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Notizie su Israele 219 - 18 gennaio 2004

1. «Aiutateci ad abbattere tutti i muri del mondo!»
2. Considerazioni di uno che ha sperimentato un vero muro
3. Diktat dell'Autorità Palestinese ai giornalisti arabi
4. Una mozione degli Stati Uniti di valore storico
5. Il cuore del conflitto tra i palestinesi e Israele
6. Una giovane madre uccide se stessa per uccidere ebrei
7. Musica e immagini
8. Indirizzi internet
Isaia 40:30-31. I giovani si affaticano e si stancano; i più forti vacillano e cadono; ma quelli che sperano nel Signore acquistano nuove forze, si alzano a volo come aquile, corrono e non si stancano, camminano e non si affaticano.
1. «AIUTATECI AD ABBATTERE TUTTI I MURI DEL MONDO!»




Il "muro di Berlino" israeliano
Qualcuno si è premurato di fare una raccolta (neppure completa) di muri esistenti nel mondo e di indirizzi a cui scrivere per chiedere che siano abbattuti.

Con grande nostra sorpresa abbiamo scoperto che nel mondo esistono muri e barriere anche fuori di Israele. Ne abbiamo trovato qualcuno anche nei più importanti paesi appartenenti alla Nazioni Unite. Aiutateci, per favore, ad abbattere questi muri e scrivete ai capi di stato e ai rappresentanti alle Nazioni Unite.

Cominciamo anzitutto con il muro tra il Messico e gli USA. Di questo muro non c'è proprio bisogno perché i milioni di messicani che ci sono negli Stati Uniti non commettono attentati suicidi nei ristoranti americani. Scrivete oggi a Mr. Bush e Mr. Powell (nessuno gli ha mai parlato di questo muro).

President George W. Bush
Postal address : The White House
1600 Pennsylvania Ave. NW
Washington, DC 20500
Fax : (202) 456 - 2883
E-mail : president@whitehouse.gov

U.S. Secretary of State Colin Powell
Postal address : Department of State
2201 C Street, NW
Washington, DC 20520
Telefax: (202) 647 - 1533
E-mail: secretary@state.gov

Continuiamo con il muro tra la Corea del Nord e la Corea del Sud. Un muro del tutto inutile perché i regimi di entrambi i paesi condividono gli stessi valori democratici. Ricordate questo ai loro rappresentanti:

Permanent Representative of the Democratic People's Republic of Korea to the UN,
820 Second Avenue, 13th Floor
New York, NY 10017
Telephone: (212) 972-3105/3106/3128
Telefax: (212) 972-3154

Permanent Representative of the Republic of Korea to the UN
335 East 45th Street
New York, NY 10017
Telephone: (212) 439-4000
Telefax: (212) 986-1083

Un muro in Europa! Può essere? Ma questi popoli vivono in pace! Il muro tra Cipro e il territorio occupato turco deve essere immediatamente rimosso, e non solo aperto durante il giorno. Scrivete a:

Permanent Representative of Turkey to the UN
821 United Nations Plaza, 10th Floor
New York, NY 10017
Telephone: (212) 949-0150
Telefax: (212) 949-0086

Permanent Representative of Cyprus to the UN
13 East 40th Street
New York, NY 10016
Telephone: (212) 481-6023/6024/6025
Telefax: (212) 685-7316

Un altro muro in Europa! Questa volta nel Nord Irlanda, dove grazie alla saggia politica britannica cattolici e protestanti vivono insieme in pace da secoli. Abolite questo muro! Scrivete a Mr. Blair. Non sa di questi muri in Belfast!

Rt Hon Tony Blair MP, Prime Minister
Postal address : 10 Downing Street
London SW1A 2AA
Telefax: 0207 925 0918

Il prossimo è un buon muro, di quelli che il pacifico popolo olandese sa costruire. Ha il solo scopo di impedire a immigranti illegali di allontanarsi dall'area portuale di Hoek van Holland. Ma lo scopo è lo stesso di tutti gli altri muri: tenere lontana la gente cattiva dal proprio paese. Scrivete a:

Minister President, J.P. Balkenende
Ministerie van Algemene Zaken
Postbus 20001
2500 EA Den Haag
Nederland
Telefax +31-70 - 356 46 83

Ora, questo muro è proprio brutto: un muro tra due importanti membri delle Nazioni Unite, India e Pakistan. Sentite che cosa sta scritto sotto una fotografia nel sito di Tribune: "Un contadino si muove con il suo carro di buoi lungo il muro di frontiera indo-pakistano vicino a Amritsar. Il suo campo agricolo si trova al di là del muro". Scrivete una lettera a:

Permanent Representative of Pakistan to the UN
Pakistan House, 8 East 65th Street
New York, NY 10021
Telephone: (212) 879-8600
Telefax: (212) 744-7348

Permanent Representative of India to the UN
235 East 43rd Street
New York, NY 10017
Telephone: (212) 490-9660
Telefax: (212) 490-9656

Un altro muro in Europa! Possibile? Nel paese di Solana! La Spagna ha eretto una barriera di filo spinato, sorvegliata da soldati, a Ceuta, sulla frontiera con il Marocco, al fine di tenere lontani i lavoratori stranieri (con bombe) dalla Spagna. Scrivete a:

Presidente del Gobierno de Espana, José Maria Aznar Lopez,
Complejo de La Moncloa
28071 Madrid
Telefax: 91-335-32-15

Solo dopo aver abbattuto tutti questi muri si può chiedere a Israele di non costruire un muro che protegga i loro cittadini dai terroristi palestinesi.

(Naomi Ragen 27.12.2003)

*


Subito dopo aver diffuso questa lista di muri, Naomi Ragen ha ricevuto il seguente messaggio:

La sua lista dei vari muri nel mondo è veramente grande, e sicuramente scriverò ai leader mondiali lì indicati per mostrare la loro ipocrisia.
    C'è un altro muro importante che certamente lei conosce: è il molto concreto muro che la Città del Vaticano ha costruito a Roma allo scopo di tenere lontani gli italiani. E' una mostruosità che ogni turista che ha visitato la Cappella Sistina e i Musei Vaticani (a prezzi molto alti) conosce molto bene. Suggerisco di aggiungere questa vergognosa mostruosità alla lista dei "muri" che devono essere abbattuti prima di quello di Israele.
    Cordiali saluti,

Enzo Nahum

(Nahomi Ragen, 29.12.2003)





CONSIDERAZIONI DI UNO CHE HA SPERIMENTATO UN VERO MURO




Ho vissuto dietro il muro di Berlino

di Egmond Prill

Israele costruisce una barriera di sicurezza per proteggersi dal terrorismo quotidiano. In alcuni punti è un poderoso, alto bastione con sistemi di sicurezza elettronici. A molti ricorda il muro che ha diviso in due Berlino. "Il nuovo muro di Berlino", è stato chiamato, e così agli occhi di molti giornalisti la barriera di Israele ha trovato il nome adattto. Anche il vescovo bavarese Friedrich ha usato un titolo simile e ha invitato a porre fine alla divisione del paese e alla costruzione del muro.
    Io ho vissuto decine di anni dietro il muro, dietro l'autentico muro di Berlino, dietro la linea di demarcazione, con fili spinati, cani da combattimento, campi minati e impianti di sparo automatico. Ho vissuto nella DDR e per dieci anni proprio a Berlino. Il muro è stato costruito nel 1961 dai governanti di Berlino est come "baluardo antifascista" contro la Bundesrepublik e la Berlino libera. Ma soltanto diversi giorni dopo la costruzione del muro è diventato chiaro che la struttura di recinzione non serviva contro l'Ovest, ma contro l'Est. I sistemi di sparo miravano al proprio popolo. La DDR si assicurava non contro l'assalto dell'Ovest, ma contro la fuga della propria popolazione.
    Israele non costruisce nessun "muro di Berlino". Non è un fabbricato contro il proprio popolo, e non è neanche un muro contro un altro popolo. E' un costoso tentativo di proteggere una cosa che deve stare a cuore ad ogni Stato civilizzato e per la quale nessun prezzo è troppo alto: la vita dei suoi cittadini. Israele protegge se stesso dai terroristi con un muro. Per una lunghezza di chilometri il semplice cammino verso Haifa, Netanya, Herzliya viene sprangato dalla barriera. Con controlli quotidiani fatti da civili - davanti a ogni supermarket, davanti ad ogni cinema, davanti ad ogni pizzeria bisogna aprire la propria borsa - Israele protegge la vita nel proprio paese. E' una difesa passiva dal terrorismo, una cosa che ogni tanto gli addetti ai controlli pagano con la propria vita. Il muro serve a migliorare la difesa.
    L'opinione pubblica mondiale si è pronunciata raramente contro il vero muro di Berlino, che i comunisti nell'Est e molti democratici dell'Ovest hanno lodato come linea della pace. Israele costruisce un muro, e subito diventa un impedimento alla pace. Mi attento a dire che se Israele piantasse uva spina lungo la linea verde, anche questa azione verrebbe criticata a causa delle spine.
    Il fatto che lo Stato ebraico protegga i suoi cittadini irrita il mondo. Se Israele si difende, molti Stati si arrabbiano, perfino gli americani. Arriva quindi subito la condanna dell'Assemblea dell'Onu. Gli USA sono diventati più silenziosi dopo che a metà ottobre tre diplomatici USA sono saltati in aria a Gaza e alla fine di ottobre a Bagdad diversi attentatori suicidi si sono gettati contro la centrale della Croce Rossa internazionale con autambulanze piene di bombe e hanno fatto saltare in aria più di quaranta aiutanti.
    Adesso gli edifici dell'Onu a Bagdad e le sedi degli aiuti internazionali in Iraq devono essere meglio protetti: muri doppi di cemento con paratoie vengono costruiti.

(der Israelreport, 4/03)





3. DIKTAT DELL'AUTORITA' PALESTINESE AI GIORNALISTI ARABI




L'Autorita' Palestinese pretende che tutti i giornalisti che lavorano per le emittenti satellitari arabe indichino come "shahid" (martire) qualunque palestinese ucciso negli scontri con le Forze di Difesa israeliane, e che evitino di dar voce nei loro reportage a qualunque critica verso l'Autorita' Palestinese.
    Yussef al-Qazzaz, alto funzionario della Palestinian Broadcasting Corporation, ha attaccato duramente i giornalisti palestinesi per il fatto che nel loro lavoro non porrebbero gli interessi del popolo palestinese al di sopra di ogni altra cosa. L'attacco di Qazzaz e' rivolto soprattutto contro i corrispondenti palestinesi che lavorano per la stazione di proprieta' saudita Al-Arabiya, accusata di parlare di "morti" anziche' di "martirizzati" quando riferisce di palestinesi uccisi nelle violenze in corso. Rappresentanti ufficiali palestinesi hanno accusato per questo i giornalisti di "insensibilita'".
    Da quando e' iniziata un'ondata di attentati suicidi a Riad e in altre parti dell'Arabia Saudita, l'emittente Al-Arabiya ha incominciato a parlare di questi attacchi come di "azioni terroristiche". Secondo i palestinesi, da quel momento l'emittente avrebbe anche dato istruzione ai propri corrispondenti da Cisgiordania e striscia di Gaza di non chiamare piu' "martiri" i palestinesi che muoiono negli scontri a fuoco con gli israeliani o compiendo attentati suicidi.
    "La maggior parte dei corrispondenti radio-televisivi arabi hanno bisogno di essere rieducati politicamente e culturalmente circa la situazione interna [palestinese] - ha dichiarato Qazzaz - e cio' dovrebbe essere fatto dal Palestinian Journalists Syndicate, sebbene anche alcuni dei suoi dirigenti abbiano bisogno di essere rieducati. Anche il ministero dell'informazione [palestinese] dovrebbe avere il compito di rieducare questi corrispondenti, insegnando loro quali sono le locuzioni che si usano nella nostra vita politica. Non capiamo perche' alcune emittenti satellitari arabe non usino piu' il termine martiri".
    Qazzaz ha aggiunto di non capire come sia possibile che giornalisti palestinesi facciano osservazioni che ledono il loro popolo quando gli stessi giornalisti stranieri sono attenti a non alienarsi l'Autorita' Palestinese. Il riferimento era al corrispondente di Al-Arabiya da Ramallah, il quale in un recente servizio ha riferito che alcuni funzionari dell'Autorita' Palestinese abusano della propria posizione e si danno da fare solo per ottenere incarichi piu' elevati.
    La settimana scorsa il corrispondete di Al-Arabiya dalla striscia di Gaza, Seif al-Din Shahin, e' stato aggredito e pestato mentre passava nel centro della citta' di Gaza. Gli aggressori, che erano armati, si sono qualificati come membri di Fatah (il movimento presieduto da Yasser Arafat) e hanno detto a Shahin di non aver gradito i suoi servizi sulle celebrazioni paramilitari tenute a Gaza in occasione del 39esimo anniversario della fondazione di Fatah. Durante la celebrazioni, Fatah ha permesso che centinaia di uomini armati si scatenassero per le strade sparando in aria e provocando diversi feriti in varie localita' della striscia. Le celebrazioni sarebbero costate piu' di tre milioni di dollari.
    Shahin aveva gia' riferito in passato all'Autorita' Palestinese d'aver ricevuto varie minacce. "E' ora che le forze di sicurezza palestinesi facciano qualcosa - ha detto - Si tratta di una chiara violazione della liberta' di stampa e mi auguro che abbia presto fine".
    Il 21 dicembre 2001 Shahin era gia' stato aggredito a Gaza da uomini di Fatah quando lavorava per un'altra emittente TV. Il 6 gennaio 2003, invece, era stato arrestato dalla forze di sicurezza dell'Autorita' Palestinese dopo che aveva riportato la rivendicazione di un attentato suicida da parte di Fatah. Lo scorso mese di settembre, uomini armati di Fatah avevano dato l'assalto agli uffici di Al-Arabiya a Ramallah e avevano sfasciato mobili e apparecchiature, minacciando i dipendenti, perche' la stazione aveva dato voce ad alcuni palestinesi critici verso Arafat e i suoi principali collaboratori.
    
(Jerusalem Post, 12.01.04 - israele.net)





4. UNA MOZIONE DEGLI STATI UNITI DI VALORE STORICO




I profughi dimenticati

da un articolo di Amnon Rubinstein

Anche se la stampa ne ha parlato pochissimo, il Congresso degli Stati Uniti ha approvato alla fine dello scorso mese di ottobre una mozione di valore storico sulla questione dei profughi in Medio Oriente. La mozione, che riguarda non solo i profughi arabi ma anche i profughi ebrei e i loro discendenti, chiede che l'UNRWA (l'agenzia delle Nazioni Unite per i profughi della guerre arabo-israeliane) si attivi entro sei mesi nel senso di favorire l'inserimento dei discendenti dei profughi palestinesi nei paesi dove oggi vivono o in altri paesi che accettino di accoglierli. La mozione sottolinea che esistono in realta' due distinte questioni di profughi in Medio Oriente, una araba e una ebraica, e che il problema dei profughi ebrei dai paesi arabi non ha goduto della dovuta attenzione internazionale.
    dove avevano vissuto per decine di secoli, e furono costretti ad abbandonare "terreni, abitazioni, proprieta' private, affari, beni comunitari e uno storico patrimonio ebraico antico di migliaia di anni".

prosegue ->
La mozione chiede alla comunita' internazionale di riconoscere ufficialmente il travaglio dei profughi ebrei dai paesi arabi come parte dell'equazione per risolvere il conflitto mediorientale.
    Il Congresso ha perfettamente ragione quando afferma che la questione dei profughi ebrei dai paesi arabi non compare, oggi, all'ordine del giorno della comunita' internazionale, in parte anche per responsabilita' degli israeliani, e che essa chiama in causa un caso molto serio di pulizia etnica da parte dei regimi arabi. Chiunque dubiti della cosa dovrebbe leggere l'articolo che Carol Basri, lettrice alla facolta' di Giurisprudenza dell'Universita' della Pennsylvania, ha pubblicato sul periodico del World Jewish Congress "Gesher" ("The Jews of Iraq: A Forgotten Case of Ethnic Cleansing," winter, 1984). Il lettore restera' scioccato dalle similitudini fra le azioni del regime iracheno, gia' prima della risoluzione Onu per la spartizione della Palestina mandataria (1947), e quelle attuate dai nazisti verso gli ebrei nella Germania degli anni '30: punizioni collettive, pogrom violenti, esecuzioni, licenziamenti in massa degli ebrei, negazione dei diritti civili (comprese due leggi irachene molti simili alle Leggi di Norimberga tedesche: negazione della cittadinanza agli ebrei e confisca delle loro proprieta').
    La pulizia etnica, che raggiunse il culmine in Egitto sotto Gamal Abdel Nasser, non fu il frutto di uno scoppio popolare incontrollato quanto piuttosto, come nella Germania della Notte dei Cristalli, una strategia "organizzata dal regime e dalle sue istituzioni".
    Durante il dibattito all'Onu sulla spartizione della Palestina Mandataria (in due stati, uno arabo e uno ebraico), il rappresentante egiziano Heikhal Pasha minaccio' un "massacro di grandi quantità di ebrei" se il piano fosse stato approvato. Il rappresentante iracheno intimo' che sarebbe stato impossibile "tenere a freno le masse nel mondo arabo" se fosse stato creato uno stato ebraico. Le profezie si autoavverarono. Circa un milione di ebrei furono obbligati a fuggire e ad abbandonare tutti i loro beni per salvarsi la vita, e per la maggior parte vennero accolti in Israele e in alcuni paesi occidentali. Persino la moderata Tunisia conobbe un'ondata di razzismo e privazione di diritti civili ai danni dei suoi cittadini ebrei. Tali politiche razziste contro onesti cittadini vennero stigmatizzate nel 1951 dal parlamentare israeliano Toufiq Toubi che in un discorso alla Knesset del marzo 1951 le defini' "misure fasciste" e "parte di una campagna di persecuzione razziale".
    La mozione del Congresso americano non nasce solo da considerazioni politiche. Da ogni punto di vista del diritto internazionale, gli ebrei dei paesi arabi che si rifugiarono in Israele o in altri paesi occidentali sono profughi nel pieno senso della parola. Non si dovrebbe fare nessuna discussione circa i provvedimenti da adottare verso i profughi senza correggere questa ingiustizia storica, come ha fatto il Congresso statunitense.
    Israele ha dato la cittadinanza ai profughi ebrei dai paesi arabi, li ha accolti e li ha assorbiti. Per anni essi hanno patito nei campi di transito, ma Israele li considerava suoi figli che tornavano dalla Diaspora. I paesi arabi, al contrario, rinchiusero i profughi palestinesi e, con la sola eccezione della Giordania, negarono loro i piu' elementari diritti umani.
    Cio' che ha fatto Israele per i profughi che ha accolto non assolve in alcun modo i paesi arabi dalla responsabilita' per i loro crimini ne' dal loro obbligo di compensare i profughi e i loro discendenti per l'ingiustizia imposta loro e di restituire i beni rubati. Non vi sarebbe ne' logica ne' giustizia in una soluzione del contenzioso fra Israele e paesi arabi che non tenesse conto di questa materia. Sebbene gli ebrei dai paesi arabi non siano piu', oggi, dei profughi, essi devono ancora ricevere compensazione per i diritti e i beni perduti a causa delle politiche razziste attuate in quei paesi.
    
(Ha'aretz, 13.01.2004 - israele.net)

NOTA DI COMMENTO - La stampa internazionale, sempre pronta a registrare e diffondere ogni opinione critica verso Israele di qualche membro del Dipartimento di Stato americano (storicamente anti-israeliano), evita accuratamente di sottolineare le prese di posizione del Congresso degli Stati Uniti, assai più rappresentativo dell'opinione pubblica americana e molto più favorevole a Israele.





5. IL CUORE DEL CONFLITTO TRA I PALESTINESI E ISRAELE




Una pedagogia dell'odio

di Itamar Marcus e Barbara Crook

Se volete sapere che cosa c'è realmente al cuore del conflitto tra i palestinesi e Israele non chiedetelo agli uomini politici né ai diplomatici. Rivolgetevi ai nuovi esperti in materia: i ragazzi palestinesi. A differenza del resto del mondo, loro hanno ascoltato con attenzione l'insegnamento dei loro educatori e sono pronti a mettere in pratica quello che hanno imparato.

Per esempio, dei ragazzi intervistati la settimana scorsa alla televisione ufficiale palestinese, PA TV, hanno dichiarato molto chiaramente e senza la minima esitazione che Israele non ha diritto di esistere e che ciò a cui essi aspirano, accettando anche di sacrificare la loro vita per arrivarci, è molto semplicemente la distruzione di Israele e l'espulsione di tutti gli israeliani.

«Loro [gli ebrei] sono venuti a prendere la Palestina, cioè Tel Aviv, Giaffa, Haifa, Acco, Ramla. Tutte queste città appartengono alla Palestina», spiega un ragazzo durante questo programma televisivo, facendo così eco all'indottrinamento praticato correntemente da anni dall'Autorità Palestinese (AP). E poiché è convinto che Israele non ha diritto di esistere, aggiunge: «Noi speriamo, speriamo, speriamo, e lo voglio sottolineare, che i paesi arabi e i paesi stranieri, tutti i paesi del mondo, sostengano i palestinesi ed espellano gli israeliani.»

«Dobbiamo espellere tutti gli israeliani dalla Palestina. Perché Israele - non c'è niente che porti il nome d'Israele nel mondo-, gli israeliani sono venuti dall'Olanda, dall'America, dall'Iran.»

E si vedono i ragazzi promettere di continuare a battersi, generazione dopo generazione, «fino a che libereranno la Palestina».

E, cosa più importante, non hanno paura di morire nel corso dei combattimenti perché è Shahada, la Morte per Allah. «Anche se tutti i ragazzi palestinesi, la gioventù palestinese, le donne palestinesi e gli uomini palestinesi morissero, noi non ci arrenderemo!»

Niente di tutto questo può sorprendere chi ha osservato quello che avviene nel quadro del sistema educativo dell'AP e della sua televisione educativa. Israele è cancellato dalle carte dell'AP, manuali scolastici e storici negano la storia d'Israele e il suo diritto all'esistenza, e gli educatori a tutti i livelli insegnano che Israele è un insediamento coloniale straniero.

Anche se l'AP afferma il contrario, i suoi manuali scolastici continuano a delegittimare Israele e dicono che si tratta di un occupante straniero: «La Palestina ha subito l'occupazione britannica dopo la prima guerra mondiale nel 1917 e l'occupazione israeliana nel 1948.» ("Educazione Nazionale", scolari di 12 anni, p. 16). Si insegna ai ragazzi che la totalità d'Israele fa parte della "Palestina". Un esempio: «Tra le celebri rocce del sud della Palestina ci sono quelle di Beersheba e del Negev». A proposito delle sorgenti d'acqua della "Palestina" si insegna ai ragazzi che «la più importante è il lago di Tiberiade...» ("La nostra bella lingua", scolari di 12 anni, Parte A, p.64; "Educazione Nazionale", scolari di 12 anni, pp. 9-10).

Alcuni storici affiliati all'AP vengono spesso a rinforzare questo messaggio nei programmi della televisione educativa. La settimana scorsa lo storico e l'animatore della televisione educativa, il dr. Isam Sisalem, ha ripetuto quello che ha già detto in numerose trasmissioni, cioè che gli ebrei «non hanno alcuna storia che li leghi a questa terra» e non sono che un «cancro» iniettato dalla Gran Bretagna per controllare il Medio Oriente.

In questo programma educativo un altro storico ha risuscitato "I Protocolli dei Savi di Sion", quell'infame falso antisemita, sostenendo che è stato uno dei fondamenti del primo Congresso Sionista nel 1897.

«... Il movimento sionista ha visto la luce nel corso del Congresso di Basilea per pianificare l'esecuzione della lotta di potere e la lotta condotta dall'Europa per appropriarsi del Medio Oriente...» ha dichiarato il dr. Riad Al-Astal, professore di storia all'Università Al-Azhar di Gaza.

Di conseguenza, quando vediamo alla televisione palestinese dei ragazzi che vogliono distruggere Israele, liberare «Tel Aviv, Giaffa, Haifa, Acco e Ramla», ed espellere gli ebrei, vediamo dei ragazzi che rigurgitano senza fare errori i sentimenti inculcati in loro e rafforzati da tutta la società dell'Autorità Palestinese.

Anni di indottrinamento anti-israeliano sono stati di un'efficacia spaventosa, e hanno insegnato ai ragazzi dell'AP che gli ebrei non hanno alcun legame con Israele, che Israele non ha diritto di esistere e che lo scopo essenziale della generazione che viene deve essere l'eliminazione d'Israele - anche se dovesse pagare con la propria vita.

L'essenza di questo conflitto è il diritto stesso d'Israele all'esistenza, non una questione di frontiere, di territori o di profughi. Delle trattative di pace che non affrontino il problema posto dal sistema educativo e dal suo indottrinamento non saranno che accordi a breve termine che non valgono la carta su cui sono stati firmati e sono destinati al fallimento.

I ragazzi palestinesi se ne sono resi conto. Noi forse avremmo tutti bisogno di fare dei corsi di studio supplementari.

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Itmamar Marcus è direttore di Palestinan Media Watch (PMW). Barbara Crook è una scrittrice che vive a Ottawa (Canada) ed è rappresetante di PMW per l'America del Nord.

(Palestinian Media Watch, 04.01.2004)






6. UNA GIOVANE MADRE UCCIDE SE STESSA PER UCCIDERE EBREI




Nella striscia di Gaza, al posto di blocco Erez, una palestinese di 21 anni, Reem Raiyshi, madre di due bambini, si è data la morte insieme a quattro israeliani. L'attentatrice suicida aveva detto piangendo ai militari di guardia che era malata e aveva del plastino nella gamba, e quindi ha chiesto di non passare attraverso il metal detector, perché altrimenti questo avrebbe cominciato a suonare. I militari hanno avuto compassione e le hanno permesso di evitare il metal detector e di sottoporsi a una ispezione in uno spazio attiguo. Poco dopo la donna ha fatto esplodere la sua bomba e ha ucciso tre soldati israeliani - due di loro provenienti dai paesi dell'ex Unione Sovietica - e un civile israeliano.
 
Reem Raiyshi e sua figlia di 3 anni
E' la prima attentatrice suicida proveniente dalla striscia di Gaza e la prima inviata dall'organizzazione terroristica Hamas. A Gaza è stato fatto vedere un video-film in cui si vede l'attentatrice suicida tutta vestita di nero e con le strisce di stoffa verdi di Hamas che impugna un fucile M-16 e si proclama martire. Nel suo discorso di addio dice che fin da bambina ha sognato di compiere un attentato suicida per la sua patria e di essere la prima palestinese che si fa saltare in aria tra israeliani. Nel film dice inoltre che il suo unico desiderio secondo Dio/Allah è che le parti del suo corpo volino in aria. Hamas e le brigate dei Martiri di Al-Aqsa hanno rivendicato la responsabilità dell'attentato [si saranno divisi il premio promesso dai loro finanziatori a chi uccide israeliani, n.d.t.]
    Ogni giorno circa 20.000 palestinesi usano questo posto di transito per andare a lavorare in Israele, traendone un guadagno di cui vivono 30.000 palestinesi.
    Dallo scoppio dell'intifada, sono state sette le donne palestinesi che hanno commesso un attentato suicida. Ventiquattro donne palestinesi volevano fare altrettanto, ma ne sono state impedite.
    Il primo ministro palestinese, Ahmed Qurea ha rifiutato di condannare l'attentato terroristico, dicendo che non ne aveva l'obbligo.

(Stimme aus Jerusalem, 15.01.2004)

*

Un commento

Si e' finta zoppa la maledetta e cosi' ha aggirato il metal detector, poi arrivata dentro ha finto di cadere e appena i soldati sono accorsi per aiutarla chinandosi su di lei, da quell'essere immondo che era, li ha ripagati assassinandoli.

Che il mondo sappia con chi abbiamo a che fare e mediti prima di parlare.
Una (sic) donna benestante che lascia due figli piccoli pur di assassinare degli ebrei che fa il paio con il governo iraniano che ha lasciato morire uomini donne e bambini sotto le macerie del terremoto pur di rifiutare l'aiuto immediatamente offerto da Israele malgrado velocita' di intervento e alta sofisticazione che gli israeliani avrebbero potuto prontamente offrire.

La prossima volta che un palestinese portatore di handicap si avvicinera' ad un posto di blocco e verra' trattato con sospetto dai soldati sapremo chi ringraziare, Chi trovera' il coraggio per criticare, fara' meglio prima a provare vergogna.

Donato Di Segni

(Amici d'Israele, 15.01.2004)

*


Identificazione delle vittime

GAZA - Dopo l'attentato suicida al transito di Erez, le forze di soccorso hanno identificato le quattro vittime. I nomi:

Sottufficiale Zur Or, 20 anni, di Rishon LeZiyon.

Sottufficiale Wladimir Trostiansky, 22 anni, di Rehovot. La sua famiglia è immigrata in Israele dalla Russia nel 1997.

Caporale Andrey Kegeles, 19 anni, di Naharija. La sua famiglia è immigrata in Israele dalla Bielorussia sei anni e mezzo fa.

Gal Shapira, 28 anni, di Ashkelon. E' immigrato in Israele dalla Bielorussia nel 1992. Per un certo periodo di tempo ha stazionato come militare nel Libano. Negli ultimi quattro anni ha fatto parte del personale che lavora al posto di blocco di Erez.

(Israelnetz Nachrichten, 15.01.2004)





7. MUSICA E IMMAGINI




Yerushalayim




8. INDIRIZZI INTERNET




L'isola della rugiada divina

God's Clay - ISRAEL




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