Notizie su Israele 173 - 9 maggio 2003


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«Quel giorno», dice il SIGNORE, «io raccoglierò le pecore zoppe, radunerò quelle che erano state scacciate e quelle che io avevo trattato duramente. Di quelle zoppe io farò un resto che sussisterà; di quelle scacciate lontano, una nazione potente. Il SIGNORE regnerà su di loro, sul monte Sion, da allora e per sempre.

(Michea 4:6-7)



«AL HA-ESH»: TRADIZIONALE GRIGLIATA DEL GIORNO
DELL'INDIPENDENZA



GERUSALEMME - Mercoledì scorso, il giorno dell'indipendenza, in Israele più di due milioni e mezzo di persone si sono dirette verso boschi e parchi per fare la grigliata. Dopo il tradizionale "Al Ha-Esh" ("alla brace") sono rimaste in giro 500 tonnellate di rifiuti. Per togliere i rifiuti sparsi in tutto il paese ci vorranno almeno cinque giorni.
    Come riferisce il quotidiano "Jerusalem Post", verso mezzogiorno la polizia ha dovuto impedire a molti visitatori l'ingresso ai parchi, perché questi erano già pieni. Molti allora hanno aperto i loro grill portatili ai bordi delle strade e perfino nelle isole pedonali. Chi si trova in Israele nel giorno dell'indipendenza, spesso viene invitato a partecipare alla grigliata.
    Migliaia di persone hanno sfruttato il giorno di festa per visitare le stazioni di polizia, le basi militari dell'esercito e della marina, alcune delle quali in questo giorno sono aperte al pubblico. Anche i musei sono rimasti aperti nel 55esimo giorno dell'indipendenza.

(Israelnetz Nachrichten, 08.05.2003)



LETTERA DI UNA MADRE IN ISRAELE AD UN'AMICA


6 maggio 2003

In questo Giorno della Memoria per i caduti d'Israele devo fare una confessione:
    Dopo aver vissuto qui per otto anni, a volte penso: BASTA, non posso più piangere. Ho sentito tutte le storie. Ho visto i film. Ho letto tutti i memoriali. Non basta vivere qui, aver fatto investimenti e dover sopportare le difficoltà della vita di tutti i giorni? Non basta pensare, a livello subconscio, di essere 'migliori' dei galutniks e meritare di poter allentare un po' la presa? Un allentamento delle corde del cuore che ci legano all'universale esperienza ebraica?
    Quando qui un soldato muore, nessuno dice MAI: "Grazie a Dio, non era mio figlio". L'immediato pensiero di quelli  che vivono qui è invece: "Lì, se non è per la grazia di Dio, andrò anch'io", perché se non sono io/tu/i tuoi/i miei a morire oggi, potrà anche darsi che capiterà domani.
    Un lancio di dadi del cielo ti può cambiare la vita per sempre. Noi in Israele sentiamo questa verità molto più acutamente di molti altri, penso.
    Quando questa settimana mio figlio dodicenne mi ha detto: "Non è terribile morire per Eretz Israel perché sai di morire per qualcosa", avrei voluto che la terra mi si aprisse sotto i piedi per ingoiarmi. Non gli ho mai detto queste cose, ma è stata una ferrea verità che ha modellato il mio Sionismo. Tramite osmosi o per allattamento o per avermi sentito parlare con gli altri mentre cresceva, la mia convinzione assoluta del diritto eterno degli ebrei di vivere nel loro santo pezzo di terra gli si è trasmessa, e lui l'ha accettata. Ma ciò che lui non può sapere, perché la pusillanimità o i vari impegni impediscono alla mia mente di vagabondare in territori scomodi, è che non penso affatto di pagare quel prezzo estremo. Non penso alla terribile verità che abbiamo fatto nascere nei nostri giovani. A quello che abbiamo fatto qui ai nostri figli. A che cosa possiamo avergli tolto.
    E se il solo pensiero di perdere un figlio per difendere Eretz Israel è insopportabile, cosa potrà essere sperimentare una cosa del genere? Altre donne sono state calate nel ruolo di "madri di soldati morti" senza che qualcuno avesse chiesto loro se fossero abbastanza forti o coraggiose o temprate per sopportarlo.
    Sono terrorizzata di chiamare al telefono il mio figlio maggiore alla yeshiva, perché non voglio amarlo troppo oggi. Dapprima ho pensato - parte della confessione - che prendendo le distanze avrei permesso alla giornata di trascorrere con meno dolore, meno trepidazione, meno angoscia per il domani. Ma questa è solo una parte della storia. Contatto, in una famiglia che si vuole bene vuol dire amore, e io lo voglio amare di meno - anche se solo per oggi - cosicché semmai dovessero bussarmi alla porta per quell'evenienza, potrei essere più forte perché l'ho amato di meno. Anche se fosse solo per oggi.
    Non sarà mai una consolazione il fatto che stamattina non sono io a camminare sui viali di Har Herzl, tenendo in mano un bellissimo bouquet di fiori. Non vi è alcuna soddisfazione nel sapere che non sono io che estirpo le erbacce attorno ad una tomba. Non potrò mai trovare sollievo nel fatto che il nome scolpito sulla lapide non è di qualcuno che conosco. Accetto che il mio compito, nonostante le obiezioni di molti psicologi, è quello di piangere con le altre madri, di morire un po' con loro, mentre loro/noi continuiamo a seppellire i nostri ragazzi, le nostre risate, i nostri bambini pieni di vita, che vengono mandati troppo giovani a difendere quello che il mondo vorrebbe convincerci a credere che non è più prezioso.
    Stai bene,

    Andrea

(Naomi Ragen, 6 maggio 2003)



«ONOREVOLE PRESIDENTE, ATTUI LA ROAD MAP DEI PROFETI!»


Lettera al Presidente Bush

di Rabbi Zalman Baruch Melamed,
2 maggio 2003 - 30 Nissan 5763

A: On. George Bush, il Presidente degli Stati Uniti
     First Lady Sig.ra Laura Bush

    Saluti e benedizioni.
    Vorrei congratularmi con voi e con tutta la nazione americana per il successo della missione portata a termine contro il crudele dittatore iracheno. Il rovesciamento del suo regime corrotto apre una finestra di speranza ad una nuova era in Medio Oriente e nel mondo intero.
    E' questo, dunque, il momento di giustiziare i terribili torti compiuti contro la nazione ebrea nel corso degli ultimi 2.000 anni. Espulsi dal proprio territorio e pellegrini, nel corso dei secoli gli ebrei hanno girovagato da paese a paese. Sì, 50 anni fa, con l'aiuto di D-o, ci siamo meritati uno stato nostro - ma si tratta di uno stato che non ha conosciuto un solo giorno di pace, e non ha mai goduto del riconoscimento dei propri confini. Chissà se proprio lei, signor Presidente, non sia stato scelto quale agente per ripristinare il Popolo di Israele nel proprio minuscolo territorio, nei confini delineati nella Bibbia?
    Il Popolo d'Israele è unito irrevocabilmente alla sua Terra - ad ogni parte di essa - dal profondo della sua anima. Tutti i Profeti hanno predetto che saremmo ritornati - ed ecco, tutto ciò si sta realizzando davanti agli occhi nostri.
    A contrastare questo evento, le organizzazioni terroristiche arabe, supportate dai paesi arabi, si sono poste come obiettivo quello di far guerra contro il restaurato Stato d'Israele, dichiarandogli guerra fino alla distruzione. Vorrebbero perpetrare la confisca della Terra Promessa a danno dei suoi proprietari legittimi, il Popolo Ebreo.
    Onorevole Presidente e Signora Bush, voi che avete dato vita a questa santa missione di sradicamento e distruzione del male - per favore, completate l' opera! Le organizzazioni terroristiche come l'OLP - che fino a questo momento sono state guidate dai peggiori terroristi del 20esimo secolo - non sono diverse dal regime che fino a poco tempo fa governava l'Iraq. Non faranno mai pace con Israele! Ogni tentativo di raggiungere un accordo con loro non fa che causare altro versamento di sangue, come è accaduto in seguito agli accordi di Oslo.
    L'unica vera soluzione sarebbe correggere il torto storico e permettere al Popolo d'Israele di ritornare in tutto il suo territorio. Qualsiasi programma che si oppone alla Road Map dei Profeti non potrà avere successo.
    Vi chiedo di stare dalla parte d'Israele, aiutandolo a ritornare in tutto il suo territorio, e di essere partner dell'unico processo "garantito" - il Piano di Pace dei profeti!
    Le comunità di Giudea, Samaria e Gaza sono popolate da ebrei idealistici e moralmente validi, che hanno resistito e hanno vinto le tremende difficoltà di chi vive costantemente all'ombra oscura del terrorismo. Si sono stabiliti fermamente e sono profondamente legati al loro territorio. Gli ebrei non possono essere tranquillamente sradicati da posti come Beit El e Shilo; sarebbe una contraddizione.
    La parola di D-o rimane per sempre. Vi supplico di non aver niente a che fare con coloro che desiderano andare contro la parola di D-o, come espressa dai Profeti.
    Con benedizioni e grande rispetto,

Zalman Baruch Melamed,

Rabbino di Beit El e Presidente del Concilio dei Rabbini di Giudea, Samaria e Gaza.
____________

Il rabbino Melamed è anche Rosh Yeshiva e Diacono del Centro Istituzionale Beit El Yeshiva.

(Arutz Sheva News Service, 07.05.2003)



«BENVENUTI IN PALESTINA!», DICE IL PILOTA ATTERRANDO A TEL AVIV


ROMA/TEL AVIV - Momenti di tensione in un volo dell'Alitalia. Martedì mattina [6 maggio] un pilota, nell'atterraggio all'aeroporto israeliano Ben Gurion, ha salutato i passeggeri con le parole: "Benvenuti in Palestina!" I rappresentanti della compagnia aerea italiana hanno preso le distanze da questo incidente. L'apparecchio era partito da Roma a mezzanotte.
    Dopo l'incidente il personale dell'Alitalia che lavora in Israele ha scritto una lettera di protesta al Presidente internazionale della compagnia aerea, Francesco Megozzi. "E' una sfacciataggine e uno scandalo", hanno detto gli impiegati al quotidiano "Yediot Aharonot". "Questa persona non ci rappresenta e promettiamo che non volerà più in Israele."
    La compagnia ha fatto stampare il suo rincrescimento per l'incidente e ha comunicato che la direzione si dissocia dal comportamento del pilota. "In ogni ditta ci sono delle erbe cattive. Anche durante la guerra in Iraq l'Alitalia ha dimostrato di rimanere fedele a Israele, e lo farà anche in futuro", è stato scritto.
    Un fatto simile era già accaduto dieci mesi fa in un aereo della compagnia francese "Air France". Per altoparlante un pilota annunciò: "Ultimo scalo: Israele-Palestina". Questo ha provocato le proteste dei viaggiatori con il personale.

(Israelnetz Nachrichten, 06.05.2003)



SEGNALI DI CAMBIAMENTO NEL DISCORSO ANTISEMITA DEL MONDO ARABO


In passato, le manifestazioni di antisemitismo nel mondo arabo non hanno sollevato alcuna critica dall'interno degna di nota. Inoltre, le critiche occidentali per l'antisemitismo hanno solo aumentato le dichiarazioni antisemitiche sulla stampa araba, e non hanno innescato alcun ripensamento. Ad esempio, la condanna a febbraio 1998 del negatore francese dell'Olocausto, Roger Garaudy, e quella del marzo 2000 del negatore inglese David Irving, hanno fatto arrabbiare il mondo arabo, e portato ad un accrescimento della negazione dell'Olocausto nel mondo arabo, assieme ad una maggiore insistenza sull'accusa agli ebrei di aver diffuso la loro egemonia sul mondo intero (1). Ma, negli ultimi due anni, i media arabi hanno riportato critiche significative e riserve sulle manifestazioni di antisemitismo nel mondo arabo. Ecco alcuni esempi degni di nota di questo tipo di reazioni nei media arabi, e un dibattito sulle loro cause e caratteristiche.


I. Sollecitazioni a cancellare la Conferenza di Beirut dei negatori dell'Olocausto

     Una conferenza internazionale di negatori dell'Olocausto era stata programmata per la fine di marzo 2001, a Beirut. Gli organizzatori erano l'Institute for Historical Review di Los Angeles e l'organizzazione svizzera Verité et Justice. Gli intellettuali arabi contrari alla conferenza hanno chiesto di cancellarla. Un documento emesso da 14 famosi intellettuali arabi ha affermato tra l'altro: "Gli intellettuali arabi sono oltraggiati da questa iniziativa antisemitica. Desideriamo avvertirne l'opinione pubblica libanese e araba e sollecitare le autorità libanesi a vietare questa inammissibile conferenza"(2).
    Il documento è stato firmato dal poeta libanese Adonis, dal poeta palestinese Mahmoud Darwish, dallo storico algerino Muhammad Harabi, dallo scrittore algerino Jamal Al-Din ibn Sheikh, dallo scrittore marocchino Muhammad Baradeh e dagli scrittori libanesi Dominic Awdeh, Elias Khouri, Gerard Khouri e Salah Sathithiyyeh, così come dagli scrittori siriani Fayez Mallas e Farouq Mardam-Bey, dagli scrittori palestinesi Khalda Said e Elias Sanbar e dall'accademico palestino-americano Edward Said (3).
    In un articolo dal titolo "I Protocolli dei Savi di Beirut", l'editorialista Joseph Samaha ha scritto sul quotidiano londinese in lingua araba Al-Hayat:

"Tenere la conferenza a Beirut non porta alcun onore alla capitale libanese. Forse il suo danno concettuale, politico ed economico è inestimabilmente maggiore del suo vantaggio, che sin dall'inizio era quasi inesistente. La conferenza radunerà falsari della storia che hanno subìto processi nei propri paesi. Questa è, in effetti, una conferenza contro la verità... Questa è una conferenza contro la consapevolezza...".

"La conferenza difende il boia nazista e il suo crimine contro gli ebrei ed altri, in nome delle vittime palestinesi e arabe. Questa è una resa dei conti Occidente-Occidente, in cui il problema palestinese gioca un ruolo di falso testimone ...".

"La precisione in tutte le cose che riguardano l'uso sionista dell'Olocausto è vitale. Le opinioni importanti su questo argomento sono tenute da persone che rifiutano di collegare il loro nome a quello del [negatore francese dell'Olocausto Robert] Faurisson e alla sua risma...Il Libano ha troppi impostori, e non ha bisogno dei Protocolli dei Savi di Beirut" (4).

Sempre sull'Al-Hayat, l'editorialista Abd Al-Wahhab Badrikhan si è soffermato non sulla negazione dell'Olocausto in sé ma sul danno che la conferenza avrebbe inflitto all'immagine del Libano:

"Alcuni intellettuali arabi hanno condannato, e giustamente, la dubbia sollecitazione a convocare una conferenza a Beirut con lo scopo di gettare dubbi sull'Olocausto ebraico [compiuto] dai nazisti... Mentre questa conferenza non farà alcuna impressione sulla questione dell'Olocausto, il danno causato al Libano sarà sicuro. Il Libano aspira oggi a fronteggiare la sua crisi economica, e per questo ha bisogno delle istituzioni economiche internazionali. Perciò, questa conferenza clandestina, che può essere non più di una mossa politica o una manovra su Internet, ostacolerà gli sforzi libanesi, anche se si può supporre che questo non sia uno degli obiettivi che riempiono le teste degli anonimi partecipanti…"(5).

Ai primi di marzo 2001, il Dipartimento di Stato americano ha chiesto al governo libanese di cancellare la conferenza. Inizialmente, il governo libanese ha negato di essere a conoscenza dell'imminente conferenza ma, dopo l'accresciuta pressione americana, il Primo ministro libanese Rafiq Hariri ne ha annunciato la cancellazione (6).


II. Un direttore saudita si scusa per la pubblicazione del libello sul sangue

    A marzo 2002, il quotidiano governativo saudita Al-Riyadh ha pubblicato un libello sul sangue scritto dalla dottoressa Umayma Ahmad Al-Jalahma della King Faysal University di Al-Dammam, Arabia Saudita, che conteneva una descrizione grafica di come gli ebrei presumibilmente uccidevano giovani non-ebrei per ottenere il sangue per le paste della festa di Purim (7). L'articolo, che è apparso in traduzione sui media occidentali, è stato criticato duramente negli Stati Uniti. In seguito alla condanna del Congresso, del Dipartimento di Stato americano, e dello stesso presidente Bush, il direttore del quotidiano, Turki Al-Sudeiri, membro della famiglia reale saudita, ha pubblicato le sue scuse per l'articolo ed ha licenziato l'autrice (8). Nelle sue scuse, Al-Sudeiri ha scritto:

"Ho controllato l'articolo e l'ho trovato non adatto per la pubblicazione perché non basato su fatti scientifici o storici, ed ha persino contraddetto i rituali di tutte le religioni note nel mondo, tra cui l'Induismo e il  Buddismo".

"Le informazioni contenute nell'articolo non erano diverse dalle sciocchezze che sempre escono nella 'letteratura gialla', la cui affidabilità è discutibile. La comprensione di questo grave errore è sfuggita alla signora Al-Jalahma, come la comprensione che gli ebrei sparsi nel mondo sono una cosa, mentre gli ebrei che appartengono al movimento sionista che cerca di annientare i palestinesi sono un'altra cosa, e completamente diversa. In Israele stessa ci sono ebrei moderati come Yisrael Shahak, che ha combattuto il razzismo sionista e l'ha esposto in molti dei suoi studi. Ce ne sono altri come Shahak, e la nostra disputa con fenomeni come Sharon non deve in alcun modo spingerci a generalizzare i sentimenti di odio per tutti gli ebrei. Inoltre, in linea di massima, un articolo di notizie idiote e false a proposito dell'uso di sangue umano nel cibo di altri esseri umani, chiunque siano, non dovrebbe essere pubblicato, poiché questo non esiste affatto nel mondo ..."(9).


III. Critiche per il serial antisemita della Tv egiziana

    Durante il mese del Ramadan (novembre-dicembre) 2002, le stazioni tv egiziane e altre del mondo arabo hanno trasmesso un serial in 41 puntate prodotto dalla Tv egiziana chiamato "Cavaliere senza cavallo", basato sul noto falso dei Protocolli dei Savi di Sion (10). La trasmissione ha acceso una discussione interna al mondo dei media arabi, dovuta in particolare alla pubblicità che il serial ha ricevuto in Occidente. La maggior parte di quelli che hanno contribuito al dibattito hanno lodato il produttore del serial per il suo "nazionale" lavoro artistico. Mentre ancora altri episodi venivano proiettati , la pressione occidentale aumentava. La pressione includeva la richiesta del Dipartimento di Stato americano al governo egiziano di bloccare la trasmissione del serial. Mentre la pressione aumentava, un numero sempre più ampio di intellettuali arabi ha condannato l'uso dei Protocolli nel serial e dichiarato che erano un falso.
    L'Organizzazione egiziana per  i diritti umani ha condannato le trasmissioni, affermando che mentre la libertà di espressione e la libertà artistica devono essere protette, queste libertà non devono essere sfruttate "per propagare eventi che potrebbero incitare l'odio basato su religione, razza, colore o genere". L'organizzazione ha sottolineato che la maggior parte degli storici avevano chiarito che i Protocolli erano un inganno, e ha richiesto che le reti televisive arabe che stavano trasmettendo il serial rendessero noto questo fatto ai telespettatori,  in modo da " rispettare il diritto dei cittadini arabi a ricevere la corretta informazione" (11). Il  segretario generale dell'Organizzazione Hafez Abu Sa'adeh ha detto all'Associated Press:

"Per sostenere la causa palestinese non c'è bisogno di falsi Protocolli. Quello che sta accadendo sul terreno [nei territori palestinesi] è più riprovevole di qualsiasi altra cosa" (12).

Il segretario generale del ministero palestinese per l'Informazione, Ahmad Dahbour, ha scritto: "…I Protocolli dei Savi di Sion sono uno stupido pamphlet pieno di sciocchezze, che descrive una conferenza internazionale delle forze del male, condotte da persone dalla faccia gialla capaci di afferrare il mondo nelle loro mani... come un uovo bollito e di schiacciarlo. Il conflitto con l'impresa sionista è più grave e più pericoloso di queste parole insensate. Se non presentiamo il sionismo come esso è - un movimento europeo nazionalista, razzista, emerso ai margini del vecchio colonialismo e imperialismo – faremo di noi stessi una facile preda…"(13).
    Nella colonna dell'Al-Hayat riservata al cinema, Ibrahim Al-Arabi ha contestato la trasmissione del serial:

"…Per mezzo del serial, l'arte della televisione araba è riuscita a mettersi al centro di una lunga discussione, ritornando a più di 150 anni fa, sul libro di cui oggi si sa per certo che si tratta di un 'falso' della polizia segreta dello Zar di Russia mirato a giustificare gli attacchi agli ebrei russi. Questo libro è sempre servito ai regimi fascisti, razzisti e antisemiti per intensificare la persecuzione degli ebrei, con un risultato più disastroso per gli arabi che per gli ebrei" (14).

Anche l'argomentazione dei funzionari del governo egiziano – secondo cui essi non potevano impedire la trasmissione del programma perché l'Egitto garantisce la libertà di espressione - è stata respinta dagli intellettuali arabi (15).
    In seguito alle pressioni esercitate da differenti direzioni, la Tv egiziana ha deciso di sostituire la sequenza di apertura originale che dichiarava:

"Alcuni degli eventi [descritti qui] sono reali, e alcuni sono immaginari; alcuni sono già accaduti, e alcuni avranno luogo nel futuro", con un'altra che, mentre non escludeva completamente la possibilità che i Protocolli fossero autentici,  ha messo in chiaro che la serie "non è mirata a dimostrare l'autenticità dei cosiddetti Protocolli dei Savi di Sion, la cui esattezza non è stata storicamente provata..."(16) . Inoltre, la prefazione in una nuova edizione dei Protocolli, pubblicata in Egitto nel luglio 2002 in seguito al grande interesse dei telespettatori per il serial, accenna alla possibilità che i Protocolli siano una falsificazione. La prefazione spiega la tesi che i Protocolli siano un piano ebraico segreto per prendere il controllo del mondo, ma espone anche "un approccio diverso, che si ritrova in particolare in Occidente e tra intellettuali ebraici", secondo cui "i Protocolli sono un esempio di letteratura razzista e di letteratura dell'odio" (17).

Le aspre reazioni di membri del Congresso americano al serial hanno portato ad una replica egiziana al più alto livello

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diplomatico. A dicembre 2002, il consigliere politico del presidente Mubarak, Osama Al-Baz, ha pubblicato una serie di articoli sul quotidiano governativo egiziano Al-Ahram (18) in cui ha offerto un'ampia analisi dell'antisemitismo, ha smentito alcuni dei più famigerati miti antisemitici, in particolare i Protocolli, il libello sul sangue, la negazione dell'Olocausto, ed ha dichiarato che l'antisemitismo ha avuto origine in Europa e non nel mondo arabo (19).
    "In merito ai falsi Protocolli", spiega Al-Baz nella sua analisi, "ci sono molte prove e testimonianze che mostrano che questi Protocolli siano falsi". Egli espone in dettaglio ricerche storiche sulla loro origine, ed afferma:

"Chiunque guardi  attentamente in questi Protocolli troverà facilmente due fatti importanti:  anzitutto, la maggior parte degli argomenti ai quali si riferiscono i Protocolli sono completamente russi... il che mostra che l'autore dei falsi documenti era russo nei suoi concetti e nel suo interesse, e che ha espresso l'opinione della classe dirigente russa durante gli ultimi anni del suo potere. Secondo, i Protocolli rendono gli ebrei responsabili contemporaneamente di qualcosa e del suo opposto. Essi sono responsabili del bene e del male, della rivoluzione e della controrivoluzione, del capitalismo e del comunismo…".

"Inoltre", egli continua, "bisognerebbe tener conto che Hitler utilizzò questi falsi Protocolli per incitare il popolo tedesco contro gli ebrei, e dichiarare che essi gli stavano tramando contro, distruggendo l'economia tedesca e operando per abbattere le fondamenta dello stato, tramando con elementi stranieri perché sleali verso lo stato in cui vivevano. Tutto questo [lui l'ha fatto] per raggiungere il suo obiettivo, che era essenzialmente quello di epurare dagli ebrei la Germania e i paesi che aveva conquistato. Questo ha causato la distruzione fisica di molti degli ebrei d'Europa".

"Per quanto riguarda la storia del matza [mescolato con] sangue, che è utilizzato da molti tutt'oggi ", afferma Al-Baz, "essa è cominciata con l'accusare gli ebrei di uccidere abitualmente un cristiano, preferibilmente un bambino, durante la Pasqua per burlarsi del Messia nella festa che segna la sua crocifissione... Questa accusa si spargeva ogni volta che scompariva un bambino cristiano. Era sufficiente per qualcuno dire di aver visto il bambino vicino al quartiere ebraico perché alcuni degli ebrei del quartiere fossero accusati dell'uccisione del ragazzo e di averne preso il sangue da offrire come un sacrificio o per un trattamento [medico]. La punizione per questa accusa era di solito estremamente crudele, e di solito portava all'impiccagione dell'accusato". Al-Baz ha aggiunto: "Nessuno ha detto che un incidente di questo genere abbia avuto luogo in un paese musulmano, salvo il caso che si è affermato sia accaduto a Damasco nel 1840... Ma nessuno può presentare prove sufficienti a dimostrarlo..." (20).

Al-Baz  cita anche specificatamente alcuni slogan anti-ebraici di origine musulmana e dice che il loro uso è sbagliato.

"Non è negli interessi della causa palestinese e del popolo palestinese che alcuni tra noi ripetano slogan che minacciano gli ebrei, come 'Khybar, Khybar, Yah Yahud, jaysh Muhammad saya'ud ( Khybar, o ebrei, l'esercito di Maometto ritornerà)' (21). L'esercito dell'Islam durante il tempo del Messaggero, e durante il tempo dei Califfi giusti, [e dei governanti] che sono venuti dopo di loro, non minacciava gli ebrei e non spaventava le persone pacifiche; piuttosto, rispondeva all'aggressione, evitava danni [all'Islam] e difendeva la terra dei musulmani ed i loro diritti... La nostra religione ci proibisce l'aggressione e l'ingiustizia, e ci insegna a vivere in fratellanza con altri finché essi desiderano la stessa cosa...".

"Ciascuno di noi [arabi] deve sapere che quando ferisce gli ebrei collettivamente come razza o come popolo -  e quindi presenta se stesso come uno che esprime disumani e antiquati approcci razzistici - danneggia gli interessi della sua nazione".

Nei suoi articoli, Al-Baz ha anche tracciato differenze tra la critica ad Israele e l'antisemitismo, ed ha affermato "Chi critica Israele non ha bisogno di affermazioni antisemite per rivelare il danno necessariamente causato dalla sua politica..."(22).
    Nelle sue raccomandazioni alla parte araba su come migliorare i rapporti con Israele e con gli ebrei, Al-Baz ha sottolineato che "l'errore è di dire che tutti gli ebrei sono il male o il bene e che, per il fatto di appartenere alla religione ebraica, essi sono implicitamente colpevoli di certe colpe o devono necessariamente comportarsi diversamente da altri". Allo stesso modo, Al-Baz spiega che gli arabi devono distinguere fra ebrei e sionisti, e capire che non tutti gli ebrei sono sionisti o israeliani e che c'è disaccordo persino tra gli israeliani, e non tutti sono estremisti.
    Ha anche sollecitato gli arabi a smetterla di interpretare le questioni relative agli ebrei in termini di congiura, a smetterla di esprimere simpatia per Hitler e per il nazismo, e a non utilizzare il simbolo della Stella di David nelle vignette e nei cartoni critici  verso la politica e i funzionari israeliani. Questo, egli dice, perché Israele è molto sensibile sul suo simbolo "che suscita negli ebrei memorie dolorose [della pezza gialla dell'era nazista] e simboleggia l'altezza della repressione, del terrore e del razzismo" (23).
    Al-Baz contesta anche l'uso del comune insulto antiebraico "scimmie e porci", affermando: "Non dobbiamo fare un uso sbagliato del Corano descrivendo gli ebrei come figli di scimmie e porci, poiché è chiaro che le parole del Corano sulla questione di questa metamorfosi non significano che tutti i Bambini di Israele o degli ebrei furono puniti con questa punizione... Allo stesso modo, noi non sappiamo con certezza se la trasformazione fosse fisica o utilizzata come metafora e immagine..." (24).


IV. Una nuova raccomandazione dell'Al-Azhar: Basta col chiamare gli ebrei 'scimmie e porci'

    A marzo 2003, l'Al-Azhar Institute for Islamic Research ha emesso una raccomandazione per non descrivere gli ebrei contemporanei come "scimmie e porci". La riunione, durante la quale è stata delineata la raccomandazione, è stata presieduta dal religioso di più alto rango dell'Islam sunnita, lo sceicco dell'Al-Azhar, Muhammad Sayyed Tantawi.
    Chiamare gli ebrei "scimmie e porci" è molto comune nei discorsi antisemitici del mondo arabo, in particolare negli ambienti islamisti. Per la maggior parte, il termine è usato come sinonimo di ebrei, o in stringhe di epiteti che hanno origine nel Corano e nella tradizione musulmana relativa agli ebrei (25). Lo stesso sceicco Tantawi, in un sermone dell'aprile 2002, ha definito gli ebrei "i nemici di Allah, i figli di scimmie e porci" (26).
    Secondo i resoconti su Al-Bawaba (27) e su Al-Watan (28), la discussione dell'Al-Azhar sul definire gli ebrei "scimmie e porci" ha fatto seguito alla richiesta all'Islamic Research Institute, da parte del ministero degli Esteri egiziano, di esaminare l'argomento. Questa richiesta è venuta dopo che l'ambasciata egiziana a Washington aveva riferito che c'era indignazione nella società americana per i predicatori e religiosi  musulmani che chiamano gli ebrei con questi nomi.
    Come detto sopra, tre mesi prima, anche Osama Al-Baz aveva criticato la definizione di "scimmie e porci" nella sua serie di articoli sull'Al-Ahram.


Conclusione

    Negli ultimi due anni, c'è stato un cambiamento nell'atteggiamento di alcuni formatori di opinione pubblica araba sulle dichiarazioni antisemitiche. Questo cambiamento può riflettere l'impatto delle traduzioni di materiali dai media arabi nelle lingue occidentali. Questa esposizione del materiale sui media occidentali, e le conseguenti critiche in Occidente, in particolare nei media, nel governo e  nel Congresso americani, inducono i formatori di opinione pubblica araba ad indietreggiare dalle loro posizioni antisemitiche, o almeno ad astenersi dal fare dichiarazioni antisemitiche.
    Sembra anche che l'aumento della propaganda antisemitica sui media arabi dall'inizio, due anni e mezzo fa, dell'Intifada Al-Aqsa, abbia portato alcuni intellettuali arabi a riconsiderare l'argomento e a respingere dichiarazioni antisemitiche. Alcuni hanno espresso una totale avversione alle idee antisemitiche, spiegando che sono basate su false accuse agli ebrei. Altri respingono la propaganda antisemitica per considerazioni pratiche, accorgendosi che l'essere percepiti come antisemiti e, ancor di più, come propagatori di antisemitismo, danneggia sia l'immagine araba che le possibilità arabe di conquistare una positiva opinione pubblica internazionale.
    È ancora troppo presto per dire se questa sia una tendenza in corso e costante tra alcuni intellettuali arabi o se siano solo dichiarazioni passeggere, e se questi atteggiamenti critici cambieranno la natura del discorso anti-ebraico nel mondo arabo. Ma, il numero di quelli che criticano l'antisemitismo nel mondo arabo è ancora relativamente piccolo e la maggior parte sono riluttanti a riconsiderare e a rifiutare l'antisemitismo arabo.
    L'esempio più significativo di tale trincea è quello del direttore del quotidiano governativo egiziano Al-Ahram, Ibrahim Nafi', che ha pubblicato un libello sul sangue sul suo giornale (29). Quando quell'edizione del giornale è stata distribuita in Francia, l'organizzazione ebraica francese LICRA (30) ha letto una traduzione dell'articolo ed ha successivamente inoltrato una denuncia, che ha portato ad un'indagine penale nei confronti di Nafi' per incitamento all'antisemitismo.
    Quando Nafi' ha lanciato una campagna a sostegno del suo diritto di pubblicare un tale materiale, intellettuali arabi ed europei sono accorsi in suo aiuto. Dall'annuncio, ad agosto 2002, che Nafi' stava per essere processato a Parigi, il suo giornale, Al-Ahram, è stato inondato di dichiarazioni di sostegno di personaggi e organizzazioni pubbliche egiziane e arabe. Diverse organizzazioni, come l'Associazione degli avvocati arabi in Gran Bretagna, hanno espresso la volontà di aiutarlo nella sua difesa legale, mentre religiosi, politici, diplomatici, direttori di giornali, giornalisti, giuristi, intellettuali, uomini d'affari, finanzieri e molte organizzazioni arabe hanno pubblicato dichiarazioni di solidarietà.
    Tra questi (secondo le fonti dei media arabi): alti religiosi come lo sceicco dell'Al-Azhar, Muhammed Sayyed Tantawi, e l'aiuto Patriarca copto-egiziano Padre Yohanna Qalta; politici e parlamentari come il presidente del Consiglio di Stato egiziano Abd Al-Rahman Azouz, il presidente dell'Assemblea del Popolo egiziano Ahmad Fathi Sroor, il presidente del Consiglio della Shura egiziana Mustafa Kamal Hilmi,  il segretario della Lega Araba Amr Moussa,  e l'ambasciatore della Giordania al Cairo Hani Al-Mullqi; giuristi, come l'avvocato del negatore francese dell'Olocausto Roger Garaudy, dr. 'Ali Al-Ghatit, e il presidente dell'Associazione dei legali arabi Sameh 'Ashur; giornalisti, come i direttori dei giornali egiziani di opposizione Al-Wafd, Al-Ahali, Al-Midan, Al-Usbu, Al-Arabi e Al-Zaman, e l'Associazione dei giornalisti palestinesi; uomini d'affari e finanzieri, come il presidente dell'Unione delle Camere di commercio, industria e agricoltura dei paesi arabi Khaled Abu Isma'il; il presidente dell'Associazione degli uomini d'affari egiziani Jamal Al-Nader, e il presidente dell'Unione dei banchieri egiziani Bahaa Al-Din Hilmi; organizzazioni e associazioni arabe, e loro membri, come l'Associazione delle industrie farmaceutiche arabe, il presidente dell'Associazione dei medici egiziani dr. Hamdi Al-Sayyid, l'Associazione egiziana per i diritti umani, e il presidente dell'Associazione degli artisti arabi dr. Fawzi Fahmi; e funzionari e organizzazioni straniere, come il presidente dell'Unione dei giornalisti finlandesi Tekka Laine [sic], professori di diritto internazionale e avvocati francesi [non sono stati forniti dettagli] e il rabbino Yaakov Koenig, leader del gruppo mondiale ebraico Neturei Karta (31).


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Note:
(1) Anche eventi come la corsa di Jorg Heider per la premiership austriaca, ad ottobre 1999, e lo Stockholm International Forum sull'Olocausto, a gennaio 2000, hanno provocato un aumento nelle espressioni di antisemitismo sui media arabi.
(2) AFP (Francia), 15 marzo 2001.
(3) Le Monde (Francia), 16 marzo 2001. Gli intellettuali che hanno firmato il documento sono stati accusati di accettare incondizionatamente la narrativa sionista e di spingere i leader arabi ad appoggiare questo approccio, trascurando le negative ramificazioni dei loro atti, come il danno alla libertà di espressione. Questi attacchi hanno spinto Edward Said a ritirare il suo sostegno al documento. Il 2 aprile 2001 lui ha spiegato di aver aggiunto la sua firma al documento "a condizione che nessuna richiesta sarebbe stata diretta a qualsiasi governo per vietare la conferenza", mentre al governo libanese è stato chiesto in effetti di vietarla. Tre mesi più tardi, Mahmoud Darwish ha detto che la cancellazione della conferenza era "una violazione dei diritti umani e un colpo al diritto alla ricerca scientifica degli storici revisionisti". V.
(4) Al-Hayat (Londra), 13 marzo 2001.
(5) Al-Hayat (Londra), 19 marzo 2001.
(6) Il documento degli intellettuali e la cancellazione della conferenza sono stati aspramente criticati da altri intellettuali arabi, e hanno provocato un'iniziativa per tenere una conferenza alternativa. Il 13 maggio 2001, circa 200 giornalisti arabi e membri di associazioni contrarie alla normalizzazione con Israele si sono incontrati ad Amman, in Giordania, per discutere la cancellazione della conferenza. I due portavoce principali in questa conferenza sono stati Hayat' Attiyeh, un giornalista libanese che risiede ad Amman, e il giornalista giordano 'Arafat Hajazi; i due si sono concentrati sul confronto tra sionismo e nazismo e sulla negazione dell'Olocausto.
(7) V. MEMRI, Servizio speciale N. 354
(8) V. MEMRI, Servizio speciale N. 357. Mentre la dottoressa Al-Jalahma veniva dimissionata dall'Al-Riyadh, ha continuato a esprimere analoghi punti di vista, dichiarando allo Zayed Center della Lega Araba per il Coordinamento e l'Attuazione, il 9 aprile 2003, che la guerra in Iraq era programmata per coincidere con l'inizio di Purim; V. MEMRI , Servizio speciale N. 494 . La dottoressa Al-Jalahma ora scrive per l'Al-Watan, un altro quotidiano saudita.
(9) Al-Riyadh (Arabia Saudita), 19 marzo 2002.
(10) V. MEMRI, video di segmenti della serie
www.memri.org/video/index.html.
(11) Al-Quds (Autorità Palestinese), 19 novembre 2002.
(12) The Jerusalem Post (Israele), 19 novembre 2002.
(13) Al-Hayat Al-Jadida (Autorità Palestinese), 14 novembre 2002.
(14) Al-Hayat (Londra), 1 novembre 2002.
(15) V. ad esempio Daoud Shiryan, editorialista saudita del quotidiano londinese in lingua araba Al-Hayat, 6 novembre 2002, e l'intellettuale egiziano Mamoun Fendi, che vive negli Stati Uniti, sul quotidiano londinese in lingua araba Al-Sharq Al-Awsat, 11 novembre 2002. Va notato che nello stesso tempo in cui elementi del governo egiziano dichiaravano di non poter censurare il serial, essi sono intervenuti a proposito delle trasmissioni televisive sul probabile erede Jamal Mubarak, figlio del presidente Mubarak.
(16) Al-Watan (Qatar), 29 novembre 2002.
(17) A seguito delle spiegazioni di questi due approcci c'è una nota dello scrittore Hassin Abd Al-Wahad, il quale dice che "il sionismo e gli stessi ebrei portano la responsabilità per la convalida dell'autenticità dei Protocolli " a causa dei "crimini di Israele contro il popolo palestinese e contro gli arabi" e a causa del "certo controllo degli ebrei sugli Stati Uniti". Ed esprime la sua sorpresa per il fatto che, benché gli ebrei neghino che i Protocolli siano autentici, tutti gli sviluppi e gli eventi mondiali sono in linea con quello che i Protocolli dicono. V. I Protocolli dei Savi di Sion, Akhbar Al-Yaum Press, luglio 2002, pp. 5-15.
(18) Al-Ahram (Egitto), 23-24 e 25 dicembre 2002. V. MEMRI, Servizio speciale    N. 454.
(19) Nonostante ciò, alcuni mesi dopo la pubblicazione degli articoli di Al-Baz, il diplomatico egiziano Alaa Roushdy ha difeso la trasmissione del serial nel suo paese ad una riunione a Ginevra della Commissione dell'Onu per i diritti umani, dicendo: "Noi sappiamo che i Protocolli sono basati sulla verità storica". V. il rapporto del Wiesenthal Center, 25 marzo 2003.
(20) Per altro sul libello sul sangue di Damasco, V. MEMRI, Inchieste e analisi N. 99 sul libro del ministro della Difesa siriano Mustafa Tlass.
(21) Khyber era la più ricca e più potente città ebraica nella Penisola arabica. Nel 628, fu conquistata dal Profeta Maometto, che consentì ai suoi ebrei di continuare a lavorare la loro terra a condizione che dessero metà del raccolto ai musulmani di Al-Madina. Nel periodo del secondo califfo, Bin Omar Al-Khattab, gli ebrei furono cacciati da Khyber e le loro proprietà furono distribuite tra i musulmani.
(22) Al-Ahram (Egitto), 24 dicembre 2002.
(23) Al-Ahram (Egitto), 25 dicembre 2002.
(24) Al-Ahram (Egitto), 25 dicembre 2002.
(25) Per altro sugli ebrei come "i figli di scimmie e porci", V. MEMRI , Servizio speciale N. 11.
(26) www.palestine-info/arabic/palestoday/readers/mashhoor/22_04_01.htm.
(27) www.albawaba.com, 6 marzo 2003.
(28) Al-Watan (Arabia Sudita), 14 marzo 2003.
(29) La diffamazione sul sangue è apparsa nell'articolo "Il Matza ebraico è fatto di sangue arabo". L'articolo collegava la pubblicazione diffamatoria del 1840 sul sangue di Damasco con le azioni di Israele. V. MEMRI, Servizio speciale N. 150.
(30) Ligue Internationale Contre le Racisme et L'antisémitisme.
(31) Per altro sull'affare della citazione in giudizio di Nafi e sui personaggi e le organizzazioni che gli hanno espresso solidarietà, V. MEMRI, Inchieste e analisi N. 107.

(The Middle East Media Research Institute, 26.04.2003)



IL VOLTO AUTENTICO DEL PACIFISMO ANTI-ISRAELIANO


Terroristi e pacifisti

di Dimitri Buffa

    Sei persone sono state arrestate a Londra e nei dintorni per complicità nell'attentato suicida di mercoledì scorso al Mike's cafè di Tel Aviv in cui persero la vita tre persone e oltre venti rimasero seriamente ferite. I nomi sono per ora segreti ma le indiscrezioni parlano di arresti tra gli appartenenti alle ong pacifiste più arrabbiate, come quella in cui militava la sfortunata Rachel Corrie, la cittadina americana fotografata spesso a bruciare bandiere del suo paese a Ramallah e che a marzo rimase uccisa sotto un caterpillar israeliano mentre faceva da scudo umano per evitare che venisse demolita la casa di un terrorista di Hamas.
    Subito dopo l'attentato una fonte del tutto insospettabile, cioè un militante filo palestinese, aveva già avvertito l'esercito israeliano che i due uomini bomba venuti dall'Inghilterra per farsi saltare in aria al "Mike's place" in Tel Aviv facevano parte dello stesso gruppo pacifista di Rachel Corrie. Mentre un altro testimone, un taxista che vive protetto dalla polizia, sostiene di averli portati alcuni giorni prima allo stesso "Mike's cafè", dove i due fecero una ricognizione prima dell'attentato. Certo le anomalie di questo attentato suicida sono tante e tali da preoccupare seriamente tutti gli esperti antiterrorismo israeliani: gente venuta dall'Inghilterra a fare attentati suicidi in Israele è una novità in senso assoluto, mentre non lo è la complicità di alcune ong filo palestinesi, legate al giro dell'Unrwa (organismo Onu che si occupa dei profughi e dei campi in cui vengono ammassati per decenni) e dei campi profughi. Sia come sia, per non sapere nè leggere nè scrivere, il governo Sharon sarebbe seriamente intenzionato ad espellere tutti i membri di International Solidarity Movement presenti in Israele, come "sospetti complici dei terroristi". Questo perchè i suoi consiglieri militari di intelligence lo hanno chiaramente avvertito che questi signori possono riuscire a fare entrare in Israele altri terroristi mascherati da pacifisti. D'altronde non sarebbe nemmeno la prima volta che i pacifisti filo terroristi si fanno prendere con le mani nel sacco: solo per fare un esempio qualche tempo fa membri della stessa ong erano stati fermati per avere nascosto un terrorista a Jenin.
    E in genere l'esercito ormai li ritiene provocatori di professione fomentatori di disordine, gente che deliberatamente interferisce nelle azioni anti terrorismo per mettere in cattiva luce lo stato israeliano.
    Ma la notizia bomba, che peraltro l'organizzazione chiamata in causa ha smentito anche ieri fermamente, è quella che tanto Omar Khan Sharif, l'aspirante suicida fuggito dopo la mancata attivazione della sua cintura esplosiva, quanto il suo complice che invece si è fatto esplodere, cioè Asif Mohammed Hanif, sarebbero stati presenti qualche giorno prima dell'attentato ad una marcia in Ramallah per commemorare la tragica morte di Rachel Corrie. Entrambi venuti dall'Inghilterra, dove sarebbero vissuti nella comunità dell'estremismo islamico locale, quella dell'imam Omar Bahkri, i due sarebbero entrati tre settimane fa in Israele dalla striscia di Gaza. Forse proprio grazie alla complicità di queste organizzazioni pseudo pacifiste.
    Più di un testimone giura di averli visti e più di una volta in compagnia dei capi della ong pacifista in cui militava Rachel Corrie.
    Intanto, in queste ore, in Israele continua la caccia all'uomo.
    Omar Khan Sharif infatti è ancora armato di esplosivo e potrebbe riprovarci.
    Nessuno sa dove si trovi e la polizia e l'esercito israeliano nelle prossime ore perquisiranno anche le sedi di alcune altre ong europee e americane sospettate di simpatie per i terroristi islamici e palestinesi.

(Libero, 4 maggio 2003 - ripreso da Informazione Corretta)



FANTASIA E STRANEZZE DELL'AUTORITA' PALESTINESE


Il nuovo governo dell'Autorità Palestinese ha trovato una soluzione semplice e geniale al problema delle migliaia di armi illegali che circolano fra i suoi residenti, e che Abu Mazen ha promesso di confiscare. Tutti i terroristi in possesso di armi a Gaza saranno semplicemente "arruolati" nella forza di polizia para-militare, insieme alle loro armi. Haggai Huberman della Arutz-7 riferisce che Abu Shabak, capo della Sicurezza Preventiva dell'AP a Gaza, ha detto queste cose nel sito internet Islam Online. Abu Shabak ha promesso inoltre, a nome di Muhammad Dahlan, di trattare le milizie armate "generosamente e con buonsenso". Ha sottolineato che nessun membro di una milizia armata o di qualsiasi altro gruppo d'opposizione è stato ancora arrestato.

Il procuratore Nitzana Darshan-Leitner ha parlato oggi ad Arutz-7 della lettera da lei scritta la settimana scorsa ai governi tedesco e statunitense, in cui spiegava che Abu Mazen - il tesoriere di Fatah - aveva procurato il sostegno finanziario per l'assassinio degli 11 atleti olimpionici israeliani nel 1972 a Monaco. Il procuratore ha detto di essere sicura che gli ufficiali israeliani sapessero queste cose nel 1993, quando firmarono gli accordi di Oslo - "ed è particolarmente degno di nota, perché gli Stati Uniti hanno detto sin dall'anno scorso di voler trattare solo con qualcuno che non abbia un passato terroristico. Si direbbe, quindi, che Abu Mazen non sia l'uomo adatto per loro..."

(Arutz Sheva News Service, 06.05.03)



ANCORA LITI TRA ARAFAT E MAHMUD ABBAS


RAMALLAH - Tra il Primo Ministro Mahmud Abbas e il capo dell'OLP Yasser Arafat si è arrivati di nuovo alle liti. Abbas aveva chiarito che avrebbe insediato Mohammed Dahlan, l'attuale Ministro per la sicurezza interna, con le funzioni di un Ministro degli Interni.
    Abbas, che è anche Ministro degli Interni, aveva comunicato la sua decisione in un incontro del Comitato centrale di Fatah nella notte di mercoledì. Come hanno riferito dei   partecipanti all'incontro, Arafat si è molto meravigliato e arrabbiato per questo, e si è arrivati a un litigio ad alta voce.
    Arafat era riuscito ad impedire la nomina, voluta da Abbas, di Dahlan a Ministro degli Interni. Su questo stava quasi per fallire la nomina del governo palestinese. Tra il leader palestinese e Abu Mazen ha fatto
   
  
    Mohammed Dahlan
infine opera di mediazione il capo del servizio segreto egiziano, Omar Suleiman. I tre allora si sono accordati che Abbas avrebbe assunto l'ufficio di Ministro degli Interni e Dalan quello di Ministro per la sicurezza interna. Più di un anno fa era avvenuto un contrasto tra Dahlan e Arafat, perché Dahlan aveva apertamente criticato il capo dell'OLP. Proprio per questo Arafat aveva rifiutato di affidare il posto di Ministro degli Interni al 43enne Dahlan.
    Abbas e Dahlan attualmente stanno lavorando per impadronirsi del controllo sulle diverse organizzazioni di sicurezza dell'Autonomia Palestinese. Questo però risulta difficile, perché Arafat vuole nominare un "Consiglio di Sicurezza Nazionale" che abbia il compito di sorvegliare su almeno cinque di queste organizzazioni. Questo sarebbe una grave violazione della "Road Map", in cui si chiede che i gruppi di polizia e paramilitari siano ridotti a tre.
    Fino a questo momento non è chiaro se Arafat riuscirà a ottenere l'istituzione del Consiglio e se Abbas sarà d'accrdo con questa decisione. Secondo informazioni palestinesi, questo potrebbe diventare molto problematico per Abu Mazen, perché diversi comandanti dei gruppi di sicurezza hanno annunciato che loro ubbidiranno ad Arafat, e non a Dahlan.
    Come riferisce il "Jerusalem Post", Dahlan ha già chiesto all'Unione Europea e agli Usa il sostegno finanziario di circa 26 milioni di euro per riorganizzare le forze di sicurezza e procedere contro i gruppi terroristici.

(Israelnetz Nachrichten, 08.05.2003)



MUSICA E IMMAGINI


Elizabeth Sthrambrand canta

Ruach Adonai Alai



INDIRIZZI INTERNET


ZAKA Israel

Arm of Salvation