1. «IL CODICE MESSIANICO»
Una giornalista spia gli ebrei messianici
di Michael Schneider
Ancora una volta gli ebrei messianici in Israele fanno titolo sui giornali. Questa volta nella forma di un articolo di otto pagine nel supplemento settimanale "7 Jamim" ("7 giorni") del più grande quotidiano Yediot Ahronot, in cui si parla degli ebrei messianici di Tel Aviv. Il reportage è nato in circostanze molto discutibili e ha un tono molto negativo.
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L'articolo «Il codice messianico» scritto dalla giornalista T. Barak |
L'articolo è apparso all'inizio di agosto, un giorno prima di Tisha BeAv, giorno di lutto e digiuno in cui a dire il vero si dovrebbe manifestare l'amore per il prossimo in ricordo del fatto che la distruzione del secondo Tempio e di Gerusalemme avvenne a causa di "Sinat Chinam" (un odio immotivato, inteso come odio per il fratello).
Una giovane giornalista di nome Tehiah Barak ha vissuto per due mesi tra gli ebrei messianici in forma simulata. Ha operato con una fotocamera nascosta nella comunità Tifferet Yeshua (Gloria di Gesù) di Tel Aviv, il cui conduttore è Sorbo-Kam. La donna si è unita alle note azioni missionarie in strada dell'evangelista Jacob Damkani. Nessuno immaginava che lei in realtà stava spiando. Dopo un culto da lei indicato come carismatico, con molto parlare in lingue, in cui si parlava continuamente di "attacchi di Satana", lei è andata nel panico. Nella notte ha chiamato il suo capo redattore. Ha detto che non ce la faceva più e che era in pericolo "di arrivare alla fede".
Al suo reportage Barak ha dato come titolo "Il codice messianico". Per potersi spacciare come credente si è inventata una storia di come "è arrivata alla fede". Lei sapeva che tra i credenti bisogna sempre affrontare una cosa come questa. Si è anche appropriata del consueto modo di parlare degli ambienti messianici e del modo di comportarsi nella comunità. Nessuno si è accorto dell'imbroglio, al contrario, il suo nome, che significa "Risurrezione", ha entusiasmato molti.
Fotografie di un "battesimo segreto" della comunità Tifferet Yeshua sulla spiaggia del Mediterraneo e distribuzioni di trattati tra gli israeliani, anche tra i soldati sul Golan, sono state presentate in grande formato. Molti frequentatori della comunità che vi si sono riconosciuti si sono sentiti choccati dopo la pubblicazione del reportage.
Ma Damkani si è espresso chiaramente: "Noi dobbiamo reagire come dice l'apostolo Paolo in Filippesi 1:12 ["Desidero che voi sappiate, fratelli, che quanto mi è accaduto ha piuttosto contribuito al progresso del vangelo", ndt]. Considero l'articolo, nonostante le molte inesattezze e perfino le menzogne, come una grande benedizione. In questo modo molti israeliani arriveranno a sentire per la prima volta il messaggio di Gesù".
E' interessante notare che la reporter non ha praticamente detto niente sul messaggio neotestamentario, ma ha parlato soltanto del modo in cui "le anime israelitiche vengono prese nella rete di questo metodo". Per esempio, come vengono distese sul pavimento delle foto di prostitute e qualcuno prega per loro. O il commento di Sorko-Ram quando una medusa si è avvicinata a un battezzando: "Guardate come Satana tenta fino all'ultimo di afferrarlo".
All'inizio nelle comunità messianiche c'è stato qualche leggero segno di intimorimento. Ma la cosa è presto passata. Molti adesso pregano per Barak, affinché Dio la conduca al Messia Gesù, i cui discepoli lei ha messo pubblicamente in ridicolo. Naturalmente molti si sono affrettati a scrivere al giornale, presentando una replica da pubblicare nella pagina della posta dei lettori. Soltanto poche sono state pubblicate, e tra queste l'interessante commento di una lettrice non messianica che ha preso le difese degli ebrei messianici dicendo che sono buoni connazionali, che servono fedelmente lo Stato e sostengono l'esercito.
(israel heute, ottobre 2008 - trad. www.ilvangelo-israele.it)
COMMENTO - Naturalmente è bene che molti continuino a pregare per Tehiah Barak, ma si spera anche che i credenti delle comunità messianiche chiedano al Signore di dare loro umiltà e saggezza. Atteggiamenti trionfalistici, sicurezza di sé, battaglieri "combattimenti contro Satana" possono far dimenticare che l'avversario spirituale ha come armi preferite la menzogna e l'astuzia, e che la superbia è una sua proprietà caratteristica. Non è certo il caso di scandalizzarsi per chi ne è stato strumento, ma piuttosto di preoccuparsi per il fatto di non essere stati capaci di riconoscerne in tempo l'azione, "... affinché non siamo soverchiati da Satana, giacché non ignoriamo le sue macchinazioni" (2 Corinzi 2:11). M.C.
2. RACCONTI BIBLICI E REALTÀ ARCHEOLOGICA
Le antiche miniere di re Salomone
Nuovi scavi e più accurate datazioni retrodatano di almeno tre secoli la nascita della metallurgia nel Vicino Oriente
Fra le due guerre mondiali, durante quella che viene chiamata "l'Età dell'oro dell'archeologia biblica", vennero intraprese numerose campagne di scavo nei territori degli attuali Stati di Israele e Giordania per trovare riscontri alle narrazioni del Vecchio Testamento. Negli anni Trenta in particolare, l'archeologo americano Nelson Glueck aveva affermato di aver trovato le antiche miniere di rame di re Salomone nell'attuale distretto giordano di Faynan, che corrisponde al regno di Edom della Bibbia.
Negli anni Ottanta l'interpretazione di Glueck era stata però respinta sia perché appariva sempre più probabile che i testi scritti a cui si faceva riferimento risalissero al V secolo a.C, ossia molto dopo i supposti eventi, sia perché gli scavi condotti da archeologi inglesi fra gli anni settanta e ottanta sembravano indicare che l'Età del ferro in quella regione non fosse che iniziata successivamente al VII secolo a.C.
Come è illustrato in un articolo sui Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), ulteriori scavi nel sito di Khirbat en-Nahas - resi possibili anche dall'uso di immagini da satellite forniti da Google Earth - e soprattutto il ricorso a più accurate tecniche di datazione al radiocarbonio hanno ora permesso a un gruppo di ricercatori diretti da Thomas Levy dall'Università della California a San Diego e Mohammad Najjar della Friends of Archaeology in Jordan, un'associazione internazionale di archeologi, di retrodatare al X-IX secolo a.C. l'attività delle miniere, ossia a un periodo del tutto compatibile con quello della narrazione biblica. La quantità di reperti identificati fa anche affermare agli archeologi che le produzioni delle miniere di Khirbat en-Nahas erano di scala industriale.
Ulteriori dati a conferma della tesi derivano dagli svariati artefatti, fra cui uno scarabeo e un amuleto, di origine egizia rinvenuti in uno strato degli scavi corrispondente a un grave crollo nella produzione della miniera alla fine del X secolo a.C., probabilmente in concomitanza con la campagna militare condotta dal faraone Sheshonq I che, dopo la morte di Salomone, cercò di stroncare l'attività economica di quella regione.
"Grazie ai dati del primo scavo sistematico abbiamo potuto mettere a fuoco il ruolo della metallurgia nel regno di Edom e abbiamo le prove che società complesse erano ben attive nel X e IX secolo a.C., tanto da riconsiderare il dibattito sulla veridicità delle narrazioni bibliche relative a quel periodo", ha osservato Levy. "Non possiamo credere a tutto quello che c'è in questi antichi scritti, ma questa ricerca rappresenta un punto di confluenza fra i dati archeologici e scientifici e quelli della Bibbia. Il nostro lavoro dimostra l'importanza dei metodi obiettivi che consentono ai ricercatori di valutare i dati in modo spassionato. Ciò è di particolare importanza per 'l'archeologia storica' che si muove intorno ai testi sacri, che si tratti del Mahabharata indiano o delle saghe islandesi, dove i reperti archeologici sono l'arena per fiere dispute ideologiche e culturali." (gg)
(Le Scienze, 28 ottobre 2008)
3. IL MONDO ARABO E LA CRISI FINANZIARIA MONDIALE
La crisi finanziaria mondiale che, partendo dall'America, ha investito con un effetto a cascata l'Europa ed il resto del mondo, ha manifestato i suoi primi effetti anche in Medio Oriente, sebbene le economie di molti paesi della regione non siano pienamente integrate nel sistema globale.
Ulteriori ripercussioni sono certamente attese a medio e lungo termine, soprattutto se la crisi dovesse persistere anche nel resto del mondo. Le difficoltà che stanno attraversando i paesi arabi sono in parte dovute anche alle opportunità di crescita scarsamente sfruttate negli anni passati.
Questa, almeno, sembra essere l'opinione di molti osservatori ed analisti che in questi giorni si interrogano sui futuri sviluppi a cui potrà assistere la regione sul piano economico e finanziario.
Se da un lato è opinione abbastanza diffusa che le economie dei paesi arabi - sia dei paesi produttori di petrolio che dei paesi non produttori - non siano sufficientemente solide da superare indenni questa crisi, dall'altro ci si interroga anche sulle ricadute che le turbolenze economiche a livello mondiale potranno avere sulle numerose tensioni politiche che attraversano la regione.
Di certo i paesi petroliferi sembrano essere avvantaggiati rispetto agli altri, grazie agli enormi introiti derivanti dal petrolio che sono stati accumulati negli ultimi anni. E' anche per questa ragione che, in questi momenti di crisi, grande attenzione - non solo in Medio Oriente, ma a livello mondiale - è riservata ai fondi sovrani di investimento dei paesi del Golfo.
In questo panorama, il dato più preoccupante è tuttavia che, a seguito della crisi finanziaria globale, le già gravi disuguaglianze sociali ed economiche tra elite molto ricche e ampie fasce di popolazione estremamente povere sembrano destinate ad acuirsi ulteriormente, con gravi ripercussioni per la stabilità sociale in tutto il mondo arabo.
(Il Chiosco, 30 ottobre 2008)
4. VIGNETTE NEGAZIONISTE
Iran, va avanti il progetto di negazione della Shoah
di Giulio Meotti
Con la benedizione del ministro dell'Istruzione dell'Iran Ali Reza Ahmadi, i pasdaran iraniani stanno distribuendo nel Paese un nuovo libro di vignette sulla Shoah, dopo un concorso internazionale di caricature sullo stesso tema organizzato nell'estate 2006 e una conferenza negazionista nel dicembre dello stesso anno. Il libro, intitolato semplicemente ed eufemisticamente "Olocausto", è composto di immagini che presentano la Shoah come un'invenzione degli ebrei. Il volume è stato stampato in migliaia di copie dagli studenti Basiji, i volontari delle milizie islamiche che vestono la bandana rossa sulla fronte e il camice bianco dei martiri provenienti dell'Università Elm-o Sanat di Teheran, la stessa dove studiò il presidente Ahmadinejad che negli anni scorsi ha definito "un mito" lo sterminio degli ebrei oltre ad auspicare la cancellazione di Israele dalle mappe del mondo.
I Basiji Mostazafan, o "mobilitazione degli oppressi", sono i membri che ancora minorenni sminavano i campi iracheni con i loro corpi. Finirono così a migliaia. Il libro mostra immagini di ebrei che varcano le camere a gas, il numero segna "5,999,999". Un'altra immagine mostra un paziente in ospedale avvolto dalla bandiera israeliana e che respira lo zyklon B. "Come hanno fatto i tedeschi a mettere il gas dentro se non c'erano fori?" si domanda. Risposta: "Zitto, criminale antisemita, come osi porre questa domanda?". Il libro di vignette di 100 pagine sulla Shoà tenta di offrire "uno sguardo critico sulla grande distorsione dell'evento storico chiamato Olocausto, usando l'arte della satira". Il libro intende essere "un tentativo di rivelare la necessità di maggiori ricerche sull'Olocausto". Ha detto Mohammad Saeed Jabalameli, rettore dell'Università Iraniana di Scienza e Tecnologia: "Per discutere l'Olocausto gli esperti hanno bisogno di condurre studi. Ma la cosa importante è che negli ultimi anni sono stati sollevati interrogativi fondamentali: se l'Olocausto è un evento storico che ha avuto luogo davvero, perché non permettono che venga indagato? Perché non lasciano che gli ambienti accademici indaghino questa materia? Già solo questa è un'indicazione che si tratta di una montatura senza fondamento storico".
Mazyar Bijani, il disegnatore del libro, sostiene che "il libro contiene 52 vignette accompagnate da testi storici satirici che riguardano il modo in cui la questione dell'Olocausto venne sollevata e collegata alla Palestina. Il modo in cui sono riusciti a collegare la Palestina al 'genocidio' del popolo ebraico in Europa costituisce, secondo noi, la vera satira provocatoria: non c'è collegamento fra le due cose". Parvin Pour, esperto iraniano in questioni culturali, ha spiegato che le vignette del libro sono state disegnate da Mazyar Bijani, "il nostro ingegnoso caricaturista", mentre i testi sono Omid Mehdinejad, "uno dei nostri migliori poeti e scrittore satirico". Si è perfettamente evoluto ed è progredito il processo iraniano di negazione della Shoah, che non è un fenomeno di ignoranza storica o di falsificazione truculenta, quanto il diabolico piano scientifico di privazione della storia del popolo
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ebraico del suo capitolo più buio e di liquidazione di una delle ragion d'essere dello stato d'Israele. Non a caso l'Iran negazionista procede di pari passo con l'arricchimento dell'uranio e con la sperimentazione di missili a lunga gittata in grado di volare sopra le case di Tel Aviv.
(il Velino, 3 novembre 2008)
5. EBREI IN ITALIA
Storia della comunità ebraica reggina
di Tonino Nocera
REGGIO CALABRIA - Il 25 luglio 1511 (19 tammuz 5271) gli ebrei reggini lasciarono la città dello stretto e si imbarcarono per Messina; per poi dirigersi parte verso Roma e parte verso Livorno. Calava il sipario su una vicenda storica secolare che tanti benefici aveva recato alla città e all'intero Mezzogiorno.
L'esodo fu causato da un editto del re di Spagna Ferdinando il Cattolico che il 23 novembre 1510 decretò l'espulsione di tutti gli ebrei dal Regno di Napoli. Stessa sorte era già toccata agli ebrei spagnoli; solo chi accettò di convertirsi poté restare. Ebbe così inizio la vicenda dei marrani ossia degli ebrei convertiti al cristianesimo.
Alcuni di loro però in segreto continuarono a praticare l'antica religione. Ma l'Inquisizione era vigile e attenta: pronta a cogliere eventuali segni di culti segreti.
Che cosa resta oggi nella nostra città ma più in generale nell'Area dello Stretto e nel Mezzogiorno della presenza ebraica?
Per quanto riguarda la città è immediato pensare al Commentario al Pentateuco di Rashì. Infatti, il 18 febbraio 1475 (2 adarl 5235), Avraham Garton stampò il commento al Pentateuco di Shelomoh ben Yshaq. Si presume che ne furono stampati circa trecento esemplari. Oggi l'unico originale rimasto si trova presso la Biblioteca Palatina di Parma.
Il De Rossi - un collezionista settecentesco di libri ebraici - ne acquistò due copie ma mentre era in navigazione sul Po una cadde in acqua e sparì. Un frammento è custodito al Jewish Theological Seminary di New York. Nel 1483 Elasar Parnas copiò il commento medico di Averroè agli Analytica postyeriora di Aristotele e in seguito il Lilium medicinae di Bernardo di Gordon. Quest'ultima opera fu anche copiata nel 1508 da Shemuek ibn Musa profugo dalla Sicilia.
Ma gli ebrei non erano presenti solo a Reggio. Esistevano giudecche a Bova, San Lorenzo, Motta S. Giovanni, Bagnara, Pentidattilo, Sant'Eufemia e in altri centri della provincia. Quali erano le occupazioni prevalenti tra gli ebrei? In città l'attività prevalente era l'industria della seta e la tintoria. La tassazione sui proventi del commercio della seta fu oggetto di un confronto tra il governo cittadino e l'arcivescovo che speravano entrambi di poter contare sugli introiti di un ricco mercato. Era diffusa anche la medicina, un medico del quale si ha notizia era Samuele Carto. Da Seminara proveniva la famiglia del medico Lazzaro Sacerdote che agli inizi del 1400 si trasferì a Termini Imerese.
La posizione geografica di Reggio - ultimo lembo di continente dinanzi alla Sicilia - rendeva costanti gli scambi tra la città e l'isola. Infatti, Reggio fu meta dei profughi ebrei scacciati dalla Sicilia e sorsero problemi con gli ebrei reggini. Abram Sicar, ebreo messinese dimorante a Reggio, denunciò i correligionari che volevano costringerlo al pagamento di tributi non dovuti.
Dopo il luglio del 1511 dovranno passare tre secoli prima che gli ebrei tornino nel Regno di Napoli. Agli inizi del 1700 Carlo di Borbone, sovrano nel nuovo regno, tenterà di ricostituire una presenza ebraica nel Regno di Napoli: l'iniziativa fallirà. Sarà necessario attendere il 1827, quando Carl Rothschild aprì a Napoli una filiale dell'omonima banca. Egli creò, all'interno della propria abitazione (l'attuale Villa Pignatelli), un oratorio, dove gli ebrei di passaggio potevano partecipare alle funzioni religiose.
Dopo l'Unità d'Italia fu ufficialmente aperta una comunità ebraica a Napoli. Nel 1861 durante l'impresa dei Mille (cui parteciparono 8 ebrei) uno di essi l'ebreo veneziano Giuseppe D'Ancona perse la vita a Villa San Giovanni travolto da un carro. Non si trattò certo di una morte eroica, ma anche Lord Byron morì di morte naturale a Missolungi ma spesso si scrive che cadde combattendo per la libertà della Grecia.
Gli ebrei torneranno in Calabria nel secolo scorso per essere internati a Ferramonti di Tarsia. La loro vita sarà resa più lieve da un Maresciallo di Polizia reggino, Gaetano Marrari, comandante delle guardie, che si adoperò per garantire loro un'esistenza dignitosa. Un'altra storia è quella di San Nicandro, in provincia di Foggia, dove un gruppo di contadini pugliesi - dopo la Seconda Guerra Mondiale - si convertì all'ebraismo, per poi trasferirsi successivamente in Israele.
Ma gli ebrei meridionali espulsi, che fine hanno fatto? Hanno lasciato tracce di sé? Sì, anche se sono difficili da seguire, perché il tempo è stato impietoso. L'espulsione degli ebrei dalla penisola iberica (Spagna e Portogallo) e dai domini spagnoli in Italia diede vita a un esodo biblico. Furono migliaia e migliaia coloro che si lasciarono alle spalle la vita quotidiana per affrontare l'ignoto. Molti portarono con sè le chiavi di casa; sperando in un improbabile ritorno.
Meta privilegiata fu l'Impero Ottomano. La Sublime Porta, infatti, offriva garanzie di tolleranza che consentivano agli ebrei di vivere serenamente. Ebbe inizio così la storia degli ebrei del Levante con personaggi leggendari che ebbero più nomi e più identità come Righetto alias Anrriquez Nunez alias Abraham Benvenisti: un nome portoghese, uno italiano e uno ebraico da usare a secondo le circostanze. Don Josef Nassi o Giovanni Miguez; Grazia Mendes o Beatrice de Luna. Ma prima dell'espulsione i contatti tra la Calabria e la Sicilia e il Levante erano numerosi. Nel settimo secolo Jona e sua moglie Shabbatia, due ebrei siciliani, si recarono a Gerusalemme, dove fecero una cospicua donazione alla locale comunità ebraica.
Beniamino da Tudela intorno al 1170 scrive che Messina è uno dei porti da dove ci si imbarca per Gerusalemme. Così come a Damasco tra il 1324 e il 1332 troviamo rabbì Jacob ben Chananel da Sicilia. Nel 1455 un folto gruppo di ebrei siciliani decise di trasferirsi in Terrasanta; provenivano da varie città dell'isola e tra essi vi era un certo Nissim Fusaru da Messina. Una delle mete degli ebrei in fuga dal Mezzogiorno d'Italia fu la città di Arta nei pressi dell'isola di Corfù, dove esistevano quattro comunità distinte: quella di Corfù, quella di Puglia, quella di Calabria e quella di Sicilia. Menachem Del Medico, il rabbino della comunità di Calabria, nel 1570 si trasferì a Safed per contrasti sorti nella comunità. A Patrasso un rabbino famoso fu Isaia da Messina e a Cipro esisteva una comunità siciliana.
A Salonicco c'era una sinagoga chiamata Calabria, che dopo la metà del 1500 si divise in tre: Calabria Jashàn (dopo il 1553 fu nota come Nevè Shalom Dimora di Pace), Chiana e Calabria Chadàsch detta anche Ishmael. Tra i rabbini della comunità calabrese di Salonicco ricordiamo il veneziano David Messer Leon e Samuel di Mosè Cali. Nel 1917 un terribile incendio distrusse buona parte della città cancellando le tracce di un passato secolare; durante la Seconda Guerra Mondiale l'intera comunità ebraica fu deportata nei lager.Anche a Costantinopoli esisteva una sinagoga chiamata Calabria.
Ma è nel campo dei cabalisti che si fanno le scoperte più interessanti. Qabbalah è una parola ebraica che può tradursi con ricezione e indica il misticismo ebraico. Secondo Giulio Busi "Nel suo valore di ricezione, qabbalah enuncia, infatti, la continuità con il passato e anche il senso di responsabilità che questa eredità comporta." A essa si dedicarono anche intellettuali cristiani come Giovanni Pico della Mirandola e per molti secoli fu avvolta da un alone di mistero. Un notevole impulso agli studi sulla Qabbalah venne da Gershom Scholem che si dedicò a essa con rigore scientifico.
Safed, sui monti della Galilea, era la città sacra per i cabalisti. Qui gli italiani avevano costituto una comunità chiamata Italia e tra i suoi maggiori esponenti vi era un ricco mercante di spezie: Sabbatai ha Cohen Siciliano. Ma il posto d'onore tra gli italiani di Safed spetta - senza ombra di dubbio - a Chaim Vitale Calabrese (1543-1620) eminente cabalista, nato a Safed da padre calabrese. Egli si trasferì a Damasco, dove divenne rabbino capo per poi tornare a Safed. Il figlio Samuel, dopo aver vissuto a Damasco, sarà rabbino a Il Cairo tra il 1666 e il 1678, a lui succederà il figlio Mosè.
Questi sono alcuni squarci di una vicenda lunga, complessa, affascinante e per alcuni versi ancora poco nota.
Ma quali furono le conseguenze della scacciata degli ebrei dal Mezzogiorno? Furono disastrose. Scomparve una comunità che aveva al suo interno consistenti nuclei borghesi caratterizzati da dinamismo economico e vivacità culturale. Si aprì la strada a una concezione della vita nel Mezzogiorno fondata solo sulla rendita parassitaria. Il Sud volse le spalle al mondo e al Mediterraneo.
Da quel momento i flussi commerciali e culturali del Mediterraneo non toccarono più il Sud. Diversa fu la storia di Livorno, dove l'accorta e accogliente politica dei Medici trasformò la città in un'oasi per gli ebrei del Mediterraneo. I frutti non mancarono, la nazione livornese stabilì contatti e legami con tutti i maggiori centri del Mediterraneo creando anche una lingua franca: il bagitto. Questa scelta medicea - è bene ricordarlo - non portò solo vantaggi economici ma anche, e forse soprattutto, politici e culturali. La tolleranza di Livorno si estese all'intera Toscana. Da Livorno sorsero poi esponenti di primo piano del mondo ebraico da Moses Montefiore al rabbino Elia Benamozeg.
Oggi riemergono qua e là tracce di un passato millenario che il tempo e, in tanti casi, la ferocia umana non sono riusciti a cancellare. Come un fiume carsico che appare e scompare, senza mai cessare di scorrere.
(Un'idea di città, agosto 2008)
6. LIBRI
"Destinatario sconosciuto" di Kressmann Taylor - Bur
Nel 1932, nella Germania di Hitler, il presagio di cio' che sara' si proietta su una grande amicizia, trasformandola in odio.
di Elisabetta Caravati
Due amici fraterni e soci in affari si scrivono lettere. Condividono ricordi e sogni, progetti e speranze. Uno ha lasciato l'America da poco ed e' tornato in Germania; l'altro, dall'America, ama la Germania, la ricorda con nostalgia, rimpiange la grande liberta' intellettuale, le discussioni, la musica, lo spensierato cameratismo. Lontani, i due amici, sentono uno la mancanza dell'altro e per questo si scrivono. Sono uno parte integrante della vita e della famiglia dell'altro; inoltre a San Francisco hanno una galleria d'arte in comune e Max, da li', tutela anche gli interessi di Martin.
Martin e' tornato in una Germania poverissima, distrutta dalla Prima Guerra Mondiale, che cerca disperatamente di riprendersi. La vita per Martin in Germania e' piu' agiata di quanto gia' non la fosse in America; ha acquistato una casa con trenta stanze, e quasi dieci acri di parco, i tedeschi lo considerano un miliardario americano...
Max continua a lavorare nella galleria e tutto va bene, ma anche in America l'inverno non e' stato dei migliori...
Martin esprime i suoi dubbi su un certo Hitler, un uomo divenuto da poco capo effettivo del governo; un uomo che e' come una scossa elettrica, energico come lo puo' essere solo un grande oratore e fanatico; la gente in tutta la Germania ha ricominciato a sperare, ci sara' presto una ripresa; ma a volte - pensa Martin - l'eccessiva disperazione puo' portare alla follia. Martin, pero', scaccia subito i suoi dubbi, le sue perplessita'...
Max e' un ebreo ed ha saputo che ebrei come lui in Germania sono stati frustati e forzati a bere a denti stretti olio di ricino; Max ha una sorella che e' stata in passato molto vicino a Martin; arrivera' in Germania, la sorella di Max, con uno spettacolo al quale sta lavorando; Max ha paura per lei, percio' la raccomanda a Martin...
Martin scrive all'amico che debbono porre fine alla loro corrispondenza. Martin crede che gli avvenimenti cha stanno accadendo nella sua Germania siano indispensabili. La razza ebraica, secondo Martin, e' un problema scottante per ogni nazione che la ospiti; l'ebreo e' il capro espiatorio universale e, se cosi' e', una ragione ci sara'. La Germania sta rinascendo, da popolo sconfitto a popolo trionfante; la Germania si sta purificando...
Max crede inizialmente che l'amico scriva cosi' perche' non puo' diversamente; crede che sia costretto a mandargli quelle lettere; ma ben presto capira' che non e' cosi'...
Altre lettere seguiranno a quelle lettere.
Nessun brandello di quella grande amicizia riuscira' a sopravvivere nelle lettere successive e non solo un istinto di sopravvivenza, ma un odio senza fine prendera' il suo posto in un estenuante gioco che portera' solo alla morte.
(PeaceLink, 31 agosto 2004)
ved. bibliografia
MUSICA E IMMAGINI
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