Notizie su Israele 193 - 27 agosto 2003


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«Perciò, ecco, i giorni vengono», dice il SIGNORE, «in cui non si dirà più: "Per la vita del SIGNORE che condusse i figli d'Israele fuori dal paese d'Egitto", ma: "Per la vita del SIGNORE che ha condotto i figli d'Israele fuori dal paese del settentrione e da tutti gli altri paesi nei quali li aveva scacciati". Io li ricondurrò nel loro paese, che avevo dato ai loro padri».

(Geremia 16:14)



DALILA PASSEGGIA ANCORA SULLE SPIAGGE DI GAZA?


Un mirabile esempio letterario di satira politica, basato sul famoso episodio di Sansone e Dalila contenuto nel libro dei Giudici, uno dei libri della Bibbia.


La Road Map della prostituta

di Steven Plaut

Ci sono leggende sulle sue origini. Qualcuno dice che è proprio il serpente del Giardino di Eden. Riappare continuamente in forme diverse e sotto differenti nomi nel corso della storia umana. Molti pensano che sia un demonio femmina degli abissi infernali. Usa dappertutto la stessa tecnica: «Vieni, dimmi qual è il tuo punto debole», supplica, «e ti prometto che vivremo in pace per sempre. Credimi!»
     Ma è meglio conosciuta come Dalila, la prostituta di Gaza. Fu allora che Sansone andò da lei e giacque con lei. «Rivelami il tuo vero punto debole», lo implorò lei. «Non lo userò contro di te. Fidati. Vivremo insieme in pace.»
     Ma Sansone era scaltro. «E' un gioco da ragazzi», disse scherzando, «non hai che da legarmi con sette corde d'arco fresche, non ancora seccate.» E non appena gli ebbe offerto il suo gesto di buona volontà per la pace, i Tanzim di Dalila piombarono su di lui e lo legarono proprio con sette corde. «Morte all'occupante», gridarono, «col fuoco e con lo Spirito noi ti libereremo, o Gaza!» Ma Sansone spezzò quei legami come fossero fili e lanciò un raid di rappresaglia che gli valse la condanna come aggressore da parte di tutto il mondo.
     «Razza di aggressore colonialista», sibilò lei. «Tu ti prendi gioco della mia Pace dei Coraggiosi, eh?» Ma il mondo intero, compresa la Casa Bianca, fece pressioni su Sansone affinché si rappacificasse con la prostituta.
     «Rivelami il tuo vero punto debole», continuò ad insistere lei. «E' vero, la volta scorsa ho cercato di intrappolarti, ma questa volta sono sincera».
     «Va bene», acconsentì lui. «Ecco un trucco per quando faccio un pisolino. Se mi si lega con funi nuove e mai adoperate, divento debole come un neonato.»
     Aveva appena chiuso gli occhi, quando i Tanzim fecero irruzione nel salottino. «Morte all'occupante», gridò la prostituta, e gli uomini della sua milizia si gettarono sul paracadutista addormentato. Ma lui si alzò in piedi e iniziò una campagna di uccisioni mirate contro i suoi persecutori.
     «Come? Mi hai preso in giro un'altra volta? Dov'è la tua fiducia?» piagnucolò la prostituta. Adesso però la Casa Bianca cominciava a spazientirsi. Fece notare a Sansone che alla prostituta e ai suoi amici palestinesi dovevano essere concessi favori per il ruolo avuto nella sconfitta dei Caldei.
     «Ti metterò alla prova», disse Sansone. «Ora che so che tu sei la mia dolce e sincera colomba, ti svelerò il mio segreto. Devi soltanto tessere sette riccioli dei miei capelli in un biglietto di san Valentino, e io diventerò come un bebè nelle tue mani.» Lei lo fece, ma lui si alzò e scappò.
     «Mascalzone!» protestò lei. Adesso la Casa Bianca era veramente irritata per l'ostinazione del ragazzo, e il Belgio si apprestava ad accusarlo per crimini di guerra per non aver impedito alle volpi di rovinare i campi dei palestinesi con le loro code in fiamme.
     «Questa volta è sincera», insistette il Segretario di Stato. «Devi darle la possibilità di dimostrare la sua buona volontà». «E' vero!», confermarono gli Euro-eunuchi.
     «Va bene!» sospirò il guerriero per amor di pace, se non per stanchezza. «Se mi rasi la testa come un Marine, rimarrò senza forza.» «Ma questa volta giura e prometti», incalzò Dalila, «e niente più trucchi. Questa volta è meglio che tu dica la verità.»
     
     Conosciamo il seguito. Alla fine Sansone ottenne la sua vendetta, ma a prezzo di un'autodistruzione tipo Oslo.
     Ma mi chiedo: che ne è stato, della prostituta di Gaza? La Bibbia tace a questo proposito. Era forse nel tempio pagano caduto in testa ai barbari? Sembra di no, altrimenti sarebbe stato detto.
     Questo demonio femmina è andato errando nel mondo, manifestandosi nei luoghi più impensati. Ha sposato il re Achab e ha spedito i suoi shadid ad assassinare i profeti di Dio. Ha cercato di adescare Ulisse per distruggerlo. Negli anni 1930 si è impossessata delle anime dei leader mondiali, e questi hanno ceduto al suo fascino. «Mostrami il tuo vero punto debole», tubava come una colomba. E ogni volta piombavano addosso i suoi Tanzim e commettevano atrocità. Dopo di che seguivano nuovi flirt e nuovi programmi di pace basati sempre sul vecchio ritornello: «Fidati di me! Anche se nel passato ti ho mentito, questa volta sono sincera.»
     E' rimasta nascosta fino al 1992. E' stato allora che è scivolata fuori dalla sua grotta in putrida eccitazione e ancora una volta si è acconciata da prostituta. Camminando sulle vecchie spiagge di Gaza che una volta percorreva, sospirava sogghignando: «Mostrami il tuo vero punto debole. Fidati di me, voglio solo conoscerlo, ma non l'userò mai contro di te. Questa è la mia offerta di pace.»
     E come la Dalila dell'antichità, con i suoi gargantueschi amanti perdutamente innamorati, usa ogni volta la stessa strategia, e lui risponde con gli stessi tributi d'amore. I suoi corteggiatori non imparano mai dal suo comportamento del passato, mai aprono gli occhi. Dopo ogni tradimento lei ritorna con lo stesso accento di sirena: «Mostrami soltanto il tuo punto debole. Non devi far altro che mettere il collo in questo amorevole cappio. E' per la pace, sai!»
     «Ma nel passato tu mi hai tradito tutte le volte che ti ho dato fiducia», protesta lui. «Ma è perché tu non hai mai avuto veramente fiducia in me», risponde lei con il tono melodrammatico di chi si sente ferito nella sua sensibilità. «Tu hai esitato, hai manovrato, hai nascosto il tuo gioco, hai rifiutato di comportarti come un vero innamorato e un uomo d'onore. Tu non sei mai andato fino in fondo, fino al punto di rimettere tutta la tua esistenza nelle mie mani. E fino a che tu non abbandonerai i tuoi sospetti e la tua ostinazione, fino a che non mi mostrerai il tuo vero amore accettando la mia Road Map e mettendo il collo nel mio cappio, non avremo nulla da dirci.»

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Steve Plaut è un economista che insegna all'Università di Haifa.

(Outpost, luglio-agosto 2003, n. 158 - trad. www.ilvangelo-israele.it)



E' PROPRIO VERO CHE L'AMERICA E' AMICA DI ISRAELE?


Riportiamo alcuni brevi brani estratti da un libro di Ramon Bennett, un cittadino israeliano che dal 1980 vive con sua moglie a Gerusalemme. E' un esperto del conflitto mediorientale e sull'argomento ha scritto diversi libri.

Senza tener conto dei fatti reali, la maggior parte delle persone considera l'America come il più grande amico di Israele, suo alleato e patrono. Questa è un'illusione, un mito che la sinistra e i suoi compiacenti paladini dei media in Israele e all'estero ben volentieri hanno propagato, un mito che è necessario far crollare. L'opinione pubblica americana è calorosa, cordiale, generosa e ospitale; ma i leader e gli intellettuali del Dipartimento di Stato USA non hanno mai mostrato di essere veri amici di Israele.

Dopo che l'Egitto nel 1956 aveva bloccato lo stretto di Tirana al traffico navale israeliano e aveva in questo modo scatenato la crisi di Suez, Eisenhower si accordò con l'Unione Sovietica nel tentativo di costringere Israele a ritirarsi dal Sinai e dalla striscia di Gaza. Ma quando nel 1957 l'Egitto minacciò un altro blocco allo stretto di Tirana, Eisenhower sottoscrisse [a Israele] una garanzia che assicurava il libero transito delle navi israeliane.

Il 23 maggio 1967 ci fu un altro blocco egiziano dello stretto di Tirana. Israele allora si appellò a Johnson, chiedendogli di onorare la promessa americana e di aprire il traffico marittimo per le navi israeliane. La reazione di Johnson: "non riusciva più a trovare" il documento del 1957 in cui era contenuta la promessa di aiuto a Israele nel caso di un blocco egiziano dello stretto di Tirana. L'infame, evidente mancato adempimento della garanzia americana fu per gli arabi un segnale che Israele era completamente isolato sulla scena internazionale, e fu proprio questo segnale a dare il via alla guerra dei sei giorni che scoppiò pochi giorni dopo.

Un altro luogo comune molto diffuso è l'importanza data alla "lobby ebraica americana", che guiderebbe tutta la politica degli Stati Uniti, e in modo particolare quella riguardante Israele. Bennett ha da dire qualcosa in proposito.

Un gruppo che ha peggiorato ancora di più la situazione per Israele, e che è stato particolarmente usato dall'amministrazione Clinton, è costituito dagli "ebrei di corte". Gli ebrei di corte sono ebrei assimilati che sono arrivati a posti di potere e di prestigio nelle corti dei gentili. Diversi di questi ebrei di corte sono stati inviati per fare pressioni sul governo Netanyahu, tra cui l'inviato speciale per la pace Dennis Ross, il segretario di Stato Madeleine Albright, il rappresentante del Dipartimento di Stato per il Medio Oriente Martin Indyk e l'ex segretario di Stato Henry Kissinger. [...] Come si può esercitare meglio pressione su Israele, se non con l'aiuto di questi ebrei di corte? Per acquistare o aumentare la loro influenza politica individuale e corporativa, questi si piegano fino all'estremo, e si mostrano ben disposti ad assumere la posizione araba per far vedere ai loro boss gentili che in nessun modo fanno dei favori ai loro fratelli ebrei.

Conclusioni

Il Dipartimento di Stato USA è un nemico reale e molto pericoloso di Israele - non il popolo americano, non il Congresso USA, ma il Dipartimento di Stato USA e le sue autorità subordinate. Il Dipartimento di Stato USA , con le sue menzogne, la sua pressione e la sua politica di inganno ha causato più danni a Israele di quanto non siano riusciti a fare gli eserciti arabi con le loro armi di guerra usate contro lo Stato ebraico.

L'America ha sempre adattato le sue alleanze ai suoi mutevoli interessi strategici ed economici.

Una volta Israele era importante per la politica USA, ma adesso questa politica è cambiata. Come un pezzo di stoffa sporco, Israele è stato comprato, usato, cambiato e gettato via.

(Ramon Bennett, "The Wall: Prophecy, Politics and Middle East 'Peace'")

*

Come ultima notizia e riprova si può portare la presa di posizione dell'attuale Ministro degli Esteri americano Colin Powell, il quale, incurante del fatto che la Road Map ha portato soltanto nuovi lutti agli israeliani, nonostante che sia ampiamente dimostrato che Arafat è un criminale corrotto che vuole soltanto la distruzione di Israele, dopo l'abominevole attentato di Gerusalemme del 19 agosto non ha saputo far altro che rimettere in gioco Arafat e dichiarare che "la Road Map non è ancora finita". Detto in altre parole: Gli Stati Uniti hanno i loro interessi, e se per questo gli israeliani dovranno avere altri guai, peggio per loro.
   

WASHINGTON/RAMALLAH - Il Segretario di Stato USA, Colin Powell, si è indirizzato direttamente al capo dell'OLP Yasser Arafat e lo ha invitato a collaborare con il Premier palestinese Mahmud Abbas. Il governo americano continua ad essere interessato alla Road Map.
     «Esorto Arafat a collabo- rare con il Primo Ministro Abbas e a mettergli a dispo- sizione tutte le forze di sicurezza che sono sotto il suo controllo», ha detto Powell in una conferenza stampa dopo un incontro con il Segretario Generale dell'ONU, Kofi Annan. Nei mesi scorsi gli USA avevano del tutto ignorato il capo dell'OLP; perché, al contrario di Abbas, non lo riconoscevano come interlocutore nelle trattative.
     Come hanno dichiarato dei consiglieri di Powell, il Ministro degli Esteri ha intrattenuto colloqui con diversi colleghi arabi ed europei. Powell ha esortato i ministri a fare pressioni sui palestinesi, affinché facciano di più per arrestare i militanti palestinesi, chiudere fabbriche di armi e prendere altri provvedimenti.
     Riguardo al piano di pace "Road Map" sostenuto dagli USA, Powell ha espresso speranza. La fine della Road Map non è ancora venuta, ha detto il Ministro degli Esteri.

(Israelnetz Nachrichten, 22.08.2003 - trad. www.ilvangelo-israele.it)



LA STESSA MISURA PER GLI STATI UNITI E PER ISRAELE


Basta parlare di pace!

di Joseph Farah

Quanto tempo ci vorrà prima che gli israeliani e gli americani capiscano che non possono trattare con i terroristi? Quanto sangue innocente deve essere versato prima che si capisca che il "processo di pace" è fallito? Quanti bambini e quanti vecchi devono essere ancora fatti saltare in aria da maniaci suicidi prima che si dica: "Quello che troppo è troppo!"?
     Sono le domande che mi sono girate per la testa il giorno dopo gli ultimi attentati terroristici a Gerusalemme e a Baghdad.
     Dall'inizio degli accordi di Oslo nel 1993 Israele ha adempiuto tutti i suoi impegni di pace:
  • Ha dato all'Autorità Palestinese il controllo sopra i territori in Cisgiordania e nella striscia di Gaza;
  • Ha smantellato comunità ebraiche in terre storicamente ebraiche;
  • Ha rilasciato prigionieri accusati di aver commesso atti terroristici contro lo Stato ebraico;
  • Ha usato le sue scuole e i suoi media per promuovere pace e armonia con gli arabi, perfino con terroristi di vecchia data come Yasser Arafat;
  • Ha consegnato armi e munizioni alle forze di polizia palestinese, un vero esercito votato a distruggere Israele;
  • Ha continuato a negoziare in buona fede con i suoi avversari nonostante un crescente terrorismo;
  • Con concessioni territoriali ha messo se stesso in una posizione in cui le sue proprie autorità militari non sono più certe di poter difendere la sua sicurezza nazionale;
  • Ha offerto, per amor di pace, compromessi ancora più grandi, fino ad offrire parte della sua sacra città capitale agli arabi:
  • Prima ancora di tutto questo, Israele ha dato ai suoi nemici l'autorità amministrativa sul luogo più sacro per l'ebraismo: il Monte del Tempio.
     Che cosa ha avuto Israele in cambio? Versamento di sangue. Nient'altro. Più Israele dà, più violenza deve subire dalle mani dei suoi nemici. Questa è la verità sul cosiddetto "ciclo della violenza" di cui parla Washington. Israele concede, Israele sanguina.
     E' tempo di mettere fine a questa follia.
     L'America ha mandato le sue truppe nel mondo per rispondere al terrorismo che è arrivato in casa sua l'11 settembre 2001. L'America ha rovesciato due governi e occupato due nazioni nella sua guerra contro coloro che l'hanno attaccata.
     E nel frattempo l'America continua a chiedere a Israele di mostrare contenimento davanti a questi continui, incessanti attacchi di terroristi in mezzo alla popolazione civile: nemici identificabili che operano all'interno del paese e dai paesi circostanti che Israele ha consegnato ai suoi nemici in una disperata ricerca di pace.
     Non ci sono due facce per questa storia. Non più. E' la ragione contro il torto. L'unica soluzione adesso è porre fine alla violenza terroristica una volta per tutte.

prosegue ->
Mahmud Abbas, conosciuto anche col suo "nome di guerra", Abu Mazen, ha detto questa settimana a un senatore americano che Arafat sta insidiandolo come Primo Ministro dell'Autorità Palestinese. Ammette di non avere il controllo. Questo dimostra che in questo conflitto siamo ancora dove siamo sempre stati: è il terrorista Arafat che tira i fili.
     Ormai è ora che Washington lasci mano libera a Israele.
     La sola vera arma di Israele contro i suoi nemici è la sua macchina di guerra. E' questa che ha mantenuto in vita Israele negli ultimi 55 anni. E' la sola cosa che può mantenere il sottile bastione di una reale pace in Medio Oriente.
     Dico questo non perché io amo Israele, ma perché amo la pace, perché amo l'America.
     Questo paese è in guerra per la sua vita contro le forze delle tenebre di questo mondo. Possiamo vincere soltanto con la costanza, la forza e facendo quello che è giusto.
     La cosa giusta da fare è essere tenaci, essere forti. Questo significa abbandonare la politica sbagliata del passato. Questo significa avere una misura che si applica nello stesso modo agli USA e a Israele, che si trova in una lotta per l'esistenza molto più precaria e disperata.

(WorldNetDaily, 21.08.2003 - trad. www.ilvangelo-israele.it)



LA LEGGE DEL RITORNO E I RABBINI


Ariel Sharon, bocciato!

di Elie Kling

    
  

«E' uno scandalo!», ha detto Ariel Sharon. «Neanch'io sarei riuscito a superare l'esame dei tribunali rabbinici per la conversione!»
     Secondo le fonti ufficiali, Israele conta 300.000 immigrati non-ebrei. Ora, i tribunali rabbinici ne convertono soltanto 1.000 all'anno. A questo ritmo qui, ci vorranno tre secoli per convertirli tutti!
     Scandalo! Si inveisca contro i rabbini, tutt'a un tratto resi responsabili della nuova minaccia demografica che pesa sullo Stato ebraico.
     La settimana scorsa, sotto il titolo adescatore: «Sei un ebreo?», Ma'ariv ha pubblicato un questionario in cui sono riportate le 50 domande che hanno le maggiori probabilità di essere poste agli eventuali candidati alla conversione. Il titolo stesso è disonesto. Il lettore di Ma'ariv è invitato a sottoporsi al test. Se non risponde alle domande, ne dedurrà che se quei cattivi rabbini potessero, gli toglierebbero di fatto la sua qualifica di ebreo, a lui che paga le tasse e presta servizio militare nei ranghi di Tsahal. Mentre, beninteso, non si tratta di sottoporre ad esame gli stessi ebrei, ma di provare il grado di conoscenza e di motivazione dei candidati alla conversione.
     Finaud, il giornalista di Ma'ariv, ha inoltre scelto qualche deputato e gli ha fatto l'interrogazione. E, sorpresa, i soli che hanno risposto a (quasi) tutte le domande sono i due con la kippà: Effy Eitam, del Mafdal, e Amnon Cohen, dello Shass! Abbasso i rabbini!
     In effetti, guardando da più vicino, la faccenda è veramente scandalosa! Addirittura doppiamente scandalosa! Ma lo scandalo non si trova dove si pensava di averlo visto...
     In realtà il primo scandalo sta nel fatto che i cittadini dello Stato ebraico, che hanno fatto 12 anni di studio nelle scuole pubbliche, non sono capaci di rispondere a domande che sono facili anche per un ragazzino religioso di 8 anni.
     Vi leggerò allora degli estratti di questo questionario e potrete giudicare voi stessi:
     1-a) Chi fu il primo ebreo? 1-b) Come si chiamavano i suoi figli?
     Risposta di Yeudi Naot, Ministro dell'Ambiente di Shinuoi [il partito laico]: a) Abraamo; b) Isacco e Giacobbe.
     2- Chi erano i figli di Isacco? (qui il ministro confessa di non saperlo).
     3- Quanti figli aveva Giacobbe (anche qui il nostro ministro cade).
     4- Come si chiamava la figlia di Giacobbe? (comincia visibil- mente a innervosirsi).
     Alla quinta domanda (Che è successo sul Monte Sinai?) vacilla e ferma il test.
     Altre domande prese a caso:
     Quali sono le differenze di principio tra il cristianesimo e l'ebraismo?
     Quante sono le mitzvot?
     Quante sono le preghiere giornaliere?
     Che significa «sh'ma Israel»? Risposta del deputato arabo Dahamanché: «Vuol dire vendicarsi dei goyim, come mostra la fine del versetto: Riversa la tua ira sulle Nazioni». Lui, del resto, sarebbe stato bocciato d'ufficio!
     Ecc. ecc. ecc.... E vi assicuro che non ho scelto le più facili!
     Allora, sì, signor Sharon, se pensa che lei sarebbe stato bocciato a un esame come questo, è veramente uno scandalo!
     Il secondo scandalo, è la politica d'immigrazione dello Stato d'Israele e dell'Agenzia Ebraica. Perché se oggi non ci sono che 1.000 conversioni all'anno, non è perché l'esame è difficile (si calcola circa il 90% di riuscite). Il problema è che gli altri 299.000 non-ebrei non hanno mai avuto l'intenzione di convertirsi. E perché dovrebbero, se possono approfittare della legge del ritorno e dei suoi vantaggi, generosamente accordati dal nostro Stato-merlo, rimanendo quello che sono?
     E perché sono qui, mi direte voi? Come sempre, la cosa viene da un buon sentimento!... Votando la famosa legge, ci si è subito chiesti che cosa si deve fare in caso di matrimoni misti. Separeremo forse delle coppie? Si è quindi deciso di applicare la legge del ritorno anche al coniuge non-ebreo.
     E poi, si è andati più lontano: un buon non-ebreo che ha sposato una non-ebrea può valersi della legge se uno dei suoi nonni è ebreo. Perché? Così... O forse è perché in questo modo anche Hitler sarebbe considerato un ebreo...
     Nelle strutture di accoglienza poste in atto in Israele per liceali e studenti olim, più del 70% non sono ebrei e non si propongono di diventarlo un giorno... I delegati dell'Agenzia Ebraica sono andati a cercarli perfino in fondo alla Russia, per spiegare loro i vantaggi che avrebbero a diventare israeliani. Capite? Secondo la legge loro hanno diritto al "ritorno"! Quindi, non li si lasceranno certamente lì ad ammuffire!
     Ed è così che dopo aver realizzato il sogno bimillenario di riportare a Sion gli esiliati cristiani di origine slava, si osa poi chiedere ai rabbini di «kosherizzarli» in due tempi e tre movimenti, facendoli diventare ebrei prima ancora che abbiano avuto il tempo di imparare a pronunciare correttamente la parola: «Machkenta»!
     I rabbini non possono nemmeno più applicare le abituali richieste della Halahka in tutto il suo rigore. Del resto, è da molto tempo che non lo fanno più! Ma di lì a dire che hanno creato il problema! E' tuttavia esagerato! Dovremo forse ricominciare ad occuparci di ciò che è la vera ragion d'essere del nostro paese: incoraggiare l'alià dei nostri fratelli ebrei?
     Il vero scandalo, signor Sharon, è di averlo dimenticato un po' presto, non le sembra?
     Fermatemi se dico sciocchezze...
     
(Arouts 7, 4 agosto 2003 - trad. www.ilvangelo-israele.it)



UN ARTICOLO DELL'AMBASCIATORE ISRAELIANO A ROMA


Solo un muro può salvare i nostri figli dai kamikaze

di Ehud Gol

Si chiama barriera di sicurezza e se qualcuno pensa che questo sia ciò che noi israeliani sognavamo per il nostro futuro, si sbaglia di grosso. È un'aberrazione, siamo d'accordo. So che le critiche nei confronti della decisione del governo israeliano di costruire la barriera provengono da un generale sentimento di ostilità e disaffezione verso ogni forma di separazione. Andiamo tutti ripetendo che nel mondo di oggi non ci sono più confini e che siamo tutti parte di un grande villaggio globale. Noi israeliani, in quanto cittadini del mondo libero, non siamo estranei a tali aspirazioni libertarie. Solo che, diversamente da tutti gli altri, abbiamo un problema nell'applicazione pratica dell'idea del villaggio senza confini: viviamo nel Terrore. E così, mentre i nostri amici europei si sentono offesi dall'idea che in qualche parte del mondo qualcuno stia costruendo una barriera, noi ci sentiamo stanchi, profondamente stanchi di raccogliere i corpi mutilati dei nostri connazionali per le strade di Gerusalemme, Tel Aviv e Haifa. Qui in Europa le barriere non servono perché non si vive nel mirino dei terroristi. Invece in Israele solo qualche giorno fa abbiamo seppellito altri sei bambini insieme a quindici adulti, le cui vite sono state spezzate dagli uomini-bomba di Hamas.
     Il terrorismo palestinese non ci ha lasciato altra possibilità. I palestinesi non solo non hanno fermato il terrorismo ma non hanno nemmeno iniziato a combatterlo. Gli abbiamo dato tempo e fiducia, abbiamo liberato prigionieri ed evacuato villaggi nella speranza che in cambio smantellassero le infrastrutture del terrore, come previsto dalla Road Map. Sin dall'inizio dell'attuale campagna terroristica palestinese nel settembre del 2000, abbiamo visto morire 841 dei nostri cittadini, un attacco dopo l'altro. Di questi, 27 sono stati uccisi nel corso di ciò che i palestinesi chiamano "cessate il fuoco". Bisognava assolutamente trovare un modo per impedire al terrorismo palestinese di mietere altre vittime. E noi abbiamo deciso di tenerci lontani dalle basi degli uomini-bomba. Secondo l'ex Primo Ministro Ehud Barak, la barriera di sicurezza avrebbe potute salvare almeno 500 vite umane. Ad esempio, per compiere l'attacco del 12 agosto nella cittadina di Rosh Ha'ayin i terroristi, provenienti da Nablus, si sono diretti in macchina verso sud, hanno girato intorno alla barriera dove i lavori sono fermi e poi hanno continuato verso nord-ovest. Non ci vuole uno stratega per capire che se la tanto criticata barriera fosse stata completata, questi signori non avrebbero potuto compiere la micidiale missione.
     Alcuni dicono che vogliamo solo sovvertire lo status quo. In realtà la barriera di sicurezza non ha alcun valore politico. Tra l'altro, se solo la linea seguisse i confini del '67 non ci sarebbe tanto clamore. Dicono che vogliamo spossessare i palestinesi. Invece il percorso è studiato in modo da intralciare il minor numero possibile di proprietà. Solo poche famiglie palestinesi sono toccate dal progetto e queste sono state fornite di tutti gli strumenti utili ad esporre le proprie esigenze e sollevare eccezioni. La Corte Suprema, adita da privati, in diversi casi nei mesi recenti ha ordinato alle autorità israeliane di cambiare percorso pur di non danneggiare le proprietà palestinesi. In ogni caso, i privati che abbiano ceduto terreni hanno diritto ad un giusto indennizzo. Dicono che stiamo costruendo un nuovo muro di Berlino. In realtà solo 8 dei 140 km sono costituiti da blocchi di cemento, necessari per impedire attacchi con armi da fuoco. Per il resto la barriera è formata da una striscia di territorio recintato e sorvegliato con mezzi elettronici e pattugliamenti. Dicono che stiamo circondando i palestinesi. In realtà loro saranno liberi di muoversi all'interno dei territori o di attraversare il confine orientale. È noi stessi che stiamo ingabbiando. Eppure, siamo convinti che questa soluzione, per quanto dolorosa, debba essere perseguita perché consentirà di salvare vite umane e quindi di garantire ad Israele quella sicurezza che permette di andare avanti con i negoziati.
     La barriera di sicurezza è un mezzo per evitare che i terroristi uccidano altri bambini. E' nostro dovere proteggerli; impedirci di adempiere a questo obbligo morale significa disprezzare la vita degli israeliani. Le infiltrazioni di terroristi da Gaza sono state minimizzate grazie ad una barriera protettiva esistente sin dall'inizio della campagna palestinese. Dobbiamo applicare il modello difensivo di Gaza anche alla Cisgiordania. La nostra storia ci insegna che una barriera può salvare vite umane. La storia del mondo ci dimostra che quando i popoli divisi diventano buoni vicini, le barriere si abbattono in poche ore. Anche se per voi cittadini europei è difficile mettervi nei nostri panni, anche se le vostre case, le vostre strade, i vostri autobus e i vostri figli non sono bersagli che camminano per centinaia di uomini-bomba, mi auguro che possiate comprendere e sostenere la nostra esigenza vitale di tenerci lontani dal mirino del terrorismo.  

(Il Giornale, 26 agosto 2003)



NOTIZIE IN BREVE


Israeliani e palestinesi giocano a pallone insieme

     22 bambini, 11 da Israele e 11 dai territori palestinesi, hanno preso parte a una settimana di ferie calcistiche in Giappone. L'idea è stata del monaco buddista Daitetsu Koike, rettore dell'Università per arte e musica di Takasaki, a nord di Tokyo. I bambini israeliani, palestinesi e giapponesi hanno giocato in quattro squadre miste. Nel programma c'erano anche campeggi e gite. L'alloggio è stato dato da famiglie ospitanti. «E' stato divertente, e sono veramente contento che abbiamo giocato insieme», ha detto l'undicenne Tzah Ben-Menachem. Il suo coetaneo compagno di gioco palestinese, Ahmad Nofai, è stato d'accordo: «Happy, just happy».

(Ha'aretz, 26.08.2003)

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Cantante israeliana entusiasma il pubblico arabo

La famosa cantante israeliana Sarit Hadad si è esibita il 18 agosto scorso davanti a migliaia di giovani arabi di Nazareth e ha entusiasmato il pubblico. Arabi cristiani e musulmani di Nazareth sono venuti e hanno cantato tutti insieme con l'artista ebrea i suoi canti ebraici, non lontano dalla contestata piazza che si trova vicino alla chiesa dell'Annunciata. "Amiamo tutti Hadad, è la più grande cantante e conosciamo tutti i suoi canti", ha detto l'arabo musulmano Mahmud.

(NAI-Stimme aus Jerusalem, 20.08.2003)

*

Addestramento di sacerdoti in un nuovo modello del Tempio

     Vicino al mar Morto, tra Gerusalemme e Gerico, da diversi mesi degli ebrei stanno lavorando, nonostante il caldo torrido, al progetto del terzo Tempio ebraico. Nell'insediamento ebraico Mitzpe, vicino a Gerico, su un fondo di 25.000 mq, sarà costruito un modello del Tempio in scala 1:1. Questo modello servirà a preparare i sacerdoti ebrei (Kohanim) per il loro servizio nel terzo Tempio a Gerusalemme. Esattamente come le unità speciali vengono addestrate alle loro operazioni militari su modelli 1:1, questo metodo di addestramento è previsto anche per i futuri sacerdoti del Tempio.

(NAI-Stimme aus Jerusalem, 20.08.2003)


LIBRI


Ramon Bennett, The Wall: Prophecy, Politics and Middle East "Peace", Jerusalem, Arm of Salvation 2000.


MUSICA E IMMAGINI

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