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Notizie su Israele 392 - 21 giugno 2007

1. La battaglia di Gaza
2. Due popoli e tre stati
3. Il mondo premia i violenti
4. L'involuzione mediorientale
5. I cristiani dovranno accettare la legge islamica
6. Lo scudo che protegge i soldati
7. Musica e immagini
8. Indirizzi internet
Osea 3:4-5. I figli d'Israele infatti staranno per parecchio tempo senza re, senza capo, senza sacrificio e senza statua, senza efod e senza idoli domestici. Poi i figli d'Israele torneranno a cercare il Signore, loro Dio, e Davide, loro re, e ricorreranno tremanti al Signore e alla sua bontà, negli ultimi giorni.
1. LA BATTAGLIA DI GAZA




La Battaglia di Gaza si svolse fra il 12 giugno e il 14 giugno 2007 e finì con la presa del controllo della Striscia di Gaza da parte di Hamas. Usando cifre fornite da ospedali e servizi di emergenza, il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) stimò che più di 550 persone erano state ferite e almeno 116 uccise durante i combattimenti nella settimana fino al 15 giugno.

Avvenimenti precedenti
Dopo il riaccendersi del conflitto Fatah-Hamas il 10 giugno militanti di Hamas rapirono diversi membri di Fatah e lanciarono uno di essi, Mohammed Sweirki, un ufficiale nell'elite della Guardia Presidenziale Palestinese, dalla cima del più alto edificio di Gaza, un edificio di 15 piani di appartamenti. Per rappresaglia, militanti di Fatah attaccarono e uccisero l'imam della più grande moschea della città, Mohammed al-Rifati. Aprirono anche il fuoco sulla casa del primo ministro Ismail Haniya. Poco prima di mezzanotte, un militante di Hamas fu gettato giù da un edificio di 12 piani.
L'11 giugno le residenze sia di Mahmoud Abbas, leader di Fatah e presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese, che del Primo Ministro di allora Ismail Haniya, di Hamas, furono bersagliate con armi da fuoco e bombe.

Attacchi
Il 12 giugno Hamas inizò ad attaccare postazioni di Fatah, la fazione rivale. Centinaia di combattenti di Hamas si erano mossi sulle postazioni dopo aver dato ai loro occupanti due ore per abbandonarle.
Una più importante base di Fatah nella città settentrionale di Jabaliya cadde nelle mani dei combattenti di Hamas, secondo quanto testimoniato all'agenzia di notizie AFP. Duri combattimenti infuriarono anche intorno al quartier generale di Fatah a Gaza City, quando militanti di Hamas attaccarono con razzi e armi automatiche.
Il 13 giugno Hamas si impossessò del quartier generale delle Forze di Sicurezza Nazionale controllate da Fatah, nel nord della Striscia di Gaza. Uomini armati combatterono per il controllo degli edifici più alti, affinché servissero da postazioni per i cecchini e Hamas disse di aver distrutto un avamposto di Fatah che controllava la principale strada nord-sud di Gaza. Sempre quel giorno un esplosione distrusse a Khan Younis il quartier generale della Forza di Sicurezza Preventiva filo-Fatah, uccidendo cinque persone.
Il 14 giugno uomini di Hamas completarono la conquista del quartier generale del Servizio Palestinese di Sicurezza Preventiva nella Striscia di Gaza. I membri di Hamas presero armi e veicoli nel campo, che era considerato il maggiore simbolo dell'Autorità Palestinese nella Striscia. Il Servizio di Sicurezza Preventiva aveva cooperato con Israele nel passato, ed era stato armato dagli Stati Uniti. È identificato con Mohammed Dahlan, uomo forte di Fatah, il personaggio più odiato dagli islamisti a Gaza. Gli uomini armati che entrarono nel campo catturarono lì un predicatore e issarono una bandiera sulla cima dell'edificio. Almeno 10 persone furono uccise. La TV di Hamas trasmette le immagini di un mucchio di armi dentro l'edificio, come anche jeep, bombe per mortai e giubbotti antiproiettili presi nel campo, che, stando ad Hamas, erano stati forniti a Fatah da Israele e dagli Americani nei mesi precedenti attraverso il confine con l'Egitto.
Membri di Hamas catturarono un predicatore nel campo, al quale loro si riferivano come il "campo dell'eresia". Hamas cambiò anche il nome del quartiere dove sorgeva l'edificio da "Tel al-Hawa" a "Tel al-Islam".
Nel pomeriggio del 14 giugno, la Associated Press riferì di un'esplosione che aveva scosso Gaza City. Stando a ufficiali di Fatah, forze di sicurezza si ritirarono dalle loro postazioni e le fecero esplodere così da non permettere ad Hamas di prenderne il controllo. Le forze di sicurezza in seguito si riposizionarono in un altro posto. Più tardi il 14 giugno Hamas prese il controllo della città meridionale di Rafah, che si trova vicino a un valico di confine con l'Egitto ancora chiuso, che è controllato da forze di sicurezza israeliane, palestinesi e dell'Unione Europea. Lo staff dell'Unione Europea era già stato spostato, per ragioni di sicurezza, nella città israeliana di Ashkelon.

Violazioni dei diritti umani e attività criminali
"Questi attacchi sia da Hamas che da Fatah costituiscono brutali assalti ai più fondamentali princìpi umanitari." — Sarah Leah Whitson, direttrice mediorientale per Human Rights Watch. Human Rights Watch accusò entrambe le fazioni di violazioni della legge umanitaria internazionale, in alcuni casi di crimini di guerra. Le accuse includono il bersagliare e uccidere civili, le esecuzioni pubbliche di oppositori politici e prigionieri, il gettare prigionieri giù da alti edifici, il combattere in ospedali, e lo sparare da jeep contrassegnate dalla scritta "TV". Il Comitato Internazionale della Croce Rossa ha denunciato attacchi dentro e intorno due ospedali nella parte settentrionale della Striscia di Gaza.
Durante i combattimenti avvennero molti saccheggiamenti: una folla prese mobili, mattonelle e averi personali dalla villa del defunto leader palestinese Yasser Arafat; la casa dell'ex-uomo forte di Fatah Mohammed Dahlan fu anch'essa saccheggiata: "Un corrispondente dell'AFP ha testimoniato che decine di Palestinesi hanno preso tutto ciò che hanno potuto portare dalla villa di Dahlan - mobili, vasi di piante e anche il lavabo della cucina, completo di tubi e rubinetto"; e alla Muntada, residenza presidenziale sul mare di Abbas, testimoni hanno affermato di aver visto combattenti di Hamas portare via computer, documenti e armi.
L'organizzazione israeliana per i diritti umani B'teselm ha diramato un comunicato per la leadership di Hamas nella Striscia di Gaza: Portate a processo i responsabili per crimini di guerra.

(tratto da Wikipedia)




COMMENTO - Chi non ricorda questa fotografia? Una notizia comparsa sui media il 13 ottobre 2000 diceva questo:

«La fiamma dell'odio e' divampata a Ramallah, dove due soldati israeliani sono stati catturati dalla Polizia di Arafat. La notiza dell'arresto e' dilagata in breve tempo per tutta la citta' e, nel giro di poche ore, centinaia di palestinesi hanno circondato la caserma in cui erano stati portati i militari. Qui dopo una breve colluttazione con la Polizia di Arafat i manifestanti sono riusciti a sfondare la porta della Caserma e a dilagare al suo interno. Nonostante le Guardie di Arafat sostengano a questo punto di aver fatto il possibile per evitare il peggio, i soldati israeliani sono finiti nella mani della folla. La loro fine e' stata orribile: fatti oggetto di calci pugni e sprangate, sono stati letteralmente linciati. E stavolta a fare il giro del mondo sono le immagini del corpo di uno dei soldati lanciato dalla finestra della Caserma e fatto oggetto di terribile scempio. "E' la giusta punizione per le spie di Israele" urlava la folla.»

Negli ultimi giorni siamo venuti a sapere che i palestinesi hanno gettato un ufficiale di Fatah dal quindicesimo piano e un militante di Hamas dal dodicesimo piano. Trova così conferma una sorta di legge del contrappasso che più o meno suona così: quello che le nazioni fanno a Israele, prima o poi viene fatto a loro. Il primo caso si è avuto in Egitto. Per estirpare il popolo d'Israele il faraone aveva deciso di annegare tutti i maschi ebrei: "Allora il faraone diede quest'ordine al suo popolo: Ogni maschio che nasce, gettatelo nel Fiume" (Esodo 1:22). Questa era l'intenzione del re pagano. A morire annegati nel mar Rosso invece sono stati gli egiziani che inseguivano gli israeliti nel deserto:
"Allora il Signore disse a Mosè: «Stendi la tua mano sul mare e le acque ritorneranno sugli Egiziani, sui loro carri e sui loro cavalieri». Mosè stese la sua mano sul mare e il mare, sul far della mattina, riprese la sua forza, mentre gli Egiziani, fuggendo, gli andavano incontro. Il Signore precipitò così gli Egiziani in mezzo al mare. Le acque ritornarono e ricoprirono i carri, i cavalieri e tutto l'esercito del faraone che erano entrati nel mare dietro agli Israeliti. Non ne scampò neppure uno."
(Esodo 14:26-28).
Uno degli ultimi casi si è avuto in Germania. Nel '43 i tedeschi hanno rinchiuso gli ebrei a Varsavia dentro un muro, e pochi anni dopo i tedeschi si sono ritrovati rinchiusi a Berlino dentro un altro muro. L'ultimo caso in ordine di tempo è quello avvenuto pochi giorni fa a Gaza. Quand'è che gli uomini impareranno la lezione? Se i nemici d'Israele riflettessero sulle parole che Dio ha detto a Edom, popolo che si rallegrava della sventura d'Israele, starebbero più attenti:
"Il giorno del Signore è vicino per tutte le nazioni e come hai fatto, così sarà fatto a te: le tue azioni ti ricadranno sul capo. Come voi avete bevuto sul mio monte santo, così berranno tutte le nazioni; berranno e si ingozzeranno, e saranno come se non fossero mai state. Ma sul monte Sion ci saranno degli scampati, ed esso sarà santo; e la casa di Giacobbe possederà ciò che le appartiene." (Abdia 1:15-17).





2. DUE POPOLI E TRE STATI




L'auto-apartheid della Palestina

di Dimitri Buffa

I palestinesi hanno battuto un altro incredibile record negativo: farsi da soli il proprio auto-apartheid. Per anni il politically correct europeo e italiano ha potuto dare la colpa a Israele crocifiggendo la sua classe politica per avere innalzato "the fence", la barriera anti terrorismo, appioppandogli subito l'epiteto de "il muro della vergogna". Lasciando intendere un'analogia in realtà inesistente con il non rimpianto Muro di Berlino, simbolo della cortina di ferro sovietica. E ora che Gaza è tutta in mano ai fondamentalisti di Hamas che ieri hanno proposto ad Abu Mazen la pace, nella guerra civile palestinese, in cambio di una rigida spartizione tra Gaza e Cisgiordania, nessuno dice una parola? Il governo nominato da Abu Mazen dopo la destituzione di quello precedente non fermerà di certo la mattanza. Che incidentalmente,e nessuno lo dice (se si assommano anche i morti precedenti alla guerra civile vera e propria, cioè quelli degli anni dell'Intrafada o Intifada interna, ndr) stanno ormai superando quelli degli scontri tra esercito e polizia israeliana contro i terroristi. Vittime innocenti incluse.
    Quest'anno quasi un migliaio di palestinesi sono morti per mano di altri palestinesi. E siamo solo a giugno. Oramai quindi è chiaro che prima di fare la pace con Israele, i palestinesi devono fare la pace tra di loro. E questa cosa sembra anche più difficile, visto che Iran e Siria soffiano sul fuoco e alimentano Hamas. Poi si è riaperto il fronte libanese con i palestinesi degli eterni campi profughi, che si dividono in palestinesi pro e contro gli hezbollah. E vedrete che succederà anche lì, tempo sei mesi. Ormai gli stessi palestinesi per non ammazzarsi più decidono di separare lo stato che ancora non hanno in due stati. E stavolta nessuno può dare la colpa a Israele perché i territori destinati ai "poveri palestinesi" mancano di contiguità. Il problema è che manca la contiguità necessaria tra le idee e le ideologie, accomunate entrambe solo dall'odio contro gli ebrei. Ma una sotto spoglie laiche e l'altra sotto mentite spoglie islamiche, senza più possibilità di mettersi d'accordo. Tanto che ormai non si incontra più un arabo liberale che prenda sul serio le rivendicazioni territoriali dei palestinesi: li considerano un popolo impazzito che ha perso ogni occasione, governato da governanti ancora più pazzi che pensano solo al potere, ai soldi e all'esercito personale.
    Il compromesso quasi raggiunto è questo: Al Fatah monopolizzerà il terrorismo e la guerriglia solo in Cisgiordania e Hamas avrà l'esclusiva su Gaza. La prima pietra di un muro invisibile, cui presto ne potrebbe seguire uno visibilissimo, i palestinesi l'hanno quindi messa ieri da soli. Benché per anni qualcuno abbia osato paragonare Israele al Sudafrica e il sionismo al razzismo, adesso viene fuori la verità vera: i palestinesi non sono mai stati un popolo. Tantomeno un popolo unito, visto che quasi tutti erano ex cittadini giordani e qualcun altro era invece egiziano, libanese o siriano. E oggi lo dimostrano dividendosi definitivamente in due. E ce li voglio proprio vedere i buonisti, i pacifisti e i cooperatori di ong senza se e senza ma, marciare un domani bruciando bandiere israeliane e invocando "due popoli e tre stati".

(L'Opinione.it, 19 giugno 2007)





3. IL MONDO PREMIA I VIOLENTI




Nipotini di Arafat

Da un editoriale del Wall Street Journal

Decine e decine di palestinesi sono stati uccisi la scorsa settimana a Gaza nel quadro degli scontri armati intestini fra lealisti del presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), di Fatah, e lealisti del primo ministro palestinese Ismail Haniyeh, di Hamas. Come per un riflesso condizionato, ci sono volute solo 24 ore perché gli esperti di mezzo mondo decidessero di addossare tutta la colpa di queste violenze a Israele e al presidente Bush.
Stiamo parlando di quell'Israele che ha smantellato tutti i suoi insediamenti dalla striscia di Gaza nell'agosto 2005: una concessione unilaterale per la quale non ha chiesto, né avuto, nulla in cambio. E stiamo parlando di quel presidente americano che, in un discorso storico tenuto esattamente cinque anni fa, chiedeva ai palestinesi di "eleggere nuovi leader che non siano compromessi col terrorismo". Se i palestinesi l'avessero fatto, oggi potrebbero vivere in un loro stato pacifico e indipendente. Invece, con le elezioni parlamentari del gennaio 2006, hanno liberamente consegnato le redini del governo a Hamas. Quello che accade oggi è la conseguenza di quella scelta: una loro scelta.
Quel risultato elettorale, tuttavia, non veniva fuori dal niente. Era la conseguenza del culto della violenza che ha caratterizzato il movimento palestinese per grandissima parte della sua storia e che è stato tollerato e spesso celebrato dalla stessa comunità internazionale. Se oggi i palestinesi sono convinti di poter perseguire i loro interessi interni con la violenza, nessuno dovrebbe sorprendersi. È da quarant'anni che ottengono risultati ricorrendo al fucile.

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Nel 1972, terroristi palestinesi massacrarono gli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco. Eppure, solo due anni dopo Yasser Arafat veniva invitato a parlare all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite: il primo leader non governativo insignito di tale onore.
Nel 1970 lo stesso Arafat aveva tentato di rovesciare re Hussein di Giordania e pochi anni dopo tentò di fare la stessa cosa in Libano. Eppure, nel 1980, con la Dichiarazione di Venezia la Comunità Europea riconosceva l'Olp di Arafat come legittimo interlocutore negoziale (mentre abbandonava al suo destino, senza una parola di solidarietà, il presidente egiziano Sadat che aveva fatto la pace con Israele ottenendo la restituzione del Sinai).
Nel 1973 la National Security Agency americana aveva intercettato la telefonata con cui Arafat ordinava ai terroristi dell'Olp di assassinare Cleo Noel, ambasciatore Usa in Sudan, e il suo vice George Curtis Moore, presi in ostaggio. Eppure, nel 1993, Arafat venne ricevuto con tutti gli onori alla Casa Bianca per la firma degli Accordi di Oslo con Israele.
Quello stesso anno, il National Criminal Intelligence Service britannico riferiva che l'Olp si era arricchita con "estorsioni, ricatti, traffico illegale d'armi e droga, frodi e riciclaggio di denaro sporco". Eppure, negli anni immediatamente successivi, l'Autorità Palestinese divenne il maggior beneficiario al mondo pro capite di aiuti finanziari internazionali.
Nel 1996, dopo che aveva formalmente rinunciato al terrorismo con gli Accordi di Oslo, durante un comizio a Gaza Arafat dichiarò: "Noi ci sentiamo obbligati verso tutti i martiri che sono morti per la causa di Gerusalemme, a partire da Ahmed Musa fino all'ultimo martire, Yihye Ayyash". Per la cronaca, Ahmed Musa è considerato il primo terrorista Olp caduto nel 1965; Yihye Ayyash, di Hamas, è stato la mente di una serie di attentati suicidi che hanno mietuto decine di vittime fra i civili israeliani nei primi anni '90. Eppure l'amministrazione Clinton continuò a fingere che Arafat fosse un alleato nella lotta contro Hamas. Poi, nel 2000, Arafat respinse l'offerta israeliana di uno stato indipendente patrocinata dal presidente Clinton, scatenando invece una sanguinosa intifada che provocò 1.000 morti israeliani e 3.000 palestinesi.
Nel 2005, pochi mesi dopo la morte di Arafat, Israele sgomberò tutti i suoi insediamenti e ritirò tutte le sue forze armate dalla striscia di Gaza. I palestinesi hanno sfruttato questa opportunità per intensificare i lanci di razzi su bersagli civili all'interno di Israele.
Il mese scorso, i servizi di sicurezza israeliani hanno arrestato due donne di Gaza, una delle quali incinta, che avevano progettato di entrare in Israele col pretesto di cure mediche per farsi esplodere nelle città israeliane. Eppure, quello stesso mese, la Banca Mondiale diffondeva un rapporto in cui accusa Israele di limitare troppo la libertà di movimento dei palestinesi.
Oggi, a quanto pare, Hamas ha preso con la forza il pieno controllo della striscia di Gaza e del confine con l'Egitto. E, secondo i testimoni, si abbandona a violente vendette contro il personale della Sicurezza Preventiva palestinese. (…) Noi non pretendiamo di sapere come tutto questo andrà finire. Giovedì scorso Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha sciolto il governo palestinese e dichiarato lo stato d'emergenza, anche se non sembra che sia in grado di modificare il corso degli eventi a Gaza. Israele in teoria potrebbe intervenire, così come l'Egitto, ed entrambi avrebbero forti ragioni per impedire l'emergere ai loro confini di un Hamastan strettamente legato all'Iran. Ma nessuno dei due desidera restare invischiato nei fanatismi e nelle lotte fra clan della striscia di Gaza.
Nello stesso tempo, aumenteranno le pressioni su Israele e sugli Stati Uniti perché accettino il dominio di Hamas e avviino negoziati con i suoi leader. Secondo questo modo di ragionare, l'amministrazione Bush non può invocare la democrazia per i palestinesi e poi rifiutarsi di riconoscere i risultati di elezioni democratiche. A parte il fatto che Bush non aveva semplicemente chiesto elezioni (aveva chiesto ai palestinesi di eleggere leader non compromessi col terrorismo), ma poi: ha senso negoziare con un gruppo che si dà all'assassinio dei suoi stessi fratelli palestinesi quasi con la stessa facilità con cui si dà all'assassinio di civili israeliani? E che cosa si dovrebbe negoziare? Lo scenario migliore – una sospensione delle ostilità in cambio della ripresa dei finanziamenti internazionali – non farebbe altro che dare a Hamas tempo e denaro per consolidare il suo controllo e ricostituire i suoi arsenali in vista di futuri attacchi terroristici.
Ma soprattutto, l'ultima cosa di cui hanno bisogno i palestinesi è un'ulteriore conferma da parte del resto del mondo che la violenza, che essi oggi usano in modo così indiscriminato, funziona.
La lezione più importante, qui, è che una società che ha passato gli ultimi dieci anni a glorificare gli attentati suicidi non può che diventare vittima dei propri stessi impulsi di morte. Questo non è frutto dell'appello di Bush per una responsabilità democratica. È piuttosto l'amaro frutto dei decenni di dittatura e di terrorismo intesi come arte di governo che Yasser Arafat ha inculcato nella società palestinese.

(Wall Street Journal, 16 giugno 2007 - da israele.net)





4. L'INVOLUZIONE MEDIORIENTALE




Hamas e la politica dei qassam

Dalla Striscia di Gaza, trasformata dal golpe della scorsa settimana nel Regno di Hamas, ancora una volta si lanciano razzi su Israele. Ieri i qassam contro i civili israeliani sono stati due, uno è caduto sulla città di Ashkelon, l'altro nei pressi di Sderot. Per fermare i bombardamenti, le truppe israeliane sono sconfinate nella Striscia, dove hanno ucciso due miliziani, che si preparavano al lancio di altri qassam: tutti e due appartenevano a Hamas. Chi si illudeva che, una volta presa Gaza, gli estremisti sarebbero rimasti tranquilli, si sbagliava. Ormai è evidente: la nascita di un Hamastan a Gaza costituisce una minaccia diretta alla sicurezza di Israele.
Le parole di Abu Zuhur, portavoce del gruppo radicale, la dicono tutta: «Siamo in grado di fermare i lanci di razzi qassam, ma non diventeremo mai i protettori dei confini di Israele». Ovvero, il cosiddetto braccio politico di Hamas, pur senza ammettere apertamente di essere responsabile dei bombardamenti sui civili, fa sapere che, se lo volesse, potrebbe fermarli.
Ma, evidentemente, non lo fa. Del resto, Hamas ha continuato a incoraggiare i bombardamenti quando era nel governo di unità nazionale con Fatah, e nulla fa pensare che intenda smettere proprio adesso che il suo potere è incontrastato: tutto, al contrario, fa credere che gli attacchi si intensificheranno. In Israele, in molti si aspettano che Tsahal decida di rioccupare la Striscia. Ma in questo momento, a capo della Difesa c'è Ehud Barak, generale e leader laburista, che è non solo un bravo stratega, che bene sa dosare la forza, ma anche un politico attento e moderato. Finora, Barak ha scelto una linea militare di basso profilo. Ma se gli attacchi su Israele, come sembra, proseguiranno, anche un moderato come Barak si sentirà costretto a rioccupare Gaza, evacuata dagli israeliani nel 2005. Davvero Hamas è riuscito a portare indietro l'orologio del Medio Oriente.

(Il Riformista, 21 giugno 2007)





5. I CRISTIANI DOVRANNO ACCETTARE LA LEGGE ISLAMICA




I cristiani potranno continuare a vivere sicuri nella striscia di Gaza solo se accetteranno la legge islamica, compreso il divieto sugli acolici e alle donne che vanno in giro con il capo non appropriatamente coperto. Lo ha detto lunedì in un'intervista esclusiva a WorldNetDaily lo sceicco Abu Saqer, leader di Jihadia Salafiya, un movimento di beneficienza che recentemente ha annunciato la nascita di una sua "ala militare" con il compito di far osservare la legge islamica nella striscia di Gaza.
Gli uomini di Jihadia Salafiya sono sospettati d'aver attaccato il mese scorso una scuola dell'Onu a Gaza dopo che essa aveva permesso a ragazzi e ragazze di partecipare a una stessa manifestazione sportiva. Nell'attacco era stata uccisa una persona.
Secondo Abu Saqer, i cristiani che a Gaza si impegneranno in "attività missionarie" "verranno trattati duramente". "Ci attendiamo che i nostri vicini cristiani capiscano che il nuovo controllo da parte di Hamas significa cambiamenti concreti – dice l'esponente islamista – Ora a Gaza la situazione è cambiata di 180 gradi. La Jihadia Salafiya e altri movimenti islamici garantiranno che scuole e istituzioni cristiane mostrino pubblicamente che cosa insegnano per essere sicuri che non facciano attività missionarie. Basta alcool per le strade. E tutte le donne, comprese le non musulmane, dovranno capire che in pubblico devono sempre coprirsi. Dovranno cessare anche le attività di bar, internet cafè e sale da gioco. Se andranno avanti, li attaccheremo molto duramente".
Abu Saqer accusa i dirigenti della piccola comunità cristiana di Gaza di "fare proselitismo e cercare di convertire i musulmani con fondi degli evangelici americani. Questa attività missionaria – minaccia – mette in pericolo tutta la comunità cristiana di Gaza".
Secondo Abu Saqer, le poche migliaia di cristiani di Gaza "non hanno alcun bisogno" di mantenere un gran numero di istituzioni sul territorio. E aggiunge che Hamas "deve adoperarsi per imporre il governo islamico oppure perderà l'autorità guadagnata e il favore della gente".
Le parole del leader del gruppo islamista palestinese sono state raccolte lo stesso giorno in cui si è appreso che, la settimana scorsa, un edificio religioso e una scuola cattolici nella striscia di Gaza sono stati profanati e saccheggiati durante gli scontri fra terroristi Hamas e Fatah. Lo ha riferito padre Manuel Musallem, capo della piccola comunità cattolico latina di Gaza, secondo il quale "miliziani armati hanno usato il tetto della scuola durante gli scontri, e hanno vandalizzato arredi sacri nel convento": distrutte immagini sacre e libri religiosi, rubati computer e mobili. Esponenti di Hamas e Fatah si sono accusati a vicenda dell'incidente.

(YnetNews, 19 giugno 2007 - da israele.net)





6. LO SCUDO CHE PROTEGGE I SOLDATI




Armi in nano - materiali

E' stato recentemente analizzato e sottoposto a test approfonditi un nano materiale particolarmente resistente all'impatto dei proiettili. E' stato creato da un 'azienda israeliana e i risultati ottenuti hanno superato le migliori attese.

Questo materiale, formato da nano particelle fabbricate in un laboratorio israeliano, è cinque volte più resistente dell'acciaio e resiste dodici volte meglio rispetto a tutti i materiali antiproiettile realizzati sino ad oggi. Risulta quindi essere particolarmente adatto per la fabbricazione di divise di protezione per l'esercito e le forze armate in genere. L'azienda israeliana «ApNano» ha annunciato la sua scoperta l'anno scorso e si è immediatamente fatta conoscere sul mercato mondiale.
Recentemente si sono appena conclusi dei test realizzati presso l'Università di Nottingham. Sono stati costruiti degli scudi di grandi dimensioni da utilizzare nelle prove tecniche, che sono stati crivellati con proiettili in acciaio la cui velocità di impatto era di 1,5 km al secondo e la forza di impatto di ben 250 tonnellate per cm quadrato (diciamo che corrisponderebbe all'impatto di quattro locomotive contro un'unghia). Il risultato è stato davvero sorprendente: non è avvenuta alcuna modifica strutturale. La «ApNano» ha iniziato le sue ricerche nel campo nella nano-tecnologia nel corso degli anni '90, sotto la direzione di diversi scienziati israeliani. Le loro ricerche li hanno portati a scoprire che si può ottenere mediante la sintesi di alcuni legami non organici, delle minuscole nano sfere conosciute col nome di «IF». La nuova organizzazione delle molecole in queste nano sfere produce un materiale dalle proprietà straordinarie. If risulta inoltre essere un materiale di facile e poco dispendiosa fabbricazione, rispetto a molti altri materiali utilizzati per scopi simili. Chimicamente è piuttosto stabile, non è facilmente influenzabile dall'ambiente circostante e non è particolarmente infiammabile. Unico problema: è piuttosto pesante. Per questa ragione la ApNano ha intrapreso delle nuove intensive ricerche per fabbricare un materiale dalle proprietà simili ma partendo da altri materiali organici. Questa volta si è aggiunto l'utilizzo del bisolfuro di titanio, e i test hanno rivelato chiaramente che anche questo materiale è resistente agli impatti almeno quanto il suo predecessore. L'azienda, nella sua sede di Nes Ziona, produce ogni giorno diversi kg di questo nuovo nano materiale. Il Dott. Menahem Genut, direttore commerciale, ha dichiarato alla stampa che lo scopo dell'impresa è quello di accrescere considerevolmente la produzione del materiale nel corso del prossimo semestre, per arrivare a produrne circa 150 kg al giorno. Dal 2007 in poi, la produzione dovrà passare progressivamente all'obiettivo di qualche tonnellata al giorno. Per ora non è ancora possibile stabilire a quale prezzo questo nano materiale sarà venduto sul mercato. Tuttavia, in virtù delle sue eccezionali caratteristiche e grazie al costo di produzione del tutto accettabile, si prevede che desterà grande interesse presso le aziende che producono abbigliamento da lavoro e accessori per la protezione e la difesa. Il Dott. Genut vede il futuro della sua azienda con ottimismo, stimando che il suo prodotto avrà un futuro di successo. Saranno in ogni modo necessari diversi anni di ricerca e studio per produrre scudi e divise in nano materiale.

Sito internet della «ApNano»: www.apnano.com

(Notizie da Israele, 2/2007)





MUSICA E IMMAGINI




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