    Ed è precisamente quello che ho fatto la mattina di sabato 25 gennaio. Sono un fotografo ebreo-americano di 23 anni che vive a Islington, nel nord est di Londra. Avevo già viaggiato per il Medioriente: da studente, ero stato nella Cisgiordania palestinese durante l'Intifada. Ero stato anche in Afghanistan come fotografo per il Newsweek.
    Gli scudi umani mi attraevano per via delle mie idee contro la guerra, ma quando me ne sono andato via da Baghdad cinque settimane dopo le mie idee erano cambiate drasticamente. Non voglio dire che sono a favore della guerra, no - le mie idee in proposito sono ambivalenti - ma desidero fortemente che Saddam sia rimosso.
    Sull'autobus sentivamo umana simpatia per i civili iracheni, anche se non ne conoscevamo nessuno. Il gruppo era più interessato a protestare contro i governi americano e inglese, piuttosto che a essere solidale con gli iracheni.
    Sono rimasto scioccato quando ho incontrato per la prima volta un iracheno a favore della guerra a Baghdad, un tassista che mi stava riportando all'hotel la sera tardi. Gli ho spiegato che ero americano, come noi scudi facciamo sempre, "Bush bad, war bad, Iraq good". Mi guardò con un'espressione incredula.
    Quando capì che ero serio, rallentò e cominciò a parlare in un inglese approssimativo sui mali del regime di Saddam. Fino a quel momento avevo soltanto sentito parlare con rispetto del presidente, ma adesso quest'uomo mi stava dicendo come tutti i soldi del petrolio andassero nel portafoglio di Saddam e che se ti opponevi a lui venivi ucciso insieme a tutta la famiglia.
    Mi spaventò. Prima pensai che forse era la polizia segreta che cercava di incastrarmi, ma in seguito ebbi l'impressione che volesse che l'aiutassi a scappare. Mi sentii così male. Gli dissi: "Senti, sono solo un imbecille che viene dagli Stati Uniti, non sono delle Nazioni Unite, non sono della Cia - non posso proprio aiutarti".
    Naturalmente avevo letto che gli iracheni odiavano Saddam Hussein, ma questo era reale. Qualcuno me l'aveva detto in faccia. Lo raccontai a qualche giornalista che conoscevo. Mi dissero che sono cose che capitano: gente che spontaneamente in segreto e in modo emotivo implora i visitatori di liberarli dal tirannico Iraq di Saddam.
    Ero sempre più preoccupato per come il regime iracheno stava limitando sempre più i movimenti degli scudi, così qualche giorno dopo ho lasciato Baghdad diretto in Giordania insieme ad altre cinque persone. Una volta al di là del confine ci siamo sentiti abbastanza tranquilli da chiedere all'autista cosa ne pensasse del regime e della minaccia di bombardamenti aerei.
    "Non lo sentite Powell sulla radio "Voice of America?" ci disse. "Ovviamente gli americani non vogliono bombardare i civili.Vogliono bombardare i palazzi del governo e quelli di Saddam. Noi vogliamo che l'America bombardi Saddam".
    Noi stavamo li', ad ascoltare, a bocca aperta. Jake, uno degli scudi, non faceva altro che dire "Oh Santo Cielo", man mano che l'autista descriveva gli orrori del regime. Jake era così scioccato per come era stato ingenuo. Tutti noi lo eravamo. Non era venuto in mente a nessuno che gli iracheni potessero volere la guerra.
    La dichiarazione più enfatica dell'autista fu: "Tutti gli iracheni vogliono questa guerra". Sembrava convinto che le perdite civili sarebbero state minime; aveva una tale fiducia nella macchina da guerra americana da rispettare le promesse. Sicuramente aveva molta più fiducia di quanta ne avevamo avuta noi.
    Forse la cosa più devastante che abbiamo imparato è stata che la maggior parte degli iracheni è convinta che Saddam ci abbia pagato per farci venire a protestare in Iraq. Anche se abbiamo spiegato che non era assolutamente così, penso che nessuno ci abbia creduto. In seguito l'autista mi chiese: "Sul serio, quanto vi ha dato Saddam per venire?"
    Tutto ciò ci ha colpiti a livello emotivo e viscerale: era il vero volto della vita in Iraq. Dopo la prima conversazione, ho rivisto completamente le mie idee sulla situazione irachena. La mia comprensione è cambiata a livello intellettuale, emotivo e psicologico. Ricordo l'esperienza di vedere il ritratto egocentrico di Saddam dappertutto e ho cercato di mettermi nei panni di qualcuno che era stato costretto a vederlo ogni giorno negli ultimi 20 anni.
    Lo scorso martedì notte sono andato a fotografare le manifestazioni contro la guerra in Parlament Square. Migliaia di persone urlavano "No War" ma senza pensare alle implicazioni per gli iracheni. Alcuni di loro bevevano e ballavano la Samba e litigavano con la polizia. Era come se i manifestanti parlassero di un paese diverso, dove il governo fosse normale e accettabile. Mi ha fatto veramente arrabbiare.
    Chiunque abbia mezzo cervello capisce che Saddam Hussein deve essere tolto di mezzo. È straordinariamente ironico che i manifestanti contro la guerra marcino per difendere un governo che impedisce alla sua gente di esercitare quello stesso diritto.

(Daily Telegraph,  23 Marzo 2003 - da Amici d'Israele)

*  *  *

Gli scudi umani diventano falchi

di Joel Mowbray

    Erano arrivati come difensori di Saddam, desiderosi di morire per il despota, ma hanno lasciato l'Iraq qualche settimana dopo con tutt'altre idee e adesso sostengono che Saddam deve andarsene. Molti degli scudi umani che sono arrivati sotto i riflettori per "fermare" gli Stati Uniti e la Gran Bretagna sono stati convinti dai più forti sostenitori della cacciata di Saddam: il popolo iracheno.
    La storia più notevole è quella di un gruppo americano della Chiesa Assira Orientale, che era andato in Iraq insieme a una delegazione giapponese di scudi umani e che recentemente ha lasciato il paese attraversando il confine con la Giordania con 14 ore di filmati senza censura. Lontani dalla polizia segreta, la gente raccontava la propria disperazione e quanto aspettavano che cominciasse la guerra degli americani. Il reverendo Kenneth Johnson ha raccontato alla United Press International che gli iracheni che ha filmato e intervistato gli hanno detto "che si sarebbero suicidati se non fossero cominciati i bombardamenti americani. Preferivano vedere le proprie case demolite pur di ottenere la libertà dalla tirannia sanguinaria di Saddam".
    Dopo aver parlato con gli iracheni - non con i propagandisti pagati da Saddam perché siano visti dal resto del mondo - il Rev. Johnson ha capito che Saddam è "un mostro come non se ne vedevano dai tempi di Hitler e Stalin". Ha spiegato: "le loro storie di lente torture e uccisioni mi hanno sconvolto, come la storia di persone messe in una macchina per distruggere i prodotti di plastica, con i piedi avanti così che l'aguzzino potesse sentire le urla man mano che i corpi venivano distrutti dai piedi fino alla testa".
    Mostrando che il gruppo del Rev. Johnson non era solo, un ragazzo che si definisce "un fotografo ebreo-americano di 23 anni", Daniel Pepper, ha raccontato la sua "conversione" sul "Daily Telegraph" di Londra. Ha scritto che, come gli altri scudi umani, era "più interessato a protestare contro i governi americano e inglese, piuttosto che essere solidale con gli iracheni". Ma cinque settimane a Baghdad e i ripetuti contatti con le persone comuni lo hanno lasciato con un "forte desiderio di vedere Saddam andarsene via".
    Cos'ha convinto questa brava persona a vedere la luce? La stessa cosa che ha scioccato il gruppo del rev. Johnson facendolo tornare con i piedi per terra: le conversazioni con gli iracheni. Pepper ha raccontato di quello che gli ha detto un tassista che l'ha portato in Giordania insieme ad altre cinque persone. Libero di dire quello che pensava senza paura di rappresaglie da parte di qualcheduno degli onnipresenti agenti segreti di Saddam, il tassista aveva capito perfettamente quello che i giovani idealisti prima non avevano capito: "ovviamente gli americani non vogliono bombardare i civili.
    Vogliono bombardare i palazzi del governo e quelli di Saddam.
    Vogliamo che l'America bombardi Saddam". Pepper e i suoi amici erano sconvolti. "Non era venuto in mente a nessuno che gli iracheni potessero essere a favore della guerra" ha scritto.
    La guerra in Iraq non è solo questione di liberare il popolo iracheno - il disarmo è il fattore dominante - ma per loro, questo è quello che conta. Ed è quello che conta anche per il resto del mondo.
    Perché se Saddam avesse dovuto restare al potere indefinitamente, c'era solo da aspettare ma prima o poi si sarebbe rivoltato contro il resto del mondo. Pensate a Stalin, l' uomo preso a modello da Saddam, perfino nei baffi. Anche se non ha mai apertamente sfidato l'America, gli studiosi ritengono che poco prima della sua morte - che sembra non sia stata accidentale - "Baffone" stava per far cominciare la Terza Guerra Mondiale. Se lo avesse fatto, innumerevoli milioni di persone sarebbero morte, e il mondo sarebbe oggi un posto del tutto diverso.
    I soldati che combattono in Iraq combattono quindi per la nostra libertà e per quella dei nostri figli. Combattono per far crollare il regime di un uomo che tortura ritualmente il suo stesso popolo, che ha usato armi di distruzione di massa e che ha invaso due dei suoi vicini. Dato che ha rifiutato varie possibilità di disarmarsi spontaneamente o semplicemente di andare in esilio, questa è una guerra voluta da Saddam, e i coraggiosi, uomini e le donne, dall'America, Gran Bretagna e altri paesi non si sono fatti intimorire dalla sfida terribile. Hanno dietro di loro il sostegno e le preghiere dei loro compatrioti, ma anche degli iracheni. Come ha detto il tassista iracheno a Pepper, l'ex scudo umano: "Tutti gli iracheni vogliono questa guerra".

(Towhall, 26 marzo 2003 - da Amici d'Israele)

Sulle atrocità commesse da Saddam Hussein: -->


TESSERA DA GIORNALISTA PER SADDAM HUSSEIN


Qualche mese prima dell'inizio della guerra del Golfo, da tutte le parti del mondo sono stati istituiti a Tel Aviv e a Gerusalemme centri di comunicazione che dovevano servire a mandare notizie da Israele. Questi adesso però sono vuoti, perché la vita in Israele, nonostante la guerra del Golfo, procede come al solito. Gli impiegati degli uffici stampa statali, presi dalla noia per non avere niente da fare, hanno perfino offerto al dittatore Saddam Hussein una tessera da giornalista.
   
   
     
(NAI-Stimme aus Jerusalem, 02.04.2003)



INDIRIZZI INTERNET


Ebraismo e dintorni

Christian Action for Israel