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Quel lungo filo tra Romania e Israele

di Rodolfo Bastianelli

Quella dei rapporti tra Israele e Romania è una delle pagine più interessanti e allo stesso tempo poco conosciute nella storia delle relazioni internazionali. I legami tra Bucarest e Gerusalemme sono sempre stati di tipo speciale non solo sul piano politico - la Romania fu l'unico tra gli Stati dell'allora blocco sovietico a non rompere con Israele dopo il conflitto del 1967 - ma anche culturale, vista la presenza nel Paese di una numerosa comunità ebraica. E la storia dei rapporti con Israele si intreccia proprio con quella degli ebrei romeni.
    Stanziatisi sul territorio a partire dal II secolo d.C., per lungo tempo ebbero delle condizioni di vita non facili, risentendo del clima fortemente antisemita che per secoli ha contraddistinto le società dell'Europa orientale. Solo negli anni successivi al primo conflitto mondiale la Romania garantirà ai cittadini di religione ebraica tutti i diritti civili, cancellando misure discriminatorie come quella che impediva agli studenti di frequentare le scuole primarie e secondarie l'accesso alle università.
    Terza in Europa per importanza, dopo quella sovietica e polacca, la comunità ebraica romena, nonostante le difficoltà, giocò comunque un ruolo importante nella cultura - in Romania venne fondato il primo teatro in Europa in lingua yiddish - e nello sviluppo economico del Paese. Ma con le tensioni politiche esplose all'inizio degli anni Trenta, la situazione della popolazione ebraica tornò a farsi difficile finendo per diventare drammatica con l'avvicinamento di Bucarest alla Germania nazista. Alla fine della guerra dalla stime effettuate risultava che la metà della comunità, quasi quattrocentomila persone, era stata sterminata, uccisa o nei lager tedeschi oppure per mano delle milizie romene e ungheresi. Il nuovo regime comunista tenne invece nei confronti degli ebrei un atteggiamento ambiguo, da un lato, limitando l'azione delle associazioni ebraiche, dall'altro, consentendo - unico tra i Paesi del blocco sovietico - le loro attività religiose e culturali.
    Sul piano politico, nel 1948 la Romania riconobbe Israele e da allora i rapporti diplomatici tra i due Paesi non si sono mai interrotti. Una delle questioni che si pose subito nei rapporti bilaterali riguardava la sorte della popolazione ebraica rimasta in Romania dopo il secondo conflitto mondiale. Stando a quanto recentemente riportato da un ex-appartenente ai servizi segreti israeliani, negli anni Cinquanta e Sessanta Israele ottenne il visto d'uscita per centomila ebrei romeni, fornendo in cambio a Bucarest l'assistenza tecnica per rimettere in funzione la sua industria petrolifera, capi di bestiame per l'agricoltura e l'avvio di progetti per la costruzione di alcune fattorie che ebbero effetti positivi sull'economia romena.
    Con l'arrivo al potere di Ceasescu nel 1965 la politica estera romena assunse caratteristiche del tutto particolari rispetto a quelle degli altri Stati del blocco socialista. Inizialmente, il nuovo governo ridimensionò i legami commerciali con Israele nel tentativo di guadagnarsi l'appoggio dei Paesi arabi, ma appena due anni dopo la Romania fu il solo tra gli Stati del Patto di Varsavia a non rompere le relazioni diplomatiche con Gerusalemme dopo la Guerra dei sei giorni. Nel 1969 i rapporti economici vennero così ripresi, cosa che da un lato permise agli ebrei romeni di ottenere il visto d'uscita per stabilirsi in Israele e dall'altro consentì alla Romania di ottenere da Gerusalemme le materie prime di cui necessitava la sua industria unitamente a delle somme di valuta estera pregiata. Il riavvicinamento verso Israele operato da Ceausescu aveva ragioni sia economiche che politiche. Sul piano commerciale i rapporti con Mosca si stavano deteriorando in quanto mentre l'Unione Sovietica desiderava trasformare la Romania in un fornitore di materie prime per l'industria sovietica, Bucarest al contrario intendeva invece intraprendere una politica economica autonoma. Per questo Ceausescu, che ambiva ad avviare una nuova fase nei rapporti commerciali con i Paesi occidentali per trovare un mercato ai prodotti romeni, riaprì i rapporti con Israele in quanto lo Stato ebraico poteva svolgere proprio quel ruolo di ponte con l'Europa e gli Stati Uniti che Bucarest auspicava. Dal lato politico poi Ceausescu stava cominciando a prendere le distanze dal Cremlino, dando al suo socialismo degli aspetti sempre più nazionalistici e alla sua diplomazia una linea spiccatamente autonoma se non addirittura neutralista, come apparve evidente nel 1968 quando la Romania fu il solo Paese del Patto di Varsavia a non partecipare all'invasione della Cecoslovacchia e a condannare le azioni decise dalla dirigenza sovietica.
    In Medioriente questa intraprendenza nella politica estera portò Ceausescu a elevare a livello di ambasciata la sua rappresentanza diplomatica in Israele non dimenticando però nello stesso tempo di farsi portavoce anche delle aspirazioni dei popoli arabi. Forte di avere buone relazioni sia con Israele che con l'Egitto, la Romania alla fine degli anni Settanta presentò così un progetto di pace per il Medioriente nel quale si suggeriva il ritiro israeliano dai territori occupati nel 1967, compresi la parte orientale di Gerusalemme e il Libano meridionale, la creazione di uno Stato palestinese indipendente governato dall'Olp, l'impegno della comunità internazionale a garantire la sicurezza per tutti i Paesi della regione e la convocazione di una conferenza di pace. Queste proposte verranno respinte da Israele ma i rapporti tra Bucarest e Gerusalemme restarono comunque improntati alla massima cordialità.
    A metà degli anni Ottanta le relazioni entrarono però in una fase di freddezza e apparve chiaro come la Romania stesse riposizionando la sua politica mediorientale. Così nel 1985 prima Ceausescu condannò apertamente l'azione militare israeliana contro il quartier generale dell'Olp a Tunisi e poi nel 1988 riconobbe lo Stato palestinese autoproclamato, autorizzando inoltre l'apertura a Bucarest di una rappresentanza diplomatica dell'Olp. L'anno prima, in un lungo incontro con il primo ministro Yithzak Shamir, il leader romeno aveva insistito su Gerusalemme perché facesse delle concessioni e aprisse a colloqui diretti con Arafat.
    Dopo la fine del regime comunista nel 1989 i rapporti tra i due Paesi si sono rinsaldati, come dimostrano la visita ufficiale - la prima di un capo di Stato romeno in Israele - compiuta nel 2000 dall'allora presidente Emil Constatinescu e i numerosi incontri bilaterali a livello di primi ministri e ministri degli Esteri. E in questi ultimi anni anche i legami economici hanno conosciuto un notevole incremento, tanto che oggi Israele costituisce il primo partner commerciale di Bucarest in Medioriente, mentre il valore degli investimenti israeliani in Romania ammonta a oltre due miliardi di dollari.
    Riguardo alla situazione mediorientale e al futuro del processo di pace israelo-palestinese, la Romania si è detta favorevole alla creazione di due Stati distinti dichiarandosi pronta a svolgere anche un ruolo di mediazione visti i buoni rapporti esistenti con Israele e con l'Autorità nazionale palestinese. E la conferma di come le relazioni tra Bucarest e Gerusalemme stiano attraversando una fase positiva è arrivata due anni fa, quando in occasione delle celebrazioni per il sessantesimo anniversario dei rapporti diplomatici tra i due Paesi, il presidente israeliano Shimon Peres, rivolgendosi al suo omologo romeno Traian Basescu, ha affermato come la Romania sia un suo vero amico di Israele ringraziando inoltre Bucarest per aver consentito a migliaia di ebrei di tornare nella loro terra d'origine.

(fareitalia, 4 maggio 2011)