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Notizie su Israele 243 - 14 giugno 2004

1. «Comprate qualcosa fatto in Israele!»
2. La fine dell'epoca d'oro dell'ebraismo americano
3. Porte chiuse davanti agli ebrei che fuggivano
4. Esperienze in Germania
5. Musica e immagini
6. Indirizzi internet
Zaccaria 2:8. Infatti così parla il SIGNORE degli eserciti: «É per rivendicare la sua gloria che egli mi ha mandato verso le nazioni che hanno fatto di voi la loro preda; perché chi tocca voi, tocca la pupilla dell’occhio suo.
1. «COMPRATE QUALCOSA FATTO IN ISRAELE!»




Naomi Ragen, scrittrice ebrea che vive in Israele, ha diffuso per internet una lettera dopo aver fatto visita ai genitori di un soldato israeliano ucciso poche settimane fa nella striscia di Gaza. La lettera è anche un appello rivolto a tutti gli amici di Israele.

Cari amici,
    stamane ho fatto visita a Sara e Michael Newman, i genitori che hanno perso il loro bellissimo figlio, Eitan, dopo che il suo carro armato è stato distrutto da una bomba nella Striscia di Gaza, la scorsa settimana.
    Lo hanno seppellito martedì scorso, dopo che i suoi compagni, sotto il fuoco dei terroristi, hanno attraversato quei luoghi maledetti per riportare a casa le sue spoglie e quelle dei suoi compagni.
    Man mano che mi avvicinavo alla casa dei Newman, ho visto dei soldati in piedi, in piccoli gruppi, che parlavano piano. Alcuni avevano la barba e kippah fatti a mano. Amici, religiosi e non, andavano e venivano dalla casa dei Newman, onorando una delle più importanti prescrizioni del giudaismo, quella di confortare chi è in lutto fino a sette giorni dopo il funerale.
    Sara e suo marito sedevano su due sedie basse, secondo l’usanza, circondati dagli amici. Mi sono presentata. “Voglio parlarti….” Mi ha detto Sara, piano. Io ho avvicinato una sedia. “So che scrivi , e molte persone ti leggono, in tutto il mondo. Ed io vorrei tu dicessi loro questo, da parte mia. Molti mi hanno chiesto cosa possono fare, come possono dare una mano.Ti prego, dì loro di uscire e di comprare qualcosa fatto in Israele. E’ tutto. Aiutateci, il paese è in una tale difficoltà…….chiunque può fare questo piccolo gesto.”
    Ho sentito le lacrime salirmi agli occhi, d’un tratto, vedendo questa donna che sedeva, senza lacrime e piena di coraggio e fede, con la mente focalizzata a ciò che poteva fare per aiutare il paese che ama, una donna che aveva appena dato al suo paese e al suo popolo il suo bellissimo, brillante, intelligente e meraviglioso figlio, giovanissimo.
    Una donna che aveva dato suo figlio.
    Ho annuito, senza parole.
    Le ho raccontato una conversazione telefonica avuta con mio figlio, che verrà mandato in missione a novembre.”Può darsi che tu vada nella contraerea”, l’ho avvertito. “Tuo padre è andato lì, ed anche tuo fratello.” C’è stata una pausa all’altro capo del filo.”Vedi, mamma – mi ha detto pazientemente - io non vado nell’esercito per posa o per tradizione. Vado perché voglio fare qualcosa, proteggere la gente dai terroristi. E l’unico modo per fare questo, è essere un soldato per le missioni via terra.”
    Voleva essere mandato a Givati, mi ha detto.
    La stessa unità di Eitan Newman.
    “Lo abbiamo tirato su così - ho detto a Sara Newman. - Sono così fiera di lui. E terrorizzata.”
    Lei ha messo la sua mano sulla mia. “Quando mio figlio è morto, era circondato da persone che amava, che rispettava e di cui si fidava. Stava tornando da una missione che era stata un successo. E’ morto subito, senza dolore. Ho preferito così, piuttosto che accoltellato alla schiena da qualche skinhead lontano da casa.”
    Avrei mandato il suo messaggio, per favore? Mi ha chiesto.
    Dopo aver lasciato casa Newman, ho salito la scala a chiocciola in pietra, tipica dei quartieri collinari di Gerusalemme. Tirava un vento fresco, e il cielo era stranamente nuvoloso per essere in primavera.In cima, ho visto un ‘amica che scendeva, diretta alla casa dei Newman. L’ ho abbracciata, e tutte e due abbiamo pianto.
    Ed ora sono a casa, al mio computer, facendo quello che Sara Newman mi ha chiesto. Per favore, uscite e comprate qualcosa che sia stato fatto in Israele. Se non lo trovate nei vostri negozi, lo trovate in rete senz’altro.
    E se volete mandare a Sara qualche parola di conforto, mandatela a msnewman@netvision.net.il
    Grazie.
Naomi Ragen

(trad. Flavia Dragani, collaborazione con www.uncuoreperisraele.net)
    
(Naomi Ragen, 16.05.2004)



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2. LA FINE DELL'EPOCA D'ORO DELL'EBRAISMO AMERICANO




Il pensiero di Daniel Pipes sull'Islam e sull'ebraismo americano, nel resoconto di un'intervista concessa a Manfred Gerstenfeld.


Daniel Pipes svolge da oltre trenta anni ricerche sull'Islam. Egli è direttore del Middle East Forum, un centro di ricerca di Philadelphia. Dei suoi dodici libri, quattro hanno per oggetto l'Islam. Nel 2003, è stato designato, su nomina del presidente Bush, membro dell'US Institute of Peace.
    Nel corso degli anni precedenti all'11 settembre 2001, Pipes lanciò degli avvertimenti in merito al pericolo rappresentato dall'Islam militante per la sicurezza americana. Nel 1998, egli scrisse nell'edizione europea del Wall Street Journal che i musulmani militanti erano in guerra con l'America, non a causa di ciò che essa aveva fatto ma poiché gli islamisti ritenevano di trovarsi in un conflitto di lunga durata con i valori occidentali.
    Pipes mette in discussione il fatto che gli straordinari eventi degli ultimi anni possano aver inaugurato un'epoca meno favorevole per l'ebraismo americano: "L'epoca aurea dell'ebraismo americano iniziò nel 1950, quando le restrizioni sociali subirono una riduzione nelle università, nelle banche, nei circoli, etc. Questo periodo potrebbe ora terminare con la crescita demografica dei musulmani americani. All'interno di questa comunità, vi sono elementi di spicco che considerano gli ebrei americani come loro principale nemico; essi accusano gli ebrei di essere la causa del fallimento islamico. Per reagire a questo, la comunità ebraica deve sviluppare una maggiore comprensione della mentalità dei musulmani; in particolare, dei loro elementi più radicali, i quali sostenitori dell'Islam militante sono conosciuti come islamisti.
    "Parecchi musulmani americani sono ricorsi all'uso della violenza specialmente contro gli ebrei. Un esempio è l'attacco sferrato nel 1994 da un taxista libanese che ˆ dopo il massacro di Baruch Goldstein in Israele ˆ era partito dal suo Paese alla ricerca di ebrei da uccidere. Egli finì con lo sparare contro un furgone pieno di ragazzi chassidim, che transitava sul Ponte di Brooklyn, uccidendone uno".
    Il problema dell'ostilità musulmana non è circoscritto agli Stati Uniti. Già nel 1992, Pipes scriveva che per gli ebrei di tutto il mondo "l'antisemitismo musulmano è un problema crescente e che in larga misura esso è collegato all'aumento demografico dei musulmani presenti in Occidente". Pipes oggi aggiunge: "È da decenni che l'Unione Europea è riluttante ad affrontare il problema dell'ostilità antiebraica manifestata dai media, dalle istituzioni religiose e didattiche musulmane. Tutti gli indizi mostrano che gli europei non avranno assolutamente il coraggio di affrontare questo problema in modo adeguato. Può darsi che si verifichi un maggior esodo di ebrei dall'Europa, probabilmente come quello avutosi cinquanta anni fa dai Paesi musulmani.
    

Verità e falsità

    
Pipes spiega in modo più dettagliato che cosa gli ebrei e gli altri dovrebbero comprendere degli sviluppi avvenuti in seno alla comunità musulmana americana. Numerosi gruppi di musulmani americani sono diversi dagli altri gruppi immigrati negli Stati Uniti. Può darsi che la società americana non sia in grado di far aderire gran parte di questo gruppo. Nella maggior parte del mondo l'Islam moderato non si oppone agli estremisti. Col risultato che gli Stati Uniti si trovano a doverli affrontare.
    Pipes sottolinea che i musulmani presenti negli Stati Uniti si comportano molto bene. Presentarli come un gruppo oppresso è una falsità fomentata da vari gruppi musulmani. Egli afferma che simili false percezioni indussero all'inizio del 2000 il presidente Bill Clinton ad asserire che i musulmani americani fossero oggetto di "discriminazioni" e "intolleranza". Nello stesso anno il Senato approvò una risoluzione che condannava "la discriminazione e la vessazione dei musulmani". Nel 2000, Pipes scrisse a riguardo in un articolo apparso su Commentary, dal titolo "I musulmani americani sono delle vittime?": "Di certo, a livello socio-economico, i musulmani possono trovare poco da ridire sull'America. Essi vantano i più alti livelli di istruzione rispetto a ogni gruppo presente nel Paese ˆ uno schiacciante 52% sembra avere la laurea ˆ e ciò si converte in un quadro di un impiego prestigioso e remunerativo. Gli immigranti musulmani tendono a concentrarsi in professioni legate in particolar modo alla medicina e all'ingegneria, ovvero nel settore imprenditoriale, e il loro reddito sembra essere più alto rispetto a quello della media nazionale americana; quest'anno pare che il reddito medio di ogni famiglia sia di 69.000 $. Le riviste musulmane sono piene di pubblicità di dimore signorili, di macchine di lusso e di raffinati gioielli, e parecchi musulmani hanno vissuto la classica storia dell'immigrato di successo passato dalla povertà alla ricchezza".
    In questo articolo Pipes ha elencato parecchi grossissimi imprenditori, appartenenti alla comunità americano-musulmana. Egli ha aggiunto: "Gli americani musulmani affermano con orgoglio che la loro è 'la società musulmana più ricca al mondo', e hanno ragione".
    Pipes ha altresì accennato al fatto che i media, in genere, trattano l'Islam e i musulmani in modo positivo, e le moschee vengono spesso accettate di buon grado laddove i non-musulmani talora donano fondi per la loro costruzione. Egli sottolinea che, nonostante le modalità delle preghiere islamiche non siano facilmente compatibili con le abitudini lavorative americane, molte industrie tentano di venire loro incontro. Pipes enfatizza che in un sondaggio elaborato nel 2000, il 66% dei musulmani americani era d'accordo con l'affermazione che "la società americana mostra generalmente rispetto per la fede musulmana".
    Pipes ha scritto che "per i musulmani non è particolarmente difficile essere accettati negli Stati Uniti, poiché gli americani liberi da pregiudizi fanno dei persistenti sforzi per comprendere l'Islam e per ritrarre i musulmani in modo positivo. Ciò deriva da un senso di colpevolezza riguardo i pregiudizi passati e anche da un impulso di stampo multiculturale. I gruppi ebraici e cristiani spesso si uniscono alle controparti musulmane per combattere ciò che reputano essere un pregiudizio". Egli aggiunge che di frequente gli avvocati non-musulmani forniscono agli imputati musulmani dei patrocini gratuiti e a carico delle istituzioni non-musulmane.


Attacchi futuri

    
In questo contesto è importante comprendere le motivazioni e la mentalità degli estremisti musulmani. Pipes definisce un islamista come un individuo che crede che l'Islam rappresenti la soluzione per ogni problema. "In America, un islamista sarebbe qualcuno che vuole rimpiazzare la Costituzione con il Qur'an. È un movimento totalitario che ha molto in comune con il fascismo e con il Marxismo-Leninismo". Egli ritiene che circa il 10-15% dei musulmani di tutto il mondo siano islamisti, che è come dire cento milioni di individui. Pipes aggiunge che la percentuale è della stessa portata tra i musulmani americani.
    Egli pronostica: "Ci saranno maggiore attacchi da parte degli islamisti contro gli americani. Posso affermare questo con sicurezza, poiché innumerevoli segnali puntano verso questa direzione. Questi attacchi renderanno la gente consapevole. Credo che ci sarà un processo unidirezionale di ciò che definisco presa coscienza attraverso la morte. Mi aspetto che sempre più americani si preoccuperanno: al contrario, non mi aspetto sentir dire a molti: 'Beh, mi sono preoccupato della minaccia dell'Islam militante, ma adesso non più'. Con il passare del tempo e con il verificarsi di nuovi eventi, il loro giudizio diventerà più realistico.
    "Dal momento che gli islamisti sono pericolosi, i metodi da utilizzare contro di loro non possono essere uguali a quelli che di norma gli Stati Uniti applicano ai dissidenti. Per quanto molti americani siano impreparati nel discutere di questi argomenti, se qualcuno affronta l'argomento viene accusato di maccartismo.
    "Uno sviluppo poco notato riguarda la dichiarazione di guerra. Quest'ultima faceva parte di un'impresa militare, ma a partire dalla Seconda guerra mondiale essa è divenuta obsoleta assieme al meccanismo legale che un tempo l'aveva generata. Quando il presidente Bush afferma che noi siamo in guerra, si tratta di un'affermazione di natura politica e non giuridica".
    

Il principale fattore discriminante: l'ideologia

    
Pipes soggiunge: "Ci si rende gradualmente conto dell'esistenza dell'Islam militante non solo sulle colline afgane ma anche all'interno della società americana. È una situazione senza precedenti nella storia del nostro Paese, dal momento che gli Stati Uniti, a differenza dell'Europa, non hanno mai seriamente affrontato al loro interno il fascismo o il comunismo. Di certo, gli americani non hanno mai vissuto un pericolo proveniente da una fonte ideologica, come quello degli islamisti.
    "Concentrare l'attenzione su al-Qaeda è doppiamente fuori luogo. Innanzitutto, si tratta di un gruppo che ne ingloba altri, piuttosto che una organizzazione fattuale. In secondo luogo, è un sintomo di un'attitudine molto più profonda. La chiave è l'ideologia e non un'organizzazione. Questa ideologia è una forza in sé e per sé, e non il risultato di condizioni socio-economiche; non può essere risolto grazie, ad esempio, a una reazione del tipo Piano Marshall.
    "L'Islam militante non può essere paragonato a nessun segmento della cristianità, del giudaismo o dell'induismo. Queste religioni non racchiudono gruppi dalle visionarie ideologie totalitarie che cercano di governare il mondo. In realtà, l'Islam militante assomiglia al fascismo e al comunismo più di ogni altro movimento religioso.
    "Tutto ciò che possiamo fare al presente è prepararci al peggio. L'eloquenza e la perspicacia non hanno reso Churchill, Primo ministro della Gran Bretagna; lo è diventato grazie al crollo della Francia. In modo simile, coloro che mettono in guardia dai pericoli dell'Islam militante saranno motivati solo se un disastro, come è stato il crollo della Francia, dovesse avvenire.
    "I conservatori costituiscono sempre più la struttura portante per comprendere ciò che gli Stati Uniti rappresentano, quali sono i loro obblighi e cosa significhi essere un americano. Mentre gli ebrei si sono tradizionalmente collocati dalla parte liberal dello spettro politico, molti di loro stanno adesso diventando più conservatori. Nonostante questo, dal momento che i Democratici moderati si spostano sempre più verso sinistra (come rileva Dennis Prager, a questo punto è difficile scorgere una differenza tra un liberal e uno di sinistra) esistono parecchi ebrei di sinistra che fanno parte del problema. Essi considerano gli Stati Uniti come uno «Stato canaglia», non desiderano che esso ricorra mai all'uso della forza, chiedono l'apertura delle frontiere e in genere, disprezzano il loro stesso Paese".


Le insidie del mondo accademico

    
Pipes considera gli sviluppi all'interno delle università come un qualcosa di particolarmente preoccupante: "Il mondo accademico sta tentando di chiudere il dibattito sulle questioni fondamentali, rendendolo meno aperto al libero scambio di opinioni ai media, al governo, ai gruppi di ricerca e anche agli enti dotati di personalità giuridica". Egli ha scritto che il lavoro accademico è più insidioso dei teppisti di strada che si uniscono efficacemente all'occasione. Pipes definisce ciò come segue: "essi mantengono una parvenza di cortesia. A volte, però, rivelano la loro vera facciata di intolleranza. Un tipico esempio di ciò si è avuto quando una mini-intifada ha impedito all'ex primo ministro Binyamin Netanyahu di parlare alla Concordia University di Montreal".
    Pipes ha vissuto delle esperienze simili in Canada. Nel gennaio del 2003, alla York University di Toronto, la Middle East Students Association riuscì temporaneamente a cancellare una sua conferenza dedicata alle "Barriere alla Pace in Medio Oriente". Tuttavia il rettore dell'Università decise che Pipes potesse esporre i suoi punti di vista, ma la conferenza ebbe luogo in un angolo del campo di basket, che venne separato da una tenda, mentre gran parte del campus era stato bloccato. Prima della conferenza, un poliziotto canadese avvertì il bisogno di ammonire Pipes sul fatto che certe affermazioni pubbliche, come quelle a favore del genocidio, fossero punibili con parecchi anni di carcere. Solo gli studenti furono ammessi alla conferenza e dovettero ritirare i biglietti un giorno prima.
    In un articolo pubblicato dal quotidiano canadese National Post, Pipes ha scritto: "Il tentativo di vietare la mia conferenza ha confermato altresì le specifiche fonti di ostilità nei confronti della libertà di espressione". Tali fonti provengono solo e soltanto dall'estrema sinistra, dagli islamisti e dagli attivisti anti-israeliani". Egli ha aggiunto: "La mia visita a York conferma, come se ce ne fosse stato bisogno, che l'università nordamericana sia diventata «un'isola di repressione in un mare di libertà». Questo problema è stato colto inavvertitamente ma succintamente da un titolo apparso su un quotidiano: "'Università di York permette una conferenza a un accademico filo-israeliano' ".
    Agli inizi del 2004, Pipes aveva avuto un'esperienza simile alla University of California di Berkeley. Era stato invitato lì per una conferenza dalla Israel Action Committee and Berkeley Hillel. Decine di studenti musulmani radicali hanno più volte tentato di impedirgli di parlare, scandendo i termini «razzista» e «sionista». Pipes è stato interrotto ripetutamente e un certo numero di volte si è rivolto ai contestatori, facendo loro rilevare il comportamento antidemocratico come pure il fatto che delle strette misure di sicurezza sono necessarie, solo quando egli viene invitato nei campus universitari.
    Pipes spiega: "Da molto tempo, in parecchi Paesi, le università stanno a sinistra, come ad esempio in Giappone. Numerosi studenti trascorrono lì i loro anni burrascosi e poi diventano più realisti. È degno di nota, quanta poca importanza abbiano le idee accademiche nell'influenzare la società. Tuttavia, negli Stati Uniti, le idee di sinistra, provenienti dagli ambiti universitari permeano la società. Un esempio importante sarebbe il sistema giudiziario, dove esse stanno trasformando concetti assai vari tra di loro, come il diritto alla privacy e il significato di un contratto.
    "Parecchi accademici dicono alla gente che i problemi con i militanti musulmani non hanno niente a che fare con l'Islam come tale. Il che rende più difficile far fronte all'Islam radicale. Campus Watch ˆ creato nel 2002 dal Middle East Forum ˆ denuncia i docenti universitari che ritengono noi stessi responsabili del terrorismo, che si scusano per l'Islam militante e che chiedono la distruzione di Israele. Campus Watch richiama l'attenzione su ciò che gli specialisti di studi mediorientali dicono e scrivono".
    

Debolezza dei moderati

    
Contro questo ambiente, Pipes esprime in particolare il suo rammarico "che ci siano poche voci appartenenti all'Islam moderato. Esse vengono spesso intimidite, non sono bene organizzate e sono in ritirata". Egli ritiene che l'Islam militante debba essere distrutto ed emarginato come è successo al fascismo e al comunismo, e che per portare a termine questo processo occorrono parecchi decenni. Egli afferma che parte di questo sforzo debba consistere nell'aiutare coloro che vogliono costruire una versione dell'Islam moderata e anti-islamista.
    "Vi sono parecchi precedenti storici di moderati nativi che non sono stati capaci di mettersi contro gli estremisti totalitari. I tedeschi moderati non sono riusciti a combattere il nazismo. Avrebbero ereditato quanto portato a termine dagli Alleati con la conquista della Germania e la distruzione del regime nazista. La stessa cosa è accaduta in Afghanistan. L'Alleanza del Nord ha preso il comando una volta che gli americani hanno cacciato via i Talebani.
    "Nel mondo islamico potrebbero aver luogo degli sviluppi positivi. L'Iran, ad esempio, potrebbe cambiare radicalmente le sue linee politiche e introdurre un regime moderato. Venticinque anni di Islam militante hanno bloccato il progresso economico. E non è così assurdo pensare che prima o poi l'Iran potrebbe diventare un alleato americano più della Francia.
    "Gli europei con la loro bassa natalità introducono immigranti dai Paesi islamici. I parametri rivelano che l'Europa sta diventando un po' alla volta parte del mondo islamico: in certe zone della Francia la

prosegue ->
polizia non ha accesso; esempi di divisioni settoriali compaiono in Italia; la Germania fa osservare gli aspetti della legge islamica; e in Scandinavia si ripetono i delitti «d'onore» di donne".


Possibili sviluppi

    
Pipes ritiene che probabilmente la Cristianità e l'Islam siano in rotta di collisione dal momento che gareggiano per accaparrarsi proseliti e potere. "L'Islam è sull'offensiva quando predica la jihad. Essa intende espandere i territori governati dai musulmani a scapito di quelli amministrati dai non-musulmani. Questa espansione territoriale è stata sempre fondamentale per l'Islam.
    "L'attuale jihad è la principale fonte di terrorismo ed ha ispirato una campagna di violenza su scala mondiale. I gruppi jihadisti uccisero nel 1981 il presidente egiziano Anwar al-Sadat, hanno trucidato oltre 10.000 cristiani in Indonesia e probabilmente 2 milioni di cristiani e di animisti in Sudan; e sono una delle cause principali della violenza in Kashmir e in Israele".
    Malgrado questo braccio di ferro, Pipes non ritiene che l'Islam stia avendo tutto questo impeto. "Nel mondo, in genere, la Cristianità cresce rapidamente al pari dell'Islam. Essa non è più in prevalenza una religione prettamente europea o nordamericana. Oggigiorno, i principali centri cristiani si trovano in Africa, in Asia e nell'America Latina".
    Parlando di sviluppi futuri, egli asserisce: "Sfortunatamente gli Stati Uniti dovranno assumersi maggiori oneri del genere in altre parti del mondo, come hanno fatto in Afghanistan e in Iraq, poiché nessun altro vuole essere coinvolto. Sarebbe disastroso se noi seguissimo la debolezza detestabile dell'Europa. Pertanto gli Stati Uniti non hanno altra scelta che quella di allontanare le democrazie dalle politiche di appeasement. Ciò significa che il maggiore antagonismo nei confronti degli Stati Uniti ˆ che già inevitabilmente esiste ˆ potrebbe ancor più rafforzarsi.
    

Gli estremisti hanno preso il controllo

    
Egli conclude con l'ammonire: "Quando si dicono queste cose bisogna essere sicuri di non essere troppo lontani dalla verità. Nel mio computer avevo degli articoli scritti prima dell'11 settembre, come quello che ho pubblicato solo dopo, sotto il titolo "Il pericolo interno: l'Islam militante in America". In esso ho affermato che quasi tutta la comunità musulmana americana organizzata era nelle mani degli estremisti ed essa approvava l'obiettivo islamista di trasformare gli Stati Uniti in uno Stato islamico.
    "Ho citato un moderato, Muhammad Hisham Kabbani, appartenente al relativamente piccolo Consiglio Supremo Islamico d'America. Secondo l'attendibile stima di Kabbani, questi «estremisti» detengono il controllo di oltre l'80% delle moschee americane. Non solo le moschee: ma anche le scuole, i gruppi giovanili, i centri comunitari, le organizzazioni politiche, le associazioni di categoria e le imprese commerciali tendono a condividere le opinioni dell'Islam militante, che è ostile all'ordinamento predominante negli Stati Uniti e propugna che esso venga sostituito con quello islamico. Se questo articolo fosse uscito prima dell'11 settembre, sarebbe stato rigettato in quanto ritenuto esagerato".
    In questo articolo che Pipes non ha voluto pubblicare prima, egli ha scritto: "La popolazione musulmana presente in questo Paese è differente dagli altri gruppi, poiché essa comprende una consistente percentuale di individui ˆ che superano di gran lunga il numero degli agenti di Osama bin Laden ˆ che condivide al pari degli attentatori suicidi l'odo per gli Stati Uniti e il desiderio ultimo di trasformare l'America in una Nazione che viva secondo i dettami dall'Islam militante. Benché essi non siano responsabili delle atrocità dello scorso settembre, covano dei piani da mettere a punto in questo Paese, che necessitano di una seria e urgente attenzione".
    
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Questa intervista verrà inclusa nel prossimo libro di Manfred Gerstenfeld, in corso di pubblicazione, provvisoriamente intitolato: American Jewry's Challenge: Addressing the 21st Century. Questo fa parte del progetto: Jews in the American Public Square, avviato da Pew Charitable Trusts.
    
(Jersusalem Center for Public Affairs, 02.05.2004 - Archivio Daniel Pipes)





3. PORTE CHIUSE DAVANTI AGLI EBREI CHE FUGGIVANO




Tra il 1933 e il 1935, il diplomatico James McDonald e' andato in giro cercando di attirare l'attenzione dei politici di tutto il mondo sul piano di sterminio studiato dai tedeschi. I suoi diari sono stati resi pubblici qualche settimana fa e diversi articoli gli sono stati dedicati.
    Nel 1933, da diplomatico della casa Bianca, fu mandato in Europa per cercare di carpire informazioni relative ai rumors che si stavano diffondendo.
    McDonald riferisce dell'incontro con Ernst Hanfstaengl, il portavoce di Hitler, suo compagno di studi all'Universita' di Harvard. «Ernst mi ha raccontato che Hitler distruggera' gli ebrei finanziariamente, ma che potrebbe anche eliminarli fisicamente. Sarebbe semplice farne fuori 600 mila, mi ha spiegato. Per ogni ebreo, abbiamo un soldato scelto. In una notte, finirebbe tutto».
    Una settimana dopo, McDonald e' a colloquio con Hitler. «Fate tanto chiasso per l'espulsione degli ebrei - rileva gelidamente il Führer - quando ci sono centinaia di migliaia di ariani senza casa. Il mondo non ha motivo di lamentarsi, perche' la Germania sta combattendo non solo per se', ma anche per lui»!!.
    Il mese successivo, McDonald si reca da Roosevelt alla Casa Bianca. Precisa che i nazisti gli parlano con estrema franchezza «perche' conosco perfettamente il tedesco e ho l'aspetto di un ariano». Descrive Hitler come «un uomo con gli occhi del fanatico ma intelligente, che ha il controllo degli eventi». E chiede a Roosevelt di aprire le porte degli Stati Uniti ai rifugiati ebrei. Ma il presidente, sebbene allarmato, si dichiara impossibilitato ad aiutarlo perche' l'America e' agitata da furenti polemiche sugli immigrati.
     Nell’agosto seguente, McDonald si rivolge percio' al cardinal Pacelli in Vaticano, ma e' un altro fiasco. «Sono deluso dal suo atteggiamento - scrive nei diari -. Simpatizza per gli ebrei, ne depreca le sofferenze, ma e' preoccupato soprattutto dei rapporti tra la Santa Sede e Berlino. Non ha preso alcun impegno, mi ha dato l'impressione che non avro' una collaborazione vigorosa».
    Dopo altri due anni di ricerca di coinvolgimento e di sensibilizzazione decise di dimettersi dal ruolo di alto commissario ai rifugiati della Lega delle nazioni. In una lettera furente, McDonald protesta che «anche in America e in Inghilterra c'e' antisemitismo», e che Washington e Londra «ritengono di avere le mani legate» dalla politica interna e dal riarmo.
    Ritorna alla politica solo nel 1948, come primo ambasciatore americano presso il neonato Stato di Israele.
    I suoi diari, appena pubblicati si trovano nel museo della shoah di Washington!
    L'indirizzo internet dell'intero museo è: http://www.ushmm.org/

(Cultura Ebraica - www.puntoj.com , 09.06.2004)





4. ESPERIENZE IN GERMANIA




Berlino, 13 giugno 2004

    Invio questo numero di “Notizie su Israele” direttamente da Berlino, e contrariamente alle mie abitudini ho pensato che potesse essere utile far sapere alcuni fatti che mi sono capitati in questi ultimi tempi e che in qualche modo hanno sempre a che vedere con Israele.
    Da alcuni anni mia moglie ed io cerchiamo di rallentare il normale processo di invecchiamento trascorrendo ogni primavera qualche settimana nella selva Turingia, dove facciamo lunghe e salutari passegiate nei meravigliosi boschi di quella regione.
    Da alcuni anni cerco inoltre di documentarmi su quello che è accaduto in Germania durante il nazismo, anche per capire come mai i cristiani evangelici tedeschi, anche quelli biblicamente più radicati, siano stati in buona parte incapaci di riconoscere nell’ideologia e nella pratica nazista i segni della diabolicità. Devo dire che quest’anno sono stato aiutato in modo davvero provvidenziale in questa mia ricerca.
    A gennaio, mentre mi trovavo in Baviera per partecipare a un convegno su Israele, gli organizzatori hanno messo a disposizione dei partecipanti una cassa di vecchi libri da prendere gratis liberamente. Rovistando sono stato attratto da un volume che contiene le copie rilegate dei numeri di una rivista evangelica dell’anno 1932. In ogni numero compare un allegato, dal titolo “Zeitspiegel” (“Specchio dei tempi”), che tratta argomenti di attualità. Leggendo qua e là mi sono accorto che contiene una serie di interessanti riferimenti alla situazione politica di quel cruciale anno della storia tedesca. Naturalmente l’ho preso. Tornato a casa l’ho esaminato, e dopo aver preso coscienza, con umiliante senso di vergogna, dell’entusiasmo per Hitler e per il movimento nazionalsocialista del relatore della rubrica, e del suo invito a votare per il NSDAP, il partito degli hitleriani, m’è venuta la curiosità di sapere che cosa avrà detto dopo che i nazisti sono andati al potere. Ma il volume naturalmente termina con il numero di dicembre 1932.
    Guardando il volume con attenzione, mi sono accorto che veniva stampato a Bad Blankenburg, nella sede dell’Alleanza Evangelica Tedesca. Ma Bad Blankenburg sta proprio in Turingia, dove di solito ci rechiamo ogni anno. Senza tante speraze, una volta arrivati in Turingia siamo andati a visitare quel paese. La sede dell’Alleanza Evangelica Tedesca è ancora lì, l’abbiamo trovato subito, e abbiamo trovato anche il pastore che in quella sede ha il suo archivio personale: un enorme stanzone con le parete piene di libri. Ha tutti i numeri della rivista che cerco e mi ha permesso di fotocopiarli. Per due pomeriggi ho passato qualche ora a fotocopiare centinaia di pagine, fino all’anno 1936. Naturalmente non ho ancora avuto il tempo di leggerli, ma quello che ho adocchiato qua e là è purtroppo impressionante. Quando tornerò a casa, avrò da leggere per parecchi giorni.
    Altro capitolo. Prima di partire per la Turingia abbiamo ospitato qualche giorno a casa nostra un credente di Amburgo. Parlando insieme, gli abbiamo detto che prima o poi ci sarebbe piaciuto visitare Berlino. Saputo questo, ci ha fatto sapere che lui va spesso in quella città e avrebbe potuto metterci in contatto con una diaconessa che lavora in un istituto di cura evangelico e gestisce in quella sede una camera per gli ospiti. Abbiamo accettato la sua mediazione e abbiamo fissato la nostra visita per la seconda settimana di giugno. Arrivati a Berlino, dove ancora in questo momento siamo, scopriamo che la diaconessa è un’anziana sorella di famiglia nobile prussiana, cresciuta nelle vicinanze di Kaliningrad (Königsberg ), e mandata ancora giovane dai genitori nella Germania dell’ovest prima che cominciasse l’avanzata russa nella seconda guerra mondiale. Da più di quarant’anni vive a Berlino Ovest e ha raccolto innumerevoli esperienze da raccontare e riflessioni da condividere. E’ una vera miniera di informazioni. Ma soprattutto, e del tutto inaspettatamente, si rivela essere una convinta amica di Israele e una critica accanita dell’atteggiamento dei cristiani evangelici tedeschi, che a suo avviso non hanno fatto ancora un adeguato atto di pentimento per il loro passato antiebraico. Ha raccolto un’enorme quantità di articoli e libri sull’argomento e me ne ha passati una piccolissima parte, che sarà sufficiente comunque a tenermi occupato per diversi giorni. I colloqui con lei, continuati fino a pochi momenti prima di scrivere queste righe, sono sempre stati molto intensi e letteralmente edificanti.
    Venuti a Berlino soprattutto per visitare la città, oltre all’imprevisto scambio con la diaconessa filoisraeliana, abbiamo scoperto che nei giorni 11 e 12 giugno si tiene la prima conferenza a Berlino di una missione ebraico-messianica organizzata in collaborazione con due chiese evangeliche berlinesi. La missione si chiama Beit Bar Shalom ed è un ramo tedesco dell’organizzazione internazionale Chosen People Ministries. Il titolo della conferenza è “Das Wirken Gottes in Israel” (“L’opera di Dio in Israele”). Michael Zinn, un ebreo proveniente dall’Ucraina e conduttore di una comunità messianica in Tel Aviv, è l’oratore principale ed è anche la persona che il venerdì sera ha presieduto il momento di inizio dello Shabat. Nel foglietto di invito alla conferenza è scritto:
    “Vogliamo mostrare che i cristiani in Germania non sono indifferenti al destino degli ebrei! Fortificate con la vostra partecipazione la testimonianza che Dio ama il suo popolo eletto. Credenti ebrei e credenti delle nazioni loderanno insieme il Dio d’Israele”.
    Il fatto interessante è che a questa conferenza, iniziata venerdì 11 giugno alle 18, mia moglie ed io abbiamo partecipato poche ore dopo aver visitato la “Haus der Wannsee-Konferenz”, la casa dove il 20 gennaio 1942 si svolse un’altra riunione di persone che, anche loro, non erano “indifferenti al destino degli ebrei”, ma in tutt’altro modo. E’ la ben nota riunione presieduta dall’Obergruppenführer delle SS, Reinhard Heydrich, che aveva come scopo l’organizzazione della “Soluzione finale del problema ebraico”.
    Anche da questa visita sono uscito con una grande quantità di materiale, tra cui la traduzione italiana del verbale integrale di quella riunione, donatomi direttamente dal direttore della casa, dopo che personalmente ci aveva spiegato per due ore il contenuto della mostra e alla fine della visita ci aveva perfino offerto una tazza di caffè nel suo studio.
    Per quali vie misteriose siamo arrivati al direttore della “Haus der Wannsee-Konferenz”? Le solite amicizie personali, penserà qualcuno.
    Le cose sono andate così. Il 3 giugno eravamo ancora in Turingia. Stavamo telefonando a casa da una cabina telefonica, e siccome avevo visto che una signora stava aspettando, ho detto a mia moglie di sbrigarsi. Usciti dalla cabina abbiamo sentito: “Buona sera, che sorpresa sentire parlare italiano”. Alle nostre domande la signora ha risposto che è un’insegnante tedesca di lingue straniere, tra cui l’italiano. La sorpresa è stata reciproca, perché da un po’ di tempo non ci capitava più di parlare in italiano con altre persone. Ci ha spiegato che era lì in vacanza con suo marito, e che pochi giorni dopo sarebbero tornati a Berlino, nelle cui immediate vicinanze abitano. Abbiamo risposto che anche noi saremmo andati presto a Berlino, al termine del nostro soggiorno in Turingia. “Allora ci possiamo incontrare", ha detto la signora con nostra sorpresa, "posso guidarvi nella visita alla città, sono tanti anni che ci vivo”. Poco dopo è arrivato anche il marito, anche lui molto gentile, che ha confermato l’offerta della moglie. Ci ha dato il suo biglietto da visita e ci siamo accordati con la moglie per un incontro a Berlino.
    La signora è stata gentilissima, ci ha portato sul battello e ci ha condotto nella visita di una parte della città. Osservando il biglietto da visita del marito, ci era venuto un sospetto. Abbiamo interrogato la signora e lei ci ha dato la conferma: il marito è il direttore della “Haus der Wannsee-Konferenz”. Saputo del nostro interesse, ha telefonato subito al marito e con lui abbiamo fissato una visita al Wannsee per il giorno dopo. Ci ha dedicato il tempo che probabilmente riserva al pranzo, e insieme alle informazioni sui fatti relativi alla mostra, ci ha fornito una quantità di stimoli su cui riflettere. Una cosa, tra l’altro, mi ha colpito, e forse è bene riferirla per correggere un’opinione molto diffusa. Si sente spesso dire che nella conferenza del Wannsee si è deciso lo sterminio degli ebrei d’Europa. Non è esatto, sia per il rango non elevato dei partecipanti, sia perché lo sterminio degli ebrei era già cominciato da almeno sei mesi. La decisione deve essere stata presa alcuni mesi prima, in altra forma e da altre persone. La conferenza del Wannsee è stata una riunione di carattere organizzativo e di suddivisione di responsabilità. La sua importanza sta nel fatto che è l’unico evento chiaramente documentato che dimostra in modo inconfutabile il coinvolgimento dell’apparato statale tedesco nella criminale azione di sterminio degli ebrei.
    Tanto più significativo è stato per noi il poter verificare, soltanto poche ore dopo, che la volontà di morte non aveva vinto. Aveva vinto la vita. E non solo la vita del popolo eletto, in quanto popolo di Dio, ma anche la vita come vita eterna per il singolo credente. Nel corso della conferenza abbiamo ascoltato infatti la testimonianza di un pianista ebreo proveniente da Mosca. Nessuno aveva tentato di ucciderlo, ma aveva rischiato di uccidersi da solo con la droga e con l’alcool. E non solo questo: per la disperazione una volta si era perfino gettato dal sesto piano. Miracolosamente è rimasto impigliato in qualche cosa ed è atterrato su un balcone del quinto piano. Si è salvato, ma non ha cambiato vita. Quando cercava di non prendere droga o alcool, dopo breve tempo veniva colto da violente crisi epilettiche. A un certo momento ha sentito su di sé l’alito della morte. Una volta, mentre stava sdraiato sul letto ha sentito il suo corpo irrigidirsi e il battito del suo cuore rallentarsi. Non riusciva più né a muoversi né a parlare. Sentiva scendere su di sé le tenebre della morte e non poteva reagire. Una paura tremenda l'aveva afferrato. In precedenza qualcuno gli aveva dato un Nuovo Testamento. L’aveva letto, ma non gli aveva detto niente. In quel momento tragico invece gli è rivenuto in mente un passo del vangelo:

“Giunti presso i discepoli, videro intorno a loro una gran folla e degli scribi che discutevano con loro. Subito tutta la gente, come vide Gesù, fu sorpresa e accorse a salutarlo. Egli domandò: «Di che cosa discutete con loro?» Uno della folla gli rispose: «Maestro, ho condotto da te mio figlio che ha uno spirito muto; e, quando si impadronisce di lui, dovunque sia, lo fa cadere a terra; egli schiuma, stride i denti e rimane rigido. Ho detto ai tuoi discepoli che lo scacciassero, ma non hanno potuto». Gesù disse loro: «O generazione incredula! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando vi sopporterò? Portatelo qui da me». Glielo condussero; e come vide Gesù, subito lo spirito cominciò a contorcere il ragazzo con le convulsioni; e, caduto a terra, si rotolava schiumando. Gesù domandò al padre: «Da quanto tempo gli avviene questo?» Egli disse: «Dalla sua infanzia; e spesse volte lo ha gettato anche nel fuoco e nell’acqua per farlo perire; ma tu, se puoi fare qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci». E Gesù: «Dici: “Se puoi!” Ogni cosa è possibile per chi crede». Subito il padre del bambino esclamò: «Io credo; vieni in aiuto alla mia incredulità». Gesù, vedendo che la folla accorreva, sgridò lo spirito immondo, dicendogli: «Spirito muto e sordo, io te lo comando, esci da lui e non rientrarvi più». Lo spirito, gridando e straziandolo forte, uscì; e il bambino rimase come morto, e quasi tutti dicevano: «É morto». Ma Gesù lo sollevò ed egli si alzò in piedi” (Marco 9:14-27).

    Il pianista non riusciva a parlare, ma nella situazione di quel figlio ha riconosciuto la sua situazione e nel suo cuore ha gridato: “Signore, se esisti e se veramente hai fatto un miracolo come quello, compilo anche per me e salvami!”. Si è ripreso ed è uscito da quello stato. I giorni successivi sono stati ancora difficili, ma la paura mortale l'aveva abbandonato. Alla fine tutto è definitivamente sparito. Adesso vive con la moglie in Israele ed è anziano di una comunità messianica di Tel Aviv.
    Chi ha detto che i miracoli non ci sono? Ce ne sono tanti, sia nella storia che nella vita dei singoli. Ma bisogna saperli riconoscere e vivere.

Marcello Cicchese





5. MUSICA E IMMAGINI




L'Hkahyim




6. INDIRIZZI INTERNET




The Jewish Journal

For the Sake of Zion




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