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Notizie su Israele 288 - 23 marzo 2005 |
1. Intervista con una colona di Gush Katif 2. Pinchas Wallerstein: «Sono pronto a morire» 3. Intervista con Pinchas Wallerstein 4. Aumento dell'antisemitismo in Francia 5. Il governo francese vuole intervenire 6. Situazione preoccupante nei Balcani 7. Musica e immagini 8. Indirizzi internet |
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1. INTERVISTA CON UNA COLONA DI GUSH KATIF
Il mensile in lingua tedesca edito a Gerusalemme, "israel heute", nel suo numero di aprile pubblica un'intervista con Rachel Saberstein, una residente nel blocco di insediamenti di Gush Katif, nella striscia di Gaza.
Shalom, signora Saberstein! Lei vive qui con suo marito, Moshe, a Neve Dekalim, nel blocco di insediamenti di Gush Katif. Da quando vive qui? E come si sente in questi giorni, sapendo dell'imminente sgombero della striscia di Gaza? Siamo arrivati a Gush Katif nel 1997, dopo essere immigrati dagli USA in Israele nel 1968. Siamo venuti qui per motivi ideologici e per di più con il pieno sostegno del governo israeliano. Ma dal 2000 qui si vive sotto il fuoco continuo dei terroristi palestinesi. Nonostante questo, abbiamo tenuto duro. E adesso chi ci caccia è proprio il governo israeliano, cosa che ai terroristi finora non è riuscita... Che cosa pensa del piano di ritiro di Ariel Sharon? Nessuno ci ha chiesto niente! Ed era stato proprio Ariel Sharon ad assicurarci che noi siamo la spina dorsale della nazione, eroi che combattiamo al fronte più avanzato, e che Gush Katif e Tel Aviv sono una stessa cosa. Fino a che, nell'ottobre scorso, alla radio sentiamo dire il contrario: che mettiamo in pericolo il paese. Personalmente, sono sconvolta nel vedere con quanta facilità si possano cacciare degli ebrei dalla loro terra ebraica, in spregio ad ogni convinzione che Israele sia la patria degli ebrei. C'è ancora qualche speranza per gli ebrei nel mondo? Crede ancora che qualcosa possa arrestare il ritiro in luglio? Qui abbiamo vissuto ogni giorno con molti miracoli. Nei quattro anni e mezzo di intifada sono morti in tutto tre lavoratori esterni, due soldati e un colono, e questo sotto la continua grandine dei razzi. Avrebbero potuto essere centinaia! Se Dio avesse voluto cacciarci via di qui, avrebbe avuto abbastanza possibilità. Io continuo a credere che Dio troverà una via per farci uscire da questa situazione. Come reagirà allo sgombero? Con la violenza? Noi dimostreremo, ma la violenza verrà dalle unità dell'esercito e della polizia. Hanno ricevuto per questo la necessaria autorizzazione. Zippi Livni ha perfino emanato una legge a questo scopo, con la quale sarà facilitato l'arresto dei dimostranti e i bambini potranno essere strappati ai loro genitori senza che ci si possa opporre. La fine di ogni democrazia! Distruggeranno la sua casa, come è avvenuto nel 1978 a Yamit, nel Sinai? No, le nostre case saranno messe a disposizione dei leader di Hamas e delle autorità palestinesi come residenze invernali. I profughi palestinesi continueranno ad essere tenuti nei lager come capri espiatori. Le nostre sinagoghe sarnno riciclate in moschee e le scuole in luoghi di addestramento per aspiranti terroristi. Quanto ai cimiteri, i parenti dovranno prelevare le ossa dei loro morti e riseppellirli, cosa che secondo le leggi ebraiche halacha richiederà altri sette giorni di cordoglio Shiva. Dove e quando questo avverrà, fino ad ora non lo sa nessuno. Lei ritiene che la striscia di Gaza sia parte della Terra promessa? E' una striscia di terra promessa da Dio alla tribù di Giuda. Questo è stato sempre un luogo di presenza ebraica. La storia di Sansone si è svolta qui, le zimrot per lo Shabbat di Israele Najjora sono state redatte qui. Dopo la distruzione del secondo Tempio molti ebrei sono venuti nella striscia di Gaza, e nel 1492, sotto l'inquisizione spagnola, è stata il punto di ritrovo di molti ebrei in fuga. Lei sa già come andrà a finire? No, qui nessuno lo sa. Non abbiamo un'altra residenza, non abbiamo case né posti di lavoro. Gli agricoltori del posto hanno fatto contratti per anni con l'Unione Europea, con importi anche di milioni di euro, e adesso non potranno mantenerli, cosa che alla fine danneggerà anche l'economia israeliana. Posso aggiungere anche un'altra cosa? I bambini di Gush Katif si incontrano una volta alla settimana con un Rabbi su un grande spiazzo erboso e pregano i salmi. Se qualcuno gli chiede perché lo fanno, rispondono: "Preghiamo Dio che il signor Sharon non ci cacci dalle nostre case." Preghi anche lei per noi, che sia ebreo o no, affinché a nessun ebreo sia fatta una cosa simile!" Molte grazie per questa intervista, signora Saberstein. (israel heute, aprile 2005) 2. PINCHAS WALLERSTEIN: «SONO PRONTO A MORIRE» Rivolta dei coloni La società israeliana è divisa. Mentre Ariel Sharon ha formato un nuovo governo, per disporre di una maggioranza di voti per la realizzazione del suo piano di divisione, i contrari all'evacuazione si stanno armando. di Zwi Lidar (*) GERUSALEMME - Già da ora si vede che la situazione potrebbe finire fuori controllo. Gli ambienti estremisti dei coloni si esprimono in modo sempre più radicale. Inoltre, ci sono già stati i primi scontri fra soldati e coloni. Di recente, sono stati evacuati due insediamenti di caravan, che erano stati eretti come punti di appoggio nelle vicinanze di Yìtzhar. Quando i soldati dell'esercito israeliano hanno cominciato l'evacuazione, hanno dovuto affrontare la resistenza violenta degli abitanti. Molti soldati hanno dovuto subire dei colpi. Un soldato che abita proprio in quel punto di appoggio, ma che era in vacanza, si è presentato in uniforme davanti ai soldati incaricati dello sgombero. Li ha invitati a disobbedire e a non prendere parte all'azione. Una donna è andata incontro ai soldati con il suo bambino di cinque mesi in braccio, tentando di usarlo come uno scudo. Visto che non si faceva convincere a dare il bambino in braccio a un'altra persona e ad andare via di sua spontanea volontà, è stata portata via di peso dai soldati. Il bambino le stava quasi per scivolare dalle braccia. La direzione dell'insediamento negli ultimi mesi aveva cercato di mettere a tacere le voci più radicali e di renderle inoffensive. Nel frattempo, il consiglio dell'insediamento ha dovuto cedere, perché gli elementi estremistici che incitavano alla resistenza violenta sembravano aver preso il sopravvento. Pinchas Wallerstein, uno dei portavoce dell'insediamento, che nel frattempo è il presidente del governo della circoscrizione Benjamin, ha inviato una lettera aperta ai suoi militanti, invitandoli alla resistenza fisica contro lo sgombero, anche se ciò dovesse comportare il loro arresto. Questo e altri appelli portano all'infrazione delle leggi vigenti. La legge di «sgombero e risarcimento» da poco emessa, regola tutti gli aspetti degli sgomberi imminenti e anche le pene per chi resiste. Wallerstein ha definito questa legge come «immorale e in spregio ai diritti umani». Ha aggiunto nel suo appello: «Sono pronto a morire, se in tal modo riesco a impedire gli sgomberi». Questa lettera è stata come una specie di via libera per tutti i coloni radicali. L'opinione di Wallerstein è divenuta l'atteggiamento ufficiale del consiglio dell'insediamento e della commissione dei rabbini in Giudea, Samaria e Gaza. Finora queste istituzioni avevano perseguito una politica sobria, dichiarando la violenza inammissibile. Inoltre, avevano incitato la popolazione israeliana a partecipare a una resistenza non violenta. Non essendo riusciti a mobilitare la maggioranza dei cittadini israeliani, hanno compiuto una svolta. È stata fondata una commissione operativa, a favore di una politica aggressiva. Si è persino accettato il rischio che questa lotta aggressiva possa allontanare le simpatie di parte della popolazione. Sebbene se ne tenga conto, i coloni cercano tuttavia di creare un'altra immagine pubblica. Per questo, vari coloni che hanno dimostrato davanti alla Knesseth, sono stati esortati a togliere la kippa, il tradizionale copricapo dei religiosi ebrei, per dare l'idea che non sono solo i coloni a partecipare alla dimostrazione. Ma anche tali misure sono state infine rifiutate. I coloni hanno deciso di portare avanti la loro lotta con tutte le forze, senza preoccuparsi della loro immagine e dell'opinione pubblica. I sondaggi di opinione fra i coloni riflettono questi cambiamenti: il 44 per cento degli intervistati ha ammesso di volersi opporre fisicamente a uno sgombero. L'11 per cento dei coloni si è dichiarato a favore dell'«impiego di tutti i mezzi di resistenza a disposizione». Avi Dichter, direttore dei servizio segreto nazionale israeliano «Shabak», ha presentato alla commissione parlamentare per la politica estera e la sicurezza della Knesseth un rapporto che mostra un 'immagine negativa rispetto a quella originariamente prevista per gli sgomberi. Inoltre, fra i coloni ci sarebbe un gruppo di "duri" che non ha paura di niente. Questi estremisti mirerebbero alle provocazioni. Sarebbe ad esempio noto che vogliono provocare i soldati finché uno di loro ricorra alle armi e spari. Questi coloni quindi si baserebbero su un'azione del genere per scuotere la popolazione. Se fosse versato del sangue, le divisioni ideologiche sparirebbero e la popolazione si affiancherebbe ai coloni. Anche Moshe Karadi, comandante supremo della polizia israeliana, si affianca alle vedute di Dichter. Secondo la sua opinione, gli attuali sgomberi avverranno in modo molto più traumatico rispetto a quelli di Yamit avvenuti alla fine degli anni Settanta. La polizia sarebbe al corrente del fatto che molti coloni sono in possesso di armi. Per prevenire le provocazioni sarebbe stato comandato ai poliziotti di eseguire gli sgomberi «a mani vuote». Anche nell'esercito israeliano si sentono molte voci sulla paura di una guerra civile. Altri riflettono pubblicamente dubitando che il governo e l'esercito siano davvero in grado di affrontare tale situazione. il capo di stato maggiore, di contro, è imperturbabile. Uno degli ufficiali a capo dello stato maggiore ha dichiarato: «L'esercito eseguirà tutti i comandi del governo. Viviamo in una democrazia e in uno Stato di diritto. Se lo sgombero per cui si è votato nel Parlamento democraticamente eletto non fosse realizzato, ciò significherebbe la fine per la nostra democrazia». Tuttavia, Parlamento e governo non sono uniti in tale questione. il Ministro delle Finanze Benjamin Netanjahu ha già definito una «tragedia» gli eventi attuali, prendendo le distanze dal piano di divisione di Sharon, ma non incitando comunque alla resistenza. Secondo le sue vedute, la soluzione è sempre e comunque altrove: «lI nostro popolo si trova davanti a un bivio. Si manifesta una spaccatura irreparabile, che si può evitare solo tramite un referendum». ______________ (*) Zwi Lidar è corrispondente di Chiamata di Mezzanotte a Gerusalemme. (Chiamata di Mezzanotte, marzo 2005) 3. INTERVISTA CON PINCHAS WALLERSTEIN Zwi Lidar ha intervistato per Chiamata di Mezzanotte il noto portavoce dei coloni Pinchas Wallerstein.
Pinchas Wallerstein è stato uno dei primi a dare una svolta a tale lotta negli ultimi mesi. Quando la legge di sgombero e risarcimento è tornata per la seconda volta al voto nella Knesseth, egli ha mandato ai compagni di lotta un messaggio personale commovente. In una lettera aperta, ha dichiarato che ritiene questa legge «Immorale e in spregio ai diritti umani». Ha inoltre affermato: «Sono pronto a morire, se in tal modo posso impedire gli sgomberi». La scintilla si è propagata e la lotta viene ora condotta su tutti i fronti. Alcuni hanno preso tali parole così sul serio che nella nazione regna un'atmosfera simile a quella della guerra civile. Sembra che Lei con il suo appello abbia dato avvio a una guerra civile, oppure la pensa diversamente? No. È vero però che dagli ambienti di sinistra si sentono improvvisamente sempre più voci che ritengono tale guerra forse persino necessaria, per salvare la democrazia in Israele. Ma io non credo che si arriverà a tale guerra. Comunque, la spaccatura si amplifica e ci sarà una divisione. Non credo che la società israeliana, dopo lo sradicamento degli ebrei dai loro insediamenti, sarà ancora la stessa. Che cosa crede succederà? Non posso prevederlo. Non posso dirLe come reagirà la società sionistica e nazionalreligiosa. Non so con quali sentimenti questa società potrà resistere a uno sgombero. Bisogna chiedersi se dopo di ciò la società potrà ancora sentire un legame con il sionismo. Forse questa società si deciderà a ritirarsi dalla partecipazione alla vita statale. Non lo so. So solo che gli eventi attuali sono spaventosi. Che cosa propone? In fin dei conti, la Knesseth ha deliberato la legge con la maggioranza dei voti. Si è trattato quindi di una decisione democratica. Provi ad immaginare cosa sarebbe successo se il primo governo di Sharon avesse emanato una legge simile. Quali sarebbero state le conseguenze se questo governo avesse deliberato a maggioranza per la fondazione di un villaggio arabo. Chi ha un po' di intelligenza sa che queste cose devono essere decise in modo diverso. Lei che cosa propone? Vogliamo indire un referendum. Il popolo deve decidere se gli sgomberi devono avvenire o meno. Per evitare una divisione del popolo, si deve chiedere l'opinione a tutti i cittadini. In tale questione sono d'accordo quasi tutti i membri della Knesseth. Nel contempo, dicono che Sharon insiste per il suo piano. Non lo comprendo. Sono pronto a correre il rischio che non riusciremo a convincere la maggioranza della popolazione a votare contro gli sgomberi. Se Sharon è così sicuro del sostegno del popolo, come mai non permette un referendum? perché ha paura di sottoporre ai cittadini della nazione la questione? Mi riesce difficile comprenderLa. Da una parte Lei dice che la sua lotta, la lotta dei coloni viene condotta in prima linea per il futuro della nazione di Israele, e che Lei obbedisce esclusivamente alla Halacha (responso rabbinico vincolante per il comportamento dell'ebreo, N.d.T.). Come mai allora è tanto importante ciò che il popolo pensa? Lei accetta le leggi religiose giudaiche come massima autorità. Allora come mai il popolo può decidere contro quanto affermato dalla Torah? Sono appena tornato da una riunione della commissione degli insediamenti in Giudea, Samaria e Gaza. Abbiamo discusso per quattro ore su tale domanda. Alcuni membri della commissione hanno menzionato proprio ciò di cui Lei parla ora. A conclusione della nostra discussione, abbiamo deciso di avviare una nuova campagna, con il motto: «Lasciate che sia il popolo a decidere!». Non daremmo luogo a questa campagna se la maggioranza dei nostri membri non fosse d'accordo con tale decisione. E comunque, Lei da che parte sta? lo non sono la maggioranza. È un vero dilemma, e sto elaborando la formulazione di un'ulteriore presa di posizione personale. Potrei affermare che sono un cittadino della nazione, un giudeo religioso e un sionista. Non mi divido da questo popolo, anche se dovessi ritenere folli le sue decisioni. Che cosa ne pensa dell'appello all'insubordinazione? Inciterà i soldati dell'esercito israeliano a disobbedire gli ordini? Non sono pronto a dire, a consigliare o comandare qualcosa ai soldati israeliani. Ognuno di loro ha i propri valori e le proprie norme. Ognuno deve decidere personalmente come rapportarsi rispetto a questo difficile compito. Essi prestano servizio militare non per tali compiti, ma è un problema di ogni singolo soldato. Lei non ha risposto a questa domanda. Se parla di una divisione del popolo israeliano che Lei vorrebbe impedire, non dovrebbe a questo punto schierarsi piuttosto contro l'insubordinazione? Le ho già detto quello che penso. Sono contrario a incitare all'insubordinazione. Sono contrario a fare firmare ai soldati un modulo al riguardo, ma se un soldato si trova davanti a casa sua o a casa di un parente o di un amico e deve eseguire lo sgombero, egli è responsabile delle sue azioni solo davanti alla sua coscienza. Sarebbe orribile se l'esercito lo costringesse a una simile azione. Avremmo bisogno di molti anni per riparare una divisione come questa. Se comunque avesse luogo un referendum e i coloni perdessero, Lei continuerebbe ad affermare che ogni soldato deve agire in base alla sua coscienza? No, in tal caso farei cordoglio e forse dimostrerei contro gli sgomberi. Tuttavia, non inviterei mai un soldato all'insubordinazione. (Chiamata di Mezzanotte, marzo 2005) 4. AUMENTO DELL'ANTISEMITISMO IN FRANCIA Secondo il rapporto annuale della Commissione nazionale consultiva dei diritti dell'Uomo, il numero degli atti antisemiti in Francia è aumentato del 50%. GERUSALEMME - Israele ha espresso lunedì scorso la sua inquietudine dopo la pubblicazione del rapporto annuale della Commissione nazionale consultiva dei diritti dell'Uomo (CNCDH), stando alla quale nel 2004 in Francia si è avuto un innalzamento del 50% degli atti antisemiti. "Israele ha già espresso a più riprese la sua inquietudine davanti all'aumento delle aggressioni antisemite in Europa, e in Francia in particolare. Questo rapporto conferma le nostre preoccupazioni", ha dichiarato il portavoce del governo, Avi Pazner. "Noi sappiamo che il governo francese fa sforzi notevoli ed encomiabili per contrastare questo fenomeno, e naturalmente speriamo di poterne vedere i risultati", ha aggiunto. Il rapporto indica che gli atti razzisti e antisemiti hanno raggiunto in Francia nel 2004 livelli "eccezionali ed inquietanti". Stando al rapporto, gli atti antisemiti sono in crescita del 50% e gli atti razzisti anti-magrebini in |
crescita di più del 100%. Nel 2004 sono stati rilevati 970 atti antisemiti, contro i 601 del 2003, e 595 atti razzisti (anti-arabi) contro i 232 del 2003. L'aumento delle profanazioni di luoghi di culto e di cimiteri ebraici e musulmani (65 nel 2004 contro 44 nel 2003) e la forte recrudescenza delle violenze e delle minacce tra gli scolari ha caratterizzato questo anno. La CNCDH stima che, a dispetto di una legislazione francese completa, il "rendimento" della repressione "è stato debole" nel 2004, poiché su 387 casi registrati dalla Cancelleria, 319 non sono stati seguiti da un'azione giudiziaria. (Proche-Orient.info, 21 marzo 2005) 5. IL GOVERNO FRANCESE VUOLE INTERVENIRE «Reagiremo ai rigurgiti antisemiti» di Ada Carella «La Francia ha un debito incancellabile nei riguardi degli ebrei, che è un obbligo per tutti. La verità, anche se fa male, deve essere detta e guardata in faccia»: parole pronunziate dal premier Raffarin in visita in Israele, in occasione dellinaugurazione a Gerusalemme del nuovo museo Yad Vashem che commemora la Shoah, i sei milioni debrei scomparsi nellOlocausto. Accompagnavano Raffarin lex ministro Simone Veil, Serge Klarsfeld, fondatore e presidente dellAssociazione Figli e figlie ebrei deportati dalla Francia, e larcivescovo di Parigi, Jean-Marie Lustiger. A Gerusalemme, il Premio Nobel della Pace, Elie Wiesel, superstite della Shoah, ha insistito «sullimportanza del ricordo», raccomandando a quanti hanno subito la stessa sorte di non rinchiudersi nel silenzio. «Se gli ebrei sono stati assassinati, ha detto, è unicamente perché erano ebrei e per nessunaltra ragione. Era mai capitato un avvenimento simile nella storia?» Jean-Pierre Raffarin ha piantato un olivo durante la cerimonia e, nei due giorni passati in Israele, si è intrattenuto con il suo omologo Ariel Sharon, dichiarando poi alla stampa come ne fosse stato felice: «È stato il viaggio della memoria ma anche dellamicizia, un viaggio di pace, quella che sinstaura nella regione, alla quale la Francia vuol essere vicina», precisando che «le relazioni franco-israeliane si rinforzano, anche grazie alle autorità francesi nella lotta contro lantisemitismo». Il Primo ministro francese è convinto che le posizioni siano meglio chiarite su due punti essenziali: sui rigurgiti dellantisemitismo in Europa e sul processo di pace. Il Governo francese cesserà di praticare «la strategia del silenzio, che è una falsa consolazione quando si tratta dantisemitismo. Se si vuole combattere un avversario bisogna guardarlo in faccia e non negare la realtà». Raffarin era a Gerusalemme o a Canossa? I servizi di Ariel Sharon hanno corroborato le sue parole assicurando che il riavvicinamento fra i due Paesi si farà «in tutti campi», benché resti la controversia fra le due capitali a proposito degli Hezbollah libanesi che Gerusalemme accusa di voler sabotare gli sforzi per la pace del palestinese Abbas. Gli ebrei, durante la Seconda Guerra, col Governo di Vichy, sono stati orribilmente perseguitati anche dalle milizie francesi; in tempo di pace, la politica francese nella regione è parsa sempre pro-palestinese: gli stretti rapporti con Arafat , soprattutto da parte dei partiti di sinistra, erano palesi e lo si è ampiamente visto fino a pochi mesi fa. In questi giorni, si è commemorato Jean-Paul Sartre, che è stato condiscepolo di Raymond Aron per qualche tempo, per poi diventare suo antagonista. Sono notissime le opere letterarie, teatrali e filosofiche sartriane. Ma un titolo non è mai citato: un libro di 198 pagine, edito a Parigi nel 1946, forse finito al macero quasi subito, ma di cui qualche esemplare si trovava fino a qualche anno fa nelle librerie di opere vecchie e usate: è «Reflexions sur la question juive» (Riflessioni sulla questione ebrea). Sartre ha passato il periodo della guerra con Simone de Beauvoir a Parigi, dove i nazisti facevano retate di persone che inviavano nei forni crematori, entrambi in realtà rispettati dalloccupante e attorniati da fedeli letterati e giovani apprendisti francesi. Le "riflessioni" di Sartre nel libro suddetto sono più che sorprendenti perché corrispondono ad una fervente difesa degli ebrei, una specie di riabilitazione di questo popolo, come se navesse estremo bisogno e che nessun avvocato, dedito a simile causa, avrebbe potuto fare meglio di lui: nello stesso tempo è una critica acerba, diciamo feroce, della mentalità, del carattere, dellatteggiamento dei francesi nei loro riguardi. È ricco di unacuta ironia, con una speditezza di scrittura che vuole venire al nocciolo: «Lantisemitismo è lespressione di una società primitiva, cieca e diffusa che sussiste allo stato latente nella collettività legale». Sartre evoca lanno 1940, principio delle persecuzioni naziste in Francia: «Molti francesi si sono stretti attorno al governo di Pétain ( ), quando questi prese misure antisemite, i "petinisti" non protestarono. Si sentivano a disagio, ma se la Francia poteva essere salvata al prezzo di qualche sacrificio non era meglio chiudere gli occhi?» Nel contempo, definendo la figura dellebreo, rinchiuso nellimmagine che gli applica un francese, Sartre sa che cio rende quasi impossibile una comprensione reciproca fra le due entità umane, come potrebbe avvenire con qualsiasi altra persona, è che nel cervello (!) di colui che guarda un ebreo come un individuo "a parte", cè impresso il "tipo" indelebile che un francese si è lui stesso forgiato. È unanalisi quella di Sartre che lascia, tuttavia, intatto il mistero. (Giornale di Brescia, 21 marzo 2005) 6. SITUAZIONE PREOCCUPANTE NEI BALCANI L'antisemitismo alza la testa in Serbia Benché numericamente esigua, la comunità ebraica di Serbia è sempre più presa di mira da una schiera di gruppi ultranazionalisti. Un viaggio all'interno dei siti web, pubblicazioni e movimenti antisemiti presenti nella società serba. di Dragana Nikolic-Solomon e Ljubisa Ivanovic (*) BELGRADO, 4 marzo 2005 - Gli slogan alludono ad una futura resa dei conti. "Juden Raus", "Achtung Juden", "Ebrei fuori dalla Serbia" e "A morte Ebrei e Zingari", proclamano, e le parole forniscono una raggelante eco dell'Olocausto che decimò gli Ebrei d'Europa più di mezzo secolo fa. Ma pochi Ebrei oggi in Serbia vedono effettivamente questi slogan. Fornendo un'ampia dimostrazione della teoria secondo cui l'antisemitismo non ha bisogno di Ebrei per svilupparsi, l'ultima ondata di antisemitismo in Serbia si è abbattuta su una comunità che è l'ombra di quello che era. La comunità è ora ridotta a un numero minuscolo, più o meno 3.000, su una popolazione totale della Serbia di circa otto milioni, e nel censimento del 2002 si sono dichiarate ebree solo 1.200 persone circa. La maggior parte dei Serbi non ha mai neppure incontrato un Ebreo. Anche prima della Seconda Guerra Mondiale la comunità era piccola, arrivando allo 0,45 per cento della popolazione. Dopo l'Olocausto e la migrazione della maggior parte dei sopravvissuti in Israele, la quota si è ulteriormente ridotta, allo 0,3 per cento. Ma mentre rimangono pochi Ebrei, l'antisemitismo fiorisce. Molte librerie fanno scorta del famigerato "I Protocolli dei Saggi Anziani di Zion", il libro russo dei primi del 900 che fraudolentemente pretendeva di svelare una cospirazione ebraica contro la popolazione non-ebrea del mondo, e specialmente contro quella cristiana. Cosa ancora più fastidiosa, un elenco di eminenti Ebrei serbi è stato recentemente pubblicato sul sito web di una organizzazione neonazista, accanto a messaggi inviati da visitatori del sito che chiedono che costoro siano uccisi. Anche se "Stormfront" è un gruppo tedesco, molti commentatori serbi ritengono che essi possano avere ottenuto questa lista solo con l'aiuto di colleghi serbi. L'elenco include famosi attivisti ed artisti, come il capo del Fondo di Belgrado per l'Eccellenza Politica, Sonja Licht, l'attore Predrag Ejdus, il cantante Djordje David, l'esperto di marketing Srdjan Saper e il capo dell'Unione delle Comunità Ebraiche, Aca Singer. Un catalogo di letteratura antisemita in Serbo che, viene detto, "ogni nazionalsocialista e nazionalista razzialmente consapevole dovrebbe leggere" è contenuto nel sito in una pagina denominata "Biblioteca Nazionalsocialista Serba". Tra i testi raccomandati c'è un articolo intitolato "Ebrei i Nemici dei Popoli Balcanici." Il professor Ratko Bozovic, un sociologo dell'Università di Belgrado, ha detto a IWPR: "Questi incidenti non sono isolati. Fanno parte di un fenomeno in crescita." Altri esperti concordano che la Serbia sta diventando un focolaio di ideologie razziste estreme il che in parte è una conseguenza di un decennio di guerra sotto Slobodan Milosevic, quando i media hanno dipinto i Croati, i Musulmani e gli Albanesi come i nemici demoniaci degli incolpevoli Serbi. All'inizio delle guerre in Jugoslavia, il regime inizialmente aveva provato a collegare i Serbi e gli Ebrei come entrambi vittime del fascismo durante la Seconda Guerra Mondiale, promovendo le attività di organizzazioni di facciata quali la Società per l'Amicizia Serbo-Ebraica. Ma dal momento che questa iniziativa non è riuscita a raggiungere il risultato voluto in ambito internazionale, la propaganda antiebraica ha incominciato a circolare, compresi gli avvertimenti che i Serbi stavano diventando vittime di una lobby ebraica di Washington. Questa propaganda raggiunse l'apice durante i bombardamenti NATO del 1999 sul Kosovo, quando gli Ebrei nell'amministrazione del Presidente Bill Clinton furono accusati di essere artefici di un progetto per bombardare la Serbia. Bozo Prelevic, un avvocato di Belgrado, dice che credere in una cospirazione antiserba degli ebrei è un'eredità dell'era Milosevic, quando i media di regime iniziarono ad elencare Ebrei e Massoni insieme a tutti gli altri cospiratori che tramavano la rovina della Serbia. Anche dopo che i partiti democratici presero il potere nell'ottobre 2000, la società serba continuò a dare la colpa agli altri per i suoi problemi, dice il professor Bozovic senza curarsi se questi altri fossero i Rom, gli Ebrei, gli Albanesi, gli Americani, il Tribunale dell'Aja o i ricchi investitori, che molti vedono come colonizzatori economici. Navigare a caso tra i siti web serbi di destra rivela una abbondanza di letteratura e propaganda antisemita. Il sito della Lega di Difesa Serba, un'organizzazione che sostiene che la sua missione è quella di documentare il "genocidio contro i Serbi" sionista, mette in rilievo che "le ricerche hanno scoperto che gli Ebrei in posizioni di potere cospiravano per frammentare la Jugoslavia in stati amici di Israele, perché Israele aveva bisogno dei loro voti nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite". Secondo l'organizzazione gli Ebrei furono direttamente responsabili per i bombardamenti NATO della Serbia alla fine degli anni 90. "Gli Ebrei introdussero risoluzioni [alle Nazioni Unite] per bombardare i Serbi e per farli pagare per quello che Israele sta facendo ai Musulmani", sostiene. La Lega di Difesa Serba dice che gli Ebrei hanno "rubato l'olocausto serbo" perché "il più grande genocidio nella Seconda Guerra Mondiale fu commesso contro i Serbi nella Croazia nazista, e non contro gli Ebrei in Germania". Aca Singer, leader veterano della ridotta comunità ebraica di Serbia, dice che l'ondata di scritte ostili sui muri, come anche i messaggi di minaccia su vari siti web, sono fonte di preoccupazione. La Comunità ha ora intentato sei procedimenti penali contro gli autori ma ci sono poche speranze che qualcosa venga fatto. I website sono collocati all'estero, così né la polizia né i tribunali possono agire, e non ci sono leggi contro l'incitamento all'odio su Internet. Singer dice che è significativo che gli incidenti antisemiti siano aumentati dopo la caduta del regime di Milosevic nell'ottobre 2000. Crede che questo possa essere dovuto al fatto che l'avvento della democrazia ha fatto emergere sentimenti sugli Ebrei che prima erano tenuti ben nascosti. "Negli ultimi cinque anni oltre cento libri antisemiti sono stati pubblicati in Serbia," ha detto Singer. "Due dei più recenti sono I Serbi nelle grinfie degli Ebrei' e L'omicidio rituale ebreo'. Quest'ultimo, pubblicato da IHTUS Libri Cristiani, dice che gli Ebrei uccidono i bambini cristiani per poi impastare il pane con il loro sangue." Il sito web di IHTUS presenta una grande mole di letteratura antisemita e di calunnie. Un articolo intitolato "L'omicidio Rituale presso gli Ebrei" ricalca tutti i vecchi libelli medievali contro gli Ebrei assassini di innocenti Cristiani. "Quando un omicidio rituale viene portato a termine per [il banchetto ebraico di] Purim," si legge, "allora la vittima è di solito un cristiano adulto. Questo sangue è poi fatto essiccare e viene mescolato con il lievito in polvere per fare dolci triangolari È possibile usare il sangue secco avanzato dall'omicidio di Purim per la successiva festa della Pasqua ebraica." La casa editrice IHTUS è una impresa privata, i cui uffici si trovano a Zabalj in Vojvodina, provincia nel nord della Serbia. Il direttore editoriale Ratibor Djurdjevic era un membro di una organizzazione di destra, precedente alla Seconda Guerra Mondiale, chiamata Dimitrije Ljotic. Dopo essere emigrato negli Stati Uniti, Djurdjevic ritornò in Serbia nel 1990. Djurdjevic espone la sua visione sul sito web, sostenendo che i suoi libri sono importanti per Serbi e Cristiani perché racchiudono informazioni sui "potenti, ma sconosciuti dominatori del mondo i banchieri ebrei. Essi sono i più importanti collaboratori di Satana nella sua malvagia lotta contro Gesù Cristo." Aggiunge che questi innominati banchieri ebrei hanno recato molto male ai Serbi, avendo "incominciato la guerra contro i Serbi; fornito assistenza alle forze disgregatrici in Jugoslavia; incendiato la Bosnia; imposto un crudele embargo a Serbia e Montenegro; armato i Croati e i Musulmani... [e] demonizzato i Serbi in tutto il mondo". I Serbi sono un ostacolo per le forze della conquista ebraica nei Balcani, sostiene. Il sito di Djurdjevic promette future pubblicazioni dello stesso tenore. IWPR ha tentato di contattare Djurdjevic, usando l'e-mail ed il numero di telefono pubblicato sul sito, ma senza successo. Comunque Branislav Jakovljevic, uno dei direttori di IHTUS, ha detto a IWPR che i loro libri non accusavano tutti gli Ebrei di crimini contro i Cristiani, ma solo qualcuno. "È ingiusto accusare tutti gli Ebrei", ha detto. "Tra di loro c'è gente normale, che non ha peccato verso Dio." Il problema inizia, ha aggiunto, con "i media europei ed americani che sono gestiti da banchieri ebrei, e che sono responsabili di creare una cattiva immagine dei Serbi". L'antisemitismo in Serbia non è comunque limitato alle discussioni su siti web registrati all'estero e a slogan tracciati anonimamente sui muri. Raggiunge i giovani tramite organizzazioni come Obraz, che si rivolge a studenti e ad altri giovani con il suo messaggio di nazionalismo radicale. Obraz, che significa "onore", è un movimento di destra che predica la fedeltà alla Chiesa Ortodossa Serba e in generale a tutto ciò che è serbo, e incoraggia l'ostilità ad una lista di quelli che chiama nemici della nazione e della chiesa. Mladen Obradovic, presidente di Obraz, ha detto a IWPR che i valori chiave di Obraz sono l'amore di Dio e la buona volontà verso gli altri, indipendentemente dalla loro provenienza. Ma il loro sito web racconta una storia diversa. Una dichiarazione d'intenti sul sito contiene un duro "Proclama contro i Nemici di Obraz", che sono così indicati: "Sionisti, convertiti all'Islam, Ustascia [fascisti croati], democratici, falsi pacifisti, pervertiti, criminali e tossicodipendenti". I summenzionati gruppi "dovrebbero essere puniti secondo giustizia, perché non gli sia permesso di rovinare la salute della gioventù serba", aggiunge minacciosamente il proclama. Obradovic è stato più sfumato nel descrivere ad IWPR la posizione di Obraz verso gli Ebrei. "Siccome siamo Cristiani, non possiamo e non vogliamo nascondere la verità, che molti uomini potenti in ambito euro-atlantico, di origini ebree, si sono rivelati apertamente nemici del popolo serbo," ha detto. "Distinguere i nemici dagli amici non può essere chiamato antisemitismo," ha aggiunto. Secondo Obradovic, le uniche persone in pericolo oggi in Serbia sono i Serbi stessi. Quanto simili atteggiamenti riescano a raggiungere la gente comune è una questione aperta. Secondo un sondaggio condotto nel 2003 dal Centro di Belgrado per lo Studio delle Alternative, un think-tank specializzata nel monitorare l'opinione pubblica, l'antisemitismo era più diffuso di quanto un tempo si pensasse. Il nove per cento di chi rispondeva si dichiarava apertamente antisemita, mentre un altro 31 per cento ha detto di essere indeciso, secondo il sondaggio. Molta gente della strada sembra confusa nella sua concezione della storia e disposta ad incolpare gli ebrei per le recenti crisi del proprio Paese. Un tassista ha detto a IWPR che "Hitler era ebreo e il fatto che [i nazisti] hanno ucciso milioni dei loro prova quanto sono cattivi". Ha detto che gli Ebrei sono stati responsabili della distruzione della Jugoslavia perché "Tito era ebreo". Ha aggiunto, "Gli Ebrei volevano distruggere la Jugoslavia per i loro interessi economici". Un'altra donna intervistata per strada ha detto che gli Ebrei hanno esagerato i pericoli dell'antisemitismo a loro beneficio. "Gli Ebrei usano l'antisemitismo al fine di procurarsi dei privilegi," ha detto. Secondo il professore di psicologia Zarko Trebjesanin dell'Università di Belgrado, l'antisemitismo fa appello ai molti falliti della travagliata società serba. "Gli antisemiti sono persone che si sentono insoddisfatte, così, spesso, si identificano fortemente con la loro razza," ha detto. "Queste persone soffrono di complessi di inferiorità e cercano una identità nel collettivo, abbracciando teorie estremiste nel corso del processo." Trebjesanin ha puntualizzato che molti Serbi morirono tentando di salvare gli Ebrei dall'Olocausto, "Lo Yad Vashem Centre di Gerusalemme ha citato 113 nomi serbi tra quelli di 19.141 benemeriti", un riconoscimento a persone che vengono onorate per aver salvato degli Ebrei. Mentre i siti web continuano a rimestare il loro veleno, la maggioranza dei rimanenti Ebrei di Serbia dice di sentirsi tranquilla, pur chiedendo al governo di reagire con maggiore fermezza. Aca Singer sostiene che le attuali sanzioni legali contro la diffusione di ideologie basate sull'odio sono insufficienti. "Il Codice Penale dovrebbe prevedere il reato di antisemitismo," ha detto. La misera situazione economica della Serbia è uno dei fattori retrostanti il risorgere dell'antisemitismo, ha aggiunto. "Gli Ebrei sono stati visti con sospetto da molte nazioni nel corso della storia. In particolare se si considera la convinzione, profondamente radicata, che gli Ebrei controllino lo sviluppo finanziario e politico globale." _______________ (*) Dragana Nikolic-Solomon è direttore nazionale di IWPR per la Serbia e il Montenegro. Ljubisa Ivanovic lavora per il quotidiano di Belgrado "Politica". (Osservatorio sui Balcani, 14 marzo 2005) 7. MUSICA E IMMAGINI Erev 8. INDIRIZZI INTERNET World Jewish Congress Online About Israel Le notizie riportate su queste pagine possono essere diffuse liberamente, citando la fonte. |