Duecentomila libri in fumo al Cairo. E' l'Egitto in mano ai militari
di Giulio Meotti
Quello che rimane dell'Istituto d'Egitto
ROMA - I manoscritti andati perduti nel rogo all'Istituto d'Egitto del Cairo ammonterebbero a 192 mila. Un patrimonio mondiale bruciato a seguito degli scontri, dieci giorni fa, fra l'esercito e i manifestanti. Si tratta di testi e manoscritti antichissimi, lascito della spedizione napoleonica del 1798 nel paese delle Piramidi. Circa 40 mila testi sono stati recuperati, ma gran parte è andata persa per sempre. Nulla è stato salvato della grande opera "Description de l'Egypte", curata dai duecento studiosi guidati dal creatore del Louvre, Vivant Denon, e che l'imperatore francese Napoleone portò al suo seguito per sviluppare la conoscenza della storia di questo paese. Il Cairo perde così l'enciclopedia - pubblicata nel 1802 - che venne vantata come più importante di quella di Diderot e di D'Alembert.
Fra i testi andati a fuoco negli scontri con l'esercito anche disegni archeologici, di templi, sculture e geroglifici immortalati da Jean-Baptiste Lepère. E ancora appunti di matematici, storici, chimici, architetti, astronomi, musicisti, linotipisti e litografi. Non resta traccia di quell'"esercito di geni" che condusse la più straordinaria inchiesta scientifica mai realizzata. Fu grazie a questa "Description" ora perduta che Jean-François Champollion nel 1822 svelerà l'enigma dei geroglifici. Il sogno di Napoleone era quello di conquistare il paese dei faraoni e da "generale sapiente" si circondò di uomini di scienza. Voleva che l'Egitto e la sua civiltà fossero trasmessi ai posteri. La pubblicazione della "Description de l'Egypte" fu il risultato più straordinario di quella missione scientifica. C'erano due noti scienziati amici di Napoleone, il fisico Gaspard Monge, e il chimico Claude Berthollet (l'inventore della candeggina),a cui Bonaparte chiese di setacciare e reclutare fra le più prestigiose Università di Parigi.
Fra i tesori bruciati "memorie scritte a mano, libri di viaggio, testi medici, corrispondenze". Ci sono gli studi dello zoologo Geoffroy Saint-Hilaire, che analizzò i pesci del mar Rosso; gli appunti dell'ornitologo Savigny, che descrisse per la prima volta la ninfea blu; le descrizioni dei geologi Dolomieu e Cordier, che studiarono il delta del Nilo; gli studi del botanico Raffeneau-Delile, che descrisse le piante; il diario dell'etnologo Villoteau, che collezionò gli strumenti musicali arabi. L'Istituto d'Egitto divenne il quartier generale della loro spedizione scientifica. L'edificio era "l'amante preferita del generale", secondo i beffardi commenti dei militari francesi. La "Description" in venti volumi, bruciata nell'incendio, fu il loro testamento storico. L'Istituto simboleggiava il legame dell'Egitto con l'occidente e la modernità e si trovava nell'epicentro degli scontri di strada, a lato di piazza Tahrir. Un portavoce dell'Associazione per la conservazione dei beni culturali, Hagag Ibrahim, ha detto ad Al Arabiya che l'istituto è stato sottoposto a una seconda "invasione tartara", paragonando i vandali ai mongoli che bruciarono la biblioteca di Baghdad nel 1258.
Di "disastro" ha parlato l'ex ambasciatore egiziano negli Stati Uniti, Raouf el Reedy. Il giornale israeliano Yedioth Ahronoth ha paragonato il rogo del Cairo alla distruzione da parte dei talebani dei due grandi Buddha di Bamiyan. Altri ancora all'incendio alla biblioteca di Alessandria. Della piu grande conquista culturale della storia non resta dunque traccia. Divorata dalle fiamme degli inquisitori islamici.
Gaza, raid aereo uccide capo gruppo armato salafita
TEL AVIV, 30 dic - Il capo di un gruppo armato salafita affiliato ad Al Qaida e' stato ucciso stamane in un raid aereo israeliano alla periferia di Gaza City mentre assieme ad altri miliziani si stava apprestando a lanciare un razzo contro Israele, secondo quanto ha riferito un portavoce militare.
Fonti informate a Gaza hanno detto che l'ucciso si chiama Momen Abu Daf, capo della cosiddetta Armata dell'Islam.
Nell'attacco sono stati feriti inoltre cinque palestinesi, uno dei quali e' stato ricoverato in ospedale.
Nella Striscia di Gaza sono presenti diverse cellule di miliziani salafiti, anche provenienti dall'Egitto, responsabili tra l'altro dell'assassinio del volontario italiano Vittorio Arrigoni lo scorso aprile. Come l'islamico Hamas, che esercita il potere di fatto nella Striscia di Gaza, vogliono la distruzione di Israele e propugnano la lotta armata. Per ragioni politiche pero' Hamas sembra aver ora accantonato, almeno momentaneamente, l'uso delle armi.
Il portavoce militare ha detto che Daf aveva pure organizzato diversi attacchi terroristici ed era implicato nella preparazione di un'altra operazione sul confine tra Israele e Egitto, sventata la scorsa settimana. In relazione a quest'ultima un altro miliziano salafita, Abdallah Talebani, era stato ucciso da Israele lo scorso martedi'. L'attacco in preparazione, a quanto pare, doveva essere lanciato nel sud di Israele da un commando che si sarebbe dovuto infiltrare da Gaza nel Sinai egiziano per poi raggiungere lo Stato ebraico.
L'operazione avrebbe dovuto essere una copia di quella attuata lo scorso agosto, vicino alla citta' di Eilat sul Mar Rosso, costata la vita a otto israeliani e a cinque guardie di frontiera egiziane, queste ultime colpite nella sparatoria tra soldati israeliani e membri del commando attaccante.
Sonnolento dalla conclusione del trattato di pace nel 1979, il poco controllato confine israelo-egiziano e' tornato di nuovo a preoccupare i responsabili militari israeliani. La debolezza del potere centrale al Cairo infatti ha fatto si' che da tempo il Sinai sia divenuto una specie di area franca, teatro di operazione di contrabbandieri, non solo di armi, e di gruppi terroristici.
Dall'attacco dello scorso agosto Israele ha rafforzato lo spiegamento militare e ha accentuato lo stato di allerta nell'area di confine, accelerando al tempo stesso i lavori per la costruzione di una rete difensiva, di sbarramenti fisici e elettronici, inizialmente per arrestare il flusso di clandestini africani in cerca di lavoro nel Paese e ora anche per ostacolare infiltrazioni di terroristi.
Aisha Gheddafi, figlia dell'ex dittatore libico Muammar Gheddafi ucciso il 20 ottobre scorso nella città di Sirte, si è rivolta all'avvocato israeliano Nick Kaufman per chiedere alla Corte Penale internazionale (Cpi) dell'Aja di aprire un'inchiesta volta a identificare e processare i responsabili della morte del padre e del fratello Muatassim.
Lo ha riferito oggi il quotidiano di Tel Aviv Yedioth Aharonoth, precisando che Kaufman ha fama di grande esperto di diritto penale internazionale e di profondo conoscitore delle procedure della Cpi, della quale è stato in passato membro di collegi d'accusa.
"Aisha - ha detto il legale al giornale - è furiosa con i responsabili dell'assassinio del padre e del fratello Muatassim e vuole l'apertura di un'immediata inchiesta della Corte Penale Internazionale sulle circostanze di questi crimini. È convinta che il governo provvisorio libico non sia capace di condurre l'inchiesta e non ne sia nemmeno interessato".
Fondato nel 1798 dagli scienziati che accompagnavano Napoleone nella sua invasione dell'Egitto e autore della monumentale opera in 20 volumi intitolata Description de l'Égypte (1809-28), l'istituto è stato incendiato il 17 dicembre scorso da una folla che si è scatenata nelle vicinanze dell'edificio che ospita l'Assemblea nazionale.
Fatto straordinario per un'istituzione colta, le sue porte erano aperte al pubblico permettendogli di girovagarvi dentro e assimilare il sapere, anche se in pochi l'hanno fatto. Durante il mio soggiorno triennale al Cairo, negli anni Settanta, è stato per me un luogo di rifugio, quando ero stufo della città, così com'è stata una destinazione abituale per i miei ospiti stranieri. Tenevo molto a questa perla misconosciuta per la sua biblioteca di 200.000 volumi che riguardavano l'Egitto, per essere la pietra angolare del sapere orientalista in Egitto, per la sua evocazione di un'epoca diversa e migliore e per la quiete che offriva in una città con poche oasi del genere.
E ora i barbari sono arrivati e l'hanno distrutto a colpi di molotov. I muri sono ancora in piedi, ma l'edificio è sventrato, e il suo contenuto dal valore inestimabile è stato bruciato.
COMMENTI:
(1) Questo attacco fa venire in mente una serie di atti precedenti di distruzione dei monumenti storici dell'Egitto, tra cui la deturpazione avvenuta in epoca medievale della Sfinge e l'incendio doloso del Cairo del 1952. Fuori dall'Egitto, fra gli attacchi di cui serbiamo memoria ci sono la distruzione musulmana dei templi indù in India, la distruzione turca delle chiese a Cipro del Nord, la devastazione palestinese della Tomba di Giuseppe, la distruzione talebana delle statue dei Buddha di Bamyan, il saccheggio iracheno dei musei, delle biblioteche e degli archivi, la distruzione saudita delle antichità della Mecca e la devastazione in Malesia di uno storico tempio indù. Questo barbarismo, in altre parole, s'inserisce in uno schema più ampio. Che ne è dei musulmani e della loro storia? Come suggerisce questo elenco, troppi di loro detestano non solo ciò che non è islamico, ma anche il loro stesso patrimonio storico e archeologico.
(2) L'ex-ministro delle antichità, Zahi Hawass, ha condotto una campagna per la restituzione dei tesori egiziani. Sono contrario. Sarebbe meglio salvaguardarli là dove sono piuttosto che esporli alla furia degli egiziani moderni, considerando soprattutto il fatto che, di recente, il Mufti d'Egitto ha deliberato contro l'esposizione delle statue in privato, un possibile primo passo verso una distruzione di antichità egizie con il placet dello Stato. Inoltre, gli osservatori temono, a ragione, che l'impareggiabile Museo egizio possa essere il prossimo obiettivo.
(Archivio di Daniel Pipes in italiano, 26 dicembre 2011)
L'espansione dei Fratelli Musulmani non si ferma all'Egitto e guarda all'Europa
La Primavera Araba ha rivelato ai Paesi Europei la forza di aggregazione e trasversalità su vari Paesi dei Fratelli Mussulmani. Nei vari paesi arabi, il comportamento dei Fratelli Musulmani è rivolto a creare uno Stato in base alla legge islamica (Sharia'h) pur considerando la necessità di mostrare un certo grado di pragmatismo e flessibilità in relazione alla strategia del movimento di adattarsi alle condizioni sociali e politiche di ogni paese. Quindi l?azione politica della fratellanza mussulmana non può essere considerata uniforme in tutto il mondo arabo perché è gestita in modo diverso in ogni paese, secondo le circostanze locali e i vincoli.
Tuttavia, ci sono connessioni e azioni comuni in Egitto e negli altri paesi del Medio Oriente e in tutto il mondo. L'ideologia dei Fratelli Musulmani si basa sul principio "l'Islam come la soluzione" per ogni individuo, problema sociale e politico. Istituire un completo "ordine islamico mondiale" può essere possibile, secondo il movimento e i suoi fondatori, attraverso un processo a lungo termine e a fasi multiple.Un percorso che ha come fondamento l'educazione di ogni singolo musulmano, della sua famiglia e i valori della sua famiglia nella società in generale fino al nuovo ordine del mondo musulmano. Il raggiungimento del potere politico attraverso la vittoria nelle elezioni per formare legittimamente uno Stato secondo la legge islamica, la liberazione dei paesi dell'Islam dal giogo straniero unendoli in un'unica entità islamica, e la diffusione dei valori islamici in tutto il mondo sulle rovine del capitalismo occidentale. Nei Fratelli Mussulmani ci sono fazioni pragmatiche, conservatrici e estremiste. I Fratelli Musulmani sono la forza politica meglio organizzata oggi in Egitto. Dispone inoltre di un ampio sistema socio-economico (il da'wah), costruito negli anni in funzione del movimento. Una volta che il regime di Mubarak è stato rovesciato, i Fratelli Musulmani si sono trovati in una posizione avanzata, già strutturati rispetto alle forze laiche che hanno invaso piazza Tahrir, ma che nei turni elettorali per l'Assemblea del popolo hanno dovuto soccombere rispetto alla forza del consenso dei Fratelli Mussulmani. Il successo dei Fratelli Musulmani in Egitto è radicato in una combinazione di ideologia, politica e sociale. Ideologicamente, è percepito come una risposta autentica all'egemonia dell'"occupazione occidentale ha anche trovato un punto d'appoggio nella classe media urbana istruita utilizzando il suo vasto sistema socio-economico, la da'wah. Si è concentrata sulla risposta ai problemi dell'uomo comune della strada attraverso i programmi di assistenza sociale che comprendono istruzione e assistenza sanitaria per tutti, divulgati con la predicazione attraverso la rete delle moschee. Le stesse moschee hanno spesso soppiantato le istituzioni statali cause di disfunzioni e sono diventate una rete sociale efficace oltre che un amplificatore delle idee religiose e politiche dei Fratelli Musulmani. I Fratelli Musulmani in Egitto sono ostili a Israele, respingono lo Stato di diritto di Israele di esistere, sono promotori di una jihad senza compromessi contro Israele, oltre a respingere trattati di pace e di normalizzazione. Questa contrapposizione e avversità viene mediata dal pragmatismo che li contraddice soprattutto se debbono avere rapporti con la comunità internazionale. Gli elementi pragmatici e moderati, presenti nei Fratelli Mussulmani cercano di coniugare pragmatismo, vera democrazia e la tolleranza, tuttavia il peso combinato di questi elementi, almeno in questa fase, è inferiore a quella degli elementi più conservatori e radicali. Da considerare comunque che i Fratelli Musulmani si oppongono al terrorismo globale di Al-Qaeda, ma non disdicono di sostenere azioni violente svolte da reti islamiche contro l'occupazione dell'occidentale in Iraq, Afghanistan.
Per quanto riguarda il conflitto israelo-palestinese sia dentro che fuori l'Egitto, i Fratelli Musulmani mantengono stretti rapporti con Hamas a cui forniscono sostegno finanziario. I Fratelli Musulmani negli altri paesi arabi sono presenti in Siria seconda per dimensioni solo al ramo egiziano oggi in rivolta contro Bashar Assad, ma anche in Giordania, Algeria, Sudan, Marocco, Arabia Saudita, Tunisia e negli Stati del Golfo. Hamas è il riferimento dei Fratelli Musulmani nell'arena palestinese. In Giordania sono tradizionalmente una forza di opposizione significativa e non minacciano seriamente il regime hashemita, e talvolta hanno anche fatto parte del governo. In Sudan il movimento ha vissuto momenti di forza di governo così come periodi di persecuzione e oppressione. In Algeria il movimento divenne parte del governo del presidente Bouteflika. In Arabia Saudita il regime ha dato asilo politico a attivisti dei Fratelli Musulmani, ma ha delle riserve su di loro. In Qatar il movimento ha il sostegno del governo e in Kuwait sono presenti nel parlamento. In Tunisia il partito Al-Nahda, affiliata ai Fratelli Musulmani, fu perseguitato dal governo fino a quando non ha vinto le elezioni dopo la rivoluzione Jasmine. Con il sostegno finanziario degli Stati del Golfo la Fratellanza Musulmana ha esteso la rete da'wah in Europa e negli Stati Uniti con il coinvolgimento di banche, moschee, centri di ricerca, strutture per l'Islam, e le istituzioni sociali ed educative. Tutti a diffondere il movimento radicale dell'Islam politico alla comunità musulmana locale. I centri più importanti in Europa con legami diretti o indiretti ai Fratelli Musulmani sono in Gran Bretagna, Germania (soprattutto a Monaco di Baviera) e in Francia.
(FocusMO, 30 dicembre 2011)
Il movimento dei Fratelli Musulmani possiede, sul piano internazionale, tutte le caratteristiche che aveva il movimento nazista sul piano nazionale alla fine degli anni '20: ideologia assoluta, pragmatismo politico, offerta di risposte ai bisogni della gente attraverso l'organizzazione di servizi di assistenza, indottrinamento popolare, capacità di dissimulazione, scelta della via democratica per arrivare al potere e decretare poi la fine della democrazia, e infine, a fondamento e come molla di tutto, un radicale odio antiebraico non folcloristico ma finalizzato all'abbattimento reale del mondo ebraico. Come il nazismo non raggiungerà i suoi obiettivi, ma, come il nazismo, le sciagure che potrà provocare sono inestimabili. M.C.
Concerto di musiche ebraiche al teatro comunale di Vittoria
di Francesca Cabibbo
VITTORIA (RG) - Un concerto di musica ebraica, questa sera, al teatro comunale di Vittoria. Un evento d'eccezione chiude l'anno 2011: è stato organizzato dal museo regionale di Camarina, collaterale alla mostra archeologica "Ebrei, Camarina e dintorni", ospitata da alcuni mesi al museo. Sul palco i maestri Mila Pisani, Gianluca Campagnolo ed Alarsarre Dieng, che proporranno un repertorio di musiche klezmer, provenienti da vari paesi orientali, mediorientali e balcanici.
La presentazione del concerto è stata l'occasione per annunciare un'altra importante novità: la mostra "Ebrei a Camarina" non chiuderà. Essa ha una grandissima refluenza storica, perchè è testimonianza della presenza di famiglie e piccole comunità ebraiche nella zona di Camarina e nell'entroterra siracusano. Ed il direttore del museo, Giovanni Distefano, ha fatto sapere che la mostra diventerà permanente.
La nazione start up. Israele, dagli anni Novanta in avanti, si è affermata gradualmente come uno dei poli dell'high-tech mondiale. Il numero complessivo delle società israeliane quotate al Nasdaq, l'indice dei mercati tecnologici della borsa americana, supera quello dell'intera Europa messa assieme. Attualmente in Israele, lungo la Silicon Wadi (riferimento in arabo al letto prosciugato di un torrente), sorella minore della più celebre Silicon Valley californiana, sono attive sul mercato circa 4mila start up.
Un breve riassunto che spiega perché la Innovation Lab, associazione impegnata nel settore tecnologico e rivolta soprattutto al mondo universitario, ha deciso lo scorso novembre di portare in Israele una delegazione di studenti di tre università italiane. Otto giovani che, grazie a due progetti start up, sono potuti entrare in contatto con il know how israeliano, confrontarsi con alcuni degli imprenditori e delle menti più brillanti della Silicon Wadi nonché promuovere i propri progetti.
Il Technion, l'istituto Weizmann così come le sedi israeliane di Yahoo!, Intel e Ibm, sono state alcune delle mete di questo pellegrinaggio hightech o meglio dello "Startup Nation InnovAction Tour", titolo dell'iniziativa. In collaborazione con l'Ambasciata d'Israele a Roma e con l'associazione Amici del Technion, il progetto della Innovation Lab ha coinvolto 240 studenti provenienti dall'Emilia Romagna, dal Lazio e dalla Puglia. Da questa rosa di pretendenti sono emersi gli otto vincitori, affiancati in questo viaggio da una decina tra docenti universitari, imprenditori e ricercatori.
Colonna portante dell'economia israeliana, il settore High-tech è uno dei fiori all'occhiello del Paese. E per questo ingenti somme statali vengono destinate ogni anno al settore dell'innovazione. Ma un impulso altrettanto forte per il rinnovamento arriva in questo campo dall'esercito israeliano. Possiamo infatti considerare l'Idf un vero e proprio laboratorio per la sperimentazione tecnologica e per la formazione delle nuove leve imprenditoriali del Paese. Almeno secondo quanto sostengono nel loro libro Start-up Nation: The Story of Israel's Economic Miracle, diventato ben presto un bestseller, gli scrittori Dan Senor e Saul Singer. "La capacità di leadership, il lavoro di squadra, l'abilità a portare a termine missioni e l'accumulo di esperienze in breve termine" sono i punti cardine per la rivoluzione High-tech israeliana secondo Senor e Singer. Altri ingredienti di questo piccolo miracolo sono, sempre stando alla teoria dei due autori, la stretta vicinanza di università fortemente impegnate nel campo della ricerca e in continua competizione fra loro; una cultura imprenditoriale che unisce all'individualismo, capitalismo e uno sfumato egualitarismo. Una ricetta articolata, dunque, che gli studenti italiani vogliono, con le dovute reinterpretazioni e differenze, portare nel Belpaese. Il senso del viaggio della delegazione italiana di novembre come di quelle future infatti si muove sull'idea di creare relazioni con aziende, investitori e i famosi "incubatori" (uffici universitari che patrocinano le idee dei giovani laureati o dei ricercatori israeliani aiutandoli ad affacciarsi sul mercato con i loro progetti e facilitandone l'ingresso nelle grandi imprese nel settore, in Israele e non solo). Studenti, professori e ricercatori hanno avuto la possibilità di confrontarsi con le metodologie con cui gli alter ego israeliani si muovono nel complicato reticolo dell'innovazione. "Apprendere come valutare il potenziale innovativo di un'idea di impresa - si legge nel comunicato dell'iniziativa Startup Nation InnovAction Tour - e come tale potenziale possa essere presentato agli investitori privati, alle aziende, alle istituzioni e portato nella società". L'universo delle start up e dell'- high-tech israeliano non è chiaramente perfetto. Ci sono delle problematiche rispetto alla questione della manodopera, i disequilibri sociali e altre difficoltà. Ma per un paese come l'Italia, in cui la fuga di cervelli non è più una notizia, è un ottimo esempio su come non far scappare e anzi investire sull'intraprendenza e la genialità dei laureandi, ricercatori, giovani italiani.
Anche quest'anno si svolge in Inghilterra (nel campus dell'Università di Warwick requisito in occasione delle vacanze natalizie) il Limmud, il grande incontro della cultura ebraica a cui partecipano almeno duemilacinquecento persone di tutte le età e di tutti i paesi (compresa un'isolata provenienza dall'Italia). Limmud si articola in oltre ottocento conferenze, tavole rotonde, eventi musicali e di danza, cinema, gruppetti di studio talmudico, scambi di ricette, e quant'altro possa contenere la parola "ebraico". È un segno di vitalità per l'ebraismo europeo che di questi tempi deve affrontare molti e non semplici problemi, ma che è certo ancora in grado di esprimere ricchi e diversi contenuti originali. Quello che più conta è l'opportunità offerta alle persone più differenti per orientamenti e interessi ebraici di incontrarsi e di confrontarsi apertamente e senza tensioni su tutta la piattaforma possibile dei valori e delle esperienze dell'ebraismo nel passato, presente e futuro. Limmud dimostra che la cultura e l'identità ebraica sono ben vive nella società e nella comunità contemporanea se e quando esistono la capacità di mobilitazione e la disponibilità ad ascoltare.
ROMA, 29 dic. - I Fratelli musulmani applicheranno la sharia (legge islamica) in Egitto. E' quanto ha dichiarato un alto dirigente dell'organizzazione islamica, Sobhi Saleh, in un incontro tenuto ieri a New Valley, a ovest del Cairo, riportato oggi dal quotidiano egiziano Al Masry al Youm.
La legge coranica "era stata prevista fin dal 1928", ha ricordato, sottolineando che "l'islam è la soluzione". "Proibiremo l'alcool - ha aggiunto Saleh - turismo non significa nudità e ubriachezza. Noi egiziani siamo il popolo più devoto e non abbiamo bisogno di questo".
Quindi ha accusato i pochi sopravvissuti del regime di Hosni Mubarak di fomentare la violenza di piazza. Secondo un altro esponente dei Fratelli musulmani, Khaled Ouda, l'obiettivo sarebbe quello di danneggiare l'economia, in modo che "la gente punti il dito contro di noi quando arriveremo al potere e non troveremo i soldi per pagare gli stipendi". Il partito islamico della Libertà e della Giustizia, emanazione dei Fratelli Musulmani, è in testa alle elezioni politiche ancora in corso con il 35% delle preferenze, seguito dal partito salafita al Nour.
Obama: i palestinesi saranno puniti se le Nazioni Unite accetteranno la loro adesione
Gli Stati Uniti fanno sapere ancora una volta all'Autorità palestinese che se passerà la loro richiesta di adesione alle agenzia delle Nazioni Unite, Washington fermerà gli aiuti finanziari ai palestinesi per il 2012 secondo quanto approvato da l Congresso e dal Presidente Barack Obama . La decisione del Congresso stabilisce per la prima volta azioni punitive per fermare i palestinesi, per evitare il riconoscimento delle Nazioni Unite e trovarsi ancora una volta in situazioni imbarazzanti come accaduto con l'Unesco.
Il finanziamento concesso dagli Stati Uniti ai palestinesi ammontava a $ 550 milioni. Recentemente il Congresso ha deciso di sbloccare una minima parte del trasferimento degli aiuti militari ai palestinesi per un totale di 148 milioni dollari, ma il primo ministro palestinese Salam Fayyad ha rifiutato di accettare senza il conguaglio previsto per l'aiuto civile, per un totale di 187 milioni dollari. Congresso ha deciso la scorsa settimana anche questo scongelamento di fondi. L'Autorità palestinese dovrebbe riprendere il 26 gennaio l'attività diplomatica alle Nazioni Unite per l'accettazione dello Stato palestinese come membro di varie organizzazioni internazionali. Tra le organizzazioni che i palestinesi hanno richiesto per l'adesione l'Organizzazione internazionale dei brevetti e il Tribunale Internazionale per crimini di guerra a L'Aia. L' Ambasciatore israeliano a Washington, Michael Oren, ha dichiarato: "Il governo israeliano si rallegra della decisione da parte dell'amministrazione e del Congresso americano di ritardare gli aiuti ai palestinesi".
Un adolescente su quattro a rischio di perdita delludito per i lettori Mp3
ROMA, 29 dic. 0- Sono lontani i tempi in cui con il primo 'walkman' si camminava, appunto, ascoltando musica 'portatile', seppur con l'ausilio di grandi cuffie e di un pesante e ingombrante lettore di musicassette o di compact disc, da cambiare ogni volta che si aveva voglia di un genere diverso. Quella moderna è l'era degli Mp3, con la creatura di Steve Jobs, l'iPod, in prima linea. Ma un nuovo studio, firmato dall'università di Tel Aviv (Israele), conferma l'ascolto di musica ad alto volume dalle piccole cuffie che si inseriscono nell'orecchio mette a rischio di perdere l'udito ben un adolescente su quattro.
A guidare l'indagine pubblicata sull'International Journal of Audiology Chava Muchnik, che con il suo team ha coinvolto 289 partecipanti di età compresa tra 13 a 17 anni. I giovani sono stati invitati a rispondere a domande sulle loro abitudini personali riguardo ai lettori di Mp3, in particolare sul volume e sulla durata delle sessioni musicali. Nella seconda fase, è avvenuta una verifica reale su 74 adolescenti.
I risultati dello studio sono preoccupanti, dice Muchnik: l'80% dei ragazzi usa gli Mp3 regolarmente, con il 21% di loro che li impiega da 1 a 4 ore al giorno, e l'8% più di quattro ore consecutive. Insieme con i risultati della misurazione acustica, i dati indicano che un quarto dei partecipanti è a rischio grave di perdita dell'udito. "Entro 10 o 20 anni - commenta l'esperta - sarà troppo tardi per rendersi conto che un'intera generazione starà soffrendo di problemi d'udito molto prima di quanto accadrebbe normalmente con l'avanzare dell'età".
La Knesset, il parlamento israeliano, seguendo la linea che sta seguendo la Francia, sta avanzando una proposta di legge per l'istituzione di una giornata in memoria del genocidio degli armeni da parte dell'Impero Ottomano, durante la Prima Guerra Mondiale. Il dibattito è stato promosso da due deputati dell'opposizione. Il Parlamento di Tel Aviv aveva già bocciato una proposta simile nel 2007, quando i rapporti di amicizia con la Turchia erano molto stretti.
Le relazioni diplomatiche tra i due Paesi si sono deteriorate negli ultimi anni, soprattutto in seguito alla vicenda della "Freedom Flotilla". Il presidente della Knesset, Reuven Rivlin ha affermato che "in quanto parlamento israeliano e come ebrei abbiamo l'obbligo di non scordare un genocidio". La sua negazione è già considerata reato in Svizzera e Slovenia.
Ammalarsi non e' certo una benedizione, amici cari. Andare all'ospedale lo e' ancora meno, naturalmente.
Andare all'ospedale in Israele puo' diventare, tuttavia, un'esperienza interessante sotto tutti i punti di vista e puo' essere, anzi e', lo specchio della civilta' di un paese.
Nel mio caso si e' aperto un mondo nuovo e inaspettato per la sua perfezione, ho scoperto una volta di piu' di vivere in un paese eccezionale, abitato da persone eccezionali che coniugano leggi dello stato democratico con vera e sincera convinzione, con una professionalita' e un'umanita' disarmanti.
Mi spiace dirlo ma, abituata alla sanita' italiana degli anni 90, ho vissuto questo periodo come in un sogno, meravigliandomi di ogni particolare, dandomi ogni tanto pizzicotti per accertarmi di non sognare, di non essere nella perfetta Scandinavia ma in un piccolo paese del Medio oriente, odiato da tanti, in guerra con i propri vicini da decenni e colpito dal terrorismo da sempre....
Hanno completato con successo l'addestramento di tre anni
TEL AVIV, 27 dic - L'aeronautica militare israeliana ha oggi salutato con orgoglio l'ingresso fra i suoi piloti di cinque soldatesse che in questi giorni hanno completato con successo un corso di addestramento di tre anni. In futuro le donne pilota saranno utilizzate non solo su aerei da trasporto, ma anche su elicotteri ed aerei da combattimento. Il corso di addestramento per piloti militari e' ritenuto il piu' impegnativo nelle forze armate israeliane.
Leader haredim: "Isolamento, no a integrazione e programmi statali"
Yosef Shalom Elyashiv
Il rabbino Yosef Shalom Elyashiv, il più importante leader spirituale degli haredim ashkenaziti di origine lituana, ha lanciato un appello esplicito contro la partecipazione degli ebrei ultra-ortodossi nell'esercito, nel servizio civile alternativo (Sherut Leumi) e nei programmi di studio che comprendono discipline laiche. Un vero e proprio invito a troncare i rapporti con lo Stato israeliano, che arriva in un periodo di forte contrapposizione. Proprio a ridosso degli scontri a Beit Shemesh e delle proteste a Gerusalemme per i posti sugli autobus e i cartelloni 'immorali'.
Il religioso ha scritto una lettera al giornale ultra-ortodosso Yated Ne'eman, sostenendo che la purezza della fede nel nome della Torah si raggiunge solo "attraverso un completo isolamento da tutti gli aspetti del mondo secolare e da coloro che si sono scrollati di dosso il giogo della Torah". E criticando le istituzioni laiche, che "vogliono cambiare lo spirito e l'essenza del mondo haredi e sovvertirlo con una serie di influenze di tipo differente, sia nazionaliste che illuministe". Ma questi "non sono i valori dei nostri padri", ci ha tenuto a precisare.
Per questo, le istituzioni educative degli haredim "devono essere sotto il controllo dei rabbini, devono essere dirette da loro e devono escludere qualsiasi percorso porti al servizio nazionale, agli studi laici o all'esercito". E questo, ha chiarito, "anche se hanno programmi speciali per gli haredim", come tra l'altro già avviene. Quindi contro il governo laico, che "incoraggia ogni sorta di programmi, accademie, college" per "introdurre obiettivi e aspirazioni estranei al nostro modo di vivere".
E' la prima volta che un capo haredim fa dichiarazioni così esplicite, rivolte in particolare contro i programmi statali di assistenza agli ultra ortodossi. Gli haredim infatti godono di sussidi e agevolazioni e sono una delle componenti più povere e meno integrate in Israele, tra l'altro in vertiginosa crescita demografica. Quella del rabbino Elyashiv è presa di distanza netta che potrebbe acuire il comunitarismo e l'isolamento degli haredim rispetto al resto della società. Il governo del premier Benjamin Netanyahu è in imbarazzo per le pretese e le proteste degli ultra ortodossi, cui si oppongono in maniera sempre più netta le componenti laiche della popolazione.
Poche sono le notizie che ci giungono dal Medio Oriente, e questo potrebbe essere un bene, se non fosse che queste sono, sì, poche, ma non prive di grande importanza.
In Israele, a Bet Shemesh, una cittadina nei pressi di Gerusalemme, una bimba di nome Na'ama, figlia di americani molto religiosi, è stata spesso offesa, mentre si recava a scuola, da zeloti che la consideravano non degnamente abbigliata. Lo stesso presidente Peres si è recato a Bet Shemesh pronunciando un duro discorso contro questa "minoranza esigua", così come pure ha fatto il primo ministro Netanyahu, giustamente preoccupato di far comprendere a tutti che, anche se nella sua maggioranza la destra religiosa è parte attiva, certi estremismi non possono essere ammessi nello Stato di Israele. Questo episodio è ripreso da quasi tutti i quotidiani (cito Rosalba Castelletti su Repubblica per tutti), e soltanto Mi. Gio. sul Manifesto si discosta dalle posizioni comuni descrivendo queste spose degli zeloti come "donne coperte come le afghane". Nessun dubbio sussiste sul fatto che queste donne si vestano abbondantemente per non mostrare le proprie curve ad occhi indiscreti, ma non appare davvero accettabile un simile paragone, fatto per di più da una penna che non dimostra pari livore nei confronti dei talebani.
Importante, anche se è difficile conoscerlo, come spiega Lorenzo Cremonesi sul Corriere, è quanto sta succedendo in Siria, dove una missione della Lega Araba sembra voler prolungare quella farsa che dura da tempo; la missione è infatti guidata dal generale sudanese Mohamed al Dabi, il quale, come rileva, tra gli altri, un editoriale del Foglio, era il capo dei servizi segreti del suo paese all'epoca degli eccidi del Darfur; non sembra dunque essere la persona più adatta per un simile compito, ed infatti guida i suoi uomini dove e quando il regime di Assad gli suggerisce, arrivando perfino ad assistere ad una manifestazione "spontanea" dei fedeli del rais. Ancora una volta Michele Giorgio si discosta da tutti gli altri commentatori vedendo nella fine del socialismo di stampo sovietico la causa vera della attuale crisi; le opinioni dei due partiti comunisti tuttora presenti a Damasco vengono ben spiegate al lettore del quotidiano comunista italiano.
L'Iran, intanto, continua le sue manovre navali in corso da giorni nello stretto di Hormuz, minacciando di bloccarlo nel caso l'Occidente sospenda i propri acquisti di greggio dalla repubblica dei mullah. La minaccia non deve essere presa alla leggera, come dimostra la nuova impennata del prezzo del greggio. Il fatto che le forniture di petrolio e gas siano al centro delle strategie politiche dei vari stati è ben illustrato da un editoriale del Foglio che spiega le nuove strategie di Erdogan, interessato sia ad assicurare i necessari rifornimenti al proprio paese in pieno sviluppo economico, sia a diventare il centro nodale degli approvvigionamenti necessari all'Europa; Erdogan intende infatti collegare il mar Nero con l'Azerbaigian nello spazio di cinque anni, battendo sul tempo analoghi, ma concorrenziali progetti di Russia ed Unione Europea.
L'insieme di queste crisi, che non sono solo locali, viene ripreso da Gérard Chaliand su Le Monde, e da Roberto Tottoli che, sul Corriere, esamina il solco sempre più profondo che si è aperto tra sunniti e sciiti per concludere con un preoccupato riferimento alla "fine tragica di comunità cristiane dalle tradizioni millenarie". Ma, va detto, anche questa appare a chi scrive una realtà "onestamente" preannunciata dal fondamentalismo islamico; non si può infatti dimenticare che i palestinesi che nel 2002 si erano asserragliati nella basilica della Natività avevano lasciato scritto sui muri: prima quelli del sabato e poi quelli della domenica; quanti sono i cristiani che, ancora oggi, fingono di non vedere la realtà, e che non potranno quindi venire assolti dalla storia?
Tornando a temi più propriamente israeliani e palestinesi, bisogna sottolineare le parole, finalmente prive di livore, pubblicate su Nazione, Resto del Carlino e Giorno, che raccontano quella che è la realtà incredibile della Tel Aviv di oggi, e l'articolo di Laurent Zecchini che, su Le Monde, dimostra l'impossibilità di successo per le trattative in corso tra l'OLP di Abbas e Hamas di Meshaal.
Sembra opportuno a chi scrive riprendere infine due articoli pubblicati nei giorni scorsi, e sfuggiti all'attenzione dei più; Giulio Meotti, le cui parole scritte per il Foglio sono spesso citate in questa rassegna, ha pubblicato in Israele un commento estremamente preciso ed interessante sui recenti avvenimenti che hanno visto impegnato l'esercito contro alcuni abitanti degli insediamenti, e, soprattutto, descrive certe frange della sinistra, non solo israeliana, schierate contro altri ebrei più che contro il "nemico" arabo. Ancora una volta le parole di Meotti servono ad inquadrare nel migliore dei modi fatti che avranno pesanti ripercussioni in futuro.
Caroline Glick sul Jerusalem Post ha pubblicato una attenta analisi su recenti decisioni prese dal governo Netanyahu, del tutto ignorate dai nostri media; ne appare un quadro di estremo interesse che, solo col tempo, potremo giudicare quanto sia corretto, ma, considerato il livello sempre altissimo dei commenti di Caroline Glick, purtroppo poco nota in Italia, pare opportuno a chi scrive raccomandarne una attenta lettura.
Sotto la Chanukkià di Piazza Bologna tanta gente con la speranza di pace nei cuori
di Lorenza Cordovani
ROMA - Una folla di uomini, donne e bambini si è radunata nella serata di Giovedì scorso per continuare l'accensione della Chanukià davanti al noto locale Daruma Sushi Kosher di Piazza Bologna a Roma.
L'accensione è stata organizzata da Rav Menachem e Rivkie Lazar di Chabad Giovani in collaborazione con il famoso locale Daruma che ha poi offerto il rinfresco insieme al panificio Pane al Pane,che ha preparato i bomboloni,e il SuperGal, che invece ha proposto ottimo vino.
Presente l'assessore alle Politiche Sociali del Terzo Municipio di Roma Capitale, Guido Capraro che si è detto felice di questa opportunità che rappresenta un esempio di integrazione per tutte le etnie presenti nella città.
Parte del discorso dell'Assessore Guido Capraro
Rav Itzchak Hazan, direttore Chabad Lubavitch Roma, ha spiegato il significato della festa ricordandone l'attualità del significato profondo che si cela nell'episodio dei Maccabei. Si tratta di un messagio di coraggio e di forza che devono avere tutti gli uomini nel mantenere la pace e la libertà dei popoli in ogni parte del mondo.
Rav Lazar ha poi colto l'occasione per ringraziare tutti coloro che hanno contribuito al successo di questo evento.
La Chanukià è stata accesa da Lillo Naman, presidente del Tempio Beth Shmuel, Tino Tesciuba, padre dei proprietari del Daruma Sushi. All'evento hanno preso parte anche moltissimi appartenenti alla comunità libica di Piazza Bologna
La popolazione globale palestinese ha raggiunto gli 11,22 milioni alla fine del 2011, oltre la metà vive al di fuori della Cisgiordania e della Striscia di Gaza, l'Autorità palestinese ha dichiarato ieri. L'indagine da parte dell'Ufficio Centrale di Statistica palestinese stima che circa 1,6 milioni di palestinesi vivono nella Striscia di Gaza e circa 2,6 milioni in Cisgiordania, Gerusalemme est compresa.
1,37 milioni di persone risiedono all'interno di Israele e il resto sono discendenti dei palestinesi insediati prima che lo Stato di Israele fosse formato. 4,99 milioni di palestinesi vivono nei Paesi arabi e circa 636,000 sono sparsi in altre nazioni, secondo l'indagine. Secondo questo rapporto dal 1997 al 2010, il tasso di fertilità totale nei territori palestinesi è sceso da 6,0 a 4,2 nascite, con una media di 3,8 nascite in Cisgiordania e 4,9 nella Striscia di Gaza. Secondo i dati dello Stato israeliano la popolazione di Israele nel Settembre 2011 era di circa 8,7 milioni, di cui 8.500.000 ebrei.
"È un sogno che diventa realtà, una gioia immensa che ripaga di molti sacrifici e che dedico a tutta Israele". Ran Margaliot, 23 anni, ha appena firmato il primo contratto professionistico della sua giovane carriera con Saxo Bank, super team danese al servizio di Alberto Contador. Si tratta di un passaggio storico per il ciclismo israeliano; mai nessuno aveva pedalato a queste altezze.
Intervistiamo Ran al termine del ritiro autunnale organizzato da Saxo Bank in Galilea per gettare le basi di un 2012 ricco di trofei e soddisfazioni. Parla un italiano eccellente. Le sue motivazioni sono fortissime.
di Adam Smulevich
Ran Margaliot
- Ran, innanzitutto complimenti. Toglici una curiosità. Com'è che, in un paese di aspiranti calciatori e giocatori di pallacanestro, sei diventato ciclista? È successo quasi per caso. Avevo 12 anni, ero grassoccio e volevo assolutamente perdere peso. La bicicletta era forse la soluzione più immediata. Pian piano c'ho preso gusto e la necessità è diventata una passione. Sembra uno scherzo, eppure è andata così.
- Ai tempi della leva militare obbligatoria ti sei continuamente diviso tra caserma e allenamenti. Pensi di avere perso delle possibilità rispetto ai tuoi colleghi di altri paesi? Non è stato facile, ma farne un dramma sarebbe eccessivo visto che ho goduto di non poche agevolazioni: dormire a casa, compiti non particolarmente gravosi, flessibilità negli orari. Per tre mesi l'anno mi è stata inoltre offerta l'opportunità di correre all'estero. Ho visto posti e facce nuove, ho respirato l'aria del mondo. Sarei un ingrato a lamentarmi.
- Affacciarsi al professionismo indossando la divisa della Saxo Bank significa entrare nel mondo dei "grandi" dalla porta principale. Ti senti pronto per questa sfida? Sì, sono pronto. L'occasione che mi si presenta è unica, cercherò di non tradire la fiducia di compagni e dirigenti.
- Che corridore sei? Quali corse prediligi? Partiamo col dire che non ho propriamente un fisico mostruoso. Sono piccoletto (60 kg distribuiti su 171 centimetri di altezza) e quindi più adatto alle tappe di montagne che agli sprint veloci. Il mio peso è però in continua evoluzione, capirò meglio strada facendo.
- Qual è il principale obiettivo che ti sei posto in carriera? Voglio essere il primo israeliano a correre il Tour de France. Ad alcuni può sembrare una pretesa eccessiva ma è un sogno che ho da quando adolescente guardavo in televisione il gruppo sfrecciare sugli Champs-Elysees. Un giorno so che ce la farò.
- E in Italia invece quando ti vedremo? Molto presto. Ho appena ricevuto da Bjarne Riis, il nostro direttore sportivo, la scaletta degli impegni per i primi sei mesi del 2012. Farò il mio esordio ad una grande classica: la corsa delle Strade Bianche. Su è giù per i sentieri del senese, scalando colline che hanno visto crescere alcuni mostri sacri di questa disciplina.
- Il tuo italiano tra l'altro è quasi impeccabile. Grazie, ma posso migliorare ancora. Adesso, per alcuni mesi l'anno, sarò di stanza a Lucca e dovrò farlo senz'altro se vorrò sopravvivere alle "c" aspirate dei toscani.
- A Lucca ritroverai Liv Nibner, l'amico e connazionale con cui hai condiviso buona parte del percorso dalle giovanili al professionismo. Liv adesso corre per il team Amore e Vita. Tra voi sarà feeling o competizione? È inevitabile che a legarci indissolubilmente siano esperienze e passioni comuni. Però siamo entrambi atleti, l'agonismo fa parte della nostra vita. Quindi, in corsa sarà senz'altro bagarre. Non può che far bene, a noi e alla crescita di tutto il movimento in Israele.
- Il divario con l'Europa è ancora così significativo? Sì, è un deficit soprattutto mentale. Pochi vedono nel ciclismo una professione. Magari un hobby, un piacevole passatempo, ma certo non un mestiere. E poi c'è la leva, ovviamente, che ti frena nel momento di massimo slancio. Spero che io e Liv saremo in grado di dare la giusta visibilità a questo sport meraviglioso.
- Magari una mano potrebbe arrivare dagli sponsor. Ha suscitato ad esempio molta curiosità la decisione presa dalla Saxo Bank di organizzare il ritiro autunnale in Galilea. Che ne pensi? Sì, forse qualcosa sta cambiando. Superfluo dire che sono stati giorni indimenticabili. Allenamenti tra gruppi di folla entusiasta, incontri straordinari come quello col presidente Peres, iniziative nel sociale per aiutare giovani arabi ed ebrei. Ciliegina sulla torta una pedalata nelle strade della Città Vecchia di Gerusalemme. Cose mai viste da queste parti, segnali che forse c'è finalmente spazio per maggiore professionalità e partecipazione. Lo stesso Contador ha raccontato di essere stato impressionato da Israele. Era davvero colpito, ve lo posso assicurare.
- Inevitabile a questo punto una domanda sul tuo futuro capitano. Com'è Contador nel quotidiano? Quali segreti speri di carpire pedalando al suo fianco? Un fenomeno in tutti i sensi, formidabile sui pedali e allo stesso tempo umile nel privato. Ma parlare esclusivamente di Alberto sarebbe fare un torto agli altri compagni di squadra. Questo è un gruppo eccezionale e io non posso che essere orgoglioso di farne parte.
La Federcalcio israeliana (IFA) ha confermato la scelta dell'ex tecnico dell'Hapoel Tel-Aviv come nuovo selezionatore della nazionale per i prossimi due anni.
Eli Gutman è stato scelto come nuovo Ct di Israele per i prossimi due anni e guiderà la nazionale nelle qualificazioni alla Coppa del Mondo FIFA 2014.
Il tecnico 53enne sostituirà Luiz Fernàndez, il cui contratto con la Federcalcio israeliana (IFA) non è stato rinnovato in seguito alla mancata qualificazione a UEFA EURO 2012.
Gutman aveva lasciato in maggio la guida dell'Hapoel Tel-Aviv FC, club con il quale aveva centrato l'accoppiata campionato-coppa nazionale nel 2009/10 e l'accesso alla fase a gironi di UEFA Champions League la scorsa stagione.
Nel corso della conferenza stampa di presentazione svoltasi martedì, Gutman ha dichiarato: ""Ho realizzato un sogno, anche se per ora solo a metà, per completarlo dovrei centrare la qualificazione alla Coppa del Mondo". E' un traguardo difficile, ma passo dopo passo possiamo renderlo possibile".
Il presidente della IFA Avi Luzon ha descritto Gutman come "un professionista dotato di una straordinaria competenza tattica", aggiungendo: "Credo nel profondo del mio cuore che Eli saprà dare nuove motivazioni ai giocatori e condurci al successo".
Gutman esordirà in panchina il 29 febbraio in occasione dell'amichevole contro l'Ucraina, co-organizzatrice di UEFA EURO 2012. Israele, che ha preso parte alle fasi finali della Coppa del Mondo solo nel 1970, affronterà Portogallo, Russia, Irlanda del Nord, Azerbaigian e Lussemburgo nelle qualificazioni per l'edizione del 2014 in Brasile.
Egitto: due arabi israeliani accusati di contrabbando armi con Israele
La Procura egiziana ha accusato due arabi israeliani di contrabbandare armi da Israele in Egitto.
La notizia è riportata oggi dal quotidiano egiziano Seventh Day.
Uno dei sospettati è un cittadino di Kfar Kara, trovato all'interno di una cassa di legno durante il tentativo di trasportare armi attraverso il valico di Taba, a sud di Eilat.
L'accusa arriva dopo la recente scarcerazione di Ilan Grapel, un americano-israeliano arrestato al Cairo per spionaggio e poi rilasciato in seguito a uno scambio di prigionieri tra Israele ed Egitto.
Questi arresti si insinuano nelle pieghe di un rapporto già non facile tra i due paesi, ma ulteriormente inaspritosi in seguito alla cacciata di Hosni Mubarak.
Siamo stati a Tel Aviv alla fiera dedicata alle soluzioni per gli impianti idrici. Ecco come le nuove tecnologie sfruttano al massimo l'acqua in un territorio che ne è povero
di Martina Pennisi
TEL AVIV - Di necessità virtù, lo sviluppo dello Stato di Israele passa (anche) per uno dei suoi macroscopici talloni d'Achille: la mancanza d'acqua in un territorio prevalentemente arido e desertico. La risposta alle vulnerabilità geografiche, alle quali si aggiungono quelle politiche, risiede nel ritmo serrato con cui procede l' innovazione tecnologica, la progressione annua è del 15% e il paese è il quarto al mondo per brevetti. L'agilità e la prontezza in uno dei pochi settori che si difendono bene dagli stenti dell'economia globale, quello della tecnologia appunto, sostengono il Prodotto interno lordo, fatta eccezione per una piccola battuta d'arresto nel 2009 (2010 in crescita del 3,4%), e il 4,5% dello stesso finisce in ricerca e sviluppo ( noi stiamo ancora tentando di arrampicarci all'1,5%), così da alimentare ulteriormente il circolo virtuoso. Un altro dato che vale la pena citare è quello relativo ai fondi ottenuti dai venture-capitalist, in crescita del 53% nell'ultimo trimestre del 2011 rispetto al medesimo periodo dell'anno precedente (fonte: Israel Venture Capital Research Center).
Tornando alla morfologia poco generosa, la necessità di farsi bastare la poca acqua disponibile ha reso il paese fra i più competitivi al mondo per lo studio e la realizzazione di soluzioni a questo problema associate. La Watec è la fiera biennale dedicata alla presentazione di tecnologie di successo e start-up attive in campo idrico, Wired.it ha seguito a Tel Aviv l' edizione 2011. Uno dei primi aspetti da sottolineare è la collaborazione fra Italia e Israele: è stato siglato un accordo fra le città di Pavia e Haifa per lo sviluppo di tecnologie utili all' Expo 2015 di Milano. Parte della delegazione italiana anche l'assessore della Regione Lombardia ad Ambiente ed Energia Marcello Raimondi, che ha sottolineato come la capacità degli israeliani di "utilizzare il 90% delle acque trattate" sia particolarmente interessante per la Pensiola, che al contrario le rimette a fiume. Farebbero comodo inoltre le soluzioni legate al controllo delle perdite, ci sono impianti al sud dello Stivale in cui raggiungono anche il 70%, e alla possibilità di ricavare energia elettrica durante il processo di depurazione. Su questi aspetti ci siamo concentrati durante la nostra visita a Tel Aviv.
MAPAL - Questa azienda è situata a Nesher, a un centinaio di km da Tel Aviv, e abbiamo avuto modo di vedere all'opera la tecnologia da loro sviluppata e brevettata. Il problema che si vuole risolvere è quello delle acque reflue, sporche dopo l'utilizzo domestico, agricolo o industriale. La soluzione consiste in un sistema di areazione mediante bolle d'ossigeno e così strutturata non è assolutamente una novità.
Il plus di Mapal, che promette un risparmio energetico del 50% e un taglio del 70% dei costi di manutenzione, consiste nell'utilizzo di diffusori galleggianti che possono essere installati e spostati in base alle esigenze del cliente, invece dei tradizionali aeratori meccanici che richiedono la presenza di una vasca di cemento e comportano un consistente dispendio di energia. I diffusori di Mapal sono una sorta di grandi sassi, il flusso d'aria parte da soli due motori e non si interrompe mai. Il processo, al termine del quale l'acqua trattata può essere riutilizzata (non bevuta, ma per fare tutto il resto, dura circa 12 ore.
TAKADU - Presente alla Watec, è la società di riferimento per ciò che concerne la gestione dei dati sulle perdite degli impianti idrici. Stiamo parlando, come ci ha spiegato in un perfetto italiano il vice presidente marketing Guy Horowitz, del problema che mette in ginocchio il Belpaese: "Un cliente che non posso nominare perde 15 milioni di euro all'anno per le fuoriuscite d'acqua". "Inghilterra, Spagna e Portogallo si interessano a soluzioni avanzate", ha aggiunto, elencando i paesi più attivi nel suo portafoglio clienti. Le perlustrazioni lungo la Penisola per ora non hanno sortito alcun effetto, perché "le perdite che arrivano a toccare il 75% si devono a infrastrutture datate sulle quali l'Italia ha deciso di non investire". Takadu mette a disposizione di chi gestisce gli impianti un software di analisi delle informazioni raccolte dai sensori presenti nella rete idrica. I dati sulle anomalie comunicate dai sensori di portata e pressione vengono analizzati (dove si trovano, che entità hanno, ecc) e collegati a quelli relativi agli agenti esterni, eventi particolari o situazioni climatiche anomale che possono causare un cambiamento del comportamento dell'acqua, in modo da ottimizzare gli interventi. La soluzione è stata brevettata nel 2009, si tratta di una start-up, e fa gola a Ibm, che sta portando anche nel settore idrico le sue offerte smart.
CURAPIPE - Questa società era nel padiglione dedicato agli attori emergenti del settore e sostanzialmente elimina il problema che Takadu cerca di affrontare, le perdite. Pensate a un canotto che si buca: per bloccare la fuoriuscita d'aria si interviene esternamente sul foro. Lo stesso accade quando le tubature, o meglio i punti di congiunzione delle stesse, iniziano a dare segni di cedimento e bisogna individuare il problema e intervenire. Curapipe fa esattamente il contrario: spara all'interno degli impianti una sostanza viscosa che a contatto con le perdite si indurisce e le annulla quasi totalmente [vedi video sottostante]. Uno scherzetto con cui la società si è aggiudicata 800mila euro di fondi comunitari e che, ci hanno anticipato allo stand, ha suscitato interesse durante una presentazione fatta a Roma.
EMEFCY - Erano fra i più attesi del padiglione innovazioni e siamo anche andati a trovarli in sede. Il perché è presto detto: hanno studiato e stanno mettendo in piedi un trattamento dei reflui in grado di generare energia elettrica. Non solo, quindi, si risolve il problema dello sforzo, ma si produce valore durante l'intervento. La soluzione si chiama Ebr, sarà commercializzata nel 2012 ed è basata sull'utilizzo di batteri elettrogenici - da qui il nome - che nell'atto della depurazione estraggono gli elettroni dal substrato e li trasferiscono a elettrodi, incoraggiando la produzione di energia elettrica. Non si tratta, come nel caso del fotovoltaico, di una quantità di energia riutilizzabile, ma sufficiente a rendere a impatto zero un processo - il trattamento dei reflui - che tradizionalmente utilizza il 2% dell'energia globale e comporta una spesa annua di 40 miliardi di dollari.
Si rafforza il legame tra Hamas e i Fratelli Mussulmani
"Questa foto è una minaccia per Israele, e susciterà paura e confusione", dichiarava ieri il Primo Ministro di Hamas a Gaza, Ismail Haniya, che ha incontrato ieri al Cairo il leader spirituale dei Fratelli Musulmani in Egitto Muhammad Badi '. La foto ritraeva i due leader in un abbraccio caloroso e pieno di sfida. Questo è stato il primo incontro tra i due dall'inizio dell'operazione "Piombo fuso" nel 2007.
Il Leader della Fratellanza musulmana ha preparato una serie di ricevimenti nella nuova sede del partito per accogliere festosamente Haniya. Il Movimento di Hamas ha spiegato Haniyeh è per i palestinesi l?interfaccia dei Fratelli Musulmani. Il Primo ministro di Hamas ha attaccato l'ex presidente Mubarak e i leader del precedente regime in Egitto.
Meis: a Ferrara il primo museo dell'Ebraismo italiano e della Shoah
E' stato inaugurato il Meis di Ferrara, il primo museo nazionale dell'ebraismo italiano e della Shoah: i lavori di restauro della sede, nell'ex carcere di via Piangipane, non sono ancora terminati, ma finalmente ha aperto i battenti al pubblico la prima sezione di questo importante museo. L'inaugurazione delle tre prime sale è avvenuta in occasione della festa ebraica di Hanukkah, la Festa delle Luci che per tradizione viene celebrata nel periodo più buio dell'anno (che cade il 20 dicembre, quindi molto vicino anche al Natale cristiano).
Ora al Meis di Ferrara tocca un compito fondamentale: raccontare la storia dell'ebraismo in Italia e mantenere vivo il dibattito culturale e religioso tramite mostre, convegni e conferenze, promuovendo il dialogo, la pace e la fratellanza in un momento come quello attuale, dove la cronaca si riempie di esempi negativi di intolleranza.
Non è un caso che il Meis sia nato proprio a Ferrara: la città, infatti, ha rappresentato per anni un rifugio sicuro per gli Ebrei mentre nel resto d'Italia (e d'Europa) infuriavano le persecuzioni e le ghettizzazioni. Proprio nell'ex carcere di via Piangipane, dove oggi ha sede il Museo, il fascismo ha rinchiuso centinaia di oppositori al regime, ebrei ma anche partigiani, comunisti e chiunque non fosse allineato ai diktat del Duce.
In attesa del completamento dei lavori, ora al Meis di Ferrara è possibile visitare tre mostre: la prima, audiovisiva, sui 2000 anni di storia della presenza ebraica in Italia: la seconda sui contatti tra l'antica Roma e la Giudea e la terza relativa alla Festa di Hanukkah, con candelabri di ogni genere e stile in esposizione.
Già che siete a Ferrara, approfittate di un'altra bella iniziativa della Provincia: sfogliate la guida al cineturismo e perdetevi tra i set dei film che hanno fatto la storia del cinema.
Strani segni emergono dal sottosuolo di Gerusalemme
Le misteriose incisioni ritrovate a Gerusalemme
Gli archeologi israeliani hanno scoperto un complesso di camere scavate nella roccia nella parte più antica di Gerusalemme. Recentemente sono stati trovati dei segni: tre incisioni a forma di "V" tagliate una accanto all'altra sul pavimento di calcare di una delle stanze. Non sono stati ritrovati indizi che indichino l'identità di chi ha fatto queste incisioni, né gli archeologi hanno idea dei motivi per i quali sono stati incisi.
Le incisioni sono state ritrovate in uno scavo chiamato "la città di Davide", condotto da archeologi israeliani e finanziati da un gruppo nazionalista ebraico. Lo scavo si trova sotto il quartiere palestinese di Silwan a Gerusalemme est. Il complesso di camere sono state ritrovate all'interno di una fortificazione che circondava l'unica fonte d'acqua naturale della città antica, la fonte di Gihon.
Probabilmente le misteriose incisioni sono state effettuate 2800 anni fa e potevano essere il punto di incastro di un qualche tipo di struttura in legno. Potevano anche essere incisioni rituali. Per ora, fino alla scoperta di nuovi e significativi indizi, tutto è possibile.
Segni del genere furono ritrovati da una spedizione guidata dall'esploratore britannico Montague Parker, che cercava i tesori perduti del Tempio di Gerusalemme tra il 1909 e il 1911. I segni ritrovati dalla spedizione di Parker erano in un canale sotterraneo non lontano dallo scavo odierno. Gli archeologi, però, non hanno ancora proceduto allo scavo in questa zona.
I resti di ceramica ritrovati nelle stanze hanno indicato agli studiosi che l'800 a.C. è stata quasi certamente l'ultima data in cui questi ambienti furono utilizzati. Gerusalemme, all'epoca, era sotto il dominio dei re della Giudea. Sembra che, all'epoca, queste misteriose stanze siano state riempite di macerie che dovevano servire a sostenere la costruzione di un muro difensivo
Lo scopo del complesso di stanze è parte dell'enigma da scoprire. Le mura hanno un andamento a linee rette ed i pavimenti portati a livello provano l'alta capacità tecnica ed ingegneristica dei costruttori. Inoltre le stanze si trovavano nei pressi del luogo più importante di Gerusalemme, la sorgente Gihon e, probabilmente, la loro funzione era legata proprio a questa sorgente.
Un unico reperto è stato ritrovato in una stanza accanto a quella recante i misteriosi segni a "V". Si tratta di una pietra, quasi un segnacolo tombale, lasciata in posizione verticale quando la stanza fu riempita di detriti. Tali pietre erano usualmente utilizzate, in Medio Oriente, come altari rituali o segnacoli per gli antenati defunti. Probabilmente si tratta di un relitto dei culti pagani che gli ebrei cercavano di sradicare dalla terra d'Israele. Questo non significa necessariamente che le stanze fossero parte di un tempio pagano. Probabilmente la pietra ritrovata ancora in piedi era stata collocata in un angolo ed era dedicata ad una pratica religiosa rimasta ancora in vita all'epoca dei profeti d'Israele.
L'economia israeliana secondo le informazioni divulgate dal Ministero delle Finanze e dell?Economia ha continuato a resistere alla crisi economica globale del 2011. Il Governo ha comunque dovuto monitorare con attenzione i problemi socio-economici che hanno generato proteste tra la popolazione. Il PIL pro-capite si prevede che cresca del 3%. Inoltre, Israele è riuscito a diminuire la disoccupazione ad un livello minimo storico del 5,5%. L'inflazione negli ultimi 12 mesi (novembre 2011 rispetto a novembre 2010) è pari al 2,6%, all'interno della fluttuazione prevista dalla Banca d'Israele (1% -3%). Il tasso di interesse è cresciuto progressivamente dal 2% nel gennaio 2011 al 3,25% nel mese di giugno. Tra giugno e settembre la Banca d?Israele è intervenuta per un graduale riduzione dei tassi al 2,75%. Le esportazioni di beni e servizi sono previste in crescita del 3,8% nel 2011 e le importazioni di beni e servizi in crescita del 9,2% .
Israele ha guadagnato posizioni nel rapporto World Forum competitività economica globale dal ventiquattresimo al ventiduesimo posto. Le conclusioni del Comitato Sheshinski per esaminare la politica sulle risorse di petrolio e di gas in Israele, hanno raccomandato diverse modifiche fiscali necessarie dopo gli importanti sviluppi e scoperte di gas naturale in Israele. Il risultato di questi cambiamenti fiscale garantiranno la capacità di finanziare le imprese da parte dello Stato. Novità importante riguarda la Barclays Capital, banca d'investimento che ha iniziato ad operare in Israele nel 2008 e a marzo di quest?anno ha deciso di finanziare un polo di ricerca tecnologica e sviluppo (R & S) denominato Israele e Engineering Center (IDEC). La decisione di istituire il centro è stata presa dal management del Gruppo Barclays in seguito alla presentazione del programma di vantaggi competitivi presentata dal governo israeliano per promuovere lo sviluppo di industrie ad alta tecnologia in Israele. A seguito dell?annuncio di Barclay, la banca americana Citigroup ha lavorato per aprire un analogo centro di ricerca e sviluppo per sostenere attività globali.
In occasione della festa di Chanukkà (termina domani con l'accensione dell'ottava luce) Rav Shalom Bahbout, rabbino capo di Napoli e dell'Italia meridionale, fa il punto della situazione ebraica nel Sud e sancisce il ruolo fondamentale di Trani quale autentico motore della rinascita dell'ebraismo nel Mezzogiorno.
Rav Shalom Bahbout
Quando sarà scritta la vera storia della rinascita dell'ebraismo nel Meridione, dovrà essere fatta giustizia e restituito tutto il merito a queste due persone che, pur tra molte difficoltà e incomprensioni, hanno avuto il coraggio e la costanza nel tener duro e andare fino in fondo nel portare avanti l'idea che fosse possibile un miracolo: creare una Comunità ebraica nel Sud.
Francesco Israel Lotoro e Nicola Avraham Zecchillo (di benedetta memoria) sono stati gli artefici principali di questo miracolo: discendenti entrambi da famiglie di marrani, hanno tracciato una via cui altri si sono poi ispirati, ricevendo consigli e aiuto.
Sono stati proprio loro a infondere la speranza che fosse possibile restituire nel territorio la dignità ebraica a tutti coloro cui era stata tolta ma che, nonostante le molte generazioni seguite alla conversione, avevano mantenuto un pur flebile legame con l'ebraismo.
Dopo il ritorno formale all'ebraismo (un ebraismo integrale con un'osservanza esemplare anche per noi e tutti quegli ebrei che non sono toccati dall'esperienza dell'Inquisizione) Lotoro e Zecchillo hanno avviato la ricostruzione della Comunità ebraica in Puglia.
Una volta ottenuta la restituzione della sinagoga Scolanova di Trani, hanno fornito il loro sostegno affinché i rabbini italiani si occupassero seriamente degli "ebrei" di Sannicandro e portassero a termine la loro richiesta di conversione all'ebraismo; fin dall'inizio Lotoro e Zecchillo hanno considerato il fenomeno Sannicandro come una grande risorsa per l'ebraismo e hanno spinto i sannicandresi a frequentare le attività ebraiche di Trani, in attesa che la loro domanda di conversione all'ebraismo potesse arrivare a buon fine.
Una volta ottenuta la sinagoga Scolanova, il problema principale fu quello di girare in lungo e in largo la Puglia alla ricerca di ebrei dispersi o di persone che sentivano e avevano chiare testimonianze di essere di origine ebraica.
A tale non facile compito non si è mai sottratto in questi anni il sottoscritto, che dagli albori dell'esperienza ebraica in Trani non ha mai fatto mancare il proprio convinto appoggio agli ebrei del territorio; oggi posso ben dire di essere forse stato il primo a credere in questa idea di una rinascita ebraica nel Meridione nonché a sobbarcarmi l'onere di lunghi e faticosi viaggi in tutta la Puglia alla ricerca dell'ebreo perduto.
Fu proprio in uno di questi miei viaggi che incontrai gli ebrei a Brindisi e altre persone che da anni cercavano di vivere in silenzio il proprio ebraismo.
Uno dei problemi che la Comunità di Puglia ha dovuto affrontare fin dalla sua fondazione, è stato quello della dispersione degli ebrei su un vasto territorio, che li costringeva a ritrovarsi assieme solo per le feste principali e per alcuni sabati speciali.
Con lo sviluppo progressivo delle attività si rese necessario rendere consapevole della rinascita, oltre che l'ebraismo italiano, anche quello internazionale e israeliano e in particolare Shavè Israel, la fondazione che si occupa di riportare nell'alveo dell'ebraismo gli ebrei persi nel lungo esilio; fu così che nel novembre 2008 fu organizzato a Trani uno Shabbat con la partecipazione del sottoscritto, del rabbino Eliahu Birnbaum e del direttore di Shavè Israel Michael Freund e di un rappresentante della Calabria.
Trani ispirò l'azione anche degli ebrei calabresi: il medico Roque Pugliese partecipò sin dall'inizio alle attività organizzate da Lotoro e Zecchillo, ispirandosi alla loro coraggiosa iniziativa e cercando sempre di mantenere un contatto con l'ebraismo ufficiale.
Lo sviluppo del progetto rese possibile la decisione assunta dall'Unione Comunità Ebraiche Italiane di fare di Trani città capofila della Giornata Europea della Cultura Ebraica nel 2009.
La piccola comunità si assunse una responsabilità enorme ma con le sue sole forze riuscì a garantire la kasheruth e tutta l'organizzazione logistica della Giornata.
A parte l'impegno dei due animatori e fondatori della Comunità, non v'è alcun dubbio che se non ci fosse stata l'azione di Lotoro e Zecchillo, non sarebbe stato neanche immaginabile prospettare Negba, il festival partito in contemporanea con la Giornata della Cultura 2009 e che trovò l'appoggio della Regione Puglia solo in quanto esisteva una comunità ebraica a Trani.
Una volta si diceva che l'ebraismo si era fermato a Napoli; oggi, dopo la rinascita di Trani, l'ebraismo si sta sviluppando in tutto il Sud.
A Siracusa rav Stefano Di Mauro ha aperto una sinagoga ortodossa che sta sviluppandosi rapidamente e sta raggiungendo un numero sempre crescente di discendenti dei marrani.
A seguito di una mia recente visita a Palermo, ho organizzato un incontro di studio per gli ebrei palermitani; una quindicina di persone daranno vita alla creazione di un centro ebraico che verrà messo a disposizione dal Comune di Palermo: sarà un piccolo gesto riparatore dopo l'espulsione del 1492.
La Comunità di Napoli, responsabile per la circoscrizione del Meridione (Campania, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia pari a circa un terzo del territorio nazionale), ha un grande ruolo da svolgere per i prossimi anni: dovrà munirsi di strutture e risorse umane necessarie per svolgere il suo compito.
Ritengo che sia ormai finito il tempo dell'arrembaggio, come se il Mezzogiorno sia una sorta di Far West ebraico nel quale ognuno possa ritenere di dire e fare in libertà; occorre innanzitutto relazionarsi con coloro che operano per lo sviluppo ebraico nel territorio, che hanno responsabilità sia politiche che cultuali, bisogna saper chiedere loro cosa serve per migliorare la "qualità" dell'ebraismo a Trani e in Puglia, in Calabria come in Sicilia, aiutarli e incoraggiarli; non parlare o scrivere sul Sud in loro vece.
Napoli dovrà dare seguito a un'attività ebraica nel Sud che non sia incentrata su episodiche conferenze su ebraismo e storia ebraica ma che sia volta a creare una continuità ebraica basata su studio, osservanza, impegno quotidiano; occorre, in altre parole, passare a una nuova fase nella quale la regolare attività comunitaria prenda gradualmente il posto dei seminari e degli Shabbat una tantum.
È l'adempimento di un dovere, ma anche un investimento per il futuro.
Un'analisi anche superficiale di quanto contribuisce il Meridione alla campagna Ottopermille basata su dichiarazioni effettive, estensione del territorio della circoscrizione, numero dei suoi abitanti e di quello degli ebrei e dei centri di attività ebraica, porterebbe a conclusioni assai diverse da quelle attualmente adottate: per essere riconosciute come comunità aventi diritto a una parte del gettito Ottopermille Trani, Sannicandro e Siracusa hanno forse meno titoli rispetto ad altre Comunità che hanno minor numero di iscritti e di attività?
È facile lasciarsi trascinare dall'entusiasmo ma non illudiamoci: il lavoro da fare è comunque enorme e le risorse umane da impiegare per restituire completa dignità all'ebraismo nel Meridione sono oggi insufficienti.
La maggior parte del lavoro è stato fatto da volontari che, sono certo, continueranno a svolgere la loro attività con rinnovato entusiasmo.
La più grande prova di maturità dell'ebraismo meridionale sarà la continuità.
Ritengo che un maggiore impegno per gli ebrei del Sud potrà cambiare la carta geografica dell'Italia ebraica e, perché no?, dare forse anche una maggior fiducia alle Comunità del Nord, contribuendo al loro risveglio. Un cammino verso se stessi che troppe volte noi ebrei abbiamo fatto nella direzione opposta.
Continuano in Israele gli attacchi sessisti e discriminatori degli haredim, che oggi si sono scontrati con la polizia
Almeno un poliziotto è rimasto ferito negli scontri tra agenti ed ebrei ultraortodossi nella città di Bet Shemesh, nel distretto di Gerusalemme, mentre due persone sono state arrestate. I disordini sono iniziati dopo che la polizia aveva chiesto di rimuovere un cartello che chiede alle donne di camminare dall'altro lato della strada, lontano dagli uomini. A quel punto circa 300 ultraortodossi haredim si sono scagliati contro gli agenti, lanciando pietre e bruciando oggetti. Negli ultimi due giorni il cartello è stato rimosso e reinstallato più volte. In un altro quartiere della città, intanto, un altro gruppo di haredim ha attaccato una troupe televisiva, più o meno nello stesso punto in cui domenica si era ripetuto un attacco simile.
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha condannato duramente le discriminazioni nei confronti delle donne che negli ultimi tempi hanno creato molto scandalo nel Paese. «Israele è una democrazia occidentale e liberale e non tollereremo altri episodi del genere», ha detto ieri Netanyahu, riferendosi a un episodio recente che ha coinvolto un haredi (plurale haredim), un appartenente all'ala più intransigente dell'ortodossia religiosa ebraica (i cosiddetti "ebrei ultraortodossi"). L'uomo, nella notte di Natale, è stato arrestato per aver offeso e sputato contro una donna religiosa a Bet Shemesh, una città israeliana del distretto di Gerusalemme, perché era vestita «in maniera indecente».
Anche il ministro della Difesa, Ehud Barak, ha condannato duramente il sessismo di natura religiosa che si verifica a Bet Shemesh e altre città israeliane, mentre il ministro dell'Energia Uzi Landau ha detto che «gli estremisti ultraortodossi devono ricevere lo stesso trattamento degli anarchici di sinistra e dei coloni della destra integralista». Il leader del partito di Kadima, Tzipi Livni, ha detto che «è ora che il popolo israeliano si svegli». Netanhayu, intanto, ha fissato un incontro con i politici ultraortodossi del suo governo per chiedergli di esprimere la propria condanna pubblica contro gli ultimi eventi. Netanyahu sta pensando a nuove leggi contro la discriminazione delle donne, come la rimozione di tutti i cartelli a carattere sessista nei quartieri ultraortodossi e l'allontanamento dei sindaci che non rispettano gli ordini delle autorità centrali in materia.
Una commissione della Knesset, il parlamento israeliano, ha discusso oggi del genocidio degli armeni e una proposta di legge volta a istituire un giorno che ricordi quel tragico evento, inserendo così un nuovo grave motivo di tensione nelle già incandescenti relazioni tra Israele e Turchia.
Quest'ultima nega infatti di aver ucciso 1,5 milioni di armeni nel 1915, durante la Prima Guerra Mondiale, e reagisce con furia a ogni tentativo di affermare il contrario.
La discussione, pronossa da due deputati di due partiti dell'opposizione, si è svolta in seno alla commissione per l'istruzione malgrado l'avvertimento del ministero degli esteri sul rischio di una rottura delle relazioni con la Turchia, già adesso scese al livello diplomaticamente più basso possibile dopo l'uccisione di nove cittadini turchi, il 31 maggio 2010, nell'arrembaggio della marina militare israeliana al traghetto turco Mavi Marmara, carico di attivisti filopalestinesi decisi a rompere il blocco navale della striscia di Gaza.
Un avvertimento che il presidente della Knessert, Reuven Rivlin, ha deciso di ignorare, affermando che "in quanto parlamento israeliano e come ebrei abbiamo l'obbligo di non scordare un genocidio". La discussione, ha precisato, non intende condannare l'attuale e i passati governi turchi, che sono nati dopo la caduta dell'Impero Ottomano e perciò non responsabili della tragedia armena.
Nel 2007, in un momento in cui le relazioni tra Israele e Turchia erano ancora molto strette, la Knesset aveva respinto una proposta di riconoscere che nel 1915 gli armeni furono vittime di genocidio per mano dei turchi.
Nei giorni scorsi il governo di Ankara ha congelato le sue relazioni con la Francia e richiamato il suo ambasciatore da Parigi dopo l'approvazione da parte dell'Assembela Nazionale di una legge che punisce ogni tentativo di negare il genocidio degli armeni.
Moncalvo: accordo fra il Comune e la comunità ebraica
Il sindaco Aldo Fara ha dichiarato: "I legami storici che durano da sei secoli saranno ulteriormente rinsaldati"
Moncalvo - La scritta sul cartello:
"Antico cimitero ebraico - tuttora luogo di sepoltura"
Nella prossima settimana è prevista la firma di un accordo tra il Comune di Moncalvo e la locale Comunità Ebraica.
Il documento prevede l'impegno della civica amministrazione di compiere l'ordinaria manutenzione del cimitero israelitico. Il Comune taglierà l'erba ogni 4 mesi, manterrà pulite le antiche tombe risalenti all'inizio del 1800 e curerà le siepi che delimitano il giardino all'italiana. Inoltre sarà ristrutturata la casa del custode per accogliere reperti e documenti che fanno data dal 1625 al 1945.
Il sindaco Aldo Fara ha dichiarato: "I legami storici che durano da sei secoli saranno ulteriormente rinsaldati". In merito all'accordo il dr. Giorgio Ottolenghi presidente della Comunità Ebraica proprietaria del sito ha detto: "L'Amministrazione Comunale potrà restituire all'uso della collettività un luogo di notevole pregio artistico, storico e culturale".
Inoltre l'Unione Comunità Ebraiche Italiane inserirà Moncalvo ed il suo cimitero nel sito web degli itinerari turistici europei, sostenendola per seminari e convegni scientifici. Presenti nella città aleramica dal 1394 gli ebrei raggiunsero la massima popolosità nel 1836 con 233 abitanti.
Secondo una ricerca effettuata dall'assessorato alla cultura, Moncalvo è l'unica città al mondo ad avere la sinagoga con la porta centrale aperta sulla piazza principale.
L'ex speaker della Camera dei Rappresentanti americana e candidato repubblicano alle presidenziali ieri ha detto che: "non esisteva una Palestina in quanto stato. Faceva parte dell'impero ottomano. Abbiamo inventato i palestinesi, che sono a tutti gli effetti arabi che fanno storicamente parte della comunità araba, e hanno avuto la possibilità di andare in molti posti". Chiunque - dall'Olp al portavoce di Mitt Romney - ha criticato aspramente l'affermazione di Gingrich, ma si dà il caso che essa sia assolutamente corretta: nessun musulmano arabofono si è identificato come "palestinese" fino al 1920, quando in modo rapido questo appellativo e questa identità sono stati adottati dagli arabi musulmani che vivevano nella Palestina sottoposta a mandato britannico.
Per maggiori dettagli
(Archivio in italiano di Daniel Pipes, 10 dicembre 2011)
Un archeologo dell'Autorità Antichità israeliane ha mostrato alla stampa un antico sigillo d'argilla tenuta risalentea 2 mila anni fa. Trovato due settimane fa durante gli scavi nei pressi del Muro Occidentale di Gerusalemme, il sigillo ha una doppia scritta in aramaico "Puro per Dio ". Secondo gli archeologi israeliani probabilmente veniva utilizzato per marchiare i prodotti o oggetti "abilitati" a essere portati al Tempio.
Dagli Stati Uniti nuovi aiuti a Israele per la difesa
Stanziati 235 milioni di dollari
TEL AVIV, 25 dic - Gli Stati Uniti hanno concesso a Israele un ulteriore finanziamento di 235 milioni di dollari per coprire parte dei costi di sviluppo di sistemi di difesa volti a intercettare in volo razzi in arrivo. Lo ha annunciato oggi il ministero della Difesa israeliano, aggiungendo che il finanziamento rappresenta ''una nuova tappa nel rafforzamento delle relazioni israelo-americane nel campo della difesa''. Gli Stati Uniti gia' donano annualmente a Israele tre miliardi di dollari per la difesa.
Ricercatori israeliani utilizzano cellule staminali per riparare tessuti danneggiati
Ricercatori israeliani dell'Ospedale Ramban e del Technion di Haifa sono riusciti per la prima volta a riparare tessuti danneggiati usando cellule staminali embrionali. L'esperimento è stato condotto sui topi, ma i ricercatori dicono che il metodo potrebbe essere usato per riparare tessuti e organi umani compromessi da un insufficiente apporto di sangue. La squadra israeliana prevede quindi di utilizzare ovuli fecondati donati a fini di ricerca e campioni di pelle e capelli nei pazienti adulti. E' da ricordare che le componenti delle cellule staminali utilizzate dai ricercatori svolgono un ruolo chiave nella crescita dei vasi sanguigni. Una rivista scientifica americana ha pubblicato i risultati della ricerca, affermando che essi illustrano il ruolo di primo piano che Israele gioca nel campo delle cellule staminali.
(infolive.tv, 24 dicembre 2011 - trad. www.ilvangelo-israele.it)
"Fermezza e risultati concreti contro chi semina odio in rete"
Il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha dichiarato:
"L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane continua a vigilare con attenzione e a contrastare la disgustosa e inaccettabile diffusione di farneticanti comunicati da parte di siti internet di chiara matrice razzista e antiebraica, l'ultimo dei quali ha rivolto oscure minacce ai collaboratori del sito della Comunità ebraica di Roma. Come è stato già da tempo constatato, è in corso una pericolosa campagna di odio e di istigazione a delinquere che è resa maggiormente insidiosa per la facilità e la velocità consentite dal mezzo utilizzato. L'UCEI prosegue nella efficace collaborazione con le autorità, la magistratura e le Forze dell'ordine coerentemente con la linea di fermezza già più volte dimostrata in tempi recenti e che con la loro professionalità ed efficacia hanno già ottenuto importanti risultati.
I recenti arresti e l'esito positivo di processi da poco conclusi, dimostrano che il sistema giuridico italiano è solido e provvisto di leggi efficaci per combattere le attività di questi figuri.
L'azione che deve essere perseguita contro chi semina l'odio non ha bisogno di proclami, ma di vigilanza, fermezza e risultati concreti da mettere a segno applicando la legge e mantenendo costante il nostro impegno".
In risposta a una trasmissione di pura diffamazione dell'esercito israeliano
Lo scorso 21 dicembre avete rimandato in onda, su doc 3, una trasmissione introdotta da Alessandro Robecchi che avrebbe la pretesa di descrivere la vita dei soldati di Israele, già trasmessa nel mese di luglio (quindi siete recidivi).
In effetti voi non avete affatto descritto la situazione dei soldati di Israele, ma avete preferito fare una trasmissione di pura propaganda in cui, oltretutto, non è neppure possibile verificare se i protagonisti, regolarmente doppiati e senza il sonoro originale, dicano effettivamente quanto lo spettatore ascolta.
Chiunque sia stato a contatto coi giovani israeliani sa perfettamente che sono completamente diversi dai vostri attori, e che NON USANO per se stessi espressioni del tipo: "razza superiore". Inoltre nel filmato il nemico non appare mai, e non è, come voi fate credere, un semplice lanciatore di pietre (avete dimenticato troppo in fretta le guerre scatenate dagli arabi, i loro terribili attentati, i neonati sgozzati a sangue freddo nelle loro culle e la dichiarata volontà di uccidere tutti gli ebrei e di distruggerne lo stato).
Sfiorate soltanto il problema della proprietà di quelle terre, e lo fate in modo storicamente scorretto.
Certe domande fatte ai soldati durante il loro addestramento (ma era davvero questa la realtà?), del genere: "saresti pronto a prenderti una pallottola per la patria?", potrebbe essere posta, nello stesso modo, ai soldati di qualunque esercito, ma logicamente, e correttamente, nessuno le fa. Ed allora perché porre questa domanda a dei giovani che DEVONO per forza di cose dedicare tre lunghi anni della loro gioventù a questo servizio? Le prolungate scene di fumate sono fatte solo per dare l'idea di un popolo debosciato, mentre la realtà del popolo israeliano è esattamente il contrario.
Gravissima è poi la frase, semplicemente impossibile tra i giovani militari, che non sarebbero responsabili degli ordini ricevuti: nell'esercito israeliano, e solo in quello, i soldati hanno per regolamento il diritto di non eseguire gli ordini ritenuti ingiusti o immorali. Altro che parallelismo coi nazisti (VERGOGNATEVI!).
"O sei un soldato, o sei un disertore", infine: avete forse dimenticato che questa è stata la realtà nel nostro paese fino a pochi anni fa? E l'Italia non era circondata da nemici che ogni giorno promettevano di annientarla, o che la bersagliavano con MIGLIAIA di missili. Vediamo se Alessandro Robecchi, tanto informato sulla materia, si dichiara disposto ad un confronto con me di fronte alle telecamere. Io sono pronto.
Distinti saluti
Emanuel Segre Amar
(Notizie su Israele, 25 dicembre 2011)
Se nel giorno del giudizio sarà preso in considerazione anche il reato di diffamazione, gli incriminati per calunnia contro Israele saranno molti. E molti di loro diranno: "Ma quando mai lo abbiamo diffamato?" Sono quelli che dopo ogni calunnia sentivano il bisogno di precisare che loro "non hanno niente contro gli ebrei. M.C.
Lieberman: "Più realistico parlare di gestione del conflitto mediorientale"
GERUSALEMME, 25 DIC - Una soluzione del conflitto con i palestinesi non è realisticamente possibile nel prossimo decennio, perciò la parola chiave da usare deve piuttosto essere ''gestione'' del conflitto. Lo ha affermato oggi a Gerusalemme il ministro degli esteri israeliano Avigdor Lieberman nel corso dell'annuale riunione con gli ambasciatori dello stato ebraico nel mondo.
Secondo Lieberman, gli sforzi dei palestinesi non hanno il fine di giungere a un accordo di pace con Israele ma alla internazionalizzazione del conflitto. ''Bisogna perciò adattare la riflessione diplomatica a questa realtà e comprendere che la parola chiave nei nostri rapporti con i palestinesi deve essere gestione e non soluzione del conflitto. Chi pensa che sia possibile arrivare a un accordo di pace nei prossimi anni erra e induce in errore''. A giudizio del capo della diplomazia israeliana le condizioni per un accordo di pace matureranno quando nella societa' palestinese si formera' una vasta e prospera classe media in grado di influenzare l' Autorita' palestinese e non prima che cambi la concezione generale (palestinese) per un accordo con noi''.
A proposito della recente condanna espressa da alcuni stati europei nei confronti di Israele per le violenze di gruppuscoli di coloni ebrei e la politica di insediamenti in Cisgiordania, il ministro ha detto che la democrazia israeliana non ha nulla da apprendere da quella in Europa. Israele, ha aggiunto, ''non ha bisogno di lezioni e sa come comportarsi con chi viola le leggi in Giudea e Samaria
I tiri non sono stati finora rivendicati da organizzazione palestinesi.
Due razzi e due bombe di mortaio, sparati da miliziani palestinesi nella striscia di Gaza, sono scoppiati il giorno di Natale in territorio israeliano senza causare vittime e neppure danni, secondo un comunicato del portavoce militare. Altre due bombe di mortaio sono pure scoppiate nella notte e anche in questo caso non hanno causato vittime o danni. I tiri non sono stati finora rivendicati da organizzazione palestinesi.
L'esperienza del passato insegna che questi attacchi non restano di solito senza una reazione militare israeliana di risposta. L'ultimo grave incidente sul confine tra Israele e Gaza risale allo scorso 8 dicembre quando l'aviazione israeliana uccise due miliziani che, secondo il portavoce militare, si stavano preparando a lanciare razzi contro lo stato ebraico.
Cari amici,
oggi è Natale, è vacanza per tutti e tutti, ci crediamo o meno, abbiamo un paio di giorni di pausa ben meritata. Ho deciso dunque di scrivervi una cartolina un po' impegnativa, approfittando del tempo vostro e mio. Una cartolina ambiziosa, che ha addirittura la pretesa di spiegarvi perché non c'è la pace in Medio Oriente.
Partiamo da un fatto oggettivo: ci sono due gruppi umani contrapposti che vivono in quel fazzoletto di terra fra il Giordano e il Mediterraneo. Ciascuno vuole governarlo e dice di averne il diritto. Ignoriamo questa volta le ragioni e i torti di queste pretese, partiamo dal '48 quando già l'Onu aveva proposto di dividere la terra in due parti, uno stato arabo e uno stato ebraico. Israele come noto accettò e scrisse nella sua dichiarazione d'indipendenza:
"Facciamo appello - nel mezzo dell'attacco che ci viene sferrato contro da mesi - ai cittadini arabi dello Stato di Israele affinché mantengano la pace e partecipino alla costruzione dello Stato sulla base della piena e uguale cittadinanza e della rappresentanza appropriata in tutte le sue istituzioni provvisorie e permanenti. Tendiamo una mano di pace e di buon vicinato a tutti gli Stati vicini e ai loro popoli, e facciamo loro appello affinché stabiliscano legami di collaborazione e di aiuto reciproco col sovrano popolo ebraico stabilito nella sua terra. Lo Stato d'Israele è pronto a compiere la sua parte in uno sforzo comune per il progresso del Medio Oriente intero" .
Gli arabi invece - non si chiamavano ancora palestinesi, ma solo arabi del Mandato - rifiutarono, fecero insieme a Egitto, Giordania Iraq Siria Libano "una guerra di sterminio e di massacro della quale si parlerà come dei massacri dei Mongoli e delle Crociate" ('Abd al-Rahm?n 'Azz?m Pascià, segretario generale della Lega Araba e la persero. Nacque Israele, e non nacque la Palestina. Continuarono però le guerre e gli attentati, finché nel 1963 (ben prima dell'"occupazione" dei "territori") venne al mondo l'OLP guidata da un giovane egiziano che vantava parentele palestinesi importanti. Sto parlando di Arafat. Sapete che cosa pensava Arafat? Ecco qui una rara testimonianza filmata in inglese .
Non progettava la "Palestina" indipendente ma "un solo stato arabo" dal Marocco ad Aden. E come farlo? Ma con la resistenza, cioè con lotta armata, naturalmente, c'è scritto sugli statuti tanto di Hamas che di Fatah. l'ha detto spesso Arafat e l'ha anche fatto. La propaganda del regime palestinese gli è ancora grata, come vedete con questa grottesca "canzone d'amore per il Mk47" (che per chi non lo sapesse è un mitra): . Vi raccomando di non perdervi il balletto nel video, uno spettacolo straordinario degno della miglio sceneggiata napoletana..
Purtroppo la "resistenza" adesso non è possibile, come accenna il presidente dell'AP Mahamud Abbas in questa intervista tv molto recente: . Ma se qualcuno la fa, e per esempio "rapisce, cioè no, cattura" un soldato israeliano come Shalit, questa è una "buona cosa". Del resto, come ragiona qualcuno, basterebbero altri quattro soldati rapiti, e riscattati allo stesso livello, per liberare tutti i poveri "prigionieri palestinesi". E' matematica, no?
Ma come si possono conciliare le trattative e la lotta armata, la riconquista di "tutta la Palestina, senza lasciar fuori neanche un centimetro" all'Islam e al popolo arabo e il riconoscimento di Israele (benché non come stato ebraico, questo Abbas lo esclude, come avete visto nel video precedente)? Be, c'è sempre la buona vecchia taqiyya (un'analisi più approfondita e attuale si trova : qui), cioè la buona vecchia dissimulazione islamica, una virtù che ti permette, per il bene della fede, di non dire quel che fai e fare quel che dici, ma di andare avanti con mezze verità, riserve mentali, trucchi vari, fino alla vittoria.
Nel mondo palestinese la Taqiyya è qualcosa di più preciso. La formulazione recente più chiara è del membro del comitato centrale di Fatah, Abbas Zaki: "Non si può realizzare il grande piano in un passo solo," dice più o meno in questa intervista che vi prego di guardare con molta attenzione: , " Bisogna andare gradualmente [...] non si può dire che si vuol cancellare Israele dalla mappa, perché non è politicamente corretto, tenetevelo per voi. Ma se Israele abbandona le colonie, deve ricollocare 650 mila coloni, è finito [...] Per questo dobbiamo esigere dall'America quel che ha promesso."
Del piano a fasi per la "liberazione della Palestina" si parla in genere molto poco. Ma è stato adottato ufficialmente dalla XII sessione del Consiglio Nazionale Palestinese il 9 giugno 1974 al Cairo . Lo trovate qui tradotto in inglese e ne trovate in questo filmato una sintesi efficace: . E' la "grande strategia" concepita da Arafat e ancor oggi seguita dai palestinesi ..
Fase 1: Per mezzo della "lotta armata", fondare un' "autorità nazionale indipendente combattente " su un territorio "liberato" dal dominio israeliano. (Articolo 2)
Fase 2: Usare il nuovo territorio nazionale come base di operazioni per continuare la lotta contro Israele, (articolo 4).
Fase 3: Provocare Israele in una vera e propria guerra con i suoi vicini arabi per distruggerlo completamente e "liberare tutto il territorio palestinese"(articolo 8).
Insomma, è la versione palestinese della "soluzione finale" nazista. Non è un caso che Hitler sia così ammirato in tutto il mondo arabo, che gli si dedichino tesine scolastiche pubblicate sui giornali , che la libreria Virgin Megastore in Qatar raccomandi fra i best seller la traduzione araba di Mein Kampf . Solo che la soluzione palestinese è cauta, graduale, progressiva, subdola. Verificato nel corso dei decenni e delle guerre che Israele non può essere travolto e sconfitto frontalmente, si mira a corroderne la legittimità, a isolarlo, a boicottarlo, a indurlo a cedere lentamente posizioni, come spingendolo su un piano inclinato, alla cui fine (ma solo alla fine) c'è l'abisso.
Per questa ragione i "palestinesi" non possono e non vogliono trattare una pace definitiva, rifiutano anche in linea di principio di accettare la clausola ovvia che un'eventuale accordo per costituire un loro stato dovrebbe chiudere la controversia. Essi al contrario cercano di accumulare piccoli e grandi vantaggi, con le trattative se possono, con la forza se ce l'hanno, con l'aiuto internazionale che riescono a raccogliere. Ogni nuovo vantaggio non è occasione di soddisfazione e di diminuzione delle pressioni, ma tutto al contrario li rafforza e rafforza la loro spinta. Ogni fase conclusa è la base per lavorare a una fase successiva. L'accordo di Oslo è stata la base per l'ondata terrorista successiva, questa per la costruzione di "forze di polizia palestinesi" bene armate ed addestrate, e di uno "stato" che attende di essere riconosciuto. Le trattative servono a soffocare senza contropartita gli insediamenti al di là della linea verde, che sono lì da trenta o quarant'anni; se Israele non cade in questa trappola, il blocco delle trattative serve a denunciare Israele come non desideroso della pace...
Questa è la situazione attuale e questa è la ragione per cui non ci sono e non ci possono essere trattative di pace vera: perché i palestinesi non hanno alcuna intenzione di chiudere la guerra prima di raggiungere il loro obiettivo finale neanche tanto segreto: la distruzione di Israele e la cacciata di tutti gli ebrei. Israele può solo resistere, evitare di cadere nella trappola di cedere terra e vantaggi concreti in cambio di parole (di "pace") pronunciate per qualche mese e poi di nuovo lasciate cadere per dar spazio al prossimo ricatto. Per fortuna oggi ha un governo, il primo dopo molti anni di ubriacatura pacifista, che ha capito che la pace non può essere una merce nel suk palestinese ed è disposto a fare la pace in cambio di pace e a non cedere nulla in cambio di parole. Il risultato è una situazione abbastanza tranquilla per la maggior parte dei palestinesi e degli israeliani, che i terroristi si sforzano in tutti i modi di turbare con i razzi da Gaza, con le flottiglie, con gli attentati artigianali - dopo che la barriera di sicurezza ha reso assai più difficili quelli industriali -, con la guerriglia legale, politica e mediatica.
C'è una grande macchina di diffamazione in atto contro questo governo e un tentativo vagamente surreale di fare fretta nuove concessioni perché si riapra la trattativa fra Israele e Palestinesi - per fare la pace, naturalmente.
Nel frattempo tutt'intorno, in Egitto, in Siria, in Iraq, i morti nelle agitazioni popolari e nelle guerre civili si contano a centinaia, a migliaia.
Mentre fra Israele e palestinesi regna la calma e l'economia è in boom.
Sarà un caso? O forse è vero quel che mostrano le statistiche, cioè che le concessioni aumentano il terrorismo e il polso fermo lo diminuisce? Resta il fatto che se non si fa la pace, se non ci sono le trattative la ragione è una e semplice: finché i palestinesi non lavorano per la coesistenza, ma per la distruzione di Israele, non c'è nulla da trattare.
Nonostante gli oltre 3000 chilometri che separano le rispettive capitali e l'assenza di confini comuni e di legami di tipo culturale, religioso ed etnico, il neo-nato Sudan del Sud ed Israele sembrano aver instaurato un ottimo rapporto. E' quanto si evince dalla storica visita svoltasi in settimana del presidente sud-sudanese Salva Kiir a Gerusalemme, dove ha incontrato il primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu per consolidare quelli che il presidente del neo-costituito paese africano ha definito "storici rapporti di amicizia".
Israele è stato uno dei primi paesi a riconoscere l'indipendenza della regione meridionale del Sudan da Khartoum, in seguito all'ufficializzazione del risultato del referendum che nel luglio scorso ha dato il via libera alla secessione. E' forse proprio in segno di riconoscenza per il tempestivo riconoscimento, che il Presidente Kiir ha dedicato ad Israele la prima visita ufficiale da quando è in carica, sottolineando in questo modo la profondità delle relazioni tra Gerusalemme e Giuba.
Nel corso del meeting le parti hanno chiarito di voler rafforzare la cooperazione in numerosi campi, tra cui la lotta al terrorismo islamico, ed hanno discusso degli 8000 immigrati che negli ultimi anni dal Sudan del Sud sono entrati illegalmente in Israele.
Ma qual è il motivo di questo forte legame? I maligni suggeriscono che l'Africa orientale, a causa della sua continua conflittualità, sia considerata da Gerusalemme una regione di estrema importanza per il commercio delle proprie armi. Ma in realtà la visione di Israele va ben al di là dei soli aspetti economico-commerciali. Netanyahu ha infatti identificato in alcuni paesi della regione dei possibili alleati per contenere l'espansionismo arabo-islamico in Africa. In particolare il Sudan del Sud, insieme a Kenya ed Uganda, è stato riconosciuto come paese strategico, del quale condividere il controllo con gli altri stati occidentali. Non a caso la visita di Kiir, ex capo del Movimento armato per la liberazione del popolo sudanese (Splam) sostenuto sin dai primi anni '60 proprio da Israele, è stata preceduta (circa un mese fa) da quella del Primo ministro keniano Raila Odinga, al quale Netanyahu avrebbe promesso un impegno militare maggiore nella lotta contro i ribelli islamisti somali.
Alleanze mirate al contenimento dell'islamismo radicale, dunque, quelle che Israele sta tessendo in Africa e che preoccupano non poco i leader dispotici che dell'Islam fanno la propria bandiera. Come il contestatissimo Presidente del Sudan Omar Bashir che ha manifestato tutto il proprio disappunto per la visita di Kiir in Israele. Secondo il regime di Khartoum, infatti, il consolidamento dell'alleanza tra Gerusalemme e Giuba sarebbe una minaccia per l'integrità del Sudan. È quanto si evince dalle dichiarazioni rilasciate dal portavoce del ministro degli Esteri sudanese al-Obeid Marawih al quotidiano Sudan Tribute, secondo cui l'incontro diplomatico tra Kiir e Netanyahu "si ripercuote sulla sicurezza nazionale del Sudan" in quanto "Israele e le sue lobby costituiscono una parte significante della campagna internazionale per fomentare il conflitto in Darfur" (la regione occidentale del paese sconvolta da una lunga guerra civile tutt'ora in corso).
Ma che l'obbiettivo israeliano sia in realtà quello di costruire una sorta di "muro di contenimento" contro l'espansione dell'integralismo islamico (e non di "fare guerra al Regime di Khartoum) sembra sempre più evidente. Il consolidamento delle relazioni tra Gerusalemme e Giuba, soprattutto all'indomani della perdita del fedele alleato Mubarak in Egitto, è considerato di vitale importanza da Israele per conservare la propria influenza in Africa orientale.
La censura Firmò il «metodo» ma il suo cognome ebraico scomparve col regime fascista
di Pietro Lanzara
Alice Franchetti
«Pertransiit beneficiendo» è scritto sulla lapide di Alice Hallgarten nel cimitero acattolico di Testaccio. Filantropa, educatrice e pedagogista, nacque il 23 giugno 1874 a New York e morì di tubercolosi cent' anni fa, il 22 ottobre 1911, a Leysin in Svizzera. Ebrea, coltissima, padroneggiava quattro lingue: per alcuni anni visse in Germania, poi a Roma dove assisteva i bambini abbandonati del quartiere San Lorenzo. Conobbe il barone Leopoldo Franchetti, che abitava a Villa Wolkonsky, e nel 1900 si sposarono: «Poldo» aveva ventisette anni più di lei e ne condivideva gli ideali sociali e umanitari. Senatore del Regno, di nobile famiglia ebrea livornese, fondò con Giustino Fortunato l' Associazione per gli interessi del Mezzogiorno e condusse con Sidney Sonnino l' inchiesta sulle condizioni della Sicilia. Possedeva in Umbria, a Città di Castello, settecento ettari con 36 poderi. Nel 1901 a Villa Montesca e poi a Rovigliano, Alice aprì due scuole per dare l' istruzione elementare gratuita ai figli dei contadini. Maria Montessori fu chiamata a tenervi i suoi corsi, sostenuta dai Franchetti che finanziarono la pubblicazione nel 1909 del suo «Metodo» di psicologia per l' infanzia. Fu codificato come Metodo Franchetti-Montessori finché il regime ordinò di fare sparire il cognome ebraico. La giovane baronessa frequentava le case coloniche, ascoltava le contadine analfabete: nel giugno 1908 aprì il Laboratorio Tela Umbra, dove le ragazze e le loro maestre tessevano su telai ottocenteschi e su uno più moderno acquistato a Londra. Le lavoratrici partecipavano alla ripartizione degli utili, c' era la mensa, fu aperto il primo asilo aziendale d' Italia. Il libro «Cara Marietta», a cura di Maria Luciana Buseghin e Clara Peli (ed. Tela umbra), raccoglie le lettere di Alice: «È venuto il momento nel quale dobbiamo separarci», scrisse dal sanatorio ai suoi piccoli protetti, «ma, se sentite come me, saprete che per chi veramente ama non c' è separazione, che l' amore è più forte anche della morte!». Il marito è sepolto accanto a lei: si suicidò il 4 novembre ' 17 lasciando per testamento i suoi fondi ai coloni che li coltivavano.
Sito antisemita integralista: "Guerra santa contro ebrei, schiavi di Satana"
Anche alcuni esponenti della comunità ebraica romana, i cui volti compaiono sul sito Romaebraica.it, sono finiti nel mirino di un famigerato sito antisemita. Le immagini accompagnate da una serie di '666? e alcuni slogan. In particolare, uno che invita: "più impegno dei cattolici contro l'intolleranza ebraica!". E una nota che etichetta gli interessati quali "nazisti-ebrei membri della cupola mafiosa ebraica italiana", "schiavi di satana" che "vogliono la distruzione della Chiesa cattolica", spronando alla guerra santa.
Il sito di estremisti è legato al cosiddetto Movimento di Resistenza Popolare L'Alternativa Cristiana, ricco di contenuti e slogan fondamentalisti cattolici e cristiani e visceralmente antiebraici. Secondo il sito Romaebraica.it, risulta gestito dal norvegese Alfred Olsen, estremista di destra noto dagli anni Novanta e ritenuto ispiratore del terrorista Anders Behring Breivik. L'autore delle stragi di Oslo e Utoya, che si è dichiarato cristiano, sostiene di aver agito per salvare l'Europa dalle minacce del marxismo, del multiculturalismo e degli "umanisti suicidari".
In una sorta di rivoluzione educativa, un numero crescente di scuole israeliane sta adottando un nuovo approccio per l'insegnamento della lingua araba: assumere insegnanti arabi. L'iniziativa è molto di più che insegnare ai bambini un nuovo linguaggio. Gli educatori dicono che sperano di abbattere le barriere in una società dove cittadini ebrei ed arabi si guardano con sospetto uno con l'altro. In un paese dove il 20 per cento dei cittadini sono arabi, assumere madrelingua araba per l'aula sembra ovvio. Ma un mix di politica e differenze culturali nel corso dei decenni hanno lasciato separati tra i sistemi di istruzione ebraico e arabo. Con poche eccezioni, gli insegnanti ebrei insegnano agli studenti ebrei, gli arabi agli studenti arabi. Il programma "Ya Salam", "O Peace", sta cercando di cambiare questa tendenza con un nuovo approccio alla lingua araba, che è considerato una lingua ufficiale in Israele e in teoria è un campo obbligatorio per tutti gli studenti.
In realtà, pochi ebrei lo sanno parlare bene. In primo luogo, il programma inizia ad insegnare l'arabo nel grado 5, due anni prima del normale. Si insegna anche l'arabo parlato colloquiale, al posto della lingua araba letteraria formale che è tradizionalmente insegnato. Questo è lo scopo di permettere agli studenti di dialogare, piuttosto che leggere.
Maram Faour, una giovane insegnante dalla città araba di Kabul, è in prima linea in questo impegno. Quando ha iniziato, Faour era terrorizzata da come sarebbe stata accolta. Ha lottato con l'atmosfera chiassosa e informale della classe ed è rimasta sorpresa di essere chiamata con il suo nome, qualcosa di inaudito nel sistema gerarchico di una scuola araba. Ma poi qualcosa è scattato. Sostenuta dai suoi colleghi, ha smesso di preoccuparsi del curriculum formale e ha coìminciato a stringere un rapporto con i bambini. Ha giocato con gli studenti, incoraggiando conversazioni con loro e parlando loro delle festività musulmane.
L'arabo è obbligatorio in tutte le scuole israeliane dal 7 al 10o anno ma il requisito è applicato in modo non uniforme. L'ebraico, la lingua degli ebrei di Israele, è richiesto in tutte le scuole, le scuole e nelle comunità arabe in genere iniziano ad insegnare nelle terze elementari.
"Fermare l'antisemitismo della stampa palestinese"
Il Centro Simon Wiesenthal ha chiesto al direttore generale dell'Unesco di sospendere la sponsorizzazione alla rivista educativa per ragazzi palestinesi Zayafuna spiegando che tale rivista non esita a pubblicare celebrazioni dell'assassinio di massa di ebrei perpetrato da Hitler. Il brano è stato portato all'attenzione del pubblico da Palestinian Media Watch, secondo il quale Zayafuna "pubblica anche componimenti che esaltano la jihad" (guerra santa).In una lettera a Irina Bokova, direttore generale dell'Unesco, il direttore per le relazioni internazionali del Centro Wiesenthal, Shimon Samuels, denuncia il fatto che i redattori di Zayafuna "avallano Adolf Hitelr come modello di comportamento per i ragazzini palestinesi", sottolineando che quello citato non è un caso isolato: circa un quarto dei componimenti inoltrati dai giovani lettori e selezioni dalla rivista per la pubblicazione "esprimono odio verso gli ebrei, rispecchiando i messaggi diffusi dai mass-media ufficiali dell'Autorità Palestinese".
In occasione delle feste nei territori "riscoprono" Cristo
di Dimitri Buffa
Natale non è solo la festa di tutti i cristiani che credono in Gesù Cristo. Dagli ultimi tempi del leader Arafat, la ricorrenza è diventata anche una "festa" dei palestinesi. Un esempio? Nei giorni scorsi centinaia di persone si sono riunite a Betlemme per l'accensione dell'albero di Natale.
Il Primo ministro dell'Autorità palestinese, Salam Fayyad, ha spinto il bottone che ha fatto accendere le decorazioni dell'albero, alto 15 metri, insieme alle luminarie appese sul resto della piazza fuori dalla Chiesa della Natività. Il Natale infatti ogni anno porta l'attenzione del mondo su Betlemme, cittadina della Cisgiordania a sud di Gerusalemme.
Fayyad ha dichiarato che il Natale è un'opportunità per "celebrare l'identità palestinese di Gesù Cristo". Nel 2009 il Natale fu sfrutatto in chiave identitaria filo palestinese dal muftì di Gerusalemme che letteralmente affermò che "Gesù è nato in questa terra: qui ha mosso i suoi primi passi e ha diffuso i suoi insegnamenti in questa terra.
Lui e sua madre Maria, possiamo affermare, sono i palestinesi per eccellenza". Nella sera della vigilia di Natale dello stesso anno l'attivista Mustafa Barghouthi a sua volta aveva dichiarato che "Gesù è stato il primo palestinese torturato in questa terra". Per non parlare di movimenti come Hamas che sostengono nelle prediche in moschea dei loro imam che "Gesù fu il primo shahid", il primo martire per la causa palestinese.
In realtà, a ben vedere dopo gli accordi di Oslo, nella parte dei territori un tempo della Giordania o dell'Egitto, che venne data in amministrazione alla Anp, i cristiani cominciarono a subire sistematiche persecuzioni da parte dei miliziani di Arafat e a Gaza dichiararsi cristiano, oggi che c'è Hamas, può costare la vita.
Senza menzionare i casi di esproprio di negozi e case compiuti in grande stile per anni, che di fatto hanno sconsigliato alla prima numerosa comunità cristiana palestinese di restare in loco. Come la pensino i musulmani ortodossi sui cristiani lo riassume un sermone del fondamentalista egiziano Yusuf Qaradawi, leader degli Ikhuan al muslmin, cioè i fratelli mussulmani, che sempre nel dicembre 2009, in una sua predica del venerdì pronunciata a Doha, in Qatar, diceva: "Siamo in una società musulmana o in una società cristiana? Che cosa sta accadendo nei negozi e per le strade di Doha, tutti questi festeggiamenti della cosiddetta nascita del Messia - su di lui la pace - e del cosiddetto Natale, come se stessimo vivendo in una nazione europea? La nazione islamica sta abbandonando la sua identità islamica, l'islam vuole che manteniamo la nostra unicità islamica".
Il Natale quindi da una parte viene visto come preoccupante maniera di negare l'identità mussulmana dei palestinesi, dall'altra viene utilizzato come arma di "ricatto" contro gli israeliani.
Dall'Arabia Saudita i manuali per i ragazzi delle superiori arrivano in America
Attraverso "fonti confidenziali" i manuali scolastici indirizzati ai ragazzi delle superiori escono dall'Arabia Saudita e arrivano in occidente, anche negli Stati Uniti d'America: si tratta di veri e propri "libri dell'odio" che insegnano ai giovani sauditi nelle scuole coraniche tutto quello che devono sapere per diventare dei perfetti jihadisti: odio per l'occidente, per le donne, per gli ebrei, per gli omosessuali, fino anche ad un'infarinatura di pratiche violente, comprese amputazioni di arti, mani e altre parti del corpo.
A SCUOLA DI ODIO - L'istruzione in Arabia Saudita è una priorità nazionale. Re Abdullah ha più volte promesso che si sarebbe iniziata una campagna di riforme utile ad arginare il fenomeno dei libri dell'odio, che, in ogni caso, non cessano di essere prodotti, stampati e divulgati dall'Arabia al mondo. "Ecco dove inizia il terrorismo", dice alla Fox News Ali Al-Ahmed, saudita e direttore dell'Istituto per gli Affari del Golfo, centro studi e think tank sui paesi del medio oriente. "In un libro per la seconda liceo, stampato per l'anno 2010-2011, al-Ahmed dice che agli adolescenti sono insegnate pratiche barbariche, come "tagliare mani e piedi di un ladro". In un altro libro, per la prima liceo, agli studenti viene insegnato che l'annichilazione degli ebrei è una priorità: "L'ora del giudizio non arriverà fino a che i musulmani non combatteranno gli ebrei e li uccideranno. Se c'è un ebreo dietro di me, vieni e ammazzalo". Le donne sono "deboli e irresponsabili", gli omosessuali sono "un pericolo per la società". Secondo Al-Ahmed, non è una sorpresa che ci siano in giro così tanti terroristi di origine saudita: "Se insegni a sei milioni di bambini in questi fondamentali anni della loro vita queste cose, se gliele installi nel cervello, non c'è da meravigliarsi degli attentati suicidi".
PROMESSE MANCATE - In precedenza, sempre secondo Fox, l'ambasciatore saudita a Washington aveva sottolineato come la riforma dell'educazione di Stato fosse una priorità per Rijad. "Re Abdullah riconosce che sopra tutto c'è l'educazione, e ha messo in campo un programma di riforme in quest'area", ha detto al Faisal. "In anni recenti, il reame ha passato in rassegna tutte le pratiche educative e ci sono state rimozioni di materiali ed elementi non necessari ad una educazione moderna". Ancora: "Abbiamo eliminato tutto ciò che è obiettabile nei vecchi libri di testo, e abbiamo implementato un piano di revisione e modernizzazione", dice l'ambasciatore di Rijad. "Venite a conoscerci, ma senza preconcetti", aveva detto il principe saudita sempre in America, di recente: difficile che, dopo la diffusione di queste notizie, la fiducia per l'Arabia in Usa possa ritornare a livelli particolarmente alti. "L'ambasciata saudita è stata contattata", dice il Daily Mail, "ma per ora non ci sono state risposte".
Il tribunale americano ha fermato un traffico di denaro riciclato gestito dagli Hezbollah
Il governo degli Stati Uniti ha intensificato la sua campagna di sorveglianza per arrestare il flusso di "denaro sporco" che viene fatto pervenire al gruppo militante sciita Hezbollah. I pubblici ministeri americani hanno intentato una causa civile volta a punire finanziariamente imprese americane e libanesi che fatto parte di una rete globale gestita dagli Hezbollah- che ricicla ingenti somme proventi dalla produzione di cocaina in Sud America. L'azione legale, depositata al tribunale federale di Manhattan, implica tre enti finanziari libanesi, due banche canadesi con sede a Beirut e 30 commercianti di auto che operano negli Stati Uniti. 480 milioni di dollari è la somma dei proventi della droga che si presume siano stati riciclati, il governo sta anche cercando di congelare e confiscare i beni riconducibili a tali società. Questo è soltanto l'ultimo degli sforzi da parte dell'amministrazione Obama di interrompere la rete finanziaria che sostiene Hezbollah, un'organizzazione che è diventata il vero potere militare e politico in Libano. Le banche interessate che sono state chiuse dal Governo americano pulivano i soldi della droga per i cartelli colombiani mescolandoli con i proventi delle vendite delle autovetture usate acquistate negli Stati Uniti e vendute in Africa. Il denaro veniva quindi trasportato in aereo in Libano e depositato nella Banca libanese canadese fino a quando gli Hezbollah non prelevavano i profitti. La mente di questo traffico Ayman Joumaa, è stato incriminato in Virginia con l'accusa federale produzione e smercio di droga e riciclaggio dei proventi non solo per i cartelli colombiani, ma anche per la banda criminale messicano Los Zetas . Il New York Times ha pubblicato le prove che l'ormai defunta banca libanese canadese era nata per il riciclaggio di denaro, un hub per gli Hezbollah, sono stati scoperti quasi 200 conti, attraverso i quali centinaia di milioni di dollari sono stati trasferiti ogni anno dagli Stati Uniti al Libano.
Giovedì scorso, la casa d'aste di New York, Alexander Autographs, ha visto in vendita un pezzo di storia molto interessante. La scrivania messa all'asta era di Hitler ed è famosa per essere stata protagonista in alcune foto storiche di Hitler, Benito Mussolini, Neville Chamberlain e Édouard Daladier e perché su di essa è stato firmato il patto di Monaco.
Come mai questo scrittoio è in mano agli Stati Uniti? E' semplice. Diversi oggetti sono stati trovati dai militari americani nel seminterrato di una casa che era di Hilter, qui hanno trovato lo scrittoio, le pistole con pietre preziose, un anello d'oro con rubino così come molte opere d'arte rubate.
Come spiegato dal portavoce della casa d'aste, "Come tutti i GI, il tenente McConn voleva un souvenir di guerra e si prese la scrivania."
Questa scrivania di rame, disegnata da Hilter stesso ha impresse l'aquila e la svastica e le iniziali "AH", ed è stata acquistata da un collezionista della West Coast al prezzo di 423.000 dollari, mentre era stata stimata tra 500.000 e 600.000 dollari.
Sergio Romano ha pubblicato sul Corriere della Sera del 16 dicembre una mia lettera vecchia di qualche mese, sul "problema" dell'essenza ebraica dello stato di Israele, con un suo lungo commento che, ovviamente, non permette repliche, ma che forse merita qualche precisazione.
Così alla mia lettera - in cui sostenevo che pretendere che Israele rinunci alla sua "essenza ebraica" ha il sapore di negare la particolare storia di oppressione subìta da quel popolo, culminata nello sterminio nazista - il commentatore del Corriere risponde in modo articolato chiedendo "Come è possibile che un tale Stato possa isolarsi e riservare alcuni diritti fondamentali soltanto a coloro che possono dimostrare di appartenere a una stessa stirpe ?"
Domanda interessante, un po' vecchiotta, ma interessante. A cui però non so rispondere. Potrei farlo se solo sapessi quali sono i 'diritti fondamentali' riservati ai soli ebrei. Ma lui non lo dice - forse li ipotizza solamente - e io non li conosco.
Per quanto ne so nella dichiarazione di Indipendenza dello Stato di Israele c'è scritto che sarà uno stato "ebraico" ma che, contemporaneamente, "assicurerà completa uguaglianza di diritti sociali e politici a tutti i suoi abitanti senza distinzioni di religione, razza o sesso". Eccetera....
Israele- Turchia: ripristinata la collaborazione aerea
L' Air force israeliana (IAF) ha ristabilito un meccanismo di coordinamento con la Turchia atto a prevenire fraintendimenti e potenziali scontri nel Mar Mediterraneo. La collaborazione tra le forze aeree dei due Paesi, prima grandi alleati, aveva subito un rallentamento nel 2009, in seguito all'operazione Cast Lead nella Striscia di Gaza.
Un Alto funzionario israeliano ha però dichiarato che un a nuova collaborazione è stata recentemente attivata, come parte degli sforzi turco-israeliani di riallacciare i rapporti. Due settimane fa, rappresentanti dell'esercito turco hanno partecipato ad un briefing militare tenutosi in Israele presso la base di Uvda, concernente le manovre condotte dall'Air Force israeliana in sintonia con quella italiana. Il funzionario ha inoltre riferito che l'IAF ha invitato la Turchia a partecipare all'addestramento internazionale che si terrà nello Stato israeliano nel 2013. L' IAF ha infatti incrementato significativamente la collaborazione in materia con gli altri Paesi negli ultimi anni. "Non c'è nulla che può impedirgli di partecipare" ha affermato il funzionario.
Il silenzio sull'annientamento dei cristiani nei territori palestinesi
di Elleci
Justus Reid Weiner
"I territori contesi in Giudea e Samaria e nella Striscia di Gaza sono stati amministrati dall'Autorità Palestinese e, negli ultimi anni, parzialmente, da Hamas. Sotto questi regimi, la popolazione cristiana è stata vittima di violazioni dei diritti umani, tra i quali intimidazioni, aggressioni, furto di proprietà, attacchi armati contro chiese e altre istituzioni cristiane, disoccupazione, boicottaggio economico, torture, rapimenti, matrimoni forzati, violenze sessuali e ricatti. I musulmani che si sono convertiti al cristianesimo sono i più esposti al pericolo, lasciati senza alcuna difesa di fronte alla crudeltà dei fondamentalisti musulmani. I dirigenti dell'Autorità palestinese e Hamas sono i diretti responsabili di molte di queste violenze".
Questo e' quanto dichiarato da Justus Reid Weiner, avvocato che si occupa di diritti umani a livello internazionale. Ancora: "In quanto Dhimmi, i cristiani che vivono nei territori controllati dai palestinesi subiscono restrizioni legali, politiche, culturali e religiose. Gruppi musulmani come Hamas e Jihad islamica hanno costruito una società basata sull'odio che già era un fondamento della società islamica da sempre. In più, l'Autorità palestinese ha adottato la legge islamica nella propria costituzione. In simili condizioni, gli arabi cristiani sono diventati vittime di pregiudizi e atti criminali. Decine di migliaia di cristiani palestinesi hanno abbandonato le loro case per emigrare, non importa verso quale paese, l'importante era ottenere un visto di ingresso. I dati democratici sono inconfutabili: "A Betlemme, la popolazione cristiana era l'80 per cento nel 1950, Oggi è scesa al 15 per cento. Numeri che vengono tenuti accuratamente nascosti dall'Autorità palestinese. Nell'eventualità diventassero di dominio pubblico, sarebbero obbligati a spiegare il motivo di questo declino". Weiner spiega poi come sia stata la politica di Yasser Arafat a determinare questo calo demografico. "Dopo che ottenne il controllo su Betlemme, vennero ridefiniti i confini municipali della città. Lo stesso Arafat ruppe con la tradizione affidando la carica di governatore a un musulmano. Il municipio di Betlemme, che secondo la legge deve avere una maggioranza cristiana, è caduto nella mani dei musulmani". Otto seggi su quindici del consiglio comunale sono ancora riservati ai cristiani ma è Hamas che controlla il comune grazie all'alleanza con alcuni sedicenti cristiani. "Arafat coronò i suoi sforzi quando trasformò il monastero greco ortodosso accanto alla Chiesa della Natività nella sua residenza ufficiale a Betlemme. I problemi dei cristiani sono gli stessi in tutto il Medio Oriente (n.d.r. in Egitto decine di cristiani sono stati linciati, spesso intere famiglie massacrate per strada in quanto identificate dal crocifisso che pendeva dallo specchietto interno dell'auto). Nella società palestinese, gli arabi cristiani non hanno né voce né protezione. Non stupisce che cerchino di andarsene. A causa dell'emigrazione, che continua ormai da due o tre generazioni, il 70 per cento dei cristiani che vivevano nel West bank o a Gaza, oggi vivono all'estero. Decine di migliaia a Sidney, Berlino, Santiago, Detroit e Toronto. L'emigrazione dei cristiani arabi è moltiplicata nell'ultimo decennio e non accenna a diminuire. Si calcola che a Gaza vivano solo 1.500/3.000 cristiani su una popolazione di un milione e duecentomila musulmani. Forse meno di cinquantamila ne rimangono in tutto a Gerusalemme est, nel West Bank e a Gaza ". Conclude l'esperto: "I crimini contro gli arabi cristiani nei territori contesi sono commessi da musulmani. Eppure molti leader cristiani palestinesi accusano Israele per questi crimini al posto di chi li ha commessi. Patriarchi e arcivescovi di estrazione araba, per interessi personali o a causa di intimidazioni, nascondendo la verità mettono in pericolo la loro gente". I dati numerici, invece, sono questi: "Israele è l'unica eccezione nel Medio Oriente dove la popolazione cristiana sin dal 1948 ha continuato a crescere, più del 400 per cento. Inclusi anche cristiani non arabi, come i russi, che sono arrivati perché erano parte di famiglie miste ebraico-cristiane".
La crisi economica che ha investito il Vecchio Continente si ripercuote anche su Israele. «Nonostante la fase di stabilità geopolitica del nostro Paese, il traffico è diminuito di circa il 27%», informa il direttore generale di El Al per l'Italia Centro Europa & Africa, Yechiel Eyni. «Una flessione che non risparmia i flussi italiani», tamponata con abilità dal vettore israeliano che chiude l'anno «con numeri simili a quelli del 2010».
Detto ciò, El Al manterrà nella stagione invernale 2011/2012 lo stesso operativo dello scorso anno. Ovvero: nove voli settimanali da Roma Fiumicino e 10 da Milano Malpensa. «Contemporaneamente - precisa Eyni - abbiamo rinnovato il sistema tariffario incrementando le classi di prenotazione, rendendo le nuove combinazioni più vantaggiose». Tra le novità, c'è anche l'Advance Purchase, una sorta di prenota prima: acquistando il biglietto con almeno 45 giorni di anticipo per viaggi in bassa stagione, i passeggeri potranno usufruire di tariffe a partire da 260 euro in classe Economica e da 850 euro in Business, inclusi carburante e tasse.
E non finisce qui. In partnership con il ministero del Turismo israeliano, la compagnia di bandiera promuove una campagna per i long weekend a Tel Aviv. «È una città che non dorme mai, dove il sole splende tutto l'anno», sottolinea il dg per l'Italia.
STRATEGIE DI CRESCITA
Per quanto riguarda la flotta, gli aeromobili utilizzati da El Al sono tutti Boeing: B737/800 per il medio raggio e B777 o B747 per il lungo raggio. «Ma in futuro - anticipa Eyni - è prevista l'introduzione dei modelli B737-900 e, con tutta probabilità, dei B787». Uno svecchiamento che servirà anche a rafforzare il dominio del vettore nel Nord Atlantico e nell'Estremo Oriente, dove sta incrementando l'operativo e la capacità intesa come capienza degli aeromobili.
In Europa El Al opera per mantenere stabile lo share di mercato. «Si sta cercando di sviluppare il traffico di nicchia», chiarisce il dg. La compagnia punta a conquistare le fette di mercato legate a particolari attività: dagli eventi sportivi come le maratone all'Opera messa in scena a Masada.
Per Yechiel Eyni, il futuro della compagnia è in mano alle agenzie di viaggi e ai tour operator. «Soprattutto quelli di piccole dimensioni - afferma - che notoriamente non ricevono la giusta considerazione dalla maggior parte dei vettori».
Abu Mazen ossequia una delle più spietate terroriste palestinesi
Abu Mazen e Amanda Muna
Il presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), in visita in Turchia, ha incontrato con tutti gli onori, mercoledì, la terrorista Amana Muna, recentemente scarcerata nel quadro del ricatto palestinese per la liberazione dell'ostaggio Gilad Shalit, ed espulsa in Turchia essendosi rifiutata di stabilirsi nella striscia di Gaza.
Nel gennaio 2001 Amana Muna, con alcuni complici, sequestrò e uccise a sangue freddo il 16enne israeliano Ofir Rahum attirandolo in una trappola con le sue proposte sessuali via internet, un delitto per cui non ha mai mostrato il minimo segno di rincrescimento, cosa che contribuì a trasformarla in una sorta di leader dei detenuti palestinesi.
L'ufficio della presidenza dell'Autorità Palestinese si è limitato a confermare che Abu Mazen ha incontrato "prigionieri palestinesi" sia a Ramallah (Cisgiordania) che all'estero.
L'ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha diramato mercoledì sera un comunicato in cui deplora il fatto che il presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) ha incontrato in Turchia la terrorista Amana Muna: "E' scioccante constatare - si legge nel comunicato - che colui che pretende di essere considerato da tutto il mondo come favorevole alla pace con Israele vada poi fino in Turchia a omaggiare una irriducibile assassina".
(GuysenNews, 22 dicembre 2011 - ripreso da israele.net)
Costretti a mendicare al Ghetto. Madre e figlio schiavi dei vicini
di Rinaldo Frignani
Sei mesi fa avevano inviato due lettere: una alla Comunità ebraica per chiedere la sospensione dell' assistenza domiciliare e l' altra alle Poste per interrompere l' accreditamento automatico della pensione di madre e figlio, entrambi disabili. Missive che riportavano la stessa data. La conferma, secondo la polizia, che due vicini di casa della coppia, un napoletano di 42 anni pregiudicato per truffa e una romana di 50, incensurata, avevano progettato tutto con cura. Dal giugno scorso, come hanno ricostruito gli investigatori del Reparto volanti, che li hanno arrestati ieri nella loro abitazione a Guidonia con l' accusa di riduzione in schiavitù, i due hanno sottratto oltre 25 mila euro a madre e figlio - quest'ultimo con un grave handicap psichico - costringendoli a chiedere l' elemosina in centro per pagare le giocate al Bingo dei loro dirimpettai. Una storia di degrado e disperazione, scoperta dalla polizia grazie alla segnalazione di un assistente sociale della Comunità ebraica che aveva visto le vittime aggirarsi in centro, al Ghetto e a Prati per chiedere soldi ai passanti. In 10 giorni di appostamenti e pedinamenti - durante i quali i due arrestati sono stati anche filmati di nascosto - la polizia ha scoperto che madre e figlio erano finiti in balìa dei vicini di casa che li trattavano come schiavi, facendoli vivere in condizioni vergognose nella loro abitazione. A più riprese erano stati convinti a consegnare ai due truffatori i soldi delle pensioni o ad aprire finanziamenti con la promessa che il denaro sarebbe servito per avere un futuro tranquillo e per acquistare un' auto. La donna, di 64 anni, vedova, e il figlio, di 28, si trovano ora in una comunità protetta. «Hanno ricominciato a vivere e a sorridere - racconta Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica romana -. La Questura ha risolto il caso in pochi giorni: ancora una volta si è dimostrata fondamentale la collaborazione tra la società civile e le forze dell' ordine».
Lisraeliana Teva: 22 miliardi di dollari nel 2012
Il gigante farmaceutico israeliano Teva prevede di incassare 22 miliardi di dollari nel prossimo anno. Le stime della compagnia sono state diffuse ieri dalla dirigenza. Il presidente e amministratore delegato di Teva, Shlomo Yanai, ha commentato: «Siamo stati il leader nel mercato dei medicinali generici negli Stati Uniti negli ultimi dieci anni e ci stiamo impegnando per mantenere questo primato anche in futuro.
Il 2011 è stato un anno duro per i nostri affari negli Usa, ma c'è stata una sinergia migliore del previsto dall'acquisizione di Cephalon». Il riferimento è all'acquisto recente da parte degli israeliani di una casa farmaceutica americana, la Cephalon appunto. Una mossa azzeccata, come dimostrato dai risultati registrati nelle scorse settimane: e guardando al futuro i vertici di Teva si mostrano piuttosto ottimisti, come dimostrano le stime elaborate.
Apple ha speso una cifra enorme per comprare un'azienda israeliana di memorie
Il quotidiano finanziario israeliano Calcalist riporta che Apple avrebbe speso un sacco di soldi per acquisire Anobit, un'azienda specializzata in memorie flash. Ma l'investimento di 400-500 milioni di dollari non è per memorie qualunque: Anobit sostiene che le sue memorie sono più economiche e più veloci. Anobit costruisce memorie NAND che si usano per cose come i flash drive e, soprattutto, per gli SSD come quelli del MacBook Air.
Le memorie flash sono diventate cruciali in qualsiasi gadget Apple produca e venda, compresi gli hard drive che si affermeranno sempre di più in ogni singolo Mac nel futuro prossimo. I chip prodotti da questa azienda, a quanto pare, usano una tecnica di processo del segnale unica che permette una produzione più economica e operazioni più veloci. Se Apple vuole passare alle SSD in tutti i suoi computer, questo sarà un buon vantaggio, per quanto sia costato una bella cifra iniziale. In più, permetterebbe ad Apple di svincolarsi da Samsung, finora il principale fornitore di memorie NAND. E, naturalmente, denunciarla centinaia di volte per centinaia di brevetti.
La comunità ebraica di Trani celebrerà la festa di Chanukkà dell'anno ebraico 5772 che quest'anno cade dalla sera del 21 alla sera del 28 dicembre. Al tramonto di giovedi 22 dicembre anche parte degli ebrei della comunità madre di Napoli saranno alla Sinagoga Scolanova di Trani per accendere i lumi di Chanukkà. Il rabbino capo di Napoli e Italia meridionale Rav Shalom Bahbout presiederà l'accensione dei lumi e terrà una lezione sulla festa.
La festa di Chanukkà (termine ebraico che significa "inaugurazione") è chiamata altresì Chàg Haurim (festa dei lumi) e dura otto giorni. Era l'anno 165 prima dell'era volgare allorquando gli Israeliti guidati da Giuda Maccabeo, figlio del sacerdote Mattatià, affrontarono e sconfissero gli occupanti siriani, entrando a pieno diritto in Gerusalemme. Giuda Maccabeo riconsacrò il Bet Hamikdash (Santuario) abbattendo gli idoli fatti installare dal re Antioco IV Epifane di Siria (sotto il cui governo era caduto Israele) e ripristinando la sovranità della Torà e dei Suoi precetti sul popolo ebraico. Il Talmud racconta che nel Tempio appena riconsacrato fu trovata una piccola ampolla di olio puro con il sigillo del Sommo Sacerdote. L'olio poteva bastare per un solo giorno ma avvenne un grande miracol l'olio bruciò per otto giorni, diffondendo una bellissima luce e dando così la possibilità ai sacerdoti di preparare l'olio nuovo. Fu così che i Maestri proclamarono che il 25 del mese ebraico di Kislèv gli Ebrei celebrassero l'avvenimento del miracolo dell'olio che non si consumò.
Per otto sere viene accesa una fiammella in più sulla Channukkia, un candelabro a 9 braccia (otto fiamme oltre allo shammash, il lume che serve ad accendere gli altri lumi); in tale occasione è d'uso gustare tipici dolci ebraici.
Channukkà è una festa molto sentita e vissuta; persino nel Campo di concentramento di Buchenwald centinaia di deportati, pur isolati dalla vita fuori dai Lager, riuscirono non solo a tenere il giusto conteggio del calendario ebraico ma anche ad accendere le fiammelle della Channukkia bruciando pezzi interi di margarina sul fuoco della lampada a nafta che illuminava la camerata.
La sera del 22 dicembre gli Ebrei di Trani e di Napoli celebreranno la Channukkà accendendo un enorme candelabro forgiato da un fabbro barlettano nella Sinagoga Scolanova.
A prescindere dai suoi significati religiosi, Chanukkà è l'esempio storico della salvaguardia dell'identità e dei valori ebraici, gelosamente custoditi e difesi in ogni epoca dal popolo d'Israele; ma è grazie all'universalità dei propri valori (monoteismo, riposo del Sabato, superiorità di una Legge divina e morale su ogni aspetto della vita quotidiana) che anche chi non è Ebreo ha piacere a partecipare a questa bellissima festa ebraica.
L'Ebraismo è elemento fondamentale della cultura e della storia di Trani; sarà anche per questo che, in base ad una usanza consolidata, le Autorità comunali (invitate la sera del 22 dicembre alla Sinagoga Scolanova) accendono il primo lume della Channukkia (lo shammash) in segno di condivisione di valori inestinguibili come la libertà e la multiculturalità della quale la Festa dell'olio che non si consumò è uno dei simboli più riusciti.
Tutti i quotidiani dedicano oggi una certa attenzione alla lista di personaggi, più o meno in vista, che viene messa in rete da un sito statunitense; Lerner come Costanzo, Pacifici come Adel Smith e don Ezio Segat sono uniti dalla "colpa" di non essere razzisti, nel senso di non essere difensori della razza bianca, e il procuratore torinese Caselli, come osserva la Stampa, si dichiara serenamente dispiaciuto di essere stato dimenticato dagli estensori di questa lista. La nostra polizia cercherà ora di arrivare all'identificazione del PC incriminato, ma come ancora ieri faceva osservare Stefano Gatti, attento ricercatore del CEDEC, la polizia farebbe bene a indagare anche su siti di casa nostra, scatenati contro chi, come il neo-ministro Riccardi, recentemente in visita al campo rom e alla Comunità Ebraica di Torino, viene fatto oggetto di ignobili parole.
Europa dedica un breve articolo alla riunione tenutasi a Montevideo dal Mercosur che, come pochi giorni fa l'Unesco, riconosce ora lo stato di Palestina coi "confini" del '67; il lettore di Europa potrà vedere che Gerusalemme è definita la capitale del nuovo stato, mentre le proteste di Ron Gerstenfeld, ambasciatore di Israele, sono riportate come quelle "dell'ambasciatore di Tel Aviv". Così va il mondo è l'unico commento che mi viene da fare.
Ed infatti Laurent Zecchini, sempre severo con Israele nei suoi articoli ospitati da Le Monde, dedica il suo articolo odierno alle nuove costruzioni decise dal governo Netanyahu a Gerusalemme e in prossimità di Betlemme; di ben noti problemi posti dalla popolazione araba non se ne trova traccia, come al solito, nei suoi articoli, ma, al contrario, il giornalista vede una pericolosa coincidenza tra questa politica di colonizzazione ed i recenti attacchi di alcuni coloni contro Tsahal (tacendo le chiare dichiarazioni di politici, religiosi e militari israeliani).
Sorprende oggi, per una volta in senso positivo, il ben noto Michele Giorgio che, scrivendo per il Mattino, intervista il professore dell'università Bar Ilan Efraim Inbar, e rende pubbliche delle verità che, abitualmente, nasconde ai lettori del manifesto, dove scrive quotidianamente.
Viviana Mazza sul Corriere dedica un articolo alla "ragazza con il reggiseno blu", così come, in modo simile, fanno praticamente tutti i quotidiani; questa giovane egiziana preferisce ora nascondersi in casa e non far trapelare neppure il proprio nome dopo che su you tube è stato postato il video che la vede manganellata e lasciata quasi nuda sull'asfalto dai soldati egiziani. Come ieri un giovane venditore ambulante tunisino che si è dato fuoco, e prima un'altra giovane iraniana uccisa dalla polizia dei mullah iraniani, così è ora questa altra giovane a diventare un'icona della rivolta anti-regimi. Ma è ancora presto per poter capire come finiranno queste tragiche vicende, anche se sembra difficile poter essere ottimisti.
Altro argomento trattato da tutte le testate è la situazione dell'Iraq dopo il definitivo ritiro dei soldati USA; sono appena partiti gli ultimi contingenti e già gli sciiti filo-iraniani dimostrano quella che è la loro vera politica, obbligando il vice-presidente sunnita a fuggire nella regione autonoma del Kurdistan per sfuggire all'arresto. Come scrive Maurizio Molinari su la Stampa, il fuggiasco vice-presidente al Hascemi si chiede di quale democrazia irachena stia parlando Obama (che solo l'altro giorno riceveva il primo ministro sciita dell'Iraq); la realtà è ben diversa da quanto afferma l'amministrazione USA, che ieri neppure riusciva a mettere in contatto il vice-presidente Joe Biden con Maliki, come si legge in un attento editoriale del Foglio.
In un secondo editoriale del Foglio si trovano altre critiche all'amministrazione Obama che, pronta ieri ad abbandonare Mubarak al proprio destino, così sembra fare oggi con Tantawi, visto che cerca accordi coi partiti islamisti.E', questa, un'altra pagina ancora tutta da scoprire, ma della quale sembra facile indovinare il punto di arrivo.
Anche in Tunisia le vicende appaiono poco chiare; ieri il capo di Ennahda, il partito islamico vincitore alle recenti elezioni, ha incontrato il rabbino capo di Tunisi, ed ha invitato subito dopo i 1500 ebrei rimasti (dei 100.000 presenti quaranta anni fa) a non abbandonare il paese. Ne scrivono quasi tutti i giornali, ma, tra tanti, invito a leggere l'editoriale del Foglio che osserva come, al Cairo come a Tunisi, gli islamici, compresi i Fratelli Musulmani e gli stessi salafisti, dichiarano oggi di non voler imporre la sharia. Osserva giustamente l'editorialista del Foglio che sono tutte dichiarazioni da prendere alla leggera, considerando che il loro principale, e dichiarato alleato, è Hamas.
Intanto sul Manifesto Tommaso Di Francesco è critico verso Monti che ha incontrato Jalil, il capo provvisorio della Libia in visita a Roma; tra le tante parole pronunciate da Jalil, osservo che egli ha affermato che la sharia sarà il fondamento della nuova legislazione. Ma intanto una donna libica viene intervistata da Pierre Chiartano per Liberal; ella difende il ruolo di tante giovani donne, piene di coraggio, ma non può non sorprendere quando ricorda una Suma che afferma che il Corano conferma e completa i Vangeli e la Torah, aggiungendo che la vita di Maometto è un esempio di modernità.
Si avvicina natale e James Carrell sull'Herald Tribune firma un articolo pubblicato sotto il titolo "rifugiati in una mangiatoia"; il quotidiano, come sempre molto severo con Israele, fa un parallelo tra quanto avvenne all'epoca dei romani e quanto avviene oggi in Palestina.
Pio Pompa sul Foglio dedica un articolo ad un libro di Dhia Jafar pubblicato purtroppo solo in lingua norvegese: l'autore era l'uomo incaricato da Saddam Hussein per costruire una bomba atomica irachena dopo il bombardamento della centrale irachena effettuato dall'aviazione israeliana, e nel suo libro fa chiaramente cenno alle complicità della Francia e della Russia, ben protette da el Baradei, ieri direttore dell'AIEA (e fin troppo evidente alleato dei peggiori regimi islamici), ed oggi candidato alla presidenza egiziana.
Interessante, infine, è leggere quanto scrive sul Corriere Marco Ventura: torna definitivamente la poligamia in Gran Bretagna? Per ora in tribunale, comunque, ci vanno soltanto gli adepti del paganesimo (che in quella nazione sarebbero ben 40.000), ma anche di questo cedimento dei giorni nostri si dovrà ancora parlare a lungo.
Tunisia - Il nuovo presidente invita gli ebrei a restare nel paese
Una volta eletto, il nuovo presidente tunisino ha esortato gli ebrei a ritornare nel suo paese. Sono dichiarazioni che Moncef Marzouk, citato dall'agenzia di stampa ufficiale, ha fatto nel corso di un incontro con il rabbino capo della Tunisia, Haim Bittan. Oggi in Tunisia vivono circa 1.500 ebrei, principalmente nella città di Djerba, nel sud. E' una comunità in declino dagli anni '60, quando furono registrati più di 100.000 ebrei. Una popolazione costretta all'esodo dopo la Guerra dei Sei Giorni, e che ha trovato rifugio principalmente in due paesi: Francia e Israele. Eppure, se l'invito del presidente Marzouk ha poche probabilità di essere ascoltato, le sue parole sono anzitutto rassicuranti. Una settimana fa già, il movimento islamista tunisino Ennahdha aveva assicurato dopo il suo successo elettorale che i membri della comunità ebraica in Tunisia erano "cittadini a pieno titolo".
(infolive.tv, 21 dicembre 2011 - trad. www.ilvangelo-israele.it)
Il sito Stormfront pubblica una blacklist di ebrei
ROMA, 21 dic - Una lista nera di ebrei italiani è stata pubblicata dal sito Stormfront, che trae spunto dalla 'filosofia' razzista del Ku Klux Klan.
L'elenco cita numerosi personaggi del mondo della cultura, della politica, della magistratura, con il corollario di insulti e minacce antisemite.
Stormfront attacca da anni il 'giudaismo', che secondo le deliranti visioni del sito detiene il potere.
Il gruppo Everyone, dopo aver denunciato l'iniziativa, ha chiesto la chiusura del portale, registrato negli Stati Uniti.
Chiude in Israele la catena di parrucchieri Shuki Zikri
Chiude i battenti la catena di parrucchieri più famosa d'Israele. «Dopo oltre 20 anni siamo costretti ad annunciare che la Shuki Zikri e tutte le sue articolazioni nazionali cesseranno ogni attività». Lo ha dichiarato il fondatore omonimo, Shuki Zikri, il quale ha aggiunto: «Da ora in poi non avremo alcuna responsabilità per l'uso eventuale del brand da parte di terzi».
La fine di un impero commerciale che dall'esterno sembrava solidissimo è stata causata dal fatto che Zikri doveva soldi a degli strozzini, che lo avrebbero minacciato di morte. Per lo meno, è questa la ricostruzione che fornisce la stampa israeliana, mentre il fondatore del marchio si è limitato ad accennare a «difficoltà finanziarie», senza aggiungere ulteriori dettagli. La Shuki Zikri è stata fondata nel 1985 e finora comprendeva negozi, scuole per parrucchieri e dipartimenti di cosmetica, manicure e pedicure.
Israele: 28 milioni di metri cubi acqua per ripristino fiume Giordano
ALUMOT DAM (Israele), 20 dic. - Israele ha promesso di rilasciare oltre 28 milioni di metri cubi d'acqua nel fiume Giordano, per ripristinarne la portata. Israele, Siria e Giordania hanno deviato quasi tutta l'acqua del fiume e, nel ruscello rimasto, rimangono solo scarichi fognari. L'anno scorso, Israele ha iniziato a costruire un complesso da 106 milioni di dollari per rimuovere le acque nere e trattarle per usi agricoli, ma la conseguenza sarebbe il prosciugamento del fiume. In un comunicato, il ministro dell'Ambiente Gilad Erdan ha promesso di avviare la sostituzione delle acque sporche con altre pulite nel 2013: "permetteranno alla vita di tornare nel fiume", ha detto. L'ambientalista Gideon Bromberg sostiene che il quantitativo di acqua promesso sia meno di un decimo di quello necessario per ripristinare il fiume. "È una prima goccia, ma è importante", ha detto Bromberg.
Meis a Ferrara, si accendono le prime luci per Hanukkah
Riconoscimenti nazionali per l'inaugurazione del nuovo museo
L'ex carcere giudiziario di Ferrara destinato a diventare Museo
Nazionale
dell'Ebraismo e della Shoah
Nel pomeriggio di martedì 20 dicembre il rabbino capo di Ferrara Luciano Caro ha benedetto il nuovo Museo Nazionale dell'ebraismo italiano e della Shoah, recitando la formula tradizionale e accendendo la prima delle nove candele della hannukiah che decora l'ingresso della palazzina restaurata. In mezzo alle diverse centinaia di persone accorse per l'inaugurazione, il sindaco Tiziano Tagliani e il presidente della fondazione Meis Riccardo Calimani hanno poi tagliato il nastro all'ingresso, ed è così ufficialmente iniziata "l'impresa Meis". Un progetto definito da Renzo Gattegna, presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane, "un avventura senza precedenti in Italia, che presta concreta attuazione ai principi costituzionali di libertà e uguaglianza per tutti". Un evento di rilevanza nazionale, come testimoniato non solo dagli amministratori locali che hanno riconfermato la propria vicinanza all'iniziativa - oltre al sindaco, la presidente della Provincia Marcella Zappaterra -, ma anche dalle parole di plauso inviate dal Presidente Giorgio Napolitano e lette in pubblico da Calimani.
Terminati gli interventi di rito i visitatori hanno potuto esplorare le stanze rinnovate di quelle che una volta erano le vecchie carceri della città, e dove ora hanno trovato posto tre mostre diverse, ma tutte legate all'idea di principio e di buon augurio. "Versione Beth[a]" narra attraverso i testi la grande e la piccola storia degli ebrei in Italia; "È arrivato l'ambasciatore" ripercorre invece le vicende dei primi giudei giunti a Roma nel 160 a.C.; "Italia di luci" raccoglie i candelabri tradizionali più pregiati e li avvicina agli avveniristici e fantasiosi candelabri inventati dai bambini delle scuole ebraiche. Illustra inoltre la diffusione delle comunità nella penisola attraverso un video suggestivo, ispirato alle fotografie notturne dello stivale realizzate da posizioni satellitari.
"Il Meis non custodisce grandi tesori e non sarà un museo statico - ha sottolineato Calimani -. Proporrà itinerari storici e sarà soprattutto un laboratorio di idee. Presenterà contenuti autentici legati a Ferrara e all'Emilia Romagna, ma allargando il respiro verso l'intera Europa fino a diventare cittadino del mondo".
È stato scelto di aprire al pubblico le sale in questo periodo dell'anno affinché l'inaugurazione coincidesse con la celebrazione dell'Hanukkah, di modo che questa sovrapposizione portasse fortuna al progetto. Esso infatti rimane in divenire: resta da demolire la grande struttura retrostante la palazzina, e da costruire al suo posto i più ampi spazi espositivi previsti. "Contiamo, se tutto va bene, di finire la progettazione entro l'autunno prossimo - ha spiegato la direttrice regionale per i Beni culturali Carla Di Francesco -. Il cantiere vero e proprio dovrebbe quindi avviarsi con il 2013". La fiducia ribadita più volte dagli amministratori è forte, e anche la curatrice delle mostre Raffaella Mortara sembra già riuscire a vedere oltre, "questo è solo un piccolo assaggio di ciò che diventerà: un grande libro in cui tutti ritroveranno un pezzo della propria storia".
L'esercito israeliano ha annunciato Lunedì misure speciali per facilitare il movimento dei cristiani palestinesi della Cisgiordania e della Striscia di Gaza da oggi fino a Gennaio per consentire le celebrazioni. I cristiani della West Bank sarà permesso di visitare Israele fino al 20 Gennaio senza alcuna limitazione di età, l'esercito ha detto in un comunicato. Altre 500 autorizzazioni saranno date ai cristiani nella Striscia di Gaza per entrare in Israele e in Cisgiordania per visitare i familiari e prendere parte a cerimonie religiose nel periodo natalizio. Tuttavia questi saranno disponibili solo per le minori di 16 anni e over 45, ha detto la dichiarazione esercito.
Infine 200 permessi saranno messi a disposizione per i cristiani nei paesi arabi che desiderano visitare la Cisgiordania. L'indennità speciale sarà disponibile per i cattolici romani e ortodossi che celebrano il Natale in date diverse. Ci sono 143.000 cristiani in Israele, secondo i dati ufficiali, che rappresentano poco più del due per cento della popolazione. Sono 57.000 i cristiani nei territori palestinesi, la maggior parte appartenenti alla Chiesa Greco-Ortodossa.
Un saggio di Lois C. Dubin sulla storia ebraica nel XVIII secolo
di Riccardo Calimani
Porto franco della monarchia asburgica e sbocco al mare, rivale economica di Venezia, grande centro europeo nel campo commerciale, navale, e polo delle nuove assicurazioni: Trieste è stata, nel diciottesimo secolo, una città vivace, con ruoli differenti e molto importanti e, in questo ambito, il ruolo della comunità ebraica si è rivelato di vitale importanza e ha contribuito in modo determinante allo sviluppo della città.
Non bisogna dimenticare, inoltre, che la città è stata l'avamposto italiano più meridionale della Mitteleuropa, che si è rivelata una mediatrice del modernismo letterario e della psicoanalisi tra l'Austria e l'Italia, che è stata luogo di soggiorno di James Joyce e patria di Ettore Aronne Schmitz che scelse il nom de plume di Italo Svevo, che è stata oggetto dell'irredentismo politico e anche testimone dello scontro tra le rivalità italo-slave e cerniera in uno schieramento di guerra fredda che ha diviso per anni il mondo in blocchi contrapposti.
Trieste è stata, dalla fine del XVIII secolo fino al crollo dell'Impero austro-ungarico luogo di confine di mondi differenti, latino tedesco e slavo, e per questo punto naturale di transito e di mediazione tra l'Europa centrale, l'Adriatico del sud e i Balcani e il Levante.
In questo centro di cosmopolitismo gli ebrei askenaziti, sefarditi e levantini provenienti da Vienna, Praga, Amburgo, da Corfù e Istanbul hanno vissuto un momento economico e culturale molto particolare, caratterizzato prima dalla approvazione nel 1771 delle Patenti Sovrane dell'imperatrice Maria Teresa e poi dalla politica di tolleranza di suo figlio Giuseppe II negli anni 1781-1782.
Accanto a questi eventi politici ci furono significativi cambiamento culturali con l'irruzione dell'illuminismo all'interno della vita delle comunità e con la inclusione civile della comunità ebraica all'interno dello stato assolutista riformatore austro-ungarico.
Le caratteristiche della Trieste del XVIII secolo, città portuale con una classe commerciale composta da minoranze privilegiate a confronto di uno stato assolutista e riformatore, imbevuto di illuminismo fecondato da una vivace tradizione ebraica sono la base di un ricco crogiolo di straordinario interesse.
Il saggio di Lois C. Dubin, Ebrei di porto nella Trieste asburgica (Libreria Editrice Goriziana), con chiarezza dipana i problemi soggiacenti e ne illustra i nodi più importanti.
Nel 2011 gli israeliani sono stati davanti alla tv più che mai. E' quanto emerge da uno studio del Centro ricerche sull'Audience, che dal 1998 monitora, tra le altre cose, il numero di minuti trascorsi dai cittadini guardando la televisione. In media, nell'anno in corso, ogni israeliano ha passato 232 minuti al giorno di fronte allo schermo televisivo: vale a dire 7 minuti in più rispetto al 2010.
Le statistiche sono state calcolate sulla base di un campione composto da 580 case e 2.100 individui; il numero di televisori presenti in ogni casa è in media 2.16. L'amministratore delegato del centro ricerche sull'Audience, Yifat Ben Hay-Segev, ha commentato: «Questo aumento riflette un rafforzamento della tv, la cui preminenza, tra i mezzi di visione, rimane indiscussa, malgrado al crescita del personal computer». «Questo rafforzamento - ha spiegato ancora Ben Hay-Segev - è stato possibile grazie a tre tendenze parallele. La televisione sta integrando la comunicazione interattiva e sta espandendo le proprie attività online. Nuove tecnologie, tra cui il video on demand, stanno espandendo il "tempo di proiezione"; infine, la forte offerta di contenuti di quest'anno ha incentivato quello che nel sondaggio è indicato come "tempo di visione"».
Nuove strategie di promozione per la sinagoga di Ostia Antica
La Sinagoga di Ostia Antica
È il 1961, nell'Italia in pieno boom economico fervono i lavori per la costruzione della strada che collega Roma all'aeroporto di Fiumicino. Ad Ostia Antica le ruspe portano alla luce le arcaiche vestigia di una sinagoga. L'emozione tra gli storici è palpabile, la portata simbolica della scoperta enorme. Il luogo di culto, edificato verosimilmente ai tempo dell'imperatore Claudio (41-54 d.e.v), risulterà infatti essere la più antica sinagoga mai rinvenuta in Europa.
Per festeggiare il cinquantesimo anniversario del ritrovamento si è svolta oggi nella Sala Conferenze di piazza Montecitorio una intensa tavola rotonda nel corso della quale ci si è confrontati sulle nuove proposte di promozione del sito storico. Al centro del confronto, animato tra gli altri da leader ebraici, rappresentanti istituzionali e addetti del settore, nuove idee e nuove ipotesi di lavoro per la definizione di un percorso culturale europeo integrato con gli altri siti ebraici sponsorizzati a Roma e per la costruzione di un Jewish Center nella località di Ostia.
Roma: maltrattavano e sfruttavano due disabili, in sei mesi sottratti 25mila euro
ROMA, 20 dic. - Erano riusciti a plagiare e terrorizzare una donna di 64 anni e il figlio di 28, disabili psichici, e a sottrarre loro con minacce circa 25mila euro nel giro di sei mesi. I due aguzzini, una donna di 50 anni e un uomo di 42, vicini di casa delle vittime sono stati pero' scoperti e arrestati dagli agenti della questura di Roma. Madre e figlio, entrambi ebrei, beneficiavano dell'assistenza domiciliare fornita dalla comunita' ebraica, sostegno che pero' era stato sospeso su richiesta dei due aguzzini. I due si facevano consegnare la pensione di invalidita', maltrattavano e costringevano le due vittime a mendicare. I soldi cosi' ottenuti venivano poi utilizzati per giocare al bingo.
Le due vittime, sospesa l'assistenza domiciliare, erano finite in una situazione di degrado. Vivevano in un appartamento fatiscente con fili elettrici scoperti ed escrementi sul pavimento. A far scattare le indagini sono state alcune segnalazioni arrivate da commercianti della comunita' ebraica che avevano visto madre e figlio chiedere l'elemosina in diverse occasioni. I due arrestati si erano prima guadagnati la fiducia dei due disabili con gentilezze e inviti a pranzo, poi li avevano raggirati. In particolare la donna era stata convinta che i soldi che consegnava ai due aguzzini venissero versati su un conto corrente intestato al figlio e che servissero per garantirgli un futuro.
"Ringrazio la questura di Roma che in pochi giorni ha risolto questo caso - ha detto il presidente della Comunita' ebraica romana, Riccardo Pacifici - ancora una volta si e' dimostrata fondamentale la collaborazione tra la societa' civile e le forze dell'ordine".
(Libero-news.it, 20 dicembre 2011)
La notizia si presenta un po' strana. Come hanno fatto i due "aguzzini" a convincere la comunità ebraica a sospendere l'assistenza domiciliare a due suoi membri bisognosi? Sarebbe utile che l'opinione pubblica avesse qualche spiegazione in più sull'accaduto. M.C.
Lettera di plauso del Presidente della Repubblica all'inaugurazione del Museo dell'Ebraismo e della Shoah
Anche il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha salutato con soddisfazione l'inaugurazione, avvenuta oggi pomeriggio, del Meis, il Museo Nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah che sorge nell'ex carcere di via Piangipane a Ferrara.
In occasione dell'inaugurazione delle prime sale del Museo, Napolitano ha infatti inviato al presidente della Fondazione Meis, Riccardo Calimani, una lettera di plauso e compiacimento per l'iniziativa: "Il progetto elaborato dalla Fondazione Meis, in corso di attuazione - ha scritto il Presidente della Repubblica - offrirà un importante contributo per la conoscenza della storia dell'ebraismo italiano, come di aspetti significativi della storia del nostro Paese. La bimillenaria presenza ebraica in Italia ha svolto, in epoche diverse, e svolge ancora oggi, un ruolo culturale di rilievo, grazie alla integrazione tra valori spirituali affini".
Israele: primo incontro con il presidente del Sudan del Sud
Salva Kiir
Il presidente del Sudan meridionale Salva Kiir si è recato ad Israele per la prima volta per parlare con il Primo Ministro Benjamin Netanyahu ed altri alti funzionari. "Questa è una visita di lavoro di un solo giorno", ha detto, indicando che Kiir incontrerà anche il presidente Shimon Peres, il ministro della Difesa Ehud Barak e il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman. L'obiettivo sembra sia di mantenere la visita di "basso profilo" su richiesta del Sudan meridionale. Israele ha riconosciuto il Sudan meridionale e ha stabilito piene relazioni diplomatiche con il governo Kiir poco dopo la dichiarazione d'indipendenza del Luglio scorso a seguito di 22 anni di guerra civile con il nord musulmano.
Lo Stato ebraico non ha rapporti con Khartoum, che ha accusato di essere la base per i militanti islamici, e invece ha sostenuto il movimento ribelle della maggioranza cristiana e animista del sud durante la guerra. Israele ha legami con i ribelli popolari del Sudan Liberation Movement che ora è un partito del governo del sud. Oggi gli incontri avrebbero dovuto concentrarsi sulla questione dei rifugiati. Israele è la patria di migliaia di profughi provenienti dall'ex Sudan unito, tra cui centinaia provenienti daò sud. Finora, quest'anno, più di 12.000 immigrati clandestini hanno attraversato il confine egiziano nel sud di Israele.
Affare fatto Apple acquisisce Anobit per 500 milioni di dollari
Apple e Anobit avrebbero già siglato l'accordo di acquisizione che dietro il pagamento di 500milioni di dollari permette a Cupertino di acquisire la società hi-tech israeliana specializzata in tecnologie per le memorie Flash. La notizia è riportata dal sito israeliano Calcalist.
Apple avrebbe già siglato l'accordo di acquisizione di Anobit, società israeliana specializzata in memorie Flash e tecnologie proprietarie in grado di migliorarne notevolmente prestazioni e durata nel tempo. Ricordiamo che l'interesse di Cupertino in Anobit è trapelato grazie a una indiscrezione circolata circa una settimana fa: oggi secondo il sito israeliano Calcalist l'operazione sarebbe già stata conclusa.
In assenza di comunicazioni ufficiali che trattandosi di Apple potrebbero non arrivare mai, la somma pattuita per l'acquisizione trapela dalle voci di corridoio e sarebbe compresa tra i 400 milioni e i 500 milioni di dollari. Un ulteriore dettaglio che sembra confermare ulteriormente l'avvenuta acquisizione è rappresentato da un inequivocabile messaggio postato sul canale Twitter ufficiale del Primo Ministro del Paese, riportato da 9to5Mac: "Benvenuta in Israele Apple con la vostra prima acquisizione. Sono certo che beneficerete dai frutti della conoscenza di Israele".
Ricordiamo che nel novembre del 2010 Intel investì 32 milioni di dollari in Anobit una somma considerevole per una startup allo praticamente sconosciuta. Il basso profilo e l'assenza quasi completa di comunicazioni con l'esterno è comunque una strategia piuttosto praticata dalle società hi-tech impegnate a sviluppare tecnologie proprietarie durante i primi anni di incubazione. Questa soluzione infatti impedisce di allarmare i colossi del settore e riduce il rischio che altre aziende sviluppino soluzioni concorrenti. Secondo le informazioni di allora Anobit era in grado di quituplicare i cicli di scrittura delle memorie SLC, portandoli dai circa 10.000 cicli garantiti per le memorie di allora con oltre 50.000 cicli. Con il completamento dell'acquisizione di Anobit Apple può disporre internamente di tecnologie proprietarie nel campo delle memorie Flash, un settore critico dei componenti IT per computer e dispositivi mobile che ricoprirà una importanza sempre maggiore nei prossimi anni.
Il presidente tunisino Marzouki invita gli ebrei a tornare nel Paese
TUNISI, 19 dic. - Il neoeletto presidente della Tunisia, Moncef Marzouki, ha detto al gran rabbino del Paese, Haim Bittan, che gli ebrei tunisini sono cittadini a tutti gli effetti, invitando quelli emigrati a tornare nel Paese. È quanto riporta l'agenzia stampa di Stato. Al momento in Tunisia c'è una popolazione di circa 1.500 ebrei, ma negli anni '60 erano 100mila. La maggior parte di loro se ne è andata in seguito alla guerra arabo-israeliana del 1967 e a causa delle politiche del governo. Oggi Marzouki, eletto la scorsa settimana, si è anche incontrato con esponenti religiosi cristiane e musulmane.
ALESSANDRIA - Questa sera, alle 21, la Comunità Ebraica di Torino si trasferirà idealmente ad Alessandria per una serata. Martedì 20 corrisponde al 25 del mese ebraico di Kislev: la prima sera della festività ebraica di Chanukkà. D'accordo con la sezione di Alessandria, la Comunità torinese ha deciso di accendere nella Sinagoga di via Milano la prima delle otto candeline per ricordare i fatti miracolosi del 165 a.C.
Si tratta di una cerimonia che celebra il miracolo dell'ampolla d'olio che, al tempo di Giuda Maccabeo, bastò ad assicurare l'accensione del Candelabro per otto giorni.
La serata intende coinvolgere gli iscritti alla Comunità ebraica presenti nell'alessandrino e in altre zone del Piemonte: è infatti previsto un incontro con le Comunità di Casale e di Vercelli.
Si tratta di un'occasione per vivacizzare e vitalizzare un monumento di rilievo ancora in parte da restaurare: testimonianza architettonica pregevole risalente al 1871. L'incontro sarà accompagnato da canti sinagogali della tradizione ebraica.
Nel corso della serata sarà poi definito un calendario di giornate in cui la Sinagoga sarà aperta per visite guidate per le scuole e per la cittadinanza.
All'interno del Tempio ebraico è anche esposta la mostra "Un secolo, due primavere. Gli ebrei piemontesi nella società contemporanea: 1848 - 1948" realizzata dall'Archivio Terracini e curata da Fabio Levi.
Incontro dedicato agli ebrei di Reggio Calabria e Bova
REGGIO CALABRIA - Nel contesto del ciclo di incontri dedicati alla "Storia della Calabria", mercoledì 21 dicembre 2011, alle ore 18:00, il Centro Internazionale Scrittori della Calabria e il Circolo di Cultura Greca "Apodiafazzi", nel Salone della chiesa di San Giorgio al Corso di Reggio Calabria, promuovono l'incontro "Gli ebrei di Reggio e di Bova". Relazionerà il professor Franco Mosino, filelleno. Interverranno il dottor Tito Squillaci, dell'Associazione ellenofona "Jalo tu Vua"; la dottoressa Loreley Rosita Borruto, presidente del Cis della Calabria; il dottor Carmelo Giuseppe Nucera, presidente del circolo di cultura greca "Apodiafazzi". Secondo alcuni storici, gli ebrei giunsero in Calabria all'inizio del Io secolo d. C.. In quegli anni la città di Reggio aveva un importante cantiere navale, attraverso il quale venivano fornite all'imperatore romano le navi per l'invio dei soldati in Oriente. Si presuppone che i primi ebrei sbarcati in Calabria giunsero con le navi dei romani. Nella città di Bova, la presenza degli ebrei è testimoniata dal sito archeologico (la Sinagoga), datata al IVo secolo d. C.. In quel periodo a Bova la comunità ebraica ha svolto un ruolo commerciale importante e ciò è dimostrato dai molti reperti archeologici trovati in tutta l'area del Mediterraneo.
Onu: Relazione dei parlamentari italiani, la questione israelo-palestinese
ROMA, 20 dic - "Il dibattito generale, pur avendo per tema la mediazione come metodo di prevenzione e risoluzione dei conflitti («diplomazia preventiva»), si è politicamente incentrato sulla questione israelo-palestinese ed in particolare sulla richiesta di riconoscimento come Stato membro che l'Autorità palestinese ha presentato al Consiglio di sicurezza nella giornata del 23 settembre, in cui hanno preso la parola, a breve distanza, sia Abu Mazen che il premier israeliano Netanyahu". E' quanto si legge nella relazione della delegazione parlamentare italiana all'Assemblea generale dell'Onu svoltasi a New York dal 21 al 24 settembre scorsi. La delegazione era formata dai senatori Lamberto Dini e Giorgio Tonini e dai deputati Riccardo Migliori e Lapo Pistelli nonché dal senatore Pietro Marcenaro. La relazione è stata comunicata in Commissione alla Camera lo scorso 14 dicembre....
Il Kiryat Ben Gurion, il complesso dei palazzi del governo a Gerusalemme, triplicherà di dimensione. Lo ha deciso la Commissione locale per la pianificazione e la costruzione. I nuovi edifici ospiteranno i ministeri che attualmente si trovano a Tel Aviv, ma che sono in procinto di essere trasferiti. Oggi il complesso comprende la Knesset (il Parlamento), l'ufficio del Primo ministro, i ministeri delle Finanze, degli Esteri e altri ancora, oltre alla Banca d'Israele e alla Corte suprema. Situato nei pressi del campus universitario Givat Ram e del Museo Israele, il Kiryat Ben Gurion è stato costruito a partire dagli Anni '50.
SINAI - Un nuovo attacco, il decimo dall'inizio dell'anno, ha colpito l'Arab Gas Pipeline, il gasdotto che trasporta il gas a Israele, Giordania e Libano. Questo ulteriore assalto evidenzia le difficolta' dell'Egitto nel porre in sicurezza il gasdotto rischiando non solo di ridurre una fonte strategica per le entrate governative ma anche di peggiorare i rapporti con gli stati interessati .
Inaugurazione della 1a porzione del Museo Nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah
FERRARA - 19 dicembre 2011 - Domani, martedì 20 dicembre, alle ore 16.30, a Ferrara inaugura la prima porzione del futuro MEIS, il Museo Nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah: saranno infatti aperte al pubblico le tre sale della Palazzina di via Piangipane, nell'area dell'ex carcere in cui sorgerà il Museo.
L'inaugurazione avverrà in occasione della festività ebraica di Hanukkah, la 'Festa delle Luci', celebrata nel periodo più buio dell'anno - festa che cade nelle vicinanze della festività cristiana del Natale e che partecipa della generale atmosfera di felicità.
Con l'apertura della Palazzina, ristrutturata dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell'Emilia-Romagna e dal Comune di Ferrara, ha ufficialmente inizio la grande avventura del Museo Nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah: è questo infatti il momento fondativo, il primo atto ufficiale di quello che sarà il MEIS.
L'inaugurazione della Palazzina segna il raggiungimento di alcuni obiettivi fondamentali: la tempistica, l'efficienza dell'apparato amministrativo e la capacità di portare avanti con coerenza un progetto non solo architettonico ma anche culturale. Inoltre, al recupero della struttura preesistente si abbina un allestimento interno tecnologicamente avanzato, polifunzionale, in grado di soddisfare le esigenze di un modernissimo luogo di cultura.
Il Meis, di cui la progettazione, la programmazione culturale e la gestione sono affidate alla Fondazione Meis - costituita dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dal Comune di Ferrara, dalla Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea - CDEC e dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (UCEI) -, avrà il compito dunque di raccontare la storia e la cultura dell'ebraismo italiano con mostre, convegni e dibattiti sui temi dell'incontro tra culture e religioni diverse e della pace e della fratellanza tra i popoli.
In occasione dell'inaugurazione, la palazzina ospita sino al 5 febbraio una piccola mostra dal titolo MEIS versione Beth[a]. All'inizio di un percorso lungo 22 secoli, articolata in tre parti, intitolate Versione Beth, E' arrivato l'ambasciatore e Italia di Luci, organizzata e curata da Raffaella M. Mortara, consigliere d'Amministrazione della Fondazione MEIS.
La mostra è un excursus attraverso 22 secoli di storia che testimonia la presenza degli Ebrei in Italia e che prende spunto dal significato e dall'importanza della lettera Beth all'interno dell'alfabeto e più in generale della cultura ebraica.
Versione Beth, con l'esposizione di codici miniati, volumi a stampa e documenti di svariate epoche, ripercorre la storia degli ebrei in Italia, dal XIV secolo ai giorni nostri. Verranno messe in evidenza le tante forme con cui la lettera beth è stata scritta a mano, miniata o stampata. E' arrivato l'ambasciatore gioca su piani differenti: l'esposizione da una parte, attraverso la riproduzione in gigantografia del trattato fra la prima ambasceria di Jehuda ha-Maccabi (Giuda Maccabeo) ed il Senato di Roma, testimonierà quanto lontani nel tempo siano stati i primi contatti tra "ebrei" e "Italia" (161-162 a.e.c.), mentre dall'altra, ripercorrendo le vicende di Jehuda ha-Maccabi, ci ricorderà del grande evento di Hanukkah. In Italia di luci ci sarà la ricostruzione virtuale della nostra penisola e si illumineranno le città, i borghi e i villaggi in cui gli ebrei hanno vissuto nel corso di ventidue secoli. Inoltre saranno esposte le Hannukkiot prestate dalle comunità per la mostra e quelle realizzate dagli alunni e dalle alunne delle varie "scuole".
Contatti di Israele con l'India per l'esportazione di gas
TEL AVIV, 19 dic. - Il ministro delle finanze israeliano, Yuval Steinitz, durante un visita in India avvenuta la scorsa settimana, ha proposto al governo indiano di esportare il gas israeliano nel Paese. Lo ha riportato il "Times of India" sostenendo che le parti si sono impegnate ad esaminare questa possibilita'. Ulteriori sviluppi sono attesi nei primi giorni di gennaio, in occasione della visita del ministro degli Esteri indiano SM Krishna in Israele.
Israele: Immunovative Therapies si accorda con Novo Energies
Immunovative Therapies, società farmaceutica israeliana impegnata a sviluppare un immunizzante contro il cancro, garantisce agli americani di Novo Energies il diritto di vendere negli Stati Uniti tutti i prodotti compresi nel suo portafoglio. In cambio, Novo Energies raccoglierà 10 milioni di dollari per finanziare la sperimentazione dell'immunizzante anti-cancro. Uno scambio di servizi originale, che il mercato ha apprezzato: venerdì 16 dicembre, quando l'accordo è stato reso pubblico, le azioni di Immunovative Therapies hanno guadagnato il 18%.
I termini stipulati dalle due compagnie prevedono che, anche se il round di raccolta fondi non dovesse andare a buon fine, l'azienda statunitense dovrà pagare agli israeliani 150mila dollari al mese, in modo da garantire la copertura delle spese ordinarie. All'ottenimento del via libera per la sperimentazione clinica del farmaco anti-tumorale, Novo Energies è poi tenuta a versare altri 2 milioni di dollari. Se i pagamenti non dovessero arrivare, invece, gli americani perderanno il diritto sulle licenze di commercializzazione dei prodotti israeliani.
In Israele Pil alto ma standard di vita inferiori a quelli USA
«La qualità della vita in Israele è più bassa del 33% rispetto agli Stati Uniti». La valutazione è stata formulata dal governatore della Banca d'Israele, Stanley Fischer, il quale ha parlato oggi durante una conferenza presso l'Università di Gerusalemme. «Da noi - ha spiegato l'economista - i prezzi sono alti e l'impressioni di molti è che il dislivello sociale tra ricchi e poveri stia aumentando.
L'economia è aperta, ma ci sono alcuni settori chiusi: per esempio, è molto difficile trovare formaggio a buon prezzo. Il nostro Pil è alto, ma gli standard di vita sono inferiori a quelli statunitensi». «La sensazione diffusa - ha aggiunto Fischer - è che questa situazione sia il risultato di una concentrazione eccessiva» di potere economico nelle mani di poche famiglie. La situazione israeliana non rappresenta un caso isolato, ha proseguito il numero uno della Banca d'Israele: «I problemi derivati dalla iper-concentrazione della ricchezza che Israele deve affrontare sono gli stessi che si riscontrano in altri Paesi. Ma il fatto che non si tratti di un quadro economico inusuale non significa che sia desiderabile».
Mentre tutto il mondo cristiano si prepara al Natale, gli arabi palestinesi sperano che i cristiani di tutto il mondo si ricordino che "Gesù era un palestinese". Non è proprio nuova la diffusione di questa affermazione, ma la leadership palestinese ogni tanto vi ritorna su. A suo tempo Arafat dichiarava apertamente che Gesù era palestinese, quando apriva le celebrazioni a Betlemme. L'attuale leader dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas è un po' più fine, ma i media sotto il suo controllo sono ancora usati per diffondere questa menzogna. Il Primo Ministro dell'AP Salam Fayyad, considerato dall'Occidente come un leader moderato, suona la stessa musica. Fayyad, quando la settimana scorsa ha acceso le luci della festa dell'albero di Natale nella piazza antistante la Chiesa della Natività a Betlemme, ha detto che "Natale è l'occasione per celebrare l'origine palestinese di Gesù".
Questa menzogna è penetrata fino in fondo nelle teste della società araba della regione.
(israel heute, 19 dicembre 2011 - trad. www.ilvangelo-israele.it)
Israele: criticato il disegno di legge sull'elettricità kasher
Aumentano le critiche in Israele contro il cosiddetto "disegno di legge sull'elettricità kasher". Il provvedimento obbligherebbe la Israel Electric Corporation (IEC), primo fornitore di energia del Paese, ha produrre elettricità rispettando la legge religiosa ebraica (halacha). Il ddl può contare sul sostegno del ministro delle Infrastrutture, Uzi Landau, che si sta dando da fare per farlo approvare, ma non piace a buona parte dell'opinione pubblica.
La contestazione è arrivata anche il rete: una pagina facebook fa appello a chi si oppone al provvedimento, invitando a manifestare il proprio dissenso davanti alla Knesset, il Parlamento di Gerusalemme, mercoledì 21 dicembre, ultimo giorno della festa religiosa di Channukà. Sempre sul web sta girando anche una petizione che ha raccolto 15mila firmatari in appena due giorni, mentre l'organizzazione non governativa Yisrael Hofshit sta organizzando un'azioni dimostrativa che dovrebbe avere luogo davanti all'abitazione del ministro Landau il prossimo venerdì 23 dicembre. Tra i molti aspetti controversi del ddl, i contestatori sottolineano il fatto che, se il provvedimento dovesse essere convertito in legge, il abbinato centrale avrebbe di fatto il potere di sospendere la fornitura di energia elettrica all'intero Paese. Inoltre, i consumatori dovrebbero pagare di tasca propria - e le stime parlano di centinaia di milioni di shekel - i supervisori religiosi, che stazionerebbero negli impianti elettrici per controllarne la coerenza con i dettami della kasherut.
Cartoline d'epoca di una Tel Aviv che sonnecchia tra le stradine del sobborgo di Jaffa, oggi il quartiere degli artisti. Tel Aviv che sogna, balla, si dimena e non trova tregua. Perché in Israele si dice che a Gerusalemme si prega, a Haifa si lavora, a Tel Aviv ci si diverte
di Maddalena De Bernardi
Tel Aviv occhi di falco (quelli della Israeli Air Force) puntati verso il mare che nasconde segreti e scioglie castelli di sabbia. Tel Aviv che sogna, balla, si dimena e non trova tregua. Perché in Israele si dice che a Gerusalemme si prega, a Haifa si lavora, a Tel Aviv ci si diverte.
Fino all'8 gennaio presso il Museo di Roma in Trastevere è possibile visitare la mostra su Tel Aviv Cento Volte Primavera. Fotografie di Tel Aviv dal 1909 ad oggi: cento fotografie e altrettanti ricordi della città, dai tempi in bianco e nero al digitale. La mostra è stata ideata da Roly Kornblit e curata insieme a Francesca Barbi Marinetti, quali hanno spiegato: "La mostra è un racconto della quotidianità epica ed affascinate della città".
La prima immagine dell'esposizione risale al 1909 quando Avraham Soskin scattò una serie di fotografie alle strade, la comunità al lavoro, i primi palazzi. Fino a oggi, con i ritratti di Viviana Tagar e gli scatti dell'esistenza frenetica e coloratissima dei quartieri come Akhuzat Bayit, il primo insediamento israeliano da cui rapidamente si sviluppò quella che negli anni seguenti diventerà Tel Aviv, 'collina di primavera', dal punto di vista eticmologico e, possiamo a buon ragione dirlo, squisitamente paesaggistico.
Tel Aviv nel 1909
Oggi Tel Aviv mostra uno stile di vita incredibilmente occidentale: fortemente contemporanea nell'anima, razionale e brulicante di eventi a qualsiasi ora, la città è un potente centro economico e al tempo stesso un luogo di villeggiatura rinomato, grazie alle spiagge illuminate dal sole, i numerosi locali e i ristoranti con le terrazze in volo nel blu, le tavole da surf da tenere sottobraccio per non lasciarsi sfuggire nessuna onda. Qui tradizione e modernità sembrano raggiungere un singolare connubio, infradito e scarpe di vernice convivono passo dopo passo, mentre quartieri come Jaffa diventano centri sempre più brulicanti, scelti dal popolo dell'arte come rifugio e laboratorio.
Dicono i curatori della mostra: "Una città tollerante, senza uguali nell'intero Mediterraneo, un simbolo di democrazia con il suo cuore contemporaneo; una città che non dorme mai, con ristoranti aperti tutta la notte, e supermercati con orario continuato, per fare acquisti in qualunque orario. Locali e caffè in ogni angolo. A Tel Aviv i contrasti convivono in piena armonia".
L'11 aprile del 1909 un gruppo di sessantasei famiglie arabe di Jaffa furono costrette a lasciare la città: in un'immagine di Soskin rimasta nella storia decine di uomini e donne ebree, vestiti secondo la moda europea dell'epoca, stanno di fronte al mare mentre un sorteggio assegna i terreni dove costruire nuove case. Davanti al mare; il mare, la distesa di sale che separa Israele da un Occidente vicino e tragicamente lontano, il mare che cela commerci, corpi e desideri di un presente migliore mentre il passato si affanna per non scomparire.
Il countdown è partito, ancora poche ore e nell'aria fluttuerà nuovamente inconfondibile il profumo di sufganiot, le frittelle amatissime da grandi e piccini. Domani sera il calore di Chanukkah, la festa delle luci, tornerà infatti ad avvolgere l'Italia ebraica col suo carico di dolciumi, spensieratezza e voglia di stare assieme. Molte saranno le occasioni in cui le comunità ebraiche condivideranno questo momento lieto con tutta la società italiana partecipando ad accensioni di chanukkiot negli spazi comunitari, davanti alle sinagoghe, nelle pubbliche piazze. Un momento particolarmente significativo si avrà a Ferrara dove l'inizio della festa coinciderà con l'inaugurazione della prima porzione del nascente Museo Nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah. Forti emozioni anche a Torino dove sfondo della seconda accensione sarà la Mole Antonelliana, edificio simbolo del capoluogo piemontese inizialmente progettato per essere una sinagoga. A Casale Monferrato, come da tradizione, Chanukkah segna l'ingresso di nuovi magnifici e colorati candelabri nel Museo dei Lumi. Undici gli artisti che per il 2011 si sono cimentati con questa prova e di cui trovate pubblicati in esclusiva i lavori sul numero di Italia Ebraica in distribuzione. L'ebraismo casalese celebrerà anche oltreconfine: l'appuntamento, per la terza sera, è a Gerona in Spagna dove una delegazione comunitaria sarà ricevuta dall'amministrazione cittadina locale. Occasioni di incontro si avranno un po' ovunque nello Stivale: da Genova a Trieste, da Parma a Napoli. A Milano il ritrovo più suggestivo è in piazza San Carlo, nei pressi di piazza del Duomo, mentre a Roma feste, balli e degustazioni animeranno il quartiere ebraico oltre a Piazza Barberini dove protagonisti saranno i rabbini del movimento Lubavitch. A Firenze infine risate di gusto con lo spettacolo Gnora Luna, commedia ghettaiola in salsa fiorentina che da sempre riscuote notevole consenso e partecipazione.
di David Sorani, vicepresidente della Comunità ebraica di Torino
Ma che scherzi ti gioca la storia! Era il 1873 quando, dopo un contenzioso con l'architetto Antonelli che durava già da vari anni, l'Università Israelitica di Torino decise di disfarsi di quell'enorme, esagerato edificio che gli ebrei da poco emancipati avevano voluto come loro Tempio a celebrare la ritrovata libertà, e che però l'ardito sperimentatore immaginava sempre più alto senza portarlo mai a compimento, come una novella torre di Babele che gli crescesse tra le mani. E così, fatti due conti, gli ebrei torinesi abbandonarono alla sua strada l'interminabile progetto, cedendo l'edificio al Comune in cambio dell'area dell'attuale sinagoga. Avevano dato via niente meno che il simbolo di Torino, anche se allora ancora nessuno vedeva la Mole come tale. Ebbene, chi l'avrebbe mai detto? Il prossimo 21 dicembre alle ore 21, seconda sera di Chanukkah, gli ebrei torinesi ritroveranno la Mole sul loro cammino. Per gentile e significativa decisione del Comune, nel quadro delle attività messe a punto assieme al Comitato Interfedi, il concerto del coro ebraico milanese Kol Hakolot programmato per l'occasione si svolgerà proprio nel salone della Mole, oggi come è noto prestigiosa sede del Museo del Cinema. Insomma, riscrivendo la storia al contrario, canti ebraici finiranno per risuonare comunque sotto quell'immensa volta un tempo rifiutata.
Eurofighter il 4o Stormo Grosseto si esercita in Israele
Per dieci giorni impegnati velivoli dell'Aeronautica Militare e della Iaf, Israeli Air Force
di Irene Blundo
Eurofighter 2000 Typhoon
GROSSETO - 18 dicembre 2011 - Addestramento senza sosta né limiti geografici per uomini e donne dell'aeroporto militare maremmano. Gli Eurofighter 2000 Typhoon del 4o Stormo di Grosseto e del 36o Stormo di Gioia del Colle e i Tornado Ecr del 50o Stormo di Piacenza hanno preso parte all'esercitazione Desert Dusk 2011 alla base aerea di Ovda (Israele), nel deserto del Neghev. Per dieci giorni impegnati velivoli dell'Aeronautica Militare e della Iaf, Israeli Air Force. ''Queste esercitazioni - spiega l'AM - permettono agli equipaggi di affinare le procedure e le tecniche per poter prontamente agire in missioni di controllo delle crisi, in un ambito di cooperazione internazionale. La necessità sempre più frequente di operare in scenari multinazionali impone, infatti, la perfetta integrazione di sistemi di Paesi diversi attraverso lo sviluppo di standard procedurali per conseguire la massima efficacia d'azione''.
Piloti e tecnici italiani sono stati coinvolti in un programma di addestramento particolareggiato in collaborazione con la Iaf e che ha compreso, tra l'altro, missioni combinate Comao (Composite Air Operation). Cuore del 4o Stormo "Amedeo d'Aosta" di Grosseto sono il IX Gruppo caccia intercettori e il 20o Gruppo che ospita l'unica scuola italiana per Eurofighter. Il IX è stato impegnato in tante azioni addestrative all'estero, tra le ultime quelle in Islanda e in India, e adesso in Israele. Proteggere lo spazio aereo del centro nord Italia è il compito principale del 4o Stormo che proprio quest'anno ha festeggiato l'ottantennale dalla nascita.
Durante l'esercitazione nel deserto, in cui sono stati usati complessivamente 25 velivoli, gli assetti dell'Aeronautica Militare hanno svolto 100 missioni di volo. Il generale di Divisione aerea Enzo Vecciarelli, che è stato comandante anche a Grosseto, ha spiegato che l'esercitazione Desert Dusk 2011 "si inserisce nel più ampio contesto delle attività di cooperazione internazionale della Difesa che coinvolgono in modo multilaterale o bilaterale Paesi appartenenti alla Nato e Paesi amici con i quali esistono legami attraverso accordi istituzionali di collaborazione. L'esercitazione Desert Dusk 2011 costituisce un'ottima opportunità addestrativa perché condotta con un Paese che vanta eccellenze nel campo della Difesa".
Scandaloso e mendace documento segreto inglese contro Israele
di Miriam Bolaffi
Lo hanno fatto in segreto perché il fatto è di una gravità inaudita che merita un attenta analisi da parte del Governo israeliano ed una adeguata ed efficace risposta. Secondo quanto si è appreso da diverse fonti diplomatiche europee in Israele, la Gran Bretagna avrebbe presentato all'Unione Europea un documento (al momento ancora segreto) nel quale avanza alcune proposte volte a costringere il Governo Israeliano a cambiare il suo atteggiamento verso la minoranza araba.
Il documento segreto elaborato dai diplomatici britannici descrive una situazione del tutto fuorviante e lontanissima dalla realtà che non solo offende la democrazia israeliana ma è anche una inedita e clamorosa interferenza nella politica interna di uno Stato sovrano che oltretutto non fa nemmeno parte dell'Unione Europea.
Nel documento, il cui contenuto è stato riferito da alcuni diplomatici europei che intendono mantenere l'anonimato, si afferma (mentendo) che i cittadini arabo-israeliani sarebbero "fortemente discriminati" in diversi settori della società civile israeliana e in particolare si fa riferimento al fatto che Israele vorrebbe introdurre per legge la definizione di "Stato Ebraico", fatto questo a cui l'Unione Europea (non si sa bene a che titolo) dovrebbe opporsi con tutto il suo peso. Non solo, nello stesso documento si afferma che tutte le colpe dei mancati progressi nelle trattative con i palestinesi sono da attribuirsi a Israele. Per questo motivo, conclude il documento (27 pagine di delirio), l'Unione Europea dovrebbe mettere in campo tutte le risorse per fare in modo di "costringere" Israele a non fare leggi che siano discriminatorie per gli arabi.
Prima di tutto va detto che non è assolutamente vero che i cittadini arabo-israeliani siano discriminati in Israele tanto che hanno persino una rappresentanza alla Knesset. E poi il fatto che Israele voglia per legge definirsi una "Stato Ebraico" non solo è assolutamente legittimo, ma non ci risulta che qualcuno abbia protestato per le definizioni di "Repubblica islamica" o "Regno islamico" usati da diversi Stati arabi o musulmani. Non solo, non ci risulta nemmeno che qualcuno (tantomeno la Gran Bretagna) abbia mai chiesto all'Unione Europea di protestare contro le discriminazioni verso i cristiani fatte in Arabia Saudita e in molti altri Stati islamici nel mondo.
E' chiaro quindi che siamo di fronte all'ennesimo attacco indiscriminato portato contro Israele da parte di diplomatici britannici che, in perfetta sintonia con la rappresentate della politica estera europea, la baronessa inglese Catherine Ashton, cercano in tutti i modi di mettere in difficoltà lo Stato Ebraico e favorire gli arabi.
E' altrettanto chiaro che Israele non può e non deve sottostare a questi assurdi e ingiustificabili attacchi che oltre ad essere una palese interferenza nella politica interna di uno Stato sovrano e democratico, prefigurano una chiara politica ostile nei confronti della democrazia israeliana in quanto si tenta attraverso palesi menzogne di screditare lo Stato di Israele di fronte all'Unione Europea e al consesso internazionale.
Contrariamente a quanto sostiene la vulgata politicamente corretta, gli Arabi Palestinesi non si sono mai insediati nella regione ad Ovest del Giordano da tempi immemorabili; non è mai esistito uno stato Palestinese, nessun popolo Palestinese è stato derubato della sua terra e non c'è alcuna plausibile ragione a sostegno della "pretesa al ritorno" dei Palestinesi.
La maggior parte degli Arabi palestinesi sono i discendenti degli immigrati musulmani del periodo 1845-1947 da Sudan, Egitto, Libano, Siria, come pure da Iraq, Arabia Saudita, Bahrain, Yemen, Libia, Marocco, Bosnia, regione Caucasica, Turkmenistan, Kurdistan, India, Afghanistan e Baluchistan.
I lavoratori Arabi immigrati [in Palestina], erano stati fatti arrivare dall'Impero Ottomano e poi dal Mandato Britannico (dopo la sconfitta Ottomana del 1917) per lavorare in progetti di infrastrutture: il Porto di Haifa, le ferrovie Haifa-Qantara, Haifa-Edrei, Haifa-Nablus e Gerusalemme-Jaffa, installazioni militari, strade, cave, bonifiche di paludi, ecc. Anche lavoratori Arabi, immigrati illegalmente, erano attratti dal relativo boom economico stimolato dall'immigrazione Ebraica.
Secondo un rapporto del 1937 della Commissione Peel (Palestine Betrayed, Prof. Efraim Karsh, Yale University Press, 2010, p. 12), "L'aumento della popolazione Araba è più evidente nelle zone urbane, interessate dallo sviluppo Ebraico. Un confronto fra i risultati dei censimenti del 1922 e del 1931 mostra che, sei anni fa [cioè nel 1931, N.d.T.], l'incremento percentuale fu 86 ad Haifa, 62 a Giaffa e 37 a Gerusalemme, mentre nelle città puramente Arabe come Nablus e Hebron l'incremento fu solo del 7% e a Gaza si registrò una diminuzione del 2%."
Come risultato dell'ingente immigrazione Araba del periodo 1880-1947 - e nonostante l'emigrazione Araba legata al caos domestico e alla violenza inter-Araba - la popolazione Araba di Giaffa, Haifa e Ramla crebbe rispettivamente di 17, 12 e 5 volte.
La conquista da parte dell'Egitto di Mohammed Ali (1831-1840), fu consolidata con l'afflusso di una massa di immigrati Egiziani che si insediarono nelle zone disabitate tra Gaza e Tul-Karem su fino alla Valle di Hula. Questi migranti seguirono le orme di migliaia di disertori e renitenti alla leva Egiziani che fuggirono dall'Egitto prima del 1831 e che si stabilirono ad Acri. Il viaggiatore Britannico, H.B. Tristram, nel suo libro del 1865, "La terra di Israele: un diario di viaggio in Palestina" (p. 495), identificò immigrati Egiziani nella Valle di Beit-Shean, ad Acri, Hadera, Netanya e Jaffa.
Il "British Palestine Exploration Fund" ha documentato la proliferazione di sobborghi Egiziani nella regione di Giaffa: Saknet el-Mussariya, Abu Kebir, Abu Derwish, Sumeil, Sheikh Muwanis, Salame', Fejja, ecc. Nel 1917 gli Arabi di Giaffa rappresentavano per lo meno 25 diverse nazionalità, includendo Persiani, Afghani e Baluchi. Centinaia di famiglie Egiziane si insediarono ad Ara' Arara', Kafer Qassem, Taiyiba e Qalansawa. Molti degli Arabi che fuggirono nel 1948 si ricongiunsero alle loro famiglie in Egitto e in altri paesi vicini.
"Da 30,000 a 36,000 migranti Siriani (gli Hurani) sono entrati in Palestina soltanto negli ultimi pochi mesi" pubblicava il quotidiano "La Siria" il 12 Agosto 1934. Az-ed-Din el-Qassam, il modello del terrorismo di Hamas, che terrorizzò gli Ebrei nel Mandato Britannico di Palestina era Siriano, così come erano Siriani Said el-A'az, uno dei leader dei pogrom anti Ebraici del 1936-38 e Kaukji, il comandante in capo dei mercenari Arabi che terrorizzarono gli Ebrei negli anni '30 e '40.
I migranti della Libia si stabilirono a Gedera, a Sud di Tel Aviv. I rifugiati Algerini (i Mugrabi) fuggiti a seguito della conquista Francese del 1830, si stabilirono a Safed (insieme a Beduini Siriani e Giordani), a Tiberiade e in altre parti della Galilea. I rifugiati Circassi, in fuga dall'oppressione Russa (1878) e i musulmani di Bosnia, Turkmenistan, e Yemen (1908) modificarono la demografia Araba ad Ovest del fiume Giordano.
Mark Twain ha scritto nel suo "Innocents Abroad" (American Publishing Company, 1969): "Tra tutte le terre con un paesaggio lugubre, la Palestina dovrebbe essere la prima La Palestina è una landa brutta e desolata." Analizzando il libro di Mark Twain, John Haynes Holmes, il prete pacifista Unitariano, co-fondatore del "American Civil Liberties Union" e autore di Palestine Today and Tomorrow - a Gentile's Survey of Zionism (McMillan, 1929) ha scritto: "Questo è il paese in cui gli Ebrei sono tornati per ricostruire la loro antica patria Su tutta la superficie della terra non c'è una casa per gli Ebrei, salvo che tra i monti e i pozzi di questo antico regno In qualunque altro posto gli Ebrei sono in esilio Ma la Palestina è sua Raschia la Palestina e troverai Israele Non c'è un punto che non sia marchiato con l'impronta di qualche antico Ebreo Non una strada, non una sorgente, non una momtagna, non un villaggio che non risvegli il nome di un grande Re Ebreo o che risuoni della voce di qualche grande profeta Ebreo L'Ebreo in Palestina ha uno scopo più alto e più nobile che il mero scopo economico Questa missione è ripristinare Sion; e Sion è la Palestina."
Il tentativo Arabo di conquistarsi una supremazia morale e di delegittimare lo Stato Ebraico - con una immorale ri-invenzione della storia e la creazione di una falsa identità - è stato messo a nudo da Arieh Avneri nel suo "The Claim of Dispossession" (Herzl Press, 1982) e da Joan Peters nel suo "From Time Immemorial" (Harper & Row, 1986), che forniscono molti più dati e molte più prove di quelli sopra citati.
traduzione di Paolo V. Mantellini
(Lisistrata.com, 17 dicembre 2011 - da Informazione Corretta)
Lettera inviata al Corriere della Sera in risposta a Sergio Romano
Signor Romano,
nella risposta da lei data al Sig. Della Pergola , lei scrive: "Lo «Stato ebraico» è quello in cui soltanto un ebreo può essere compiutamente cittadino...rimango convinto che uno Stato etnico-religioso sia in stridente controtendenza rispetto a quello Stato costituzionale dei cittadini che è il traguardo ideale delle maggiori democrazie occidentali".
Signor Romano, se lei va a rileggersi il discorso pronunciato da Ben Gurion il giorno della nascita dello Stato di Israele, troverà le seguenti parole: "Il 29 novembre 1947, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottò una risoluzione che esigeva la fondazione di uno Stato ebraico in Eretz Israel...Questo diritto riafferma il diritto naturale del popolo ebraico a essere, come tutti gli altri popoli, indipendente nel proprio Stato sovrano...Quindi noi, membri del Consiglio del Popolo, rappresentanti della Comunità Ebraica in Eretz Israel e del Movimento Sionista, siamo qui riuniti nel giorno della fine del Mandato Britannico su Eretz Israel e, in virtù del nostro diritto naturale e storico e della risoluzione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dichiariamo la fondazione di uno Stato ebraico in Eretz Israel, che avrà il nome di Stato d'Israele."
Lei si preoccupa "che l'instaurazione d'uno Stato ebraico, di cui oggi il governo Netanyahu chiede il riconoscimento ai suoi vicini arabi, avrà l'effetto di aumentare il potere dei gruppi ortodossi nella società israeliana". Signor Romano, la invito a documentarsi meglio; non è Netanyahu a chiedere il riconoscimento d'uno stato ebraico, ma è stato 63 anni orsono Ben Gurion, il quale aggiungeva quella che è sempre stata la caratteristica di Israele, unica in Medio Oriente: "Lo Stato d'Israele sarà aperto per l'immigrazione ebraica e per la riunione degli esuli, incrementerà lo sviluppo del paese per il bene di tutti i suoi abitanti, sarà fondato sulla libertà, sulla giustizia e sulla pace, come predetto dai profeti d'Israele, assicurerà completa uguaglianza di diritti sociali e politici a tutti i suoi abitanti senza distinzione di religione, razza o sesso, garantirà libertà di religione, di coscienza, di lingua, di istruzione e di cultura, preserverà i luoghi santi di tutte le religioni e sarà fedele ai principi della Carta delle Nazioni Unite". Pertanto i timori da lei paventati quando si chiede come sia possibile "che un tale Stato possa isolarsi e riservare alcuni diritti fondamentali soltanto a coloro che possono dimostrare di appartenere a una stessa stirpe, che cosa accadrà degli arabi musulmani e cristiani che sono già suoi cittadini" ricevono la miglior risposta proprio da David Ben Gurion.
Ne consegue che la conclusione della risposta da lei data al Signor Della Pergola: "So che esiste un forte ebraismo liberale deciso a difendere la laicità dello Stato. Ma se Israele fosse «Stato ebraico», la loro battaglia sarebbe più difficile", si dimostra, come succede regolarmente quando lei parla dello Stato di Israele, clamorosamente falsa.
Saluti
Israele: accordo IEC con giacimento Tamar da 8 miliardi di dollari
La Israel Electric Corporation (IEC) firma un accordo da 8 miliardi di dollari con le compagnie petrolifere che detengono i diritti di sfruttamento del giacimento israeliano offshore Tamar. La principale azienda elettrica del Paese chiude così una trattativa durata circa due anni, e che aveva suscitato negli ultimi tempi anche pressioni da parte del ministro delle Infrastrutture, Uzi Landau.
«Questa saga è senza fine, l'economia israeliana non può restare sospesa così a lungo», aveva dichiarato il ministro. Le maggiori compagnie petrolifere che forniranno gas naturale a IEC sono l'israeliana Delek e la texana Noble Energy; il contratto vale per 15 anni. Le condizioni economiche stipulate - che secondo indiscrezioni non confermate si aggirano oggi attorno agli 8 miliardi di dollari - verranno riviste a metà del 2013, quando il carburante di Tamar arriverà sul mercato.
Nella prima metà dell'anno arrivati 1,6 milioni visitatori
GERUSALEMME, 16 dic - Novantamila turisti, un terzo dei quali pellegrini cristiani, sono attesi in Israele in occasione delle festivita' natalizie. Lo rende noto il Ministero israeliano del turismo secondo cui nella prima meta' del 2011 sono arrivati in Israele 1,6 milioni visitatori, il 60 per cento dei quali cristiani. Secondo il ministero, entro la fine del 2011 saranno stati un milione circa i pellegrini cristiani giunti quest'anno in Israele.
GERUSALEMME - In un messaggio video il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu ha augurato ai cristiani nel Paese e in tutto il mondo un felice Natale. Ha espresso il suo orgoglio per i cristiani e ha esortato coloro che sono interessati a visitare i luoghi dove ha vissuto Gesù.
"Israele è fiera della sua comunità cristiana forte e crescente", ha detto Netanyahu nel suo messaggio natalizio. "Siamo orgogliosi del profondo e appassionato supporto da parte di tanti amici cristiani in tutto il mondo".
In tempi di grande incertezza e instabilità in Medio Oriente, Israele resta "un faro per la libertà religiosa e il pluralismo", ha aggiunto il primo ministro israeliano. "In una regione dove i cristiani sono continuamente perseguitati e dove c'è poca tolleranza per le credenze altrui. Israele custodisce i luoghi sacri delle grandi religioni e garantisce il diritto di libero esercizio della religione per tutti".
Nel video Netanyahu ha anche lanciato un invito ai cristiani a visitare Israele, dove potrebbero conoscere i luoghi "in cui Gesù ha vissuto e predicato il messaggio di pace universale, un messaggio che si è diffuso in tutto il mondo".
(israelnetz.com, 16 dicembre 2011 - trad. www.ilvangelo-israele.it)
Una consolidata tradizione della politica mediorientale è quella di attribuire a Israele, ai "sionisti" e agli "ebrei" la colpa di tutti i problemi che affliggono il mondo arabo e musulmano. Gli "ebrei" sono stati a lungo utilizzati da regimi ostili come utile diversivo per distogliere l'attenzione dalla miseria in cui versano le loro popolazioni e dalle sue cause. Molti speravano che la "primavera araba" segnasse la fine di questa tradizione razzista e autolesionista, giacché all'inizio delle manifestazioni di protesta anti-regime nei paesi arabi Israele non veniva quasi neanche menzionato come causa dei problemi di quelle società. Per una volta, il dito veniva correttamente puntato contro i loro regimi dittatoriali.
Purtroppo, però, come ha recentemente osservato il giornalista americano Jeffrey Goldberg (Bloomberg News, 28.11.11), oggi appare chiaramente che in tutti i paesi liberati dai dittatori arabi, "gli ebrei" sono tornati ad essere il capro espiatorio regionale....
I padroni di casa escono dalla competizione a testa alta battendo il Legia Varsavia grazie alle reti di Toama e Yadin all'ultima giornata.
L'Hapoel Tel-Aviv FC salva l'onore congedandosi dalla UEFA Europa League con un successo per 2-0 nel Gruppo C contro il Legia Warszawa, malgrado l'inferiorità numerica.
Nonostante l'assenza in panchina del tecnico Dror Kashtan per motivi familiari, i padroni di casa si impongono grazie alle reti di Salim Toama e Avihay Yadin. Il successo non serve tuttavia all'Hapoel per accedere ai sedicesimi. L'espulsione di Gal Shish, poco dopo l'ora di gioco, non compromette il risultato finale.
Senza nulla in palio, il Legia lascia l'iniziativa ai padroni casa, salvo sfiorare il gol al 15' su azione di contropiede: intervento provvidenziale di Édel Apoula che nega a Miroslav Radovi? il quinto gol nella fase a gironi. Tocca quindi a Toto Tamuz andare vicino al gol: Wojciech Skaba si allunga per deviare.
Toama sale in cattedra al 33' e trasforma una punizione che lascia immbobile Skaba. L'1-0 all'intervallo è quasi un buon risultato per il Legia, che rischia ancora sulla conclusione di Yadin, di poco alta, e su un altro calcio piazzato di Toama.
L'Hapoel è meno incisivo nella ripresa e la doppia ammonizione a Shish gioca a sfavore dei locali. Il Legia prova allora a riequilibrare il punteggio con il neo entrato Rafa? Wolski, ma Radovi? sventa il pericolo. E' quindi l'Hapoel a firmare il 2-0 in contropiede: Yadin riceve palla al limite dell'area e insacca sotto la traversa con una conclusione a giro.
Apple aprirà un centro di Ricerca & Sviluppo sui semiconduttori in Israele?
di Gabriele Contilli
Della presunta acquisizione di Anobit ve ne abbiamo già parlato: Cook e soci starebbero pensando di acquistare (o forse lo hanno già fatto in sordina, come accade sempre in questi casi) una compagnia israeliana specializzata nella realizzazione di memorie flash con una nuova tecnologia (proprietaria) che aumenterebbe durata e prestazioni, diminuendo i costi e i tempi di produzione.
Trattasi di rumors, per carità, ma il Globes, sito israeliano di informazione, ha pubblicato qualche dettaglio in più sul rapporto tra Apple e il territorio di Israele, spifferando che l'azienda di Cupertino sia addirittura interessata ad aprire un centro di ricerca e sviluppo proprio in quell'area.
Sarebbe il primo caso in cui un intero reparto viene collocato al di fuori di Cupertino, chissà cosa ne penserebbe Jobs?
Secondo il Globes:
"Alcune fonti ci hanno informato che Apple Inc. ha deciso di aprire un centro di sviluppo in Israele, focalizzato sui semiconduttori. La decisione era stata presa già prima di entrare in trattative per l'acquisizione di Anobit Ltd, produttore di memorie flash. Apple avrebbe assunto Aharon Aharon, un veterano nel mondo tecnologico israeliano, per metterlo alla guida di questo nuovo centro."
Aharon Aharon avrebbe l'esperienza necessaria per gestire un posto del genere, grazie al suo background maturato con Camero Tech Ltd (che si occupava di produrre sistemi tomografici basati su Radio Frequenze), di cui era presidente. Tra l'altro, ora il suo nome non compare più tra i membri del management.
Il Globes sottolinea anche che Aharon si trasferirà per diverso tempo negli uffici di Apple e che farà ritorno in Israele per realizzato questo centro di ricerca sia che la trattativa con Anobit vada a buon fine o meno.
Vi ricordo che, comunque, si tratta ancora di rumors, e finché non vedremo Cook gongolarsi per il nuovo centro di ricerca o per le nuove memorie flash di Anobit, non abbiamo altro che speculazioni difficilmente verificabili.
Israele: nasce il comitato interministeriale per gli istituti di credito
Il governatore della Banca d'Israele, Stanley Fisher, e il ministro della Finanze israeliano, Yuval Steinitz, istituiscono un comitato interministeriale per valutare la competitività degli istituti di credito dello Stato ebraico. L'azione del comitato sarà guidato dal Supervisore delle Banche, David Zaken, chiamato a coordinare una squadra composta da membri del ministero delle Finanze, della Banca d'Israele, del ministero della Giustizia, del Consiglio Nazionale dell'Economia e dell'Antitrust.
Il comitato analizzerà il settore bancario e formulerà raccomandazioni per migliorare la competitività dell'industria bancaria, oltre che nei settori della distribuzione e dei piccoli business. Le conclusioni degli esperti saranno presentate entro 120 giorni.
Il Governo Israeliano sceglie EMC Documentum come piattaforma standard di Enterprise Content Management (ECM) per tutti i suoi Ministeri ed uffici
Assieme al partner locale NessPRO (divisione di Ness Technologies che si occupa di distribuzione software), EMC si è aggiudicata la gara indetta dal Ministero delle Finanze e dal'Ufficio Acquisti Centrale del Governo, per un progetto altamente strategico a livello nazionale.
EMC Documentum rappresenta la base della strategia di lungo termine del governo tesa a creare un'infrastruttura unificata in grado di rispondere alle diverse necessità di archiviazione e document management dei vari Ministeri.
EMC Documentum verrà installato sia on-premise sia in modalità cloud, in modo che ogni Ministero possa accedere ai servizi desiderati con la massima garanzia di integrità e sicurezza dei dati. Il sistema verrà utilizzato per unificare, semplificare e accelerare le attività quotidiane di gestione delle informazioni interne ed esterne, per rendere più veloci i task operativi e per automatizzare i flussi di lavoro generali.
"Questa gara rappresenta un momento fondamentale per il settore IT israeliano. Abbiamo scelto una tecnologia avanzata, supportata da un solido vendor e da un partner di rilievo, che hanno mostrato competenze, determinazione e commitment", ha spiegato Tal Haramati, Senior Deputy della Ragioneria Generale di Israele. "Si tratta di un progetto realmente senza precedenti, perché il sistema verrà installato sull'intera infrastruttura del Governo e farà ampio uso di servizi cloud, oltre al fatto che servirà migliaia di utenti governativi."
Strage di senegalesi - Il Rabbino di Roma: la paura del diverso nei periodi di crisi
FIRENZE - "Siamo continuamente sul filo del rasoio, non ci vuole nulla perche' si passi all'intolleranza e alla violenza". Ad affermarlo è Riccardo Di Segni, rabbino capo della comunita' ebraica di Roma, commentando la strage di Firenze, nella quale sono stati uccisi due senegalesi da un simpatizzante di destra poi suicidatosi, intervistato dal Messaggero. "E' tutto esasperato dal momento che stiamo vivendo - spiega Di Segni -. La gravissima crisi del benessere a cui eravamo abituati, l'allargamento delle fasce di poverta', l'incertezza sul futuro, istigano alla violenza, a cercare le vie piu' corte. Nei momenti di precarieta' il rapporto con l'altro e' sempre piu' a rischio, si sfoga la rabbia, si cerca un colpevole, in una guerra dei poveri contro i piu' disgraziati". Per il capo della comunità ebraica di Roma è necessaria "una riflessione seria da parte delle istituzioni e del mondo giuridico su come contrastare questa malattia della societa'. Noi siamo i piu' colpiti e quindi in prima fila ma il problema del razzismo e dell'intolleranza non riguarda solo gli ebrei".
Allarme sul treno Roma-Fiumicino: ebreo ortodosso scambiato per terrorista
ROMA - Allarme questa mattina a bordo del treno Roma-Fiumicino: agenti della Polfer, unità cinofile antiesplosivi erano pronti a intervenire alla stazione del Leonardo Express di Fiumicino, avvertiti dal capotreno che aveva parlato della presenza di un uomo a bordo del treno con una scatoletta legata sulla fronte da cui fuoriuscivano alcuni fili.
In realtà si trattava di un ebreo ortodosso in partenza per Tel Aviv che stava recitando la preghiera del mattino indossando i tefilin o filatteri, particolari scatolette di pelle munite di lacci che contengono alcune pergamene con brani della Torah.
Dopo aver fatto scendere tutti i passeggeri ed aver reso inaccessibile il binario, gli agenti hanno controllato l'uomo. Una volta verificato che ciò che indossava serviva per un rito religioso, il giovane ha potuto proseguire il viaggio verso Israele.
Hezbollah e il narcotraffico sudamericano, un'alleanza insospettabile ma che (stando ad indagini condotte negli Stati Uniti) sembrerebbe comprovata dai fatti. La crisi mediorientale che di fatto ha chiuso i rubinetti ai due tradizionali finanziatori del gruppo guidato da Nasrallah, ha costretto i miliziani sciiti libanesi a guardare altrove, a mercati più redditizi. Già un anno fa il presidente Obama aveva accusato la Lebanese Canadian Bank di riciclare denaro per un circuito dedito allo spaccio di cocaina a livello mondiale. Ora che la banca in questione è stata venduta alla Società Generale de Banque au Liban, si è scoperto molto di più, a cominciare dal complesso sistema che l'organizzazione sciita usa per finanziarsi. Il quadro che emerge è degno di una spy-story, venendo delineato un intreccio che permetteva a Hezbollah di aggirare le sanzioni internazionali grazie a legami con alcuni tra i più grandi cartelli di narcotrafficanti al mondo e in particolare con Ayman Joumaa, arrestato in Virginia per traffico di stupefacenti e considerato da un funzionario della Drug enforcement administration "uno dei più importanti trafficanti di droga al mondo".
Secondo le indagini condotte negli Stati Uniti, il riciclaggio di denaro era diventato una delle attività principali della Lebanese Canadian Bank: si parla di centinaia di milioni di dollari fatti girare tra diversi conti intestati a ricchi manager con residenza non libanese. Un sistema ingegnoso che ha consentito a Hezbollah di nascondere ad occhi indiscreti il proprio status finanziario e, soprattutto, il suo coinvolgimento in affari tutt'altro che trasparenti. Si è scoperto, quindi, che l'organizzazione guidata da Nasrallah non vive solo grazie ai sostentamenti provenienti da Teheran e da Damasco (200 milioni di dollari l'anno versati dai due regimi sciiti direttamente nelle casse di Hezbollah), ma che il circuito messo in piedi in questi ultimi anni è stato fondamentale per tenere in vita l'organizzazione filo-iraniana. Sostanzialmente, i proventi della vendita di cocaina venivano riciclati attraverso il cambio valuta dalla Lebanese Canadian Bank, per poi essere utilizzati per acquistare armi destinate ai miliziani sciiti.
Ebrei nel Salento, per Arci Lecce una "Scomparsa Silenziosa"
LECCE - Dopo un lavoro di nove mesi, Arci Lecce mette in mostra "Una Scomparsa Silenziosa" per appurare che nel Salento le comunità ebraiche erano numerose sino agli editti del XVI secolo. Infatti, prendendo spunto dalla presenza in diversi paesi della provincia di vie con toponimi particolari, l'associazione crea un progetto che sarà presentato in mostra dal 19 dicembre al 9 gennaio nell'atrio di Palazzo Adorno.
Per dare il via al progetto finanziato dalla Regione Puglia, assessorato al mediterraneo, cultura e turismo, quattordici pannelli sono stati messi in mostra da Arci Lecce. L'associazione ha conseguito indagini su alcune zone particolari del nostro territorio salentino. Luoghi con toponimi associati agli Ebrei, come via della Giudea, della Giuditta, della Giudecca, della Sinagoga ed è risultato possibile che la nostra provincia, cinque secoli fa fosse punto di approdo di tante comunità e vi fossero numerosissimi insediamenti ebraici, che con loro portavano cultura, religione, metodologie di lavoro e cibi. Più di qualcosa è rimasta nella memoria della gente, come la strada degli Abrami a Scorrano o certi "pesciolini" detti Sciudei a Gallipoli a causa del colore, il rosso e il giallo, che erano i colori, imposti come distintivi per gli Ebrei.
Di tutto il lavoro portato avanti dall'Arci Lecce, sulla loro cultura, sui loro insediamenti resta ben poco, ma sono riusciti a trovare quelle poche tracce della loro presenza e a segnalare sulle cartine di molti paesi le aree da loro abitate soprattutto a Lecce, Carpignano, Gallipoli, Scorrano, Nardò, Alessano, Otranto.
La squadra ucraina spreca un vantaggio di due gol e finisce la gara in nove uomini, perdendo definitivamente le speranze di qualificazione.
L'FC Dynamo Kyiv spreca un vantaggio di due gol e subisce due espulsioni contro il Maccabi Tel-Aviv FC, che elimina gli ucraini dalla UEFA Europa League.
Per rimanere in corsa, la Dynamo doveva vincere con ampio margine e sperare in una vittoria dello Stoke City FC contro il Besiktas JK. Tutto sembra andare per il verso giusto quando un'autorete di Seran Yeini e un gol di Oleh Gusev portano i padroni di casa sul 2-0. Le notizie del vantaggio dello Stoke a Istanbul spronano la squadra ucraina, che tuttavia subisce un gol di Omer Vered e registra l'espulsione di Leandro Almeida e Yevhen Khacheridi nella ripresa. Le reti di Elran Atar e Munas Dabbur portano il Maccabi a un passo dalla prima vittoria nella fase a gironi, ma Gusev pareggia nel finale.
La Dynamo parte a testa bassa e sblocca le marcature a 12'. Su un calcio di punizione di Olexandr Aliyev, Leandro Almeida salta di testa e costringe il capitano del Maccabi Yeini all'autorete. I padroni di casa si procurano occasioni a volontà e, senza sorprese, raddoppiano 5' dopo. Betao si fa spazio sulla sinistra e serve Gusev, che firma il 2-0 dalla corta distanza. La Dynamo sfiora il tris prima dell'intervallo, ma Ideye Brown non riesce a girare rete su traversone basso di Andriy Yarmolenko.
La Dynamo vede affievolirsi le speranze nei primi minuti della ripresa, quando Almeida riceve un cartellino rosso diretto per un atterramento da ultimo uomo su Elran Atar. Sul successivo calcio di punizione, Gal Alberman serve Vered, che spedisce la palla sotto la traversa. Poco dopo, Yevhen Khacheridi viene espulso per un contatto con un avversario a palla lontana.
Elran Atar pareggia per il Maccabi poco dopo il quarto d'ora, mentre Munas Dabbur sfrutta un errore di Denys Garmash e porta gli ospiti sul 3-2. Nelle battute finali, Gusev nega alla squadra di Nir Levin il primo successo nel Gruppo E, poi entrambe le formazioni sbagliano numerose occasioni per vincere la gara.
Hamas si vanta d'aver ucciso 1.365 "sionisti" in 1.117 attentati terroristici
Sventolando le bandiere verdi del movimento islamista e suonando i clacson delle auto, centinaia di migliaia di palestinesi sostenitori di Hamas hanno celebrato mercoledì il 24esimo anniversario della fondazione del gruppo terrorista che governa a Gaza.
L'adunata oceanica, che si tiene ogni anno, si è andata trasformando in una sempre più elaborata dimostrazione di forza da quando Hamas ha assunto il controllo della striscia di Gaza, nel giugno 2007, a seguito di un golpe e di sanguinosi combattimenti intestini che hanno portato all'espulsione delle forze fedeli all'Autorità Palestinese del presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen)
La folla si è radunata di fronte a un enorme palco a forma di nave che voleva simboleggiare l'aspirazione di Hamas a prendere il controllo su tutta la terra che si estende dal mar Mediterraneo al fiume Giordano (Israele compreso). In un comunicato diffuso mercoledì, Hamas ha proclamato che "la resistenza continuerà, in tutte le sue forme, finché il movimento riuscirà a liberare la Palestina e assistere al ritorno dei profughi". "La resistenza e la lotta armata - ha dichiarato nel suo comizio il capo del "governo" di Hamas a Gaza, Ismail Haniyeh - sono lo strumento e la scelta strategica per liberare la terra palestinese dal Mediterraneo al Giordano, e cacciare gli invasori israeliani".
Nell'occasione, i capi di Hamas hanno ribadito le loro critiche a Fatah, senza tuttavia citare per nome il movimento concorrente: "La scommessa dei negoziati con Israele è fallita - hanno dichiarato - E' importante che la dirigenza palestinese che ha perseguito quei negoziati riconsideri tutta la sua politica". Hamas ha anche ribadito, tuttavia, che "il movimento è impegnato ad attuare l'accordo per la riconciliazione palestinese", firmato al Cairo lo scorso 4 maggio da Abu Mazen, presidente dell'Autorità Palestinese e capo di Fatah, e dal capo del politburo di Hamas, Khaled Meshaal.
Durante la cerimonia di mercoledì le Brigate Izz al-Din al-Qassam, ala militare di Hamas, si sono vantate d'aver ucciso 1.365 "sionisti", da quando sono state fondate nel 1992, e di averne feriti o mutilati altri 6.411 per mezzo di 1.117 attentati terroristici. Le Brigate Izz al-Din al-Qassam, che dicono d'aver avuto negli stessi anni 1.848 caduti fra le proprie fila, si sono inoltre vantate d'aver lanciato contro le città israeliane più di 11.000 tra razzi e obici di mortaio. I terroristi di Hamas hanno sfoggiato queste loro "statistiche" anche con appositi messaggi su Twitter.
(YnetNews, Jerusalem Post, 14 dicembre 2011 - da israele.net)
Secondo un nuovo report, un dirigente Apple si trova in Israele per l'acquisto di Anobit
Edward H. Frank
Secondo Calcalist, un quotidiano economico pubblicato in Israele dal gruppo Ahronoth Yedioth, Apple sarebbe prossima ad acquisire Anobit, una società israeliana specializzata nella produzione di chip per le schede di memoria. Oggi un report dello stesso giornale, rivela che il dirigente senior di ricerca e sviluppo Apple, Edward H. Frank, è già in viaggio in Israele.
Apple sarebbe prossima a spendere una cifra intorno ai 400/500 milioni di dollari per acquistare Anobit e mettere le mani sulla tecnologia Memory Signal Processing che permette di sviluppare dei chip con una maggiore resistenza. L'acquisto potrebbe però essere mirato per la costruzione di un nuovo centro di ricerca e sviluppo.
Edward H. Frank si troverebbe perciò in Israele alla ricerca di un centro di sviluppo per Apple, una scelta adottata già da altre aziende come Intel, Google, IBM, Microsoft, Qualcomm, Broadcom, Yahoo!, eBay e Huawei per citarne alcune. Frank, membro del consiglio della Carnegie Mellon University, starebbe organizzando riunioni con le maggiori start-up israeliane alla ricerca di qualcosa che possa stupire la società californiana.
I giornalisti Assaf Gilad e Meir Orbach pensano che oltre alla Anobit, Apple potrebbe essere interessata ad altre piccole aziende locali specializzate in soluzioni innovative per quanto concerne lo storage flash, tecnologie capaci di ridurre il costo della memorizzazione di dati su chip e che tendono ad allungare la vita degli stessi supporti.
Tra le aziende prese in considerazione ci sarebbero XtremIO, che sviluppa sistemi di storage server-based, la sua rivale Kaminario e DensBits, specializzata nell'elaborazione di segnali di controllo atti a migliorare il funzionamento dei chip di memoria flash dei processori.
Fu utilizzata dai servizi segreti israeliani, il Mossad, per catturare il gerarca nazista Adolf Eichmann.
Dopo mezzo secolo, il Mossad decide di togliere il velo
Pezzi esposti al parlamento israeliano di Gerusalemme, per tre settimane, prima di essere trasferiti al museo di Tel Aviv.
Adolf Eichmann venne sequestrato l'11 maggio del 1960 in Argentina. E a quest'operazione ci rimandano questi oggetti.
Neomi Izhar, storica:
"Si tratta di una mostra unica, perché per l aprima volta il Mossad, apre i suoi archivi e mostra strumenti e documenti usati nella cattura di Eichmann".
Questi guanti furono indossati dalle mani dello 007 che bloccò fisicamente Eichmann in pieno giorno a Buenos, un falso passaporto intestato a Zeev Zichroni, permise di trasferirlo in Israele; operazione illegale e contraria a tutte le leggi internazionali.
Rafi Eitan, comandante dell'operazione:
"Si può vedere come con strumenti quasi primordiali siamo riusciti a portare a termine quest'operazione. Oggi senza telfcni cellulari, senza computer, senza satelliti, Gps, non siamo in grado di fare niente".
Adolf Eichmann, durante la seconda guerra mondiale, fu il responsabile della logistica della soluzione finale.
Fu lui che organizzò le deportazioni degli ebrei, lui l'architetto dell'olocausto. Finita la guerra, venne catturato dagli alleati. Riuscì a evadere e si rifugiò in Argentina, dove visse 10 anni sotto il falso nome di Ricardo Klement.
Il processo si aprì nell'aprile del 1961 provocando un forte choc: per la prima volta i sopravvissuti raccontarono il genocidio.
La condanna a morte di Adolf Eichmann venne eseguita il 1o giugno del 1962. Fu la prima e l'ultima volta che lo stato ebraico ha di fatto eseguito una pena capitale.
L'Archeoclub d'Italia - Terra di Brindisi, organizza per domenica 18 dicembre p.v. l'VIII Archeopasseggiata alla scoperta del Cimitero Ebraico di Oria.
L'appuntamento, inquadrato nell'attività di tutela, promozione e fruizione dei beni culturali oritani, prevede una visita nel sito della necropoli ebraica di Oria ubicato presso il cosiddetto "monte del Radar", cui seguirà il già avviato rilievo topocartografico del sito e di ricognizione archeologica.
Tutti i dati saranno raccolti nel corso dell'iniziativa verranno uniti al lavoro di ricerca già svolto dalla locale sezione Archeoclub e consegnati alla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia. Inoltre, vista la legge regionale n.15 del 6 luglio 2011 riguardante l'istituzione degli ecomusei della Puglia, questa sede locale Archeoclub informa di essersi attivata per la realizzazione di un ecomuseo dedicato appunto al Cimitero Ebraico oritano.
Aderiscono all'iniziativa il Rione Giudea e l'associazione culturale "Il Pozzo e l'Arancio".
La partecipazione all'iniziativa è totalmente gratuita e aperta a tutti.
Data l'accidentalità del percorso previsto, sono consigliati - per proprio agio e sicurezza - calzature e vestiti comodi.
Per chi volesse prendere parte all'iniziativa l'appuntamento è fissato per domenica 18 dicembre, ore 9.30, in via Beneficio a Oria (nei pressi di Monte Impisi).
Il termine dell'Archeopasseggiata è previsto per le ore 12.00.
Info: 349-6945898 e 328-1766419.
Nei primi 11 mesi del 2011 hanno visitato il Paese 3.100.000 turisti
Il Central Bureau of Statistics israeliano riportache nel mese di novembre sono arrivati in Israele 316.000 turisti, il 2% in più rispetto allo stesso mese del 2010. Nei primi 11 mesi del 2011 hanno visitato Israele 3.100.000 turisti. E' quanto si apprende dalla sede locale dell'Ice.
L'Ufficio per gli investimenti del Ministero del Turismo ha approvato16 nuovi progetti di investimento che includono la costruzione di nuovi hotel, la ristrutturazione di alcuni già esistenti e la trasformazione di altri edifici in alberghi. Il costo totale di questa operazione si aggira sui 50 milioni di euro, di cui circa 10 milioni saranno investiti dallo stesso Ministero. Sei nuovi hotel saranno aperti a Gerusalemme, Haifa, Rosh Pina e nella zona ovest della Galilea. Due hotel in Galilea e Tiberiade verranno ingranditi e due edifici ad Haifa saranno riadattati in hotel. Questi, insieme ad altri progetti, aggiungeranno in totale 470 nuove camere e altre 300 verranno rinnovate, riporta ancora l'Istituto del commercio estero.
L'israeliana Lee Koritz si allena per le Olimpiadi di Londra
Lee Koritz
Lee Koritz, ventisettenne israeliana, è diventata la più giovane campionessa del mondo di windsurf nel 2003. Nel mese di Settembre, ha ottenuto la medaglia d'argento agli RS: X Campionati Europei Windsurf in Bulgaria e l'11 dicembre Korzits ha ottenuto la medaglia d'oro agli RS delle Donne: X World Championship in Australia, nel secondo dei quattro gironi di qualificazione per le Olimpiadi di Londra della prossima estate. "Il Windsurf per me è tutto", dice la Korzits. Figlia di un nuotatore ed un bagnino, è cresciuta nella cittadina costiera di Michmoret, tra Tel Aviv e Haifa, insieme alla sorella e al fratello. I suoi fratelli sono anche loro noti surfisti, e il fratello Tom è stato il suo primo allenatore. Quasi tutti i bambini di Michmoret imparano il windsurf, dice Korzits, che vive ancora vicino alla sua casa d'infanzia. Korzits segue le orme di Gal Fridman, un windsurfista israeliano che vinse una medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Atlanta del 1996 e ottenne l'oro alle Olimpiadi di Atene 2004. C'è stato un punto della sua carriera in cui sembrava che ne avesse avuto abbastanza. Nel 2006, a seguito di un infortunio, Korzits ha avuto un battibecco con il consulente nazionale ed è uscita dalle competizioni per un paio d'anni. Ma ha deciso di tornare per l'amore profondo che la lega allo sport. La Korzits ha assunto un nuovo allenatore l'anno scorso, un amico d'infanzia che la conosce bene, e la fa allenare in acqua circa tre ore al giorno. Il potenziamento respiratorio è legato ad altre attività come la mountain bike e il nuoto. "Tutto questo lavoro è per ottenere dei buoni risultati alle Olimpiadi", dice.
"Questo è il sogno per lavoriamo molto duramente dal momento in cui comincia la nostra carriera". Non considera il suo regime di allenamento un peso, anche se il suo programma lascia poco tempo per una vita sociale. "Non posso riposare se ci sono buone onde", dice. "Voglio essere in acqua"."Cerco il pericolo. Mi piacciono i rischi", ammette. Nei suoi numerosi viaggi intorno al mondo, sei diversi solo quest'anno, ha affrontato a volte rischi di tipo diverso, visto che è un simbolo vivente di Israele. "Cerco di stare in una bolla. Ma io mi sento orgogliosa del fatto che sono nata qui e vivo qui. So di essere ebrea e mi piace rappresentare Israele. Quando senti l'inno nazionale che suona grazie alle tua presenza è una sensazione che non si può immaginare". Durante le qualificazioni in Bulgaria uno dei migliori aspetti di finire al secondo posto è stato vedere la bandiera israeliana pubblicata sul tabellone dei risultati, ha detto la giovane atleta. Quando gli atleti venuti a terra in Australia. Al termine della sua carriera ha in programma di rimanere vicino alla riva. "Vorrei insegnare il windsurf per mostrare ai bambini ciò che lo sport può dargli. Nel mare devono gestire qualcosa di più forte di loro. Voglio dare il potere e la passione che ho ricevuto dalla natura e dalle altre persone che mi hanno insegnato a surfare."
ROMA - Uomini di Hezbollah sono direttamente coinvolti nel riciclaggio di soldi provenienti dal traffico mondiale di cocaina. La messa in vendita della Lebanese Canadian Bank ha scoperchiato il vaso di Pandora dei flussi finanziari destinati ad Hezbollah confermando i sospetti e le accuse lanciate già in febbraio dall'amministrazione Obama contro il movimento libanese sciita. Che nonostante sia inserito nella lista nera delle organizzazioni terroristiche mondiali conserva un ruolo decisivo nella politica libanese.
L'apertura inevitabile dei libri contabili ha dimostrato come la Lebanese Canadian Bank non fosse unicamente il luogo di raccolta delle donazioni private dirette a Hezbollah. Alti ufficiali del movimento sciita erano direttamente coinvolti con i cartelli sudamericani della droga: si occupavano di ripulire i proventi del traffico agendo in perfetto stile mafioso. Almeno a giudicare dal commento di un investigatore secondo cui "Hezbollah opera come la famiglia Gambino sotto l'effetto di steroidi". In Virginia un uomo di Hezbollah è accusato dalla procura federale di aver trafficato in droga e ripulito i proventi del traffico agendo in combutta non solo con i cartelli colombiani ma anche con la famigerata cosca messicana dei Los Zetas che sta riducendo il confine con gli Stati Uniti in un autentico mattatoio.
Del resto non era comprensibile il modo in cui Hezbollah continuasse a finanziarsi nonostante l'embargo internazionale e nonostante l'Iran sia sottoposta a dure sanzioni e restrizioni per i suoi tentativi di dotarsi della bomba atomica. Senza contare la Siria, altro generoso contributore della causa sciita in Libano, alle prese con una rivolta di popolo che costringe il regime di Assad a rivedere le sue priorità. Stiamo parlando della rinuncia a circa 200 milioni di dollari l'anno. La risposta è saltata fuori dando solo un'occhiata ai registri di una banca di Beirut.
Arrestati militanti di "Militia", organizzazione di estrema destra
L'operazione dei Ros porta all'arresto di 5 militanti di "Militia", organizzazione neofascista
di Mara Piras
I carabinieri del Ros (Raggruppamento operativo speciale) hanno effettuato un blitz che ha portato all'arresto di 5 militanti di "Militia", organizzazione neofascista.
Le forze dell'ordine hanno anche effettuato 11 perquisizioni. L'indagine romana intende smantellare il gruppuscolo di estrema destra accusato di reati gravissimi.
"Militia" infatti è accusata di reato associativo, diffusione di idee a sfondo razziale, apologia del fascismo, procurato allarme, minacce alle istituzioni e ai loro rappresentanti.
I politici nel mirino dell'organizzazione sono Gianni Alemanno, sindaco di Roma, il Presidente del Senato Renato Schifani, l'ex Presidente americano Bush jr. E soprattutto Gianfranco Fini, attuale Presidente della Camera, "colpevole" di tradimento.
Gianfranco Fini viene dalle file del Movimento Sociale Italiano, ma nei decenni ha maturato una nuova idea di destra, antifascista e improntata ai valori della destra europea. Significativa è stata la svolta in Israele nel 2003 durante una visita ufficiale in cui definì le leggi razziali e il fascismo "il male assoluto del XX secolo".
Non sono bastati 6 milioni di vittime innocenti durante l'Olocausto a spegnere definitivamente l'odio cieco nei confronti del popolo ebraico, l'organizzazione neofascista Militia è accusata di azioni contro la comunità ebraica romana e il suo Presidente Riccardo Pacifici.
Il Giorno della Memoria è stato violato dalle scritte sui muri romani di questo gruppuscolo con frasi deliranti come "27/1 nessuna memoria" o "Pacifici continui a meritare il fosforo bianco".
La tolleranza verso organizzazioni di estrema destra, violente, biecamente razziste è una faccenda tutta italiana. Da più parti si sollevano proteste e si chiede chi abbia la responsabilità politica e morale di aver lasciato impuniti e a briglia sciolta questi criminali fascisti.
Israele : sviluppata " bomba a frammentazione" per la cura del cancro
Dei ricercatori israeliani hanno annunciato di aver sviluppato una nuova tecnica per la cura del cancro, che consiste a fare esplodere i tumori cancerogeni per ridurre i rischi di recidività. I professori Yona Keisari e Itzhak Kelson dell'università di Tel Aviv sono sul punto di iniziare delle prove cliniche di un impianto radioattivo fino come un ago, che emette dei raggi alfa di corta portata dall'interno del tumore.
A differenza della radioterapia, che bombarda il corpo di raggi gamma dall'esterno, le particelle alfa " circolano all'interno del tumore, diffondendosi verso l'esterno prima di disintegrarsi " secondo un comunicato dell'università. "E' come una bomba a frammentazione. In vece di esplodere in un luogo unico, gli atomi si disperdono continuamente ed emettono delle particelle alfa a distanze più grandi" ha aggiunto l'università sottolineando che il processo dura circa una decina di giorni e lascia delle quantità di piombo non radioattive e non tossiche. "Non solo la distruzione delle cellule cancerogene é più sicura ma nella maggioranza dei casi il corpo sviluppa un immunità contro il ritorno del tumore" ha assicurato il comunicato. L'impianto introdotto nel tumore per via di un ago ipodermico" si disintegra in modo inoffensivo ". Nei test pre- clinici su dei topi , abbiamo tolto in modo chirurgico dei tumori a un gruppo mentre un altro ha subito questo trattamento radioattivo. "Quando le cellule del tumore sono state iniettate ai soggetti, il 100% di quelli che hanno subito il trattamento chirurgico hanno nuovamente sviluppato il tumore, contro il 50 % per quelli che hanno subito il trattamento radioattivo" assicura il comunicato dell'università. "I ricercatori hanno avuto risultati eccellenti con diversi tipi di cancro in particolare quello ai polmoni , al pancreas al colon al seno e i tumori cerebrali " precisa l'università.
Fiamma Nirenstein firma oggi un articolo che descrive, con molta attenzione, quanto sta succedendo in tutti i paesi che vanno dalla Tunisia fino alla Turchia di Gul ed Erdogan; nessuno, a parte Fiamma, ricorda che, mentre a Vienna Gul rifiuta sia la foto di gruppo che la partecipazione alla cena conclusiva dei rappresentanti di tanti paesi riuniti per discutere delle recenti decisioni economico-poltiche dell'Europa, Erdogan sollecita l'apertura totale nei confronti di Hamas, vero rappresentante dei palestinesi (e ricordiamo che lo stesso Erdogan è stato appena nominato uomo dell'anno negli USA ndr); l'Internazionale islamica sta preparando un nuovo califfato, un impero da 250 milioni di persone. Intanto, ci ricorda Fiamma Nirenstein, l'Islam conquista sempre più spazio anche in Olanda e in Belgio dove si deve constatare che ad Anversa una nuova Corte si instaura (come già tante che operano in Inghilterra) per creare un sistema legale parallelo.
Diametralmente opposta è, invece, l'analisi di De Giovannangeli che su l'Unità scrive che con la primavera avremmo a che fare con "una generazione post islamista" (il che potrebbe anche essere vero se si dicesse che è risultata del tutto minoritaria ndr), aggiungendo che "il senso di appartenenza non è più fondato sull'elemento religioso"; tali affermazioni sono supportate dalla falsa dichiarazione che non si bruciano più bandiere USA ed israeliane, ma che al contrario si vedrebbero solo "bandiere nazionali". De Govannangeli arriva a sostenere che non vi è antisionismo nelle recenti rivoluzioni che vorrebbero portare al potere "un Islam che separi nettamente Stato e Moschea".
Gravi episodi sono successi in Israele dove gruppi di ebrei estremisti hanno attaccato basi dell'esercito per protestare contro l'abbattimento di nuovi insediamenti illegali; ne parlano numerosi quotidiani come, ad esempio, l'Avvenire con una breve, ed il Fatto Quotidiano dove purtroppo Roberta Zunini si guarda bene dal far osservare che Israele è un stato di diritto nel quale la Corte Suprema ha il potere di far rispettare le leggi; l'articolista del Fatto preferisce descrivere l'episodio di ieri come frutto inevitabile del caos.
Non migliore Michele Giorgio che sul Manifesto aggiunge numerose altre accuse ad Israele, tra le quali l'episodio che ha visto un gruppo di religiosi entrare nella "cosiddetta Tomba di Giuseppe".
Laurent Zecchini su le Monde firma un articolo nel quale denuncia gli ultraortodossi che, a Gerusalemme, si accaniscono con volgari ed offensivi sputi contro i cristiani che incrociano nella pubblica via; tribunali ed autorità religiose e civili si scusano, ma bisognerà trovare, anche con l'ausilio delle moderne tecnologie, dei sistemi per bloccare questi episodi.
Francesco Battistini dedica un articolo pubblicato dal Corriere alla Grotta della Natività, non più restaurata da 150 anni; come sempre Battistini non è tenero con le autorità israeliane, a suo dire colpevoli di rendere la vita difficile, ad esempio bloccando l'importazione di necessari strumenti tecnici; saranno Abu Mazen ed i sauditi gli artefici di un miracolo in un luogo dove, per veti incrociati tra le diverse chiese cristiane, non si è mai riusciti neppure a togliere una vecchia scala di legno entrata a fa parte dell'immagine a tutti nota della facciata della Grotta?
Di grande interesse l'articolo pubblicato sul Foglio e firmato dall'americano Nir Rosen; dopo aver descritto le origini politiche e religiose degli alawiti, minoranza da sempre presente nelle montagne siriane, l'articolista descrive quanto ha potuto osservare in un lungo giro attraverso la Siria, tra mille pericoli e difficoltà; ne viene fuori una lunga serie di orrori. E' poi significativo che in questo articolo, pubblicato inizialmente su al Jazeera, si possa leggere che si devono escludere coinvolgimenti israeliani in quanto sta succedendo; infatti, scrive Nir Rosen, "se fosse stato Israele a ferire un siriano, l'avrebbero portato in ospedale...e gli israeliani hanno più compassione di questi altri (al Qaeda ndr) che sono selvaggi".
Giulio Meotti sul Foglio scrive che la recente esplosione in una fabbrica iraniana di metalli sarebbe dovuta ad un'azione del MEK, i mujaheddin del popolo, principale gruppo di opposizione al regime di Khamenei; tutti i principali dirigenti del MEK si trovano al momento in esilio (in Francia ed in Irak principalmente), ma in Iran esistono tuttora delle cellule attive. Sarebbe interessante sapere se Obama, a parole molto ossequioso con gli ayatollah (ha perfino chiesto loro di avere la cortesia di restituirgli il drone che gli hanno sottratto), dopo aver annullato i finanziamenti destinati all'opposizione iraniana, li avesse per caso mantenuti di nascosto.
Discutibile l'intervista di Alberto Mattioli alla bulgara Irina Bukova, direttore generale dell'Unesco; Mattioli non spiega in alcun modo le tante colpe di questa organizzazione dell'ONU e le ragioni che hanno portato gli USA a sospendere i finanziamenti all'Unesco, ma preferisce dire che Obama mantiene stretti legami di collaborazione.
Ho volutamente lasciato per ultimo l'articolo di Franco Marini pubblicato su franco marini sotto il titolo: La storia oscurata dei rapporti fra Himmler, Eichmann ed i portavoce dell'Agenzia Ebraica. Queste parole meritano infatti una attenta risposta storica che mi auguro possa essere fatta nei giorni a venire da qualche studioso. Qui mi limito a riportare alcune frasi: "i nazisti erano in combutta coi dirigenti sionisti", e "se un fenomeno politico come storicamente è stato quello nazionalsocialista non fosse spontaneamente germogliato, solo per le mire sioniste qualcuno avrebbe dovuto inventarlo esattamente per quel che poi è stato". Anche oggi, quindi, invito a riflettere attentamente; Rinascita sarà pure un giornale di seconda o di terza categoria, ma tutte le squadre, anche in tempi relativamente brevi, hanno la possibilità di salire in serie A.
La taiwanese Asustek Computer Inc. è in procinto di aprire la sua prima filiale in Israele. La ASUS pare abbia deciso di seguire le altre maggiori compagnie produttrici di computer come Hewlett Packard Co., Dell Inc., Samsung Electronics Co. Ltd., LG Corporation e Lenovo Group Ltd., che hanno gia' i loro uffici in Israele.
Peter Chang, il manager di Asus Turchia, Israele e Africa ha dichiarato: "Nel passato, quando vendevamo schedemadri ci affidavamo principalmente ai nostri distributori. Per vendere Netbooks o Tablets abbiamo, invece, bisogno di un contatto piu' diretto con il consumatore finale. L'accesso locale e' molto importante in questo caso, e questo e' il motivo per cui necessitiamo di una filiale in Israele". Proprio ieri in Israele la Asus ha lanciato 2 nuovi modelli dei suoi Ultrabook. L'Ultrabook, che e' una combinazione di un Netbook con un laptop, e' molto sottile - meno di 20 centimetri di lunghezza, con un peso inferiore a 1.4 chilogrammi, e la batteria ha una durata di almeno 5-8 ore. "La categoria degli Ultrabook diventera' molto importante dal prossimo anno" ha dichiarato Chang. La Asus ha gia' lanciato i suoi Ultrabook nel mercato statunitense, cinese e taiwanese, e gli analisti credono che gli Ultrabook conquisteranno il 30% del mercato dei computer mobili.
L'Aquila, ancora chiuso un centro universitario realizzato con il contributo di Israele
di Marirosa Barbieri
IL CASO.
C'erano anche loro, i genitori di Hussein Hamade all'inaugurazione del centro polifunzionale dell'università de L'Aquila .
La struttura realizzata con il contributo del governo di Israele, dell'associazione consorti dipendenti del Ministero degli affari esteri, della banca popolare di Sondrio, della Coca-Cola Italia e di altri Enti ha un'aula dedicata a Michelone, lo studente israeliano vittima del terremoto del 6 aprile 2009. Ma oggi, l'aula Hamade è buia, chiusa, come il resto della struttura costata quasi 2 milioni di euro. Alla delusione degli studenti, prostrati dopo i numerosi appelli alle istituzioni, si somma lo sdegno dell'avvocato dei coniugi Hamade che, da Kabul, sono ignari di tutto.
«MI VERGOGNO A DIRLO»
«Esprimo tutto il mio rammarico per i genitori di Michelone». Così Wania Della Vigna, difensore e rappresentante legale dei genitori del giovane Hamade commenta la mancata apertura della struttura. «I coniugi grazie all'ambasciatore Meir sono venuti da Kabul villaggio della Galilea a L'Aquila», racconta,«spinti dal desiderio che il loro figlio continui a vivere nella memoria degli altri studenti attraverso questo centro». Chi dirà a quei poveri genitori che nessuno studente ha ancora messo piede in quell'edificio ed onorato la memoria di Michelone?
«Non ho ancora comunicato», confessa l'avvocato, «ma lo faro nei prossimi giorni non voglio dare loro questo ennesimo dolore e onestamente mi vergogno a comunicare la situazione all'ambasciatore ma presto sarò costretta a farlo». Persone riservate le descrive l'avvocato dall'aria composta e dignitosa come traspare dalle foto scattate il giorno dell'inaugurazione accanto alla targa in onore di Hussein.
«CI DICEVANO CHE »
Sono passati tre mesi dall'inaugurazione del centro polifunzionale dell'Università de L'Aquila e da tre mesi gli studenti chiedono di potervi accedere.
Erano stati rassicurati quel giorno da politici ed istituzioni presenti al taglio dei nastri. C'erano l'ex il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gianni Letta, l'ambasciatore dello Stato di Israele in Italia Ghideon Meir, il capo del Dipartimento della protezione civile, Franco Gabrielli, il Commissario delegato per la ricostruzione, Gianni Chiodi, il pro-rettore dell'Università dell'Aquila, Roberto Volpe, il sindaco de L'Aquila, Massimo Cialente. Il centro polifunzionale doveva servire, con una superficie di circa 900 mq e contiene una sala mensa per 220 pasti e un'aula multimediale con 28 postazioni informatiche. Un'ampia area esterna è adibita a parcheggio e sistemazione a verde. I materiali impiegati e l'impiantistica rispondono a precise caratteristiche che consentono il massimo risparmio energetico. L'intera opera è costata 1.900.000,00 di euro e della fase progettuale e dell'esecuzione delle opere si è fatto carico il Dipartimento della Protezione Civile.
Ma ad oggi vedendo quel centro vuoto e dismesso ci si chiede che fine abbiano fatto quei soldi. «I soldi sono stati utilizzato per costruire e realizzare il centro polifunzionale molto bello ed utile», dice l'avvocato Della Vigna ma «molti studenti mi hanno detto che mangiano ancora nei containers».
Tel Aviv Fashion week: un'occasione per celebrare il genio degli stilisti israeliani
di Lorena Scopelliti
La prima edizione della settimana della moda di Tel Aviv, svoltasi dal 21 al 24 novembre,ha visto scendere in campo guizzi di genio e molto talento: il movimento creativo, pur essendo ancora poco conosciuto, è molto forte e galvanizzante dal punto di vista artistico. Per l'occasione non sono stati invitati i cosiddetti buyer, perché a livello organizzativo sarebbe stato prematuro fare una mossa simile, ma la stampa era presente a immortalare le creazioni e per conoscere i giovani ed emergenti designer. La moda ha nuovamente calcato le passerelle israeliane dopo ben trent'anni.
Ofir Lev, amministratore delegato dell'associazione Israel Textile and Fashion ha dichiarato:
Sono andato a vedere il Bryant Park (la location della New York Fashion Week ndr) e ho sentito che possiamo la stessa cosa qui, perché Israele può lavorare a livello globale
Tra i vari designer (venticinque in tutto) che hanno esibito le proprie collezioni, Gideon Oberson (che si
occupa di moda mare) ha lavorato in collaborazione con la figlia Karen, le proposte, di stampo classico e trasversale, hanno visto dominare la raffinatezza del bianco e nero declinato in diverse soluzioni e materiali.
Anche Oberson focalizza l'attenzione sull'importanza nel dare risalto alla moda di Tel Aviv, che non ha nulla da invidiare a quella occidentale:
Credo che la settimana della moda sia stata create per fornire più informazioni agli europei e americani. per creare finalmente un po' di rumore affinché sapessere che noi siamo qui
Un altro veterano avvezzo alla scena fashion è Sasson Kedem, che ha iniziato la sua carriera disegnando abiti destinati alla moglia, dando vita a creazioni dal sapore orientale e asiatico con una struttura a di drapeggi sovrapposti che avvolgono l'intera figura e leggings seconda pelle.Kedem è uno dei pochi designer designer che vendono regolarmente negli Stati Uniti.
Uno degli artisti più giovani della manifestazione è Yaniv Persy, designer titolato, che ha seguito differenti percorsi artistici, lavorando anche in giro per il mondo e adesso ha una produzione anche a Milano. Ha lavorato come apprendista per Galliano prima di diventare direttore creativo per Apostrophe e collaborare con la maison roberto Cavalli.
Per me è tutta una questione di lavorazione e di qualità, a non puoi raggiungere qui lo stesso livello che si ottiene in Italia
Molti degli stilisti della Fashion Week However seguono accademie e scuole prestigiose, come Hebrew University's Bezalel Academy of Arts and Design, Shenkar College of Engineering and Design a Tel Aviv. A tal proposito commenta Oberson:
Purtroppo non abbiamo molte indutrie fashion, ma abbiamo molti talenti. Ogni anno 30 o 40 studenti si laureano, e di questo almeno quattro o cinque sono davvero validi.
ATENE, 13 DIC - Una compagnia israeliana sta studiando la possibilità di effettuare prospezioni alla ricerca di petrolio e di gas naturale a sud dell'isola greca di Creta.
Lo riferisce il quotidiano Kathimerini secondo cui l'ambasciatore Usa ad Atene Daniel Smith ha confermato l'interesse delle imprese americane per l'estrazione di idrocarburi al largo delle coste di Creta e nel Mare Ionio. I rappresentanti del gruppo Delek hanno visitato la Grecia la scorsa estate per valutare la possibilità di installare una piattaforma petrolifera a sud di Creta. Secondo voci non confermate, ha scritto il giornale, responsabili della Delek sono tornati ad Atene la scorsa settimana. Nel frattempo l'ambasciatore Smith ha detto che diverse aziende Usa hanno manifestato interesse a fare prospezioni alla ricerca di idrocarburi al largo delle coste greche. Citando scoperte fatte di recente in altre aree del Mediterraneo, Smith ha detto a Kathimerini che ''c'è motivo di ritenere che ci siano significative opportunità''. Ai primi dello scorso settembre, la società petrolifera texana Noble Energy - dopo aver scoperto importanti giacimenti di gas naturale nella Zona economica esclusiva al largo di Israele - ha avviato trivellazioni alla ricerca di depositi di gas al largo della costa meridionale dell'isola di Cipro.
Contatti Israele-Cipro per collegare la rete elettrica
TEL AVIV, 13 dic. - "Siamo in contatto con il governo cipriota per discutere la possibilita' di collegare la nostra rete elettrica alla loro cosi' da poterne usufruire reciprocamente in caso di necessita'". Lo ha dichiarato ieri il Ministro delle Infrastrutture israeliano, Uzi Landau, durante una conferenza dal titolo "Energy Sources: High Tension". Il Ministro ha aggiunto che l'obiettivo e' quello di creare un surplus del 20% di energia elettrica entro il 2020 al fine di prevenire scarsita' di offerta e consentire la vendita di elettricita' agli Stati vicini. Durante il panel sono state affrontate diverse tematiche tra cui i prezzi dell'energia e la loro influenza sull'economia mondiale, il ruolo di Israele nel mercato internazionale dopo le scoperte dei suoi giacimenti di gas offshore nonche' i progetti per la costruzione di nuovi gasdotti. Una questione, quest'ultima, particolarmente rilevante e attuale per due ragioni: l'interruzione delle forniture a causa dei sabotaggi dell'Arab Gas Pipeline nel tratto egiziano e la strategicita' di questa risorsa utilizzata per produrre il 40% dell'elettricita' del Paese.
Accensione dei lumi di Chanukkà nella sinagoga Scolanova di Trani
Appuntamento a giovedì 22 dicembre
La comunità ebraica di Trani celebrerà la festa di Chanukkà dell'anno ebraico 5772 che quest'anno cade dalla sera del 21 alla sera del 28 dicembre.
Al tramonto di giovedi 22 dicembre anche parte degli ebrei della comunità madre di Napoli saranno alla Sinagoga Scolanova di Trani per accendere i lumi di Chanukkà.
Il rabbino capo di Napoli e Italia meridionale Rav Shalom Bahbout presiederà l'accensione dei lumi e terrà una lezione sulla festa.
La festa di Chanukkà (termine ebraico che significa "inaugurazione") è chiamata altresì Chàg Haurim (festa dei lumi) e dura otto giorni.
Era l'anno 165 prima dell'era volgare allorquando gli Israeliti guidati da Giuda Maccabeo, figlio del sacerdote Mattatià, affrontarono e sconfissero gli occupanti siriani, entrando a pieno diritto in Gerusalemme.
Giuda Maccabeo riconsacrò il Bet Hamikdash (Santuario) abbattendo gli idoli fatti installare dal re Antioco IV Epifane di Siria (sotto il cui governo era caduto Israele) e ripristinando la sovranità della Torà e dei Suoi precetti sul popolo ebraico.
Il Talmud racconta che nel Tempio appena riconsacrato fu trovata una piccola ampolla di olio puro con il sigillo del Sommo Sacerdote.
L'olio poteva bastare per un solo giorno ma avvenne un grande miracolo: l'olio bruciò per otto giorni, diffondendo una bellissima luce e dando così la possibilità ai sacerdoti di preparare l'olio nuovo.
Fu così che i Maestri proclamarono che il 25 del mese ebraico di Kislèv gli Ebrei celebrassero l'avvenimento del miracolo dell'olio che non si consumò.
Per otto sere viene accesa una fiammella in più sulla Channukkia, un candelabro a 9 braccia (otto fiamme oltre allo shammash, il lume che serve ad accendere gli altri lumi); in tale occasione è d'uso gustare tipici dolci ebraici.
Channukkà è una festa molto sentita e vissuta; persino nel Campo di concentramento di Buchenwald centinaia di deportati, pur isolati dalla vita fuori dai Lager, riuscirono non solo a tenere il giusto conteggio del calendario ebraico ma anche ad accendere le fiammelle della Channukkia bruciando pezzi interi di margarina sul fuoco della lampada a nafta che illuminava la camerata.
La sera del 22 dicembre gli Ebrei di Trani e di Napoli celebreranno la Channukkà accendendo un enorme candelabro forgiato da un fabbro barlettano nella Sinagoga Scolanova.
A prescindere dai suoi significati religiosi, Chanukkà è l'esempio storico della salvaguardia dell'identità e dei valori ebraici, gelosamente custoditi e difesi in ogni epoca dal popolo d'Israele; ma è grazie all'universalità dei propri valori (monoteismo, riposo del Sabato, superiorità di una Legge divina e morale su ogni aspetto della vita quotidiana) che anche chi non è Ebreo ha piacere a partecipare a questa bellissima festa ebraica.
L'Ebraismo è elemento fondamentale della cultura e della storia di Trani; sarà anche per questo che, in base ad una usanza consolidata, le Autorità comunali (invitate la sera del 22 dicembre alla Sinagoga Scolanova) accendono il primo lume della Channukkia (lo shammash) in segno di condivisione di valori inestinguibili come la libertà e la multiculturalità della quale la Festa dell'olio che non si consumò è uno dei simboli più riusciti.
Israele: al lavoro per abolire il richiamo alla preghiera
13 dicembre 2011 - Una proposta di legge altamente controversa rischia di infiammare la comunità araba d'Israele. Il governo isreliano sta pianificando infatti di abolire gli altoparlanti per la chiamata alla preghiera in tutte le moschee del paese. Il premier Benjamin Netanyahu ha espresso "simpatia" per il principio che muove questa proposta di legge, promossa da Anastasia Michaeli, membro della Knesset nelle file ultra-nazionaliste del partito del ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman.
A giustificare "l'esigenza" di questa nuova regola, "una visione del mondo in cui la libertà di religione non rappresenti un fattore che mina la qualità della vita".
Il provvedimento sta incontrando la dura opposizione di tre ministri di primo piano del Likud (il partito del primo ministro): il vicepremier Dan Meridor, Michael Eitan e Limor Livnat, convinti che questa legge aumenterebbe "inutilmente" il livello delle tensioni all'interno del paese.
Ma Netanyahu insiste e cita Belgio e Francia, dove le autorità hanno imposto il divieto di preghiera in strada, a dimostrazione che "non c'è bisogno di essere più liberali dell'Europa".
La misura fa parte di una recente ondata di proposte di legge che mirano a colpire gli arabi e i gruppi della sinistra israeliana, prima fra tutte quella per declassare l'arabo come lingua ufficiale. C'è poi il progetto di abolire il finanziamento alle organizzazioni israeliane per i diritti umani.
«Abbiamo i modificato geneticamente i batteriofagi in modo che una volta che abbiano infettato i batteri, trasferiscano un gene dominante che conferisce a essi una rinnovata sensibilità ad alcuni antibiotici», ha spiegato il dottor Udi Qimron dell'università israeliana di Sackler (Tel Aviv). Il che, tradotto in parole semplici, significa che è stata messa a punto quella che potrebbe essere l'arma finale contro i batteri nocivi.
La necessità nasceva dal problema, sempre più attuale, di batteri super-resistenti, spesso nati e "coltivati" dentro gli ospedali stessi e dunque abituati a passare da un corpo all'altro e a subire terapie con tanta continuità da abituarsi ad esse. La nuova resistenza dei batteri agli antibiotici ha causato allarmi mondiali come la "Escherichia Coli Killer", l'estate scorsa, o come certi ceppi influenzali che sembrano non trovare rimedio.
Lo studio israeliano deve ancora essere verificato da test sugli uomini, ma la base di partenza testata sugli animali pare essere già molto promettente. In pratica non si creano nuovi antibiotici più forti e più potenti, ma si modificano i batteri "forti" facendo loro "dimenticare" la propria resistenza e rendendoli dunque di nuovo vulnerabili. Una soluzione che potrà facilitare le cure perchè si potranno continuare ad usare i medicinali di sempre, senza aggiunte e senza ulteriori esperimenti.
Israele punta al Sud America: comprata una compagnia cilena
TEL AVIV, 13 dic. - La IC Power, una compagnia controllata dalla holding israeliana Israel Corporation, ha acquisito la compagnia elettrica cilena Central Tierra Amarilla, di cui deterra' il 75%, attraverso un'iniezione di capitale pari a 15 milioni di dollari. Come riferito dalla IC Power, l'acquisizione fa parte di una strategia aziendale che mira ad estendere le proprie attivita' anche al di fuori di Israele, in particolare in America Latina. La Israel Corporation e' gia' presente in sette Paesi dell'area (Peru', Bolivia, Cile, Panama, El Salvador, Giamaica e Repubblica Dominicana) attraverso la sua controllata Inkia Energy, proprietaria di stazioni elettriche che producono 3.000 MW complessivi. (AGI) Red/Rme
Apple starebbe per concludere una importante acquisizione in Israele nel tentativo di far propria una serie di soluzioni tecnologiche utili al miglioramento delle attuali soluzioni hardware in uso sui propri device.
Il gruppo sotto osservazione è noto come "Anobit" e si presenta come una azienda da 200 dipendenti che fornisce soluzioni di storage flash per i mercati mobile ed enterprise. La tecnologia proprietaria MSP (Memory Signal Processing), in particolare, consentirebbe il miglioramento di durata e performance delle memorie flash, riducendo inoltre il costo di adozione di questo tipo di storage. Il gruppo, pur non facendo nomi, spiega di avere tra i propri clienti i maggiori produttori al mondo di elettronica di consumo.
L'operazione, secondo quanto trapelato, avrebbe un costo per Apple pari a circa 400-500 milioni di dollari per una acquisizione comprensiva di capitale umano, asset fisici e proprietà intellettuali. E sarebbe soprattutto la prima operazione di acquisto avallata da Tim Cook.
Il nuovo ambasciatore israeliano in Egitto, Yaakov Amitai, arriverà oggi al Cairo per sostituire Yitzhak Levanon, giunto al termine del mandato diplomatico. Levanon ha lasciato il Cairo in seguito all'attacco lanciato da decine di manifestanti contro l'ambasciata israeliana, lo scorso 10 settembre. Amitai è stato scelto per ricoprire il ruolo 10 mesi fa, secondo una fonte del Ministero degli Esteri Israeliano.
Egli presenterà le sue credenziali in una data da stabilire. L'Egitto è stato il primo Paese Arabo a sottoscrivere un trattato di pace con Israele, nel 1979. Le relazioni tra i due Paesi, si sono irrigidite dopo la caduta dell'ex Presidente Hosni Mubarak e lo scontro a fuoco ai confini, che ha causato la morte di sei egiziani. La possibile ascesa delle fazioni islamiche in Egitto, potrebbe inasprire ulteriormente i rapporti.
Trovati simboli misteriosi nel sottosuolo di Gerusalemme
Gli archeologi israeliani l'hanno definito un mistero. Stiamo parlando di una serie di simboli a forma di V scolpiti nel pavimento e rinvenuti negli scavi in un complesso di camere a Gerusalemme. Non ci sarebbero altri indizi circa la loro finalità. Secondo alcuni esperti le V, risalenti ad almeno 2800 anni fa e appartenenti al periodo del Primo Tempio di David (10o secolo prima dell'era cristiana) potrebbero aver avuto un significato rituale o potrebbero aver contribuito a sostenere un qualche tipo di struttura in legno.
Lo scopo del complesso è un altro aspetto del mistero. Oltre alle V sono stati trovati altri simboli scavati nelle pareti e nel terreno tali da far pensare ad un attento progetto ingegneristico. L'ipotesi è suffragata dal fatto che i resti si trovano nei pressi della sorgente naturale Gihon, considerata una fonte di approvviggionamento d'acqua.
Gli archeologi che hanno effettuato la scoperta, con in prima linea Eli Shukron, co-direttore del progetto, conosciuto come "la città di Davide", hanno pubblicato una foto su Facebook chiedendo suggerimenti a chiunque ne sapesse di più. Le opinioni più interessanti giunte fin ora vanno dall'ipotesi di "stampi per riversare il metallo fuso" al generico "ebraico antico o caratteri egiziani".
A Tel Aviv la mostra "Italia Israele - I sensi del Mediterraneo"
Mancano pochi giorni all'inaugurazione a Tel Aviv la mostra "Italia Israele - I sensi del Mediterraneo", patrocinata dal Presidente della Repubblica italiana. L'evento avrà luogo il prossimo giovedì 15 dicembre, presso il centro culturale Enav, alle ore 20.00. L'esposizione raccoglie opere di artisti emergenti italiani e israeliani, ed è stata realizzata dall'Associazione Amici del Museo d'arte di Tel Aviv (AMATA) in collaborazione con l'ambasciata d'Italia e l'Istituto italiano di cultura (IIC) di Tel Aviv.
La mostra è alla sua terza tappa: è stata infatti già stata presentata a Milano e a Santa Margherita Ligure la scorsa estate. All'inaugurazione saranno presenti la curatrice Marina Corgnati e l'Incaricato d'affari dell'Ambasciata d'Italia in Israele, Gabriele Altana.
Israele, Ocse: pil al 3% nel 2012 per il calo commercio globale
ROMA - L'economia israeliana ha superato la crisi globale del 2008-2009 in buone condizioni e continua a crescere anche se il suo Pil passerà dal 4,7 per cento del 2011 (3,4 nell'ultimo trimestre dell'anno) al 3 per cento del 2012. Lo scrive l'Ocse nel diffondere il suo Economic Outlook sullo stato mediorientale. L'organizzazione con sede a Parigi osserva che le tensioni geopolitiche nella regione sono aumentate e che il rallentamento dell'economia israeliana è in gran parte legato all'affanno del commercio globale. Sul piano fiscale l'Ocse raccomanda la riduzione del debito come priorità. L'Ocse ricorda poi le tensioni a cui è sottoposta la classe media per l'alto costo delle abitazioni, mentre un miglioramento è stato registrato in termini di qualità del sistema educativo.
Una carriera segnata dalla sofferenza, da molti e terribili infortuni che hanno più volte fatto temere il peggio per la sua incolumità fisica. "Dopo questa botta sarà già un miracolo se riuscirà a camminare" diceva chi l'aveva avuta in cura. Previsione fortunatamente errata: la grinta felina, il desiderio di rialzarsi in piedi, una inesauribile voglia di primeggiare hanno infatti permesso alla surfista israeliana Lee Korzits di gettare il cuore oltre l'ostacolo. Nelle acque agitate di Perth l'atleta è riuscita in un'impresa straordinaria: aggiudicarsi nuovamente, a distanza di otto anni dal primo acuto, il titolo di campionessa del mondo nella categoria RSX. L'alloro, arrivato al termine di un duello emozionante e all'ultimo punto con la polacca Zofia Noceti-Klepacka, ha dell'incredibile non tanto per la vittoria in sé quanto in considerazione dei drammatici bollettini ospedalieri che, fino a non molto tempo fa, sembravano condannarla a un'esistenza sulla sedia a rotelle. La notizia del suo trionfo ha così entusiasmato Israele contagiando appassionati della disciplina e profani. I giornali parlano di "premio alla tenacia" e di "storia di sport che commuove e unisce". Tra i primi a complimentarsi pubblicamente il premier Benjamin Netanyahu e il capo di Stato Shimon Peres: entrambi si sono augurati di vedere Lee in lizza ai prossimi Giochi Olimpici di Londra. Lei dal canto suo ancora non si capacita di quanto accaduto: "È il momento più bello della mia vita, non riesco a crederci".
Italia-Israele: impulso alla cooperazione nello spazio, conferenza a Haifa
Nuovo impulso alla cooperazione italo-israeliana nel settore spaziale, grazie alla conferenza 'From Earth to Space' che si è svolta a Haifa il 6 dicembre, organizzata dall'Ambasciata d'Italia in collaborazione con la Camera di Commercio e Industria Israel-Italia ed il supporto di Agenzia Spaziale Italiana, Israel Space Agency e Madatech.
Durante i lavori è emerso l'obiettivo comune di far partire un grande programma che si chiamerà 'Shalom - satelliti iperspettrali', dotati cioè di 200 bande di frequenza nel visibile, ha reso noto il presidente dell'Agenzia spaziale italiana, professor Enrico Saggese, secondo cui il programma operativo (che potrebbe partire nella seconda metà dell'anno prossimo) prevede la realizzazione di due satelliti.
La conferenza e' stata aperta dall'Ambasciatore di Italia Luigi Mattiolo e dal Ministro israeliano per la scienza Daniel Hershkowitz. Ha visto la partecipazione non solo delle Agenzie spaziali di Italia ed Israele, ma anche delle industrie nazionali del ramo dei rispettivi Paesi. ''E' stato un successo aver messo tutti allo stesso tavolo'', ha rilevato Saggese, spiegando che gli esperti delle due parti hanno tentato di coniugare le rispettive ''eccellenze''.
In passato, ha ricordato Saggese, la cooperazione nello spazio fra i due Paesi e' stata salutata con calore dal Capo dello stato israeliano Shimon Peres. Israele guarda infatti con crescente interesse allo spazio e al suo possibile sfruttamento a fini economici.
Musica coniugata all'infinito: Omer Avital Quintet al Manzoni di Milano
Omer Avital
MILANO - Un concerto ricco di swing quello che ci ha regalato Omer Avital e il suo gruppo domenica 11 dicembre al teatro Manzoni; musicalmente espressivo e comunicativo. È questa la grande caratteristica del contrabbassista israeliano Omer Avital, a capo di un quintetto che ospita alcuni fra i migliori e più acclamati solisti sulla scena musicale newyorkese come Avishai Cohen alla tromba, Joel Frahm al sassofono, Jason Lindner al pianoforte e alla batteria, Jonathan Blake.
Jazz, musica araba, classica, europea, latina, klezmer; la musica composta da Omer, nato a Givataim, una piccola città in Israele, da genitori di origini marocchine e yemenite, è un caleidoscopio di suoni, profumi e colori che non si cristallizza mai e che si snoda attraverso le latitudini geografiche e sensoriali di questo melting pot israeliano arricchito dal cosmopolitismo del mondo yiddish che si è ritrovato a New York.
New York è stato infatti l'approdo dopo dieci anni passati tra studio della musica e lavoro nella musica in Israele. E l'inserimento, nonostante il suo maestoso ed ingombrante strumento, è stato facile. Omer Avital ha lavorato infatti con i migliori musicisti della sua generazione, tra cui Mark Turner, Jeff Ballard, Brad Mehldau, Antonio Hart, Claudia Acuña, Peter Bernstein, Greg Tardy, Myron Walden, Larry Goldings e Ali Jackson. A 24 anni ha formato l'Omer Avital Group, una band in cui si sono avvicendati musicisti di grande calibro.
Prossimo appuntamento da non perdere al Manzoni: domenica 15 gennaio 2012 sempre alle ore 11. Si esibirà infatti il grande sassofonista Pharoah Sanders in una formazione originale che include membri di gruppi particolarmente attivi nella scena musicale mondiale non limitata a quella del jazz.
Gli integralisti palestinesi di Hamas hanno avviato la produzione di razzi nel Sinai egiziano, dove si sentono al riparo da eventuali attacchi israeliani. La notizia, pubblicata oggi con grande evidenza dal quotidiano "Jerusalem Post", è stata smentita alcune ore dopo da un funzionario egiziano citato dal giornale "al-Masry al-Youm".
Secondo il "Jerusalem Post" Hamas dispone ormai di basi avanzate nel Sinai, che asseritamente non vengono disturbate dalle forze armate dell'Egitto. Le ripetute richieste israeliane di intervento sono state ignorate dall'Egitto, aggiunge il giornale, secondo cui questo atteggiamento di presunta passività ha facilitato l'introduzione di armamenti a Gaza, fra cui veri e propri arsenali provenienti dalla Libia. Fra queste armi, missili terra-aria di produzione russa.
Nel tentativo di bloccare il contrabbando di armi verso Gaza e di proteggere il gasdotto che corre lungo il Sinai settentrionale, Israele - ricorda il "Jerusalem Post" - ha autorizzato la dislocazione nel Sinai di una dozzina di battaglioni dell'esercito egiziano, in deroga agli accordi di smilitarizzazione. Ma i risultati, afferma il giornale, si sono rivelati deludenti.
La settimana scorsa l'aviazione israeliana ha colpito a Gaza un miliziano palestinese, Issam Batsh, che probabilmente era in procinto di organizzare un vistoso attentato mediante un commando dislocato nel Sinai, pronto ad infiltrarsi nella zona di Eilat (Mar Rosso). In seguito alla sua uccisione, miliziani palestinesi hanno sparato una ventina di razzi verso Israele.
La situazione creatasi a Gaza è definita "allarmante" in Israele e la radio militare, in un commento, non ha oggi escluso una riedizione della Operazione "Piombo fuso" di tre anni fa contro Hamas.
Stasera comunque il giornale "al-Masry al-Youm" è tornato sulla questione riportando le smentite di un funzionario egiziano. Questi ha negato la esistenza di basi avanzate di Hamas nel Sinai e ha ribadito che l'Egitto non permetterà mai che la propria sovranità in quella zona venga messa in questione.
Incidente diplomatico alla conferenza mondiale sul clima a Durban, Sud Africa, la delegazione israeliana e statunitense hanno minacciato di abbandonare la sessione dei lavori se dal programma non veniva rimosso lo status di stato menbro assegnato ai palestinesi e non quello di osservatore.
I delegati israeliani sono stati sorpresi di trovare nel'elenco dei relatori presentato ieri mattina la delegazione dell'Autorità palestinese nella categoria Stato invece di osservatore. La delegazione israeliana ha immediatamente avvisato anche le delegazioni americane, canadesi e australiane per contrastare lo sgarbo del protocollo.. Todd Stern, esperto di clima del segretario di Stato Hillary Clinton, ha minacciato che, se non veniva modificata la definizione dello status della delegazione palestinese, sarebbe intervenuto per bloccare il finanziamento americano alla conferenza mondiale. Dopo ore e momenti di tensione è stata modificata la definizione della presenza palestinese alla conferenza.
Palestinesi indignati da commenti del candidato alle primarie USA
Newt Gingrich
I palestinesi hanno espresso indignazione per i commenti da parte del candidato repubblicano alle primarie Newt Gingrich, che ha fatto riferimento al popolo palestinese come di un popolo "inventato".
In un'intervista venerdì con un canale televisivo via cavo americano di ispirazione ebraica, l'ex portavoce della Camera dei Rappresentanti ha espresso opinioni molto diverse da quelle che il suo paese sostiene oggi, ossia della opportunità di creare uno stato palestinese accanto ad Israele.
Gingrich ha dichiarato che storicamente non c'era "nessuna Palestina come Stato. Faceva parte dell'impero ottomano." Poi ha rincarato la dose, dicendo che "i palestinesi sono, a tutti gli effetti, arabi, che sono storicamente parte della comunità araba". Infine, ha detto che gli USA hanno sostenuto la guerra palestinese a Israele per una serie di ragioni, e che "tutto questo è tragico."
Sabato scorso, i funzionari palestinesi hanno descritto le osservazioni di Newt Gingrich come "spregevoli" e "razziste". Il Primo Ministro Salam Fayyad le ha definite "a buon mercato e vergognose", ed ha esortato il candidato alle primarie repubblicane per la Casa Bianca a chiedere scusa.
Il capo negoziatore palestinese Saeb Erekat ha accusato Gingrich di "negare l'esistenza del popolo palestinese", mentre il portavoce di Hamas Fawzi Barhoum ha dichiarato che i commenti rappresentato un appello alla "pulizia etnica" dei palestinesi.
(Gaianews, 11 dicembre 2011)
Senza voler difendere il candidato repubblicano e quindi senza appoggiare altre sue dichiarazioni, quello che ha detto News Gingrich sui palestinesi è assolutamente vero: il popolo palestinese non esiste. Prima del 1948 cerano i palestinesi arabi e i palestinesi ebrei. I primi anzi rifiutavano questo aggettivo perché volevano essere semplicemente arabi, mentre il termine palestinese richiamava troppo la Palestina biblica ebraica e presupponeva la nascita di uno stato che sarebbe stato staccato dalla Siria. Che il semplice ricordare questa evidente verità storica provochi tanto scalpore è un altro segno di quanto la menzogna si sia radicata negli animi di molti. M.C.
Israele: emergenza migranti dallAfrica. Il governo cerca ripari
È divenuto "una piaga di Stato" il fenomeno dei "migranti illegali" provenienti dall'Africa, passando attraverso il Sinai egiziano. Lo ha affermato il premier Benyamin Netanyahu nella seduta odierna del Consiglio dei ministri durante la quale ha esaminato piani di contingenza.
Il premier ha anticipato fra l'altro che si recherà in Africa, per studiare in maniera più approfondita le radici del fenomeno e le sue possibili soluzioni nei Paesi di origine. Fra questi figurano Sudan ed Eritrea.
Radio Gerusalemme ha riferito che nel 2011 sono entrati in Israele 30 mila "migranti illegali", il cui numero è oggi stimato in 50 mila. Secondo il ministro degli interni Ely Yishai (Shas) se Israele non prendesse contromisure, l'anno prossimo gli ingressi illegali potrebbero salire a 100 mila.
Fra le misure discusse dal governo vi sono: il completamento (entro 12 mesi) della barriera di confine fra Israele ed Egitto; l'allestimento nel Neghev di grandi campi di alloggiamento forzato; la messa a punto di programmi per il rientro consenziente dei migranti nei Paesi di origine.
In una intervista a radio Gerusalemme Yishai ha affermato che la quasi totalità dei migranti sono sospinti dal desiderio di lavorare in Israele "e solo poche decine di loro sono rifugiati politici veri e propri, ai quali viene data piena accoglienza". Questi dati sono accesamente contestati da alcune ong umanitarie.
Da parte sua Netanyahu ha detto al governo che "intere popolazioni africane si sono messe in moto verso Israele". "Se non interverremo - ha avvertito - saremo spazzati via".
Centinaia di migliaia di israeliani vengono svegliati di soprassalto tutti i giorni di prima mattina dagli altoparlanti delle moschee.
di Marco Tosatti
Centinaia di migliaia di israeliani vengono svegliati di soprassalto tutti i giorni di prima mattina dagli altoparlanti delle moschee: lo afferma la parlamentare Anastasia Michaeli (del partito nazionalista Israel Beitenu, guidato da Avigdor Lieberman) secondo cui occorre che siano eliminati i rumori eccessivi emessi da tutti i luoghi di preghiera: musulmani, ebraici o cristiani. Ossia chiede che per gli altoparlanti si trovi una sostituzione accettabile.
Secondo la Michaeli il problema più acuto è rappresentato appunto dai 'muezzin' delle moschee, che attivano i loro altoparlanti poco prima delle cinque del mattino. Dopo mesi di ricerche in diversi Paesi, la Michaeli è giunta alla conclusione che la sveglia ai fedeli islamici può essere oggi inoltrata con alti sistemi tecnologici e meno lesivi dell' ambiente: ad esempio, via radio, o mediante la televisione, o anche con applicazioni particolari sugli smartphone.
Mentre la sua bozza di legge è oggetto oggi di un esame preliminare del governo di Benyamin Netanyahu, le autorità religiose islamiche reagiscono già in maniera negativa. ''Si tratta di una legge di ispirazione razzista'' ha esclamato alla radio militare lo sceicco Abdallah Nimer Badir. Anche il Mufti di Gerusalemme, sceicco Muhammed Hussein, afferma oggi al quotidiano Maariv che la legge proposta dalla Michaeli ''colpisce il diritto di culto dei musulmani''. Essa, a suo parere, va vista inoltre in un contesto più vasto e preoccupante che include il tentato incendio doloso di una moschea, alcuni giorni fa in Cisgiordania, e il progetto del municipio di Gerusalemme di sostituire una rampa di accesso (giudicata pericolante) alla Spianata delle Moschee, contro il volere delle autorità islamiche.
Grazie a Istoreco che ha stretto rapporti con l'istituto israeliano Yad Vashem
Yiftach Meiri
REGGIO EMILIA - All'Istoreco si è svolto un importante incontro di formazione che ha visto la partecipazione di un ospite particolare. Negli ultimi anni la ricerca di Istoreco si è spinta infatti fino in Israele avviando una fruttuosa collaborazione con l'omologo istituto Yad Vashem. A rappresentare l'importantissimo centro internazionale di studi sulla Shoah qui a Reggio Emilia è venuto Yiftach Meiri, responsabile per la sezione didattica dei rapporti con l'Italia.
- Qual è il suo ruolo all'interno dello Yad Vashem?
«Lo Yad Vashem è l'Ente nazionale israeliano per la memoria della Shoah. Ci occupiamo di ricerca, di formazione e dell'organizzazione di iniziative per la commemorazione delle vittime della Shoah. Ogni anno una delle più grandi commemorazioni nazionali in aprile si tiene presso la nostra sede. Io personalmente lavoro al dipartimento Europa per formare insegnanti di tutta l'Europa sulle tematiche legate alla Shoah, includendo anche contenuti di educazione civica. Il nostro dipartimento fa parte della Scuola Internazionale per Studi sull'Olocausto che lavora, appunto, con docenti europei, ma anche con militari e poliziotti, sacerdoti, educatori e insegnanti provenienti da tutto il mondo, certamente ebrei ma anche non ebrei».
- Cosa l'ha portata a Reggio Emilia?
«Nella nostra scuola internazionale organizzo seminari per gruppi provenienti da Gran Bretagna, Irlanda, paesi scandinavi, Grecia e Italia. Non parlo italiano, ma conduco due volte all'anno gruppi italiani. Con alcuni insegnanti italiani che hanno partecipato anche a un secondo livello di approfondimento, siamo rimasti in contatto. Per esempio con insegnanti legati a Istoreco e al Centro Territoriale Permanente della vostra città. Tramite loro, abbiamo dato il via a questo scambio e progettato questa occasione di formazione in Italia, dove ho potuto tenere corsi pomeridiani a Milano, Piacenza e Reggio Emilia per diffondere la filosofia didattica dello Yad Vashem».
- Che impressione ha avuto dell'Italia e degli incontri avuti qui?
«Ho notato che c'è molto interesse verso la nostra attività e che ci sono progetti che si muovono nella stessa direzione, come la vostra ricerca presentata in sinagoga. Certamente sono consapevole che questi non siano argomenti che interessano tutti, però riscontro molta attenzione. Nella vostra iniziativa la sala era piena, come nelle altre città che ho visitato.
«Anche durante i seminari tenuti a Gerusalemme gli insegnanti italiani dimostrano molta partecipazione e coinvolgimento.
«In Israele la frequenza dei corsi di formazione presso lo Yad Vashem viene riconosciuta sul piano professionale ed economico. So che in Italia purtroppo questo non avviene. Significa che gli insegnanti partecipano ai corsi perchè sono davvero molto motivati sul piano personale.
«Vorrei aggiungere inoltre che i seminari che proponiamo presso lo Yad Vashem alternano momenti accademici a laboratori didattici, visite alla parte museale e viaggi di interesse culturale in Israele. Credo che sia una parentesi di sette o otto giorni molto intensa per gli insegnanti. Certo la maggior parte di loro si è già occupata del tema della Shoah, ma credo che i nostri seminari siano esperienze particolarmente intense.
Potete frequentare testimoni o lezioni anche qui in Italia, però quando lo fate in Israele vi rendete conto di quanto sia presente e viva questa tematica.
«Non è solo storia nei libri di testo e basta».
GERUSALEMME - Tre mesi dopo l'attacco che ha semi distrutto la rappresentanza diplomatica israeliana al Cairo, lunedi il nuovo ambasciatore, Yaakov amitai, tornera' nella capitale egiziana al posto Yitzhak Levanon. Lo riferiscono fonti della diplomazia israeliana. Il 9 settembre l'ambasciata al Cairo fu attaccata da una massa di manifestanti costringendo tutto il personale ad abbandonare la legazione .
Un percorso nuovo nel nord di Israele offre ai viaggiatori la possibilità di camminare attraverso i siti del Nuovo Testamento e sulle orme di Cristo. Il Sentiero del Vangelo si estende per 39 miglia, in direzione sud da Nazareth, attraverso dolci colline verdi, passando per le città ebraiche e arabe discende a Cafarnao, il villaggio di pescatori dove si dice che Gesù abbia stabilito la sua base originaria. Il Ministero del Turismo ritiene che il nuovo sentiero potrà attirare fino a 200.000 pellegrini cristiani nel nord di Israele il prossimo anno. I cristiani sono un segmento in rapida crescita del turismo israeliano che comprende circa i due terzi delle 3450 mila persone che hanno visitato il paese nel 2010. Sulle tracce del Vangelo, i turisti potranno andare verso il mare della Galilea a cavallo, i visitatori potranno immaginare per un attimo di essere nella Terra Santa di duemila anni fa. Il Sentiero del Vangelo, progettato e studiato per oltre un decennio, è costato circa 800.000 dollari. Il governo ha pagato per due terzi di essa, il Fondo Nazionale Ebraico il resto. Il Ministro del Turismo Stas Misezhnikov ha detto che il sentiero è un elemento della strategia di marketing per rendere Israele un sito religioso di riferimento per i turisti di tutto il mondo. Nonostante il gran numero di turisti cristiani, solo da pochi anni sono disponibili informazioni complete per chi è in cerca di un'accurata visita della Galilea. I sentieri sono segnalati, ma le mappe esistono sono in ebraico. Il cambiamento viene da due imprenditori che hanno sviluppato un percorso chiamato "Sentiero di Gesù" nel 2008, seguendo un percorso leggermente diverso da Nazareth a Cafarnao.
Il Sentiero del nuovo Vangelo, al contrario, è un progetto del governo. Si dirige a sud di Nazareth, con inizio alle Monte del Precipizio, dove, secondo le scritture, una folla quasi gettò Gesù da un dirupo dopo un sermone fatto in una sinagoga locale. Il monte offre una stupenda vista tutta la Galilea, da Nazareth antica alla valle di Jezreel, considerata oggi il cuore agricolo di Israele. Da lì, il sentiero sale al Monte Tabor, luogo della trasfigurazione, quando Gesù parlò a Mosè ed Elia e divenne raggiante, e Dio lo chiamò suo figlio. Oggi i sacerdoti celebrano la Messa in una chiesa francescana con alti soffitti e pavimenti in marmo bianco incontaminato. Da qui, il sentiero si snoda verso nord, passando, in primavera, attraverso un tappeto di anemoni e ciclamini. Un sentiero laterale, ha segnato anche, teste di Kfar Kana, dove si Gesù trasformò l'acqua in vino. Poi il sentiero del Vangelo passa attraverso i due vulcani estinti conosciuti come i Corni di Hattin, famoso come il luogo in cui l'esercito musulmano di Saladino sconfisse i crociati nel 1187. Oggi una moschea solitaria si pone come uno dei pochi resti di un villaggio arabo abbandonato. Nelle vicinanze si trova la città di Migdal, l'antica città di Magdala, dove si trovava la casa di Maria Maddalena. Più a nord, a Tabgha, la Chiesa della Moltiplicazione dei pani e dei pesci ricorda il noto passo del Vangelo. E infine i viaggiatori sono condotti verso il Monte delle Beatitudini, prima di andare a Cafarnao. Il Sentiero del Vangelo contiene pacchetti per prendere una barca attraverso il Mar della Galilea, dove si dice che Gesù abbia camminato sulle acque. Le barche corrono tra Cafarnao e Kibbutz Ginosar, dove gli archeologi marini hanno trovato e conservato antiche imbarcazioni da pesca che risalirebbero a 2.000 anni fa. Lungo tutto il percorso ci sono stazioni di benzina, tranquille città agricola e case lussuose per offrire luoghi di ristoro. Il sentiero si snoda attraverso pittoreschi paesaggi biblici e lunghi tratti agricoli. Il portavoce del Ministero confida che il percorso costituirà un incentivo agli imprenditori ad aprire alberghi e ristoranti lungo il percorso. Una varietà di opzioni già presenti per i viaggiatori, dal Fauzi Azar Inn celato nella vecchia città di Nazareth, al lussuoso Hotel a Tiberiade. Il campeggio è libero nei numerosi parchi lungo il percorso.
TEL AVIV, 9 dic. - Italia e Israele contano di dare il via nella seconda meta' del 2012 al programma spaziale congiunto "Shalom - satelliti iperspettrali", che prevede l'invio in orbita di due satelliti a 200 bande di frequenza per lo studio delle emissioni. E' quanto emerso nel corso di una conferenza sulle tecnologie spaziali, organizzata dall'ambasciata italiana a Tel Aviv e dalla Camera di commercio italo-israeliana, che ha riunito ad Haifa esperti dei due Paesi per mettere a punto i dettagli del programma. Il convegno, dal titolo "From Earth to Space", e' stato aperto dall'ambasciatore italiano, Luigi Mattiolo, e dal ministro israeliano per la Scienza, Daniel Hershkowitz. Al tavolo, i principali esponenti dell'Agenzia Spaziale Italiana e dell'Israel Space Agency, tra cui i due presidenti, Enrico Saggese e Ben Israel, oltre a rappresentanti delle piu' importanti industrie del settore dei due Paesi. Saggese, riferiscono fonti diplomatiche, ha ribadito "l'obiettivo comune di far partire un grande programma" con il quale Italia e Israele "possono certamente portare in campo internazionale un prodotto di eccellenza". "E' stato un successo aver messo tutti allo stesso tavolo", ha dichiarato.
Venti di tempesta su Israele, ma per l'esercito è guerra agli sprechi
GERUSALEMME - Le fibrillazioni regionali, le ricorrenti tensioni con i palestinesi e perfino l'eco di possibili tamburi di guerra con l'Iran non cancellano dall'orizzonte dell'esercito israeliano la priorita' di un'altra battaglia: quella per far tornare in ordine i propri conti. La scorsa settimana, le forze armate israeliane (Tzahal secondo l'acronimo ebraico, Idf secondo quello inglese) hanno dichiarato di dover far fronte a un deficit di 5,2 miliardi di shekel, pari a oltre un miliardo di euro, e hanno chiesto ancora una volta una mano alla politica. Ma le autorità di governo sono attualmente impegnate a trovare la quadratura del cerchio dopo le massicce proteste sociali degli 'indignati' locali della scorsa estate: e in tempo di austherity, riuscire a ottenere finanziamenti extra dallo Stato non appare facile. Nemmeno se a chiederli è l'esercito: istituzione giudicata, non senza ragione, di vitale importanza dalla quasi totalita' dei cittadini ed esponenti politici dello Stato ebraico. Tanto piu' in tempi di rivoluzioni, minacce e incognite. Secondo parte della stampa nazionale, del resto, la situazione finanziaria delle Idf sarebbe ancor più nera di quanto i militari ammettano pubblicamente. ''Il buco dell'esercito è in realta' di circa nove miliardi di shekel'', sostiene Yossi Gurvitz, animatore del 'pensatoio' virtuale +972mag. I militari ne avrebbero stimati 'solo' 5,2 poiche' ''a tanto ammonta il debito delle Idf con l'industria militare: lobby che ha i suoi 'portavoce' all'interno del Parlamento e potrebbe dunque spingere il governo a scucire almeno questa cifra''. Che siano cinque o nove miliardi, si tratta in ogni caso di un debito di proporzioni ragguardevoli. Inoltre, svariati capitoli di spesa sono top secret: e individuare eventuali sprechi risulta quindi molto difficile, a volte impossibile. Anche voci non coperte dal segreto militare sollevano ad ogni buon conto dubbi e perplessità. ''Tra le spese classificate come impreviste dai militari - ha scritto Gurvitz - spuntano ad esempio 18 miliardi di shekel per i sistemi di difesa missilistica Iron Dome e Hetz. Ma nel 2010 era stato detto che l'Iron Dome sarebbe costato solo un miliardo. E' verosimile che, da solo, l'altro sistema costi 17 miliardi? O magari - ipotizza l'analista - lo stato maggiore sta barando con i numeri, sperando che nessuno se ne accorga?''. In Israele sono in molti a chiederselo: media, opinione pubblica, deputati. ''Il budget della difesa deve essere trasparente'', è il monito ribadito ancora in questi giorni dal ministro delle Finanze, Yuval Steinitz, durante una conferenza a Sderot. Da mesi Steinitz - 'cane da guardia' dei conti pubblici e fedelissimo del premier, Benyamin Netanyahu - sta ingaggiando in effetti un braccio di ferro con il potente ministro della Difesa, Ehud Barak. Malgrado le tensioni regionali e i venti di tempesta che soffiano in direzione di Teheran, a causa dei programmi nucleari iraniani, il titolare delle Finanze vuole stringere i cordoni della borsa, ricollocando altrove risorse non indispensabili finora concesse all'esercito. ''Potremmo risparmiare fino a 12 milioni di shekel (2,4 milioni di euro) all'anno di sprechi, per destinarli a istruzione e scopi sociali'', va ripetendo Steinitz. Mentre Barak oppone una ferma resistenza in nome del refrain secondo cui qualunque taglio in questo settore ''intaccherebbe l'efficienza delle forze armate''.
Insomma: la società israeliana ha bisogno di burro o cannoni? Si deve dare ascolto alla famiglie che manifestano contro il carovita (col consenso dei ceti piu' deboli e di quei settori della classe media lasciati ai margini dalla crescita del Pil di questi anni) o ai generali? Per la dirigenza dello Stato ebraico - notano alcuni commentatori - pare giunto il momento di fare una scelta: etica e strategica allo stesso tempo.
Fratelli Musulmani: l'accordo tra Egitto e Israele va rivisto
L'accordo tra Egitto e Israele deve essere rivisto dal nuovo parlamento del Cairo. Lo chiedono i Fratelli Musulmani egiziani, usciti vincitori dalla prima tornata elettorale dalla caduta dell'ex presidente Hosni Mubarak, in un comunicato diffuso offi alla stampa. "E' trascorso molto tempo da quando sono stati firmati gli accordi di Camp David e come gli altri accordi necessitano di essere rivisti. E questo spetta al Parlamento'', ha detto il segretario generale dei Fratelli Musulmani Mahmoud Hussein. "La Confraternita crede che questo trattato sia di grande importanza, ma non è in cima alla nostra lista. Ci sono altre priorita' allo stato attuale'', ha dichiarato Hussein al quotidiano regionale Asharq al-Awsat. "Generalmente, Israele non ha onorato quell'accordo'', ha aggiunto l'esponente islamico.
Hussein ha quindi negato le indiscrezioni secondo cui i Fratelli Musulmani avrebbero raggiunto un accordo con gli Stati Uniti e con Israele sulla ''importanza di salvaguardare il trattato di pace con Israele". La scorsa settimana Israele ha espresso la propria preoccupazione per la vittoria dei partiti islamici al primo round delle elezioni parlamentari in Egitto e ha chiesto al futuro governo di confermare il trattato di pace siglato nel 1979.
Scrittoio di Hitler usato per accordi Monaco venduto all'asta
Acquistato da collezionista della costa Ovest per 423 mila Usd
NEW YORK, 9 dic. - Uno scrittoio in cuoio decorato con le iniziali "A.H." appartenuto ad Adolf Hitler è stato venduto all'asta per 423mila dollari (310mila euro) nel corso di una vendita all'incanto organizzata da "Alexander Autographs", negli Stati Uniti. Lo scrittoio, usato dal dittatore nazista per la firma dei famigerati accordi di Monaco del 1838, è andato a un acquirente anonimo della costa Ovest degli Stati Uniti.
All'asta anche tutto il 'nécessaire' utilizzato per la cerimonia: penna e calamai con impressa l'aquila tedesca e la croce uncinata.
Con gli accordi di Monaco le potenze occidentali diedero in pratica via libera ad Hitler per annettere alla Germania il territorio dei sudeti e incoraggiarono di fatto l'invasione nazista della Polonia, scintilla che un anno dopo avrebbe scatenato la seconda guerra mondiale.
I negoziati diretti una certezza, il riconoscimento nelle sedi internazionali un'utopia
L'Autorità palestinese ha avviato una nuova strategia per allontanarsi definitivamente dai negoziati diretti con Israele. Il vero intento di questa strategia non è ancora completamente chiaro. Certamente è sotto gli occhi di tutti che venti anni di trattative hanno portato a scarsi risultati e, per frustrazione, dicono i palestinesi, stanno abbandonando i negoziati scegliendo di rivolgersi direttamente alla comunità internazionale per assicurarsi l' autodeterminazione a Stato . Israele dal canto suo a frustrazione non è da meno, la lentezza dei negoziati e le tensioni ricorrenti ai propri confini dimostrano che non c'è volontà di trovare accordi. Da considerare comunque che la via dei negoziati, seppur stop and go con Israele in questi anni ha assicurato ai palestinesi una crescita delle infrastrutture, dell'azione amministrativa, dell'economia specialmente a Ramallah, delle sedi giudiziarie e delle scuole. La strategia palestinese di rifiutare negoziati diretti sembra essere alimentata dal desiderio di sconfiggere ed eliminare Israele. L'idea che il popolo ebraico abbia avuto dalla Comunità internazionale il diritto di autodeterminazione a Stato è una piaga che ha sempre animato la ritorsione palestinese, che ci ha provato a eliminare Israele sia con le guerre (dal 1948 al 1982) o campagne di terrore (dal 1972 Olimpiadi di Monaco a oggi, attentati, sequestri bombardamenti ai confini ), i palestinesi hanno ora avviato ora una campagna sofisticata tesa a minare la credibilità dello Stato israeliano agli occhi del mondo. L'Autorità palestinese ha incominciato a richiedere, e in alcuni casi ricevuto, l'adesione nelle sedi internazionali. Poi, attraverso un'assidua campagna mediatica supportata dal mondo accademico e dalle organizzazioni umanitarie, hanno portato nelle aule dei tribunali le cause contro Israele e avviato azioni di boicottaggio, richiesta di sanzioni contro Israele. L'obiettivo è isolare Israele dalla comunità internazionale. I palestinesi hanno capito che i negoziati diretti possono inevitabilmente portarli a accettare compromessi estremamente difficili. Compromessi che, come per gli israeliani, non entusiasmano le diplomazie pur consapevoli che si debbono fare. Tra i palestinesi incomincia a crescere la consapevolezza che non possono raggiungere i criteri la statualità senza lavorare con gli israeliani nelle fasi di costituzione per non correre il rischio di rimanere uno stato virtuale. Dopo tutto, la creazione di uno stato arabo palestinese è una volontà anche del governo di Israele. Le trattative dirette sono l'unica via per indurre anche Israele a concedere risultati ai palestinesi che in altro modo non riuscirebbero a ottenere. La nuova strategia dell'Autorità palestinese rischia di far passare troppo tempo e allontanare la speranza di accordi, oltre a consegnare un popolo esasperato nelle mani di Hamas alle prossime elezioni.
Chiusa una rampa di accesso al complesso della Moschea di Al-Aqsa
GERUSALEMME, 8 dic - Il Consiglio comunale di Gerusalemme ha ordinato la chiusura di una rampa di accesso in legno al complesso della Moschea di Al-Aqsa nella Citta' Vecchia ''per motivi di sicurezza pubblica''. L'ingegnere comunale Shlomo Eshkol ha inviato la disposizione ''di chiudere la struttura e di non permettere alcun uso di essa'' in una lettera alla Western Wall Heritage Foundation, responsabile della manutenzione della struttura, nota come la rampa Mughrabi.
La struttura in legno e' stata al centro di una complessa disputa tra la municipalita' di Gerusalemme e i gruppi che hanno la sovrintendenza delle parti musulmana ed ebrea della piazza che ospita il Muro del pianto e il complesso della moschea di Al-Aqsa. Secondo la municipalita' la rampa non e' sicura per rischi di incendio o di crollo. Ma i leader musulmani ribattono che questa decisione possa avere un effetto destabilizzante e accusano Israele di non riuscire a coordinare i lavori di ristrutturazione con Waqf, l'organizzazione islamica che ha la giurisdizione sulla parte musulmana del sito.
Drone israeliano uccide due militanti palestinesi a Gaza
Esercito: preparavano attentato; ferite altre 4 persone
GAZA, 8 dic. - Sono due militanti delle Brigate dei martiri di Al Aqsadi e delle Brigate Ezzedine al Qassam le vittime del raid aereo lanciato oggi da Israele con un drone contro un'autovettura nel centro della città di Gaza. E' stato lo stesso esercito israeliano a confermare che l'attacco è stato messo a segno contro "un terrorista appartenente alle Brigate dei martiri di al Aqsa", il braccio armato del partito Fatah, "così come un altro terrorista nel nord della striscia di Gaza". Le vittime "facevano parte di un commando terroristico che voleva mettere a segno un attentato contro civili e soldati israeliani alla frontiera", ha precisato l'esercito. Le due vittime sono state identificate in Essam al-Batch, delle Brigate dei martiri di Al Aqsa, e in Sobhi al-Batch, delle Brigate Ezzedine al-Qassam, braccio armato di Hamas. Nell'attacco sono rimaste ferite anche altre quattro persone, secondo quanto dichiarato da una fonte ospedaliera. (fonte Afp)
Hamas detta le condizioni per le elezioni a maggio
Due settimane fa, Hamas e Fatah hanno concordato le elezioni presidenziali e parlamentari palestinesi a maggio. Accordo raggiunto al Cairo tra il capo dell'ufficio politico di Hamas ', Khaled Meshal, e presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), come parte degli sforzi di riconciliazione tra le parti. Hamas ha comunque posto alcune condizioni per lo svolgimento delle elezioni a Gaza e in Cisgiordania.L'organizzazione ha annunciato che le urne dovranno esserci anche per gli elettori che risiedono a Gerusalemme Est. Questa condizione è resa difficile in quanto il governo israeliano potrebbe opporsi alla prevista attività propagandistica di Hamas a Gerusalemme est. Un'altra clausola richiesta da parte di Hamas è lo spostamento dell?ambasciata egiziana da Ramallah dove si era trasferita nel 2007 a Gaza. Ancora poco chiaro se si insedierà fino a maggio prossimo un Governo di transizione guidato da una personalità accettabile per entrambe le fazioni.
133 Stati membri dell'ONU hanno votato a favore di una risoluzione di Israele
Ron Prosor
Israele ha ottenuto un successo diplomatico in seno all'Assemblea generale delle Nazioni Unite. 133 Paesi membri dell'ONU hanno votato per la prima volta a favore dell'iniziativa israeliana "Tecnologia per l'agricoltura". I membri arabi dell'ONU, che all'inizio avevano dichiarato di votare contro, alla fine si sono astenuti. "La risoluzione ONU, che poi è stata accettata dalla maggioranza, è un riconoscimento internazionale dei risultati eccezionali e del contributo al mondo di Israele", ha detto l'ambasciatore di Israele presso le Nazioni Unite, Ron Prosor. "Il mondo vede in noi una nazione con un'agricoltura molto sviluppata, con le ultime tecnologie e innovazioni. Nel corso degli anni Israele è diventato famoso per questo. Ma chi mette i bastoni tra le ruote e di conseguenza ritarda il proprio avanzamento sono proprio gli stati arabi. Non votare per una risoluzione israeliana alle Nazioni Unite, nonostante che questa potrebbe aiutarli, mostra quanto siano irresponsabili questi Stati verso la popolazione araba. "Le popolazioni arabe sono tra le più povere del mondo, e pur vivendo accanto a Israele non possono approfittare delle più moderne tecnologie dello stato ebraico in fatto di agricoltura perché l'odio politico per Israele è più forte della logica.
(israel heute, 8 dicembre 2011 - trad. www.ilvangelo-israele.it)
7 dic - La mia settimanale rassegna stampa di mercoledì 30 novembre terminava con un invito a riflettere sulla società di oggi, anche su quella italiana, visto che su Facebook continua imperterrito ad operare un social network che fa "umorismo" su ebrei, bimbi down e vittime di pedofilia. Ieri si apprendeva che l'assessore calabrese Tuccio, sempre su Facebook, rinfaccia a Benigni di essere un "comunista ebreo, miliardario, e senza contenuti". Aggiungeva poi Tuccio: "Il fatto che io non provi simpatia verso il popolo ebreo, non credo sia un'offesa". Pronte sono partite le reazioni, e Tuccio, con le inevitabili scuse ha pure detto: "mi occupo di altro nella vita e Facebook è solo un gioco". No, assessore Tuccio, non è un gioco, e non possiamo accettare le sue parole "ho sbagliato e chiedo scusa", sarebbe troppo facile. Lei è liberissimo di non provare simpatia verso il popolo ebreo, ed anzi, come ebreo, mi sento del tutto a mio agio per tale sua affermazione, visto che proviene da lei. E tuttavia non pensi che le sue scuse possano avere un significato per una società civile. Deve prima imparare a conoscere, e poi imparare a riflettere. E' un percorso lungo e difficile che dovrà percorrere completamente se vorrà arrivare ad un traguardo dove altri, con le sue stesse origini politiche, sono pervenuti. L'Unità di oggi ha dedicato a questo episodio soltanto una breve, ed anche questo è tristemente sintomatico. Che poi questa realtà di antisemitismo puro si allarghi sempre di più anche in Italia ce lo dimostra l'articolo pubblicato su Libero a firma di Brunella Bolloli; il quotidiano gratuito romano Cinque giorni ha preteso di attaccare il sindaco Alemanno per avere assunto quale propria portavoce Ester Mieli, cittadina di religione ebraica. Immediate, anche in questo caso, sono partite le reazioni, ed il direttore di Cinque giorni Longo ha pensato di difendersi scrivendo che, per lui, il problema sta nei valori etici. Già, direttore Longo, su questo concordo pienamente; il problema sta nei valori etici. Anche lei, come l'assessore Tuccio, deve studiare e riflettere, e, nel frattempo, lasci fuori certi argomenti dalle sue pur legittime polemiche politiche.
Vibranti sono altre polemiche, in Israele e nel mondo, per alcuni episodi della cronaca israeliana; su alcuni mezzi pubblici che servono quartieri superortodossi, le donne devono sedere in coda, separate dagli uomini. Questa non è una regola generale valida in tutto il paese, ed appare piuttosto come l'accettazione, giusta o sbagliata che sia, di una richiesta fatta da una minoranza di cittadini e da applicarsi solo su di loro. Inoltre in alcune manifestazioni organizzate da Tsahal dei militari ortodossi si sono allontanati per non ascoltare delle soldatesse che cantavano; qui appare a chi scrive che la responsabilità di questo atto debba ricadere su chi si è allontanato, e non sullo Stato che, al contrario, ha sempre riconosciuto alla donna israeliana gli identici diritti dei quali gode l'uomo.
Questi episodi stanno alla base di un severo intervento di Hillary Clinton, che si è pure commossa in nome della solidarietà femminile, ed il suo intervento è ripreso oggi da Adrien Jaulmes sul Figaro; Hillary arriva a parlare di "degradazione dei valori democratici in Israele". Quando poi la Clinton giustifica il suo intervento sostenendo che la politica americana vuole sostenere i valori della società civile in giro per il mondo, viene voglia di chiedere al Segretario di Stato che cosa rinfaccia, in proposito, a tanti altri suoi alleati, a partire da quello saudita, o anche al nuovo, grande amico Erdogan, che non si preoccupa di mandare in prigione chi, ad esempio, scrive sui quotidiani cose sgradite al suo regime. Hillary Clinton si esprime anche contro il progetto di legge, ora bloccato prima di essere discusso alla Knesset, che prevede severe limitazioni contro i finanziamenti esteri ad ONG di sinistra; il mondo in generale, e quello ebraico in particolare, devono comprendere che Israele è un paese sotto assedio, a rischio continuo di annientamento, e quindi, di fatto, è come se fosse in stato di guerra permanente. Quando organizzazioni come B'Tselem dichiarano apertamente (ero presente io stesso) di non voler guardare a che cosa succede tra i nostri nemici, di non essere interessati a denunciare che cosa ha suscitato le reazioni di Israele, ma di voler soltanto denunciare al mondo queste reazioni, credo che un controllo da parte dello Stato di che cosa succede in queste organizzazioni sia del tutto comprensibile. Anche negli US sono in vigore simili disposizioni, e quindi la Clinton farebbe bene ad astenersi dal criticare Israele senza anche guardare a quanto succede in casa sua ed in quella degli altri suoi alleati.
Sempre Hillary Clinton, in compagnia di Sarkozy, ha deciso di far rientrare il proprio ambasciatore a Damasco, come scrivono oggi il manifesto e, soprattutto, Maurizio Molinari che, su la Stampa, scrive del grave rischio che, dopo la eventuale fine del regime alawita, correranno le tante minoranze presenti in Siria. Questa realtà siriana appare oggi ancora aperta a tanti sbocchi; come si legge in un editoriale apparso sul Foglio, la Russia ha inviato nei porti siriani le proprie navi militari, gli USA stanno inviando alcune portaerei che hanno già attraversato il canale di Suez, e l'Iran difende Assad con tutti i suoi mezzi militari e tecnologici. Che questi ultimi poi siano molto avanzati è dimostrato dal fatto che i pasdaran sono riusciti a far atterrare, quasi intatto, un drone che avrebbe, al contrario dovuto autodistruggersi. Che poi la situazione del Medio Oriente sia pericolosa come non mai ce lo spiega un secondo editoriale del Foglio, a commento del rapporto dell'American Enterprise Institute che considera certa la costruzione della bomba nucleare iraniana entro un anno. Prima delle prossime elezioni USA non è ipotizzabile un intervento militare di Obama, e ci si deve domandare anzi se esiste ancora la volontà di contenere l'avversario dall'uso della bomba nucleare; oggi gli USA non sono pronti alla deterrenza contro un Iran nucleare. A questo si deve aggiungere, per completare il grave quadro, come scrive Maurizio Stefanini su Libero, che l'Arabia Saudita ha deciso di costruire 16 reattori nucleari sul proprio territorio. Certamente neppure questi, come quelli iraniani, non serviranno, nella realtà, per usi medici o per costruire la pur necessaria energia elettrica.
«Come negare Auschwitz. Andai là con Primo Levi...»
Il rabbino Luciano Caro alla presentazione del libro sul lager.
di Gabriele Rasconi
Il rabbino Luciano Caro
Questo non è un libro ideologico o moralista, ma un libro di fatti. Ed è positivo, visto il periodo di negazionismo in cui viviamo».
Così, ieri sera alla Melbookstore, il rabbino Luciano Caro ha definito, alla presenza del suo autore, «Visitare Auschwitz» di Frediano Sessi, edito quest'anno da Marsilio.
«Parlo di negazionismo anche ai ragazzi ebrei - ha proseguito -, perché quanto accaduto è indicibile: mio padre è stato là, ma io stesso a volte stento a credere che nell'Europa di nemmeno settant'anni fa siano accadute cose del genere».
Un aspetto che rende incredibili le vicende narrate, ritornato spesso nel dibattito di ieri, è che se purtroppo «di massacri nella storia ce ne sono stati tanti, questo ebbe la caratteristica di essere progettato a tavolino da persone rispettabili: medici, industriali, studiosi cercarono il modo più economico per sopprimere una popolazione».
Ecco perché, allo scopo di rendere meno incredibili i fatti, «la prima parte del libro - interviene Sessi - è costituita di schede e bibliografie dettagliate che aiutano a capire quanto resta di una città concentrazionaria di 40 chilometri quadrati, un'area pensata prima come centro di detenzione e afflizione per oppositori polacchi e divenuta poi un campo di prigionia per sovietici, i primi a subire forme di gasamento». Ed ecco perché l'autore (nonostante a Caro il titolo non piaccia) spera che il testo serva da strumento affinché chi lo visita riesca a capire la vergogna del luogo.
Un luogo nato, si è insistito, «secondo i processi tipici della razionalità occidentale - ha continuato Sessi - Primo Levi affermava che lui ad Auschwitz di mostri non ne aveva visti», un'etichetta con cui si rischia di chiudere sbrigativamente l'analisi.
Era invece una città, che, «secondo un processo governato da intellettuali», doveva superare gli antieconomici centri cresciuti come funghi e slegati tra loro. «Apprezzo infatti il tono di questo libro, volutamente non emozionale, il tono di chi intende presentare una testimonianza oggettiva - è intervenuto di nuovo Caro, per poi lasciarsi andare ad un ricordo personale -. Nel 1983 ci andai con Primo Levi, che vi tornava per la prima volta: ricordo la sua finezza nel visitarlo. Chi ne esce non è la stessa persona che è entrata».
Il rabbino non ha rinunciato ad accennare ad un tema spesso collegato: i silenzi. I troppi silenzi.
Vi furono certo quelli del mondo cosiddetto civile e delle altre confessioni religiose, «ma perfino le comunità ebraiche di paesi non soggiogati dal nazismo non protestarono troppo. Mio padre c'è stato, però, nelle rare volte in cui si parlava del tema, diceva che era propaganda...».
Ambiente: Bei, 120 mln a impianto desalinizzazione Israele
Struttura ad Ashdod e produrra' 100 mln metri cubi acqua l'anno
BRUXELLES, 8 dic - Luce verde dalla Banca europea d'investimenti (Bei) al finanziamento di 120 milioni di euro per la progettazione e la costruzione dell'impianto di desalinizzazione ad Ashdod, in Israele. Il contratto e' stato siglato con la Banca Hapoalim, che poi prestera' i fondi alla Ashdod Desalination Ltd, una controllata di Mekrot Development and Enterprise Ltd.
Il progetto servira' ad aumentare l'oro blu disponibile in una regione che soffre per la scarsita' di questa risorsa, tramite la costruzione di un impianto di desalinizzazione che produrra' 100 milioni di metri cubi d'acqua ogni anno. L'arrivo di questa nuova struttura avra' un impatto diretto sulla vita quotidiana dei cittadini: la miscela di acqua dissalata con quella fresca potabile del sistema di approvigionamento nazionale migliorera' la qualita' dell'acqua fornita ai consumatori, riducendo la durezza e la concentrazione di sali, nitrati e boro. Il risultato sara' un prelievo inferiore di acqua e quindi un minor rischio di contaminazione delle falde a causa del flusso di acqua salata.
Un decennio dopo aver cancellato il loro concerto per i fan di Tel Aviv, i Red Hot Chili Peppers si esibiranno in Israele. Nel 2001, sulla scia del incredibile successo dell'album "Californication", erano stati venduti 20.000 biglietti per il concerto dei Red Hot Chili Peppers nel parco Hayarkon di Tel Aviv. Tuttavia dopo un'ondata di attacchi terroristici la band annullato la data del tour in Israele. "Sono sicuro che il pubblico israeliano comprenderà appieno quanto lavoro e sforzo è stato fatto per portare questo gruppo meraviglioso in Israele", ha detto il produttore Shuki Weiss, dietro gli sforzi per portare i Red Hot Chili Peppers in Israele.
"Sono lieto che gli artisti e i loro manager abbiano mantenuto la loro parola di recuperare lo spettacolo che è stato annullato nel 2001." Dopo un'ondata di voci delle ultime settimane circa i prossimi concerti dei Red Hot Chili Peppers, Weiss ha confermato che il concerto si svolgerà il 10 settembre 2012 a Parco Hayarkon di Tel Aviv. I biglietti saranno messi in vendita presto allo speciale prezzo di 320 NIS, e saliranno a 390 NIS una volta che la prevendita sarà terminata. Biglietti VIP e Premium saranno disponibili rispettivamente per 750 e 1200 NIS. La visita Peppers a Israele fa parte del tour mondiale per promuovere il loro ultimo e decimo anno, saranno gli headliner del festival organizzato da Picnic Weiss.
La Festa delle Luci da Gerusalemme a New York. L'appuntamento è dal 20 al 28 dicembre, anche nei ristoranti kosher d'Italia.
di Barbara Lacchini
Mentre il mondo cattolico si prepara a celebrare il Natale, ferve l'attesa della comunità ebraica per Hanukkah, festività religiosa nota anche come "festa delle luci", che quest'anno ricorre dal 20 al 28 dicembre 2011. La festa di Hanukkah (o Chanukah) dura infatti otto giorni e commemora un evento storico, ovvero la vittoria dei Maccabei sugli ellenisti (II secolo a.C.) e il miracolo dell'ampolla d'olio da loro trovata nel tempio sconsacrato, che pur essendo sufficiente per un solo giorno, durò per otto giorni. Per l'occasione viene acceso il menorah, il candelabro a otto braccia, oggi al centro di grandi cerimonie pubbliche con canti, balli e assaggi di sufganiyot, i dolci tradizionali di questa ricorrenza, una sorta di focaccine fritte nell'olio a ricordare l'olio del miracolo.
In tutto il mondo, le principali comunità ebraiche organizzano per Hanukkah numerose iniziative, a cominciare naturalmente da Gerusalemme, dove tra i vari appuntamenti in calendario si può giocare con tutta la famiglia alla scoperta della Città Vecchia, visitare gli antichi campi di battaglia dei Maccabei oppure curiosare in una fattoria biologica dove imparare a mungere le capre e a fare il formaggio o, ancora, partecipare al festival presso l'Ein Yael Museum (un grande museo vivente all'aria aperta che conserva, ricerca e ricostruisce artigianato e tecniche di arte antica in Israele e Gerusalemme) dove imparare a produrre l'olio d'oliva, a preparare la pita e a creare candelabri in ceramica.
A Londra, grande festa a Trafalgar Square il 20 dicembre per la cerimonia ufficiale di accensione del menorah, così come a New York le celebrazioni di Hanukkah sono molto suggestive e prendono il via all'accensione del menorah più grande del mondo nella Grand Army Plaza, tra la Fifth Avenue e la West 59th Street (di fronte al Plaza Hotel), mentre i più giovani aspettano il "Matzo Ball", il più grande party per ebrei single che si tiene ogni anno la vigilia di Natale in diverse location della Grande Mela e che, quest'anno, coincide proprio con Hanukkah. Per le famiglie, invece, l'appuntamento è al Jewish Museum per il consueto Hanukkah Family Day, che prevede laboratori e diverse attività da svolgere con i bambini nonché la visita alla famosa collezione di lampade storiche di Hanukkah. Da non mancare poi il concerto annuale della famiglia al Museum at Eldridge Street dove cantare, ballare e imparare l'yiddish.
In Italia, i menorah più grandi vengono accesi a Roma in Piazza Barberini e in Piazza Bologna con attività per bambini, musica, balli e i tradizionali dolci. A Milano, invece, l'imponente candelabro viene acceso in Piazza S. Babila, a due passi dalle vie dello shopping. E per concludere in bellezza, è d'obbligo una cena in un tipico ristorante kosher: tra i più accreditati a Roma ci sono Nonna Betta e La Taverna del Ghetto, a Milano provate invece Re Salomone.
Feltman: "I Fratelli Musulmani hanno promesso di rispettare l'accordo di pace con Israele"
Gli ultimi due giorni sono stati molto impegnativi per Jeffrey Feltman, vice segretario di Stato Hillary Clinton per il mondo arabo. Fra una riunione a Ramallah e una a Gerusalemme, manda un messaggio rassicurante agli israeliani dal Cairo. "Esiste un dialogo con i leader dei Fratelli Musulmani." rivela Feltman.
"Lavoriamo con tutti gli organismi politici in Egitto che non sostengono la violenza, e abbiamo avuto modo di dialogare con loro per capire se esiste l'intenzione di rispettare l'accordo di pace con Israele. Siamo rimasti colpiti dalla consapevolezza dei Fratelli Musulmani dell'importanza dell'accordo con Israele che può portare vantaggi e stabilità al loro paese". Feltman ha incontrato nei giorni scorsi il re Abdullah di Giordania e Abu Mazen dell'Autorità Palestinese e si è incontrato a Gerusalemme con i dirigenti del ministero degli Esteri e del Consiglio di Sicurezza Nazionale. Feltman conosce molto bene il tema israeliano - palestinese. In precedenza ha lavorato presso l'ambasciata americana a Tel - Aviv, ed è stato Console Generale a Gerusalemme est. "Sono qui ora a cercare di trovare le basi su cui avviare i negoziati diretti tra Israele e i palestinesi, che è l'unico modo per ottenere una soluzione a due stati - ha dichiarato Feltman - vogliamo far capire ai palestinesi che non ci sono scorciatoie, ma negoziati diretti, e la strada delle Nazioni Unite non li porterà da nessuna parte". Il vice segretario di Stato sembra non credere alla riconciliazione tra Fatah e Hamas "Per anni abbiamo ascoltato affermazioni e abbiamo assistito a riunioni, ma le profonde differenze rimangono -e sono un ostacolo per una vera riconciliazione", dice Feltman "Ho fatto ieri a Abbas una considerazione: comprendiamo il vostro desiderio di unità , ma non ci sarà Stato se a farne parte ci sarà un' una organizzazione terroristica, e per noi, Hamas è un'organizzazione terroristica ". "Bashar Assad secondo Feltman è uno strumento di terrore in mano agli iraniani e agli Hezbollah. Secondo le nostre informazioni Teheran per non trovarsi spiazzato sta cercando di aprire un canale di dialogo con l'opposizione siriana vista la posizione debole di Assad.
Due Diaspore si incontrano: Il Grande Gospel incontra il Klezmer
di Raffaella Roversi
MILANO - Gli organizzatori lo avevano annunciato: Aperitivo in Concerto, arrivato alla sua ventisettesima edizione, porta a Milano, al Teatro Manzoni, il meglio della nuova musica, quella che si muove fuori dai circuiti convenzionali, che nasce da zone di confine, dalla profondità del jazz, dalla contaminazione tra etnie ed esperienze di vita.
Così domenica 4 dicembre sono state le note dei Klezmatics, eredi del patrimonio musicale popolare degli ebrei orientali (Klezmer) unite a quelle del gospel afroamericano di Joshua Nelson, a riempire il Teatro Manzoni.
Nell'attingere al passato, non c'è da parte dei Klezmatics un atteggiamento da vittime di nostalgia culturale, ma piuttosto di ricerca di se stessi e del loro presente che prima di essere tale, è passato attraverso la marchiante esperienza della diaspora. Essa è stata vissuta anche dai neri africani fatti schiavi e condotti nel "nuovo mondo" che l'hanno esorcizzata dando vita al gospel . Non è un caso quindi che due drammatiche esperienze di diaspora si incontrino per dare vita ad un messaggio di vita e fratellanza.
Dalle prime note solitarie appare il deserto, con la sua durezza ma anche dolcezza. Il singolo canto che si leva dapprima come un lamento, si unisce ad un altro e poi ad un altro ancora sino a diventare il canto di un popolo intero che canta prima il dolore della sua diaspora e poi il coraggio di affrontarla con ostinazione e ottimismo. Per questo le note minacciose e gravi del rullo bellico del tamburo, si arrotolano su loro stesse e in un soffio di vento si trasformano in una girandola di note divertite e divertenti.
Si canta in yiddish e in inglese, si suona musica ebraica e jazz afroamericano: due terre, due lingue, due speranze si fondano e il loro canto diventa il canto di tutti noi, un'esperienza di condivisione, come il futuro che ci aspetta al ritmo della musica della vita. Perché il viaggio più bello è quello che si fa tutti insieme. Quindi, ognuno salga sul palco della vita con il proprio strumento, piccolo o grande che sia. E se non ne possiede nessuno o non sa suonarlo, che si aggiunga ugualmente con entusiasmo e con le proprie mani, strumenti fantastici per scandire il ritmo. Ed è quello che ha fatto il pubblico del Manzoni domenica: prima della fine del concerto si è alzato ed è andato sotto il palco a cantare e ballare, trascinato emotivamente da questo canto di fratellanza dei Klezmatics e di Joshua Nelson che è un inno trionfante alla vita, indipendentemente dal Dio che ce l'ha concessa.
Prossimo appuntamento: domenica 11 dicembre ore 11 Omer Avital Quintett. Il contrabbassista israeliano Avital ci offrirà, assieme al suo gruppo, un jazz policromatico che passa dalle influenze afroamericane a quelle yiddish passando talvolta per il "latin".
Liberman al Consiglio OCSE: facciamo crescere la middle-class nel Medio Oriente
Il Ministro degli esteri israeliano Liberman è intervenuto al consiglio dell'Ocse che si sta tenendo in Lituania "proveniendo dal Medio Oriente - ha detto - metto a confronto la nostra nazione e la Regione in cui viviamo con l'Europa e cerco di capire dove si trovino le differenze. L'Europa sta attraversando una delle più gravi crisi economiche dalla seconda guerra mondiale ma questo non porta alla violenza di massa o a violenti scontri internazionali.
Inutile dire che la situazione in Medio Oriente è completamente diversa. La domanda principale che si presenta in queste circostanze è: perché Israele mantiene la stabilità economica e politica? non solo abbiamo mantenuto la stabilità, negli ultimi anni ma Israele ha fatto grandi progressi, diventando un importante player mondiale nel campo dell'alta tecnologia e della scienza. " Negli ultimi decenni, agli israeliani sono stati assegnati 10 premi Nobel, sei dei quali per la ricerca scientifica. A parte la Cina, ci sono aziende più israeliane quotate al NASDAQ di qualsiasi altro paese, oltre al Nord America. Nonostante le condizioni climatiche estremamente difficili, Israele è diventato un leader mondiale e pioniere nel campo della desalinizzazione dell'acqua e delle tecnologie di irrigazione. Israele de-salina oggi circa 300 milioni di metri cubi d'acqua all'anno. Non solo,circa il 70% dell'acqua per l'irrigazione di Israele è stata purificata. Alla platea del Consiglio dell'Ocse Libermann ha detto: "In primo luogo, è chiaro a tutti che oggi la disputa tra Israele e palestinesi non è il cuore delle turbolenze in Medio Oriente. Non vi è alcun collegamento tra il conflitto israelo-palestinese e le rivolte in Tunisia, Libia, Yemen, Egitto e Siria, o i disordini in Bahrain e Arabia Saudita. Ci sono molte ragioni per tutti questi disordini nel mondo arabo, tra cui l'attrito etnico e le richieste di base di libertà individuale e di democrazia. Ma senza dubbio, il motivo principale è la situazione economica molto difficile, sottolineata dalle disparità socio-economiche e da una ingiusta ripartizione delle risorse. I leader arabi farebbero bene a far progredire la cooperazione con Israele nei campi della tecnologia e del know-how scientifico, piuttosto che continuare a incitare i loro popoli contro di noi. Se lo avessero fatto in passato, coloro che sono stati recentemente deposti avrebbero potuto evitare il loro destino. " Libermann individua poi una condizione necessaria: "la formazione di una classe media di successo, che funge da spina dorsale di una società sana. Quando si guarda all'Europa, si vede che un Paese ha successo se la propria classe media è avvantaggiata. Ne consegue che gli sforzi internazionali, per quanto riguarda il Medio Oriente, dovrebbero essere concentrati sullo sviluppo della classe media, che va di pari passo con lo sviluppo economico. "
Un gruppo neonazista per finanziarsi vendeva un boardgame sullo sterminio degli ebrei ispirato al Monopoli, leggi tutti i dettagli su Skillgames
Il mondo dei boardgame, dei giochi da tavolo, è decisamente vario. Si può giocare a fare il mostro, il cavaliere, il marine e persino il nazista. Un boardgame può salvare la vita e può regalare un sacco di momenti divertenti, un boardgame può persino occuparsi in maniera scherzosa di attualità. Non avrei mai immaginato, però, che potesse diventare un argomento da cronaca nera, anzi nerissima.
Un gruppo neonazista tedesco, sospettato di aver ucciso dieci persone in sei anni si è finanziato vendendo una versione razzista e nazista del Monopoli. Il gioco si chiama Pogromly e presenta alcune variazioni raccapriccianti sul tema economico tipico del Monopoli. Vi aspetto dopo il salto per i particolari. Buona Lettura e Buon Gioco.
Segui Skillgames su Twitter e su Facebook
Pogromly è un gioco che si basa sullo stermino degli ebrei esattamente come il Monopoli si basa sul predominio economico. Il via è una svastica, invece delle stazioni ci sono i campi di concentramento nei quali sono morti milioni di ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale.
I segnalini sono ritratti di Hitler, bandiere di Israele in fiamme ed altre amenità del genere. Simboli delle SS e di altre organizzazioni militari naziste sono disseminati su tutto il board. Il gioco veniva venduto ad 80$ circa. Giusto per la cronaca due dei tre autori sono morti suicidi, la terza è stata arrestata ed ora verrà processata per i dieci omicidi commessi tutti ai danni di immigrati prevalentemente di nazionalità turca.
Il governo tedesco pronto a indennizzare i sopravvissuti della Shoah
Interessati oltre 16 mila sopravvissuti finora mai risarciti
BERLINO, 6 dic - Oltre 16 mila sopravvissuti alla Shoah in tutto il mondo possono sperare in un indennizzo offerto dal governo tedesco. Berlino prende le distanze pero' dal volume del risarcimento, che l'organizzazione statunitense aveva quantificato in 485 milioni di euro. ''I dettagli sono ancora in discussione - ha reso noto il ministero -. I numeri non erano pero' alla base delle trattative''. Il risarcimento sarebbe comunque una conseguenza dell'allentamento dei criteri per accedere agli indennizzi.
E' tempo di primarie. Con un annuncio a sorpresa, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha detto che il suo partito Likud condurrà elezioni primarie il 31 gennaio prossimo, con un largo anticipo sulla fine della legislatura (prevista per il 2013). In questa data Netanyahu chiederà ai 120 mila membri del partito di confermare la sua leadership. Incontrando la lista parlamentare del Likud, Netanyahu ha giustificato la decisione con la necessità di risparmiare fondi in quanto il 31 gennaio il Likud terrà anche una consultazione interna.
Secondo gli osservatori, Netanyahu intende sfruttare al massimo la sua popolarità in Israele (cresciuta anche in seguito allo scambio di prigionieri con Hamas e alla liberazione del soldato Gilad Shalit), mentre nei sondaggi il Likud precede di larga misura tutti gli altri partiti principali fra cui i centristi di Kadima, i laburisti e i nazionalisti di Israel Beitenu (del ministro degli Esteri Avigdor Lieberman). La sortita di Netanyahu, secondo gli analisti, ha colto di sorpresa il suo principale rivale in seno al partito, il vice-premier Silvan Shalom, che finora non ha però espresso alcun commento.
Candidata alle scorse elezioni, consulente immobiliare 57enne. Testimone di un paese a prevalenza Musulmana dove esiste una completa integrazione culturale
di Antonella Appiano
Marie-Yvonne Kakon
Nell'affastellarsi di commenti, analisi e previsioni dopo la vittoria, in Marocco, del partito islamico Giustizia e sviluppo alle elezioni parlamentari del 25 novembre, sui media italiani è passata inosservata una notizia. La candidatura di Marie-Yvonne Kakon, 57 anni, 4 figli, consulente immobiliare. Perché donna? No, perché Marie Kakon, è ebrea. Una candidatura significativa quindi in un Paese a prevalenza musulmana. Ma un Paese, come ha dichiarato la stessa candidata al quotidiano 'Akhbar al-Yaoum', "dove arabi, amazigh (berberi) ed ebrei hanno vissuto fianco a fianco per secoli senza problemi".
E non solo. La candidata aveva già conquistato 30mila voti nelle elezioni del 2007, un numero che le avrebbe permesso di entrare in parlamento, se il suo partito, il PCS (Piccolo Centro Sociale) avesse superato la soglia del 6 per cento dei voti a livello nazionale. 30mila mila voti in un Paese con solo 2.500 elettori ebrei, rappresentano una vittoria. Ancora secondo il quotidiano 'Akhbar al-Yaoum', "il successo di un candidato ebreo in un paese musulmano potrebbe sembrare sorprendente, ma non in Marocco, dove esiste una completa integrazione culturale".
Fra le varie iniziative, che si svolgono regolarmente nel Paese nordafricano e che testimoniano la tradizione di apertura e di multiculturalismo, significativa quella coordinata dall'Università di Al-Akawayn di Ifrane. L'Ateneo ha organizzato, nel settembre scorso, un convegno per promuovere la conoscenza della persecuzione e del piano di annientamento degli ebrei europei durante la Seconda Guerra Mondiale. La stessa Marie-Yvonne, pur sottolineando la sua identità marocchina, è autrice di molti saggi sulla cultura ebraica in Marocco. Una storia interessante, da conoscere. Gli ebrei hanno vissuto in Marocco fin dall'antichità anche prima delle ondate in fuga dalla Spagna (insieme ad arabi musulmani) dopo la 'reconquista' del 1492 e la persecuzione dell'Inquisizione spagnola.
Prima degli anni Cinquanta, in Marocco vivevano circa 300mila ebrei ma dopo e la creazione dello Stato di Israele nel 1948, la maggior parte degli ebrei marocchini sono emigrati in Israele, Francia e Stati Uniti. Oggi in Israele vivono circa un milione di cittadini di origine marocchina, mentre in Marocco la Comunità ebraica conta circa 2.500 persone, concentrata soprattutto a Casablanca, Agadir, Marrakech.
E se Marie Kakon è la prima donna ebrea ad aver partecipato alle elezioni parlamentari, in questo particolare momento storico delle 'primavere arabe', dovremmo sapere che il Marocco ha già avuto in passato alcuni importanti uomini politici ebrei. Serge Berdugo Ministro del turismo nel 1990, per esempio, e André Azoulay, consulente di Re Hassan II, padre dell'attuale Re Mohammed VI.
In occidente siamo abituati a dare solo risalto a notizie negative. E in particolare in Italia di fronte al recente scenario mediorientale e nordafricano in mutamento, sappiamo evidenziare solo alcuni elementi, "l'emergere dei gruppi islamisti, la tensione fra Arabia Saudita e Iran, il riesplodere dei sentimenti antisemiti al Cairo". Cercando sempre connotazioni negative. Sull'Islam politico ho già scritto in 'Islam e democrazia'.
L'Islam politico del 2011 non è quello degli anni Settanta e ottanta e non esiste un riflusso antisemita nella regione. Anzi. A ben pensarci i sentimenti antisemiti sono stati alimentati proprio da quei regimi che ci ostiamo a chiamare 'laici', come valvola di sfogo di società impoverite e represse. Come può essere laico uno stato che deve proteggere tutte le comunità confessionali?
Da un sito pro Hamas
Archeologo presenta prove contro l'esistenza del 'tempio ebraico'
GERUSALEMME OCCUPATA - L'archeologo palestinese Jamal Amro ha dichiarato di aver scoperto 17 monete antiche che comprovano ulteriormente la falsa storia e credenza ebraica riguardo al presunto tempio nella Gerusalemme occupata.
Le monete sono risalenti al 16 a.C., cioè vent'anni dopo la morte Erode il Grande, che gli ebrei credono abbia costruito il secondo tempio.
Amro ha esposto lunedì la sua scoperta in una conferenza tenuta dalla "Commissione islamo-cristiana per il supporto a Gerusalemme" e dal "Congresso nazionale popolare di Gerusalemme" a Ramallah.
L'archeologo ha fatto presente che le monte sono state trovate sotto il Muro di Buraq (del Pianto, per gli ebrei, ndr), che è rivendicato come il muro occidentale del presunto tempio.
Questa scoperta confermerebbe che la costruzione del Muro sarebbe avvenuta dopo l'era di Erode, ovvero sotto il governatore romano Valerius Gratus.
Amro ha poi sottolineato come questa scoperta abbia lasciato gli archeologi ebrei in uno stato di frustrazione e shock, considerando che sarebbe un'ulteriore prova della falsità della loro credenza riguardo alla leggenda del tempio.
Tutte le scoperte archeologiche ritrovate prima di quest'ultima nella città araba di Gerusalemme e intorno alla moschea di al-Aqsa sono dell'epoca araba e islamica antica, e in particolare dei tempi degli Omayyadi e degli Abbasidi, fino all'Impero Ottomano, ha sottolineato l'archeologo.
(InfoPal, 6 dicembre 2011)
Un estratto di pura scienza palestinese: Il tempio ebraico è una favola, quindi è chiaro che anche Gesù è una favola. Gli ebrei possono dunque consolarsi: grulli non sono soltanto loro, ma anche tutti noi cristiani. Ma il Gesù palestinese allora che fine fa? Esiste o non esiste? Oltre agli archeologi palestinesi, ci saranno pure gli storici palestinesi. Sarebbe interessante conoscere le loro analisi dei documenti che attestano la vera storia del Gesù palestinese.
Fuori dallironia: a far cascare le braccia non sono queste sparate pro-islamiche a cui è giocoforza abituarsi, ma laccondiscendente silenzio degli intellettuali laici che sanno così acutamente analizzare le più piccole incongruenze israeliane. M.C.
L'ambasciatore israeliano ringrazia per il corso sulla Shoah
In una missiva mette in risalto il valore dell'inziativa
di Vincenzo Amone
Gideon Meir
Si è svolto all'università della Calabria il corso didattico incentrato sul tema della Shoah.
L'ambasciatore d'Israele in Italia, Gideon Meir, ha intesso esprimere a nome della nazione israeliana la gratitudine per la realizzazione dell'evento, inviando una lettera indirizzata agli organizzatori dell'evento e all'ateneo intero.
Nella missiva ha sottolineato la valenza dell'evento considerato come fondamentale per la crescita delle nuove generazioni.
Attraverso iniziative come queste, ha scritto, si educa il giovane ai valori del rispetto dell'altro e sopratutto si mantiene viva la memoria, per evitare che tragedie come quelle che hanno colpito il popolo ebraico non si ripetano.
Un'iniziativa giudicata fondamentale in un momento storico in cui In Europa e nel mondo si accendono nuovi focolai di antisemitismo e xenofobia, figlie della grettezza morale e di un processo storico negazionista ed è per questo che, si legge nella lettera"La promozione degli studi sulla Shoah e il suo insegnamento nelle scuole e nelle università costituiscono un ottimo strumento per aiutare a contrastare il negazionismo e a combattere i nuovi fenomeni di antisemitismo, e in generale ogni forma di discriminazione, di razzismo e di xenofobia".
Insomma, un'autorevole attestato che testimonia l'importanza dell'evento.
Hamas ha smentito le voci sull'abbandono della sede di Damasco
Hamas smentisce di stare abbandonando segretamente la sua sede di Damasco a causa dell'instabilità che vive il Paese, secondo le informazioni del quotidiano israeliano Haaretz. In un comunicato pubblico il porta voce di Hamas a Gaza, Fawzi Barhum, ha segnalato che il gruppo " continua il suo lavoro quotidiano in Siria sui temi palestinesi in modo immutato". Barhum ha insistito sul fatto che non c'è l'intensione di trasferire l'ufficio politico di Hamas, in un altro Paese e ha smentito che l'Iran abbia fatto pressioni sui leader del movimento per farli restare nella capitale siriana in segno di appoggio al suo alleato il presidente Bashar al-Assad.
Il quotidiano Haaretz che ha citato fonti palestinesi ha assicurato questo lunedì che i militanti di Hamas di " secondo e terzo rango" stavano abbandonando la Siria con i famigliari verso Gaza, il Sudan, il Qatar o il Libano. Sembrerebbe che l'uscita dal Paese sia una conseguenza della decisione adottata dalla direzione del gruppo che non avrebbe informato le autorità siriane. Haaretz ha dichiarato che l'iniziativa è stata presa dopo la decisione della Lega araba di imporre sanzioni economiche e politiche. Il regime iraniano che appoggia finanziariamente e logisticamente da anni Hamas, avrebbe minacciato di interrompere il flusso di armi e la formazione militare delle milizie se Hamas abbandona Assad nel suo peggio momento.
A settembre, uno dei principali dirigenti di Hamas a Gaza, Mahmud a-Zahar, ha riconosciuto che pensava all'opzione di muovere il quartier generale in Egitto. "Tutti i palestinesi in Siria sono angustiati , non solo Hamas. Ci sono molte opzioni per un eventuale spostamento del quartier generale, e l'Egitto è una di queste" ha riferito a-Zahar. Il giornale arabo internazionale Al Hayat ha pubblicato in aprile, che i leader di Hamas esiliati a Damasco avevano deciso di abbandonare la Siria e che il Qatar aveva accettato di accoglierli.
Le foto del lago salato che potrebbe prosciugarsi a causa delle alte temperature e lo sfruttamento dell'uomo, secondo una ricerca
Un gruppo di scienziati ha scoperto che 120 mila anni fa il Mar Morto si era completamente prosciugato a causa delle alte temperature dell'interglaciazione Riss-Würm, il periodo interglaciale più lungo e caldo, iniziato 130 mila anni fa e terminato 114 mila anni fa. Secondo gli scienziati la scoperta dimostra che le alte temperature possono inaridire la zona a tal punto da prosciugare nuovamente il lago, che negli ultimi anni si sta già ritirando.
Il Mar Morto è un lago salato che si trova in Israele, Cisgiordania e Giordania. La sua superficie e le sue coste si trovano a 423 metri sotto il livello del mare, nella depressione più profonda della Terra. Con i suoi 377 metri di profondità è il lago salino più profondo del pianeta e il suo nome deriva proprio dall'alta salinità - è circa otto volte più salato dell'acqua dell'oceano - che complica enormemente la nascita di qualsiasi forma di vita, tranne i batteri.
«Il Mar Morto sta scomparendo perché gran parte delle sue acque vengono assorbite dai paesi che vivono nelle zone circostanti» e le impiegano soprattutto nell'uso agricolo, ha spiegato Steve Goldstein, geochimico della Columbia University. «Ora sappiamo che in un periodo particolarmente caldo del passato, le acque - su cui ora le persone fanno affidamento - si prosciugarono da sole. Questa scoperta ha conseguenze importanti per le persone di oggi perché molto probabilmente in futuro questa regione diventerà sempre più arida», ha spiegato Goldstein alla BBC.
BEIRUT, 6 dic. - Comparendo in pubblico a Beirut per la prima volta da tre anni, lo sceicco Hassan Nasrallah ha approfittato dell'occasione fornitagli dalla ricorrenza della 'Ashura' per ribadire il pieno appoggio suo e di Hezbollah al presidente siriano Bashar al-Assad. "Fin dall'inizio abbiamo detto chiaro e tondo che noi stiamo con il regime siriano, un regime di resistenza contro Israele", ha tuonato Nasrallah, le cui parole erano rilanciate attraverso un maxi-schermo davanti a decine di migliaia di fedeli sciiti". Il leader di Hezbollah ha quindi puntato il dito contro il Consiglio Nazionale Siriano, principale cartello delle forze di opposizione, che ha accusato di voler "distruggere la Siria" per conto dei nemici esterni. "Il cosiddetto Consiglio Nazionale Siriano creato a Istanbul, e il suo capo Burhan Ghaliun, stanno tentando di presentare le loro credenziali agli Stati Uniti e a Israele", ha denunciato lo sceicco. In un'intervista pubblicata venerdi' scorso dal quotidiano americano 'The Wall Street Journal', Ghaliun aveva annunciato l'intenzione del suo gruppo, una volta al potere, di tagliare i ponti con l'Iran, con Hamas e con lo stesso Partito di Dio libanese. "Dopo la caduta del regime di Assad", aveva ammonito, "Hezbollah non sara' piu' lo stesso".
Allarme in Israele, terroristi infiltrati dallEgitto
GERUSALEMME, 5 dic. - Le truppe israeliane sono in stato di massima allerta lungo il confine con l'Egitto per il timore che terroristi si siano infiltrati attraversando la frontiera. L'iniziativa e' stata assunta sulla base di "informazioni di intelligence su una cellula terroristica che starebbe progettando un attacchi" su una strada che corre vicino al confine nel deserto del Negev Un attacco simile si verifico' nell'area ad agosto: uomini armati infiltratisi in Israele attraverso il Sinai egiziano attaccarono diversi autobus e auto a nord del resort di Eilat uccidendo 8 persone e ferendone 25.
Serbare l'anima": monologo sulla battaglia di libertà di Anna del Monte
In vista della Giornata dei diritti umani, il 7 dicembre alla Fondazione il Fiore di Firenze uno spettacolo teatrale dal diario della giovane ebrea fatta prigioniera dalla Chiesa Cattolica nel 1749
FIRENZE - La rievocazione in forma monologante della vicenda straordinaria di una donna realmente vissuta che riuscì con coraggio e coerenza incrollabili a difendere la propria libertà di fede e di espressione.
A pochi giorni dalla Giornata internazionale dei diritti umani 2011, mercoledì 7 dicembre alle 17 nella sede della Fondazione il Fiore di Firenze sulle colline di Bellosguardo, viene messo in scena, su iniziativa della vicepresidente Maria Giuseppina Caramella, uno spettacolo teatrale scritto e diretto da Teresa Megale, storica del teatro dell'Università di Firenze e drammaturga, a partire dal Diario di Anna Del Monte, e interpretato da Alessia Innocenti, attrice che ha lavorato con molti dei maggiori registi teatrali italiani di oggi. L'ingresso è libero.
Anna del Monte era una giovane ebrea romana, esponente di una ricca e colta famiglia del ghetto di metà Settecento, che nell'anno 1749 venne fatta prigioniera dalla Chiesa Cattolica e condotta nella Casa dei Catecumeni per essere sottoposta al battesimo forzato e alla conversione. Reagì con la forza della parola, con l'astuzia dell'intelligenza, con il comportamento saldo, con la fierezza delle proprie idee al rischio di perdere la sua fede e con essa il diritto alla libertà di fede. La lotta per la libertà religiosa condotta da Anna del Monte diventa simbolica ed esemplare difesa per l'affermazione della propria identità.
Sfuggita eccezionalmente alla prigionia, Anna volle affidare tale drammatica esperienza alle pagine di un diario manoscritto, pubblicato dall'editore Viella per la cura di Marina Caffiero nel 2008, nel quale si riflette la lunga e difficile storia dei rapporti tra ebrei e cristiani.
La resistenza di Anna del Monte è un episodio storico di lacerante attualità, la cui eco si riverbera ancora oggi nelle donne prigioniere in molti paesi del mondo per le loro idee politiche e religiose.
"Serbare l'anima", a cui hanno lavorato anche Arianna Terzoni per le scene e i costumi, Filippo Bigagli per il progetto luci e Ida Zatelli con la consulenza per l'ebraico, ha debuttato al Festival Mercantia di Certaldo nel luglio del 2009 per essere poi ripreso nel dicembre dello stesso anno al Saloncino Oro del Teatro della Pergola di Firenze.
Ecco come raggiungere la sede della Fondazione il Fiore in via San Vito 7.
In macchina: partendo da piazza Tasso, prendere via Villani. Giunti a piazza S. Francesco di Paola, imboccare via di Bellosguardo e proseguire fino ad entrare in via di San Vito (attenzione strada stretta e a doppio senso di marcia).
In autobus: dalla Stazione centrale prendere il 6/B. Scendere in via Masolino ed entrare in via Domenico Veneziano. Al semaforo proseguire per via di San Vito e salire fino al no 7 (circa 10 minuti a piedi).
WASHINGTON, 5 dic. - Anche se fate esercizio fisico, fate attenzione: stare comunque seduti per molto tempo potrebbe aumentare la circonferenza del fondoschiena. Gli scienziati della Tel Aviv University hanno scoperto che la pressione esercitata sulle aree del corpo usate per stare seduti o sdraiati produce fino al 50 per cento di grasso in eccesso, localizzato nelle stesse zone. Secondo quanto si legge sull'American Journal of Physiology - Cell Physiology, le cellule preadipociti, che sono precursori delle cellule grasse, si trasformano in cellule adipose e tendono a produrre ancora piu' grasso quando sono soggette a carichi meccanici estesi per lunghi periodi. Proprio il tipo di carico cui sottoponiamo i nostri tessuti quando ci sediamo oppure ci sdraiamo. I ricercatori hanno fatto questa scoperta studiando con risonanza magnetica i muscoli dei pazienti che erano paralizzati da lesioni del midollo spinale: il carico meccanico dovuto all'immobilita' spingeva il tessuto adiposo a espandersi, e le cellule di grasso invadevano i muscoli principali del corpo.
"L'obesita' e' piu' di un semplice sbilanciamento di calorie: le cellule sono sensibili anche alle sollecitazioni meccaniche dell'ambiente. Le cellule grasse producono piu' trigliceridi e piu' velocemente quando esposte a uno stretching statico.
Bisogna quindi porre attenzione a quanto restiamo seduti, oltre che a quello che mangiamo", ha spiegato Amit Gefen, che ha condotto lo studio.
"Delfino" il sottomarino della discordia israelo-tedesca
Il cancelliere tedesco Angela Merkel ha accettato di vendere il sottomarino "Delfino" a Israele soltanto dopo che il primo ministro Benjamin Netanyahu ha accettato di trasferire i fondi congelati relativi ai prelievi fiscali all'Autorità Palestinese. Israele aveva sospeso il trasferimento dei fondi 100 milioni di dollari al mese a seguito del conseguimento da parte della Palestina del riconoscimento di Stato membro dell'Unesco. Negli ultimi mesi la Merkel ha deciso di prendersi cura personalmente della richiesta israeliana di acquistare un sottomarino di elevata tecnologia. Nel febbraio scorso, dopo un litigio telefonico tra il primo ministro e la cancelliera, rispetto ai non-progressi nel processo di pace, la Merkel ha annunciato il congelamento della vendita. Tuttavia, l'attacco all'ambasciata britannica a Teheran la scorsa settimana e la decisione di Netanyahu di sbloccare i trasferimenti delle tasse hanno indotto Angela Merkel a approvare l'operazione di acquisto.
Nasce Qoros, la marca cino-israeliana che venderà anche in Europa
Vuole far concorrenza a Volkswagen, ma con prezzi quasi cinesi. Ce la farà? Chissà. Ma potrebbe dar fastidio alle case Europee
di Riccardo Celi
Mentre nella vecchia Europa il mercato è in affanno e vi sono marchi storici a rischio di chiusura (Saab) e altri (Jaguar e Volvo) che sono passati di mano perché le "big" che li possedevano dovevano disfarsi di pesi inutili, in Cina nasce una casa automobilistica nuova di zecca. Lunedì scorso, quasi trascurata dai siti e dai blog automobilistici italiani concentrati sul nostrano Motor Show bolognese, è arrivata la notizia della presentazione ufficiale della Qoros, una nuova realtà creata dalla cinese Chery Automobile e dalla Israel Corporation, una holding israeliana attiva in molti settori industriali e coinvolta al 30% nel progetto Better Place per la creazione, in quel Paese (ma anche in Australia e in Danimarca), dell'infrastruttura necessaria alla ricarica delle auto elettriche.
PROGETTI AMBIZIOSI - Qoros è una joint venture al 50% tra i due gruppi industriali citati e ha un obiettivo semplicissimo ma, allo stesso tempo, tremendamente ambizioso: costruire in Cina auto con la qualità delle vetture Volkswagen (che sembrano essere il punto di riferimento), magari con l'obiettivo di puntare addirittura ad avvicinarsi, possibilmente eguagliandola, a quella dei marchi "premium" (per intenderci: Mercedes, Bmw, Audi e così via), da vendere sia sul mercato interno sia, in un secondo tempo, in Europa, ma a prezzi concorrenziali. Il che è tutt'altro che uno scherzo, in uno scenario che vede competere in Cina (il cui mercato dell'auto, dopo i passati incrementi a due cifre, dà segni di rallentamento con una crescita prevista per il 2011 di "appena" il 6% sul 2010) oltre 70 costruttori e un'Europa dove il mercato invece "è in declino", come afferma senza mezzi termini Pietro Montagna in un suo articolo sul blog automotivespace.it.
VETTURE MADE IN CINA, MA CON ANIMA EUROPEA - Insomma, il "folle" programma di Qoros è di farsi largo in una Cina dove gli spazi di manovra sembra si stiano restringendo un po', e anche in un'Europa dove sembrano addirittura non essercene più. Come pensa di riuscire nel suo intento la nuova casa automobilistica? Semplice: ha reclutato o "rubato" un po' di manager molto navigati provenienti dalle case automobilistiche europee, cioè gli unici, secondo chi ha investito nell'impresa (circa 1,5 miliardi di dollari), in grado di fare le auto come sanno farle gli europei, e anche di venderle. Sono tedeschi, infatti, il capo-designer Gert Hildebrand, che ricopriva lo stesso incarico alla Mini, e il numero due Volker Steinwascher, ex-Volkswagen (il numero 1 è invece Guo Qian, un funzionario Chery). È italiano il direttore vendite Cristiano Carlutti, ex-Tesla; è svedese Roger Malkusson, l'ex-responsabile dei crash test alla Saab che ora dirige l'integrazione dei veicoli, mentre il britannico Peter Matkin (ex-Jaguar e Land Rover) occupa la posizione di direttore dei programmi. La vocazione europea del nuovo brand non si limita a questo: Qoros si serve della consulenza operativa del gruppo austro-canadese Magna Steyr (quello che tempo fa era in lizza per acquistare Opel), i motori sono progettati dall'austriaca AVL List ed è già certo il coinvolgimento di aziende del calibro di Valeo, TRW e Bosch come fornitori di componenti di primo equipaggiamento. Le premesse, dunque, sono che Qoros voglia tenere fede al suo nome, un termine inesistente coniato a bella posta che, secondo le parole del vice-chairman Volker Steinwascher, "Inizia per "Q" come "Qualità", ma indica anche un'azienda i cui dipendenti lavorano in sintonia come in un coro".
LA PRODUZIONE - La prima vettura Qoros, una quattro porte di taglia media (il segmento di riferimento, anche come qualità, pare quello della Volkswagen Passat), dovrebbe essere lanciata nel 2013, ma è certo che la vettura è già pronta per i crash test, per i quali punta alle 5 stelle Euro NCAP. Poi dovrebbero seguire, a distanza ravvicinata, una cinque porte, un Suv e, udite udite, anche un modello elettrico che certo beneficerà dell'esperienza accumulata dal socio israeliano nel progetto Better Place. Il nuovo stabilimento Qoros sta sorgendo a Changshu, a ovest di Shanghai, e avrà una capacità iniziale di 150 mila veicoli l'anno (niente male per un'esordiente), ma si parla già di una produzione a regime di 300 mila o, secondo altre fonti, addirittura di 500 mila.
INDUSTRIA DELL'AUTO CINESE, FASE TRE - Insomma, dopo aver superato il primo e il secondo stadio, rispettivamente quello della "copiatura" senza pudori delle vetture occidentali e quello della creazione di joint venture con i grandi gruppi mondiali dell'auto per produrre auto su suolo asiatico, l'industria automobilistica cinese sembra dunque avviarsi alla terza fase, quella (tutto sommato prevedibilissima) della progettazione di vetture con standard elevati in grado di competere con la migliore produzione europea e americana, ma con un formidabile asso nella manica: il prezzo, adeguato ai desideri e alle possibilità di consumatori europei che la crisi economica, se dovesse perdurare, costringerà a puntare sempre più al low cost. Riuscirà Qoros nell'impresa? Staremo a vedere. Quel che è certo è che l'idea di una specie di Passat cino-israeliana tecnologicamente evoluta, ben costruita, sicura e perdipiù venduta nel vecchio continente a prezzi quasi-cinesi, potrebbe far tremare i polsi a più di un costruttore europeo. Il nostro semaforo verde va al coraggio dell'iniziativa, perché se il progetto, come sembra, è davvero quello di sbarcare nella vecchia Europa, certo la Qoros di coraggio ne ha da vendere.
Si terrà il 20 dicembre la Conferenza annuale sul turismo in Israele. «Il prodotto turistico in Israele. Il prezzo e l'esperienza» è il nome dell'evento, organizzato dal ministero del Turismo e arrivato alla sua terza edizione, che vedrà riuniti i maggiori nomi del settore presso il Centro congressi internazionale di Gerusalemme.
Il padrone di casa, il ministro Stas Misezhnikov, presenterà una sintesi che racconti attraverso numeri e statistiche l'anno 2011 dal punto di vista dell'industria del turismo, la quale negli ultimi anni ha fatto registrare una crescita significativa, sia dal punto di vista del numero dei visitatori giunti nello Stato ebraico, sia dell'ampiezza del ventaglio di offerte proposto dagli operatori del settore.
Durante detenzione lungo sciopero della fame per Shalit
"Suoi carcerieri pensavano che sarebbe morto di stenti"
ROMA, 4 dic. - Durante l'ultimo periodo della sua lunga detenzione a Gaza, il soldato israeliano, Gilad Shalit, si è rifiutato di alimentarsi per costringere gli uomini di Hamas a liberarlo. Lo riferisce il quotidiano israeliano "Yédiot Aharonot" che cita fonti dei servizi di informazione dello Stato ebraico.
Secondo il giornale, Shalit ha perduto talmente tanto peso che i suoi carcerieri pensavano che sarebbe morto di stenti. "E' una delle ragioni che hanno spinto Hamas a concludere l'accordo" sullo scambio dei prigionieri, sottolinea il giornale.
Il 18 ottobre scorso Shalit, 25 anni, è stato liberato in seguito al raggiungimento di un accordo tra lo Stato ebraico e Hamas per la scarcerazione di 1.027 detenuti palestinesi. Il soldato israeliano era stato sequestrato il 25 giugno 2006 in un blitz di un gruppo armato di Hamas al confine tra Israele e Striscia di Gaza.
«Israele deve dirigere le esportazioni verso mercati emergenti»
In Israele «venticinquemila posti di lavoro sono a rischio». L'allarme viene da David Artzi, direttore dell'Istituto israeliano per l'export e la cooperazione internazionale. In un'intervista radiofonica, Artzi ha puntato il dito contro «le nubi scure sopra l'economia europea», in ragione delle quali «Israele deve essere pronto a direzionare le proprie esportazioni verso i mercati emergenti, come venne fatto già nel 2008».
«Sto parlando - ha spiegato l'esperto - di Cina, India, Brasile, Vietnam e Russia». Secondo i dati raccolti dall'Istituto di Tel Aviv, «cinquecento imprese sono attualmente a rischio. Vale a dire il 30% del nostro settore industriale. Sto parlando di 25mila posti di lavoro, senza contare l'indotto». Ma la situazione «non è disperata». «Se facciamo quello che dobbiamo fare - ha concluso Artzi -, possiamo evitare di licenziare migliaia di lavoratori».
Finanziata azienda israeliana per 650 mln di dollari
La Israel Chemicals ottiene una linea di credito da 650 milioni di dollari. La multinazionale israeliana attiva nel settore chimico - in particolare nella lavorazione di fertilizzanti e metalli - è stata finanziata da una cordata di sette banche internazionali: Citigroup, Commerzbank, Bank of Tokyo-Mitshubishi, Sumitomo Mitsui Banking Corporation, Rabobank, HSBC Holding e BBVA.
Il tasso d'interesse concordato è dell'1% annuo, tranne nel caso in cui Israel Chemicals ritiri oltre 215 milioni di dollari in un'unica tranche; allora, gli interessi crescerebbero di un ulteriore 0.2-0.4%. I vertici della compagnia hanno commentato con soddisfazione l'affare: «La portata di questo prestito e la bassa percentuale d'interesse sono una conferma della solida posizione della nostra azienda agli occhi dei mercati finanziari internazionali, oltre che della fiducia che gli istituti di credito ci accordano malgrado l'agitazione e l'incertezza che stanno segnando l'economia globale».
Per crisi politica in Siria, dicono voci in Striscia Gaza
GAZA, 4 DIC - Hamas starebbe gradualmente riducendo la presenza dei propri funzionari a Damasco, come conseguenza della crisi politica in Siria. Mentre i dirigenti dell'organizzazione palestinese stanno valutando se trasferirsi in altre capitali arabe, i quadri di minore rilievo progettano di raggiungere Gaza passando per l'Egitto: questo il senso di voci insistenti diffusesi oggi in ambienti giornalistici nella Striscia. Hamas nega, ma dietro le quinte si avverte l'esistenza di lotte di potere.
Ebrei ad Auschwitz. Fiaccolata in memoria di quel primo treno
Il 7 dicembre del 1943 dalla Stazione centrale di Trieste partiva il primo convoglio di ebrei destinato ad Auschwitz. Sui vagoni piombati furono stipati 159 uomini, donne e bambini strappati alle loro case e alle loro famiglie. Soltanto nove di loro dovevano fare ritorno. In memoria di quel giorno la Comunità ebraica di Trieste organizza, mercoledì alle 18.30, una fiaccolata aperta a tutta la cittadinanza che prenderà il via da piazza della Borsa e che nonsi esaurisce nellamemoria della deportazione ebraica ma guarda alle sfide dei nostri giorni.
«Vorremmo chiamare a raccolta - spiega il vicepresidente della Comunità ebraica di Trieste Mauro Tabor - chi oggi si trova a vivere una situazione di discriminazione, di emarginazione o pregiudizio e quanti, cittadini, associazioni e organizzazioni vogliono ribadire il loro impegno a difesa dei diritti di tutti: per non rischiare, ancora una volta, di guardare senza vedere o di ascoltare senza sentire».
La persecuzione nazifascista colpì con particolare ferocia la realtà ebraica triestina che nello sterminio vide perire oltre un migliaio dei suoi figli. Per raccontare questa tragedia la manifestazione sarà intitolata a Ida Marcaria, una dei pochi a tornare da Auschwitz. Ida, scomparsa a ottobre all'età di 82 anni, fu prelevata adolescente assieme a tutta la famiglia dalla sua casa di piazza della Borsa. La sua vita di ragazza libera e felice finì, come per tutti i deportati, al momento dell'arresto. Il 7 dicembre fu deportata ad Auschwitz, a bordo del convoglio 21T, con i suoi: sopravvissero insieme a lei solo la sorella Stellina e il fratello Giacomo. Ida può essere considerata un simbolo delle tante vite spezzate dalla persecuzione nazifascista. Ma è al tempo stesso l'emblema del coraggio di riprendere il cammino e di testimoniare la Storia. Dopo la Liberazione non aveva voluto restare a Trieste e si era trasferita a Roma, dov'era diventata madre e nonna e aveva aperto una famosa cioccolateria. Per lungo tempo non volle raccontare quanto le era accaduto, in seguito si assunse l'impegno di raccontare il lager ai più giovani.
Per questo la marcia silenziosa, la prima del genere organizzata dalla Comunità ebraica di Trieste, partirà dalla sua casa di piazza della Borsa per raggiungere la Stazione centrale. «L'invito - spiega Mauro Tabor - è a portare con sé una valigia, o almeno a riflettere sugli oggetti necessari che metteremmo in valigia se avessimo appena dieci minuti per lasciare la casa che amiamo e partire per destinazione ignota. Alla luce del passare del tempo e della riduzione numerica delle fila dei testimoni siamo noi, figli, nipoti, noi esseri umani degni, che dobbiamo trovare il modo di far capire, di ricordare, lo dobbiamo a loro e a ciò che potrebbe succedere se venissero dimenticati».
Lo striscione che precederà il corteo recherà una frase di Vera Vigevani Jarach,una delle madri di Plaza de Mayo, ebrea di origini triestine che fuggì dall'Italia causa le leggi razziali e vide la figlia Franca scomparire nella ferocia della dittatura argentina. «Lavorare per lamemoria vuol dire pensare al futuro ». In segno di rispetto nel corteo non vi saranno altre bandiere o insegne.
Incontro Elie Wiesel in un albergo parigino. È leggermente dimagrito, ma sorridente e come sempre ottimista. Da Flammarion sta uscendo il suo ultimo libro «Coeur ouvert», in cui descrive la recente operazione al cuore e nello stesso tempo fa un'analisi sulla sua vita e sulla sua opera letteraria, sul suo lavoro di professore e di testimone della Shoah.
- Cosa ne viene fuori?
«Forse il mio bisogno di scrivere. Tra tutti i 57 libri che ho scritto, questo è quello che più si avvicina a ciò che volevo raggiungere, cioè la verità e la semplicità».
- Ha avuto paura di morire? «Di morire prima della morte, di rendermi conto che si è impotenti fisicamente. Ora sono guarito, sto meglio ma il cammino talvolta mi sembra ancora pieno di spine e di ostacoli».
- Cosa le dispiaceva di più lasciare? «Naturalmente mia moglie, mio figlio, mio nipote e anche i miei allievi. Ho capito che dovevo prolungare il mio insediamento. Lo studio e la scrittura sono le due passioni della mia vita. Comunque non vedo nella morte una tragedia».
- Ha capito molte cose invecchiando? «Non sapevo di essere così fragile, e poi mi sono reso conto che un'iniezione o una pillola in certi momenti ha più forza del pensiero più profondo, dell'opera filosofica, della musica e anche dei sentimenti amorosi. E quindi protesto moltissimo perché non voglio dipendere da una pillola».
- Lei ha riflettuto molto sui suoi libri e sul suo lavoro, ma da quanto scrive si capisce che non è contento. È così? «Non sono soddisfatto nemmeno quando li metto giù. Pensavo di trasmettere, attraverso i miei scritti e le mie parole, cose indicibili, ma non è così».
- Almeno è gratificato dal suo ultimo libro? «Se uno scrittore è onesto sa che ciò che ha appena pubblicato non è il libro con la "L" maiuscola che voleva scrivere, eppure continua a farlo sperando che un giorno porterà a termine il "Libro", quello buono».
- Secondo lei nel mondo di oggi gli scrittori contano ancora qualcosa? «Sì per i singoli individui, non per i politici e per la politica. Viviamo in un'epoca in cui si legge poco e si guarda molto la televisione: tutto è oggi uno show, compresi i notiziari. E io in nessun modo voglio fare parte dello spettacolo».
- Che cosa pensa della Primavera araba? «È un fatto che naturalmente mi è piaciuto e interessato molto. Non voglio però che vada troppo lontano. Mi sembra bello che i giovani, anche a costo di morire o di essere feriti, ad un certo punto abbiano saputo dire basta».
- Ritiene che l'Iran rappresenti un pericolo? «Sì, non solo per Israele ma per il mondo intero. Ed è proprio Ahmadinejad, negatore dell'Olocausto, colui che in qualche modo oggi lo rappresenta».
- Crede che ci sarà una guerra? «Non ho accesso alle informazioni ufficiali o ufficiose, quindi sarebbe inopportuno se dessi una qualunque risposta. Ma so che molti anni fa è stato deciso che l'Iran non può diventare una potenza nucleare militare».
- Come vede la crisi che sta attanagliando il mondo? «Non capisco molto di economia e di politica, però conosco la cultura, l'educazione e la filosofia. Certo che in America, il Paese in cui vivo, appena parte una campagna elettorale il fango si sparge dappertutto. Il livello si è davvero deteriorato in modo spaventoso e la qualità dei politici è bassissima, il loro linguaggio è volgare. Non esiste più quella fiera nobiltà nell'aspirazione di dirigere una comunità».
- È vero che ha rifiutato di essere Presidente dello Stato d'Israele? «Sì, era improbabile che lo potessi fare. Ho detto di no malgrado le moltissime insistenze. Un giorno, mentre mi trovavo in Israele, un giornalista mi ha detto: "Io non la capisco, non siamo abbastanza importanti per lei visto che rifiuta questo onore?". Una domanda che mi ha fatto male, anche perché non volevo insultare Israele. Sono un uomo schivo che insegna e scrive. L'unica cosa che domino bene sono le mie parole, se diventassi Presidente non sarebbero più davvero mie. Inoltre sapevo che il mio amico Shimon Peres era il Presidente giusto per Israele».
- È importante al giorno d'oggi il ruolo di un intellettuale? «Sì, ma non negli Stati Uniti. In politica solo in Francia gli intellettuali si mescolano e in qualche modo riescono bene nei loro compiti. Nell'Europa personalmente ho creduto molto, mi è piaciuto pensare che non ci sarebbero state più guerre tra Francia, Germania e Inghilterra. E adesso, quando leggo che l'euro potrebbe avere le ore contate, sto male. Forse allora l'Europa unita era soltanto un'illusione...Io amo quello che unisce e non quello che separa. La letteratura, ad esempio, unisce e lascia sempre una traccia importante di sé negli uomini».
Da Israele nessun commento ufficiale al risultato della tornata elettorale in Egitto ma è certa la preoccupazione per la crescita di consenso e potere dei partiti islamici. Un alto funzionario della difesa ha detto: "La situazione è ancora più grave di quanto abbiamo stimato".
Secondo le informazioni provenienti dall' Egitto, i militari, i capi di governo del Cairo sono stati sorpresi dalla vittoria dei movimenti islamici, in particolare il movimento e il fallimento della "rivoluzione giovanile". I risultati indicano un trend di radicalizzazione in Medio Oriente, tenendo conto anche del risultato delle elezioni in Tunisia e Marocco. " Non è sorprendente- ha detto l'alto funzionario - sapevamo che i partiti islamici erano i più organizzati della zona, e hanno anche ricevuto assistenza economica dalle organizzazioni islamiche internazionali. I Fratelli Mussulmani ad esempio hanno ricevuto denaro da Arabia Saudita e Iran". Il funzionario del ministero degli Esteri israeliano ha detto che la vittoria dei partiti islamici in Parlamento non porterà alla rottura delle relazioni con Israele. La ragione: il Parlamento egiziano non ha alcuna autorità in politica estera. E visto il ruolo determinante la partita ora si sposta alle elezioni presidenziali. Gaza, tuttavia, ha celebrato la vittoria dei Fratelli Musulmani in Egitto. Hamas sostiene di essere il braccio palestinese dei Fratelli Musulmani e ha espresso la speranza di un loro aiuto contro l' assedio politico ed economico a Gaza e aprire il valico di Rafah alla libera circolazione in Egitto .
Ora è chiaro a tutti: la jihad dominerà il "nuovo" Egitto
Nel Paese si respira già l'aria di vittoria della Fratellanza. E l'allarme, finalmente, è forte. Il Medio Oriente è mutato: le vecchie alleanze sono saltate, la resistenza è debole
di Fiamma Nirenstein
L'aria della vittoria degli islamisti della Fratellanza musulmana e del partito Al Nour, ancora più islamico, si respira già in Egitto. E puzza di bruciato.
Il sessanta per cento sembra confermato, forse di più, e alla seconda tornata si prevede un'ulteriore baldanzosa crescita. L'allarme è grande: una fonte del Consiglio militare supremo ha detto al giornale Al Hayat, e certo non gli ha raccomandato di tenere il segreto, che un'eccessiva vittoria islamista «renderebbe arduo il ruolo di garanzia dell'esercito», e che più di due terzi di islamisti in parlamento abolirebbero gli articoli della Costituzione che salvaguardano la laicità del Paese. Le forze sfibrate della parte laica che per ora non vanno oltre il venti per cento; i giovani bloggers che si battono sui social network per rispondere all'aria che spira da dichiarazioni come quella trionfante e minacciosa di Abdel Monem al Shahhat, un leader salafita che ha dichiarato che lo scrittore premio Nobel Naguib Mahfuz era un corruttore della gioventù, cantore di bordelli e di droga. Di tono analogo, stavolta sul futuro dell'Egitto, che deve abolire ogni occasione di incontro fra i due sessi se non sono sposati, cancellare l'alcool, la musica e quant'altro, le esternazioni di un altro leader Hazem Abu Ismail, cui hanno risposto una quantità di pigolii scandalizzati da twitter. Vedremo se tali sono destinati a restare. O se l'esercito sceglierà lo scontro. Ma all'orizzonte baluginano grandi tuoni con cui noi occidentali dovremo fare i conti: il Medio Oriente è oggi un oggetto misterioso, incandescente, completamente diverso da quello che abbiamo conosciuto.
Bene, abbiamo capito che ovunque l'eruzione si presenti, alla fine la lava somiglia molto alla jihad. Ce n'è voluta, ma ci siamo arrivati. Ancora però non abbiamo capito che tutto è cambiato dentro la sfera islamica. Prima sono andati giù i tiranni più amichevoli verso l'Occidente, Ben Alì e Mubarak. Durante la Guerra Fredda contro di loro si ergeva il famoso «asse della Muqawama», della Resistenza. Questo gruppo, capitanato dall'Iran, con a fianco la Siria, gli Hezbollah che controllavano il Libano, Hamas che pensava allo scontro duro con Israele, collateralmente la Libia, è stato molto contento, e ha pensato che l'egemonia sulle rivoluzioni fosse assicurata. Ne ha dati molti segni, basta leggere i discorsi di Ahmadinejad, di sostegno peloso al popolo arabo dopo che lui aveva massacrato il suo in piazza; o di Assad, quando disse che la Siria non avrebbe avuto una rivolta perché i suoi interessi erano gli stessi del suo popolo, combattere Israele e l'Occidente. La Turchia, non possiamo ignorarlo, pure in una posizione da zio nobile, ha fatto parecchi passi verso l'asse per poi recederne.
Intanto l'Iran costruiva la bomba, sicuro della sua impunità.
Poi, le cose sono cambiate: l'anello debole è la Siria, ma anche le rivelazione dell'Aiea sul nucleare iraniano costruito per la guerra, hanno creato la svolta. Il blocco si è sfasciata. Assad ha fatto in 8 mesi 4.800 morti; Ahmadinejad manda aiuti militari ad Assad, cosa poco onorevole, mentre a casa sua le strutture nucleari vengono attaccate variamente; Hamas sta cambiando padrone, perché i suoi padroni sciiti aiutano Assad contro la Fratellanza musulmana di cui Hamas fa parte; Hezbollah che sta perdendo in Siria è nei guai. Qualche giorno fa a Tripoli del Libano si è svolto un rally sunnita capeggiato da Said Hariri, ex primo ministro. Il blocco della resistenza ha il suo daffare, è spezzettato e debole.
Incerti e fragili anche tutti i paesi che non sanno altro che mostrarci il loro versante islamico, non sanno come gestirlo con l'Occidente, fanno i moderati e chiedono aiuto per lo sviluppo. Quanta politica si può fare oggi, da parte nostra, per spingere verso un mondo migliore. Ora, o mai più.
I Klezmatics «arruolano» il cantante Joshua Nelson
di Paolo Carnevale
Loro, i Klezmatics, come si può dedurre dal nome, sono devoti al klezmer , genere figlio della tradizione ebraica ashkenazita un tempo assai diffuso nell' Europa dell' Est, aprendolo però, con spirito d' avanguardia, al jazz al folk, al rock. Lui, invece, è Joshua Nelson, tra i migliori interpreti di gospel, erede designato della leggendaria Mahalia Jackson. Un gruppo superstar, caposcuola della New Jewish Music, e un cantante idolo della comunità nera ebraica di New York, portabandiera di due generi così lontani, ma anche così vicini, che domani mattina salgono insieme sul palco del Teatro Manzoni nel penultimo appuntamento del 2011 di «Aperitivo in concerto». Un' ibridazione vera e propria, in realtà già sperimentata dagli stessi nel disco del 2004 «Brother Moses Smote the Water», che viene catalogata sotto il nome Kosher Gospel, di cui Nelson rivendica con fierezza la paternità, essendone stato il primo artefice. Sarebbe riduttivo limitare la contaminazione a una fatto esclusivamente musicale, perché nella fusione tra i due generi c' è la storia di due popoli vessati. Da una parte gli schiavi afroamericani, dall' altra gli ebrei del Novecento, vittime di ingiustizie e persecuzioni. Un incontro favorito dallo spirito cosmopolita del gruppo capeggiato dal trombettista Frank London che, dopo aver ottenuto riconoscimenti per lo sviluppo di un' intuizione nata fra gli intellettuali dell' East Village (traghettare verso la contemporaneità la musica delle tradizione yiddish), ha riunito intorno a sé personaggi della scena d' avanguardia statunitense, dal sassofonista John Zorn al chitarrista Elliott Sharp, dal poeta Allen Ginsberg al drammaturgo Tony Kushner, passando dal mito del folk Woody Guthrie agli ex Led Zeppelin Robert Plant e Jimmy Page. Gospel e klezmer quindi vanno a braccetto attraverso brani in yiddish e in inglese, due voci emozionanti, quella bianca di Lorin Sklamberg, e quella black di Joshua Nelson. Inoltre, gli arrangiamenti raffinati che rivelano nuovi volti di classici come «Elijah Rock», «Brother Moses Smote the Water», lo struggente canto messianico «Shnirele, Perele», o «Oh Mary Don' t You Jeep", lo spiritual riportato in vita quaranta anni fa dal grande Sam Cooke.
ROMA - Abu Mazen sta pensando di smantellare l'Autorità palestinese (Anp) di cui è presidente e di consegnarne la responsabilità (con tutti gli oneri) a Israele? Lo scrive la rivista Daily Beast, secondo cui i suoi collaboratori hanno redatto una lettera al premier israeliano Benyamin Netanyahu. L' idea e' accarezzata da vari dirigenti palestinesi, fallite le altre opzioni. A Israele, dicono, l'Anp ha risparmiato fastidi e spese. "Se non puo' essere indipendente, meglio che che l'Anp non esista".
LOsce condanna la profanazione di un cimitero ebraico a Pristina
VIENNA, 3 dic - L'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (Osce) ha condannato la profanazione di un vecchio cimitero ebraico a Pristina, in Kosovo, le cui tombe, nei giorni scorsi, erano state ricoperte di graffiti nazisti.
''Come principale organizzazione per i diritti umani in Kosovo, l'Osce condanna di tutto cuore questo atto scandaloso'', ha detto il vicedirettore della missione dell'Organizzazione in Kosovo, Edward P. Joseph. "Danneggiare o dissacrare un cimitero - ha aggiunto - e' un insulto spregevole e una forte espressione di odio. Questo modo di fare contro una comunita' i cui membri sono stati vittime di uno sterminio e' un'oscenita''.
L'Osce ha rivolto un appello al Kosovo affiche' individui i responsabili della profanazione e ha esortato il Comune a ripulire le scritte.
Israele sospende la campagna per il rientro degli ebrei americani
Il video che mette in guardia dalla cultura americana è stato ritirato dal governo dopo le proteste
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha deciso di interrompere una campagna pubblicitaria negli Stati Uniti finanziata dal Ministero per l'Assorbimento dell'Immigrazione di Israele, e diretta ai cittadini di Israele che hanno lasciato lo stato per emigrare all'estero, un fenomeno in forte crescita negli ultimi anni.
La campagna è iniziata alla fine di settembre con cartelloni pubblicitari nelle città statunitensi che ospitano il maggior numero di emigrati da Israele, tra cui New York e Los Angeles. Il messaggio centrale della campagna è il rischio di venire assimilati nella cultura americana, perdendo la propria identità culturale. Alcuni degli slogan sono "Prima che Hanukkah [o Festa delle Luci, una delle principali festività della religione ebraica] si trasformi nel Natale, è ora di tornare in Israele" oppure "Prima che Abba [la parola ebraica per "papà"] si trasformi in Daddy, è ora di tornare in Israele". Il ministero israeliano che curava la campagna ha pubblicato su internet anche diversi video pubblicitari.
La campagna ha causato le proteste di molte associazioni di ebrei americani, tra cui la Anti Defamation League, e persino di alcuni membri del Congresso statunitense, costringendo l'ambasciatore israeliano negli Stati Uniti Michael Oren a chiedere scusa, dicendo che l'ambasciata non era stata consultata sulla campagna e che "la campagna del Ministero per l'Assorbimento dell'Immigrazione non ha chiaramente tenuto conto della sensibilità degli ebrei americani, e ci scusiamo per le offese che può aver causato."
Fin dall'indipendenza di Israele nel 1948, i governi hanno investito molto nei programmi e negli incentivi per garantire una numerosa e continua immigrazione nel nuovo stato di persone di religione ebraica: il provvedimento principale è la Legge del Ritorno, approvata nel 1950. Nel 1970 venne estesa anche a tutti i cittadini stranieri che avessero genitori o nonni di religione ebraica e ai neoconvertiti. Il Ministero per l'Assorbimento dell'Immigrazione si occupa di trovare un lavoro e una casa ai nuovi arrivati, oltre a garantire loro una serie di incentivi fiscali e di altro tipo. Il "ritorno" in Israele si chiama aliyah in ebraico, "ascesa" o "salita", e da sempre i governi lo dichiarano necessario per la sopravvivenza dello stato.
Edipi organizza in Sicilia un incontro su "Israele e la Chiesa"
COMITINI (AG) 10 dicembre 2011 - Presso il Centro Direzionale zona artigianale
Interverranno:
Ivan Basana (Pres. Edipi)
Il Prof. Marcello Cicchese (ilvangelo-israele.it)
Michael Yaron (Pastore Messianico della chiesa Rischon LeTzion in Israele
Presiederà il Pastore Alfonso Marchetta (vice Pres. Edipi)
Partecipazione Straordinaria di Yossi Alfassa di Keren Hayesod
Lode e Adorazione del gruppo Efraim (Chiesa di Caltanisetta)
Pranzo a 15 € su prenotazione telefonando al seguente numero : 339-4239769
o inviando un email a alfmarc@tin.it
Inoltre per chi vorrebbe pernottare il giorno prima o il giorno dopo a circa 500 metri dalla sala conferenza c è l'hotel Cavalleggeri con ottimi prezzi telefonando al 0922-600062 oppure al 3471619907
Spagna: il 52% degli scolari non vuole compagno di banco ebreo
MADRID, 2 dic - Allarme antisemitismo in Spagna, dove secondo una recente inchiesta citata al Seminario internazionale sull'antisemitismo in corso a Madrid, il 52% degli scolari non vuole un compagno di banco ebreo e il 58% degli adulti pensa che gli ebrei abbiano troppo potere e siano tutti ricchi.
Nella notte precedente l'apertura del convegno ospitato dalla Fondazione Caja Navarra scritte antiebraiche sono apparse sui muri dei dintorni, stelle di David tracciate con la vernice rossa o frasi del tipo ''Il sionismo e' terrorismo''. Quello dell'antisemitismo ''e' un problema spesso negato nel nostro paese'' hanno denunciato gli organizzatori del convegno in una nota. ''In Spagna gli insulti, le scritte e gli slogan contro gli ebrei sono considerati cosa normale, mentre e' chiaro che riflettono un antisemitismo latente, invisibile'' secondo il sociologo Alejandro Baer. La comunita' ebraica rappresenta meno dello 0,2% della popolazione spagnola. ''Qui praticamente non ci sono ebrei, ma gli stereotipi negativi sono molto presenti, e sono il sintomo di una patologia sociale'', dice Baer.
El Pais scrive che ''i livelli di antisemitismo'' in Spagna ''sono fra i piu' alti d'Europa, ma la maggioranza dei dirigenti politici e la stampa considerano che non ci sia un pregiudizio anti-ebreo''. ''In Spagna percio', ironizza il presidente della Federazione delle comunita' ebraiche (Fcje) del paese, Isaac Querub Caro, ci sarebbe un antisemitismo senza ebrei e senza antisemiti''. Ma per ora l'antisemitismo spagnolo non si traduce in atti di violenza: ''sono quasi sempre scritte o commenti offensivi nei mezzi di comunicazione, su internet, fortunatamente non aggressioni personali'' rileva la coordinatrice dell'Osservatorio dell'Antisemitismo Carolina Aisen.
Il passato spiega parte del fenomeno: dai pogrom contro gli ebrei e poi la loro espulsione in massa dal paese di 300 mila di loro decisa dai re molto cattolici Ferdinando e Isabella nel 1492, al piu' recente antisemitismo dichiarato della dittatura franchista. In aprile, ricorda lo scrittore Jorge Trias Sagnier, il Tribunale supremo di Madrid ha assolto 4 neonazisti affermando che non e' reato pronunciare frasi come ''i tedeschi si sono sbagliati nel non bruciarli tutti'' o ''gli ebrei sono una razza pestilenziale e pericolosa''.
Israele: trattative per acquistare gas del giacimento Tamar
La Israel Electric Corporation (IEC) è sul punto di firmare un contratto per acquistare gas dalle compagnie petrolifere che detengono i diritti di sfruttamento del giacimento offshore Tamar (l'israeliana Delek e la texana Noble Energy). Stando alle indiscrezioni trapelate, un accordo dovrebbe essere firmato al più tardi entro la fine di dicembre. Si tratta di un contratto per 15 anni del valore stimato di circa 20 miliardi di dollari.
Di recente, il ministro delle Infrastrutture, Uzi Landau, aveva fatto pressioni sull'azienda elettrica nazionale affinché trovasse al più presto possibile un accordo con Delek e Noble Energy, in modo da rendersi indipendente dalle ormai poco affidabili forniture di metano provenienti dall'Egitto. Il contratto con Il Cairo è infatti in pericolo dalla caduta dell'ex presidente Hosni Mubarak; l'opinione pubblica egiziana contesta politicamente il contratto con il poco amato vicino israeliano e il gasdotto che corre tra i due Paesi sotto al Sinai è stato oggetto di ripetuti attacchi nel corso degli ultimi mesi.
Israele: compagnia aerospaziale progetta di costruire impianto di desalinizzazione
In 18 mesi le Industrie Aerospaziali Israeliane (IAI) prevedono di costruire un impianto di desalinizzazione basato su una tecnologia finora inedita. Lo ha rivelato durante una conferenza Baruch Merovach, vice presidente per la strategia e la pianificazione del gruppo aerospaziale israeliano, che negli ultimi tempi sta allargando al sfera dei propri interessi anche settori dell'industria civile, come appunto l'acqua.
«L'industria delle infrastrutture idriche - ha spiegato il dirigente - conoscerà una forte domanda internazionale nel prossimo futuro. Ci aspettiamo una richiesta crescente di acqua depurata, dovuta alla crisi idrica prevista dai principali analisti. Intendiamo dunque presentare al mondo un nuovo approccio - ha continuato Merovach -, il quale consente la desalinizzazione dell'acqua marina in maniera diversa rispetto ai metodi utilizzati finora: la nostra tecnologia è più efficace ed economica di tutte quelle correnti». I vertici di IAI non hanno diffuso ulteriori dettagli. Oltre a questa innovativa tecnologia per la desalinizzazione, le IAI stanno studiando anche un sistema di monitoraggio continuo degli acquedotti che consenta di ottimizzare le risorse evitando gli sprechi.
Aumenta il numero delle abitazioni in costruzione in Israele
Il Central Bureau of Statistics riporta oggi la notizia che in Israele sono 78.000 le nuove abitazioni in costruzione - dato registrato alla fine di settembre 2011. Nel periodo Gennaio-Settembre 2011 sono state completate 32.400 nuove costruzioni - di queste il 32% erano case mono o bi-familiari - il 12% in piu' rispetto al corrispondente periodo del 2010. Il 36% delle nuove costruzioni del 2011 sono concentrate nel distretto centrale del Paese, il 17% nel distretto nord, il 12% a Tel Aviv e il 7% a Gerusalemme. Il piu' grande incremento nelle costruzioni e' stato registrato nel distretto Sud: +38% se comparato con lo stesso periodo del 2010. Il Ministro delle Costruzioni e Abitazioni ha dichiarato: "L'aumento delle costruzioni avra' una grande influenza sulla diminuzione dei prezzi delle case".
«Forse Pico della Mirandola aveva geni ebrei »
La battuta è di Eran Katz, studioso americano della super memoria yiddish autore del best seller Jewis techniques to boost memory power (ed. Crown) in cui spiega come e perché il popolo di Dio eccelle nell'arte di ricordare.
- Il ricordo è attivazione dei sensi
«Gli ebrei soprattutto ortodossi, fin da piccolissimi, ascoltano più volte nel corso dell'anno le letture sacre, partecipano a riti familiari e feste.
Associano le storie a odori, sapori, colori che appartengono a un mondo lontano.
Ed è proprio questa elaborazione interiore a enfatizzare le capacità cerebrali di archiviazione e recupero dei ricordi», spiega Alberto Oliverio, psicobiologo.
Perché il cervello, come evidenziano recenti studi del Weizmann Insitute di Tel Aviv, non cataloga dati in astratto e in un'unica area, ma li distribuisce nei diversi circuiti: olfattivo, uditivo, della vista, del linguaggio.
E l'attivazione di uno solo di questi canali sensoriali ne favorisce la rievocazione.
- Metodo dei loci
Leggere l'uscita dall'Egitto, la fuga di Davide nel deserto di Maon è un percorso improntato alla cosiddetta tecnica dei loci che consente di collocare le informazioni in spazi precisi e poi di visualizzarle con facilità.
Oggi questo metodo viene utilizzato dai giocatori di carte, di scacchi o più semplicemente da persone che vogliono potenziare la loro memoria.
- Il valore del riposo settimanale
C'è di più: fra gli ebrei è sacrosanto il sabato. Sospendere le attività in questo giorno rallenta il ritmo delle onde generate dai nuclei cerebrali profondi. «Queste vibrazioni elettriche favoriscono il reset dei circuiti nervosi instabili da cui dipendono le memorie recenti, trasformandoli in circuiti più consolidati, anche grazie alla formazione di nuove sinapsi cattura-ricordi», aggiunge il professor Oliverio.
- La cucina kasher
Ma il passaggio di informazioni da un neurone all'altro richiede la presenza di un equilibrato mix di glucosio, proteine, lipidi, vitamine, oligoelementi. E la cucina kasher ricca di frutta e verdura proposte in corrette combinazioni (proteine o carboidrati con verdure, mai carne con pesce o con formaggio) favorisce il giusto assorbimento di vitamina B, che alimenta le fibre nervose cerebrali e di tiroxina, precursore dell'adrenalina, fissatore dei ricordi.
Spagna: maglia nera dell'antisemitismo, con 0,2% di popolazione ebrea
MADRID, 2 dic - La Spagna è fra i cinque Paesi più antisemiti della Ue, a fronte di una popolazione ebrea inferiore allo 0,2% del totale, e tuttavia il fenomeno è ignorato dai media. E' quanto ha assicurato il presidente delle Comunità ebraiche in Spagna, Isaac Querub, durante il IV Seminario internazionale sull'Antisemitismo, in corso ieri e oggi a Madrid presso la sede della Fondazione Caja Navarra, dove all'alba di ieri sono comparse scritte antisemite sui muri. Gli esperti hanno analizzato la nascita di un nuovo sentimento anti ebraico basato su stereotipi, che pone in questione la legittimità dello Stato di Israele e che si è visto accentuato dalla crisi, secondo quanto hanno rilevato l'ambasciatore di Israele in Spagna, Alon Bar e il direttore della Fondazione Pluralismo e Convivenza, José Manuel Lopez. "In Spagna gli insulti, le scritte e gli slogan contro gli ebrei si considerano come normali, quando riflettono un antisemitismo soggiacente che è invisibile", ha osservato il professsore di Sociologia dell'Università di Monaco, Alejandro Baer, secondo il quale "gli stereotipi negativi sono molto presenti e sintomi di una patologia sociale". Secondo i sondaggi citati dallo scrittore e storico Jon Juaristi, ex direttore generale dell'Istituto Cervantes, il 58% degli spagnoli adulti ritiene che gli ebrei abbiano troppo potere e siano tutti ricchi. D'altra parte, un 52% degli alunni a scuola non vorrebbe avere come compagno di classe un ragazzo ebreo. Juaristi ha ricordato che, durante i quarant'anni del franchismo, gli ebrei sono stati additati come il popolo che uccise il fondatore cristiano della Chiesa, Gesù, e che nei templi cattolici si pregava in ogni messa per la conversione o il castigo dei "perfidi ebrei", fino a che il Concilio Vaticano II nel 1965 ha posto fine a questa usanza. Lo stesso Franco, ha sottolinato lo storico, "morì nel 1975 con la litania di sottofondo in ogni suo discorso sulla cospirazione 'dell'alleanza giudeo-massonica', additata come il principale nemico nazionale". Il seminario organizzato dalla Fcje si unisce agli sforzi di organismo europei per sradicare un fenómeno preoccupante.
"L'obiettivo è smascherare la invisibilità e la negazione del problema in Spagna, centrandosi sugli aspetti culturali, giuridici ed educativi", ha concluso Querub.
Negli Stati Uniti si torna a parla di una possibile connessione tra le due minacce, utilizzate dalle intelligence nazionali per minare il programma nucleare iraniano.
All'epoca qualcuno l'ipotesi la fece, tanto da evocare scenari da wargames quasi realistici.
Oggi cominciano a circolare voci ufficiali che confermerebbero lo scenario.
Secondo quanto riporta la stampa americana, un ex ufficiale dell'intelligence americana, John Bumgarner, avrebbe rilevato una stretta connessione tra Stuxnet e Conficker, tanto da attribuire proprio a questa correlazione il fallimento della politic anucleare iraniana.
Conficker, in buona sostanza, sarebbe stato utilizzato per aprire delle backdoor nei computer in Iran, per poi infettarli con Stuxnet.
Una strategia di attacco dietro la quale si cela di sicuro una o piu intelligence nazionali, anche se Bumgarner si rifiuta di avanzare ipotesi, considerando la questione troppio delicata e rischiosa.
Casa Bianca, Fbi, e anche l'ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu non hanno rilasciato commenti, pur essendo se non esplicitamente sicuramente implicitamente coinvolti.
Di certo, se le ipotesi avanzate da Bumgarner fossero confermate, diverrebbe palese che tanto gli Stati Uniti tanto Israele hanno ormai in essere programmi di cyber-warfare decisamente più avanzati di quanto finora ipotizzato, e questa consapevolezza potrebbe mettere in discussione equilibri già fragili.
Presentazione del libro "Nessun giusto per Eva" di Francesco Selmin
Il Comune di Vo' (PD) e l'Associazione "Navigando... tra i colli" nella ricorrenza dell'apertura del campo di concentramento nazista in Villa Venier a Vo' Vecchio, invita la cittadinanza per il giorno 3 dicembre p.v. alla presentazione del libro "Nessun giusto per Eva" scritto da Francesco Selmin, che si terrà presso la sala Parrocchiale di San Lorenzo Martire a Vo' Vecchio alle ore 17.00.
Multitasking, le donne sono le migliori: mogli più brave dei mariti a casa
di Valeria Dammicco
Riuscire a fare più cose contemporaneamente è una caratteristica di cui le donne sono maestre, giacché la applicano di più degli uomini. Ogni settimana, come ha dimostrato uno studio condotto su 500 famiglie statunitensi, le mamme sfruttano la capacità del così detto "multitasking" per 10 ore in più a settimana rispetto ai papà.
La ricerca, guidata da Offer Shira, del Dipartimento di Sociologia e Antropologia dell'Università Bar-Ilan in Israele, ha evidenziato che le madri vivono questa abilità in maniera negativa perché sono sempre sottoposte a giudizio da parte di qualcuno.
«Quando l'attività multitasking è a casa, - ha spiegato la co-autrice dello studio, Barbara Schneider - le madri hanno più probabilità di impegnarsi in lavori domestici o di cura dei figli, attività che di solito richiedono sforzi intensi».
«I padri, al contrario, tendono a impegnarsi in altri tipi di attività, come parlare con una terza persona o di impegnarsi nella cura di sé, esperienze meno onerose» conclude la Schneider.
Dunque per le madri essere multitasking è un'esperienza stressante, mentre gli uomini la ritengono "molto positiva". Secondo alcune ricerche dell'Istat, per esempio, in Italia un padre tra i 25 e i 44 anni passa generalmente un ora e 42 minuti con suo figlio e generalmente tende a trattenersi 10 minuti in più, se il figlio in questione è un maschietto.
Dall'indagine risulta inoltre che i padri che collaborano maggiormente in famiglia sono quelli con un titolo di studio elevato, un lavoro da dipendenti e non da autonomi e quelli che hanno una partner occupata e non casalinga.
Israele: colloqui con la Russia per un eventuale intervento in Iran
Mentre i Paesi europei ritirano i loro ambasciatori in Iran all'indomani dell'attacco all'ambasciata britannica di Teheran, in Israele si fanno sempre più insistenti le voci di un prossimo attacco contro la Repubblica islamica. Fonti vicine ai servizi segreti indicano il giugno 2012 come la data entro la quale Tel Aviv potrebbe ricorrere all'"opzione militare". Non tutti gli analisti condividono questa analisi; tuttavia, risulta evidente a chiunque che Israele sta cercando di raggruppare consenso intorno a sé, intrattenendo contatti diplomatici soprattutto con quei Paesi che finora si sono dimostrati meno fermi nei confronti di Teheran e delle sue velleità nucleari.
Una delegazione russa guidata dal vice ministro degli Esteri di Mosca, Sergey Ryabkov, interlocutore chiave degli israeliani sul dossier Iran, è stata ricevuta a Gerusalemme martedì scorso da Jeremy Issacharoff, vice direttore generale per gli affari strategici del ministero degli Esteri. L'incontro si è svolto a porte chiuse: ma dalle poche indiscrezioni filtrate appare con chiarezza che lo Stato ebraico sta raddoppiando gli sforzi per cercare di assicurarsi il favore di Mosca proprio in vista di un eventuale confronto militare. Al vertice ha partecipato anche Danny Ayalon, numero due del ministero degli Esteri, il quale ha però dovuto salutare il consesso in anticipo e imbarcarsi su un aereo diretto a Washington. Quello statunitense è infatti l'altro grande fronte su cui sta lavorando alacremente la diplomazia israeliana. Senza il supporto, o quanto meno l'assenso, della Casa Bianca, un attacco israeliano alla Repubblica islamica è infatti impensabile.
Il Ministero del Turismo israeliano ha inaugurato martedì scorso il Sentiero dell'Evangelo in Galilea. Il sentiero segue il cammino che si presume abbia percorso Gesù dalla sua città natale di Nazaret a Cafarnao: lì, nella parte nord-occidentale del lago di Galilea, che era allora il centro del suo ministero. Il percorso è lungo 62 chilometri. Comincia sul pendìo del monte vicino a Nazareth e termina a Kfar-Nahum/Kapernaum. Ci sono strade e sentieri appositamente segnalati che possono essere percorsi a piedi, in bicicletta, a cavallo o in auto. Si prevede che il nuovo sentiero migliorerà in modo significativo l'offerta per i turisti cristiani, che rappresentano circa il 65% dei turisti in Israele. Negli ultimi anni si è registrato un notevole incremento del turismo cristiano in Israele e si spera che nei prossimi due anni altri 200.000 pellegrini possano percorrere questo sentiero, seguendo le orme di Gesù. Il Ministero del Turismo, in collaborazione con il KKL, ha investito 594 000 euro nello sviluppo delle infrastrutture del progetto. Il percorso è parte di un piano di espansione del Ministero del Turismo, che spera di attirare in questo modo più turisti e pellegrini nella regione della Galilea, al fine di promuovere lo sviluppo di un vivace centro turistico.
(israel heute, 1 dicembre 2011 - trad. www.ilvangelo-israele.it)
L'ombra della Sharia sul nuovo Egitto. "Solo gli islamici possono guidarci"
ALESSANDRIA (Egitto) - Una leggera brezza di mare spazza la Corniche, il cigolio dei tram sui binari intasati di sabbia si mescola con il caos del traffico. I palazzi europei del Lungomare e i tendoni colorati dei caffè hanno visto giorni migliori, un tempo qui si assiepavano nei tavolini commercianti greci, italiani, armeni, finanzieri libanesi, diplomatici francesi e inglesi. Cresciuta a dismisura negli ultimi dieci anni Alessandria oggi è metropoli di sei milioni di abitanti che si stende per venti chilometri di costa; la città, triste e decadente come l'Avana o Lisbona, ha fatto la sua parte nella rivolta contro Mubarak e ora nelle prime elezioni dopo la rivoluzione si appresta a dare ai partiti islamici - oggi quando verranno aperte le urne - una vittoria assoluta.
Percorsa da tensioni carsiche e un odio religioso palese fra la numerosa comunità cattolica e la maggioranza degli islamici, Alessandria porterà in Parlamento 24 deputati, la maggioranza dei quali - 20 o 21 - verranno da partiti islamisti. Certo i Fratelli Musulmani, la forza politica meglio organizzata, con il loro partito della Libertà e della Giustizia, si aspettano di avere gran parte di questi seggi. Ma, dopo la caduta del raìs sono comparsi sulla scena politica decine di nuovi partiti fondamentalisti che contendono alla Fratellanza il monopolio del "blocco religioso", come i salafiti di "Al Nour" (la Luce) che diventeranno il secondo partito a Alessandria e forse anche nell'intero Egitto.
Quale sia la loro visione del mondo, i salafiti, l'hanno già dimostrato in città. Due settimane fa un concerto all'Università è stato interrotto da un centinaio di barbuti in jallabya e armati di lunghi randelli di legno. Il loro imam ha spiegato che il concerto doveva immediatamente essere interrotto, perché "haram", cioè vietato dalla religione. Uno sceicco del movimento si è rifiutato di apparire in tv durante la campagna elettorale fintanto che l'altra ospite - candidata di un partito laico - non ha indossato il velo.
Ma nonostante le posizioni intransigenti e integraliste, i salafiti godono di un grande seguito in città. In una regione povera e depressa il loro network di assistenza, il loro "welfare islamico" con le organizzazioni caritatevoli, i programmi di assistenza sociale, funziona ed è una perfetta macchina di consensi. Anche se si teme l'imposizione della Sharia come fonte del diritto, la società in generale guarda ai candidati islamisti con rispetto e certamente ne apprezza il rigore morale, in un Paese dove il tasso di corruzione è altissimo e il bashish - la mancia, la bustarella - è quasi un'istituzione.
«Sì ho votato per i salafiti», ammette Amira Salah, studentessa incontrata con un gruppo di amici fuori dell'Università del Delta del Nilo. Eppure il suo abbigliamentojeans fascianti, velo colorato e trucco pesante - sarà presto giudicato improprio dalla maggioranza che uscirà dai seggi. «Loro sono davvero in grado di guidare l'Egitto verso una strada migliore - taglia corto - e se mi diranno di mettere il velo lo farò, qualunque cosa basta che questa situazione finisca il prima possibile».
Certo è che la comunità copta - che in Egitto conta 8 milioni di fedeli - ha votato con l'inquietudine nel cuore. Anche i muri della chiesa di Sant-George a Sidi Bechr - quartiere dove vivono gran parte dei cristiani a Alessandria - sono tappezzati di manifesti elettorali dei Fratelli musulmani, dei Salafiti e di altri fondamentalisti islamici. "Libertà e Giustizia" conta 100 copti fra i suoi membri fondatori e a maggio ha eletto un vice-presidente cristiano, ma non basta questo a cancellare le paure a Alessandria, dove lo scorso capodanno un attentato kamikaze ha ucciso venti fedeli all'uscita dalla messa di mezzanotte.
Sobhi Salehi, uno dei responsabili della Fratellanza in città vuole essere rassicurante e promette: «L'Islam sosterrà anche i non musulmani e garantirà i loro diritti». Non si spinge così in là con le promesse Emad Abdel Ghanfour, il capo dei salafiti di "Al Nour". Pensa che il suo partito raggiungerà tra il 10 e il 15 per cento in Egitto e si dice convinto che ad Alessandria - quando oggi verranno resi noti i risultati - supererà il 50 per cento dei voti.
Al calar della sera di accendono i rari lampioni funzionanti sul Lungomare, ogni memoria del passato splendore è stata brutalmente sepolta sotto la metropoli contemporanea. Il lento declino ha fatto di Alessandria una città diversa da quella amata da Lawrence Durrell e Kostantinos Kavafis, da E.M. Forster e Herman Melville, che diede i natali a Tommaso Marinetti. Nomi che oggi a nessuno, qui, dicono più nulla.
Colpisce in questi giorni, all'indomani dalla formazione del nuovo governo di Mario Monti, l'emergere di un vecchio fantasma sempre temuto dal mondo ebraico e considerato il più pernicioso dei segnali di allarme: la teoria del complotto. Abbiamo imparato in millenni di storia che ogni qual volta viene riesumata la dietrologia del complotto, c'è da aver paura e scappare. È successo troppe volte (nella Russia zarista, con due Guerre Mondiali, nei Paesi arabi...), ed è un idolo che mostra il suo volto deforme ogni qual volta una società viene colpita da una crisi economica e sociale profonda. Non ha torto chi definisce la fenomenologia cospirazionista alla stregua di una malattia mentale. Un pensiero deviante e deviato -ammantato di sagacia e acume politico-, di chi, magari in un salotto buono della Milano intellettuale, ti guarda con sussiego e come fossi un povero deficiente se ti ribelli a chi dice "Ma davvero non sai che cosa c'è dietro? Ma non vedi che c'è un disegno preciso?". Sì, in questi primi giorni del governo Monti c'è di che trasecolare. È la festa di chi immagina il mondo come una grande tela di ragno e le banche come le colonne infami di un nuovo ordine planetario. Basterebbe soffermarsi sul sollucchero con cui viene pronunciata la lista dei nomi da Spectre che starebbero dietro alla figura di Mario Monti: Goldman Sachs, Trilateral, Bilderberg, Rockfeller. Ricostruisco per voi la vicenda inizata con Le Monde e ripresa da Il Fatto Quotidiano per poi rimbalzare sulle pagine de Il Giornale, Libero e Il Manifesto e sul sito d'informazione Lettera 43, in una convergenza tra destra e sinistra, populisti e indignados, in nome delle nozze tra dietrologia e complottismo. È il quotidiano Le Monde che individua il fil-rouge che legherebbe Mario Monti, Mario Draghi (oggi al vertice della Bce) e Lucas Papademos, primo ministro greco: tutti pedine e ex uomini di Goldman Sachs, che in Europa governerebbe da tempo, responsabile dello spread dei titoli italiani, della crisi greca, e al cui strapotere si dovrebbe la crisi Usa dei subprime e dei titoli spazzatura. Eccoci giunti al ballo (in maschera) dei blogger No Global, alla festa web anti-mondialista, al tripudio di chi sostiene che c'è sempre un mago di Oz, un burattinaio segreto che tira le fila del mondo e impartisce ordini, e cretino chi non se ne accorge. Certo, è vero che ogni tanto qualche piccola congiura esiste e le banche ne hanno combinate di tutti i colori. Ma per i complottomani tutto è sempre trama occulta e inconfessabile, ordita in stanze segrete dove nulla è casuale e tutto manovrato. La dittatura delle banche e della finanza ucciderebbe così la democrazia e il diritto dei cittadini di vivere in Paesi liberi. E dall'idra bancaria alla plutocrazia giudaico massonica il passo è breve. Quanto ci vorrà per chiudere il cerchio? Le bastonate delle prime misure anti crisi? Una cosa è certa, ne vedremo delle belle.
NEW YORK, 1 dic. - "Nessun alleato e' piu' importante dello Stato d'Israele". Lo ha assicurato il presidente americano Barack Obama intervenendo ad una raccolta di fondi per la sua campagna elettorale nella casa di Manhattan di Jack Rosen, il presidente dell'American Jewish Congress.
"Non voglio congratularmi troppo con me stesso, ma questa amministrazione ha fatto di piu' di tutte le altre per la sicurezza d'israele. Noi non facciamo compromessi quando si tratta della sicurezza d'Israele", ha affermato il capo della Casa Bianca.
Obama intende prestare molta attenzione all'elettorato ebraico americano in vista delle presidenziali del 2012. Al voto del 2008 il presidente ottenne i voti di otto ebrei su dieci e il loro sostegno potrebbe essere cruciale in stati in bilico come la Florida e la Pennsylvania. Obama non e' riuscito a far riprendere il processo di pace ed e' stato criticato da diversi ebrei americani per le sue dichiarazioni a favore di un negoziato di pace sulla base dei confini del 1967, ma sono state apprezzate la sua linea contro l'ingresso dei palestinesi all'Onu e la politica nei confronti dell'Iran.