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Notizie su Israele 219 - 18 gennaio 2004 |
1. «Aiutateci ad abbattere tutti i muri del mondo!» 2. Considerazioni di uno che ha sperimentato un vero muro 3. Diktat dell'Autorità Palestinese ai giornalisti arabi 4. Una mozione degli Stati Uniti di valore storico 5. Il cuore del conflitto tra i palestinesi e Israele 6. Una giovane madre uccide se stessa per uccidere ebrei 7. Musica e immagini 8. Indirizzi internet |
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1. «AIUTATECI AD ABBATTERE TUTTI I MURI DEL MONDO!»
Con grande nostra sorpresa abbiamo scoperto che nel mondo esistono muri e barriere anche fuori di Israele. Ne abbiamo trovato qualcuno anche nei più importanti paesi appartenenti alla Nazioni Unite. Aiutateci, per favore, ad abbattere questi muri e scrivete ai capi di stato e ai rappresentanti alle Nazioni Unite. Cominciamo anzitutto con il muro tra il Messico e gli USA. Di questo muro non c'è proprio bisogno perché i milioni di messicani che ci sono negli Stati Uniti non commettono attentati suicidi nei ristoranti americani. Scrivete oggi a Mr. Bush e Mr. Powell (nessuno gli ha mai parlato di questo muro). President George W. Bush Postal address : The White House 1600 Pennsylvania Ave. NW Washington, DC 20500 Fax : (202) 456 - 2883 E-mail : president@whitehouse.gov U.S. Secretary of State Colin Powell Postal address : Department of State 2201 C Street, NW Washington, DC 20520 Telefax: (202) 647 - 1533 E-mail: secretary@state.gov Continuiamo con il muro tra la Corea del Nord e la Corea del Sud. Un muro del tutto inutile perché i regimi di entrambi i paesi condividono gli stessi valori democratici. Ricordate questo ai loro rappresentanti: Permanent Representative of the Democratic People's Republic of Korea to the UN, 820 Second Avenue, 13th Floor New York, NY 10017 Telephone: (212) 972-3105/3106/3128 Telefax: (212) 972-3154 Permanent Representative of the Republic of Korea to the UN 335 East 45th Street New York, NY 10017 Telephone: (212) 439-4000 Telefax: (212) 986-1083 Un muro in Europa! Può essere? Ma questi popoli vivono in pace! Il muro tra Cipro e il territorio occupato turco deve essere immediatamente rimosso, e non solo aperto durante il giorno. Scrivete a: Permanent Representative of Turkey to the UN 821 United Nations Plaza, 10th Floor New York, NY 10017 Telephone: (212) 949-0150 Telefax: (212) 949-0086 Permanent Representative of Cyprus to the UN 13 East 40th Street New York, NY 10016 Telephone: (212) 481-6023/6024/6025 Telefax: (212) 685-7316 Un altro muro in Europa! Questa volta nel Nord Irlanda, dove grazie alla saggia politica britannica cattolici e protestanti vivono insieme in pace da secoli. Abolite questo muro! Scrivete a Mr. Blair. Non sa di questi muri in Belfast! Rt Hon Tony Blair MP, Prime Minister Postal address : 10 Downing Street London SW1A 2AA Telefax: 0207 925 0918 Il prossimo è un buon muro, di quelli che il pacifico popolo olandese sa costruire. Ha il solo scopo di impedire a immigranti illegali di allontanarsi dall'area portuale di Hoek van Holland. Ma lo scopo è lo stesso di tutti gli altri muri: tenere lontana la gente cattiva dal proprio paese. Scrivete a: Minister President, J.P. Balkenende Ministerie van Algemene Zaken Postbus 20001 2500 EA Den Haag Nederland Telefax +31-70 - 356 46 83 Ora, questo muro è proprio brutto: un muro tra due importanti membri delle Nazioni Unite, India e Pakistan. Sentite che cosa sta scritto sotto una fotografia nel sito di Tribune: "Un contadino si muove con il suo carro di buoi lungo il muro di frontiera indo-pakistano vicino a Amritsar. Il suo campo agricolo si trova al di là del muro". Scrivete una lettera a: Permanent Representative of Pakistan to the UN Pakistan House, 8 East 65th Street New York, NY 10021 Telephone: (212) 879-8600 Telefax: (212) 744-7348 Permanent Representative of India to the UN 235 East 43rd Street New York, NY 10017 Telephone: (212) 490-9660 Telefax: (212) 490-9656 Un altro muro in Europa! Possibile? Nel paese di Solana! La Spagna ha eretto una barriera di filo spinato, sorvegliata da soldati, a Ceuta, sulla frontiera con il Marocco, al fine di tenere lontani i lavoratori stranieri (con bombe) dalla Spagna. Scrivete a: Presidente del Gobierno de Espana, José Maria Aznar Lopez, Complejo de La Moncloa 28071 Madrid Telefax: 91-335-32-15 Solo dopo aver abbattuto tutti questi muri si può chiedere a Israele di non costruire un muro che protegga i loro cittadini dai terroristi palestinesi. (Naomi Ragen 27.12.2003) *
Enzo Nahum
(Nahomi Ragen, 29.12.2003)
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La mozione chiede alla comunita' internazionale di riconoscere
ufficialmente il travaglio dei profughi ebrei dai paesi arabi come parte dell'equazione per risolvere il conflitto mediorientale. Il Congresso ha perfettamente ragione quando afferma che la questione dei profughi ebrei dai paesi arabi non compare, oggi, all'ordine del giorno della comunita' internazionale, in parte anche per responsabilita' degli israeliani, e che essa chiama in causa un caso molto serio di pulizia etnica da parte dei regimi arabi. Chiunque dubiti della cosa dovrebbe leggere l'articolo che Carol Basri, lettrice alla facolta' di Giurisprudenza dell'Universita' della Pennsylvania, ha pubblicato sul periodico del World Jewish Congress "Gesher" ("The Jews of Iraq: A Forgotten Case of Ethnic Cleansing," winter, 1984). Il lettore restera' scioccato dalle similitudini fra le azioni del regime iracheno, gia' prima della risoluzione Onu per la spartizione della Palestina mandataria (1947), e quelle attuate dai nazisti verso gli ebrei nella Germania degli anni '30: punizioni collettive, pogrom violenti, esecuzioni, licenziamenti in massa degli ebrei, negazione dei diritti civili (comprese due leggi irachene molti simili alle Leggi di Norimberga tedesche: negazione della cittadinanza agli ebrei e confisca delle loro proprieta'). La pulizia etnica, che raggiunse il culmine in Egitto sotto Gamal Abdel Nasser, non fu il frutto di uno scoppio popolare incontrollato quanto piuttosto, come nella Germania della Notte dei Cristalli, una strategia "organizzata dal regime e dalle sue istituzioni". Durante il dibattito all'Onu sulla spartizione della Palestina Mandataria (in due stati, uno arabo e uno ebraico), il rappresentante egiziano Heikhal Pasha minaccio' un "massacro di grandi quantità di ebrei" se il piano fosse stato approvato. Il rappresentante iracheno intimo' che sarebbe stato impossibile "tenere a freno le masse nel mondo arabo" se fosse stato creato uno stato ebraico. Le profezie si autoavverarono. Circa un milione di ebrei furono obbligati a fuggire e ad abbandonare tutti i loro beni per salvarsi la vita, e per la maggior parte vennero accolti in Israele e in alcuni paesi occidentali. Persino la moderata Tunisia conobbe un'ondata di razzismo e privazione di diritti civili ai danni dei suoi cittadini ebrei. Tali politiche razziste contro onesti cittadini vennero stigmatizzate nel 1951 dal parlamentare israeliano Toufiq Toubi che in un discorso alla Knesset del marzo 1951 le defini' "misure fasciste" e "parte di una campagna di persecuzione razziale". La mozione del Congresso americano non nasce solo da considerazioni politiche. Da ogni punto di vista del diritto internazionale, gli ebrei dei paesi arabi che si rifugiarono in Israele o in altri paesi occidentali sono profughi nel pieno senso della parola. Non si dovrebbe fare nessuna discussione circa i provvedimenti da adottare verso i profughi senza correggere questa ingiustizia storica, come ha fatto il Congresso statunitense. Israele ha dato la cittadinanza ai profughi ebrei dai paesi arabi, li ha accolti e li ha assorbiti. Per anni essi hanno patito nei campi di transito, ma Israele li considerava suoi figli che tornavano dalla Diaspora. I paesi arabi, al contrario, rinchiusero i profughi palestinesi e, con la sola eccezione della Giordania, negarono loro i piu' elementari diritti umani. Cio' che ha fatto Israele per i profughi che ha accolto non assolve in alcun modo i paesi arabi dalla responsabilita' per i loro crimini ne' dal loro obbligo di compensare i profughi e i loro discendenti per l'ingiustizia imposta loro e di restituire i beni rubati. Non vi sarebbe ne' logica ne' giustizia in una soluzione del contenzioso fra Israele e paesi arabi che non tenesse conto di questa materia. Sebbene gli ebrei dai paesi arabi non siano piu', oggi, dei profughi, essi devono ancora ricevere compensazione per i diritti e i beni perduti a causa delle politiche razziste attuate in quei paesi. (Ha'aretz, 13.01.2004 - israele.net) NOTA DI COMMENTO - La stampa internazionale, sempre pronta a registrare e diffondere ogni opinione critica verso Israele di qualche membro del Dipartimento di Stato americano (storicamente anti-israeliano), evita accuratamente di sottolineare le prese di posizione del Congresso degli Stati Uniti, assai più rappresentativo dell'opinione pubblica americana e molto più favorevole a Israele. 5. IL CUORE DEL CONFLITTO TRA I PALESTINESI E ISRAELE Una pedagogia dell'odio di Itamar Marcus e Barbara Crook Se volete sapere che cosa c'è realmente al cuore del conflitto tra i palestinesi e Israele non chiedetelo agli uomini politici né ai diplomatici. Rivolgetevi ai nuovi esperti in materia: i ragazzi palestinesi. A differenza del resto del mondo, loro hanno ascoltato con attenzione l'insegnamento dei loro educatori e sono pronti a mettere in pratica quello che hanno imparato. Per esempio, dei ragazzi intervistati la settimana scorsa alla televisione ufficiale palestinese, PA TV, hanno dichiarato molto chiaramente e senza la minima esitazione che Israele non ha diritto di esistere e che ciò a cui essi aspirano, accettando anche di sacrificare la loro vita per arrivarci, è molto semplicemente la distruzione di Israele e l'espulsione di tutti gli israeliani. «Loro [gli ebrei] sono venuti a prendere la Palestina, cioè Tel Aviv, Giaffa, Haifa, Acco, Ramla. Tutte queste città appartengono alla Palestina», spiega un ragazzo durante questo programma televisivo, facendo così eco all'indottrinamento praticato correntemente da anni dall'Autorità Palestinese (AP). E poiché è convinto che Israele non ha diritto di esistere, aggiunge: «Noi speriamo, speriamo, speriamo, e lo voglio sottolineare, che i paesi arabi e i paesi stranieri, tutti i paesi del mondo, sostengano i palestinesi ed espellano gli israeliani.» «Dobbiamo espellere tutti gli israeliani dalla Palestina. Perché Israele - non c'è niente che porti il nome d'Israele nel mondo-, gli israeliani sono venuti dall'Olanda, dall'America, dall'Iran.» E si vedono i ragazzi promettere di continuare a battersi, generazione dopo generazione, «fino a che libereranno la Palestina». E, cosa più importante, non hanno paura di morire nel corso dei combattimenti perché è Shahada, la Morte per Allah. «Anche se tutti i ragazzi palestinesi, la gioventù palestinese, le donne palestinesi e gli uomini palestinesi morissero, noi non ci arrenderemo!» Niente di tutto questo può sorprendere chi ha osservato quello che avviene nel quadro del sistema educativo dell'AP e della sua televisione educativa. Israele è cancellato dalle carte dell'AP, manuali scolastici e storici negano la storia d'Israele e il suo diritto all'esistenza, e gli educatori a tutti i livelli insegnano che Israele è un insediamento coloniale straniero. Anche se l'AP afferma il contrario, i suoi manuali scolastici continuano a delegittimare Israele e dicono che si tratta di un occupante straniero: «La Palestina ha subito l'occupazione britannica dopo la prima guerra mondiale nel 1917 e l'occupazione israeliana nel 1948.» ("Educazione Nazionale", scolari di 12 anni, p. 16). Si insegna ai ragazzi che la totalità d'Israele fa parte della "Palestina". Un esempio: «Tra le celebri rocce del sud della Palestina ci sono quelle di Beersheba e del Negev». A proposito delle sorgenti d'acqua della "Palestina" si insegna ai ragazzi che «la più importante è il lago di Tiberiade...» ("La nostra bella lingua", scolari di 12 anni, Parte A, p.64; "Educazione Nazionale", scolari di 12 anni, pp. 9-10). Alcuni storici affiliati all'AP vengono spesso a rinforzare questo messaggio nei programmi della televisione educativa. La settimana scorsa lo storico e l'animatore della televisione educativa, il dr. Isam Sisalem, ha ripetuto quello che ha già detto in numerose trasmissioni, cioè che gli ebrei «non hanno alcuna storia che li leghi a questa terra» e non sono che un «cancro» iniettato dalla Gran Bretagna per controllare il Medio Oriente. In questo programma educativo un altro storico ha risuscitato "I Protocolli dei Savi di Sion", quell'infame falso antisemita, sostenendo che è stato uno dei fondamenti del primo Congresso Sionista nel 1897. «... Il movimento sionista ha visto la luce nel corso del Congresso di Basilea per pianificare l'esecuzione della lotta di potere e la lotta condotta dall'Europa per appropriarsi del Medio Oriente...» ha dichiarato il dr. Riad Al-Astal, professore di storia all'Università Al-Azhar di Gaza. Di conseguenza, quando vediamo alla televisione palestinese dei ragazzi che vogliono distruggere Israele, liberare «Tel Aviv, Giaffa, Haifa, Acco e Ramla», ed espellere gli ebrei, vediamo dei ragazzi che rigurgitano senza fare errori i sentimenti inculcati in loro e rafforzati da tutta la società dell'Autorità Palestinese. Anni di indottrinamento anti-israeliano sono stati di un'efficacia spaventosa, e hanno insegnato ai ragazzi dell'AP che gli ebrei non hanno alcun legame con Israele, che Israele non ha diritto di esistere e che lo scopo essenziale della generazione che viene deve essere l'eliminazione d'Israele - anche se dovesse pagare con la propria vita. L'essenza di questo conflitto è il diritto stesso d'Israele all'esistenza, non una questione di frontiere, di territori o di profughi. Delle trattative di pace che non affrontino il problema posto dal sistema educativo e dal suo indottrinamento non saranno che accordi a breve termine che non valgono la carta su cui sono stati firmati e sono destinati al fallimento. I ragazzi palestinesi se ne sono resi conto. Noi forse avremmo tutti bisogno di fare dei corsi di studio supplementari. ------------------------- Itmamar Marcus è direttore di Palestinan Media Watch (PMW). Barbara Crook è una scrittrice che vive a Ottawa (Canada) ed è rappresetante di PMW per l'America del Nord. (Palestinian Media Watch, 04.01.2004) 6. UNA GIOVANE MADRE UCCIDE SE STESSA PER UCCIDERE EBREI Nella striscia di Gaza, al posto di blocco Erez, una palestinese di 21 anni, Reem Raiyshi, madre di due bambini, si è data la morte insieme a quattro israeliani. L'attentatrice suicida aveva detto piangendo ai militari di guardia che era malata e aveva del plastino nella gamba, e quindi ha chiesto di non passare attraverso il metal detector, perché altrimenti questo avrebbe cominciato a suonare. I militari hanno avuto compassione e le hanno permesso di evitare il metal detector e di sottoporsi a una ispezione in uno spazio attiguo. Poco dopo la donna ha fatto esplodere la sua bomba e ha ucciso tre soldati israeliani - due di loro provenienti dai paesi dell'ex Unione Sovietica - e un civile israeliano.
Ogni giorno circa 20.000 palestinesi usano questo posto di transito per andare a lavorare in Israele, traendone un guadagno di cui vivono 30.000 palestinesi. Dallo scoppio dell'intifada, sono state sette le donne palestinesi che hanno commesso un attentato suicida. Ventiquattro donne palestinesi volevano fare altrettanto, ma ne sono state impedite. Il primo ministro palestinese, Ahmed Qurea ha rifiutato di condannare l'attentato terroristico, dicendo che non ne aveva l'obbligo. (Stimme aus Jerusalem, 15.01.2004) *
Un commento Donato Di Segni
(Amici d'Israele, 15.01.2004) *
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