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I PROVERBI DI SALOMONE

di Marcello Cicchese


Perché l’uomo conosca la saggezza

Riflessioni sul libro dei Proverbi. Dal capitolo 1
    1. Proverbi di Salomone, figlio di Davide,
      re d'Israele;
    2. perché l'uomo conosca la saggezza, l'istruzione
      e comprenda i detti sensati;
    3. perché riceva istruzione sul buon senso,
      la giustizia, l'equità, la rettitudine;
    4. per dare accorgimento ai semplici
      e conoscenza e riflessione al giovane.
    5. Il saggio ascolterà e accrescerà il suo sapere;
      l'uomo intelligente ne otterrà buone direttive
    6. per capire i proverbi e le allegorie,
      le parole dei saggi e i loro enigmi.
  1. Proverbi di Salomone, figlio di Davide,
    re d'Israele;

    Al contrario dei proverbi popolari, le cui origini restano quasi sempre sconosciute, i proverbi biblici rivelano fin dall'inizio il loro autore. Quello che conta non è la paternità letteraria, ma l'origine divina delle sentenze contenute in questo libro. La sapienza dei proverbi biblici non è al di fuori del tempo, ma si inserisce nella storia della salvezza che ha come punti fondamentali l'elezione divina del popolo d'Israele e l'unzione del re Davide. Presentandosi come figlio di Davide, re d'Israele, Salomone obbliga i lettori a non separare questi detti di sapienza dal resto della rivelazione biblica. Dopo Salomone la storia della salvezza continua e arriva fino a "Gesù Cristo, figlio di Davide" (Mt 1.1). Chi trova interesse nei detti di Salomone è dunque costretto dalla Scrittura ad andare oltre e a prestare attenzione alle parole di Gesù, il quale un giorno disse ai suoi ascoltatori: "La regina del mezzogiorno comparirà nel giudizio con questa generazione e la condannerà; perché ella venne dalle estremità della terra per udire la sapienza di Salomone; ed ecco, qui c'è più che Salomone!" (Mt 12.42).
    Chi dice di apprezzare i proverbi di Salomone ma di non essere interessato alle parole di Gesù deve sapere che si trova sotto la condanna divina che sarà operata dalla regina del mezzogiorno, perché non è consentito agli uomini di accettare spezzoni di sapienza scelti secondo i proprio gusti e rigettare le parole di "Cristo Gesù, che da Dio è stato fatto per noi sapienza, ossia giustizia, santificazione e redenzione" (1 Co 1.30).

  2. perché l'uomo conosca la saggezza, l'istruzione
    e comprenda i detti sensati;

    Dopo aver indicato l'origine dei proverbi, in questo versetto si indicano gli scopi principali per cui sono stati scritti: perché l'uomo conosca la saggezza e l'istruzione. Per saggezza s'intende la capacità di comprendere la vera natura degli avvenimenti in cui l'uomo è coinvolto unita alla capacità di prendere decisioni adeguate. L'uomo saggio è come l'abile pilota di una barca a vela, il quale conosce bene il mare, i venti, la sua imbarcazione e le sue proprie forze, e in ogni circostanza sa prendere la decisione migliore per continuare senza danni il viaggio e arrivare alla meta prefissata. Per istruzione s'intende invece la disciplina che è necessaria per il conseguimento degli scopi che la saggezza ha individuato. Non basta conoscere in teoria ed essere abili in pratica, è necessario anche esercitarsi con costanza seguendo regole a cui sottoporsi con disciplina. I proverbi biblici non offrono soltanto buoni pensieri su cui riflettere, ma indicano anche norme di condotta da rispettare.
    Un altro scopo dei proverbi è far comprendere i detti sensati . Questo significa che chi ascolta le parole di Salomone imparerà ad imparare, perché otterrà quel discernimento che lo aiuterà a riconoscere le parole sagge che gli arrivano dal di fuori, anche quando queste vanno a cozzare contro le proprie radicate convinzioni. Uno dei più pesanti giudizi a cui Dio sottopone gli uomini ribelli è di lasciare che si radichino sempre di più nelle loro idee sbagliate e diventino sordi alle sagge riprensioni che potrebbero farli uscire dalla loro stoltezza.

  3. perché riceva istruzione sul buon senso,
    la giustizia, l'equità, la rettitudine;

    La vera istruzione conduce a fare scelte secondo giustizia, equità e rettitudine. La giustizia può essere considerata come aderenza alla norma, l'equità come adeguatezza alla situazione, la rettitudine come intima onestà e sincerità. Chi vuol prendere decisioni sagge e giuste deve anzitutto conoscere e voler osservare la norma esterna espressa dalla parola di Dio; poi deve considerare la particolare situazione umana in cui si trova ad operare; e infine deve proporsi di agire con integrità morale, rinunciando alle vie tortuose (2.15, 10.9) dei disonesti.

  4. per dare accorgimento ai semplici
    e conoscenza e riflessione al giovane.

    Il semplice e il giovane possono essere paragonati ai poveri. Se al povero manca la ricchezza, al semplice e al giovane manca la saggezza, ma non necessariamente per colpa loro. Sono persone prive di esperienza, e quindi incapaci di districarsi in mezzo a situazioni complesse. Ma Dio, che si dà cura dei poveri, si preoccupa anche di coloro che sono poveri di sapienza. Dio promette di dare loro quella particolare forma di ricchezza che consiste in accorgimento, conoscenza e riflessione. Quante volte si sente dire: "Non capisco quello che succede, non so che cosa fare". E' un'ammissione di povertà che può essere portata direttamente al Signore, il quale mediante la Sua parola risponde:"Se qualcuno di voi manca di saggezza, la chieda a Dio che dona a tutti generosamente senza rinfacciare, e gli sarà data" (Gc 1.5).

  5. Il saggio ascolterà e accrescerà il suo sapere;
    l'uomo intelligente ne otterrà buone direttive

    Ma le istruzioni contenute in questo libro non sono rivolte soltanto ai semplici e ai giovani. Il saggio sa di avere ottenuto la saggezza attraverso l'ascolto della parola di Dio. Proprio per questo manifesta un continuo desiderio di crescere in sapienza restando attento alle istruzioni che provengono dal Signore. La saggezza non può essere considerata acquisita una volta per tutte, come l'esempio stesso della vita di Salomone conferma: se non cresce, inevitabilmente diminuisce. Tutto quello che l'uomo ha imparato fino ad un certo momento della sua vita può diventare un ostacolo che gli impedisce di capire cose nuove. In questo modo la saggezza raggiunta si deteriora e si trasforma in stoltezza. "Hai mai visto un uomo che si crede saggio? C'è più da imparare da uno stolto che da lui" (26.12).
    L'intelligente esprime la sua intelligenza mostrando di saper capire dove ci sono cose da imparare. Egli dunque ottiene quello che cerca: buone direttive, cioè la capacità di dirigere in modo saggio e conveniente la sua vita. "A chi ha sarà dato"(Mr 4.25).

  6. per capire i proverbi e le allegorie,
    le parole dei saggi e i loro enigmi.

    Chi è disponibile all'ascolto ottiene la grazia di poter capire le parole dei saggi, i quali spesso parlano in modo che l'uomo superficiale non riesce a comprendere, non perché il loro linguaggio sia troppo complicato, ma perché le cose che dicono sono profonde, in quanto fondate sull'eterna parola di Dio. L'Ecclesiaste dice infatti che "le parole dei saggi sono come degli stimoli, e le collezioni delle sentenze sono come chiodi ben piantati; esse sono date da un solo pastore" (Ec 12.11). E l'apostolo Paolo ricorda che "l'uomo naturale non riceve le cose dello Spirito di Dio, perché esse sono pazzia per lui; e non le può conoscere, perché devono essere giudicate spiritualmente" (1 Co 2.14). La saggezza viene offerta a tutti in dono, ma per ottenerla bisogna anche avere l'umiltà di ascoltare con attenzione chi ha raggiunto la saggezza prima di noi.



* * *


Invito alla saggezza

Riflessioni sul libro dei Proverbi. Dal capitolo 1
    1. Il timore del SIGNORE è il principio della scienza;
      gli stolti disprezzano la saggezza e l'istruzione.
    2. Ascolta, figlio mio, l'istruzione di tuo padre
      e non rifiutare l'insegnamento di tua madre;
    3. poiché saranno un fregio di grazia sul tuo capo
      e monili al tuo collo.
  1. Il timore del SIGNORE è il principio della scienza;
    gli stolti disprezzano la saggezza e l'istruzione.

    La scienza di cui si parla in questo libro non è un ramo specialistico del sapere che possa essere lasciato agli esperti della materia. Tutti dobbiamo diventare esperti della scienza della vita, perché tutti viviamo. E invece molti, anche se espertissimi in qualche particolare settore delle conoscenze umane, prima o poi rivelano di essere del tutto incompetenti nella vera scienza che conta: quella che insegna a vivere. Ma dov'è che s'impara a vivere? Dov'è che si possono trovare i principi che regolano la vita di ogni uomo? Il principio fondamentale è il timore del Signore, dove per Signore qui si intende il SIGNORE, il Dio che si è rivelato al popolo d'Israele, "il Dio di Abraamo, di Isacco e di Giacobbe" (At 3.13), "il Padre del nostro Signore Gesù Cristo" (2 Co 1.3). Questo è l'unico, vero Dio, "il SIGNORE, che ha creato i cieli e li ha spiegati, che ha disteso la terra con tutto quello che essa produce, che dà il respiro al popolo che c'è sopra e lo spirito a quelli che vi camminano" (Is 42.5). Chi altri potrebbe spiegare agli uomini le leggi fondamentali che regolano la loro vita se non Colui che ha creato gli uomini e tutto ciò che vive intorno a loro? La saggezza dunque comincia qui: nel temere il Signore, nel nutrirsi delle Sue parole, nel non osare allontanarsi dalle Sue indicazioni, perché il farlo significa allontanarsi dalla vita ed entrare nella zona della morte. Nel mondo si trovano molte persone competenti in tante cose, ma è vano sperare di trovare saggezza nelle cose veramente importanti della vita in coloro che non si preoccupano di conoscere quello che il Signore ha detto, perché se è vero che ogni scienza si fonda su alcuni principi basilari, nella scienza della vita il principio fondamentale è il timore del Signore.
    Ma la Scrittura, che è sempre realistica, avverte che molti non riconosceranno la validità di questo principio. Costoro non vengono presentati come onesti ricercatori di saggezza, rispettabili seguaci di una scuola diversa da quella biblica: il nome con cui vengono indicati è "stolti". Lo stolto del libro dei Proverbi è la stessa persona che in altri libri della Bibbia viene indicato come "peccatore". Infatti il peccatore è uno stolto, perché volendo agire di testa sua, disprezzando la saggezza e l'istruzione contenute nella parola di Dio, si trova poi a fare i conti con quelle leggi della vita che ha voluto trascurare, ma che alla fine inevitabilmente si attuano, e per lui si attuano come leggi di morte. Lo stolto biblico è paragonabile a un pazzo che decide di buttarsi dalla finestra di un grattacielo perché non crede e non vuole tener conto della legge di gravità. Per qualche istante ha l'impressione di volare, ma alla fine deve prendere atto che la legge di gravità effettivamente esiste. Ma per lui è troppo tardi.

  2. Ascolta, figlio mio, l'istruzione di tuo padre
    e non rifiutare l'insegnamento di tua madre;

    Fa parte del piano di Dio che la saggezza arrivi ai figli attraverso i genitori. E' vero che molto spesso questo non avviene, a causa delle mancanze dei genitori, ma questo non modifica la volontà di Dio. Al contrario, molti padri e molte madri dovranno un giorno rendere conto per quello che non hanno detto ai loro figli. Avere un figlio significa ricevere da Dio un incarico, che non consiste soltanto nel dargli cibi, vestiti e soldi, ma anche parole di verità. Prima ancora di essere un'esortazione ai figli, questo versetto è dunque un ammonimento per i genitori, i quali devono ricordare che "l'uomo non vive soltanto di pane, ma di tutto quello che procede dalla bocca del Signore" (Dt 8.3). E i genitori sono chiamati ad essere la bocca del Signore per i loro figli.
    La parola "Ascolta" che il padre rivolge al figlio è la stessa che Mosè usa per portare la parola di Dio al popolo d'Israele: "Ascolta, Israele, le leggi e le prescrizioni che oggi io proclamo davanti a voi; imparatele e mettetele diligentemente in pratica" (Dt 5.1). Dio vuol dare ai genitori l'autorevole compito di trasmettere ai figli la Sua parola di verità e di grazia, ma poiché "il cuore dell'uomo concepisce disegni malvagi fin dall'adolescenza" (Ge 8.21), bisogna prevedere che i giovani non siano sempre ben disposti a seguire le indicazioni degli anziani. Per questo il figlio viene esortato ad ascoltare l'istruzione del padre e a non rifiutare l'insegnamento della madre. L'istruzione, che comprende la fissazione di norme e l'esercizio della disciplina, riguarda soprattutto il padre; mentre l'insegnamento, che è costituito di discorsi e colloqui, riguarda soprattutto la madre. Viene quindi sottolineata l'autorità di entrambi i coniugi, sia pure nel rispetto delle loro differenze. La donna virtuosa del capitolo 31"apre la bocca con saggezza, e ha sulla lingua insegnamenti di bontà" (31.26). Alla donna compete soprattutto il compito di indicare il bene con la parola convincente, mentre l'uomo deve combattere il male anche con il rimprovero e il castigo: "L'insensato disprezza l'istruzione di suo padre, ma chi tiene conto della riprensione diviene accorto" (15.5).

  3. poiché saranno un fregio di grazia sul tuo capo
    e monili al tuo collo.

    Per un adolescente di oggi è quasi una vergogna far vedere ai compagni che si attiene ai consigli e alle direttive dei genitori. Si pensa che un giovane possa acquistare una sua autonoma personalità soltanto rendendosi indipendente dalle opinioni e dai giudizi dei genitori, che da un certo momento in poi vengono considerati come un potenziale ostacolo al suo sviluppo. Nel piano di Dio è vero l'esatto contrario. La Scrittura avverte:" Figli, ubbidite nel Signore ai vostri genitori, perché ciò è giusto.«Onora tuo padre e tua madre» (questo è il primo comandamento con promessa) «affinché tu sia felice e abbia lunga vita sulla terra»" (Ef 6.1-3). Un figlio che ubbidisce alle parole che il Signore gli fa arrivare attraverso padre e madre si trova sotto una precisa promessa di felicità. Vivendo in armonia con le leggi di Dio, tutta la sua persona sarà armoniosa. La sua grazia interna, paragonabile a un prezioso abbellimento esterno, lo renderà attraente e amabile agli occhi degli altri.



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Se i peccatori ti vogliono sviare

Riflessioni sul libro dei Proverbi. Dal capitolo 1
    1. Figlio mio, se i peccatori ti vogliono sviare,
      non dar loro retta.
    2. Potranno dirti: «Vieni con noi; mettiamoci in agguato per uccidere;
      tendiamo insidie senza motivo all'innocente;
    3. inghiottiamoli vivi, come il soggiorno dei morti,
      e tutti interi come quelli che scendono nella tomba;
    4. noi troveremo ogni sorta di beni preziosi,
      riempiremo le nostre case di bottino;
    5. tu estrarrai a sorte la tua parte con noi,
      non ci sarà tra noi tutti che una borsa sola».
    6. Tu però, figlio mio, non t'incamminare con loro;
      trattieni il tuo piede lontano dal loro sentiero;
    7. poiché i loro piedi corrono al male,
      essi si affrettano a spargere il sangue.
    8. Si tende invano la rete
      davanti a ogni sorta di uccelli;
    9. ma costoro pongono agguati al loro proprio sangue
      e tendono insidie alla loro vita stessa.
    10. Tali sono le vie di chiunque si dà alla rapina;
      essa toglie la vita a chi la commette.
  1. Figlio mio, se i peccatori ti vogliono sviare,
    non dar loro retta.

    La saggezza parla in un ambiente familiare attraverso le parole di un padre. L'espressione Figlio mio compare 23 volte nel libro dei Proverbi, e manifesta la cura premurosa che un genitore deve avere verso il figlio necessariamente inesperto della vita. Nel versetto precedente ha dato una promessa; nei versetti che seguono dà degli avvertimenti. E' significativo il fatto che la saggezza deve subito preoccuparsi di difendere il giovane dalle influenze esterne. Il male tende per sua natura ad espandersi: i peccatori non si accontentano di peccare; vogliono che altri si aggiungano a loro. Il primo ammonimento è dunque negativo: non dar loro retta. Il male comincia nei pensieri della mente e nei progetti del cuore: perciò è necessario dire subito "no" alle parole seducenti di chi invita a percorrere vie contrarie alla volontà di Dio. "Beato l'uomo che non cammina secondo il consiglio degli empi" (Sl 1.1), dice il salmista, sapendo che gli empi si danno arie di essere esperti consiglieri nelle cose della vita. Per loro i timorati di Dio sono degli ingenui che non hanno capito come si deve vivere in questo mondo. L'avvertimento del padre è semplice e secco: "Non li ascoltare!".

  2. Potranno dirti: «Vieni con noi; mettiamoci in agguato per uccidere;
    tendiamo insidie senza motivo all'innocente;

    Il reato che i peccatori vorrebbero indurre il giovane a commettere insieme a loro oggi sarebbe chiamato omicidio a scopo di rapina. E' un crimine particolarmente grave, e certamente non avviene spesso che un giovane venga indotto a commettere un delitto così grave. Ma il caso presentato è significativo perché il male ha sempre a che fare con la morte: la vita dell'altro viene aggredita al fine di strappargli qualcosa e goderne a proprio beneficio. L'invito mettiamoci in agguato mette in evidenza che il male ha bisogno delle tenebre: deve tendere insidie, agire di nascosto e colpire di sorpresa. La violenza e l'inganno sono parti essenziali dell'azione peccaminosa.
    Il fatto che la vittima sia innocente e che l'aggressione sia senza motivo manifesta l'assenza di ogni senso di giustizia. L'azione non deve essere giustificata da una qualunque norma: l'unica motivazione resta il proprio interesse. Ma, come si vedrà nel seguito, il peccatore in realtà è uno stolto, perché quello che considera suo vero interesse, alla resa dei conti si rivelerà essere per lui un danno mortale.

  3. inghiottiamoli vivi, come il soggiorno dei morti,
    e tutti interi come quelli che scendono nella tomba;

    Il paragone con il soggiorno dei morti e con la tomba è significativo. L'azione criminale è una manifestazione della morte: per impossessarsi dei beni di un altro il malvagio deve annientarne la vita. Una persona deve sparire dalla terra dei viventi affinché i suoi beni possano essergli tolti. Le espressioni inghiottiamoli vivi e tutti interi fanno pensare ad un'azione improvvisa e inaspettata dalle vittime ignare che, senza potersi in alcun modo preparare, non possono che cadere nella trappola mortale preparata per loro.

  4. noi troveremo ogni sorta di beni preziosi,
    riempiremo le nostre case di bottino;

    Ecco come si fa a diventare ricchi, sembra dire il peccatore al giovane inesperto per convincerlo. Non è necessario avere saggezza, prudenza e scienza per "riempire le stanze di ogni specie di beni preziosi" (24.3-4): l'importante è essere furbi e spietati, e senza aver bisogno di sudare e faticare si può ottenere tutto quello che si vuole. Il male non si presenta mai come male, ma sempre come un bene maggiore ottenibile per vie più comode. La verità però non è questa. Chi compie il male diventa inevitabilmente partecipe e vittima del male.

  5. tu estrarrai a sorte la tua parte con noi,
    non ci sarà tra noi tutti che una borsa sola».

    Forse il giovane potrebbe temere che, in quanto novizio del mestiere, gli toccherà una parte molto piccola del bottino che riusciranno a fare. No, dicono i peccatori, saremo tutti uguali, non ci sarà tra noi tutti che una borsa sola, e da questa tu estrarrai a sorte la tua parte con noi. I malvagi offrono dunque un bene molto ambito dal giovane che si affaccia alla vita: l'appartenenza a un gruppo di amici in cui tutti sono sullo stesso piano perché manca una figura autorevole paragonabile a quella del padre. L'offerta è allettante: si propone di entrare in una società in cui si hanno beni preziosi, solidarietà e democraticità senza faticare e senza dover sottostare a pesanti norme imposte da qualche autorità. Sembra di sentire l'eco di parole famose: libertà, fraternità e uguaglianza, insieme ad abbondanti ricchezze ottenute a scapito di altri.

  6. Tu però, figlio mio, non t'incamminare con loro;
    trattieni il tuo piede lontano dal loro sentiero;

    Al "Vieni con noi" dei peccatori si oppone la parola del padre: Non t'incamminare con loro. Due parole si oppongono: quale sarà quella vera? Ecco come si pone in modo pratico il problema della verità. Uno dice che il bene sta da una parte, altri dicono che sta dall'altra: quale sarà l'indicazione giusta? Qualcuno potrebbe dire che non si può rispondere in anticipo, che bisogna provare. E invece non è così. In tutte le questioni fondamentali della vita bisogna scegliere basandosi non sull'esperienza ma sulla parola, perché una volta che la scelta è stata fatta, la realtà è cambiata in modo irreversibile. Se qualcuno mi dice che la mela sul piatto è avvelenata, non ricorrerò certo all'esperienza per verificare se il fatto è vero. Dovrò decidere se credere o no alla parola ricevuta. Il primo peccato dell'umanità è avvenuto perché invece di credere alla parola del Creatore gli uomini hanno voluto sperimentare di persona per vedere se le cose stavano proprio così. Ma una volta fatto l'esperimento, non erano più quelli di prima e non potevano più tornare indietro.
    Trattieni il tuo piede, dice il padre al figlio, invitandolo con queste parole a non prendere una decisione iniziale che l'avrebbe coinvolto in successive decisioni sempre più vincolanti. La libertà è come un capitale che ciascuno riceve all'inizio della sua vita di persona adulta: si è liberi di usarlo come si vuole, ma scelte sbagliate portano alla diminuzione del capitale stesso, fino al possibile totale azzeramento. Si è liberi di cominciare a peccare, ma non si è altrettanto liberi di smettere di peccare. "Chi commette il peccato è schiavo del peccato" (1 Gv 8.34).

  7. poiché i loro piedi corrono al male,
    essi si affrettano a spargere il sangue.

    I peccatori sono persone decise ed energiche: non si limitano a camminare; i loro piedi corrono al male e si affrettano a spargere il sangue. Il riferimento al male e al sangue dovrebbe essere sufficiente per un figlio che è stato educato a riconoscere che il bene è collegato alla vita e il male è collegato alla morte. "Tutti quelli che prendono la spada, periranno di spada" (Mt 26.52), dirà Gesù. Chi usa violenza verso altri è già vittima della violenza. E un giorno si vedrà.
    Anche l'apostolo Paolo parla di "piedi veloci a spargere il sangue" (Ro 3.15), e non per descrivere la crudeltà di un particolare gruppo di persone, ma per rappresentare lo stato di tutti gli uomini davanti a Dio, sia Giudei, sia Greci,. Non dobbiamo quindi allontanare frettolosamente da noi queste parole come se si riferissero a situazioni di particolare malvagità, perché nel cuore di ogni uomo, anche il più rispettabile, si annidano i semi del male in ogni sua forma. "Poiché dal cuore vengono pensieri malvagi, omicidi, adultèri, fornicazioni, furti, false testimonianze, diffamazioni" (Mt 15.19).

  8. Si tende invano la rete
    davanti a ogni sorta di uccelli;

    E' vano tendere una rete per prendere uccelli mentre questi sono lì che guardano, perché vedranno la trappola tesa e saranno tanto saggi da starsene lontano e non cadervi dentro.

  9. ma costoro pongono agguati al loro proprio sangue
    e tendono insidie alla loro vita stessa.

    I peccatori invece sono tanto sciocchi da non capire che sono loro stessi a sistemare le trappole in cui andranno a cadere. Vogliono spargere il sangue di altri e invece pongono agguati al loro proprio sangue, perché esiste un Giudice supremo che non permette che l'uccisione di un essere creato a Sua immagine e somiglianza rimanga impunito. La stessa terra su cui gli uomini posano i piedi chiede giustizia. Dopo il primo omicidio commesso dal genere umano il Signore disse a Caino: "Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dalla terra" (Ge 4.10). E nel patto che fece con Noè aggiunse: "Io chiederò conto del vostro sangue, del sangue delle vostre vite; ne chiederò conto a ogni animale; chiederò conto della vita dell'uomo alla mano dell'uomo, alla mano di ogni suo fratello (Ge 9.5). Coloro che attentano alla vita degli altri sono dunque dei pazzi che non si accorgono che tendono insidie alla loro vita stessa.
    Qualcuno potrebbe pensare che la cosa non lo riguardi perché non ha mai ammazzato nessuno, né ha mai pensato di farlo. Ma l'apostolo Giovanni avverte: "Chiunque odia suo fratello è omicida; e voi sapete che nessun omicida possiede in sé stesso la vita eterna"(1 Gv 3.15). Chi odia occupa, davanti a Dio, la posizione dell'omicida; e l'omicida si pone fuori della vita, della vera vita, cioè la vita eterna.

  10. Tali sono le vie di chiunque si dà alla rapina;
    essa toglie la vita a chi la commette.

    Chi si dà alla rapina è uno che quando ha messo gli occhi su qualcosa che gli piace e assolutamente vuole avere, non si pone limiti morali: se necessario, è pronto anche a uccidere. Il padre avverte: chi percorre queste vie, cioè chi persegue progetti di questo tipo, anche se in un primo tempo riesce a togliere dei beni agli altri, prima o poi si accorgerà che toglie a sé stesso la vita. E questo è vero per chiunque si dà alla rapina. Non pensi dunque il giovane che il suo caso è particolare, o che adesso i tempi sono cambiati, o che le norme di giustizia possono essere interpretate in vari modi secondo la propria personale coscienza. La saggezza espone leggi morali che nella loro struttura assomigliano alle leggi fisiche: valgono per tutti e in ogni tempo. E chiunque pensa di poterle trasgredire dovrà confermare, a sue spese, che sono vere.



* * *


Pubblico e solenne avvertimento della saggezza

Riflessioni sul libro dei Proverbi. Dal capitolo 1
    1. La saggezza grida per le vie,
      fa udire la sua voce per le piazze;
    2. negli incroci affollati essa chiama,
      all'ingresso delle porte, in città, pronunzia i suoi discorsi:
    3. «Fino a quando, ingenui, amerete l'ingenuità?
      Fino a quando gli schernitori prenderanno gusto a schernire
      e gli stolti avranno in odio la scienza?
    4. Volgetevi ad ascoltare la mia riprensione;
      ecco, io farò sgorgare su di voi il mio spirito,
      vi farò conoscere le mie parole...
    5. Poiché, quand'ho chiamato avete rifiutato d'ascoltare,
      quand'ho steso la mano nessuno vi ha badato,
    6. anzi avete respinto ogni mio consiglio
      e della mia correzione non ne avete voluto sapere,
    7. anch'io riderò delle vostre sventure,
      mi farò beffe quando lo spavento vi piomberà addosso;
    8. quando lo spavento vi piomberà addosso come una tempesta,
      quando la sventura v'investirà come un uragano
      e vi cadranno addosso l'afflizione e l'angoscia.
    9. Allora mi chiameranno, ma io non risponderò;
      mi cercheranno con premura ma non mi troveranno.
    10. Poiché hanno odiato la scienza,
      non hanno scelto il timore del SIGNORE,
    11. non hanno voluto sapere i miei consigli
      e hanno disprezzato ogni mia correzione,
    12. si pasceranno del frutto della loro condotta,
      e saranno saziati dei loro propri consigli.
    13. Infatti il pervertimento degli insensati li uccide
      e la prosperità degli stolti li fa perire;
    14. ma chi mi ascolta starà al sicuro,
      vivrà tranquillo, senza paura di nessun male».
Nel brano precedente abbiamo visto la saggezza operare in un atteggiamento di difesa. Un padre saggio parla al figlio per proteggerlo dal male e impedire che la stoltezza penetri dall'esterno nell'ambiente familiare e porti frutti di morte.
In questo brano invece la saggezza assume un atteggiamento offensivo: prende la forma di un araldo e si presenta sulle strade per affrontare pubblicamente gli stolti e cercare, con severi ammonimenti, di strapparli dalla loro follia.
In un mondo in cui sono entrati il peccato e la morte non è possibile che la saggezza assuma sempre e soltanto le forme morbide di un'esortazione dolce e pacata. I rischi che si corrono a percorrere le vie della stoltezza sono mortali. Il contrasto tra la sapienza e la stoltezza non è che una forma della continua lotta tra la vita e la morte. Proprio per questo la persona che rappresenta la saggezza in questo e in altri brani simili del libro dei Proverbi non può che essere la Parola fatta carne (Gv 1.14), cioè il "Salvatore nostro Cristo Gesù, il quale ha distrutto la morte e ha messo in luce la vita e l'immortalità mediante il vangelo" (2 Ti 1.10), e che "da Dio è stato fatto per noi sapienza, ossia giustizia, santificazione e redenzione" (1 Co 1.30), e nel quale "tutti i tesori della sapienza e della conoscenza sono nascosti" (Cl 2.3).
Ogni tentativo di filosofare tranquillamente sul bene e sul male che pensi di poter prescindere dalla rivelazione che Dio ha fatto in Gesù Cristo e ha consegnato agli uomini nelle parole della Sacra Scrittura è autentica"pazzia" (1 Co 1.17-25). Anche a questi folli campioni della "sapienza di questo mondo" (1 Co 2.6) si rivolge la sapienza di Dio attraverso le parole appassionate di questo brano.
  1. La saggezza grida per le vie,
    fa udire la sua voce per le piazze;

    La saggezza di Dio si presenta agli uomini in forma pubblica e grida. Qualcuno potrebbe obiettare che nel vangelo di Matteo si dice, parlando del Messia, che "Non contenderà, né griderà e nessuno udrà la sua voce sulle piazze" (Mt 12.19). Ma con questo s'intende che il Servo di Dio non combatterà con armi carnali, cercando di imporre con la forza il suo messaggio. La sapienza grida per farsi ascoltare, fa udire in modo alto la sua voce affinché gli uomini capiscano che le cose che ha da dire sono di importanza vitale.
    La saggezza di Dio grida sulle pubbliche piazze rivolgendosi a tutti, non sussurra in luoghi appartati rivolgendosi nel segreto a pochi eletti. Sono i servi di Satana quelli che offrono sapienza a pagamento in misteriose stanze semibuie; sono i falsi Cristi quelli di cui si dice che sono "nelle stanze interne" (Mt 24.26). L'uomo reso saggio dalla parola di Dio non dirà mai di seguire consigli segreti arrivati a lui personalmente per vie speciali; alla resa finale dei conti si vedrà che il saggio ha fatto uso di un bene pubblico messo a disposizione di tutti. E chi non ne ha fatto uso si accorgerà dell'immensità della sua stoltezza.

  2. negli incroci affollati essa chiama,
    all'ingresso delle porte, in città, pronunzia i suoi discorsi:

    La saggezza non invita le persone interessate a recarsi in un luogo adatto dove possano ricevere, nella dovuta calma, qualche lezione di vita. La saggezza vuole raggiungere anche le persone non interessate. Per questo va nei luoghi dove si svolge la vita attiva: negli incroci affollati, all'ingresso delle porte, in città. E qui essa non grida soltanto, ma chiama; cioè non si limita a presentare le cose così come sono, ma rivolge un appello personale ad ogni ascoltatore invitandolo a prendere una decisione. Se vogliamo, è l'atteggiamento tipico di un propagandista; ma mentre questi pensa soltanto al suo proprio interesse, la saggezza di Dio è mossa dall'amore. Le riprensioni, le correzioni, le minacce della saggezza hanno un'unica fonte: l'amore di Dio per l'uomo prigioniero della sua stoltezza.

  3. «Fino a quando, ingenui, amerete l'ingenuità?
    Fino a quando gli schernitori prenderanno gusto a schernire
    e gli stolti avranno in odio la scienza?

    Tre categorie di persone si oppongono alla sapienza di Dio: gli ingenui, gli schernitori e gli stolti.
    Gli ingenui si dichiarano inesperti di cose di Dio. Dicono di non capirci nulla, e quindi si mantengono in una posizione di neutralità o si rimettono acriticamente a quello che hanno imparato da piccoli. In realtà non hanno alcuna voglia di uscire dalla loro ignoranza, perché se questo accadesse sarebbero costretti a pensare, a interrogarsi, a fare delle scelte. Preferiscono rimanere in un atteggiamento di apparente "semplicità" che in realtà è colpevole dabbenaggine.
    Gli schernitori si pongono su un piano di culturale superiorità rispetto alla rivelazione di Dio. Non si sottomettono e non contendono: si limitano a irridere le credenze dei "sempliciotti" che non sanno avere idee e valutazioni proprie. Respingono gli avvertimenti della sapienza divina, ma senza avere un atteggiamento battagliero. Anzi, gli scrupoli che vedono nei timorati di Dio e i loro ammonimenti sono per loro un'occasione di divertimento: prendono gusto a schernire.
    Gli stolti assumono invece un atteggiamento di lotta. Prendono sul serio le parole che vengono da Dio e le rifiutano violentemente. Hanno in odio la scienza, forse proprio perché in qualche modo avvertono che in essa è presente la verità, ma non ne vogliono accettare le conseguenze.
    Queste tre categorie di persone erano presenti al momento del processo e della condanna a morte di Gesù: gli ingenui si trovavano nella folla, gli schernitori erano rappresentati da Erode, gli stolti dai farisei e dai capi sacerdoti.

  4. Volgetevi ad ascoltare la mia riprensione;
    ecco, io farò sgorgare su di voi il mio spirito,
    vi farò conoscere le mie parole...

    Gli stolti credono sempre di avere molte cose importanti a cui pensare, quindi non hanno tempo di ascoltare gli altri. Tanto meno se si tratta di rimproveri. Ma la saggezza è combattiva e insiste per cercare di guadagnare l'attenzione di coloro a cui vuole fare del bene. Annuncia la riprensione, ma ad essa fa seguire due promesse preziose: il dono del suo spirito e la conoscenza delle sue parole. Promesse che saranno pienamente mantenute nella persona del Signore Gesù, che ai suoi discepoli dirà: "Chi crede in me ... fiumi d'acqua viva sgorgheranno dal suo seno" (Gv 7.38) e "Le parole che vi ho dette sono spirito e vita" (Gv 6.63). La sapienza che viene da Dio è vita che si nutre di parole di verità.

  5. Poiché, quand'ho chiamato avete rifiutato d'ascoltare,
    quand'ho steso la mano nessuno vi ha badato,

    La parola che gli uomini stolti hanno respinto non è un ordine, ma un invito alla riflessione e alla comunione. L'uomo dunque comincia a peccare nei pensieri, e il suo peccato si esprime proprio nel rifiutarsi di ascoltare le parole della saggezza e nel far finta di non vedere che Dio lo chiama a ravvedimento invitandolo a considerare l'insensatezza del suo modo di pensare. "Lasci l'empio la sua via e l'uomo iniquo i suoi pensieri; si converta egli al SIGNORE che avrà pietà di lui, al nostro Dio che non si stanca di perdonare" (Is 55.7). "Ho steso tutto il giorno le mani verso un popolo ribelle che cammina per una via non buona, seguendo i propri pensieri"(Is. 65:2).

  6. anzi avete respinto ogni mio consiglio
    e della mia correzione non ne avete voluto sapere,

    Al rifiuto dei pensieri segue il rifiuto della volontà: la saggezza sottolinea che i suoi consigli e la sua correzione sono stati dichiaratamente respinti, il che vuol dire che sono stati presi in considerazione e ad essi è stato risposto un secco "No". E' difficile capire come l'onnipotente Creatore possa tollerare che la Sua creatura gli resista in faccia e continui ad esistere, anche se per un tempo determinato. La spiegazione sta nel fatto che Dio ama, e il terreno su cui può avvenire un autentico rapporto d'amore è quello della libertà. Dio accetta molti "no" dalle Sue creature per avere la gioia di un vero scambio d'amore con coloro che liberamente gli rispondono "sì".

  7. anch'io riderò delle vostre sventure,
    mi farò beffe quando lo spavento vi piomberà addosso;

    Dio ha parlato e gli uomini non hanno ascoltato. Che succederà? Può essere che tutto resti come prima? E' possibile che la parola di Dio sia vanificata semplicemente non ascoltandola? No, non è possibile. Ogni invito di Dio contiene in sé una minaccia. La parola che non si adempie come invito deve adempiersi come minaccia. E la minaccia è questa: lo spavento vi piomberà addosso. L'uomo spaventato è molto attento, teso a capire quello che sta succedendo, disposto ad ascoltare chi gli propone una via di uscita. Ma chi non vuole ascoltare la parola che Dio gli rivolge come invito, dovrà ascoltare la parola che Dio gli rivolge come scherno.
    E' difficile adattarsi all'idea che Dio possa schernire gli uomini ribelli, e tuttavia questo viene detto nella Scrittura (Sl 2.4; 37.13). Ma è difficile anche adattarsi all'idea che Dio si possa vendicare dei suoi nemici, e tuttavia anche questo è scritto (Na 1.2; Ez 25.14; 2 Te 1.8). Forse la difficoltà sta nel fatto che si pensa a Dio come a un superuomo, come all'uomo più buono di tutti, e non si considera che Dio è Dio e non un uomo, e che a Lui competono azioni che agli uomini sono interdette. La vendetta, per esempio, è qualcosa che gli uomini non devono fare, ma soltanto perché deve essere lasciata Dio, e non perché, come pensa qualcuno, non deve essere mai fatta da nessuno, tanto meno da Dio (Ro 12.19).
    Lo scherno è la vendetta che ricade su coloro che si credono saggi per conto proprio. Hanno le loro ferme convinzioni, confidano nei loro pensieri, trascurano e deridono le esortazioni e gli avvertimenti della sapienza. Un giorno, quando vedranno lucidamente dove li ha condotti la loro propria "saggezza", i loro occhi si apriranno e prenderanno coscienza della loro sconfinata stupidità. La voce della sapienza di Dio avrà allora il suono agghiacciante della derisione.

  8. quando lo spavento vi piomberà addosso come una tempesta,
    quando la sventura v'investirà come un uragano
    e vi cadranno addosso l'afflizione e l'angoscia.

    Sullo stolto che si crede saggio la sciagura si abbatterà violenta e improvvisa. La catastrofe arriverà inaspettata (Lu 21.34; 1 Te 5.3). Non ci sarà più tempo per riorganizzare i pensieri e modificare le azioni: sarà troppo tardi. Quando la parola di Dio espressa in forma di minaccia si avvera, il presente e il futuro non sono più a disposizione. Resta soltanto la possibilità, anzi l'obbligo, di ricordare quello che la sapienza ha detto nel passato e dolorosamente si avvera nel presente.

  9. Allora mi chiameranno, ma io non risponderò;
    mi cercheranno con premura ma non mi troveranno.
    Prima era la sapienza a chiamare, e gli uomini non rispondevano. Adesso le parti si invertono: sono gli uomini che chiamano, e la sapienza non risponde. Quando i guai sono seri l'uomo si sente molto meno sicuro di sé e non si compiace più della sua propria saggezza. Comincia a temere di non averne abbastanza e allora la chiama, nel senso che cerca affannosamente qualche illuminazione che lo aiuti a risolvere i suoi problemi. La sapienza non risponderà. L'uomo continuerà a cercare, e non troverà. Freddamente la sapienza passa, a questo punto, dal "voi" al "loro", quasi a confermare l'avvenuta rottura di un rapporto diretto. Se all'inizio aveva implorato con calda passione: Volgetevi ad ascoltare la mia riprensione, adesso dichiara con gelido distacco: Mi chiameranno ... mi cercheranno ...ma non mi troveranno . Il tempo non è una grandezza reversibile: non si può tornare indietro. L'uomo non può pretendere che Dio gli parli quando vuole lui. Chi non accoglie oggi (Eb 3.12-15) la parola di saggezza che il Signore gli rivolge, domani potrebbe non trovarla più (Am 8.11-12).

  10. Poiché hanno odiato la scienza,
    non hanno scelto il timore del SIGNORE,

    Gli stolti non sono vittime del destino. A loro è stata offerta la scienza, cioè la giusta conoscenza delle cose, ed essi l'hanno odiata, cioè respinta con risoluta determinazione. Per volontaria scelta non hanno scelto il timore del Signore. Hanno rivendicato la libertà di non tener conto della parola di Dio, e ciò è stato loro concesso. Hanno espresso la loro propria volontà, e questa si è compiuta. Di che cosa potrebbero lamentarsi?

  11. non hanno voluto sapere i miei consigli
    e hanno disprezzato ogni mia correzione,

    Come nel v.25, anche qui si parla di consigli e correzioni. Il consiglio è un'indicazione positiva, cioè un invito a fare qualcosa di giusto; la correzione è un'indicazione negativa, cioè un invito a smettere di fare qualcosa di sbagliato. I consigli non sono stati voluti, perché giudicati inutili; le correzioni sono state disprezzate, perché considerate ridicole. Gli stolti si sono dunque posti su un piano di superiorità che li ha resi irraggiungibili dalla parola della sapienza. Dovranno ascoltare il linguaggio dei fatti.

  12. si pasceranno del frutto della loro condotta,
    e saranno saziati dei loro propri consigli.

    Si può essere liberi di compiere un'azione, ma non si è liberi di sceglierne le conseguenze. Il contadino può scegliere la semenza che vuole seminare, ma non può decidere il raccolto che ne nascerà. "Non vi ingannate; non ci si può beffare di Dio; perché quello che l'uomo avrà seminato, quello pure mieterà" (Ga 6.7).
    L'immagine usata in questo versetto è quella del cibo. Con le sue convinzioni e le sue scelte di vita lo stolto cucina con le sue stesse mani una pietanza disgustosa che poi dovrà mangiare. E non potrà lasciare nulla nel piatto: sarà costretto a mandare giù tutto fino ad esserne stomacato. Al dolore materiale si aggiungerà la sofferenza morale, perché lo stolto dovrà riconoscere, con amarezza, che la situazione penosa in cui si trova è il frutto dei suoi propri consigli, è il punto di arrivo della sua precedente condotta. In quel momento le parole della sapienza udite nel passato ritorneranno alla sua mente e avranno il suono beffardo della derisione.

  13. Infatti il pervertimento degli insensati li uccide
    e la prosperità degli stolti li fa perire;

    Gli insensati sono persone colpevolmente ingenue. Quando odono parole di saggezza che li invitano a percorrere la via della vera vita, con molta calma se le lasciano scivolare addosso e continuano tranquillamente per la loro strada, che sembra essere molto più comoda, e quindi anche più giusta. La loro scelta è un pervertimento della verità, perché non è vero che in fondo alla loro strada troveranno vita e felicità. Al contrario, troveranno dolore e morte.
    Il passaggio che forse rende meglio il significato della prosperità di cui si parla in questo versetto si trova in Geremia 22.21:
    "Io ti ho parlato al tempo della tua prosperità, ma tu dicevi: Io non ascolterò".
    La prosperità dello stolto lo spinge ad un atteggiamento di noncurante sicurezza che gli fa dire:
    "«Anima, tu hai molti beni ammassati per molti anni; ripòsati, mangia, bevi, divèrtiti»" (Lu 12.19).
    Lo stolto non ritiene necessario fermarsi ad ascoltare le parole di saggezza che Dio gli rivolge, perché per il momento a lui le cose vanno bene ed è convinto che sarà così anche in futuro. Perché preoccuparsi? Perché stare a sentire tutti quei pessimisti che sembra si divertano a infastidire chi sta bene con previsioni minacciose. Ma la prosperità unita al disinteresse per la parola di Dio non è stabile. Chi non avrà voluto ascoltare la parola di grazia in forma di riprensione, prima o poi dovrà ascoltare la parola di giudizio in forma di condanna.

  14. ma chi mi ascolta starà al sicuro,
    vivrà tranquillo, senza paura di nessun male».

    I sinistri avvertimenti non sono l'ultima parola che la sapienza divina rivolge agli uomini. Le terribili minacce di Dio, nella loro verità ineluttabile, hanno lo scopo di portare gli uomini al ravvedimento, affinché possano aprirsi a ricevere i beni eterni contenuti nelle sue promesse. Le parole intimidatorie della sapienza si propongono di accrescere enormemente i sentimenti di paura di coloro che ascoltano, affinché siano attenti alle parole rassicuranti che promettono la liberazione radicale dalla paura. Chi si sente tanto sicuro di sé da non voler ascoltare nessuno perché crede di sapere già qual è il suo bene deve essere disorientato, affinché capisca che soltanto chi ascolta le parole della sapienza starà al sicuro. Chi non è intimorito dal male che sta per abbattersi su di lui deve essere solennemente avvertito con parole raggelanti, affinché capisca che soltanto chi ascolta le parole della sapienza vivrà tranquillo, senza paura di nessun male. I severi ammonimenti dei versetti precedenti mirano a suscitare uno spavento preventivo davanti a un male ancora evitabile, prima che piombi addosso lo spavento definitivo davanti a un male non più evitabile.

* * *


Ricercare la saggezza per camminare nelle vie del bene

Riflessioni sul libro dei Proverbi. Capitolo 2
    1. Figlio mio, se ricevi le mie parole
      e serbi con cura i miei comandamenti,
    2. prestando orecchio alla saggezza
      e inclinando il cuore all'intelligenza;
    3. sì, se chiami il discernimento
      e rivolgi la tua voce all'intelligenza,
    4. se la cerchi come l'argento
      e ti dai a scavarla come un tesoro,
    5. allora comprenderai il timore del SIGNORE
      e troverai la scienza di Dio.
    6. Il SIGNORE infatti dà la saggezza;
      dalla sua bocca provengono la scienza e l'intelligenza.
    7. Egli tiene in serbo per gli uomini retti un aiuto potente,
      uno scudo per quelli che camminano nell'integrità,
    8. allo scopo di proteggere i sentieri della giustizia
      e di custodire la via dei suoi fedeli.
    9. Allora comprenderai la giustizia, l'equità,
      la rettitudine, tutte le vie del bene.
    10. Perché la saggezza ti entrerà nel cuore,
      la scienza sarà la delizia dell'anima tua,
    11. la riflessione veglierà su di te,
      l'intelligenza ti proteggerà
    12. essa ti scamperà così dalla via malvagia,
      dalla gente che parla di cose perverse,
    13. da quelli che lasciano i sentieri della rettitudine
      per camminare nelle vie delle tenebre,
    14. che godono a fare il male
      e si compiacciono delle perversità del malvagio,
    15. i cui sentieri sono contorti
      e percorrono vie tortuose.
    16. Ti salverà dalla donna adultera,
      dalla infedele che usa parole seducenti,
    17. che ha abbandonato il compagno della sua gioventù
      e ha dimenticato il patto del suo Dio.
    18. Infatti la sua casa pende verso la morte,
      e i suoi sentieri conducono ai defunti.
    19. Nessuno di quelli che vanno da lei ne ritorna,
      nessuno riprende i sentieri della vita.
    20. Così camminerai per la via dei buoni
      e rimarrai nei sentieri dei giusti.
    21. Gli uomini retti infatti abiteranno la terra,
      quelli che sono integri vi rimarranno;
    22. ma gli empi saranno sterminati dalla terra,
      gli sleali ne saranno estirpati.

La sapienza depone ora le vesti del pubblico araldo che grida sulla pubblica piazza e riprende i panni del padre premuroso che parla nell'ambiente di famiglia.
Nei primi quattro versetti vengono presentate le condizioni che il discepolo deve osservare per ottenere la saggezza e nei successivi cinque vengono esposte le promesse dei beni che gli sono riservati. Con sapienza Dio ha formato i mondi, e con altrettanta sapienza Dio vuole formare la vita di ogni singolo uomo. Ma mentre la natura inanimata non può che ubbidire agli ordini del Creatore, l'uomo può accogliere o rifiutare la parola di Dio. Per poter compiere la sua opera di creazione armoniosa della personalità e della vita, la sapienza deve essere liberamente accolta nel cuore. Dio dunque parla con insistenza all'uomo per convincerlo a diventare veramente intelligente, cioè ad accogliere, conservare, mettere in circolazione il capitale di saggezza che Dio vuole donargli.

  1. Figlio mio, se ricevi le mie parole
    e serbi con cura i miei comandamenti,

    Il discepolo è invitato anzitutto a porsi in un atteggiamento ricettivo. Le parole della saggezza devono essere ascoltate e ricevute, perché è anche possibile respingerle, rifiutarle. Dopo averle ricevute bisogna serbare con cura i comandamenti in esse contenuti. Questi devono essere riposti in luoghi protetti della propria coscienza, in modo da poterli richiamare prontamente alla memoria tutte le volte che le circostanze lo richiedano. La sapienza deve essere immagazzinata e custodita in vista di un uso che può non essere immediato. Chi non si è preoccupato di accumulare un capitale di saggezza attraverso l'ascolto diligente della parola di Dio, quando si troverà nel bisogno dovrà ricorrere al suo "buon senso". E quasi certamente questo significherà la sua rovina.

  2. prestando orecchio alla saggezza
    e inclinando il cuore all'intelligenza;

    La prima cosa che deve fare chi vuole ottenere saggezza non è pensare, ma ascoltare. Su tutto ciò che riguarda aspetti fondamentali della realtà, come vita e morte, bene e male, giustizia e ingiustizia, l'uomo non può ricorrere alla sua propria sapienza. Il suo distacco dal Creatore lo rende incapace non solo di agire bene, ma anche di pensare bene. La sapienza deve arrivargli dall'esterno, dall'Alto. Ma poiché l'uomo orgoglioso e ribelle non trova sempre gradevole la Parola che gli giunge dall'Alto, qui viene invitato a prestare orecchio alla saggezza e a inclinare il cuore all'intelligenza. Affinché la vera sapienza possa entrare nell'uomo, è necessario che questi manifesti disponibilità ad accogliere pensieri e valutazioni a lui non sempre familiari, e prontezza a mettere in pratica insegnamenti a lui non sempre graditi.

  3. sì, se chiami il discernimento
    e rivolgi la tua voce all'intelligenza,

    Soltanto dopo che le orecchie sono state ben aperte entra in gioco la bocca. L'atteggiamento attivo del parlare deve seguire e non precedere quello ricettivo dell'ascoltare. E parlare in questo caso è sinonimo di pregare. L'uomo deve aprire la bocca non per ripetere continuamente: "Io penso..., io credo..., io ritengo", ma per chiedere quella sapienza che riconosce di non avere. Solo ai poveri in spirito (Mt 5.3) è riservata la grazia di venire a conoscere i pensieri di Dio (Is 55.8). Per tutti gli altri vale il tagliente giudizio dell'apostolo Paolo: "Se qualcuno pensa di conoscere qualcosa, non sa ancora come si deve conoscere" (1 Co 8:2). Chi chiede a Dio discernimento e intendimento è autorizzato ad alzare la voce, cioè a chiedere con determinazione, perché Dio vuole rispondere, ma vuol anche vedere risolutezza e fede in colui che si rivolge a Lui per ottenere ciò di cui ha bisogno (Gc 1.5-7).

  4. se la cerchi come l'argento
    e ti dai a scavarla come un tesoro,

    Dopo aver usato le orecchie e la bocca arriva il momento di impegnare le mani. La vera sapienza è come un tesoro nascosto: spesso la parola di Dio indica dove si deve cercare, ma poi lascia all'uomo il compito di scavare nella zona indicata. Il paragone con l'argento vuol far capire che l'uomo deve cercare la saggezza con lo stesso impegno con cui gli avari si affaticano per i loro soldi. L'impegno, anzi, deve essere molto maggiore, perché "L'acquisto della saggezza è migliore di quello dell'oro, l'acquisto dell'intelligenza preferibile a quello dell'argento" (16.16). Il tesoro della sapienza va ricercato con scrupolo e costanza non perché Dio si diverta a nasconderlo, ma perché il cuore umano è ingannevole e insanabilmente maligno (Ger. 17.9), e cerca sempre di imbrogliare le carte, facendo scambiare il bene con il male, la verità con l'errore, la giustizia con l'ingiustizia.

  5. allora comprenderai il timore del SIGNORE
    e troverai la scienza di Dio.

    Al discepolo che osserva le condizioni fin qui esposte sono riservate le promesse che ora vengono elencate. La prima promessa è: Comprenderai il timore del Signore. Questo sembra strano, perché in 1.7 il timore del Signore è presentato come il presupposto di ogni vera conoscenza. Ma nell'itinerario che porta l'uomo alla saggezza, il timore del Signore sta sia all'inizio, sia alla fine del percorso. Si comincia con un atteggiamento di rispettosa e ubbidiente attenzione per la parola di Dio e si termina, dopo averne sperimentato la validità nella pratica, con un amoroso atteggiamento di gratitudine che consolida e approfondisce l'iniziale timore del Signore. Su questa strada si trova anche la vera conoscenza di Dio, perché si arriva a conoscere per esperienza "quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà " (Ro 12.2).

  6. Il SIGNORE infatti dà la saggezza;
    dalla sua bocca provengono la scienza e l'intelligenza.

    Dopo la parte che riguarda l'uomo comincia quella riservata a Dio. Il motivo per cui chi vuole ottenere saggezza deve ascoltare, chiedere, cercare sta nel fatto che l'uomo non è saggio in sé stesso. La vera saggezza sta fuori di lui, e a nulla servono le considerazioni, i pensieri, le riflessioni che può fare da solo. Dopo aver commesso il primo peccato, Adamo ed Eva furono cacciati dal giardino di Eden e dovettero riconoscere che la triste situazione in cui si trovavano era una conseguenza della loro stoltezza. Avevano mangiato il frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male nella speranza di diventare più intelligenti, e invece la trasgressione della parola di Dio si rivelò come la massima stoltezza. La sola possibilità che resta adesso all'uomo peccatore è di riconoscere che soltanto dalla bocca di Dio provengono la scienza e l'intelligenza. La sapienza non si trova in ciò che noi pensiamo, ma in ciò che Dio dice. Ed è per la Sua grazia che il Signore continua a parlare agli uomini, perché avrebbe anche potuto decidere di tacere per sempre e di lasciarli eternamente nella loro stoltezza. Continuando a parlare, invece, Dio si conferma come Colui che "fa dei doni agli uomini" (Ef. 4.8). Il Signore, infatti, dà la saggezza.

  7. Egli tiene in serbo per gli uomini retti un aiuto potente,
    uno scudo per quelli che camminano nell'integrità,

    Il verbo ebraico che qui viene tradotto con "tenere in serbo" nel v.1 viene tradotto con "serbare con cura". Il termine può anche significare "tenere nascosto" (Es 2.2), "custodire" (Gb 23.12), "conservare" (Sl 119.11). Dio dunque chiede all'uomo di conservare nel proprio cuore i Suoi comandamenti, e promette che conserverà per lui un "aiuto potente" e uno "scudo". L'aiuto di cui si parla sembra essere la sapienza stessa insieme ai suoi benefici effetti. La promessa è riservata a chi "cammina rettamente", cioè a chi mette effettivamente in pratica le parole ricevute da Dio (Mt 7.24), perché il cammino diritto di chi segue i comandamenti di Dio è di per sé stesso una protezione dalle inevitabili, dolorose conseguenze di una condotta che stoltamente presuma di poter ottenere benefici agendo al di fuori della volontà di Dio.

  8. allo scopo di proteggere i sentieri della giustizia
    e di custodire la via dei suoi fedeli.

    Da questo momento cominciano ad apparire ripetuti riferimenti alle "vie" e ai "sentieri". Da una parte si parla di "via malvagia", "via delle tenebre", "vie tortuose" , "sentieri contorti", "sentieri che conducono ai defunti"; e dall'altra di "via dei suoi fedeli", "vie del bene", "via dei buoni", "sentieri della rettitudine", "sentieri della vita","sentieri dei giusti". In sostanza però le vie sono soltanto due (Sl 1:6): la via degli empi, che conduce alla perdizione (Mt 7.13). e la via dei giusti, che conduce alla vita (Mt 7.14). In certi momenti la via che conduce alla rovina può apparire più piacevole, ma quello che conta è la meta verso cui si sta camminando. Più avanti verrà detto che "Il sentiero dei giusti è come la luce che spunta e va sempre più risplendendo, finché sia giorno pieno. La via degli empi è come il buio; essi non scorgono ciò che li farà cadere" (4:18-19). In ogni caso, chi cammina nella giusta direzione può contare in ogni momento sulla protezione di Dio, perché secondo le Sue promesse Egli "custodisce la via dei suoi fedeli".

  9. Allora comprenderai la giustizia, l'equità,
    la rettitudine, tutte le vie del bene.

    I versetti 5 e 9 cominciano nello stesso modo: "Allora comprenderai...". Comprenderai il "timore del Signore" (v.5), e "la giustizia, l'equità, la rettitudine, tutte le vie del bene" (v.9). Nel primo caso la promessa riguarda il rapporto con Dio, nel secondo i rapporti tra gli uomini. Solo chi ascolta la voce della sapienza, e prega per ottenerla, e la cerca con tutte le sue forze, potrà capire che cosa significa realmente vivere in comunione amorosa con il Signore. E solo chi "cammina nell'integrità" (v.7), senza interne doppiezze d'animo, saprà fare le dovute distinzioni tra giusto e ingiusto, tra equo e iniquo, tra retto e storto, e di conseguenza saprà scegliere "tutte le vie del bene".

  10. Perché la saggezza ti entrerà nel cuore,
    la scienza sarà la delizia dell'anima tua,

    L'uomo non ha vera sapienza in sé stesso. Per tutto ciò che riguarda la vita e la morte, il bene e il male, l'uomo ha bisogno di essere istruito. La soluzione ai suoi problemi fondamentali si trova fuori di lui; quindi la sua unica speranza sta nell'ascoltare quello che Dio gli dice. Ponendosi in relazione con la sapienza di Dio, l'uomo riceve beni preziosi che allietano la sua vita; ma il dono più grande che riceve è la sapienza stessa. Nell'ascolto prolungato e ubbidiente della parola di Dio il cuore e la mente si trasformano: la saggezza di Dio entra nel cuore. La creatura comincia a pensare, sentire, volere come il suo Creatore; e questo le procura una grande delizia. Si compie così una delle promesse che Dio aveva legato al nuovo patto che avrebbe stabilito con gli uomini: "Questo è il patto che farò con loro dopo quei giorni, dice il Signore, metterò le mie leggi nei loro cuori e le scriverò nelle loro menti" (Eb 10.16).

  11. la riflessione veglierà su di te,
    l'intelligenza ti proteggerà

    Nel v.10 si è visto che quando la sapienza di Dio entra nel cuore la prima conseguenza è la gioia (v.10). Adesso viene presentata un'altra benefica conseguenza: la protezione. I mali della vita sono tanti, e tutti prima o poi ne vengono colpiti. Ma guardando indietro spesso ci si accorge che molti di essi avrebbero potuto essere evitati con un po' di discernimento e di accortezza. E' mancata quella riflessione che avrebbe potuto far vedere i lati negativi e a prima vista non evidenti della situazione; è mancata quell'intelligenza che avrebbe potuto aiutare a trarre le giuste e logiche conseguenze dalle osservazioni fatte. Si può decidere di non ascoltare le parole della saggezza e di seguire soltanto l'impulso dei propri desideri, ma in questo modo si rinuncia alla protezione che Dio vuol concedere all'uomo con i Suoi insegnamenti, e si rimane in balìa della propria stupidità.

  12. essa ti scamperà così dalla via malvagia,
    dalla gente che parla di cose perverse,

    La sapienza che Dio vuol dare all'uomo deve anzitutto servire a fargli evitare scelte sbagliate. I pericoli indicati nei versetti che seguono sono espressi da due tipi di persone: il malvagio, che con parole perverse induce a perseguire obiettivi scellerati camminando per vie tortuose, e la donna adultera, che con parole seducenti cerca di attirare sul terreno di un falso rapporto d'amore. I pericoli, dunque, vengono da chi sta intorno. Nei momenti delicati, quando le circostanze sono penose e la mente è confusa, non è raro trovare persone che propongono vie d'uscita apparentemente efficaci, ma scorrette, invitando ad abbandonare "inutili" scrupoli di coscienza. Dicono cose perverse, cioè ribaltate rispetto a ciò che è giusto; e indicano una via malvagia perché sostengono che facendo il male a qualcuno si riuscirà ad avere il bene per sé. La proposta è allettante, perché la liberazione dai guai sembra facile e sicura. Ma è una trappola. Chi si incammina per una simile via si accorgerà presto o tardi di essere piombato in guai molto peggiori. Solo la saggezza ricevuta da Dio per pura grazia può scampare l'uomo dal pericolo di imboccare vie di male dietro suggerimento di gente che parla di cose perverse.

  13. da quelli che lasciano i sentieri della rettitudine
    per camminare nelle vie delle tenebre,

    Un pericolo particolarmente insidioso è costituito da coloro che lasciano i sentieri della rettitudine. Sono persone che dopo aver camminato bene per un certo tempo cominciano ad allontanarsi dai giusti comportamenti e si incamminano nelle vie delle tenebre. Cercano in tutti i modi di far rimanere nascoste le azioni sbagliate che commettono, forse per non rovinare la buona reputazione acquisita in precedenza. Chi li osserva, essendosi abituato a considerarle brave persone, corre il rischio di continuare a prenderli ad esempio, e quindi ad imitarli anche nelle cose peggiori.

  14. che godono a fare il male
    e si compiacciono delle perversità del malvagio,

    Continuando a camminare nelle vie del male si arriva prima o poi a danneggiare la propria coscienza. Chi pratica abitualmente il peccato può deteriorare a tal punto il suo "gusto" morale da trovare un godimento morboso nel commettere azioni malvagie. "Commettere un delitto, per lo stolto è come un divertimento" (10.23).
    Ma non basta ancora. Chi vive nel male non vuol essere disturbato dal pensiero di essere l'unico malfattore al mondo, e quindi si sente confortato e si rallegra tutte le volte che vede altri compiere qualche nefandezza.
    "Essi, pur conoscendo che secondo i decreti di Dio quelli che fanno tali cose sono degni di morte, non soltanto le fanno, ma anche approvano chi le commette" (Ro 1.32).

  15. i cui sentieri sono contorti
    e percorrono vie tortuose.

    Nella Bibbia si parla di "via" per indicare che ogni uomo è in marcia verso una meta. Alla resa dei conti le mete possibili si riveleranno essere soltanto due: la vita o la morte (Mt 7.13-14). La via che mena alla vita è diritta; tutte le altre sono contorte, tortuose. Chi s'inoltra in esse dovrà anzitutto soffrire grandi pene a causa del cattivo terreno su cui si è posto. E alla fine del percorso dovrà amaramente riconoscere che il traguardo da lui raggiunto è ben diverso da quello che si aspettava.

  16. Ti salverà dalla donna adultera,
    dalla infedele che usa parole seducenti,

    Chi percorre sentieri contorti e tortuosi può essere indotto ad andare contro gli altri o verso gli altri. I rapporti sbagliati con il prossimo possono essere di vero odio o di falso amore. L'odio si propone di far sparire l'altro dal proprio orizzonte e, nei casi estremi, di ucciderlo. Il falso amore invece vuole conservare la vita dell'altro, ma soltanto allo scopo di trarne benefici a proprio vantaggio. L'odio respinge e annienta; il falso amore attira e consuma.
    La donna adultera di questo passo rappresenta un esempio tipico di falso amore. Secondo il significato originale del termine, essa è un'estranea (5.20) che insidia l'integrità di una famiglia non sua. Le sue parole sono seducenti perché con un linguaggio dolce (5.3) vuol far intendere che l'amore fra due persone deve poter superare i rigidi vincoli contrattuali imposti dal matrimonio. Non è detto, quindi, che il tentativo di attrazione avvenga sul semplice piano dei sensi; la seduzione è molto più efficace quando è nobilitata dal richiamo a un valore superiore.

  17. che ha abbandonato il compagno della sua gioventù
    e ha dimenticato il patto del suo Dio.

    La pericolosità della donna adultera dipende dal fatto che si trova in una posizione di infedeltà rispetto al compagno della sua gioventù e, quindi, rispetto a Dio. L'infedele è anche infido. Chi danneggia il prossimo non rispettando la parola data non può che essere un danno per tutti. Nella Bibbia il matrimonio è sempre visto come un patto tra due persone in cui Dio stesso è coinvolto. E poiché nel patto di Dio con il suo popolo è contenuta la clausola: "Non commettere adulterio", ne discende che ogni rottura del legame matrimoniale è anche una violazione del patto esistente tra l'uomo e Dio.

  18. Infatti la sua casa pende verso la morte,
    e i suoi sentieri conducono ai defunti.

    Da una donna che si è "liberata" dai vincoli d'amore e di vita che la legano al suo Creatore ci si può aspettare soltanto funesti mali. La Scrittura non indulge a sottili distinzioni e comprensive motivazioni psicologiche; il suo linguaggio è chiaro e netto: la sua casa, cioè la sua posizione, si trova in prossimità della morte; i suoi sentieri, cioè le sue azioni, hanno una direzione che porta ai defunti. Questo deve servire a togliere quell'alone di fascinosa misteriosità che spesso accompagna l'attrazione per una "donna fatale". L'incanto che si prova non è il richiamo a una forma più intensa di vita, ma, al contrario, è una delle più ingannatrici e rischiose malìe della morte.

  19. Nessuno di quelli che vanno da lei ne ritorna,
    nessuno riprende i sentieri della vita.

    L'espressione vanno da lei traduce un verbo che in altri passi della Bibbia è usato per indicare i rapporti sessuali (Pr 6.29; Ge 16.2, 30.3, 30.16). Chi ha rapporti intimi con una persona diversa dal proprio coniuge spesso ha l'impressione di fare profonde esperienze che rinnovano la vita e la rendono più ricca. E' un effetto illusorio, paragonabile a quello della droga. Le intense e piacevoli sensazioni prodotte dalle esperienze del falso amore non fanno che logorare più rapidamente i beni naturali che ogni persona ha ricevuto dal Creatore affinché ne riconosca la bontà e innalzi a Lui il suo sguardo. Si parla di amore, ma in realtà si cerca il proprio egoistico piacere. Il desiderio dell'altro vissuto al di fuori della volontà di Dio, nella Scrittura si chiama "concupiscenza". E "la concupiscenza, quando ha concepito, partorisce il peccato; e il peccato, quando è compiuto, produce la morte" (Gc 1.15). L'unione illegittima con una donna straniera si rivela dunque come un volontario legame con la morte. La parola di Dio fa un severo ammonimento a non incamminarsi su questo cammino di schiavitù, perché di quelli che lo fanno "nessuno riprende i sentieri della vita".

  20. Così camminerai per la via dei buoni
    e rimarrai nei sentieri dei giusti.

    Gli ammonimenti contro le seduzioni della donna adultera, gli inviti a non seguire coloro che camminano nella via delle tenebre (v.13) hanno uno scopo positivo che qui viene chiaramente espresso: esortare a camminare per la via dei buoni e a rimanere nei sentieri dei giusti. Anche se la via che conduce alla vita è stretta (Mt 7.14), essa non è deserta. Chi la percorre non si sente isolato, anzi, al contrario, oltre al conforto di sapere che l'obiettivo verso cui si dirige è quello giusto, sperimenta anche l'intima gioia della comunione dei giusti. Poiché la via è buona, essa è anche la via dei buoni.
    Oltre a camminare per essa, il discepolo è caldamente esortato a rimanere in essa. E' molto importante dunque l'invito alla vigilante costanza, perché molti cominciano bene, ma poi finiscono tra coloro che lasciano i sentieri della rettitudine per camminare nella via delle tenebre (v.13).

  21. Gli uomini retti infatti abiteranno la terra,
    quelli che sono integri vi rimarranno;

    Una strada può essere più o meno comoda, ma ciò che fa di lei la strada giusta o sbagliata è la meta a cui conduce. Camminando sui sentieri dei giusti (v.20), gli uomini retti raggiungeranno un giorno un traguardo glorioso: abitare la terra. Non saranno più "forestieri e pellegrini sulla terra" (Eb. 11.13), ma cittadini a pieno titolo di una nuova creazione. La terra oggi è instabile. Sta scritto infatti che, a causa dell'ingiustizia degli uomini, un giorno "la terra e le opere che sono in essa saranno bruciate" (2 Pt 3.10). Ma i giusti aspettano "nuovi cieli e nuova terra, nei quali abiti la giustizia" (2 Pt 3.13). E su questa nuova terra, resa ormai stabile dall'opera di redenzione di Cristo, gli uomini integri vi rimarranno.

  22. ma gli empi saranno sterminati dalla terra,
    gli sleali ne saranno estirpati.

    Agli uomini retti del versetto precedente si oppongono ora gli empi, e agli integri gli sleali. La differenza fondamentale tra i due gruppi di persone si rende visibile nei loro comportamenti, ma la sua radice profonda va ricercata nel rapporto con la parola di Dio. Gli empi non si curano di sapere di quello che Dio dice; gli sleali non si attengono a quello che sanno essere volontà di Dio. Si può trascurare la parola di Dio nelle sue indicazioni, ma non si può trascurarla nelle sue promesse. E Dio promette premi e castighi, i quali, inesorabilmente, si attuano. Dopo aver promesso il premio per i retti e gli integri, Dio promette il castigo per gli empi e gli sleali. La minaccia potrebbe sembrare superflua, ma non è così. Gli empi saranno sterminati, gli sleali saranno estirpati. Questo dice la parola di Dio, e questo avverrà. La minaccia è parte integrante della promessa: non si può avere l'una senza l'altra.



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Le ricompense della saggezza

Riflessioni sul libro dei Proverbi. Dal capitolo 3.
    1. Figlio mio, non dimenticare il mio insegnamento,
      e il tuo cuore custodisca i miei comandamenti,
    2. perché ti procureranno lunghi giorni,
      anni di vita e prosperità.
    3. Bontà e verità non ti abbandonino;
      legatele al collo, scrivile sulla tavola del tuo cuore;
    4. troverai così grazia e buon senso
      agli occhi di Dio e degli uomini.
    5. Confida nel SIGNORE con tutto il cuore
      e non ti appoggiare sul tuo discernimento.
    6. Riconoscilo in tutte le tue vie
      ed egli appianerà i tuoi sentieri.
    7. Non ti stimare saggio da te stesso;
      temi il SIGNORE e allontanati dal male;
    8. questo sarà la salute del tuo corpo
      e un refrigerio alle tue ossa.
    9. Onora il SIGNORE con i tuoi beni
      e con le primizie di ogni tua rendita;
    10. i tuoi granai saranno ricolmi d'abbondanza
      e i tuoi tini traboccheranno di mosto.
    11. Figlio mio, non disprezzare la correzione del SIGNORE,
      non ti ripugni la sua riprensione;
    12. perché il SIGNORE riprende colui che egli ama,
      come un padre il figlio che gradisce.
  1. Figlio mio, non dimenticare il mio insegnamento,
    e il tuo cuore custodisca i miei comandamenti,

    La sapienza continua a parlare nella forma di un padre al figlio, il quale ora non appare più digiuno di istruzione. Molti buoni insegnamenti sono già stati dati, ma il rischio adesso è che essi possano cadere nell'oblio. Di qui l'esortazione: Non dimenticare il mio insegnamento. Nella Bibbia, dimenticare le parole di Dio significa farle uscire non dalla testa, ma dal cuore (De 4.9). Nel cuore dunque devono essere custoditi i comandamenti della sapienza, affinché nel momento pratico della scelta essi possano essere ricordati e applicati.

  2. perché ti procureranno lunghi giorni,
    anni di vita e prosperità.,

    La ricompensa promessa a chi segue le esortazioni della sapienza assume tre aspetti. I lunghi giorni alludono al fatto che, secondo la Scrittura, la vita umana è un dono che Dio può allungare o accorciare a seconda di come l'uomo si dispone nei confronti della Sua Parola (De 6.2, Pr 10.27). Parlando di anni di vita s'intende esprimere che i giorni donati da Dio ai Suoi fedeli meritano davvero il nome di "vita", perché costituiscono un tempo prezioso che vale la pena di essere vissuto. Parlando infine di prosperità (shalom) si allude alla pienezza di gioia e pace che contraddistingue la vita di chi vive nell'osservanza dei comandamenti di Dio.

  3. Bontà e verità non ti abbandonino;
    legatele al collo,

    "Bontà" e "verità" sono termini che compaiono spesso associati nei libri dell'Antico Testamento ed hanno un significato importante in relazione all'opera di salvezza di Dio (es. Sl 25.10, 40.11, 85.10, 86.15, 89.10). Molto più spesso i termini originali vengono tradotti con "bontà" e "fedeltà" (es. Es. 34.6; 2 Sa 2.6, 15.20; Sl 57.10, 117.2; Pr 16.6). La bontà di Dio è l'amore che Egli esprime verso gli uomini in relazione al patto che ha stabilito con loro. La verità (o fedeltà) di Dio rappresenta l'autenticità e la stabilità dell'atteggiamento di grazia che Egli si propone di avere nei confronti delle Sue creature. Queste caratteristiche di Dio sono raccomandate anche al discepolo, perché il Signore vuole che i suoi figli rassomiglino a Lui nel carattere e negli atteggiamenti (Mt 5.48; Lu 6.36). "Legatele al collo", cioè fa in modo che ti siano sempre presenti e non ti escano dalla memoria; "scrivile sulla tavola del tuo cuore", cioè permetti ai pensieri e ai sentimenti di Dio di scendere in profondità nella tua persona e di trasformarti ad immagine Sua.

  4. troverai così grazia e buon senso
    agli occhi di Dio e degli uomini.

    Alle esortazioni si alternano le promesse. A chi vive in conformità al volere di Dio viene promesso di trovare grazia ai Suoi occhi. E questo naturalmente può bastare a dare una pace piena, perché nessuna valutazione umana può scalfire il giudizio favorevole di Dio. Ma il fatto interessante è che viene promesso anche il gradimento degli uomini. A prima vista questo potrebbe sembrare poco realistico. Eppure esistono diversi esempi biblici. Si può pensare a Giuseppe (Ge 39.3-4), al piccolo Samuele (1 Sa 2.26), allo stesso Signore Gesù (Lu 2.52). Anche se gli uomini arrivano talvolta a contrastare violentemente coloro che testimoniano della grazia del Signore con parole ed opere (2 Ti 3.12), resta il fatto che molti non possono fare a meno di apprezzare le persone che vivono nella dipendenza da Dio. Resistono al messaggio di salvezza perché non vogliono pagare il prezzo legato al ravvedimento, e tuttavia devono riconoscere, anche se non sempre lo ammettono pubblicamente, che chi ha scelto di seguire il Signore ha fatto una buona scelta.

  5. Confida nel SIGNORE con tutto il cuore
    e non ti appoggiare sul tuo discernimento.

    Confidare significa appoggiarsi. Per questo l'uomo naturale fa molta fatica a confidare nel Signore: l'esercizio della fede gli fa perdere l'appoggio del suo proprio discernimento. Vorrebbe continuare a dire: "Io penso, io credo, io decido", per avere l'impressione di continuare a dirigere personalmente la sua vita, e invece viene esortato a ricordare quello che "Il Signore ha detto". Riceve l'invito a non appoggiarsi sulla sua capacità di giudizio e di decisione, ma sulla parola di Dio. E viene invitato a farlo con tutto il cuore, e non solo con la testa. Chi crede alla parola di Dio soltanto con la testa si limita a dire: "E' vero", e resta in piedi, appoggiato sulle sue sole gambe. Chi crede con tutto il cuore si sbilancia con il corpo e si appoggia su Colui che gli ha rivolto la parola. Qualche volta prova il timore di cadere, ma proprio perché ha fatto l'atto concreto di appoggiarsi, può fare la meravigliosa esperienza di verificare personalmente che il sostegno tiene.

  6. Riconoscilo in tutte le tue vie
    ed egli appianerà i tuoi sentieri.

    Queste parole fanno venire in mente quei due discepoli di Gesù che camminavano sulla via di Emmaus e, pur avendo accanto a loro il Cristo risorto, "non lo riconoscevano" (Lu 24.16). Si capisce allora l'esortazione della Sapienza: Riconoscilo in tutte le tue vie. Quando il credente cammina con gli occhi della fede impediti, gli sembra di essere solo e abbandonato da tutti. Ma non è così, perché "Il SIGNORE è vicino a tutti quelli che lo invocano" (Sl 145.18). Ma bisogna tenere gli occhi della fede ben aperti per accorgersi della vicinanza del Signore. Quando questo accade, anche se i sentieri che si stanno percorrendo si presentano pieni di sconnessioni e asperità, la promessa di Dio è in grado di dare piena consolazione: Egli appianerà i tuoi sentieri.

  7. Non ti stimare saggio da te stesso;
    temi il SIGNORE e allontanati dal male,

    Temere il Signore e fuggire il male sono espressioni che compaiono spesso insieme nella Scrittura (Gb 1.1, 28.28; Pr 8.13, 16.6). L'uomo naturale non sa riconoscere il male in tutte le sue espressioni, perché egli stesso ha una mente contaminata dal male. Se pensa di essere saggio in sé stesso, di non avere bisogno di istruzioni che gli giungano dall'esterno, inevitabilmente finisce per cadere nel male che la sua mente corrotta non gli permette di riconoscere. Chi invece teme il Signore, sa che soltanto la Sua parola può renderlo capace di fare le dovute distinzioni tra bene e male, perché "Il timore del SIGNORE è scuola di saggezza" (15.33). E la divina saggezza, dopo aver illuminato il male per quello che realmente è, rivolge all'uomo un invito pieno di autorevole grazia: Allontanati dal male.

  8. questo sarà la salute del tuo corpo
    e un refrigerio alle tue ossa.

    Il termine tradotto con "corpo" nell'originale significa "ombelico". Non è facile capire in quale senso viene usato questo vocabolo, anche perché compare soltanto qui e in Ez. 16.4. Forse può indicare la parte molle del corpo umano, in contrapposizione alle ossa, che ne rappresentano la parte dura. Ombelico e ossa designerebbero dunque l'intera personalità dell'uomo, nella sua dimensione fisica e psicologica. La promessa contenuta in questo versetto significherebbe allora che chi teme il Signore ed evita il male spirituale del peccato, ne evita anche certe conseguenze dolorose che si presentano in forma di malattie del corpo e disturbi dell'anima.

  9. Onora il SIGNORE con i tuoi beni
    e con le primizie di ogni tua rendita;

    Non si tratta di un generico invito alla generosità, ma di un'esortazione a onorare il Signore con i propri beni. Nell'antichità era convinzione comune che l'offrire doni a qualcuno fosse un modo per rendergli onore (1Re 10.10ss, Da 11.38). Anche Gesù chiedeva ai suoi uditori di onorare i genitori provvedendo materialmente alle loro necessità (Mt 15.3 ss). E l'apostolo Paolo invitava Timoteo ad onorare le vedove che sono veramente tali includendole nel catalogo delle persone che dovevano essere assistite (1 Ti 5.3). Melchisedec, re di Salem, benedisse Abramo e gli diede pane e vino; Abramo rispose e onorò Melchisedec donandogli la decima di ogni bene che aveva (Ge 14.17 ss). Dio ha amato gli uomini per primo (1 Gv 4.19) dando loro il Suo Figlio unigenito. L'onore che adesso gli uomini rendono a Dio mediante l'offerta di una parte dei beni ricevuti è dunque soltanto un'azione di risposta, che proprio per questo non può che essere accompagnata dalla gratitudine.

  10. i tuoi granai saranno ricolmi d'abbondanza
    e i tuoi tini traboccheranno di mosto.

    Dio non resta mai in debito con nessuno. Quando chiede, è sempre perché ha già dato. E quello che riceve lo deposita sul conto della Sua infinita grazia per farlo fruttare e poterlo restituire moltiplicato a colui da cui lo ha ricevuto. Il Signore onora i Suoi fedeli servitori (Gv 12.23); e anche in questo caso l'onore si esprime attraverso doni concreti come i granai ricolmi e i tini traboccanti.

  11. Figlio mio, non disprezzare la correzione del SIGNORE,
    non ti ripugni la sua riprensione;

    L'uomo è portato ad apprezzare gli interventi di Dio nella sua vita quando esprimono approvazione e sono costituiti da beni materiali; ma se invece Dio interviene per manifestare la Sua disapprovazione con l'uso di forme di correzione e riprensione, allora l'uomo tende a disprezzare l'operato di Dio, avvertendolo come una fastidiosa ingerenza nelle sue faccende personali. Il discepolo viene allora invitato a non respingere ("non ti ripugni...") la riprensione del Signore, perché anche i Suoi rimproveri correttivi sono espressioni concrete d'amore, esattamente come i granai ricolmi e i tini traboccanti.

  12. perché il SIGNORE riprende colui che egli ama,
    come un padre il figlio che gradisce.

    Forse il miglior commento a questo versetto si trova in Eb 12.4-11. Quello che dà senso alla sofferenza prodotta dalla riprensione è l'amore. Dio non è soltanto un abile pedagogo, un professionista esperto nell'arte dell'educazione: Dio è un padre. E un padre ama suo figlio, e quindi lo corregge, anche con l'uso di mezzi che provocano sofferenza. Sta scritto infatti: "Chi risparmia la verga odia suo figlio, ma chi lo ama, lo corregge per tempo" (13.24).
    Raramente nell'Antico Testamento Dio viene presentato come un padre, e quasi sempre come figlio si intende il popolo d'Israele (Es 4.23; Ml 1.6). Soltanto il Signore Gesù concederà agli uomini l'immensa grazia di potersi rivolgere al Creatore dei cieli e della terra come a un padre personale (Mt 6.9 ss). Per l'opera dello Spirito Santo adesso è addirittura possibile invocarlo con l'affettuoso nome di "Abbà" (Ro 8.15-16), equivalente al nostro "papà". E in un amorevole e saggio papà, un figlio sottomesso sa riconoscere le espressioni d'amore anche quando assumono la forma di rimproveri e castighi.



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Le beatitudini del saggio

Riflessioni sul libro dei Proverbi. Dal capitolo 3.
    1. Beato l'uomo che ha trovato la saggezza,
      l'uomo che ottiene l'intelligenza!
    2. Poiché il suo guadagno è maggiore di quello dell'argento,
      il profitto che se ne trae vale più dell'oro fino.
    3. Essa è più pregevole delle perle,
      quanto hai di più prezioso non l'equivale.
    4. Lunghezza di vita è nella sua destra;
      ricchezza e gloria nella sua sinistra.
    5. Le sue vie sono vie deliziose,
      e tutti i suoi sentieri sono pace.
    6. Essa è un albero di vita per quelli che l'afferrano,
      e chi la possiede è beato.
    7. Con la saggezza il SIGNORE fondò la terra,
      e con l'intelligenza rese stabili i cieli.
    8. Per la sua scienza gli abissi furono aperti,
      e le nuvole distillano la rugiada.
  1. Beato l'uomo che ha trovato la saggezza,
    l'uomo che ottiene l'intelligenza!

    In 2.4 il discepolo era stato esortato a cercare la saggezza come l'argento. Nei versetti che seguono viene descritto il guadagno che procura l'aver trovato la saggezza. E poiché tale guadagno risulta "migliore di quello dell'argento" (3.14), colui che l'ha ottenuto viene detto beato, cioè benedetto da Dio. Queste parole non sono né una distaccata descrizione dei fatti, né una diretta esortazione alla virtù: si potrebbe dire che sono una forma di amorevole "propaganda" in favore della saggezza. Ma a differenza della propaganda umana che viene progettata ed eseguita a beneficio esclusivo di chi la fa, qui si desidera realmente che il vantaggio ricada su chi la riceve. Nel Suo infinito amore, Dio vuole donare agli uomini la Sua saggezza; ma, come ogni dono d'amore, per essere veramente ricevuto come tale deve essere accolto in piena libertà.

  2. Poiché il guadagno che essa procura è migliore di quello dell'argento,
    il profitto che se ne trae vale più dell'oro fino.

    Il linguaggio che qui viene usato è volutamente commerciale. Chi è convinto di essere un uomo pratico e pensa soprattutto ai soldi deve sapere che il guadagno che si ottiene attraverso l'uso della sapienza è molto più grande del profitto che può provenire dall'investimento di grandi capitali. La ricchezza non è di per sé un male, ma su di essa non si può fondare la propria vita, perché per sua natura la ricchezza è instabile:"Non ti affannare per diventar ricco, smetti dall'applicarvi la tua intelligenza. Vuoi fissare lo sguardo su ciò che scompare? Poiché la ricchezza si fa delle ali, come l'aquila che vola verso il cielo" (23.4-5). Ottenere da Dio la saggezza è di gran lunga preferibile, perché "con la saggezza il Signore fondò la terra, e con l'intelligenza rese stabili i cieli" (3.19). E ciò che rende stabile i cieli e la terra costituisce certamente un fondamento sicuro per la vita di ogni uomo.

  3. Essa è più pregevole delle perle,
    quanto hai di più prezioso non l'equivale.

    Gli oggetti con cui viene paragonata la saggezza aumentano sempre di valore: prima l'argento, poi l'oro e infine le perle. Non è detto però che tutti siano interessati soltanto alle ricchezze. Molti altri beni possono essere bramosamente desiderati e quindi diventare di grande valore per una persona. Per qualcuno può essere la carriera, per un altro la musica, per un altro uno sport. Ma la sapienza proveniente dal Signore è un bene di gran lunga superiore, perché, come dice il maestro al discepolo: "Quanto hai di più prezioso non l'equivale".

  4. Lunghezza di vita è nella sua destra;
    ricchezza e gloria nella sua sinistra.

    La sapienza non è soltanto il bene più prezioso di qualsiasi altro: essa contiene in sé tutti gli altri veri beni e li dispensa generosamente agli uomini. Con la mano destra può dare lunghezza di vita (3.2, 4.10), con la sinistra ricchezza e gloria (4.9, 8.18). E' quindi da folli sperare di ottenere la felicità dalle cose senza ascoltare la voce della saggezza che proviene da Dio. Chi ha trovato la vera sapienza non si lamenta, non perché ha la forza di sopportare stoicamente il male, ma perché sa di essere ricolmo di ogni bene. La sapienza di Dio è apparsa in forma perfetta nella persona di Cristo, e l'apostolo Paolo dirà: "Voi avete tutto pienamente in Lui" (Co 2.10). Di che cosa dovremmo lamentarci?

  5. Le sue vie sono vie deliziose,
    e tutti i suoi sentieri sono pace.

    Non sempre la vita del saggio sembra essere tranquilla e deliziosa. L'esempio più evidente è proprio quello di Gesù. Giudicando con metri umani, gli ultimi anni della vita del Figlio di Dio sulla terra sono stati pieni di difficoltà, contrasti e sofferenze. Eppure, poche ore prima di affrontare il supplizio della croce il Signore Gesù poté dire ai Suoi discepoli: "Vi lascio pace; vi do la mia pace" (Gv 14.27). Chi accoglie questa parola e vive sul fondamento di questa promessa sperimenta la pace profonda che si basa non sull'assenza di male, ma sulla vittoria definitiva che Dio ha riportato sul male attraverso l'opera di Cristo.

  6. Essa è un albero di vita per quelli che l'afferrano,
    e chi la possiede è beato.

    L'albero della vita compare all'inizio della storia bibica, nel giardino di Eden (Ge 2.9), e alla fine, nella Gerusalemme celeste (Ap 22.2). All'inizio il peccato non era ancora stato compiuto e la morte non era entrata nel mondo; alla fine il peccato sarà definitivamente cancellato e la morte vinta. In questo tempo intermedio gli uomini possono ottenere la vera vita soltanto attraverso la sapienza, manifestatasi compiutamente nella persona di Cristo. Essa è offerta a tutti, ma soltanto quelli che l'afferrano ne godono i benefici effetti di salvezza; e soltanto quelli che la possiedono possono dirsi veramente beati, cioè realmente e pienamente felici.

  7. Con la saggezza il SIGNORE fondò la terra,
    e con l'intelligenza rese stabili i cieli.

    Questo versetto può essere considerato come un'anticipazione e un breve riassunto di 8.22-31. Se il mondo fosse sorto per caso e gli uomini fossero i primi esseri che avessero cominciato a pensare, allora è chiaro che toccherebbe a loro organizzare le forme del pensiero e definire che cos'è saggezza. Se invece è Dio che fondò la terra e rese stabili i cieli, allora è assurdo credere di poter vivere su questa terra e sotto questi cieli trascurando il pensiero di Colui che li ha creati. Chi non risale dall'osservazione delle opere create alla sapienza del Creatore, necessariamente sarà costretto a chiamare "sapienza" la propria stoltezza. E ne subirà le conseguenze.

  8. Per la sua scienza gli abissi furono aperti,
    e le nuvole distillano la rugiada.

    Non è facile capire se gli abissi aperti si riferiscano al diluvio (Ge 7.11) o alla regolare caduta della pioggia (Gb 36.27). Nel primo caso l'insegnamento sarebbe che anche l'attività punitiva di Dio sul peccato degli uomini è una manifestazione della Sua sapienza. Nel secondo caso i riferimenti alla pioggia e alla rugiada mostrerebbero che Dio, dopo aver creato "nel principio" (Ge 1.1) i cieli e la terra, continua ora a benedire le Sue creature concedendo loro "la rugiada del cielo, la fertilità della terra e abbondanza di frumento e di vino" (Ge 27.28).



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La sapienza dona sicurezza

Riflessioni sul libro dei Proverbi. Dal capitolo 3.
    1. Figlio mio, queste cose non si allontanino mai dai tuoi occhi!
      Conserva la saggezza e la riflessione!
    2. Esse saranno vita per l'anima tua
      e un ornamento al tuo collo.
    3. Allora camminerai sicuro per la tua via
      e il tuo piede non inciamperà.
    4. Quando ti coricherai non avrai paura;
      starai a letto e il tuo sonno sarà dolce.
    5. Non avrai da temere lo spavento improvviso,
      né la rovina degli empi, quando verrà;
    6. perché il SIGNORE sarà la tua sicurezza,
      e preserverà il tuo piede da ogni insidia.
  1. Figlio mio, queste cose non si allontanino mai dai tuoi occhi!
    Conserva la saggezza e la riflessione!.

    Come già osservato sopra (3.13), il maestro si comporta come un buon propagandista. Dopo aver esposto le grandi qualità della merce (la saggezza), cerca di convincere il cliente (il discepolo) all'acquisto e all'uso del prodotto. La saggezza è un bene che non basta acquisire: essa deve essere continuamente applicata alle concrete circostanze della vita. Per questo è necessario che le cose imparate non si allontanino mai dagli occhi, perché anche i pensieri più giusti e le convinzioni più assennate possono essere dimenticate nel momento in cui sopravviene una difficoltà imprevista.
    Per saggezza qui si intende forse il bagaglio di pensieri giusti e veri che sono alla base di tutte le scelte della vita; e per riflessione la capacità di applicare con accorto discernimento quei pensieri alle concrete situazioni che in pratica si presentano. Sia l'una che l'altra devono essere conservate con cura, come beni preziosi destinati ad aumentare di valore col passar del tempo.

  2. Esse saranno vita per l'anima tua
    e un ornamento al tuo collo..

    Non si dice che saggezza e riflessione "produrranno" vita, ma che saranno vita. Condurre un'esistenza basata su pensieri, giudizi e propositi di stoltezza non è vita. La vera vita è vita eterna, basata non su umane valutazioni, ma sulla rivelazione di Dio. Gesù dice: "Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" (Gv 8.12),
    La saggezza ricevuta da Dio non è un bene da riporre nel segreto della propria coscienza, al riparo dagli occhi altrui. Essa è un ornamento per chi la possiede: può dunque essere esposta al pubblico, nella convinzione che essa è motivo di vanto, e non di vergogna, per chi la indossa.

  3. Allora camminerai sicuro per la tua via
    e il tuo piede non inciamperà..

    In 1.33 si dice che chi ascolta la saggezza "starà al sicuro"; qui invece, al figlio che "conserva la saggezza e la riflessione" (3.21) il padre saggio promette: "camminerai sicuro". Camminare significa muoversi, fare delle scelte. Chi si sente insicuro anche quando non fa niente, si sentirà ancora meno sicuro quando agisce: la paura di sbagliare lo attanaglierà. Lo sbaglio può essere dovuto a colpa propria o al sopraggiungere di fatti imprevisti, ma in ogni caso costituisce un intoppo in cui si inciampa. Per chi cammina su sentieri di saggezza la promessa allora è consolante: "Il tuo piede non inciamperà".

  4. Quando ti coricherai non avrai paura;
    starai a letto e il tuo sonno sarà dolce..

    Il saggio viene mantenuto in una posizione di sicurezza sia quando agisce, sia quando riposa. Il sonno è un momento di ristoro, ma anche di debolezza. Fino a che la mente è occupata a cercare le soluzioni più adatte ai problemi, si può essere consolati dal pensiero di poter intervenire sulla realtà per modificarla a proprio favore; ma quando si è costretti a fermarsi, le paure allontanate si ripresentano spesso in forma ancora più spaventevole. Il sonno dolce promesso al saggio costituisce quindi un bene prezioso da afferrare con decisione e gratitudine (Sl 3.5; 4.8).

  5. Non avrai da temere lo spavento improvviso,
    né la rovina degli empi, quando verrà;.

    Alcuni traducono l'indicativo "Non avrai da temere" con l'imperativo "Non temere". Il significato non cambia. L'invito esortativo a non temere si basa sul fatto oggettivo che il saggio vive in una realtà protetta direttamente da Dio. L'empio può essere convinto di stare dominando il suo presente (Lu 12.16-19), ma se s'illude di poter dominare anche il suo futuro non può che essere uno stolto. La rovina incombe e arriverà improvvisa, su di lui personalmente (Lu 12.20), e su tutto il mondo che giace nel Maligno (1 Ts 5.3). Da questo improvviso spavento che precede e accompagna la rovina il discepolo saggio è preservato. Può dunque dormire "sonni tranquilli".

  6. perché il SIGNORE sarà la tua sicurezza,
    e preserverà il tuo piede da ogni insidia..

    La sicurezza viene dalla sapienza e la sapienza viene dal Signore. Il discepolo quindi è protetto direttamente da Dio. Ma il fatto che questa protezione viene offerta attraverso la saggezza mette in evidenza che Dio vuole proteggere i suoi con la Parola, non con i muri e le armi. Solo chi ascolta sarà protetto.
    Come nel v.23, una particolare protezione riguarda il piede. Nel primo caso si dice che "non inciamperà", perché il discepolo sarà protetto dalla sua insipiente sbadataggine. Nel secondo caso si dice che sarà preservato "da ogni insidia", perché il Signore stesso sventerà le trappole poste sul suo cammino dai nemici.


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Cinque divieti con quattro motivazioni

Riflessioni sul libro dei Proverbi. Dal capitolo 3.
    1. Non rifiutare un beneficio a chi vi ha diritto,
      quando è in tuo potere di farlo.
    2. Non dire al tuo prossimo: «Va' e torna, te lo darò domani»,
      quando hai la cosa con te.
    3. Non tramare il male contro il tuo prossimo,
      mentre egli abita fiducioso con te.
    4. Non fare causa a nessuno senza motivo,
      se non ti è stato fatto alcun torto.
    5. Non portare invidia all'uomo violento
      e non scegliere nessuna delle sue vie;
    6. poiché il SIGNORE ha in abominio l'uomo perverso,
      ma la sua amicizia è per gli uomini retti.
    7. La maledizione del SIGNORE è nella casa dell'empio,
      ma egli benedice l'abitazione dei giusti
    8. Se schernisce gli schernitori,
      fa grazia agli umili.
    9. I saggi erediteranno la gloria,
      ma l'infamia è la parte che spetta agli stolti.
Le indicazioni della sapienza cominciano a diventare pratiche. Seguono cinque versetti che nel testo originale cominciano con altrettanti "non". Essere saggi nelle relazioni con il prossimo non significa dare libero corso alla propria "spontaneità", perché il cuore dell'uomo è per natura malvagio. Soltanto la Parola di Dio, che "giudica i sentimenti e i pensieri del cuore" (Eb 4.12), è in grado di valutare correttamente la qualità delle azioni umane. I suoi "no" devono dunque essere presi nella massima considerazione.

  1. Non rifiutare un beneficio a chi vi ha diritto,
    quando è in tuo potere di farlo.
    Il primo "no". Questo versetto ricorda l'esortazione di Giacomo: "Chi dunque sa fare il bene e non lo fa, commette peccato" (Gc 4.7; ved. anche Ro 13.7, Ga 6.10). Ci sono comuque due precise condizioni: 1) l'altro deve averne "diritto", cioè deve trovarsi in una condizione in cui un certo tipo di aiuto o di rispetto gli è dovuto, sia perché corrisponde realmente al suo bene, sia perché chi gli è vicino e vuole essere perfetto come il suo Padre celeste (Mt 5.48) deve sentire verso di lui un debito d'amore (Ro 13.8); 2) chi vuole aiutare deve concretamente essere nella possibilità di farlo. Sono condizioni che richiedono discernimento e onestà interiore, più che focosi slanci sentimentali.

  2. Non dire al tuo prossimo: «Va' e torna, te lo darò domani»,
    quando hai la cosa con te.

    Il secondo "no". Per chi è nel bisogno il tempo può avere un grande valore (ved. Le 19.13; De 24.12-15). Un antico proverbio latino dice: "Bis dat qui cito dat" (Dà il doppio chi dà subito). Rinviare a domani senza un vero motivo significa seguire una via tortuosa. In realtà non si vuol dare, ma non si vuole che si veda. Rinviando a domani si spera forse che il richiedente, spinto dall'urgenza, cercherà altrove l'aiuto di cui ha bisogno e farà così cadere la sua richiesta. E in questo modo all'egoismo si aggiungerà l'ipocrisia.

  3. Non tramare il male contro il tuo prossimo,
    mentre egli abita fiducioso con te.

    Il terzo "no". Chi non fa quello che deve fare, prima o poi farà quello che non deve fare. Il peccato passivo, consistente nel non fare il bene al prossimo, rischia spesso di trasformarsi in peccato attivo, consistente nel fare il male al prossimo. Il male comincia a manifestarsi nei pensieri. Il verbo "tramare" significa letteralmente "arare". Chi nella sua mente trama il male contro qualcuno prepara il terreno da cui spunterà l'azione malvagia: "Voi avete arato la malvagità, avete mietuto iniquità" (Os 10.13). E' poi particolarmente odioso macchinare il male contro chi non è sulla difensiva perché pensa di essere in un rapporto di amicizia. Davide dovette fare più volte un'esperienza simile (Sl 41.9; 55.13), e in questo modo anticipò il terribile tradimento che Gesù subì da parte di Giuda. Certamente il Signore Gesù aveva capito le intenzioni di Giuda, e tuttavia continuò a comportarsi come è giusto fare con un amico: non agì con diffidenza, non cercò di sventare con astuzia le trame ordite contro di lui. E quando Giuda gli diede il lungo bacio che suggellava il tradimento, poté rispondere in tutta sincerità: "Amico, che cosa sei venuto a fare?" (Mt 26.50). Contraccambiare il bene con il male è diabolico. Le gravi parole di Gesù su Giuda lo confermano:"Certo, il Figlio dell'uomo se ne va, come è scritto di lui; ma guai a quell'uomo dal quale il Figlio dell'uomo è tradito! Meglio sarebbe per quell'uomo se non fosse mai nato"(Mt 6.24).

  4. Non fare causa a nessuno senza motivo,
    se non ti è stato fatto alcun torto.

    Il quarto "no". Dopo aver ammonito contro il male preparato nei pensieri, il maestro mette in guardia contro il male che si manifesta nelle azioni. L'egoista persegue il suo proprio interesse a tutti i costi, e se intravede la possibilità di ottenere un vantaggio entrando in lite con il suo vicino, non ha esitazioni. Anche se non ha ricevuto torti, è sufficiente che scorga nell'altro una qualsiasi forma di debolezza per passare all'attacco, con tutti i mezzi che si rendono disponibili, onesti o non onesti. La Scrittura mette in guardia contro questo tipo di contenziosità (Pr 17.14, 25.8; Ro 12.18; 1 Co 6.1-8): chi la pratica dovrà imparare a sue spese che non si può fare il proprio interesse a spese del prossimo.

  5. Non portare invidia all'uomo violento
    e non scegliere nessuna delle sue vie;

    Il quinto "no". Trattenere sé stesso dal fare il male non impedisce agli altri di farlo. Il saggio allora potrebbe restare perplesso davanti ai successi delle persone senza scrupoli, e chiedersi se non sia il caso di imitarne i metodi. La parola di ammonimento è chiara: ogni pensiero di invidia verso l'uomo violento deve essere allontanato (Pr 23.17, 24.1; Sl 37.1, 73.3), perché dall'invidia si passa facilmente all'imitazione (Sl 37.8). E' bene quindi non indugiare in pensieri disordinati (non portare invidia) per non arrivare a propositi insani a cui seguono inevitalmente azioni inique (non scegliere le sue vie).
    Sono stati pronunciati cinque "no" ed è naturale pensare che possano essere avvertiti come sgradevoli e ingiustificate restrizioni. Nei versetti che seguono ne vengono date le motivazioni. Esse fanno riferimento ad un unico fatto: la volontà di Dio. In ogni sua azione l'uomo dovrebbe anzitutto chiedersi: "Che cosa ne pensa il Signore? Quali saranno le Sue reazioni? Che cosa ha promesso o minacciato di fare?" L'atteggiamento di Dio viene qui schematicamente presentato attraverso quattro secche contrapposizioni, prive di tutte quelle graduali sfumature che tanto piacciono a chi cerca qualche "pia" giustificazione per il suo agire peccaminoso.

  6. poiché il SIGNORE ha in abominio l'uomo perverso,
    ma la sua amicizia è per gli uomini retti.

    Prima contrapposizione. All'uomo perverso (contorto, tortuoso) viene contrapposto l'uomo retto (lineare, semplice). Per il primo il Signore ha abominio (avversione, repulsione), per il secondo amicizia (intimità, confidenza). E' saggio, quando si prende la decisione di agire in un certo modo, tener conto di tanti fattori sociali, psicologici, ambientali e trascurare l'unico fattore veramente essenziale: la comunione con Dio? E' ragionevole preoccuparsi di mantenere buoni rapporti con persone più o meno influenti nella società e non chiedersi di quale tipo sono le relazioni con la Persona più importante di tutto il creato?

  7. La maledizione del SIGNORE è nella casa dell'empio,
    ma egli benedice l'abitazione dei giusti.

    Seconda contrapposizione. All'empio viene contrapposto il giusto. Al primo, che si disinteressa di Dio, è riservata la maledizione, al secondo, che ha timor di Dio, la benedizione. Quello che Dio benedice riceve vita e porta frutto (Ge 1.22,28), quello che Egli maledice inaridisce e muore (Mr 11.21). I segni della maledizione e della benedizione non sempre si vedono subito: per questo l'empio si comporta talvolta in modo superbo, deridendo gli scrupoli del giusto. Ma la maledizione è nella casa dell'empio, mentre Dio benedice l'abitazione del giusto. Avere come ospite in casa la maledizione di Dio non è qualcosa che possa lasciare tranquilli. Prima o poi l'ospite fa sentire la sua presenza e la casa si avvia verso la rovina. Soltanto Dio può trasformare l'empio in giusto e la maledizione in benedizione. Ed Egli l'ha fatto nella persona del Signore Gesù Cristo, che è divenuto maledizione per noi affinché su coloro che credono in Lui venisse la benedizione promessa ad Abraamo (Ga 3.13-14).

  8. Se schernisce gli schernitori,
    fa grazia agli umili.

    Terza contrapposizione. Agli schernitori vengono contrapposti gli umili. Sugli schernitori è già stato detto qualcosa nel commento al v. 1.22. Con il loro atteggiamento irridente essi si pongono su un piano di superiorità rispetto ai "creduloni" che vogliono tenere in considerazione i comandamenti del Signore. Sono quindi assimilabili ai superbi, e proprio per questo vengono contrapposti agli umili. E' questa infatti la forma in cui il versetto viene citato nel Nuovo Testamento: "Dio resiste ai superbi ma dà grazia agli umili" (Gc. 4.6; 1 Pt 5.5). Qui però si dice, più precisamente, che Dio schernisce gli schernitori. Più volte viene detto nella Scrittura che se un uomo vuole contendere con Dio, Egli accetta la sfida sul piano che è stato scelto, riuscendone inevitabilmente vincitore (Le 26.23-28; Sl 2.1-6, 18.26-28; 1 Co 1.19-20). Poiché lo schernitore ride delle parole di Dio (1.22), un giorno Dio riderà delle sue sventure (1.26): "Non vi ingannate; non ci si può beffare di Dio; perché quello che l'uomo avrà seminato, quello pure mieterà" (Ga 6.7). Quando invece Dio vede qualcuno che si abbassa davanti alle Sue parole, allora si abbassa anche Lui, raggiungendo l'umile nel suo abbassamento e rialzandolo con la Sua grazia (Sl 138.6; Lu 1.22).

  9. I saggi erediteranno la gloria,
    ma l'infamia è la parte che spetta agli stolti.

    Quarta contrapposizione. Agli stolti vengono contrapposti i saggi. Il confronto che in questo caso viene fatto è tra due destini: ai primi è riservata l'ignominia, ai secondi la gloria. Per il momento le parti sembrano invertite: le persone prive di scrupoli morali raggiungono spesso posizioni di potere e di successo, con il relativo contorno di prestigio sociale e pubblica ammirazione, mentre chi si lascia guidare dalla saggezza di Dio sulle vie della giustizia viene compatito o apertamente deriso. Un giorno però tutto verrà rimesso al giusto posto e ognuno troverà la collocazione che gli compete, anche per quel che riguarda le questioni di onore o disonore, di gloria o infamia (Da 12.2-3).



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Invito ad acquistare saggezza

Riflessioni sul libro dei Proverbi. Dal capitolo 4.
    1. Figlioli, ascoltate l'istruzione di un padre,
      state attenti a imparare la saggezza;
    2. perché io vi do una buona dottrina;
      non abbandonate il mio insegnamento.
    3. Quand'ero ancora bambino presso mio padre,
      tenero e unico presso mia madre,
    4. egli mi insegnava dicendomi:
      «Il tuo cuore conservi le mie parole;
      osserva i miei comandamenti e vivrai;
    5. acquista saggezza, acquista intelligenza;
      non dimenticare le parole della mia bocca e non te ne sviare;
    6. non abbandonare la saggezza, ed essa ti custodirà;
      amala, ed essa ti proteggerà;
    7. il principio della saggezza è: Acquista la saggezza;
      sì, a costo di quanto possiedi, acquista l'intelligenza;
    8. esaltala, ed essa t'innalzerà;
      essa ti coprirà di gloria quando l'avrai abbracciata;
    9. essa ti metterà sul capo un fregio di grazia,
      ti farà dono di una corona di gloria».
  1. Figlioli, ascoltate l'istruzione di un padre,
    state attenti a imparare la saggezza;

    Si ripresentano insieme i due termini istruzione e saggezza che sono apparsi per la prima volta in 1.2 (ved. commento). L'esortazione avviene adesso nella forma di un padre che parla ai figli (al plurale). E' la voce dell'esperienza che si fa sentire. Il collegamento voluto da Dio tra chi è vissuto prima e chi vive dopo avviene attraverso la parola. Il padre sta assolvendo il compito che gli spetta: parlare ai figli. Ad essi compete la responsabilità di ascoltare, e non per semplice rispetto verso la persona anziana, ma per l'interesse che portano alla vita che sta loro davanti. State attenti, dice il padre ai figli, perché la saggezza non è un bene che si trasmette biologicamente per via ereditaria: la saggezza si impara.

  2. perché io vi do una buona dottrina;
    non abbandonate il mio insegnamento.

    I figli a cui questo padre si rivolge non potranno mai dire di essere stati male consigliati e male indirizzati. Hanno ricevuto e stanno ancora ricevendo una buona dottrina. Questo aumenta la loro responsabilità. L'istruzione non produce frutto per il semplice fatto di essere stata impartita: essa deve anche essere accolta. E chi la riceve deve anche preoccuparsi di conservarla e accrescerla, perché rimane sempre il rischio di lasciarsi fuorviare da nuovi pensieri e nuove "morali" (2.13). Si comprende allora la preoccupazione del padre saggio: Non abbandonate il mio insegnamento.

  3. Quand'ero ancora bambino presso mio padre,
    tenero e unico presso mia madre,

    Nel discorso familiare si inserisce il riferimento alla generazione precedente. Il padre che ora istruisce i figli ricorda di essere stato anche lui un bambino, sottolineando l'amore tenero e dolce che ha potuto ricevere dai suoi genitori. Il suo parlare non è dunque motivato da una legalistica severità a cui ha dovuto suo malgrado sottoporsi e che adesso cerca a sua volta di imporre a chi viene dopo di lui, ma dall'amore di cui è stato oggetto nella sua infanzia.

  4. egli mi insegnava dicendomi:
    «Il tuo cuore conservi le mie parole;
    osserva i miei comandamenti e vivrai;

    Il vero amore dei genitori verso i figli si esprime nella trasmissione di parole di sapienza (De 4.9). Il padre che qui parla vuole rafforzare la sua esortazione con il racconto della sua esperienza. Fin da bambino gli sono stati impartiti buoni insegnamenti, insieme con la raccomandazione di conservare le parole udite e di osservare i comandamenti ricevuti. Egli lo ha fatto e non ha dovuto pentirsene, tutt'altro. Le istruzioni ricevute nella famiglia gli sono servite per vivere nel senso vero e pieno della parola. Per questo può fare adesso la stessa raccomandazione a ciascuno dei suoi figli, unita ad una splendida promessa: vivrai!. Nell'originale si trova l'imperativo, e quindi il termine può anche essere tradotto: vivi! Si tratta dunque di una parola di benedizione che un padre saggio pronuncia su di un figlio con l'autorità che gli viene dalla parola di Dio (Ge 27.4 ss., 49.28 ss.).
    Nel piano di Dio la sapienza passa di generazione in generazione. Non c'è nulla di nuovo da scoprire per quanto riguarda la vita e la morte, il bene e il male, la giustizia e l'ingiustizia. La saggezza rivelata da Dio e tramandata attraverso i Suoi servitori fedeli deve essere conservata, non inventata. Il giusto rapporto tra genitori e figli è stato vissuto in modo perfetto dal Signore Gesù, il quale si è nutrito delle parole del Padre celeste e le ha trasmesse agli uomini così come le ha ricevute (Gv 12.49-50). E' vero che nella situazione di male in cui vive oggi l'umanità molti padri non trasmettono ai figli l'autentica sapienza di Dio. Questo però deve essere vissuto come una carenza dovuta al peccato degli uomini, non come un incentivo a ricercare o inventare una sapienza del tutto nuova e adeguata ai tempi. A chi vuol fare la Sua volontà Dio sa provvedere padri e madri spirituali capaci di trasmettere, per averne fatto esperienza personale, l'autentica saggezza basata sulla fede "che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre" (Gd 3). Grande è invece la responsabilità di chi, pur avendo ricevuto in famiglia un insegnamento basato sulla "verità che è conforme alla pietà" (Ti 1.1), non ha conservato le buone parole dei suoi genitori e non ha osservato i comandamenti da loro ricevuti. Avendo "conosciuto la volontà" di Dio e non avendo fatto nulla per compierla, nel giorno del giudizio "riceverà molte percosse" (Lu 12.47).

  5. acquista saggezza, acquista intelligenza;
    non dimenticare le parole della mia bocca e non te ne sviare;

    Non è naturale collegare un bene spirituale come la sapienza con un'operazione commerciale come l'acquisto di un oggetto. Eppure questo accostamento compare diverse volte nel libro dei Proverbi (4.7, 15.32, 16.16, 17.16, 18.15, 19.8, 23.23): il che significa che l'immagine esprime un aspetto importante della relazione che ci deve essere tra la sapienza e l'uomo. Chi vuole comprare deve essere disposto a pagare, e quindi a rinunciare ad altre possibilità di acquisto pur di venire in possesso del bene desiderato. L'esortazione ad acquistare sapienza e intelligenza fa risaltare la preziosità di questi beni. Se il procedere del saggio gli fa perdere soldi, può sempre dire che quei soldi sono stati spesi per acquistare sapienza (1.5). E la qualità del prodotto ottenuto non gli farà rimpiangere i soldi spesi.
    All'esortazione positiva, segue quella negativa: non dimenticare, non te ne sviare. Anche queste sono ammonizioni che si ripetono spesso nel libro. Ma è così perché sono necessarie. Il padre continua a ripetere di non dimenticare le sue parole proprio perché sa che senza di questo il figlio le dimenticherebbe. E se dice: "Non te ne sviare" è perché sa che per arrivare alla meta non basta avviarsi nella direzione giusta: bisogna anche continuamente decidere di non cambiarla durante il cammino.

  6. non abbandonare la saggezza, ed essa ti custodirà;
    amala, ed essa ti proteggerà;

    Vengono fatte due esortazioni, di importanza crescente. La prima è negativa: non abbandonare la saggezza; la seconda positiva: amala. Ad esse corrispondono due promesse: la sapienza ti custodirà e ti proteggerà. La capacità protettiva della salvezza è stata già presentata in 2.11, e l'esortazione a non abbandonare la saggezza è stata sostanzialmente già fatta in 4.2. Nuovo e significativo è l'invito ad amare la saggezza. Ama la saggezza chi ama la parola che gliela comunica. Per questo il salmista può dire: "La tua parola è pura d'ogni scoria; perciò il tuo servo l'ama" (Sl 119.140). E ama la parola che gli viene comunicata soltanto colui che ama chi gliela comunica. In ultima istanza, ama veramente la saggezza soltanto chi osserva "il grande e primo comandamento": "Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente" (Mt 22.37).

  7. il principio della saggezza è: Acquista la saggezza;
    sì, a costo di quanto possiedi, acquista l'intelligenza;

    In 4.5 era già stato fatto l'invito ad acquistare saggezza. Adesso viene indicato anche il prezzo che l'acquirente deve essere disposto a pagare. Su quella particolare merce che è la saggezza è esposto un cartellino con la seguente scritta: Tutto quello che possiedi. Il motivo è semplice, ed è contenuto in un versetto del libro dell'Ecclesiaste: "La saggezza fa vivere quelli che la possiedono" (Ec 7.12). Si tratta dunque di una questione di vita o di morte. Poiché Cristo è la sapienza che viene da Dio, acquistare la vera sapienza significa accettare la vita eterna che in Lui viene donata. Per questo Gesù dice: "E che giova all'uomo se guadagna tutto il mondo e perde l'anima sua?" (Mt 8.36). E l'apostolo Paolo dichiara: "Ritengo che ogni cosa sia un danno di fronte all'eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho rinunciato a tutto" (Fi 3.8).

  8. esaltala, ed essa t'innalzerà;
    essa ti coprirà di gloria quando l'avrai abbracciata;

    Il discorso assume ora toni più forti. Prima si chiedeva di non abbandonare la saggezza e si prometteva custodia e protezione da parte sua. Adesso si chiede di esaltare e abbracciare la saggezza per ottenerne in cambio innalzamento e gloria. Il modo migliore per sfuggire alla tentazione di abbandonare la sapienza che viene da Dio per seguire le vie della propria stoltezza è quello di avere un atteggiamento di trasporto amoroso verso le parole di grazia e verità (Gv 1.14) che ci vengono offerte nella persona del Signore Gesù. Un esempio eloquente si trova in Maria di Betania che, seduta ai piedi del Maestro, ne ascolta le parole con intensa attenzione (Lc 10.39) e ottiene la gloria di essere ricordata "in tutto il mondo, dovunque sarà predicato il vangelo"(Mr 14.9).

  9. essa ti metterà sul capo un fregio di grazia,
    ti farà dono di una corona di gloria».

    Quando il figlio prodigo della parabola di Gesù (Lu 15.11 ss.) tornò a casa pentito, il padre non si limitò ad accoglierlo dandogli cibo e riparo, cioè i beni indispensabili alla sopravvivenza, ma gli diede anche onore e gloria facendo portare per lui "la veste più bella" e un anello da mettere al dito e dei calzari da mettere ai piedi. A chi si rivolge a Lui con semplice fiducia, Dio concede, oltre a tutto il resto, anche il dono della bellezza. Una bellezza abbagliante che conferisce gloria a chi la riceve e manifesta la grandezza di chi la dona.

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La via dei giusti e la via degli empi

Riflessioni sul libro dei Proverbi. Dal capitolo 4.
    1. Ascolta, figlio mio, ricevi le mie parole,
      e anni di vita ti saranno moltiplicati.
    2. Io ti indico la via della saggezza,
      ti avvio per i sentieri della rettitudine.
    3. Se cammini, i tuoi passi non saranno raccorciati,
      e se corri, non inciamperai.
    4. Afferra saldamente l'istruzione, non lasciarla andare;
      conservala, perché essa è la tua vita.
    5. Non entrare nel sentiero degli empi
      e non t'inoltrare per la via dei malvagi;
    6. schivala, non passare per essa;
      allontanatene, e va' oltre.
    7. Essi infatti non possono dormire, se non hanno fatto del male;
      il sonno è loro tolto, se non hanno fatto cadere qualcuno.
    8. Essi mangiano il pane dell'empietà
      e bevono il vino della violenza;
    9. ma il sentiero dei giusti è come la luce che spunta
      e va sempre più risplendendo, finché sia giorno pieno.
    10. La via degli empi è come il buio;
      essi non scorgono ciò che li farà cadere.
  1. Ascolta, figlio mio, ricevi le mie parole,
    e anni di vita ti saranno moltiplicati.

    Ancora una volta vengono promessi al figlio anni di vita (3.2, 3.16). Le condizioni poste sono: ascolta e ricevi le mie parole. Quando l'uomo deve affrontare momenti difficili della sua vita spesso si rivolge a Dio con parole appassionate dicendo: "O SIGNORE, ascolta la mia preghiera, porgi orecchio al mio grido" (Sl 39.12). Ma lo stesso uomo dimentica che forse il Signore si è già rivolto a lui con parole come queste: "Tu, figlio d'uomo, ascolta ciò che ti dico; non essere ribelle come questa famiglia di ribelli" (Ez 2.8). Dio e l'uomo si rivolgono l'un l'altro la parola: Ascolta! Ma se l'uomo è veramente interessato a risolvere il problema della sua vita, deve tenere ben presente che la Parola di Dio viene prima della sua. In ordine di tempo e in ordine di importanza.

  2. Io ti indico la via della saggezza,
    ti avvio per i sentieri della rettitudine.

    La versione sofisticata della saggezza è la furbizia. Il furbo crede di aver capito che per muoversi realisticamente in questo mondo e ottenere i risultati voluti bisogna percorrere vie poco illuminate, nascoste, tortuose. Dovrà accorgersi, a sue spese, che le cose non stanno così. Tutto quello che si ottiene per vie disoneste porta con sé il seme della corruzione, che prima o poi farà avvertire il suo fetido odore: paura di essere scoperti, sensi di colpa, irritazione verso gli altri. La via della saggezza è una via lineare, semplice, diretta (2.13). Chi la percorre può avere l'impressione di essere indifeso, ma se esercita la fede si accorgerà che è una via che gode della massima protezione: quella della Parola di Dio.

  3. Se cammini, i tuoi passi non saranno raccorciati,
    e se corri, non inciamperai.

    Chi cammina al buio fa passi piccoli, per paura di urtare contro qualcosa, mentre chi cammina nella luce può procedere con passi regolari, sapendo dove mette i piedi. Il saggio, che si muove su una via illuminata dalla Parola di Dio, può dunque camminare di buon passo e addirittura mettersi a correre, sicuro che il suo piede non inciamperà. Non è vero quindi che chi sceglie la via della saggezza è costretto a perdere tempo per i suoi "inutili" scrupoli morali. E' vero esattamente il contrario: l'empio è talmente accecato dalla sua presunzione da non riuscire nemmeno a vedere l'ostacolo che arresterà definitivamente il suo cammino (4.19).

  4. Afferra saldamente l'istruzione, non lasciarla andare;
    conservala, perché essa è la tua vita.

    Chi riceve l'istruzione impara a esercitare la disciplina necessaria per conseguire gli obiettivi individuati dalla saggezza (1.2). Ma la saggezza che viene da Dio ha lo scopo di dare la vita e preservare dalla morte. Per questo il maestro si rivolge al discepolo con parole appassionate dicendo: "Afferra ... non lasciarla andare ... conservala", come si direbbe a un naufrago che sta per annegare ed ha vicino a sé soltanto una tavola a cui aggrapparsi. E' una questione di vita o di morte. La saggezza non è soltanto un mezzo per ottenere una vita più lunga: essa è la tua vita.

  5. Non entrare nel sentiero degli empi
    e non t'inoltrare per la via dei malvagi;

    Alle raccomandazioni positive accompagnate da promesse seguono avvertimenti negativi accompagnati da minacce. Non si può esortare al bene senza dissuadere dal male. Il sentiero degli empi indica il modo di pensare e di comportarsi di chi forse "non vuole far male a nessuno" ma vive come se Dio non esistesse e non avesse parlato. Se il discepolo entra in questo sentiero, rischierà ben presto di inoltrarsi nella via dei malvagi, cioè di essere spinto a fare azioni di autentico male, perché chi vive non pensando a Dio prima o poi agisce contro Dio.

  6. schivala, non passare per essa;
    allontanatene, e va' oltre.

    A che cosa serve voler sapere quanto vicino alla fiamma può andare il dito senza scottarsi? Non è meglio tenersi a debita distanza e pensare ad altre cose, invece che alla pericolosità più o meno grande della fiamma? La via dei malvagi nasconde un pericolo mortale. Non è quindi il caso di voler sapere fino a qual punto ci si può incamminare in essa senza avvertire il male: la trappola può scattare da un momento all'altro e il ritorno sulla via giusta può diventare estremamente faticoso. La cosa migliore è quindi tenersene lontani il più possibile. Molti inutili guai saranno evitati e le energie buone potranno essere usate per camminare sulla via della saggezza.

  7. Essi infatti non possono dormire, se non hanno fatto del male;
    il sonno è loro tolto, se non hanno fatto cadere qualcuno.

    I malvagi qui descritti non sono persone che commettono il male per errore o debolezza. Il riferimento al sonno che è loro tolto indica la presenza di una precisa e determinata volontà di fare il male. Quando il re Davide decise di riportare a Gerusalemme l'arca del Signore disse: "Non darò sonno ai miei occhi, né riposo alle mie palpebre, finché abbia trovato un luogo per il Signore, una dimora per il Potente di Giacobbe" (Sl 132.4-5). Come Davide non voleva andare a dormire senza aver portato a termine l'azione gradita a Dio che si era proposto, cosi i malvagi non possono prendere sonno se non hanno commesso la loro quotidiana cattiva azione.

  8. Essi mangiano il pane dell'empietà
    e bevono il vino della violenza;

    Nella Bibbia il pane e il vino sono elementi fondamentali della vita dell'uomo. Non per nulla il Signore Gesù ha scelto il pane e il vino per rappresentare visibilmente il Suo corpo e il Suo sangue che Egli ha dato per la vita del modo, dicendo: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno" (Gv 6.54). I malvagi invece traggono la loro vita dall'empietà e dalla violenza, sia nel senso letterale che si procurano il necessario per vivere in forme ingiuste, sia nel senso più profondo che si sono talmente nutriti di pensieri empi e atti violenti da averli assimilati e fatti diventare parte integrante della loro personalità.

  9. ma il sentiero dei giusti è come la luce che spunta
    e va sempre più risplendendo, finché sia giorno pieno.

    Anche chi cammina sul sentiero dei giusti può avere dei momenti di smarrimento, in cui non distingue più bene i contorni delle cose e può essere colto dal timore di stare percorrendo una strada sbagliata. Ma a quel punto potrà sentire rivolte a lui le parole del profeta: "Quando andrete a destra o quando andrete a sinistra, le tue orecchie udranno dietro a te una voce che dirà: «Questa è la via; camminate per essa"(is 30:21). E capirà che se anche non sta vedendo chiaro, deve solo pensare che è notte e che il suo procedere sul sentiero della giustizia è come il sorgere lento e inesorabile del sole. La luce spunterà e la giustizia del suo cammino risplenderà sempre più chiaramente, fino a che tutti saranno costretti a riconoscerlo, anche coloro che avevano deciso di percorrere altre vie. "Ma per voi che avete timore del mio nome spunterà il sole della giustizia, la guarigione sarà nelle sue ali; voi uscirete e salterete, come vitelli fatti uscire dalla stalla" (Ml 4:2).

  10. La via degli empi è come il buio;
    essi non scorgono ciò che li farà cadere.

    L'oscurità di chi cammina sulla via degli empi è invece di altro tipo. L'empio non riconosce il male come male: il suo buio è causato dalla cecità. Ma una cecità non consapevole, frutto della superbia. L'empio crede di vedere bene, meglio degli altri. Ma quello che vede è un'illusione, un inganno. Il buio provocato dalla cecità dei suoi occhi lo farà scontrare con la dura realtà: la fossa è lì, sul suo cammino, ma lui non sa vederla. Vi cadrà dentro. "Lasciateli; sono ciechi, guide di ciechi; ora se un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso" (Mt 15:14).



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La saggezza riguarda tutta la persona

Riflessioni sul libro dei Proverbi. Dal capitolo 4.
    1. Figlio mio, sta' attento alle mie parole,
      inclina l'orecchio ai miei detti;
    2. non si allontanino mai dai tuoi occhi,
      conservali in fondo al cuore;
    3. poiché sono vita per quelli che li trovano,
      salute per tutto il loro corpo.
    4. Custodisci il tuo cuore più di ogni altra cosa,
      poiché da esso provengono le sorgenti della vita.
    5. Rimuovi da te la perversità della bocca,
      allontana da te la falsità delle labbra.
    6. I tuoi occhi guardino bene in faccia,
      le tue palpebre si dirigano dritto davanti a te.
    7. Appiana il sentiero dei tuoi piedi,
      tutte le tue vie siano ben preparate.
    8. Non girare né a destra né a sinistra,
      ritira il tuo piede dal male.
Il maestro si rivolge adesso al discepolo invitandolo a prendersi cura di tutte le parti del suo corpo: vengono nominati gli occhi, la bocca, le labbra, le palpebre, i piedi e, soprattutto, il cuore. Naturalmente l'attenzione non è rivolta al funzionamento fisico di questi organi, ma alle relazioni spirituali che per mezzo di essi la persona può stabilire.

  1. Figlio mio, sta' attento alle mie parole,
    inclina l'orecchio ai miei detti;

    L'insistenza di questo maestro nel richiedere attenzione alle sue parole a qualcuno potrebbe apparire fastidiosa. Ma il fastidio che si prova nel sentirsi ripetere certe esortazioni è una chiara conferma che esse sono necessarie. L'orgoglio spinge l'uomo a voler ascoltare soltanto la propria stessa voce. La voce di un altro suona sgradevole quando comunica pensieri e giudizi che si scontrano con i propri, e la reazione più facile è quella di interrompere la comunicazione e smettere di ascoltare. Questo è particolarmente vero quando la voce è quella della Sapienza divina, perché essa comunica una parola "piena di grazia e verità" (Gv 1.14); ma "l'uomo naturale non riceve le cose dello Spirito di Dio, perché esse sono pazzia per lui" (1 Co 2.14) e quindi facilmente si chiude davanti a questa parola. Si capisce allora l'insistenza del maestro quando dice: Sta attento, non ti distrarre, inclina l'orecchio e non prestare ascolto ad altre voci.

  2. non si allontanino mai dai tuoi occhi,
    conservali in fondo al cuore;

    Se gli occhi sono da intendere in senso letterale, l'esortazione potrebbe significare che il discepolo era invitato a scrivere le istruzioni ricevute e a rileggerle periodicamente. In senso spirituale l'esortazione può essere intesa come un invito a scrivere sulla tavola del cuore (3.3) le parole di saggezza udite e a conservarle con cura in fondo al cuore affinché le indicazioni di vita in esse contenute siano in grado di guidare la condotta in ogni occasione.

  3. poiché sono vita per quelli che li trovano,
    salute per tutto il loro corpo.

    Le parole e i detti della sapienza sono trovati da coloro che li cercano. Non si tratta quindi di un caso fortunato, ma del compimento di una precisa promessa di Dio (2.1-5). E chi ha trovato le parole di saggezza provenienti da Dio riceve con esse la vita per l'anima e la salute per il corpo. Si tratta quindi di un dono che coinvolge tutta la persona nella sua dimensione spirituale e fisica. Il collegamento tra questi due aspetti della realtà è sempre presente nella Scrittura. Come la morte spirituale ha portato con sé la morte fisica con tutte le sue anticipazioni costituite da malattie e sofferenze, così la vita spirituale che Dio concede a chi ascolta e ubbidisce alla Sua parola di grazia porta con sé anticipazioni benefiche per la salute del corpo.

  4. Custodisci il tuo cuore più di ogni altra cosa,
    poiché da esso provengono le sorgenti della vita.

    Volendo dare una definizione schematica, si potrebbe dire che il cuore dell'uomo è la sede della sua volontà, mossa dagli affetti e guidata dall'intelligenza. Il cuore dunque è il centro della persona, ciò che fa di lui un essere unitario, capace di rispondere in modo responsabile a Dio, che è il datore della sua vita. Da esso dunque provengono le sorgenti della vita, perché soltanto rispondendo alla parola del suo Creatore e amandolo "con tutto il cuore" (De 6.5) l'uomo può ricevere la vera vita, che è vita eterna. Se dunque in 4.21 il discepolo era stato invitato a conservare le parole della sapienza di Dio in fondo al cuore, adesso viene esortato a custodire il suo cuore, cioè a proteggerlo da pensieri, sentimenti e propositi che potrebbero portarlo a contatto con realtà di peccato e di morte (Fl 4.8). Non si tratta, naturalmente, del cuore malvagio che l'uomo ha per natura (Mt 15.19), ma del "cuore nuovo" (Ez 35.26) che Dio dona a chi ascolta e riceve la Sua parola di grazia.

  5. Rimuovi da te la perversità della bocca,
    allontana da te la falsità delle labbra.

    Il discepolo viene invitato a ricevere nel proprio cuore le parole di sapienza provenienti da Dio, a conservarle con cura affinché non vengano disperse e a proteggere il proprio cuore dalla penetrazione di ciò che potrebbe corromperlo. I pericoli vengono da un uso non appropriato degli organi corporali con cui l'uomo si relaziona con il mondo esterno. Si comincia dalla bocca e dalle labbra, che stanno a indicare l'uso della parola. Dal proprio parlare deve essere allontanata non solo la falsità, ma anche la perversità, cioè quel modo di parlare contorto, nebuloso e oscuro che alla fine risulta sostanzialmente fraudolento e peggiore di una pura e semplice menzogna. "L'uomo da nulla, l'uomo iniquo, cammina con la falsità sulle labbra; ammicca con gli occhi, parla con i piedi, fa segni con le dita" (6.12-13).

  6. I tuoi occhi guardino bene in faccia,
    le tue palpebre si dirigano dritto davanti a te.

    Dopo la bocca e le labbra si passa agli occhi e alle palpebre. Alle osservazioni sul parlare seguono quelle sul guardare. Il punto centrale della raccomandazione è la dirittura, in un duplice senso. Il discepolo deve avere quella buona coscienza che gli permette di fissare dirittamente negli occhi il suo interlocutore senza deviare lo sguardo in altra direzione; e deve avere quella determinatezza che lo porta a guardare diritto davanti a sé il cammino che deve percorrere senza girarsi né a destra né a sinistra.

  7. Appiana il sentiero dei tuoi piedi,
    tutte le tue vie siano ben preparate.

    Viene infine il turno dei piedi. Bisogna fare attenzione a che non inciampino: è necessario allora appianare il loro sentiero (Is 40.3), cioè scorgere per tempo i possibili ostacoli e adoperarsi per rimuoverli. E' necessario poi che le vie siano ben preparate, e quindi solide, stabili, non aventi bisogno di continue modifiche perché ben radicate nella realtà.

  8. Non girare né a destra né a sinistra,
    ritira il tuo piede dal male.

    Sulla strada maestra (16.17) del bene si possono trovare asperità e impedimenti. Davanti a questi ostacoli il discepolo, invece di appianare il suo sentiero, potrebbe essere tentato di abbandonare la via e spostarsi a destra o a sinistra, su un percorso più facile e apparentemente parallelo. La sua intenzione potrebbe essere di fare una piccola deviazione al fine di evitare una difficoltà per poi rientrare il più presto possibile sulla vecchia strada. Risuona allora severa la voce del maestro: Non girare né a destra né a sinistra (De 5.32, 17.11, Gs 23.6), perché uscire dalla strada maestra significa posare il piede sul terreno del male. Ritira il tuo piede dal male (16.17), dice allora la voce della sapienza, perché "angusta è la via che conduce alla vita" (Mt 7.14).

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Le seduzioni della donna adultera

Riflessioni sul libro dei Proverbi. Dal capitolo 5.

    1. Figlio mio, sta' attento alla mia saggezza,
      inclina l'orecchio alla mia intelligenza,
    2. affinché tu conservi l'accorgimento,
      e le tue labbra custodiscano la scienza.
    3. Poiché le labbra dell'adultera stillano miele,
      la sua bocca è più morbida dell'olio;
    4. ma la fine a cui conduce è amara come l'assenzio,
      è affilata come una spada a doppio taglio.
    5. I suoi piedi scendono alla morte,
      i suoi passi portano al soggiorno dei defunti.
    6. Lungi dal prendere il sentiero della vita,
      le sue vie sono erranti, e non sa dove va.
  1. Figlio mio, sta' attento alla mia saggezza,
    inclina l'orecchio alla mia intelligenza,

    Per la prima volta il maestro parla di ”mia" saggezza e di ”mia" intelligenza, forse perché molti possono riferirsi genericamente alla saggezza, indicando come giusta e vera quella da essi presentata. Il discepolo deve saper fare le necessarie distinzioni, perché le proposte di sapienza possono essere molte. Per questo il maestro continua a dire: Figlio mio, sta' attento a quello che ti dico, inclina l'orecchio e ascolta quello che proviene dalla mia comprensione della realtà, perché altrimenti potresti essere attirato da altre voci che ti porterebbero lontano dalla verità e dalla giustizia.

  2. affinché tu conservi l'accorgimento,
    e le tue labbra custodiscano la scienza.

    L'ascolto attento delle parole di saggezza è indispensabile per mantenere l'accorgimento necessario per sfuggire alle seduzioni della donna corrotta di cui si parlerà subito dopo. Si può essere sicuri di avere veramente imparato una lezione soltanto quando si è in grado di ripeterla con parole proprie. Dopo aver ascoltato le esortazioni sagge, il discepolo deve dunque custodire la scienza sulle sue labbra, cioè facendosi a sua volta trasmettitore di saggezza.

  3. Poiché le labbra dell'adultera stillano miele,
    la sua bocca è più morbida dell'olio;

    Soltanto le labbra che custodiscono la scienza sono in grado di resistere, rispondendo con parole adatte, alle labbra dell'adultera. Labbra e bocca (lett. palato) stanno qui a significare l'atto del parlare, non del baciare. Il linguaggio seducente della donna è dolce, morbido, "amorevole" direbbe qualcuno, perché esprime ammirazione per l'altro, comprensione, desiderio di averlo vicino. Perché non chiamare "amore" questo sentimento che si esprime con parole così tenere, delicate, gentili? Forse l'uomo preso di mira sta attraversando un periodo di aspri contrasti, di incomprensioni, di cattiverie ingiustamente subite. E al momento opportuno arriva qualcuno che non parla di guerra, ma di pace, che sa capire, portare parole di conforto e offrire consolazioni morali e corporali. Parole dolci come il miele provenienti da una bocca più morbida dell'olio. Come si fa a resistere? Il maestro ha già risposto: ricorrendo alla saggezza ottenuta attraverso l'istruzione e gelosamente custodita per essere usata in momenti di sbandamento come quelli provocati dalle seduzioni di una donna corrotta.

  4. ma la fine a cui conduce è amara come l'assenzio,
    è affilata come una spada a doppio taglio.

    Alla dolcezza del miele segue l'amarezza dell’assenzio; alla morbidezza della bocca segue il taglio affilato di una spada. L'assenzio è sgradevole e velenoso; la spada ferisce e uccide. La fine a cui conduce il seguire le parole invitanti della donna corrotta è la morte, intesa non come fatto naturale, ma come pena capitale, conseguenza di un giusto giudizio. Chi avrebbe potuto prevedere che un'esperienza piacevole come quella offerta da una donna comprensiva e disponibile avrebbe avuto una conclusione così drammatica? Nessuno, se non colui che accoglie e custodisce le parole della vera sapienza. L'uomo può trasgredire le indicazioni di Dio, ma non può evitare di subirne le conseguenze.

  5. I suoi piedi scendono alla morte,
    i suoi passi portano al soggiorno dei defunti.

    Il sentiero su cui cammina la donna adultera è in discesa: la sua condotta è inevitabilmente attirata verso il basso. La degradazione morale prodotta da ripetuti comportamenti peccaminosi è un cammino verso la morte paragonabile al deterioramento fisico prodotto dall'invecchiamento. Invece di "portano" alcune versioni traducono "fanno capo", sottolineando il fatto che per quanto lungo possa essere il percorso della donna corrotta, il capolinea finale è il soggiorno dei defunti (2.18).

  6. Lungi dal prendere il sentiero della vita,
    le sue vie sono erranti, e non sa dove va.

    L'aspetto che deve essere sottolineato in queste parole è l'ignoranza della donna adultera: non sa dove va. Appartiene anche lei alla categoria degli empi che non scorgono ciò che li farà cadere” (4.19). Quello che è certo è che si allontana dal sentiero della vita, che è un altro modo per ripetere che sta camminando verso la morte (5.5). E' sgradevole questo parlar di morte riferendosi a una situazione in cui molti parlerebbero piuttosto d'amore, magari male indirizzato, ma pur sempre amore. E invece la verità è quella presentata dalla Scrittura: la concupiscenza sessuale esercitata al di fuori del patto d'amore voluto da Dio è in realtà una manifestazione di egoismo che molto spesso si trasforma in autentico odio (2 Samuele 13.1-20). E chi odia non ha la vita in sé (1 Giovanni 3.15).



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Invito a godere gioie legittime con la propria moglie

Riflessioni sul libro dei Proverbi. Dal capitolo 5.
  1. Bevi l’acqua della tua cisterna,
    l’acqua viva del tuo pozzo.
  2. Le tue fonti devono forse spargersi al di fuori?
    I tuoi ruscelli devono forse scorrere per le strade?
  3. Siano per te solo,
    e non per gli stranieri con te.
  4. Sia benedetta la tua fonte,
    e rallegrati con la sposa della tua gioventù.
  5. Cerva d’amore, capriola di grazia,
    le sue carezze t’inebrino in ogni tempo,
    e sii sempre invaghito nell’affetto suo.
  6. Perché, figlio mio, ti invaghiresti di un’estranea,
    e abbracceresti il seno della donna altrui?
  1. Bevi l’acqua della tua cisterna,
    l’acqua viva del tuo pozzo.

    Ai severi ammonimenti a guardarsi dalla donna straniera seguono i gioiosi inviti a gustare la dolcezza dei rapporti coniugali, anche nei loro aspetti corporali. Il desiderio sessuale può essere paragonato alla sete e il suo appagamento al senso di soddisfazione che si prova dopo aver bevuto profondi sorsi di acqua fresca in un giorno di grande caldo. La propria legittima sposa viene allora paragonata a una cisterna e a un pozzo , come in altri passi della Bibbia (Cantico dei Cantici 4.12,15), e il discepolo viene invitato a bere soltanto l'acqua viva del suo pozzo, e ad evitare la "fossa profonda" della prostituta e il "pozzo stretto" della straniera (23.27).

  2. Le tue fonti devono forse spargersi al di fuori?
    I tuoi ruscelli devono forse scorrere per le strade?

    Come in 5.10, l'esortazione contenuta in questo versetto vuol far evitare che i beni preziosi promessi dal Signore alla coppia che vive fedelmente il rapporto matrimoniale vadano dispersi e sciupati. La capacità di procreare, che probabilmente qui viene intesa quando si parla di fonti e ruscelli, è un privilegio meraviglioso che Dio concede all'uomo affinché si formi una famiglia (Salmo 68.6) entro la quale possa godere le Sue benedizioni. Se questo magnifico dono viene usato male, il frutto che ne viene non serve a formare una famiglia benedetta, ma fa nascere persone che invece di essere allevate in una casa dove regna l'amore sono costrette a crescere al di fuori e vivere per le strade.

  3. Siano per te solo,
    e non per gli stranieri con te.

    Se si ha con la donna straniera un rapporto simile a quello che nel piano di Dio deve essere vissuto soltanto con la propria donna, inevitabilmente i frutti di questo rapporto, ivi compresi gli eventuali figli, saranno estraniati (5.10). Il figlio avuto dalla straniera sarà anch'egli, in qualche modo, uno straniero. Inevitabilmente passerà ad altri almeno una parte della potestà che in origine Dio aveva concesso soltanto al padre.

  4. Sia benedetta la tua fonte,
    e rallegrati con la sposa della tua gioventù.

    La sposa della tua gioventù è la donna con cui l'uomo ha concluso il patto voluto da Dio e ha iniziato insieme la vita matrimoniale. Il profeta Malachia rivolge un severo invito a non dimenticare quello che è avvenuto nel passato, al tempo della gioventù, quando dice: "Il SIGNORE è testimone fra te e la moglie della tua giovinezza, verso la quale agisci slealmente, sebbene essa sia la tua compagna, la moglie alla quale sei legato da un patto" (Malachia 2.14). Il legame tra giovinezza e patto viene messo in evidenza anche dal comportamento della donna adultera, di cui si dice che"ha abbandonato il compagno della sua gioventù e ha dimenticato il patto del suo Dio" (2.17). Viceversa, la donna che vive lealmente all'interno di questo patto viene benedetta dal Signore e diventa per l'uomo una fonte di gioia. Ne discende allora per l'uomo l'invito a rallegrarsi con lei, a non permettere che il passare del tempo apra le porte al senso di stanchezza e alla noia. La consapevolezza di aver potuto costruire, sotto lo sguardo benedicente di Dio, una casa stabile in cui genitori e figli possono sentirsi accolti e protetti deve spingere l'uomo alla gioia, ma a una gioia da vivere proprio con lei, con la sposa della sua gioventù, perché la felicità vissuta insieme, oltre che essere un frutto della fedeltà al patto, contribuisce potentemente a cementare l'unione iniziata e continuata all'interno del patto.

  5. Cerva d’amore, capriola di grazia,
    le sue carezze t’inebrino in ogni tempo,
    e sii sempre invaghito nell’affetto suo.

    La felicità che ha Dio preparato per la coppia uomo-donna passa anche attraverso il corpo. Il discepolo viene qui invitato a non fare quello che soprattutto per l'uomo è molto facile: separare nettamente i sentimenti d'affetto dai piaceri sessuali, voler mantenere con la moglie rapporti di tranquilla amicizia e sperimentare con la straniera le tumultuose ebbrezze del sesso. Si potrebbe dire che anche in questo caso la Scrittura esorta a non dividere ciò che Dio ha unito. L'amore autentico si prende cura del corpo (1 Corinzi 7.4), e attraverso la giusta attenzione al corpo l'amore viene alimentato e sostenuto.

  6. Perché, figlio mio, ti invaghiresti di un’estranea,
    e abbracceresti il seno della donna altrui?

    Anche nell'originale il verbo qui tradotto con "invaghire" è lo stesso di quello usato nel versetto precedente. Questo serve a sottolineare che il discepolo non ha bisogno di cercare nell'estranea quelle emozioni che può trovare in misura maggiore e in forma più autentica nella sposa della sua gioventù. In questo momento il maestro non richiama il giovane al suo dovere, ma fa appello alla sua intelligenza e gli chiede: Perché? Perché cercare in zone lontane e pericolose il sapore intenso ma artefatto di un cibo sofisticato, quando vicino a te, in un ambiente custodito e protetto dalla benedizione di Dio, puoi assaporare il gusto schietto di un cibo genuino?



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Il giusto timore dei giudizi di Dio

Riflessioni sul libro dei Proverbi. Dal capitolo 5.
    1. Infatti le vie dell’uomo stanno davanti agli occhi del SIGNORE,
      egli osserva tutti i suoi sentieri.
    2. L’empio sarà preso prigioniero dalle proprie iniquità,
      tenuto stretto dalle funi del suo peccato.
    3. Egli morirà per mancanza di correzione,
      andrà vacillando per la grandezza della sua follia.
  1. Infatti le vie dell’uomo stanno davanti agli occhi del SIGNORE,
    egli osserva tutti i suoi sentieri.

    Mentre il rapporto sessuale degli sposi avviene nel privato, quello degli adulteri avviene nel segreto. Non è una differenza di poco conto. L'appartarsi degli sposi costituisce uno schermo voluto da Dio per proteggere dal male la santità del rapporto matrimoniale; la segretezza degli adulteri è invece un paravento di menzogna dietro il quale i peccatori vorrebbero nascondersi agli occhi degli uomini e, se fosse possibile, a quelli di Dio. L'adulterio cerca "protezione" nelle tenebre. Ma se con gli uomini qualche volta questo funziona, nei confronti di Dio non serve a niente, perché non v’è nessuna creatura che possa nascondersi davanti a lui; ma tutte le cose sono nude e scoperte davanti agli occhi di colui al quale dobbiamo render conto” (Ebrei 4.13).

  2. L’empio sarà preso prigioniero dalle proprie iniquità,
    tenuto stretto dalle funi del suo peccato.

    Le tenebre sono una prigione, non una protezione. La rete di menzogne necessaria per mantenere in piedi una relazione illecita diventa ben presto una maglia soffocante che si stringe sempre di più intorno al malcapitato. L'adulterio, come ogni peccato che dura nel tempo, deve essere sempre accompagnato da tanti altri peccati. E questi costituiscono altrettante funi che costringono il peccatore a rimanere legato alle conseguenze delle sue scelte. Anche in questo caso si confermano vere le parole di Gesù: ”In verità, in verità vi dico che chi commette il peccato è schiavo del peccato” (Giovanni 8.34).

  3. Egli morirà per mancanza di correzione,
    andrà vacillando per la grandezza della sua follia.

    Il verbo "vacillare" coincide, nell'originale ebraico, con quello che nei versetti 5.19 e 5.20 viene tradotto con "invaghire". Il termine sembra esprimere uno stato d'animo di ebbrezza che può condurre, a seconda dei casi, a fare scelte sia giuste, sia sbagliate. Accostando i tre versetti si può arrivare allora a questa conclusione: se un uomo rifiuta di essere "inebriato" dall'amore per sua moglie e si lascia "inebriare" dal fascino della straniera, finirà inevitabilmente per essere "inebriato" dalla sua stessa follia, e non essendo quindi più raggiungibile dalla correzione della saggezza, che è ”la via della vita” (6.23), arriverà sicuramente al preordinato traguardo del suo percorso: la morte.


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L'esempio della formica

Riflessioni sul libro dei Proverbi. Dal capitolo 6.

    1. Va’, pigro, alla formica;
      considera le sue vie e diventa saggio!
    2. Essa non ha né capo,
      né sorvegliante, né padrone;
    3. prepara il suo nutrimento nell’estate
      e immagazzina il suo cibo al tempo della mietitura.
    4. Fino a quando, o pigro, te ne starai coricato?
      Quando ti sveglierai dal tuo sonno?
    5. Dormire un po’, sonnecchiare un po’,
      incrociare un po’ le mani per riposare...
    6. La tua povertà verrà come un ladro,
      la tua miseria, come un uomo armato.


  1. Va’, pigro, alla formica;
    considera le sue vie e diventa saggio!

    Nella Scrittura non mancano gli inviti a considerare il comportamento degli animali e in qualche caso a prenderne l'esempio (Giobbe 12.7, Isaia 1.3, Geremia 8.7, Matteo 6.26). Anche se non è facile (e molte volte nemmeno possibile, al di fuori degli esempi biblici) trarre precise indicazioni di vita dall'osservazione degli animali, è bene ricordare che l'ambiente naturale in cui l'uomo vive è stato creato e voluto da Dio, pur avendo subito la corruzione conseguente alla caduta. La forma parabolica dell'insegnamento del Signore Gesù è un invito a riflettere sui collegamenti esistenti tra fatti naturali e realtà spirituali. Nel caso della formica, per esempio, uno studioso tecnicamente preparato potrebbe dire molte cose interessantissime sul suo conto; ma dopo aver a lungo osservato il comportamento della formica dal punto di vista naturale, potrebbe chiedersi se Qualcun Altro stia osservando lui dal punto di vista spirituale. Se facesse così, la formica potrebbe diventare per lui, oltre che un oggetto di studio per aumentare la conoscenza scientifica, anche uno strumento nelle mani di Dio per arrivare ad una vera sapienza.

  2. Essa non ha né capo,
    né sorvegliante, né padrone;

    Il termine originale tradotto con sorvegliante è lo stesso usato per indicare i sorveglianti egiziani che angariavano gli ebrei nei loro lavori per il faraone (Esodo 5.6,10,14,15,19). Il saggio non considera quindi il lavoro come una schiavitù impostagli da qualche autorità esterna, ma, come la formica, è spinto al lavoro dalla forza stessa della sua vita. Se è vero che "non si vive per lavorare", è anche vero che non si lavora soltanto per vivere, cioè per procurarsi il minimo indispensabile per non morire. Il lavoro volutamente scelto o responsabilmente accettato è parte integrante della vita di una persona, espressione autentica della sua umana personalità.

  3. prepara il suo nutrimento nell’estate
    e immagazzina il suo cibo al tempo della mietitura.

    L'invito a imitare la laboriosità della formica, che nell'estate raccoglie il cibo che dovrà consumare durante l'inverno, sembra essere in contrasto con la parola di Gesù: "Non siate dunque in ansia per il domani, perché il domani si preoccuperà di sé stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno" (Matteo 6.34). Gesù però vuole soltanto invitare i suoi discepoli a non lasciarsi prendere dall'ansia e dall'affanno per ciò che non dipende da loro. Nel suo orgoglio e nella sua mancanza di fede in Dio l'uomo vorrebbe poter dominare non solo il presente, ma anche il futuro (Luca 12.16-21), e quando comincia a temere di non riuscirci viene preso da sentimenti di paura. Da questa paura Gesù vuole liberare i suoi discepoli, invitandoli a preoccuparsi soltanto dell'oggi. Ma è chiaro che fa parte dei compiti dell'oggi anche lavorare (senza preoccuparsi) per impegni che riguardano il domani. In questo caso si tratta di ubbidienza a Dio, e non di mancanza di fede in Lui. 

  4. Fino a quando, o pigro, te ne starai coricato?
    Quando ti sveglierai dal tuo sonno?

    E' difficile che un pigro dica: "Questo non lo farò mai", perché anche una dichiarazione di questo tipo è impegnativa, e quindi richiede una certa fatica. Il pigro preferisce dire: "Forse lo farò domani". Ma domani si ritroverà davanti lo stesso problema, e le probabilità di reagire con la stessa risposta sono molto elevate. Si capisce allora la domanda: "Fino a quando...?"  Per vincere la pigrizia non basta decidersi a fare certe cose: si deve anche essere pronti a farle nel momento giusto.

  5. Dormire un po’, sonnecchiare un po’,
    incrociare un po’ le mani per riposare...

    Il pigro si conferma come persona che non ama le prese di posizioni troppo nette e decise. A chi vuole farlo alzare dal letto non risponde chiaro e tondo: "Lasciami stare, sono stanco, voglio rimanere a dormire tutto il giorno". L'espressione che si ripete continuamente è "un po'". Se possibile, vorrebbe continuare a dormire. Ma soltanto un po'. Se non può dormire, vorrebbe rimanere nel dormiveglia a sonnecchiare. Ma soltanto un po'. Se proprio deve svegliarsi, vorrebbe almeno non dover cominciare subito a lavorare, ma poter rimanere seduto a letto senza far niente e continuare a riposarsi. Ma soltanto un po'. E' una persona calma, il pigro. Per lui vanno tutti troppo di corsa. Che bisogno c'è di affrettarsi tanto? Il versetto che segue fornisce la risposta.

  6. La tua povertà verrà come un ladro,
    la tua miseria, come un uomo armato.

    Alla placida calma del pigro si contrappone la solerte velocità del suo nemico: la povertà (10.4).   Il pigro vorrebbe che tutto procedesse a rilento, e invece la miseria gli piomberà addosso come un uomo rapido (un ladro) e deciso a colpire (un uomo  armato). Il pigro vorrebbe che la realtà si adeguasse ai suoi desideri senza dover fare niente; ma dovrà toccare con mano che le cose non stanno così. "Il pigro desidera" dice altrove la Scrittura, "e non ha nulla" (13.4). Quando se ne accorgerà, si dovrà svegliare. Ma potrebbe essere troppo tardi.



* * *


L'uomo doppio, iniquo e bugiardo

Riflessioni sul libro dei Proverbi. Dal capitolo 6.
    1. L’uomo da nulla, l’uomo iniquo,
      cammina con la falsità sulla bocca;
    2. ammicca con gli occhi, parla con i piedi,
      fa segni con le dita;
    3. ha la perversità nel cuore,
      trama del male in ogni tempo,
      semina discordie;
    4. perciò la sua rovina verrà all’improvviso,
      in un attimo sarà distrutto, senza rimedio.
    5. Sei cose odia Signore,
      anzi sette gli sono in abominio:
    6. gli occhi alteri, la lingua bugiarda,
      le mani che spargono sangue innocente,
    7. il cuore che medita disegni iniqui,
      i piedi che corrono frettolosi al male,
    8. il falso testimone che proferisce menzogne,
      e chi semina discordie tra fratelli.
  1. L’uomo da nulla, l’uomo iniquo,
    cammina con la falsità sulla bocca;

    L'uomo da nulla (lett. "l'uomo di Belial") è molto di più che un poco di buono. La figura che qui si ha in mente è quella di una persona che non solo fa il male ma prende gusto a pervertire il bene con parole false e atteggiamenti ambigui e fraudolenti. Il suo desiderio principale sembra essere quello di riuscire a far cadere i giusti e a dimostrare così di essere non il più malvagio, ma il più furbo. E' un tipo particolarmente pericoloso, perché ama mimetizzarsi e inserirsi anche negli ambienti migliori. A lui fare il male non basta: il suo maggior piacere è riuscire a corrompere il bene. In questo senso, la dicitura "uomo di Belial" (2 Corinzi 6.15) gli si addice perfettamente.

  2. ammicca con gli occhi, parla con i piedi,
    fa segni con le dita;

    Le parole che escono dalla bocca dell'uomo da nulla possono essere belle e suonare bene, ma sono false. Il suo modo di comunicare autentico passa attraverso altri organi del corpo, creati per scopi ben diversi: occhi, piedi, dita. Si tratta in sostanza di un linguaggio cifrato che può servire a inviare messaggi a un complice o a intimorire un avversario. In ogni caso manifesta l'esistenza di un animo doppio, che usa il linguaggio delle parole per nascondere le sue vere intenzioni e il linguaggio dei segni per eseguire i suoi propositi malvagi.

  3. ha la perversità nel cuore,
    trama del male in ogni tempo,
    semina discordie;

    Ogni uomo nasce nel peccato e il suo cuore è "insanabilmente maligno" (Geremia 17.9). Ma la perversità nel cuore è qualcosa di più grave: è la volontà determinata di compiere il male e di diffonderlo (cfr. 2.14); è l'odio per tutto ciò che è giusto, onesto e buono; è desiderio di corrompere il bene e farlo diventare male. L'uomo da nulla non compie azioni malvagie soltanto quando vuol perseguire, sia pure illegittimamente, particolari interessi, ma trama del male  in ogni tempo, al solo scopo di compiere il male. Non contende con il prossimo solo quando vuole ottenere qualcosa a cui anche altri sono interessati, ma gode della lite in sé, al punto che si compiace quando riesce ad aizzare l'uno contro l'altro. L'uomo da nulla non è soltanto una persona spiritualmente malata: è una malattia spirituale, da cui bisogna guardarsi come dalla peste.

  4. perciò la sua rovina verrà all’improvviso,
    in un attimo sarà distrutto, senza rimedio.

    All'improvviso ... senza rimedio: il giudizio di Dio sull'uomo che non solo fa il male ma anche si compiace in esso e lo diffonde, arriverà senza preavviso e senza possibilità di appello. Quando Dio interverrà, non ci sarà spazio per un ripensamento, né prima né dopo. L'aspetto subitaneo e irrevocabile del giudizio di Dio compare diverse volte nella Scrittura (1.27, 29.1; Salmi  73.19; 1 Tessalonicesi 5.3). L'uomo deve saper riconoscere che il tempo  della misericordia di Dio è proprio quello in cui gli viene concesso di peccare senza che la sentenza su di lui si esegua immediatamente (Ecclesiaste 8.11). Una volta che il tempo è scaduto, alla misericordia segue il giudizio. Inesorabilmente. La sapienza di Dio avverte, affinché chi ha ancora la grazia di poter ascoltare ne tenga conto.

  5. Sei cose odia Signore,
    anzi sette gli sono in abominio:

    Non è chiaro il motivo per cui nei cosiddetti "proverbi numerici" (presenti soprattutto nel capitolo 30) vengano usati due numeri successivi (2/3, 3/4, 6/7). Il fatto che siano state date diverse spiegazioni fa capire che non ne esiste una che si sia imposta con certezza. Potrebbe trattarsi di una forma letteraria che facilita all'allievo l'apprendimento e lascia aperta la lista delle cose elencate. Particolarmente importanti sono le parole che precedono l'elenco, perché esprimono il giudizio chiaro e netto di Dio sugli oggetti enumerati. In questo caso l'attenzione del discepolo viene attirata sul fatto che ci sono cose che il Signore odia e sono per Lui un abominio. Sorge spontanea la domanda: quali sono queste cose? L'elenco fornisce la risposta.

  6. gli occhi alteri, la lingua bugiarda,
    le mani che spargono sangue innocente,

    Varie parti del corpo vengono nominate e messe in relazione con atteggiamenti spirituali: agli occhi viene collegata la superbia, alla lingua il parlare menzognero, alle mani le azioni violente. Troppo spesso l'attenzione sul male viene risvegliata soltanto dal fatto violento, e non si pensa che per arrivare a colpire fisicamente bisogna partire da adeguati atteggiamenti interni. Con arrogante alterigia si comincia ad avere una considerazione sprezzante del prossimo; si passa poi a diffondere calunnie sul suo conto per rovinarne la reputazione e indurre anche altri ad esprimere disprezzo; e si finisce con l'azione violenta con cui si vuole uccidere, far sparire definitivamente la persona odiata. Dio ha in abominio queste cose perché sono caratteristiche del suo Avversario, colui che nel principio si è ribellato al Creatore e alla fine comunicherà i suoi abominevoli atteggiamenti all'anticristo, "colui che s’innalza sopra tutto ciò che è chiamato Dio od oggetto di culto; fino al punto da porsi a sedere nel tempio di Dio, mostrando sé stesso e proclamandosi Dio" (2 Tessalonicesi 2.4).

  7. il cuore che medita disegni iniqui,
    i piedi che corrono frettolosi al male,

    L'uomo saggio si propone obiettivi di giustizia, e al fine di ottenerli medita con calma sulla situazione che gli sta davanti, e dopo aver fatto le dovute scelte passa senza indugio all'azione. Qui viene descritto l'atteggiamento diametralmente opposto. L'uomo intimamente malvagio comincia con il meditare nel suo cuore progetti iniqui ; dopo di che non si lascia arrestare da scrupoli di coscienza, ma con sicura decisione si affretta a mettere in atto i suoi scellerati propositi (cfr. 1.16). Dio odia una volontà di male così fermamente espressa e mantenuta nel tempo.

  8. il falso testimone che proferisce menzogne,
    e chi semina discordie tra fratelli.

    La falsa testimonianza è una precisa infrazione di un comandamento di Dio (Esodo 20.16). Il falso testimone colpisce il prossimo, ma non apertamente e con le sue proprie mani, come il violento omicida: con l'uso  della menzogna induce la società a colpirlo per mezzo di tribunali e magistrati (1 Re 21.1-16). Commette dunque ingiustizia servendosi di strumenti stabiliti per fare giustizia, e quindi non solo fa  il male, ma anche perverte la giustizia. E poiché è Dio stesso Colui che ha "stabilito il diritto" ed esercita "il giudizio e la giustizia" (Salmi  99.4), il falso testimone offende Dio, direttamente e personalmente. E per questo Dio lo odia.
    La falsa testimonianza, nella forma solo apparentemente meno grave della calunnia e della maldicenza, è anche uno strumento efficacissimo nelle mani di chi semina discordie tra fratelli. Sta scritto che "l’uomo perverso semina contese, il maldicente disunisce gli amici migliori" (16.28). L'esperienza di tutti i giorni conferma continuamente la verità di queste parole.



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Conseguenze dell'adulterio

Riflessioni sul libro dei Proverbi. Dal capitolo 6.

    1. Figlio mio, osserva i precetti di tuo padre,
      e non trascurare gli insegnamenti di tua madre;
    2. tienili sempre legati al cuore
      e attaccati al collo.
    3. Quando camminerai, ti guideranno;
      quando dormirai, ti proteggeranno;
      quando ti risveglierai, ti parleranno.
    4. Il precetto è infatti una lampada, l’insegnamento una luce,
      le correzioni della disciplina sono la via della vita,
    5. per guardarti dalla donna malvagia,
      dalle parole seducenti della straniera.
    6. Non desiderare in cuor tuo la sua bellezza,
      non ti lasciar prendere dalle sue palpebre;
    7. poiché per una donna corrotta uno si riduce a un pezzo di pane,
      e la donna adultera sta in agguato contro una vita preziosa.
    8. Uno si metterà forse del fuoco in petto
      senza che i suoi abiti si brucino?
    9. Camminerà forse sui carboni accesi
      senza scottarsi i piedi?
    10. Così è di chi va dalla moglie del prossimo;
      chi la tocca non rimarrà impunito.
    11. Non si disprezza il ladro che ruba
      per saziarsi quando ha fame;
    12. se viene sorpreso, restituirà anche il settuplo,
      darà tutti i beni della sua casa.
    13. Ma chi commette un adulterio è privo di senno;
      chi fa questo vuol rovinare sé stesso.
    14. Troverà ferite e disonore,
      la sua vergogna non sarà mai cancellata;
    15. perché la gelosia rende furioso il marito,
      il quale sarà senza pietà nel giorno della vendetta;
    16. non avrà riguardo a riscatto di nessun tipo,
      e anche se tu moltiplichi i regali, non sarà soddisfatto.


  1. Figlio mio, osserva i precetti di tuo padre,
    e non trascurare gli insegnamenti di tua madre;

    Il termine genitori non viene mai usato nei libri dell'Antico Testamento. Si parla invece, secondo lo stile pratico e concreto dell'ebraico, di padre e madre e, come in questo versetto, si usano termini diversi in relazione alle due figure: dal padre provengono precetti (lett. precetto), dalla madre insegnamenti (lett. insegnamento). Inoltre, come in 1.8, l'esortazione riferita al padre ha forma positiva (osserva), mentre quella riferita alla madre ha forma negativa (non trascurare). La molteplicità delle espressioni usate sottolinea la diversità dei ruoli dei due genitori e l'insostituibilità di ciascuno di essi. Il figlio saggio non si limiterà ad ascoltare le norme di vita trasmesse dal padre, ma si preoccuperà di metterle in pratica. E per quanto riguarda la madre, starà ben attento a non sottovalutare e trascurare le sue parole soltanto perché provengono dalla figura che, tra i due genitori, appare essere la più debole.

  2. tienili sempre legati al cuore
    e attaccati al collo.

    Tornano i riferimenti al cuore e al collo (cfr. 3.3). Non basta aver udito una volta gli insegnamenti giusti e averli anche approvati: è necessario che "non escano dal cuore" (Deuteronomio 4.9). Si deve dunque tenerli legati al cuore attraverso un continuo esercizio di memoria che viene facilitato dal portarli sempre attaccati al collo, cioè in bella vista e a portata di mano.

  3. Quando camminerai, ti guideranno;
    quando dormirai, ti proteggeranno;
    quando ti risveglierai, ti parleranno.

    Alle esortazioni seguono, come sempre, le promesse. Vengono considerati tre momenti della vita di tutti i giorni: il tempo del lavoro (quando camminerai), il tempo del riposo (quando dormirai), il momento del risveglio (quando ti risveglierai). Per ognuno di questi momenti le parole di saggezza del maestro hanno una precisa promessa da trasmettere: ti guideranno durante il giorno nelle scelte che continuamente devi fare; ti proteggeranno durante la notte, quando il sonno ti rende debole e indifeso; ti parleranno nel momento in cui riaprirai gli occhi e ricomincerai a pensare, correndo il rischio di lasciarti prendere da inutili preoccupazioni.

  4. Il precetto è infatti una lampada, l’insegnamento una luce,
    le correzioni della disciplina sono la via della vita,

    Al buio della notte segue la luce del giorno, e l'uomo riprende la sua vita attiva. Ma se la luce del sole serve a fugare le tenebre della notte fisica, per le tenebre morali è necessaria un'altra luce: quella della Parola di Dio (Salmo 119:105). La via della vita, della vera vita, quella che mantiene la creatura in comunione con il suo Creatore, è illuminata dal precetto e dall'insegnamento che provengono dalla sapienza di Dio. Le sue indicazioni possono anche essere correzioni che provengono da una severa disciplina, ma chi le osserva diligentemente non avrà mai da pentirsene. Leggere la Scrittura e pregare all'inizio della giornata significa permettere alla Parola di Dio di essere per la vita spirituale quello che il sole è per la vita fisica: una luce che fuga le tenebre.

  5. per guardarti dalla donna malvagia,
    dalle parole seducenti della straniera.

    La donna malvagia, la straniera che vuole invadere un focolare domestico non suo, per adescare la sua vittima non fa leva soltanto sull'attrazione sensuale del corpo, ma ricorre anche con maestria all'arma delle parole seducenti (cfr. 2.16, 5.3). A queste si può resistere soltanto se in precedenza si sono ascoltate le parole della sapienza di Dio. Come nel caso della salute corporale, le difese preventive sono le più efficaci, e in certi casi sono anche le uniche possibili.

  6. Non desiderare in cuor tuo la sua bellezza,
    non ti lasciar prendere dalle sue palpebre;

    L'originale del verbo desiderare è lo stesso compare nel decimo comandamento (Esodo 20.17, Deuteronomio 5.21). La donna straniera può essere veramente bella, come nel caso di Bat-Sceba (2 Samuele 11.2), e la bellezza è un dono di Dio. Ma davanti a questo fatto positivo, due cose sbagliate possono avvenire: 1) l'uomo può essere indotto a peccare desiderando in cuor suo un bene che non è destinato a lui (Matteo 5.28); 2) la donna può essere indotta a peccare usando maliziosamente il bene ricevuto attraverso l'uso accattivane delle palpebre (2 Re 9.30) per prendere, cioè legare a sé in modo illegittimo, un altro uomo. All'atteggiamento tipicamente maschile del desiderare corrisponde quello tipicamente femminile del farsi desiderare. Entrambi sono forme di peccato quando il desiderio, coltivato o sollecitato, è rivolto al di fuori del campo indicato dalla Parola di Dio.

  7. poiché per una donna corrotta uno si riduce a un pezzo di pane,
    e la donna adultera sta in agguato contro una vita preziosa.

    Qualcuno ha voluto mettere in risalto la differenza tra la donna corrotta (una prostituta) e la donna adultera (una donna sposata). Ma fare una differenza tra le conseguenze che si possono avere dal rapporto peccaminoso con due diverse persone, stabilendo addirittura una gerarchia di gravità, non sembra essere in armonia con l'intero insegnamento di questo libro, che pone continuamente il discepolo davanti ad una scelta tra la vita e la morte. Come nel versetto precedente, lo sguardo si posa una volta su di lui e una volta su di lei. Il maestro sembra dire al discepolo: "Sta attento perché lei è in agguato contro la tua vita preziosa, e tu, per la tua insipienza e debolezza, corri il rischio di sciupare la tua vita per una donna corrotta".

  8. Uno si metterà forse del fuoco in petto
    senza che i suoi abiti si brucino?

    Qualcuno potrebbe credere che chi ubbidisce al comandamento di Dio ottiene una medaglia e chi disubbidisce ottiene il piacere. Chi pensa così commette un errore mortale: non si tratta di scegliere tra l'onore e il piacere, ma tra la vita e la morte. E' vero, non sempre le conseguenze del peccato si avvertono immediatamente, ma proprio per questo è importante la parola d'avvertimento. Il fuoco potrebbe attrarre qualcuno e fargli credere che metterselo in petto gli procurerebbe piacere. Ma chi ha conoscenza avverte: "La realtà è un'altra: i tuoi abiti si bruceranno". Si tratta di fatti, non di opinioni.

  9. Camminerà forse sui carboni accesi
    senza scottarsi i piedi?

    L'avvertimento continua con un altro esempio dello stesso tipo. Anche in questo caso si fa riferimento alla realtà. Si può liberamente decidere di camminare sui carboni accesi, ma non si è liberi di scegliersi le conseguenze. La frase è in forma ironica di domanda: "E' possibile farlo senza scottarsi i piedi?" Evidentemente no. La conclusione segue immediatamente dopo.

  10. Così è di chi va dalla moglie del prossimo;
    chi la tocca non rimarrà impunito.

    Così è...": è importante sottolineare concretezza dell'espressione. La parola di Dio è una lampada (Salmo 119.105) che illumina la realtà. Si può decidere di chiudere gli occhi e credere che le cose stiano come si preferisce, ma è un'illusione mortale. L'avvertimento è questo: "Il matrimonio sia tenuto in onore da tutti e il letto coniugale non sia macchiato da infedeltà; poiché Dio giudicherà i fornicatori e gli adùlteri" (Ebrei 13.4). La punizione può cominciare già su questa terra attraverso l'ira del marito, ma certamente si compirà nel giorno del giudizio attraverso l'ira di Dio, su tutti coloro che non si saranno ravveduti.

  11. Non si disprezza il ladro che ruba
    per saziarsi quando ha fame;

    Nei versetti che seguono si pone un confronto fra il ladro e l'adultero, sottolineando la maggiore gravità delle negative conseguenze che si abbatteranno sul secondo. Chi ruba per placare la sua fame non viene per questo disprezzato, perché le sue motivazioni gli fanno trovare comprensione. L'adultero invece quando viene scoperto perde anzitutto il suo onore, perché "la sua vergogna non sarà mai cancellata" (v.32). Si noti tuttavia che qui si parla di disprezzo, non di condanna. Il ladro che ruba perché ha fame sarà compreso, ma non assolto.

  12. e viene sorpreso, restituirà anche il settuplo,
    darà tutti i beni della sua casa.

    Infatti in questo versetto si parla di una pena che il ladro dovrà subire. Per evitare contraddizione logiche, in alcune traduzioni compare un "ma" all'inizio della frase. Il senso potrebbe quindi essere questo: anche se il ladro affamato potrà trovare comprensione negli altri, dovrà tuttavia darsi da fare per un risarcimento del danno, arrivando fino al punto, se necessario, di vendere la sua casa. In questo modo, però, anche se a prezzo di grandi sacrifici, il danno potrà essere risarcito e la colpa rimossa. La stessa cosa non potrà avvenire per l'adultero, per il quale non sarà possibile nessuna forma di riscatto (v.35).

  13. Ma chi commette un adulterio è privo di senno;
    chi fa questo vuol rovinare sé stesso.

    Proprio per questo al discepolo viene detto chiaramente che chi commette un adulterio è privo di senno. Se il ladro può arrivare a perdere la casa, l'adultero finirà per rovinare sé stesso; e solo un pazzo può comportarsi in questo modo. L'adulterio ha degli elementi di irreversibilità che lo fanno avvicinare a un suicidio.

  14. Troverà ferite e disonore,
    la sua vergogna non sarà mai cancellata;

    La differenza tra il ladro e l'adultero sta soprattutto in questo: che il ladro sottrae al prossimo degli oggetti mentre l'adultero sottrae una persona. La punizione per l'adultero dovrà dunque arrivare a toccare la sua persona, sul piano corporale (le ferite) e su quello morale (il disonore). E mentre le ferite corporali dopo un certo tempo si rimarginano, la stessa cosa non accadrà per quelle morali. E' detto infatti che la sua vergogna non sarà mai cancellata.

  15. perché la gelosia rende furioso il marito,
    il quale sarà senza pietà nel giorno della vendetta;

    L'adulterio è un fatto che non riguarda mai soltanto due persone. Il peccato dell'adultero lo fa entrare in una relazione irreversibile con il coniuge tradito. La gelosia e l'ira del marito sono reazioni giuste (27.4): l'amore autentico è sempre suggellato da un patto, e chi con la sua azione fa sì che questo patto venga infranto non può pensare di rimanere impunito. L'adultero non deve sperare in sentimenti di pietà da parte del marito: il giorno della vendetta arriverà.

  16. non avrà riguardo a riscatto di nessun tipo,
    e anche se tu moltiplichi i regali, non sarà soddisfatto.

    In Israele il marito tradito non aveva l'autorità di perdonare l'adultero, perché l'adulterio compiuto introduceva un male nella società che doveva essere tolto con la morte dei colpevoli (Deuteronomio 22.22-24). Nessun riscatto materiale in forma di "risarcimento danni" poteva essere preso in considerazione; anche se avesse voluto, il marito non avrebbe dovuto accettare regali di nessun tipo. L'adulterio introduce la morte nella relazione vitale tra due coniugi, e ciò che distrugge la vita deve essere pagato con la vita. La severità della legge data da Dio al popolo di Israele deve quindi tanto più spingere gli uomini ad apprezzare la grandezza dell'opera compiuta dal Signore Gesù Cristo, che ha preso su di sé le conseguenze che spettano a chi trasgredisce la legge di Dio e ha offerto, anche per l'adultero pentito, una possibilità di riscatto che nessun altro uomo sulla terra avrebbe potuto offrire.


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Esortazione alla saggezza

Riflessioni sul libro dei Proverbi. Dal capitolo 7.

    1. Figlio mio, custodisci le mie parole,
      fa’ tesoro dei miei precetti.
    2. Osserva i miei precetti e vivrai;
      custodisci il mio insegnamento come la pupilla degli occhi.
    3. Légateli alle dita,
      scrivili sulla tavola del tuo cuore.
    4. Di’ alla sapienza: «Tu sei mia sorella»,
      e chiama l’intelligenza amica tua,
    5. affinché ti preservino dalla donna altrui,
      dall’estranea che usa parole seducenti.

  1. Figlio mio, custodisci le mie parole,
    fa’ tesoro dei miei precetti.

    E' benedetto quel figlio che dal padre riceve non soltanto soldi e cose, ma anche parole di saggezza. E' pazzo quel figlio che avendo ricevuto tali parole, le getta via o le accantona in qualche remoto angolo della sua memoria come un oggetto privo di valore. Il padre saggio sa che purtroppo questo può avvenire e per questo insiste ancora una volta nella sua raccomandazione: custodisci le mie parole, non permettere che siano annullate e sostituite da altre parole ingannatrici; fa' tesoro dei miei precetti, sappili apprezzare, non svalutarli considerandoli poco importanti.

  2. Osserva i miei precetti e vivrai;
    custodisci il mio insegnamento come la pupilla degli occhi.

    Il bene promesso non è un abbellimento della vita, ma è la vita stessa. Ecco perché si paragona l'insegnamento da custodire ad una parte così delicata e preziosa come la pupilla degli occhi. Le parole che seguono non sono consigli utili: sono comandamenti vitali.

  3. Légateli alle dita,
    scrivili sulla tavola del tuo cuore.

    Per capire il valore dell'uso di termini come "legare" e "scrivere" può essere utile considerare due esempi negativi: "La follia è legata al cuore del bambino (Proverbi 22.15); "Il peccato di Giuda è scritto con uno stilo di ferro, con una punta di diamante; è scolpito sulla tavola del loro cuore (Geremia 17.1). Il verbo "legare" esprime una indissolubile vicinanza spaziale e il verbo "scrivere" una immodificabile durata temporale. L'uomo lontano da Dio è schiavo del peccato (Giovanni 7.34, Romani 8.14) e il tempo non può cambiare la sua situazione. Soltanto la Parola di Dio porta salvezza e guarigione. Per questo il discepolo viene invitato a legarla alle sue dita, per tenerla sempre vicina alla sua attenzione, e a scriverla sulla tavola del suo cuore, per non dimenticarne mai il valore e l'importanza.

  4. Di’ alla sapienza: «Tu sei mia sorella»,
    e chiama l’intelligenza amica tua,

    Nel Cantico dei Cantici lo sposo si rivolge alla sposa chiamandola "sorella mia, amica mia" (Cantico dei Cantici 5.2). Il giovane, non essendo ancora vincolato dal matrimonio, potrebbe pensare di essere libero di gestire come meglio crede gli impulsi del suo proprio corpo. Il padre saggio lo invita allora a considerarsi "sposato" alla sapienza, e a trattarla con la dolcezza dovuta ad una sposa di cui si è profondamente innamorati.

  5. affinché ti preservino dalla donna altrui,
    dall’estranea che usa parole seducenti.

    Il padre saggio potrebbe dire al giovane: "Se la sapienza non diventerà tua sposa, l'estranea diventerà la tua sapienza". Perché l'estranea non attira solamente con la sensualità del corpo, ma anche con parole seducenti, cioè con discorsi che vogliono convincere, prima ancora che indurre a compiere degli atti.  Chi si lascia sedurre dall'estranea divorzia dalla sapienza e si unisce alla follia. "Resta fedele alla sapienza - sembra dire il padre - e non arriverai a fornicare con la donna altrui, perché non sarai sedotto da quella donna turbolenta che è la follia  (9.13).


* * *


Le trappole della donna estranea

Riflessioni sul libro dei Proverbi. Dal capitolo 7.

    1. Ero alla finestra della mia casa,
      dietro la mia persiana, e stavo guardando;
    2. vidi, tra gli sciocchi,
      scòrsi, tra i giovani, un ragazzo privo di senno,
    3. che passava per la strada, presso l’angolo dov’essa abitava,
      e si dirigeva verso la casa di lei,
    4. al crepuscolo, sul declinare del giorno,
      quando la notte si faceva nera, oscura.
    5. Ecco farglisi incontro una donna
      in abito da prostituta e astuta di cuore,
    6. turbolenta e proterva,
      che non teneva piede in casa:
    7. ora in strada, ora per le piazze
      e in agguato presso ogni angolo.
    8. Essa lo prese, lo baciò
      e sfacciatamente gli disse:
    9. «Dovevo fare un sacrificio di riconoscenza;
      oggi ho sciolto i miei voti;
    10. perciò sono uscita per incontrarti e poterti vedere,
      e ti ho trovato.
    11. Ho abbellito il mio letto con morbidi tappeti;
      con coperte ricamate con filo d’Egitto;
    12. l’ho profumato di mirra,
      di aloè e di cinnamomo.
    13. Vieni, inebriamoci d’amore fino al mattino,
      sollazziamoci in amorosi piaceri;
    14. poiché mio marito non è a casa;
      è andato in viaggio lontano;
    15. ha preso con sé un sacchetto di denaro,
      non tornerà a casa che al plenilunio».
    16. Lei lo sedusse con le sue molte lusinghe,
      lo trascinò con la dolcezza delle sue labbra.
    17. Improvvisamente egli le andò dietro, come un bue va al macello,
      come uno stolto è condotto ai ceppi che lo castigheranno,
    18. finché una freccia gli trapassi il fegato;
      come un uccello si affretta al laccio,
      senza sapere che è teso contro la sua vita.

  1. Ero alla finestra della mia casa,
    dietro la mia persiana, e stavo guardando;

    Gli ammonimenti che il giovane sta ricevendo non sono il frutto delle paure immotivate di una persona che vede rischi e pericoli da tutte le parti. Il padre saggio può raccontare quello che ha visto con i suoi occhi e che potrebbe accadere a ogni giovane che pensa di poter fare a meno degli avvertimenti di chi ha più esperienza e più saggezza di lui.

  2. vidi, tra gli sciocchi,
    scòrsi, tra i giovani, un ragazzo privo di senno,

    Nell'originale il termine tradotto con sciocchi viene anche reso con "semplici" (1.4), "ingenui" (1.22), "insensati" (1.32). Come in 1.4, anche qui vengono nominati contemporaneamente gli sciocchi (o "semplici") e i giovani. In questo contesto quindi il termine non esprime un giudizio, ma indica l'inevitabile inesperienza di chi è giovane di età. In questo gruppo di inesperti il saggio ne individua uno che è privo di senno, perché non vuole rendersi conto della sua inesperienza e crede di non avere bisogno del consiglio di nessuno. La sua colpevole insensatezza sarà resa evidente dal racconto delle sue azioni.

  3. che passava per la strada, presso l’angolo dov’essa abitava,
    e si dirigeva verso la casa di lei,

    La mancanza di senno del ragazzo viene fuori. Parlando della donna estranea, il padre saggio aveva detto al figlio: "Tieni lontana da lei la tua via e non ti accostare alla porta della sua casa" (5.8). E' proprio quello che il giovane fa. Dall'atteggiamento che assumerà la donna non sembra che l'incontro sia stato premeditato. Forse il giovane non aveva una precisa cattiva intenzione, ma resta il fatto che il suo ozioso bighellonare a tarda ora lo porta proprio nelle vicinanze di una persona pericolosa. Qualcuno ha detto: "Al pigro che se ne sta senza far niente, Satana trova sempre qualche tranquillo peccato da commettere".

  4. al crepuscolo, sul declinare del giorno,
    quando la notte si faceva nera, oscura.

    Scende la notte sul giovane, e non solo in senso fisico. Le tenebre spirituali l'avvolgono sempre più strettamente. E' privo di senno perché privo di pietà, quindi empio nel vero significato del termine. Per lui si compie letteralmente la parola: "La via degli empi è come il buio; essi non scorgono ciò che li farà cadere" (cfr. 4.19).

  5. Ecco farglisi incontro una donna
    in abito da prostituta e astuta di cuore,

    L'abito da prostituta può essere diverso a seconda dei tempi e dei paesi, ma un fatto li accomuna: deve rendere il corpo sessualmente provocante. L'elemento esterno dell'abito ha poi un importante collegamento interno: la donna è astuta di cuore. Il contrasto tra l'astuzia della donna e l'ingenuità del giovane verrà messa in evidenza dal successivo svolgimento dei fatti.

  6. turbolenta e proterva,
    che non teneva piede in casa:

    E' l'immagine di una donna che oggi si direbbe "emancipata". In casa si annoia, non vuole subire passivamente il suo destino. Quindi si muove, discute, decide, contrasta, aggredisce. Potrebbe sembrare un quadro positivo, se non ci fosse il seguito del racconto. Quello che la donna sostanzialmente rifiuta è la sua posizione di moglie. Tutto il resto non è che una conseguenza di questa fondamentale ribellione all'ordine stabilito da Dio.

  7. ora in strada, ora per le piazze
    e in agguato presso ogni angolo.

    La donna "emancipata" è anche inquieta. Il vuoto che è dentro di lei le impedisce di rimanersene tranquillamente a casa; si agita freneticamente perché è alla ricerca di qualcosa che non ha; crede di trovare un rimedio alla sua insoddisfazione assumendo l'atteggiamento del cacciatore. Sembra una persona decisa che sa come muoversi; ma in realtà non conosce "la via della pace" (Romani 3.17).

  8. Essa lo prese, lo baciò
    e sfacciatamente gli disse:

    Per conquistare la sua preda la donna non segue le consuete vie femminili: non cerca di attrarre l'attenzione su di sé e di affascinare il ragazzo. Con energica decisione prende l'iniziativa: lo afferra, lo bacia e sfacciatamente (lett. "con faccia impudente") gli rivolge per prima la parola. Si verifica "una cosa nuova sulla terra: la donna che corteggia l’uomo" (Geremia 31.22)

  9. «Dovevo fare un sacrificio di riconoscenza;
    oggi ho sciolto i miei voti;

    Il sacrificio di riconoscenza (Levitico 3; 7.11-36) aveva come caratteristica di essere accompagnato da un pasto comune che si consumava in presenza del Signore. La carne della vittima doveva essere mangiata il giorno stesso o al massimo il giorno dopo. Era un'occasione festosa a cui si invitavano parenti e amici. Considerate le reali intenzioni della donna, non è il caso di prendere in seria considerazione le circostanze che descrive, potendo essere tutte o in parte inventate. La vernice religiosa del suo discorso doveva servire soltanto ad aggirare eventuali resistenze morali del giovane. Poco dopo gli argomenti persuasivi della donna diventeranno di altra natura. Per arrivare ai sensi in certi casi bisogna prima ingannare la spiritualità. Purtroppo spesso questo viene capito meglio e prima da chi serve il peccato che non da chi vuole servire Dio.

  10. perciò sono uscita per incontrarti e poterti vedere,
    e ti ho trovato.

    Dopo il riferimento pio al dovere religioso, la donna si avvicina all'obiettivo assumendo toni più personali. Seduce il giovane lusingando il suo amor proprio, facendogli credere che proprio lui, e non altri, è l'oggetto dei suoi desideri e delle sue attenzioni. In realtà quello che probabilmente stava cercando era qualcuno che fosse abbastanza ingenuo da farsi irretire dalle sue moine. E in quel senso l'ha trovato. Ma il giovane non avrebbe nessun motivo di rallegrarsene.

  11. Ho abbellito il mio letto con morbidi tappeti;
    con coperte ricamate con filo d’Egitto;

    L'azione seduttiva della donna si rivolge a tutti gli aspetti della persona: spirito, anima e corpo. Dapprima parla allo spirito del giovane accennando al dovere religioso del sacrificio di riconoscenza (7.14); poi si rivolge all'anima inducendolo a credere di essere persona molto desiderata e ricercata (7.15); e infine aggredisce direttamente il corpo attraverso lo stimolo dei sensi. L'immaginazione visiva viene sollecitata con la rappresentazione di un'alcova lussuosa e accogliente.

  12. l’ho profumato di mirra,
    di aloè e di cinnamomo.

    La sensualità del giovane inesperto viene poi risvegliata dal riferimento a profumi esotici e costosi: mirra, aloè e cinnamomo. Trattandosi di aromi che sono nominati anche in quell'inno all'amore che è il Cantico dei Cantici (Cantico dei Cantici 4.14), forse la donna con le sue parole voleva far credere al giovane inesperto che i piaceri sensuali che stava per proporle erano giustificati dal loro "amore".

  13. Vieni, inebriamoci d’amore fino al mattino,
    sollazziamoci in amorosi piaceri;

    Terminata la cauta e progressiva marcia di avvicinamento, il linguaggio della donna diventa esplicito e diretto: Vieni, andiamo a letto insieme. Non dice proprio così, ma solo perché la crudezza della proposta deve ancora una volta essere attenuata da parole che si riferiscono a qualcosa di superiore e più nobile: l'amore. Il giovane non deve essere trattenuto da scrupoli di coscienza che potrebbero indurlo a credere che i piaceri a cui è invitato siano peccaminosi. No, la donna lo invita a sollazzarsi in amorosi piaceri. Il piacere che proverà sarà frutto dell'ebbrezza d'"amore" che i due sperimenteranno insieme. Il riferimento all'amore, che nella Bibbia non è mai disgiunto dalla verità, viene qui usato come efficace strumento di menzogna.

  14. poiché mio marito non è a casa;
    è andato in viaggio lontano;

    Superati gli scrupoli di coscienza davanti all'offerta di inebrianti piaceri, il giovane potrebbe ancora essere trattenuto da comprensibili timori di conseguenze spiacevoli provenienti dal marito. La donna, confermando in questo di essere "astuta di cuore" (7.10), previene queste paure assicurando che l'uomo (così si deve tradurre letteralmente il testo originale) è in viaggio. Dopo aver eccitato la parte sensuale del giovane, la donna si preoccupa di rassicurare la sua parte razionale con argomenti rassicuranti.

  15. ha preso con sé un sacchetto di denaro,
    non tornerà a casa che al plenilunio».

    Il marito è andato lontano, ha detto la donna, ma il ragazzo potrebbe temere di vederselo ritornare a casa da un momento all'altro. La donna lo rassicura dicendogli che sa quando tornerà: non prima del plenilunio; e come prova concreta porta il fatto che ha preso con sé molto denaro: segno evidente che doveva rimanere fuori casa per molto tempo.

  16. Lei lo sedusse con le sue molte lusinghe,
    lo trascinò con la dolcezza delle sue labbra.

    L'originale del termine lusinghe viene anche tradotto con "dottrina" (4.2), "sapere" (9.9, 16.21, 16.23), "istruzione" (Isaia 29.24). Bisogna quindi immaginare una donna che si intrattiene a lungo con il giovane uomo per "istruirlo", dall'alto della sua esperienza di donna navigata, su come vanno le cose nel mondo e convincerlo, con parole dolci e rassicuranti, che la sua proposta è nello stesso tempo ragionevole e attraente. Il suo atteggiamento non è diverso da quello dei falsi dottori che "con dolce e lusinghiero parlare seducono il cuore dei semplici" (Romani 16.18).

  17. Improvvisamente egli le andò dietro, come un bue va al macello,
    come uno stolto è condotto ai ceppi che lo castigheranno,

    Il continuo parlare della donna, la sua ricerca di argomenti convincenti, il suo tono dolce e suadente fanno pensare che il giovane abbia resistito a lungo all'opera di seduzione. Ma improvvisamente il ragazzo cede e decide di andarle dietro. Il termine "improvvisamente" nell'originale viene usato quasi sempre in relazione a catastrofi  e sciagure (ved. 24.22; Isaia 47.11;  Geremia 4.20, 6.26, 51.8). E di questo infatti si tratta, anche in questo caso.
      La donna aveva detto che doveva fare un sacrificio di riconoscenza, e in un certo senso questo avviene. Per il sacrificio di riconoscenza infatti la legge prescriveva di offrire un bue o un montone (Levitico 9.4). In questo caso la vittima sacrificale è il ragazzo stesso, che viene trascinato dalla donna come un bue va al macello.
      Il riferimento ai ceppi non è del tutto chiaro, ma in ogni caso vuol far capire che il giovane sta dirigendosi verso un luogo in cui riceverà il suo meritato castigo.

  18. finché una freccia gli trapassi il fegato;
    come un uccello si affretta al laccio,
    senza sapere che è teso contro la sua vita.

    Le parole con cui si chiude il racconto non sono certo come quelle che normalmente vengono usate per descrivere una piccante "avventura". Il linguaggio è tragico. Il giovane sta per essere ferito in punti vitali e imprigionato in modo irreversibile. La sua vita è in pericolo, ma lui procede inconsapevole senza sapere quello a cui va incontro. Ancora una volta viene quindi sottolineata la mancanza di sapienza. Non ha voluto ascoltare la voce del padre saggio, non ha chiamato la sapienza "amica mia" (7.4), e di conseguenza la falsa amica è diventa la sua "sapienza". Chi non ascolta la voce della saggezza è condannato ad ascoltare prima o poi la voce della follia.


* * *


Ammonimenti a considerare le conseguenze dell'adulterio

Riflessioni sul libro dei Proverbi. Dal capitolo 7.

    1. Or dunque, figlioli, ascoltatemi, 
      state attenti alle parole della mia bocca.
    2. Il tuo cuore non si lasci trascinare
      nelle vie di una tale donna; 
      non ti sviare per i suoi sentieri;
    3. perché molti ne ha fatti cadere feriti a morte, 
      e grande è il numero di quelli che ha uccisi.
    4. La sua casa è la via del soggiorno dei defunti, 
      la strada che scende in grembo alla morte.

  1. Or dunque, figlioli, ascoltatemi, 
    state attenti alle parole della mia bocca.

    Dopo aver raccontato il fatto, il maestro si rivolge ai suoi discepoli e ancora una volta li invita non solo ad ascoltare le sue parole, ma anche ad essere attenti (4.1), perché le parole di chi mette in guardia contro qualcosa che piace e attira vengono facilmente ricevute come un rumore di fondo da sopportare con pazienza ma da non prendere in seria considerazione.

  2. Il tuo cuore non si lasci trascinare
    nelle vie di una tale donna; 
    non ti sviare per i suoi sentieri;

    Il maestro torna ad usare il singolare per rendere più diretto e personale il suo ammonimento, che potrebbe suonare così: "Sorveglia il tuo cuore, non permettere che i tuoi sentimenti siano il punto di aggancio che altri potranno usare per trascinarti verso una sciagura; non deviare dalla via che ti ho indicato, non permettere cioè che i tuoi pensieri e le tue decisioni si indirizzino verso obiettivi diversi da quelli che hai imparato".

  3. perché molti ne ha fatti cadere feriti a morte, 
    e grande è il numero di quelli che ha uccisi.

    Il ragazzo potrebbe rispondere: "Ma fanno tutti così!", rifacendosi in sostanza al sottinteso principio che se molti fanno una certa cosa, questa non può essere sbagliata. Ma la verità di una parola e la giustizia di un atto non dipendono dal numero delle persone che dicono quella parola o eseguono quell'atto. E' vero che molti "fanno così", ma è anche vero che per questo motivo molti sono stati feriti a morte e grande è il numero di quelli che sono rimasti uccisi. L'alto numero delle persone in gioco non deve quindi costituire una spinta, ma un deterrente.

  4. La sua casa è la via del soggiorno dei defunti, 
    la strada che scende in grembo alla morte.

    Una donna che pratica l'adulterio vive nel peccato e la Scrittura afferma che "il salario del peccato è la morte" (Romani 6.23). Chi cammina sulla via della morte di solito non vuole restare solo e quindi cerca quasi sempre la compagnia di qualcuno. Spesso l'argomento usato per indurre un altro ad avvicinarsi è quello del "cuore", dell'"amore". Ma si tratta di menzogna, anche se non sempre chi la usa ne è chiaramente consapevole. Anche se per un certo tratto il cammino percorso su quella via può apparire piacevole, la realtà è che esso conduce verso la morte (2.18-19, 5.5).


* * *


La sapienza chiama

Riflessioni sul libro dei Proverbi. Dal capitolo 8.
    1. La sapienza non chiama forse?
      L’intelligenza non fa udire la sua voce?
    2. Essa sta in piedi in cima ai luoghi più elevati,
      sulla strada, agli incroci;
    3. grida presso le porte della città,
      all’ingresso, negli androni:
    4. «Chiamo voi, o uomini nobili,
      la mia voce si rivolge ai figli del popolo.
    5. Imparate, o semplici, l’accorgimento,
      e voi, stolti, diventate intelligenti!
    6. Ascoltate, perché dirò cose eccellenti,
      le mie labbra si apriranno a insegnar cose rette.
    7. Infatti, la mia bocca esprime la verità,
      le mie labbra detestano l’empietà.
    8. Tutte le parole della mia bocca sono conformi a giustizia,
      non c’è nulla di ambiguo o di perverso in esse.
    9. Sono tutte rette per l’uomo intelligente, giuste
      per quelli che hanno trovato la scienza.
    10. Ricevete la mia istruzione anziché l’argento,
      e la scienza anziché l’oro scelto;
    11. poiché la sapienza vale più delle perle,
      tutti gli oggetti preziosi non la equivalgono.

  1. La sapienza non chiama forse?
    L’intelligenza non fa udire la sua voce?

    Quello che era stato detto affermativamente in 1.20 viene qui ripetuto in forma interrogativa, forse per provocare la riflessione. La voce della sapienza continuava a parlare anche quando il giovane ascoltava le parole suadenti della donna estranea. Ha dovuto forse, il ragazzo, cedere alla tentazione perché a un certo punto la sapienza ha smesso di parlare? Ha forse l'intelligenza smesso di far udire la sua voce? Certamente no.

  2. Essa sta in piedi in cima ai luoghi più elevati,
    sulla strada, agli incroci;

    No, anzi, al contrario della donna adultera, che ama scegliere accuratamente le sue prede e isolarle dagli altri per poterle meglio circuire, la sapienza per essere ben visibile sta in piedi, si mette in cima ai luoghi più elevati e ovunque ci sia movimento di persone, in modo da trovare le occasioni per essere ascoltata.

  3. grida presso le porte della città,
    all’ingresso, negli androni:

    Viene ripetuto (cfr. 1.20-21) che la sapienza grida, non sussurra in un orecchio, e lo fa in luoghi a tutti noti perché in essi si svolge la vita sociale. La sapienza che viene da Dio ha sempre un carattere pubblico, e anche se Gesù per un certo tempo l'ha affidata ad una particolare cerchia di persone, lo scopo è sempre stato quello di far giungere il messaggio a tutti (Matteo 10.27).

  4. «Chiamo voi, o uomini nobili,
    la mia voce si rivolge ai figli del popolo.

    Oltre al carattere pubblico, la sapienza ha un carattere universale. Si rivolge a tutti: agli uomini di potere e alle persone comuni. Tutti ne hanno bisogno, anche e proprio perché quasi tutti credono di essere già molto saggi. Chi sta in alto è convinto che la sua elevata posizione sia una chiara dimostrazione della sua sapienza; e chi sta in basso si convince di essere saggio perché sa indicare e illustrare con precisione tutte le sciocchezze che fanno quelli che stanno in alto. E' proprio necessario che la sapienza interrompa questi compiaciuti pensieri gridando a tutti: "Chiamo voi", non qualcun altro.

  5. Imparate, o semplici, l’accorgimento,
    e voi, stolti, diventate intelligenti!

    Il fatto che la sapienza si rivolga a tutti è sottolineato da un'altra contrapposizione: semplici e stolti. I primi hanno bisogno di accorgimento, cioè di accortezza, discernimento, perché pur essendo meno responsabili in quanto inesperti, rischiano di adagiarsi sulla loro inesperienza per non assumersi il peso della responsabilità. I secondi, al contrario, credono di essere già molto esperti, e quindi vanno avanti pienamente convinti di sapere più di altri "come si sta al mondo". Diventate intelligenti, dice loro la sapienza, colpendoli così nella loro presunzione. Letteralmente il testo dice: "Siate intelligenti di cuore", e l'espressione è adatta, perché la stoltezza è un atteggiamento del cuore, più che della testa.

  6. Ascoltate, perché dirò cose eccellenti,
    le mie labbra si apriranno a insegnare cose rette.

    Affinché una comunicazione avvenga, devono essere presenti due elementi: qualcuno deve parlare, altri devono ascoltare. Molti sono convinti che il problema stia nella mancanza del primo elemento: per loro non c'è nessuno che parla, cioè non esiste una fonte unica e universale di sapienza; ciascuno deve arrangiarsi con quello che ha: intelligenza personale, buon senso, tradizioni ricevute. E' evidente che in questo modo le varie "saggezze" si incrociano e si scontrano. L'educata soluzione da molti proposta ha un nome attraente: dialogo! Per la Bibbia invece il problema è un altro, e sta nel secondo elemento. La sapienza unica e universale esiste e comunica, non resta a bocca chiusa, apre le labbra, dice cose eccellenti e insegna cose rette, ma manca chi riceve la comunicazione. La soluzione offerta dalla sapienza è semplice, e proviene anch'essa dalla sua bocca: Ascoltate!

  7. Infatti, la mia bocca esprime la verità,
    le mie labbra detestano l’empietà.

    Ma perché bisogna ascoltare? Forse perché le parole della sapienza sono dolci e gradevoli? Possiamo chiederci allora perché ascoltiamo le parole di un medico di cui abbiamo fiducia, anche se forse temiamo che ci possa dire cose sgradevoli? Evidentemente perché crediamo che ci dica la verità. E per guarire abbiamo bisogno di verità, sia per la diagnosi che per la terapia, non di parole che allentino la tensione e ci distendano i nervi soltanto per qualche ora. Ma la verità della sapienza non è soltanto tecnica, non si oppone all'errore scientifico, ma all'empietà, cioè alla menzogna e alla malvagità che sono conseguenze dell'allontanamento da Dio.

  8. Tutte le parole della mia bocca sono conformi a giustizia,
    non c’è nulla di ambiguo o di perverso in esse.

    Dire la verità sui fatti che riguardano i rapporti fra uomini, o fra gli uomini e Dio, significa parlare secondo giustizia. La sapienza fa questo, e si sottolinea che tutte le sue parole sono giuste, non soltanto una parte. Per far capire poi che cosa questo significhi, si nomina il contrario: ambiguità e perversione. La seconda forma di ingiustizia è più chiara, perché si presenta in modo esplicito, spesso come violenza e sopraffazione. La prima è più sfumata, e assume spesso la forma della diplomazia: quel parlare tortuoso che dice e non dice, che vuol far arrivare a certe conclusioni senza esporsi apertamente.

  9. Sono tutte rette per l’uomo intelligente, giuste
    per quelli che hanno trovato la scienza.

    Si conclude con questo versetto una serie di dichiarazioni sulle parole della sapienza che potremmo dire "propagandistiche". Esse sono rette, cioè lineari, semplici, comprensibili, e giuste, cioè adeguate alla realtà che descrivono. Ma affinché queste qualità siano percepite, è necessario che chi le riceve sia un uomo intelligente, cioè uno che ha già gli strumenti spirituali per capire, uno che ha trovato la scienza, perché l'ha cercata. Vengono in mente le parole di Gesù: "Attenti dunque a come ascoltate: perché a chi ha, sarà dato; ma a chi non ha, anche quello che pensa di avere gli sarà tolto (Luca 8:18).

  10. Ricevete la mia istruzione anziché l’argento,
    e la scienza anziché l’oro scelto;

    Un abile venditore, dopo aver illustrato le qualità della sua merce si rivolge al compratore e cerca di indurlo all'acquisto facendo il paragone con altri prodotti in circolazione. In modo simile si comporta la sapienza, con la differenza che non chiede nessuna forma di pagamento.

  11. poiché la sapienza vale più delle perle,
    tutti gli oggetti preziosi non la equivalgono.

    L'istruzione, la scienza e la sapienza vengono offerte in dono e valgono molto più dell'argento, dell'oro, delle perle e di qualsiasi altro oggetto che si possa desiderare (cfr. 3.14-15).


* * *


Pregi e autorità della sapienza

Riflessioni sul libro dei Proverbi. Dal capitolo 8.
    1. Io, la sapienza, sto con l’accorgimento
      e ho trovato la scienza della riflessione.
    2. Il timore del SIGNORE è odiare il male;
      io odio la superbia, l’arroganza, la via del male e la bocca perversa.
    3. A me appartiene il consiglio e il successo;
      io sono l’intelligenza, a me appartiene la forza.
    4. Per mio mezzo regnano i re,
      e i prìncipi decretano ciò che è giusto.
    5. Per mio mezzo governano i capi,
      i nobili, tutti i giudici della terra.
    6. Io amo quelli che mi amano,
      e quelli che mi cercano mi trovano.
    7. Con me sono ricchezze e gloria,
      i beni duraturi e la giustizia.
    8. Il mio frutto è migliore dell’oro fino,
      il mio prodotto vale più dell’argento selezionato.
    9. Io cammino per la via della giustizia,
      per i sentieri dell’equità,
    10. per far ereditare ricchezze a quelli che mi amano,
      e per riempire i loro tesori.
  1. Io, la sapienza, sto con l’accorgimento
    e ho trovato la scienza della riflessione.

    L'accorgimento può essere la capacità di capire come stanno effettivamente le cose, e può anche essere una qualità neutra, usabile nel bene come nel male. Ma la sapienza , che sta costantemente (lett. abita) con l'accorgimento, arriva alla scienza mediante la riflessione. Con l'accorgimento si possono dunque fare diagnosi realistiche di una data situazione, ma è con la riflessione che si trova la giusta terapia, cioè si diventa capaci di intervenire in modo utile ed efficace nella realtà.

  2. Il timore del SIGNORE è odiare il male;
    io odio la superbia, l’arroganza, la via del male e la bocca perversa.

    Poiché Dio odia il male, chi si comporta deliberatamente in modo malvagio si mette dalla parte del male e quindi cade sotto l'odio di Dio. Se questo fatto non provoca alla persona alcun disagio, vuol dire che non ha timore del Signore. E la mancanza di questo salutare sentimento si manifesta proprio nel fare ciò che Dio odia: cioè avere un atteggiamento interiore di falsa sicurezza di sé che in realtà è superbia e arroganza; praticare la via del male, avendo una condotta che segue vie scorrette e disoneste; usare la bocca per farne uscire parole che pervertono la giustizia e ingannano o calunniano il prossimo (cfr. 6:16-19).

  3. A me appartiene il consiglio e il successo;
    io sono l’intelligenza, a me appartiene la forza.

    Nelle considerazioni dei fatti storici e politici qualche volta si dice che i tiranni e i dittatori hanno "la ragione della forza", ma non "la forza della ragione". Ma che forza è, quella della ragione, se alla resa dei conti deve cedere davanti alla prepotenza della stoltezza? Si tende a dire che è una forza ideale, ma non si capisce in quale mondo alla fine avrà successo. Nel mondo delle idee? Ma esiste un simile mondo? E se, come molti sospettano, non esiste, il parlare di "forza della ragione" in realtà finisce per essere soltanto la magra consolazione dei vinti.
    Qui però si parla di una sapienza che sempre più assume le caratteristiche della divinità. A lei appartiene non soltanto il consiglio, ma anche il successo; non solo l'intelligenza, ma anche la forza. Non per nulla sono caratteristiche che la Scrittura attribuisce al Messia (Isaia 11:2), una Persona divina che regna fin dall'eternità, e che un giorno manifesterà pubblicamente la sua sapienza e la sua forza nel regno messianico annunciato dai profeti di Israele.

  4. Per mio mezzo regnano i re,
    e i prìncipi decretano ciò che è giusto.

    Usando un linguaggio moderno, si può dire che qui si parla di due poteri: il potere di governo e il potere giudiziario. Nell'antichità i due poteri venivano molto spesso esercitati dalla medesima persona, perché l'esercizio della giustizia era una prerogativa della sovranità. Anche in una società decaduta, Dio mette a disposizione di coloro che sono in autorità la necessaria sapienza per governare e amministrare la giustizia, così come dona ai genitori la capacità di allevare ed educare i figli.

  5. Per mio mezzo governano i capi,
    i nobili, tutti i giudici della terra.

    Purtroppo l'esercizio del potere da parte degli uomini è in varia misura deturpato dalla loro natura peccatrice, ma proprio per questo la Scrittura afferma che un giorno il Messia divino mostrerà concretamente al mondo come si amministra il potere in modo perfettamente conforme alla volontà di Dio.

  6. Io amo quelli che mi amano,
    e quelli che mi cercano mi trovano.

    La sapienza divina non comunica soltanto conoscenze tecniche su come stanno le cose, ma desidera anche trasmettere amore. D'altra parte, l'amore non è soltanto effusione di sentimenti, ma anche comunicazione di una parola di verità proveniente da Dio. Questo spiega perché molti rifiutano l'amore di Dio. Tutti sono disposti a lasciarsi amare, se questo significa soltanto essere aiutati a risolvere i propri problemi, ma pochi sono disposti ad accettare l'amore di Dio quando questo si manifesta nella forma di una parola che invita ad abbandonare il peccato, a ravvedersi e a credere in Colui che è sapienza e amore infiniti. Chi rifiuta la parola di sapienza che gli arriva da parte di Dio, respinge il Suo amore. Chi invece si apre alla Parola di Dio e cerca la Sua sapienza, la trova. E in questo modo mantiene aperto quel flusso d'amore di cui Dio è stato l'iniziatore.

  7. Con me sono ricchezze e gloria,
    i beni duraturi e la giustizia.

    I beni in possesso della sapienza vengono presentati - si potrebbe quasi dire propagandati - soprattutto per sottolineare che essi sono a disposizione di coloro che amano la sapienza. Ricchezze e gloria erano già state promesse in 3.16. I beni duraturi che qui vengono aggiunti sono doni che evidentemente non spariscono con la persona, ma si prolungano sui discendenti e sull'ambiente circostante. Infatti i doni della sapienza, proprio perché hanno le caratteristiche della giustizia, non sono dati per essere goduti soltanto nel privato e in un determinato momento, ma estendono i loro benefici effetti tutto intorno, nello spazio e nel tempo.

  8. Il mio frutto è migliore dell’oro fino,
    il mio prodotto vale più dell’argento selezionato.

    Il paragone con oro e argento è già stato fatto in 3.14 e 8.10. In tutti i casi l'oro di cui si parla è sempre oro fino, e in questo versetto anche l'argento è selezionato. Come in 3.14, anche qui l'accento viene messo non tanto sul valore in sé di questi due metalli, quanto sul frutto o prodotto che procurano. Il termine qui tradotto con prodotto, in 3.14 viene infatti tradotto con profitto. Si tratta dunque di un interesse, un vero e proprio utile finanziario. In linguaggio attuale si potrebbe dire che l'interesse procurato dalla sapienza è di gran lunga maggiore di quello che potrebbero dare le migliori azioni presenti sul mercato finanziario mondiale.

  9. Io cammino per la via della giustizia,
    per i sentieri dell’equità,

    La sapienza ha degli obiettivi e porta dei benefici a chi la possiede. Qui si precisa che per lei non sono importanti soltanto gli obiettivi, ma anche i metodi usati per raggiungerli. Per lei non vale il detto: il fine giustifica i mezzi. La furbizia cammina per la via della menzogna, ma la sapienza cammina per la via della giustizia, per i sentieri dell'equità.

  10. Per far ereditare ricchezze a quelli che mi amano,
    e per riempire i loro tesori.

    Nella saggezza popolare spesso si mettono in contrasto i metodi con gli obiettivi. Il furbo - si pensa - è uno che usa metodi spregiudicati e disonesti, ma ottiene risultati vantaggiosi; il galantuomo invece è uno che usa metodi leciti e corretti, ma molto spesso quello che ottiene è soltanto l'autocompiacimento per la sua integerrima condotta. L'onesto partecipa al concorso per un posto pubblico senza farsi raccomandare, ed è moralmente encomiabile, ma non vince. Il furbo invece è moralmente riprovevole, perché si fa raccomandare, ma vince il concorso e ottiene il posto. Le conclusioni però si tirano alla fine. I beni donati dalla sapienza, che cammina per la via della giustizia, sono duraturi (8.18), ma "La ricchezza male acquistata va diminuendo" (Proverbi 13.11) e "Chi acquista ricchezze, ma non con giustizia, è come la pernice che cova uova che non ha fatte; nel bel mezzo dei suoi giorni egli deve lasciarle; quando arriva la sua fine, non è che uno stolto" (Geremia 17.11).