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Notizie su Israele 244 - 21 giugno 2004

1. Yehuda Blum fa il quadro della situazione in Medio Oriente
2. Il comandante del gruppo terroristico di Khobar racconta
3. Arafat e Fatah ammettono legami e finanziamenti ai terroristi
4. Un interessante manuale sull'ebraismo
5. Ebrei ortodossi contro ebrei messianici
6. Musica e immagini
7. Indirizzi internet
Gioele 3:14-16. C’è una folla, una moltitudine, nella valle del Giudizio! Perché il giorno del Signore è vicino, nella valle del Giudizio. Il sole e la luna si oscurano e le stelle perdono il loro splendore. Il Signore ruggirà da Sion, farà sentire la sua voce da Gerusalemme, e i cieli e la terra tremeranno; ma il Signore sarà un rifugio per il suo popolo, una fortezza per i figli d’Israele.
1. YEHUDA BLUM FA IL QUADRO DELLA SITUAZIONE IN MEDIO ORIENTE




«Tutto è trattabile, ma non la nostra esistenza»

Intervista del giornale tedesco "Volkstimme" al professore israeliano Yehuda Blum.

Yehuda Blum è professore di diritto internazionale all'Università ebraica di Gerusalemme. Dal 1978 al 1984 è stato ambasciatore d'Israele presso le
Yehuda Blum
Nazioni Unite a New York. Nel 1979 ha fatto parte del team per le trattive di pace a Camp David. Yehuda Blum è nato nel 1931 a Bratislava. Nel 1940 la sua famiglia fuggì a Budapest. Di lì , insieme a 1700 ebrei ungheresi, nel quadro della cosiddetta "Kastner-Aktion", arrivò nel luglio 1944 al campo di concentramento di Bergen- Belsen. In agosto, un primo gruppo di questo trasporto ricevette da Himmler l'autorizzazione a trasferirsi in Svizzera. Nel dicembre 1944 Blum poté emigrare in Svizzera. Di lì nel 1945 emigrò con la sua famiglia in Palestina.
    Lunedì sera [14 giugno] il professor Yehuda Blum, su invito dell'Associazione Germania-Israele, ha riferito sul tema "Aspetti fondamentali del conflitto arabo-israeliano, con particolare riguardo agli aspetti di diritto internazionale".


Volkstimme: Professor Blum, come giudica la possibilità di formare uno Stato palestinese accanto allo Stato israeliano?
Yehuda Bum: La versione dei due Stati è sostenuta dall'80 per cento della popolazione israeliana. L'altra parte tuttavia non sarà soddisfatta di una simile soluzione. Per Arafat e per i palestinesi è soltanto una soluzione temporanea sul cammino della distruzione dello Stato d'Israele.

D. Quale dovrebbe essere il territorio dello Stato palestinese, se si arrivasse alla costituzione di un tale Stato?
R. Perfino i palestinesi adesso non pretendono niente di più che la Cisgiordania e la striscia di Gaza. La striscia di Gaza e il 98 per cento della Cisgiordania era già stata offerta a loro da Ehud Barak quattro anni fa a Camp David. La proposta è fallita su precisi punti che ci hanno dimostrato che i palestinesi continuano a contestare il diritto all'esistenza dello Stato d'Israele e considerano la sua distruzione come il loro obiettivo finale.

D. Quali sarebbero questi punti?
R. Primo: Il Monte del Tempio. Lì negli ultimi anni sono stati fatti degli scavi per cancellare le tracce del passato ebraico. Barak voleva una assicurazione che gli scavi sarebbero cessati. Risposta di Arafat: lì non c'è nessun tempio ebraico.
Secondo: Il problema dei profughi. Arafat parla di quattro milioni di profughi. Vuole assicurare a tutti il ritorno in Israele. Dei 6,2 milioni di cittadini israeliani, 1,2 milioni sono arabi. Se arrivassero i quattro milioni di Arafat, nello Stato ebraico vivrebbero più arabi che ebrei. Se in queste circostanze si volesse mantenere uno Stato ebraico, questo non potrebbe più essere democratico. Se invece volessimo mantenere uno Stato democratico, non avremmo più uno Stato ebraico. Quindi di un diritto al ritorno in Israele non se ne parla.
Terzo: Barak voleva aggiungere al trattato di pace una clausola con cui si dichiarava la fine del conflitto israelo-palestinese. Arafat si è rifiutato di sottoscriverla.

D. Chi l'ascolta arriva alla conclusione che ci sono ben poche possibilità per due Stati in questa regione.
R. Sarei ben contento se questa cosa riuscisse. Ma temo che nel prossimo futuro non sia possibile. Dipende dalla struttura della società araba. Nel serio processo mondiale di democratizzazione degli ultimi trent'anni, gli Stati arabi sono stati assenti. Tra di loro non c'è nemmeno uno Stato democratico. Se lì si arrivasse ad una democratizzazione, anche la nostra situazione cambierebbe. L'esperienza infatti ci insegna che le democrazie non si fanno coinvolgere leggermente in una guerra.

D. Se la situazione è così priva di uscite, che cosa si può fare per migliorare le prospettive?
R. Una soluzione temporanea. Di queste abbiamo vissuto negli ultimi sei decenni. Del resto, questo Status quo non è buono. Dobbiamo essere consapevoli che è soltanto una soluzione provvisoria. E di fatto è soltanto una tregua d'armi.

D. Qual è l'attuale soluzione temporanea? Un'Autorità autonoma palestinese non c'è più.
R. Può essere ristabilita. Ma un regolare Stato non può esserci fino a che non cessa il terrorismo. E con Arafat, questo lo dicono anche molti arabi, non si può trattare.

D. Chi sarebbe il partner delle trattative? Hamas?
R. Non Hamas. All'interno della società palestinese ci sono anche elementi che hanno la chiara visione che gli ebrei non si possono cacciare. Ma è sempre Arafat che tira i fili. Anche grazie ai soldi che gli europei danno ai palestinesi e di cui Arafat si fa forte.

D. Che cosa può fare la comunità internazionale per collaborare alla pace in Medio Oriente?
R. A dire il vero non lo so. A volte mi chiedo se l'immischiarsi della comunità internazionale è vantaggioso. Nei primi quattro decenni dell'esistenza dello Stato d'Israele è stata infatti una tattica araba quella di non trattare direttamente con Israele. Quindi fu chiamata in causa la comunità internazionale, il che ha incoraggiato l'ostinazione dell'atteggiamento arabo. Trattative dirette avrebbero favorito di più la pace del tradizionale atteggiamento dell'ONU.

D. Alcuni chiedono una truppa di pace dell'ONU per il Medio Oriente.
R. Sono contrario a una truppa di pace. Non potrebbe impedire gli atti di terrorismo. Diventerebbe un bastione di difesa per i palestinesi, inclusi i terroristi. E per noi diventerebbe più difficile reagire.

D. In Iraq qualcuno è intervenuto e ha pensato di poter portare la democrazia dall'esterno. Ne è venuta fuori una situazione pericolosa, instabile.
R. Non mi sorprende che si dica questo. Dopo la seconda guerra mondiale alla Germania occidentale è stata imposta la democrazia. E ha funzionato.

D. Ma c'erano motivi storici che erano diversi da quelli dell'attuale società irachena.
R. Questi sono sempre e dappertutto diversi. Non ci sono due situazioni identiche nella storia. Così l'Iraq è una costruzione artificiale che gli inglesi hanno messo in piedi dopo la prima guerra mondiale. Adesso, 80 anni dopo, stiamo pagando per queste manipolazioni.

D. Vi fa paura in Israele la situazione nell'Arabia Saudita?
R. A me personalmente, sì. Se ci dovesse essere un capovolgimento come c'è stato venticinque anni fa in Iran, sarebbe una minaccia molto seria per tutta la regione. Mi creda, io non nutro una grande simpatia per la monarchia saudita. In fondo i Sauditi hanno una grande responsabilità per il terrorismo nel mondo, che loro hanno finanziato.

D. Attualmente sembrerebbe che le differenze di opinione nel governo israeliano culminino nella questione del ritiro dalla striscia di Gaza.
R. Sono due piccoli partiti. Sharon ha estromesso uno di loro dal governo. L'altro, il Partito Nazionale Religioso, ha molti elettori tra i coloni nella striscia di Gaza e in Cisgiordania. Credo che perfino tra i coloni molti capiscano che non si può mettere a rischio il futuro dello Stato per 7.500 coloni nella striscia di Gaza che devono essere sorvegliati da 20.000 soldati.

D. Questo significa che lei caldeggia l'abbondono di questi insediamenti?
R. Personalmente non sono contrario agli insediamenti in Cisgiordania. Ma nella striscia di Gaza? Questo non lo capisco.

D. Dove vede la fondamentale differenza?
R. In certi posti la Cisgiordania è lontana soltanto 10-15 chilometri dalla costa mediterranea. Da lì Israele potrebbe essere divisa in due in pochi minuti. La striscia di Gaza confina con l'Egitto, con cui siamo in pace. Purtroppo soltanto una pace fredda, ma comunque una pace.

D. Costruire un muro tra due popoli...
R. ... una barriera, vuol dire. Quando in Germania si parla di muro, si pensa per associazione al muro di Berlino...

D. ... i pezzi di cemento....
R. ... sono il tre o quattro per cento dell'intera barriera, che in massima parte è fatta di filo di ferro e filo spinato.

D. Pensa che sia un modo adatto per arrivare ad un avvicinamento?
R. Non per un avvicinamento, ma per ridurre il terrorismo. Il fatto è che nella parte nord del paese, dove la barriera è già fatta, ci sono stati molto meno attentati di un anno fa. Adesso si concentrano su regioni in cui la barriera non è ancora pronta.

D. Voi vivete di soluzioni provvisorie. E' anche la barriera una di queste? Si può anche tornare ad abbatterla?
R. Se la situazione si tranquillizza e il terrorismo cessa. Dietro a questo c'è una questione di legittimità. Io posso trattare su tutto, ma non sul mio diritto all'esistenza. Se questo non viene riconosciuto, dovrò forse trattare sulla mia sparizione? Noi non contestiamo la legittimità degli arabi. E' nel nostro proprio interesse che il livello di vita dei palestinesi cresca. Mentre il nostro standard di vita è molto simile a quello dell'Europa occidentale, lo standard palestinese è quello di un paese in via di sviluppo. Nel lungo termine questa differenza rappresenta un pericolo per la nostra società. Per questo negli ultimi 70 anni abbiamo appoggiato alcuni progetti nella striscia di Gaza. Abbiamo offerto ai profughi della terra affinché possano lasciare i loro campi profughi e costruirsi la loro propria esistenza. Siamo stati condannati dall'Assemblea dell'ONU perché abbiamo tentato di rimuovere il problema dei profughi.

(Volkstimme, 16.06.2004)





2. IL COMANDANTE DEL GRUPPO TERRORISTICO DI KHOBAR RACCONTA




Il 18° numero del giornale 'Sawt Al Jihad', che si presume faccia capo ad Al Qaeda,contiene un'intervista con Fawwaz bin Muhammad Al Nashami, comandante della Brigata Al Quds, che si è assunto la responsabilità dell'attacco del 29 maggio a Khobar, Arabia Saudita, in cui rimasero uccise 22 persone. Presentiamo brani dell'intervista: 1


Piano dell'operazione

Sawt Al Jihad: "Sia lode ad Allah (…) che, quando gli venne chiesto: 'Che cosa, da parte dell'uomo, rende felice il Signore?', rispose: 'Che [il credente] si lanci disarmato in un combattimento faccia a faccia col nemico'".

"Con noi, oggi, è il comandante della Brigata Al Quds, che ha portato a termine l'operazione unica per eccellenza nella Penisola Arabica orientale [l'Arabia Saudita], così ci farà conoscere i particolari dell'operazione e quello che realmente accadde. Prima di tutto vogliamo dare il benvenuto al nostro fratello e chiedergli di rievocare per noi alcuni preparativi dell'operazione".

Al Nashami: "In nome di Allah, preghiera e pace per il Profeta: Che Allah vi benedica. Nella battaglia di Khobar, non c'era altra scelta che compiere operazioni suicide. I fratelli tutti, possa Allah preservare quelli che rimangono in vita e accogliere quelli che sono stati uccisi, erano consapevoli che nessuno sarebbe ritornato, che avrebbero dovuto combattere fino alla morte e progettarono così la tattica di gettarsi in mezzo al nemico: i bersagli erano difficili e protetti da misure di sicurezza strettissime".

"In effetti, tutta la zona era come le colonie straniere, come se fosse in un paese occidentale, tanto che non si potevano fare 200 metri senza incontrare armi pesanti, Hummers [veicoli blindati], blocchi di ispezione, armi e truppe armate".

"Grazie ad Allah, i fratelli si erano incontrati e avevano preparato il piano con parecchi giorni d'anticipo. Dopo le preghiere del mattino, avevano rivisto il piano finale. Nel frattempo, nostro fratello Abu Hajar [il comandante qaedista nella Penisola Arabica Abdel 'Aziz Al Muqrin] mi nominò comandante del gruppo. Non ero qualificato per quest'incarico, ma era una prova voluta da Allah. Nell'incontro coi fratelli, ho spiegato loro gli scopi e il piano dell'operazione, ho mostrato i bersagli e abbiamo fatto una ricognizione, in aggiunta a quella precedente, e abbiamo imparato a memoria i percorsi che portano ai siti".

"Il giorno dell'operazione, ci siamo divisi i compiti finali. Io avrei guidato l'auto; nostro fratello Nimr Al Baqmi [rimasto ucciso nell'attacco], che chiediamo ad Allah di accogliere, era accanto a me; nostro fratello Hussein sedeva dietro e il quarto fratello Nader stava dietro a Nimr. La macchina era una Maxima".

"Alla vigilia dell'operazione, ho messo il congegno esplosivo nella macchina e l'ho riempita di esplosivi, perché il terzo sito, un complesso residenziale, è il più fortificato di tutta la zona orientale. La sua distanza dal palazzo del [Principe Turki bin] Muhammad bin Fahd è di soli 500 metri, ed è noto come centro di massima dissolutezza e prostituzione. E' una zona molto grande, piena di ville. Porta il nome di [Abdel Aziz] Al Sani', ma la verità è che appartiene a Muhammad bin Fahd e che si tratta solo di una copertura".

"Il nostro piano era che, una volta finito con i primi due obiettivi, ossia le due compagnie petrolifere, ci saremmo diretti verso il complesso residenziale, dove sarebbero accorse le forze di emergenza, e avevamo deciso che avrei dovuto entrarvi con la macchina per farla saltare in mezzo a loro e aprire così la via ai fratelli".

Sawt Al Jihad: "Che distanza c'era fra quei due complessi?".

Al Nashami: "Di complessi così non ne avevo mai visti in vita mia. Sorgono nell'area della Cintura d'oro, la zona più lussuosa e ricca del distretto orientale, ed è piena di case principesche, come quella dove vive l'Emiro della regione orientale. Abbiamo visto anche marines in divisa uscire da lì. Il complesso è di circa tre chilometri per tre e ha un certo numero di entrate, insomma, è una superficie enorme".

Sawt Al Jihad: "E le compagnie?".

Al Nashami: "La prima compagnia era la Arab Oil Investment Company. E' una compagnia che appartiene all'americana Halliburton. E' impegnata in Iraq. Si chiama Arab Oil Investment Company, ma in realtà è costituita da un certo numero di grandi compagnie petrolifere internazionali".


Il primo attacco: "Legammo l'infedele per una gamba dietro la macchina.Tutti hanno visto l'infedele trascinato"

Sawt Al Jihad:"Come avete cominciato?".

Al Nashami: "Siamo partiti da casa esattamente alle sei meno un quarto. Ci siamo avvicinati al luogo, ci siamo cambiati i vestiti, abbiamo allacciato cartucciere e armi e pregato Allah di aiutarci e di facilitarci le cose".

"L'edificio della compagnia ha due entrate e noi ci siamo diretti alla prima. Nostro fratello Nimr e gli altri hanno intimato alla guardia di aprire il cancello. C'era un uomo dietro il cancello. Due del servizio di sicurezza stavano fuori e uno dentro, ed era quest'ultimo che poteva aprire. I fratelli gli hanno detto: 'Apri il cancello!', ma lui non l'ha fatto. I fratelli volevano fare irruzione, ma lui si è nascosto dietro il bancone".

"Avevamo fretta perché dovevamo finire con questa compagnia e passare all'altra. Perciò ci siamo diretti all'altro cancello principale, lo abbiamo sfondato e ucciso le guardie che stavano lì".

"Non appena entrati, abbiamo incontrato la macchina di un inglese, il direttore degli investimenti della compagnia, di cui Allah aveva decretato la morte. E' il suo cellulare, macchiato di sangue sul sedile della macchina, che hanno continuato a far vedere alla televisione. Lo abbiamo lasciato sulla strada".

"Siamo usciti e saliti in macchina. Avevamo legato l'infedele per una gamba dietro la macchina. Lasciato il complesso [della compagnia], abbiamo incontrato delle pattuglie. La prima ad arrivare era una jeep con un soldato e lo abbiamo ammazzato. Con le altre, ci sono stati scontri a fuoco e abbiamo potuto passare".

"Grazie ad Allah, avevamo individuato più di una strada per arrivare al secondo sito. Quando le pattuglie ci bloccarono, non ci fu possibile rifare lo stesso percorso, così facemmo l'altra strada - lungo la costa e poi la via Khobar, ossia l'autostrada Damam - quattro chilometri".

"L'abito dell'infedele si era tutto strappato e lui era nudo per la strada. La strada era piena di gente, era orario lavorativo e tutti potevano vedere l'infedele che veniva trascinato, sia lode e gratitudine ad Allah".

"Arrivati a uno dei ponti, siamo finiti in un agguato, [un mucchio] di jeep di quei cani Tawaghit [le truppe governative saudite] e delle guardie degli americani e con loro c'è stato uno scontro a fuoco. 2 Attraversando il ponte, la corda che teneva legato l'inglese si è spezzata e il corpo dell'infedele è caduto al centro dell'incrocio, fra i quattro segnali di stop, e tutti quelli che si erano fermati allo stop hanno visto l'infedele nel momento in cui cadeva dalla cima del ponte".

"I fratelli avevano ingaggiato uno scontro a fuoco con le pattuglie gridando tutto il tempo 'Allah Akbar' e 'Non c'è altro Dio all'infuori di Allah'".


Il secondo attacco: "Siamo Mujahiddin e vogliamo gli americani. Gli abbiamo sparato alla testa. Gli abbiamo tagliato la gola"

"Grazie ad Allah, avevamo superato l'agguato e continuato la nostra strada verso la seconda compagnia, la Petroleum Centre, che è in un complesso con molte altre compagnie. Arrivati all'entrata, siamo scesi dalla macchina. Grazie ad Allah, i fratelli erano meravigliosamente calmi e sereni, come se stessero facendo una passeggiata".

"Siamo entrati e abbiamo trovato dei giovani della Penisola Arabica [sauditi] che indossavano la divisa dell'Aramco. Ci hanno chiesto: 'Cosa succede?' Abbiamo risposto: 'State calmi, non abbiate paura, non siete voi che vogliamo. Vogliamo solo gli americani'".

"Siamo entrati tutti e quattro. Abbiamo incontrato impiegati arabi e li abbiamo salutati. Gli abbiamo chiesto: 'Dove sono gli americani?'. Erano tutti atterriti e dissero: 'Cosa succede? Chi siete?'. 'Siamo Mujahiddin e vogliamo gli americani. Non siamo venuti per sparare contro i musulmani, ma per purificare la Penisola Arabica, secondo la volontà del nostro Profeta Muhammad, dagli infedeli e dai politeisti che uccidono i nostri fratelli in Afghanistan e in Iraq. Vogliamo che ci mostriate dove sono'".

"Abbiamo cominciato a salire le scale. L'edificio comprendeva un certo numero di compagnie e c'erano molte porte. Ogni volta che ne aprivamo una, trovavamo un grande spazio e in esso molti uffici e l'ufficio principale con la parete di vetro".

"Entrati in uno degli uffici, abbiamo trovato un infedele americano, che sembrava il direttore di una delle compagnie. Sono entrato nel suo ufficio e l'ho chiamato. Quando si è voltato verso di me, gli ho sparato alla testa e la testa è scoppiata. In un altro ufficio, abbiamo trovato un infedele del Sudafrica e nostro fratello Hussein gli ha tagliato la gola. Abbiamo pregato Allah di accettare questi atti di devozione da parte nostra e da parte sua. Era l'infedele del Sudafrica".

"Usciti dagli uffici, abbiamo trovato nostro fratello, Nimr l'eroe, che stava all'ingresso della compagnia a fare la guardia, bevendo un po' d'acqua come se fosse in una gita. [Si comportava così] per il suo grande coraggio, che Allah abbia misericordia di lui".

"Abbiamo ripreso la macchina. Stavano accorrendo forze d'intervento per difendere gli americani, forse qualcuno era del corpo dei marines. C'è stato uno scontro a fuoco, il terzo che ingaggiavamo con loro. La loro grande vigliaccheria si rivelava nel comportamento: erano molto lontani e, quando ci siamo avvicinati, hanno continuato a indietreggiare e ad allontanarsi".


Il terzo attacco: "Fratello Nimr gli ha tagliato la testa e l'ha messa sul cancello dell'edificio. Abbiamo trovato tecnici indù e tagliato la gola anche a loro"

"Ci siamo poi diretti al terzo sito, che era l'obiettivo più fortificato di tutti. Il nostro piano era di rimanere sulla macchina fino a quando non avessimo affiancato la Hummer americana. Una volta vicini, i fratelli si sono sporti dai finestrini, gridando 'Allah Akbar' e sparando. E ho visto il cranio del soldato che stava dietro la mitragliatrice scoppiare davanti ai miei occhi. Sia lodato Allah. Penso che sia stato ammazzato anche l'autista".

"Il nostro piano originario era di penetrare attraverso il cancello d'uscita e, immediatamente dopo essere entrati, io avrei dovuto far saltare in aria la macchina in mezzo a loro [le guardie], mentre i fratelli avrebbero dovuto irrompere dentro il complesso".

"Non appena arrivati, e superata la Hummer, c'è stata una sparatoria. A uno dei cancelli, Allah ci ha mandato una guardia giurata, che avevamo visto per la strada. Gli abbiamo intimato di aprire il cancello e così non è stato necessario far saltare la macchina".

"Fatello Nimr si aggirava impettito nel complesso. Siamo allora entrati nel complesso dalla via principale. E' davvero molto grande, lunga vari chilometri e comprende molti edifici".

"Ci siamo diretti verso uno degli edifici. Fratello Nimr, sia la misericordia di Allah su di lui, ha dato spallate contro la porta finché si è aperta. Siamo entrati e abbiamo trovato molte persone. Chiedevamo loro di che religione erano e i documenti d'identità. Abbiamo approfittato di questi momenti per la Da'wa [predicazione dell'Islam] e per illuminare questa gente sul nostro obiettivo. Abbiamo parlato con molti di loro".

"Nel frattempo abbiamo trovato un infedele svedese. Fratello Nimr gli ha tagliato la testa e l'ha messa sul cancello, bene in vista per tutti quelli che entravano e uscivano".

"Continuavamo nella nostra ricerca d'infedeli e quando ne trovavamo gli tagliavamo la gola. Arriva il rumore delle pattuglie e del personale di sicurezza che si radunavano fuori. Questi vigliacchi non avevano il coraggio di entrare. Erano passati 45 minuti o un'ora dall'inizio dell'operazione".

"Abbiamo continuato a setacciare il posto alla ricerca degli infedeli. Abbiamo scovato dei cristiani filippini e tagliato loro la gola, dedicandoli ai nostri fratelli Mujahiddin delle Filippine. Abbiamo trovato anche dei tecnici indiani e anche a loro abbiamo tagliato la gola, sia lodato Allah. Quel giorno abbiamo ripulito la terra di Maometto di molti cristiani e politeisti".

"Poi, ci siamo diretti all'hotel. Appena entrati, abbiamo trovato il ristorante, dove abbiamo fatto colazione e ci siamo riposati un po'. Saliti al piano superiore, abbiamo trovato molti cani indiani e gli abbiamo tagliato la gola. Ho chiesto ai fratelli di lasciarli sulle scale in modo che le truppe dei Taghut li vedessero entrando e che si spaventassero a morte. 3 Ma li avevo immaginati migliori di quello che erano, questi vigliacchi, perché non sono entrati nell'hotel se non dopo che ne eravamo usciti noi".

"Abbiamo impiegato un po' di tempo per spiegare il Corano ai musulmani rimasti. Abbiamo insegnato loro come leggere [Surat] Al-Fatiha nel modo corretto. Ci guardavano con ammirazione e dicevano: 'Come potete fare questo in un clima così rovente?'. Grazie ad Allah, che ci ha permesso di fare questo".

"I musulmani indiani ci hanno detto che il loro direttore era un vile che non permetteva loro di pregare e che sarebbe venuto fra poco. Appena arrivato, abbiamo controllato di che religione era sui suoi documenti e lo abbiamo tenuto con noi per un po' di tempo".

"Ho poi chiamato la televisione Al-Jazeera che ci fece un'intervista che non è stata mandata in onda. Ho detto che stavo parlando dal complesso e che miravamo solo agli infedeli".

"Poi, entrato in una delle stanze, ho guardato le notizie alla televisione che stava riferendo dell'assalto. Erano passate circa cinque ore dall'inizio dell'operazione e stavano annunciando che le forze di emergenza 'stavano facendo in quel momento irruzione nel complesso'. Assegnai ai fratelli certe posizioni nell'hotel e ci preparammo a respingere un attacco dei cani dello stato. se ci avessero attaccati".

"Alle due, fecero irruzione, guidati da un ufficiale. Li vedevamo dalle nostre posizioni e lanciammo bombe su di loro. L'ufficiale fu ammazzato, grazie ad Allah, e i suoi soldati feriti. I soldati gridavano ai fratelli dietro loro: 'Vogliamo andar via, in nome di Allah, portateci via, fateci uscire!' E noi gridavamo: 'Allah Akbar' e 'Allah è il nostro Dio. Voi non avete Dio. Andate all'inferno e infame è il vostro destino!'"

"Nimr, che Dio abbia pietà di lui, ha detto a uno di loro: 'Vieni più vicino, vigliacco, vieni qui!' Ma lui è scappato".

"Hanno cominciato a sparare con armi pesanti contro l'albergo e hanno continuato fino al pomeriggio. Nel frattempo abbiamo macellato il vile indiano che ha impedito ai suoi impiegati di pregare. Abbiamo trasferito i musulmani all'ultimo piano per proteggerli da spari e razzi delle forze d'intervento. Noi siamo poi rimasti al pian terreno ad aspettare quei codardi".

"Nostro fratello Hussein era sulle scale e ha visto un infedele italiano. Gli ha puntato contro la pistola e gli ha chiesto di avvicinarsi. L'infedele ha obbedito. Abbiamo controllato i suoi documenti d'identità e deciso di chiamare Al-Jazeera, per farlo parlare alla sua gente e avvertirli riguardo alla guerra contro l'Islam e i suoi popoli, e poi gli avremmo tagliato la gola, un dono sacrificale agli italiani che combattono contro i nostri fratelli in Iraq e al loro presidente idiota che vuole sfidare i leoni dell'Islam".

"Abbiamo chiamato Al-Jazeera e abbiamo detto al presentatore di parlare con lui [l'italiano]. Mi ha chiesto: 'Parla l'inglese?' Gli ho risposto: 'Avete un interprete italiano?' E lui: 'Si'. E gli ho detto: 'Fallo parlare nella sua lingua'".

"L'italiano ha parlato per parecchi minuti. Ho chiesto al presentatore: 'Lo hai registrato?' Ha risposto: 'Si'. E poi l'eroe Nimr gli ha tagliato la gola". 4

Sawt Al-Jihad: "Chiediamo ad Allah di accettare questo dono sacrificale dalle vostre mani. Che cosa è successo dopo?"

Al-Nashami: "Durante tutto questo tempo, siamo rimasti sul chi vive e pronti. Uno dei fratelli ha suggerito di attaccare quei codardi, dato che li abbiamo aspettati per tanto tempo e non sono venuti. Così, abbiamo invocato il consiglio di Allah. Dopo le preghiere della sera, abbiamo invocato Allah. Dopo le preghiere di tarda sera, abbiamo invocato il consiglio di Allah una terza volta". 5

"Stranamente ci sentivamo assonnati. E la cosa più strana è che ci ervamo sentiti cosi, fin dall'inizio dell'operazione la mattina, e poi ci siamo ricordati delle parole di Allah 'che vi avviluppa nel sonno [dato a voi da Lui] per la [vostra] tranquillità [Corano 8:11]' ". 6


La Fuga

"Dopo la preghiera di tarda sera, abbiamo analizzato la situazione e ci siamo mossi dopo le 9:00. Siamo usciti da un passaggio, l'ultimo al quale il nemico avrebbe pensato, e Allah gli ha annebbiato la vista perché non ci vedesse".

"Siamo saliti su una delle cascate artificiali che danno sulla strada. La distanza da terra era grande, 13 metri. Intorno a queste cascate ci sono alberi alti e, a oltre cinque metri, un muro in cemento che circonda il complesso".

"Il primo a saltar giù è stato fratello Hussein. Aveva lanciato la sua borsa di munizioni, messo il suo Kalashnikov sulle spalle, tirato la cinghia, detto 'In nome di Allah' e si è gettato. Quando è atterrato, è rimasto lì scompigliato e uno dei fratelli ha pensato che era morto. Ma per grazia di Allah, il terreno era ammorbidito dall'acqua delle cascate. Così, fratello Hussein è rimasto illeso. Potevamo a mala pena credere ai nostri occhi. Lo abbiamo chiamato e ci ha risposto che era tutto d'un pezzo e in forma. Abbiamo avuto allora la certezza che si trattasse di un grande miracolo di Allah, vista l'altezza di 13 metri. Oh Allah, tu sia lodato!"

"Dopo di che è saltato giù fratello Nader, poi io e fratello Nimr, che Allah lo accolga".

Sawt Al-Jihad: "Allah Akbar (...) Che Allah sia lodato per questo grande miracolo. E ora siete fuori per strada".

Al-Nashami: "Si, siamo ora per strada e gli alberi impediscono a loro di vederci. Tutte le guardie assembrate li fuori erano convinte che stavamo all'interno dell'albergo. Erano quasi le 10:30 di sera ed eravamo molto stanchi e assonnati. Decidemmo di riposarci prima di attaccarli. C'erano solo pochi metri di distanza tra loro e noi, ma Allah nella sua misericordia ha deviato il loro sguardo verso l'albergo e ci ha preparato alberi giganti per farci da schermo. Innanzitutto, non si

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aspettavano, neppure all'un per cento, che potessimo saltare da un muro tanto alto".

"I fratelli hanno dormito un'ora e io vegliavo su di loro. Tutti i fratelli erano convinti che saremmo stati uccisi [durante l'operazione], ma preferivamo combattere dopo aver riposato. Dopo io ho fatto un sonno, come mai nella mia vita quanto a riposo e serenità, Allah sia lodato".

"Poi abbiamo deciso che saremmo stati noi ad attaccare. Ci siamo riuniti e abbiamo implorato insistentemente Allah con le nostre preghiere affinché ci fornisse un esercito di Suoi ospiti. Il piano era che saremmo usciti all'aperto e avremmo fermato il primo veicolo in vista. Nimr e Hussein avrebbero avvicinato il mezzo e ucciso i cani americani al suo interno.Io sarei andato verso il Hummer e aperto il fuoco per deviare l'attenzione dagli altri e fratello Nader avrebbe portato il resto delle munizioni alla macchina, dato che rallentano la necessaria velocità di movimento. Dopo, presa la macchina, ci saremmo diretti verso lo sbarramento di guardie di sicurezza per affrontarli".

Sawt Al-Jihad:"Secondo la sua stima, quanti soldati c'erano?"

Al-Nashami: "Per la verità c'era un gran numero di forze, mezzi blindati, Hummers e altri veicoli. Avevamo deciso di prendere la macchina perché lo sbarramento di sicurezza era lungo chilometri. Ci voleva una macchina per portare noi e le armi e per far breccia".

"Quando siamo apparsi da dietro gli alberi, i soldati sono rimasti di stucco e ci hanno guardato come se fossimo fantasmi. Il primo a raggiungerli è stato Nimr, che Allah abbia pietà di lui. E' corso a una velocità incredibile, sparando e gridando 'Allah Akbar'. C'è stato un conflitto a fuoco e Allah, nella sua bontà, generosità, pietà e benevolenza, ci ha assicurato la vittoria su di loro".

"Il resto dei soldati intorno al palazzo ha cominciato a sparare, non so a che cosa sparassero, forse alcuni provavano le loro armi per la prima volta".

"Abbiamo distrutto due jeep e ucciso gli occupanti. Ho ucciso l'autista della terza jeep e il mezzo si è capovolto varie volte. Eravamo ora in mezzo alla strada e non riuscivamo a trovare una macchina".

"Volevamo percorrere una delle strade vicine, ma Nimr è uscito all'aperto, rapido come un fulmine, mettendosi in una posizione di combattimento molto difficile, scambiando fuoco con un Hummer. Ho visto i proiettili traccianti lasciare il suo fucile, illuminando il soldato dietro alla mitragliatrice. Abbiamo attraversato la strada, sotto una pioggia di pallottole, rispondendo al fuoco. E' stato un miracolo e una grazia meravigliosa di Allah. Abbiamo visto i proiettili passare tra i nostri piedi e intorno a noi, ma neppure uno ci ha colpito, solo Allah sia lodato".

"Siamo entrati nella zona designata, Allah sia ringraziato, riuscendo a superare lo sbarramento, mentre quegli idioti continuavano a sparare. Poi siamo saliti su una delle macchine e siamo partiti".

"Per Allah, sono sbalordito da quanto è accaduto. La distanza era di un chilometro e mezzo o due; abbiamo incrociato dozzine di blindati, jeep e APC e sparato a tutti, tagliando attraverso lo spazio dove si stavano riunendo, con solo un metro tra noi e ognuno dei loro veicoli".

"Avevano bloccato la strada, ma Allah ha facilitato la nostra fuga. Abbiamo sfidato la morte e volevamo tuffarci in mezzo a loro, per macellarli e compiere il martirio. Ma, [il primo Califfo] Abu Bakr, che Allah sia compiaciuto di lui, ha detto il vero affermando:'Desidera la morte e ti sarà data la vita'".

"I proiettili traccianti hanno molto spaventato quei codardi. Gli abbiamo sparato con Kalashnikov e anche buttato bombe, preparate dai miei fratelli. Abbiamo gridato 'Allah Akbar', 'Non c'è Dio all'infuori di Allah' e Allah ci ha dato una grande vittoria".

"Abbiamo sfondato il primo sbarramento, poi il secondo e il terzo. Al terzo, l'eroico leone Nimr è spuntato da dietro una macchina e ha sparato. Una pallottola lo ha colpito in mezzo al petto, ma nonostante ciò il valoroso leone ha continuato a sparare".

"Abbiamo superato il quarto e il quinto sbarramento, con Nimr che perdeva molto sangue, ma continuava a sparare (...) Passato il sesto, Nimr è caduto".

"Dentro la macchina, ha alzato l'indice. 7 Abbiamo provato a spostarlo e a scuoterlo, ma non si è mosso, non c'era più dubbio che era stato ucciso. Abbiamo chiesto ad Allah di elevarlo a un rango superiore (...)".

"Passato il sesto sbarramento, ci siamo diretti verso l'autostrada. Non potevamo credere che avevamo sfondato tutti quegli sbarramenti. Ne eravamo certi, era opera della divina provvidenza e benevolenza".

"Fatti 10 chilometri (...) abbiamo trovato un camioncino pickup e lo abbiamo preso. Fratello Nader era dietro con l'arma pronta a sparare in caso di sparatorie. Abbiamo incrociato delle jeep che andavano nella direzione opposta verso gli sbarramenti. Li abbiamo superati, grazie ad Allah, loro convinti che eravamo amici - che Dio ce ne scampi – e Allah ha annebbiato loro la vista perché non ci vedessero, anche se fratello Nader era dietro col fucile in mano (...)".

"Siamo poi arrivati in città, grazie ad Allah, come se ciò che avevamo passato fosse un sogno, visti i tanti miracoli e il sostegno testimoniati. Oh Allah, a te va la lode e la gratitudine, come si addice alla magnificenza del tuo cospetto e l'eccellenza del tuo governo".

"Una volta sfuggiti, abbiamo preso contatto coi nostri fratelli e li abbiamo incontrati, sempre grazie ad Allah e sia benedetto per questa grande vittoria".


"Quest'operazione è considerata una grande vittoria da Allah. Molti hanno pregato per una nostra vittoria"

Sawt Al-Jihad: "Uno degli errori stupidi dei mezzi di comunicazione di Al-Salul [termine spregiativo per la casa reale di Saud] è stato di pubblicare la testimonianza di arabi e musulmani presenti all'interno del recinto. Cosi, il mondo intero ha saputo che non li abbiamo presi di mira o toccati. Diteci, per favore, che Allah vi protegga, il loro atteggiamento nei vostri confronti e l'effetto che quest'operazione ha avuto su di loro".

Al-Nashami: "Lodato sia Allah. La verità è che l'operazione è considerata una grande vittoria [assicurata] da Allah. Dozzine di persone conoscevano le richieste dei Mujahidin e hanno visto coi propri occhi. Molti hanno pregato per una nostra vittoria. Alcuni pachistani e indiani musulmani hanno gridato con noi 'Allah Akbar' e, quando hanno scoperto che il nome della nostra brigata era Al-Quds [Gerusalemme], hanno detto 'Allah Akbar, vogliamo andare con voi a Gerusalemme'".

"Quando stavamo nell'albergo, abbiamo insegnato loro il Corano. Quando incontravamo un arabo o un musulmano vestito come gli infedeli (...) lo consigliavamo di stare lontano dal complesso dove risiedono stranieri. Consigliavamo di portare indumenti islamici, così nessuno deve chieder loro se sono musulmani o meno. Abbiamo incontrato un iracheno musulmano con nazionalità americana.Tremava davanti a noi, ma gli abbiamo detto che non eravamo venuti a uccidere musulmani (...)".

"Mentre cercavamo gli infedeli, siamo passati da uffici dove alcuni sauditi ci aspettavano con apprensione. Abbiamo detto loro: 'Oh fratelli, non abbiate timore, non uccidiamo musulmani, vogliamo gli infedeli stranieri. Compagni, come state?' Lo abbiamo ripetuto finché la loro paura era svanita e hanno cominciato a scherzare con noi e a indicarci dove si trovavano gli infedeli (...)".

Sawt Al-Jihad: "Nessuno di voi è stato ferito?"

Al-Nashami: "Solo una ferita leggera. Fratello Hussein si è tagliato la mano quando ha rotto il vetro di una finestra. Stiamo tutti bene, sia lodato Allah, e c'impegniamo, di fronte ad Allah e i membri della nostra brigata, di partecipare a un altro raid come questo, che Allah sia lodato e ringraziato".

Sawt Al-Jihad: "Sia lodato Allah per il vostro stato di salute, chiediamo a Lui di iscrivere la vostra ricompensa e di dare ai vostri cuori la soddisfazione della vendetta [contro gli infedeli] così come voi avete dato soddisfazione ai cuori dei musulmani di tutto il mondo".

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Note
1 Sawt Al-Jihad, No. 18, giugno 2004.
2 Si tratta di un'espressione coranica che significa idolatria e fede maligna ed è usato dagli islamisti moderni per definire i governanti oppressivi che, sia pure formalmente musulmani, hanno tradito il vero Islam.
3 Vedi sopra, nota 2.
4 Al-Jazeera ha dichiarato di aver ricevuto una telefonata da un individuo sconosciuto, che affermava di chiamare dal complesso, dove erano gli ostaggi, e di averne uno accanto a lui. Al-Jazeera ha detto di aver rifiutato di occuparsene perché non tratta con fonti ignote la cui attendibilità non può essere verificata. Al-Rai Al-'Aam, (Kuwait), 31 maggio 2004.
5 Il termine qui usato per ricercare il consiglio di Allah è Istikhara, la pratica di aprire il Corano a caso e scegliere un verso.
6 Forse il verso che hanno trovato praticando l'Istikhara.
7 Dicendo la Shahada, ossia la dichiarazione di fede musulmana: "Non c' è Dio all'infuori di Allah e Maometto il suo Profeta".

(The Middle East Media Research Institute, 15.06.2004)





3. ARAFAT E FATAH AMMETTONO LEGAMI E FINANZIAMENTI AI TERRORISTI




Il Comitato Centrale di Fatah (il movimento presieduto da Yasser Arafat) ha deciso di istituire un comitato per studiare le richieste dei membri delle Brigate Martiri di Al-Aqsa. Il comitato sarà composto da alti funzionari di Fatah e da ministri del governo palestinese. E’ la prima volta che la dirigenza palestinese ammette ufficialmente di essere legata da rapporti di responsabilità alle Brigate Martiri di Al-Aqsa, un gruppo che ha compiuto e rivendicato numerosi attentati anche suicidi contro civili e militari israeliani.
    La decisione di creare il comitato fa seguito a proteste da parte di capi delle Brigate secondo i quali il presidente dell'Autorità Palestinese Yasser Arafat e la dirigenza di Fatah li avrebbero abbandonati e avrebbero sospeso il pagamento dei loro stipendi.
    All’inizio di questa settimana diversi membri delle Brigate Martiri di Al Aqsa in Cisgiordania e striscia di Gaza avevano messo in imbarazzo la leadership palestinese minacciando di rompere con Fatah. I miliziani avevano anche accusato la leadership palestinese di corruzione.
    Domenica sera Arafat ha presieduto una riunione d’urgenza del Comitato Centrale di Fatah nel suo ufficio a Ramallah per discutere come contenere la ribellione dei “brigatisti”. Alla riunione ha preso parte anche il primo ministro palestinese Ahmed Qureia (Abu Ala), il quale ha dichiarato che le Brigate Al Aqsa avrebbero ricevuto tutta l’attenzione da parte della dirigenza palestinese. Abu Ala ha affermato che il compito più importante è quello di garantire la sicurezza dei miliziani che sono ricercati da Israele per attività terroristiche.
    Hani Uwaidah, comandante delle Brigate Martiri di Al Aqsa a Tulkarem, ha detto al “Jerusalem Post” che l’Autorità Palestinese ha smesso di pagare il suo stipendio alcuni mesi fa. La principale ragione, secondo Uwaidah, è che lui e i suoi amici hanno smesso di realizzare attentati contro Israele. “La dirigenza palestinese a Ramallah – ha spiegato Uwaidah – ci ha detto che per il momento dobbiamo starcene tranquilli, e che non possono continuare a pagarci gli stipendi a causa delle pressioni internazionali”.
    Finora l’Autorità Palestinese ha sempre negato di aver usato fondi degli aiuti internazionali per finanziare attività terroristiche.
    Alti funzionari dell’Autorità Palestinese a Ramallah hanno confermato lunedì che Arafat ha invitato i miliziani di Fatah ad entrare a far parte dei servizi di sicurezza palestinesi riformati. L’ex ministro palestinese Abdel Fatah Hamayel, che fa da ufficiale di collegamento fra Arafat e i palestinesi ricercati per terrorismo, ha detto che l’idea di reclutare i miliziani nelle forze di sicurezza palestinesi non è nuova. Hamayel ha spiegato che vi sono almeno 450 miliziani di Fatah in Cisgiordania e striscia di Gaza che “hanno fatto molti sacrifici per la causa palestinese. Dopo tutti quei sacrifici – ha aggiunto – non possiamo semplicemente dire a questi uomini che non abbiamo più bisogno dei loro servizi. Le Brigate Martiri di Al Aqsa hanno un ruolo importante da svolgere e sono impegnate a seguire le decisioni della leadership politica”.
    Nel frattempo, il comandante delle Brigate Martiri di Al Aqsa nella zona di Jenin, Zakariya Zubeidi, ha lanciato un duro attacco ai leader di Fatah chiedendone le dimissioni. Zubeidi, che è ricercato dalle autorità israeliane per il suo ruolo in una serie di attentati terroristici, ha accusato i membri del Comitato Centrale di Fatah di voler mettere da parte le Brigate: “Continuano con i loro complotti contro le Brigate Martiri di Al Aqsa – ha affermato – e cercano di fermare i finanziamenti a nostro favore”. Secondo Zubeidi, le Brigate hanno rafforzato la posizione di Fatah negli ultimi tre anni. “Grazie a noi – ha spiegato – Fatah ha riacquistato la sua dignità e il suo potere durante l’intifada. Ma ora i membri del Comitato Centrale di Fatah fanno pressione su di noi perché smobilitiamo. Non ci fidiamo più di loro e gli diciamo che sono loro che devono andarsene”. Zubeidi, che sostiene d’essere sfuggito per poco, alcuni giorni fa, a un tentativo israeliano di ucciderlo, dice che lui e i suoi compagni si atterrano a un eventuale cessate il fuoco dichiarato dalle varie fazioni palestinesi dopo il ritiro di Israele dalla striscia di Gaza, ma ha aggiunto che lui e i suoi uomini continueranno a compiere attacchi anti-israeliani in Cisgiordania.

(Jerusalem Post, 15.06.2004 - israele.net)

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Questi alcuni dei principali attentati realizzati e/o rivendicati dalle Brigate Martiri di Al Aqsa:
    
4 ott 2001 – Terrorista palestinese con uniforme da paracadutista israeliano spara sventagliate di mitra sulla gente e nei negozi presso la stazione centrale degli autobus nella città di Afula (Israele): 3 morti, 13 tra feriti e mutilati. Resp: Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah.

27 nov 2001 – Due terroristi palestinesi sparano sventagliate di mitra sui passanti alla stazione degli autobus e alla zona del mercato della città di Afula (Israele): 2 morti, 40 tra feriti e mutilati. Resp: Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah.

17 gen 2002 – Terrorista palestinese spara sventagliate di mitra sulla gente che festeggia una cerimonia di bat-mitzvah (maggiorità religiosa) nella sala Armon David della città di Afula (Israele): quando l’arma si inceppa, i presenti riescono a sopraffarlo a mani nude: 6 morti, 30 tra feriti e mutilati. Resp: Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah.

22 gen 2002 – Terrorista palestinese spara sventagliate di mitra sulla gente e nei negozi all’incrocio fra via Giaffa e via King George, nel centro di Gerusalemme: 2 donne uccise, 14 tra feriti e mutilati. Resp: Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah.

2 mar 2002 – Attentatore suicida si fa esplodere nel quartiere ortodosso Beit Yisrael (Gerusalemme) in mezzo a un gruppo di mamme con i figli nei passeggini riunite per una celebrazione religiosa: 11 morti (compresi vari bambini), 50 tra feriti e mutilati. Resp: Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah.

3 mar 2002 – Cecchino palestinese con fucile di precisione apre il fuoco su un posto di blocco presso Ofra (Cisgiordania) e sui soccorritori che sopraggiungono: 10 morti (di cui 7 militari), 6 feriti. Resp: Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah.

5 mar 2002 – Terrorista palestinese spara sventagliate di mitra verso l’interno del ristorante Seafood Market a Tel Aviv (Israele): 3 morti, 31 tra feriti e mutilati. Resp: Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah.

7 mar 2002 – Attentatore suicida si fa esplodere all’ingresso del complesso alberghiero Eshel Hashomron, presso Ariel (Cisgiordania): 10 tra feriti e mutilati. Resp: Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah.

9 mar 2002 – Due terroristi palestinesi esplodono raffiche di mitra e lanciano granate nell’atrio dell’Hotel Gerami di Netanya (Israele) dove è in corso una festa di fidanzamento, poi escono e sparano sui passanti: 2 morti, 50 tra feriti e mutilati. Resp: Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah.

17 mar 2002 – Terrorista palestinese apre il fuoco sugli studenti all’incrocio fra via Sheshet Hayamim e via Tchernichowsky, a Kfar Saba (Israele): un morto, 15 tra feriti e mutilati. Resp: Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah.

21 mar 2002 – Attentatore suicida si fa esplodere all’ingresso del bar Aroma, su via King George a Gerusalemme: 5 morti (compresa una donna incinta), 86 tra feriti e mutilati. Resp: Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah.

29 mar 2002 – Attentatrice suicida si fa esplodere in un supermercato del quartiere Kiryat Yovel (Gerusalemme): 2 morti, 30 tra feriti e mutilati. Resp: Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah.

30 mar 2002 – Attentatore suicida si fa esplodere nel bar My Coffee Shop, all’angolo fra via Allenby e via Bialik, nel centro di Tel Aviv (Israele): un morto, 30 tra feriti e mutilati. Resp: Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah.

12 apr 2002 – Attentatrice suicida si fa esplodere nel mercato Mahane Yehuda di Gerusalemme: 6 morti, 100 tra feriti e mutilati. Resp: Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah.

22 mag 2002 – Attentatore suicida si fa esplodere a Rishon LeTzion (Israele), nel parco pubblico semicoperto Gan Ha'ir frequentato da pensionati dediti al gioco degli scacchi: 2 morti, 50 tra feriti e mutilati. Resp: Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah.

27 mag 2002 – Attentatore suicida si fa esplodere in una gelateria del centro commerciale Em HaMoshavot di Petah Tikvah (Israele): 2 morti, 57 tra feriti e mutilati (fra cui molti bambini). Resp: Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah.

28 mag 2002 – Terrorista palestinese entra a Itamar (Cisgiordania) e spara sventagliate di mitra sugli studenti di una yeshiva (scuola religiosa) mentre giocano in un campetto di basket: 3 morti, 2 feriti (tutti adolescenti). Resp: Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah.

19 giu 2002 – Attentatore suicida scende da un’auto e si fa esplodere a una fermata di autobus di linea all’incrocio French Hill (Gerusalemme): 7 morti, 50 tra feriti e mutilati. Resp: Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah.

16 lug 2002 –Autobus di linea blindato viene colpito dallo scoppio di un ordigno sulla strada per Emmanuel (Cisgiordania); cecchini palestinesi appostati ai bordi della strada sparano sventagliate di mitra sui passeggeri che cercano di uscire dall’autobus: 9 morti (tra cui neonata di 9 mesi con padre e nonna), 17 tra feriti e mutilati. Resp: Hamas e Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah.

27 ott 2002 – Attentatore suicida viene scoperto da alcuni soldati presso un benzinaio all’ingresso di Ariel (Cisgiordania). Mentre cercano di immobilizzarlo, si fa esplodere: 3 morti, 17 tra feriti e mutilati. Resp: Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah.

10 nov 2002 – Terrorista palestinese entra sparando nel kibbutz Metzer (Israele), noto per i suoi rapporti di coesistenza pacifica con i vicini arabi, e uccide le prime due persone che incontra. Quindi irrompe in un’abitazione dove una madre sta leggendo la fiaba della buona notte ai figli di 4 e 5 anni d’età. La donna fa scudo col proprio corpo ai due bambini e viene uccisa per prima, poi il terrorista uccide a bruciapelo i due figli che cercano di nascondersi sotto le coperte. In totale: 5 morti. Resp: Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah.

28 nov 2002 – Due terroristi entrano a Beit She'an (Israele) e sparano sventagliate di mitra sulle persone in coda a un seggio elettorale per le votazioni primarie di partito: 6 morti, 43 tra feriti e mutilati. Resp: Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah.

5 gen 2003 – Due attentatori suicidi si fanno esplodere quasi contemporaneamente a un centinaio di metri uno dall’altro nel quartiere Neve Sha'anan, presso la vecchia stazione degli autobus di Tel Aviv (Israele): 23 morti, 100 tra feriti e mutilati. Fra le vittime, molti lavoratori stranieri. Resp: Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah, Hamas e Jihad Islamica Palestinese.

30 apr 2003 – Attentatore suicida pakistano con passaporto britannico si fa esplodere sul lungomare di Tel Aviv (Israele), dopo aver inutilmente tentato di entrare in un affollato locale pubblico: 3 morti, 60 tra feriti e mutilati. Il corpo di un secondo attentatore pakistano con passaporto britannico, il cui ordigno non aveva funzionato, viene trovato due settimane dopo nelle acque di fronte a Tel Aviv. I due erano penetrati in Israele mescolati a giornalisti e militanti anti-israeliani legati all'International Solidarity Movement. Resp: Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah.

12 ago 2003 – Attentatore suicida si fa esplodere all’ingresso di un supermercato di Rosh HaAyin (Israele): 1 morto, 9 tra feriti e mutilati. resp: Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah.

14 gen 2004 – Attentatrice suicida che si finge invalida si fa esplodere al posto di controllo del valico di Erez fra Israele e striscia di Gaza nel momento in cui alcune soldatesse si avvicinano per aiutarla a superare il metal detector: 4 morti, 10 tra feriti e mutilati. Resp: Hamas e Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah.

29 gen 2004 – Attentatore suicida si fa esplodere su un autobus di Gerusalemme all’incrocio tra via Gaza e via Arlozorov: 11 morti, 50 tra feriti e mutilati. Resp: Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah.

21 feb 2004 – Attentatore suicida si fa esplodere su un autobus nel centro di Gerusalemme presso il Parco Liberty Bell: 8 morti, 60 tra feriti e mutilati. Resp: Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah.

6 mar 2004 – Terroristi travestiti da militari israeliani attaccano con mitra e granate il posto di controllo al valico di Erez fra Israele e striscia di Gaza: 2 morti (poliziotti palestinesi), 15 tra feriti e mutilati. Resp: Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah, Hamas e Jihad Islamica Palestinese.

14 mar 2004 – Due attentatori suicidi si fanno esplodere a pochi minuti di distanza l’uno dall’altro all’ingresso del porto di Ashdod (Israele): 10 morti, 16 tra feriti e mutilati. Probabilmente intendevano innescare esplosioni a catena in magazzini di prodotti chimici per realizzare un “mega-attentato”. Resp: Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah e Hamas.

19 mar 2004 – George Elias Khoury, 20enne arabo cristiano di Beit Hanina, viene ucciso da raffiche sparate da un’auto in corsa mentre fa jogging nel quartiere French Hill di Gerusalemme. Resp: Brigate Martiri di Al-Aqsa di Fatah, che successivamente si scusano dichiarando: “pensavamo che fosse un ebreo”.
    
(israele.net, 16.06.2004)





4. UN INTERESSANTE MANUALE SULL'EBRAISMO





Walter L. Rothschild, "99 domande sull'ebraismo", Gribaudi, Milano 2004, € 10.

Dall'ultima pagina di copertina:

Chi sono gli ebrei?
Perché gli ebrei sono circoncisi?
Come funziona il calendario ebraico?
Ci si può convertire all'ebraismo?
Una coppia ebraica può divorziare?
Quanti ebrei ci sono in Italia?
Cosa significa kasher? Menorah? Pesach? Qabbalah? Qiddush?
Com'è una sinagoga? Chi è il rabbino? E la Torah?

99 risposte a 99 domande sull'ebraismo, i riti, le feste, le usanze, le peculiarità.
Risponde con chiarezza e precisione il rabbino Rotschild sottolineando gli aspetti fondamentali della teologia ebraica, gli elementi di vita quotidiana, a casa e in sinagoga.
Un libro semplice e immediato: le domande sono in ordine alfabetico e riepilogate in un indice analitico, le risposte sono accessibili a tutti.

NOTA - Nella domanda n. 26 del libro si chiede: "A cosa credono gli ebrei messianici?" Nella risposta si dice:

"[...] l'ebraismo, in una certa misura e controvoglia, accetta molte diverse forme di osservanza, o non osservanza, delle usanze ebraiche, in modo tale che possano essere accettati come ebrei perfino coloro che hanno completamente perduto la fede. Ma non possono essere accettati coloro che hanno accettato una fede differente o di tipo nuovo: la fede in Gesù come messia viene vista come fede differente, per cui chi crede a Gesù come "al Cristo" viene ritenuto un"cristiano" e non più un ebreo. [...]"

Si sapeva che questo è il pensiero ebraico ortodosso, ma è bene che sia chiaramente espresso e conosciuto. Una volta erano i "cristiani" quelli che costringevano gli ebrei a perdere la loro ebraicità imponendo loro di credere in Gesù e farsi battezzare; adesso sono gli ebrei che tolgono l'ebraicità ad altri ebrei perché dichiarano di credere in Gesù come Messia e volontariamente chiedono di essere battezzati. Il libro comunque è interessante e utile. M.C.





5. EBREI ORTODOSSI CONTRO EBREI MESSIANICI




«Non vogliamo missionari nella nostra città», ha dichiarato Ben-Zion Lipsker, Rabbino Capo di Arad, al quotidiano israeliano Yediot Aharonot. «Lasciate la nostra città, voi bugiardi». In aprile decine di ebrei ortodossi hanno dimostrato in Arad vicino ad una casa di ebrei messianici. «Evangelizzano sulla strada e vogliono sedurre al cristianesimo i nostri figli. Dovrebbero mettersi una catenella al collo con una croce, affinché possiamo riconoscerli come cristiani, e non presentarsi come ebrei», diceva il Rabbino Capo di Arad. Sotto il controllo della polizia israeliana la dimostrazione è arrivata fino a cento metri dagli appartamenti degli ebrei messianici. Sui cartelloni si potevano leggere frasi come «Ebrei, fate attenzione, dei missionari vogliono le vostre anime» e «La Missione porta all'annientamento".
    Nella di solito tranquilla città del deserto ci sono venti famiglie che appartengono a comunità messianiche. Alcune vivono lì già da trent'anni. "Aizzano le persone contro di noi e nessuno fa niente", ha detto uno degli anziani messianici, Jakim Figares. «Noi adempiamo tutti i nostri doveri in questo paese, lavoriano e serviamo nell'esercito israeliano, come anche i nostri figli».
    Nel quotidiano Yeriot Aharonot e sul sito web di Ynet il caso Arad è stato riportato con il titolo «Guerra di religione in Arad: ebrei ortodossi contro ebrei messianici». Molti navigatori di internet hanno reagito a questo articolo. Alcuni hanno solidarizzato con gli ebrei ortodossi, mentre altri si sono messi dalla parte degli ebrei messianici. «Anche se questi ebrei credono in Gesù, servono comunque nell'esercito; gli ebrei ortodossi invece rifiutano ogni servizio militare», ha scritto un commentatore in internet.
    Nel giornale locale di Arad è stata data agli ebrei messianici la possibilità di presentare la loro convinzione e la loro fede in Gesù. «Noi crediamo che Yeshua di Nazaret è il Messia del popolo ebraico e che soltanto attraverso di lui possiamo avere pace con Dio. Non crediamo che per questo dobbiamo mettere da parte il nostro ebraismo, del tutto al contrario. La fede non può essere imposta con i soldi e la violenza. Le recenti dimostrazioni davanti alle nostre case hanno violato invece il nostro legittimo diritto a vivere in questo paese e in questa città come cittadini con pari diritti. Non ripagheremo con la stessa moneta. Non è questo il nostro metodo. Shabat Shalom.

(israelheute, giugno 2004)






6. MUSICA E IMMAGINI




Eretz Tropit Yafa




7. INDIRIZZI INTERNET




The Jerusalem Archaeological Park

Messianic Israel Alliance Directory




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