Notizie su Israele 194 - 2 settembre 2003


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Così parla il SIGNORE degli eserciti: «Verranno ancora dei popoli e gli abitanti di molte città; gli abitanti dell'una andranno all'altra e diranno: "Andiamo, andiamo a implorare il favore del SIGNORE e a cercare il SIGNORE degli eserciti! Anch'io voglio andare!" Molti popoli e nazioni potenti verranno a cercare il SIGNORE degli eserciti a Gerusalemme e a implorare il favore del SIGNORE». Così parla il SIGNORE degli eserciti: «In quei giorni avverrà che dieci uomini di tutte le lingue delle nazioni piglieranno un Giudeo per il lembo della veste e diranno: "Noi verremo con voi perché abbiamo udito che Dio è con voi"».

(Zaccaria 8:20-23)



ISRAELIANI E PALESTINESI FANNO VACANZA INSIEME


Per la prima volta un gruppo di palestinesi e di israeliani degli insediamenti ha fatto insieme una breve vacanza in un hotel nel nord di Israele. La vacanza è stata organizzata dal Consiglio Regionale di Gush Etzion. Decine di operai di Gush Etzion sono stati
    
Gush Etzion
invitati nell'hotel con le loro famiglie. Anche due famiglie di palestinesi, assunti dal Consiglio regionale hanno preso parte alla vacanza. I palestinesi della zona di Betlemme hanno ricevuto dall'esercito israeliano un permesso speciale per andare in Israele.
    Uno dei palestinesi ha detto al giornale Ha'aretz: "I coloni erano molto gentili. La sera sedevamo insieme, mangiavamo noci e parlava- mo di tutto il possibile, ma non di politica... Ci siamo incontrati ogni giorno... Perché non potevamo divertirci insieme? Nonostante i grossi problemi che si accumulano su entrambi i popoli, è comunque possibile vivere insieme, ha concluso il direttore del Consiglio, Shaul Goldstein. La settimana scorsa Aaron Miller ha accompagnato Goldstein, il direttore di "Seeds of Peace" (Semi di Pace), in un giro nella zona. Miller, che è un consigliere dell'ex Presidente americano Bill Clinton, adesso progetta altri incontri tra coloni israeliani e giovani palestinesi. "Abbiamo già una lista di bambini di Gush Etzion che vorrebbero partecipare a questi incontri, ma prima di dare il consenso, abbiamo bisogno di altri particolari", ha detto Goldstein.
    
(Botschaft des Staates Israel - Berlin, 28.08.2003)



COLPITO A MORTE UN INNAMORATO DI ERETZ ISRAEL


Shalom Har Melekh è stato sepolto sabato sera nel cimitero di Kokhav Hashahar. E' stato assassinato venerdì scorso da un terrorista palestinese mentre viaggiava con la sua famiglia sulla strada Alon. Dopo essere stato raggiunto dai proiettili, Shalom ha perso il controllo del suo veicolo e si è rovesciato in un fosso. Sua moglie Limor, incinta di sette mesi, è rimasta imprigionata nella carcassa. «Ho ricevuto in dono Shalom per due anni», ha dichiarato Limor: «Dio m'ha dato un amore perfetto». Limor descrive suo marito come «un innamorato di Eretz Israel». Racconta che dopo aver comprato una casa a Kedumin, Shalom ha sentito che delle famiglie lasciavano la località di Homesh, in Samaria. Ha deciso di trasferirsi là «per rinforzare gli abitanti». Limor racconta con orrore gli ultimi istanti: «Quando ha visto il terrorista, Shalom m'ha detto di abbassarmi e mi ha protetta col suo braccio. I proiettili che potevano colpirmi l'hanno raggiunto mortalmente.» «In seguito, quando l'ambulanza è arrivata, il medico m'ha detto di mettermi su un fianco, per non danneggiare il bebè», continua. «Gli chiedevo continuamente: "Come sta Shalom?", ma lui non mi rispondeva». Limor allora ha capito che Shalom era ferito a morte.
    Cinque ore dopo l'attentato, Limor Har Melekh ha messo al mondo con parto cesareo una bambina che non conoscerà mai suo padre.

(Arouts 7, 31 agosto 2003)



LE NUOVE, SUBDOLE FORME DI ANTISEMITISMO EUROPEO


Questo articolo è costituito da una proposta di principi educativi sull'antisemitismo, presentata recentemente dal professor Robert Wistrich, eminente membro del Centro della Pace e direttore del Centro Internazionale di Ricerche sull'Antisemitismo, all'Università ebraica di Gerusalemme, esposta davanti all'Organizzazione della Sicurezza e della Cooperazione Europea (OSCE), su richiesta dell'organizzazione stessa.


Essere antisemiti con la coscienza tranquilla

di Robert Wistrich

    Ho partecipato alla conferenza dell'OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa), che si è tenuta nel palazzo di Hofburg, a Vienna, dove mi hanno chiesto di fare un intervento sull'antisemitismo moderno davanti a circa 400 delegati.
    A prima vista, questa esperienza è stata qualcosa d'insolito. L'OSCE, che è stata creata in piena guerra fredda, per quel che ne sappia non si è mai interessata al più vecchio pregiudizio del mondo: l'odio per gli ebrei. Come il suo nome indica, questa organizzazione si occupa dei problemi di sicurezza comuni ai suoi membri, anche se la definizione delle sue funzioni include anche la sorveglianza dei diritti dell'uomo. Ma i diritti dell'uomo e la lotta contro l'antisemitismo - nonostante il legame che li unisce - non vanno tanto d'accordo sulla scena politica internazionale, nel corso degli ultimi decenni. Il mio invito, come specialista, a testimoniare e a parlare davanti a questa onorabile assemblea, è dovuto a una forte insistenza del Dipartimento di Stato americano. Gli Stati Uniti avevano anche inviato a questa conferenza una delegazione di alto livello, alla testa della quale si trovava l'ex sindaco di New York, Rudolph Giuliani.
    Sono gli americani, con il sostegno dei delegati delle organizzazioni ebraiche, che hanno richiesto con particolare fermezza che l'antisemitismo sia riconosciuto come categoria specifica di pregiudizio, e che i governi europei siano molto più fermi nel combatterlo. Gli europei hanno manifestato chiaramente un atteggiamento molto più riservato quanto al trattamento dell'antisemitismo come categoria separata, e hanno preferito includerlo nella categoria generale di razzismo, xenofobia, discriminazione. Come ha dichiarato il presidente olandese, si è potuto notare una volontà appena dissimulata di smetterla con le questioni ebraiche, per passare ad argomenti più "politicamente corretti", come la lotta contro la discriminazione razziale e l'islamofobia. Questa è stata, mi sembra, la posizione della maggior parte dei paesi dell'Europa occidentale e centrale. L'eccezione più notevole è stata quella della Germania, che ha proposto di creare un comitato a Berlino, l'anno prossimo.
    Sessantacinque anni fa, sulla Heldenplatz ("piazza degli eroi"), soltanto a qualche centinaia di metri dall'edificio dove eravamo riuniti, centinaia di migliaia di austriaci acclamavano Adolf Hitler. Nel 1938, anno cruciale, prima che cada la notte della Shoà sugli ebrei d'Europa, gli ebrei tedeschi e austriaci avevano già subito umiliazioni e crudeltà. Durante la conferenza dell'OSCE, dei sopravvissuti hanno rievocato quell'epoca, turbando la serenità dell'uditorio. Oltre agli americani e ai tedeschi, sono stati dei delegati russi, ucraini, dei paesi balcanici e dell'Europa orientale ad essere i più attenti all'antisemitismo e alla necessità di combatterlo. Anche qui si è potuto osservare, attraverso più di un segno, a qual punto la "Nuova Europa" (Polonia, Ungheria, Slovacchia, ecc.) è stata più vicina alle posizioni americane ed ebree che non a quelle della corrente principale e solidamente stabilita della "Vecchia Europa".
    Si è così assistito, durante la Conferenza, a un inizio di presa di coscienza del carattere specifico dell'antisemitismo, del grado di gravità della sua riapparizione e della necessità di un intervento dei governi e di una politica di "tolleranza zero" nei confronti delle manifestazioni più virulente. Ma esistono considerevoli lacune nel modo in cui la maggior parte degli europei prende coscienza e valuta il problema dell'antisemitismo moderno. Eccone alcuni che meritano di essere presi in considerazione.
    * Il dovere di preoccuparsi del problema scottante dell'antisemitismo islamico - specie pericolosa, molto distruttrice e dotata del potenziale omicida di una patologia le cui conseguenze si sono propagate in tutto il Medio Oriente arabofono. Per la sua estensione e il suo estremismo, questo antisemitismo è paragonabile soltanto a quello della Germania nazista. I manuali scolastici del mondo arabo sono imbevuti di questo veleno, che esacerba le passioni durante le regolari predicazioni nelle moschee. Questa malattia ha già contagiato una parte della gioventù musulmana in Francia, nei Paesi Bassi, in Belgio, Gran Bretagna, Germania, Svezia e in altri paesi d'Europa. Per effetto boomerang, questo ha provocato in Medio Oriente un violento estremismo e un nuovo antisemitismo che affondano direttamente nel cuore dell'Europa. Inoltre, fino a questo momento gli europei non hanno adottato alcuna strategia educativa o politica per trattare questo problema molto grave per l'avvenire delle comunità ebraiche su questo continente. Invece di questo, per paura di essere accusati d'islamofobia, praticano la politica dello struzzo, o rigettano su Israele la responsabilità dell'esistenza del problema, il che aggrava ancora di più le posizioni antisemite.
    * Non si può condurre una lotta efficace contro l'antisemitismo senza l'aiuto dei media. Ma nell'Unione Europa perfino le correnti mediatiche principali traboccano di una pericolosa disinformazione. L'esercito israeliano è presentato come uno che massacra a sangue freddo i ragazzi palestinesi, e di conseguenza l'obbrobrio ricade su tutti gli "ebrei" in generale. Un gruppo di "cospiratori" ebrei americani molto influenti è stato accusato di aver pianificato la guerra in Iraq e di dominare la politica estera americana. I sentimenti anti-americani in Europa occidentale si nutrono di un antisemitismo profondamente nascosto. Sulla carta politica, questo è ancora più vero a sinistra che a destra.
    * Inoltre, è più difficile combattere i "nuovi giudeofobi" perché non si definiscono come tali - contrariamente ai loro padri spirituali di sessant'anni fa. Si irritano molto se odono la minima allusione ad una qualche ostilità contro gli ebrei da parte loro. Mettono l'accento, in particolare, sull'immagine di Israele come Stato diabolico, sullo smantellamento di quella che essi chiamano "l'entità sionista" e sulla purezza decaduta dello Stato ebraico. Molti europei rifiutano, evidentemente, di riconoscere che si tratta di antisemitismo. Dopo tutto, averne coscienza li costringerebbe a rinunciare a uno dei loro sport preferiti.
    * Dal punto di vista educativo, non possiamo trattare questo risveglio di antisemitismo senza prendere in considerazione la sua mutevole dinamica e senza rivelare i suoi nuovi ornamenti intellettuali. Non si tratta dell'antisemitismo etnico, nazionalista o razzista che ha le sue radici nel XIX secolo. Ma sembra che la persecuzione degli ebrei nello stile nazista sia la sola che i delegati della Conferenza di Vienna conoscano o contro la quale siano pronti a lottare. A loro poco importa che all'alba del XXI secolo l'antisemitismo indossi i prestigiosi panni dei "diritti dell'uomo". Di qui il loro antisemtismo, con la coscienza tranquilla. E quel che più conta, alcuni dei loro portavoce più noti si considerano come l'avanguardia della lotta contro il razzismo, il fascismo e altri simili mali, svolgendo quindi le funzioni di militanti rivoluzionari al servizio della nuova religione: quella umanitaria. Già a Durban, durante la conferenza dell'ONU contro il razzismo (nell'autunno 2001), siamo stati testimoni di uno spettacolo vergognoso e abbiamo visto come si possono mettere le mani su obiettivi meritevoli, come la lotta al razzismo, e trasformarli in una spaventosa celebrazione satanica contro Israele e il popolo ebraico.
    * I delegati della Conferenza di Vienna erano certamente consapevoli dell'epidemia di negazione della Shoà. Ma le loro dichiarazioni, non abbastanza ferme, sul negazionismo non hanno avuto peso di fronte alla propaganda contro lo Stato e il popolo ebraici. Innumerevoli intellettuali, artisti, uomini di religione, giornalisti e caricaturisti europei oggi accostano la croce uncinata e la stella di Davide. L'idea che gli ebrei - le vittime di una volta - siano diventati dei carnefici è una delle più grandi menzogne della nostra epoca; e milioni di europei accettano quest'idea quasi senza approfondirla. Per tutto quello che concerne lo Stato ebraico, pochi sono quelli che fanno la differenza tra critica legittima e propositi diffamatori.
    * La lotta contro l'antisemitismo è resa ancora più complicata dall'intoppo del "sionismo" e dalle intenzioni di nuocere di molti prestigiosi formatori d'opinione in tutta l'Europa. Sia nei media, nelle chiese, all'università o presso eminenti uomini politici (soprattutto della sinistra liberale), esiste una tendenza quasi automatica a sostenere che Israele è colpevole di quasi tutti i problemi del Medio Oriente e, più in generale, dell'estremismo musulmano e dell'epidemia di terrorismo. Questa deviazione è evidente al punto che, più di una volta, la riprovazione formale di manifestazioni di razzismo e antisemitismo si trasforma in vuote parole prive di senso.
    Tuttavia, la realtà è ben diversa. L'hitlerismo ha cessato di essere il principale criterio di antisemitismo. Una sinistra antirazzista pura e dura che lotta contro l'imperialismo americano e il "nazismo" israeliano potrebbe diventare un campione molto più affidabile. Quanto al pacifismo, esso potrebbe costituire un buon indice della tendenza che crede ai "gruppi di cospiratori ebrei" e alle cospirazioni. Un onorevole deputato dei Partito Laburista, Tom Delisle, uno degli acerbi critici di Tony Blair e della guerra contro l'Iraq, ha dichiarato recentemente che il Ministro britannico degli Affari Esteri, Jack Straw, il cui nonno, sembra, era ebreo, facesse anche lui parte della "cospirazione ebraica" che operava dietro le quinte dell'attacco anglo-americano contro Saddam Hussein. Secondo questo calcolo, Jack Straw non è altro che un "Mischling zweiten Grades" - un meticcio di secondo grado - secondo la definizione delle leggi razziali naziste del 1935.
    * Non si può lottare contro l'antisemitismo se si nega perfino l'esistenza del fenomeno, com'era il caso in Francia fino a un anno fa. Ricordo ancora la dichiarazione del Presidente della Repubblica francese: "Non c'è antisemitismo in Francia". Mentre al suo fianco Shimon Peres, Ministro israeliano degli Affari esteri dell'epoca, approvava. Questo avveniva prima delle ultime elezioni presidenziali in Francia, mentre delle sinagoghe e dei centri comunitari erano in fiamme, e delle scuole, degli studenti e dei civili ebrei erano attaccati in proporzioni senza precedenti dal 1945. La frequenza delle azioni razziste contro gli ebrei di Francia si è moltiplicata per tre o per quattro dopo il settembre 2000, in proporzione a quella delle azioni contro la comunità musulmana, che è dieci volte più numerosa. Queste statistiche sono inquietanti. Negli ultimi tre anni la maggior parte delle azioni antisemite sono state perpetrate da arabi musulmani originari dell'Africa del Nord. Al contrario, non si è verificato nessun attacco di ebrei contro francesi musulmani. Questo fatto fondamentale è stato taciuto dai media francesi ed europei, che tentano di stabilire un parallelo menzognero tra antisemitismo e islamofobia.
    * L'antisemitismo si propaga assumendo forme sempre differenti, adattandosi allo spirito dei tempi, come un virus maligno che attinge nuove forze ogni volta che l'epidemia è scoppiata. I vecchi slogan e le vecchie tattiche usate una volta contro i nazisti, il razzismo e la xenofobia, hanno tutte fallito. Sono dei mantra che hanno fatto il loro tempo. In realtà, è possibile addirittura che alimentino il male che si supponeva dovessero estirpare: l'antisemitismo. La "nazificazione" d'Israele e del popolo ebraico, per esempio, equivale a un'accusa di omicidio rituale che, precisamente, risveglia sentimenti antisemiti; e tuttavia alcuni di coloro che pretendono di essere campioni di antirazzismo continuano a fare questi discorsi.
    Oggi, per lottare efficacemente contro l'antisemitismo da un punto di vista educativo, morale, giuridico e politico, dobbiamo essere attenti a questi caratteri che cambiano. Dobbiamo esigere molto di più che dei discorsi sulla tolleranza, il pluralismo e il multiculturalismo - con tutta l'importanza dell'affermazione di questi valori ovunque esista una discriminazione contro delle minoranze. Non è più questo il problema principale. Di gran lunga più importante è mettere un limite a un sistema internazionale che fa vergogna e il cui obiettivo è contestare la legittimità dello Stato ebraico, denigrarlo, attribuirgli un carattere diabolico. Sulla questione dell'antisemitismo, come su quella del terrorismo e dei diritti dell'uomo, il primo passo, e il più importante, è dire pane al pane.

(UPJIF, 29.08.2003)
    


L'INCITAMENTO NELL'AUTORITA' PALESTINESE


Nel suo discorso del 4 Giugno al summit di Aqaba, il Primo Ministro dell'Autorità Palestinese (ANP), Mahmoud Abbas (Abu Mazen),ha affermato: "Agiremo inoltre con vigore contro l'incitamento, la violenza e l'odio, di qualsiasi tipo e da qualsiasi fonte provengano. Prenderemo provvedimenti per assicurare che non vi sia incitamento da parte delle istituzioni palestinesi." In un incontro avvenuto in seguito a questo discorso, il Ministro dell'Informazione palestinese, Nabil Amr, e il Ministro degli Esteri israeliano, Silvan Shalom, hanno deciso di istituire una commissione paritetica per esaminare l'incitamento palestinese e israeliano nei media e nel programma scolastico.

In seguito a quest'incontro, l'ANP ha intrapreso numerose iniziative per fermare l'incitamento sui media e nelle moschee. Al tempo stesso, tuttavia, continua l'incitamento da parte di corpi e istituzioni appartenenti all'ANP o sotto la sua supervisione. Così, ad esempio, Jihad e Shahada [martirio] sono ancora esaltate nei media, nelle moschee e sui libri di testo dell'ANP. Vengono istigate anche nei campeggi estivi, che portano i nomi dei terroristi suicidi e dei loro mandanti. I libri di testo palestinesi contenenti messaggi di glorificazione della Jihad e della Shahada non sono stati cambiati.

Bisogna notare che giornali, radio e televisione sono ancora controllati dal Presidente dell'ANP, Yasser Arafat, che si affida all'incitamento per sostenere la sua immagine pubblica in contrapposizione a quella di Abu Mazen. Ad esempio, la Televisione Palestinese non ha trasmesso il summit di Aqaba e ha mostrato invece immagini di repertorio di Arafat.

La seguente relazione riporta sia i tentativi di fermare l'incitamento sia le prove della sua continuazione, dal summit di Aqaba del 4 Giugno 2003 fino all'attentato suicida su un autobus a Gerusalemme il 19 Agosto. Entrambi sono confrontati sulla base di criteri ben precisi: la glorificazione del martirio o l'incitamento alla violenza, soltanto contro obiettivi all'interno della Linea Verde e solo a partire dal summit di Aqaba. L'incitamento avvenuto dopo che è stata resa nota la Road Map e prima del summit di Aqaba non è compreso in questa relazione.


I. Appelli per porre fine all'incitamento alla violenza

1. Una richiesta di porre fine all'incitamento nei media

Il quotidiano dell'ANP Al-Hayat Al-Jadida ha citato un rapporto della Reuters secondo il quale l'ANP ha ordinato ai media locali di ridurre "il tono battagliero contro Israele", e ha invitato i media israeliani a usare moderazione nei loro resoconti. Il giornale afferma che il loro direttore, Hafez Al-Barghouti, ha dichiarato alla Reuters che "l'ANP ha chiesto al giornale di sospendere l'incitamento contro Israele e che richieste simili sono state dirette alla televisione palestinese e a diverse emittenti radio della Cisgiordania." Il Ministro dell'Informazione dell'ANP, Nabil Amr, ha dichiarato: "Ogni giorno, il Ministero dell'Informazione invia ai media lettere contenenti direttive inerenti [argomenti] politici e d'informazione." Un comunicato del Ministero dell'Informazione afferma che Arafat in passato, seguendo il Wye Memorandum, ha emanato un ordine in cui chiedeva di evitare l'incitamento, riferendosi ad un ordine

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emanato il 19 Gennaio 1998.

2. 'Canzone di pace' trasmessa alla Televisione Palestinese

Durante la visita a Washington D.C. del Primo Ministro palestinese Abu Mazen, nel Luglio 2003, la Televisione Palestinese ha trasmesso un video, sottotitolato in arabo e in inglese, con bambini che cantano in arabo, inglese, francese ed ebraico il loro desiderio di pace e fratellanza fra bambini musulmani, cristiani ed ebrei. Il bambino che interpreta la parte dell'ebreo nel video è vestito da ultra-ortodosso, con basette ricciolute e un copricapo del tipo generalmente indossato dagli ebrei ultra-ortodossi, ed è degno di nota il fatto che non si menzioni Israele o gli israeliani.

3. Un ordine per porre fine all'incitamento nelle moschee

Il dott. Suleiman Ouda, professore della Al-Azhar University e predicatore alla moschea Anan di Gaza, è stato intervistato da Al-Ra'i, il supplemento della Guida per l'Amministrazione Politica e Nazionale che viene pubblicata sul quotidiano dell'ANP, Al-Hayat Al-Jadida. Egli afferma: "Il predicatore deve astenersi [dal menzionare] tutte le Hadiths [tradizioni islamiche] e le opinioni controverse, e deve cercare piuttosto altri argomenti che uniscano i cittadini, specie in questi tempi difficili in cui abbiamo bisogno di unità nazionale…" Ouda ha inoltre criticato l'abuso delle moschee come tribuna per diffondere propaganda da parte di alcune fazioni palestinesi, così come l'affissione di manifesti e poster sui muri interni ed esterni delle moschee. Ha affermato che queste attività portano tensione e non serenità, e svalutano lo spirito delle moschee, che dovrebbero essere un luogo di ritrovo per tutti i musulmani, indipendentemente dal loro punto di vista o affiliazione.

4. Azioni per rimuovere graffiti di incitamento a Gaza City

All'inizio del luglio 2003, l'ANP ha indetto la campagna "Gaza pulita e bella". Dipendenti comunali hanno cancellato i graffiti che si erano accumulati durante l'Intifada. Il quotidiano palestinese Al-Quds ha riferito che il commentatore politico palestinese, Ali Al-Jibrawi, ha dichiarato alla Reuters che "i graffiti e i murales sono diventati un simbolo dell'identità nazionale palestinese da quando è iniziata l'occupazione di Gaza e della Cisgiordania nel 1967, e che si tratta di uno dei pochi mezzi che i palestinesi hanno per trasmettere messaggi politici". Al-Jibrawi ha messo in dubbio l'efficacia della rimozione dei graffiti, visto che, come ha dichiarato, "il cambiamento deve avvenire nella mente delle persone, non sui loro muri".


B. Appelli contro la violenza

I dirigenti palestinesi hanno invitato a sospendere le azioni violente, in particolar modo a causa della Hudna (tregua temporanea). Il Primo ministro dell'ANP, Abu Mazen, ha dichiarato alla Reuters in un'intervista: "Da ora in poi, chiunque, ogni fazione, ogni partito che la violerà, verrà messo in prigione… Ci impegneremo al massimo per prevenire il confronto col nostro popolo, perché se questo dovesse accadere, potrebbe portare alla guerra civile e determinare la fine di tutte le speranze del nostro popolo." Il Ministro in carica per gli Affari di Sicurezza dell'ANP, Muhammad Dahlan, ha aggiunto: "Il luogo naturale per chiunque violi la tregua annunciata dall'Autorità Palestinese è il tribunale."

In seguito allo sparo di razzi e colpi di mortaio dalla striscia di Gaza sulle comunità israeliane dopo il summit di Aqaba, il movimento Fatah ha emanato un comunicato in cui dichiara di essere contrario a ogni tentativo di violare l'Hudna e di considerarli una deviazione dal consenso nazionale. Il movimento ha invitato i suoi uomini a "combattere queste azioni, a condannarle e a smascherare gli elementi che ne sono responsabili." Fatah ha inoltre invitato il governo palestinese "ad assumersi la propria responsabilità e ad arrestare chiunque agisca per conto proprio contro gli interessi del popolo palestinese."


C. Campeggi estivi per promuovere la pace

L'ANP organizza ogni anno campeggi estivi e quest'anno il tema per alcuni campeggi era la pace: ad esempio, nel campeggio 'Fratellanza e pace' ad Isawiyya e nel 'Campeggio della pace' a Hebron. Sanaa Al-Masri, direttore del campeggio estivo, Mus'ib bin Umair, a Gaza City, ha detto che il messaggio di quest'anno era, per ordine del presidente dell'ANP Yasser Arafat, "la pace del coraggioso". Al-Masri ha sottolineato che "la pace che invochiamo [nei campeggi estivi] è una pace giusta che garantisca il ripristino dei diritti palestinesi, in accordo con le risoluzioni dell'ONU, compresa la 194, che ordina il ritorno dei profughi palestinesi e una pace che porti alla liberazione di tutti i prigionieri e detenuti."


II. Incitamento e incoraggiamento alla violenza

L'esaltazione degli shahid e della Shahada continua, senza distinzioni fra shahid morti in scontri con l'esercito israeliano o i coloni nei territori palestinesi e quelli che hanno compiuto attentati suicidi uccidendo civili israeliani all'interno della Linea Verde. L'incessante lode ed esaltazione si può trovare sia nei resoconti dei media palestinesi sia nelle strutture delle varie attività organizzate dai corpi dell'ANP.

A. Trasmissioni della TV dell'ANP (Video che promuovono la Shahada)

Varie volte dopo il summit di Aqaba, la televisione palestinese ha ritrasmesso un video sulle vergini del paradiso – la ricompensa dello shahid – che era stato trasmesso spesso prima del summit. Il video mostra un giovane uomo che diventa uno shahid e sale in paradiso. Lì incontra la sua amata e le altre vergini, tutte danzano con l'abito nuziale fra i giardini e i ruscelli che scorrono, che sono la tradizionale immagine coranica del paradiso. Il 24 Luglio 2003, la televisione dell'ANP ha anche trasmesso un video che esaltava la prima donna terrorista suicida dell'intifada, Wafaa Idris.

B. Sermone del venerdì alla TV dell'ANP (loda gli shahid)

Il 15 Agosto 2003, lo sceicco Ibrahim Mudeiris ha pronunciato un sermone che celebrava gli shahid alla moschea Sceicco Ijlin di Gaza City. "…Siate benedetti, [figli del] popolo palestinese, popolo di Gerusalemme che sacrifica gli shahid per preservare l'identità della benedetta moschea di Al-Aqsa e la sua identità islamica e araba… Vi benediciamo, benediciamo tutti quelli il cui sangue scorre su questa terra buona e pura."

"Se una preghiera alla moschea di Al-Aqsa vale come 1000 preghiere in un'altra moschea, allora sappiate che uno shahid [che cade] su questa terra è considerato di più di uno shahid in qualche altro luogo. Sì, ci sono tradizioni secondo le quali uno shahid qui vale come 70 shahid in qualsiasi altro luogo…"
"Badate, oh fedeli di Allah, gli ebrei sono le più disgustose creature sulla faccia della terra. Perché i cristiani, nonostante i loro abomini, chiesero a Omar bin Al-Khattab una condizione fra quattro – non permettere agli ebrei di vivere in Palestina. Vogliamo persone come Salah Al-Din Al-Ayyoubi [il Saladino], vogliamo un Salah Al-Din che liberi la moschea di Al-Aqsa, la moschea di Al-Aqsa che Salah Al-Din liberò quando sentì il pianto del popolo della Palestina e del popolo della Siria, quando erano vittime di massacri e abusi…"


C. Esaltazione degli shahid sulla stampa

1. Necrologi per l'attentatore dell'autobus a Gerusalemme e per quello di Kfar Yabetz (vicino a Tel Aviv)

Tre quotidiani dell'Autorità Palestinese, Al-Hayat Al-Jadida, Al-Ayyam, e Al-Quds, hanno pubblicato dei necrologi per Abd Al-Mu'ti Muhammad Salleh Shabana Al-Tamimi, che si è fatto esplodere sull'autobus N.14 nel Giugno 2003 a Jaffa Road a Gerusalemme. Questi necrologi erano nel formato normale per questo tipo di notizie, esaltavano il terrorista e il suo atto in termini islamici. Il necrologio sui quotidiani dell'ANP Al-Hayat Al-Jadida e Al-Ayyam appariva come segue: "Fra i credenti ci sono uomini che sono stati corretti nel loro patto con Allah: fra loro alcuni hanno mantenuto la loro promessa [sacrificarsi per Allah in battaglia] e alcuni aspettano (ancora) [di mantenere la loro promessa], ma non l'hanno mai cambiata [Corano 33:23]."

Annuncio della morte di uno shahid: "Congratulazioni per [la morte] dell'eroe shahid verranno ricevute al centro culturale che porta il nome del compagno del Profeta Tamim Al-Dari, al Mount Abu Ruman, a Hebron, per tre giorni a partire da ieri, giovedì, dalle 16:00 alle 19:00."

2. Poesie che esaltano gli shahid sulla stampa palestinese

Il quotidiano palestinese Al-Quds ha pubblicato un articolo di Sa'id Muhammad Sa'ada che ha recensito una raccolta di poesie, "Qui eravamo e qui saremo" del poeta palestinese Lutfi Zaghloul. Nel suo articolo, Sa'ada cita la qasida (poesia araba) di Zaghloul: "…Per te, oh patria, beviamo il calice della morte, come è dolce il calice, come è dolce la bevanda, con ogni nuovo shahid, noi ci avviciniamo a te". Nella sua analisi della poesia, Sa'ada ha scritto: "Il poeta Lutfi Zaghloul ama la sua patria con un amore ardente. L'ardore del suo amore è aumentato a causa della profanazione della patria attraverso saccheggi, occupazione, distruzione e omicidi. Quindi il poeta – come qualsiasi altro abitante della patria – non si astiene dall'offrire la propria anima per riconquistare la patria, senza aver paura del nemico…"

3. Comunicati e articoli che esaltano gli shahid

In un'intervista con Al-Hayat Al-Jadida, Nuzhah Ziyadeh, conosciuta anche come Umm Souheil, una donna di 55 anni del campo profughi di Jebaliya, che ha "sacrificato due dei suoi figli come shahid per il bene di Allah", ha espresso "orgoglio e lode per il fatto che Allah l'abbia onorata con il martirio dei suoi due figli Souheil e Muhammad e abbia realizzato i suoi desideri." Il giornale ha chiamato Umm Souheil "Al-Khansaa", riferendosi alla madre degli shahid nella tradizione islamica.

Il giornale ha riportato l'affermazione di Umm Souheil: "Souheil era un modello di sacrificio e amore per la patria che deve essere imitato. E' uscito a mezzogiorno di giovedì nel Maggio 2002, dopo aver rifiutato il pranzo che gli avevo preparato. Portava la sua arma e la sua borsa ed è andato nella zona orientale di Gaza. Ha combattuto i nemici di Allah fino a farsi martirizzare dopo le preghiere della sera… Ho pregato Allah finché Muhammad è venuto da me e mi ha dato la notizia. Sono scoppiata a piangere di gioia e mi sono voltata verso le mie figlie in modo che potessero congratularsi per la Shahada del fratello Souheil".

4. Vignette: anti-israeliane (e anti-americane) e che incitano alle operazioni suicide

Dopo il summit di Aqaba, la stampa palestinese ha continuato a pubblicare vignette anti-israeliane (e anti-americane), così come vignette che incoraggiano gli attacchi suicidi. Esempi di questo tipo di vignette sono quelle di Omayya Juha, una vignettista del quotidiano dell'ANP Al-Hayat Al-Jadida, mentre suo marito è stato, fino alla sua morte, un attivista dell'ala militare di Hamas.

Juha è la più famosa vignettista palestinese e il suo sito internet, è stato scelto recentemente come il "miglior sito arabo di vignette". Per anni, Juha ha creato vignette anti-israeliane (e anti-americane), dipingendo, ad esempio, Israele (e gli Stati Uniti) come serpenti e Sharon (e Bush) mentre massacrano bambini a sangue freddo. Altre esaltano gli attentati suicidi. Dopo il summit di Aqaba, Juha ha continuato a creare vignette del genere e Al-Hayat Al-Jadida continua a pubblicarle).

D. Dirigenti palestinesi incoraggiano la violenza e la Shahada

Il presidente dell'ANP, Yasser Arafat, si è incontrato nel suo quartier generale, la Muqata'a, a Ramallah, con i bambini dei campeggi estivi di Gerusalemme e dintorni e ha detto loro: "Con lo spirito e col sangue ti riconquisteremo, oh Palestina", "milioni di shahid marciano verso Gerusalemme" e ha aggiunto: "oh compagni di sentiero e di viaggio, oh compagni di sentiero di Fares Ouda, vi chiedo di chiamare questo giorno 'il giorno di Fares Ouda'… insieme e fianco a fianco verso Gerusalemme."

(The Middle East Media Research Institute, 29.08.2003)



RIFUGIATI E PROFUGHI


La moltiplicazione dei profughi... e dei sussidi

di Federico Steinhaus

    Tutti gli "addetti ai lavori" sanno che uno dei problemi centrali del contenzioso israelo - palestinese è quello del diritto al ritorno dei profughi palestinesi, che l'Autorità Palestinese pretende sia riconosciuto come diritto naturale ed inalienabile, mentre Israele vorrebbe trasformarlo in un indennizzo concordato.
    E' anche noto che l'Autorità Palestinese assume a base di questa richiesta un conteggio che stabilisce in circa 4.250.000 il numero dei profughi da reintegrare, e che proprio questa imponente cifra è alla base delle legittime preoccupazioni di Israele per la sopravvivenza dello stato stesso.
    Meno noto è il calcolo in base al quale si arriva a definire in oltre 4 milioni il numero dei profughi palestinesi nel mondo titolari di questo presunto diritto. Ed ecco la spiegazione.
    Le Nazioni Unite hanno due strutture che si occupano istituzionalmente di profughi. La prima fa capo all'Alto Commissariato per i Rifugiati, che identifica i titolari di questa qualifica in coloro i quali "avendo un fondato timore di essere perseguitati... si trovano al di fuori del paese del quale hanno la nazionalità". Questa definizione esclude che i discendenti di rifugiati possano essere classificati anch'essi come rifugiati. I cubani fuggiti in Florida sono rifugiati, i loro figli e nipoti nati negli Stati Uniti non più, in quanto non hanno più la nazionalità cubana.
    Pertanto, in base alla definizione adottata da questa struttura dell'ONU il numero dei rifugiati da un determinato paese diminuisce nel tempo.
    Esiste però una seconda struttura dell'ONU, la United Nations Relief and Work Agency (UNRWA), istituita nel 1949 unicamente allo scopo di gestire il problema dei profughi palestinesi, e questa definisce i "suoi" rifugiati in maniera radicalmente diversa alla sua consorella, affermando che sono profughi dalla Palestina" coloro che sono vissuti in Palestina fra il giugno 1946 ed il maggio 1948, che hanno perso le loro case e mezzi di sostentamento a causa del conflitto arabo - israeliano del 1948... ed i discendenti di quanti divennero profughi nel 1948".
    La differenza di trattamento è evidente e clamorosa: per le Nazioni Unite i profughi non sono tutti uguali, e vi è chi è "più profugo" di altri, anzi la qualifica di profugo è addirittura ereditaria senza limiti di tempo.
    Bene, facciamo ora un po' di conti sulla base di quanto stabilisce l'ONU. Se presumiamo che i profughi palestinesi del 1948 siano stati 726.000, come dicono le fonti ufficiali dell'ONU (storici considerati obiettivi abbassano questa stima a 420.000 - 539.000, e motivano la cifra superiore con il desiderio dei profughi di percepire un maggiore introito dai sussidi pro capite), un semplice calcolo demografico che si basi sui criteri di riconoscimento dell'Alto Commissariato ci fa ritenere che in realtà i profughi non siano più 726.000, bensì circa 200.000.
    L'UNRWA, invece, come abbiamo visto include fra i profughi legittimamente riconosciuti come tali anche i figli nipoti e pronipoti di quanti abbandonarono la Palestina nel 1948, e con una interpretazione estensiva vi aggiunge anche quanti lasciarono la loro casa nel 1967 a seguito della Guerra dei 6 Giorni. Ed ecco come si spiega la crescita del loro numero dagli originari 726.000 ad oltre 4 milioni.
    Le Nazioni Unite, dunque, legittimano falsamente lo status di profughi per il 95% delle persone che l'Autorità Palestinese pretende di far tornare in patria - in Israele, non in Palestina, si noti bene, mentre solamente il 5% di queste può vantare un diritto riconosciuto dagli standard internazionali applicati dall'ONU stessa a tutti gli "altri" rifugiati del mondo.
    E' evidente e noto che il problema dei profughi è stato fin dal 1948 gestito dal mondo arabo sulla base di considerazioni strettamente ed esclusivamente politiche, non umanitarie; per mantenere in evidenza il contenzioso pertanto nessuno stato arabo ha assorbito i profughi palestinesi, negando loro spesso uguaglianza di diritti, accesso al lavoro ed allo studio, ed ovviamente l'acquisizione della cittadinanza.
    Per concludere, un'ultima notazione: gli Stati Uniti contribuiscono al bilancio dell'UNRWA con un importo corrispondente al 40% del bilancio annuo di 306 milioni di dollari dell'ente.

(Informazione Corretta, 26.06.2003)



ALTA MODA E CAMMELLI S'INCONTRANO A BE'ER SHEVA


Dapprima sembrava che fosse uno scherzo, ma in seguito la voce si è dimostrata vera: il famoso canale televisivo "Fashion-TV" (FTV) del magnate della moda Michel Adam (Lisowski) si trasferisce da Parigi nella sudisraeliana Be'er Sheva.
    Mentre la città sulla Senna è nota come capitale della moda, nella Be'er Sheva del Negev tutte le settimane si svolge un mercato dei cammelli. Esperti del mondo della moda non sono però molto sorpresi della decisione di Adam, perché sono a conoscenza dell'alto standard della locale industria della moda e del suo riconoscimento internazionale. Adam, uno degli uomini più potenti dell'alta moda, trasferirà a Be'er Sheva dapprima gli uffici tecnici di FTV, e in seguito sposterà l'amministrazione in Israele, a Tel Aviv o a Herzilija.
    "Michel Adam è fiero di essere un ebreo. Io capisco che lui si senta felice in Israele e speri in tempi di pace tra israeliani e palestinesi", ha detto un'annunciatrice di FTV all'agenzia di notizie Israel21c. "Lui vede l'enorme potenziale e ha fiducia nel popolo d'Israele. Questo ha contribuito alla sua decisione di spostare gli uffici di FTV".

(Icej-Nachrichten - Direkt aus Jerusalem, 27.08.2003 )



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