<- precedente seguente -> pagina iniziale arretrati indice



Notizie su Israele 322 - 25 novembre 2005

1. Viziati dalla beneficenza mondiale
2. No alla politica del «cerchiobottismo»
3. Per uscire dalla tragedia
4. La «piccola Vienna» di Shangai
5. Una magnifica analogia
6. Musica e immagini
7. Indirizzi internet
Ezechiele 11:17-20. Così parla DIO, il Signore: Io vi raccoglierò in mezzo ai popoli, vi radunerò dai paesi dove siete stati dispersi, e vi darò la terra d'Israele. Quelli vi giungeranno, e ne toglieranno tutte le cose esecrande e tutte le abominazioni. Io darò loro un medesimo cuore, metterò dentro di loro un nuovo spirito, toglierò dal loro corpo il cuore di pietra, e metterò in loro un cuore di carne, perché camminino secondo le mie prescrizioni e osservino le mie leggi e le mettano in pratica; essi saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio.
1. VIZIATI DALLA BENEFICENZA MONDIALE




Rapporto dell'Onu: I palestinesi stanno meglio di altri


Nablus
Nel recente rapporto dell'UNDP (United Nations Development Programme) la vita dei palestinesi nei territori dell'Autonomia viene presentata in modo diverso da come viene riportato dai media mondiali. I palestinesi stanno relativamente meglio di quanto solitamente si pensa, e inoltre sono al secondo posto nella graduatoria mondiale degli aiuti finanziari ricevuti annualmente. Il rapporto annuale, di 400 pagine, classifica 177 paesi secondo tre criteri: entrate, salute e educazione. L'Autonomia palestinese, che è stato inserito nella lista come unico non-paese e compare con il nome di «Territori palestinesi occupati», viene fortemente criticata a pagina 75: «L'aiuto internazionale per progetti di sviluppo umano viene spesso illegittimamente sfruttato, perché chi riceve i soldi usa il denaro ottenuto per altri scopi e non li investe nei progetti di aiuto indicati.»
    Il rapporto Onu ricava tre fondamentali conclusioni riguardo all'Autonomia palestinese: Primo, l'Autonomia palestinese viene privilegiata dal mondo in modo non proporzionale alla sua reale situazione e ai suoi bisogni. Secondo, non è giustificato sostenere su grande scala l'Autonomia palestinese fino a che lei stessa non dia seri segni delle sue capacità di produzione. Terzo, l'esagerato aiuto finanziario che l'Autonomia palestinese riceve dall'Occidente la frena nel suo autosviluppo.
    Dati di mortalità, come anche povertà e fame nel mondo, sono esempi di come si possa considerare esagerato l'aiuto dato ai palestinesi in confronto ai paesi poveri in Africa, Asia e Sud America. Nei tre continenti menzionati, due miliardi e mezzo di persone vivono con meno di due dollari al giorno, e la metà di questi con addirittura meno di un dollaro al giorno. In quelle zone muoiono ogni anno 10 milioni di bambini al di sotto dei 5 anni e 850 milioni di persone sono sottonutrite. Davanti a una simile povertà, i 3 milioni di palestinesi della striscia di Gaza e dei cosiddetti territori occupati ricevono il secondo aiuto finanziario annuale nella gradutoria mondiale: 288,6 dollari a testa, in totale, circa 900 milioni di dollari. Nel Sudan, dove negli ultimi 10 anni sono state uccise più di un milione di persone e 6 milioni sono state sradicate dalla loro terra, l'aiuto finanziario annuale non supera i 18,5 dollari a persona, in tutto 750 milioni di dollari. Se i 40 milioni di abitanti sudanesi ricevessero invece, come i palestinesi, 288,6 dollari a testa, a loro arriverebbe ogni anno un aiuto finanziario di 11,5 miliardi di dollari. I palestinesi ricevono dunque un aiuto finanziario che è 15 volte superiore. Evidentemente, sembra chi sta più a lungo sotto la luce dei riflettori e compare più spesso nei titoli della stampa mondiale ne può trarre un maggiore profitto finanziario. I disordini fanno titoli e i titoli fanno soldi.
    Il recente rapporto Onu smentisce inoltre la diffusa opinione che l'Autonomia palestinese stia sull'orlo del caos economico e sanitario. Nel rapporto Onu i 177 paesi elencati sono suddivisi in tre classi: A - paesi fortemente sviluppati, B - paesi mediamente sviluppati, C - paesi debolmente sviluppati. L'Autonomia palestinese in Israele appartiene alla classe media B e si trova addirittura prima della maggior parte dei paesi arabi. Riguardo alle entrate pro capite e alla soglia di povertà, l'Autonomia palestinese si trova al 7° posto dei 103 paesi della classe media, al livello di Singapore, Cuba e Colombia, ma prima di Egitto e Arabia Saudita. Il rapporto Onu evidenzia chiaramente che gli ultimi quattro anni di intifada hanno raddoppiato la soglia di povertà nei territori palestinesi. Tuttavia le «azioni di salvataggio finanziario» di americani, europei e giapponesi non potranno risolvere facilmente i problemi fondamentali della popolazione palestinese perché nel frattempo le autorità dell'Autonomia palestinese si sono abituate ad appoggiarsi sul continuo sostegno e sulla beneficenza di altri paesi.

(israel heute nr.327, dicembre 2005)





2. NO ALLA POLITICA DEL «CERCHIOBOTTISMO»




Io riservista dell'esercito d'Israele

Un volontario lascia un mese all'anno la propria vita civile per svolgere servizio gratuito nelle Forze di Difesa d'Israele. "Non volevo limitarmi a dare solidarietà solo a parole".

di Marina Bortolani

Alfredo, può descriversi ai lettori, ovviamente nei limiti della riservatezza?
Mi chiamo Alfredo (ndr: solo questo dato, ovvero il nome Alfredo, è di fantasia per proteggere la privacy dell'intervistato) e ho 41 anni, sono laureato in economia e commercio, sposato con due figli e lavoro come dipendente di un'azienda reggiana che opera nel settore metalmeccanico.

Lei è italiano, nato e vissuto a Reggio Emilia?
Sì sono italiano, sono nato a Reggio Emilia e vivo da sempre in provincia di Reggio Emilia.

E' ebreo?
No! Sono cristiano anche se non molto praticante.

Chi sono i riservisti dell'esercito d'Israele e di cosa si occupano?
Le "Forze di Difesa d'Israele" hanno una struttura unica al mondo in quanto sono formate da una piccola quota di militari di professione, una quota di ragazzi ventenni che fanno il servizio di leva, ma la stragrande maggioranza della forza è costituita da riservisti, uomini e donne, che per un mese all'anno lasciano la loro vita civile, il loro lavoro e le loro famiglie per svolgere il proprio turno di servizio militare. Che sia chiaro che tale servizio è gratuito al cento per cento. Anzi, sono a carico nostro le spese di volo e trasporti. A questi ultimi si aggiunge una quota di volontari provenienti dagli altri paesi che vogliono aiutare Israele, indipendentemente dalla nazionalità o religione, lavorando soprattutto nel settore della logistica e della manutenzione.

Quando e perché ha deciso di partire da Reggio Emilia per fare il riservista nell'esercito di Israele?
La decisione di fare il volontario nelle "Forze di Difesa d'Israele" è maturata al tempo della prima guerra del golfo dalla volontà di dare un aiuto concreto ad Israele che andasse oltre le solite frasi di circostanza e di essere partecipe, seppur in modo modesto e limitato, alla difesa di una Nazione che, sin dal primo giorno della sua costituzione, è sempre stata oggetto di attacchi e minacce di distruzione da parte dei suoi vicini che non ne accettano l'esistenza.

Quando svolge il ruolo di volontario indossa la divisa militare?
Durante tutto il tempo del servizio di volontario si è a tutti gli effetti membri delle "Forze di Difesa d'Israele" per cui si è in divisa come tutti gli altri militari, si mangia nella stessa mensa, si dorme nelle stesse camerate, si utilizzano gli stessi servizi igienici ecc. Si vive e si lavora allo stesso modo di tutti gli altri militari con la sola eccezione che non si è abilitati, per ovvi motivi, all'uso delle armi. Si tenga presente che le "Forze di Difesa d'Israele" sono molto diverse dai tradizionali eserciti e non esiste una disciplina rigida in quanto i rapporti tra i soldati ed i superiori sono regolati dalla comune consapevolezza di agire tutti per lo stesso scopo.

Ha mai sparato a qualcuno?
No.

Quali le ragioni della sua scelta?
Le motivazioni che spingono una persona a fare il volontario nelle "Forze di Difesa d'Israele" sono strettamente personali, ma credo siano sostanzialmente le stesse di tutti gli altri volontari.

E' vero che l'esercito di Israele è il secondo esercito nel mondo dopo quello americano?
Il continuo stato di guerra e la necessità di dovere difendersi dal rischio di annientamento da parte degli stati arabi ha fatto si che le "Forze di Difesa d'Israele" siano diventate seconde solo a quelle degli Stati Uniti che però, fatte le debite proporzioni, le superano in molti settori. Non dimentichiamo che lo stato d'Israele è formato da solo 5 milioni di persone mentre gli americani sono 200 milioni ed altrettanto gli arabi in diretto conflitto con Israele.

Quanto è importante oggi Israele?
Israele è l'unico Stato democratico di tutto il medio oriente e questo motivo, da solo, rende Israele importante. A ciò bisogna aggiungere il grande contributo dato da Israele allo sviluppo della scienza e della tecnologia, alla ricerca scientifica, alle nuove tecnologie agrarie e mediche, alla cultura ed alla musica. Basta solo guardare quanti premi nobel sono stati conferiti a cittadini ebrei o israeliani per capire quanto sia importante Israele per il mondo intero. La democrazia israeliana è importante a va difesa.

Come giudica i rapporti fra Israele e USA?
Non sono addentro alle faccende della politica internazionale, ma da quanto posso percepire mi pare che i rapporti tra Stati Uniti ed Israele siano di perfetta sintonia anche perché accomunati dalla lotta al terrorismo internazionale.

Cosa pensa delle dichiarazioni del Presidente dell'Iran Mahmoud Ahmadinejad che ha definito Israele "vergognosa macchia da cancellare dalla mappa del mondo"?
Le dichiarazioni del presidente iraniano non sono nuove e non sorprendono più di tanto perché una buona parte del mondo arabo si prefigge da sempre di distruggere lo stato d'Israele.

Anche la suprema guida spirituale iraniana, l'ayatollah Khamenei, ha dichiarato che "lo Stato d'Israele sparirà, annientato dalla resistenza palestinese". Una semplice minaccia?
Non direi che si tratta di una semplice minaccia ma di una precisa volontà che una parte del mondo islamico, quella più fanatica e che rifiuta ancora l'esistenza dello stato d'Israele, intende portare avanti con determinazione.

Secondo lei l'Iran sarà in possesso fra alcuni mesi della tecnologia necessaria per la fabbricazione di una bomba atomica?
L'Iran, come già prima l'Iraq, sta tentando da tempo di dotarsi di armi nucleari e sembra essere oramai sul punto di raggiungere tale obbiettivo. Le infinite disponibilità economiche derivanti dai petroldollari associate alle conoscenze tecniche di scienziati senza scrupoli fanno sì che tra non molto tempo l'Iran sarà in possesso di armi nucleari. Il problema è che, oltre alle testate atomiche, l'Iran ha sviluppato anche una componente missilistica a lungo raggio capace di raggiungere sia Israele che alcuni paesi europei il che comporta una minaccia per tutto il mondo occidentale con l'aggravante che i fanatici islamici sono intenzionati ad utilizzarla.

In caso di necessità lei partirebbe domani per aiutare Israele nell'esercito?
Premesso che in tutte le guerre combattute Israele e gli israeliani si sono difesi da soli senza la necessità di richiedere l'aiuto di altri Paesi o di altre persone, io non esiterei a partire per fare quanto è necessario. Per fortuna tale necessità non si è mai verificata, e non si verificherà, in quanto le "Forze di Difesa d'Israele" sono perfettamente in grado di fronteggiare egregiamente ogni necessità militare.

Sparerebbe ad un iraniano se ci fosse bisogno?
Come ho già detto i volontari che prestano servizio nelle "Forze di Difesa d'Israele" non sono abilitati all'uso delle armi per cui tale eventualità non esiste ma, qualora si dovesse verificare tale estrema soluzione, non esiterei a farlo sapendo bene che la "controparte" non avrebbe riguardi nei confronti del popolo israeliano. Non farei certo come il soldato Piero della famosa canzone di Fabrizio De Andrè.

Cosa può fare l'Italia per Israele?
L'Italia, come il resto d'Europa, può fare molto per la risoluzione del conflitto mediorientale, ma deve prendere la decisione politica e schierarsi, in modo chiaro ed inequivocabile, contro gli stati come la Siria e l'Iran che fomentano il terrorismo e le fazioni che lo praticano quali Hamas, la Jihad, Hezbollah ecc. La politica del "cerchiobottismo" e dello stare con "due piedi in due staffe" in Medio Oriente non paga in quanto viene interpretata come un segno di debolezza e questo fa il gioco dei terroristi.

(Dilloadalice.it n.78 del 09/11/2005 - da Morasha, 20 novembre 2005)





3. PER USCIRE DALLA TRAGEDIA




David ha scelto la vita

Diciotto mesi fa David Chatuel ha perso sua moglie Tali che era all'ottavo mese di gravidanza e le sue quattro figlie Hila (11 anni), Hadar (9 anni), Roni (7 anni) e Meirav ( 2anni). Terroristi palestinesi di Jihad islamica hanno ucciso tutta la sua famiglia sparando contro l'auto familiare con cui stavano viaggiando verso Gush Katif. Solo quindici mesi dopo David ha dovuto evacuare dalla striscia di Gaza. Una tragedia familiare che ha scosso tutto Israele. Alla fine di ottobre David si è fidanzato con la trentaduenne Limor Shem Tov di Gerusalemme.
    «Il mio fidanzamento con Limor non rimuove né il mio dolore né l'incalcolabile perdita della mia famiglia», ha spiegato David a israel heute. «La nuova famiglia che sto per formare non si forma al posto della mia famiglia distrutta, ma la edifico come un secondo piano sui pilastri già esistenti della mia vita. I volti e gli abbracci di mia moglie e delle mie quattro figlie mi accompagneranno sempre.»
    Limor e David si sono conosciuti attraverso un'amica comune che, tra l'altro, si prende cura delle vittime del terrorismo. «Negli ultimi diciotto mesi della mia vita la mia privata tragedia familiare si è estesa alla tragedia nazionale, perché alla fine ho dovuto anche lasciare la mia casa di Gush Katif agli assassini di mia moglie e delle mie figlie». David ha dichiarato la sua decisione di fidanzamento con il Salmo 30,12: «Tu hai mutato il mio dolore in danza; hai sciolto il mio cilicio e mi hai rivestito di gioia.» Per uscire dalla tragedia che coinvolgeva la sua vita sia personale che nazionale, a David si aprivano due strade: «La via della morte, del lutto e dell'autocompatimento. Una via senza speranza con un quotidiano immergersi nella profondità del dolore», ha detto David. La seconda via mi riportato alla vita. La continuazione della mia vita, del mio impegno nell'istruzione pubblica, come anche nella edificazione di Eretz Israel e della mia vita spirituale con Dio.»
    Oggi David vive e lavora nella città costiera di Ashkelon come direttore scolastico. «Senza l'aiuto di Dio non ce l'avrei mai fatta, ma l'Onnipotente ci ha chiamati alla vita, anche se per noi non è semplice.»
    Come conclusione David ha detto che davanti ai suoi occhi ha visto anche le parole di Dio e gli atti di amore verso Israele, come si legge in Ezechiele 16.6: «Io (Dio) ti passai vicino, vidi che ti dibattevi nel sangue e ti dissi mentre eri nel tuo sangue: "Vivi!" Sì, ti dissi mentre eri nel tuo sangue: "Vivi!"».

David Chatuel e Limor Shem Tov

(israel heute nr. 327, dicembre 2005)





4. LA «PICCOLA VIENNA» DI SHANGHAI




Ebrei con gli occhi a mandorla. Ecco la «tredicesima tribù»

di Giorgio Pressburger

Fino a poco tempo fa, quando mi facevano domande sull'Europa centrale, rispondevo con il paradosso secondo il quale, in realtà, l'Europa centrale si trovava ovunque, tranne che in India e in Cina. Infatti, le migrazioni forzate di numerose famiglie, soprattutto ebraiche, fuggite nel Novecento in America, in Australia, in Africa, hanno portato la cultura centroeuropea in molte parti del nostro pianeta. Pensavo che solo i due colossi asiatici facessero eccezione. Ultimamente un viaggio fatto in Cina mi ha persuaso del contrario. A Shanghai, città di quattordici milioni di abitanti della Cina

prosegue ->
sudorientale, è esistita, fino al secondo dopoguerra, una folta colonia di ebrei arrivata in tre ondate successive. La prima, nell'Ottocento, da Bagdad, l'oggi martoriata città dell'Iraq, la seconda, all'inizio del Ventesimo secolo, soprattutto dalla Russia zarista, in seguito ai sanguinosi pogrom , la terza al tempo delle persecuzioni naziste, dalla Germania, dalla Polonia e da altri Paesi della famosa e famigerata Mitteleuropa. Nel 1944 questa «colonia» contava circa quarantamila anime, tante quanti sono tutti gli ebrei nell'Italia di oggi. Il quartiere dove questi ebrei si erano installati ancora adesso si chiama con il nome eloquente di «Piccola Vienna» . Qual è la storia di questo gruppo di ebrei oggi dissolto e sparpagliato in Canada, negli Usa, in Australia? Che cosa è rimasto del vasto quartiere di Shanghai da loro abitato durante la Seconda guerra mondiale, una vera e propria stetl , cioè cittadina, per dirla con una parola yiddish? Quali tracce hanno lasciato nella popolazione cinese? Occorre fare una brevissima premessa. Una colonia ebraica è esistita in Cina fin dall'Ottocento dopo Cristo. Questa colonia era arrivata dall'Africa del Nord, parte a piedi, parte per mare, e si era stabilita a Kaifeng, città della Cina settentrionale, allora capitale dell'immenso Impero. Molti ebrei pensano che si fosse trattato della famosa tredicesima tribù della Bibbia, che si sarebbe perduta nel deserto durante il cieco errare di questo popolo alla ricerca della Terra promessa. Come già ho detto, non è affatto così. Comunque, quel gruppo è esistito per molti secoli e matrimoni con donne e uomini cinesi l'hanno portato a integrarsi con la popolazione locale nell'aspetto, nell'uso della lingua e nei costumi. Il gesuita, missionario e studioso vissuto nel Cinquecento, padre Matteo Ricci, per caso si era imbattuto in uno di questi ebrei. Il gesuita francese del Settecento, padre Jean Domenge, fornisce notizie più abbondanti di quella comunità. Anche grazie a lui ci sono pervenute raffigurazioni davvero stupefacenti di quel gruppo nelle incisioni e nei quadri. In essi quegli ebrei hanno fattezze uguali a quelle di tutti i cinesi, con tanto di ciuffo e testa rasata.
    La colonia, nel Settecento, per qualche anno non ebbe più nemmeno un rabbino e soltanto con grandi sforzi in seguito riuscì a procurarsene uno. I contatti con gli ebrei del resto del mondo erano praticamente inesistenti. All'inizio del Novecento alcuni studiosi cominciarono a interessarsi del caso, scoprendo tra i cinesi l'esistenza di sicuri discendenti. Ma a metà dell'Ottocento, negli anni della famosa Guerra dell'oppio tra i colonizzatori inglesi e l'Impero (1839-1842), arriva da Bagdad un ricco commerciante ebreo, David Sassoon, che, procurandosi dell'oppio in India, lo distribuisce in territorio cinese, aggirando tutti i divieti e guadagnando cifre esorbitanti. Al suo seguito giungeranno a Shanghai altre due famiglie ebraiche di Bagdad, gli Hardoon e i Kadoorie. Quest'ultima si arricchirà con le corse dei cani, la prima ancora con l'oppio. Questi ebrei mediorientali daranno origine a una folta colonia. Dopo il « malaffare » dell'oppio, cercheranno di mettersi in regola e, nei decenni successivi, edificheranno sinagoghe, apriranno scuole e ospedali, industrie e imprese commerciali, costituiranno fondazioni e club. Costruiranno alberghi famosi, come il Peace hotel, bellissimo esempio di architettura art déco, e numerosi palazzi per le banche, tutti allineati nel famoso lungofiume di Shanghai chiamato, con nome di origine indiana, Bund. In Cina non è mai esistita e non esiste alcuna forma di discriminazione religiosa nei riguardi degli ebrei: il concetto di antisemitismo è sconosciuto a questo popolo immenso. Quanto avrebbe da imparare dalla Cina, anche in questo, tutto il mondo occidentale! Il Novecento, il secolo breve, il secolo dei lager, degli eccidi, dell'Olocausto, si apre con il dilagare in Europa proprio dell'antisemitismo: in Germania, in Polonia, in Russia, nell'Impero austroungarico. Dalla Russia fuggono numerose famiglie di ebrei che si stabiliscono soprattutto nel nord della Cina, nella città di Harbin, ma alcuni gruppi già raggiungono la bella, fiorente città portuale di Shanghai e accettano la protezione dei potenti sefardim dell'Iraq, loro che sono invece ashkenazi, cioè ebrei di rito tedesco. Questi ebrei russi, nelle rispettive città d'adozione, coltiveranno il sionismo, molti vivranno dapprima in povertà, ma poi pian piano si eleveranno a rango di cetomedio. Anche loro apriranno scuole, sinagoghe (tra le quali l'unica rimasta ancor oggi in funzione a Shanghai, la sinagoga Ofel Moishe costruita nel 1907), fonderanno club sportivi, orchestre, teatri, qualcuno diventerà addirittura generale dell'esercito cinese. Ed ecco l'avvento dei nazisti in Germania e il graduale attuarsi di quella terrificante idea chiamata «soluzione finale» .
    Quegli ebrei tedeschi, austriaci, polacchi, cechi, lituani che si accorgono per tempo di ciò che si sta preparando, prendono la via della fuga, chi attraverso la Siberia, in treno, chi per mare, partendo dal porto di Genova o di Trieste, con le imbarcazioni del LLoyd triestino Conte rosso, Conte verde, Victoria e così via. Il console cinese a Vienna, Feng Shan Ho, e quello giapponese in Lituania, a Kaunas, Sughihara, forniranno visti e salvacondotti in grande quantità preservando molti ebrei dalla morte sicura. È una vera epopea quella che ha inizio perché, nel porto franco di Shanghai, arriveranno tra il '38 e il '41 più di trentamila ebrei, da Berlino, Vienna, Amburgo, Francoforte, Breslavia, Graz, Brema, Duisburgo, Lubecca: in poche parole, da mezza Europa centrale. È impressionante vedere oggi fotografie e spezzoni di documentari su come questi rifugiati si organizzeranno a Shanghai, come riprodurranno una vita comune, costituendo associazioni, stampando giornali, aprendo stazioni radio, case di cultura e di vita comune (heime, in yiddish), quali negozietti, caffè, rivendite nasceranno a centinaia. Una parte di quegli ebrei è costituita da musicisti, pittori, scrittori, editori, giornalisti, l'altra da piccoli artigiani e commercianti. Stringe il cuore pensare all'assoluta precarietà e provvisorietà di quelle organizzazioni. Le casupole a un piano, caratteristiche di quel quartiere della città chiamato Hongkuo, brulicano di gente affaccendata oppure depressa, inerte, senza lavoro. Ma c'è di peggio. Nel 1942 i giapponesi invadono la Cina e prendono Shanghai. I giapponesi sono alleati della Germania nazista. E infatti arrivano ufficiali nazisti come il colonnello Hermann Kriebel, console generale, e il colonnello Josef Meisinger, rappresentante della Gestapo in Giappone. Questi segugi nazisti chiedono la «soluzione finale» ai loro alleati. Il Giappone nel frattempo ha delegato un certo Ghoya a presiedere il ghetto, dal quale ora nessun ebreo può uscire senza un suo permesso. Ghoya, un po' sadico, un po' conciliante, secondo l'umore del momento, non consegna però gli ebrei al volere dei nazisti. I Giapponesi cominciano a vedere chiaro circa le sorti della guerra e preparano il loro rapporto amichevole con gli Stati Uniti. Hiroshima e Nagasaki devono ancora venire. Gli ebrei di Shanghai si salvano quasi tutti. Per beffa, sarà proprio un bombardamento americano a ucciderne un certo numero, con le bombe cadute, per errore, su Hongkuo. Errore! Questi errori si sono ripetuti anche oggi, in Iraq, per esempio: è l'atroce possibilità di tutte le guerre.
    Ma comunque, persino un'intera yeshiva, cioè scuola talmudica, della Polonia si sarà trasferita e salvata nella Cina di quegli anni. Al termine della guerra, in quel «ghetto» restano ben pochi ebrei: emigrano quasi tutti in Canada, Australia, Stati Uniti. Al termine della vittoriosa marcia di Mao Zedong e con l'instaurarsi del regime comunista, nel 1949, qualcuno degli ebrei rimane ancora e non gli sarà torto un capello né gli verranno confiscati i beni. Soltanto negli anni Cinquanta si smantellerà quasi tutta la comunità, le sette sinagoghe di Shangai diventeranno due e mezza, le altre verranno demolite. I membri delle famiglie Sassoon, Kadoorie, Hardoon lasceranno la Cina e così le famiglie ashkenazite della Russia e dei Paesi centroeuropei. Un ex abitante del ghetto di Shanghai, W. Michael Blumenthal, diventerà segretario di Stato al Tesoro del presidente Nixon. Altri diventeranno lord, baroni, sir o semplici cittadini più o meno ricchi. Negli anni Novanta Hillary Clinton visiterà la sinagoga Ofel Rachel, Yitzhak Rabin la sinagoga Ofel Moishe ed ebrei canadesi e americani cominceranno a prendersi cura dei monumenti storici. Oggi si parla del restauro del quartiere Hongkuo, il ghetto di Shanghai, per farlo diventare meta di visitatori e turisti. Un sabra israeliano, cioè nativo dello Stato d'Israele, Dviri Bar Gal (ma il suo vero nome è di origine tedesca) si preoccupa di ritrovare le lapidi del vecchio cimitero ebraico di Hongkuo, disperse tra i contadini del circondario e utilizzate per costruire pozzi, soglie per le case, stipiti. Un ingegnere italiano, di Trieste, ma originario dell'Ungheria, Claudio Mayer, ha eletto per propria sede Shanghai, quasi a perpetuare la memoria del destino di quegli ebrei centroeuropei che devono alla Cina la loro sopravvivenza al terribile eccidio del nefasto, spaventoso Olocausto.

(Morasha, 10 ottobre 2005)





5. UNA MAGNIFICA ANALOGIA




Una pianta del deserto come simbolo d'Israele

«Scoperta una pianta del deserto sionista». E' sotto questa denominazione che i ricercatori hanno presentato un ranuncolo indistruttibile, la cui struttura cellulare è identica a quella della Stella di Davide. Il suo nome latino è «Ranunculus asiaticus».
    

Un rapporto scientifico espone dettagliatamente i seguenti elementi: «Si tratta di una pianta perenne che germoglia in Israele allo stato selvaggio, in un clima scabro che, per delle numerose altre piante, comporterebbe una
Il «Ranunculus asiaticus»
morte sicura il ranuncolo rovinato.» Esaminando al microscopio questa pianta chiamata anche Ranunculus asiaticus, i ricercatori dell'Istituto Israeliano hanno fatto una sorprendente scoperta: la sua struttura cellulare è identica a quella di una Stella di Davide.
    Si tratta di un importante simbolo, spiega il dr. Rina Kamenetsky, che è venuto alla conoscenza di questa inedita formazione cellulare ricercando i meccanismi di sopravvivenza di questo particolare ranuncolo. Questa specie che germoglia in Terra santa è conosciuta in botanica come un genere di «pianta della risurrezione», che può sopravvivere senza acqua ed è «riportata alla vita» quando l'acqua è disponibile, secondo Kamenetsky.
    Le pareti delle cellule gli servono da scudo. All'epoca delle prime piogge in inverno, le pareti bloccano repentinamente ogni eccessiva intrusione di acqua che potrebbe fare esplodere le cellule. Nello stesso tempo, esse assorbono l'acqua e proteggono così le cellule da un'eventuale disidratazione. Questo «scudo» è paragonabile ad una Stella di Davide, che in ebraico, è chiamata «Scudo di Davide» (Magen David).
    «Non abbiamo ancora mai osservato una tale struttura nelle pareti cellulari di una pianta», ha commentato Kamenetsky. «Si tratta qui di una struttura assai rara, se non addirittura unica».

Israele in seno ad un clima scabro.
Non è forse una magnifica e perfetta analogia dell'indistruttibilità d'Israele? Il popolo ebraico ha sempre vissuto in un ambiente difficile. Che questo sia stato nel corso della Diaspora di fronte alla persecuzione, alla diffidenza ed al rigetto oppure dopo il suo ritorno nel paese, in un clima di permanente ostilità, di odio e di guerra. Il popolo ebraico si è rivelato essere un «superstite». Lo si è privato dell'acqua necessaria alla sua sopravvivenza, sfrattato dalle sue categorie professionali, associazioni e comunità, dalle sue città e dal suo paese, spodestato dei suoi beni, ma egli è sopravvissuto e persino in gran parte prosperato.

L'indistruttibilità d'Israele
Mentre ogni altra pianta sarebbe morta il ranuncolo dalle cellule a forma di Stella di Davide è sopravvissuta alle altre piante. Nessuna nazione presente su tutti i continenti e che vive nel permanente timore ed in un clima ostile da quasi 2000 anni potrebbe sopravvivere, né dal punto di vista linguistico, né dal punto di vista culturale e politico. Eccetto il popolo ebraico che ha vissuto, sopravvissuto e che continuerà a vivere un vero miracolo! Le nazioni nascono, si sviluppano e poi scompaiono, talvolta dopo solo qualche secolo. Il popolo ebraico è sempre là. In Deuteronomio 14:2, è detto: «Perché tu sei un popolo consacrato al Signore tuo Dio. Il Signore ti ha scelto, perché tu sia il suo popolo prediletto fra tutti i popoli che sono sulla faccia della terra».

La prosperità del popolo ebraico
Così come questa pianta vive in un ambiente ostile ed affine ad una «pianta della risurrezione», Israele è ugualmente un popolo che sopravvive fra le nazioni. Durante parecchi secoli, il re riposava? Nelle tombe delle nazioni (Ez. 37). Gli Ebrei erano diventati un popolo paragonabile a delle ossa secche (Ez. 37 :14). Eppure, quando ritornò nella sua patria, nella regione intorno alla Giordania ed al lago di Gennesaret, il popolo ebraico riprese vita; fu riportato all'esistenza, venne a capo dell'ostilità e fece anche rifiorire la terra. Israele fu «riportato dai morti», certo non ancora spiritualmente, ma fisicamente. La profezia scritta in Amos 9:14-015 si è avverata: «Io libererò dall'esilio il mio popolo, Israele; essi ricostruiranno le città desolate e le abiteranno; pianteranno vigne e ne berranno il vino ; coltiveranno giardini e ne mangeranno i frutti. lo li pianterò nella loro terra e non saranno mai più sradicati dalla terra che io ho dato loro, dice il Signore, il tuo Dio».

Israele una nazione unica.
I ricercatori hanno dichiarato in merito alla pianta della risurrezione: «non abbiamo ancora mai osservato una tale struttura nelle pareti cellulari di una pianta, ... Si tratta qui di una struttura assai rara, se non addirittura unica».
    Questa dichiarazione potrebbe meglio adattarsi al popolo ebraico che è veramente unico. La parola di Isaia 66:8 testimonia del carattere unico d'Israele: «Chi ha udito mai cosa siffatta? Chi ha mai visto qualcosa di simile? Un paese nasce forse in un giorno? Una nazione viene forse alla luce in una volta? Ma Sion, non appena ha sentito le doglie, ha subito partorito i suoi figli».

Israele al microscopio
Come gli scienziati che hanno fatto questa stupefacente scoperta, noi dobbiamo osservare la profezia biblica al «microscopio», allo scopo di capire il miracolo della sopravvivenza d'Israele. Questo miracolo non si manifesta davanti ai nostri occhi che per mezzo della Parola di Dio, permettendoci così di comprenderlo. E' in questo che consiste la grande sorpresa del mondo. Dio non distrugge ciò che ha piantato, Egli non lascia morire i semi d'Israele. «Così parla il Signore. (Se io non ho stabilito il mio patto con il giorno e con la notte, e se non ho fissato le leggi del cielo e della terra, allora rigetterò anche la progenie di Giacobbe e di Davide mio servitore, e non prenderò più dai suoi discendenti coloro che governeranno la discendenza d'Abraamo, d'Isacco e di Giacobbe! poiché io farò tornare i loro esuli, e avrò pietà di loro». (Gr. 33:25-26).

Il Dio d'Israele
Se Israele è unico e straordinario, è perché un Dio unico e straordinario è fedele alle Sue promesse. E' in questo che Egli differisce dall'uomo, che avrebbe mancato ai suoi impegni da molto tempo. Da un lato la Bibbia dice: «Poiché, quale dio, in cielo o sulla terra, può fare opere e prodigi pari a quelli che fai tu?» (De. 3:24). Dall'altro, essa ci domanda: «Qual è infatti la grande nazione alla quale la divinità sia così vicina come è vicino a noi il Signore, il nostro Dio, ogni volta che lo invochiamo?» (De. 4:7).

Lo scudo d'Israele.
Il segreto della sopravvivenza del «ranunculus asiaticus» è lo «scudo di Davide», che circonda le cellule della pianta come uno scudo e la salva. Il segreto della sopravvivenza d'Israele risiede nel vero Davide, il Messia d'Israele, Gesù Cristo, in merito al quale il salmista ha scritto: «egli è il nostro aiuto e il nostro scudo» (Sl. 33:20). Israele non sarà distrutto, poiché tale è la Sua volontà. Questo non potrebbe essere meglio espresso che in Osea 14:5-8: «Io sarò per Israele come la rugiada; egli fiorirà come il giglio e spanderà le sue radici come il Libano. I suoi rami si estenderanno; la sua bellezza sarà come quella dell'ulivo e la sua fragranza come quella del Libano. Quelli che abiteranno alla sua ombra faranno di nuovo crescere il grano e fioriranno come la vite; saranno famosi come il vino del Libano. Efraim potrà dire. "Che cosa ho io più da fare con gli idoli?". Io lo esaudirò e veglierò su di lui; io, che sono come un verdeggiante cipresso; da me verrà il tuo frutto».
    
La Stella di Davide.
In realtà il fatto che questo scudo sia simile alla Stella di Davide è di grande conforto per tutti coloro che, per solidarietà con Israele ed il Messia, portano una Stella di Davide o ne fanno il loro simbolo.
    La Stella di Davide non ha nessuna origine occulta. Essa esisteva fin dalla Creazione e nessun altro se non Dio stesso la creò; la si trova particolarmente nei fiori ed essa adorna il cuore di ogni fiocco di neve.
    Il fatto che altri la utilizzano in maniera occulta o perversa non ci turberà affatto; essa per noi è il simbolo dell'amore indistruttibile di Dio verso il Suo popolo. Quando fu chiesto a Balaam di maledire il popolo d'Israele, che invece gli accordò la sua benedizione secondo la volontà dell'Eterno, pronunciò la sua profezia: «Lo vedo, ma non ora; lo contemplo, ma non vicino, un astro sorge da Giacobbe, e uno scettro si eleva da Israele; colpirà Moab da un capo all'altro e abbatterà tutta quella razza turbolenta» (Nu. 24:17).
    
Anche noi vogliamo avere completa fiducia nella promessa di Dio, poiché come lo dice la Bibbia: «Manteniamo ferma la confessione della nostra speranza, senza vacillare; perché fedele è colui che ha fatto le promesse» (Eb. 10:23). N.L.

(Chiamata di Mezzanotte, n.9, settembre 2005)





MUSICA E IMMAGINI




Ush'Avtem Mayim




INDIRIZZI INTERNET




Oz Le-Israel

L'Assemblée Messianique




Le notizie riportate su queste pagine possono essere diffuse liberamente, citando la fonte.