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Il fratello di Göring, come Schindler

Albert Göring usò per anni il suo cognome per mettere in salvo ebrei e oppositori del Führer.

di Paolo Valentino

Albert Göring
BERLINO - La sua unica colpa fu di portare quel cognome. Ma anche le cose buone della sua vita non sarebbero state possibili se si fosse chiamato in altro modo. E c'è voluto più di mezzo secolo perché qualcuno scovasse la verità su Albert Göring. E scoprisse che accanto alla "lista Schindler" esiste anche una "lista Göring". Göring come Hermann Göring, feroce maresciallo del Reich e, soprattutto, suo fratello. Ironia della più grande tragedia del secolo: protetto dall'ombra del potente gerarca, Albert usò per anni la magia e i contatti del suo nome per mettere in salvo ebrei e oppositori del regime. Un altro Oskar Schindler, insomma, simile all'eroe immortalato da Spielberg. E' il magazine dell'autorevole "Süddeutsche Zeitung" a ricostruire la vita di Albert, in un lungo articolo di Adam LeBor. Nel "Public Record Office", l'archivio statale britannico, LeBor ha trovato i documenti del fascicolo SOE, Special Operation Executive, l'unità creata da Churchill durante la guerra per condurre operazionioltre le linee nemiche. Testimonianze dirette, lettere, protocolli di interrogatori condotti dagli ufficiali del SOE dove l'incredibile missione compiuta dal fratello del gerarca nazista viene raccontata nei dettagli. Di più, LeBor è riuscito a rintracciare i figli di alcune delle persone aiutate. Che si trovasse a Vienna, a Roma o a Bucarest, prima del 1939 e in pieno conflitto, Albert Göring riuscì a far liberare esponenti della resistenza ceca, portò in salvo in Romania un oppositore del nazismo probabilmente sotto gli occhi del famigerato Reinhard Heydrick, aprì perfino un conto in Svizzera per aiutare profughi ed ebrei in fuga. E fino alla fine riuscì sempre a trovare l'appoggio del fratello. Era l'esatto opposto di quest'ultimo, fisicamente, Albert. Scuro di capelli e di carnagione quando l'altro era biondo e germanico. Al punto che LeBor nutre più di un sospetto che fosse figlio del giudice Hermann von Epstein, padrino suo e del fratello. "Quando i nazisti invasero Vienna - racconta George Pilzer, figlio di Oskar, proprietario di un'azienda cinematografica dove Albert lavorò come direttore - la nostra casa fu assalita e mio padre fu subito messo in carcere. Albert era suo amico e si precipitò alla Gestapo: lo liberarono il pomeriggio stesso". Anche il celebre compositore di operette Franz Lehar appartiene alla "lista Göring". E fu proprio questo l'aiuto che avrebbe salvato Albert. Per due anni, dopo il 1945, gli alleati lo tennero infatti in carcere. Poi, nel campo prigionia di Darmstadt, un ufficiale, Viktor Parker, testimoniò personalmente che Lehar era stato aiutato da Albert. Ma fu soltanto nel 1947, in Cecoslovacchia, grazie alle testimonianze dei suoi colleghi della Skoda, dove aveva lavorato, che Albert venne liberato. E' morto nel 1966 ma, fino a oggi, nessuno storico dell'Olocausto, nessun centro di ricerca avevano mai dato ad Albert Göring ciò che gli spetta.

(Corriere della Sera, 28 novembre 1998)

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Dopo quell'articolo del Süddeutsche Zeitung il nome di Albert Göring è comparso più volte anche in libri di storia sull'argomento. Citiamo qui un brano tratto da "Olocausto" di Guido Knopp.

Quanto siano fuorvianti tutti i giudizi troppo semplicistici è dimostrato dall'esempio di un uomo che si approfittò del suo legame di parentela con uno dei maggiori gerarchi nazisti per gettare sabbia nel motore dell' olocausto. Nel settembre del 1945, nel carcere del tribunale internazionale che stava giudicando a Norimberga i principali criminali di guerra, erano rinchiusi due uomini di cognome Göring. Uno, Hermann, principale imputato e designato per un certo periodo come l'eventuale successore di Hitler, recitava la parte della vittima arrogante della giustizia del vincitore e non aveva che un anno di vita ancora dinnanzi a sé. L'altro, Albert, si batté instancabilmente contro l'arroganza di chi lo interrogava: «Non sono mai stato, in nessuna forma, membro del partito», scrisse in un memoriale per discolparsi, «non ho mai perseguitato o maltrattato un solo ebreo, e invece ho aiutato dozzine di ebrei. Una lista di 34 importanti personaggi ai quali ho salvato la vita rischiando la mia è fra i documenti che mi sono stati sequestrati». Lo scritto non servì a nulla. Gli ufficiali istruttori avevano nel frattempo interrogato centinaia di nazisti, ognuno dei quali aveva sostenuto di aver aiutato ebrei di nascosto. Immaginarsi quello poi, il fratello del maresciallo del Reich!
E invece gli ufficiali statunitensi si stavano grossolanamente sbagliando. Albert Göring era ciò che in yiddish è detto a mensch: una persona umana. Uomo di mondo, coinvolto in numerosi affari sentimentali, aveva ripetutamente usato il suo nome, i suoi soldi e perfino i suoi documenti personali per aiutare il prossimo. In una circostanza era riuscito a indurre Heydrich a liberare combattenti della resistenza ceca dalle prigioni della Gestapo. In un'altra aveva aperto presso la banca Orelli di Berna un conto con i fondi del quale aveva aiutato alcuni ebrei a fuggire passando per Lisbona. Nell'autunno del 1943 aveva firmato di sua mano lascia-passare per una famiglia ebrea di cui era amico, e nessun funzionario della Gestapo aveva osato contestare quei documenti firmati «Göring».
Albert aveva aiutato perfino il famoso musicista Lehàr nel senso che era intervenuto presso il suo più famoso fratello facendosi promettere che non sarebbe stato fatto del male alla moglie ebrea del compositore. Poi, finita la guerra, nessuno volle lì per lì credere che il fratello di Hermann Göring avesse compiuto atti di opposizione al regime. Dovette rimanere in carcere per più di due anni prima che la verità venisse infine alla luce.