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Notizie su Israele 407 - 20 novembre 2007

1. Cristiani evangelici nei territori palestinesi
2. La Divina Commedia tradotta in ebraico
3. I profughi dimenticati
4. Il ghetto di Varsavia ieri e oggi
5. Davanti ai chiari segnali di antisemitismo crescente
6. Il tentativo di «de-giudaizzare» il cristianesimo
7. Musica e immagini
8. Indirizzi internet
Isaia 44:23. Cantate, o cieli, poiché il SIGNORE ha operato! Giubilate, o profondità della terra! Prorompete in grida di gioia, o montagne, o foreste con tutti gli alberi vostri! Poiché il SIGNORE ha riscattato Giacobbe e manifesta la sua gloria in Israele!
1. CRISTIANI EVANGELICI NEI TERRITORI PALESTINESI




I cristiani palestinesi rimangono fedeli

BETLEMME - "Porte aperte", missione che opera in favore dei cristiani perseguitati, riferisce la situazione dei cristiani di Betlemme e della Striscia di Gaza, che nonostante tutte le difficoltà, restano fedeli.
I cristiani che vivono nei territori palestinesi sono sempre più pressati dagli estremisti musulmani che vogliono ridurli allo stato di dhimmitudine, una sorta di seconda classe per i non musulmani che vivono nei paesi islamici.
Non ricevono alcun aiuto dal potere centrale quando lo chiedono; è un potere centrale che lascia sempre più il posto alle leggi tribali.
La morte di Rami Ayyad, direttore della libreria della Società biblica palestinese, avvenuta il 7 ottobre scorso, ha considerevolmente toccato la comunità cristiana.
Ci sono gruppi islamici che tendono ad agire in modo sempre più brutale verso di essa. I cristiani hanno l'impressione che la loro situazione peggiori.
Ma nel mezzo di questo clima di violenza un cristiano ha raccontato a "Porte aperte": «Una persona che si era convertita al cristianesimo esitava a farsi battezzare. Dopo il martirio del nostro fratello Rami, ha visto che gli assassini si rallegravano di questa morte pensando di aver servito Allah. Quando questo nuovo convertito ci ha visti pregare per quegli assassini, ha deciso di farsi battezzare. Altri cristiani hanno deciso di vivere la loro fede in modo più ardito, pronti a pagarne il prezzo. Si sono ulteriormente convinti che colui che comincia a lavorare nella messe non può guardare indietro. Nello stesso tempo, altri hanno scoperto cosa significa vivere per Dio e si sono posti delle domande sincere sulla fede cristiana».

(evangelici.net, 12 novembre 2007)





2. LA DIVINA COMMEDIA TRADOTTA IN EBRAICO




Il poema dantesco comprensibile adesso anche all'israeliano della strada. É la prima traduzione del genere di questo millennio.

È giunta a maturazione nelle morbide colline della Samaria, in una colonia chiamata Shaarey Tikwa (le Porte della Speranza) la prima traduzione in ebraico della Divina Commedia di questo Millennio.
    Il viaggio fantastico intrapreso settecento anni fa da Dante Alighieri nella voragine spalancatasi sotto le mura di Gerusalemme è adesso comprensibile anche all'israeliano della strada. Lo scrittore Arie Stav ha mostrato ieri con orgoglio i tre libri della traduzione: «Tofet» (Inferno), «Tor ha-Tohar» (Purgatorio) e «Ha-Eden» (Paradiso), stampati dalla casa editrice Kibbutz Meuhad.
    «Si tratta di una opera che resta anche oggi molto moderna. Un testo che è inoltre filosemita, cosa davvero stupefacente per la sua epoca», ha esclamato. La prima edizione, ne è persuaso, andrà venduta tutta e in Israele l'interesse per il mondo del grande fiorentino è destinato a crescere.
    «Tradurre la Divina Commedia - afferma Stav- era un sogno che cullavo da molto tempo, perchè Dante scrisse l'opera conclusiva di quel lavorio...» Mettendolo a confronto con i suoi contemporanei, Stav ha rintracciato in Dante un «atteggiamento filosemita» che lo ha sorpreso. «È vero che nelle profondità dell'Inferno colloca la Giudecca, e che fra le anime perdute ci sono Giuda Iscariota, il sacerdote Caifa e Hananya. Eppure - prosegue con foga Stav - Dante, cristiano credente, non esita a sprofondare nell'Inferno persino Pontefici, fra cui Bonifacio VIII».
    Altri personaggi storici ebrei popolano invece il Paradiso. Re Davide viene sistemato nella pupilla di un'aquila, con Ezechia re della Giudea. Per re Salomone il Poeta mostra una sorta di venerazione. «Ben diverso il trattamento riservato da Dante ai musulmani, da lui ritenuti scismatici. Maometto e Ali sono dilaniati nell'Inferno», nota il traduttore.
    Parole di ebraico sono reperibili peraltro nel testo originale di Dante, che per molti versi è influenzato dal Vecchio Testamento. «Il che - precisa - non vuol dire affatto che la sua traduzione sia stata semplice». Anche perchè nell'ebraico è raro che l'accento cada, come in italiano, sull'ultima sillaba. Ha preferito rispettare il contenuto a scapito delle rime. Ha cercato di mantenere il ritmo originale della cadenza.

(Bresciaoggi, 15 novembre 2007)





3. I PROFUGHI DIMENTICATI




L'esodo dimenticato del 1948, ottocentomila ebrei in fuga dai paesi arabi

di Giulio Meotti

ROMA - Setacciando i fondali della burocrazia delle Nazioni Unite, un'organizzazione che si occupa di diritti umani ha rinvenuto un'eccezionale fonte diretta in grado di fare luce sugli ebrei espulsi dal mondo arabo alla nascita d'Israele. Il Justice for jews from arab countries (Kfj) ha annunciato di essere in possesso della chiave di volta della politica di discriminazione contro i "profughi dimenticati", per usare la celebre definizione di Amnon Rubinstein su Haaretz. "Ogni ebreo che si rivela un agente sionista sarà considerato prigioniero politico e internato in luoghi designati a questo scopo" si legge nel nuovo documento della Lega araba. "Le sue risorse finanziarie saranno congelate".
    Subito dopo l'approvazione all'Onu del piano di spartizione, nel novembre 1947, i paesi arabi furono investiti da un'ondata di pogrom anti ebraici. L'invasione araba di Israele scatenò un massiccio movimento di popolazioni in opposte direzioni: ebrei fuggirono dai paesi arabi verso Israele, arabi verso i paesi confinanti con la Palestina.
    Di questo secondo esodo si continua a discutere, ci sono storici israeliani che rivendicano il diritto di insegnarlo nelle scuole israeliane. L'esodo che ha coinvolto 800.000 ebrei dai paesi arabi e intere comunità ebraiche che hanno vissuto nel mondo arabo sin da molto prima che vi arrivasse l'islam è stato invece meticolosamente nascosto. In vista del meeting di Annapolis, il congressman Tom Lantos, l'unico sopravvissuto alla Shoah eletto negli Stati Uniti, ha chiesto all'Amministrazione Bush di garantire che da adesso qualunque organismo investito del problema dei profughi palestinesi sia chiamato ad affrontare anche la questione dei profughi ebrei, che persero in un attimo tutto il loro mondo.
    L'ex ministro della Giustizia canadese Irwin Cotler, all'Herald Tribune spiega che "non fu soltanto un esodo forzato, ma anche un esodo dimenticato". C'è chi stima fra i 10 e i 30 miliardi di dollari il valore delle proprietà ebraiche nei paesi arabi. Altri sostengono che solo in Iraq le proprietà ebraiche ammontano a 100 miliardi, e quelle in Egitto a 60 miliardi di dollari. Carol Basri, lettrice alla facoltà di Giurisprudenza dell'Università della Pennsylvania, anni fa pubblicò sul periodico del World Jewish Congress "Gesher" un resoconto delle similitudini fra le azioni del regime iracheno, già prima della risoluzione Onu per la spartizione della Palestina mandataria (1947), e quelle attuate dai nazisti verso gli ebrei: punizioni collettive, pogrom violenti, esecuzioni, licenziamenti in massa degli ebrei, negazione dei diritti civili (comprese due leggi irachene molto simili alle Leggi di Norimberga: negazione della cittadinanza agli ebrei e confisca delle loro proprietà).
    Come racconta Benny Morris nel suo nuovo libro "La prima guerra d'Israele" (Rizzoli), il rappresentante egiziano Heikal Pasha minacciò nel 1947 un "massacro di grandi quantità di ebrei" se il piano fosse stato approvato. L'ex ministro della Giustizia Meir Sheetrit, la cui famiglia è fuggita dal Marocco nel 1957, spiega che "il mondo arabo ha fatto di tutto per mantenere i profughi palestinesi nei campi, mentre Israele ha accolto i profughi ebrei. Non abbiamo cercato di usarli come un'arma politica".
    Nel 2003 lo stesso gruppo venuto in possesso del documento, aveva pubblicato un rapporto ricco di dettagli sulle migliaia di ebrei espulsi o costretti a fuggire dai paesi arabi. Prima del 1948 vivevano nei paesi arabi più di 800.000 ebrei, contro gli 8.000 che vi risiedono oggi. In Algeria i 200 mila ebrei del 1962, anno dell'indipendenza, si sono ridotti a un centinaio scarso. I 40 mila ebrei libici sono stati tutti espulsi nel 1970, assieme agli italiani. In Siria gli ebrei si sono ridotti dai 45 mila del 1948 ai 5 mila del 1987 e ai 63 del 2001. In Iraq i 125 mila ebrei del 1948, discendenti dai deportati di Babilonia e dei Profeti, erano ridotti a 300 nel 1987 e a 34 alla vigilia della caduta di Saddam. Ora sono poco meno di una dozzina. Tra il 1948 e il 1987 gli ebrei si sono poi ridotti da 12 mila a 90 in Libano; da 61 mila a 1.200 nello Yemen; da 75 mila a 200 in Egitto. In Giordania gli ebrei sono esclusi dalla cittadinanza e in Arabia Saudita dall'ingresso, ai rabbini americani che nel 1991 entrarono nel paese al seguito dei marine venne chiesto di nascondere la stella di David sulle divise. Infine ci sono gli oltre 14 mila ebrei etiopi che nel 1984 arrivarono in Israele su "ali d'aquila". Salvandoli da un promesso sterminio, Gerusalemme riscattò la loro storia antichissima. Al loro arrivo si inginocchiavano a baciare la terra, gli israeliani applaudivano quegli ebrei vestiti di bianco, il colore della festa e delle nozze.

(Il Foglio, 14 novembre 2007)





4. IL GHETTO DI VARSAVIA IERI E OGGI




Olocausto, 16 novembre 1940: Varsavia diventa la sede del grande "ghetto ebraico" europeo

di Stefano Faraoni

Il ghetto di Varsavia fu istituito dal regime nazista nel 1940  nella città vecchia, fu il più grande ghetto europeo. L'intera zona, oggi tristemente nota come l'antico "ghetto ebraico" di Varsavia, prima dello scoppio del secondo conflitto mondiale era abitata in prevalenza da ebrei, i quali costituivano la più grande comunità ebraica dopo quella di New York.
    Il quartiere, detto Nalewki, era pieno di condomìni e privo di spazi verdi; vi si parlavano l'yiddish, l'ebraico e il russo (dagli ebrei che erano fuggiti dalla Russia) e gli abitanti avevano la libertà di spostarsi e stabilirsi anche negli altri quartieri della città.
    Con l'inizio della seconda guerra mondiale, i nazisti trasformarono l'intera zona in ghetto  erigendo il 16 novembre 1940 un muro che la circondava completamente e iniziando un processo di distruzione e devastazione che culminò nel 1943, quando il 19 aprile l'Organizzazione ebraica di combattimento si rivoltò alla presenza tedesca con lo scopo di sfidare i nazisti e morire con dignità ed onore; il ghetto fu completamente raso al suolo.
    Già precedentemente erano state uccise centinaia di migliaia di persone: all'inizio, il ghetto ospitava 450.000 ebrei, che occupavano circa il 4% della superficie totale del comune di Varsavia pur rappresentando il 30% della popolazione; questo causò immaginabili problemi di sovraffollamento e gli abitanti del ghetto furono costretti a vivere anche in dieci dentro ad una sola stanza.
    Ufficialmente, esisteva un'amministrazione, il Consiglio Ebraico (Judenrat), ma si trattava solo di una copertura per eseguire ordini nazisti: sterminare gli abitanti del ghetto, creando condizioni drammatiche e adottando la strategia della paura e del terrore.
    I nazisti introdussero il lavoro schiavistico nelle fabbriche ebraiche, dopo essersene impadroniti, e nell'estate del 1942 cominciò l'evacuazione del ghetto e il trasporto degli abitanti verso i campi di sterminio (principalmente Treblinka) dove trovarono la morte oltre 300.000 persone nelle camere a gas.
    Dopo la fine della guerra, la zona fu completamente ricostruita con complessi residenziali, ma vi furono poi costruiti numerosi monumenti in memoria degli orrori.
    La "Via della Memoria" (Trakt Mêczeñstwa i Walki ¯ydów), all'interno dell'antico ghetto, ricorda oggi le atrocità commesse in quegli anni.
    Si parte dal Monumento agli Eroi del Ghetto (Pomnik Bohaterów Getta), eretto nel 1948 dallo scultore Natan Rapaport  e dall'architetto Marek Suzin.
    Il monumento rappresenta uomini, donne e bambini che lottano tra le fiamme che lentamente divorano il ghetto, e una processione di ebrei condotti ai campi di concentramento dalle baionette naziste.
    Il percorso della Via della Memoria è segnato da 16 blocchi di granito, con iscrizioni in polacco, yiddish ed ebraico, che commemorano i 450.000 ebrei uccisi nel ghetto e gli eroi della rivolta.
    Poco lontano si trova anche il "Monumento al Bunker" (Pomnik Bunkra), un grosso masso posto su una collinetta che ricorda la posizione del bunker dal quale Mordechaj Anielewicz dette inizio alla rivolta.
    Alla fine, fece esplodere il bunker e si suicidò.
    La Via della Memoria termina col "Monumento dell'Umschlagplatz" (Pomnik Umschlagplatz), finito nel 1988, nello stesso punto in cui circa 300.000 ebrei vennero caricati su vagoni bestiame e spediti nei campi di concentramento.
    La forma, infatti, ricorda proprio quella di un vagone del treno; è in blocchi

prosegue ->
di marmo nero e bianco e sulla sua superficie sono incisi i nomi di centinaia di abitanti del ghetto. 
"C'è una disperazione che consiste nel non sapere che si vive disperati." (Un ebreo)

(eCostiera.it, 14 novembre 2007)





5. DAVANTI AI CHIARI SEGNALI DI ANTISEMITISMO CRESCENTE




Forse gli ebrei tedeschi stanno ignorando i segni dei tempi

Gli ebrei ignorarono l'appello del visionario Theodor Herzl che li invitava a riconsiderare la loro patria biblica e a fuggire dal continente europeo, in cui stava diventando sempre più diffusa l'abitudine di incolpare la piccola comunità ebraica per i problemi nazionali. Una generazione più tardi due terzi degli ebrei europei perirono nell'Olocausto.
    Oggigiorno il rimanente degli ebrei in Germania si sente di nuovo sicuro e conduce una florida vita nella nazione ospitante, e di nuovo si sentono nell'aria i segnali di crescenti tendenze antisemite che in futuro potrebbero portare a nuove atrocità. Dei dirigenti ebrei in Germania hanno perfino cercato di ostacolare l'organizzazione Nativ, che vuole aiutare gli ebrei ad emigrare in Israele. Nella sua funzione originaria, Nativ ha operato in clandestinità per decine d'anni nell'Unione Sovietica come lungo braccio del servizio segreto Mossad , in un tempo in cui agli ebrei era vietato emigrare in Israele.
    Stephan Kramer, direttore del Consiglio Centrale degli ebrei in Germania, non capisce perché il governo israeliano ha avuto l'idea di dare proprio adesso un incarico a Nativ. «C'è la Jewish Agency che si preoccupa dell'educazione ebraica in Germania», ha dichiarato Kramer a israel heute. «Che altro deve fare Nativ di così importante per noi?»
    La risposta sta nel fatto che l'obiettivo fondamentale di Nativ consiste nel portare ebrei in Israele, mentre la Jewish Agency e altre organizzazioni come quella di Kramer spendono tutto il loro tempo per promuovere aspetti fondamentali di un'educazione ebraica, come per esempio la lingua ebraica e l'istruzione biblica.
    Vasti studi fatti di recente mostrano che l'antisemitismo in Europa si sta avvicinando alle condizioni esistenti prima dello scoppio della seconda guerra mondiale. E tuttavia i recenti scoppi di violenza razziale e i tentativi di intimidazione contro ebrei non spingono all'emigrazione. La situazione però potrebbe peggiorare. Uno studio dell'Unione Europea del 2004 ha accertato che una grande parte dell'antisemitismo è favorita dall'esplosione demografica degli immigrati musulmani.
    Kramer però insiste nel dire che «l'antisemitismo in Europa non è né migliore né peggiore che in altre parti del mondo.» E' convinto che proprio la Germania è meno esposta di altri paesi ad avere scoppi di violenza antiebraica. «La Germania è il paese in cui è stato progettato ed eseguito l'Olocausto. Per questo ci sono qui molti programmi che educano a tenersi lontani da un simile odio razziale», spiega Kramer. C'è antisemitismo, e noi dobbiamo affrontarlo. Ma la Germania di oggi non è paragonabile con la Germania prima dell'ascesa al potere di Hitler. Il governo tedesco farà in modo che qualcosa di simile non si ripeta più.»
    La preoccupazione di Kramer è che il modo di procedere di Nativ approfondisca il fossato tra la comunità degli ebrei tedeschi stabili e i 130.000 immigranti di lingua russa. «Quale segnale invia qui lo Stato d'Israele indebolendo la comunità ebraica in Germania, quando la Germania è attualmente il più forte alleato d'Israele in Europa?» chiede Kramer. Nonostante l'ottimismo di Kramer, alcuni esperti pensano che l'atteggiamento conciliante della Germania verso gli ebrei potrebbe essere soltanto di breve durata, e che in ogni caso i programmi educativi certamente non riescono a raggiungere gli antisemiti incalliti.
    
(israel heute, ottobre 2007 - trad. www.ilvangelo-israele.it)





6. IL TENTATIVO DI «DE-GIUDAIZZARE» IL CRISTIANESIMO




Rispuntano le tavole della legge elaborate da tredici chiese luterane

Così Hitler riscrisse Mosè

di Marina Verna

BERLINO. Il programma stava già nel nome: «Istituto per lo studio e l'eliminazione degli influssi ebraici sulla vita religiosa tedesca». Comunemente noto come «Istituto per la de-giudaizzazione». Era stato fondato nel maggio del 1939 a Eisenach - la città di Bach e di Lutero - da tredici chiese regionali evangeliche, con lo scopo di eliminare qualunque traccia ebraica dal Nuovo Testamento e dal Libro evangelico dei Canti. Riscrisse i dieci comandamenti, facendoli diventare dodici e prescrivendo all'undicesimo: «Onora il Führer e Maestro». Fece sparire dai sacri testi parole come «Sion» e «Osanna». Cancellò dagli scritti di Lutero le parole «Gesù Cristo, Jehova Zebaoth», sostituendole con «Gesù Cristo, salvatore nel momento del bisogno». E «Gerusalemme, tu città costruita in alto», divenne «Eternità, tu luce della città divina».
    L'Istituto fu chiuso dalle gerarchie luterane nel 1945 e opportunamente dimenticato. Le decine di pubblicazioni ad altissima tiratura sparirono, ne restano poche copie in qualche biblioteca all'estero. Il dibattito storico nella Chiesa evangelica si aprì soltanto a metà degli anni Novanta e rimase sottotraccia. Ma adesso cinquanta studenti del Ginnasio «Martin Luther» di Eisenach hanno dedicato un intero anno alla questione e, insieme ai loro insegnanti, hanno allestito un'interessante mostra di documenti nel Municipio di Eisenach.
    L'«Entjudungsinstitut» era ospitato nella stessa casa del seminario per predicatori evangelico-luterani. Lungo le scale e nelle aule non c'era il
Uno scritto di Walter Grundmann: "La de-giudaizzazione della vita religiosa come compito della teologia e della chiesa tedesca"
crocifisso, ma il ritratto di Hitler. Inizialmente impiegò ottanta persone - per lo più pastori e professori di teologia -, che nel periodo di massima fioritura divennero duecento. Il direttore dell'Istituto, Walter Grundmann, scrisse un pamphlet celebrando «la lotta del popolo tedesco contro il dissolvimento della sua vita e della sua natura a opera degli ebrei» e Hitler, entusiasta, lo nominò sul campo professore, firmando la nomina di suo pugno. Un vescovo sostenne nelle sue prediche che gli antenati di Gesù erano arrivati dal Caucaso e perciò lui non era ebreo. Diceva dal pulpito: «Il Gesù dei Vangeli può diventare il salvatore del nostro popolo tedesco solo se non è colui che realizza ed esaudisce i desideri degli ebrei, ma è il loro nemico e li combatte».
    I dieci comandamenti vennero rielaborati dai massimi teologi nel nuovo catechismo Deutsche mit Gott (I tedeschi con Dio), pubblicato a Weimar nel 1941 dall'editore «Deutsche Christen» («Cristiani tedeschi»). Sparì l'introduzione «Io sono il Signore Dio tuo». Il primo comandamento - «Non avrai altro Dio fuori di me» - venne rielaborato in «Onora Dio e confida in Lui con tutto il cuore». «Non nominare il nome di Dio invano» divenne «Cerca il silenzio davanti a Dio». Il terzo comandamento - «Ricordati di santificare le feste» - perse completamente il suo significato e fu trasformato in «Evita ipocrisie e falsità». «Onora il padre e la madre» lasciò il quarto posto e ricomparve al settimo - eliminando «Non rubare» - sotto la nuova formula «Onora il padre e la madre e sii di aiuto e di esempio ai tuoi figli». Al quarto posto spuntò il comandamento «Sacri ti siano il corpo e la vita». «Non uccidere», divenne «Sacri ti siano il bene e l'onore».
    Il sesto comandamento - «Non commettere atti impuri» - divenne «Sacre ti siano la verità e la fedeltà». L'ottavo - «Non dire falsa testimonianza» - sostituì in parte il nono («Non desiderare la donna d'altri») con la formula «Mantieni il sangue puro e santifica il matrimonio». Al nono posto comparve «Conserva e moltiplica l'eredità degli avi». L'ultimo comandamento - «Non desiderare la roba d'altri» - divenne «Sii sempre pronto ad aiutare e perdonare». Spuntarono due nuovi imperativi: «Onora il Führer e Maestro» e «Servi in letizia il popolo con il lavoro e il sacrificio».
    Completata l'opera di riscrittura delle Sacre Tavole, i teologi aggiunsero cinque parole di ammonimento: «Questo Dio vuole da noi». Poi si dedicarono al capitolo «Il redentore dei tedeschi». E qui scrissero: «Nel suo messaggio e nel suo comportamento Gesù di Nazareth in Galilea mostra uno spirito che si oppone all'ebraismo. La lotta tra lui e gli ebrei divenne tanto spietata da portare alla sua crocifissione. Per questo Gesù non può essere stato un ebreo. Fino a oggi gli ebrei hanno perseguitato Gesù e i suoi seguaci con un odio insanabile. Invece gli uomini ariani hanno trovato in Gesù Cristo la risposta alle loro domande più profonde».
    Il direttore del Ginnasio di Eisenach che ha curato la mostra, Thomas Giesa, ha pronunciato parole molto dure sull'atteggiamento della Chiesa luterana nel Terzo Reich: «Ha preso una strada sciagurata e si è resa colpevole davanti al mondo ebraico. Oggi noi curiamo il dialogo tra le due religioni e, come cristiani, sottolineiamo le radici ebraiche della nostra fede. Rappresentare tutto ciò aiuterà a combattere l'antisemitismo». L'impegno suo e dei ragazzi è stato premiato: la mostra ha un grande successo.

(La Stampa, 9 agosto 2006)

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COMMENTO - Recentemente è uscito in Germania un libro dal titolo Walter Grundmann. Ein Neutestamentler im Dritten Reich, di Roland Deines, Volker Leppin, Karl-Wilhelm Niebuhr, Leipzig 2007. Il quotidiano "Die Welt" ne dà notizia nel suo numero dell'8 novembre scorso in un articolo dal titolo "Theologe des Judenhasses". Ne traduciamo un estratto che dà qualche informazione su quello che è avvenuto nel dopoguerra al "teologo dell'odio antiebraico".

"La fine della guerra significò anche la fine di questo lavoro pseudoscientifico [di Walter Grundmann]. Ma non fu la fine del "direttore scientifico" dell'"Istituto di de-giudaizzazione". Il vecchio compagno di partito perse, nonostante il tentativo di accattivarsi le simpatie dei nuovi padroni, la sua cattedra di professore, ma nel 1950 poté ottenere un posto di predicatore nella città di Waltershausen, in Turingia. In seguito, dal 1957 al 1975 Grundmann è stato docente e rettore del Katechetenseminar a Eisenach, ricevendo inoltre l'incarico di insegnamento nella Kirchliche Hochschule a Naumburg e nel Theologischer Seminar a Lipsia. Con la casa editrice evangelica pubblicò negli anni sessanta dei commentari agli evangeli. A dire il vero, non sosteneva più tesi populistiche (völkisch), ma dopo il giudizio ricevuto dal teologo di Jena Wolfgang Schenk modificò la forma delle sue concezioni sugli ebrei, influenzate da pregiudizi ideologici. In quel tempo molti catechisti, parroci e pastori della Turingia e altri collaboratori hanno conosciuto Walter Grundmann come un insegnante che con la sua enorme memoria e il suo talento pedagogico "sapeva del tutto entusiasmare", così ha commentato "Glaube und Heimat", settimanale evangelico per la Turingia, in occasione del centesimo anniversario del discusso teologo, nel 2006."

"Die Welt" riporta inoltre, in un trafiletto, un giudizio sintetico del teologo Peter von der Osten-Sacken: "Grundmann ha offerto la legittimazione teologica dello sterminio degli ebrei".





MUSICA E IMMAGINI




Eretz Tropit Yafa




INDIRIZZI INTERNET




Comitato degli Italiani all'estero

Messianic Jewish Ministry




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