1. IL CONFLITTO INTERNO PALESTINESE
Invece della pace torture tra palestinesi
di Osvaldo Migotto
Col passare dei mesi la convinzione del presidente statunitense George W. Bush di poter giungere ad un accordo di pace tra israeliani e palestinesi entro la fine dell'anno sembra più che mai destinata a soccombere sotto il peso delle violenze e delle incomprensioni.
Una conferma a tale valutazione viene dallo stesso premier israeliano Ehud Olmert che proprio ieri nel corso di una seduta alla Knesset della Commissione esteri e difesa ha detto che nel 2008 non ci sarà un accordo con i palestinesi sull'assetto politico permanente di Gerusalemme. E senza un accordo su questo elemento essenziale del contenzioso israelo-palestinese é chiaro che non si arriverà a nessun accordo di pace tra i due popoli. Ma c'è di peggio. Ad allontanare la prospettiva dell'avvio di una fase di riconciliazione in Medio Oriente non vi sono più solo le incomprensioni tra israeliani e palestinesi, ma anche le crescenti tensioni che si registrano tra gli stessi palestinesi. Il duro scontro in atto tra fazioni moderate e gruppi integralisti tende infatti ad accentuarsi, in barba agli sforzi del mondo arabo, Egitto in primis, volti a favorire una loro riconciliazione.
La radicalizzazione del conflitto interno palestinese, avviata dal colpo di mano di Hamas che nel giungo dello scorso anno portò il movimento estremista islamico a prendere il controllo della Striscia di Gaza, sembra non conoscere fine. Venerdì scorso un attentato dinamitardo a Gaza ha causato 5 morti e Hamas ha subito puntato il dito contro Al Fatah (il movimento fedele al presidente palestinese Abu Mazen). Nella notte tra sabato e domenica scorsa però nella Striscia di Gaza vi sono stati anche degli scontri a fuoco tra agenti di Hamas e miliziani dell'Esercito dell'Islam, un piccolo gruppo radicale che si sospetta abbia rapporti con al Qaida.
L'estremismo seminato dal movimento di Ismail Haniyeh in questi ultimi anni rischia dunque di rivoltarsi contro gli stessi integralisti islamici che controllano la Striscia di Gaza. Dall'odio infatti non può nascere che altro odio. E in tal senso non possono che preoccupare le denunce lanciate da due organizzazioni di difesa dei diritti dell'uomo, secondo le quali nei territori palestinesi la tortura viene praticata regolarmente da quando lo scorso anno Hamas ha preso il potere nella Striscia di Gaza. Da un rapporto realizzato dall'organizzazione umanitaria palestinese «Al-Haq» risulta che tra il 20 e il 30 per cento delle oltre 2.000 persone arrestate nel 2007 dicono di aver subito delle violenze in carcere, sia nella Striscia di Gaza, dove tre detenuti sono morti durante la detenzione, che in Cisgiordania (i territori palestinesi controllati dagli uomini del presidente palestinese Abu Mazen) dove un carcerato è deceduto durante la prigionia.
Una conferma a queste denunce viene anche dall'organizzazione statunitense per la tutela dei diritti umani «Human Rights Watch» (HRW), le cui indagini hanno riscontrato un netto aumento degli arresti a carattere arbitrario o politico da quando Hamas ha preso il controllo della Striscia di Gaza.
E come nel caso del contenzioso con Israele, anche tra fazioni palestinesi ostili vale la legge dell'occhio per occhio dente per dente.
Alle brutalità di un campo rispondono subito quelle dell'altro schieramento. HRW denuncia pertanto un aumento drammatico del ricorso alla tortura sia da parte di Hamas che da parte degli uomini di al-Fatah. Ma se i palestinesi si torturano tra di loro è ancora realistico credere che la pace in Medio Oriente sia raggiungibile in tempi brevi, come qualcuno si ostina a credere?
(Corriere del Ticino, 29 luglio 2008)
2. SONDAGGIO NELLE UNIVERSITA' INGLESI
4 musulmani su 10 vivrebbero sotto la Sharia. Predicatori omofobi e antisemiti
hanno parlato liberamente al Queen Mary College.
"Uccidere per Allah è giustificato"
lo pensa uno studente islamico su tre
LONDRA - Uccidere nel nome di Allah e dell'Islam è giustificato. Lo sostiene circa un terzo degli studenti islamici che frequentano le università britanniche. Il quaranta per cento di loro giudicherebbe inoltre condivisibile l'inserimento dei codici della sharia, la legge islamica nella legislazione britannica.
Il sondaggio, condotto nel Regno Unito da Yougov per il Centro di coesione sociale, è ripreso oggi dal quotidiano britannico Times, che esprime preoccupazione per la diffusione del radicalismo nei campus. "Un numero significativo di studenti crede in valori che cozzano con quelli democratici", ha detto Hannah Stuart, tra i curatori del sondaggio: "Questi risultati mettono in grave crisi coloro che sostengono che l'estremismo è assente nelle università britanniche".
Dal sondaggio è emerso inoltre che il 40 per cento degli studenti musulmani considera inaccettabile che donne e uomini musulmani si frequentino liberamente. Il 25 per cento di loro dice di non avere alcun rispetto per i gay, una percentuale superiore fra gli uomini musulmani (32 per cento); fra i non musulmani la percentuale è del 4 per cento. Uno studente islamico su tre è a favore della creazione di un califfato, o di uno stato islamico, globale.
La ricerca rivela anche che il 55% degli studenti non musulmani ritiene che l'Islam sia incompatibile con la democrazia. Circa uno su 10 ha "poco rispetto" per i musulmani. "La soluzione - spiega Anthony Glees, professore alla Buckingham University - è smetterla di parlare di diversità e concentrarci sull'integrazione e sull'assimilazione".
Oltre al sondaggio vero e proprio, condotto su 1.400 studenti musulmani e non, gli autori della ricerca hanno visitato 20 università e parlato con studenti e professori. Tra l'altro è emerso che regolarmente predicatori islamici pronunciano sermoni con parole di incitamento all'odio razziale, omofobici o antisemiti. In particolare, è stato monitorato il Queen Mary college, parte della London University. A dicembre, uno speaker identificato come Abu Mujahid ha incoraggiato gli studenti musulmani a condannare i gay perché "Allah odia" l'omosessualità; in novembre Azzam Tamimi, un sostenitore di Hamas che vive in Inghilterra, ha descritto Israele come "il più inumano progetto nella storia dell'umanità moderna".
La situazione al Queen Mary College è ritenuta particolarmente grave, con una vera e propria "ghettizzazione" degli studenti islamici. Un portavoce del college ha dichiarato di essere a conoscenza delle visite dei predicatori, ma non del contenuto dei loro discorsi. "Chiaramente noi non possiamo associarci a simili punti di vista - ha detto -. Il problema è che il libero dibattito è parte integrante dello spirito della nostra università: è inevitabile che in qualche occasione il contenuto di certi interventi sia offensivo".
Diversi terroristi si sono o sono stati convertiti all'estremismo nelle università britanniche. Si ritiene che Kafeel Ahmed, responsabile l'anno scorso dell'attentato suicida all'aeroporto di Glasgow, abbia subito il processo di "radicalizzazione" all'Anglia Ruskin University di Cambridge.
I riscontri dello studio confermano, seppur amplificandoli, studi della polizia inglese dell'anno scorso, secondo cui, ad esempio, il 37 per cento - contro il 40 osservato ora - di tutti i giovani musulmani di età compresa tra i 16 e i 24 anni preferirebbero vivere in un sistema governato dalla sharia. Non tutti, però, sono d'accordo con le conclusioni della ricerca. Wes Streeting, presidente della Unione nazionale degli studenti, la condanna. "Questo disgustoso 'report' riflette i pregiudizi della cultura di destra che l'ha progettato - ha detto - non certo il punto di vista dei musulmani inglesi. Ha coinvolto appena 632 studenti islamici, ai quali sono state fatte domande vaghe e fuorvianti, e le risposte sono state interpretate altrettanto male".
(la Repubblica, 27 luglio 2008)
3. KUNTAR GIURA CHE UCCIDERÀ ALTRI ISRAELIANI
Quelli che seguono sono brani di dichiarazioni rilasciate nei giorni scorsi a vari programmi televisivi dal terrorista infanticida Samir Kuntar, scarcerato da Israele il 16 luglio (in cambio delle spoglie dei due ostaggi assassinati da Hezbollah Eldad Regev ed Ehud Goldwasser).
TV Al-Manar, 16.07.08
Samir Kuntar: "L'arma è
una attitudine che è diventata una cultura della resistenza. È diventata la cultura delle generazioni che realizzeranno il sogno di annientare quella entità predatoria [Israele]. Permettetemi di commemorare un grande e leggendario comandante, l'eroe mujahid [combattente della jihad] e martire Imad Mughniyeh [il capo di Hezbollah per le operazioni terroristiche all'estero, responsabile di attentati con centinaia di vittime innocenti, ucciso a Damasco lo scorso febbraio). Voglio dire solo una cosa: Hajj Imad, saremo degni del sangue da te versato solo quando costringeremo questo nemico a rimpiangere i tuoi giorni".
TV Al-Manar, 17.07.08
Samir Kuntar: "Ieri a quest'ora ero nelle mani dei nemici. Ieri a quest'ora ero ancora nelle loro mani. Ma adesso non c'è nulla che desidero di più che incontrarli di nuovo. Chiedo ad Allah di farlo accadere presto. Si illude chiunque pensi che la liberazione delle terre libanesi e delle Fattorie Shabaa [conquistate da Israele alla Siria nel 1967, ma dal 2000 reclamate dal Libano come pretesto anti-israeliano] possa portare alla fine di questo conflitto".
TV Al-Jadid, 18. 07.08
Samir Kuntar: "C'è un morbo, in questa regione, chiamato Stato di Israele, che noi chiamiamo 'entità predatoria'. Se non poniamo fine a questo morbo, ci perseguirà sino in capo al mondo. Per questo è meglio sbarazzarsi di lui".
TV Al-Manar, 17.0708
Samir Kuntar: "Hezbollah ha continuato a cercare i dispersi, vivi o martiri. Non aveva nessuna ragione per compiere un'operazione in mio favore se non la sua fede nel valore della vita umana [sic]. Ricordo che il segretario generale [Nasrallah] una volta ha detto: 'Se Samir Kuntar è in prigione, significa che tutto il Libano è in prigione'. Ecco il valore della vita umana".
TV Al-Jadid, 21.07.08
Sceicco Atallah Hamoud, capo dell'Associazione Libanese per i Prigionieri e i Prigionieri Rilasciati: "Ecco un dono [un mitra] da parte della resistenza islamica per l'eroe liberato, il tenente colonnello Samir Kuntar. Mujahideen [combattenti della jihad] come Samir Kuntar e i suoi fratelli non si curano di se stessi perché hanno votato se stessi alla resistenza, alla causa, alla patria".
Voce narrante: "Il dono speciale della resistenza si combina con le parole di Kuntar, che ha giurato che questo mitra farà la sua parte nel vendicare il sangue dei martiri".
Samir Kuntar: "Questo è il più bel regalo, dopo la libertà stessa. Desidero porgere il mio saluto alla resistenza islamica e al segretario generale Nasrallah per la loro fiducia. Innanzitutto, questo è il modo con cui la resistenza islamica riafferma la sua fede in me come combattente. In secondo luogo, questo mitra farà la sua parte, ad Allah piacendo, nel vendicare il sangue di Imad Mughniyeh".
TV Future, 22.07.08
Samir Kuntar: "Se mi domandate se ho ucciso degli israeliani, sì l'ho fatto, Allah sia lodato, e ne sono orgoglioso. Se ne avrò la possibilità, ad Allah piacendo, ne ucciderò ancora. Per quanto riguarda i bambini, questa è un'altra storia. Una ragazzina venne uccisa durante l'operazione, nel fuoco incrociato. In tutte le operazioni che comportavano la cattura di ostaggi israeliani, gli ostaggi vennero sempre uccisi dai proiettili delle forze israeliane. Lo stesso è avvenuto nella mia operazione".
Intervistatore: "Cosa ha studiato [in carcere]?"
Samir Kuntar: "Scienze sociali".
Intervistatore: "Ha completato il suo master?"
Samir Kuntar: "No, me lo hanno impedito. Altri fratelli [in carcere] hanno completato il master, ma a me l'hanno impedito per ragioni che non conosco".
Intervistatore: "Intende completarlo ora?"
Samir Kuntar: "No. Ad Allah piacendo, farò un master diverso".
Intervistatore: "In cosa?"
Samir Kuntar: "Un diploma di master in resistenza armata".
Intervistatore: "Dunque Samir Kuntar questa sera sta dichiarando che
"
Samir Kuntar: "L'ho già dichiarato".
Intervistatore: "Ha dichiarato che avrebbe fatto parte della resistenza, ma oggi lei sta dicendo che sarà un combattente armato e che condurrà operazioni militari per la resistenza islamica".
Samir Kuntar: "Senza il minimo dubbio".
Intervistatore: "E' una cosa già decisa?"
Samir Kuntar: "Certamente, certamente, certamente. Lo dico tre volte".
(MEMRI, 23 luglio 2008 - da israele.net)
4. INTERVISTA A FAUSTA FINZI
L'italia razzista nei ricordi di un'ebrea milanese, Fausta Finzi
di Maria Natalia Iiriti
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Fausta Finzi |
Fausta e io non ci siamo mai conosciute. Ci siamo sentite la prima volta nel gennaio 2007, alla vigilia della Giornata della Memoria grazie ad Antonio Sorrenti, direttore del Centro Studi Triveneto per la Shoah.
Da allora ci scriviamo, raccontandoci le nostre giornate, ci telefoniamo, ridiamo come due amiche qualunque.
Fausta è una donna con uno spirito da ragazza. Fanno tutti riferimento a lei per le testimonianze sulla guerra mondiale e sui campi di sterminio. Lei ricorda con una memoria formidabile e una capacità introspettiva che va oltre la storia.
La invitano nelle scuole, la intervistano. Attualmente collabora con un giovane regista milanese che si è affidato alla sua memoria per realizzare un documentario che parte delle leggi razziali per arrivare alla fine della seconda guerra mondiale. I fatti che ricorda sono già stati raccontati in due libri: "adesso bisogna arrivare al substrato della questione" dice Fausta.
- Le leggi razziali in Italia: che ricordo hai Fausta?
- Dopo l'8 settembre è cambiato tutto. Ricordo un titolo a prima pagina del Corriere della Sera che recitava "Tutti gli ebrei in campo di concentramento". Non riesco a ricordare la data precisa ma ho un ricordo nitido di quel titolo e di quel momento. Era mattina ed eravamo tutti a casa, mia mamma, mio padre e io. Il portiere ci porta il giornale e dice, rivolto a mio padre: "Guardi guardi signor Finzi!". E mio padre ha avuto una reazione strana: si è messo a piangere, come se avesse avuto un monito, un presentimento.
- Ricordi qualche episodio che ha segnato uno spartiacque fra la non applicazione e l'applicazione delle leggi antisemite in Italia?
- L'invasione nazista ha cambiato tutto radicalmente. Dall'occupazione le leggi razziali sono state applicate con puntualità e ferocia. Sì, ricordo l'eccidio di Meina, sul Lago Maggiore. E' stato il primo atto di sangue dei nazisti e purtroppo si sa poco. Su questo ho appena letto un libro.
- Ci racconti quello che ti ricordi dell'eccidio di Meina?
- I tedeschi di notte fecero irruzione in un albergo dove sapevano di trovare parecchi ebrei. Li svegliarono e li buttarono nel lago. La mattina si scoprirono i cadaveri. Dopo quell'episodio molti scapparono e si rifugiarono in Svizzera, finché fu possibile, perché ad un certo punto anche la Svizzera chiuse le frontiere. A questo proposito ho un ricordo personale: una mia amica con tre parenti tenta di raggiungere la Svizzera. Si perdono sulle montagne, incontrano la polizia italiana di frontiera che, generosamente, li aiuta a ritrovare la strada. Tornano a Como e a Varese e miracolosamente riescono a oltrepassare la linea gotica, raggiungono l'Aquila e trovano la salvezza .
- La tua famiglia conosceva qualche persona legata alla lotta di
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Liberazione?
- No. Eravamo isolati, per la questione razziale.
- In che modo l'applicazione delle leggi razziali ti ha condizionata, prima dell'arresto?
- Avevo già conseguito la maturità e la scuola non voleva consegnarmi il certificato. Mia mamma ha insistito talmente tanto che alla fine hanno dovuto
cedere. Tempo dopo sono venuta a conoscenza di una premiazione, alla quale, pur essendo la seconda per punteggio, non sono stata invitata. Avrei voluto proseguire negli studi. C'era un Magistero di economia domestica che avrei potuto frequentare. Ma la mia passione era quella di frequentare il corso della Croce Rossa per diventare infermiera specializzata. Era un ambiente molto fascista e una che si chiamava Finzi non la voleva nessuno. Mi sono trovata davanti ad un muro. La mia istruzione l'ho coltivata lo stesso. I professori ebrei allontanati dalla scuola e dall'università tenevano dei corsi privati. Per un po' li ho frequentati, poi li ho lasciati, un po' perché costavano tanto in tempo di guerra e poi perché sono andata a lavorare nell'industria di famiglia.
- La proposta di raccogliere le impronte digitali ai Rom ha destato molte polemiche. Anche voci autorevoli del mondo ebraico citiamo Moni Ovadia per tutti - hanno definito la proposta razzista. Qual è la tua opinione in proposito?
- Mi fa male. Capisco i torti ma io ho visto eliminare i rom come formiche, come pulci. Mi chiedo se sia giusto ghettizzare, eliminare queste persone. E' difficile fare una scelta netta in questi casi per una come me. Non so nemmeno io da che parte stare.
- L'Italia razzista settant'anni dopo. Cosa è cambiato?
- Personalmente ho poca fiducia. Nella mia vita prima c'è stato Mussolini, poi Hitler. Oggi non siamo alla vigilia di qualcosa di nuovo. Alle ultime votazioni politiche mi aspettavo una massa più coraggiosa, che si opponesse. Invece tutti tacciono. Spero che ci sia una maggiore partecipazione democratica.
- Se tu potessi chiedere un risarcimento per tutto quello che è successo...
- Ho letto sul Corriere della Sera che, qualche giorno fa si è aperta a Brescia la causa degli "schiavi di Hitler", persone rastrellate a seguito di uno sciopero e deportate nei campi di lavoro. Hanno chiesto una somma di 35mila euro di risarcimento. Ho letto anche che la causa è stata rimandata ai primi di gennaio del 2009. Queste cose hanno tempi lunghi. So che il governo tedesco ha versato dei miliardi al governo italiano, a titolo di risarcimento. Per quanto mi riguarda non ne faccio una questione di soldi ma non ho mai ricevuto una lira.
(Italianotizie, 26 luglio 2008)
5. IL MOVIMENTO MESSIANICO IN ISRAELE E NEL MONDO (I)
Gli ebrei messianici (1a parte)
di Antoinette Brémond
Un argomento scottante per tutti. E tuttavia, poiché esistono, bisogna parlarne. Degli ebrei cristiani che credono che Gesù è il Messia d'Israele e che, continuando a dirsi ebrei e condividendo la fede cristiana, non vogliono «cambiare religione». Situazione difficile, perché per le autorità rabbiniche loro non sono più ebrei, e per i cristiani delle chiese tradizionali.... sono veramente cristiani? E perché non sono semplicemente cattolici, protestanti o ortodossi? Qualche volta, quello che sembra «del tutto semplice» diventa problematico! Se non ci fossero stati degli ebrei che hanno riconosciuto nell'ebreo Gesù il Messia d'Israele, non ci sarebbero mai stati dei cristiani, dei pagano-cristiani. Sono stati necessari quegli ebrei che vivevano 2000 anni fa in Galilea per dire: «Colui di cui è scritto nella legge di Mosè e nei Profeti, noi l'abbiamo trovato. E' Gesù, figlio di Giuseppe, di Nazaret» (Gv 1.45). Che cosa c'è di strano nel fatto che degli ebrei di oggi, e per di più in Israele, lo scoprano, lo riconoscano come Messia d'Israele e desiderino parlarne alle persone intorno a loro? Una volta si parlava di giudeo-cristiani, oggi loro si fanno chiamare ebrei messianici.
Storia
Mentre nei primi secoli della nostra era i giudeo-cristiani, chiamati nazareni e poi cristiani, facevano parte di quella molteplicità di facce del giudaismo dell'epoca, molto presto furono espulsi dalle sinagoghe. In effetti, dopo la distruzione del Tempio nel 70, i farisei eliminarono tutte le «sette» ebraiche.
Nei secoli seguenti gli ebrei che abbracciano la fede cristiana si integrano nella Chiesa delle nazioni perdendo la loro identità ebraica, sia per la Sinagoga, sia per la Chiesa. «Tu non sei più ebreo, tu sei cristiano, tu hai cambiato religione». Questa realtà è sempre attuale nel popolo ebraico: «Un ebreo che si converte a un'altra religione rompe ipso facto la sua appartenenza al nostro popolo», diceva il 20 ottobre 1998 il Grande Rabbino Samuel Sirat.
Per la Chiesa era lo stesso. Lei voleva che ci fosse una distinzione netta tra Israele e la Chiesa. Per esempio, nel Sinodo di Nicea II (730) fu deciso che ogni espressione di fede ebraica sarebbe stata bandita dalla Chiesa: la circoncisione, lo Shabbat, le feste ebraiche. Ancora una cinquantina di anni fa, un ebreo, per essere battezzato, doveva abiurare dal suo ebraismo.
Nel 1813, in Inghilterra, dei cristiani di origine ebraica, per differenziarsi dai cristiani delle nazioni, fondano i "Benei Abraham", un'associazione di ebrei cristiani. In seguito, nel 1865, vede la luce l'"Unione cristiana ebraica", formata da ebrei che per la loro origine e la loro fede in Gesù Messia d'Israele si considerano i successori dei primi discepoli. Nel 1866 queste due associazioni si uniscono e formano l'"Alleanza cristiana ebraica".
Dopo la Gran Bretagna è la volta degli Stati Uniti, dove si crea l'"Alleanza cristiana ebraica americana" con la stessa visione di riunire i cristiani di origine ebraica e di annunciare il Messia agli ebrei. Nel 1930 queste due Alleanze si federano in una "Alleanza cristiana ebraica internazionale". I suoi membri si differenziano dai cristiani per la loro pratica vicina all'ebraismo. Nel 1939 sono circa 100.000, raggruppati in assemblee autonome, numerose soprattutto negli Stati Uniti. Questi cristiani ebraici a poco a poco arrivano a farsi chiamare ebrei messianici. Questo termine sottolinea nello stesso tempo la specificità dei credenti usciti dall'ebraismo e il loro desiderio di accentuare la continuità senza rottura con la loro origine. Non si considerano come ebrei convertiti, ma come ebrei compiuti o ebrei credenti.
Nel 1965 questa alleanza diverrà l'"Alleanza Internazionale degli Ebrei Messianici" (IJMA). Molto attenti alle profezie e alla loro realizzazione nella storia contemporanea, questi ebrei messianici vedono nella creazione dello Stato d'Israele nel 1948 il ritorno degli esiliati, nella vittoria israeliana del 1967 e nella riunificazione di Gerusalemme un «segno dei tempi» (Lu 21,24) che annuncia la seconda venuta del Messia.
Il gruppo più conosciuto, anche se minoritario e molto controverso, i «Jews for Jesus», agisce in due direzioni: aiutare i cristiani a ritrovare l'origine della loro fede e annunciare agli ebrei il Messia.
In Francia, l'Alleanza messianica francese conta qualche centinaio di membri.
In Israele
Nel 1948 arriva in Israele un anziano medico coloniale, ebreo di nascita, Zeev Koffsmann. Durante il suo mandato in Costa d'Avorio era entrato in contatto con la chiesa pentecostale e aveva, insieme a sua moglie, riconosciuto Gesù come il Messia d'Israele, continuando a considerarsi in tutto e per tutto come ebreo. Rimosso dal suo posto dalle autorità di Bichy durante la seconda guerra mondiale, si sente spinto a venire in Israele e a fondarvi un'assemblea messianica: «L'assemblea messianica ha lasciato Gerusalemme nel 70 con il popolo ebraico nel momento dell'esilio, e vi è ritornata con il popolo nel 1948», diceva. E' a lui che si deve il termine "messianico" per caratterizzare gli ebrei che credono in Gesù. Nel 1950 fonda l'"Assemblea messianica d'Israele", che diventerà l'"Assemblea messianica di Gerusalemme", con il desiderio di far rivivere la Chiesa primitiva restituendo alla fede cristiana la sua vera origine e il suo stile di vita ebraico. Zeev pensava che in avvenire gli ebrei messianici sarebbero stati un ponte tra l'ebraismo e il cristianesimo. Gesù Cristo vi è nominato soltanto con il suo nome ebraico: Yeshua Hamashiah.
Altre assemble nascono poi nel paese, formate all'inizio da immigrati, soprattutto dall'Europa. Nel 1973 si contano 7 assemblee in Israele, con circa 1000 membri, ebrei e non ebrei. Nel 1986 sono 3000, ma è soprattutto negli anni 1990 che questo movimento s'ingrandisce grazie all'arrivo di immigrati dall'ex URSS. Nel 1999 circa 5000 messianici si riuniscono in 69 assemblee e 12 gruppi familiari. A Gerusalemme nel 1986 c'era soltanto l'assemblea messianica fondata da Koffsmann, in via dei Profeti. Nel 2008 ce n'è una ventina, senza contare i gruppi familiari. Quante ce ne sono in Israele? E' difficile dirlo, tanto sono fluttuanti queste assemblee che si dividono e si riuniscono fra di loro. Attualmente il numero degli ebrei messianici nel paese è valutato da 6000 a 10000.
Profilo delle assemblee
Le assemblee contano tra 20 e 250 membri. Ciascuna di esse è indipendente, ha il suo proprio profilo, la sua storia, la sua visione, i suoi pastori e la sua teologia. Tuttavia, anche se sono molto variate, hanno dei tratti comuni sia nella teologia che nella preghiera e nella pratica. Tutte mettono l'accento sulla seconda venuta del Messia. E in questo, cioè nella fervente attesa della redenzione, sono vicine a certe correnti dell'ebraismo. Tutte (o quasi) hanno adottato il candelabro ebraico, si riuniscono nel giorno di Shabbat, qualche volta il venerdì sera, all'ingresso dello Shabbat. Tutte celebrano le feste di pellegrinaggio, Pessach, Shavuot e Succot, feste in cui il Dio d'Israele interviene nella storia del suo popolo. Per loro Gesù è venuto a compiere queste feste: è a Pessach, festa dell'uscita dall'Egitto, che Gesù è morto e risuscitato; è a Shavuot, festa del dono della Torah, che lo Spirito Santo è disceso sugli apostoli; e per alcuni Succot è la festa della nascita di Gesù. Certe feste cristiane hanno dunque cambiato di data e altre non sono celebrate. Trovano anche il loro posto le altre feste del calendario ebraico: Purim, Hanukah, la festa dell'Indipendenza...
Tutte queste assemblee sono molto attente alla situazione politica del paese, e supplicano Dio che la sua volontà sia fatta. Le profezie, interpretate in modo letterale, danno il tono alla loro intercessione per il paese. I bambini maschi sono circoncisi e una cerimonia particolare è organizzata nel momento del loro Bar Mitzva, o al Muro del pianto o nel locale di culto. Ogni ragazzo deve sentirsi in tutto e per tutto ebreo e israeliano. Nella maggior parte delle assemble il culto si svolge in ebraico, spesso con traduzioni simultanee in russo, in inglese, qualche volta in tedesco e francese. Bisogna dire che nella maggior parte di queste assemblee i nuovi immigrati non padroneggiano a sufficienza l'ebraico, e spesso inoltre ci sono visitatori stranieri.
Per tutti la Sacra Scrittura comprende il Tanach (Antico Testamento) e il Nuovo Testamento, perché per loro la Bibbia è interamente ebraica e Parola di Dio. Celebrano la Santa Centa in generale una volta al mese. Il battesimo è proposto agli adulti che hanno creduto nel Messia. Lo praticano per immersione, come nella Chiesa primitiva. Non si trova mai la croce nei loro luoghi di culto, mentre si trova la menorah, la stella di Davide, qualche volta uno shofar, delle bandiere con versetti biblici in ebraico... e perfino la bandiera d'Israele. Lo svolgimento del culto è praticamente lo stesso: un'ora di lode, spesso la lettura di una parte del testo della sinagoga, il sermone di un'ora, preghiere e testimonianze. Lo Shmah, la benedizione dei Cohanim, e anche il Padre Nostro, trovano il loro posto. Le donne non predicano. Hanno invece un servizio per i bambini. Tutti i messianici mettono l'accento sull'importanza della testimonianza: «Noi l'abbiamo trovato!»
Differenze
Alcune assemblee, volendo identificarsi di più con l'ebraismo, tengono nel loro locale di culto il rotolo della Torah e spesso praticano una liturgia parallela a quella della sinagoga. Alcuni indossano la kippa e lo scialle delle preghiere. Il loro locale di culto però non si chiama «sinagoga» e i loro pastori non si fanno chiamare «rabbini», come negli Stati Uniti. I membri di queste assemblee praticano alcune leggi ebraiche: la kashrut, l'osservanza dello Shabbat...
Le assemblee carismatiche, che danno più importanza ai doni dello Spirito secondo gli Atti degli Apostoli, si ritrovano ogni tanto per avere momenti di lode e intercessione. Altri si oppongono a questo movimento. Questa frizione tra carismatici e non carismatici fa pensare alla differenza tra gli Hassidici e i "Mitnagdim" (oppositori).
Delle assemblee messianiche di lingua russa sono state create negli anni '90 da ebrei provenienti dalla Russia che erano già evangelici o pentecostali nei loro paesi d'origine. Queste assemblee spesso conservano il loro stile evangelico. La metà dei loro membri attuali era già cristiana prima di venire in Israele. Ma si possono trovare anche molti ebrei provenienti dalla Russia nelle assemblee ebraiche.
Le assemblee etiopiche
Anche in questo caso, tra i nuovi immigrati dall'Etiopia si trovano molti che frequentavano già delle chiese evangeliche nel loro paese. Creano così delle congregazioni che permettono loro di continuare a pregare in amarico. I giovani però preferiscono unirsi a delle assemblee ebraiche. Alcune assemblee pregano in inglese.
I luoghi di culto
I culti si svolgono in appartamenti o sale private generalmente in affitto, raramente in una chiesa. Citiamo per esempio l'assemblea dell'«Agnello sul Monte Sion», che tiene le sue riunioni nella Chiesa anglicana di Christ Church a Gerusalemme. Alcune assemblee hanno comprato e costruito. Segnaliamo «il Padiglione», grande sala con 700 posti, comprata dall'assemblea King of King al centro della città di Gerusalemme, al pianterreno di un edificio di 14 piani. La medesima comunità possiede anche il quattordicesimo piano, luogo di preghiera dove si succedono gli intercessori d'Israele di tutte le nazioni.
Il cambiamento
Con la seconda e la terza generazione di messianici, questo movimento diventa sempre più israeliano. Si parla ebraico senza accento straniero, e questi giovani adulti si coinvolgono nella società. Li si ritrova nell'esercito, all'università e in tutti i settori professionali, anche se restano un'infima minoranza. Alcuni partecipano a delle associazioni israeliane di aiuto umanitario. Per lottare contro l'aborto, hanno fondato l'associazione «Pro Life» e si mobilitano per aiutare le donne in difficoltà. Questi giovani parlano molto semplicemente e liberamente della loro fede.
I pastori
I primi pastori di queste assemblee erano per la maggior parte dei nuovi immigrati dall'America, dalla Russia, dalla Francia o dall'Etiopia. Molti avevano ricevuto una formazione biblica in qualche scuola evangelica del loro paese. Negli anni '80 sono state create alcune scuole bibliche in Israele.
Citiamo:
Beit Emmanuel Study a Giaffa fino all'89.
Il centro Caspari con il suo programma Telem che offre un corso di ebraico in un anno con frequenza mensile per preparare al ministero pastorale. Gli allievi arabi cristiani sono i benvenuti.
Il « Messianic Midrasha » creato nel 1993 da un pastore israeliano, con un insegnamento biblico, archeologico, di letteratura rabbinica e di teologia pratica.
I.C.B, (Israel College of the Bible), la sola istituzione accademica messianica con i suo tre luoghi: Gerusalemme, Tel Aviv e Haifa. Offre corsi di ebraico, inglese e amarico.
Diverse assemblee organizzano regolarmente dei corsi di formazione per i loro membri. E' certo che la formazione teologica e pratica dei quadri messianici israeliani non è che al suo inizio.
Alcuni nuovi pastori, avendo studiato il pensiero rabbinico e la lettura ebraica delle Scritture, desiderano aprire le loro assemblee a questo approccio ebraico alla Parola. Tutto si muove in questo movimento.
(continua nel prossimo numero)
(Un écho d'Israèl, 13 marzo 2008 - trad. www.ilvangelo-israele.it)
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