Notizie giugno 2011
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MayDay, l'app israeliana che salva la vita in caso di incidente stradale
In caso di collisione il cellulare invia un sms predefinito a una lista di massimo a 50 persone
di di Vito Kahlun
Si chiama May Day ed effettivamente serve a questo: chiedere aiuto in caso di emergenza. Per lanciare l'allarme, però, non è necessario che sia il possessore del cellulare - nel caso specifico dell'iPhone - a spingere qualche bottone: il cellulare fa tutto da se. E, in base alla gravità dell'incidente, manda un messaggio predefinito compilato dal proprietario del telefono. Il motivo per cui l'ingegnere israeliano Meidad Pariente ha voluto sviluppare la sua app su iPhone lo spiega lui stesso: "L'iPhone rimane il mobile device che cresce con maggiore velocità al mondo". "Inoltre", spiega Pariente, "ha giocato un ruolo determinante l'altissima precisione dell'accelerometro installato sul telefono e del Gps".
L'applicazione funziona così: se mentre viaggiate con la vostra vettura c'è un improvviso cambio di velocità ecco che MayDay si attiva. "Naturalmente non è così semplice", spiega Pariente, "la questione matematica è un po' più complicata. Un tipico incidente stradale è misurabile in un impatto di 5G per 50 millisecondi. Tanto per capirsi la forza gravitazionale della terra spinge a 1G, mentre un pilota di caccia può viaggiare ad una velocità che genera 7G di forza".
Naturalmente prima che l'applicazione mandi il messaggio di allarme passano 60 secondi. In questo tempo l'utente può annullare la procedura di emergenza se sta bene e non ha bisogno di aiuto . Un'applicazione che, forse, permetterà di salvare qualche vita umana.
(Libero-news.it, 30 giugno 2011)
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"Italiani insieme agli altri. Ebrei nella Resistenza in Piemonte 1943-1945"
di Elena Lattes
Nasce come tesi di laurea, ma risulta essere una ricerca approfondita e dettagliata della partecipazione ebraica nella Resistenza in Piemonte. "Italiani insieme agli altri. Ebrei nella Resistenza in Piemonte 1943-1945 " di Gloria Arbib (laureatasi nel 1981 in storia con questa tesi) e Giorgio Secchi è quindi un lavoro importante che raccoglie decine e decine, se non centinaia, di testimonianze e che racconta nei particolari, facendo parlare appunto i protagonisti (grazie alla collaborazione con il Centro di Documentazione Contemporanea di Milano), ma anche molti documenti e articoli, la storia di quegli anni, il percorso individuale nel contesto regionale, nazionale ed europeo.
Ne esce un quadro di personalità molto diverse una dall'altra: dal militante fascista che si è sentito tradito dall'antisemitismo di regime, al comunista o socialista o liberale o repubblicano che si è esposto combattendo fin dall'inizio; da chi si è riscoperto ebreo con le leggi razziali, a chi attingeva l'antifascismo dal proprio background culturale o religioso.
Come scrive Alberto Cavaglion nella prefazione, questo libro "è estremamente utile: ci aiuta a misurare l'intensità di un percorso di ritorno all'ebraismo compiuto con velocità supersonica.(...) La ricerca si presenta dunque come uno strumento di lavoro: una sorta di dizionario biografico, che diventerà utilissimo per i ricercatori di domani ". Ma il libro pone anche interrogativi interessanti che forse solo in futuro potranno essere risolti. Sempre citando Cavaglion: "Durante la Resistenza che cosa sapevano e, soprattutto, che cosa pensavano i partigiani dei loro compagni di banda ebrei? E quale atteggiamento avevano di fronte ad essa i comandanti partigiani, i commissari politici, i singoli esponenti di questa o quell'altra formazione?"
La storiografia, infatti, si è finora concentrata soprattutto sugli aspetti organizzativi, politici e militari della guerra partigiana senza occuparsi della specificità della partecipazione degli ebrei alle formazioni armate che pure è stata comparativamente di tutto rilievo.
L'esigenza di analizzare invece questo aspetto è dovuta molto probabilmente soprattutto alla volontà di capire quali legami e quanto forti erano tra la cultura ebraica e quella liberale, democratica e antifascista e quanto la prima sia stata determinante nella scelta di gran parte di queste persone, perché è indubbio che la percentuale di partecipazione degli ebrei nella Resistenza è stata ben più alta di quella del resto dei concittadini e poi anche il livello di integrazione degli ebrei tra la popolazione locale e la loro volontà di riaffermare il senso di appartenenza all'Italia, nonostante l'antisemitismo dei secoli precedenti e quello contemporaneo del regime.
(Agenzia Radicale, 30 giugno 2011)
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La sgangherata armata brancaleone
di Sergio Della Pergola
In questo momento non sappiamo se la sgangherata armata brancaleone di vecchi motoscafi, pescherecci, arrugginite imbarcazioni da diporto, pomposamente denominata la flottiglia, salperà mai dai porti greci, italiani e altri dove si acquatta. Meno ancora sappiamo se mai raggiungerà la sua destinazione del porto di Gaza. Sappiamo invece che Gaza è oggi accessibilissima per via terrestre, l'Egitto ha proposto l'approdo di El Arish, Israele ha offerto quello di Ashdod. Se la protesta marittima contenesse un minimo di integrità morale si volgerebbe verso le coste della Libia e della Siria per contestare i regimi assassini di Gheddafi e di Assad junior. Si tratta, invece, dell'ossessione morbosa di un gruppuscolo solidale con i rapitori e gli occultatori di Gilad Shalit, con la complicità di scarsi giornalisti che seguono il tragitto da vicino e di quelli che lo applaudono da lontano, senza nemmeno bagnarsi i piedi. Spettacolo pietoso di seconda visione che sarebbe forse meglio ignorare.
(Notiziario Ucei, 30 giugno 2011)
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Netanyahu : il sistema Iron Dome cruciale per la pace con i palestinesi.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu comincia a preparasi per ricevere l'aiuto degli Stati Uniti per l'ulteriore acquisto di Iron Dome (sistema d'arma mobile composto da radar Elta e missili Tamir) per la batteria antimissilistica, portando la questione mercoledì all'incontro con tre dei uomini chiave del Congresso Democratico.
Netanyahu, si è incontrato con il rappresentanti Gary Ackerman e Nita Lowey di New york e Henry Waxman della California dicendo che le Iron Dome giocheranno un ruolo importante per la pace visto che renderanno un accordo con i palestinesi possibile. Secondo un ufficiale del governo, Netanyahu, ha parlato di due punti critici della sicurezza per qualunque accordo con i palestinesi.
Il primo punto riguarda la presenza a lungo termine del esercito israeliano sul fiume Giordano per combattere il contrabbando di armi e terroristi verso la Cisgiordania dalla Giordania.
Il secondo punto riguarda lo spiegamento di batterie di Iron Dome lungo tutta la frontiera del futuro stato della Palestina per prevenire attacchi missilistici dalla Cisgiordania verso le città di Israele.
Le Iron Dome sono composte da una parte fatta ad ombrello a tre ripiani anti missilistici che include una freccia, già realizzabile, che difende contro missili balistici di lunga distanza e il sistema David Sling (ideato da Israele e USA per intercettare missili di media e corta distanza tipicamente di utilizzazione Hezbollah). Netanyahu ha detto agli uomini del congresso che le Iron Dome sono importanti per creare un contenitore di sicurezza all'interno di un contesto di accordo di pace. Su un'altra questione Netanyahu ha detto ad Ackerman, che andrà dall'Israele in Egitto, che il supporto economico degli Sati Uniti per l'Egitto è importante per stabilizzare il processo di democratizzazione. E' anche molto importante che la delegazione di uomini del Congresso esprima in modo articolato l'aspettativa che il governo egiziano mantenga l'accordo di pace con Israele.
(FocusMo, 30 giugno 2011)
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Nirenstein eletta presidente del Consiglio Internazionale dei Parlamentari Ebrei
Ieri pomeriggio i parlamentati ebrei da tutto il mondo, riuniti a Gerusalemme, hanno eletto come loro presidente la deputata italiana Fiamma Nirenstein (Pdl), vicepresidente della Commissione Esteri della Camera. Nirenstein è stata votata da tutti presenti, appartenenti alle più svariate correnti politiche, all'unanimità. E' stato rinnovato anche l'intero comitato direttivo con la partecipazione di rappresentanti dai cinque continenti. L'ICJP (International Council of Jewish Parliamentarians), un'organizzazione fondata nel 1992 che riunisce i parlamentari ebrei da tutto il mondo, ha affrontato in tre giorni di congresso a Gerusalemme, interfacciandosi con i massimi esperti, i temi delle rivoluzioni arabe in Medio Oriente e del conflitto israelo-palestinese, auspicando un rapido ritorno delle due parti al tavolo delle trattative.
(FocusMo, 30 giugno 2011)
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Berlusconi: auguri a Fiamma Nirenstein per la nomina
ROMA, 30 giu - "A nome mio personale e del governo, mi congratulo con l'on. Fiamma Nirenstein per la nomina a Presidente dei parlamentari ebrei di tutto il mondo, decisa con il voto unanime dell'International Council of Jewish Parlamentarians. Questo incarico prestigioso e autorevole è il coronamento dell'impegno culturale e della passione politica che l'on. Nirenstein, deputata del Pdl e vicepresidente della Commissione Esteri della Camera, ha sempre manifestato in Italia e all'estero in difesa di quei valori di libertà, democrazia e pace che accomunano Italia e Israele. Una battaglia che ci vede schierati dalla stessa parte anche nell'impegno per il ritorno al dialogo come unica via per risolvere il conflitto tra Israele e Palestinesi, e contro le dittature e il terrorismo fondamentalista che ostacolano la rivoluzione democratica nei Paesi del Medio Oriente e nell'Africa Mediterranea. Auguro all'on. Nirenstein di conseguire nello svolgimento del suo mandato quei successi e quei risultati concreti per i quali si è sempre battuta con coraggio, tenacia, grande spirito di servizio e fiducia nella libertà". E' quanto si legge in una nota di Silvio Berlusconi.
(AgenParl, 30 giugno 2011)
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Israele: la web economy spinge il Pil della Nazione
In Israele si sta assistendo ad un fenomeno di business legato a società che sviluppano progetti ad alto contenuto tecnologico che è secondo solamente alla Silicom Valley. Le attività connesse ad Internet hanno dato un contribuito di 9 miliardi di shekel (12,6 miliardi di dollari) all'economia israeliana nel 2009, che rappresenta il 6,5% del PIL israeliano, secondo un rapporto della società di consulenza McKinsey. Questo settore vale più di quello delle costruzioni (5,4% del PIL) e quasi quanto quello della salute (6,8%). L'economia web ha creato un totale di 120.000 posti di lavoro, pari al 4% della forza lavoro del paese. Da Microsoft a Intel attraverso Google , IBM e Philips, quasi tutti i giganti di Internet e della tecnologia hanno creato importanti centri di ricerca e sviluppo in Israele e sistemi utilizzati in tutto il mondo. "Israele è il paese con il maggior numero di ingegneri tra la sua popolazione, ed è al secondo posto dopo gli Stati Uniti nel numero di società quotate al Nasdaq." ha dichiarato David Kadouch, product manager di Google Israele, che ha aperto nel 2007 e attualmente ha 200 dipendenti. "E 'davvero una seconda Silicon Valley . Oltre alle multinazionali, sono presenti tutti i principali fondi di investimento americani ", ha detto. "La comunità scientifica è molto attiva, vi è abbondanza di mano d'opera e soprattutto una cultura imprenditoriale. C'è un enorme ecosistema intorno all'alta tecnologia, e ciò che qui è fondamentale è che si pensa in modo globale". Circa 500 start-up vengono create ogni anno in un paese di 7,7 milioni di persone, che è cresciuto del 4,7% l'anno scorso secondo l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Wconomico contro una media di 2,8 dei i suoi paesi membri. Le previsioni dell'OCSE per Israele nel 2011 è del 5,4%. Alla Technion, la prestigiosa università tecnologica nella città settentrionale di Haifa, si deve gran parte del merito per questa creatività. L'enorme campus Technion comprende 19 scuole per 12.000 allievi e forma circa il 70% degli ingegneri del paese e l'80% dei dirigenti delle compagnie israeliane quotate al Nasdaq .
(FocusMo, 30 giugno 2011)
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Stop all'alito cattivo
Tanti sono i rimedi che promettono di risolvere il problema dell'alitosi, di cui soffre il 50 per cento della popolazione mondiale. Ma adesso da Israele sembra arrivarne uno davvero efficace. I ricercatori dello Hillel Yafe May Medical Center hanno realizzato una speciale microcapsula che ha dimostrato di eliminare completamente i batteri impedendo che si riformino.
La speciale capsula ha l'aspetto e il sapore di una mentina qualsiasi, ma contiene particolari sostanze che, con un'azione che si esplica in 20 minuti circa e dura varie ore agendo anche sull'alito da fumo, intercettano e fanno fuori i batteri, anche quelli che si trovano sulla lingua. L'efficacia del prodotto è stata testata su 75 pazienti affetti da alitosi incoercibile.
A quanto pare un'azienda farmaceutica europea si è già dimostrata interessata. Questa microcapsula potrebbe cambiare la vita di tante persone che a causa del problema dell'alitosi vedono compromessi i propri rapporti sociali. L'alitosi può essere causata da malattie, ma anche da una cattiva igiene orale. Adesso, a quanto pare, qualunque sia l'origine, la battaglia contro questo fastidioso disturbo può essere vinta.
(excite magazine, 30 giugno 2011)
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L'Alzheimer si previene e combatte con la cannella
Un estratto della nota spezia è risultate efficace nel prevenire e contrastare la demenza e l'Alzheimer.
I ricercatori israeliani dell'Università di Tel Aviv hanno scoperto che un estratto di cannella può inibire lo sviluppo della malattia di Alzheimer, note per le sue devastanti azioni sul cervello delle persone colpite.
In questo studio, pubblicato su Plos One , e condotto dal dottor Michael Ovadia e i colleghi Ehud Gazit, Daniel Segal e Dan Frenkel del Dipartimento di Zoologia dell'UTA si valutata l'attività su modello animale di questo estratto chiamato CEppt.
Con questa sostanza hanno preparato una soluzione acquosa che è poi stata miscelata all'acqua che bevevano un gruppo di topi geneticamente modificati affinché sviluppassero una forma aggressiva di Alzheimer.
Al termine dei quattro mesi di test, i ricercatori hanno scoperto che l'assunzione di questa soluzione acquosa contenente l'estratto CEppt, aveva rallentato significativamente lo sviluppo della malattia. In più, la longevità dei topi programmati per sviluppare la malattie e che ne erano colpiti era del tutto simile a quella dei topi sani.
Un risultato sorprendente per i ricercatori; soprattutto perché siamo di fronte a un rimedio naturale estratto direttamente da un vegetale considerato dai più soltanto una spezia. Nonostante ciò, questa sostanza è in grado di inibire la formazione degli aggregati della proteina beta amiloide e dei grovigli neurofibrillari che si trovano nel cervello dei malati di Alzheimer, sottolinea Ovadia.
Oltremodo, durante i test in provetta, l'estratto si è mostrato capace di spezzare le fibre amiloidi. E questo può significare che l'estratto è in grado di previene lo sviluppo della malattia, e anche di aspirare a divenire un trattamento da somministrare nei casi in cui la malattia sia già in essere, concludono gli autori dello studio.
(La Stampa, 30 giugno 2011)
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Ocse: Israele mecca per le start-up, Italia bene nei progetti green
MILANO, 29 giu - E' Israele il paradiso dei giovani imprenditori. Lo rivela l'ultimo rapporto pubblicato oggi dall'Ocse secondo cui in Israele i fondi di venture capital investono nelle start-up una cifra equivalente allo 0,18% del pil. Alle spalle di Israele, si piazzano non a sorpresa Stati Uniti, Svezia, Svizzera, Finlandia, Belgio e Irlanda. L'Italia in questa classifica occupa gli ultimi posti con una percentuale inferiore allo 0,01%, sui livelli della Slovenia e al di sotto della Grecia. L'Italia si rifa' invece nella classifica dei paesi che dopo la crisi del 2007 hanno scelto di puntare con maggiore decisione sui progetti ecosostenibili, come progetti per migliorare l'efficienza energetica o per razionalizzare i trasporti. Se a livello mondiale lo scettro va alla Corea del Sud che nel 2009 ha deciso di investire in "attivita' verdi" il 79% del suo stimolo economico, a livello europeo i paesi che fanno da traino sono la Svezia, la Finlandia, la Spagna e l'Italia. "In quasi tutti i casi - rileva l'Ocse - non si tratta di iniziative nuove ma di impegni di lungo periodo a favore dell'ecosostenibilita'"
(Il Sole 24 Ore Radiocor, 29 giugno 2011)
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Ecco Eran Zahavi: 'Più forte di Cassano'
Ci sono due strade per scoprire, per conoscere meglio, Eran Zahavi, il trequartista israeliano che ieri ha firmato un contratto che lo lega al Palermo per i prossimi cinque anni. La prima strada è quella puramente calcistica, illustrata da una magia da vero fuoriclasse. La seconda strada è quella che riporta all'uomo e al professionista. Veniamo con ordine. Il colpo, la magia della quale parliamo spopola da tempo su Youtube. È il gol in rovesciata che Eran Zahavi ha segnato al Lione in una partita di Champions League quando indossava la maglia dell'Hapoel Tel Aviv. Cross da sinistra, il neo-rosanero che sembra essere in contro tempo ma poi, con un colpo di reni e una giocata fantastica, riesce trovare l'angolo alla sinistra del portiere francese. Un
video cliccato e ricliccato dai tifosi del Palermo che hanno preso d'assalto il web per conoscere meglio il nuovo giocatore del Palermo.
E se la rovesciata ha colpito i tifosi rosanero, c'è stato un particolare che ha stregato il presidente Zamparini. Il primo a visionare Zahavi qualche mese fa in Israele è stato Luca Cattani. Immediatamente dopo Zahavi si è messo a studiare l'italiano per farsi trovare pronto qualora la trattativa fosse andata a buon punto. A Zamparini, spesso alle prese con giocatori che non sono riusciti ad integrarsi e che dopo tanto tempo in Italia non riuscivano a intendersi con l'allenatore, questa cosa è piaciuta moltissimo. Tanto che il presidente ha rotto gli indugi e ha deciso di ingaggiare il nazionale israeliano. Ma Zamparini si è spinto oltre dando di Zahavi un giudizio molto impegnativo. 'Abbiamo preso un vero talento - dice il presidente -. Uno che potenzialmente è più forte di Cassano'. Chissà se sarà veramente così. Certo è che il fatto che abbia subito iniziato a studiare l'italiano e che sia pronto per la nuova avventura dipende a favore della sua professionalità e della sua voglia di fare bene.
Da sabato Eran Zahavi sarà a disposizione di Stefano Pioli, che il giorno dopo inizierà a lavorare con i rosanero nel ritiro di Malles. In ebraico Zahavi significa oro e chissà che il Palermo non abbia scoperto in Israele la sua nuova miniera d'oro. Uno, per intenderci, alla Ilicic o alla Hernandez senza volere scomodare il Flaco Pastore. Eran Zahavi è nato a Rishion LeZion il 25 luglio del 1987. Possiede anche il passaporto francese e per questo motivo gode dello status di comunitario. È cresciuto nell'Hapoel Tel Aviv, squadra nella quale ha giocato le ultime tre stagioni dopo essere stato prestato a più riprese all'Hapoel Rishion. Alto 1,78 centimetri per 81 chilogrammi di peso, ha una discreta esperienza anche nelle competizioni europee. Una presenza con la Nazionale israeliana under 21 e cinque sin qui collezionate con al maglia della Nazionale maggiore.
(La Repubblica - Palermo, 29 giugno 2011)
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Freedom Flotilla, cronaca di una rissa annunciata
di Stefano Magni
Cronaca di una rissa annunciata. Sarà questo l'esito inevitabile della seconda spedizione della Freedom Flotilla.
Le navi dei militanti saranno fermate dalle unità della marina militare israeliana, dopodiché sarà solo una questione di nervi. Gli israeliani li avranno abbastanza saldi da non aprire il fuoco? Quanto spingeranno i pacifisti prima di rinunciare all'operazione? Saranno abbastanza tenaci da ignorare ogni avvertimento e ogni possibilità di scontro, fino ad approdare a Gaza?
Nel peggiore dei casi assisteremo al bis della tragedia del 31 maggio 2010, quando la marina israeliana abbordò le navi della Freedom Flotilla, dirette a Gaza nonostante il blocco navale. Quell'abbordaggio provocò la morte di 9 attivisti turchi a bordo della motonave Mavi Marmara.
In queste settimane la Turchia, che ha ben altri problemi da risolvere (più di 10mila profughi dalla Siria), non ha fornito la logistica, le navi e i suoi porti, come aveva fatto nel 2010. La flotta è stata dunque radunata nel porto del Pireo, Grecia.
La seconda spedizione della Freedom Flotilla si annuncia ancor più spettacolare della prima: le navi sono ben 10 (dovevano essere 15, nel programma originale) e intendono portare a Gaza 3 mila tonnellate di medicine e di cemento. La missione è dichiaratamente umanitaria. Lo scopo ufficiale è quello di portare aiuti agli abitanti di Gaza chiusi dal blocco israeliano dal 2006, da quando Hamas è al potere.
Perché mai il suo esito dovrebbe essere uno scontro? Perché quelle 10 anni vanno alla deriva verso una nuova tragedia? Gli attivisti di Freedom Flotilla hanno la risposta pronta: "Viviamo in Paesi democratici, abbiamo governi democratici, perché dovrebbero bloccarci? Nessun governo può fermarci" - dichiarava alla fine di maggio il vicepresidente dell'Ong turca Ihh Huseyn Uruç - "Noi agiamo all'interno della legalità internazionale. Non violiamo alcuna legge. Israele deve capire che è un nostro diritto andare a Gaza, che siamo pacifici e che non può fermarci".
Il punto è proprio quello: gli organizzatori della Flotilla "vogliono non capire" che attorno a Gaza corre la linea del fronte di un Paese in guerra, che risponde con il blocco navale e terrestre ai continui lanci di razzi di Hamas contro le sue città meridionali, al rapimento del caporale Gilad Shalit (giunto al suo quinto anno di cattività), all'instaurazione nella Striscia di Gaza di un regime integralista islamico che mira alla distruzione di Israele.
A nessuna persona consapevole verrebbe in mente di attraversare un fronte di guerra, senza prima essersi messa d'accordo con i comandi di entrambe le parti.
A nessuno, nemmeno al più sfegatato provocatore futurista, verrebbe in mente di attraversare la frontiera fortificata che divide la Corea del Nord da quella del Sud, di corsa, mostrando le bandiere della pace e di una delle due parti, senza prima aver ottenuto l'assicurazione che nessuna guardia aprirà il fuoco. Con Israele, invece, la tentazione di forzare il blocco e sfidare i militari di guardia viene spontanea, a quanto risulta.
Questo è un punto a favore di Israele: i militanti della Flotilla sanno che i militari dello Stato ebraico ci penseranno due volte prima di sparare un colpo contro civili e giornalisti (ce ne sono una cinquantina, a bordo delle 10 navi). Per scoraggiare la partecipazione dei media, dal governo di Gerusalemme era partito un monito: il giornalista che partecipa alla spedizione sarà trattato alla stregua di un "infiltrato illegale" e bandito dal Paese per 10 anni. Ma poi ha subito rimosso anche questo ostacolo, ammettendo che non è possibile censurare la stampa.
Insomma, la Flotilla sa che può provocare i militari con la stella di David correndo relativamente pochi rischi. E dunque li provocherà. Perché di provocazione si tratta. La Croce Rossa Internazionale non riconosce la situazione di Gaza come una "crisi umanitaria". Anche se ci trovassimo di fronte a una crisi, gli aiuti portati dalle navi dei "pacifisti" sarebbero una goccia nel mare del bisogno.
Infine, ma non da ultimo: la via marittima, attraverso il blocco navale, non è certo l'unica rotta possibile per portare aiuti a Gaza. Per evitare un altro scontro in mare, come quello del 2010, l'Egitto ha offerto ai pacifisti di sbarcare gli aiuti a El-Arish, per poi portare il tutto via terra attraverso il valico di Rafah. Israele, dal canto suo, sempre per evitare lo scontro, ha proposto d'approdare ad Ashdod e poi entrare dai valichi della frontiera. Sono stati i militanti della Flotilla che hanno respinto le offerte in questi termini: "Non accettiamo arbitrii. E ricordiamo che quelle acque non sono d'Israele
".
Ed eccolo, lo scopo di tutta l'operazione. Dimostrare l'illegittimità di Israele. Veicolare allo Stato ebraico un semplice e chiaro messaggio: "tu e le tue frontiere non esistete".
(libertiamo, 29 giugno 2011)
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Netanyahu: voglio sentire Abbas riconoscere lo stato ebraico
Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha invitato il presidente dell'Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas, a riconoscere Israele come Stato ebraico. In un discorso tenuto ad un'assemblea del consiglio di fondazione dell'Agenzia ebraica, Netanyahu ha dichiarato : "mi trovavo dinanzi al mio popolo, popolo di Israele e ho detto che con il tempo accetterò uno Stato palestinese.
Ora il presidente Abbas deve stare davanti al suo popolo ed egli ha da dire queste sei parole 'io accetterò lo stato ebraico'. "Ripeterà questo più e più volte - ha continuato - perché questo rappresenta una componente essenziale per la pace, la rimozione di questo ostacolo è fondamentale per la pace richiesta dal popolo ed è ciò che la comunità internazionale deve affrontare", ha concluso
(FocusMo, 29 giugno 2011)
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Dimezzato il numero di turisti israeliani in Turchia nel 2011
Il numero di turisti israeliani che hanno visitano la Turchia tra gennaio e maggio di quest'anno é diminuito di circa il 59% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, secondo i dati pubblicati dal Ministero del Turismo.
Il dato è in netto contrasto con lo scorso anno, quando i dati mostravano un aumento di 133% nel periodo di tempo del 2009. Circa 30.000 turisti provenienti da Israele hanno visitato la Turchia nei primi cinque mesi dell'anno, rispetto ai 72.500 turisti israeliani che sono venuti in Turchia nello stesso periodo del 2010. Il calo è stato ancora più nitido a maggio, quando solo 6.417 turisti provenienti da Israele sono andati in Turchia, rispetto ai 18.295 dello stesso mese dell'anno scorso. Il rapporto tra la Turchia e Israele è stato teso dal 31 maggio 2010, dopo il raid da parte di un commando israeliano sulla Mavi Marmara, nave in testa alla flottiglia internazionale, che cercava di violare il blocco israeliano della Striscia di Gaza. Il raid ha portato alla morte di otto turchi e un americano di origine turca. La tensione diplomatica, tuttavia, non ha ostacolato i reciproci scambi tra i due Paesi, con scambi commerciali tra Israele e Turchia, in aumento del 25% tra il 2009 e il 2010 e del 40% nel primo trimestre del 2011 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Il commercio bilaterale entro la fine dello scorso anno é aumentato a $ 3,44 miliardi , contro i $ 2,58 miliardi nel 2009. Nel frattempo, il numero totale di turisti stranieri in Turchia durante il periodo gennaio-maggio è arrivato a 9.000.000, segnando un incremento del 14,56% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, secondo i dati recentemente pubblicati sul sito ufficiale dal ministero . Circa 3,3 milioni di turisti stranieri hanno visitato il paese solo a maggio, con un incremento del 4,28 % a maggio del 2010. I turisti tedeschi sono in cima alla classifica rappresentando il 15 % di tutti i visitatori per il periodo gennaio-maggio. Russia, Iran, Regno Unito e la Bulgaria seguono la Germania. Ma nel mese di maggio, i turisti della Russia , erano in cima alla lista seguiti da Germania e Regno Unito. Circa 235 mila turisti stranieri che hanno visitato la Turchia a maggio, pari al 7,15 % del totale, sono venuti solo per un giorno , secondo i dati.
(FocusMo, 29 giugno 2011)
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Israele, dibattito sulla preghiera durante i funerali per i militari caduti
di Valentino Salvatore
Si dibatte in Israele sull'influenza religiosa nell'esercito, in particolare se durante i funerali dei soldati debbano essere caratterizzati da una invocazione a Dio. Ci si domanda se pronunciare nel corso dell'Yizkor ('preghiera del ricordo', tipica dei funerali) le parole "ricordiamo nel nome di Dio" o "ricordiamo nel nome di Israele", inteso come popolo. Tradizionalmente, veniva usata la seconda espressione, ma è scoppiato un caso dopo che un cappellano militare ha usato di recente la formulazione con l'esplicito riferimento a Dio. Proprio lunedì una commissione parlamentare ha chiesto esplicitamente al primo ministro Benjamin Netanyahu di pronunciarsi sulla questione.
Il nuovo comandante in capo delle Israel Defense Forces (IDF, l'esercito), il generale di corpo d'armata Benny Ganz, vuole l'esplicito riferimento religioso nei funerali ai caduti. Critiche arrivano da ambienti e politici laici, che vedono negativamente l'eccessiva confessionalizzazione dell'esercito di questi anni. I soldati vengono sempre più spesso 'invitati', tra le altre cose, a partecipare a riti religiosi o ad ascoltare sermoni di rabbini, o subiscono punizioni se attuano comportamenti ritenuti 'non ortodossi', come si legge ad esempio sul sito MediaLine.org .
Secondo le stime, la maggior parte dei soldati israeliani non sono religiosi, ma cresce il numero degli ufficiali ultra-ortodossi. Diversi politici propendono per una doppia versione dell'invocazione: una laica, l'altra col riferimento a Dio, da utilizzare a seconda dei casi.
(UAAR Ultimissime, 29 giugno 2011
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Gaza tra povertà e modernità
Secondo un recente rapporto del COGAT ( Coordinatore Attività di Governo nei Territori), la politica verso i civili attuata dal governo di Israele nelle Striscia di Gaza ha permesso di portare avanti piani di espansione e sviluppo con risultati di notevole impatto sul territorio. Gli interventi che hanno fatto seguito alle decisioni del Consiglio dei Ministri israeliano dello scorso anno hanno coperto differenti opere.
Innanzitutto il ripristino dell'area di attraversamento di Karem Shalom, oggi aperta sei giorni a settimana, che ha previsto un investimento sino ad oggi di oltre 50 milioni di NIS contro i 100 messi già a budget . ll potenziamento delle strutture di ricevimento, carico e scarico delle merci, stoccaggio e imballaggio dei materiali del Valico hanno portato ad un aumento del volume di merci in transito dell'87% ed ad un aumento della sua capacità del 233%.
Anche il settore dell'importazione da Gaza verso l'Europa ha beneficiato di queste infrastrutture consentendo di aumentare il transito dei mezzi di trasporto. Sono 150 i progetti finanziati e supervisionati dalla comunità internazionale che il governo di Israele sta portando avanti in collaborazione con l'Autorità Palestinese e che comprendono anche le richieste pervenute dall'UNRWA (Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati Palestinesi) relativamente alla costruzione di nuove scuole, di centri sociali, di posti di lavoro per le donne sia il ripristino degli impianti idrici, delle infrastrutture, la riqualificazione in campo sanitario delle strutture esistenti e la creazione di nuovi reparti ospedalieri.
Molti di questi progetti sono già stati portati a termine, altri in fase di completamento. La sola UNRWA ha sottoposto 70 progetti che il governo di Israele ha già approvato. I benefici di questa politica sociale coordinata dal team congiunto del COGAT e dell'autorità palestinese ha di conseguenza registrato nel corso del 2010 una diminuizione del tasso di disoccupazione nella Striscia di Gaza dal 41 al 38% e i primi dati del quadrimestre 2011 ne confermano un ulteriore abbassamento al 30%.
Accanto alla politica sociale continua anche la politica umanitaria, nel solo 2010 sono stati concessi più di 30.000 permessi ai pazienti palestinesi per cure mediche e nei territori di Israele, Giudea e Samaria. Dalle stime indicate risulta evidente che la politica civile di Israele ha contribuito notevolmente a rafforzare l'economia nella Striscia di Gaza e a migliorare la qualità di vita dei suoi abitanti.
Seppur con un passo diverso dalla Cisgiordania anche Gaza sta avviando processi di ammodernamento e di sviluppo imprenditoriale. Nei prossimi mesi a Gaza verranno aperti due nuovi alberghi di lusso, un centro commerciale ed edificate centinaia di nuove abitazioni e dodici nuove scuole, forti segnali che questa enclave palestinese sta vivendo il suo primo periodo di crescita economica reale.
Ma Gaza nel 2011 è anche questo: migliaia di case che sono state distrutte durante l'ultimo conflitto con Israele, due anni e mezzo anni fa, e che non sono state ricostruite. Gli ospedali hanno annullato chirurgia elettiva (l'intervento chirurgico non urgente) per mancanza di forniture. Il numero di residenti che vivono con meno di 1,60 dollari al giorno è triplicato in quattro anni. Tre quarti della popolazione deve contare su aiuti alimentari. Sono passati quattro anni da quando Hamas ha preso il sopravvento, spingendo Israele e l'Egitto ad imporre un embargo sulle persone e la maggior parte delle merci. E ' passato un anno da quando una flottiglia turca ha sfidato l'assedio e il commando israeliano ha ucciso nove attivisti a bordo delle navi, con conseguente indignazione internazionale.
Nel valutare la condizione dei 1,6 milioni di persone che vivono a Gaza, ci sono problemi di dove tracciare la linee base e - spesso - è questo che motiva la discussione. Non è mai stato tra i luoghi più poveri del mondo. E' vicino ad un' alfabetizzazione universale ha un tasso di mortalità infantile relativamente basso, e le condizioni di salute rimangono tra le migliori al mondo. L'anno scorso, Israele ha permesso di entrare quasi il materiale a Gaza, tranne che cemento, acciaio e altro materiale di costruzione - diverso da quelli per i progetti di supervisione internazionale - perché preoccupato che tali forniture potessero essere usate da Hamas per costruire bunker e le bombe. Una serie di progetti internazionali stanno procedendo, ma c'è un urgente bisogno di alloggi, pavimentazioni stradali, fabbriche e progetti di lavori pubblici.
Negli ultimi mesi, il tunnel sotto il confine meridionale utilizzato per portare i beni di consumo è diventato quasi interamente dedicato al contrabbando di materiali da costruzione. Le autorità di sicurezza egiziane dopo il rovesciamento del presidente Hosni Mubarak, non fermano più i contrabbandieri. Il controllo di Hamas su Gaza, appare più saldo che mai, e le pattuglie nel tunnel in Egitto consentono un maggiore accesso alle armi. Gli attuali sondaggi di opinione mostrano che il suo rivale più laico Fatah, sta però aumentando i consensi anche a Gaza. Questo potrebbe spiegare perché un tentativo di unità politica con Fatah si muove lentamente: i leader di Hamas temono di non essere più l'unico riferimento per la popolazione.
(FocusMo, 29 giugno 2011)
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Israele, nel 2010 il crimine è costato al Paese 3 miliardi di euro
Qual è il giro d'affari del crimine in Israele? Soltanto l'anno scorso è stato pari a quasi quindici miliardi di nuovi shekel (circa 3 miliardi di euro). Su scala decennale, il totale ammonta a quasi 32 miliardi di euro nel periodo 2000-2010.
I calcoli li ha fatti il ministero della Pubblica sicurezza dello Stato ebraico basandosi su un parametro abbastanza immediato: quanto costa alle istituzioni nazionali ogni atto criminale sulla base del Pil. In generale i numeri più recenti mostrano una leggera flessione del 2,4% rispetto alla precedente rilevazione, del 2009. Ma restano comunque alti per uno stato di 7,5 milioni di abitanti.
In dettaglio. L'anno passato ogni crimine classificato come "violento", per esempio, è costato agl'israeliani qualcosa come 585 milioni di euro (+12% rispetto al 2009). E qui, il ministero, fornisce anche una sorta di "tariffario" per ogni tipologia. Ogni omicidio ha comportato da parte dello Stato una spesa media di 444 mila euro, ogni molestia sessuale circa 7.600 e ogni atto criminale "di bassa violenza" di poco più di 5.700 euro.
Scendendo più giù, nella stessa categoria, si scopre che il crimine contro la proprietà ha fatto sborsare alle istituzioni oltre 1.900 euro per ogni caso, mentre la frode non ha superato - in media - i 1.300 euro. Queste ultime, fanno notare i tecnici del ministero della Pubblica sicurezza, sono anche quelle più frequenti tra tutti i crimini, pesando per quasi la metà della casistica nel 2010.
(Falafel Cafè, 29 giugno 2011)
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«La bomba che il mondo non vede»
di Emanuel Segre Amar
Tra la serie di articoli che oggi, come ogni giorno, si offrono ai lettori interessati a conoscere le vicende del Medio Oriente, raccomando una attenta lettura di quanto pubblicato su Liberal; le parole pronunciate da John R. Bolton, ex ambasciatore degli USA all'ONU, di fronte alla Commissione esteri del Congresso americano, sono di estrema gravità, e già il titolo ("La bomba che il mondo non vede") lo mette in evidenza. L'Iran, con la Siria, punta tutto sul nucleare, il tempo stringe, e poi tutto cambierà per il mondo intero. Finalmente l'AIEA, sotto la nuova direzione di Arnano, che ha sostituito el Baradei, ha iniziato a raccontare quanto sta avvenendo davvero. L'Iran, oltre ad arricchire l'uranio, cerca di approvvigionarsi di plutonio; in agosto il reattore da 1000 MW di Basher, costruito con l'aiuto dei russi, verrà collegato alla rete elettrica; il Venezuela, secondo paese al mondo per disponibilità di uranio nei propri giacimenti, fornisce la materia prima in cambio della tecnologia che diventerà preziosa per il regime di Chavez; la Birmania, paese chiuso agli occhi del mondo, è ideale per rendere possibili i traffici proibiti tra la Corea del Nord e l'Iran. Per Bolton le speranze di controllare la situazione sono oggi quanto mai flebili, soprattutto a causa della debolezza degli USA. E quando l'Iran si sarà dotata dell'arma nucleare, altri paesi dell'area finiranno inevitabilmente per seguire la stessa strada. Se Israele deciderà di attaccare, il suo sarà da considerare un atto di legittima difesa, tanto più che l'amministrazione di Obama non deciderà mai di attaccare; Bolton fa riferimento a quanto egli stesso aveva già dichiarato al Congresso nel 2003, in parte a porte aperte ed in parte a porte chiuse, ricevendo, allora, una dura contestazione da Biden, attuale vice-presidente, ma trovando poi la conferma dei fatti grazie ad Israele, costretto a distruggere nel 2007 la centrale di al Kibar. La Siria, allora come oggi, costituisce un alleato fondamentale per Ahmadinejad, e di questa alleanza strategica godono molti vantaggi anche gli Hezbollah del Libano.
(Notiziario Ucei, 29 giugno 2011)
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Israele si prepara alle dimostrazioni di massa in Cisgiordania
I funzionari delle forze armate israeliane riferiscono che stanno svolgendo in questi giorni intense esercitazioni per fronteggiare un possibile focolaio di violenza in Cisgiordania, a settembre, durante il voto delle Nazioni Unite sul riconoscimento dello Stato palestinese. Nel frattempo i palestinesi, proseguono nella loro direzione. I funzionari palestinesi si aprono a tutto il mondo per raccogliere sostegno alla loro iniziativa. Sperano di cambiare le opinioni del leader statunitense, che intende porre il veto a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU ad ammettere la Palestina come membro delle Nazioni Unite a pieno titolo. Per la prima volta, lunedi scorso un alto funzionario palestinese ha descritto una posizione di ripiego. Nabil Shaath ha detto che se gli Stati Uniti bloccheranno l'iniziativa per l'adesione alle Nazioni Unite, i palestinesi cercheranno di ottenere lo status di stato non membro da un organismo mondiale. "Questo ci aprirebbe la strada per ottenere l'adesione di tutte le istituzioni delle Nazioni Unite, come la Banca Mondiale e il Fondo monetario internazionale". La campagna per la statalità è emersa dal lungo stallo dei negoziati israelo-palestinesi e dalla convinzione palestinese che il governo del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu non è seriamente intenzionato a fare la pace. Domenica scorsa, la dirigenza della Cisgiordania palestinese ha deciso formalmente di chiedere il riconoscimento delle Nazioni Unite dello stato palestinese che comprende la Cisgiordania, la Striscia di Gaza e Gerusalemme est. Israele sta già pianificando la sua risposta, con una cabina di regia posta in relazione a tutti i livelli della struttura di comando militare che hanno a che fare con disordini e proteste. Gli ufficiali militari israeliani hanno riferito che l'esercito sta portando rafforzando il controllo sui confini per fronteggiare potenziali proteste di massa. L'esercito israeliano si sta preparando ad una vasta serie di eventualità, tra cui disordini, attentati, marce e dimostrazioni. Tutti gli esercizi di addestramento di routine previsti per settembre sono stati annullati per rendere i soldati disponibili per il servizio in Cisgiordania, e i riservisti saranno richiamati per sostituire i soldati regolari alle frontiere. Israele mobilita i riservisti raramente a meno che il paese si trovi di fronte ad una situazione di combattimento o alla percezione di una grave minaccia. Amnon Lipkin-Shahak, un ex capo militare israeliano, nonché ex ministro, ha predetto che i palestinesi starebbero organizzando dimostrazioni di massa e potrebbero marciare sugli insediamenti israeliani in Cisgiordania. Lipkin-Shahak è uno dei principali membri di un gruppo che sta esortando Israele ad adottare una proposta di pace che riconosca lo Stato palestinese in Cisgiordania, Striscia di Gaza e Gerusalemme est con scambi di territorio concordati che permettano a Israele di mantenere alcuni dei suoi principali insediamenti in Cisgiordania, e compensando i palestinesi con dei terreni. I precedenti governi israeliani avevano accettato questo senza però mai arrivare a produrre un accordo di pace. Ha aggiunto Lipkin-Shahak che c'è una buona possibilità che tali manifestazioni da parte palestinese scoppino in posti come Gerusalemme o nella città cisgiordana di Nablus. "Non sono stupidi", ha aggiunto, sottolineando l'effetto che la marcia di massa dei manifestanti disarmati ha avuto sull'opinione mondiale. "Si potrebbe creare qualcosa che non abbiamo mai visto prima", ha dichiarato. "Hanno visto il potere del popolo, hanno visto il potere dell'attività non violenta".
(FocusMo, 29 giugno 2011)
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Israele vuole che tutti gli occhi del mondo siano puntati sulla "Flotilla 2"
di Paolo di Mauro
La Freedom Flotilla 2 è in procinto di salpare in direzione della Striscia di Gaza e l'opinione pubblica internazionale si domanda quali saranno le misure che adotterà Israele per ostacolarne l'arrivo sulle coste di Gaza, su cui dal 2007 - anno in cui Hamas ha preso il controllo della Striscia - vige l'embargo posto dallo stato israeliano, che da Gaza si è ritirato unilateralmente. In particolare, quali accorgimenti ha previsto il governo di Gerusalemme per evitare che si ripetano i gravi fatti di sangue del 31 maggio 2010, quando, in occasione del primo blitz della Flotilla, le forze navali israeliane intercettarono le imbarcazioni dirette a Gaza nelle acque internazionali; nello scontro che seguì tra i militari del reparto speciale "Shayetet 13" e l'equipaggio della Mavi Marmara rimasero uccisi nove attivisti filo-palestinesi. L'incidente ebbe rilevanti conseguenze a livello diplomatico per Israele. In primo luogo, la rottura dei rapporti diplomatici con Ankara, causata dal fatto che le vittime erano turche, i "pacifisti" che vi mostriamo nel video di apertura, membri dell'IHH, una sigla dell'estremismo islamico legata ad Hamas. In ogni caso il primo ministro Erdogan bollò l'azione di Israele come "terrorismo di Stato" (poi ci ha ripensato e stavolta la Marmara resterà a casa). A questo si aggiunse la condanna da parte del Consiglio di Sicurezza dell'Onu - giudicata "ipocrita" da parte di Israele - accompagnata da quella di altri Stati occidentali....
(l'Occidentale, 29 giugno 2011)
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«Israele presto diventerà una potenza energetica»
Israele presto diventerà una potenza energetica. A sostenerlo è stato l'amministratore delegato dell'Eni, Paolo Scaroni, in occasione della presentazione a Montecitorio del libro "Petrolio, la nuova geopolitica del potere" di Giancarlo Elia Valori. "Israele presto diventerà una potenza energetica: a largo delle coste di Israele, Libano e Cipro c'e' infatti un tratto di mare dove sono state fatte grandi scoperte di gas - ha osservato l'ad dell'Eni -. Questo permetterà a Israele di diventare autosufficiente dal punto di vista energetico, anzi potrà addirittura esportare il gas". Per il Paese si tratterà, ha aggiunto Scaroni, di "un grosso cambiamento rispetto ad ora che dipende dalle importazioni dall'Egitto, un paese amico ma - ha precisato - non da sempre".
E per l'Italia, per l'Europa e per l'intero Occidente è oggi più che mai fondamentale trovare nuove fonti di approvvigionamento energetico, vista anche la richiesta che arriva ai tradizionali Paesi produttori dalle nuove economie emergenti. Lo stesso Scaroni ha sottolineato ad esempio che il gas russo attualmente è "ambito a est, da potenze come Cina e India". Questi Paesi, esattamente come l'Europa, cercano di ridurre la dipendenza dal carbone, e far fronte così alle richieste di riduzione delle emissioni di Co2, sostituendolo con il gas. "E noi europei - ha avvertito Scaroni - dobbiamo guardare con molta attenzione a tali dinamiche perché se il gas siberiano dovesse essere diretto verso est il nostro futuro energetico diventerà più complicato".
Un tema centrale è anche quello delle pipeline: in particolare il Nabucco, il gasdotto che collegherà l'Arzebaijan con l'Europa attraverso la Turchia. Si tratta, ha detto Scaroni, "di una alternativa, o forse un sogno, al gas russo" e che, secondo Valori, vedrà tra i suoi fornitori l'Iran. "Ce lo auguriamo tutti - ha affermato a questo proposito l'ad dell'Eni - ma i tempi non sono maturi, dovremo attendere ancora per vedere l'Iran nel novero dei fornitori del Nabucco. Certamente - ha aggiunto - il futuro del Nabucco è strettamente legato a quello dell'Iran perché solo con le forniture dell'Azerbaijan credo non si giustifichi l'investimento di 20 miliardi di euro".
Anche per l'ex presidente del Consiglio, Massimo D'Alema, il primato dell'occidente nel controllo delle fonti energetiche è oggi "messo in discussione" dalle economie emergenti. E questo, ha indicato, avviene in un momento in cui il nucleare è "in crisi" anche a causa della tragedia di Fukushima: per questo il controllo sul petrolio, sul carbone e sul gas, ha affermato D'Alema, è "ancora più strategico". Dunque, se i rapporti con i tradizionali Paesi produttori come la Russia restano centrali, diventano importanti anche quelli con le "potenze energetiche emergenti" come Venezuela e Brasile. Ma, ha spiegato, ancora più cruciale è "pensare ad una partnership diversa" con i Paesi dell'altra sponda del Mediterraneo e del Golfo interessati dai sommovimenti. Ci troviamo infatti di fronte, ha detto l'ex premier, "ad una grande rivolta che ha messo finora all'angolo il pericolo fondamentalista, proponendo valori comuni a quelli europei. Ma - ha avvertito - un moto democratico e non fondamentalista è inevitabile che determini anche un forte sentimento nazionalista che metterà in campo partner meno accomodanti rispetto alle vecchie oligarchie", con i quali l'Europa è riuscita a dialogare in passato soprattutto in campo energetico. La nuova classe politica "vorrà avere un controllo" sulle risorse energetiche "e dunque dovremo pensare a partnership diversa" perché dall'altra parte del tavolo l'Europa troverà "interlocutori nuovi, forse anche migliori, ma sicuramente meno accomodanti".
Sotto questo profilo, ha detto invece il finanziere franco-tunisino, Tarak Ben Ammar, bisogna approfittare dal fatto che le rivoluzioni arabe sono rivoluzioni libere e che non sono state fatte con ''slogan anti occidentali'' o ''anti sionisti''. ''Sono state rivoluzioni fatte da sole, senza l'appoggio del radicalismo islamico e dell'occidente''. I giovani tunisini, ha aggiunto Ben Ammar, ''hanno manifestato chiedendo liberta', dignita' e lavoro. Ora hanno la liberta' e la dignita'. Ora serve il lavoro e senza lavoro non ci sara' democrazia''. Per questo, ha sottolineato, "serve aiutare ora piu' che mai questi paesi arabi". Ma lo devono fare "i paesi arabi stessi: non dobbiamo chiedere all'Europa ma dobbiamo chiedere ai paesi arabi che hanno i mezzi''. Altrimenti, il pericolo è che le rivoluzioni arabe "diventino ostaggio del radicalismo islamico''.
Per quanto riguarda il petrolio, secondo il presidente della Commissioni Affari Esteri del Senato, Lamberto Dini, l'interesse dei grandi paesi produttori ed esportatori è che "non si sviluppino le energie alternative": il loro obiettivo è infatti quello di "mantenere il petrolio la principale fonte di energia". Dini, in particolare, ha insistito sulla necessità dell'utilizzo dell'energia nucleare, "responsabile della produzione di circa il 16% di tutta energia elettrica mondiale". Anche perché "una diminuzione della produzione elettrica su base nucleare non può che portare ad aumento prezzi petrolio", ha concluso Dini facendo riferimento ai continui rialzi del prezzo dei barili.
(FocusMo, 29 giugno 2011)
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Wi-Fi al Ghetto di Roma: inaugurata la postazione al Portico d'Ottavia
In via del Portico d'Ottavia è stata inaugurata la nuova postazione con cui Internet sarà disponibile, in wireless, gratuitamente. Presenti Zingaretti, Corsetti e Pacifici
di Annarita Barbetta
Il Wi-Fi raggiunge il Ghetto: "Continua l'impegno della provincia di Roma per la diffusione di Internet senza fili gratis per tutti", dichiara il presidente del Municipio I, Orlando Corsetti, che insieme al presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti, il presidente della Comunità Ebraica, Riccardo Pacifici e la giornalista Lucia Annunziata hanno descritto il servizio e gli hot spot installati in via del portico d'Ottavia e in via del Tempio. Sono 695 le aree web della rete "Provincia Wi-Fi", di cui 466 a Roma e 229 in provincia. Gli utenti registrati sono oltre 90mila.
"Il servizio - commenta Pacifici - raggiunge già molte piazze, parchi e altri luoghi pubblici. Le università, partendo da Roma Tre, dove docenti e studenti possono connettersi alla rete e gli ospedali, come il Policlinico Umberto I, l'Istituto Regina Elena e il San Galliano. Sono stati installati impianti per la connessione al web - continua il presidente della Comunità Ebraica - anche su alcune spiagge libere attrezzate di Focene, Fregene e Ostia. Internet gratis raggiungerà
anche i 380 plessi dei 196 istituti scolastici superiori."
(RomaToday, 28 giugno 2011)
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Il Parlamento olandese mette al bando la macellazione rituale
AMSTERDAM - Il Parlamento olandese ha dato oggi il primo si' alla proposta di legge per proibire la macellazione rituale degli animali, praticata nel Paese dalle minoranze musulmane ed ebrea ortodossa. Il provvedimento, presentato dal piccolo Partito per i diritti degli animali, stabilisce che i capi di bestiame debbano essere storditi o anestetizzati prima dell'abbattimento, a differenza di quanto avviene con le tecniche 'halal' e 'kosher', praticate rispettivamente da musulmani ed ebrei, che prevedono che l'animale sia perfettamente cosciente al momento dello sgozzamento .
(AGI, 28 giugno 2011)
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Nessuna imbarcazione può entrare a Gaza fanno sapere dal ministero degli Esteri israeliano
Il ministero degli Esteri israeliano chiarisce, ancora una volta, la propria posizione in merito alla nuova flottiglia di aiuti umanitari verso Gaza. «La nostra politica - ha dichiarato oggi in conferenza stampa Yigal Caspi, vice direttore generale per la stampa e gli affari pubblici - è che nessuna imbarcazione può entrare a Gaza.
Su questo non si tratta. Di conseguenza, per noi è irrilevante chi si troverà a bordo della prossima flottiglia: che siano pacifisti o meno, non ci interessa. Dal momento in cui sfidano un embargo navale, imposto da uno Stato nel rispetto del diritto internazionale, sanno a cosa possono andare incontro. La loro non è una missione umanitaria - ha aggiunto Caspi -, ma una provocazione politica». «Israele combatte il terrorismo di Hamas con ogni strumento legale a sua disposizione - ha affermato Sarah Weiss Ma'udi, consulente legale del ministero - e il blocco navale è uno di questi strumenti. La legge internazionale ci consente di farlo rispettare anche con la forza, se qualcuno tenta di romperlo. Il nostro messaggio agli altri Stati è chiaro: mettete in guardia i vostri cittadini sui rischi che si assumerebbero se decidessero d'imbarcarsi. Chiunque verrà fermato dai soldati israeliani sarà rimpatriato e bandito da Israele per dieci anni: proprio come è successo lo scorso anno». Israele ha detto che continuerà il blocco navale nella Striscia di Gaza nonostante la crescente pressione mondiale per sollevare l'assedio, dopo il raid navale contro la "Freedom Flottiglia 1" dell'anno scorso dove sono stati uccisi nove attivisti. A norma di legge Israele può esercitare il blocco navale a Gaza, secondo la legge del blocco che deriva dal diritto internazionale consuetudinario e codificata nella Dichiarazione di Londra del 1909, un aggiornamento è stato compiuto nel 1994 , un documento giuridicamente riconosciuto chiamato "Manuale San Remo sul diritto internazionale applicabile ai conflitti armati in mare". Il testo cita: "un blocco deve essere dichiarato e notificato a tutti i belligeranti e agli stati neutrali, l'accesso ai porti neutrali non può essere bloccato e può essere bloccata solo una zona che è sotto il controllo nemico". Alla Reuters Philip Roche partner, nelle dispute di spedizione e risk management dello studio legale Norton Rose ha affermato: "sulla base del fatto che Hamas è l'entità dominante di Gaza e Israele è nel bel mezzo di una lotta armata contro quell'entità dominante, il blocco è legale". Ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite del diritto del mare, uno stato costiero ha un "mare territoriale" di 12 miglia nautiche dalla costa su cui è sovrano. Le navi di altri Stati sono ammesse con un "passaggio inoffensivo" ad attraversare tali acque. C'è un ulteriore zona delle 12 miglia nautiche chiamata "zona contigua", in cui uno Stato può intraprendere azioni per proteggere se stesso o le sue leggi.
(FocusMo, 28 giugno 2011)
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Quando è la radio militare a fare opinione
TEL AVIV - «Buon giorno. Vi parla Ribhi Rantisi, sono un attivista di Hamas a Gaza. Concedo spesso interviste alla radio militare, dove mi esprimo liberamente. La radio militare è la casa di noi tutti. Faccio appello alla Commissione parlamentare per le finanze affinché garantisca che l'emittente possa beneficiare di libertà di espressione anche in futuro». In un Paese dagli aspetti spesso contraddittori come Israele, può accadere di tutto: perfino che la radio delle forze armate venga accusata di dare eccessiva ospitalità alle voci di Hamas e di essere malignamente divenuta - come sostiene un sito web della Destra nazionalista, Israel-Shely - «un coltello alle spalle dei nostri soldati».Proprio un'attivista di Israel-Shely ha telefonato la scorsa settimana a Rantisi, a Gaza, spacciandosi da giornalista della radio militare. Ha spiegato che l'emittente versa in ristrettezze, che era necessario convincere la Commissione parlamentare ad autorizzare finanziamenti. Rantisi non si è fatto pregare e ha dettato un appello. Israel-Shely ha quindi trionfalmente passato la registrazione ai deputati della Knesset. «Ecco, vedete, perfino Hamas loda quella radio...» è stato detto loro. Formalmente la radio militare dipende dal ministero della difesa. Composta da un insolito connubio di soldati di leva e di giornalisti professionisti, l'emittente si è guadagnata un posto di rispetto tra i mass media. I suoi cronisti non esitano a lanciare frecciate, talvolta, in direzione del ministro della difesa Ehud Barak e a prendere cum grano salis anche i comunicati del portavoce militare. «Non siamo il "deodorante" delle forze armate», ha esclamato un giornalista di punta. La libertà di pensiero della stazione (che piace ai giovani) è stata spesso malvista dai successivi governi. Ma il suo corpetto di sicurezza è rappresentato dalla stampa scritta: molti giornalisti importanti, infatti, si sono fatti le ossa dietro ai microfoni dell'esercito.
(Corriere Canadese, 28 giugno 2011)
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Disordini a Gerusalemme dopo il fermo del rabbino Dov Lior
GERUSALEMME - Disordini nel corso della notte a Gerusalemme, dove decine di manifestanti di religione ebraica si sono riversati sulle strade per manifestare contro il fermo del rabbino Dov Lior, di 80 anni. Il capo religioso è stato arrestato e interrogato per ore su una sua lettera scritta anni fa che autorizzava in alcuni casi l'uccisione dei non-ebrei. Il rabbino aveva sempre ignorato le convocazioni della polizia ritenendo che "i commissariati non sono il posto adatto per discutere di questioni teologiche".
Nel corso della notte gli agenti hanno individuato la sua auto e hanno fermato il capo del movimento nazional-religioso.
Alla notizia del suo fermo a centinaia i fedeli di religione ebraica hanno invaso le strade di Gerusalemme e Cisgiordania, bloccando il traffico. Il rabbino Dov Lior è stato rilasciato ma la polizia resta in stato di allerta a Gerusalemme e a Kiryat Arba, il quartiere dove risiede Lior.
(CronacaLive, 28 giugno 2011)
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Lieberman: gli attivisti della Freedom Flotilla cercano il "sangue"
GERUSALEMME - Il ministro israeliano degli Esteri Avigdor Lieberman ha detto oggi che gli attivisti che partecipano al progetto della nuova "Freedom Flottilla" per portare aiuti a Gaza sfidando l'embargo israeliano stanno cercando "lo scontro e il sangue".
Attivisti filo-israeliani hanno annunciato per i prossimi giorni la partenza da alcuni porti europei di una dozzina di navi che cercheranno di portare aiuti al territorio controllato dai fondamentalisti islamici di Hamas.
"Sono chiaramente lì per creare una provocazione, cercando lo scontro e il sangue per le foto o gli schermi tv", ha detto Lieberman parlando a Radio Israele, aggiungendo che c'è "uno zoccolo duro di terroristi" tra i partecipanti.
Sul loro sito web, gli attivisti statunitensi della Freedom Flottilla hanno detto che le loro intenzioni sono pacifiche e che intendono navigare "senza la protezione delle armi o minacce di uso della forza".
Israele sostiene che l'embargo alla Striscia di Gaza serve a impedire la fornitura di armi a Hamas, il movimento che governa Gaza e il cui contatto viene evitato dai governi occidentali per il suo rifiuto di riconoscere lo Stato ebraico, rinunciare alla violenza e accettare gli accordi di pace esistenti.
Per i palestinesi invece il blocco è illegale e contribuisce a strangolare l'economia sottosviluppata di Gaza.
Ieri il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak ha invitato i governi a non fornire assistenza alla "flottilla" e ha detto di aver ordinato all'esercito di bloccare le navi, se necessario.
(Reuters, 28 giugno 2011)
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Free Siria, perchè la Flotilla pacifista non fa rotta anche verso i porti siriani?
Tutto è pronto per andare a violare l'embargo navale di Gaza, come accadde un anno fa, solo che si parte dalla Grecia, e non più dalla Turchia. Israele si sta preparando, facendo accordi con l'Egitto e approntando una rete diplomatica su cui far rimbalzare la Flotilla 2, cercando di evitare quell'intervento militare che un anno fa provocò la messa sotto processo dell'élite militare e politica di Gerusalemme. Gli attivisti, che partono in memoria di Vittorio Arrigoni, strangolato a Gaza da estremisti salafiti, preparano la provocazione, lasciando come sempre a Israele il compito di difendersi, e vivono la "liberazione di Gaza" come la vittoria finale sul regime più dispotico del medio oriente. In questi mesi di primavera araba, in cui abbiamo visto giovani darsi fuoco, sindacalisti scendere in piazza assieme ai turbanti, militari sposare la causa dei civili, e dittatori sparare contro i loro popoli, parlando di complotti internazionali mentre facevano più banalmente fuori la dissidenza interna, in questi mesi, dicevamo, il volto dei regimi è apparso, in molti paesi, in tutta la sua ferocia. Eppure la flotilla della pace va dove è sempre andata, a Gaza, anche se in quest'anno è successo di tutto, anche se nel frattempo è stato riaperto il valico di Rafah con l'Egitto, quindi l'embargo è già bello che violato. Certo, Free Gaza è un simbolo di una battaglia ideologica che non cambia mai. Ma sarebbe bello che una flotilla tanto battagliera e determinata partisse in direzione della Siria, cercasse di arrivare a Latakia o magari a Tartus, il porto preferito dai russi fin dagli anni Sessanta, e gridasse con i megafoni "Free Siria". Un bello slogan, un bel simbolo.
(Il Foglio, 28 giugno 2011)
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Calcio - Il Palermo si assicura lisraeliano Zahavi
Il nazionale israeliano Eran Zahavi è da oggi ufficialmente un giocatore dell'US Città di Palermo, che ha trovato l'accordo con l'Hapoel Tel Aviv FC per il passaggio a titolo definitivo del centrocampista.
Il nazionale israeliano Eran Zahavi è da oggi ufficialmente un giocatore dell'US Città di Palermo, che ha trovato l'accordo con l'Hapoel Tel-Aviv FC per il passaggio a titolo definitivo del centrocampista.
Non sono stati resi noti i dettagli economici dell'operazione, ma il giocatore, che compirà 24 anni il mese prossimo, ha firmato un contratto quinquennale fino al 2016 con il club rosanero. Zahavi con l'Hapoel ha vinto un campionato israeliano e due Coppe di Israele; ha debuttato in nazionale maggiore nel settembre del 2010.
(UEFA.com, 28 giugno 2011)
Video
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Hezbollah ora teme la Siria
Per la prima volta dalla data della sua fondazione nel 1982, la fazione politica di Hezbollah non guarda più alla Siria come ad un potenziale alleato. I disordini siriani attualmente, rappresentano infatti il pericolo più grande per Hezbollah, protetti dal regime di Assad per oltre trent'anni.
I manifestanti temono infatti che il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, tenti di difendere il regime in carica e di usare la propria retorica a scapito delle riforme richieste. I dubbi su un possibile collegamento tra la leadership oppressiva del presidente Assad e l'organizzazione di Hezbollah, sono sorti in seguito alla pubblicazione sui quotidiano francese Le Figaro, di un report sulla vendita di armi fabbricate in Siria agli Hezbollah della valle di Bekaa in Libano.
(FocusMo, 28 giugno 2011)
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Terrorismo - Israele arresta una ventina di militanti del Fplp
Operazioni effettuate a Ramallah e a Gerusalemme Est
GERUSALEMME, 27 giu. - Il servizio di sicurezza interna israeliano, lo Shin Bet, ha annunciato di aver arrestato più di venti palestinesi, membri del Fronte popolare di liberazione della Palestina (Fplp), a Ramallah e a Gerusalemme Est, sospettati di preparare sequestri e attacchi.
Secondo lo Shin Bet, le persone arrestate progettavano di rapire israeliani e cercavano di rifornirsi in armi per condurre attacchi. Questi militanti del Fplp (estrema sinistra) avevano inoltre intenzione di rapire un ricco promotore immobiliare palestinese per finanziare i loro piani, ha aggiunto l'agenzia.
"In questi ultimi due mesi, Shin Bet, esercito e polizia hanno impedito l'instaurazione di una cellula militare del Fplp nella regione di Ramallah", ha indicato in un comunicato.
Lo Shin Bet ha rivelato i nomi di cinque uomini, tra i quali quello del sospetto leader dell'operazione, Nasser Abu Khadir, 40 anni, un residente di Gerusalemme Est "con un lungo passato di terrorismo". La maggior parte dei militanti arrestati è stata già imprigionata da Israele per attentati. Più di 270.000 palestinesi vivono a Gerusalemme Est, settore la cui annessione dal 1967 da parte di Israele non è riconosciuto dalla Comunità internazionale.
(TMNews, 27 giugno 2011)
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Netanyahu: Freedom Flotilla non violerà il blocco a Gaza
Il convoglio di 10 navi partirà domani
ROMA, 27 giu. - Israele non consentirà a nessuna imbarcazione di violare il blocco sulla Striscia di Gaza. Lo ha dichiarato il premier israeliano Benjamin Netanyahu nell'incontro avuto ieri con il suo gabinetto, riportato oggi dal quotidiano Haaretz. Domani circa 10 navi della Freedom Flotilla partiranno alla volta di Gaza, con l'intenzione di violare il blocco e consegnare tonnellate di aiuti ai palestinesi.
Funzionari della sicurezza e del ministero degli Esteri hanno rassicurato ieri il governo, affermando di non avere notizie di terroristi o persone affiliate a gruppi terroristici presenti sul convoglio. "Il grosso dei partecipanti è formato da attivisti per i diritti umani provenienti da Paesi europei, Canada e Stati Uniti", ha detto una fonte della sicurezza. Saranno circa 500 le persone presenti a bordo, tra cui molti giornalisti stranieri e la scrittrice Usa Alice Walker, attivista dei diritti civili, premio Pulitzer con il romanzo "Il colore viola". Il governo israeliano tornerà oggi a discutere della missione di Freedom Flotilla, precisa Haaretz.
(TMNews, 27 giugno 2011)
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Gli ebrei e il Risorgimento
La comunità ebraica di Parma partecipa alla mostra di Gerusalemme allestita per i 150 anni dell'Unità d'Italia con un pezzo di eccezionale valore storico conservato nel Museo Ebraico "F. Levi" di Soragna: una «ketubbah», un contratto matrimoniale di Busseto del 1860 con le effigi del re, di Garibaldi e di Cavour.
di Yehuda Giavarini
Italia - Israele: gli ultimi centocinquanta anni" è questo il titolo sotto si pongono una serie di iniziative in programma a Gerusalemme organizzate dall'Ambasciata d'Italia a Tel Aviv sotto l'alto patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia. Le manifestazioni sono state inaugurate recentemente da un ospite d'eccezione: il Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano. Nell'ambito di tali iniziative, al Museo di Arte Ebraica Italiana ''Umberto Nahon" si è inaugurata la mostra "Da Garibaldi a Herzl. Il risorgimento nazionale tra Italia e Israele" che rimarrà aperta fino al 15 luglio con l'obbiettivo di illustrare le espressioni del contributo ebraico all'Unità d'Italia mediante l'esposizione di oggetti, documenti e testimonianze provenienti dalle Comunità Ebraiche italiane.
Anche la Comunità di Parma partecipa all'iniziativa con un pezzo di eccezionale valore storico e documentale conservato nel Museo Ebraico "F. Levi" di Soragna. Si tratta di una ''ketubbah", cioè un contratto matrimoniale redatto secondo la legge ebraica, che suggella le nozze tra Samuel Modena e Deborah Levi, celebrate nel 1860 a Busseto, "città sita nei pressi del fiume Ongina", come recita il testo aramaico. La particolarità di questa ''ketubbah'' risiede nel fatto che, a dispetto del divieto mosaico di rappresentare immagini umane su testi sacri, l'autore del manoscritto ha posto nel fregio decorativo a margine del testo le raffigurazioni di Vittorio Emanuele Il (in alto), Garibaldi (a destra) e Cavour (a sinistra).
Si può ipotizzare, ma non è affatto certo, che nella parte inferiore del documento, purtroppo mancante e danneggiata, fosse rappresentato anche Giuseppe Mazzini. Non abbiamo elementi per affermare che i coniugi in questione avessero specifiche motivazioni personali o particolari meriti patriottici per evidenziare, nel più importante momento della loro vita, il pubblico riconoscimento e la loro devozione ai fondatori del Regno d'Italia. Quello che invece è certo, è che forte e intensa fu l'identificazione della minoranza ebraica italiana con il processo di costruzione dello Stato unitario nell'ambito del cui ordinamento, a partire dallo Statuto Albertino del 1848, per la prima volta gli ebrei diventano a pieno titolo cittadini uguali agli altri, non più soggetti alle limitazioni, alle interdizioni ed alle angherie che avevano segnato la loro plurisecolare presenza sul territorio italiano.
Gli ebrei, consapevoli che ogni speranza di emancipazione poteva essere conseguita solo appoggiando l'affermarsi del fervore libertario nella progressiva costituzione del futuro Regno d'Italia, parteciparono attivamente all'attività cospirativa mazziniana, ai moti del 1820-21 e del 1830-31, alla Repubblica romana del 1848, alle guerre del Risorgimento, alla presa di Roma il 20 settembre 1870. Le stamperie ebraiche, oltre a stampare libri di culto, si trasformano in fucine segrete per la diffusione di opuscoli e manifesti clandestini per incitare alla lotta. A Modena i fratelli Angelo ed Enrico Usiglio sono collaboratori di Ciro Menotti. Giuseppe Mazzini conta tra i suoi migliori amici nell'esilio di Londra proprio Angelo Usiglio.
Nel cimitero ebraico di Parma è sepolto Eugenio Ravà, che oltre ad essere uno dei Mille, prese parte alla guerradi secessione americana tra gli unionisti del generale Grant. Ravà combatté anche a Mentana e, sempre con Garibaldi, fu tra i volontari dell'Esercito dei Vosgi, accorso a prestare aiuto alla neo-proclamata Terza Repubblica nella guerra franco-prussiana. L'emancipazione ebraica è considerata un atto di giustizia che fa parte del programma delle rivendicazioni italiane. In quegli anni fiorisce una nutrita pubblicistica in favore degli ebrei a firma di Cattaneo, Pepe, Gioberti, Tommaseo, Brofferio, Balbo e dei fratelli D'Azeglio.
Costante è la partecipazione degli ebrei al Governo: dal patriota e cospiratore Giuseppe Finzi, che nel 1861 fu deputato al primo Parlamento italiano, a Isacco Artom astigiano segretario di Cavour, nel 1862 ministro pIenipotenziario a Copenhaghen, primo ebreo d'Europa a ricoprire una carica di diplomatico all'estero; dal veneziano Luigi Luzzatti, che fu presidente del Consiglio dopo essere stato Ministro delle Finanze, al triestino Salvatore Barzilai detto "il deputato di Trieste al Parlamento italiano". Nel 1861 al Parlamento italiano c'erano 6 deputati ebrei; dieci anni dopo erano 11, nel 1874 se ne contavano 15.
Fu proprio in quegli anni di emancipazione che le piccole Comunità ebraiche sparse del Parmense dal 1555 a causa di un decreto di espulsione dal capoluogo, poterono rinnovare le loro antiche sinagoghe. Tra queste vi sono appunto le comunità di Soragna e di Busseto, cittadina in cui fu vergata la nostra patriottica ketubbah, e nella quale la presenza ebraica risaliva almeno al 1470. Ma il forte legame tra le vicende della comunità ebraica di Busseto ed il Risorgimento non è testimoniato solo da questa ketubbah. E' infatti ancora vivo nella memoria storica bussetana l'episodio del 1905 in cui l'ebreo Lazzaro Fano esalò l'ultimo respiro con ancora indosso la camicia rossa di reduce garibaldino per l'eccessiva commozione che gli suscitò una cerimonia di rievocazione delle gesta dell'Eroe dei Due Mondi.
Non è certamente una caso che il più celebre dei bussetani, Giuseppe Verdi, assurse a simbolo della riconquistata libertà che l'unità d'Italia rappresentava proprio la liberazione degli Ebrei dall'Egitto, a cui si inneggia nel celeberrimo "coro" del Nabucco, che in tanti avrebbero addirittura voluto quale Inno Nazionale. L'esposizione della ketubbah al Museo ''Nahon'' di Gerusalemme curiosamente rinsalda un antico legame tra la Città Santa e Busseto. E' infatti proprio a Gerusalemme, nella sinagoga "Komemiùth" in Via Chovevè Zion (Via degli Amanti di Sion), nel quartiere Talbiyeh di Gerusalemme, che sono stati trasferiti nel 1967 gli arredi della sinagoga ottocentesca di Busseto dopo che la comunità ebraica si estinse. Come spesso accade in ambito ebraico, anche questi arredi hanno una storia degna di essere ricordata quale testimonianza di coraggio ed altruismo. Si deve infatti alla intraprendenza della bussetana Caterina Orsi, non ebrea ma profondamente legata alla famiglia Muggia ed alla sorte degli ebrei, che il Tempio di Busseto fu salvato dalla distruzione che ne decretarono i fascisti. Ed è alla signora Orsi che si rivolse nel 1969 con una commovente lettera di riconoscenza proprio lo stesso Umberto Nahon, allora presidente della Comunità Ebraica Italiana di Gerusalemme, a cui è stato successivamente intitolato il Museo in cui oggi è esposta la ketubbah di Busseto.
(Gazzetta di Parma, 27 giugno 2011)
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Netanyahu: stiamo trattando per Shalit
di Aldo Baquis
Sulla questione Shalit, Benyamin Netanyahu non accetta di fare la parte del «cattivo». Negli ultimi giorni la famiglia del soldato israeliano prigioniero a Gaza ha ingranato una marcia in più nelle manifestazioni di protesta e si è incatenata ai cancelli della residenza del premier a Gerusalemme. «Netanyahu - ha detto Noam Shalit, nel quinto anniversario della cattura del figlio - non può condannare a morte Ghilad». Che accetti allora le condizioni dei rapitori.
Ieri il primo ministro ha ritenuto opportuno rivelare di aver già accettato una proposta per uno scambio di prigionieri, formulata mesi fa da un mediatore tedesco. «Proposta non facile per noi, anzi pesante», ha precisato. Eppure Israele la sottoscrive. Ora manca solo «una risposta ufficiale di Hamas», ha detto il premier. Ma gli islamisti tacciono.
La sensazione che nelle file di Hamas non ci sia un «padrone di casa» è peraltro condivisa in queste settimane anche dai dirigenti egiziani. Avevano annunciato all'inizio di maggio una riconciliazione fra Hamas e Fatah: ma è rimasta sulla carta. Avevano annunciato, all'inizio di giugno, la riapertura del valico fra Sinai e Gaza: ma le settimane passano, le incomprensioni restano e i transiti proseguono a singhiozzo. Resta irrisolta la questione se l'istanza suprema di Hamas sia Khaled Meshal (il leader in esilio), Mahmud a-Zahar (l'uomo forte di Gaza), oppure il misterioso «comandante Jaabri», capo del braccio armato. Le proteste degli Shalit sulla porta di Netanyahu rischiano di restare sterili. Israele, al massimo, potrebbe tentare un blitz per liberare il prigioniero. Ma nessuno può garantire che ne uscirebbe vivo.
Nel frattempo il braccio di ferro passa nelle carceri israeliane dove - su ordine di Netanyahu - vengono inasprite le condizioni di reclusione per i personaggi di spicco di Hamas. E ieri Israele ha annunciato che punirà i giornalisti che seguiranno la Freedom Flotilla 2 verso Gaza con il divieto a entrare nel Paese per 10 anni
(La Stampa, 27 giugno 2011)
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Israele: cure odontoiatriche fino a dieci anni
I bambini israeliani fino a dieci anni potranno ricevere cure odontoiatriche gratis. Lo ha deliberato ieri il Consiglio dei ministri di Gerusalemme nella tradizionale riunione della domenica mattina. «La nostra capacità finanziaria ci consente di prendere una serie di decisioni socio-economiche», si legge nel comunicato pubblicato alla fine dell'incontro.
Il riferimento è all'ottimo stato delle finanze israeliane che crescono a ritmi sostenuti (intorno al 4.6% annuo). In particolare - come anche i ministri hanno sottolineato nel corso dell'incontro - il tasso di disoccupazione attuale, inferiore al 6%, è il più basso di sempre nello Stato ebraico. Il premier Benjamin Netanyahu e la sua squadra di governo hanno dunque deciso di re-investire nel sociale: a partire dalla salute dei minori. «Estenderemo il programma di cure dentistiche pediatriche anche ai bambini di dieci anni di età», ha annunciato il capo dell'esecutivo, aggiungendo che si tratta di un «progresso molto importante a cui le famiglie danno il benvenuto».
(FocusMo, 27 giugno 2011)
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Pio XII - L'ambasciatore Lewy chiarisce il suo pensiero
Ampio spazio oggi sui principali quotidiani israeliani a proposito delle dichiarazioni rilasciate da Mordechay Lewy, ambasciatore di Israele presso la Santa Sede che al termine della scorsa settimana, in occasione della cerimonia di attribuzione del titolo di Giusto tra le Nazioni a Don Piccinini, riferendosi alle persecuzioni antiebraiche in Italia e al coinvolgimento della Chiesa nelle operazioni di salvataggio degli stessi ebrei, aveva affermato che Pio XII e la Santa Sede "hanno prestato aiuto agli ebrei ogni volta che hanno potuto". Parole decise, seguite da altre affermazioni concilianti verso l'operato del papa durante il nazifascismo, che hanno suscitato reazioni molto forti da parte di associazioni ebraiche che da tempo si battono contro interpretazioni storiche assolutorie su Pio XII e i suoi "silenzi". Un tema delicatissimo per tutto l'ebraismo italiano che stato sollevato anche in occasione della recente visita di Benedetto XVI alla sinagoga di Roma. Dopo giorni di polemiche, riprese con ampio spazio dai media israeliani, l'ambasciatore Lewy ha deciso di chiarire il suo pensiero, dichiarando quanto segue: "Considerato che il fatto di cui ho parlato è ancora oggetto della ricerca storica attuale e di quella futura, il mio personale giudizio storico sulla vicenda era prematuro''. Ma il rischio di strumentalizzazioni, specie alla luce del percorso di beatificazione di Pacelli più volte paventato dalla Chiesa, resta lo stesso molto forte come ha sottolineato tra gli altri il direttore del Simon Wiesenthal Center di Gerusalemme Efraim Zuroff sul Jerusalem Post: "Il suo intervento è stato inopportuno e storicamente sbagliato" ha commentato Zuroff. Polemiche sono arrivate anche da rappresentanze di vittime della furia nazifascista. "I sopravvissuti alla Shoah sono delusi e turbati da commenti storicamente insostenibili dell'ambasciatore Lewy. Per qualsiasi ambasciatore fare tali commenti è moralmente sbagliato'' si legge in comunicato diffuso dal vicepresidente dell'Associazione dei sopravvissuti alla Shoah e dei loro discendenti Elan Steinberg. Che a farlo sia stato poi un rappresentante diplomatico dello Stato d'Israele è ritenuto da Steinberg "un fatto particolarmente dannoso". Tra i passaggi ritenuti più controversi nel discorso di Lewy, pubblicato dall'Osservatore Romano sabato 25 giugno, quello in cui si dice che a partire dal rastrellamento del ghetto di Roma del 16 ottobre del 1943 e nei giorni successivi "monasteri e orfanotrofi, tenuti da ordini religiosi, hanno aperto le porte agli ebrei e abbiamo motivo di pensare che ciò avvenisse sotto la supervisione dei più alti vertici del Vaticano che erano quindi informati di questi gesti". Una versione che striderebbe con la convinzione diffusa che si sia invece trattato di atti di straordinario eroismo non sollecitati dall'alto, ma piuttosto frutto del convincimento dei singoli uomini e donne di Chiesa. "Ciò che fecero numerosi religiosi cattolici aprendo le porte ai fuggiaschi ebrei lo fecero di loro spontanea volontà senza nessuna imboccata. Non ci sarebbe stato il tempo necessario e l'ordine non venne" commenta l'ambasciatore Sergio Minerbi, considerato uno dei massimi esperti nei rapporti fra Israele e Vaticano, nell'editoriale che questo notiziario quotidiano pubblica qui di seguito.
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Pio XII e la Storia
di Sergio Minerbi
L'ambasciatore d'Israele presso la Santa Sede ha espresso nei giorni scorsi a Roma un parere su Pio XII che mi sembra sprovvisto di fondamenti storici. Egli ha affermato che dal 16 ottobre 1943 monasteri e orfanotrofi hanno aperto le porte agli ebrei, e questo è indubbiamente vero. Ma ha aggiunto: "Abbiamo motivo di pensare che ciò avvenisse sotto la supervisione degli alti vertici del Vaticano". Per quanto mi consta non esiste nessun documento che provi che gli alti vertici del Vaticano abbiano suggerito o ordinato ai monasteri di accogliere ebrei prima del 16 ottobre 1943. Ciò che fecero numerosi religiosi cattolici aprendo le porte ai fuggiaschi ebrei, lo fecero di loro spontanea volontà senza nessuna imboccata. Non ci sarebbe stato il tempo necessario e l'ordine non venne.
Lewy afferma "che quello partito il 18 ottobre 1943 fu l'unico convoglio" che i nazisti organizzarono verso Auschwitz. Così 1024 ebrei furono inviati al campo di sterminio e ne tornarono 15. Ma non fu l'unica retata, poiché dopo quella data furono arrestati e deportati un migliaio di ebrei, più di quelli catturati la prima volta.
Lewy non è nuovo a questo genere di affermazioni poiché già nel 2003 andò a Boston negli Stati Uniti per concedere un'intervista a Michael Paulson, del Boston Globee affermò: "È sbagliato dire che Pio XII non salvò ebrei".
In pubblico Pio XII non pronunciò mai la parola ebrei né durante la guerra né dopo. Si era sostenuto da parte cattolica che egli non fosse al corrente delle persecuzioni naziste contro gli ebrei. Ma fu provato che questo non era vero. Egli ricevette per esempio nel giugno 1940 il funzionario Vincenzo Soro, già addetto all'ambasciata italiana a Varsavia, che gli raccontò di aver visto una decina di ebrei uccisi con un colpo alla nuca, sulla neve in un giardino di Varsavia. Il cappellano Scavizzi, che accompagnava i treni-ospedale verso il fronte russo incontrò personalmente Pio XII nel 1941-42 e gli scrisse quattro lettere con dettagli precisi sull'uccisione di due milioni di ebrei in Ucraina. All'inizio del 1943 il vescovo di Berlino, von Preysing, scrisse a Pio XII per invocare il suo intervento e salvare gli ebrei, ma invano. A Roma dopo l'8 settembre 1943, la preoccupazione maggiore del Segretario di Stato Maglione fu quella di salvare Roma dai comunisti. Di questo parlò Pio XII con il rappresentante britannico Osborne, e con il rappresentante americano Tittman nell'ottobre 1943. In Ungheria Pio XII inviò un messaggio a Horty il 25 giugno 1944, ma ormai era troppo tardi.
Il portavoce del ministero degli Esteri israeliano, Igael Palmor, ha detto: "La posizione prevalente da noi e nel mondo ebraico è che Pio XII mantenne il silenzio quando invece avrebbe dovuto alzare la voce". Lewy è stato poi costretto a smentire se stesso affermando che le sue parole " Facevano parte di uno sfondo storico più vasto, ma tenendo conto del fatto che questo sfondo storico è tuttora oggetto di ricerche, era troppo presto per formulare una posizione storica personale". No, signor Ambasciatore, lei non può esprimere alcuna posizione storica personale, ma solo quella sostenuta dal suo governo.
(Notiziario Ucei, 27 giugno 2011)
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Laurea ad honorem ai proff. Benjamin Richler e Shlomo Simonsohn
RAVENNA - Domani, martedì 28 giugno alle 16.30, presso la Sala preconsigliare del Comune di Ravenna, Piazza del Popolo 1, il Magnifico Rettore dell'Università di Bologna, Prof. Ivano Dionigi, conferirà la Laurea ad honorem in Archivistica e Biblioteconomia ai proff. Benjamin Richler e Shlomo Simonsohn.
Interverranno inoltre: il Sindaco del Comune di Ravenna, Fabrizio Matteucci, il Vice-sindaco del Comune di Ravenna, Giannantonio Mingozzi, il Vice-presidente della Provincia di Ravenna, Gianni Bezzi e il Presidente della Fondazione Flaminia, Lanfranco Gualtieri.
Il prof. Benjamin Richler, nato a Montreal (Canada) l'8 gennaio del 1940, ha compiuto i suoi studi alla Yeshiva University di New York, ottenendo nel 1960 il B.A. Dopo un soggiorno in un kibbutz negli anni 1961-62 per perfezionare la lingua ebraica, nel 1963 ha ottenuto il Master of Library Science alla Hebrew University di Gerusalemme e, quindi, dal 1965 al 2005 è stato, per 40 anni, attivo come catalogatore di manoscritti ebraici presso lo Institute of Microfilmed Hebrew Manuscripts della Jewish National and University Library di Gerusalemme di cui dal 1997 è stato anche direttore.
Richler ha magistralmente compendiato tutto questo tesoro prezioso di notizie nella sua Guide to Hebrew Manuscript Collection, pubblicata a Gerusalemme nel 1994 dalla Israel Academy of Sciences and Humanities e attualmente in ristampa, considerata il più importante ed imprescindibile strumento per chiunque abbia bisogno di orientarsi nel reperimento di manoscritti ebraici conservati nelle biblioteche dell'intero orbe. È considerato la massima autorità scientifica per lo studio dei manoscritti ebraici e, in particolare, della storia delle collezioni, della loro provenienza e della loro attuale collocazione nelle biblioteche di tutto il mondo.
Il prof. Shlomo Simonsohn, nato a Breslau in Germania il 30 ottobre del 1923, ha compiuto i suoi studi liceali e classici prima in Germania, e quelli universitari alla Hebrew University di Gerusalemme negli anni 1943-46, conseguendo il titolo di M.A con una tesi su The Latin Church in the Crusaders Kingdom of Jerusalem, e quindi negli anni 1949-52 presso lo University College, della London University, dove egli consegui il Ph.D. con una tesi dottorale su Leone da Modena.
Ha iniziato la sua carriera accademica prima con un triennio dal 1954 al 1957 nel ruolo di Research Fellow alla Hebrew University di Gerusalemme e, dal 1955, alla Tel Aviv University, salendo gradualmente tutti i livelli della carriera universitaria fino a divenire direttore del Diaspora Research Institute della Tel-Aviv University e rettore dell'Ateneo di Tel Aviv dal 1971 al 1977. Simonsohn ha al suo attivo una mole sterminata di volumi e di pubblicazioni di altissimo livello scientifico (vedi: www.aisg.it ).
Egli è considerato unanimemente uno dei massimi studiosi dell'ebraismo italiano, fondatore e direttore del Progetto "Italia Judaica" costituito nel 1969 con un accordo fra alcuni studiosi di Israele italiani e di altri paesi, e finanziato anche dal Ministero per i Beni e le attività Culturali del Governo italiano.
(Ravennanotizie.it, 27 giugno 2011)
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Gaza: due esplosioni nella notte
Nella striscia di Gaza si avverte oggi un clima di accresciuta tensione dopo che nella nottata sono state registrate due esplosioni: una nei pressi degli uffici di una agenzia delle Nazioni Unite (la Unsco) e di una moschea gestita da Hamas; e la seconda a Khan Yunes, nel sud della Striscia. Il bilancio complessivo di questi episodi è di due feriti, uno dei quali un adolescente. Fonti locali precisano che già dopo la prima esplosione i servizi di sicurezza di Hamas hanno elevato il livello di sorveglianza attorno alla residenza del capo dell'esecutivo di Hamas a Gaza, Ismail Haniyeh, nel campo profughi di Shati. Le fonti precisano che nel corso della notte gli agenti hanno perquisito tutte le automobili che transitavano nelle vicinanze della sua abitazione. Finora la paternità politica di queste esplosioni non è nota. Ma secondo alcuni potrebbero essere collegate al movimento salafita locale, che è su posizioni islamiche più radicali di quelle espresse da Hamas. Proprio una cellula salafita fu protagonista, lo scorso aprile, del rapimento a Gaza dell'attivista Vittorio Arrigoni nel tentativo di liberare un proprio dirigente, detenuto da Hamas. Il sequestro si concluse con l'uccisione del giovane italiano e col successivo suicidio del capo dei rapitori, vistosi scoperto dagli agenti di Hamas.
(L'Unione Sarda, 27 giugno 2011)
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Israele ai giornalisti: illegale imbarcarsi su Freedom Flotilla
ROMA, 26 giu. - Il governo israeliano ha ammonito i giornalisti stranieri a non aderire alla missione della Freedom Flotilla, in partenza alla volta di Gaza con tonnellate di aiuti umanitari per i palestinesi, per non violare la legge israeliana. In una lettera diffusa oggi dal suo ufficio stampa, il governo afferma che chiunque si unisca al convoglio rischia di non poter entrare in Israele per 10 anni. Nella lettera, riportata oggi dal quotidiano israeliano Haaretz, si afferma che la Freedom Flotilla "è una pericolosa provocazione organizzata da estremisti occidentali e islamici al fine di aiutare Hamas". Il governo israeliano ricorda quindi che le forze armate hanno ricevuto l'ordine di fermare il convoglio prima che raggiunga Gaza, dal momento che "la flotilla intende coscientemente violare il blocco che è stato dichiarato nel rispetto della legge e di tutti i trattati e del diritto internazionale". "Partecipare alla flotilla è una premeditata violazione della legge israeliana e può portare al divieto di ingresso nello Stato di Israele per 10 anni, alla confisca delle attrezzature e a ulteriori sanzioni", prosegue la missiva. Sul convoglio saranno presenti decine di giornalisti, oltre alla scrittrice Usa Alice Walker, attivista dei diritti civili, premio Pulitzer con il romanzo "Il colore viola".
(TMNews, 26 giugno 2011)
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Un ponte fra Russia, Italia e Colombia
La famiglia Lazar festeggia un matrimonio nel parco Sakolniki
Grandi festeggiamenti in casa di rav Berel Lazar, rabbino capo della Russia: il 16 giugno 2011 sua figlia Blumi si è unita in matrimonio con Aizik Rosenfeld, figlio del rabbino Chabad di Bogotà, in Colombia.
Più di duemila sono stati gli invitati a questo matrimonio chassidico, che si può considerare il più importante e significativo dopo la caduta del Comunismo.
Fra gli invitati vi erano persone dalle più semplici ai più grandi sostenitori della comunità ebraica; rappresentanti di varie comunità e rabbini provenienti da tutta la Russia. Erano presenti anche il Presidente del Consiglio della Federazione russa, l'ambasciatrice italiana a Mosca, Sabina Cornaggia Medici e il console Enrico Nunziata.
Anche dall'Italia, terra di origine di rav Lazar, sono arrivati i nonni della sposa, rav Moshe e Judy Lazar, la zia Chani Springer, lo zio rav Menachem Lazar con la moglie Rivkie, i cugini rav Shalom e Chana Hazan, Itzchok Minkowitz, Shaike Friedman, Aba Yacov Adno con la moglie.
E' stata una festa memorabile, protrattasi fino alle prime ore dell'alba: l'ambasciatrice italiana ha affermato di aver vissuto una serata unica nella sua vita.
Questo evento ha avuto anche un grande significato per la comunità ebraica russa, poiché sia il luogo che la data rimandavano ai tempi bui della storia ebraica.
Il 13 Adar I del 1927 il penultimo rebbe di Lubavitch, rav Yosef Itzchak, si trovava a Mosca al fine di incontrare diverse personalità con le quali avrebbe dovuto discutere sull'incremento della diffusione dell'ebraismo in quella terra. In uno degli incontri, uomini del Kgb fecero irruzione nella stanza con le armi in pugno per procedere all'arresto del rebbe. Fortunatamente, la persona con la quale si trovava a colloquio era un alto ufficiale del governo, che riuscì a sventare l'arresto.
Quella sera, raccontò poi il rebbe, egli si era recato al parco Sakolniki per una passeggiata, durante la quale si sovvenne delle parole di suo padre, il quale, tempo prima, aveva presagito che "nubi pesanti sarebbero arrivate sulla Russia", ma anche della promessa che "un giorno D-o vincerà".
Qualche mese dopo, il 15 Sivan, il rebbe fu arrestato, imprigionato e condannato a morte. Con l'aiuto di D-o, però, qualche settimana dopo fu liberato.
Come spesso accade, la Storia si è capovolta.
Il 15 Sivan 2011, a ottantaquattro anni di distanza dall'arresto del penultimo rebbe di Lubavitch, nel parco Sokolniki, un rappresentante del governo russo ha assistito alla nascita di una nuova famiglia ebraica e ha augurato che la comunità ebraica possa continuare nella sua opera di diffusione dell'ebraismo in una Russia diversa, rinnovata, in una Russia dove oggi, contrariamente al passato, l'educazione ebraica viene celebrata.
(Chabad Lubavitch Italia, 26 giugno 2011)
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La crudeltà di Hamas: finta foto di Shalit a cinque anni dal suo rapimento
Un'altra crudeltà. Una foto di Gilad Shalit in versione invecchiata, a 5 anni dalla cattura del caporale israeliano. Proprio mentre centinaia di persone, tra cui i familiari del soldato rapito si radunavano davanti alla residenza del premier Netanyahu, Hamas ha pubblicato una immagine finta del giovane. Shalit appare come un 24enne precocemente invecchiato per le dure condizioni di detenzione; appoggiato alle sbarre di una cella, guarda sconsolato in basso. Porta i suoi vecchi occhiali con bordo d'acciaio rotondi e una barba di qualche giorno, che, come i capelli, è tutta imbiancata.
Il giovane militare in servizio di leva fu catturato il 25 giugno 2006 da miliziani di Hamas in un blitz al confine tra Israele e la Striscia di Gaza. Per i cinque anni dal suo rapimento, ieri i coniugi Shalit hanno incontrato l'ambasciatore francese in Israele, Christophe Bigot, che ha consegnato loro una lettera di Nicolas Sarkozy indirizzata direttamente a Gilad (che è anche cittadino francese), nella quale il presidente francese afferma che la Francia non lo abbandonerà mai. Manifestazioni sono avvenute anche nei pressi del luogo in cui Shalit fu sequestrato. Le Brigate Ezzedine al-Qassam hanno annunciato che il caporale non sarà liberato prima del rilascio di mille prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane.
(il Giornale, 26 giugno 2011)
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Musica, cibo e Amalek. Servita a Barletta una serata ebraica
Ha per titolo «Ricorda cosa ti ha fatto Amalek» un volume di Grazia Tiritiello sulla storia di Jakov Gheler e del ghetto di Varsavia che sarà presentato a Barletta martedì 28 giugno alle 20 nella Sala della Comunità Sant'Antonio in un incontro al quale prenderanno parte il Rabbino capo della comunità ebraica di Napoli e dell'Italia meridionale, Rav Shalom Bahbout, e l'autrice.
Nel darne notizia con un comunicato, il responsabile della Comunità di Sant'Antonio, Riccardo Losappio, ricorda che in occasione della presentazione del volume il rabbino Rav Shalom Bahbout terrà una lectio dal titolo «Gli Ebrei, l'umanità e Amalek». Successivamente il baritono e narratore Angelo De Leonardis leggerà stralci del libro, e il quartetto d'archi I Suoni del Sud e il soprano Anna Maria Stella Pansini eseguiranno musiche tratte dal cd allegato. Al pubblico sarà inoltre offerto un buffet kasher.
Amalek, discendente di Edom, è stato - ricorda la nota - il più spietato nemico del popolo ebraico dopo il passaggio del Mar Rosso e il più vigliacco, poiché attaccò Israele non sul fronte (dov'erano i più giovani) ma nelle retrovie (dove si attardavano anziani, donne e bambini). Il Terzo Reich è stato - si ricorda ancora nella nota - il nuovo Amalek della storia e il più spietato nemico della popolazione ebraica d'Europa, ma fecero entrambi una 'misera fine'.
Grazia Tiritiello nel suo libro racconta la storia di Jakov Gheler, un ingegnere edile di Lodz, combattente della Resistenza nel ghetto di Varsavia che al tramonto della vita ha soltanto un desiderio: tornare in Eretz, lo Stato di Israele. Nata a Barletta nel 1961, Grazia Tiritiello è presidente dell'Istituto Musica Judaica di Barletta e responsabile artistica delle Mostre Terezìn e Lunga vita alla Vita! tenute con ampio successo di pubblico e critica in numerose città. Direttore di scena dello spettacolo teatrale Brundibàr di Hans Kràsa, appartiene alla Comunità ebraica di Napoli. Autrice dei Lunari ebraici di Trani 5766 e 5767, è coautrice del libretto dell'opera in 2 atti Misha e i Lupi di Francesco Lotoro; con quest'ultimo ha scritto il libro Gli Ebrei nel Terzo Reich (Rotas, 2004) e l'Album fotografico Brundibàr - Theresienstadt 1943 (Rotas, 2007). Attori e uomini di teatro come Arnoldo Foà, Michele Placido, Milo Vallone e Pino Bruno hanno già prestato la propria voce narrante del suo libro Ricorda cosa ti ha fatto Amalek. Insomma una serata da non perdere per poter confrontarsi con una realtà spesso non considerata adeguatamente.
(Gazzetta del Mezzogiorno, 26 giugno 2011)
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Scolanova, un gioiello antico che chiude il cerchio col passato
"Un campanile su cui svetta un discreto ma evidente Maghen David, l'emblema più éclatante del risveglio dell'ebraismo in atto nel Mezzogiorno d'Italia." Queste le parole usate da Daniela Gross per descrivere la sinagoga Scolanova di Trani nel pezzo che chiude il dossier dedicato all'affascinante percorso di rinascita dell'ebraismo meridionale sul primo numero di Pagine Ebraiche.
La storia della Scolanova, di cui Avraham Zecchillo era apprezzato shammash, è in effetti piuttosto singolare. Immerso nel cuore di Trani vecchia, in un intrico di meravigliosi vicoli pieni di storia e vitalità, l'edificio nasce nel tredicesimo secolo come sinagoga ma, dopo la cacciata degli ebrei del Meridione, viene trasformato in chiesa per divenire in tempi più ravvicinati centro culturale. Fino al 2007, anno in cui il rinato gruppo ebraico tranese ottiene dall'amministrazione comunale la restituzione del Tempio al suo uso originale. Grandi emozioni per gli ebrei tranesi e la convinzione di un cerchio che finalmente si chiude, di un luogo che non potrà più essere espropriato dalle vergogne della storia. Da allora la sfida, dal sapore più dolce, è quella di garantire il minian per celebrare la funzione religiosa, di dare continuità a una vita comunitaria. "Siamo stati i primi, passando per sognatori, a muoverci in questo Mezzogiorno che conta ebrei da Sannicandro a Siracusa. Eppure oggi Scolanova è lì, bella come una bomboniera, decorata di arazzi e parochet come l'hai lasciata il giorno che sei partito da Trani senza sapere che non saresti più tornato" scrive Francesco Lotoro in questa pagina ricordando il compagno d'avventura Zecchillo e la sua centralità nella commovente ripartenza dell'ebraismo tranese. Una ripartenza ufficialmente sancita dalla riapertura di questo gioiello architettonico in pietra calcarea, simbolo di un risveglio a cui l'ebraismo italiano guarda oggi con crescente interesse.
(Pagine Ebraiche, luglio 2011)
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Musicista israeliano minacciato annulla un concerto in Turchia
Per la seconda volta questo mese un artista israeliano è stato costretto a rinunciare ad una esibizione in Turchia, in seguito alle minacce giunte da ambienti islamici integralisti locali. Il quotidiano Haaretz precisa che il musicista israeliano
Itamar Erez progettava di recarsi giovedì in Turchia col suo 'Ensemble Adamà per partecipare al festival di jazz 'Akbank Sanat'. Ma gli organizzatori gli hanno fatto sapere che era preferibile annullare la visita. Erez ha accolto la notizia con sgomento, scrive il giornale, anche perchè si è già esibito numerose volte in Turchia: in una occasione, anche di fronte al premier Tayyp Recep Erdogan. Due settimane fa anche il cantore israeliano Lior Almaliach era stato costretto, a seguito di minacce, a rinunciare ad un incontro musicale che doveva riunire artisti di tre religioni: islam, cristianesimo ed ebraismo. I rapporti fra Israele e Turchia si sono gravemente incrinati un anno fa quando nove cittadini turchi sono rimasti uccisi nell'assalto sferrato dalla marina militare israeliana ad una Flottiglia di attivisti filo-palestinesi che cercavano di raggiungere la striscia di Gaza.
(Affaritaliani.it, 26 giugno 2011)
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Gaza: esplosione presso un'agenzia dell'Onu, un ferito
Una potente esplosione si è verificata la scorsa notte a Gaza presso gli uffici dell' Unsco, un'agenzia delle Nazioni Unite. Fonti locali riferiscono che un passante è rimasto ferito e che si sono avuti danni materiali sia negli uffici dell'Unsco sia in una vicina moschea. Le forze di polizia di Hamas sono subito accorse sul posto. A quanto risulta tre giorni fa nella stessa località era stato disinnescato un altro ordigno. Secondo le fonti ancora non è chiaro se obiettivo dell' attentato - la cui paternità non è stata ancora rivendicata - fosse l'agenzia delle Nazioni Unite, oppure la moschea.
(Affaritaliani.it, 26 giugno 2011)
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Chiavari: il mondo yiddish in piazza
di Giuseppe Valle
Ieri sera piazza dei Pescatori ha ospitato uno spettacolo tanto insolito quanto coinvolgente: il mondo yiddish ha fatto irruzione a Chiavari grazie alle esilaranti battute e agli aneddoti saggi e ironici della tradizione ebraica (letti da Marina Maffei e Enrico Rovegno) e alle musiche kletzmer che hanno ricreato le atmosfere festose e al contempo malinconiche, dei villaggi dell'Europa centro-orientale che anche Marc Chagall ha riprodotto nei suoi capolavori con struggente vitalità. "Mamme, mogli e fidanzate
" ha proposto l'immagine della donna con incredibile ironia e senso critico.
La lingua yiddish , nata dal connubio fra ebraico, tedesco, polacco e russo nell'Europa centro-orientale, ha prodotto una letteratura di altissimo livello - teatro compreso - che oggi rischia di sparire. Basti ricordare che il premio Nobel per la letteratura Isaac Bashevis Singer ha scritto per molti anni in quella lingua, affidando ad altri la traduzione delle proprie opere in inglese.
Ingrediente essenziale per entrare nelle atmosfere dello shtetl (piccolo villaggio) sono state le musiche, eseguite con straordinaria maestria da: S. Baronilli al clarinetto, M. Luciani al violino, F. Biasotti alla chitarra, F. Casagrande alle percussioni e G. Bordero al basso. Oggi il massimo esponente di questa musica popolare è Giora Feidman. Lo spettacolo, promosso dall'Associazione "Ultreia!" è stato ospitato all'interno del progetto Tobia che proseguirà fino a domenica prossima.
(Levante News, 25 giugno 2011)
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Progettazione di una Foresteria Ebraica a Padova
Descrizione Progetto
Si ipotizza che la Comunità Ebraica di Padova in collaborazione con il Comune di Padova, in una logica di rilancio del turismo, conoscenza e riflessione sui fatti accaduti e che hanno segnato la storia, promuove la progettazione di una foresteria connessa alla Sinagoga di Padova. Essa dovrà collocarsi nel ghetto della città, più precisamente in Via delle Piazze, zona classificata come centro storico dal Piano regolatore generale vigente. La foresteria sarà da intendersi nella sua accezione moderna come locali adibiti all'alloggio di persone, solitamente di passaggio o temporanea residenza in un luogo.
Obiettivi tipologici
Il fabbricato dovrà riassumere in sé gli aspetti di un edificio moderno e nello stesso tempo integrarsi nel centro storico senza distaccarsi nettamente dal contesto tipologico dettato dagli edifici preesistenti circostanti. Dovrà riuscire quindi a interpretare in chiave contemporanea i caratteri storici e architettonici tipici della città di Padova. I materiali usati potranno richiamare allo stesso modo la tradizione Padovana del laterizio, sebbene anche attraverso nuove forme o colori, e le aperture verso l'esterno dovranno cercare di ripetere il motivo del verticale individuabile chiaramente in tutto il centro storico.
Obiettivi fisici
Il fabbricato dovrà cercare di occupare la massima superficie utile progettabile nel lotto preso in considerazione. Il tutto deve avvenire nel rispetto delle distanze dagli edifici finestrati presenti nelle ristrette vicinanze su tre lati (minimo 5 metri), e andandone in adiacenza su un lato. Deve essere previsto un passaggio pedonale scoperto adeguatamente illuminato che avrà la funzione di collegamento tra Via delle Piazze e Via Roma. Infine deve essere presa in considerazione la realizzazione di un piano interrato per ristabilizzare il parcheggio attualmente in uso dai residenti negli edifici circostanti.
Obiettivi comunicativi
L'edificio dovrà garantire i servizi necessari al fine di valorizzare la conoscenza e promuovere il rispetto per la tradizione della cultura ebraica, attraverso la cucina tipica, l'importanza per gli spazi comuni, eventuali riferimenti alla sinagoga situata frontalmente all'edificio da realizzare. Il fabbricato deve essere simbolico di un dialogo tra l'architettura contemporanea e quella preesistente nel ghetto del centro storico di Padova.
Obiettivi funzionali
La foresteria dovrà essere progettata per adempiere alla sua funzione di temporanea residenza per visitatori o turisti attraverso un congruo numero di camere da letto accessibili per ogni piano e bagno in ogni camera. Le camere saranno di tipo doppie o singole. Dovranno essere presenti un ristorante di cucina tipica ebraica usufruibile anche da visitatori esterni, una sala colazioni con cucina distinta dalla precedente (in maniera tale da tenere fisicamente separati la cucina della carne da quella del latte, ampi spazi comuni e ricreativi. Saranno presenti anche locali specifici per il personale addetto e, indipendentemente dalla foresteria, un parcheggio interrato ad uso dei residenti degli edifici circostanti. Quest'ultimo accessibile da via delle Piazze mediante rampa o ascensore.
(Archiportale.com, 25 giugno 2011)
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Video
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A Gaza non c'è nessuna crisi umanitaria (parola di Croce Rossa)
L'impegno di Israele a favore della Striscia
di Costantino Pistilli
"Non c'è nessuna crisi umanitaria a Gaza e la situazione, nonostante la grande attenzione dei media, non è eccessivamente grave", è quanto dichiarato da Mathild Redmatn, vice direttore della Croce Rossa nella Striscia, che ha aggiunto: "Israele ha il legittimo diritto di proteggere la propria popolazione civile". Ciononostante, un'altra Flottiglia composta da circa venti convogli è pronta per portare nella Striscia di Hamas irenici aiuti umanitari.
Da parte sua, Israele ha già approvato il passaggio e la consegna di materiali per un valore di 100 milioni, necessari per costruire 1.200 nuove case e 18 nuove scuole nella stessa Striscia e Robert Serry, inviato Onu per il Medio Oriente, ha espresso "soddisfazione per questo passo importante". Il maggiore Guy Inbar, portavoce del ministero della Difesa israeliano per l'unità che coordina le attività di Israele con Gaza e in Cisgiordania, ha assicurato che i lavori per la ricostruzione di Gaza saranno gestiti dalle agenzie delle Nazioni Unite che si occupano del popolo palestinese, in linea con l'Accordo firmato tra l'Autorità nazionale e l'Onu ma mai implementato da quando Hamas è salito al potere a Gaza.
Nel frattempo, ogni due settimane Israele veicola circa 50.000 tonnellate di merci nell Striscia. Oltre ad accelerare il flusso di materiali da costruzione lo Stato ebraico dall'inizio del 2011 ha ricevuto 1.500 domande spedite dagli abitanti di Gaza per l'assistenza sanitaria in Israele. Dal mese di aprile l'ottanta per cento dei candidati è stato ammesso.
Hamas, invece, continua a ricevere armi di contrabbando attraverso i valichi di frontiera e via mare dal confine con l'Egitto, tra cui l'artiglieria e missili made in Iran . Durante questa settimana sono piovuti da Gaza due missili Qassam contro il sud d'Israele. Gerusalemme ha risposto bombardando un tunnel utilizzato per portare le armi ai terroristi nella Striscia.
Israele si prepara ad affrontare i peggiori scenari, vista l'instabilità provocata nell'intera area mediorientale dalla Primavera araba e dalle continue minacce che piovono da Teheran. Problemi che si riversano sui confini israeliani resi ancora più insicuri da una situazione interna palestinese per nulla salda: l'incontro sponsorizzato dall'Egitto tra Khaled Mashaal, capo dell'ufficio politico del movimento islamico, e il leader di Fatah, Abu Mazen, è stato rimandato sine die a causa del disaccordo sulla nomina del premier.
Le divergenze tra le due fazioni erano iniziate quando il Comitato centrale del partito Fatah aveva annunciato il nome di Salam Fayyad, attuale primo ministro dell'Anp, come candidato-premier del nuovo esecutivo. Una scelta che non è piaciuta per nulla ad Hamas che ultimamente ha visto mettere in prigione 11 membri del partito per ordine di Abu Mazen.
(l'Occidentale, 25 giugno 2011)
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Delta Air Lines, voli negati ad Ebrei e Israeliani
Accesso negato ad Ebrei e Israeliani sui voli Delta Airlines a partire dal 2012.
Naturalmente non si tratta di tutti i voli ma solo di quelli diretti in Arabia Saudita, ma questo "particolare" non è servito ad evitare le polemiche. La nuova "norma" dovrebbe entrare in vigore con l'ingresso ufficiale della Saudi Arabian Airlines nell'alleanza dei cieli Sky Team, e alla sua base c'è la chiusura del Paese della Mecca ai cittadini ebrei ed israeliani ma addirittura anche a chi ha visitato Israele e abbia quindi un timbro sul proprio passaporto.
Le comunità ebraiche e le associazioni sono già sul piede di guerra al grido di: "La Delta non discrimini gli ebrei", ma intanto la compagnia americana, attraverso il suo blog, ha fatto sapere che la compagnia non discrimina nessuno ma deve attenersi alle leggi decise "dai singoli Stati e non dalle compagnie aeree". Il portavoce sottolinea: "Se un passeggero è sprovvisto di quei documenti lo stesso potrebbe vedersi negato l'accesso a quel Paese, mentre la compagnia aerea potrebbe essere multata. Per questo, spetta alla compagnia accertarsi, prima che i passeggeri salgano a bordo, che questi siano in possesso della documentazione richiesta".
(Travel.Bliz, 25 giugno 2011)
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Calcio - Israele pronta per la "grande opportunità"
Dopo aver visto "la grande qualità del torneo" in Danimarca, Israele cercherà di fare anche meglio nel 2013, come spiega Ronen Hershco della Federcalcio israeliana.
Uno degli uomini che ha grandi meriti per aver portato i prossimi Europei UEFA Under 21 in Israele, ha elogiato la qualità di "alta classe" del torneo in Danimarca che si conclude sabato con la finale tra Spagna e Svizzera.
Ronen Hershco, direttore del dipartimento squadre nazionali della Federcalcio israeliana (IFA), è stato presente durante lo svolgimento del torneo nello Jutland e si aspetta che l'esperienza maturata lo aiuterà nell'organizzazione dell'evento nel 2013.
"In Danimarca è tutto di alta classe, hanno scelto le migliori persone per ogni ruolo, la qualità è davvero alta - dice Hershco -. Spero di aver appreso il massimo di quanto potevo e che queste esperienze ci aiuteranno ad ospitare un grande torneo".
Israele ha ricevuto l'onore di organizzare il torneo che si giocherà tra due estati lo scorso gennaio a seguito della riunione del Comitato Esecutivo UEFA. Per Hershco la decisione ha premiato gli sforzi della IFA - oltre ad avergli dato la possibilità di visitare Aarhus, Aalborg, Herning e Viborg dopo un viaggio simile durante il torneo del 2009 in Svezia.
"E' un processo che dura da circa quattro anni perché ci eravamo candidati anche per il 2011 ed eravamo rimasti in due con la Danimarca. E' solo durante la realizzazione del progetto che abbiamo capito quanto sia grande", spiega.
"Da ogni torneo prendi cose che potranno essere utili. Ogni torneo si gioca in paesi diversi ma con le stesse regole, anche se ci si può adattare per quanto riguarda volontari, infrastrutture e distanze tra stradi. Una cosa che ho visto in Svezia e Danimarca è il grande impegno e la capacità di scegliere le persone giuste".
Hershco crede che un aspetto peculiare del torneo in Israele sarà la vicinanza tra le città ospitanti Netanya, Petach Tikva, Tel Aviv-Jaffa e Gerusalemme. "Un vantaggio per noi sarà la location delle sedi. Ognuna è a circa 20 o 30 minuti dalle altre. Le fan zone e altre attività avranno quindi un maggiore impatto.
"La maggior parte degli hotel e delle sedi saranno vicino alla costa, sarà un bel festival - aggiunge -. C'è Gerusalemme che è una città unica, sarà una grande occasione per i calciatori, la UEFA e tutte le persone che verranno".
Il torneo porterà benefici in Israele anche in termini di infrastrutture e aspettative. Il presidente della IFA Avraham Luzon ha giocato un ruolo fondamentale nel successo della candidatura sostenendo che sarà una bella promozione per il paese e per la comunità calcistica.
"Abbiamo iniziato a costruire due stadi, mentre per gli altri due le municipalità che li possiedono faranno lavori di rinnovamento e aggiungeranno posti - racconta Hershco -. Sono emozionato perché so cosa può portare al nostro paese un evento del genere. Avremo l'occasione di vedere, dal vivo o in TV, i migliori giocatori di questa fascia di età. Possiamo dimostrare che in futuro potremo raggiungere altre fasi finali. Tornei come questo sono il futuro del calcio".
(UEFA.com, 24 giugno 2011)
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Terrorismo, l'amico di Al Zawahiri rivela: "Israele prossimo obiettivo di Al Qaeda"
IL CAIRO - E' quanto dichiara Montaser al-Zayat, ex compagno di cella del leader qaedista negli anni Ottanta in Egitto. Parla poi della nuova organizzazione del network terroristico all'indomani della morte di Osama Bin Laden.
Sotto la nuova leadership di Ayman al-Zawahiri, al-Qaeda potrebbe organizzare attentati contro obiettivi israeliani". E' quanto dichiara in un'intervista ad Aki-adnkronos International Montaser al-Zayat, ex compagno di cella del leader qaedista negli anni Ottanta in Egitto e suo 'amico' all'epoca della militanza nel gruppo estremista Jamaat al-Islamiya. Secondo al-Zayat, autore del libro 'Come ho conosciuto al-Zawahiri', al-Qaeda potrebbe sfruttare l'onda emotiva in alcuni ambienti radicali che deriverebbe da un attacco contro Israele. Il riferimento è a un messaggio di Osama Bin Laden, citato da al-Zawahiri e diffuso da al-Qaeda una settimana dopo la sua morte. "Voi americani non sarete mai in grado di sognare di vivere in sicurezza fino a quando noi non vivremo in sicurezza in Palestina", aveva dichiarato Bin Laden, sostenendo che "e' ingiusto che voi possiate vivere in pace mentre i nostri fratelli a Gaza non hanno sicurezza".
Lo scrittore parla della nuova organizzazione del network terroristico all'indomani della morte di Osama bin Laden, ucciso in Pakistan lo scorso 2 maggio in un blitz delle forze speciali americane ad Abbotabad, non lontano da Islamabad. "Le regole dell'organizzazione sono le stesse anche sotto la guida di al-Zawahiri. L'unica novita' puo' venire da un cambiamento negli obiettivi - afferma - Gli interessi israeliani potrebbero essere i prossimi ad essere colpiti''. Al-Zayat esclude quindi cambiamenti nella struttura di al Qaeda. ''La nomina di al-Zawahiri permette di non cambiare niente nella struttura dell'organizzazione da lui stesso cosi' concepita". In merito alla possibilita' che al-Qaeda possa vendicarsi della morte di Bin Laden, secondo al-Zayat "non e' possibile ancora dirlo, di sicuro prima di intervenire sono in attesa del momento opportuno e che la situazione relativa alla sicurezza globale si stabilizzi".
(Adnkronos, 24 giugno 2011)
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Una delegazione israeliana a Viterbo per l'incontro-confronto sull'integrazione della disabilità
VITERBO - Si è conclusa con successo la visita della delegazione israeliana a Viterbo, organizzata dal presidente del Modavi Provinciale di Viterbo, Simona Cimichella. Un incontro sostenuto anche dal dottor Marco Marcelli, direttore dell'Unità Operativa di neuropsichiatria infantile presso la Ausl di Viterbo e dal dottor Giampiero Brizzi, coordinatore delle attività presso lo stesso reparto, che hanno lavorato fianco a fianco con il presidente Cimichella per far sì che questa visita diventasse un'occasione di dialogo e scambio sul tema dell'integrazione della disabilità. A Palazzo Gentili, dove la delegazione è stata accolta dalle autorità, presente anche l'assessore alle politiche sociali Paolo Bianchini.
Durante l'incontro, il dottor Marcelli ha illustrato ai componenti della delegazione le tecniche di riabilitazione e integrazione sperimentate sul territorio viterbese. La sua relazione è stata anche corredata dalla proiezione di filmati su alcune attività pratiche svolte dai ragazzi diversamente abili presso il centro Eta Beta. Di particolare interesse per la delegazione israeliana sono risultate le attività teatrali e quelle sportive quali l'ippoterapia, la vela e l'atletica, nonché il nuoto, del quale è diretta responsabile proprio Simona Cimichella, tecnico allenatore dell'Associazione " Sorrisi che nuotano, Eta Beta".
Ancora una volta Eta Beta si conferma, anno dopo anno, un punto di riferimento insostituibile per le famiglie viterbesi. Presso il centro diurno socio riabilitativo Eta Beta, i giovani diversamente abili hanno accolto la delegazione israeliana dando loro una dimostrazione delle attività che svolgono abitualmente con l'associazione.
Apprezzata dalla delegazione non solo la calorosa accoglienza del capoluogo di provincia ma anche e soprattutto le capacità dimostrate dai ragazzi, con particolare riferimento all'attività ippoterapeutica. La delegazione israeliana, nel lasciare Viterbo, ha manifestato grande ammirazione per i responsabili della delicata e impegnativa attività svolta a favore dell'integrazione della disabilità. L'incontro si è rivelato un momento importante perché sono state portate alla conoscenza della delegazione tante buona pratiche di sicuro interesse per l'attività che andranno poi a organizzare e svolgere nel loro paese.
Un successo che lascia sperare che incontri di questo genere possano essere replicati e sempre più frequenti in un prossimo futuro, perché le buone pratiche diventino materia di scambio anche a livello internazionale, dando un concreto aiuto soprattutto a quei paesi che, come Israele, necessitano di sostegno nel delicato passaggio storico verso la pace e la libertà.
(OnTuscia.it, 24 giugno 2011)
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Israele: Serata di gala nella residenza dell'Ambasciatore d'Italia Luigi Mattiolo
La serata in casa Mattiolo resta e resterà uno dei punti culminanti di una lunga e sincera amicizia fra i due paesi
Una sala del Museo d'Arte Ebraica U. Nahon
Ospiti dell'Ambasciatore d'Italia in Israele Luigi Mattiolo e della Signora Stefania, oltre 200 persone la sera di giovedì 23 giugno, in un magnifico evento culturale incentrato sulla creatività italiana, dalla musica d'opera, all'arte pittorica contemporanea, alla culinaria. Obiettivo primario dell'incontro nella bellissima residenza di Ramat Gan - aperta generosamente dai padroni di casa alla comunità degli italiani in Israele - era di contribuire allo sforzo in corso per il riscatto e l'acquisto definitivo dell'edificio in Via Hillel 27 a Gerusalemme, dove hanno la loro storica sede la Sinagoga di Rito Italiano di Conegliano Veneto e il Museo di Arte Ebraica Italiana U. Nahon. Da oltre sessant'anni, l'imponente edificio tardo ottocentesco costituisce il centro spirituale e culturale della presenza italiana in Israele, sintesi della tradizione umanistica, estetica e civile dell'Italia, e dei valori ideali universali dell'ebraismo. Una recente delibera delle autorità statali e municipali, che hanno gestito fino ad oggi la proprietà, impone ora alla comunità degli Italkím - gli Italiani in Israele - di rilevarla in proprio, e questo ha determinato l'inizio di una campagna di raccolta fondi fra i membri stessi della comunità, oltre a enti e istituzioni in Israele, in Italia e in altri paesi dove vi è grande interesse per la cultura italiana ed ebraica. Nel corso dell'emozionante serata, dopo le parole di benvenuto dell'Ambasciatore Mattiolo, il ringraziamento del Prof. Sergio Della Pergola, vicepresidente dell'Associazione degli Ebrei Italiani, e la proiezione del fantastico cartone animato di Emanuele (Lele) Luzzati sulla Sinfonia della Gazza Ladra di Rossini, la soprano Valeria Fubini di Torino-Gerusalemme e il tenore Claudio Di Segni di Roma hanno splendidamente cantato brani di Puccini, Tosti e Verdi (il Brindisi della Traviata). Si è poi svolta un'asta silenziosa di 45 opere d'arte - due serie di litografie dello stesso Luzzati e finissimi lavori di Tobia Ravà, Georges De Canino, Peter Gandolfi, Noemi Tedeschi Blankett, Calev e Ora Castel (Castelbolognesi), Pazner oltre a opere di artisti israeliani fra i quali Menashe Kadishman. La serata, cui erano presenti i membri del corpo diplomatico e dell'Istituto Italiano di Cultura, con la Consigliera Dott. Simonetta Della Seta, è stata rallegrata dal catering offerto da diversi fra i maggiori produttori e distributori di prodotti alimentari e vinicoli italiani in Israele. Presenti quasi al completo i componenti del Direttivo del Com.It.Es. Israele, e cosi' altri rappresentanti della Istituzioni italiane operanti nel paese.
Al di là dell'ottimo risultato conseguito negli obiettivi degli organizzatori, la serata in casa Mattiolo resta e resterà uno dei punti culminanti di una lunga e sincera amicizia fra i due paesi, e in particolare fra l'Ambasciatore e la Signora Mattiolo e la comunità degli Italiani in Israele.
(Italia chiama Italia, 24 giugno 2011)
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Il presidente della Comunità ebraica Roma: per Shalit battaglia senza colore politico
ROMA, 24 giu. - "La vicenda di Shalit e' una tragedia umana. Vogliamo ricordare che qui non stiamo discutendo la vicenda di un soldato catturato in un'azione di guerra e, in quanto tale, come previsto dalla Convenzione di Ginevra, titolare del diritto di ricevere la visita della Croce Rossa Internazionale o della Croca Rossa Italiana''. Lo ha dichiarato il presidente della Comunita' ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, questa mattina in piazza del Campidoglio durante l'appello del Comitato Pro Shalit per la liberazione del soldato israeliano.
"Qui siamo di fronte ad un soldato che aveva 19 anni - ha proseguito - quando e' stato catturato, che stava presidiando il terrritorio israeliano nei confini di pace tra il sud di Israele e Gaza dove non c'e' un centimetro quadrato di contenzioso terrritoriale con l'autorita' nazionale palestinese e a cui non e' stata concessa la visita da parte di alcuna organizzazione umanitaria".
"Credo che come primo minimo obiettivo - ha continuato Pacifici - potremmo chiedere di sapere quali sono le condizioni di salute di Gilad Shalit. Sappiamo che il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, e' disposto ad andare a trovare il soldato per accertarsi del suo stato di salute e credo che questo sia almeno un primo segnale di fiducia che potrebbe dare la nuova amministrazione palestinese che ha ritrovarto un'intesa certamente discutibile ma che va rispettata, ovvero quella di ritrovarsi Abu Mazen quale presidente dell'autorita' nazionale palestinese".
(Adnkronos, 24 giugno 2011)
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Woody Allen a sorpresa in Campidoglio
Ha chiesto ai vigili di poter fare una visita. "Che spettacolo questa vista, un sogno"
Che spettacolo questa vista, un sogno". Così Woody Allen dal ballatoio del Palazzo Senatorio in Campidoglio. Il regista che martedì scorso è stato avvistato nel ghetto ebraico sta effettuando sopralluoghi per le location del prossimo film il cui primo ciak è per l' 11 luglio. Ieri Allen ha fatto irruzione in Campidoglio verso le 16.30. Si è diretto nella Protomoteca dove era in corso un convegno - ma quasi nessuno si è accorto, della presenza del regista che ha attraversato la sala. Da qui si è affacciato alla terrazza: che ne pensa? Gli è stato chiesto. «Fantastico». Subito dopo si è presentato ai vigili urbani che ai quali ha chiesto di poter fare un giro. Questa mattina sarà protagonista al Centro sperimentale di cinematografia, ospite del laboratorio L'atto creativo.
(Il Tempo, 24 giugno 2011)
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Gaza, la flottiglia pronta a ripartire e Israele a bloccarla
GENOVA - Le navi della Freedom Flottilla 2 sono pronte per sbarcare a Gaza con il carico di aiuti umanitari. Israele è altrettanto pronto a respingerle in mare. Dopo quanto accaduto l'anno scorso, quando un blitz dei militari israeliani su una delle navi causò la morte di nove attivisti turchi, quest'anno altre navi sono già in mare e molte persone sono in procinto di partecipare per la "missione".
Una cinquantina di attivisti spagnoli, infatti, sono partiti ieri sera dall'aeroporto madrileno di Barajas per partecipare alla seconda spedizione umanitaria della Flottiglia per Gaza, a bordo della nave 'Guernika', che salperà nelle prossime ore da un porto mediterraneo tenuto segreto per motivi di sicurezza. Fra i partecipanti della missione chiamata 'Rumbo a Gaza', l'organizzazione che promuove la Flottilla in Spagna, Manuel Tapial e Laura Aran, che parteciparono già alla spedizione dello scorso anno.
Da Tel Aviv sono stati chiari: bloccheranno le navi in alto mare. Lo ha annunciato il comandante della marina militare, l'ammiraglio Eliezer Marom secondo cui dietro agli slogan di carattere umanitario degli organizzatori si cela ''un odio'' verso lo Stato ebraico.
Fronte italiano, Frattini ha già detto come la pensa: «Il modo migliore per portare assistenza agli abitanti di Gaza è quello di inviare gli aiuti umanitari attraverso gli appositi valichi terrestri, evitando ogni tipo di provocazione che possa avere come unico effetto l'aumento della tensione».
A precisare oggi la presa di posizione del ministro degli Esteri è il portavoce della Farnesina, Maurizio Massari, interpellato in merito all' annunciata partecipazione di attivisti anche italiani alla "Freedom Flotilla 2" ed all'appello a proteggere la missione che questi ultimi hanno rivolto a Frattini.
Quanto all'azione internazionale dispiegata dall'Italia affinché si evitino situazioni di crisi legate ad incidenti che coinvolgono tali `flottiglie, Massari sottolinea come «da parte nostra ci si sia ripetutamente adoperati invitando tutte le parti interessate ad un atteggiamento di moderazione e responsabilità, in linea con le raccomandazioni sopra ricordate. Ciò in pieno coordinamento con i nostri principali partner europei, tenendo anche conto che l'Ue resta disponibile a tornare a gestire il valico di Rafah attraverso Eubam».
In particolare, il portavoce della Farnesina ha anche voluto ricordare che il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi aveva già dichiarato, nell'aprile scorso, come il governo italiano intendesse adoperarsi per evitare iniziative analoghe a quelle del passato, in quanto dannose alla ripresa del Processo di Pace, obiettivo sempre più urgente e prioritario per la comunità internazionale.
(Il Secolo XIX, 24 giugno 2011)
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Voli Delta Airlines per l'Arabia Saudita vietati a ebrei e israeliani: è polemica
Il divieto potrebbe scattarecon l'ingresso ufficiale della Saudi Arabian nell'alleanza dei cieli Sky Team: il regno è off limits anche a chi ha visitato Israele. Comunità ebraiche Usa e associazioni per la libertà di culto sul piede di guerra-
A partire dal 2012, gli ebrei e gli israeliani potrebbero vedersi negato il permesso di salire a bordo degli aerei della Delta Airlines diretti in Arabia Saudita. Ciò dovrebbe avvenire con l'ingresso ufficiale della Saudi Arabian Airlines 1 nell'alleanza dei cieli Sky Team, di cui fa parte anche Alitalia. Alla base di questo divieto c'è la chiusura del Paese della Mecca ai cittadini ebrei ed israeliani, ma anche a chi ha visitato Israele (e abbia un timbro sul proprio passaporto). Le comunità ebraiche americane, ma anche le associazioni che si battono per la libertà di culto, sono già sul piede di guerra: "La Delta non discrimini gli ebrei", dicono. E problemi, sui voli dall'America per l'Arabia Saudita, potrebbero esserci anche per i cristiani, che viaggino, ad esempio, con simboli religiosi (come, ad esempio, collane con crocifissi) o abbiano nel bagaglio una Bibbia....
(la Repubblica, 24 giugno 2011)
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UNRWA: 100 milioni di dollari per costruzioni a Gaza
Israele ha autorizzato l'agenzia della Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA) a trasferire 100 milioni di dollari di materiale di costruzione a Gaza. Mattoni e simili serviranno per costruire 18 scuole e 1.200 case nella Striscia governata dagli islamico-radicali di Hamas. Lo ha annunciato uno dei portavoce dell'esercito israeliano, Guy Inbar.
L'UNRWA, ha aggiunto Inbar, «potrà iniziare le consegne anche da subito». Il recente alleggerimento del blocco imposto dallo Stato ebraico contro la striscia costiera palestinese non ha riguardato i materiali da costruzione, che per motivi di sicurezza restano off limits. A meno che, come in questo caso, non vengano concessi permessi speciali dalle autorità israeliane.
(FocusMo, 24 giugno 2011)
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Libri: storia di Gheler e ghetto di Varsavia ricordando Amalek
Presentazione 28 giugno a Barletta con il rabbino Bahbout
BARLETTA, 24 giu - Ha per titolo 'Ricorda cosa ti ha fatto Amalek' un volume di Grazia Tiritiello sulla storia di Jakov Gheler e del ghetto di Varsavia che sara' presentato martedi' 28 giugno alle 20,30 a Barletta nella Sala della Comunita' Sant'Antonio in un incontro al quale prenderanno parte il Rabbino capo della comunita' ebraica di Napoli e dell'Italia meridionale, Rav Shalom Bahbout, e l'autrice. Il rabbino terra' una lectio, saranno letti stralci del libro e ci sara' un evento musicale con un quartetto d'archi e la voce di un soprano.
(ANSA, 24 giugno 2011)
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Netanyahu: Abbas riconosca lo stato ebraico se vuole la pace
Si potra' cominciare a parlare di fine del conflitto in Medio Oriente quando i leader palestinesi affermeranno: ''Accetto Israele come stato ebraico''. Lo ha detto il premier israeliano Benjiamin Netanyahu, nel discorso di chiusura della Conferenza presidenziale israeliana, ieri sera a Gerusalemme. Citato dal Jeruslame Post, Netanyahu ha ricordato di aver esplicitamente accettato l'idea di uno stato palestinese gia' nel 2009. ''Ora sta al presidente Mahmoud Abbas fare quello che io ho fatto due anni fa: dire di fronte al suo popolo che accetta lo stato ebraico''.
''Per loro, (la Palestina, ndr) e' la nazione del popolo palestinese - ha proseguito - Israele e' la nazione del popolo ebraico, quindi i palestinesi devono andare li' e gli ebrei venire qui''. Il riconoscimento dello stato ebraico, secondo il primo ministro, non mette in dubbio i diritti degli arabi che vi abitano, ma mette fine a ogni speranza di suddividere ulteriormente il paese, creando un ''sotto-stato'' per gli arabi nel Negev o in Galilea.
(Aki, 24 giugno 2011)
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Viterbo - Delegazione di israeliani a Palazzo Gentili
Ricevuti dall'assessore Paolo Bianchini
Una delegazione dello Stato d'Israele è stata ospite oggi a Palazzo Gentili per un confronto sulle politiche sociali.
L'incontro è stato organizzato dall'associazione di promozione sociale Modavi onlus, in particolare dalla presidente nazionale Irma Casula in collaborazione con la presidente provinciale Simona Cimichella. Il tema centrale dell'incontro ha riguardato l'integrazione della disabilità e ha visto la partecipazione di trenta operatori israeliani (ebrei, arabi e cristiano ortodossi) del settore.
La delegazione ha scelto di venire a Viterbo per un incontro - confronto sulle tecniche di integrazione da applicare alle persone disabili, con il direttore dell'unità operativa di Neuropsichiatria infantile dell'Ausl di Viterbo Marco Marcelli e con gli operatori dell'associazione Eta Beta. La delegazione è stata accolta a Palazzo Gentili dall'assessore alle politiche sociali Paolo Bianchini.
"La Provincia di Viterbo - spiega Bianchini - ritiene fondamentale promuovere l'incontro fra operatori del terzo settore in ambito nazionale ed internazionale per fare in modo che, mettendo in relazione fra loro tecniche e metodologie di lavoro differenti, si possa migliorare sempre di più la qualità dei servizi erogati.
Per ciò che riguarda il nostro territorio - continua l'assessore - abbiamo strutture d'eccellenza come l'unità operativa del professor Marcelli e l'associazione Eta Beta che operano da anni con grande efficienza e professionalità e soprattutto con ottimi risultati. Sicuramente i delegati israeliani potranno beneficiare di questo incontro per approfondire le proprie conoscenze in materia, studiare e praticare nuovi ed efficaci metodi per l'assistenza alle persone disabili e per favorire la loro piena integrazione, attraverso adeguate cure mediche e forme di volontariato. Importante poi sottolineare come, la composizione della delegazione israeliana, stia a dimostrare la perfetta integrazione fra ebrei, arabi e cristiani in uno stato dilaniato da decenni di sanguinosi conflitti etnici e religiosi. La solidarietà verso i più deboli è più forte dell'odio.
Ringrazio l'associazione Modavi per aver organizzato questa giornata - ha concluso l'assessore Bianchini - e per aver coniugato allo scopo sociale anche l'aspetto turistico facendo conoscere agli ospiti israeliani la nostra città".
(TusciaWeb, 23 giugno 2011)
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Libri: 'Shoah le colpe degli italiani' di Marino Ruzzenenti
ROMA, 23 giu. - A oltre sessantacinque anni dalla tragedia della Shoah, manca ancora una riflessione esauriente sulle responsabilita' italiane per lo sterminio degli ebrei, sulle colpe del cattolicesimo e del fascismo. 'Shoah le colpe degli italiani' (manifestolibri) di Marino Ruzzenenti da' un contributo a questa indagine analizzando in profondita' due pagine inedite.
Innanzitutto indaga sul ruolo che svolse il cattolicesimo italiano, attraverso la figura chiave dell'intellettuale Mario Bendiscioli, nella gestazione delle leggi antisemite del 1938. Documenta poi come i fascisti della repubblica sociale furono protagonisti di primo piano, spesso in competizione con gli stessi tedeschi, nella caccia agli ebrei da avviare allo sterminio. Da questo studio emerge un radicamento tutt'altro che marginale del razzismo in molti settori della societa' italiana, che tante ricostruzioni storiografiche hanno preferito sminuire o lasciare nell'ombra.
Marino Ruzzenenti insegnate, saggista e collaboratore della Fondazione Micheletti, oltre ad essersi occupato di questioni ambientali, ha scritto numerosi volumi e articoli storici sul movimento operaio e la Resistenza nell'Italia del Nord.
(Adnkronos, 23 giugno 2011)
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Quasi 5 anni di prigionia per il soldato israeliano catturato da Hamas
il 25 giugno 2006, l'allora Caporale Gilad Shalit, fu rapito dai terroristi di Hamas nel territorio israeliano e portato nella Striscia di Gaza.
Il rapimento è stato frutto di un attacco non provocato che ha coinvolto sette terroristi armati attraverso un tunnel scavato sotto il confine Gaza-Israele. Gilad aveva 19 anni al momento del rapimento . Nel corso dell'attacco, un soldato israeliano, il Sergente Pavel Slutzk, e un Ufficiale, Tenente Hanan Barak, sono stati uccisi, e altri cinque sono rimasti feriti .
Il 25 giugno 2011 segna cinque anni di prigionia del Sergente Shalit. Per cinque anni, Hamas, ha continuato a negare i più elementari diritti umanitari a Gilad, tra cui l'accesso alla Croce Rossa. Per cinque anni i familiare hanno sofferto terribilmente, in attesa del suo ritorno. La comunità internazionale dovrebbe porre fine a questa intollerabile situazione. Come il Primo Ministro Netanyahu ha detto (23 maggio 2011): "Penso che sia opportuno che l'intera comunità civilizzata si unisca ad Israele e le Nazioni Unite in una semplice richiesta ad Hamas:"Liberate Gilad Shalit
(FocusMo, 23 giugno 2011)
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Croce Rossa Internazionale: Hamas provi che Shalit è vivo
"Lassenza totale di informazioni è inaccettabile"
GINEVRA, 23 giu. - Il Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) ha chiesto oggi di avere "la prova" che Gilad Shalit, il militare israeliano ostaggio di Hamas dall'estate del 2006, sia ancora "in vita". "Cinque anni dopo la cattura del soldato israeliano Gilad Shalit da parte di gruppi armati palestinesi, il Cicr è più preoccupato che mai sulla sua sorte", ha indicato l'organizzazione in un comunicato. "In assenza di qualsiasi segno di vita di Shalit da quasi due anni, il Cicr esige oggi che Hamas provi che sia vivo", ha aggiunto il Comitato internazionale della Croce Rossa. "L'assenza totale di informazioni su Shalit è completamente inaccettabile", secondo il direttore generale del Cicr, Yves Daccord. "La famiglia Shalit ha il diritto, sulla base delle leggi umanitarie internazionali, di essere in contatto con suo figlio", ha sottolineato. "Hamas ha l'obbligo, ai sensi del diritto internazionale umanitario, di proteggere la vita di Shalit, trattarlo umanamente e non privarlo del contatto con la sua famiglia".
(TMNews, 23 giugno 2011)
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Le 10 destinazioni turistiche più importanti di Israele
La Dun & Bradstreet, guru dell'informazione commerciale, ha recentemente stilato una classifica dei 10 luoghi a pagamento più visitati in Israele dalla quale emerge che sono gli animali e i Parchi Nazionali i luoghi di maggior interesse.
A conquistarsi la prima posizione è l'antica fortezza Masada, sito del primo secolo, teatro della rivolta degli Ebrei contro i Romani e oggi simbolo di eroismo.
Al secondo posto lo Zoo Biblico di Gerusalemme oggi, talmente conosciuto e visitato da avere la propria stazione ferroviaria. Il parco misura oltre 25 ettari ed al centro della struttura vi è un ampio lago artificiale con tanto di cascate e vasche laterali. E' circondato da grandi prati all'inglese con gradevoli zone ombreggiate. Un trenino conduce i visitatori attraverso i vari punti d'interesse del parco. Si possono ammirare oltre 170 specie di animali, il più delle quali citate nella Bibbia, alcune quasi estinte. Questo non vuol dire che non ci siano razze comuni: ci sono addirittura dei pinguini.
Al terzo posto della classifica il Cesarea National Park sulla costa del Mediterraneo aperto tutto l'anno che offre una incomparabile vista sul mare dalle alture del teatro romano e la possibilità di fare una romantica passeggiata sul lungomare al tramonto.
La Riserva Naturale Banias ha conquistato il quarto posto che si trova nel Monte Hermon, nel nord di Israele. Qui sarà possibile vedere riserve d'acqua e sorgenti all'ombra di enormi ed ampie piante. Al centro della riserva scorre il fiume Hermon, uno degli affluenti del fiume Giordano. Il percorso lungo il fiume lascia senza fiato, conducendo ai resti di un piccolo mulino e più tardi ad una piscina di acqua chiamata la piscina" degli ufficiali" per poi procedere verso l'impressionante cascata di Banias.
A seguire Il Ramat Gan Safari, ufficialmente conosciuta come il Centro Zoologico di Tel Aviv-Ramat Gan, è un parco safari e zoo che occupa 250 ettari di natura nel cuore di una zona densamente popolata urbana in Israele: "L'Africa nel cuore di Israele". I visitatori, possono intraprendere un affascinante viaggio nella vita degli animali nella savana africana, senza lasciare Ramat Gan. Il Safari è la più grande collezione animale in Medio Oriente ed è unica nel mondo a causa delle grandi mandrie miste di specie di animali africani che vagano per lo spazioso Parco . Conta circa 1.600 animali di specie diverse, tra cui 68 specie di mammiferi, 130 specie di uccelli, 25 specie di rettili. La spettacolare Riserva Naturale di En Gedi, appena ad ovest della costa del Mar Morto, è percorsa da due corsi d'acqua tutto l'anno, la Corrente del David nel nord e la Corrente del Arugot nel sud. La combinazione di posizione En Gedi e le sue fonti di acqua dolce permettono a una grande varietà di specie animali e vegetali di crescere fianco a fianco. Hamat Gader è un sito ricreativo unico nel alture del Golan . Si tratta di una sorta di un sito Mish Mash, ma è soprattutto una fonte di minerali termali, in cui la gente viene a bagno. L'acqua di sorgente minerale è calda - 50o Celsius o Fahrenheit 122o - e rilassante, soprattutto è noto per le sue proprietà curative.L' Osservatorio Sottomarino di Eilat dove i visitatori potranno godere della rara opportunità di entrare nel fantastico mondo del Mar Rosso, uno dei nostri mari più raffinati al mondo. Il Parco conserva una vasta esposizione di pesci e altre creature viventi dal Mar Rosso, tra cui diversi acquari, una vasca degli squali, tartarughe e Piscina Stingray e due osservatori subacquei. Le Grotte di Qumran che sono una serie di grotte, alcuni naturali, altri artificiali, che si trovano intorno al sito archeologico di Qumran. Il sito è famoso perché in un certo numero di queste grotte sono stati trovati i famosi Rotoli del Mar Morto (raccolta di 972 testi dalla Bibbia ebraica). Yamit, è il parco acquatico di Israele, con sede a Holon, Un ricco centro con attrazioni per tutta la famiglia. Vi si trova una emozionante riscaldata e coperta e una varietà di piscine di ogni tipo e per tutte le età nonchè scivoli estremamente moderni e veloci. Possiede inoltre un magnifico centro termale di prestigio con 6 tipi di vasche idromassaggio e bagno turco.
(FocusMo, 23 giugno 2011)
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Israele escluso da una cena dell'Unione Europea
Atteso l'incontro del quartetto di inviati a Bruxelles alla fine della settimana in mezzo ad una crescente preoccupazione per Gerusalemme. L'UE spera di evitare l'offerta di uno stato palestinese alle Nazioni Unite a settembre, dando, come ha detto un alto funzionario israeliano mercoledì, "qualcosa" di significativo ai palestinesi.
Secondo il funzionario, la preoccupazione era che gli USA spingendo per l'adozione della formula del presidente Barack Obama di riavviare i negoziati con le linee pre-1967 con accordo reciproco cambino base per gli accordi, senza premere i palestinesi a elaborare misure di sicurezza per qualsiasi futuro accordo con Israele. Il funzionario ha anche detto che i palestinesi non saranno messi sotto pressione per il riconoscimento di Israele come stato-nazione del popolo ebraico come base per i negoziati. Netanyahu ha ripetuto questa frase - prima utilizzata domenica durante un incontro con il ministro degli Esteri bulgaro Nikolay Mladenov - in una riunione il mercoledì in visita dal presidente Leonel Fernandez della Repubblica Dominicana. Il punto di Netanyahu, secondo un funzionario del governo nel corso della riunione, è che il mondo sta abituando i palestinesi a credere che possono ottenere concessioni senza dare nulla in cambio. La frustrazione di Israele con l 'Unione Europea, o almeno con parte dell'Unione Europea, è stata evidenziata questa settimana quando il ministro degli Esteri del Lussemburgo Jean Asselborn, che ospitava la riunione mensile dell'UE ha tenuto una cena informale domenica sera sul Medio Oriente con il capo della politica estera Europea Catherine Ashotn alla quale ha invitato i rappresentanti di Francia, Gran Bretagna, Germania, Italia, Spagna, Belgio, Austria, Svezia, Danimarca, Portogallo, Grecia, Egitto, Giordania, Marocco, Iraq, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Bahrain, Kuwait, Qatar, Russia, Stati Uniti, Indonesia, Lega Araba e le Autorità Palestinesi( PA), ma non Israele.
(FocusMo, 23 giugno 2011)
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Apple elimina l'applicazone pro palestinese dopo le proteste di Tel Aviv
La decisione del colosso informatico dopo il reclamo di Tel Aviv
Dopo le vibranti proteste del governo israeliano Apple ritirerà l'applicazione "terza intifada". Secondo Tel Aviv l'applicazione incitava alla violenza e alla rivolta palestinese. Tel Aviv aveva inviato una missiva di reclamo contro l'applicazione che in arabo informava sulla preparazione di manifestazioni e proteste, anche violente, e prevedeva anche link a video e canzoni pro palestinesi. Apple ha deciso di ritirare l'applicazione.
(PeaceReporter, 23 giugno 2011)
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Calcio, Israele: gare truccate, arrestati dirigenti di Hapoel
Gare truccate e in Israele scoppia lo scandalo calciopoli, proprio come accadde in Italia nel 2006, con una inchiesta che portò a un processo i cui sviluppi sono tuttora in corso. La polizia, che ha affidato l'inchiesta a una sua unità d'elite, ha finora interrogato il presidente della Federazione calcio israeliana, Avi Luzon, ed ha arrestato Tomer Sinai e Gal Hatzor, dirigenti e proprietari della squadra Hapoel Petah Tikva.
Gli inquirenti sospettano che Sinai e Hatzor, con la complicità di Luzon, abbiano truccato almeno tre partite, corrompendo alcuni arbitri. Luzon ha respinto i sospetti nei suoi confronti osservando che la designazione degli arbitri non rientra nelle sue competenze. Secondo il quotidiano Haaretz, la polizia sospetta che quello del Hapoel Petah Tikva non sia un caso isolato. Vi sarebbero pure indicazioni di rapporti tra alcune squadre e esponenti del mondo criminale israeliano.
(la Repubblica, 23 giugno 2011)
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Shakira ambasciatrice Unicef in visita in una scuola a Gerusalemme
ROMA - La popolare cantante colombiana ha incontrato studenti e insegnanti della 'Max Payne - Hand in Hand' dove le lezioni vengono condotte in arabo ed ebraico e ogni classe ha due maestri, uno israeliano e uno palestinese
Il suo impegno per migliorare la qualità dell'istruzione di tutti i bambini dura dal 2003 e ieri ha registrato una tappa importante. La popstar colombiana Shakira, ambasciatrice internazionale di buona volontà dell'Unicef dal 2003 e 'difensore per l'istruzione globale', ha incontrato gli studenti e gli insegnanti della scuola 'Max Payne - Hand in Hand' di Gerusalemme Ovest.
Nella scuola - riferisce una nota dell'Unicef - viene sperimentato un innovativo curriculum educativo basato sul bilinguismo e sulla coesistenza pacifica tra ragazzi israeliani e palestinesi. Le lezioni vengono condotte in arabo ed ebraico, ogni classe ha due maestri, uno israeliano e uno palestinese.
"Questa giornata mi conferma una volta di più che le decisioni cruciali per assicurare il miglior avvenire dei bambini riguardano il modo in cui noi li cresciamo e li educhiamo", ha detto la cantante. "Investire nell'istruzione è la strategia migliore e più veloce per avere pace e stabilità globale. Gli investimenti nella prima infanzia e nelle cure dalla nascita all'età scolare - sottolinea ancora Shakira - sono indispensabili per permettere a un bambino di sviluppare il suo potenziale intellettivo, e questo significa non soltanto andare bene a scuola, ma andare bene nella vita".
(Adnkronos, 22 giugno 2011)
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Israele: esercitazioni su scala nazionale
Le sirene anti-attacco hanno risuonato alle 11 di stamattina in tutto Israele, e suoneranno di nuovo stasera alle 19 locali. Il Paese è impegnato in un'esercitazione su scala nazionale, soprannominata "Turning Point 5". Le autorità hanno chiesto a tutti i cittadini di correre a ripararsi nei rifugi che costellano i centri israeliani e che, in molti casi, si trovano anche nei seminterrati dei palazzi.
L'operazione, di vasta entità, coinvolge il Comando del Fronte Interno e l'Autorità nazionale per la Sicurezza, oltre al governo centrale e alle amministrazioni locali. Prima di mettere alla prova i cittadini, da domenica scorsa a ieri, vari organismi governativi e servizi di emergenza hanno testato la propria preparazione a rispondere a un eventuale attacco di portata nazionale. Gli scenari ipotizzati andavano dall'aggressione missilistica a quella con armi chimico-biologiche. Uffici pubblici, scuole, luoghi di lavoro si sono svuotati, così come molte abitazioni private. La popolazione israeliana, del resto, non è nuova a questo tipo di simulazioni. Secondo il Dipartimento per i cittadini del Fronte Interno, lo scorso anno, appena udita la sirena, il 47% degli israeliani ha lasciato a metà le occupazioni in cui era impegnato per prendere parte all'esercitazione. «Quest'anno la partecipazione sarà anche maggiore», prevedevano alcuni giorni fa i vertici del Dipartimento. La giornata di test non è ancora terminata, ma alcune criticità sono già emerse: per esempio, meno della metà degli israeliani possiede maschere anti-gas. Il governo sta provvedendo a distribuirne, ma al ritmo attuale nel 2012 solo il 60% dei cittadini sarà equipaggiato contro un attacco chimico.
(FocusMo, 22 giugno 2011)
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Appello per conoscere la sorte di Gilad Shalit
Il Gruppo EveryOne e l'Associazione Italia - Israele (VC) trasmettono un appello urgente alle Nazioni Unite, a Commissione e Consiglio dell'Ue, alle autorità politiche dei Territori Palestinesi, alla Croce Rossa affinché, in occasione del 25 giugno, ricorrenza del 5o anno dal giorno del rapimento del giovane caporale Gilad Shalit, si conosca finalmente il destino che ha subito il giovane soldato israeliano nelle mani di Hamas
Roma e Vercelli, 22 giugno 2011. Da cinque anni non abbiamo più notizie riguardanti Gilad Shalit, il caporale rapito dai fondamentalisti di Hamas quando aveva 19 anni. Era il 25 giugno 2006 e da quel giorno non è stato consentito al ragazzo di comunicare con i suoi cari né di ricevere, secondo le leggi internazionali, visite da parte delle organizzazioni umanitarie. Nello scorso aprile Mathilde de Riedmatten, rappresentante del Comitato internazionale della Croce Rossa, ha ricevuto l'ennesimo rifiuto di fronte alla richiesta di visitare Shalit o di ottenere prove certe che sia ancora in vita. Un difensore dei diritti umani del Gruppo EveryOne ha ricevuto da parte di un operatore umanitario palestinese la tragica rivelazione secondo cui Shalit sarebbe morto da tempo, "ed è per questo che Hamas non risponde alle organizzazioni umanitarie che chiedono di visitare il giovane". Il Gruppo EveryOne e l'Associazione Italia-Israele (VC) rinnovano l'appello alle Istituzioni palestinesi, alle Nazioni Unite, alla Commissione Diritti Umani dell'Unione europea, al Comitato internazionale della Croce Rossa per la Striscia di Gaza e a tutte le organizzazioni che intrattengono contatti con i Territori affinché si prodighino per conoscere la verità sulla sorte di Shalit, esigendo prove certe riguardo al fatto che sia ancora in vita. Nel caso affermativo, chiedono che sia esercitata la massima pressione sulle autorità dei Territori e in particolare della Striscia di Gaza affinché sia consentito al personale sanitario della Croce Rossa di visitarlo e valutarne le condizioni di salute, in previsione di operare con tutti gli strumenti diplomatici al fine di ottenerne la liberazione.
(Caserta24Ore, 22 giugno 2011)
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Woody Allen a spasso per il ghetto di Roma
Forse sopralluoghi per il suo film Bop Decameron
ROMA - Cappello calcato in testa, pantaloni a vita alta alla sua maniera, tutto in beige e occhiali d'ordinanza. Così Woody Allen si è presentato martedì pomeriggio - mentre arrivavano le notizie sul cast italiano del prossimo film, che girerà a Roma dall'11 luglio - nel cuore del ghetto ebraico della capitale per dare uno sguardo a quelli che potrebbero essere forse alcuni luoghi del suo prossimo Bop Decameron, le cui riprese inizieranno a giorni. Un omaggio - ha detto recentemente il regista - a Fellini e agli altri grandi registi italiani.
CIRCONDATO DA ASSISTENTI - «È sbucato improvvisamente in via della Reginella e ci siamo domandati in molti se fosse lui o no . Poi - dice Angelo Sermoneta, detto Baffone, animatore del '48, popolare punto di ritrovo degli ebrei romani - ci siamo arresi all'evidenza: era proprio lui». Woody era circondato da alcuni assistenti pronti a trascrivere le osservazioni che il regista, naso all'insù e occhio attento, faceva sui posti. «Quando si è avvicinato all'ingresso del '48' - racconta ancora Sermoneta - ha visto la Menorah e la Stella di Davide esposte nel circolo. E gli ho subito detto: 'questo è il quartiere ebraicò. Lui non ha risposto ma ha fatto un cenno con la testa, come a dire che sapeva bene ciò che vedeva». Sermoneta gli ha anche mostrato un'iscrizione a ricordo della deportazione degli ebrei romani. Il tempo di qualche fotografia con il telefonino da parte dei curiosi che si erano accorti di lui, di qualche parola scambiata in fretta, poi il regista americano, cortese ma interessato al suo lavoro, ha ripreso subito il cammino. «Prima però - conclude Sermoneta - qualcuno gli ha detto 'Shalom'. Lui si è girato, ha sorriso con un cenno della testa ed ha proseguito».
(ANSA, 22 giugno 2011)
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UNWRA e la strana storia delle scuole a Gaza
Il ministero degli Esteri israeliano sta cominciando a reagire a ciò che viene definita una serie di rapporti parziali e falsi delle Nazioni Unite emessi di recente sulla Striscia di Gaza, con l'intenzione di presentare una relazione ufficiale al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra nei prossimi giorni.
Il rapporto israeliano, a cura del Dipartimento Affari Civili presso l'Ufficio del Coordinatore delle attività di governo nei Territori (COGAT), prende di mira l'Unrwa, l'organismo delle Nazioni Unite diretta da Filippo Grandi che assiste i profughi palestinesi nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania. Il rapporto COGAT, ottenuto in via esclusiva dal Jerusalem Post, ispirato da un analogo rapporto pubblicato a metà maggio da Kishore Singh, relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto all'educazione, nel quale ha citato un reclamo dell'UNRWA che sostiene " sono necessarie minimo 100 nuove scuole per soddisfare le richieste di iscrizione dei bambini rifugiati di Gaza e per far tornare le scuole ad un sistema a singolo turno ". Inoltre, la relazione Singh cita un altro reclamo dell'UNRWA quello di aver ricevuto l'autorizzazione a costruire solo otto nuove scuole nella Striscia di Gaza. Il rapporto Onu accusa il cosiddetto blocco di Israele, imposto nel 2007 e poi facilitato in maniera significativa dopo la flottiglia turca la scorsa estate, come la causa per il difficile sistema educativo a Gaza. Israele sostiene di essere venuta a conoscenza della richiesta relativa alle scuole per la prima volta dai media e di non avere mai ricevuto una richiesta ufficiale e dettagliata. "Il tentativo di tracciare una connessione tra le difficoltà dell'UNRWA nella costruzione di 100 nuove scuole e il blocco è fuorviante e distorsivo, e crea connessioni che non hanno nulla a che fare una con l'altra", evidenzia comunque il rapporto Cogat. Secondo i dati ufficiali del COGAT ricevuti dal Post relativi al cambiamento della politica israeliana nei confronti del blocco di Gaza nel giugno 2010, Israele ha approvato un totale di 41 progetti formativi, 32 dei quali per l'UNRWA. Ventiquattro dei 32 progetti approvati per le scuole dell'UNRWA erano per scuole nuove mentre per altri tre progetti sono state concesse autorizzazioni per l'ampliamento delle scuole esistenti. Secondo il rapporto, Salva l'UNRWA ha iniziato a portare avanti le forniture per la costruzione di sole 11 delle scuole, anche se ha l'approvazione a farlo per altre 13. La scuola Heker Jama in Dir Al-Balah, per esempio, ha ricevuto l'approvazione COGAT il 6 gennaio, ma ancora non ha portato materiale per la costruzione nella Striscia di Gaza, anche se ha l'approvazione per farlo. Un'altra scuola di Tel Sultan ha ricevuto l'approvazione COGAT il 16 febbraio, ma l'UNRWA non ha ancora deliberato sul progetto.
(FocusMo, 22 giugno 2011)
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Il prete razzista va all'Europarlamento
Un sacerdote polacco, a capo di una radio ultra-conservatrice, ha presenziato ad un meeting tra mille polemiche
Il Guardian riporta in questi giorni uno degli affari più controversi nelle stanze del Parlamento Europeo. Un noto sacerdote polacco, famoso per la gestione di una stazione radio che trasmette regolarmente messaggi antisemiti e omofobi ha partecipato martedì scorso a una riunione del Parlamento Europeo, su invito dei politici di un gruppo conservatore europeo.
IL PERSONAGGIO - Padre Tadeusz Rydzyk, la cui Radio Maryja è stata criticato dal Vaticano, dalal'ex leader di Solidarnosc Lech Walesa e dalle organizzazioni ebraiche per le sue posizioni estreme, è stato invitato a partecipare dagli eurodeputati polacchi dei Conservatori e Riformisti europei (ECR). La sua presenza ha provocato una sorprendente invettiva dell'eurodeputato britannico Timothy Kirkhope, vicepresidente del gruppo ECR, che si è detto deluso di non aver saputo in anticipo che una tale figura discutibile era stata invitata a partecipare alla riunione dai colleghi. "Non ho mai incontrato questo signore, ma è un personaggio controverso che ha promosso omofobia e antisemitismo".
L'INDIGNAZIONE DEL PORTAVOCE DI PARTITO - "Farò ritirare questo invito a nome del gruppo al più presto. In futuro, simili iniziative dovrebbero essere autorizzate prima di essere messe in atto utilizzando il nome di ECR", ha detto. Kirkhope, che è uno dei principali membri degli Amici Conservatori di Israele, ha detto di non sapere che i fondi di ECR erano stati utilizzati per portare Rydzyk al Parlamento Europeo. "L'accaduto solleva una serie di questioni che devono essere discusse a lungo," ha aggiunto.
L'EVENTO - Rydzyk è apparso ad un convegno di quattro ore per discutere di cambiamenti climatici ed energie rinnovabili. L'evento è stato organizzato presso il Parlamento Europeo da Marek Grobarczyk e Tomasz Poreba, due deputati polacchi membri dell'ECR. Una europarlamentare britannica, Julie Girling, avrebbe dovuto parlare durante la riunione, ma voci interne dicono che vista la situazione si sia tirata fuori subito.
MESSAGGI ANTISEMITI - Rydzyk, il proprietario di Radio Maryja, è stato nominato il sesto uomo più influente in Polonia lo scorso anno da un giornale, a causa della popolarità della stazione radio presso la comunità rurale e ultra-conservatrice. Radio Maryja è stata al centro di critiche e polemiche da quando fu istituita 11 anni fa, poiché i critici sostengono che pratichi propaganda antisemita, omofobo e xenofobo. Nel gennaio 2000, uno "storico" ospite di una università cattolica ha affermato che Auschwitz non era un campo di sterminio, ma un campo di lavoro di grandi dimensioni per gli ebrei.
DICHIARAZIONI SHOCK - Nel 2007, su nastri rilasciati dal settimanale Wprost, una voce accusata di essere di Rydzyk è stata udita accusare l'allora presidente, Lech Kaczynski, di essere nelle tasche della comunità ebraica della Polonia."Sappiamo bene di che si tratta: la Polonia sta dando [agli ebrei] 65 miliardi di dollari". "Loro [gli ebrei] verranno a dirvi: "Dammi la tua mano! - ma poi anche - I tuoi pantaloni e pure le scarpe".
POTERE IN PATRIA - Rydzyk, accusato di aver detto queste cose, secondo la BBC si è rifiutato di negare o fare commenti. Rydzyk è stato descritto come un "kingmaker" in Polonia. L'anno scorso ha raggiunto un accordo con il partito 'Legge e Giustizia', i cui sostenitori peseranno per il 50% sui candidati del partito alle elezioni generali polacche. Uno dei membri dell'ECR ha commentato: "Rydzyk è stato frainteso. E' un ottimo sacerdote e le sue opinioni sono tenute in alta considerazione da molti in Polonia.."
(Giornalettismo, 22 giugno 2011)
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Roma - Israele e il futuro del Medio Oriente
Scriveva alcune settimane fa Fiamma Nirenstein sul Giornale che dopo le "primavere arabe" c'è adesso da aspettarsi un "autunno caldo" per Israele. Una previsione sulla quale molti osservatori ed esperti in materia sembrano concordare. E allora, alla luce del fermento politico e sociale dei paesi limitrofi, della possibile risoluzione unilaterale delle Nazioni Unite sullo Stato palestinese e del rapporto almeno in apparenza allentatosi con lo storico alleato statunitense, quali scenari sono all'orizzonte per lo Stato ebraico? Obama ha davvero "tradito" Israele come alcuni dicono? Quale profilo tenere davanti a un mondo vicino geograficamente e culturalmente che sta mutando? Quali alleanze rinsaldare, quali allentare, quali ancora costruire ex novo (o quasi) per garantire la sopravvivenza di Israele in futuro? A discuterne ieri sera al Centro ebraico Il Pitigliani di Roma, coordinati dal consigliere UCEI Victor Magiar, un trio di giornalisti d'eccezione - il direttore de Il Foglio Giuliano Ferrara, il corrispondente dagli Stati Uniti per La Stampa Maurizio Molinari e il corrispondente da Roma di Yediot Aharonot Menachem Gantz. Alla presenza di un pubblico folto, tra cui vari rappresentanti delle istituzioni ebraiche italiane e romane, i protagonisti del dibattito hanno aperto numerose finestre di approfondimento sui grandi temi in discussione in queste settimane: dal dialogo privilegiato tra Stati Uniti e Israele che in molti a Gerusalemme vedono in pericolo, alla comprensione del significato e dei possibili effetti politici portati dal vento di insurrezione dei paesi arabi, al ruolo che una rapida soluzione delle partite diplomatiche ancora aperte nell'area avrebbe per Obama nell'ottica di una strategia che include i futuri equilibri del pianeta alla luce della prossima probabile polarizzazione su scala globale tra Stati Uniti e Cina.
(Notiziario Ucei, 22 giugno 2011)
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APM: "Hamas accetti le condizioni del quartetto"
L'Assemblea Parlamentare del Mediterraneo ha chiesto ad Hamas di accettare le tre condizioni del quartetto per il riconoscimento del movimento islamista. In particolare, rinunciare alla violenza, il riconoscimento di Israele e di accettare gli accordi firmati in passato da Israele e l'OLP. Il vice presidente della Knesset Mk Majallie whbbe (Kadima) ha dichiarato che tutti i partecipanti alla riunione in Croazia, tra cui Egitto, Marocco, Tunisia, Algeria, oltre che l'Autorità Palestinese, hanno votato a favore della risoluzione. L'assemblea, con 23 stati membri che mira a favorire la cooperazione tra i Paesi del mediterraneo, è intervenuta per un "ritorno" ai negoziati israelo-palestinesi e per la fine del conflitto. I rappresentanti degli stati membri di Turchia, Libano, Siria e Libia non hanno partecipato alla conferenza. Whbgee ha aggiunto che il Vice Ministro degli Esteri egiziano, Ashraf Hambi, ha dichiarato che il suo Paese resta impegnato con gli accordi internazionali siglati, tra cui il trattato di pace del 1979 con Israele. L'assemblea ha anche discusso di questioni ambientali e della possibilità di un pozzo di petrolio che potrebbe esplodere in Medio Oriente, cosi come della piattaforma Horizon.
(FocusMo, 22 giugno 2011)
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Il Comune di Cuneo spegne la Torre Civica in segno di solidarietà a Gilad Shalit
CUNEO - Il prossimo 25 giugno ricorrerà il quinto anniversario del rapimento del caporale israeliano Gilad Shalit, avvenuto in territorio israeliano ad opera di un gruppo terroristico facente capo ad Hamas.
Shalit, oggi venticinquenne, è detenuto da allora in un luogo segreto e non è stato consentito a nessuno, neppure alla Croce Rossa Internazionale, di fargli visita ed avere notizie sulle sue condizioni. La Federazione Associazioni Italia Israele organizzerà domenica 26 giugno, a Cuneo e in tutt'Italia, iniziative per evidenziare all'opinione pubblica una situazione insostenibile, sotto il profilo del diritto internazionale e del normale senso di umanità, e per sollecitare la liberazione di Shalit.
Il Comune di Cuneo ha deciso di aderire all'appello dell'Associazione Italia Israele di Cuneo e della Comunità ebraica cuneese e per questo esprimerà la propria solidarietà attraverso lo spegnimento della Torre civica, simbolo della Città, nella notte di sabato 25 giugno, replicando l'analoga iniziativa del Comune di Torino che oscurerà la Mole Antonelliana. Sotto il testo dell'appello della Federazione Associazioni Italia Israele che sarà diffuso per la liberazione di Gilad Shalit.
"Appello per la liberazione di Gilad Shalit
Sono passati 5 anni dal rapimento di Gilad Shalit, il caporale rapito dal gruppo terroristico Hamas, in territorio israeliano, quando non aveva nemmeno compiuto 20 anni. Da quel 25 giugno 2006 Gilad è costretto a vivere in mani nemiche, lontano dalla propria famiglia, senza aver mai potuto ricevere visite dalla Croce Rossa Internazionale e da altre organizzazioni umanitarie, in violazione di quei diritti umani che credevamo universali.
In questi anni molti si sono mobilitati per lui. Ma non abbastanza. Gilad è diventato cittadino onorario di Roma, le luci del Colosseo si sono spente per chiedere la sua liberazione e per accendere l'attenzione della comunità internazionale sul destino di questo giovane. Nonostante i numerosi sforzi e le richieste, la comunità internazionale non è riuscita, fino ad oggi, a far tornare Shalit nelle braccia dei suoi cari e strapparlo dalle mani assassine dei terroristi di Hamas che lo tengono prigioniero.
Come se non bastasse, Hamas non ha mai fornito informazioni sullo stato di salute di Gilad. Dopo cinque anni di mediazioni fallite, il nostro appello affinchè Gilad Shalit venga finalmente liberato dai terroristi si fa ancora più forte. Non possiamo permetterci che la sua storia venga rimossa dalla coscienza civile. Non possiamo perché quando si parla di diritti umani, chi rimane in silenzio è complice e di fronte a questa reiterata vergogna non si può rimanere inermi. Aiutare Gilad Shalit significa aiutare la pace.
(Cuneocronaca, 22 giugno 2011)
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Israele contro Apple per l'app antisemita
Il nuovo prodotto targato Mela invita alla terza intifada. E il ministro accusa di violenza contro gli ebrei
I videogiochi e le applicazioni interattive non sono solo un modo per divertirsi: anche se vengono progettati a fini di intrattenimento, rispecchiano la cultura e lo spirito del tempo e della società a cui si rivolgono. I temi di un videogioco, come ogni altro prodotto mediale, veicolano un messaggio e trasmettono una visione del mondo.
ISRAELE CONTRO APPLE - Certo, demonizzare l'uso del videogame come una forma indiretta di influenza sul pubblico è senz'altro esagerato, tuttavia il dibattito sul tema resta vivace. Martedì scorso, ad esempio, il governo israeliano ha fatto appello alla Apple Inc. per rimuovere un'applicazione chiamata "ThirdIntifada" (terza intifada) dal suo Apple Store, dicendo che il programma glorifica e promuove la violenza contro lo Stato ebraico. Il ministro dell'informazione israeliano, Yuli Edelstein, ha inviato la richiesta via mail a Steve Jobs in persona, il padre di Apple.
TERZA INTIFADA, APPLICAZIONE OFFENSIVA - "Intifada" è il termine arabo che designa le due violente rivolte contro Israele che hanno avuto luogo negli ultimi due decenni. L'applicazione gratuita incoraggia nel gioco i suoi seguaci a condividere l'ideologia della guerra santa e ad organizzare proteste contro Israele. Tra le altre cose, l'applicazione è collegata a un sito web che ha contribuito di recente a organizzare violenti scontri con le truppe israeliane lungo le frontiere di Israele con il Libano e la Siria.
IL POTERE DEI MEDIA INTERATTIVI - "Dopo la revisione degli ultimi articoli, racconti e foto pubblicati mediante l'applicazione, si può facilmente vedere che questo prodotto è in effetti anti-israeliano e anti-sionista. Inoltre, come suggerisce il nome, l'applicazione invoca una rivolta contro lo Stato di Israele ", ha scritto Edelstein. "Sono convinto che tutti siano a conoscenza della capacità delle applicazioni interattive di unire molti verso un obiettivo che potrebbe essere disastroso", ha aggiunto. "Pertanto mi rivolgo a voi con la richiesta di sancire l'immediata rimozione del prodotto in questione." Finora non c'è stato nessun commento immediato da parte di Apple.
SOLIDARIETA' CONTRO APPLE - L'organizzazione ebraica per i diritti umani Simon Wiesenthal ha anche sollecitato Apple a rimuovere l'applicazione. Il socio decano del centro, il rabbino Abraham Cooper, ha detto in un comunicato emesso martedì che "i nuovi media e le importanti aziende di tecnologia non dovrebbero facilitare entità con un track record di promozione e di incitamento alla violenza".
DEONTOLOGIA DELLA MELA - Linee guida di Apple per gli sviluppatori dicono che le applicazioni "che contengono riferimenti o commenti su un gruppo religioso, culturale o etnico che siano diffamatori, offensivi, meschini o che possano esporre il gruppo mirato a essere danneggiato o a subire violenza saranno respinte." Le linee guida, inoltre rifiutano raffigurazioni di armi che ne incoraggino l'uso "illegale o sconsiderate". Lo scorso marzo, Eldestein condusse una analoga campagna contro Facebook.
(Giornalettismo, 22 giugno 2011)
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Gaza: raid aereo Israele dopo lancio razzi
L'aviazione israeliana ha colpito la scorsa notte un obiettivo palestinese nella zona centrale della Striscia di Gaza in risposta a un attacco condotto da miliziani palestinesi contro un insediamento ebraico nel Neghev. Lo riferisce una fonte militare a Tel Aviv. Non si ha notizia di vittime.
Secondo questa fonte, l'aviazione ha avuto ordine di distruggere nella zona di Kissufim un tunnel scavato da miliziani palestinesi che avevano il presumibile intento di utilizzarlo per condurre una infiltrazione in Israele. L'obiettivo è stato centrato, ha aggiunto la fonte.
La scorsa notte dalla Striscia di Gaza erano stati sparati verso il territorio israeliano almeno un razzo e alcuni colpi di mortaio, che non avevano provocato vittime nè danni.
Israele - ha ribadito un portavoce militare - considera Hamas responsabile di quegli attacchi, in quanto detiene il controllo sull'intera Striscia di Gaza.
(ticinonews.ch, 22 giugno 2011)
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Israele, terra di VC e startup!
Israele è spesso famosa per i suoi problemi territoriali, ma è anche una terra ricca di tecnologie e conoscenze.
di Carmen Cesarano
Lo stato di Israele nasce nel 1948, ma è dalla sua costituzione che i confini e le problematiche legate alla sua legittimità si susseguono. Terra a maggioranza ebraica, entra nelle cronache mondiali quasi esclusivamente per le questione legate ai rapporti con i paesi limitrofi, soprattutto la Siria, e tutto ciò che concerne la difficile questione della Striscia di Gaza.
Geograficamente si affaccia sul Mar Mediterraneo e gli abitanti sono circa 7 milioni.
Israele è però considerato uno dei paesi più avanzati del Medio Oriente. Con le sue 8 università pubbliche, è uno dei paesi al mondo con il maggior numero di laureati (circa il 20% della popolazione), ed è nota per essere uno dei paesi con il più alto numero di startup al mondo e ed è la seconda al mondo, dietro solo agli Stati Uniti d'America, per aziende quotate al Nasdaq.
Il suo PIL, il 51o al mondo, è speso per ben il 6% in ricerca e sviluppo e il 40% delle aziende sul territorio sono industrie tecnologiche.
Forte di una grande immigrazione russa, i rapporti tra questi due stati si stanno intensificando, dando vita ad idee che cerchino di contrastare l'avanzata di Cina e India. Israele è però riconosciuta da molti come un territorio ricco di opportunità. Sul suo territorio è possibile incontrare una quantità elevata di incubatori, centri di ricerca e sviluppo di grandi aziende come Google, Inter e Orange.
Alla base vi è un forte capitale di rischio, linfa vitale per i progetti startup.
Oggi sul territorio ci sono circa 31.000 startup! , che hanno il vantaggio di vivere un paese relativamente piccolo, in cui gli spostamenti, soprattutto di idee, sono quindi veloci.
C'è chi sostiene che il sistema VC israeliano sia al collasso, ma che l'apertura ad internet, con l'acquisto da parte di Facebook di una startup made in Israele, possa risollevare la situazione.
Insomma, Israele risulta comunque uno dei territori più interessanti per il mondo startup.
Nel caso foste interessati, le lingue prevalentemente parlate sono l'ebraico e l'arabo, ma con un ambiente internazionale e vivace come quello israeliano anche con l'inglese si può sopravvivere.
See you in Israel?
(Ninja Marketing, 22 giugno 2011)
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Israele: sì allOnu per 1200 nuovi alloggi e 18 scuole a Gaza
Il governo israeliano ha autorizzato l'Onu a importare materiale da costruzione nella Striscia di Gaza per realizzarvi due progetti immobiliari che comprendono 1200 nuovi alloggi e 18 scuole. Lo hanno annunciato oggi le due parti.
L'annuncio giunge poco prima del previsto arrivo nella Striscia di una flottiglia umanitaria internazionale con lo scopo di rompere il blocco che Israele impone a Gaza. "Abbiamo approvato vasti progetti supplementari dell'Unrwa (l'Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi): la costruzione di 18 scuole e di circa 1200 alloggi a Rafah e Tall al-Sultan (nel sud della Striscia di Gaza", ha detto all'Afp Guy Inbar, portavoce del coordinatore delle attività israeliane nei Territori palestinesi).
Il coordinatore dell'Onu per il processo di pace in Medio Oriente, Robert Serry, ha da parte sua accolto con favore "questo passo importante", precisando che il valore complessivo dei progetti è di circa 100 milioni di dollari.
(swisscom, 21 giugno 2011)
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"Unexpected Israel": ultimi 3 giorni di programmazione
L'ambasciatore dello Stato di Israele, Gideon Meir, ha ringraziato il nuovo Sindaco di Milano dichiarando che "scalda il cuore che anche la nuova amministrazione abbia accolto questa Iniziativa concordata con la giunta precedente".
L'iniziativa è stata voluta e ideata da un gruppo di imprenditori e istituzioni italiane e israeliane, dal Governo italiano e dall'Ambasciata di Israele, in occasione del 150o anniversario dell'unificazione di Italia.
Presso l'Urban Center di Galleria Vittorio Emanuele è allestita la mostra "Kibbutz: l'architettura della collettività", curata dagli architetti Galia Bar Or e Yuval Yasky per celebrare i 100 anni di vita di una delle principali basi sociali dello Stato d'Israele. In parallelo, presso la Galleria Riccardo Crespi di via Mellerio 1, è on air la prima mostra personale dell'artista israeliana Talia Keinan, dal titolo evocativo "Leave the little light on when I'm coming back home at night"(lascia una piccola lucce accessa per quando torno a casa la sera) una serie di disegni, collage, luci, video e sculture esposti sui tre livelli della galleria. Nello stesso tempo, i pannelli posizionati lungo i lati di via Dante propongono 38 scatti di otto fotografi internazionali, scelti dal Ministero del Turismo Israeliano (13 giugno - 13 luglio), che immortalano colori, attività, razze e culture, paesaggi, stranezze e ricchezze, volti e panorami, contrasti e paradossi del Paese mediorientale.
"Unexpected Israel" non tralascia, infine, la cinematografia, divenuta un vero e proprio veicolo alternativo per dare voce alla istanze culturali di Israele. Il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea e la Fondazione cineteca italiana, infatti, hanno presentato il 19 giugno il "Nuovo Cinema Israeliano", una selezione dalla quarta edizione del Pitigliani Kolno'a Festival, l'evento più significativo nell'orizzonte italiano dedicato al cinema di autori israeliani. La rassegna è programmata tra il 19 e il 23 giugno presso lo spazio Oberdan, All'inaugurazione è stato proiettata l'anteprima del Pitigliani Kolno'a Festival 2011 "Intimate Grammar", film tratto dall'omonimo romanzo di David Grossman, alla presenza del Regista Nir Bergman.
(FocusMo, 21 giugno 2011)
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Litaliana Cinzia Forte nel cast della Traviata all'Opera di Tel Aviv
Sarà Violetta nello spettacolo in scena da domani alla New Israeli Opera
ROMA, 21 giu. - L'artista italiana Cinzia Forte sarà Violetta nella Traviata in scena da domani, mercoledì 22 giugno, alla New Israeli Opera di Tel Aviv. Lo spettacolo è la ripresa dell'acclamata produzione dell'Opéra Wallonie di Liegi con la regia di Stefano Mazzonis di Pralafera e i costumi della belga Kaat Tilley: pittrice, scultrice ma soprattutto stilista, nota tra le passerelle per i suoi gusti romantici e raffinati.
(TMNews, 21 giugno 2011)
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"Un'aringa in Paradiso. Enciclopedia della risata ebraica" - Elena Loewenthal
di Azzurra Scattarella
Cosa si mangia in paradiso? Risposta: aringhe!
Tante, anzi, tantissime sono le storielle ebraiche. Vengono raccontate costantemente, da secoli, più e più volte dalle stesse persone ad altre persone, facendogli fare il giro del mondo e il viaggio nel tempo. La tradizione ebraica è fatta anche di umorismo, anzi forse, questa è la qualità che gli ha permesso di sopravvivere nonostante la non facile storia. Elena Loewenthal intraprende così un viaggio nelle storielle comiche più famose del suo popolo, permettendoci di gustare questa Aringa in paradiso . Enciclopedia della risata ebraica . Nonostante il nome, non si parla di un mattone che vi schiaccerà con il suo peso, ma piuttosto di una raccolta divertentissima delle classiche barzellette, storielle, freddure, della cultura yiddish.
Operando per riduzione (e per riedizione, dato che questa versione Einaudi 2011 è la seconda), l'autrice classifica le storie suddividendole per tematiche, che comunque permettono brevi digressioni e versioni duplici della stessa battuta: dalle storielle sul tema della famiglia, a quelle del rapporto interconfessionale, alle barzellette irrinunciabili sulla yidishe mame (che è colei che "perdona e dimentica, ma non dimentica mai, oh, questo no, di aver perdonato
"), fino a quelle sulla sinagoga, passando per i topoi del naso degli ebrei e della gestione dei soldi, fino alle "citazioni citabili". E via così, risata su risata, battuta su battuta, storiella dopo storiella, incontriamo tutti i personaggi tipici della cultura ebraica, come la meravigliosa figura dello schnorrer , il mendicante ebreo fiero di essere un mendicante, la cui superbia è tale quanto la sua ragion d'essere, e non per questo non vi chiederà meno denaro; o il leggendario Tevye il lattivendolo; o il sensale di matrimoni, tipico di ogni comunità, sempre pronto a combinare il possibile con l'improbabile, attento a difendere gli interessi dei suoi clienti ma soprattutto i suoi, vera e propria quintessenza del pragmatico spirito yiddish; percorrendo i luoghi che sono cari alla cultura ebrea, da quelli fisici come la Polonia o la Russia, che tornano nella memoria come terre-serbatoi di un ebraismo autentico e popolare, o come i treni, sui quali, volente o nolente, gli ebrei ne hanno passati di momenti.
Saltando e attraversando episodi storici, nemici e amici, si ride e si prendono in giro (senza mai denigrare) gli ebrei, i loro difetti e presunte virtù, scherzando su usi e costumi di questa cultura così tenacemente ironica, così sagacemente pronta, così intelligentemente capace di rimboccarsi le maniche e tentare il tutto per tutto, senza mai barattare neanche un grammo del proprio essere per questo. Forse perché conscia di essere quel "popolo eletto" (convinzione che va letta con la celebre frase di Woody Allen: «Dio non esiste, comunque noi siamo il suo popolo eletto») o perché con Egli vanta da sempre un rapporto speciale e quasi confidenziale - come dice giustamente Moni Ovadia, il rapporto tra Dio e l'ebreo è un rapporto tra pari, un rapporto a tu per tu, un rapporto diretto
quello che fa chiedere a qualche ebreo se loro possono essere un po' meno il popolo eletto, e ad altri ebrei fa venir paura ogni volta che ci sono tuoni e fulmini, non si sa mai che Dio gli mandi un'altra Torah! E anche perché in fondo ad ogni risata, c'è una riflessione, un pensiero che non molla, un orgoglio e una dignità che non si scorda, una risposta che problematizza, e ad ogni domanda segue sempre un'altra domanda - da cui, giustamente: "Perché gli ebrei rispondono sempre con una domanda a una domanda? - E perché non dovrebbero?".
Ridere, sdrammatizzare, pensare, riflettere. Storielle che fanno bene all'animo due volte, sia perché le risate sollevano lo spirito, sia perché la battuta induce al ragionamento. E mi fa chiudere con il "teorema: la somma di tre italiani fa un ristorante, la somma di tre ebrei fa due sinagoghe".
Elena Loewenthal, Un'aringa in paradiso. Enciclopedia della risata ebraica , Einaudi, € 15.50
(Paperblog, 21 giugno 2011)
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Roma - "Costruiamo assieme il Museo della Shoah"
Grandi emozioni ieri sera al Palazzo della Cultura nel cuore del Ghetto di Roma per la serata Un volto alla nostra Memoria - Costruiamo insieme il Museo della Shoah. Serata nella quale, sotto il coordinamento del direttore scientifico Marcello Pezzetti, la Fondazione del Museo della Shoah che avrà presto sede nella Capitale ha chiamato a raccolta gli ebrei capitolini per rilanciare il progetto di un museo della Memoria da arricchire nei contenuti grazie all'aiuto delle singole famiglie romane, spesso depositarie di uno straordinario patrimonio documentale in grado di raccontare gli orrori delle persecuzioni e della Shoah in modo drammaticamente efficace. Alla presenza di alcuni sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti, seduti in prima fila e visibilmente emozionati, Pezzetti ha presentato i giovani componenti del suo staff e illustrato, attraverso la proiezione di immagini, video, testimonianze e interviste realizzate assieme ad alcuni testimoni di quegli anni, la filosofia e l'idea di museo al quale sta lavorando. Un museo che, ha sottolineato, "sarà possibile realizzare anche e soprattutto grazie al vostro contributo". Centinaia le persone affluite al Palazzo della Cultura ieri sera per raccogliere il suo invito e quello del presidente del Museo della Shoah Leone Paserman a collaborare. "Un volto alla nostra Memoria" recita lo slogan dell'iniziativa. Molti in queste settimane contribuiranno a darlo.
(Notiziario Ucei, 21 giugno 2011)
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Israele: rischio di aumento del costo degli immobili
Il prezzo delle case in Israele «potrebbe raddoppiare nei prossimi cinque anni». Ieri il governatore della Banca d'Israele, Stanley Fischer, ha suonato con decisione un campanello d'allarme: nel corso del forum economico di Caesarea, ha messo in evidenza i rischi che derivano dall'aumento esponenziale dei costi degli immobili, che in Israele stanno salendo in media del 16 per cento all'anno.
Non è la prima volta che Fischer punta i riflettori sulla bolla immobiliare israeliana; una volta di più ha ricordato: «La storia insegna che molte crisi economico-finanziarie sono iniziate proprio dal mercato immobiliare», travolto dalle speculazioni. «Tutto questo deve fermarsi - ha affermato il governatore -, i prezzi delle case hanno ormai superato quelli degli Stati Uniti e dell'Irlanda» prima del crollo. «La questione ora è capire se la bolla si sgonfierà in modo da non danneggiare l'economia». Fischer ha poi commentato i tassi di crescita nazionali. «Cresciamo velocemente», ha dichiarato, specificando: «Dobbiamo ricordarci che non siamo la Cina, e che le entrate annuali medie sono di 30mila dollari a persona. Siamo stati molto sorpresi dalla percentuale del 4.7 per 2010, e le previsioni per il 2012 indicano un tasso di crescita conservativo del 4%». «Quello che emerge dai dati sulla disoccupazione è straordinario - ha proseguito Fischer -, ci aspettavamo che toccasse il 9% a causa della recessione internazionale, ma invece non ha mai raggiunto nemmeno l'8% e anzi, da allora, è andata diminuendo, scendendo sotto il 6%. Un record assoluto per Israele. Siamo vicini al totale impiego». Ma malgrado la cifre snocciolate, molto positive, Fischer ha espresso preoccupazione per due settori specifici della comunità israeliana: gli ebrei ultra-ortodossi e gli arabo-israeliani. «Questa parte della popolazione - ha detto - è cresciuta, ma lavora poco o non lavora: una situazione che non può continuare. Se non facciamo in modo che queste due comunità cambino il loro atteggiamento rispetto al mercato del lavoro, potremmo trovarci a dover fronteggiare un serio problema».
(FocusMo, 21 giugno 2011)
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Pesaro - Riapre il percorso della cultura ebraica
PESARO - Dal mese di giugno, si riapre il percorso cittadino della cultura ebraica composto dalla sinagoga e dal cimitero Ebraico visitabili gratuitamente, come di consueto ormai da diversi anni, il giovedì pomeriggio.
La sinagoga di via delle Scuole sarà aperta dal 23 giugno al primo settembre, ogni giovedì dalle ore 16 alle 19, grazie anche alla preziosa disponibilità delle sezioni cittadine delle associazioni Fai e Serc. Collocata nel cuore dell'antico quartiere ebraico, la sinagoga sefardita (o di rito spagnolo) è uno degli edifici storici più suggestivi del centro che risale alla metà del XVI secolo. E' questo un periodo d'oro per Pesaro che vede il suo porto ampliato, per boicottare quello di Ancona, da Guidubaldo II Della Rovere. In città accorrono molti ebrei portoghesi che hanno l'esigenza di continuare i propri studi mistici; e infatti la struttura in cui è inglobata la sinagoga (o scola, termine con cui un tempo si indicava appunto la sinagoga), ospitava anticamente le scuole di studi cabalistici, di musica e materna. All'interno dell'edificio, perfettamente recuperato, si possono ammirare ancora oggi gli elementi architettonici legati alle funzioni che quel luogo svolgeva per la comunità, come il forno per la cottura del pane azzimo o la vasca per i bagni di purificazione.
Accanto alla sinagoga, anche il cimitero ebraico (strada panoramica San Bartolo c/o n. 161), è aperto da giugno a settembre il giovedì dalle ore 17 alle 19 (info Ente Parco Naturale Monte San Bartolo 0721 400858, 335 1746509). Per raggiungerlo bisogna uscire dal centro e arrivare in Panoramica. Adagiato sulle pendici del colle San Bartolo, fino a metà novecento lo spazio appariva come una scoscesa pendice campestre con rade alberature, nel 2002 è stato recuperato dalla Fondazione Scavolini che ne ha reso possibile la fruizione. Fra l'intrico di rovi affiorano più di 100 monumenti funerari realizzati con pietre locali, soprattutto calcare di Piobbico e più raramente arenarie, o marmi.
Info per sinagoga 0721 387541-474, infoline 199 151 123, per cimitero ebraico 335 1746509; www.pesarocultura.it.
(fanoinforma, 21 giugno 2011)
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Bob Dylan incanta Tel Aviv
Lunedì 20 giugno 2011 22:15 - A 70 anni compiuti, Bob Dylan ha regalato stasera a Tel Aviv un concerto di grande classe, che ha mandato in visibilio 30 mila spettatori affollatisi nello stadio cittadino. L'ultimo concerto di Dylan in Israele risaliva a 18 anni fa. Nel frattempo è cresciuta un nuova generazione per la quale il folk singer era solo un mito del passato. Sulle gradinate dello stadio di Tel Aviv i giovanissimi erano la maggioranza, anche se nei posti più cari prevalevano i sesantenni giunti per concedersi una serata di nostalgia. Dylan è arrivato in Israele dopo essersi esibito in Cina, Vietnam, Irlanda e Gran Bretagna.
Voci insistenti lo davano per arrugginito, ma a Tel Aviv è salito sul palco con grande baldanza e si è prodotto in un concerto di un'ora e mezzo carico di energia. Prima ha eseguito canzoni meno note in Israele per passare poi ai cavalli di battaglia dimostrando che i suoi testi restano attuali nei decenni. In un Medio Oriente di sconvolgimenti politici, è apparsa molto attuale la canzone 'Qualcosa sta succedendo, e tu non sai che cos'e, vero signor Jones'.
E quando Dylan ha ammonito che «una pioggia pesante sta per cadere» gli spettatori di Tele Aviv non potevano dimenticare le esercitazioni in corso in questi giorni nelle retrovie che simulano un pesante attacco di missili arabi.
(Nuova Società, 20 giugno 2011)
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E il rabbinato di Gerusalemme negò la lapidazione del cane
Qualcuno dovrà chiedere scusa al rabbino Yehoshua Levin. Qualcuno, poi, dovrà farlo anche con migliaia di lettori. Perché quella che è sembrata una notizia "bestiale" - non solo perché di animali si parlava, ma anche perché c'era dentro un bel po' di cattiveria -, in realtà si è rivelata una cosa infondata. Peggio: una bufala. Peggio ancora: una patacca. Una polpetta avvelenata - per restare in tema - raccolta, confezionata e servita per il pubblico di lettori sempre più affamato di leggere i resoconti su ragazzini che pisciano nei vasi dell'acqua pubblica o, appunto, sui cani lapidati per decreto religioso.
E allora. Succede che a un certo punto - circa dieci giorni fa - viene fuori la storia secondo cui una Corte rabbinica di Gerusalemme avrebbe ordinato la lapidazione di una cagna, ritenendola - secondo le voci - «la reincarnazione di un avvocato morto anni prima, dopo essere stato maledetto da quei religiosi».
Il protagonista - involontario - della vicenda è un certo Yehoshua Levin, rabbino di Gerusalemme. Salito ai primi posti nella classifica dei peggiori nemici del Peta, l'organizzazione statunitense degli animalisti. Tanto da meritarsi frasi di questo tipo: «Occorrerebbe condurre una perizia psichiatrica sul rabbino Levin». E ancora: «Bisognerebbe avviare nei confronti del religioso una procedura penale per aver fomentato crudeltà verso animali».
Ora, il fatto è che nei rioni ortodossi di Gerusalemme il rabbino Levin, che presiede la Corte rabbinica per le questioni pecuniarie, è famoso non per il suo radicalismo, ma per la sua incredibile mitezza. Non un segno di debolezza, ma di forza e di integrità morale. Eppoi, dicono i bene informati, non risulta nemmeno che Levin abbia mai «maledetto avvocati» o che abbia intravisto le loro «anime in pena» in alcun quadrupede. La conferma arriva dello stesso rabbino che ai colleghi ha assicurato che la sua Corte non ha mai ordinato alcuna lapidazione.
La verità sarebbe un'altra. All'inizio di giugno una cagna sarebbe effettivamente entrata nel rione ortodosso di Mea Shearim (Gerusalemme) e che, verosimilmente, sia stata presa a sassate da ragazzini di strada, per i quali i cani rappresentano una rarità. Così, nel tentativo disperato di salvarsi, l'animale avrebbe cercato riparo nella Corte, mentre (in assenza tra l'altro del rabbino Levin) era in corso un dibattito. Gli inservienti - secondo il religioso - avrebbero telefonato al servizio veterinario cittadino per prelevare la cagna la quale, a quanto gli risulta, ha lasciato la zona incolume. «Non c'è alcuna ragione di infierire sugli animali - ha precisato Levin -, né da un punto di vista della ortodossia né da quello della logica».
Insomma, non è vero niente. La storia è talmente falsa che il quotidiano israeliano "Maariv" è stato costretto ad ammettere di aver compiuto una scorrettezza quando ha scritto che la Corte aveva «ordinato la lapidazione di una cagna». Nel trafiletto la direzione ha anche espresso rammarico per aver arrecato dolore alla Corte rabbinica e ai suoi membri. Peccato che fuori dal Paese, a partire dai media italiani, nessuno si è ancora scusato. Con Yehoshua Levin. E con i lettori.
(Falafel Cafè, 20 giugno 2011)
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Israele punta sulle famiglie
Durante Unexpected Israel, l'ambasciatore Meir ha ribadito la sicurezza della destinazione
L'ambasciatore dello stato di Israele Gideon Meir ha voluto rassicurare i turisti sulla sicurezza dello stato, all'interno dell'evento Unexpected Israel: "Per me, per i bambini, per le famiglie e per i turisti, noi siamo una nazione sicura". L'ambasciatore poi ha ricordato l'importanza del turismo religioso per la nazione, ma Israele sta anche cercando di puntare sulle famiglie: "Vogliamo presentare la destinazione come un luogo di turismo non solo religioso: infatti la nostra terra è anche adatta alle famiglie e ai businessman. Siamo un Paese bagnato da due mari, il Mediterraneo e il Mar Morto e abbiamo le spiagge belle come quelle della Sardegna", ha concluso Meir.
(Guida Viaggi, 20 giugno 2011)
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Il concorso «Shevilim» indetto dal Museo Ebraico di Soragna
Gli studenti hanno raccolto il messaggio dell'ebraismo
di Bruno Colombi
Il Museo Ebraico di Soragna
In una sinagoga gremita di pubblico, tra cui numerosi giovani e ragazzi, si è svolta la premiazione ufficiale del concorso «Shevilim» indetto dal locale Museo ebraico in memoria del compianto Fausto Levi.
«Il messaggio dell'iniziativa come ha sottolineato il neo presidente della Comunità ebraica di Parma Giorgio Yehuda Giavarini - è stato ampiamente "raccolto e sviluppato con impegno ed interesse da numerosi studenti delle scuole primarie e secondarie della provincia».
Sull'iniziativa e sulla sua valenza storica e culturale si sono poi soffermati l'assessore provinciale Giuseppe Romanini, l'assessore di Soragna Corrado Ajolfi - che ha rappresentato l'Amministrazione comunale insieme al consigliere Simona Fontana - ed il rabbino capo di Ferrara rav Luciano Meir Caro che ha focalizzato il suo intervento sulle imminenti festività ebraiche e sul significato del termine sinagoga, intesa non solo come luogo di preghiera rituale e di assemblea ma anche come centro propulsore per la conoscenza dell'ebraismo.
«Questo concorso aperto ai giovani - ha detto il rabbino - ha svolto perfettamente il suo ruolo, aperto a culture diverse ma ugualmente importanti».
Numerosi e scroscianti applausi hanno accompagnato la premiazione effettuata da Renza Levi, figlia di Fausto fondatore del Museo: hanno vinto il concorso i ragazzi di 4a A della scuola primaria «Padre Lino Maupas» di Parma con l'insegnante Laura Galluzzi, e i ragazzi di 1a e 2a F della scuola media «Cesare Battisti» di Soragna con la professoressa Gina Santoro.
Gli studenti hanno messo in risalto gli aspetti storici e tradizionali del popolo ebraico attraverso i tempi, nonché le componenti culturali della religione e del culto davidico, espresse nella legge e nelle regole delle festività e dell'alimentazione.
Il pomeriggio in sinagoga si è concluso con un appIauudito concerto dell'Ensemble Mazel Tov.
Con "Tumbalalaika" la cantante Claudia Hasslinger, Antonio Fornaroli al clarinetto, Gabriele Savarese al violino e chitarra, Modestino Musico alla fisarmonica, hanno eseguito musiche klezmer e canti della tradizione yiddish, suscitando interesse ed emozioni tra il pubblico presente.
(Gazzetta di Parma, 20 giugno 2011)
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Shalom Simhon: «Con Israele alleanze hi-tech»
di Ugo Tramballi
«Il tasso di natalità, fra i più alti del mondo», dice Shalom Simhon, servendosi di un'interpretazione forse antiquata ma sempre efficace per spiegare la storia del successo economico israeliano. «In un Paese piccolo come il nostro la demografia da sola vuol dire un punto e mezzo di crescita del Pil. Dovreste ricominciare anche voi a fare figli».
È il vecchio agricoltore del moshav, cresciuto nel movimento cooperativo laburista, che viene fuori. Ma anche Simhon, ministro israeliano dell'Industria e del commercio, sa che questo non basta per spiegare una crescita ininterrotta attorno al 15 per cento, nonostante crisi finanziarie globali e tensioni politiche mediorientali. Se le cose continuano così, nel 2011 la crescita dovrebbe salire di un altro mezzo punto. La demografia non basta per spiegare il fenomeno tecnologico d'Israele con il più alto numero d'imprese quotate al Nasdaq di New York, dopo Stati Uniti e Canada. «Shraga Brosh, il presidente della nostra Confindustria, dice che i1 50 per cento di quel che produciamo viene esportato - aggiunge Simhon -. Ha voluto essere moderato. È molto di più: in agricoltura è il 75 percento».
I moshav erano le comunità agricole cooperative, diverse dai kibbutz che erano invece imprese collettive. "Erano" perché quelle fattorie che avevano creato un Paese si sono adattate al cambiamento di quel Paese, uno dei luoghi più dinamici del capitalismo occidentale. Del movimento dei moshavim Shalom Simhon, 55 anni, è stato il presidente. Ministro dell'Agricoltura, poi da gennaio all'Industria e al commercio al posto del vecchio "Fuad" Ben-Eliezer, quando i laburisti sono usciti dal governo di centro-destra di Bibi Netanyahu. Simhon ha lasciato il partito ed è rimasto nell'esecutivo unendosi ad Azmaut, Indipendenza, la fazione di Ehud Barak Il ministro ha partecipato la settimana scorsa al business forum italo-israeliano organizzato a Milano da Promos: 550 incontri "B2B" in un solo giorno fra imprenditori dei due Paesi.
- Hi-tech israeliano e fame italiana di tecnologia. Ministro, è questa la formula delle relazioni economiche fra noi e voi?
L'Italia è una grande potenza che non può non essere presa in considerazione. Secondo me producete le migliori auto del mondo. Ma qualche volta vi arrendete troppo presto, occorre più coraggio.
- L'interscambio italo-israeliano è di 3 miliardi di euro. Ma si può fare sempre di meglio, vero?
La nostra distanza geografica e caratteriale è minima. Dobbiamo trasformare questi punti comuni in vantaggi concreti. La settimana scorsa Bibi Netanyahu ha parlato di pacchetti turistici comprensivi Roma-Gerusalemme-Betlemme. È un'idea e solo il segno di una grande potenzialità. Sappiamo che l'Italia sta migliorando la qualità delle sue telecomunicazioni. In questo settore noi israeliani abbiamo molte tecnologie innovative. Così come nella gestione dell'acqua e in quella delle acque di scarico nelle quali Israele ha capacità eccezionali. Nemmeno David Ben Gurion s'immaginava i miracoli che saremmo riusciti a fare: nel mondo un pomodoro su due è israeliano. Ma noi e voi siamo entrambi senza petrolio: dobbiamo percorrere insieme le strade delle energie alternative e rinnovabili. La somma di uno più uno spesso fa più di due.
- C'è però qualche limite. Israele non è un hub regionale, il Medio Oriente è in ebollizione e gli italiani non amano molto i rischi.
Insieme però possiamo trasformare gli svantaggi in vantaggi. Vorrei ricordarle che quando gli arabi hanno bisogno di un prodotto che funzioni non stanno molto a guardare da dove viene.
- Dal punto di vista economico la «primavera araba» è un'opportunità o un rischio?
È troppo presto per dirlo. Non pensa che ora il mondo dovrebbe chiedersi cosa ne hanno fatto i leader arabi di tutti gli introiti petroliferi se in quei Paesi esistono squilibri sociali profondi? Israele ha sempre tenuto gli occhi aperti. Se la «primavera araba» sarà un vero cambiamento noi saremo più che pronti a collaborare.
- Secondo lei per Israele è più importante allargare le colonie nei Territori occupati o aumentare il numero delle sue imprese dell'hi-tech al Nasdaq?
L'ampliamento degli insediamenti è una necessità demografica e avviene in aree dove c'è consenso internazionale. Non stiamo costruendo nuove colonie. Vede, noi combattiamo per la nostra sopravvivenza da che esistiamo: abbiamo sempre saputo difenderci e contemporaneamente lavorare per la nostra economia. E sarà sempre così.
- Se Israele cresce del 5 per cento in queste condizioni, cosa succederebbe se ci fosse un accordo di pace?
Cresceremmo come la Cina.
(Il Sole 24 Ore, 20 giugno 2011)
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Fotovoltaico: in principio furono le vespe
Prima che l'uomo lo producesse industrialmente, un vero e proprio pannello fotovoltaico esisteva già in natura. La spiegazione in uno studio dell'Università di Tel-Aviv
Un esemplare di Vespa Orientalis
Uno dei primi sogni dell'uomo è stato volare. Oggi che per milioni di persone volare è diventata una necessità quotidiana, per l'uomo è diventato altrettanto necessario trovare fonti energetiche pulite e poco costose come l'energia fotovoltaica. Un'altra sfida che l'uomo è riuscito a vincere, facendo volare ininterrottamente per un giorno e una notte un velivolo alimentato solo dall'energia del sole accumulata durante le ore di volo diurne. L'esperimento si è svolto in Svizzera con un aereo progettato da Bertrand Piccard, il Solar Impulse, costruito in fibra di carbonio e con le lunghe ali ricoperte di 12mila celle fotovoltaiche al silicio che caricano una serie di batterie al litio.
Uno studio realizzato da Marian Plotkin con un'equipe dell'Università di Tel-Aviv, ha dimostrato che in natura ci sono altri esseri viventi che sfruttano lo stesso principio delle celle fotovoltaiche per volare. Sono gli esemplari di Vespa orientalis . La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica tedesca Naturwissenschaftenna , partita da analisi di entomologi che avevano osservato come le vespe scavassero con maggiore intensità i loro nidi nel terreno nei momenti in cui l'esposizione ai raggi solari era maggiore, ha dimostrato che le cosiddette "vespe orientali" , caratteristiche del sud est europeo, del nord est africano e del sudest asiatico, possiedono sul proprio corpo delle vere e proprie "celle solari".
Le vespe utilizzano come pannelli solari le due parti ben distinte gialle e marroni visibili sulla cuticola, cioè la parte esterna dell'insetto che fa anche da scheletro. Il meccanismo, un miracolo della natura, della trasformazione dell'energia solare in forza lavoro, per volare ma soprattutto per scavare il nido sotto terra, è dovuto alla melanina (la stessa presente nella pelle umana) contenuta nelle strisce marroni e alla xantoperina contenuta in quelle gialle. Insieme, melanina e xantoperina riescono a catturare il 99% delle radiazioni ultraviolette.
Lo studio dei ricercatori israeliani ha confermato che le vespe orientali lavorano di più a elevate temperature, anche oltre i 40o centigradi, perché le stesse sono dotate di un sistema fisico di trasformazione del calore in elettricità che mantiene bassa la temperatura corporea e che, viceversa, sviluppa calore quando la temperatura esterna si abbassa.
Le analisi sulla "pelle" delle vespe sono state fatte utilizzando un potente microscopio atomico che ha permesso di esaminarne le strutture più intime della materia. Le parti marroni, formate da un insieme molto fitto di scanalature, alte 160 nanometri (un nanometro corrisponde a un milionesimo di millimetro), intrappolano maggiori quantità di luce possibili e la convogliano verso quella parte dell'addome colorata di giallo. Questa a sua volta è costituita da protuberanze intrecciate tra loro, alte 50 nanometri, che, spiegano gli scienziati, impediscono alla luce di essere riflessa e di abbandonare il corpo delle vespe; la luce accumulata filtra, poi, verso uno speciale componente chimico, la xantopterina, il pigmento che «trasforma la luce in energia elettrica» spiega Plotkin sulla rivista.
(AmbienteAmbienti, 20 giugno 2011)
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Dylan canta a Tel Aviv dopo 18 anni
Ammiratori da tutto il paese, misure sicurezza e treni rafforzati
ROMA, 20 giu - Dopo un'assenza di 18 anni, Bob Dylan torna ad esibirsi davanti al pubblico israeliano: un evento che ha costretto la polizia ad adottare un massiccio servizio di ordine e che rischia di paralizzare stasera il traffico attorno allo stadio di Ramat Gan (Tel Aviv). Finora sono stati venduti 25-30 mila biglietti e le ferrovie sono state costrette a rafforzare il servizio per consentire l'afflusso di ammiratori del cantante da tutte le parti del Paese.
(ANSA, 20 giugno 2011)
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Israele: 'Fermeremo la Freedom Flottilla dell'odio'
Il comandante della Marina militare israeliana ha accusato la Flotta della Libertà di celare dietro ragioni umanitarie un odio contro Israele e la volontà di delegittimarlo - Sarà bloccata in alto mare, proprio come un anno fa, la 'Flotta della libertà' ideata da organizzazioni internazionali in difesa dei diritti umani per rompere il blocco israeliano alla Striscia di Gaza. Lo ha dichiarato il comandante della marina militare, ammiraglio Eliezer Marom, secondo cui dietro agli slogan di carattere umanitario degli organizzatori si cela "un odio" verso lo Stato ebraico. "Quella missione ha per scopo un confronto con i militari israeliani. Si cerca una provocazione di carattere mediatico per creare un'atmosfera di delegittimazione di Israele" ha sostenuto ieri Marom, in una cerimonia nel porto di Haifa. Della 'Flottilla' quest'anno non farà parte la nave passeggeri Marmara dove, un anno fa, nove cittadini turchi rimasero uccisi durante l'abbordaggio della marina militare israeliana. Tuttavia la marina israeliana prevede che alla fine di giugno una decina di altre imbarcazioni cercheranno di raggiungere Gaza, per rompere l'embargo. Informazioni di intelligence, sempre israeliane, indicano che attivisti provenienti dalla Giordania e dallo Yemen si apprestano a ingaggiare una lotta attiva con i militari israeliani, se sarà loro impedito di raggiungere Gaza. Marom ha ribadito che Israele non acconsentirà mai all'apertura di un rotta di libera navigazione verso Gaza perché "Hamas potrebbe dotarsi di quantità incontrollate di armi e minacciare Israele con nuovi razzi e con missili terroristici".
(PeaceReporter, 20 giugno 2011)
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Israele: criticata la scelta di puntare sull'energia offshore
In Israele decine di esperti in materia di sicurezza nazionale hanno lanciato un allarme: «Basare il mercato energetico del futuro sui giacimenti israeliani offshore scoperti di recente creerebbe un problema di sicurezza». Gli analisti, in gran parte ex funzionari governativi o ex militari, hanno indirizzato una lettera di critica al governo di Benjamin Netanyhau. La missiva mette in discussione le intenzioni dichiarate del premier e dei ministri della Difesa, Ehud Barak, e delle Infrastrutture, Uzi Landau, i quali puntano a sostituire il gas (nazionale) al petrolio (acquistato dall'estero) ovunque sia possibile. Una strategia perseguita già da alcuni anni, ma che negli ultimi tempi è stata intensificata, anche in relazione a ritrovamenti di significative quantità di carburante naturale nei fondali del Mediterraneo.
Oggi, il gas è il carburante utilizzato in prevalenza in oltre metà degli impianti della compagnia nazionale dell'elettricità; e le nuove strutture in via di costruzione, previste per il 2013, carbureranno esclusivamente a gas. La prospettiva spaventa gli ottanta esperti firmatari della lettera, che accusano l'esecutivo di miopia. «Noi, riservisti e funzionari di difesa, siamo molto preoccupati dai recenti dibattiti sulla natura del mercato energetico israeliano del futuro». Utilizzare quasi solo un tipo di carburante, aggiungono gli esperti, «è una decisione pericolosa, sia per la sicurezza nazionale che per il potere di deterrenza dello Stato ebraico. Se una piattaforma petrolifera o le sue infrastrutture - ovvero, centinaia di chilometri di gasdotti sottomarini vulnerabili - fossero compromesse da un attacco, il Paese sarebbe paralizzato. All'improvviso, la gente verrebbe catapultata indietro all'Età della Pietra e sarebbe colta dal panico». «Ogni nemico d'Israele lo ha già capito chiaramente - si legge ancora nel documento -, gli impianti offshore sono diventati e ancor più saranno in futuro obiettivi strategici. E l'esercito israeliano, come ogni esercito, non potrà garantirne la piena inviolabilità».
(FocusMo, 20 giugno 2011)
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Fatah-Hamas, rinviato sine die l'incontro del Cairo
Si allontana nuovamente la creazione di un governo di unità nazionale palestinese. Rimandato a data da destinarsi, il meeting tra le due parti palestinesi, già fissato per martedì al Cairo. Rimangono disaccordi sulla nomina del Primo Ministro.
RAMALLAH, 20 Giugno 2011 - E' arrivata ieri come una doccia fredda la notizia del rinvio, a data da destinarsi, dell'incontro al Cairo, previsto martdeì tra il presidente palestinese e leader di Fatah, Abu Mazen, e il capo dell'ufficio politico del movimento islamico, Khaled Mashaal. Dopo le numerose tensioni delle settimane passate, sembrava essere tornato il sereno nelle relazioni tra Hamas e Fatah, che nell'incontro di domani avrebbero dovuto accordarsi sul nome del primo ministro che guiderà il governo di transizione, costituito da figure "indipendenti" fino alle prossime elezioni, sulla base di quanto deciso e siglato nell'accordo di riconciliazione dello scorso 4 maggio.
Dietro il rinvio a data da destinarsi, c'è ancora una volta il disaccordo sulla nomina del premier. Le divergenze tra le due fazioni erano iniziate quando il Comitato centrale del partito Fatah, aveva annunciato il nome di Salam Fayyad, attuale primo ministro dell'Anp, come candidato-premier del nuovo esecutivo. Una scelta che aveva fatto infuriare la leadership del movimento islamico e innescato un muro contro muro poche settimane dopo la riconciliazione tra le due principali organizzazioni politiche nei Territori occupati, chiesta con insistenza dall'intera opinione pubblica palestinese, anche con una giornata di mobilitazione lo scorso 15 marzo.
I delegati di Fatah dal Cairo hanno sempre sostenuto che Abu Mazen rimane convinto che l'unico premier possibile sia Fayyad, per evitare l'isolamento del futuro esecutivo e continuare ricevere gli aiuti internazionali. Nonostante non ci siano ancora state dichiarazioni ufficiali sul fallimento dell'incontro di domani, da più fonti appare chiaro che l'insistenza di Fatah nel proporre la candidatura di Salam Fayyad, un candidato che Hamas non accetterà mai, è alla base del rinvio sine die . Secondo le dichiarazioni di Azzam al-Ahmed, capo delegazione di Fatah, confermate in un'intervista alla Reuters dal portavoce di Hamas Taher Al-Nono, è stato proprio Fatah a chiedere la cancellazione dell'incontro.
Azzam el -Ahmed ha anche affermato che "ci sono ancora differenze" e che le due parti "saranno in stretto contatto nei prossimi giorni per concordare una nuova data". Nonostante le ottimistiche rassicurazioni del rappresentante di Fatah, il rinvio allontana di nuovo la reale e concreta possibilità che un governo di unità sia creato in tempi rapidi.
Domenica da Gaza, dove si trovava per incontrare diversi leader dei gruppi palestinesi, Mustafa Barghouthi, segretario del partito Al Mubadara e deputato nel Consiglio Legislativo Palestinese, ha fatto appello a Fatah e Hamas, proprio pochi minuti dopo l'annuncio che il meeting era saltato, ad accelerare una "effettiva" riconciliazione.
(Near East News Agency, 20 giugno 2011)
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Nazismo: morto in Austria il croato Asner
Aveva 98 anni, accusato di uccisione di serbi, ebrei, rom
BELGRADO, 20 giu - Milivoj Asner, un croato criminale di guerra nazista accusato dell'uccisione e della deportazione di centinaia di serbi, ebrei e rom sul territorio della ex Jugoslavia, e' morto a 98 anni a Klagenfurt, in Austria. Asner - considerato uno dei criminali di guerra piu' ricercati dal Centro Simon Wiesenthal - e' deceduto per cause naturali in una casa di riposo dove viveva da tempo. Era accusato di aver partecipato attivamente alle deportazioni durante la Seconda guerra mondiale.
(ANSA, 20 giugno 2011)
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Nazismo, l'odissea dell'arte predata
La collezione di Emil Georg Bürhle è da brividi. Da Rodin fino a Cezanne passando per il meglio di Delacroix, Manet, Monet, van Gogh, Chagall, Braque... Ma i brividi li dà anche perché, produttore di armi svizzero e collaborazionista del regime hitleriano, Bürhle ottenne molti pezzi da ebrei perseguitati dal nazismo. Già nel '48 il governo inglese individuò ben 77 dipinti appartenuti a famiglie ebree, costringendo Bürhle a restituirli. La collezione è oggi al centro di una polemica. La Kunsthaus di Zurigo vuole esporne in deposito permanente 150 pezzi. Spetterà ai zurighesi, con un referendum, se accettare la collezione. E quindi riabilitare il suo fondatore. Il caso Bürhle è esemplare del fenomeno dell'arte espropriata, razziata o ceduta a forza durante il nazismo. In inglese si chiama looted art .
Dopo la caduta del Muro e l'apertura degli archivi, gli eredi di famiglie ebree deportate e sterminate hanno moltiplicato le richieste per riottenere il patrimonio. Nel 1998 quarantaquattro Stati hanno firmato la conferenza di Washington per la restituzione dei beni sottratti nell'era nazista. Il tema è d'attualità: a Milano, a Palazzo Turati giovedì prossimo si terrà un convegno internazionale, il primo del genere in Italia, con molti esperti, tra i quali Agnes Peresztegi della Commissione for Art Recovery, Howard Spiegler, presidente della Art Law Commission della Union Internationale des Avocats, Tullio Scovazzi, docente di Diritto Internazionale all'Università Milano Bicocca, il capitano dei Carabinieri Andrea Ilari, del Nucleo tutela patrimonio culturale di Monza. E altrettanti avvocati nordamericani.
Fin dagli anni 30 Hitler aveva pianificato di appropriarsi del meglio dell'arte europea. Lo scopo era realizzare nella "sua" Linz il Fürhermuseum , destinato a raccogliere l'immenso bottino. Le opere erano ottenute con metodi che andavano dal furto alla confisca. Molte furono acquistate - ma certo non al reale valore di mercato. Predatore bulimico fu Hermann Göring. Nel '45 aveva raccolto oltre 2000 pezzi come Venere e Cupido di Cranach, I due filosofi di Rembrandt e il Ritratto di giovane di Raffaello (tutt'ora disperso). Nel '44 ricevette come "dono di compleanno" la Danae di Tiziano da Capodimonte. Le cifre finali sono da capogiro: gli alleati nel '45 individuarono 1045 depositi per circa 700 mila oggetti. Alla base non c'era sempre un tragico, malinteso amore per il bello. Anche il lato economico contava. Lo stesso Göring rivendeva i quadri, pagati a poco, a prezzi stellari.
Gli ebrei per sopravvivere si ritrovarono a svendere i patrimoni familiari, che finivano presto sul mercato. E per fare cassa i nazisti non disdegnavano nemmeno l'arte degenerata . Dopo la guerra fu fatto un grosso sforzo per restituire i beni ai legittimi proprietari. In Italia De Gasperi incaricò Rodolfo Siviero di recuperare le opere sottratte sia dai tedeschi (fu lui a riportare nel 1947 a Napoli la Danae ) sia dal regime mussoliniano. «Le razzie fasciste furono odiose quanto quelle naziste - spiega lo storico Mimmo Franzinelli - ma non ci fu una programmazione analoga a quella hitleriana.
C'era piuttosto una persecuzione quotidiana, burocratica, il cui scopo era fare bottino, senza nessun interesse per un eventuale valore estetico o culturale». Ma già negli anni 50 lo zelo verso la looted art venne meno. Solo negli ultimi due decenni l'interesse è rinato. Certo la distanza dagli eventi concede una maggiore lucidità nell'affrontarli. Ma non si deve trascurare l'aspetto economico: molti quadri infatti finiscono direttamente in asta. L'Italia nel 1995 in L'opera da ritrovare pubblicò l'elenco di Siviero con i pezzi ancora mancanti all'appello. Nel 2001 sui soprusi patrimoniali subiti dagli ebrei con le leggi razziali tornò una commissione parlamentare guidata da Tina Anselmi. Il web poi ha facilitato la circolazione delle informazioni.
Nel 2008 Berlino ha messo online l'elenco dei pezzi destinati al Fürhermusem . E da maggio è attivo il portale della Commission for Looted Art in Europe che riunisce in un solo archivio i dati di Regno Unito, Francia, Belgio, Germania, Ucraina e Usa. Ma la restituzione è spesso problematica. «La legiferazione dei singoli Stati è molto carente» commenta Tullio Scovazzi. «Pochi Stati hanno adottato leggi ad hoc .
La più avanzata è quella inglese, l'Holocaust (Return of Cultural Objects) Act . Votato solo nel 2009». E l'Italia? «Non ha nessuna legge». E proprio il nostro Paese è coinvolto in un caso di restituzione negata. Nel 2009 i Carabinieri del Nucleo di tutela del patrimonio culturale di Monza ritrovano due dipinti trafugati dai nazisti nel 1943: i primi recuperi di looted art in Italia dagli anni 50. Il primo è un ritratto di Sustermans, felicemente consegnato alla Diocesi di Assisi, erede universale dello storico dell'arte Mason Perkins, l'antico proprietario. Il secondo è una tela di Bernardo Strozzi rubata all'intellettuale americano Charles Loeser.
Il quale, prima di morire, avrebbe poi donato parte della sua collezione agli Uffizi. L'autorità ne dispone la restituzione alla pronipote, Philippa Calnan. Ma nel marzo scorso il Tar lombardo nega la domanda di esportazione perché il termine entro cui la famiglia poteva reclamare i dipinti perduti è scaduto nel 2004. Per ironia, nel novembre 2010 proprio l'Italia aveva goduto di una restituzione.
Grazie infatti a l'Holocaust Act la cattedrale di Benevento ha riottenuto un Messale del XII secolo trafugato nel 1944 e finito pochi anni dopo alla British Library. A una prima rivendicazione nel 1978 fu risposto che per la legge inglese un oggetto deve essere reclamato entro sei anni dalla scomparsa. Nel 2009 grazie alla nuova legge la richiesta è stata riconosciuta. Il Messale è il primo oggetto restituito da l'Holocaust Act .
«Può sorprendere - dice Scovazzi - che l'opera non abbia nulla a che vedere con la Shoah. La legge però copre, con lungimiranza, un arco cronologico e un contesto: l'era nazista. Le ragioni giuridiche avanzate dalla British Library erano del tutto lecite. Ma qui, e a mio avviso giustamente, è stata preferita la ragione morale a quella strettamente legale. Credo che anche per l'Italia sia giunto il tempo di dotarsi una legge simile».
(Avvenire, 19 giugno 2011)
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Corteo contro Israele. I soliti insulti dei soliti estremisti
Insulti contro Israele e qualche timida contestazione a Pisapia, due sberle a un provocatore in camicia nera, ma per il resto quella corteo contro il governo di Tel Aviv, più che una manifestazione sembrava una processione. Merito dei tanti appelli alla calma e della mediazione degli uomini del sindaco incaricati di tenere i rapporti con i Centri sociali. Il corteo è partito alle 16 da Cairoli, antagonisti del Vittoria, immigrati arabi, pacifisti, partiti comunisti vari. Un migliaio di persone ha attraversato il centro fino a San Babila, dove è apparso un uomo con la maglietta della «X Mas». Due sberle ed è stato portato via dalla Digos. E la manifestazione è finita in gloria.
(il Giornale, 19 giugno 2011)
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Israele, crociera di gruppo a Cipro per matrimonio civile
Cerimonia collettiva, tentativo di battere un record Guinness
TEL AVIV, 19 giu - Oltre 150 coppie di israeliani hanno partecipato nei giorni scorsi ad una crociera di gruppo con destinazione Larnaca (Cipro) dove hanno contratto matrimoni civili.
La cerimonia ha avuto un carattere collettivo, anche nell' intento di battere un record Guinness che, secondo la stampa, e' detenuto da cittadini di Taiwan.
Per una parte di queste coppie il matrimonio a Cipro ha avuto un carattere di protesta laica nei confronti dell'establishment rabbinico. Il matrimonio civile non esiste in Israele, ma da molti anni e' riconosciuto a posteriori dal ministero degli interni se contratto all'estero, in una lista di 50 Paesi diversi.
Cipro rappresenta la soluzione piu' economica e piu' rapida. Secondo alcuni gruppi per la difesa dei diritti civili, la formula dei matrimoni civili interessa un numero crescente di israeliani. Fra questi: appartenenti a fedi religiose diverse o persone prive di una identita' religiosa.
(ANSA, 19 giugno 2011)
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Collaborazione fra Sochnut Italia e Regione Lombardia per i bambini affetti da autismo
Nuovo accordo Italia - Israele nell'ambito della ricerca scientifica. A darne la notizia il Centro di eccellenza per la diagnosi, la cura e la riabilitazione di bambini e ragazzi affetti da autismo infantile, da pluriminorazioni e da ritardo cognitivo di diverso grado, Villa Santa Maria, che ha annunciato la sottoscrizione di un importante accordo di collaborazione scientifica, con il Ministero della Sanità d'Israele, l'Università Ebraica di Gerusalemme, il Centro di riabilitazione infantile dell'Ospedale di Beersheva, la Fondazione Bracco e l'Asl della provincia di Como, per un progetto di ricerca dedicato a bambini affetti da disturbi dello spettro autistico e disturbi pervasivi dello sviluppo.
L'accordo è patrocinato dall'Assessorato alla Sanità della Regione Lombardia e dalla Sochnut Italia (Agenzia Ebraica per Israele) ed è stato reso possibile anche grazie al contributo di Confindustria Como.
L'Autismo è una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo biologicamente determinato, con esordio nei primi tre anni di vita. Le aree prevalentemente interessate sono quelle relative all'interazione sociale reciproca, all'abilità di comunicare idee e sentimenti e alla capacità di stabilire relazioni con gli altri. L'attenta osservazione di segni di allarme in bambini in tenera età (0-3 ani), con una rapida presa in carico dal punto di vista riabilitativo, contemporaneamente ai dovuti approfondimenti diagnostici, è alla base del progetto in atto, al fine di ridurre il più possibile il numero di bambini che sviluppano comportamenti problematici legati alla sindrome autistica ed ai disturbi pervasivi dello sviluppo.
La continuità e stabilità dei trattamenti abilitativi sono quindi la base essenziale per l'ottenimento di risultati migliori.
Gaetana Mariani Presidente e Direttore Generale di Villa Santa Maria ha sottolineato che "Questo accordo scientifico è per noi motivo d'orgoglio perché ci permette di collaborare con ricercatori e Istituti tra i più qualificati a livello mondiale. Questa, come tante altri iniziative che abbiamo messo a punto, sono mirate ad offrire ai nostri giovani pazienti e alle loro famiglie un percorso terapeutico di sempre maggiore qualità che si misura con le più importati esperienze internazionali."
All'incontro, hanno partecipato, il proessor Asher Ornoy, Capo Dipartimento sviluppo e riabilitazione del bambino nel Ministero della Sanita' d'Israele e Professore dell'Università Ebraica di Gerusalemme, Roberto Bollina, Direttore Generale Asl di Como, Giuseppe Castelli, Presidente del Centro internazionale di cultura scientifica Alessandro Volta - Como, e Ambrogio Taborelli, Presidente Confindustria Como.
L'esperienza di tanti anni di lavoro con i bambini autistici, in ambito riabilitativo, e la collaborazione nata da qualche anno con i migliori centri riabilitativi per bambini autistici in età precoce, in Israele, ha nutrito l'interesse nello sviluppare un lavoro mirato alla prevenzione dei più gravi disturbi legati alla sindrome stessa, finalizzato a favorire, per quanto possibile, la reintegrazione dei bambini nel sociale.
(Notiziario Ucei, 19 giugno 2011)
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Rinviato l'incontro Abu Mazen-Meshaal
Previsto domani al Cairo per annunciare governo unita' nazionale
GAZA, 19 giu - L'incontro previsto domani al Cairo tra il presidente palestinese Abu Mazen (Mahmud Abbas) e il leader di Hamas Khaled Meshaal è stato rinviato. Lo ha annunciato Ismail Haniyeh, premier del 'governo' di Hamas a Gaza, senza precisarne i motivi. Nell'incontro si doveva annunciare il nuovo governo di unità nazionale, e convinzione generale e' che causa del rinvio sia la mancanza di accordo sul prossimo premier. Al Fatah, la formazione di Abu Mazen, ha riproposto Salam Fayyad, ma Hamas rifiuta.
(ANSA, 19 giugno 2011)
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In Israele tutti pazzi per l'ebreo errante Dylan
Bob Dylan per la prima volta a Pechino. Il concerto del 6 aprile 2011 è stato un vero fiasco: invenduto un terzo dei biglietti
di Aldo Baquis
TEL AVIV - Nella torrida estate del 1971 l'assemblea generale del kibbutz di Neve' Eitan fu convocata per esprimersi sulla richiesta di un cantante americano che andava allora per la maggiore di essere ammesso come membro a tempo pieno. Le cronache raccontano che all'idea di trovarsi all'improvviso l'ingombrante Bob Dylan nella sala pranzo collettiva, quei pionieri storsero la bocca. Ne sarebbe andato della loro tranquillità. Il loro pacato ordine sociale, temevano, sarebbe stato sconvolto. Accadde così che Bob Dylan, ossia Robert Zimmerman, ossia Shabtay Zissel ben Avraham, fu respinto.
Svanita l'opportunità di dedicarsi alla semina dei campi nell'alta valle del Giordano, non gli restò che scrivere ballate che avrebbero fatto epoca e vagare per il mondo («with no direction home») con una chitarra in mano. Un moderno ebreo errante che, 40 anni dopo, torna a bussare alle porte di Israele.
Nel Paese si avverte adesso una «Dylan-mania» in attesa del concerto che il grande folksinger terrà lunedì. E questa volta per lui si apriranno non i cancelli del modesto kibbutz, bensì quelli del grande stadio di Tel Aviv, che si prevede sarà affollato in tutte le sue tribune malgrado l'esosità dei biglietti: da 50 a 200 euro.
La figura di Dylan, e in particolare il suo rapporto con le radici ebraiche familiari, attira l'attenzione dei mass media. Per certi versi, viene fatto notare, si tratta «del più celebre ebreo convertito del XX secolo»: non è forse vero che all'inizio degli Anni 80 abbracciò la fede evangelica? Che nei suoi concerti dissertava su Gesù e su visioni apocalittiche apprese sui testi cristiani? Altri in Israele preferiscono mettere l'accento su aspetti diversi della biografia di Dylan, un appassionato di questioni mistiche. Si menzionano allora i suoi incontri con il rabbino Schneerson della setta messianica dei Lubavitch, e si cita l'immortale «Highway 61», la celebre arteria che unisce Louisiana e Minnesota che, nelle strofe di Dylan, fa da sfondo al dialogo fra Abramo e l'Onnipotente nell'imminenza del sacrificio di Isacco. Lo stesso ricercatore della Cabbala Gershom Scholem, uno dei maggiori nel ramo, custodiva nella propria biblioteca testi di Dylan. Non sbagliava dunque il regista Todd Haynes quando, nel suo film «I'm not there», ha utilizzato sei attori diversi - fra cui Cate Blanchett - per rappresentare il poliforme e sfuggente Dylan.
La visita di Dylan in Israele sarà una toccata-e-fuga: atterrerà poche ore prima del concerto, e forse ripartirà al termine. Ha già fatto sapere di non volere telecamere allo stadio e ha vietato di registrare il concerto. Canterà 17 canzoni di varie epoche, un tuffo a ritroso nel tempo. Per sé ha chiesto sole scorte sufficienti di acqua minerale. La polizia ha comunque provveduto a misure di sicurezza rafforzate e, prevedendo che l'evento richiamerà la folla delle grandi occasioni, ai fans di Dylan è stato consigliato di raggiungere lo stadio solo con i mezzi pubblici.
Quale sia il suo giudizio aggiornato su Israele e sul futuro della pace con i palestinesi, non è noto. In passato (1983) Dylan fu duramente attaccato dalla sinistra radicale per aver scritto quel «Neighborhood Bully» in cui esprimeva profonda simpatia e comprensione per un Israele costantemente accerchiato da nemici crudeli.
I critici musicali avvertono che non è il caso di farsi soverchie illusioni. All'età di 70 anni la voce del bardo è ormai roca, gracchiante, forse addirittura sgradevole. Ricordano che il suo concerto di Tel Aviv nel 1987 fu un fiasco totale. Tornò nel 1993 - e allora i giornali scrissero che l'artista era venuto per «riparare» la cattiva impressione lasciata. Qualcuno si chiede per quale motivo continui ancora oggi a impegnarsi in stremanti tournée: certo non per impellenze finanziarie.
Eppure la febbre è egualmente alle stelle. Dalla radio militare israeliana, che ripropone senza tregua le canzoni dell'animatore delle lotte studentesche contro la guerra in Vietnam, un entusiasta del cantante ha sentenziato nei giorni scorsi: «Il mondo si divide fra quanti amano Dylan e quanti non lo amano. E fra quanti non lo amano, io personalmente non ho mai trovato alcuno con cui valesse la pena parlare».
(La Stampa, 19 giugno 2011)
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Al via una settimana di esercitazioni per le truppe israeliane
GERUSALEMME - Le forze armate israeliane hanno iniziato una settimana di esercitazioni durante la quale simuleranno attacchi diversi, fra cui una pioggia di razzi e missili sui centri nevralgici del Paese. L'esercitazione raggiungera' il suo apice mercoledi' quando la popolazione sara' chiamata a raggiungere i rifugi. L'esercitazione prevede tra l'altro la simulazione di un attacco alla Knesset, il parlamento di Gerusalemme .
(AGI, 19 giugno 2011)
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Come "non comprare dagli ebrei" e vivere felici (da troglodita)
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Cari amici,
dovete sapere che un mio conoscente ha chiesto informazioni su come boicottare Israele. E' una brava persona, ve lo assicuro, legge ogni mattina Repubblica e si sente insieme molto intelligente e morale assieme, la domenica va spesso in chiesa, quella giusta e "aperta", dove naturalmente gli vendono "Famiglia cristiana", che non ha il vantaggio di farlo sentire intelligente, ma conferma i suoi pregiudizi; nelle ultime elezioni ha votato dalla parte di Vendola sentendosi amabilmente trasgressivo e comunque sempre rigorosamente dalla parte giusta, quella della pace e del progresso dei popoli. Pensa che la sconfitta del comunismo sia stata una perdita per tutti, che l'Europa debba espiare per i suoi "crimini" contro il resto del mondo, e, non occorre dirlo, che l'acqua debba "restare pubblica".
Io ho pensato che se i suoi nonni hanno buttato fuori da tutte le scuole del regno mio padre e messo in un campo di concentramento mio nonno, per fortuna senza riuscire a deportarlo, anche lui ha diritto di cercare di affamare i miei cugini in Israele e magari di discriminare me. In fondo, sempre assassini di bambini siamo, no? Magari deicidi proprio no, ma certo infidi. E tutti troppo influenti sull'economia. Inoltre facciamo ai palestinesi le stesse brutte cose che Hitler ha fatto a noi, solo che lui era a casa sua, mentre noi... E allora ho cercato un po' di informazioni, così per aiutarlo nel suo giusto compito, giustamente antisionista, per carità, non antisemita. Insomma, buono. Ho raccolto informazioni e gli ho consigliato quanto segue, per eliminare tutto quello che viene fabbricato o è stato inventato in Israele ed essere completamente ariano come i suoi nonni.
Per i computer, gli ho detto di eliminare tutti quelli con chip Pentium e Celeron, con sistema operativo Microsoft. Sono stati progettati in Israele, pardon, nella Palestina occupata. Togliere tutti gli antivirus e i firewall. Non spedire né ricevere mail che dipendono da software ebraico. Far sparire i cellulari, pieni di brevetti ebraici, in particolare gli SMS, invenzione israeliana. Non rispondere a tutti i sistemi di posta vocale o segreteria virtuale. Non usare Facebook, non guardare video sui computer o sulla televisione on demand. Non usare e-books. Tutta roba contaminata. In futuro, niente auto elettriche. Fare attenzione a frutta e verdura, che in mezzo mondo sono coltivate con tecnologie israeliane (per dettagli )
Deve poi soprattutto fare attenzione ai medicinali, in particolare ai generici. La più grande azienda del mondo è in Israele. In particolare non usare cure per il cancro, né l'AZT contro l'Aids, né i dispenser di insulina per il diabete, né le cure per la sclerosi multipla, il Parkinson. Molto sospetti anche i trattamenti più moderni per enfisema, degenerazione maculare, epilessia, mal di cuore o di fegato, mieloma, allergie della pelle, trapianti di rene, molti vaccini. Altri dettagli qui .
Se deve boicottare davvero Israele, gli ho detto, gli conviene boicottare anche gli stati che ne hanno avuto assistenza nei disastri, per esempio di recente Giappone, Ghana, Cile, Nuova Zelanda, Vietnam Uganda, Kenia (tutti solo nel 2011), Maldive, Filippine, Romania, Camerun, Congo, Mississipi, Angola, Cina, Sudafrica (nel 2010, e lasciamo stare i precedenti. Per un po' di fatti in più, può guardare qui ).
Povero mio conoscente, tenersi a riparo dal contagio giudaico è molto difficile, me ne rendo conto. Rischia di ripiombare nel medioevo. Adesso però chiedo io a lui: c'è una singola cosa cui dovrei rinunciare, oltre ai giubbetti esplosivi per attentatori suicidi, se dovessi provare a boicottare la "Palestina" (o se per quello anche il mondo arabo in generale)?
(Informazione Corretta, 19 giugno 2011)
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Antisemitismo in Svizzera, 138 episodi nel 2010
BERNA - Lo scorso anno sono stati censiti in Svizzera 138 episodi di antisemitismo, 104 dei quali in Romandia, 34 nella Svizzera tedesca e uno in Ticino. Sono tuttavia cifre discrepanti, che dipendono dal diverso metodo di segnalazione dei casi.
Nella Svizzera tedesca la rilevazione viene effettuata dalla Federazione delle comunità israelitiche (FSCI) e della Fondazione contro il razzismo e l'antisemitismo (GRA), che oggi hanno pubblicato un rapporto congiunto. In Romandia invece il conteggio viene tenuto dal Coordinamento intercomunitario contro l'antisemitismo e la diffamazione (CICAD).
I 34 casi nella Svizzera tedesca si suddividono in 16 atti definiti "seri" e in 18 "preoccupanti", precisa il rapporto. Si tratta nella maggioranza dei casi di dichiarazioni scritte, quali lettere, articoli, graffiti e contributi nei media elettronici.
Nella Svizzera romanda, così come a livello mondiale, gli episodi di antisemitismo sono risultate in calo rispetto all'anno prima. In questa regione il rapporto rileva che gli episodi antisemiti coincidono spesso con i fatti violenti che si registrano in Medio Oriente.
(www.tio.ch, 19 giugno 2011)
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Nel cuore di Gerusalemme, la 'cartolina' musicale
L'anima musicale di Gerusalemme viene allo scoperto in un filmato curato da Kutiman, star del web che ha conquistato il successo attraverso le sue video-composizioni musicali. Ophir Kutiel, vero nome dell'artista israeliano, è diventato un idolo della rete nel 2009, quando ha composto una canzone inedita unendo pezzi di filmati di YouTube appartenenti a performance di singoli musicisti. Quel brano, chiamato ThruYOU, è stato visto da più di 10 milioni di navigatori. Nel caso del filmato che state guardando, invece, Kutiman ha ripreso direttamente i musicisti del posto, sfruttando suggestivi scorci della città con una colonna sonora su misura
(la Repubblica, 19 giugno 2011)
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"Assad è spacciato, superato il punto di non ritorno"
DAMASCO - Il presidente siriano Bashar al-Assad "ha superato il punto di non ritorno e non potrà più recuperare la sua legittimità": lo dice in un'intervista al quotidiano francese Le Figaro il ministro della Difesa di Israele, Ehud Barak.
"Dopo tre mesi e 1.500 morti - afferma - Assad ha perso la sua legittimità. È spacciato" Potrà reggere tre o sei mesi, ma ormai ha superato il punto di non ritorno e non potrà più recuperare la sua legittimità". Alla domanda se fosse una buona notizia per Israele, Barak risponde: "Se il popolo siriano può esprimere la sua volontà è una buona cosa. Non penso che il Paese finisca nelle mani dei Fratelli musulmani.
I siriani sono rimasti segnati dalla presenza francese. Sono in maggioranza laici". E poi se Assad cade "sarà un colpo molto duro all'Iran e a Hezbollah, un indebolimento significativo dell'asse sciita che va da Teheran al Libano. Il fatto che la Turchia abbia smesso di sostenere Assad è molto importante", conclude Barak.
(www.tio.ch, 18 giugno 2011)
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Alzheimer
Un 'impresa israeliana si è posta l'obiettivo di aiutare i pazienti di Alzheimer. Un suo prodotto è un nuovo programma che aiuta la memoria.
Fino ad oggi sono stati sviluppati dei buoni medicinali per limitare gli effetti della malattia di Alzheimer. Nonostante ciò il morbo resta inguaribile e la qualità di vita dei pazienti ne è compromessa. Per questo motivo qualsiasi tipo di aiuto è molto apprezzato. Si è scoperto che il decorso può essere influenzato a favore del paziente, soprattutto se la diagnosi avviene nello stadio iniziale della malattia. È proprio qui che interviene un nuovo programma elettronico sviluppato in Israele: esso può aiutare i pazienti di Alzheimer nello stadio iniziale o medio della malattia, a mantenere più a lungo e più efficacemente le loro capacità mnemoniche.
Il programma chiamato «Savion», scritto da terapisti israeliani di Alzheimer, offre uno stimolo cognitivo. Esso è stato messo alla prova nel Centro Melabev di Gerusalemme nel corso dell'ultimo decennio ed è stato continuamente migliorato sulla base delle conoscenze man mano acquisite. Un'ampia ricerca svolta dall'Università Ben Gurion del Negev ha dato i seguenti risultati: se il programma viene utilizzato almeno due volte alla settimana per un periodo di trenta minuti, dopo quattro settimane sono già visibili i primi miglioramenti delle capacità cognitive, linguistiche, mnemoniche e organizzative. Sono proprio queste le funzioni principali che i pazienti di Alzheimer perdono irrevocabilmente.
Nel Centro Melabev i terapisti cercano di motivare i pazienti di demenza a non arrendersi e a sfruttare ed esercitare regolarmente le capacità rimaste. Il nuovo programma, che offre soprattutto degli esercizi sotto forma di giochi, si è rivelato molto utile allo scopo e può essere adattato in modo individuale alle capacità del singolo paziente. Esso è uscito sul mercato in ebraico, inglese, russo e greco.
Grazie alle moderne tecnologie di comunicazione, persone in tutto il mondo possono accedere al programma e approfittarne. Attualmente sono in fase di produzione una sua versione in francese e una in arabo, mentre per il futuro si prevede che venga offerto anche in altre lingue.
(Chiamata di Mezzanotte, n.3 2011)
Il Centro Melabev
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Barak, 50% possibilità di negoziati prima di settembre
Piu' rigida la posizione del ministro in merito agli insediamenti in Cisgiordania, che i palestinesi chiedono di bloccare. ''Non c'e' modo di annunciare la fine delle nuove costruzioni - ha detto - C'e' mezzo milione di persone che vive li', che ogni settimana ha bisogno di un nuovo asilo''. A questo proposito, secondo Barak, dovrebbe essere l'Europa a dire ai palestinesi di ''essere realisti'', perche' ''e' questione di prendersi delle responsabilita'''. ''Se arriviamo a un accordo - ha proseguito - ci sara' un confine definito e se ci saranno costruzioni al di la' di quel confine concordato non devono preoccuparsi, sara' loro''. Per questo, a suo giudizio, ''non sono gli insegiamenti la vera questione quando si arriva al negoziato''.
Sulla proposta francese di ospitare i negoziati di pace, Barak ha affermato che Israele ''prendera' in considerazione ogni proposta'', ma la condizione e' che Hamas accetti i ''parametri del Quartettto per il Medio Oriente: riconoscimento di Israele, accettazione degli accordi precedenti, rifiuto del terrorismo con le azioni e non con le parole''. Infine Barak ha auspicato che i negoziati si svolgano a porte chiuse, per dare alle due leadership la sensazione di ''muoversi su basi solide e non di saltare in una piscina vuota''.
(Aki, 18 giugno 2011)
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Campionati Europei Under 21 UEFA 2013 - Scelta Israele
Israele è stata scelta come nazione ospitante dei Campionati Europei Under 21 UEFA 2013 durante la riunione del Comitato Esecutivo UEFA.
Anche se mancano più di due anni all'inizio del Campionato Europeo Under 21 UEFA 2013, il paese organizzatore della fase finale, Israele, è già in fibrillazione dopo il sorteggio per la fase di qualificazione che si è svolto a Nyon, in Svizzera.
Visto l'accesso diretto dei padroni di casa alla fase finale del torneo che si terrà dal 5 al 18 giugno, l'amministratore delegato della federcalcio israeliana ha partecipato al sorteggio in qualità di osservatore, senza per questo perderne in entusiasmo. "Siamo così su di giri che già essere presenti nella sala è stato come un sogno per noi - ha dichiarato Shilo a UEFA.com -. Abbiamo lavorato molto per portare la fase finale del torneo in Israele e abbiamo quasi stentato a credere ai nostri occhi quando abbiamo visto il nostro nome come paese organizzatore".
Il Comitato Esecutivo UEFA ha assegnato lo scorso 27 gennaio a Israele l'organizzazione del torneo del 2013. Per Shilo e il suo staff il ricordo è tanto fresco quanto bello. "Già in passato ci eravamo andati molto vicini, per quello eravamo molto tesi", ha dichiarato, ripensando al momento di assegnare per la prima volta a Israele la fase finale di un torneo UEFA.
"Ero al telefono ogni cinque minuti con il nostro presidente il giorno della decisione, e anche lui non stava nella pelle. Oggi, invece, non dovendo preoccuparci del sorteggio, o chiederci in che girone fossero Inghilterra e Germania, eravamo più rilassati. Siamo felici del lavoro svolto fin qui, ma resta ancora molto da fare in questi due anni e mezzo per assicurare un torneo memorabile".
Nonostante Israele non sia andata oltre la fase di qualificazione del torneo Under 21 del 2011, Shilo guarda ai buoni risultati ottenuti dal paese a livello di club come segnale della crescita del calcio israeliano. "Israele è competitiva in UEFA Champions League e UEFA Europa League grazie a Maccabi Haifa, Maccabi Tel-Aviv e Hapoel Tel-Aviv," ha dichiarato.
"Prima non capitava spesso di ascoltare la musichetta della Champions League, ma quando succedeva i bambini festeggiavano e sventolavano bandierine. L'Europeo Under 21 sarà una grande occasione di crescita per il calcio e un'opportunità per visitare Israele".
(UEFA.com, 18 giugno 2011)
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Pace e territori, una questione di buona volontà?
di Angelo Pezzana
Chi cerca la pace, non mi sto riferendo ovviamente agli auto-nominatisi pacifisti, antepone abitualmente ad ogni altra considerazione una frase ad effetto, 'la pace si fa con il nemico', sulla quale nessuno oserebbe dissentire. Con chi si dovrebbe fare, se non con il nemico? Peccato però che dopo la condivisa affermazione seguano molto raramente le indagini sulle intenzioni reali del nemico con il quale si vorrebbe fare la pace, partendo, per esempio, dalla domanda se il nemico cerca veramente un accordo con noi oppure dietro alle belle e rassicuranti parole non nasconda l'obiettivo per il quale ha iniziato a fare guerre, attentati, lanciato missili e via attaccando.
Israele, quando si è trattato di fare la pace, sul serio, può dimostrare la propria buona fede, si veda il trattato con Egitto e Giordania, ma aggiungerei anche l'uscita da Gaza, voluta dal 'falco' Sharon, in realtà la prova che anche un falco può mirare alla pace, persino in una occasione nella quale ha restituito un territorio senza trattative preliminari, senza condizioni di sorta. Oggi quella scelta viene criticata anche dai cosidetti pacifisti, ai quali non par vero di poter addebitare a Sharon un atto che sei anni fa fu giudicato invece una dimostrazione di buona volontà, consegnare un territorio privo di israeliani nel quale poter instaurare le basi di uno stato palestinese. In quell'anno, Sharon ne discusse con diversi esperti, di ogni parte politica, in molti credemmo che quel passo poteva essere coronato da successo ed essere seguito poi da accordi condivisi per quanto riguardava la Cisgiordania. Ricordo quanto Sharon fosse stato coivolto dai consigli del prof. Sergio Della Pergola sulla possibilità di trovare la soluzione del conflitto attraverso lo scambio di territori, norma applicata nella maggior parte dei conflitti senza che nessuna istituzione internazionale trovasse nulla da dire. Anzi, fu attraverso quel compromesso che molte paci furono firmate. Per Israele no, nessuna Onu, nessuna UE che ne richieda l'attuazione, chissà come mai questa proposta non è mai riuscita a diventare oggetto neppure di pubblica discussione, anche se quella dello scambio dei territori è sempre stata una delle proposte che invano il Governo israeliano ha cercato di affrontare con l'Autorità palestinese, da quell'orecchio non ci hanno mai sentito. Abu Mazen ha fatto di tutto per evitare di trovarsi a tu per tu con Netanyahu per discuterne, anche se aveva ottenuto il congelamento delle costruzioni per dieci mesi, un tempo nel quale però doveva essere talmente indaffarato se non ha incontrato la controparte nemmeno una volta. Ma gli stati fiancheggiatori dei palestinesi non l'hanno neppure notato, tanto erano presi dal 'problema delle colonie', non si sono accorti che la soluzione, quella sì pacifica e definitiva, sarebbe potuta arrivare proprio dallo scambio dei territori, ebrei di qua, arabi di là, niente più linea d'armistizio. Che non si tratti di disattenzione è provato, se ancora ce ne fosse bisogno, dal constatare la successione di avvenimenti dell'ultimo mese: anniversario della cosidetta Naqba, tentativo successivo di entrare in Israele da parte di masse di manifestanti ai confini nord e sud, il consiglio a Washington di Barack Obama a Bibi Netanyahu di ritornare alla linea verde del '67, tregua tra Hamas e Anp, da leggersi come resa della seconda alla prima, premessa per l'autoproclamazione di uno stato palestinese da costruirsi nello stile Gaza, con l'aggiunta di una 'primavera araba' dalle caratteristiche sempre più preoccupanti. Ebbene, nessuno, fra i commentatori dei nostri giornaloni sempre pronti a vivisezionare Israele, ha avuto l'onestà intellettuale di ricordare che se il conflitto non è ancora finito, ciò è dovuto al rifiuto arabo della partizione Onu del novembre 1947 della Palestina britannica in due stati, uno ebraico e uno arabo. Fu quel primo no all'esistenza dello Stato ebraico, al quale seguirono guerre che costarono la vita a ventitremila giovani soldati di Israele, morti nella difesa del proprio paese, a causare quel conflitto la cui responsabilità viene da decenni attribuita a Israele. Le parti si invertono, Golia riveste i panni dell'oppresso, mentre Davide è l'aggressore. A (dis)informare su quanto accade sono quasi sempre le stesse fonti, fra i tanti ricordiamo Rainews 24, Rai 3, RadioRai 1, Radiorai 3, Repubblica, Unità, Manifesto, ai quali si aggiungono non saltuariamente Il Sole24Ore, Corriere della Sera, Messaggero, Avvenire, gran parte dei siti internet dei giornaloni, in gara fra loro a chi è più sbilanciato nelle titolazioni e nella scelta delle immagini.
E' esagerato affermare che si tratta di un vero e proprio assalto a Israele?
(Informazione Corretta, 18 giugno 2011)
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Festival del cinema israeliano. Quindici pellicole alla Cineteca
MILANO - La Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea presenta a partire da domani presso la Sala Alda Merini della Cineteca italiana la quarta edizione della rassegna dedicata alla nuova cinematografia israeliana, curata da Paola Mortara e Nanette Hayon del CDEC e organizzata in collaborazione con Fondazione Cineteca Italiana e il Pitigliani Kolno'a Festival di Roma. Quindici titoli, per la maggior parte presentati in versione originale con sottotitoli italiani, in grado di rispecchiare l'estrema vitalità degli autori contemporanei israeliani, per proiezioni spesso accompagnate da incontri con registi e studiosi, come Maurizio De Bonis per la proiezione di Amos Oz.
(il Giornale, 18 giugno 2011)
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'Una sposa per Shalit', su Facebook linvito a rapire un'israeliana
TEL AVIV, 17 giu. - "Una sposa per Shalit": e' il macarbo umorismo di un gruppo Facebook creato da estremisti palestinesi in cui si invita a sequestrare una soldatessa israeliana che faccia da compagna al militare rapito da Hamas cinque anni or sono (che scadranno proprio la prossima settimana). A riferirlo e' il quotidiano israeliano Yediot Ahronot. Nella pagina campeggia anche un foto in cui compare una ragazza vestita da soldatessa israeliana in catene, a fianco di una palestinese armata e con la divisa delle Brigate Izz al-Din al-Qassam, braccio armato del gruppo islamista che controlla Gaza. "Dobbiamo rapire una militare, cosi' si sposeranno e ci regalaranno una nidiata di piccoli Shalit", e' lo sprezzante messaggio lasciato da un sostenitore del gruppo .
(AGI, 17 giugno 2011)
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Israele: Pronti a denunciare gli accordi con i palestinesi
ROMA, 17 giu. - Il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman ha avvertito oggi che Israele denuncerà gli accordi sottoscritti in passato con i palestinesi, inclusi gli Accordi di Oslo, se questi porteranno avanti il loro piano per ottenere il riconoscimento dello Stato palestinese dall'Assemblea generale dell'Onu, il prossimo settembre. Lo riporta il sito web del quotidiano israeliano Haaretz. "Il passo unilaterale alle Nazioni Unite significherebbe la fine degli Accordi di Oslo e costituirebbe inoltre una violazione di tutti gli accordi che abbiamo firmato fino ad oggi", ha detto Lieberman, che oggi a Gerusalemme ha incontrato la responsabile per la politica estera dell'Unione Europea, Catherine Ashton. Il capo della diplomazia israeliana ha anche detto che al momento non ci sono possibilità che i colloqui di pace con i palestinesi possano riprendere, a causa della posizione del presidente palestinese Abu Mazen. "Abu Mazen non vuole un accordo - ha detto - ma piuttosto uno scontro con Israele". "Si tratta di un suo interesse personale, anche se è contrario agli interessi dei palestinesi e molti palestinesi si oppongono a lui". Liberman ha comunque ribadito che Israele è pronto a riprendere i negoziati, e che la palla si trova ora nel campo palestinese.
(TMNews, 17 giugno 2011)
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Come la Siria organizzò la violazione dei confini israeliani
Nakba, ecco i documenti
di Dimitri Buffa
"La sicurezza militare e le autorità di polizia delle provincie di Ain-el-Tina e di Kuneitra, hanno l'ordine di concedere il permesso di passaggio ai 20 autobus il cui arrivo è previsto per domenica 15 maggio 2011 alle ore 10 senza alcuna interruzione e senza interrogare i passeggeri.
Gli autobus sono autorizzati a raggiungere le posizioni di difesa lungo la frontiera".
Sono le parole con cui inizia il documento in arabo firmato dal sindaco della città di Kuneitra in Siria. Pubblicato dal Daily Telegraph. Damasco in pratica ha mandato deliberatamente i palestinesi a morire ammazzati oltrepassando i confini di Israele.
Il documento è firmato da Khalil Mashhadieh, sindaco di Kuneitra e reca la data del 14 maggio. Si parla in esso di una riunione segreta tra il Vice Capo di Stato Maggiore delle forze armate siriane, generale Asef Shawkat, e dei capi delle agenzie dei servizi segreti militari siriani delle provincie lungo il confine israelo-siriano.
In questa riunione si sarebbe stabilito di organizzare 20 autobus per trasportare i palestinesi lungo il confine che separa la Siria da Israele. In un passo si legge che
"viene accordato alla folla di attraversare la linea di cessate il fuoco verso il territorio occupato di Majdal-Shams e di impegnarsi fisicamente con gli agenti delle Nazioni Unite posizionati lungo il confine.
Non vi sono obiezioni se alcuni colpi vengono sparati in aria dagli agenti di frontiera".
Il documento sottolinea infine che "i civili dovranno essere disarmati al fine di inscenare una protesta pacifica".
Nel documento non è però indicato il compenso di 1000 dollari a manifestante di cui hanno parlato i giornali israeliani, tra cui "Haaretz".
D'altronde appare sempre più chiaro che la Siria abbia organizzato le proteste per distogliere l'attenzione dei media internazionali dalla carneficina di manifestanti all'interno del territorio siriano. E quindi, era assolutamente indispensabile che ci scappassero i morti che poi purtroppo ci sono stati.
(l'Opinione, 17 giugno 2011)
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Per Erdogan il problema non è più Gaza ma la Siria
di Alma Pantaleo
La Turchia fa marcia indietro sulla Siria. L'Ihh, l'organizzazione fondamentalista turca che l'anno scorso sponsorizzò la flottiglia umanitaria verso Gaza che fu attaccata dalla marina israeliana, potrebbe sfilarsi dalla missione di quest'anno e non salpare nel mese di luglio. La motivazione ufficiale del ripensamento è la grave situazione dei rifugiati al confine con la Siria.
"Stiamo riconsiderando i nostri piani - ha detto al quotidiano Hurriyet Huseyin Oruc , uno dei dirigenti dell'organizzazione -. Non possiamo chiudere gli occhi davanti a quello che sta succedendo a un passo dai nostri confini. Ogni Paese ha il suo bilancio, dal nostro punto di vista gli sviluppi in Siria, un Paese che confina con noi sono importanti e critici". La decisione finale sarà nota a fine settimana, ma intanto un ruolo potrebbe averlo giocato la moral suasion di Ankara nei confronti delle Ong, mentre Israele parla già di un segnale positivo che potrebbe condurre alla ripresa dei rapporti.
Per il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan, Bashar Assad è sempre stato "un caro amico" (anche se solo e soltanto a parole) ma sembra che le cose adesso stiano diversamente e che anzi, il dietrofront sia il frutto di un vero e proprio calcolo.Il premier turco adesso definisce le politiche siriane una barbarie e ha anche dichiarato che la Turchia non può venire in aiuto della Siria nel Consiglio di sicurezza dell'Onu, se continua imperterrita con la sua repressione. Insomma, adesso Damasco è diventata la nuova Gaza , non solo perché rappresenta una minaccia per la politica estera di Ankara, ma soprattutto perché rappresenterebbe un pericolo per la Turchia stessa.
Il fatto che ogni giorno si consumino in piazza manifestazioni contro la repressione siriana la dice lunga. Solo pochi giorni fa Erdogan è stato riconfermato a capo del governo e i turchi si stanno con giusta ragione chiedendo quale linea adotterà il governo per far fronte a quanto stanno patendo i siriani, soprattutto perché i cittadini temono che la Turchia possa diventare, dato l'afflusso massiccio di profughi, una sorta di rifugio e di zona franca. Ed è decisamente l'ultima cosa di cui il Paese, che deve sforzarsi di mettere in atto la propria politica interna, ha bisogno.
La Turchia, poi, ha anche bisogno di prendere in considerazione un'altra possibilità, quella che il regime siriano potrebbe in futuro attaccare le aree dei ribelli curde e spedire un flusso di profughi in Turchia. Da parte sua, Erdogan, che ha subìto un duro colpo elettorale proprio per mano dei curdi turchi, non può del resto impedire che questi rientrino nel suo territorio se decidono di fuggire, dopo che ha concesso asilo agli altri cittadini siriani.
In questa situazione Ankara è costretta a prendere una posizione coerente contro la Siria, continuando ad applicare pressione su Assad e seguendo la strategia di Stati Uniti ed Europa (a cui si sono sottratte Russia e Cina) - che non credono più sia possibile raggiungere un compromesso con il regime siriano -, per costringere il presidente della Siria a fermare la repressione in atto e dare avvio a un periodo di riforme. Il timore della Turchia è che la vicenda della nuova flottiglia di Gaza possa distrarre l'opinione pubblica mondiale dalla questione siriana. E mentre gli americani stanno facendo pressione sui turchi per fermare la flotta, ma la pressione esisteva già prima che la rivolta in Siria esplodesse, la Turchia continua fermamente a chiedere a Israele un risarcimento per quanto successo al Mamara Mavi.
(l'Occidentale, 17 giugno 2011)
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A pochi giorni dalla partenza per Israele del gruppo EDIPI per il viaggio culturale "Nel cuore di Israele con Israele nel cuore" (21-28 giugno 2011 ) è stato confermato anche il programma definitivo del X Raduno EDIPI che si terrà a Gerusalemme nel giorno di shabbat del 24 e 25 giugno.
Il tema sarà quanto mai suggestivo: "57 A.D. l'apostolo Paolo scrive una lettera ai Romani... giugno 2011, l'Italia risponde". Nei due giorni al Kibbutz messianico di Yad Hashmonà, alla periferia di Gerusalemme, si alterneranno i seguenti relatori: Avi Mizrachi, David Lazarus, Michael Yaron, Tony Sperandeo, Angel Gerber, Tom Hess, Corrado Maggia e Ivan Basana.
Sono previste varie testimonianze tra cui quelle di Emma Benjamin e Rachel Netanel.
La coreografia musicale è stata affidata a Ellah Gorelik oltre ai complessi di Adonai Roi di Tel Aviv e Beit Emanuel di Jaffa.
E' prevista la partecipazione di un folto gruppo italiano (quasi cento persone) e di una calorosa ospitalità messianica.
Nella splendida coreografia del giardino biblico del Kibbutz avremo inoltre una cerimonia speciale per la benedizione matrimoniale ebraica di una coppia siciliana per l'occasione in viaggio di nozze con il gruppo EDIPI.
L'evento avrà un prologo il venerdì mattina con l'incontro dell'ex-vice sindaco di Gerusalemme David Cassutto e il presidente della comunità italiana che ci parleranno sul tema "Gerusalemme unica e unita capitale d'Israele". Inoltre il famoso archeologo biblico Dan Bahat presenterà il prossimo viaggio EDIPI 2012 "Camminando nella storia di Israele" tour di archeologia biblica. Questo incontro si svolgerà al tempio italiano di Gerusalemme a Rehov Hillel, l'antica sinagoga di Conegliano Veneto portata in Israele e ricostruita come tempio attivo per la comunità italiana di Gerusalemme.
(Edipi, 17 giugno 2011)
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Anche in Israele 'decolla' il low cost
Solo 100 euro a tratta per raggiungere Tel Aviv da Roma: è la nuova offerta della compagnia aerea Arkia che apre la stagione low cost anche in Israele.
Il vettore charter, tra i più affidabili del Medio Oriente, ha predisposto voli dal lunedì al venerdì, in partenza da Roma Fiumicino per la città israeliana, che risultano molto comodi per le soluzioni del long weekend che possono essere allestite dalle agenzie di viaggi.
Per le prenotazioni basta accedere al sito della compagnia e consultare la disponibilità di posti in tempo reale.
www.arkia.com - www.goisrael.it
(agenzia di viaggi, 17 giugno 2011)
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Freedom Flotilla
La marina israeliana si esercita a contrastare l'arrivo della nuova flottiglia per Gaza. La spedizione avverrà probabilmente a fine mese, a poco piò di un anno da quella che fu fermata con la forza dalle unità speciali dello stato ebraico e in cui morirono 9 attivisti filo-palestinesi.
Israele chiede agli organizzatori di far passare il loro carico via terra, ovvero dal suo territorio o attraverso l'Egitto, che ha da poco riaperto la frontiera con la Striscia, alleviando l'emergenza umanitaria degli abitanti.
"Le forniture stanno entrando a Gaza quotidianamente - afferma un alto esponente della marina militare israeliana -. Il blocco navale serve ad evitare che terroristi ed armi arrivino alle organizzazioni terroriste a Gaza."
Israele e gli Stati Uniti chiedono alla Turchia di non autorizzare la partenza della flottiglia. Se la spedizione avverrà ugualmente, scatterà l'abbordaggio delle navi, che verranno anche schermate per impedire che trasmettano informazioni.
(euronews, 17 giugno 2011)
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Israele-Turchia: rapporti sul filo del rasoio
Le elezioni turche appena celebrate sono per Israele «una prova ulteriore del fatto che la Turchia è un Paese democratico». Lo affermano funzionari del ministero degli Esteri di Gerusalemme, che a FocusMo spiegano: «Israele e Turchia sono gli unici fari di democrazia in Medio Oriente: per questo benediciamo ogni processo ed ogni elezione democratica». Le urne hanno decretato la riconferma, per il terzo mandato, del premier Recep Tayyip Erdogan: con lui, israeliani e turchi hanno conosciuto anni di relazioni eccellenti, ma negli ultimi tempi i rapporti diplomatici sono peggiorati drasticamente.
E ora la politica estera israeliana «aspetta le prossime mosse di Ankara». «Tendiamo a credere - affermano dal ministero - che non ci saranno grandi cambiamenti subito dopo la costituzione del nuovo governo. Tuttavia siamo ottimisti: il rapporto con la Turchia può tornare buono come quello di una volta, la rielezione di Erdogan potrebbe rappresentare una buona occasione. Ma il primo passo devono farlo i turchi: Israele non ha mai fatto nulla per deteriorare i rapporti con Ankara». L'affermazione potrebbe lasciare perplessi. La crisi diplomatica peggiore tra le due nazioni risale a circa un anno fa: all'affare della Mavi Marmara, il battello turco diretto verso Gaza con un carico di aiuti umanitari (e di attivisti turchi della controversa ong IHH), e intercettato a largo della Striscia con un blitz dell'esercito israeliano. Nove cittadini turchi morirono nell'operazione; Ankara ritirò il proprio ambasciatore da Tel Aviv e seguirono settimane cariche di tensione. Poi, lo strappo fu in parte ricucito, ma non senza strascichi. Ora una nuova Flotilla si prepara per salpare: una prospettiva che al ministero israeliano vedono come fumo negli occhi. «Speriamo con forza che questa partenza venga cancellata, che non si ripeta ciò che accadde nel maggio 2010. Anche allora, gli organizzatori dell'impresa sapevano a cosa sarebbero andati incontro. Filmati e immagini dimostrano che quei sedicenti pacifisti erano in realtà armati, e pronti ad affrontare i soldati israeliani. Non erano animati da intenti umanitari: volevano provocare». Da allora la situazione a Gaza è cambiata: «Oggi non c'è più nessun "assedio" di Gaza: merci e persone possono entrare e uscire. Rimane in vigore solo il blocco navale, per ragioni di sicurezza. E comunque eventuali aiuti umanitari possono arrivare - e già arrivano - agli abitanti di Gaza via terra». Nonostante il vice ministro degli Esteri, Danny Ayalon, abbia dichiarato: «C'è un'ambasciata turca da noi e c'è un ambasciatore israeliano ad Ankara», richiamando implicitamente il tempo vicino in cui a Tel Aviv era rimasto solo un incaricato d'affari turco, appare evidente che i rapporti tra i due Paesi, pur leggermente migliorati, continuano a procedere sul filo del rasoio. Ma dove ancora non arriva la diplomazia, arriva l'economia. «Il giro d'affari tra Israele e Turchia non è diminuito nemmeno nei momenti peggiori della crisi. I settori che vanno meglio sono quello metallurgico, tessile, automobilistico, agro-tecnologico». In particolare, le esportazioni dei kibbutz verso il mercato turco sono aumentate. A dirlo è l'Associazione delle Industrie dei Kibbutz (Kia), che ha pubblicato un resoconto da cui emerge che nel primo trimestre 2011 le vendite di prodotti alla Turchia sono cresciute del 12 per cento in confronto al 2010, raggiungendo la cifra totale di 28 milioni di dollari. «E' la prova che al di là della politica tra i due popoli c'è una grande amicizia», affermano i funzionari. Il commento sembra però troppo ottimistico: basta prendere in considerazione i dati del turismo, crollati verticalmente nel corso dell'ultimo anno circa. Gli israeliani che prima sceglievano a centinaia di migliaia la Turchia come meta per le proprie vacanze (fino a 500mila ingressi all'anno nei periodi migliori) oggi vanno altrove. «Non si sentono a proprio agio, né al sicuro, in Turchia», ammettono dallo staff del ministro degli Esteri, Avidgor Lieberman.
(FocusMo, 17 giugno 2011)
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Quando oltreconfine c'era la salvezza
Lo spettacolo "Portami di là" per ricordare la fuga degli ebrei e i loro salvatori
TIRANO, 17 giugno 2011 - I Pueri Cantores, con la loro direttrice Patrizia Fabbri, hanno presentato il grande spettacolo teatrale "Portami di là
", tratto da vicende realmente accadute in provincia di Sondrio e in particolare a Tirano durante la Seconda guerra mondiale. Si incentrano sulla figura dell'agente di polizia Mario Canessa e di altre persone protagoniste nelle vicende tiranesi negli anni cruciali 1943-1944. Tantissimi hanno voluto partecipare alla realizzazione dello spettacolo che è anche un rituffarsi nella memoria di una Tirano poco conosciuta ai più giovani. Già il biglietto di ingresso, un facsimile di una tessera annonaria del tempo, fa scivolare lo spettatore nel buio periodo del conflitto: lo introduce nella disperazione delle migliaia di persone che sono dovute "andare al di là" del confine per convinzioni politiche o semplicemente per odio nei loro confronti. Un piccolo spaccato dell'Olocausto che ha colpito gli ebrei ed è passato anche per la Valtellina. Così i Pueri cantores di Tirano con il coro Cime di Redasco di Grosio hanno potuto mettere in scena, grazie alla loro direttrice e maestra, uno spettacolo educativo e della "memoria".
Ed ecco che inizia la storia con lo "strano coraggio" di Mario Canessa insignito dell'onorificenza di "Giusto fra le nazioni" dallo Stato di Israele e anche, da poco, della cittadinanza onoraria di Tirano. «Mi dissero solo - ricorda Canessa nel suo libro - devi portare delle persone di là. Macchè eroe, tutti quanti lo facemmo o l'avremmo fatto. Neanche io credevo di combinare chissacchè. Ma la cosa giusta sì: portarli di là, in Svizzera». Siamo poco prima del Natale del '43, quando a Canessa viene affidato un bambino di appena nove anni e la nonna di ottant'anni nascosta in una gerla portata a spalla da Pietro Vettrici di Baruffini. L'elenco di persone "portate di là" da Canessa mette in fila ben 134 nomi. Ma quanti si intrecciano in questa vicenda: due ufficiali dei carabinieri di Aprica, Luigi Tosetti e Bruno Pilat, lo svizzero Plinio Zala e Celso Paganini.
Per non dimenticare i Pueri Cantores hanno recitato, cantato e ballato: hanno passato un confine ideale fra la barbarie, il razzismo e la discriminazione per riscoprire umanità, fratellanza e compassione. Il progetto ha avuto il sostegno del Comune e dell'assessore alla Cultura Bruno Ciapponi Landi: "Abbiamo voluto inserire questo evento - ha detto - nei festeggiamenti dei 150 anni dell'Unità d'Italia, perché l'argomento tocca da vicino la nostra terra e ci unisce con un filo rosso a quelle che sono state le vicende internazionali che hanno scosso il mondo in quegli anni tristi: qui c'era la speranza". Hanno collaborato alla manifestazione il pianista Maurizio Fasoli e lo storico Andrea Tognina. "Erano momenti difficili - ha detto Tognina - si sono susseguiti atti di coraggio ad atti di vigliaccheria. Non sempre purtroppo le guardie di confine svizzere facevano passare i perseguitati anche se, in Val Poschiavo, la cosa è stata molto meno accentuata rispetto al Ticino".
(Il Giorno, 17 giugno 2011)
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Milano - Noa e Grossman, Words and Melodies
di Francesca Olga Hasbani
David Grossman e Noa: i due protagonisti al Teatro Nuovo di Milano, in Piazza san Babila, il 15 giugno per la rassegna economico-culturale di Unexpected Israel. Una serata che ha richiamato numerosi curiosi e appassionati dei due autorevoli esponenti della società israeliana e che ha saputo esser un'occasione inedita di incontro tra formule creative che, da diverse angolature, esprimono le radici di una storia comune. Un faccia a faccia in cui si sono alternate letture di David Grossman e storie cantate da Noa. Per la prima volta la musica e la scrittura di questi due artisti si intrecciano per raccontare il volto di un Paese che favorisce il dialogo e lo scambio tra culture diverse.
A seguito dei saluti del nuovo assessore alla cultura Boeri e dell'ambasciatore israeliano Gideon Meir, che hanno sottolineato l'importanza di poter iniziare una lunga amicizia tra Israele e Milano basata sulla cultura, il celebre scrittore e la cantante si intervistano a vicenda. Noa domanda a David quando nacque la sua passione per la terra italica, lo scrittore racconta di quando negli anni '80, si trovava in un piccolo paesino del meridione, e passeggiando, passò casualmente davanti a una libreria, vide un suo libro. "Non avrei mai potuto immaginare di emozionarmi tanto, e soprattutto di realizzare che, per quanto appartenessi a una generazione che è cresciuta con quell'opinione comune sfavorevole ad Israele, le mie parole erano ascoltate, viaggiando oltre il mare, giungendo in quel piccolo paese, dove qualcuno si sarebbe ricordato dei miei messaggi" ci spiega.
Tra le soavi note di
"Beautiful that way" , Noa coinvolge il pubblico con l'emozionante canto, ricordando l'importanza di dimenticare le sofferenze, perché la vita è bella. La cantante di origine israeliana, proveniente da una famiglia yemenita con alle spalle quindici anni trascorsi negli Stati Uniti, spiega di come lei si senta una cittadina del mondo: "Quando scrivo una canzone, la scrivo per il popolo del mondo, per il tempo di una melodia riusciamo a comprenderci, ad amarci" ci racconta. Curiosamente Noa confessa a David la prima volta che lesse un suo libro. Era giovanissima, ed era il primo che leggeva in ebraico, stava cercando un modo per legarsi al suo paese di nascita, e lo trovò nella lingua, e soprattutto, nella lettura dei libri di David. Si commosse, e come molti altri lettori si lasciò trasportare tra le parole di "Ci sono bambini a zig-zag".
Grossman le spiega che la musica è come la scrittura, un'arte che attraverso il suo eco riesce a giungere all'anima, che sa farsi ascoltare, ricordandole di aver sempre ammirato tanto quella sua toccante voce in grado di unire la gente. Perché l'importanza nel mondo, spiega lo scrittore, è quello di riuscire a fare ascoltare la propria voce, con ogni mezzo. Il suo sono le parole. La prima volta che scrisse un libro lo fece perché provò l'irrefrenabile bisogno di esprimere l'emozioni che gli bruciavano dentro, come un grido che chiedeva di essere emesso. Scrisse per se stesso, scrisse per capirsi, per osare dire ciò che avrebbe negato nella realtà. Erano parole dure, sentenze, come se la voce di un personaggio fosse quella della coscienza. Ricorda quando pochi mesi dopo la morte di suo figlio si trovava in un paese sardo, e passeggiando entrò in una chiesetta. Un uomo lo riconobbe. Non sapeva chi fosse, era uno sconosciuto, eppure, egli gli si avvicinò, dicendoli che ogni settimana accendeva un lume in ricordo di suo figlio Uri. David rimase molto colpito e toccato da quel signore, non avrebbe mai immaginato di trovare così lontano da casa una compassione così sincera per la sua perdita. Era riuscito a farsi capire, un uomo aveva ascoltato le sue parole.
L'arte e la cultura sono la via per l'unità, i due artisti, raccontandosi a vicenda, hanno spiegato quanto sia importante riuscire a richiamare e ad unire i popoli nel segno della pace e della conoscenza. Senza dubbio la serata "Words and Melodies" è riuscita ad inviare un messaggio di pace importante e superiore a qualunque contrasto, come canta Noa " Sorridi, senza una ragione, Ama, come se fossi un bambino, sorridi, non importa cosa dicono, Non ascoltare una parola di quello che dicono perché la vita è bella così".
(Notiziario Ucei, 16 giugno 2011)
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Lombardia e Israele per i bambini autistici
di Paolo Beneventi
Al margine del Business Forum Italia-Israele, di cui si è molto parlato in questi giorni per gli affari e la tecnologia, ma anche per le questioni di sicurezza, sono state poste le basi per un progetto comune con la Regione Lombardia in favore dei bambini autistici: «L'intesa coinvolge Villa Santa Maria, l'Università Ebraica di Gerusalemme, il Centro di riabilitazione infantile dell'Ospedale di Beersheva, la Fondazione Bracco e l'Asl della provincia di Como».
Gli autori della ricerca hanno riferito che il 30% di quei bambini con fratelli maggiori affetti da autismo accusavano ritardi nelle tre aree studiate, contro solo il 5% in un gruppo di controllo (bambini i cui fratelli non soffrivano di autismo). (...) Dopo l'età di quattro anni e mezzo, la maggioranza di quei bambini riusciva a chiudere il gap tra il loro sviluppo e quello di altri bambini della stessa età con fratelli dotati di sviluppo normale, eccettuato qualche piccolo ritardo nelle capacità verbali».
(Bambini Oggi, 16 giugno 2011)
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Terrorismo - Al Zawahiri sul trono del terrore: avanti con Jihad
L'ascesa al vertice di Al Qaida annunciata in un comunicato
DUBAI, 16 giu. - Il medico egiziano Ayman al Zawahiri è il nuovo capo di al Qaida, pronto a proseguire la jihad contro americani e israeliani. L'annuncio dell'incoronazione del successore di Osama bin Laden alla guida dell'organizzazione terroristica islamica più temuta al mondo, è stato dato con un comunicato diffuso oggi sui principali siti islamisti.
Considerato il "cervello" di Al Qaida, Ayman al Zawahiri - che compirà 60 anni fra pochi giorni e sulla cui testa pende una taglia da 25 milioni di dollari del Dipartimento di stato americano - è stato designato "dopo consultazioni" dal "comando generale di al Qaida".
Sotto la guida del suo nuovo leader, Al Qaida si impegna a proseguire la guerra santa contro gli Stati Uniti e Israele. La rete terroristica porterà avanti "la jihad contro gli apostati che aggrediscono la terra dell'islam, guidati dai crociati americani e dai loro accoliti israeliani". "Faremo loro la guerra con tutte le nostre forze ed esortiamo la nazione islamica a combatterli (...) in tutti i modi fino alla cacciata di tutti gli eserciti invasori dalle terre islamiche e all'instaurazione della sharia".
Come il fondatore di Al Qaida - Osama bin Laden, ucciso lo scorso 2 maggio dalle forze speciali Usa in un blitz ad Abbottabad, in Pakistan - anche al Zawahiri vive alla macchia da 10 anni, all'indomani degli attentati dell'11 settembre. La moglie, il figlio e le due figlie sono stati uccisi nel corso di raid aerei americani a Kandahar.
(TMNews, 16 giugno 2011)
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Fiamma Nirenstein: "Obama deve facilitare il processo di pace, non confonderlo"
di Simone Nastasi
Nel suo partito il Popolo della Libertà Fiamma Nirenstein è considerata il più strenuo difensore dello Stato di Israele e del suo diritto di esistere. Ha sempre difeso le scelte del governo israeliano anche quelle più impopolari come l'attacco alla nave Marmara o la scelta di rispondere ai razzi di Hamas con la forza, bombardando la striscia di Gaza che dal 2007 è governata dal partito fondamentalista.
Oltre a sedere in Parlamento la Nirenstein è anche analista delle relazioni internazionali con una specifica attenzione per gli scenari mediorientali . Le sue principali preoccupazioni si concentrano sulle minacce che riguardano lo stato di Israele, prima tra tutte l'estremismo di alcuni gruppi fondamentalisti.
Oltre ad Hamas ed Hezbollah che governano rispettivamente la striscia di Gaza e in Libano, nella lista sono presenti anche Stati come l'Iran governato da Ahmadinejad, i cui propositi negazionisti e aggressivi nei confronti di Israele sono noti da tempo.
L'Iran è sotto la lente della comunità internazionale per i suoi propositi nucleari e per i finanziamenti alle organizzazioni che minacciano l'esistenza dello Stato ebraico. La comunità internazionale guidata da Stati Uniti e Israele considera sia Hamas che Hezbollah non partiti politici ma vere e proprie organizzazioni terroristiche, foraggiate dall'Iran ma anche dalla Siria.
Hamas da pochi giorni ha trovato l'accordo con Fatah, partito fondato da Arafat e considerato in Occidente l'unico interlocutore politico rappresentante la causa palestinese. Il rapporto tra i due partiti è sempre stato caratterizzato da un odio reciproco culminato nel violento conflitto del 2007 dal quale Hamas è uscito vincitore.
Fiamma Nirenstein, come altri dentro e fuori il suo partito, ha visto con preoccupazione l'accordo tra Hamas e Fatah, considerandolo un passo indietro nel processo di pace tra Israele e gli Stati arabi. L'accordo tra le due forze politiche palestinesi è stato anche l'argomento principale di un convegno organizzato a Roma dall'associazione Summit e la fondazione Magna Charta.
- L' associazione che lei ha fondato, Summit, ha organizzato un incontro in cui si è parlato degli accordi tra Hamas e Fatah che preoccupano lo stato di Israele. Hamas e Fatah in precedenza erano fazioni contrapposte, adesso sono tornate insieme. Perché è così preoccupante?
Hamas e Fatah sono legati dal medesimo sentimento di eccitazione per i fatti che hanno caratterizzato la primavera araba. Non bisogna dimenticare che Hamas è un'organizzazione terroristica che vuole la distruzione dello stato di Israele. Hamas è legato all'Iran insieme ad Hezbollah che governa in Libano. Adesso Israele rischia di rimanere chiuso nella morsa a Nord dal Libano, a sud nella striscia di Gaza. Il popolo arabo celebra contro Israele la Nakba che significa "tragedia" in riferimento alla nascita dello stato ebraico. E la Naksa, "giorno della sconfitta" nella guerra dei Sei giorni, le cui celebrazioni sono attuali. In entrambe i casi i popoli arabi si spingono ai confini con Israele tentando di violarli. ( Durante le celebrazioni della Naksa sono scoppiati violenti scontri tra esercito israeliano e manifestanti radunati sulle alture del Golan. Il bilancio è stato pesantissimo: 23 i morti e 200 i feriti).
- Lei ha parlato della primavera araba. Quale è il significato che Israele assegna a quanto accaduto e sta accadendo in alcuni Stati dell'Africa settentrionale e del Medio Oriente?
Se tali Paesi si orientassero verso la democrazia sarebbe una vittoria per tutti. Alle masse arabe che si sono rivoltate è stato insegnato che Israele e l'America sono un male contro cui combattere. Il desiderio di libertà di questi giovani può quindi correre il rischio di subire una deviazione. L'esempio di quanto dico è l'Egitto. Mubarak, che era un amico degli occidentali, aveva vietato i Fratelli Musulmani . Adesso che Mubarak non c'è più gli accordi di pace firmati da Begin e Sadat rischiano addirittura di essere rivisti.
- Il presidente israeliano Shimon Peres in un'intervista al Corriere della Sera non ha parlato di rischi però. Perché?
Peres è un pacificatore e penso che alla fine abbia ragione. Tende una mano, fa il suo mestiere. I palestinesi devono smettere però di chiedere il ritorno dei profughi addossando le colpe delle persecuzioni unicamente allo stato di Israele. Il popolo palestinese venne perseguitato anche dagli stati arabi.
- Il presidente si è detto convinto che alla fine la Palestina riuscirà ad ottenere il riconoscimento di uno Stato tutto suo. Anche lei è di questo parere?
Le condizioni sono che lo Stato palestinese sia smilitarizzato, cioè che non abbia un proprio esercito. Io penso che alla fine accetteranno. I problemi però riguardano anche altri aspetti
- Quali?
Non solo il riconoscimento dello stato israeliano ma anche la suddetta questione dei profughi e la città di Gerusalemme. Gli arabi reclamano la città Santa, la parte cosiddetta di Gerusalemme Est. La città per anni è rimasta nel controllo di Israele che ha permesso il rispetto delle libertà religiose. La mia proposta è quella di concedere agli arabi un potere amministrativo che sia collegato però ad un'autorità centrale detenuta da Israele.
- Durante il convegno intitolato "gli accordi Fatah-Hamas: quali rischi per Israele", si è parlato anche del presidente Obama e della sua ultima richiesta, poi rettificata, di tornare ai confini del 1967. L'azione di Obama è stata considerata da molti in Occidente un po' troppo timida nei confronti dei fondamentalismi islamici arabi e di stati a loro vicini come l'Iran. Quale ruolo spetta al presidente degli Stati Uniti?
Obama avrebbe dovuto facilitare il processo di pace e non confonderlo come affermazioni di ambigua posizione come la richiesta sui confini, poi rettificata dinanzi ad un'associazione ebraica negli Stati Uniti, oppure sugli insediamenti israeliani. Il ruolo degli Stati Uniti è importante anche in sede Onu. E'inimmaginabile che la mozione presentata dall'Autorità Palestinese alle Nazioni Unite per il riconoscimento unilaterale della Palestina, possa essere approvata. In questo modo verrebbe misconosciuta la Risoluzione 242.
- Se ci fosse stato un repubblicano alla Casa Bianca sarebbe accaduta la primavera araba ?
Penso di sì. Bush guardava con favore la democratizzazione delle dittature arabe. Avrebbe condizionato gli aiuti economici al rispetto di alcuni parametri democratici, quello sì. Il problema non è la "primavera araba" ma chi governerà dopo che i dittatori non ci saranno più. Non c'è alcuna certezza sul grado di affidabilità di coloro che governeranno in Egitto, in Tunisia e in Libia.
(Informazioneweb, 16 giugno 2011)
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Gerusalmme meglio di Venezia per utenti TripAdvisor
La città è l'unica città mediorientale ad essere presente in questa classifica
Gerusalemme supera Praga, Venezia e San Franciso nella classifica delle 25 destinazioni Top del 2011 stilata dagli utenti di TripAdvisor, posizionandosi tredicesima. Ma soprattutto ottiene un altro primato: è la sola città mediorientale ad essere presente in questa classifica, se si esclude il sito archeologico di Petra posizionato al 24o posto.
"Di Gerusalemme sicuramente si devono visitare i luoghi più importanti, ma anche si deve avere il tempo di camminare per le strade, immergendosi nella vita quotidiana di un luogo così antico e da sempre venerato" sottolinea il sito. Particolarmente evidenziati e menzionati risultano il Muro Occidentale, il Monte del Tempio ed il centro visitatori della Città di Davide.
Sul podio della classifica di Tripadvisor ci sono Cape Town, Sidney e Machu Picchu.
(Clicknews, 16 giugno 2011)
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Ong turca potrebbe non partire con la nuova FreedomFlotilla-2
Ufficialmente a causa di un'emergenza umanitaria al confine siriano
La Ihh, la ong turca che l'anno scorso sponsorizzò la flottiglia umanitaria verso Gaza che fu attaccata dalla marina israeliana potrebbe sfialrsi dalla missione ndi quest'anno, la cui partenza è attesa per luglio. La motivazione ufficiale del ripensamento è la grave situazione dei rifugiati al confine con la Siria. "Stiamo riconsiderando I nostri piani - ha detto al quotidiano Hurriyet Huseyin Oruc, uno dei dirigenti della ong - Non possiamo chiudere gli occhi davanti a quello che sta succedendo a un passo dai nostri confini. Ogni Paese ha il suo bilancio, dal nostro punto di vista gli sviluppi in Siria, un Paese che confina con noi sono importanti e critici". La decisione finale sarà nota a fine settimana, ma intanto un ruolo potrebbe averlo giocato la moral suasion di Ankara nei confronti delle Ong, mentre Israele parla già di un segnale positivo che potrebbe condurre alla ripresa dei rapporti. Il 30 maggio dello scorso anno la Mavi Marmara, la nave turca della Ihh che faceva parte della Freedom Flotilla, un convoglio umanitario di sei navi in rotta per Gaza, fu attaccata dalla Marina israeliana mentre si trovava in acque internazionali. Nell'assalto morirono nove persone, tutti cittadini turchi. L'episodio ha segnato una grave frattura nei rapporti fra Israele e Turchia, con Ankara che ha richiamato l'ambasciatore lasciando a Tel Aviv solo un incaricato d'affari. Per chiarire l'accaduto è atteso per luglio una rapporto delle Nazioni Unite. Il ministro degli Esteri, Ahmet Davutoglu, aveva provato nelle scorse settimane a dissuadere l'ong di matrice islamica dalla partenza, sostenendo che l'apertura del valico di Rafah, al confine fra la Striscia di Gaza e l'Egitto, ha migliorato le condizioni della popolazione palestinese e che il viaggio non era più così necessario. La Ihh però aveva risposto he era sua ferma intezione partire, mentre il presidente Abdullah Gul aveva avvertito che fermare la missione non è nei poteri dello Stato. Secondo il quotidiano Hurriyet, da settimane vanno avanti colloqui fra l'ambasciatore israeliano, Gaby Levy e dirigenti del ministero degli Esteri di Ankara. Sempre Hurriyet cita fonti diplomatiche israeliane che definiscono la possibile decisioend i non partire "una finestra di opportunità" per la ricomposizione dei rapporti. "La cancellazione del viaggio della Mavi Marmara aprirebbe certamente alla possibilità di normalizzare le relazioni - ha detto la fonte a Hurriyet -. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha già dato un segnale positivo lodando la demodrazia turca subito dopo il risultato delle elezioni". "A volte - ha concluso la fonte - c'è bisogno solo del momento e dell'atmosfera giusta. Questo potrebbe essere il momento giusto". La Mavi Marmara dovrebbe fare parte della Freedom Flottiglia 2, diretta sempre alla Striscia di Gaza e che partità il prossimo 27 giugno da acque internazionali, in comagnia questa volta di ben altre 21 navi.
(TMNews, 16 giugno 2011)
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San Severino: il consiglio dice sì alla cittadinanza onoraria ai fratelli di Segni
Il Consiglio comunale di San Severino Marche ha votato all'unanimità la concessione della cittadinanza onoraria ai fratelli Frida, Elio e Riccardo Di Segni, quest'ultimo rabbino capo di Roma, discendenti di una famiglia ebrea che, sfollata dalla Capitale, venne ospitata in città fra gli anni 1943 - 1944 in un'abitazione di proprietà della famiglia Strampelli, sita in località Serripola.
Qui il capofamiglia, Mosè Di Segni, un noto medico, prestò tantissime cure alla popolazione civile ed a chi era impegnato nella Resistenza quale componente del Battaglione Mario. Già sostenuta dalla locale sezione dell'Anpi, intitolata al capitano Salvatore Valerio, la richiesta di conferimento della cittadinanza onoraria è stata presentata all'Assise cittadina dal sindaco, Cesare Martini, il quale ha ricordato: "Dalle toccanti memorie dei figli del dottor Mosè: Frida, Elio e Riccardo, ma anche da altre testimonianze raccolte in queste ultime settimane, non ultima quella del Vescovo di Ancona, monsignor Edoardo Menichelli, che condivise con i fratelli Di Segni gli storici avvenimenti, emerge un sincero e profondo legame con San Severino Marche che non solo è rimasto immutato negli anni, ma che si è rinnovato nel corso delle manifestazioni ufficiali già ospitate in città e che, di recente, si è arricchito del dono di un manoscritto del dottor Mosé Di Segni, una sorta di diario inedito sull'attività e sui combattenti del 1o Battaglione Mario e sulla lotta partigiana per la Liberazione delle Marche. Tale documento - ha sottolineato il sindaco Martini - ha un grandissimo valore per la storia locale".
La cerimonia di conferimento della cittadinanza onoraria si terrà a San Severino Marche nel mese di ottobre.
(vivere civitanova, 16 giugno 2011)
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Si rafforzano le sinergie tra Italia e Israele
di Matteo Gualdi
Si è conclusa nei giorni scorsi la visita in Italia del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, che era giunto accompagnato da otto ministri del suo governo per una visita che è stata indubbiamente un grande successo. D'altra parte non è un caso che l'Italia sia il secondo paese europeo per interscambio con Israele, come testimoniano gli oltre 500 incontri economici durante la visita di Netanyahu, ed i ben otto nuovi accordi siglati, dalla cultura al lavoro, dalla ricerca scientifica al turismo, e questa sintonia è dovuta soprattutto alla condivisione di principi e valori comuni.
La vicinanza tra Italia ed Israele è testimoniata non solo dalla sintonia eccezionale tra i due governi, ma anche dall'affetto che unisce il popolo italiano e quello israeliano, come dimostra il successo della manifestazione di Milano «Israele che non ti aspetti», che, nonostante il tentativo di boicottaggio da parte di frange dell'estremismo di sinistra, si sta dimostrando un grande successo.
Così, se da un lato il Presidente Berlusconi ha ribadito con assoluta chiarezza la posizione dell'Italia nei confronti della questione israeliano-palestinese, confermando che «siamo stati e saremo sempre al vostro fianco perché Israele è l'unica vera democrazia di tutta la regione», dall'altro Netanyahu lo ha omaggiato con una dichiarazione eloquente: «Non abbiamo amico migliore».
L'amicizia dell'Italia è particolarmente importante per il governo di Gerusalemme, non solo perché il governo di Roma svolge un ruolo fondamentale per tutelare in ogni sede la sicurezza dei nostri amici israeliani, ma anche perché è sempre in prima linea nel denunciare senza ambiguità i pericoli che il governo di Gerusalemme si trova ad affrontare, primo fra tutti quello iraniano. Il presidente Berlusconi lo ha detto ancora una volta chiaramente: «Condivido le preoccupazioni del presidente Netanyahu visto che ormai è certa la fornitura di armi da parte dell'Iran a Hezbollah e in Palestina ad Hamas»; ed ancora una volta Netanyahu lo ha ringraziato per la sua «posizione chiara». Una cosa di cui il presidente israeliano ha particolarmente bisogno, in un momento in cui la posizione del principale alleto, gli Stati Uniti dell'Amministrazione Obama, sembra essere sempre più ambigua, debole con i nemici e intransigente con gli amici, come ha dimostrato il presidente americano col suo discorso del 22 maggio scorso.
Per questo è particolarmente importante che Israele sappia che l'Italia è al suo fianco nella difficile lotta contro il fondamentalismo islamico, incarnato nella regione da quelle forze, come Hamas ed Hezbollah, che minacciano ogni giorno lo stato ed il popolo israeliano. Una minaccia ancor più forte dopo il riavvicinamento tra Hamas e Anp, che rappresenta un nuovo macigno sulla strada della pace, visto che Hamas insiste nel non voler riconoscere lo stato di Israele. Com'è possibile parlare di pace con chi non vuole riconoscere la tua legittimità? D'altra parte Netanyahu l'ha detto proprio durante la conferenza stampa si Roma: «Siamo pronti a incontrare Abu Mazen per discutere con lui tutte le condizioni che ci possano permettere di arrivare alla pace, gli chiediamo soltanto di riconoscere Israele come lo Stato degli ebrei, così come noi riconosciamo la Palestina quale stato dei palestinesi». Anche su questo punto l'Italia offre la sua mediazione, ribadendo anche la disponibilità della città di Erice per una Conferenza di pace sul Medio Oriente, peccato però che al momento da Striscia di Gaza e Cisgiordania non giungano segnali incoraggianti.
Su tutto, ancora una volta, pesa come un macigno il ruolo giocato dall'Iran, che rappresenta una minaccia concreta non solo a causa del suo programma nucleare, ma anche per il supporto fornito alle milizie anti-israeliane, rifornite costantemente di armi dai pasdaran di Teheran. Occorre spezzare il fronte che unisce Hamas, Hezbollah ed i Guardiani della Rivoluzione se si vuole dare una prospettiva di pace al Medio Oriente.
(Ragionpolitica.it, 16 giugno 2011)
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Flottiglia 2011, la Marina di Israele simula un nuovo raid
Impiegata l'unita' di elite 'Flottilla 13' con armi non letali
TEL AVIV, 15 giu - La marina israeliana ha avuto ordine di simulare oggi un raid ''su una nave di attivisti politici filo-palestinesi intenzionata a forzare il blocco di Gaza''. Lo ha riferito la radio militare secondo cui nella esercitazione odierna saranno applicate lezioni tratte in seguito al raid di un anno fa sulla nave passeggeri turca Mavi Marmara, in cui nove persone rimasero uccise dal fuoco dei membri di una unita' di elite israeliana e decine di altre furono ferite.
A quanto risulta diverse organizzazioni filo-palestinesi - fra cui la Ong turca Ihh - stanno completando l'organizzazione di una nuova flottiglia che dovrebbe convergere verso le coste di Gaza alla fine di giugno, o ai primi di luglio.
Il quotidiano Yediot Ahronot scrive in merito che il presidente degli Stati Uniti Barack Obama si e' rivolto negli ultimi giorni al premier turco Recep Tayyp Erdogan e gli ha chiesto di impedire la partenza della Mavi Marmara, per non accrescere ulteriormente le tensioni regionali.
L'esercitazione odierna e' stata messa a punto nell'eventualita' che falliscano gli sforzi diplomatici per impedire la partenza della nuova flottiglia. In caso di necessita' reale anche in questa occasione - come un anno fa - sara' impiegata l'unita' di elite 'Flottilla 13' della marina militare israeliana. Il numero dei militari che saranno impegnati nell' abbordaggio sara' molto superiore a quello del raid precedente, per ridurre la capacita' di resistenza dei passeggeri.
I militari saranno equipaggiati inoltre con armi non letali e dovranno rispettare un tempo massimo per impadronirsi della nave. La marina militare provvedera' inoltre a riprendere tutte le fasi dell'abbordaggio per essere in grado di rilanciarle in tempo reale. Al tempo stesso schermera' la nave utilizzata per la simulazione, per impedirle di trasmettere informazioni al mondo esterno.
(ANSA, 15 giugno 2011)
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I cambiamenti climatici spingono nel Mediterraneo una balena grigia
Avvistata l'anno scorso al largo delle coste israeliane. Secondo alcuni ricercatori, la causa sarebbero i ghiacci artici disciolti che hanno permesso al cetaceo di addentrarsi su nuove e sconosciute rotte
I cambiamenti climatici spingono una balena grigia nel Mediterraneo. Era dal 1700 che non veniva avvistata nel Mar Mediterraneo un esemplare di Eschrichtius robustus , specie che da allora si pensava estinta. Eppure, circa un anno fa, fu osservata, in ben due occasioni, la presenza di un esemplare nelle acque al largo di Israele. La spiegazione? Secondo i ricercatori dell'Israel Marine Mammal Research and Assistant Center di Haifa, sarebbe colpa dei cambiamenti cliamtici.
All'interno della ricerca Gray Whale in the Mediterranean Sea: anomalous event or early sign of climate-driven distribution change?, infatti, i ricercatori israeliani spiegano che, ogni anno, le balene grigie, che nei mesi estivi vivono nelle acque dell'oceano Artico, in quelle estive, migrano verso il Pacifico attraversando il mare di Chukchi e lo stretto di Bering, per riprodursi al largo delle coste statunitensi. Poi, tornano nel circolo polare artico. Ben lontano dalle spiagge del Mediterraneo, quindi, dove, un anno fa, è però apparso un esemplare di balena grigia. Questo perché, sempre secondo gli studiosi israeliani, la barriera di ghiaccio artico che avrebbe dovuto impedire a questi mammiferi, lunghi tra i 13 e i 18 metri e dal peso anche superiore alle 40 tonnellate, di dirigersi ad est, verso l'oceano Atlantico, si sarebbero sciolti. Così, una volta passato nell'Atlantico, l'animale si sarebbe diretto verso lo stretto di Gibilterra, entrando così nel Mar Mediterraneo, restandovi intrappolato. Questo presunto canale tra i ghiacci aertici metterebbe così a rischio gli ecosistemi dell'oceano Atlantico e anche del Mediterraneo, in quanto grande a sufficienza per permettere il transito di animali anche di grosse dimensioni. (a.m
(Zeroemission.tv, 15 giugno 2011)
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Netanyahu: 30 Paesi diranno 'No' allo Stato palestinese allOnu
Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, vuole riunire "una maggioranza morale" di almeno trenta paesi ostili al riconoscimento delle Nazioni Unite di uno Stato palestinese nelle frontiere del giugno 1967. Lo riferiscono i media israeliani. "Entro settembre, vogliamo organizzare una riunione con 30-50 Paesi che diranno 'no' al riconoscimento unilaterale di uno Stato palestinese da parte dell'Assemblea generale dell'Onu. Si tratterà di una maggioranza morale", ha detto Netanyahu durante un incontro con il presidente del Parlamento europeo Jerzy Buzek, secondo i media israeliani.
(Affaritaliani.it, 15 giugno 2011)
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Dalla Germania no al riconoscimento unilaterale Onu della Palestina
RAMALLAH (Cisgiordania), 14 giu. - Anche la Germania come l'Italia ritiene "controproducente" l'eventuale riconoscimento unilaterale dello Stato palestinese a settembre dall'Assemblea Generale dell'Onu. Lo ha detto il ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle a margine dell'incontro a Ramallah con il premier dell'Anp Salam Fayyad. "Il governo tedesco teme che passi unilaterali si rivelino controproducenti. Pensiamo che i negoziati siano la giusta via", ha sottolineato Westerwelle che oggi incontera' anche il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu.
(AGI, 15 giugno 2011)
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Maserati, partner di Ermanno Tedeschi a Tel Aviv
TEL AVIV - Maserati è partner d'eccezione di Ermanno Tedeschi nell'apertura della sua nuova galleria a Tel Aviv, da lui definita "città dell'arte giovane". Il connubio tra Maserati ed Ermanno Tedeschi nasce e si concretizza in una mostra evento dal titolo evocativo: "World" dedicata a 14 artisti contemporanei di primo piano nel panorama internazionale, nella convinzione comune che l'arte sia la migliore ambasciatrice di pace, capace di superare pregiudizi e barriere. L'inaugurazione, alla presenza di Luigi Mattiolo Ambasciatore d'Italia in Israele, si è caratterizzata per l'insolito, ma affascinante, abbinamento tra la Maserati GranTurismo S e le opere dei 14 artisti. Valerio Berruti, David Kassman, Enrico T. De Paris sono tra gli artisti rappresentati alla mostra, che proseguirà fino al 30 settembre.
(Asapress.net, 15 giugno 2011)
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Omicidio di Rafael Cohen: non abbandonare la pista antisemita
In un punto della vetrata della guardiola, luogo in cui il povero Rafael Cohen è stato trovato senza vita, gli inquirenti hanno notato una svastica lunga circa 15 centimetri, incisa con una lama.
di Roberto Malini
Gli investigatori agli ordini del colonnello Salvatore Cagnazzo hanno sentito gli inquilini dello stabile, secondo i quali il simbolo nazista sarebbe stato tracciato circa un anno fa. Da parte nostra, riteniamo - come abbiamo già scritto prima di avere questo nuovo particolare - che la pista del crimine antisemita sia da seguire fino in fondo, per alcuni motivi:
l'omicida probabilmente conosceva bene gli spostamenti del signor Cohen e lo attendeva nei pressi della guardiola;
il colpo è stato sferrato con premeditazione e precisione, segno che il criminale era pronto e determinato: un "professionista" della violenza;
Rafael Coen non è stato derubato, pur avendo con sé, secondo quanto trapelato, almeno 300 euro nel portafogli;
essendo un religioso, ben noto alla comunità ebraica romana, Rafael Cohen era ben riconoscibile in quanto ebreo;
nel giorno della visita di Netanyahu, a Roma si parlava molto di Israele e di ebrei, da molte parti con odio;
i muri di Roma sono pieni di scritte antisemite, svastiche e iscrizioni negazioniste, come rivelato anche dal Messaggero di ieri;
il segno della svastica è la chiara dimostrazione che gli antisemiti conoscevano bene il palazzo in via Lanciani e probabimente lo consideravano un obiettivo delle loro azioni intolleranti;
nonostante l'allarme lanciato dal Gruppo EveryOne, è stata sotovalutata dalle autorità la "lista di ebrei" più volte promossa dai neonazisti (in alcuni casi essa conteneva anche il mio nome: "Roberto Malini, Giudeo");
a Roma sono presenti diversi gruppi antisemiti che regolarmente promuovono con lo spray e con manifesti i loro deliri. Hanno tracciato le loro minace anche contro sopravvisssuti alla Shoah, membri di spicco della comunità ebraica romana, ebrei-simbolo dell'Olocausto (come Anna Frank).
In base a queste considerazioni, rinnoviamo l'invito agli inquirenti affinché non abbandonino la pista antisemita. La nostra raccomadazione deriva anche dal fatto che negli anni recenti, le azioni intimidatorie contro gli ebrei romani, le manifestazioni di apologia di Hitler e del nazismo, gli sfregi alla memoria non sono mai stati perseguiti - a quanto ci risulta - in misura convincente.
(Gruppo EveryOne, 15 giugno 2011)
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Israele tra i pionieri dell'energia pulita
Tra i dieci «pionieri delle nuove energie 2011» selezionati per il secondo anno dall'agenzia internazionale Bloomberg New Energy Finance figurano due imprese israeliane. La classifica identifica le aziende che stanno realizzando i progressi più significativi nel campo della cleantech, la tecnologia pulita, e dell'innovazione in materia di energie alternative. Ma gli analisti tengono conto anche di altri criteri: in particolare, le nuove tecnologie messe a punto devono essere competitive sul mercato. La presenza degli israeliani nella top ten non stupisce a priori, anzi.
Lo Stato ebraico è famoso per essere il Paese dello start-up, delle nuove tecnologie; e non solo: da alcuni anni a questa parte, sono state spostate risorse e competenze verso il settore della cleantech e quello delle rinnovabili è diventato un business da oltre due miliardi di dollari annui. «I nuovi eroi d'Israele sono i giovani imprenditori tecnologici», dichiarava qualche tempo fa Astorre Modena, imprenditore italo-israeliano, a FocusMo Malgrado questo, trovare ben due compagnie tra i dieci «pionieri» è un risultato che supera le aspettative. Israele è un Paese di dimensioni ridotte, ma nella classifica si trova fianco a fianco con giganti come Cina - che detiene il record mondiale degli investimenti nel settore delle energie pulite - e Stati Uniti. La BrightSource (solare) e la TaKaDu (ottimizzazione delle acque) hanno conquistato, rispettivamente, il primo e il nono piazzamento. E proprio sole e acqua saranno al centro della prossima edizione del CleanTech Expo che aprirà il 5 luglio a Tel Aviv. Due giorni di forum e discussioni, ma anche affari e industria, concentrati su energie rinnovabili, acqua, edilizia verde, riciclaggio, infrastrutture. In altre parole, tutto, proprio tutto, quello che può rientrare nella definizione di cleantech. I cosiddetti Paesi Bric - Brasile, Russia, India e Cina, le quattro economie mondiali con ritmi di crescita più elevati - avranno un posto d'onore. La casa editrice israeliana Mashov, attenta alle questioni ambientali e presente a tutte le precedenti 14 edizioni dell'appuntamento internazionale, prevede la presenza di oltre 25mila visitatori. Del resto, negli anni il CleanTech Expo si è accreditato come anticipatore di tendenze in materia di tecnologia pulita. «Lo scorso anno - sottolineano gli organizzatori - ci siamo concentrati sul solare, che da allora si è rivelato uno dei settori più forti». In Israele, in particolare, quest'anno il solare fotovoltaico ha fatto considerevoli passi in avanti. L'uso domestico di pannelli solari era già piuttosto diffuso, ma proprio questo mese è stata inaugurata la prima fattoria del sole per scopo commerciale. Un campo di medie dimensioni, situato nei pressi del kibbutz Ketura, nel sud del Paese. La stampa locale ha salutato l'evento come una «pietra miliare nella rivoluzione del solare in Israele», e non solo perché si tratta di una impresa finora inedita nello Stato ebraico: ma anche perché apre la strada a una cinquantina circa di progetti simili. Le cifre del giro d'affari legato alle energie rinnovabili e all'ottimizzazione delle risorse naturali dimostrano che le aziende impegnate in questi settori non agiscono per spirito ecologico, o almeno non solo. Come in tutte le imprese sane, bisogna realizzare profitto. Ma a livello istituzionale la scommessa della tecnologia pulita rivela anche una precisa scelta politica. Lo Stato ebraico ha da tempo annunciato l'intenzione di soddisfare entro il 2020 il 10% del proprio fabbisogno energetico con fonti alternative: una dichiarazione d'intenti che, anche per ragioni legate alla politica internazionale, gli israeliani sembrano molto determinati a tradurre in atto. Lo scorso maggio il presidente del Consiglio nazionale per l'economia, Eugene Kendel, ha incontrato a Washington funzionari americani per presentare loro una strategia su scala mondiale elaborata dal Primo ministro, Benjamin Netanyahu, per sviluppare le fonti energetiche rinnovabili. «Il nostro obiettivo - ha dichiarato Kendel - è di diminuire la dipendenza dal petrolio non solo d'Israele ma anche degli Stati Uniti e del mondo intero. La questione è di vitale importanza, per tutti».
(FocusMo, 15 giugno 2011)
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Israele sospese le trattative per acquistare gas
La sospensione delle trattative di Israele Electric Corp. per acquistare gas naturale dal primo sito offshore del Paese può essere solo un ostacolo temporaneo. Prima della firma di un contratto i partner del settore devono finanziare la trivellazione, dicono gli analisti. Israel Electric Corp ha detto ieri che le trattative si fermeranno per esaminare una regolamentazione statale che impedisca l'aumento dei prezzi sui tassi da pagare indipendentemente dai prezzi pattuiti per la fornitura di gas della compagnia Tamar.
La società è vicina ad un accordo, ha detto ieri il giornale israeliano Globes, senza dire da dove ha ottenuto le informazioni. "La sospensione dei colloqui sarà breve e l'accordo sarà firmato presto", Yaron Zer, un analista di Tel Aviv-con sede presso Clal Finance Brokerage srl, ha scritto in una relazione per e-mail. Entrambe le parti hanno interesse a ottenere il contratto finito, ha detto. Noble Energy Inc.(NBL), il proprietario con sede a Houston del 36 % della compagnia Tamar, stima che il settore detiene ancora ben 8.400 miliardi di metri cubi di gas. La produzione di gas dovrebbe iniziare entro la fine del prossimo anno, secondo il sito web Noble. Israel Electric, con sede a Haifa,ci si aspetta che generi e trasmetta quasi tutta l'energia necessaria alla nazione. Isramco Negev 2 LP, che detiene il 29 % della compagnia Tamar, rosa 0,024 shekel, ovvero il 5,8 %, a 0,44 shekel a Tel Aviv ieri,ha fatto il suo più grande salto dal 13 settembre. Altri partner israeliani nel campo, Avner Oil Exploration-LP e Delek foratura-LP, anche loro hanno guadagnato ieri. Il capo esecutivo di Delek Drilling l'ufficiale Yossi Abu ha detto ieri che la politica del gruppo non è da discutere in sede di stampa. "Tutti sanno che che Tamar è un affare fatto e che Tamar, fornirà il gas per Israele Electric", ha affermato Guil Basan, l'analista di Tel Aviv basandosi su " IBI-Israele Brokerage & Investments". E 'meno urgente per Israele Electric firmare l'accordo che per i proprietari di Tamar, perché le parti non hanno ancora terminato il finanziamento del progetto e c'è la necessità di mostrare il contratto alle banche, ha detto. Isramco, che dicono gli analisti è quello che trarrà più benefici dal successo della compagnia Tamar, ha guadagnato meno del 1% quest'anno, superando i suoi partner israeliani nel progetto e il punto di riferimento del indice TA-25 Index. Delek Drilling (Delek perforazione) è sceso del 18 % quest'anno e Avner è sceso del 17 %. Mentre Delek e Avner hanno partecipazioni in altre grandi prospettive, Petah Tikva basa il valore di Isramco su Tamar,ha detto Basan . Isramco ha detto il 16 maggio che ha firmato contratti di finanziamento per ricevere un totale di 750 milioni $ come fondo der la compagnia Tamar Perforazione I partner di Tamar hanno già accettato di far cadere il prezzo della compagnia elettrica in quello che "potrebbe essere il più grande contratto di approvvigionamento del gas nella storia israeliana, superiore a 20 miliardi $ " Tel Aviv-based Meitav Investment House Ltd. ha detto in una e-mail nota ieri. Il gruppo ha cercato di rivedere i termini di un accordo iniziale con Israele Electric dopo che una commissione di nomina governativa ha consigliato di aumentare le tasse di petrolio e gas, ha riferito il giornale Calcalist il 14 febbraio.
(FocusMo, 15 giugno 2011)
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L'Olanda vieta le «carni religiose»
Quando i nazisti invasero l'Olanda, una delle prime misure che adottarono fu il bando alla macellazione rituale degli animali, praticata dagli ebrei ortodossi. Sono passati 70 anni. Ma questo è un ricordo che incendia gli animi ora, davanti alla legge che governo e opposizione olandese porteranno domani al voto in Parlamento: il divieto, appunto, delle tecniche di macellazione, l'islamica «halal» o l'ebraica «kosher» , che almeno in parte accomunano credenti musulmani ed ebrei ortodossi e che escludono l'uso di anestetici, o di mezzi come le pistole a scarica elettrica, per stordire l'animale. Soltanto una lama, e «un singolo, netto colpo si legge in uno dei manuali che rapidamente recida le maggiori arterie e vie respiratorie, rendendo l'animale istantaneamente privo di sensi» .
Tutte barbarie e sofferenza, dice il partito animalista che è anche l'unico in Europa ad avere qualche seggio in un Parlamento nazionale; e che invoca un bando come quello già in vigore in Svezia, o in Austria. No, rispondono gli altri, sono tradizioni che fanno parte di quella libertà di pensiero e di culto religioso di cui l'Olanda è fiera da secoli; e che verrebbero messe in discussione proprio come fecero i nazisti, 70 anni fa, per antisemitismo e non per amore degli animali. Fra gli «altri» contrari al bando c'è un arcobaleno di idee, e fedi, forse mai visto prima: rabbini ortodossi e imam musulmani, che hanno sfilato insieme ad Amsterdam; tre partiti cristiani ostili a quella che percepiscono come una violazione della libertà religiosa; e altri movimenti laici, che sottolineano come la macellazione industriale comporti assai più sofferenza.
Sul fronte pro-divieto, l'arcobaleno è altrettanto composito: con liberali al governo, e socialisti all'opposizione, che combattono insieme. E con il partito del populista anti Islam Geert Wilders in serio imbarazzo: ideologicamente, appoggerebbe il divieto alle macellazioni rituali, che ha sempre citato fra le credenze musulmane più retrive; ma politicamente esita, perché sente la pressione degli ebrei più ortodossi. Così tutto il Paese, o quasi, si spacca intorno al dilemma: libertà religiosa o diritti degli animali? Non partecipa al dibattito la grande maggioranza laica sia dei musulmani che degli ebrei, forse perché abbastanza estranea a questi temi: ma non può, ugualmente, far finta di nulla. Si discute su tutto, anche sulle cifre: secondo le statistiche del ministero dell'Agricoltura, ogni anno 364.800 mucche, polli, pecore e capre vengono macellati ritualmente in Olanda (i suini non rientrano ovviamente nel conto, perché la loro carne è proibita sia ai credenti musulmani che agli ebrei: in Olanda sono comunque 11,7 milioni, quella di maiale è la carne più popolare sulle tavole).
Secondo i sostenitori dell'imminente bando, queste cifre sono però riduttive: e sarebbero due milioni gli animali che muoiono ogni anno senza ricorso agli anestetici o allo stordimento. Ma senza soffrire o soffrendo di meno, ribattono quelli della trincea opposta: «anche perché stordire elettricamente un animale è una pratica confusa» , parole del rabbino capo Benjamin Jacobs, e «non vi è certezza scientifica» che sia un modo di uccidere meno crudele. Secondo un altro rabbino, Jeremy Rosen, «il metodo ebraico richiede che l'animale soffra il meno possibile: si taglia l'arteria con un coltello molto, molto affilato, e questi coltelli sono incredibilmente acuminati. Devono essere controllati ogni volta. Quindi tutto ciò che l'animale prova è la sensazione di venir meno
» . Per domani, un gruppo di animalisti ha annunciato che porterà pecore e vitelli davanti al Parlamento.
(Quotidianamente, 15 giugno 2011)
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L'accusa di Hamas: "Emergenza sanitaria a Gaza". Ma Israele smentisce
C'è crisi. Grossa crisi. Crisi? Ma quale crisi? Potremmo riassumerla così la nuova «emergenza sanitaria» sulla Striscia di Gaza. «Emergenza» rilanciata con grande evidenza da Al Jazeera e Press Tv, l'emittente iraniana all news in lingua inglese. Ecco, dicono le due tv - rilanciando l'allarme di Adham Abu Salmiyah, portavoce dei servizi medici locali e del pronto soccorso - che «centinaia di pazienti di Gaza sono in grave pericolo di vita se, entro le prossime 48 ore, non avranno accesso a specifici medicinali».
A rafforzare la richiesta di aiuto del medico, ci ha pensato il ministro della Salute di Hamas, Basem Na'im. Che ha invitato i giornalisti a fare un sopralluogo nei magazzini dei medicinali. Lì, il direttore del centro, Mohammed az-Zamili, ha detto che «mancano 180 medicinali, mentre altre 200 stanno per finire».
Quindi tutti ad attaccare in coro il governo israeliano. E tutti a chiedere di togliere il blocco che lo Stato ebraico ha imposto su Gaza in risposta agli attacchi terroristici di qualche anno fa.
Solo che da Gerusalemme non ci stanno a passare per i cattivi di turno. E così, interpellati da questo blog, precisano una serie di cose: a partire dal fatto che no, a Gaza non c'è emergenza sanitaria vera e propria. Più semplicemente i medicinali spariscono dai canali ufficiali per essere rivenduti nei mercatini illegali a un prezzo maggiorato. E con l'assenso tacito di Hamas.
E allora. «Proprio ieri (13 giugno, nda) Israele ha inviato, attraverso il valico di Erez, 12 camion pieni di medicinali diretti all'ospedale militare giordano di Gaza», dicono dall'Idf, l'esercito dello Stato ebraico che controlla il flusso delle merci in entrata e uscita sulla Striscia e sulla Cisgiordania.
Oltre ai farmaci - continuano dall'Idf - «abbiamo fatto entrare 195 giordani che andranno ad aggiungersi al personale medico fisso e che sostituiranno quelli in uscita». E ancora: «Una cisterna di carburante, un camion-frigo e prefabbricati, che andranno ad aumentare la capacità ricettiva dell'ospedale già esistente di altri 300 metri».
Quindi la replica ufficiale ai palestinesi di Hamas: «L'ospedale da campo giordano cura ogni giorno circa mille palestinesi, tutti quelli che hanno bisogno di trattamenti clinici particolari vengono spediti subito in Israele. I farmaci arrivano nella Striscia ogni giorno e, per quanto riguarda il personale, i medici entrano da Allenby Bridge (al confine tra Israele e Giordania, nda) senza passare attraverso i check-point e senza i controlli di routine, sia all'andata che al ritorno».
(Falafel Cafè, 14 giugno 2011)
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Milano - Italia e Israele, partner nell'innovazione
di Rossella Tercatin
Nella rassegna che per dieci giorni a Milano racconta l'Israele che non ti aspetti, con approfondimenti sulla scienza, la tecnologia, la cultura, il cinema, a Palazzo Mezzanotte, cuore del potere economico italiano, va in scena il business con l'Italian-Israeli Business Forum. Centinaia di professionisti e imprenditori si sono ritrovati per discutere e dare impulso a quello che nel 2010 è stato un interscambio da 2,9 miliardi di euro, con un incremento del 14,8 per cento rispetto al 2009. E se il cappello dato all'iniziativa è quello di Partners in Innovation, i settori maggiormente interessati sono proprio quelli che hanno lanciato lo Stato ebraico come eccellenza nel mondo: la tecnologia legata all'acqua, la sanità, la sicurezza, la robotica, i nuovi media. Tanti i rappresentanti delle istituzioni che hanno portato il proprio saluto all'iniziativa, che, è stato sottolineato, prosegue un cammino già fruttuosamente avviato non solo a livello nazionale ma anche locale. Oltre al ministro dell'Industria israeliano Shalom Simhon, e a Catia Polidori in rappresentanza del Ministero dello Sviluppo economico, erano presenti il presidente della Provincia Guido Podestà e l'ambasciatore d'Israele Gideon Meir, il presidente di Assolombarda Alberto Neomartini, Paolo Zegna in rappresentanza di confindustria e Ronni Benatoff della Camera di commercio italo-israeliana. Mentre il presidente della Regione Roberto Formigoni ha stretto accordi di collaborazione in ambito commerciale e di ricerca fra Lombardia e Israele che fanno seguito a quelli siglati lo scorso anno in ambito sanitario. Ma al di là dei momenti ufficiali, il successo dell'iniziativa si misura nel numero degli imprenditori che aggirandosi freneticamente per i corridoi, smart phone e ventiquattrore alla mano, si sono incontrati per discutere di affari, perché nel 2011 l'interscambio fra Italia e Israele possa rivelarsi ancora più proficuo.
(Notiziario Ucei, 14 giugno 2011)
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La Freedom Flottilla si sottopone ad ispezione internazionale
Gli organizzatori della seconda flottiglia hanno chiesto ai turchi-israeliani di riferire al governo di Tel Aviv l' intenzione di sottoporre la flotta ad un'ispezione internazionale. Fonti legate alla comunità ebraica di Istanbul hanno infatti riferito di essere state contate dai leader dell'organizzazione IHH, con la richiesta d'inviare un messaggio conciliante ad Israele: "Non siamo interessati ad uno scontro violento con l'esercito israeliano".
I capi dell'IHH hanno quindi proposto di far controllare la flotta da una squadra internazionale di un Paese terzo, come Cipro per esempio. In questo modo le navi salperanno per Gaza solo dopo aver passato le ispezioni e confermato il carico di aiuti.
(FocusMo, 14 giugno 2011)
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Tel Aviv: la presidente della Regione Umbria firma il rinnovo del protocollo "Saving Children"
"Va ben oltre il suo pur importantissimo obiettivo di curare i bambini, la valenza di questo protocollo d'intesa in quanto contribuisce concretamente anche alla creazione di una cultura di pace e di pacifica convivenza tra israeliani e palestinesi". E' quanto affermato dalla presidente della Regione Umbria Catiuscia Marini, in occasione della firma a Tel Aviv, del rinnovo del protocollo d'intesa tra Regione Umbria e Centro per la Pace Simon Peres del progetto "Saving Children" per un periodo di tre anni. L'atto è stato sottoscritto dalla presidente Marini per la regione Umbria, e da Ron Pundak, direttore del Centro.
"L'Umbria - ha dichiarato la presidente - da sempre collabora, assieme ad altre regioni italiane, con il Centro Peres nato per volere del presidente Simon Peres con il chiaro obiettivo di contribuire "dal basso" alla creazione della pace in Medio Oriente. Grazie a questo specifico progetto oltre ad assicurare cure a bambini palestinesi in difficoltà, si aiutano israeliani e palestinesi a collaborare e cooperare. Medici, personale paramedico, famiglie di una parte e dell'altra sono così messi nella condizione di dover collaborare. La pace si costruisce anche così".
Il progetto "Saving Children" o meglio definito "Salvare i bambini - La medicina al servizio della pace", nasce nel 2004 ed è stato già rinnovato una volta in passato. Grazie ad esso circa 900 bambini, selezionati da un Comitato di 15 pediatri palestinesi, affetti da malattie non curabili nel proprio territorio, in collaborazione con il Centro Peres sono stati curati negli Ospedali israeliani di Tel Aviv, di Rambam ad Haifa e di Hedessa a Gerusalemme.
Il Centro Peres per la pace di Tel Aviv ha svolto in questi anni un ruolo di facilitazione dei contatti fra i medici israeliani e quelli palestinesi allo scopo di massimizzare l'efficacia e la rapidità degli interventi. Inoltre si è fatto carico degli aspetti logistici legati al trasferimento dei bambini e del familiare accompagnatore nonché del rilascio dei permessi di soggiorno. Il Progetto ha mirato ad assicurare ai bambini palestinesi l'accesso alle prestazioni altamente specialistiche non erogabili dal loro sistema sanitario. Gli ospedali israeliani hanno effettuato le prestazioni riducendo del 50% le tariffe relative al loro trattamento, il Centro Peres ha assicurato il pagamento delle tariffe praticate dagli ospedali israeliani utilizzando i fondi erogati dalle regioni italiane che hanno sottoscritto l'Accordo.
(SpoletoCity, 14 giugno 2011
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Polidori: Israele 'Silicon Valley' del Mediterraneo
ROMA, 14 giu - "Israele e' senza dubbio la Silicon Valley del Mediterraneo e la sua eccellenza nella ricerca si può coniugare alla perfezione con la grande capacita' italiana nell'applicazione di tali tecnologie alla catena produttiva ed ai prodotti finiti: ricerca scientifica da una parte e ricerca applicata dall'altra possono infatti costituire gli ingredienti per una esemplare storia di successo". E' quanto ha dichiarato il sottosegretario allo Sviluppo economico, con delega al Commercio con l'estero, Catia Polidori, inaugurando a Milano il Business Forum Italo israeliano, insieme al ministro dell'economia israeliano Shalom Simhon.
L'evento, il piu' importante momento di collaborazione economica mai organizzato tra i due Paesi, fa seguito al vertice bilaterale che si e' svolto ieri a Roma, sotto la guida del PResidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e quello israeliano, Benjamin Netanyahu.
Le piccole e medie imprese Italiane, infatti, ha ricordato Polidori alla platea di imprenditori di entrambi i Paesi, "sono spessissimo all'avanguardia tecnologica nei loro settori e all'avanguardia mondiale nell'evoluzione tecnologica incrementale: l'Italia eccelle nella formazione in impresa e nel "learning by doing" mentre le associazioni di categoria ed i cluster di impresa sono tra i maggiori promotori delle nostre attivita di ricerca e sviluppo". Non a caso, nel corso del Forum, nello stesso Palazzo della Borsa, hanno avuto luogo nella sola mattinata quasi 200 incontri BtoB sulle risorse idriche ed altri 365 avranno luogo nel pomeriggio su altri settori, per un totale, a fine giornata, di oltre 550 "faccia a faccia" tra imprenditori".
(la Repubblica, 14 giugno 2011)
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Italia-Israele, piazza Affari 'blindata' per business forum
Gli accessi sono presidiati dalla polizia per timore di contestazioni dopo le polemiche dei giorni scorsi attorno alla kermesse 'Unexpected Israel'. Una ventina i manifestanti.
MILANO, 14 giugno 2011 - Piazza Affari "blindata" per il business forum Italia-Israele in corso a Palazzo Mezzanotte.
Gli accessi sono presidiati dalla polizia per timore di contestazioni dopo le polemiche dei giorni scorsi attorno alla kermesse 'Unexpected Israel' dedicata ad Israele e che prevede tra l'altro una mostra multimediale in piazza Duomo. Una ventina di attivisti filo-palestinesi si è raccolta in piazza Duomo a Milano. I manifestanti sventolano bandiere della Palestina e con megafoni e striscioni denunciano i ''crimini'' dell'occupazione di Gaza e della Cisgiordania. Il picchetto anti-israeliano, del tutto pacifico, è stato organizzato anche per promuovere la giornata di grande mobilitazione filo-palestinese prevista sabato pomeriggio proprio nel centro di Milano.
Al centro del forum le relazioni commerciali ed economiche tra le imprenditorie italiane e israeliane che nel 2010 hanno generato un interscambio di 2,9 miliardi di euro in crescita del 14,8% rispetto al 2009, di cui 1 miliardo circa generato con la Lombardia e 600 milioni di euro con Milano. Oltre 400 gli incontri d'affari in programma tra imprese israeliane e italiane nei settori sicurezza, sanità e robotica, new media e comunicazioni e water management. Al forum sono presenti tra gli altri il presidente di Promos Bruno Ermolli, il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni e il ministro di Industria, Commercio e Lavoro di Israele Shalom Simhom.
(Il Giorno, 14 giugno 2011)
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Settimana Israele - Gideon Meir: non conta la polemica ma il business
MILANO, 14 giu. - Le poemiche "non contano", l'importante "e' il business" che unisce Italia e Israele. A dirlo l'ambasciatore dello stato di Israele in Italia Gideon Meir, a margine dell'Italian-Israeli business forum di Milano, commentando le polemiche che hanno accompagnato l'organizzazione della settimana israeliana nel capoluogo lombardo. "La polemica - ha ribadito l'ambasciatore - non e' importante. E' importante che noi realizziamo, qui e in piazza Duomo, questo forum, l'importante e' il business che abbiamo tra Italia e Israele". Gideon Meir ha sottolineato che il business forum, organizzato "quest'anno per la prima volta" insieme a 'Unexpected Israel' in piazza Duomo, serve a "promuovere le relazioni economiche, culturali e politiche tra Israele e l'Italia". Della scelta di dare alla settimana il nome di 'Unexpected Israel', l'ambasciatore ha spiegato che si tratta di "far conoscere le altre facce di Israele, la vera faccia di Israele". "Voi - ha detto - normalmente vedete Israele solo per il conflitto, ma il conflitto rappresenta solo una piccola parte del nostro Paese. La parte piu' grande e' rappresentata dal contesto e dal quadro complessivo, dall'economia, che normalmente non leggiamo sui giornali e non vediamo in televisione. Per questo e' importante per noi fare questa iniziativa".
(AGI, 14 giugno 2011)
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Gaza: la prima automobile da Formula Uno riciclata
Un'automobile «ai livelli della Formula Uno» costruita a partire da zero, utilizzando solo materiale di riciclo. Sembra fantascienza, e invece è successo davvero. A Gaza un gruppo di studenti del centro ingegneristico Khan Younis dell'Unrwa, l'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, annuncia di essere riuscito ad assemblare un'auto da corsa di alta qualità con materiali recuperati. Il collaudo ufficiale è avvenuto stamattina, sotto gli occhi dei giornalisti invitati ad assistere all'evento. La scelta della giornata di oggi per testare il veicolo non appare casuale: coincide infatti con il quinto anniversario del blocco imposto alla Striscia di Gaza da Israele. I giovani ingegneri e meccanici che hanno costruito l'automobile hanno già annunciato l'intenzione di far gareggiare il loro bolide alla prossima edizione della competizione Formula Student, uno dei principali appuntamenti per studenti nel campo degli sport a motore. La gara - che sarà disputata a metà luglio, presso il circuito di Silverstone (Gran Bretagna) - è un'importante vetrina per i giovani ingegneri. Aziende di primo piano, come la Porche, assistono regolarmente alla corsa per scovare e reclutare più talentuosi e preparati, scegliendo tra ragazzi provenienti da oltre 30 Paesi. In un comunicato, l'Unrwa sottolinea che per i giovani della Striscia prendere parte alla Formula Student è un'occasione preziosa. Il blocco imposto finora su materiali da costruzioni e meccanici ha infatti decimato l'industria ingegneristica di Gaza: e a causa delle restrizioni in atto, la maggior parte degli ingegneri diplomati al Khan Younis finisce con lo svolgere impieghi sottospecializzati, come piccoli lavori in garage per cui, in media, lo stipendio mensile non raggiunge i 300 euro.
(FocusMo, 14 giugno 2011)
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Al via il bisettimanale Roma-Tel Aviv operato da Arkia
New entry nei collegamenti tra Italia e Israele. La compagnia charter Arkia entra nel mercato con un collegamento bisettimanale low cost da Roma a Tel Aviv che verrà effettuato il lunedì e il venerdì. Gli operativi prevedono partenze dalla Capitale nelle ora centrali della giornata, per consentire ai clienti provenienti da altri scali di riuscire ad avere le coincidenze.
(TTG, 14 giugno 2011)
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Lieberman: L'iniziativa di pace dell'Ue è "naif"
"Non bisogna distogliere l'attenzione dalle vere priorità"
ROMA, 14 giu. - Il ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman ha bollato come "naif" l'iniziativa di pace dell'Unione Europea, svelata oggi dal quotidiano israeliano Haaretz, che si propone di rilanciare il negoziato tra israeliani e palestinesi in una conferenza di pace da teneresi a Parigi.
"Si tratta di un tentativo di distogliere la comunità internazionale dalle vere priorità", che sono le attuali situazioni in Iran e in Siria, ha detto Lieberman alla radio dell'esercito, secondo quanto riporta Haaretz. "Ci sono state molte iniziative, e non da oggi", ha proseguito il capo della diplomazia israeliana. "C'è una iniziativa francese e un piano per una conferenza a Mosca, ma quando parlo con i miei colleghi gli dico: 'State cercando di fare la storia palestinese alterando la naturale agenda del Medio Oriente'".
(TMNews, 14 giugno 2011)
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Vita e segreti degli ebrei catalani
La storia della comunità ebraica di Alghero riscritta dagli archeologi
di Federico Spano
Un secolo e mezzo di storia, tra la conquista catalana e la cacciata degli ebrei dalle terre d'Aragona. Centocinquant'anni di vita quotidiana, commerci, ascesa e declino di grandi famiglie, fughe di massa e grandi conversioni, riscoperti attraverso le indagini archeologiche e le ricerche negli archivi.
La breve ma intensa storia degli ebrei algheresi, consumata tra il 1354 e il 1492, è stata ricostruita e raccontata dall'archeologo Marco Milanese davanti a una platea d'eccezione, nell'auditorium del Louvre di Parigi. Studiosi di mezza Europa hanno ascoltato per più di un'ora le particolarità e la ricchezza di una comunità che visse integrandosi con quella cristiana. In Sardegna, la comunità ebraica algherese fu la seconda, per importanza, dopo quella cagliaritana.
Gli studi di Marco Milanese sono stati i primi, in Italia, fatti espressamente su una comunità ebraica medievale. Anche in Europa sono pochissimi gli studi analoghi. Grazie alle ricerche fatte negli ultimi quindici anni, infatti, è stato possibile avere informazioni sull'ubicazione esatta del quartiere ebraico, sulla tipologia delle abitazioni, sull'area in cui sorgeva la sinagoga, sul modo in cui vivevano gli ebrei e quali commerci effettuavano.
«L'area del quartiere ebraico è stata oggetto, dal 1996 a oggi, di numerosi interventi di scavo archeologico, realizzati in sinergia tra Comune, Soprintendenza e università di Sassari - ha spiegato Milanese -. Si è trattato di interventi molto diversi tra loro per la dimensione delle aree scavate, le motivazioni e i tempi di realizzazione». Se da un lato gli scavi hanno dato informazioni preziosissime, risultati altrettanto importanti sono arrivati dalle indagini negli archivi, fatte da Cecilia Tasca, una studiosa dell'università di Cagliari. Quest'ultima, infatti, ha trovato molti documenti "nuovi" e li ha riordinati e integrati con quelli già noti. L'esito di questa indagine è stato fondamentale per lo studio della comunità ebraica catalana. In pratica, è stato possibile sovrapporre la storia scritta con quella "materiale": i documenti hanno confermato gli indizi raccolti sul campo.
Nel suo intervento a Parigi, Marco Milanese ha messo in evidenza il modello non segregativo di Alghero. Sebbene ci fosse una zona a prevalente abitazione ebraica, nell'area erano presenti anche tanti cristiani. In particolare nella penisola che, a partire dalla cattedrale, si protende verso il porto, centro degli scambi commerciali degli ebrei.
«Nel 1354 un nucleo eterogeneo di 30-40 famiglie ebraiche, di provenienza catalana, aragonese, maiorchina, castigliana e siciliana si stabilì ad Alghero proprio a seguito del ripopolamento della città a opera di pobladors catalano-aragonesi, dopo la definitiva occupazione operata da Pietro III - ha aggiunto l'archeologo -. Tra il 1370 e l'inizio del XV secolo si insediarono ad Alghero, in due differenti ondate, altre famiglie ebraiche di ricchi mercanti provenienti dal sud della Francia, dalla Provenza e dalla Linguadoca, con un ruolo importante nel commercio del corallo. Ed è proprio da questa zona che arrivò una delle famiglie più influenti, quella dei Carcassona, che segnò pagine importanti nella storia della comunità ebraica algherese e della città stessa. La presenza dei Carcassona, per i rapporti privilegiati che questa famiglia ebbe con la corte aragonese, dovette alleggerire, per gli ebrei algheresi, il peso della crescente discriminazione attuata, nel XV secolo, nei confronti dei giudei residenti nei territori della Corona d'Aragona. Si stima che nella fase più florida, all'inizio del 1400, ad Alghero vivesse una comunità composta da circa 700 persone. In Sardegna, come nel resto del regno, la repressione culminò con l'espulsione decretata nel 1492 da Ferdinando il Cattolico: per gli ebrei l'unica alternativa all'esilio fu la conversione».
I Carcassona, che guardavano al commercio e alla finanza in modo pragmatico, scelsero la strada della conversione. Non è un caso, infatti, che i membri di questa famiglia continuarono ad avere incarichi pubblici importanti: nel 1515, per esempio, Francesco Carcassona fu capo della Dogana di Alghero. Al di là di questo caso, però, molti ebrei decisero di non convertirsi e lasciarono la città. Risale proprio alla fine del 1400 il periodo di abbandono e degrado del quartiere ebraico. Quell'area della città, all'inizio del 1500, fu teatro di grandi cambiamenti e trasformazioni. Dove sorgeva la sinagoga, per esempio, fu costruita la chiesa di Santa Croce.
L'intervento del professor Milanese, ordinario di Archeologia all'università di Sassari, si è concluso con un ampio dibattito e con l'avvio di una collaborazione tra il Louvre e l'ateneo turritano.
(La Nuova Sardegna, 14 giugno 2011)
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«Unexpected Israel» in piazza Duomo, Netanyahu ringrazia Berlusconi
«Per la straordinaria cooperazione». Dieci giorni per conoscere il Paese. Mercoledì il concerto di Noa
MILANO - Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha ringraziato il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, «per la straordinaria cooperazione a Milano», ove ha preso il via da oggi la rassegna «Israele che non ti aspetti» dedicata allo Stato ebraico. Il ringraziamento è arrivato nel corso della conferenza stampa al termine del vertice italo-israeliano a Villa Madama, a Roma. La kermesse era finita nel mirino di alcuni gruppi antagonisti filo-palestinesi, che avevano minacciato forti proteste. Per questo, in un primo momento si era considerata la possibilità di spostare l'evento da piazza Duomo in una location meno esposta: ipotesi successivamente scartata. All'inaugurazione, lunedì pomeriggio, si è registrato qualche momento di tensione quando manifestanti contrari alla kermesse hanno cercato di oltrepassare le transenne e di entrare nella zona presidiata da agenti di polizia e Digos.
IL PROGRAMMA - La kermesse, che si tiene a Milano dal 13 al 23 giugno, spazia dalla tecnologia - con cinque seminari dedicati alle tecnologie idriche, i new media, la sanità, la sicurezza interna e la robotica - alla cultura, dall'economia al turismo. Vera e propria chicca, l'appuntamento che vedrà insieme su un palco lo scrittore David Grossman e la cantante Noa. In programma anche una mostra sui kibbutz. In piazza Duomo, 15 torri multimediali diffonderanno contenuti audio e video, facendo da cornice a un insieme di iniziative che presenteranno il paese ospite nel suo insieme, dall'economia al turismo alla cultura. Il 14 giugno, a Palazzo Mezzanotte si terrà il primo business forum italo-israeliano, alla presenza anche del ministro dell'Industria Shalom Simhon e del presidente della Lombardia, Roberto Formigoni: un appuntamento che consentirà a centinaia di imprese italiane e israeliane di conoscersi e confrontarsi. Il 15, al Teatro Nuovo, è invece in programma un talk-show con lo scrittore David Grossman e la cantante
Noa .
(Corriere della Sera, 13 giugno 2011)
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Italia: Inaccettabile ogni richiamo alla distruzione di Israele
"Laccordo di pace deve passare attraverso il negoziato diretto fra le parti"
ROMA, 13 giu. - "I richiami alla distruzione dello Stato di Israele e ogni negazione dell'Olocausto sono assolutamente inaccettabili". Lo affermano "con forza" i governi italiano e israeliano in una dichiarazione politica comune approvata durante il vertice di Roma, presieduto dai premier Silvio Berlusconi e Benjamin Netanyahu. "Il Governo italiano - si legge nel testo - riafferma la sua ferma posizione contro ogni manifestazione di delegittimazione e boicottaggio contro Israele". "Alla luce degli importanti cambiamenti nel Medio Oriente - prosegue la dichiarazione - il Governo italiano e quello israeliano condividono la convinzione che una soluzione giusta e duratura al conflitto israelo-palestinese deve essere raggiunta come risultato di negoziati diretti tra le due parti". Ogni accordo di pace, è convinzione dei governi, si fonda "sul principio di due Stati per due popoli, con lo Stato di Israele come Stato ebraico e patria del popolo ebraico, e uno Stato palestinese indipendente, democratico, contiguo e viabile come patria del popolo palestinese, che vivono fianco a fianco in pace, sicurezza e reciproco riconoscimento".
(TMNews, 14 giugno 2011)
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America Latina: molta "indecisione" sul riconoscimento dello stato palestinese
"La maggioranza dei 35 paesi in America latina sono contro il riconoscimento di uno stato palestinese all'ONU, o stanno avendo ripensamenti", ha detto domenica il vice ministro degli Esteri Danny Ayalon.
Ayalon, che è tornato dal fine settimana dove ha partecipato all'Organizzazione degli Stati Americani (OAS), riuniti a El Salvador, ha detto al Jerusalem Post: "Noi certamente abbiamo fermato lo slancio palestinese in America Latina". Tra i paesi che non sostengono il passaggio PA (L'Autorità Palestinese) presso le Nazioni Unite a settembre sono Giamaica, Belize, Guyana, Suriname, Panama, Costa Ricca e il Salvador. Ayalon ha iniziato il suo viaggio dal Messico, uno dei paesi più influenti dell'America latina, andando poi in Brasile e Argentina. Il Messico è stato centro di intensi sforzi palestinesi in vista del riconoscimento dello stato palestinese anche prima del problema del voto presso le Nazioni Unite -con tutti i paesi dell'America Latina- a eccezione della Colombia. Ayalon ha lasciato Città del Messico convinto che i messicani fossero a favore delle negoziazioni. Ha dichiarato inoltre che Israele spera di ottenere che almeno 60 - 70 dell'America Latina votino contro o si astengano durante le votazioni. Questo priverebbe il movimento delle Autorità Palestinesi di un significato morale. Il Ministro degli affari esteri israeliano, Avigdor Lieberman, nel frattempo sta programmando un viaggio in Croazia e nella Repubblica di Macedonia alla fine del mese per ottenere l'appoggio per il voto all'ONU. Il mese successivo, a luglio, é prevista la visita del primo ministro Netanyahu in Romania e Bulgaria.
(FocusMo, 13 giugno 2011)
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Vertice italo-israeliano: siglati 8 accordi bilaterali, ecco il contenuto
Dall'industria alla cooperazione, dalla scuola all'agricoltura, passando per cultura, turismo e sport: sono otto gli accordi di collaborazione siglati oggi nel corso del vertice bilaterale tra Italia e Israele che si è tenuto alla Farnesina e che si è concluso con la conferenza stampa congiunta del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi e del primo ministro, Benjamin Netanyahu, a Villa Madama. Gli accordi sono stati firmati, per parte italiana, dai ministri Frattini (Affari Esteri), Romani (Sviluppo Economico), Romano (Agricoltura), Matteoli (Trasporti), Gelmini (Istruzione), Galan (Beni Culturali), Brambilla (Turismo), Crimi (Sport); per parte israeliana, dai ministri Lieberman (Esteri), Shimon (Industria e Lavoro), Noked (Agricoltura), Katz (Trasporti), Saar (Istruzione), Livnat (Sport), Vilnai (Difesa), Misezhnikov (Turismo). Di seguito, in sintesi, il contenuto degli accordi.
ESTERI: promuovere e rafforzare il dialogo nei settori strategici, economico e di ricerca e sviluppo. I due Governi esamineranno anche programmi per incoraggiare lo scambio di delegazioni di giovani diplomatici, personalità pubbliche, giornalisti e dei più giovani.
INDUSTRIA: I due governi rafforzeranno la loro cooperazione nello sviluppare nuove tecnologie per l'energia rinnovabile, nella salvaguardia dell'ambiente, nella riduzione dei gas serra e in altri campi in cui esiste un interesse comune. I due governi, inoltre, promuovono piuù intense relazioni economiche e industriali tra iItalia e Israele per stimolare il commercio, l'innovazione e la crescita.
TURISMO: I governi cooperano e agiranno per accrescere il numero dei turisti da un Paese all'altro per favorire la promozione del turismo e per migliorare gli scambi di informazioni e competenze nell'organizazione e nella gestione di attività turistiche.
TRASPORTI: I governi rafforzeranno la loro cooperazione nel settore del trasporto marittimo nel mediterraneo in particolare tra i sistemi portuali con speciale attenzione alla cooperazione tra i porti di Trieste, Haifa e Ashdod, e per promuovere accoredi di volo per permettere attività competitive nel traffico aereo; i governi agiranno per allargare la cooperazione nell'ambito della mobilità eletrtruica e dell'innovazione nel settore dell'energia alternativa nei trasporti.
AGRICOLTURA: I governi lavoreranno insieme per promuovere l'innovazione nel settore dell'agricoltura, con particolare enfasi sullo sviluppo e la diversificazione enm'agricoltura.
LAVORO: I governi si scambieranno conoscenze nel settore della partecipazione al mercato del lavoro e della riduzione della disoccupazione.
ISTRUZIONE: I governi concordano di rafforzare il settore degli scambi giovanili tra ISrtaelel e Italai, con lo scopo di creare amicixzie tra le giovani generazioni in entrambi i Paesi; i governi cooperano negli sport, inclusi studi congiunti per promuovere uno stile di vita artrtivo per i cittadini di entrambi i Paesi.
SPORT: I Governi coopereranno negli sport, inclusi studi congiutni per promuovere uno stile di vita attivo per i citadini di entrambi i Paesi.
(FocusMo, 13 giugno 2011)
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Milano - La città alla scoperta di Israele
"Nonostante le sue dimensioni, Israele fa parte degli otto paesi al mondo che sono in grado di lanciare da soli i propri satelliti nello spazio". "Forse è strano a pensarsi, ma la più grande struttura ospedaliera israeliana è anche la seconda più grande al mondo". Queste e molte altre le notizie che si possono scoprire esplorando le installazioni multimediali di Unexpected Israel, aperte al pubblico fino al 23 giugno. Turisti con macchina fotografica al collo, professionisti in giacca e cravatta, semplici curiosi, passeggiano tra le colonne che raccontano con immagini e videoregistrazioni la tecnologia, la sanità e le altre eccellenze israeliane. Delle polemiche dei giorni scorsi rimane traccia nelle transenne che circondano gli stand e in un paio di ragazzi che, appena fuori, distribuiscono volantini inneggianti al boicottaggio dell'iniziativa. E invece Unexpected Israel accoglie i suoi visitatori all'ombra del Duomo, oltre che a Palazzo Mezzanotte, dove martedì 14 si terrà il Forum economico fra Italia e Israele, e al Teatro Nuovo di piazza San Babila che il 15 giugno ospiterà il concerto di Noa con l'intervento dello scrittore David Grossman mentre il 18 sarà la volta del musicista Idan Raichel. E poi ancora i milanesi avranno a disposizione numerose mostre e il Festival del nuovo cinema israeliano promosso dalla Fondazione centro di documentazione ebraica contemporanea e dalla Cineteca italiana. Tante possibilità per scoprire davvero l'Israele che non ti aspetti.
(Notiziario Ucei, 13 giugno 2011)
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Israele si presenta alla città. E la polizia vigila
di Giannino della Frattina
Una piazza Duomo sorvegliatissima, ma non blindata ieri per gli ultimi ritocchi agli allestimenti di Unexpected Israel, la manifestazione che per dieci giorni porterà in città storia, cultura, turismo e innovazione tecnologica del Paese mediorientale. Un'esposizione che, nonostante le minacce di centri sociali e no-global e il corteo di sabato, non è stata spostata dalla sua sede originaria. Oggi l'inaugurazione delle quindici «torri multimediali» alte tra i 2 e i 6 metri per diffondere contenuti audio e video sulle diverse eccellenze. Per ogni faccia, un volto di Israele, dal design all'agricoltura, le tradizioni culinarie, le risorse energetiche e la tecnologia. Su alcuni lati delle strutture, protette da transenne, già ieri erano proiettati, in loop dei videoclip sulle tradizioni israeliane. A sorvegliarle, in attesa dell'apertura al pubblico in programma per questa mattina, polizia e carabinieri. Anche nei prossimi giorni lo spazio occupato dalla mostra, che va dal monumento in centro alla piazza al parcheggio per i taxi, resterà transennato. Ma, da oggi, sarà possibile accedervi, a scaglioni ma sempre sotto l'occhio vigile delle forze dell'ordine. Oltre a numerosi agenti e militari, parcheggiate da alcuni giorni in piazza Duomo, vi sono cinque o sei camionette, tra carabinieri e polizia. Senza contare le auto e gli agenti della Digos. Domani il forum economico a Palazzo Mezzanotte.
(il Giornale, 13 giugno 2011)
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Nella Gerusalemme religiosa la pubblicità non è donna
Quartiere che vai, pubblicità che trovi. In Israele, a seconda del tipo di popolazione che vive in un'area, i poster si adeguano. Così succede che se in tutto lo Stato ebraico Banca Hapoalim espone grandi manifesti con un uomo e una donna (Alma Zack, un'attrice) che reggono il vessillo nazionale, in certi quartieri ultraortodossi di Gerusalemme così come nella cittadina religiosissima di Bnei Brak la ragazza sparisce per lasciare il posto a Dan Haschan, un nano.
La decisione - presa per rispettare le usanze degli ebrei ultraortodossi - se da un lato avvicina i fedeli ai servizi bancari, dall'altro ha fatto arrabbiare tante donne. Non è la prima volta che succede una cosa simile. Sui giornali locali venduti tra gli ultraortodossi, per esempio, le donne vengono letteralmente cancellate dalle foto. Tra le "vittime" c'è anche il segretario di Stato americano Hillary Clinton.
(Falafel Cafè, 13 giugno 2011)
Laici e religiosi in Israele
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Netanyahu: Berlusconi non riconoscerà la Palestina all'Onu
ROMA, 13 giu. - Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ringraziato il premier Silvio Berlusconi per la "posizione chiara assunta" contro il riconoscimento della Palestina da parte dell'Assemblea Generale dell'Onu, durante la conferenza stampa al termine del secondo vertice Italia-Israele a Roma. "Vorrei ringraziarti per la posizione chiara assunta contro il tentativo di bypassare il negoziato di pace" ha detto Netanyahu rivolto a Berlusconi, "la pace richiede negoziato, compromessi recriproci, non può essere stabilita da un accordo dell'Onu". "Una dichiarazione dell'Onu" sulla nascita della Palestina sarebbe un'iniziativa "unilaterale" e quindi "violerebbe ogni accordo fra i palestinesi e Israele" secondo il premier Netanyahu. Oltretutto, ha aggiunto il primo ministro israeliano, c'è anche il rischio che possa "indurire la posizione dei palestinesi". "Se ci fosse una dichiarazione precedente (sulla nascita di uno stato palestinese, ndr) perché dovrebbero tornare a negoziare?" ha chiesto Netanyahu, secondo cui "chiunque sia interessato a un negoziato per la pace deve opporsi a qualsiasi tentativo di imporre i negoziati dall'esterno".
(TMNews, 13 giugno 2011)
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Voto Onu sullo stato palestinese: l'Anp preferisce negoziare con Israele
ROMA, 13 giu. - L'Autorità nazionale palestinese preferisce tornare al tavolo dei negoziati con Israele sulla richiesta di un voto alla Nazioni Unite per il riconoscimento di uno stato palestinese. Lo ha affermato durante il fine settimana a Ramallah il presidente dell'Anp, Abu Mazen. Abu Mazen - riporta il sito internet del quotidiano israeliano Haaretz - stava partecipando sabato a un incontro con una delegazione dell'Internazionale Socialista, dove era presente anche il segretario generale dell'organizzazione, Luis Ayala. Partecipavano inoltre Hilik Bar, segretario generale del partito laburista israeliano, e Dror Morag, segretario generale di Meretz. Ai suoi interlocutori il presidente palestinese ha spiegato che la prima, seconda e terza priorità sono i negoziati; un'iniziativa diretta all'Onu è soltanto all'ultimo posto. Ha proseguito sottolineando che la percezione israeliana sull'unilateralità dell'iniziativa per il riconoscimento dello stato è errata, dal momento che è nei fatti multilaterale, visto che a guidarla sono l'Anp e oltre cento Paesi. Abu Mazen ha spiegato di essersi rivolto all'Onu perchè non aveva altra scelta, ritenendo virtualmente impossibile ottenere progressi diplomatici con il primo ministro Benjamin Netanyahu e il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman. E perchè voleva mantenere la promessa al suo popolo sulla creazione dello stato.
(TMNews, 13 giugno 2011)
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A Gerusalemme il festival della luce
Gerusalemme si illumina per una settimana con un Festival dedicato alle luci e alle sensazioni
Luci, atmosfere e tanti effetti speciali a Gerusalemme. Dal 15 al 22 giugno la Città si trasformerà in un grande palcoscenico per il "Festival della Luce"
La Città Vecchia brillerà grazie ad impianti luminosi, installazioni di luci e mostre dedicate alla luce. Dopo il tramonto, ogni sera per una settimana, dalle 20.00 alle 24.00, Gerusalemme, ricordata nell'Antico Testamento come la "Città della Luce", risplenderà con una coreografia luminosa. Durante tutto il Festival, sarà possibile visitare nel centro storico della città mostre di artisti "della luce" locali ed internazionali, assistere ad eventi di strada, spettacoli di acrobati e visitare una fiera dell'illuminazione allestita presso l' Archeological Garden del Davidson Center di Gerusalemme.
Quest'anno il Festival della Luce esplorerà la relazione tra luce e suono e il senso della vista e dell'udito, nonché la relazione speciale che si crea quando un'esperienza visiva stimola la mente, creando immagini, stimolando ricordi,fantasie, utopie. Molti gli artisti provenienti da molti Paesi tra i quali Francia, Portogallo, USA, Danimarca, Belgio e Italia.
Alla Porta di Jaffa, il gruppo francese TILT creerà la magia di un giardino futurista di luce in una mostra dove lo spettatore viene circondato da un ambiente innovativo utilizzando la più avanzata tecnologia legata alle tecniche della illuminazione Alla Grotta di Zedekia in mostra anche l'opera dell'italiano Richi Fererro che presenterà un originalissimo allestimento visivo completato da musica mongola e sonorità bulgare.
Il festival di Gerusalemme ricostruirà inoltre, l'illuminazione che nel 1937 celebrò l'incoronazione di Re Giorgio VI, mentre un video inserito nella Rothschild House condurrà i visitatori in un virtuale viaggio in treno dalla città alla scoperta della natura ed un altro impianto creerà un "dialogo" con la pietra di Gerusalemme, utilizzando appunto oggetti illuminati per creare illusioni.
VIDEO
Il Festival dell'anno scorso
A El Wad Street si potrà assistere a vari spettacoli di luce, ma anche tutta l'area dalla Porta di Damasco fino all'ingresso al Muro del Pianto sarà invasa di luce. Tra gli appuntamenti, lo spettacolo "Butterfly Effect" che si svolgerà presso il Giardino Ha'bonim: i biglietti possono essere acquistati on line (www.bimot.co.il).
(In Viaggio, 13 giugno 2011)
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Italia: Benetton apre 10 punti vendita in Israele
Il marchio di abbigliamento italiano ha annunciato la prossima inaugurazione di dieci nuovi punti vendita in Israele: il primo aprirà tra due giorni, nel Dizengoff Centre, a Tel Aviv. Il gruppo trevigiano ha investito circa 305mila euro per questo flagship store, situato nel centro commerciale più conosciuto della città. Il negozio sarà disposto su una superficie di oltre 250 m?; l'affitto mensile dei locali supera i 30mila euro. I nove altri punti vendita previsti verranno aperti negli anni a venire. E mentre nella boutique monomarca a Tel Aviv si danno gli ultimi ritocchi in attesa della grande inaugurazione di mercoledì prossimo, su internet i fan israeliani di Benetton hanno già creato una pagina Facebook intitolata United Colors of Benetton - Israel.
(FocusMo, 13 giugno 2011)
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David Mamet: «Gli scrittori britannici sono antisemiti»
di Luigi Mascheroni
«Ci sono molti scrittori britannici di oggi le cui opere sono piene di lerciume antisemita». David Mamet, oggi il drammaturgo americano più famoso e di maggior successo, ama la scena e il palcoscenico. Sa come stupire e attirare l'attenzione su di sé. Lo ha fatto in un'intervista rilasciata all'inserto culturale del week-end «Life&Arts» del Financial Times, il principale giornale economico-finanziario del Regno Unito. Regista, sceneggiatore, produttore cinematografico e drammaturgo, già Premio Pulitzer nel 1984 per l'opera teatrale Glengarry Glen Ross, Mamet, in una lunga conversazione a tutto campo con John Gapper, nota firma della testata londinese, si è lanciato in un attacco contro l'establishment letterario inglese che a suo avviso produce drammi, libri e saggi pieni di «anti-Semitic filth», «lerciume antisemita».
Sessantaquattro anni, figlio di genitori ebrei originari della Russia e che oggi frequenta regolarmente la Sinagoga, non si è del tutto sbilanciato, preferendo non far nomi per evitare di incorrere nelle «famose leggi britanniche sulla diffamazione». Ma, rispondendo all'intervistatore che gli chiedeva come mai in Europa c'è maggior scetticismo che negli Usa sullo stato di Israele, è stato molto chiaro, forse troppo: «negli inglesi c'è una profonda e non sradicabile macchia di antisemitismo». Parole pesanti che - c'è da supporre - non mancheranno di scatenare critiche e risposte.
Non è la prima volta che Mamet affronta lo scivoloso argomento dell'antisemitismo «dentro le mura di casa». Nel 2006, in un saggio sull'odio di sé ebraico e l'antisemitismo intitolato The Wicked Son (Il figlio malvagio), Mamet denunciava «gli ebrei che odiano gli ebrei» come «la peggior rovina di Israele». Il mondo - scriveva - odia gli ebrei, li ha sempre odiati e sempre li odierà, e per questo bisogna stanare e combattere l'antisemitismo ovunque si nasconda. Soprattutto tra gli ebrei stessi, quelli che hanno così interiorizzato l'odio antisemita da autoflagellarsi denigrando le proprie tradizioni e lo Stato d'Israele. In quel caso lo scrittore citò noti e influenti intellettuali come Noam Chomsky, accusato di sostenere davanti ai propri studenti che lo Stato d'Israele è un crimine; Norman Finkelstein, colpevole di aver violentemente criticato «l'industria dell'Olocausto», e Tony Judt, reo di sostenere la necessità di diluire il «carattere ebraico di Israele».
Nella chiacchierata col Financial Times, poi, Mamet - noto soprattutto per la sceneggiatura di Il postino suona sempre due volte, diretto da Bob Rafelson, e de Gli intoccabili - è tornato anche sulle ragioni della sua recente conversione intellettuale al mondo conservatore, annunciata nel 2008 in un lungo articolo uscito sul Village Voice col titolo «Why I Am No Longer a "Brain-Dead Liberal"» («Perché non sono più un liberal senza cervello») che mise in agitazione l'intellighenzia anglosassone: «Ho visto cose nel mio comportamento, nelle mie posizioni che mi hanno orripilato tanto erano sciocche e assurde». Infine - ed è l'affermazione che probabilmente stupirà di più l'élite culturale americana e inglese - Mamet ha rivelato una profonda ammirazione per Sarah Palin: «Vado matto per l'ex governatrice dell'Alaska. Non so se sarebbe una buona candidata alla presidenza, certo è che ha avuto successo in tutto ciò in cui ha messo mano».
(il Giornale, 13 giugno 2011)
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Per l'Egitto Israele ammazza i cristiani copti
Mentre negli USA ci si chiede se il prossimo teatro di guerra sarà in Siria e Libano, e mentre una delegazione dei Fratelli musulmani si reca in visita a Gaza, in Egitto monta l'onda anti-israeliana.
Secondo alcune figure chiave del nuovo regime, Israele avrebbe complottato contro i copti, creando il clima per i pogrom contro di loro, e inoltre venderebbe prodotti "avvelenati" agli egiziani. Arrestata anche una "spia" israeliana, che sarebbe implicata negli scontri di piazza Tahir.
Si tratta di due classiche invenzioni, quella dell'ebreo avvelenatore e ammazza-cristiani, modalità dell'antisemitismo più pitecantropo tipico del nazifascismo e dell'antisemitismo orientale (comunista e non).
In Egitto il nazismo ha avuto gioco facile: era nazista il Gran Mufti di Gerusalemme (foto), legato a filo doppio con l'Egitto e i FM. Erano ex spie naziste due ex presidenti "socialisti" dell'Egitto del dopoguerra, come Nasser e Sadat. Evidentemente non erano i soli.
Fino al 1945 c'erano delle spiegazioni storiche a causa dell'anticolonialismo inglese. Adesso il riemergere di queste falsità serve a spostare l'asse della politica egiziana, su cui si è finora basata una lunga pace in Medio Oriente (escluse le molte microguerre in Libano e Gaza (mai divenute generalizzate, però). Adesso Al Arabi e lo stesso Amr Moussa dimostrano che la Lega araba è a guida egiziana e che l'Egitto sta scivolando verso le posizioni dell'Iran, sull'onda del panarabismo dei Fratelli musulmani.
(La Pulce di Voltaire, 13 giugno 2011)
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Milano - Unexpected Israel
Continuano in piazza del Duomo i lavori per completare le installazioni della mostra Unexpected Israel, l'Israele che non ti aspetti. Dopo una settimana segnata dalle polemiche scatenate da alcune organizzazioni che volevano impedire l'evento, gli stand dedicati alla cultura, alla tecnologia e al business Made in Israel da domani saranno pronti ad accogliere i visitatori, per scoprire il volto dello Stato ebraico lontano dalla politica e dalla crisi mediorientale. Momenti culminanti della rassegna saranno il Forum economico di martedì 14 giugno e la serata tra musica e parole di mercoledì 15, in cui interverranno lo scrittore David Grossman e la cantante Noa.
(Notiziario Ucei, 12 giugno 2011)
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La questura non autorizza il corteo contro Israele
di Paola Fucilieri
Verranno denunciati per manifestazione non autorizzata gli oltre 100 filopalestinesi che hanno partecipato ieri pomeriggio al presidio (trasformatosi poi in un vero e proprio corteo) contro Israele e la kermesse culturale Unexpected Israel, Israele che non ti aspetti, prevista a Milano tra il 13 e il 23 giugno. Non hanno rispettato infatti elementari regole di ordine pubblico, beffandosi delle disposizioni del questore Alessandro Marangoni che aveva sì autorizzato il corteo, proibendo però assolutamente piazza Duomo. Da piazza San Babila, dove li avevano fatti concentrare come stabilito, carabinieri e polizia intorno alle 16 sono stati costretti a scortarli lungo tutto corso Vittorio Emanuele, passando dietro il Duomo, fino all'Arengario. Una contrattazione difficile quella tra i partecipanti al corteo (egiziani, libici, ma anche tanti pasionari italiani avvolti nelle kefiah vicini all'area dei centri sociali) e le forze dell'ordine. Scese a patti probabilmente per non esacerbare gli animi e creare maggiori ostilità nei giorni a venire. Un'azione, la loro, che però ha il sapore della sconfitta per tutte le istituzioni di questa città.
Partiti con l'idea di fare più confusione possibile, di creare un caso, di farsi sentire, insomma, i manifestanti si sono radunati ieri alle 15 in piazza San Babila. E hanno calibrato la loro protesta su temi che «bucano il video». Quindi, per cantarle a Israele e agli israeliani, non solo hanno scelto il tema più scontato, ma anche il più drammatico: i 322 bambini palestinesi di Gaza uccisi durante il conflitto tra dicembre 2008 e gennaio 2009. Parafrasando in maniera sarcastica e a loro uso e consumo il titolo della kermesse, Israele che non ti aspetti. Quindi hanno iniziato a litigare tra loro. A un certo punto un palestinese stava per aggredire un libico che - arrabbiato con la polizia decisa a non farlo andare a manifestare in piazza Duomo - aveva cominciato a bestemmiare in italiano.
Quando le forze dell'ordine hanno capito di non riuscire a bloccare la loro marcia verso piazza Duomo, hanno però imposto le loro regole: i manifestanti volevano raggiungere la piazza con un vero e proprio corteo gridato in pompa magna nel mezzo di corso Vittorio Emanuele; la polizia ha imposto che ci arrivassero alla chetichella passando sui marciapiedi.
Fermati sotto l'Arengario i filopalestinesi hanno scandito con enfasi e ad alta voce i nomi delle piccole vittime di Gaza e la data della loro morte (con relativa traduzione in italiano). E dopo una serie di cori in varie lingue il corteo si è sciolto. Contemporaneamente i militanti dell'associazione di cui faceva parte Vittorio Arrigoni, l'attivista ucciso a Gaza due mesi fa, hanno sfilato da piazza Cairoli alle colonne di San Lorenzo.
(il Giornale, 12 giugno 2011)
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Perché Israele
di Ugo Volli
Mi sono sentito obbligato, nei giorni scorsi, a promuovere un appello per sostenere l'esposizione "Unexpected Israel" programmata a Milano e minacciata da movimenti antisionisti, estremisti filopalestinesi, nemici di Israele di tutti i tipi. L'appello ha avuto circa un migliaio di adesioni, molte illustri e provenienti da varie parti politiche; insieme a forma più tradizionali di azione politica e diplomatica esso ha aiutato a raggiungere lo scopo di conservare a Israele quella che una volta si chiamava l'"agibilità politica" di Milano. Come sapete il nuovo sindaco, dopo qualche sgradevole esitazione, ha respinto il ricatto. L'apertura del salone, con le sue ricche appendici scientifiche, culturali, economiche e industriali è programmata per domani. Voglio ringraziare tutti quelli che hanno contribuito al nostro appello, innanzitutto naturalmente questo sito, la presidenza dell'UCEI e la Comunità ebraica di Milano che l'hanno appoggiato. E voglio esprimere la mia gioia per questo successo
Fin qui il lato positivo di questa faccenda: il popolo italiano è amico di Israele, di nuovo come durante la Shoah uno di quelli in Europa dove l'antisemitismo è più isolato e condannato. Questo paese, nonostante tutti i profeti di sventura, ha una democrazia viva e solida che non permette il boicottaggio di alcuna posizione pacifica, di alcun paese, di alcun popolo.
E però c'è anche il lato negativo: il semplice fatto di dover difendere la libertà per Israele di poter tenere una manifestazione culturale, scientifica e tecnologica che ovviamente non può far male a nessuno è profondamente preoccupante. Nel mondo non è una novità: non si contano i casi di oratori impediti di parlare nelle università britanniche, norvegesi, svedesi, americane, di spettacoli che non si sono potuti fare in Germania, di prodotti cosmetici boicottati in Francia, di frutta rifiutata (da noi, e poi riammessa - il caso Coop), di libri che si è cercato di non far vedere. Dopo la fiera di Torino di tre anni fa (a proposito, c'è qualcuno che abbia disturbato il padiglione palestinese, ospite d'onore di quest'anno, nonostante lo stillicidio degli attentati atroci fatti in nome del popolo palestinese?), va citato il caso grottesco di un distretto scozzese, che ha espulso i libri stampati in Israele da librerie e biblioteche...
Il punto è che queste cose accadono solo a Israele. Per quanto qualcuno possa essere contrario alla politica dello Stato di Israele, se non è completamente pazzo o ignorante, dovrà ammettere che esistono anche il Tibet e il Sudan meridionale, la Cecenia e la Nigeria cristiana, Cipro e la terra curda, i cristiani copti e il popolo siriano massacrato da Assad, l'atomica iraniana e la repressione in Yemen e Bahrein; le dittature grottesche del Nord Corea e di Cuba, eccetera eccetera. Se ne parla - anche se in certi casi molto poco. E però tutto il boicottaggio, l'odio, il disprezzo, l'umiliazione, la violazione dei confini e quant'altro si riversano solo su Israele. Chi pratica queste "forme di lotta" assicura di non essere antisemita - salvo rari casi di lodevole sincerità, come quello di Gianni Vattimo il quale un paio d'anni fa evocò contro Israele il fantasma dei Protocolli dei savi di Sion e in generale degli arabi quando parlano nella loro lingua. Anzi costoro sostengono che anzi la loro è una politica dei diritti umani e della dignità violata dalla terribile entità sionista eccetera eccetera.
Non discuto qui nel merito, lo faccio spesso altrove. Voglio solo ricordare però che ogni ebreo italiano ed europeo, che ha avuto padri e nonni e parenti espulsi dalle scuole e dal lavoro, boicottati nel loro commercio, espropriati delle loro proprietà, svergognati e discriminati, se pure hanno avuto la buona sorte di scampare al genocidio; ogni ebreo, che abbia raccolto il ricordo di quegli anni, riconosce in queste pratiche di umiliazione e di emarginazione la stessa propedeutica dello sterminio che fu messa in atto allora dai nazifascisti e ora è ripetuto quasi alla lettera da neocomunisti e "pacifisti", buoni cattolici di base di Pax Christi, sindacalisti della Fiom e magari anche qualche cantante ebreo. Quel che si applica a Israele oggi è la ripetizione su scala internazionale di quel che Goebbels e Farinacci hanno applicato agli ebrei europei prima di contribuire a mandarli ad Auschwitz: allora "Kauft nicht bei Juden", stelle gialle, espulsione da scuole e associazioni, propaganda con nasi adunchi, frotte di ratti e ogni sorta di disprezzo morale. Oggi boicottaggi, emarginazione, propaganda dell'odio, disprezzo e demonizzazione, calunnie del sangue vecchie e nuove.
Non bisogna illudersi. Tutto ciò non riguarda solo l'entità politica dello Stato di Israele, ha una ricaduta sulla vita di tutti gli ebrei e continuerà ad averlo sempre di più man mano che l'offensiva propagandistica palestinese continuerà e crescerà di tono. Lo si vede in quella gran parte d'Europa - in Norvegia e in Olanda, in Belgio e in Francia, in Svezia e in Gran Bretagna - dove gli obiettivi non sono le esposizioni di Israele, ma direttamente la vita e il corpo degli ebrei. Come nel '38-'45, non c'è spazio per chiamarsi fuori da questa stretta. Coloro che cercano oggi di fare gli "ebrei buoni" "contro l'occupazione" rischiano di ripetere la parabola di Ettore Ovazza, l'ebreo fascista fedelissimo di Mussolini, leader del gruppo della rivista "La nostra bandiera" di Torino, che arrivò al punto di organizzare un assalto squadrista alla redazione "sionista" di Israel, ma fu comunque massacrato dalle SS al momento decisivo. E' nostro compito spiegarlo, non stancarci di spiegarlo, non avere alcuna indulgenza morale per le ambiguità e le prese di distanza.
(Notiziario Ucei, 12 giugno 2011)
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Il magnate russo Nevzlin acquista il 20% di Haaretz
GERUSALEMME, 12 giu. - Leonid Nevzlin, il 51enne magnate russo emigrato in Israele, acquisira' il 20 per cento delle azioni di Haaretz. Lo annuncia lo stesso quotidiano, riferendo che l'operazione, che vede l'ingresso di Nevzlin nel consiglio di amministrazione dell'azienda, lascia alla famiglia Schocken il 60 per cento delle quote azionarie, mentre il restante 20 per cento e' detenuto dalla casa editrice tedesca DuMont Schauberg. Il capitale azionario e' valutato complessivamente 700 milioni di Shekel.
(Adnkronos, 12 giugno 2011)
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Siria, diecimila profughi nelle tendopoli in Turchia
Hezbollah smentisce la sua presunta partecipazione alle azioni militari in corso in Siria e le definisce ''voci diffuse per seminare tensioni interconfessionali''.
Intanto si fa sempre più critica la situazione al confine con la Turchia, dove continuano ad arrivare migliaia di profughi in fuga dalla repressione ed emergono le prime testimonianze dirette di chi è riuscito a mettersi in salvo.
"Sono un soldato dell'esercito e questa è la mia carta da coscritto. Due mesi fa ci hanno mandati in due sobborghi di Damasco dove donne e vecchi inneggiavano alla libertà. C'erano anche iraniani ed Hezbollah che ci hanno dato ordine di sparare e i soldati che non obbedivano erano uccisi", ha dichiarato alla tv turca Tharwat Arafat Haidar.
"Noi non eravamo violenti, ma ci hanno sparato fin nelle case. Allora siamo scappati anche a piedi nudi e abbandonando tutto", dice una donna che preferisce rimanere anonima.
Sarebbero circa 4mila i siriani che hanno già oltrepassato il confine con la Turchia e diecimila quelli che sono stati accolti nelle tendopoli che continuano a essere allestite.
Gli Stati Uniti hanno accusato Damasco di essere responsabile di una crisi umanitaria.
(euronews, 12 giugno 2011)
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Fatah propone Fayyad premier, Hamas si oppone
Il Comitato centrale di al-Fatah ha proposto Salam Fayyad come candidato alla guida di un governo di transizione di esperti, che dovrebbe essere costituito sulla base di accordi di riconciliazione con Hamas.
RAMALLAH, 12-06-2011 - Il Comitato centrale di al-Fatah ha proposto Salam Fayyad come candidato alla guida di un governo di transizione di esperti, che dovrebbe essere costituito sulla base di accordi di riconciliazione con Hamas.
Lo ha reso noto Nabil Abu Rudeina, un consigliere del presidente palestinese Abu Mazen.
Ma da Gaza la reazione negativa di Hamas non si e' fatta attendere. "Hamas non prende nemmeno in considerazione quella candidatura" ha detto alla stampa un fonte di quel movimento.
La decisione del Comitato centrale di al-Fatah relativa a Fayyad e' stata adottata in vista di un incontro, fissato per martedi' al Cairo, in cui emissari di al-Fatah e di Hamas dovranno discutere la composizione del governo di esperti che guidera' l'Anp per un anno, in vista di nuove elezioni politiche e presidenziali.
Fayyad e' un personaggio indipendente e gode di buona reputazione all'estero per aver condotto il vigoroso risanamento dell'economia in Cisgiordania, nonche' per la sistematica edificazione di stabili strutture politiche ed economiche in vista della proclamazione di uno Stato indipendente.
In un sondaggio di opinione condotto negli ultimi giorni in Cisgiordania, e' emerso inoltre che la sua figura ottiene oltre il 50% dei consensi.
Ma oggi da Gaza Hamas ha ribadito netta contrarieta' a quella candidatura. Avendo lavorato negli ultimi anni spalla a spalla con il presidente dell'Anp, Abu Mazen, Fayyad appare agli occhi di Hamas come un alleato di fatto di al-Fatah e non un tecnocrate al di sopra della parti.
Nel frattempo al-Fatah deve misurarsi con il riacutizzarsi della crisi interna fra Abu Mazen e Mohammed Dahlan. La questione, affermano fonti affermate, e' stata discussa a porte chiuse ieri dal Comitato centrale di al-Fatah.
(RaiNews24, 12 giugno 2011)
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Italia-Israele - Domani bilaterale: in agenda Medio Oriente e processo di pace
Netanyahu da Berlusconi con 9 ministri: a Roma per molti accordi
GERUSALEMME - Domani a Villa Madama il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi accoglierà il suo omologo israeliano Benjamin Netanyahu per un vertice bilaterale che prevede la partecipazione di numerosi ministri. La delegazione israeliana partirà oggi dallo Stato ebraico, ha riferito una fonte a condizione di anonimato. Il capo dell'esecutivo di Israele sarà accompagnato da nove ministri. I colloqui con Berlusconi "verteranno sui recenti cambiamenti intervenuti in Medio Oriente e sul processo di pace" israelo-palestinese, ha riferito la fonte.
"Il quadro delle riunioni governative congiunte si presta al rafforzamento delle relazioni bilaterali, e Israele ha anche preso in considerazione questa formula in particolare con Germania e Polonia", ha sottolineato la fonte.
Interpellato dalla radio pubblica israeliana, l'ambasciatore di Israele a Roma, Guidon Meir, ha spiegato che "non meno di nove accordi di cooperazione bilaterale dovranno essere firmati in occasione di questa visita". "Importanti eventi economici israeliani sono d'altra parte previsti prossimamente in Italia, in particolare a Milano", ha aggiunto.
Secondo l'ambasciatore, "l'Italia è uno dei pochi paesi che intrattiene relazioni strette allo stesso tempo con Israele e il mondo arabo, ed essa si oppone al principio del riconoscimento da parte dell'Onu, nel prossimo mese di settembre, di uno Stato palestinese con frontiere precedenti al giugno 1967".
(la Politica Italiana.it, 12 giugno 2011)
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Vertice Fmi, spunta l'outsider. "Israele candida il governatore Fischer"
Il colpo di scena, annunciato dall'emittente di stato Channel 2, scombina i giochi per la direzione generale e il posto di Strauss-Khan, ormnai ridotti a una sfida a due tra la francese Lagarde (favorita) e il messicano Carstens .
ROMA - Colpo di scena nella corsa per il vertice del Fondo monetario internazionale: il governatore della Banca d'Israele, Stanley Fischer, avrebbe infatti depositato la sua candidatura per la direzione generale dell'Fmi. Lo ha riferito oggi l'emittente dello stato ebraico Channel 2. La notizia, non ancora confermata ufficialmente dalla Banca centrale israeliana, è giunta poco dopo la scadenza del termine massimo stabilito per la presentazione delle candidature alla successione di Dominique Strauss-Kahn.
Fischer entrerebbe dunque a sorpresa a scombinare le carte di quella che era ormai diventata una sfida a due fra il ministro francese delle finanze, Christine Lagarde e il governatore della Banca centrale del Messico, Agustin Carstens. Ieri, ultimo giorno utile per le candidature, c'è stato infatti il ritiro dei due possibili concorrenti: Grigory Marchenko del Kazakhstan e Trevor Manuel del Sudafrica.
Fischer, 67 anni, economista rispettato per avere aiutato il suo paese a superare la crisi finanziaria internazionale, ha già occupato un ruolo di primo piano alla banca mondiale ed è stato numero due dell'Fmi. Nello scorso mese di marzo aveva accettato un secondo mandato di cinque anni alla guida della banca centrale d'Israele.
In queste settimane sia Lagarde che Carstens hanno fatto un'intensa campagna elettorale per cercare di ottenere i favori dei grandi elettori del Fondo: la Lagarde si è mossa soprattutto per superare l'eccezione dei Brics, i paesi delle nuove economie emergenti, che chiedono finalmente un direttore generale non europeo; Carstens, al contrario, ha fatto di tutto per rassicurare l'Europa.
I 24 membri del board del Fmi si riuniranno a fine giugno per prendere la decisione finale. La Lagarde era data favorita, ma una confermna della presenza di Fischer nella corsa per il posto di Strauss-Khan rimetterebbe in moto tutte le diplomazie e i corteggiamenti, soprattutto verso Brasile, Indiaa, Cina e Russia.
(la Repubblica, 11 giugno 2011)
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Milano: programma di "Unexpected Israel"
Gli stands in piazza Duomo presidiati
15 "torri" multimediali in Piazza Duomo, il First Italian - Israeli Business Forum, un inedito incontro tra lo scrittore David Grossman e la cantante Noa, l'esibizione dal vivo del Gruppo Idan Raichel Project. Sono solo alcuni dei momenti di "Unexpected Israel", letteralmente "l'Israele che non ti aspetti", primo summit trasversale Italia -Israele che si svolgerà a Milano dal 13 al 23 giugno.
L'iniziativa è stata voluta e ideata da un gruppo di imprenditori e istituzioniitaliane e israeliane, dal Governo italiano e dall'Ambasciata di Israele, in occasione del 150o anniversario dell'unificazione di Italia. Sarà la poliedricità della cultura di Israele, proposta nella simultaneità di aspetti diversi ma complementari, il fil rouge di "Unexpected Israel", evento che mette in luce le effettive e variegate realtà che ne compongono il profilo.
In tale prospettiva, alcune delle personalità più autorevoli della cultura israeliana sono state chiamate ad esprimersi per la prima volta in forma corale nel nostro Paese. L'installazione multimediale posizionata in Piazza Duomo(15 totem espositivi alti tra i 2 e i 6 metri), che sarà aperta lunedì13 giugno, diffonderà contenuti audio e video, coniugando le eccellenze del Paese, dall'ambito scientifico a quello dell'intrattenimento. Piazza Duomo diventerà il baricentro di unflusso continuo e diffuso di iniziative e appuntamenti e costituiràil luogo di eccellenza per favorire lo scambio e il dialogo tra le culture dei due Paesi.
L'economia della seconda nazione al mondo per numero di società quotate al NASDAQ, con la cifra di Venture Capital pro capite pari a 600 dollari contro i 30 della media europea, chevanta 4.000 start up nell'high-tech su una popolazione di 6 milioni di abitanti, sarà messa a tema martedì 14 giugno, datadel "First Italian - Israeli Business Forum", a Palazzo Mezzanotte. Previsti gli interventi dell' onorevole Shalom Simhon, Ministro israeliano dell'Industria, Commercio e Lavoro. Il Summit, organizzato dalla Camera di Commercio di Milano e Assolombarda, sarà seguito da 600 businessman italiani e israeliani e prevede, tra l'altro, una sessione di meetings tra 20 aziende per sviluppare rapporti di partnership commerciale o industriale. Tra i relatori, anche Roberto Formigoni, Paolo Zegna (vice presidente per l'internazionaliazzazione di Confidustria), Franco Bernabè (CEO Telecom), Ouzi Catz (CEO TELIT).
Un talk show sui generis, senza conduttore, sarà, invece, quello con lo scrittore David Grossman e la cantante Noa sul palco del Teatro Nuovo la sera di mercoledì 15 giugno. Costituiràun'occasione inedita di incontro tra due formule creative che, da diverse angolature, esprimono le radici di una storia comune. Un faccia a faccia in cui si alterneranno letture di David Grossman e storie cantate da Noa. Per la prima volta la musica e la scrittura di questi due artisti israeliani si intrecciano per raccontare il volto di un Paese che favorisce il dialogo e lo scambio tra culture diverse.
"The Idan Raichel Project", gruppo star dell'etno music a livello globale, si esibirà dal vivo, ancora una volta sul palco del Nuovo, alle 21 di sabato 18 giugno, proponendo suoni ebraici intrecciati con i ritmi dell'Africa e la poesia araba. Il collettivo sarà affiancato dalla "sand artist" ("l'artista della sabbia") Ylana Yahav, capace di creare forme suggestive a ritmo di musica,utilizzando una tavolozza di vetro proiettata su un grande schermo.
Una serie di mostre faranno da cornice agli eventi fin qui delineati. Dal 13 al 24 giugno l'Urban Center di Galleria Vittorio Emanuele ospiterà "Kibbutz: l'architettura della collettività", curata dagli architetti Galia Bar Or e Yuval Yasky per celebrare i 100 anni di vita di una delle principali basi sociali dello Stato d'Israele.
In parallelo, presso la Galleria Riccardo Crespi di via Mellerio 1, potrà essere visitata la prima personale dell'artista israeliana Talia Keinan, dal titolo evocativo "Leave the little light on when I'm coming back home at night", una serie disegni, collage, luci, video e sculture esposti sui tre livelli della galleria.
Nello stesso tempo, i pannelli posizionati lungo i lati di via Dante proporranno 38 scatti di otto fotografi internazionali,scelti dal Ministero del Turismo Israeliano (13 giugno - 13 luglio), che immortalano colori, attività, razze e culture, paesaggi, stranezze e ricchezze, volti e panorami, contrasti e paradossi del Paese mediorientale.
"Unexpected Israel" non tralascia, infine, la cinematografia,divenuta un vero e proprio veicolo alternativo per dare voce alla istanze culturali di Israele. Il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea e la Fondazione cineteca italiana, infatti, presenteranno "Nuovo Cinema Israeliano", una selezione dalla quarta edizione del Pitigliani Kolno'a Festival, l'evento più significativo nell'orizzonte italiano dedicato al cinema di autori israeliani. La rassegna è programmata tra il 19 e il 23 giugno presso lo spazio Oberdan.
(FocusMo, 11 giugno 2011)
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Israele sotto assedio anche nel cuore di Milano
di Giannino della Frattina
«Unespected Israel», l'Israele che non t'aspetti. Parte domani, nonostante le minacce di estrema sinistra e no-global, la rassegna che con undici giorni di incontri, eventi e installazioni vuol raccontarne cultura, turismo, economia e innovazione tecnologica del Paese mediorientale. La presentazione ieri col governatore Roberto Formigoni e l'ambasciatore d'Israele Gideon Meir che ricorda come «Milano e Tel Aviv siano città gemellate» e Italia e Israele abbiano «la cultura nel Dna». Con loro nella sede della Regione, il sindaco Giuliano Pisapia, il presidente della Provincia Guido Podestà, quelli di Assolombarda Alberto Meomartini e di Promos Bruno Ermolli.
Cuore della manifestazione (www.unespectedisrael.it) le quindici torri multimediali che in piazza Duomo diffonderanno contenuti audio e video. In via Dante la mostra degli otto fotografi di tutto il mondo scelti dal ministero del Turismo israeliano. Mentre la mostra «Kibbuz: l'architettura della collettività» per celebrarne i cento anni di vita, sarà ospitata dall'Urban Center della Galleria. Alla Galleria Riccardo Crespi di via Mellerio 1, la prima personale dell'artista israeliana Talia Keinan. «Nuovo cinema israeliano» è la rassegna allo spazio Oberdan a cura del Centro di documentazione ebraica contemporanea e della Fondazione cineteca italiana. Attesissimo il talk show con lo scrittore David Grossman e la cantante Noa sul palco del Teatro Nuovo la sera di mercoledì 15. Dal vivo, sempre al Nuovo sabato 18, il concerto di Idan Rachel Project, gruppo star dell'etno music che interpreta sonorità ebraiche intrecciate con i ritmi dell'Africa e la poesia araba. Si parlerà di affari il 14 giugno a Palazzo Mezzanotte con il primo business forum italo-israeliano, alla presenza del ministro israeliano dell'Industria Shalom Simhon e di quello italiano per lo Sviluppo economico Paolo Romani.
«L'amicizia tra Italia, Lombardia e Israele - le parole di Formigoni - è senza se e senza ma. Tuttavia voglio ricordare che nutriamo la stessa amicizia con il popolo palestinese, non lo dico perché serva un contrappeso, ma perché nessuno possa strumentalizzare questa iniziativa». Pisapia chiede che «a Milano non venga riprodotto uno scontro che non trova soluzione in sede internazionale. Due popoli devono avere due Stati». Per Podestà «un'occasione per Israele per farsi conoscere anche da chi ha la malattia del preconcetto».
(il Giornale, 11 giugno 2011)
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Israele a Milano - "Lavoriamo per la pace"
Ai firmatari dell'appello pubblicato dal Manifesto contro la settimana di cultura israeliana organizzata in Piazza Duomo a Milano.
di Angelica Calo Livne, educatrice al dialogo
E se capovolgessimo e stravolgessimo per una volta le carte in tavola? Se invece di combattere e accusare cercaste il modo di collaborare? Non pensate che gioverebbe molto più al popolo palestinese? Pensate un attimo: potreste convincere i capi dei consigli regionali palestinesi ad accettare l'aiuto di ingegneri israeliani per cambiare le tubature dell'acqua che sono in uno stato degradante e fanno disperdere tutta l'acqua che dovrebbe servire al fabbisogno giornaliero. Potreste aiutarli a condividere tutte le scoperte e le tecnologie elaborate in questi ultimi 63 anni di geniale lavoro nelle università e nei laboratori israeliani. Ad usufruire dei progressi nel campo medico e scientifico. Sicuramente ci sono belle teste tra i palestinesi che sarebbero più che felici di far parte di un team di scienziati , di fisici o di medici per dare un supporto alla propria comunità. Una volta rimanevo molto colpita e offesa dal livore che si leggeva tra le righe di molti vostri articoli sulla situazione in Medio Oriente, oggi, mentre leggevo il vostro appello, ho sentito un senso di pietà. Molto di ciò che scrivete ha un'aria patetica, come di chi non sa più a cosa attingere per risvegliare l'attenzione di chi lo circonda e comincia ad inventare storie. Vivendo in Israele incontro tutti i giorni la realtà di questo Paese che tanto aberrate e per giunta, vivendo in Galilea, circondata da villaggi arabi, mi trovo sovente a condividere il divano in sala d'attesa di un dentista, di un parrucchiere, di un'estetista o in piedi, in turno alle casse del supermercato con persone di ogni cultura, anzi il nostro dentista è un ottimo medico arabo musulmano del villaggio Jish e la parrucchiera viene dal villaggio arabo cristiano Fassuta...e ora che ci penso anche l'estetista! Non ho mai visto fenomeni di questo genere: "(...) il 20 per cento della popolazione di esso, sono disprezzati e discriminati in tutti i modi: non solo privati dei più importanti diritti politici e civili, ma anche dei diritti umani fondamentali" .
Ma via ragazzi! un giornale serio non può pubblicare un simile appello! Colmo di inesattezze. Un giornale di sinistra! Per me la sinistra è il simbolo del rispetto e dell'aiuto reciproco, è il compendio di tutti gli ideali di solidarietà, amore per l'uomo in quanto uomo. Io che vivo in un kibbutz, ancora completamente comunitario, ne so qualcosa di socialismo!
Vi siete trovati di fronte a un sindaco coraggioso, che ha capito che non può vietare ai suoi cittadini di esporsi alle novità che il mondo offre, che va a passo con il tempo.
Avete usato frasi nel vostro appello non ponderate, non provate: "(...) la pulizia etnica continua oggi, ininterrotta" .
Ma cosa intendevate? Di chi stavate parlando? Questo evento vuole dimostrare che tutte le nostre energie sono protese verso l'educazione, la costruzione, la difesa, l'assorbimento di nuovi immigranti ebrei e non ebrei dalla Russia, dall'Etiopia, dal Sudan. Anche immigranti che nessuno desidera!
Avete scritto: "I Palestinesi hanno diritto ad un loro Stato, con la struttura e confini che essi concorderanno con la Comunità Internazionale".
Ma questo che legame ha con l'evento a Piazza Duomo? Anzi, se ci sarà collaborazione, Inshallah, Beezrat HaShem, fra qualche anno, questo evento si farà insieme: Israele e Palestina, gioielli del Medio Oriente, nonostante la volontà dei Paesi arabi circostanti che hanno segregato questa povera gente in campi senza speranza, nonostante quelli come voi, che invece di aiutare eccitate il rancore, la frustrazione, l'angoscia.
Pensateci. Pensate a loro, ai palestinesi, non a voi stessi. Voi nei vostri salotti state tranquilli con un bel calice di vino a fare politica. I palestinesi non hanno bisogno della vostra politica. Hanno bisogno di aiuto. E il vostro appello era tutto tranne questo!
(Notiziario Ucei, 10 giugno 2011)
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Sfogliando Gerusalemme tra archeologia e storia
LIBRI. Lo splendido volume è stato recentemente presentato al Festival Biblico di Vicenza. Realizzato dall'archeologo Dan Bahat, l'atlante racconta la madre di tutte le generazioni di credenti come non è stata mai letta.
di Roberto Luciani
VICENZA - Si chiama "Atlante di Gerusalemme" ed è un capolavoro. Realizzato da Dan Bahat, il più grande archeologo israeliano vivente, racconta la madre di tutte le generazioni di credenti come non è stata mai letta, soprattutto in italiano. Un'opera unica sotto il profilo storico ed archeologico, giunta alla terza edizione ma pubblicata solo ora, per la prima volta, nel nostro Paese per i tipi de il Messaggero di Padova. Ed a legare ancor di più la nostra terra alla città di Davide la decisione di presentarla, notizia nella notizia, in anteprima nazionale proprio a Vicenza, nel corso del recente Festival Biblico.
Un regalo, impreziosito dalla presenza dell'autore, che ha confermato lo spessore della rassegna
cattolica vicentina e che ha premiato il lavoro e le intuizioni di don Raimondo Sinibaldi, infaticabile direttore dell'Ufficio Pellegrinaggi della Diocesi e vulcanico ideatore ed organizzatore di iniziative e convegni.
Lui, naturalmente, si schermisce spostando i riflettori sullo studioso ebreo: "Bahat è stato per anni responsabile degli scavi nell'area del Muro del Pianto, dove ha portato alla luce il tunnel che scorre alla sua base. E' un ricercatore eccezionale ma anche un uomo semplice, doti che ha saputo esprimere nel suo libro".
Oltre 400 immagini a colori e tra cartine, disegni, foto, rielaborazioni isometriche, riproduzioni di monete antiche e ricostruzioni di palazzi scorre sintetico e potente il testo di facile lettura e corredato di informazioni autorevoli ed aggiornate, basate sulle ultime scoperte. Rigoroso e preciso sotto il profilo scientifico, superiore a qualsiasi altra pubblicazione del genere, l'Atlante di Gerusalemme segue un filo logico semplice, dove ogni capitolo, ed al suo interno ogni pianta topografica corrispondente, illustra in tempo praticamente reale un racconto senza tempo né fine, per certi aspetti ancora sepolto ed in attesa di ritornare alla luce.
Si comincia dalle origini, dal primo insediamento, al 1000 a.C, si passa al periodo del Primo Tempio (1000-586 a.C.) e poi del Secondo Tempio (583-a.C.-70 d.C.), al tempo di Gesù, per continuare con l'Aelia Capitolina (135-326), il periodo bizantino (326-638), il primo periodo musulmano (638-1099), il periodo crociato (1099-1187), il periodo ayyubida (1187-1250), il periodo mamelucco (125-1517), il periodo ottomano (1517-1917) fino al Mandato Britannico e, dal 1948 al 1967, alla Gerusalemme divisa.
«A completare l'atlante - sottolinea don Raimondo - c'è anche una bibliografia ragionata e l'indice completo dei nomi di persona e di luogo. Al di là di questo, però, la grande forza sta proprio nel messaggio d'amore che lancia, affinché siano protetti tutti i suoi tesori archeologici, non importa a quale epoca appartengano, e venga salvaguardato il suo retaggio di speranza, unico per le generazioni che verranno».
(il Giornale di Vicenza, 11 giugno 2011)
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La riapertura del valico di Gaza è una mera trovata pubblicitaria.
di Costantino Pistilli
Secondo un articolo di Khaled Abu Toameh, pubblicato sul web magazine dell'Hudson Institute, la riapertura del Valico di Rafah tornerà più utile al Consiglio Supremo dell'esercito del Cairo che ai palestinesi. Un concetto che gli abitanti della Striscia di Gaza hanno capito già dal primo giorno della riapertura del confine egiziano. Infatti, le autorità cairote hanno limitato il numero dei palestinesi intenzionati ad attraversare il Valico della discordia. Infatti, il permesso per lasciare, anche se temporaneamente, la Terra di Hamas per arrivare al Paese delle piramidi è stato concesso ad appena un centinaio di persone. Ad altre migliaia invece è stato vietato l'accesso per "motivi di sicurezza". La paura del governo ad interim, infatti, è di permettere il libero passaggio anche di appartenenti alle schiere dei Fratelli Musulmani e di altri gruppi con tendenze dinamitarde. L'ombra del terrorismo, dunque, non è sparita nell'alba del vecchio governo. Sul fronte israeliano le preoccupazioni sono le stesse. Da più di due mesi, infatti, i reparti di sicurezza di Gerusalemme hanno avvisato le famiglie stanziate nel Sinai di lasciare le loro case e spostarsi in luoghi meno vicini all'Egitto: il pericolo di rapimenti è molto elevato.
Una conferma di quanto l'area sia diventata "selvaggia" già l'abbiamo avuta quando, per due volte,è stato sabotato il gasdotto che trasporta combustibile a Israele passando per la Giordania. Inoltre, Hamas non sembra garantire la sicurezza della zona neanche ai propri concittadini e il consolidarsi di nuovi gruppi salafiti, antagonisti di Hamas, ne sono un'ulteriore conferma. Hamas sembra perdere peso tra i suoi "elettori" e la cacciata di Khaled Mashaal dai campi profughi palestinesi in Siria e l'accordo con la leadership di Ramallah rappresentata da Abu Mazen potrebbe essere letta con questa lente. L'avatar iraniano, infatti, perde sempre più peso e quello che gli rimane da giocare sono solo e soltanto azioni demagogiche, spot internazionali e il cercare di consolidare l'alleanza tra il vecchio nazionalismo arabo -rappresentato da Abu Mazen- con l'estremismo coranico.
Toameh, dunque, chiede quali sono le differenze tra questo nuovo Egitto e quello di Mubarak che comunque impediva a un milione e mezzo di abitanti della Striscia di attraversare il Valico? Eppure, dopo la cacciata del vecchio rais, i palestinesi della Striscia e gli egiziani di Piazza Tahrir sono stati i primi ad esultare e a promettere un nuovo mondo. Eppure, secondo il giornalista arabo israeliano, hanno già iniziato a capire che è ancora troppo presto per parlare di revolution . Una cosa è certa, suggerisce ancora Toameh, qualunque sia il prossimo governo, che dovrebbe insediarsi prima di fine anno e attraverso lo svolgimento di elezioni democratiche, la responsabilità del controllo del Valico di Rafah e la relativa securitizzazione resterà solo e soltanto un problema d'Israele.
(l'Occidentale, 11 giugno 2011)
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Trieste - Andrea Mariani nel governo della città
Entra far parte della compagine di governo della città di Trieste e lascia la presidenza della Comunità ebraica giuliana il Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Andrea Mariani.
L'annuncio è stato dato dal nuovo sindaco di Trieste, Roberto Cosolini, questa mattina al momento di rendere pubblici, nel palazzo municipale di piazza Unità d'Italia, i nomi dei componenti della nuova Giunta che prende le redini della città.
A Mariani, che assume l'incarico di Giunta come indipendente, è stato assegnata la responsabilità di assessore alla Cultura. Pochi minuti prima, lo stesso Mariani, si era recato alla Sinagoga triestina per rassegnare le dimissioni dall'incarico di presidente della Comunità. Nell'ambito del Consiglio dell'Unione, fra l'altro, Mariani ha la responsabilità di macroarea per le comunità del Nord Est italiano.
Molti i messaggi di felicitazioni pervenuti al leader ebraico italiano, sia in campo nazionale che nell'ambito della città.
Fra l'altro in occasione delle recenti elezioni municipali che hanno segnato un cambio della guardia al governo della città, il nuovo sindaco Cosolini aveva dichiarato a l'Unione informa: "La Comunità ebraica è una componente fondamentale di Trieste e ad essa dedicherò grande attenzione. Il mio sogno è quello di tornare alla situazione di inizio Novecento quando Trieste conobbe un periodo di grande ricchezza e splendore con l'arrivo in città di numerose comunità che vi portarono cultura e imprenditorialità. Superati anni di forti contrapposizioni ideologiche possiamo adesso finalmente riproporre quel contesto sociale". Cosolini vede nella valorizzazione delle minoranze un perno essenziale del suo mandato: "Le minoranze sono la nostra forza e le nostre migliori ambasciatrici nel mondo. Questa è la città multiculturale e multireligiosa per eccellenza, la città che è stata veramente europea ancor prima della nascita di una Europa unita. Alle proposte culturali della Comunità ebraica così come a quelle delle altre minoranze guarderò quindi con forte interesse e partecipazione sulla scia di un impegno personale che porto avanti da tempo".
Mariani dal canto suo aveva dichiarato: "L'elezione del nuovo sindaco Roberto Cosolini e del nuovo presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat ci rasserenano per il futuro vista la forte vicinanza dimostrata da entrambi nei confronti della Comunità ebraica. Una vicinanza sancita con la presenza a molti eventi da noi organizzati negli ultimi anni, da una evidente predisposizione alla cultura senza schieramenti di parte e da una visione rivolta sia alla crescita interna che all'apertura verso l'esterno".
"Con l'elezione di Roberto Cosolini - aveva infine affermato il coordinatore dei dipartimenti Informazione e Cultura dell'UCEI Guido Vitale, buon conoscitore della realtà locale perché a lungo giornalista a Trieste impegnato sul terreno della cronaca locale - al di là degli esiti del voto la città giuliana torna alla sua vocazione di polo di multiculturalità e di capitale delle minoranze. La sua salita al governo della città è un fenomeno che va oltre gli schieramenti politici e costituisce il riconoscimento di doti umane e professionali fuori dal comune, della sua capacità di vivere giorno per giorno e di comprendere le genti disparate e ricche di identità che di Trieste costituiscono il maggiore patrimonio".
(Notiziario Ucei, 10 giugno 2011)
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È morto Avraham Zecchillo, l'ultimo ebreo di Trani
La comunità ebraica di Trani piange la scomparsa di Avraham Zecchillo, uno dei fondatori della rinata comunità tranese e l'ultimo degli ebrei tranesi.
Zecchillo era da tempo sofferente e per tale ragione era tornato in Israele (laddove vivono le sue 4 figlie e i nipoti) per curarsi al Beilinson Hospital di Petah-Tikva, laddove è venuto a mancare martedi scorso alla vigilia della Pentecoste ebraica.
Gli ebrei della comunità di Trani si raccolgono in silenzio e lo ricordano tutti come un uomo buono, generoso, che ha creduto fortemente nella rinascita ebraica del suo paese e nel ritorno al culto ebraico della Sinagoga Scolanova. «Che la terra ti sia leggera, caro Avraham», è l'estremo saluto a Zecchillo degli Ebrei di Trani e di Puglia.
(il Giornale di Trani, 10 giugno 2011)
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Assad attacca Israele per disperazione
di Franco Marta
Mentre il fuoco delle rivolte di piazza sta divorando il Nord Africa portando alla caduta dei regimi arabi che hanno governato quei paesi, diventano sempre più intensi i tentativi di destabilizzazione, da parte di Iran e Siria, che sono le centrali principali del terrorismo internazionale.
La vampa rivoluzionaria che colpisce il dispotismo siriano di Bashar el Assad, da ben tre mesi è soffocata con viva ferocia dall'esercito, che non si perita di sparare ad altezza d'uomo sui cittadini in piena rivolta. Il popolo siriano sceso in piazza per la libertà, chiede al tiranno di lasciare il potere e di far entrare aria nuova in quella società asfittica e soffocata dal regime nazista quivi insediato. La richiesta popolare riceve, però, la risposta a suon di carri armati e di tiratori scelti, che fanno fuoco indiscriminatamente sulla folla in lotta.
Nonostante la dura repressione da parte degli scherani del despota, i cittadini che si sentono parte integrante della "primavera araba", che ha divelto i regimi islamici ingessati, continuano imperterriti a lottare per la loro libertà. Così, per uscire in qualche modo dalla difficile situazione in cui si trova, Assad tenta di ricompattare il Paese creando una situazione di crisi con il confinante e odiato Stato d'Israele. Quasi un mese fa, il regime nazista siriano organizzò una serie di "movimenti spontanei" al confine israeliano del Golan, con un tentativo respinto di invasione operato da "volontari" appositamente stipendiati.
Nei giorni scorsi, invece, nonostante le profferte economiche per "i martiri" o per le loro famiglie in caso di loro "gloriosa" dipartita, Assad ha dovuto accontentarsi non di migliaia di "martiri", ma di un'esiguità che sfiora alcune centinaia. Questi "volontari" sono stati trasportati sul "luogo di lavoro" per mezzo di autobus che sono passati "inosservati" attraverso i posti di controllo frontalieri, che in altre occasioni riescono a fermare tutti coloro che cercano di passare. Tsahal ha difeso lo Stato israeliano dal tentativo d'invasione perpetrato dai "martiri retribuiti" provenienti dal confine siriano, ed ha fatto il proprio dovere tentando di dissuadere i gruppi invasori e di limitarne al massimo i danni e le perdite.
I soldati israeliani si sono limitati al solo sparare alle gambe, e se c'è stato qualche caduto dalla parte dei gruppi della provocazione e dell'invasione, questo è avvenuto per le bombe molotov maneggiate da questi e cadute sulle mine disseminate dai siriani sul confine. Il regime di Assad, messo alle strette dalle lotte dei cittadini, che fino ad ora non hanno mostrato alcuna intenzione di placare la propria sete di libertà, cerca disperatamente un vero e proprio diversivo, creando ad arte un pretestuoso momento di "protesta palestinese". Il totalitarismo nazista siriano tenta di creare, sulle alture del Golan, un caso di "rivolta" anti israeliana e tenta di sviare l'attenzione nazionale e internazionale dalle efferatezze commesse dall'esercito contro la rivolta popolare in atto nel Paese.
Questa lotta popolare sta dilagando in tutta la Siria e, nonostante la durezza delle repressioni da parte dell'esercito, sta dilagando da nord a sud e starebbe ponendo basi sicure di controllo di alcune città. Il regime sta perdendo progressivamente terreno di fronte all'avanzare delle formazioni anti Assad, che stanno infliggendo una dura lezione alle forze di sicurezza governative. Proprio per tale ragione, sarebbe d'uopo, per il governo fantoccio siriano, creare una situazione di crisi nei confronti degli odiati israeliani e tentare di far confluire in questa tutto il fermento scaturente dall'attuale lotta per la libertà da parte della popolazione. Una vera e propria guerra contro Israele potrebbe essere il "giusto toccasana" per la salvezza del regime sanguinario di Bashar el Assad e potrebbe essere lo strumento adatto per "rubare l'anima" alla rivolta dei cittadini.
Non è assolutamente credibile la tesi della spontaneità della "protesta", che ha condotto al tentativo d'invasione dello Stato d'Israele, poiché il regime siriano non solo ha lasciato fare, ma ha addirittura organizzato e coordinato tutta la trista pantomima. Così i media internazionali, e gran parte di quelli nazionali, mentre si sono dati al vago e al nesci di fronte alle stragi commesse dal regime di Damasco contro i propri cittadini in lotta, di fronte alla sceneggiata del Golan hanno gridato i propri peana e strillato "Israele spara".
Non si è detto che Israele difende i propri confini dal tentativo d'invasione portato avanti da uno stato nemico, ma si è detto invece che "Israele spara sulla folla". Ma ormai ci si è abituati al sentir descrivere lo Stato ebraico come la causa principale di ogni male del mondo e non ci si fa più molta meraviglia. Per amor di patria, non si vuole assolutamente stare a far nomi sui media nazionali, coesi alle satrapie arabe e nemici del popolo israeliano, ma molte volte la cosa è difficile da mandar giù. Per esprimere appieno tutta l'ostilità contro il popolo ebraico, si giunge al palese e voluto falsare la storia del conflitto tra Israele, l'unica democrazia che vive ancora in Medio Oriente, e le satrapie arabe islamiche che tentano di cancellarlo.
Tutto questo insieme di falsi storici che i media portano avanti, hanno il solo scopo di delegittimare lo Stato d'Israele e impedire ai Figli d'Israele di vivere in pace e senza il pericolo d'essere aggrediti ed estinti dalle forze reazionarie islamiche che li circondano. Per tale scopo, si viene a leggere su alcuni dei giornali nazionali che "Israele spara sui dimostranti!". S'ignora, in tal modo, che i suddetti "dimostranti" erano specificamente dei "volontari", retribuiti dal regime siriano per invadere lo Stato confinario d'Israele.
Si dà oltretutto aggio, con la solita versione distorta delle vicende, al regime di Bashar el Assad di una qual rispettabilità nazionale e internazionale, nonostante le stragi dei suoi cittadini operate dal suo esercito nelle piazze del suo Paese. È proprio il caso di dire
Mala tempora currunt!
(Avanti!, 10 giugno 2011)
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EasyJet lancia biglietti flessibili. Israele entusiasta dell'iniziativa
La compagnia aerea low-cost EasyJet ha iniziato a vendere biglietti flessibili pensati per uomini d'affari che viaggiano per motivi di lavoro. L'iniziativa, fresca di lancio, prevede per i clienti la possibilità di cambiare la data del proprio volo un numero illimitato di volte, all'interno di un periodo di quattro settimane, fino a due ore prima della partenza prevista. Non ci sono spese aggiuntive o penali da pagare, e si ottiene automaticamente anche il privilegio d'imbarco rapido se si prenota sul sito della compagnia. Prima d'ora, questa opzione "biglietto flessibile" era disponibile solo per viaggi acquistati tramite specifici sistemi di prenotazione. La notizia è stata accolta con interesse in Israele: EasyJet ha un volo al giorno da Tel Aviv a Londra (Luton), quattro voli a settimana tra Tel Aviv e Basilea e tre tra la capitale israeliana e Ginevra. E molti dei clienti che scelgono queste tratte sono proprio businessman. L'amministratore delegato di EasyJet, Carolyn McCall, ha spiegato: "Abbiamo registrato una tendenza crescente tra gli uomini di affari: sempre di più, scelgono la nostra compagnia per trasferte di lavoro. Il biglietto flessibile garantisce loro la tariffa migliore e allo stesso tempo tutta l'elasticità di cui hanno bisogno".
(FocusMo, 10 giugno 2011)
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Fiamma Nirenstein: quando l'odio mette in discussione la democrazia
di Paolo Nessi
"Unexepected Israel": si terrà a Milano dal 12 al 23 giugno, in Piazza Duomo, e sarà una rassegna che mostrerà agli italiani come Israele non possa essere identificato con il conflitto mediorientale, ma, tra le altre cose, vanti un produzione culturale senza la quale il mondo contemporaneo sarebbe molto più povero. L'Israele che non ti aspetti, appunto. L'intento era chiaro. Ma, a far da sfondo all'imminente evento, sono state le polemiche; di chi, anzitutto, pretendeva che a Israele non venisse data la cittadinanza per realizzare la kermesse. Da numerosi siti antagonisti sono giunti attacchi indiscriminati e minacce di vario genere, mentre Filippo Bianchetti del Comitato varesino Palestina, è arrivato a dichiarare: «Non si può festeggiare un Paese criminale. È una provocazione».
Il neo-sindaco Giuliano Pisapia, dal canto suo, sebbene alla fine abbia dato l'ok alla manifestazione, inizialmente è apparso - a detta di molti - piuttosto tiepido nell'appoggiarla e nel difenderla dagli attacchi. Tanto che, in principio, si era prospettato di spostarla tra le mura del Castello Sforzesco. Per ragioni di sicurezza. Successivamente rientrate.
Di tutto ciò abbiamo parlato con Fiamma Nirenstein, giornalista, scrittrice, attualmente Vicepresidente della Commissione Esteri della Camera dei Deputati e, di recente, inserita dal Jerusalem Post tra i 50 ebrei più influenti del mondo insieme a Mark Zuckerberg inventore di Facebook, Benyamin Netanyahu, primo ministro israeliano e Shimon Peres, Presidente dello Stato d'Israele.
- Cosa si aspetta dalla mostra milanese?
Che metta in luce i magnifici e progressivi risultati della terra di Israele e della sua bellezza. Grandi risultati tecnologici, anzitutto: Israele è tra i paesi che maggiormente hanno contribuito a tutti gli sviluppi evolutivi del computer; ha prodotto le più raffinate cure per malattie considerate incurabili, dal cancro all'alzheimer; ha dato vita alle più avanzate tecniche di utilizzo e conservazione dell'acqua, tanto da esser stata in grado di rendere fertili terre un tempo deserte. Ha prodotto, inoltre, una letteratura famosa in tutto il mondo (tra i più famosi scrittori del Paese, David Grossman sarà presente alla mostra). Vanta, infine, bellezze paesaggistiche di raro splendore: in pochi chilometri il Paese accoglie scenari che vanno dalle alte montagne per sciare ai classici deserti mediorientali. E, poi, c'è Gerusalemme, che nessun essere umano dovrebbe morire senza aver visto almeno una volta.
Mi piace immaginare che la maggior parte di queste persone sia semplicemente ignorante e non malintenzionata. In linea generale c'è su Israele un uso sconsiderato delle parole. E' stata usata, ad esempio, nella lettera del Comitato, la parola Apartheid. Ebbene: dalla Knesset (il parlamento israeliano) agli ospedali, dalle università a tutti gli altri luoghi della convivenza civile, vi è una mescolanza inedita di ebrei, arabi e cristiani, drusi e circassi. Gli ebrei stessi, inoltre, fanno parte di tante etnie.
- E di "Israele stato criminale", cosa ne pensa?
A Israele si rinfaccia l'aggressività. Ma si è sempre e solo trattato di difesa. Fin dal'48, quando l'Onu, in seguito allo sterminio nazista, affidò agli ebrei superstiti una porzione di terra per crearvi uno stato, ma tutti gli Stati arabi non accettarono ciò che il resto del mondo aveva votato e attaccarono Israele.
- Molti degli aderenti ai gruppi che avversano la mostra provengono dai centri sociali o dalla sinistra estrema. Perché in tali settori, come in altre parti d'Italia, va di moda essere anti-israeliani?
Si tratta di una malattia infantile del comunismo, che la sinistra odierna ha ereditato. Un odio anti-israeliano che ha radici nella Guerra fredda, quando l'inimicizia che esisteva tra l'Unione sovietica e gli Stati Uniti era stata proiettata su Israele. In molti si era radicata la convinzione che il Paese fosse uno stato filo-americano, imperialista, invasore del Medioriente. Questa era, all'epoca, la linea adottata dall'Unione sovietica. Sempre per eredità sovietica, il mondo, per queste persone, è diviso tra i capitalisti borghesi, oppressori dei più poveri da una parte, e i poveri del mondo, dall'altra, ovvero gli africani, gli asiatici e i musulmani.
- Cosa ne pensa dell'atteggiamento assunto dal neo-sindaco Pisapia?
Avrebbe dovuto appoggiare totalmente l'iniziativa, per far capire da che parte stava. Avrebbe potuto dimostrare a tutti di essere un sincero democratico, un anticonformista, privo di paura. Era un'occasione da cogliere per far capire di che pasta è fatta un uomo. C'è da dire che, alla fine, ha compreso che la posizione di tiepidezza assunta all'inizio, con l'idea di spostare la mostra all'interno delle mura del Castello Sforzesco, fosse insostenibile. E' evidente che si sarebbe trattato di una lesione eccessiva della libertà di espressione e di opinione.
- Sì, ma perché, in principio, è stato "tiepido"?
Perché ha riconosciuto, in parte di quelle persone che volevano fermare la mostra, la gente con cui si dovrà mettere in relazione perché lo hanno votato. Probabilmente, inoltre, ha avuto paura della violenza che si sarebbe potuta scatenare. Questo lo capisco, perché è compito di un sindaco evitare, nella propria città, che si creino disordini. Ma, poste queste due ragioni, ce n'è una più grande: la difesa della democrazia e della libertà.
- Crede che l'atteggiamento di Pisapia, in futuro, potrà incrinare i rapporti di amicizia con lo Stato israeliano?
Non esageriamo. Al massimo si potranno incrinare i rapporti con gli ebrei milanesi. Non credo, tuttavia, che questo accadrà. La mostra si terrà, andrà benissimo, vincerà la ragione. Del resto, in fondo, è stato detto un sì.
(ilsussidiario.net, 10 giugno 2011)
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I Palestinesti avrebbero grandi ripensamenti sulla strategia delle Nazioni Unite
Abbas vorrebbe "fare marcia indietro"
Messi di fronte all'opposizione dagli Stati Uniti, un gruppo di alti funzionari palestinesi sta consigliando al presidente Mahmud Abbas di abbandonare i piani per cercare di ottenere il riconoscimento di uno Stato della Palestina alle Nazioni Unite il prossimo autunno.
I funzionari, che hanno espresso queste ipotesi in condizione di anonimato, hanno riferito che Abbas gradirebbe "fare marcia indietro" e trovare una formula accettabile e reciproca per un nuovo inizio dei negoziati, basata preferibilmente sulle idee presentate recentemente dal presidente Barack Obama. Allo stesso tempo, c'è un senso diffuso che Abbas, annunciando le sue intenzioni, stia semplicemente seguendo le mosse dell'ONU per evitare una perdita di credibilità. "Siamo intrappolati con settembre" ha detto un funzionario. "Non sappiamo cosa fare dopo" Le preoccupazioni riflettono una consapevolezza sempre più diffusa che il progetto è problematico e promette un risultato confuso e poco chiaro che potrebbe cambiare poco se non addirittura fallire politicamente o peggio aizzare nuova violenze se i Palestinesi ritenesse deludente il risultato. Questo è quanto è emerso in questa settimana in cui funzionari degli Stati Uniti incontrato a una delegazione palestinese che spingeva per il riconoscimento dello Stato Palestinese alle Nazioni Unite. La posizione degli Stati Uniti è chiara: in assenza di un trattato di pace sarebbe "un progetto che non può andare in porto". "Ci sono opzioni palestinesi non chiare" ha detto Hani Masri, un analista a stretto contatto con l'entourage di Abbas. "Abbas andrà alle Nazioni Unite, ma se esiste una qualunque altra probabilità di tornare ai negoziati, sarà La strada che seguirà". I Palestinesi stanno considerando le alternative, come chiedere all'Assemblea Generale, dove godono di appoggio diffuso,un altro genere di riconoscimento. Le decisioni dell'assemblea non sono legalmente vincolanti ed è sempre più evidente che l'approvazione rappresenterebbe poco più di una vittoria simbolica. Il mese scorso, il presidente dell'Assemblea, il politico svizzero Joseph Deiss, ha detto che non c'è altro modo per lo stato palestinese di diventare un membro delle Nazioni Unite senza una raccomandazione del Consiglio di Sicurezza. I funzionari palestinesi, sempre in anonimato, riferiscono che una serie di importanti consulenti ora stanno avendo
ripensamenti circa la strategia delle Nazioni Unite. Fra loro ci sarebbero Yasser Abed Rabbo, il funzionario numero 2 dopo Abbas nell'organizzazione per la liberazione della Palestina; Il negoziatore principale di Abbas, Saeb Erekat; e Al-Qidwa di Nasser, un ex inviato palestinese alle Nazioni Unite e confidente di Abbas. All'inizio di questa settimana, Al-Qidwa ha riconosciuto i limiti della strategia di Abbas in una riunione a porte chiuse degli intellettuali palestinesi più in vista. Secondo una trascrizione ottenuta dalla AP, Al-Qidwa avrebbe detto che i Palestinesi dovrebbero ancora tentare di fare ogni sforzo per la loro causa alle Nazioni Unite "ma dovremmo distinguere fra ottenere l'appoggio ed ottenere il riconoscimento. Non possiamo ottenere il riconoscimento semplicemente perché gli Stati Uniti porrebbero il veto." L'opzione Nazioni Unite è stata al centro della politica estera di Abbas da quando sono falliti i brevi colloqui di pace dello scorso settembre e dopo il fallimento. Il ministro degli affari esteri palestinese, Riad Malki, uomo di punta di Abbas, ha detto che i Palestinesi "sono risoluti" nel cercare di ottenere a settembre l'appartenenza alle Nazioni Unite, "a meno che non riprendano i negoziati sulla base dei parametri proposti da Obama".
(FocusMo, 10 giugno 2011)
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A Gaza sono arrivati centinaia di missili libici
Centinaia di missili Grad con una gittata di 60-70 chilometri sono stati trafugati nelle ultime settimane dalla Libia alla striscia di Gaza, dove sono stati subito presi in consegna dal braccio armato di Hamas. Lo riferisce oggi il quotidiano Maariv secondo cui il contrabbando di armi libiche ha assunto dimensioni che ormai destano preoccupazione fra i dirigenti israeliani.
Oltre ai missili Grad (che da Gaza possono colpire la periferia di Tel Aviv) sono stati contrabbandati nella Striscia - secondo il giornale - anche razzi di più breve gittata, nonchè razzi anticarro di fabbricazione russa. Maariv aggiunge che l'Egitto cerca di lottare contro il flusso illegale di armi attraverso il Sinai. Il giornale sostiene che la chiusura temporanea del valico di Rafah fra Egitto e Gaza - la settimana scorsa - è stata decisa dopo l'arresto di un contrabbandiere di armi. Nel frattempo il valico è stato riaperto.
(swiscom, 10 giugno 2011)
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Israele pronto a bloccare liniziativa palestinese all'Onu
Haaretz svela piano per la "battaglia" diplomatica
ROMA, 10 giu. - Israele ha iniziato a mobilitare le sue ambasciate nella battaglia diplomatica contro il riconoscimento da parte dell'Assemblea generale dell'Onu, il prossimo settembre, di uno Stato palestinese indipendente. Lo rivela oggi il quotidiano israeliano Haaretz. In particolare, il governo israeliano ha ordinato ai suoi diplomatici di spiegare nelle capitali straniere che un eventuale riconoscimento delegittimerebbe Israele e ostacolerebbe qualsiasi futuro colloquio di pace.
Secondo documenti diplomatici riservati ottenuti da Haaretz, nelle ultime settimane il direttore generale del ministero degli Esteri israeliano, Rafael Barak, ha illustrato il "piano di battaglia" alle varie sedi diplomatiche, dopo aver imposto anche a tutto il personale diplomatico di cancellare le ferie per il prossimo settembre.
Il piano prevede che i diplomatici dovranno svolgere attività lobbistica al massimo livello nei paesi in cui si trovano in servizio, coinvolgendo anche le comunità ebraiche locali. "L'obiettivo è quello di (convincere) il massimo numero di paesi ad opporsi al processo di riconoscimento di uno Stato palestinese dall'Onu", ha scritto Barak in un cablogramma inviato agli ambasciatori il 2 giugno.
(TMNews, 10 giugno 2011)
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Ex ministro di Hamas arrestato dallesercito israeliano
NABLUS (Cisgiordania), 10 giu. - L'esercito israeliano ha arrestato oggi un ex ministro di Hamas a Jenin, nel nord della Cisgiordania. Lo hanno riferito fonti della sicurezza palestinese. Wasfi Qabaha, 50 anni, ministro dei Prigionieri nel governo formato da Hamas nel 2006, è stato arrestato nella sua casa. L'esercito israeliano ha confermato un arresto a Jenin, senza però indicare l'identità della persona arrestata. Martedì l'esercito aveva arrestato un deputato di Hamas, Ahmad al-Hajj Ali, nella sua casa nel campo profughi nei pressi di Nablus (nord). La settimana scorsa erano stati arrestati altri due parlamentari di Hamas in Cisgiordania, insieme ad un deputato di al Fatah (il partito del presidente palestinese Abu Mazen) e a due dirigenti di Hamas a Nablus. In totale, 12 deputati di Hamas, il gruppo estremista vincitore delle elezioni palestinesi del gennaio 2006, sono stati arrestati dall'esercito israeliano in Cisgiordania dallo scorso ottobre, insieme a due ex ministri del movimento. Un gran parte di questi arresti (sei su 14) sono stati effettuati dopo che il 27 aprile scorso Hamas e Fatah hanno siglato un accordo di riconciliazione.
(TMNews, 10 giugno 2011)
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Inaugurato in Israele il primo campo fotovoltaico
L'impianto soddisferà il fabbisogno energetico di tre kibbutz
GERUSALEMME, 9 giu - I media locali l'hanno salutata come una «pietra miliare nella rivoluzione del solare in Israele». Arava Power, una delle maggiori compagnie di energia solare israeliane, ha inaugurato il primo campo fotovoltaico del Paese. Sebbene per uso domestico i pannelli solari siano già molto utilizzati, in Israele mai prima d'ora era stata realizzata una 'fattoria del sole'. L'impianto è di medie dimensioni, capace di produrre, a regime, 4.95 megawatt di energia: abbastanza da soddisfare le necessità elettriche di tre kibbutz, Ketura (presso il quale si trova l'impianto), Lotan e Grofit. I tre villaggi si trovano nella regione di Eilat, nel deserto del Negev. «Il terzo deserto più aspro al mondo - spiegano da Arava Power -, una delle zone con più alto livello di esposizione alle radiazioni solari del mondo». I dirigenti della società si stanno fregando le mani da giorni. Il più soddisfatto sembra essere il presidente e co-fondatore, Yosef Abramowitz, ebreo americano tornato nella terra degli avi cinque anni fa, appena prima di creare la compagnia che oggi conta investitori di peso come i tedeschi di Siemens. «Non riesco ancora a crederci - ha dichiarato Abramowitz -, tutti hanno tentato di intralciare il nostro progetto. Tutti. E' meraviglioso». La contentezza espressa dal businessman è giustificata. L'impianto "Ketura Sun" - di cui il kibbutz omonimo detiene una quota - non è solo una struttura pionieristica: fa anche da apripista ad altri 50 campi fotovoltaici simili, la cui costruzione è prevista entro la fine del 2014. Il progetto è imponente. Una volta ultimate, queste strutture dovrebbero produrre un totale di oltre 400 megawatt, a fronte di un investimento pari a circa 1.36 miliardi di euro. L'energia prodotta sarà destinata alla regione di Arava, nel sud del Paese. Il piano di Abramowitz e soci guarda lontano. Lo Stato ebraico ha da tempo annunciato l'intenzione di soddisfare entro il 2020 il 10% del proprio fabbisogno energetico con fonti alternative. Una dichiarazione d'intenti che, forse anche per ragioni legate alla politica internazionale, gli israeliani sembrano molto determinati a tradurre in fatti concreti. Un paio di settimane fa il presidente del Consiglio nazionale per l'economia, Eugene Kendel, ha incontrato a Washington funzionari
americani per presentare loro una strategia su scala mondiale elaborata dal Primo ministro, Benjamin Netanyahu, per sviluppare le fonti energetiche rinnovabili. «Il nostro obiettivo - ha dichiarato Kendel - è di diminuire la dipendenza dal petrolio da parte degli Stati Uniti e del mondo intero, non solo d'Israele. La questione è di vitale importanza, per tutti». Mentre le istituzioni israeliane perorano anche oltreoceano la causa delle energie alternative, dal suo quartier generale nel deserto, Abramowitz ricorda che il primo a indicare la via del solare fu David Ben Gurion, nel lontano 1956. Il sito web di Arava Power cita in particolare una frase del padre della patria: «Il sole è la maggiore fonte di energia nel nostro mondo e fonte di vita per ogni pianta e animale, eppure oggi è poco utilizzata dagli esseri umani
L'energia solare continuerà a fluire verso di noi praticamente per sempre». «E il nostro obiettivo - ha spiegato Abramowitz - è implementare questa visione». Per ribadirlo, a breve i pannelli di "Ketura Sun" saranno colorati in modo da formare un mega ritratto di Ben Gurion distribuito su otto ettari. «Sarà la prima tela solare al mondo», ha scherzato Abramowitz.
(ANSA, 10 giugno 2011)
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Hamas apre pagine su Facebook per conquistare nuovi consensi
Il gruppo estremista è in calo nei sondaggi secondo i dati pubblicati recentemente che lo danno al 16,6%
ROMA, 10 giu. - Anche Hamas va su Facebook. Come riporta il sito web del quotidiano israeliano Haaretz, nelle ultime settimane diversi leader del gruppo estremista palestinese, preoccupati per il calo di consensi registrato sia nella Striscia di Gaza che in Cisgiordania, hanno aperto proprie pagine sul famoso social network per cercare "di conquistare i cuori e le menti" dei palestinesi.
Secondo un sondaggio pubblicato due giorni fa dal Jerusalem Media and Communications Center, il 39,2% dei palestinesi dei territori ripone la sua fiducia in al Fatah, il partito del presidente Abu Mazen, e solo il 16,6% in Hamas. Il gruppo palestinese, che dal giugno 2007 controlla con la forza la Striscia di Gaza, sta cercando quindi di proporsi con una immagine più moderata, in vista delle elezioni parlamentari e presidenziali che dovrebbero teneresi nei territori il prossimo anno.
(TMNews, 10 giugno 2011)
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Morto Pemper, autore della "Schindler's List"
Aveva 91 anni, da lager Plaszow fornì lista ebrei da salvare
BERLINO, 9 giu. - E' morto a 91 anni Mietek Pemper, l'autore della lista di Schindler, che permise di salvare la vita a oltre un migliaio di ebrei durante la Grande Guerra e le cui memorie furono utilizzate per la sceneggiatura del celebre film di Steven Spielberg. Lo ha annunciato la città tedesca di Augusta, nel sud della Germania, dove l'ex detenuto ebreo polacco viveva.
Pemper, nato in una famiglia ebrea a Cracovia nel 1920, viveva dal 1958 nella città bavarese, che lo aveva nominato cittadino onorario.
Non rivelò mai il suo passato sotto il nazismo, se non nel 1993, quando uscì il film "Schindler's list". Nel marzo 1943 fu internato nel campo di concentramento di Plaszow, a Cracovia, dove fu affidato al servizio del comandante Amon Goeth. Lì, dove rimase fino al 1944, entrò in contatto con Oskar Schindler, al quale fornì la lista di circa 1.200 ebrei che l'imprenditore fece lavorare nella sua azienda salvando loro la vita. Pemper fu inoltre il principale teste d'accusa durante il processo ad Amon Goeth nel 1946. Schindler, secondo Pemper, morì nel più totale anonimato nel 1974.
(TMNews, 9 giugno 2011)
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Siria - Aiea deferisce Damasco al Consiglio Sicurezza per nucleare
La giunta dei Governatori dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (Aiea) ha denunciato la Siria al Consiglio di Sicurezza dell'Onu per aver tentato di costruire segretamente un reattore nucleare in un sito nel deserto, successivamente bombardato da Israele. Secondo la risoluzione approvata a Vienna con i voti dei Paesi occidentali membri della Giunta, guidati da Usa e Ue, il regime siriano ha violato l'accordo di salvaguardia con l'Aiea nel quadro del Trattato di Non Proliferazione (Tnp) del nucleare. Il testo ha ricevuto 17 voti a favore, sei contrari e 11 astensioni (un Paese membro della Giunta, la Mongolia, non era presente al voto). Russia e Cina, entrambi con diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza, hanno votato contro, insieme ad Azerbaijan, Venezuela, Ecuador e Pakistan. I restanti Paesi sudamericani (Brasile, Argentina, Cile e Peru') si sono astenuti nel voto, il che ha aiutato il blocco occidentale ad adottare la risoluzione. La risoluzione rimprovera al regime siriano di aver ostacolato la richiesta dell'Aiea di ispezionare il sito di Daior Alzour, bombardato da Israele nel settembre 2007. Secondo l'intelligence Usa, Dair Alzour era un reattore, ancora in fase nascente, progettato dai nord-coreani per produrre plutonio destinato a bombe atomiche. La risoluzione, che rinvia il 'caso' al Consiglio di Sicurezza, e' stata votata il giorno dopo quello in cui, al Palazzo di Vetro, Gran Bretagna, Francia, Germania e Portogallo, hanno depositato una bozza di risoluzione che condanna la Siria per la violenta repressione delle manifestazioni anti-regime, risoluzione che comunque rischia il veto della Russia. Il Consiglio di Sicurezza potrebbe imporre sanzioni alla Siria, esattamente come fatto in quattro occasioni per il programma nucleare iraniano, ma nel caso siriano non accadra' a breve a causa dell'opposizione russa e cinese.
(Affaritaliani.it, 9 giugno 2011)
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Hamas studia la possibilità di lasciare il governo di Gaza
L'Associated Press riferisce che Hamas sta studiando la possibilità di ritirare la sua partecipazione dai governi futuri a Gaza. I funzionari di Hamas hanno detto alla AP che l'idea si è sviluppata recentemente ed è sostenuta dal leader politico di Hamas, Khaled Mashaal. Questa mossa, secondo le informazioni ricevute, punta ad evitare l'isolamento globale. Un funzionario, secondo le informazioni ricevute, ha dichiarato: "Hamas ha constatato che essere nel governo ha danneggiato enormemente il movimento e quindi ha cambiato la sua politica. Essere nel governo è stato un peso su Hamas, sulla sua immagine e sulla sue iniziativa di resistenza." I funzionari hanno detto che Hamas non può annunciare ufficialmente i programmi politici futuri e di conseguenza se presentare o meno un proprio candidato alle elezioni presidenziali.
(FocusMo, 9 giugno 2011)
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Rappresentante del congresso USA: inaccettabile una dichiarazione unilaterale della Palestina
Un membro repubblicano del congresso, introdurrà presto una normativa che prevede di congelare i contributi degli Sati Uniti a qualsiasi entità delle Nazioni Unite che riconosca lo stato Palestinese o che promuova lo Stato della missione di osservazione OLP (L'Organizzazione per la Liberazione della Palestina).
La politica degli Stati Uniti si oppone ad azioni unilaterali palestinesi che abbiano come scopo quello di evitare una soluzione ai negoziati con Israele. Il riconoscimento dello Stato palestinese da parte delle Nazioni Unite é da evitare perchè potrebbe minare gli accordi per la pace, secondo la donna. Il presidente delle autorità palestinese, Mahmoud Abbas, ha minacciato di andare alle Nazioni Unite a settembre per chiedere una dichiarazione di riconoscimento unilaterale di stato-organismo che dovrebbe dare la forza di legge alla dichiarazione- l'assemblea generale dovrebbe approvare la dichiarazione simbolica. Merkel in una conferenza stampa della Casa Bianca fà riferimento a quello che ha detto Obama : "siamo d'accordo che azioni unilaterali come quella dei palestinesi di cercare un voto sulla dichiarazioni di stato all'assemblea generale delle N.U è da evitare". Obama ha inoltre detto che la Merkel sostiene " i punti che ho preparato il mese scorso in base alle negoziazioni tra Israele e Palestina "che includono la posizione di frontiere del pre-1967 con un reciproco accordo di scambio che serva come base per il futuro Stato della Palestina.
(FocusMo, 9 giugno 2011)
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Mostra Israele - Il prefetto di Milano: resta in Duomo, andrà tutto bene
MILANO, 9 giu. - "Andra' tutto bene, e' una manifestazione programmata da tempo e la dislocazione in piazza Duomo era stata decisa dal Comune a suo tempo, quindi verra' fatta li'". Cosi' il prefetto di Milano, Gian Valerio Lombardi, risponde sui possibili problemi di ordine pubblico in occasione della mostra su Israele (Unexpected Israel), in programma nei prossimi giorni, a margine del conferimento della laurea magistrale honoris causa in Scienze Pedagogiche a don Virginio Colmegna all'Universita' Bicocca. Su una possibile manifestazione dei centri sociali il 18 giugno, Lombardi ha aggiunto: "Non e' che le manifestazioni vengono autorizzate, si preannunciano e il questore ha la facolta' di vietarle ma per ora non c'e' nessun problema, nessun alarme".
(AGI, 9 giugno 2011)
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Festa per Israele, via ai lavori. Contro-corteo degli antagonisti
Preoccupa il raduno nazionale del 18 giugno in largo Cairoli. La sinistra incalza il sindaco
MILANO - Via al conto alla rovescia: piazza Duomo da ieri ha cominciato a prepararsi a Unexpected Israel, la kermesse di dieci giorni finita nel mirino dei movimenti filopalestinesi e che racconterà dal 12 al 23 giugno, attraverso 15 parallelepipedi-vetrine, gli aspetti meno conosciuti dello Stato ebraico. Con qualche ora di ritardo i lavori per l'«Israele inaspettata» sono quindi iniziati. Le prime squadre di operai stanno collocando sul lato della piazza opposto alla cattedrale pali e piattaforme: il primo scheletro del futuro spazio espositivo. Il lavoro degli addetti è tenuto sotto costante osservazione da un buon numero di agenti delle forze dell'ordine che presidiano la piazza e la zona immediatamente a ridosso del recinto dove si svolgerà la manifestazione. Piazza Duomo sotto scorta giorno e notte, mentre i movimenti antagonisti organizzano le contro-manifestazioni. Due gli appuntamenti principali. Il primo è in calendario già per dopodomani, a pochi passi dai futuri padiglioni espositivi. Sabato, a partire dalle quindici, performance-presidio, «dedicata ai bambini di Gaza».
Preoccupa di più però la seconda delle manifestazioni in programma. Quella che il comitato «No all'occupazione israeliana di Milano» sta organizzando per il sabato successivo. Un appuntamento nazionale con concentramento nel centralissimo largo Cairoli. L'autorizzazione dalla questura per il raduno è già arrivata. La richiesta di un corteo per le vie del centro è invece ancora in stand-by. «Noi vorremo comunque arrivare in una piazza del centro», dicono gli organizzatori. Rimangono i malumori, in questa parte della sinistra ultra-radicale, rispetto alla posizione espressa dal neosindaco Giuliano Pisapia di fronte alla kermesse israeliana.
Ci saremmo aspettati più coraggio», dice Pietro Maestri di Sinistra Critica: «Lui, Pisapia, ha scelto di accettare la legittimità di questa esibizione pensando che si tratti di un semplice battage turistico. E invece si tratta di un'operazione di chiara propaganda politica dello Stato d'Israele». A rincarare la dose Gianni Vattimo, eurodeputato Idv: «Pisapia ha sbagliato a non spostare l'evento per Israele. Andava fatta fuori dalla città, fuori da Milano». Gli «antagonisti» intanto arriveranno oggi al Pirellone bis, per un incontro con il sottosegretario alla presidenza, Paolo Alli. «Un incontro di cortesia. «Tempo fa avevamo chiesto chiarezza. Le istituzioni ci devono spiegare quanti soldi pubblici sono stati concessi alla kermesse israeliana».
(Corriere della Sera, 9 giugno 2011)
Si possono naturalmente fare, come negli anni 30, molte elaborate considerazioni morali, politiche, filosofiche per illustrare le ragioni di questo tenace accanimento anti-israeliano, ma la ragione di fondo è semplice: odio. Puro odio. Contro Israele e contro quello che Israele rappresenta: gli ebrei. M.C.
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Classifica israeliana: ecco gli ebrei che contano. Il più potente? E' Zuckerberg, il re di Facebook
di Vincenzo Pricolo
Rivoluzionata la graduatoria del Jerusalem Post: Strauss-Kahn è fuori. Unica italiana Fiamma Nirenstein, editorialista del Giornale. Via Spielberg, Bob Dylan e Abramovich Tra le new entry Natalie Portman e Bar Refaeli
Dennis Ross
Natalie Portman
Ben Shalom Bernanke
Di solito le liste degli ebrei influenti le compilano, con una frequenza preoccupante, personaggi e organizzazioni fortemente sospettati di antisemitismo. E i media, giustamente, se ne occupano con inquietudine. Stavolta invece si parla di un elenco che non desta alcun allarme, visto che è stato stilato dal quotidiano israeliano Jerusalem Post. Ma la notizia non è questa, dato che quel giornale aggiorna ogni anno la lista degli ebrei influenti. La notizia è che dal 2010 la graduatoria dei primi cinquanta ha subito una vera e propria rivoluzione. L'inventore di Facebook, ultimo personaggio dell'anno secondo Time e più giovane miliardario del mondo nel 2008 secondo Forbes, balza dal 23esimo posto al primo e scavalca leader politici di lungo e lunghissimo corso, diplomatici, grandi imprenditori, artisti, generali, ex capi del Mossad eccetera eccetera. E per un enfant prodige della Rete che conquista la vetta del mondo ebraico, c'è un ex potentissimo della finanza mondiale, nel 2010 era il numero 6, che scompare. Si tratta, naturalmente, di Dominique Strauss-Kahn, il francese più odiato d'America.L'ex ministro, ex direttore generale del Fondo monetario internazionale nonché ex candidato socialista all'Eliseo, è sotto processo per stupro a New York e ora ha molto più bisogno di aiuto che possibilità di darne.
Ma spariscono dalla «top 50» del popolo eletto anche grandi costruttori di cultura globalizzata come il regista Steven Spielberg (64 anni, americano, tre Oscar all'attivo, era 31esimo), l'epistemologo Bernard-Henri Lévy (62 anni, fondatore della «nuovelle philophie», era 45esimo) e Bob Dylan (70 anni un paio di settimane fa, americano, monumento della cosiddetta musica leggera, era 46esimo). E personaggi che hanno fatto la storia dell'Europa e dell'Occidente come Simone Veil (82 anni, francese, sopravvissuta all'Olocausto, ex magistrato, più volte ministro, accademica di Francia, era 42esima). Esce di classifica anche il proprietario del Chelsea Roman Abramovich (44 anni, russo, imprenditore, era 47esimo), perito tecnico industriale, inventore del Josè Mourinho in versione Special One e proprietario di uno yacht che pare abbia un piccolo sottomarino come scialuppa di salvataggio.
In compenso entra di prepotenza e si piazza al terzo posto dietro il dominus della politica israeliana Bibi Netanyahu l'ex vicepresidente di Google Sheryl Sandberg (41 anni, americana), da qualche anno ai vertici di Facebook e Disney nonché delle classifiche delle persone più ricche e potenti del pianeta. E scala la graduatoria anche Dennis Ross, l'araba fenice del Dipartimento di Stato, che scavalca il presidente della Fed Ben Shalom Bernanke, il quale contemporaneamente scende dalla seconda all'ottava posizione. Ross, il diplomatico che ha lavorato con Bush padre, Clinton e Bush figlio, sempre risorgendo dalle ceneri delle trattative di pace che aveva promosso, torna infatti alla ribalta da consigliere speciale di Obama per le aree di crisi.
Ed entra in classifica, unica italiana, anche Fiamma Nirenstein, le cui posizioni sulla morte dell'attivista filopalestinese Vittorio Arrigoni, espresse anche su questo quotidiano di cui è editorialista, sono state particolarmente apprezzate dai colleghi del Jerusalem Post . I giornalisti che hanno stilato l'elenco degli ebrei influenti 2011 hanno ricordato nelle motivazioni della menzione che la Nirenstein, vicepresidente della commissione Esteri della Camera, ha rifiutato di incontrare una delegazione del parlamento iraniano.
(il Giornale, 9 giugno 2011)
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Sondaggio: i palestinesi ritengono che Fayyad sia l'uomo giusto
La maggioranza dei palestinesi vuole un governo di personaggi indipendenti e ritiene che Salam Fayyad sia la figura più appropriata a capo del governo, secondo un sondaggio del'opinione pubblica di Mercoledì.
Due terzi degli intervistati sono ottimisti per quanto riguarda il sostegno da parte dei paesi del mondo ai palestinesi. Tutto questo é emerso da un sondaggio condotto dal Jerusalem Media & Communications Center. I risultati hanno anche mostrato un aumento del livello di fiducia nel Presidente Mahmoud Abbas e nel primo ministro di Hamas Ismail Haniyeh. Per quanto riguarda la figura preferita a capo del prossimo governo d'unità, i risultati del sondaggio mostrano che Fayyad è la figura più appropriata tra i vari nomi di figure diffuse nei media. Circa il 44% ha scelto Fayyad, mentre il 12% ha scelto Jamal al-Khudari come figura più appropriata. Circa il 30% però si é detto pessimista per quanto riguarda la possibilità di ottenere il riconoscimento internazionale. Il sondaggio ha mostrato che il discorso del mese scorso dal presidente americano Barack Obama ha reso il 44% dei palestinesi più pessimisti per quanto riguarda ricerca di una soluzione al conflitto arabo-israeliano.
(FocusMo, 9 giugno 2011)
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I palestinesi sparano sui compatrioti
Una notizia davvero difficile da comprendere nella sua brutalità: palestinesi rifugiati in Siria sparano sui compatrioti che celebravano i funerali dei manifestanti caduti negli scontri al confine con Israele. E' una storia che non potrebbe essere compresa da tutti coloro che considerano lo Stato ebraico come l'unica fonte di oppressione e morte del popolo palestinese.
Meglio tornare indietro di due giorni per capire quel che è avvenuto nel campo profughi di Yarmouk. Domenica, nel giorno della Naksa (la sconfitta nella Guerra dei Sei Giorni), i palestinesi sono stati coinvolti in un tentativo estremo di passare, disarmati, il confine dello Stato ebraico. L'esercito israeliano ha reagito sparando e il numero delle vittime è ancora sconosciuto.
Lunedì, durante la celebrazione delle vittime, i palestinesi hanno protestato contro gli uomini dell'Fplp-Cg, filo-siriani e appoggiati dal dittatore Bashar al Assad. Due i motivi della manifestazione: i familiari e amici delle vittime accusano l'Fplp-Cg di aver mandato i palestinesi al massacro sui confini israeliani.
Secondo: li accusano di aver fatto il gioco di Assad, quando molti palestinesi appoggiano la causa degli insorti che da due mesi lottano contro la sua dittatura. L'Fplp-Cg, tutt'altro che democratico, ha sparato sulla folla. Almeno 14 persone sono rimaste sul terreno. Probabilmente più di quelle provocate dai militari israeliani domenica scorsa.
(l'Opinione, 9 giugno 2011)
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Un insulto all'11 settembre
di Dimitri Buffa
Errare è umano, perseverare è diabolico e reiterare è criminale. Per la conferenza "contro il razzismo e contro il sionismo" che l'Onu vorrebbe organizzare per settembre (Durban III, in programma a New York, ndr), visto che si tratterebbe della terza edizione, la suddetta definizione calzerebbe a pennello.
Stavolta però gli Usa di Obama, con tutta la tara politically correct che gli si può fare, hanno già fatto sapere che di partecipazione a una simile kermesse neanche se ne parla. Lo scorso 3 giugno tale annuncio è giunto da Washington, latore il portavoce del Dipartimento di Stato Mark Toner.
Che ha ricordato come gli Usa "già nel dicembre scorso avevano votato contro la risoluzione che annunciava l'evento". E ciò "perché pensiamo ci siano segnali di intolleranza e di antisemitismo che non vogliamo commemorare". Per giunta Durban III è in calendario, a New York, in concomitanza con l'Assemblea Generale annuale dell'Onu, a 10 anni esatti dagli attacchi dell'11 Settembre contro le Torri Gemelle ed il Pentagono.
E questa è "una coincidenza" che a molti deputati americani al Congresso non piace per niente, anzi la giudicano palesemente un insulto agli Stati Uniti. Inoltre se si pensa che proprio dopo Durban uno, quella svoltasi in Sudafrica (nella città che poi ha dato il nome alle altre due Durban) tra il 31 agosto e l'8 settembre2001, era scaturita quell'atmosfera di solidarietà con la guerriglia islamica cui poi era seguito proprio il "nine eleven", ce ne sarebbe abbastanza per decalendarizzare questa pagliacciata voluta soprattutto da Paesi cardine dell'estremismo e del terrorismo islamico come il Pakistan e l'Arabia Saudita.
Capace che si troverà pure qualche delegato che proporrà di mettere sotto processo Barack Obama per avere fatto uccidere Osama bin Laden dai Navy Seals. Naturalmente in Durban 3, come già nella prima e nella seconda edizione, il posto d'onore, si fa per dire, alla barra degli imputati toccherà allo Stato di Israele, del quale si auspica la scomparsa ancora da parte della maggioranza degli esponenti politici del mondo arabo islamico.
E siccome fra pochi giorni partirà anche questa seconda "flotilla" per Gaza, se si riuscirà a farci scappare qualche morto pure stavolta, ecco che dopo la provocazione di giugno potrebbe scaturire il giudizio sommario di settembre. Anche l'Italia ha fatto sapere che si terrà alla larga da Durban 3, ovviamente, e speriamo che pure l'Europa prenda esempio.
(l'Opinione, 9 giugno 2011)
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Anp: si allontana il governo Hamas-Fatah?
Doveva essere annunciato nei prossimi giorni ma l'esecutivo tecnico frutto dell'accordo di riconciliazione del 4 maggio tra le due principali organizzazioni politiche palestinesi non è a portata di mano.
GERUSALEMME - E' passato oltre un mese dalla stretta di mano al Cairo tra il presidente dell'Anp e leader di Fatah, Abu Mazen, e il capo dell'ufficio politico di Hamas, Khaled Mashaal. Ma all'orizzonte non si scorge ancora quel governo tecnico, di unità nazionale, che dovrebbe sancire in via definitiva la riconciliazione tra i due principali movimenti politici palestinesi e gettare le basi per una piattaforma nazionale.
Fatah e Hamas - che in questo mese hanno marginalizzato le altre forze politiche (specie quelle di sinistra) nelle discussioni per la formazione del nuovo governo - in apparenza non riescono a trovare un'intesa sui nomi dei futuri ministri. La cosa è piuttosto strana, se non sospetta, visto che le due parti avevano deciso che il nuovo esecutivo sarebbe stato composto solo da tecnocrati indipendenti da qualsiasi forza politica. Gli ostacoli in realtà sarebbero di natura politica e diplomatica.
Abu Mazen, dopo la stretta di mano con Mashaal, si è trovato ad affrontare la secca opposizione di Israele e, soprattutto, degli Stati Uniti ad un governo palestinese che includa Hamas. Barack Obama è stato fin troppo chiaro il mese scorso nell'affermare e ribadire più volte che Washington non modificherà il suo approccio verso Hamas che per il Dipartimento di stato era e resta una «organizzazione terroristica». Il presidente americano ha adottato in pieno la linea israeliana, lasciando con le ruote bucate il suo omologo dell'Autorità nazionale palestinese. Da qui l'insistenza di Abu Mazen affinchè venga riconfermato premier Salam Fayyad che, a suo avviso, godendo di stima e considerazione presso i governi di Usa e Europa, sarebbe in grado fornire all'Occidente «sufficienti garanzie» evitando l'isolamento internazionale del nuovo governo palestinese e continuando a ricevere i fondi dai paesi donatori.
Hamas si oppone con forza alla riconferma di Fayyad, ricordando che l'accordo firmato il 4 maggio prevede che nessun esponente dei governi in carica di Fatah (Cisgiordania) e del movimento islamico (Gaza) faccia parte del nuovo esecutivo. Ma c'è anche un motivo politico. Accettare Fayyad significherebbe per Hamas riconoscere una sorta di «supremazia» delle posizioni filo-occidentali nel nuovo governo palestinese, senza dimenticare gli arresti compiuti negli ultimi quattro anni di centinaia di attivisti islamici veri o presunti da parte delle forze di sicurezza agli ordini del premier dell'Anp. A ciò si aggiunge il fatto che la leadership di Hamas vuole mantenere il controllo di sicurezza di Gaza e sino ad oggi le assicurazioni offerte da Abu Mazen sono state piuttosto vaghe. Non è certo un caso che non siano ancora stati scarcerati i prigionieri politici delle due parti che Hamas e Fatah tengono chiusi nelle loro prigioni in Cisgiordania e Gaza.
Una soluzione alla paralisi non è a portata di mano e si parla con insistenza di un rinvio di mesi, addirittura a settembre, per l'annuncio del nuovo governo mentre gli analisti israeliani in questi giorni scrivono, piuttosto compiaciuti, che l'esecutivo palestinese di unità nazionale non vedrà mai la luce perché le differenze ideologiche tra Fatah e Hamas sono così ampie da vanificare l'accordo di principio siglato da Abu Mazen e Mashaal al Cairo.
(Near East News Agency, 8 giugno 2011)
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Israele nel nuovo contesto regionale
Ciclo di incontri Cattedra del Mediterraneo 2011
Israele nel nuovo contesto regionale
Incontro con il prof. Shlomo Avineri
Sala Convegni, Underground di Palazzo Mezzanotte, Piazza degli Affari 6 - Milano
MILANO, 14 giugno 2011. Il CIPMO organizza, in collaborazione con la Comunità Ebraica di Milano, un importante momento di approfondimento e di riflessione su Israele, nell'ambito dell' Italian - Israeli Business Forum, promosso il 14 giugno 2011 a Milano dal Ministero dello Sviluppo Economico Italiano e dal Ministero dell'Industria, del Commercio e del Lavoro Israeliano e organizzato da PROMOS - Camera di Commercio di Milano, Assolombarda e Istituto nazionale per il Commercio Estero (ICE).
Israele si trova infatti di fronte a un radicale mutamento di scenario: le rivoluzioni democratiche arabe hanno spazzato via il regime amico di Mubarak, che aveva costituito un forte fattore di stabilizzazione in tutto il Medio Oriente. Ora in Siria, esse mettono in discussione il regime degli Assad, che in tutti questi anni aveva rappresentato "il miglior nemico" dello Stato ebraico, garantendo la quiete alle frontiere. Dal canto loro, i Palestinesi, delusi dal processo di pace, hanno scelto di ricomporre l'unità interpalestinese tra Fatah e Hamas, e si apprestano a chiedere il riconoscimento dello Stato palestinese all'annuale Assemblea Generale dell'ONU del prossimo settembre. Il Presidente Obama, nel suo recente intervento, ha proposto che i futuri confini tra Israele e Palestina siano "basati su quelli precedenti il '67, con scambi territoriali reciproci e concordati".
Cosa sceglierà di fare dunque Israele: si attesterà su una strategia di difesa e di arroccamento a oltranza? oppure rilancerà la sua proposta negoziale e di pace, su nuove e più credibili basi?
Sarà proprio questa la domanda principale cui si proverà a rispondere nel corso della conferenza "Israele nel nuovo contesto regionale" che si terrà martedì 14 giugno 2011 ore 17,30 presso la Sala Convegni - Underground di Palazzo Mezzanotte. L'evento organizzato da CIPMO - Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente, in collaborazione con la Comunità Ebraica di Milano, rientra nell'ambito del ciclo "Cattedra del Mediterraneo 2011", sostenuto dalla Rappresentanza a Milano della Commissione europea, dalla Camera di Commercio di Milano e dal Comune di Milano, in collaborazione con la Provincia di Milano e con il patrocinio di Regione Lombardia
L'incontro avrà un relatore d'eccezione, che in Israele è universalmente considerato un opinion maker per la sua moderazione e la sua saggezza:
Shlomo Avineri, professore di Scienze politiche alla Hebrew University di Gerusalemme, opinionista di Haaretz e già Direttore Generale del Ministero degli Affari Esteri israeliano nel Gabinetto del Primo Ministro Yitzhak Rabin
L'incontro vedrà altresì come discussant :
Renzo Guolo, docente di Sociologia della politica all'Università degli Studi di Padova e editorialista di La Repubblica
Stefano Jesurum, scrittore e giornalista del Corriere della Sera
Presiederanno l'incontro:
Federico Maria Bega, dirigente Area Mediterraneo e Medio Oriente di Promos - Camera di Commercio di Milano
Janiki Cingoli, direttore del Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente
(Comunicati-Stampa.com, 8 giugno 2011)
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Slitta il nuovo governo palestinese
Si dovrà attendere almeno fino alla metà di giugno
RAMALLAH - Slitta a non prima di metà giugno la costituzione del nuovo governo transitorio di unità nazionale palestinese previsto dal recente accordo di riconciliazione fra Fatah - il partito del presidente moderato dell'Autorità nazionale palestinese (Anp), Abu Mazen, al potere in Cisgiordania - e la fazioni radicali capeggiate da Hamas, al potere a Gaza.
Lo ha reso noto oggi uno dei protagonisti del negoziato, Nabil Shaath, storico esponente di Fatah, precisando che la questione sarà al centro di un incontro fissato per il 14 giugno al Cairo sotto l'egida della mediazione egiziana, già decisiva per la 'riconciliazione' del mese scorso. Shaath in precedenza aveva indicato la prima settimana di giugno quale termine per la nascita del nuovo governo. Ma la scadenza è poi trascorsa senza novità di sorta.
Il nuovo governo, stando alle intese, dovrà essere formato da tecnici super partes e senza la presenza di esponenti di alcuna fazione. Esso avrà il compito di occuparsi di politica economica, di consolidare le istituzioni in vista della proclamazione formale d'uno Stato palestinese e di preparare nuove elezioni presidenziali (alle quali Abu Mazen ha già fatto sapere di non volersi ricandidare), legislative e locali entro un anno.
(Corriere del Ticino, 8 giugno 2011)
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Fiamma Nirenstein inserita nella lista dei 50 ebrei più influenti al mondo
Come ogni anno il quotidiano israeliano The Jerusalem Post ha stilato la classifica dei 50 ebrei più influenti al mondo. Per la prima volta nella lista viene inserita un'italiana, l'Onorevole Fiamma Nirenstein.
Insieme al nostro parlamentare sono stati inseriti nella classifica personaggi del calibro di Mark Zuckerberg, Benjamin Netanyahu, Ehud Barak, Meir Dagan, Ben Bernanke, Tzioi Livni, Shimon Peres, Natan Sharansky, Natalie Portman (l'elenco completo è disponibile sul sito internet ).
Per il quotidiano israeliano l'On Nirenstein si è distinta per avere fatto aggiungere alla lista UE dei gruppi terroristici l'organizzazione turca IHH, sponsor della Freedom Flottilla; per aver organizzato la riuscita manifestazione "Per la verità, per Israele" e per il lavoro come Presidente del Comitato Parlamentare di Indagine Conoscitiva sull'Antisemitismo. Da ricordare anche il prestigioso premio "Ermet Award" attribuitole a New York insieme all'ex premier spagnolo José Maria Aznar e all'ex ambasciatore Usa all'Onu John Bolton.
L'onorevole Nirenstein ha così commentato la classifica del Jerusalem Post:"Mi rende felice questo riconoscimento e farò del mio meglio per meritarlo".
(l'Occidentale, 8 giugno 2011)
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Gaza, riaperto dopo quattro giorni il valico di Rafah
GAZA CITY, 8 giu. - Il valico di frontiera di Rafah, tra la striscia di Gaza e l'Egitto, è stato riaperto dopo quattro giorni di chiusura dovuti a contrasti tra le autorità egiziane e Hamas. Lo ha annunciato il movimento integralista palestinese. Il punto di passaggio è stato riaperto "grazie a un'intesa con la parte egiziana", ha affermato in un comunicato Ayub Abu Shaar, direttore del terminal, a nome di Hamas. "Il punto di passaggio funziona normalmente oggi (mercoledì) tanto per le partenze che per gli arrivi", ha aggiunto. La riapertura del valico ha messo la parola fine a una vertenza dalla chiusura di Rafah il 4 giugno. Questa misura era stata adottata dalle autorità egiziane una settimana dopo l'annuncio della riapertura permanente del punto di passaggio. I responsabili palestinesi di Gaza avevano affermato di non essere stati informati anticipatamente della chiusura del terminal da parte degli egiziani. Una folla di molte centinaia di palestinesi si era radunata sabato dalla parte della striscia di Gaza per esprimere rabbia dopo l'annuncio della chiusura. Abu Shaar aveva in seguito dichiarato che i palestinesi non avrebbero permesso la riapertura del terminal prima di un accordo sulle procedure di funzionamento tra le due parti. Un alto responsabile di Hamas aveva affermato la settimana scorsa che i palestinesi auspicavano che l'Egitto permettesse ad altri viaggiatori di passare per Rafah ogni giorno e accelerasse le operazioni di controllo. L'Egitto ha accettato di riaprire Rafah il mese scorso, mettendo così fine al blocco imposto parallelamente da Israele nel giugno 2006 a seguito del sequestro di un soldato israeliano da parte di gruppi armati del territorio palestinese. Blocco che era stato notevolmente rafforzato dopo la presa di controllo della Striscia di Gaza da parte di Hamas nel giugno 2007. Israele l'ha ammorbidito, a seguito delle intense pressioni internazionali dopo il cruento assalto della sua marina il 31 maggio 2010 contro una flottiglia umanitaria. Ma ha mantenuto restrizioni molto importanti alla circolazione delle persone, oltre che un rigoroso blocco marittimo e il divieto quasi totale delle esportazioni.
(TMNews, 8 giugno 2011)
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Italia-Israele - Lunedì vertice a Roma con Berlusconi e Netanyahu
Alle 11 a Villa Madama, al termine conferenza stampa
ROMA, 8 giu. - Lunedì prossimo, 13 giugno, alle 11, a Villa Madama, si svolgerà il vertice interministeriale italo-israeliano alla presenza dei presidenti Berlusconi e Netanyahu. Nel corso dell'incontro, verranno firmati accordi bilaterali. Al termine della cerimonia, è prevista una conferenza stampa (ore 12,30 circa). Lo riferisce un comunicato stampa di Palazzo Chigi.
I giornalisti, i fotografi e gli operatori televisivi, interessati a seguire l'evento, dovranno collegarsi al portale AMEI (Accreditamento Media Eventi Istituzionali) tramite il seguente indirizzo: https://amei.palazzochigi.it e quindi accreditarsi seguendo le istruzioni riportate entro e non oltre le 13 di venerdì 10 giugno. Gli operatori della comunicazione accreditati dovranno recarsi, dalle 8.30 alle 12, presso il Ministero degli affari esteri (Via Macchia della Farnesina) per ritirare il badge di accesso e successivamente, tramite un servizio di navette, saranno accompagnati nella sede dell'incontro. L'accesso a Villa Madama sarà consentito esclusivamente ai media presenti sulle navette. Per ulteriori informazioni sugli accrediti sarà possibile contattare il seguente numero di Sala Stampa: 06.67793566.
(TMNews, 8 giugno 2011)
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Festa d'Israele minacciata e Pisapia resta in silenzio
di Fiamma Nirenstein
Di fronte alle minacce dei facinorosi il sindaco si è mostrato tremebondo delegando la decisione al governo. Estremisti sconfitti: la kermesse di Israele sarà in piazza Duomo
A Milano cambio di scena su sfondo arroventato. Si torna dal Castello Sforzesco in piazza del Duomo. Sembra che quella orribile malattia dei nervi per cui alcune migliaia di persone fantasticano cose insensate su Israele, ovvero sugli ebrei se vogliamo dirla tutta, stavolta non riuscirà nel suo effetto intimidatorio, spranghe, kefiah sul volto, sfasci e botte non faranno chiudere bottega a Israele: la mostra, che dal prossimo 12 giugno è programmata per una settimana in piazza del Duomo a Milano avrà luogo nonostante le minacce di violenza dei vari «centri sociali» e gruppi filopalestinesi, e nonostante l'atteggiamento un po' tremante del sindaco Pisapia alla sua prima prova.
Il governo ha detto la sua. Era una prova fatale per il nuovo eletto, difficile proprio perché di fronte al tema di Israele si mette alla prova l'anticonformismo di chi sa opporsi alle correnti gelide dell'ignoranza, si misura la nobiltà o la pusillanimità di chi osa, oppure no, rispondere alle bugie più tipiche del nostro tempo: quelle di chi basta dire diritti umani e sei ok anche se di quelli dei siriani, degli iraniani, dei cinesi non te ne importa niente, di chi scambia il diritto all'autodifesa con il colonialismo, di chi blatera di apartheid, pulizia etnica e non sa di che cosa stia parlando. Insomma, sarebbe stato interessante vedere Pisapia sfidare il comune cattivo senso della sinistra estrema su Israele. Il nuovo sindaco di Milano, invece, di fronte alle minacce dei facinorosi antisraeliani, sempre i soliti e probabilmente, e non lo diciamo con malizia, fra i suoi elettori, non li ha respinti con perdite dicendo che lui difende la libertà di espressione e che Israele ha un diritto speciale alla parola perché è l'unico Paese democratico del Medio Oriente in mezzo a una selva di dittatori e di integralisti islamici. Ha invece scelto una dichiarazione sussurrata, demandando a Roma le scelte senza esprimere un'opinione sulla sua piazza, e ha aggiunto che lui crede in due Stati per due popoli, cosa in cui credono tutti, da Netanyahu a Obama, da Berlusconi a Di Pietro. Ma in quel contesto è apparso come un escamotage che evita accuratamente di prendere posizione sull'indispensabile difesa del diritto di Israele all'espressione, al pensiero, al dialogo.
A esistere senza essere delegittimato da calunnie e violenze. E sì che era facile dire almeno che in quella gran piazza è stato messo in mostra di tutto, dalla preghiera musulmana all'alberone di Natale alle più varie kermesse, e che non si capisce come si possa pensare di applicarle ora lo judenrein . Se si guarda il documento di quelli che avevano minacciato di dare fuoco alla città minacciata dall'occupazione ( sic ) israeliana solo a causa di una mostra che parla di bellezza, di medicina, di letteratura e di tecnologia, eppure viene spontaneo rispondere: per i firmatari dell'appello contro Israele non c'è bestialità che non possa essere scritta. La «violenta cacciata dalla Palestina» si riferisce alla guerra che nel '48 fu dichiarata dagli Stati arabi a Israele rifiutando la partizione dell'Onu e che impose, per iniziativa araba, a molti palestinesi di andarsene mentre Ben Gurion li invitava a restare; «l'apartheid come prassi quotidiana» è secondo i minacciosi sottoscrittori del documento, quella dell'unico Paese democratico dove arabi, drusi, circassi, ebrei, hanno gli stessi identici diritti e insieme gestiscono Parlamento, strutture pubbliche, ospedali, università, tribunali. Il «muro» di sicurezza è per la gran parte un recinto che ha bloccato di fatto la strage di israeliani per mano di terroristi suicidi, e la guerra contro Hamas a Gaza niente altro che un tentativo di difendersi dall'attacco continuo di missili e terroristi. Eppure questa montagna di bugie ha suscitato parecchio spavento e ha per alcune ore messo la città sotto scacco. È difficile accettare che la civilissima Milano, l'Europa d'Italia, possa accettare senza rispondere all'estremismo che inneggia alla prossima Flottilla e chiede il boicottaggio dello Stato ebraico: eppure per un paio di giorni il clima è stato di intimidazione senza risposta.
È evidente nel disegno dei facinorosi un violentissimo odio contro gli ebrei, il disegno di cancellare le magnifiche conquiste di questo piccolissimo Paese, di doverne ammettere l'eccellenza economica, artistica, tecnologica, il numero esorbitante di premi Nobel, le scoperte mediche che salvano tutti i giorni milioni di persone. Se si vuole boicottare il terribile imperialismo israeliano, per essere coerenti occorre anche abbandonare il telefonino, migliorato nelle sue versioni contemporanee dalla Motorola israeliana, spegnere il computer, drammaticamente cambiato dalla tecnologia israeliana. Non si tratta solo di smettere di mangiare pompelmi, ma di rinunciare ad alcune fra le migliori invenzioni.
(il Giornale, 8 giugno 2011)
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Quartiere ebraico di Alghero. Marco Milanese al Louvre di Parigi
Gli scavi per scoprire il quartiere ebraico di Alghero sono iniziati nel 1996 e sono tuttora in corso presso lospedale Vecchio nel cuore storico di Alghero
Il professor Marco Milanese
ALGHERO - Giovedì 9 giugno Marco Milanese, professore ordinario di Archeologia dell'Università di Sassari, terrà a Parigi una conferenza all'Auditorium del Museo del Louvre sugli scavi del quartiere ebraico di Alghero. Nel corso dell'incontro al celebre museo francese il professor Milanese, autore di diversi scavi archeologici, approfondirà un aspetto della storia della particolare città "catalana" di Sardegna che è Alghero. Le prime famiglie ebraiche si stabilirono ad Alghero nel 1322. Il vero nodo della storia della presenza ebraica in Sardegna è costituito dalla conquista aragonese dell'isola, attuata nel 1323-24, per la cui realizzazione furono determinanti i prestiti concessi al re dagli ebrei catalani.
Per quanto riguarda Alghero, in mano alla famiglia genovese dei Doria fino al 1354, un nucleo eterogeneo di 30-40 famiglie ebraiche, di provenienza catalana, aragonese, maiorchina, castigliana e siciliana vi si stabilì proprio a seguito del ripopolamento della città ad opera di pobladors catalano-aragonesi, dopo la definitiva occupazione operata da Pietro III. Gli scavi per scoprire il quartiere ebraico di Alghero sono iniziati nel 1996 e sono tuttora in corso. Numerosi interventi sono stati effettuati negli ultimi quindici anni, programmati, preventivi e d'emergenza, tutti realizzati in sinergia tra l'Amministrazione comunale di Alghero, la Soprintendenza archeologica di Sassari e Nuoro e l'Università di Sassari.
«Si è trattato di interventi molto diversi tra loro - spiega Milanese - per la scala delle aree scavate, le motivazioni e i tempi di realizzazione. Ma sono stati sempre eseguiti in previsione o durante l'esecuzione di opere pubbliche. Non pochi di questi interventi si collocano sulla linea delle mura della città storica e hanno per questo interessato sia segmenti del circuito difensivo medievale, sia rilevanti corpi di fabbrica dei bastioni d'età moderna, oppure ancora nel vivo della città storica, come l'intervento nell'area dell'Ospedale Vecchio, ubicato nell'antica juharia ebraica della città catalana». «Quindi - aggiunge Milanese - lo studio della presenza ebraica ad Alghero - la seconda comunità ebraica della Sardegna medievale dopo Cagliari si presenta una materia in progress, perché è legata a scavi ancora in corso, in cantieri di restauro, in luoghi nevralgici del quartiere ebraico medievale della città».
(Alguer.it, 8 giugno 2011)
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Scontri in un campo profughi palestinese
BEIRUT - L'inedita sparatoria scoppiata in un campo profughi palestinese di Damasco e la strage nel Nord-ovest del Paese di ben 120 poliziotti per mano di non meglio precisati gruppi armati restituiscono l'immagine di un regime, quello siriano, che sembra precipitare nel caos.
Un'impressione confermata anche dall'inattesa notizia giunta in serata da Parigi: le dimissioni dell'ambasciatore siriano in Francia rappresentano infatti la prima defezione eccellente nelle file dell'apparato formale della struttura di potere di Damasco.
I residenti di Jisr ash Shughur, cittadina di 37mila abitanti per lo più sunniti, teatro da giorni della repressione decisa dalle autorità dopo l'ennesima massiccia manifestazione anti-regime di venerdì, affermano che i 120 uccisi erano agenti e militari schieratisi a fianco della popolazione contro le forze di sicurezza lealiste. L'attivista per i diritti umani Wissam Tarif assicura di aver parlato con alcuni abitanti di Jisr e di aver appreso la stessa versione: «Ieri mattina (lunedì, ndr) un'unità dell'esercito è arrivata nella zona e un'altra è giunta dopo per contenere l'ammutinamento». Notizie di diserzione di militari giungono anche dal Sud del Paese, nella regione di Daraa, primo epicentro delle proteste e della conseguente repressione dal marzo scorso. Un video diffuso ieri in esclusiva da Al Jazeera ha mostrato un tenente siriano in divisa, 28 anni, sunnita, della regione di Homs, identificatosi con la propria carta d'identità, che ha lanciato un appello "a tutti gli ufficiali perché cessino di proteggere la famiglia (presidenziale) al Assad e tornino invece a difesa del popolo".
(Corriere Canadese, 8 giugno 2011)
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Il regime di Assad brevetta la "disinformazione di frontiera"
di Roberto Santoro
Leggere certi ispirati articoli del Manifesto riguardo alla questione palestinese è istruttivo di come ci si possa far menare facilmente il can per l'aia dai regimi arabi. L'argomento è il nuovo tentativo dei palestinesi di sconfinare in territorio israeliano, nel Golan strappato alla Siria dopo la guerra difensiva condotta dallo stato ebraico nel '67. Israele, scrive quotidiano comunista, è "sotto pressione" alle frontiere perché i profughi palestinesi in Siria rivendicano il loro "diritto al ritorno".
Al di là della terminologia utilizzata (più che sotto pressione a noi quella dell'altro giorno è sembrata una tentata invasione), si sostiene che ci sia una primavera tra i giovani palestinesi e che le centinaia di persone che hanno cercato di sconfinare sono "il naturale sviluppo del Movimento del 15 Marzo per l'unità nazionale, la rifondazione dell'Olp e per una alternativa politica alle soluzioni proposte da Hamas e Fatah". Che questa primavera possa arrivare non dovrebbe sorprenderci, visto ciò che sta accadendo nel mondo arabo, e se davvero un risveglio delle coscienze servisse a fare piazza pulita dei corrotti di Fatah e dei terroristi di Hamas ne saremmo ben lieti; ma non sarà certo un profilo Facebook segnalato dal solerte giornalista a farci prendere per buona "l'onda", almeno non ancora....
(l'Occidentale, 8 giugno 2011)
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E' Mark Zuckerberg l'ebreo più influente del mondo nel 2011
GERUSALEMME, 7 giu. - E' stato Mark Zuckerberg, il giovane creatore di Facebook, l'ebreo "piu' influente del mondo nel 2011" secondo la classifica stilata dal quotidiano israeliano, Jerusalem Post. Il quotidiano ha deciso di incoronare l'ex studente di Harvard per il ruolo fondamentale svolto dal social network nella cosiddetta 'primavera araba', che nell'invenzione di un ragazzo ebreo ha trovato un validissimo alleato. Al secondo posto della classifica, spicca il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, mentre al terzo posto figura Sheryl Sandberg, anche lei dietro le quinte di Facebook, essendone il capo dell'ufficio operativo. Al quarto posto segue il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, e al quinto il nuovo capo dell'esercito israeliano, il generale Benny Gantz.
(AGI, 7 giugno 2011)
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Lea Goldberg e i versi 'italiani' rivivono a Tel Aviv
TEL AVIV, 7 giu. - L'amore per l'Italia accompagno' tutta la vita di Lea Goldberg, e ora, a cent'anni dalla sua nascita, il nostro Paese rende omaggio alla piu' grande poetessa israeliana del secolo scorso con la prima traduzione integrale in italiano della sua raccolta poetica 'Sulla fioritura'. L'opera, realizzata da Paola Messori e pubblicata dalla rivista milanese "A Oriente!", verra' presentata in un doppio appuntamento organizzato dagli istituti italiani di cultura ad Haifa e Tel Aviv, che faranno rivivere il 'lato italiano' della grande poetessa morta a 59 anni nel 1970, ripercorrendo le tappe del suo avvicinamento alla lingua e alla cultura della Penisola. Nel primo incontro, in programma giovedi' ad Haifa, Messori analizzera' l'influsso della cultura italiana sull'attivita' poetica di Goldberg, che tradusse in ebraico diversi poeti italiani. Gli intensi legami tra la poetessa ebrea e l'Italia, la sua cultura e i suoi paesaggi, verranno approfonditi nel secondo appuntamento, lunedi' prossimo a Tel Aviv, dove la Messori, autorevole traduttrice in italiano di testi della letteratura ebraica, ripercorrera' la vita dell'autrice attraverso le sue composizioni.
(AGI, 7 giugno 2011)
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Per non dimenticare l'Olocausto
di Aldo Chiarle
Gianfranco Moscati, ebreo scampato fortunosamente dalla deportazione fuggendo in Svizzera, iniziò subito dopo la guerra la raccolta di tutto il materiale relativo ad ogni aspetto dell'intera storia della persecuzione fascista e nazista, catalogando tutto il materiale, di eccezionale interesse storico, con struttura tematica in ben trenta volumi. E questa estesa documentazione fu consegnata nel novembre del 2006 alla "Holocaust Exhibition" nelle mani del direttore generale dell'Imperial war Museum London, sir Robert Crawford.
La collezione (esposta come "The Gianfranco Moscati Collection") è particolarmente importante come dice una nota del museo stesso (nota che traduciamo dall'inglese): "Ci siamo impegnati ad assicurare a lungo termine della collezione e a renderla accessibile il più possibile. Siamo riusciti nel nostro obiettivo tramite un catalogo online, che fornisce immagine digitali di gran parte della collezione insieme ad informazioni relative allo sfondo storico, ciò grazie anche al generoso sostegno dell'Istituto culturale italiano. L'opera di traduzione del catalogo originale del signor Moscati dall'italiano all'inglese è stata eseguita da Salvatore Gaau. L'interpretazione storica, compreso un saggio relativo ad ogni sezione tematica della collezione, è stato fornito dal dott. Gunnar S. Paulsson. La collezione è attualmente custodita con una generosa sovvenzione della Rothschild Foundation".
Gli articoli provenienti dalla collezione vengono continuamente inseriti nella "Holocaust Exhibition" ed ora il pubblico può leggere molte storie, come quella di Emilio Sacerdote, l'avvocato residente a Milano che morì in seguito alla sua deportazione; era un componente di spicco di "Desalem", delegazione per l'assistenza degli emigranti ebrei che aiutava i profughi ebrei e di Lucillo Merci, ufficiale di collegamento presso il Consolato italiano a Saloniki, che salvò la vita a tanti ebrei in quella città. Gli italiani che si recano a Londra non possono perdere l'occasione di rivivere la storia di quei momenti che in Europa 6 milioni e mezzo di ebrei pagarono con la morte.
(Avanti!, 7 giugno 2011)
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Israel Water Tech, l'eccellenza israeliana in Italia
Una delegazione di 16 aziende israeliane specializzate in soluzioni tecnologiche avanzate per il trattamento e la gestione delle acque incontreranno il 14 giugno p.v. a Milano, in un'unica giornata, operatori italiani interessati a contatti d'affari e di cooperazione.
di Marilisa Romagno
Il progetto Israel Water Tech è cofinanziato dal Ministero Israeliano per l' Industria, il Commercio e il Lavoro e si svolgerà all'interno dell'evento "The Italian - Israeli Business Forum" (dal 14 al 15 giugno 2011), che viene organizzato in collaborazione con la Promos Milano, Assolombarda e Federutility. Israel Water Tech offrirà agli operatori italiani l'opportunità di incontrare nuove e moderne aziende israeliane caratterizzate da strategie e tecnologie avanzate.
Le imprese presenti all'evento coprono un ampio "range" di attività con l'offerta di prodotti e servizi che comprendono soluzioni innovative per il trattamento delle acque come procedimenti biologici a base di biofilm e sistemi di fitodepurazione intense, software per la gestione e il monitoraggio della rete idrica, impianti e sistemi per la depurazione e la dissalazione fino a sistemi di riparazione automatizzati di falle nelle tubazioni interrate. La manifestazione si terrà il prossimo 14 giugno a Milano presso il Palazzo Mezzanotte, Piazza degli Affari 6. Gli incontri b2b personalizzati con gli imprenditori israeliani sono programmati su appuntamento a partire dalle ore 8,30. È prevista inoltre l'assistenza gratuita di interpreti specializzati per favorire la comunicazione interculturale e il business.
L'organizzazione operativa dell'evento è a cura della SBS systems for business solutions, una consulting con sede a Roma e Berlino, che realizza da anni e con successo progetti di internazionalizzazione tra imprese estere e italiane su incarico diretto del Ministero Federale Tedesco per l'Economia e la Tecnologia. La partecipazione alla giornata degli incontri d'affari non comporta alcun costo agli interessati italiani. È richiesta la registrazione tramite il modulo online sul sito ufficiale del progetto www.israeltech.it oppure contattando i nostri uffici.
(Alternativa Sostenibile, 7 giugno 2011)
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Milano - La 'Settimana d'Israele' non trasloca da piazza Duomo
La manifestazione 'Unexepected Israel' si terrà in piazza Duomo, a Milano, nonostante le polemiche dei giorni scorsi avevano fatto circolare l'ipotesi di un trasloco al Castello Sforzesco. Ecco i rendering della grande installazione su cui scorreranno le immagini di Israele.
Il via libera per la manifestazione in programma dal 13 al 23 giugno è arrivata malgrado le minacce
arrivate nei giorni scorsi. In calendario l'incontro fra lo scrittore David Grossman e la cantante Noa
Si farà in piazza Duomo a Milano la rassegna 'Unexepected Israel'. La decisione è stata concordata pochi minuti fa al termine di contatti e incontri tra le istituzioni interessate. Il governo italiano aveva dato il via libera, aveva anticipato Amor Radian, portavoce dell'ambasciatore israeliano Gideon Meir, rinunciando così all'ipotesi di trasferire la manifestazione al Castello Sforzesco: una conseguenza delle minacce che erano arrivate nei giorni scorsi, rimbalzate anche sui siti antagonisti, contro la manifestazione.
"Si tratta di un progetto ambizioso e interessante - ha detto Radian - e vogliamo realizzarlo per il bene dei due popoli. Abbiamo scelto Milano, del resto, proprio perchè è gemellata con Tel Aviv". La kermesse, in programma dal 13 al 23 giugno, spazierà dalla tecnologia - con cinque seminari dedicati alle tecnologie idriche, i new media, la sanità, la sicurezza interna e la robotica - alla cultura, dall'economia al turismo. Una chicca della manifestazione sarà l'appuntamento che proporrà insieme lo scrittore David Grossman e la cantante Noa.
In programma anche una mostra sui kibbutz e, soprattutto, una grande installazione di 15 colonne con monitor su cui scorreranno le immagini di Israele. Il cuore dell'evento sarà il forum economico, che verrà inaugurato dal ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, e dal collega dell'Industria israeliano, Shalom Simhon, e consentirà a centinaia di imprese italiane e israeliane di conoscersi e confrontarsi.
(la Repubblica - Milano, 7 giugno 2011)
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The Indipedent: Anche Siria e Turchia dietro l'intesa Hamas-Fatah
ROMA, 7 giu - La riconciliazione fra Hamas e Fatah è stata raggiunta con la mediazione non solo dell'Egitto ma anche della Siria e della Turchia. Lo si legge sul quotidiano britannico The Independent che riporta l'intervista di Robert Fisk a Munib al-Masri, il businessman milionario palestinese che ha mediato fra le varie parti. Hamas ha cercato e ottenuto l'appoggio dei primi tre leader del regime siriano - il presidente Bashar Assad, il suo numero due Farouk al-Shara e il ministro degli Esteri Walid Moallem -: "L'accordo ha fruttato il benestare del leader politico Khaled Meshaal per fermare gli attacchi missilistici da Gaza su Israele assieme all'intesa che il futuro stato palestinese sarà basato sui confini del 1967". "Senza l'aiuto degli egiziani, l'accettazione dei siriani e il desidero palestinese di unità di fronte alla primavera araba - dichiara al-Masri - non ce l'avremmo fatta".
Il mediatore sottolinea la differenza fra l'atteggiamento del Cairo prima e dopo la caduta di Hosni Mubarak: "Meshaal aveva incontrato senza esito alla Mecca il capo dei servizi segreti egiziani, Omar Suleiman, il miglior amico di Israele nel mondo arabo. Ma Suleiman lavorava per Israele". Il "nuovo" Egitto del ministro degli Esteri Nabil al-Araby "ha invece mostrato più sicurezza: 'Posso portare ai negoziati il ministro degli Esteri turco?' ci chiese al -Araby. E così abbiamo cominciato a discutere tutti assieme". Quanto al perdurante rifiuto di Hamas di riconoscere lo stato di Israele, al-Masri spiega: "Finché sono solo una formazione politica e non una forza di governo possono dire quello che vogliono. Ma il governo si allineerà alle risoluzioni e al diritto internazionale".
(il Velino, 7 giugno 2011)
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Siria, profughi palestinesi contro i loro vertici: 14 morti
I quattro ragazzi si nascondono dietro a un cassonetto dell'immondizia. Più che nascondersi, in realtà, cercano di proteggersi. Dai colpi di fucile. Dalla rabbia di chi impugna quelle armi. E da un territorio ormai sfuggito a qualsiasi controllo. Solo che a un certo punto i proiettili arrivano verso di loro. Ma dall'altra parte. Dalle loro spalle.
I manifestanti a pochi passi di distanza avvertono i quattro del pericolo. Ma non servirà a molto. Qualcuno prende meglio la mira. E centra in pieno alla testa uno dei quattro. Il sangue ci mette nulla a espandersi sull'asfalto. Gli altri cercano di salvarsi come meglio possono: chi corre, chi accenna un'alzata di mani in segno di resa. Alla fine di quelle contestazioni si conteranno quattordici vittime. Una di loro è stata immortalata in un video pubblicato su YouTube
Siamo ad Al-Yarmok, campo profughi palestinese non ufficiale a pochi chilometri da Damasco, la capitale siriana. Migliaia di manifestanti - centomila, secondo stime confermate - scendono in strada per celebrare i funerali dei giovani uccisi dall'esercito israeliano domenica 5 giugno durante il "Naqsa Day", la sconfitta degli eserciti arabi nella "Guerra dei sei giorni" del 1967.
In molti sfogano tutta la loro rabbia contro gli uffici del commando generale del Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Accusano i vertici delle organizzazioni palestinesi. Migliaia urlano contro l'incapacità organizzativa del Fplp in occasione del "Naqsa Day". Altri criticano i capi per non aver saputo coinvolgere i «fratelli» della Striscia di Gaza, della Cisgiordania e del Libano. Nel frattempo qualcuno incendia uno dei palazzi dell'organizzazione.
Qualche minuto dopo i cecchini - militanti del Fplp, secondo molti testimoni - aprono il fuoco contro i manifestanti. È il conflitto tra «fratelli». Fonti ospedaliere di Damasco fanno sapere che 14 palestinesi scesi in strada sono stati dichiarati morti. Altri accusano l'esercito siriano di aver dato una mano al Fronte popolare nel massacro.
Per oggi - 7 giugno - è attesa una giornata fotocopia di domenica scorsa. La sensazione - raccolta in ambienti palestinesi sparsi lungo la dorsale siriano-libanese - è che «più che combattere la politica d'Israele, dovremmo togliere dalle fila dei nostri dirigenti quei codardi che pur di mantenere lo status quo si alleano con chiunque e ammazzano i propri fratelli».
(Falafel Cafè, 7 giugno 2011)
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Le pedine palestinesi di Assad
Forzare il confine di Israele e dimenticare la rivolta in Siria
"Naksa" è una parola araba che potrebbe essere tradotta con "sconfitta". Meno drammatica di "Nakba" ("catastrofe", che nella storia araba indica la nascita dello Stato di Israele), la Naksa è la celebrazione della disfatta di Siria, Giordania ed Egitto nella Guerra dei Sei Giorni.
Domenica, sul confine israelo-siriano, si è ripetuto quel che era avvenuto il 15 maggio nel giorno della Nakba: un'invasione "pacifica" della frontiera del Golan da parte di centinaia di militanti palestinesi. Finita nel sangue come l'altra volta: il ministero della Sanità di Damasco denuncia 23 morti e 350 feriti provocati dal fuoco dei militari dell'Idf.
Gerusalemme smentisce la notizia, ma morti e feriti si trovano tutti in territorio siriano, dunque per Israele è impossibile condurre una propria indagine. Sono affidabili le cifre fornite da Damasco? E' significativo vedere come i media siriani abbiano dato notizie sulle vittime della Naksa, ma non abbiano neppure accennato ai 35 morti (secondo fonti dell'opposizione) provocati dall'esercito siriano nella repressione delle insurrezioni interne di questo fine settimana.
La Naksa è stata un'occasione per distrarre l'opinione pubblica interna dalla rivoluzione contro Assad. Imbarcati su numerosi autobus a Damasco, centinaia di manifestanti si sono posizionati sul Golan. Siti dell'opposizione siriana riferiscono che gli attivisti siano stati pagati 1000 dollari a testa.
Altri 10mila dollari sarebbero stati promessi alle famiglie delle eventuali vittime. A Majdal Shams, circa 150 manifestanti si sono diretti al confine con il chiaro intento di passarlo. Non hanno risposto ai numerosi avvertimenti lanciati in lingua araba dai militari israeliani e sono finiti sotto il fuoco.
L'Idf assicura che i suoi uomini hanno sparato prima colpi di avvertimento, poi ad altezza gambe. Gli ufficiali registrano 12 feriti fra i manifestanti. Un secondo tentativo di infiltrazione del confine è stato condotto a Kuneitra, da un gruppo più numeroso (dai 200 ai 300) di manifestanti anche con lanci di molotov e pietre.
I manifestanti siriani e i palestinesi avrebbero inavvertitamente provocato la detonazione di alcune mine siriane. Probabilmente è anche questa la causa delle perdite. La popolazione araba e drusa che vive entro i confini israeliani del Golan si è divisa. Mentre la comunità di Majdal Shams ha appoggiato l'incursione (sono avvenute alcune sollevazioni contro la polizia, comunque disperse facilmente), altri drusi, soprattutto, hanno contestato la buona fede dei manifestanti.
"Io sono contro Assad quando usa i palestinesi" - spiegava ieri al Jerusalem Post il cameraman Tahrir Fakheraddin - "Se li ha spediti qui per far questo, sono completamente contrario. Sono favorevole al rispetto dei loro diritti, ma contro il loro uso come pedine in un gioco".
(l'Opinione, 7 giugno 2011)
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Il nodo palestinese è serio non si può lasciarlo ad Assad
La Siria soffia strumentalmente sul fuoco
di Vittorio E. Parsi
Dopo la Nakba , la giornata della "catastrofe" che commemora la nascita dello Stato di Israele, anche la Naksa ,l'anniversario della sconfitta araba nella Guerra dei sei giorni, è stato solennizzato con scontri al confine settentrionale di Israele. Questa volta, in ossequio al rigore storiografico, i manifestanti hanno scelto come obiettivo le alture del Golan invece del Libano meridionale: ma la sostanza non cambia. La regia di Damasco dietro entrambi gli episodi è ben più che ipotetica. Ancora una volta, il regime di Assad cerca di mescolare le carte, di procurarsi cinicamente un po' di morti arabi per mano israeliana così da sviare l'attenzione dell'opinione pubblica del Levante dall'ecatombe di siriani massacrati per mano dei servizi di sicurezza di Damasco. C'è ben poco di maldestro nelle azioni del "dottore", che dal padre sembra aver ereditato la medesima spietatezza: per quanto a noi possa apparire un tentativo rozzo e fin troppo scoperto, Assad sa bene che un arabo ammazzato dagli israeliani 'vale' almeno cento arabi uccisi dai loro fratelli. Almeno questo è sempre stato vero fino ad ora. Ma adesso? Adesso il trucco potrebbe anche non funzionare, se si pensa che il sito di al-Jazeera dava ieri più enfasi ai racconti delle torture bestiali subite dagli oppositori di Assad in Siria che agli scontri di confine, pur ovviamente condannandoli duramente. Il leader siriano ci prova, dunque, ma questa volta il gioco potrebbe non riuscirgli. Troppe le immagini e le notizie di quello che accade in tutto il suo Paese perché possano essere coperte dagli incidenti di domenica.
Troppa sproporzione, in questo clima nuovo di rivolte interne e circolazione panaraba delle informazioni. Il solo spiraglio che resta aperto per il regime sta nel soffiare sul fuoco, alimentare i tentativi di forzare le barriere difensive israeliane, così da provocare nuove vittime, possibilmente per giorni e giorni.
L'evocazione dei diritti del popolo palestinese è l'ultimo totem cui sacrificare, nella speranza di replicare un copione sempre più frusto: il nemico vero è quello esterno, 'l'entità sionista', non i regimi corrotti, violenti e illegittimi che fanno scempio dei propri sudditi. Avere la forza di non abboccare a questa trappola rappresenterebbe una prova di maturità straordinaria per l'opinione pubblica araba, che le permetterebbe di fare i conti con il grande tabù: cioè l'utilizzo strumentale del dramma reale del popolo palestinese, della negazione effettiva dei suoi diritti, da parte delle inqualificabili élite politiche di tanti impresentabili regimi. È una partita decisiva per lasciare un po' più nudi i tanti re-tiranni, veri artefici dell'infelicità araba. Questo ovviamente non deve farci dimenticare che l'eterno conflitto israelo?palestinese non può essere a sua volta essere 'dimenticato' in ossequio alla grandiosa novità rappresentata dalle piazze in rivolta. Guai se qualcuno si illudesse che il boato della primavera araba possa mettere la sordina al lamento di un popolo oppresso da oltre sessant'anni, che ha diritto alla sua dignità, alla sua libertà, al suo futuro tanto quanto lo hanno gli israeliani.
Ancorché quasi certamente organizzata, diretta e finanziata da Damasco, la forma di protesta che in queste settimane è stata sperimentata ai confini israeliani è la più pericolosa per lo Stato ebraico. È vero che coloro che cercavano di varcare i confini erano "nemici stranieri" (essendo Libano e Siria in stato di guerra con Israele dal 1948). Ma è altrettanto vero che aprire il fuoco su civili disarmati rappresenta sempre e comunque una pessima mossa, quand'anche obbligata. L'invasione disarmata (ma non pacifica, perché chi la mette in atto non riconosce il diritto all'esistenza dell'altro) è oltretutto quella che meglio evoca lo spettro della "bomba demografica araba", che a Tel Aviv temono più di ogni altra cosa, pensando al futuro dello Stato ebraico. Una ragione in più perché il governo di Netanyahu cerchi di uscire da quella posizione autistica in cui si è rintanato da troppo tempo a questa parte.
(Avvenire, 7 giugno 2011)
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Tensione con l'Egitto, Hamas chiude il valico di Rafah. Striscia isolata
RAFAH - L'isolamento della Striscia di Gaza è di nuovo realtà. Da domenica sera. Da quando cioè Hamas ha deciso di fermare i cittadini intenzionati ad oltrepassare il valico di Rafah, rivendicando le restrizioni al passaggio imposte dall'Egitto.
L'isolamento della popolazione palestinese, già durato 4 anni ed interrotto solo la settimana scorsa, è di nuovo una realtà. L'Egitto ha negato di aver avuto un ripensamento in corso d'opera, riducendo ulteriormente i flussi, come avrebbe sostenuto Hamas. Le autorità palestinesi, riferisce infatti il quotidiano The Indipendent, hanno tuttavia dichiarato che il valico resterà chiuso finché un chiarimento egiziano non sarà pervenuto.
Il responsabile del lato palestinese, Ayub Abu Shaar, ha fatto sapere di "attendere il risultato delle consultazioni tra il ministero degli Esteri palestinese e il governo egiziano", che arrivano dopo tre giorni di confusione allo scalo, l'unico passaggio non controllato da Israele.
VIDEO
(News2U, 7 giugno 2011)
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Israele a Milano - "Ebrei italiani contro odio e pregiudizio"
Il Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna e il Presidente della Comunità ebraica di Milano Roberto Jarach hanno emesso una nota congiunta riguardo alle gravi intimidazioni lanciate contro la manifestazione Unexpected Israel organizzata a Milano a partire da questa domenica 12 giugno. Eccone il testo:
"Il Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Renzo Gattegna, e il Presidente della Comunità ebraica di Milano, Roberto Jarach, seguono attentamente e con preoccupazione il susseguirsi di notizie e di dichiarazioni riguardanti la manifestazione Unexpected Israel, una settimana dedicata alla storia, alla cultura e alla realtà israeliana il cui inizio è previsto a Milano, in Piazza del Duomo, da questa domenica 12 giugno.
"E' in corso un palese tentativo da parte di forze, gruppi e persone animati da preconcetta ostilità verso lo Stato d'Israele di far cancellare, fallire o almeno ridimensionare la portata di questo importante evento che è finalizzato a rafforzare i rapporti di amicizia e collaborazione fra i due Paesi.
"Le Comunità ebraiche si uniscono per sostenere l'intenzione annunciata sia dalle autorità israeliane sia da quelle italiane di non attuare alcun cambiamento al programma stabilito, sottolineando che i contenuti della iniziativa sono orientati verso la cultura, il progresso, la tecnologia e l'arte, tutti temi che adeguatamente sviluppati possono solo agire positivamente verso la convivenza e la pace tra i popoli e perché cedere alle minacce equivarrebbe ad assicurare un successo politico a coloro che stanno diffondendo con tutti i mezzi a loro disposizione messaggi di pregiudizio e di odio".
(Notiziario Ucei, 7 giugno 2011)
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Cicchitto: sulle contestazioni a Israele Pisapia non giri la testa
ROMA, 7 giu - ''Ci auguriamo che non avvenga lo spostamento delle manifestazioni-riflessioni su Israele da piazza del Duomo ad un altro luogo della citta' subendo l'incivile contestazione dei centri sociali e di altre forze.
L'antisemitismo e' sempre indegno sia che sia di destra sia che sia di sinistra. Il sindaco Pisapia non puo' girare la testa dall'altra parte, ridurre questa contestazione disgustosa e rivoltante a un mero problema di ordine pubblico da consegnare al ministro Maroni e al Prefetto perche'in questo caso si rifuggirebbe in un esercizio di mediocre furbizia''.
Lo afferma Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera dei deputati.
(ASCA, 7 giugno 2011)
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Ambasciatore Meir: Nonostante le minacce avanti su piazza Duomo
Da lunedì kermesse "tra tecnologia e arte, politica non c'entra"
"Continuiamo a preparare la manifestazione a piazza Duomo, così come avevamo deciso assieme al governo italiano e al comune di Milano da oltre un anno". Lo ha assicurato l'ambasciatore israeliano a Roma Gideon Meir presentando a un gruppo di giornalisti la rassegna 'Unexpected Israel', una maxi-esposizione delle realizzazioni tecniche e culturali israeliane in programma nel capoluogo lombardo da lunedì prossimo, 13 giugno. La precisazione è arrivata dopo che alcuni gruppi filo-palestinesi hanno lanciato sul Web petizioni e minacce contro la kermesse - che martedì 14 prevede anche un forum economico Italia-Israele - costringendo la questura di Milano a ipotizzare una location alternativa più sicura per l'evento, quella del Castello Sforzesco. "Ci sono già stati da parte nostra investimenti rilevanti - ha sottolineato l'ambasciatore - e il governo è favorevole a seguire il piano stabilito". "E' una cosa bellissima - ha aggiunto Meir - tra tecnologia, arte, letteratura, e tutto quanto di meglio può unire Italia e Israele, e Milano e Tel Aviv, due città che sono gemellate. La politica non c'entra nulla, e noi continuiamo a lavorare su quanto avevamo preparato". Ora mancherebbe solo il via libera definitivo del neo-sindaco Giuliano Pisapia.
(TMNews, 7 giugno 2011)
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Al via il 'Festival della Luce' di Gerusalemme
Gerusalemme spalanca le porte alla seconda edizione del "Festival della Luce", in programma dal 15 al 22 giugno. Impianti luminosi, installazioni e mostre dedicate alla luce ravviveranno la città al tramonto, dalle 20 alle 24.
La kermesse è realizzata dalla municipalità di Gerusalemme in collaborazione con l'ufficio del primo ministro, il ministero del Turismo d'Israele, il Comune e la società Ariel. Una settimana di eventi in cui sono attesi 250 mila visitatori.
Nel corso del festival sarà possibile visitare nel centro storico della città mostre di artisti "della luce" locali e internazionali, assistere a eventi di strada, spettacoli di acrobati e visitare una fiera dell'illuminazione allestita all'Archeological Garden del Davidson Center di Gerusalemme. Numerosi gli artisti provenienti da Paesi stranieri: Francia, Portogallo, Usa, Danimarca, Belgio e Italia.
Alla Porta di Giaffa, il gruppo francese TILT, che partecipa al festival per la seconda volta, creerà un giardino futurista di luce in una mostra dove lo spettatore viene circondato da un ambiente innovativo utilizzando la più avanzata tecnologia legata alle tecniche della illuminazione. Alla Grotta di Zedekia in mostra anche l'opera dell'italiano Richi Ferrero, che presenterà un allestimento visivo completato da musica mongola e sonorità bulgare.
Il Comune di Gerusalemme ha anche deciso di ricostruire l'illuminazione che nel 1937 celebrò l'incoronazione di re Giorgio VI, mentre un video inserito nella Rothschild House condurrà i visitatori in un virtuale viaggio in treno dalla città alla scoperta della natura e un altro impianto riprodurrà un "dialogo" con la pietra di Gerusalemme, utilizzando oggetti illuminati per creare illusioni.
In programma, per finire, lo spettacolo "Butterfly Effect" nel Giardino Ha'bonim: i biglietti possono essere acquistati online ( ) o telefonicamente.
(l'Agenzia di Viaggi, 7 giugno 2011)
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Oggi non viene chiamato antisemitismo, ma antisionismo
Marina Ergas
Una breve visita in Italia durante questa ultima settimana mi ha fatto ripensare alla mia decisione di esattamente 44 anni fa che mi ha portato a trasferirmi in Israele. Ritorno e valutazione del passato non sono cose rare nelle persone anziane.
Allora, il 7 Giugno del 1967 partii per la paura che qualche cosa potesse accadere alla parte del popolo ebraico che viveva nel nuovo stato sionista, piena dell'ingenuita' dei vent'anni e dalla paura che l'antisemitismo che aveva cosi' duramente colpito la generazione dei miei genitori avrebbe potuto ricrearsi, rinascere ed agire nuovamente in Europa, in un futuro.
Oggi non viene chiamato antisemitismo ma antisionismo.
La manifestazione prevista a Milano alla meta' di giugno contro la settimana dedicata ad Israele, l'effigie di Shimon Peres a Torino con la stella di Davide colpita dalle scarpe, con un'aggiunta grottesca di un articolo sul Corriere della Sera su rabbini israeliani che hanno lapidato un cane (il titolo e non i contenuti dell'articolo), il tutto nel giro di pochi giorni ha provocato un rafforzamento della mia decisione giovanile, nonostante tutto.
L'appoggio dato ai profughi palestinesi che negli ultimi tempi hanno cercato di varcare le linee di armistizio e le frontiere per tornare a "casa" loro ci fanno intravedere la delegittimazione dello Stato d'Israele.
Se la zona contesa e' casa dei palestinesi, se e' legittimo e da appoggiare un movimento di 4.500.000 profughi (secondo le cifre date dai palestinesi) di ritornare in Palestina mettendo in atto la visione di Arafat: "cammineremo verso la Palestina", Israele non puo' esistere.
E' legittimo uccidere in Libia, Egitto, Irak, Afganistan Barhein, Siria e in molti altri paesi al mondo; l'unico che non sembra avere questo orrendo e macabro privilegio e' l'esercito dello Stato d'Israele.
Uccidere e' permesso a chiunque altro tranne a chi ha il diritto storico di rimanere sempre una vittima voluta.
Il tentativo verbale di fare un paragone tra la Shoa' e la situazione creata dal conflitto israelo-palestinese fa capire quanto le proporzioni non vengano prese in considerazione quando si parla di ebrei.
Tutti i popoli arabi hanno diritto alla rivolta violenta per decidere del proprio destino, i paesi europei hanno diritto di riattivare sfacciatamente il colonialismo;
il diritto di ottenere benefici attraverso la guerra non e' permesso allo Stato d'Israele, non e' permesso agli ebrei.
Gli eccidi nel resto del mondo passano spesso quasi inosservati ma se l'esercito israaeliano impedisce con la forza a chi vuole distruggerlo di entrare all'interno del paese i media si schierano con la non violenza.
La violenza e' permessa agli altri, non agli ebrei.
La primavera araba che ha provocato negli ultimi mesi migliaia di vittime viene accolta dall'Occidente come un fattore positivo nella gran parte dei casi. Per lo piu' senza profonda conoscenza del terreno, dei costumi, del pensiero e del sistema di vita medio-orientale si giudica senza analizzare in profondita' e senza attendere reali cambiamenti e risultati.
Aumenta invece la critica negativa nei confronti di Israele.
E' un dato di fatto che i palestinesi non desiderino soltanto formare un loro stato nei territori occupati da Israele dal 1967 ma che rimettono in questione la Partizione della Palestina.
E' un dato di fatto che i palestinesi ritengano lo stato ebraico l'ultimo baluardo del vecchio colonialismo, simile al Regno di Gerusalemme del periodo crociato.
E' un dato di fatto che la costituzione dello Stato d'Israele sia stato sin dall'inizio un interesse occidentale per mantenere la possibilita' di intervento e di controllo nella zona medio-orientale
E' un dato di fatto che lo Stato d'Israele possa esistere solo a risultato di attivita' belliche ripetute.
Tutto cio' viene dimenticato, confuso da una sottile propaganda piena di slogan che nasce da un sentimento antisemita endemico dell'Europa.
Se coloro che fanno parte di questi movimenti europei, sia all'ovest che all'est, di boicottaggio di Israele, boicottaggio culturale, accademico, artistico economico e di immagine pensano che le loro azioni portino beneficio al popolo palestinese e ai fratelli arabi di tutta la regione ebbene si sbagliano di grosso.
Tutto cio' non fa che rinforzare la necessita' per il popolo ebraico ad uno stato proprio, stato che non puo' che usare gli stessi mezzi permessi agli altri popoli nella zona ed alle forze armate europee che si permettono ancora di intervenire dove ci sia per loro convenienza.
Antisemitismo crescente in una parte della comunita' internazionale non fa che rinforzare Israele, di ridargli nuove forze, di rinvigorire la nuova generazione e di prepararla alle future guerre che comunque ci saranno, e di lasciare perplessa anche una parte del paese che per decenni si e' battuta per la pace.
(Linkiesta, 7 giugno 2011)
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Miracolo economico o miraggio?
Da mesi la significativa crescita economica osservata nei territori palestinesi, in particolare a Ramallah, la perla della Cisgiordania, è sotto osservazione speciale da parte di analisti economisti e politologi. I numeri sono sorprendenti. L'economia palestinese aumenta a ritmi cinesi, facendo registrare tassi di crescita intorno al 7%annuo. Mentre diminuiscono i check point, aumentano bar, ristoranti, esercizi commerciali. Una proporzione inversa che non è casuale, bensì frutto di una precisa scelta politica. L'ultimo premier di al Fatah, Salaam Faiyad, fin dall'inizio del proprio mandato aveva deciso di mettere in atto - riveduta e corretta - un'idea del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu: puntare a migliorare le condizioni economiche e di sicurezza dei palestinesi dei territori, collaborando con le autorità israeliane, in modo da consentire ai cittadini una qualità di vita più soddisfacente. E allo stesso tempo, costruire e consolidare sul campo quelle che dovrebbero diventare le istituzione e strutture portanti del futuro Stato di Palestina. In altre parole, una pax economica che spiana la strada alla pax tout court. L'idea piaceva molto anche alla Casa Bianca, che negli ultimi anni ha elaborato il suo approccio alla questione palestinese proprio basandosi sulla spaccatura - di recente ricucita - tra Cisgiordania e Gaza, tra Autorità Nazionale Palestinese e gli estremisti islamici di Hamas. I locali alla moda che spuntano come funghi a Ramallah e i diversi segni di benessere e attività che si notano in giro per la città, come i cantieri aperti o il primo hotel a cinque stelle inaugurato da poco, sembrerebbero confermare che l'equazione di Faiyad sta funzionando. Ma il tanto decantato boom economico è criticato da molti che lo descrivono invece come una bolla di sapone gonfiata da pericolose contraddizioni. "Fumo e specchietti" era stato il commento qualche tempo fa del presidente della confindustria palestinese Mahdi al Masri. La bolla si nutre in maniera fondamentale di donazioni straniere. In totale 7.7 miliardi di dollari di aiuti in due anni, dal 2008 al 2010. Che drogano l'economia palestinese e favoriscono la corruzione, come ammettono a microfoni spenti anche fonti della cooperazione italiana. Zakaria al Qac insegna all'università di al Quds, fucina dell'intelighenzia palestinese, ed è condirettore del Centro ricerche israelo-palestinese di Gerusalemme; la sua opinione sul cosiddetto miracolo economico è pessima. "Non è altro che un miraggio - dichiara a FocusMo - l'occidente vuole una storia di successo e ha deciso di enfatizzare i risultati economici di Ramallah e di una parte dei territori, quelli dell'area A, amministrati dall'Anp. Si esalta la teoria della pace economica di Netanyahu, ma la verità è che la gran parte dei palestinesi vive ancora sotto la soglia di povertà. Del resto - conclude al Qac - senza indipendenza politica non può esserci sviluppo economico duraturo".
(FocusMo, 7 giugno 2011)
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La Resistenza a Roma: fatti, luoghi e simboli alla Casa della Memoria
di Chiara Campanella
ROMA - Gli intensi e drammatici avvenimenti vissuti nella capitale, dai bombardamenti anglo-americani del luglio 1943 fino all'arrivo delle truppe alleate l'anno successivo. Questo è il tema della mostra fotografica a Rom intitolata "La Resistenza a Roma. Fatti, luoghi e simboli" dal 26 maggio al 2 luglio 2011, alla Casa della Memoria e della Storia di Roma. L'esposizione è ideata dall'ANPI di Roma e del Lazio ed è curata da Davide Conti ricercatore della Fondazione Lelio Bassi sezione Internazionale e Michela Ponzani, ricercatrice dell'Istituto Storico Germanico di Roma. L'ingresso è gratuito, dal lunedì al sabato dalle ore 9.00 alle ore 19.00.
Sono sedici i pannelli della rassegna che propongono circa 70 immagini tra fotografie, stampe e riproduzione di documenti originali dell'epoca. L'esposizione si divide in sezioni tematiche che riportano i seguenti temi: "Bombardamenti su Roma"; "25 luglio e caduta del regime fascista"; "8 settembre e battaglia di Porta San Paolo"; "Deportazione e rastrellamenti del ghetto ebraico e del Quadraro"; "Fucilazioni di Forte Bravetta"; "Attacco di Via Rasella"; "Strage delle Fosse Ardeatine"; "Partiti e movimenti della Resistenza romana"; "Carcere di Via Tasso"; "Stampa clandestina"; "Arrivo degli Alleati e Liberazione di Roma". Un vero e proprio percorso storico, dalla sottomissione del popolo romano da parte dei nazi fascisti alla liberazione della capitale da parte delle truppe alleate.
Nel primo pannello sono presenti le foto della basilica di San Lorenzo distrutta dai bombardamenti, scorci del quartiere San Lorenzo, completamente devastato e Pio XII tra la folla. Nel pannello accanto è rappresentata la fine del regime fascista con alcune foto della popolazione romana che si riversa sulle strade, intenta a distruggere i simboli del potere dopo l'arresto di Mussolini. Ancora, la basilica di San Paolo con i carri armanti che entrano attraverso la famosa Porta. Nel pannello numero quattro è affissa una foto dell'ingresso del ghetto ebraico a Roma e il monumento simbolo del rastrellamento degli giudaici. Importante è la presenza, all'interno dell'esposizione, di appelli e comunicati clandestini che invitano la popolazione allo sciopero generale anti tedesco e all'insurrezione nella capitale, oltre che di manifesti che proclamano scioperi dei lavoratori. Ancora, materiali e stampa clandestina dei partiti anti fascisti di Roma, come La Stampa, Il Popoli, L'Unità, Bandiera Rossa, Italia Nuova, ecc. Il percorso si conclude con gli ultimi due pannelli: uno con la rappresentazione del carcere di via Tasso, uno dei luoghi di tortura più macabri e noti nella Roma occupata dai nazisti; l'altro con le foto del popolo romano che festeggia la Liberazione e alcune copie di volantini lanciati dagli stessi aerei angloamericani su Roma che invitano ad opporsi ai nemici per proteggere la città. Sono foto e documenti, molto belli, carichi di sensibilità ed emotività che inducono il visitatore alla riflessione.
Documento che attesta la morte di Elena Di Porto dopo il rastrellamento del ghetto e la deportazione in campo di concentramento
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Un breve riepilogo della storia.
Dopo tre anni di guerra e le dure sconfitte militari in Jugoslavia, Grecia e Unione Sovietica, la situazione politico-militare dell'Italia precipita e il 19 luglio 1943 Roma subisce un pesante bombardamento da parte dell'aviazione anglo-americana. Si contano oltre 4000 morti. Il 25 luglio il Gran Consiglio del Fascismo si riunisce a Palazzo Venezia per discutere delle sorti della guerra: a seguito della votazione per la destituzione di Mussolini, Vittorio Emanuele III costringe il Duce alle dimissioni e conferisce al generale Pietro Badoglio l'incarico di formare un nuovo governo. Il fascismo è morto e per le strade di Roma la gente si lascia andare a manifestazioni di gioia, irrompe nelle sedi del Partito nazionale fascista e distrugge i simboli del regime. Durante i "45 giorni" del governo Badoglio viene proclamato lo stato di guerra su tutto il territorio nazionale e le funzioni d'ordine pubblico passano sotto controllo delle autorità militari, si costituiscono corti marziali e si pone il divieto a scioperi o manifestazioni di piazza.
Il 13 agosto 1943 un nuovo bombardamento colpisce San Giovanni e la zona della Tuscolana. L'8 settembre 1943 viene annunciato l'armistizio con gli Alleati e il ritiro dell'Italia dalla guerra; l'esercito, rimasto del tutto privo di direzione, si sfalda e resta in balìa della rappresaglia tedesca. Oltre 600.000 militari vengono deportati in Germania. Con la fuga del re e del governo e il collasso dei comandi dello Stato maggiore italiano, il paese viene abbandonato se stesso. Roma è aggredita dalle armate naziste, senza aver mai chiesto né ottenuto una resa. Il feldmaresciallo Albert Kesselring, comandante delle forze tedesche nell'Italia del sud, viola l'atto di resa firmato il 10 settembre col generale Calvi di Bergolo. I nazisti entrano a Roma e la città viene dichiarata territorio in stato di guerra. Iniziano le razzie nelle case, i rastrellamenti di uomini da inviare come manovalanza al fronte di Cassino o in Germania, le deportazioni di renitenti alla leva militare o del lavoro e le taglie sulle teste dei resistenti. Al coprifuoco e ai posti di blocco, si aggiunge la fame.
E' una piccola mostra fotografica, correlata anche con alcuni documenti. Un ricordo, anche se drammatico e triste, è pur sempre un pezzo di storia che Roma non può e non si deve dimenticare, e che comunque possiede un lieto fine
un buon motivo per rammentare il passato e fare un salto a vedere la rassegna!
(Wakeupnews,, 7 giugno 2011)
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New York: Decine di migliaia di persone a una manifestazione pro-Israele
di E. Hausen
New York City - Israeli Day Parade sulla 5th Avenu
NEW YORK - Circa 30.000 persone hanno manifestato domenica scorsa a New York il loro sostegno a Israele. Alla 48sima edizione della tradizionale marcia per lo Stato ebraico hanno partecipato anche il sindaco Michael Bloomberg e il governatore dello Stato di New York, Andrew Cuomo.
I manifestanti hanno marciato attraverso la Fifth Avenue. Hanno partecipato anche i membri del Congresso a Washington. Israele era rappresentato fra gli altri dal Ministro dell'Informazione Juli Edelstein, dall'ambasciatore Michael Oren e dal Console Generale a New York, Ido Aharoni. Il sindaco Bloomberg ha aperto la marcia. Questo ha riportato il quotidiano "Yediot Aharonot".
Il Ministro Edelstein ha detto che la visione di decine di migliaia di americani che marciano per Israele è stata commovente. La manifestazione è stata importante, in un momento in cui lo Stato ebraico è sempre più esposto a tentativi di delegittimazione. Ma questo Stato rappresenta il compimento del "diritto legittimo"del popolo ebraico alla terra di Israele.
Erano presenti inoltre circa 160 delegazioni di comunità e gruppi ebraici. Per la prima volta hanno partecipato anche rappresentanti delle organizzazioni israeliane di sinistra, tra cui "Shalom Achschav" (Peace Now). Hanno portato striscioni che inneggiavano alla libertà e alla democrazia in Israele.
La manifestazione si è svolta in una cornice festosa. 16 gruppi musicali, tra cui la banda della polizia della città, hanno suonato in varie tappe del percorso. Su 23 palcoscenici si sono esibiti artisti e attori ebrei e israeliani. Alla minimaratona nel Central Park hanno partecipato circa 5.400 corridori.
(israelnetz.de, 6 giugno 2011 - trad. www.ilvangelo-israele.it)
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Sha, Äôath: "Già disordine nel governo Hamas-Fatah"
Un mese dopo la riconciliazione, grazie alla mediazione egiziana, nell'accordo Hamas-Fatah è stato annunciato che al Cairo le due parti continuano a non essere d'accordo in merito alla costituzione di un governo di unità nazionale. Secondo Fatah, Äôs Nabil Sha, Äôath, il nuovo governo avrebbe dovuto essere annunciato questa settimana. La scorsa settimana Sha,Äôath ha visitato la Striscia di Gaza dove ha avuto colloqui con il primo ministro di Hamas, Ismail Haniyeh, in merito alla formazione di un nuovo governo.
Sha, Äôath sperava di convincere Hamas ad accettare l'attuale primo ministro dell'Autorità palestinese, Salam Fayyad, a capo del governo di unità nazionale. La nomina di Fayyad sarebbe ora il principale ostacolo alla formazione del governo, stando a quanto dichiarato da un funzionario di Fatah. Abbas ritiene che un governo di unità nazionale guidato da Fayyad garantirebbe la continuità degli Stati Uniti e finanziamenti dell'Unione Europea per la PA. Intanto, il portavoce di Hamas, Ismail Radwan ha annunciato che il suo movimento avrebbe presentato a Fath la propria lista di candidati premier. Egli ha inoltre affermato che durante i negoziati al Cairo, si è deciso che tutti coloro che hanno servito nei governi di Fayyad e Hamas sarebbero stati esclusi dal governo di unità nazionale. Il
nuovo governo dovrebbe essere "composto solo da tecnocrati indipendenti e accademici che non hanno una base politica, in quanto il suo è solo un governo di transizione", ha spiegato. Un altro problema che sta ritardando la costituzione del governo di unità, ha continuato Äôs, è il giro di vite dei sostenitori di Hamas in Cisgiordania.
(FocusMo, 6 giugno 2011)
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Grazie ad un enzima le alghe ci aiuteranno a produrre idrogeno
I ricercatori del Centro d'Ingegneria Biomedicale del MIT insieme ai colleghi dell'Università di Tel Aviv e a quelli del National Renewable Energy Laboratory in Colorado hanno trovato un modo per aumentare l'idrogeno prodotto dalle alghe durante il loro processo di fotosintesi.
Sembra, infatti, che alle alghe non interessi produrre questo elemento, bensì solo lo zucchero che è loro necessario per la sopravvivenza.
In altre parole è come dire che l'idrogeno nel processo di fotosintesi delle alghe è solamente un sottoprodotto la cui quantità (ed è questa la grande scoperta dei ricercatori) può essere però incrementata del 400% utilizzando un particolare enzima.
Per i ricercatori si tratta di un notevole passo in avanti sul fronte della produzione di carburanti totalmente verdi che, come in questo caso, richiederebbero solo l'uso di acqua, energia del sole e, ovviamente, alghe.
(Impronta Ecologica, 6 giugno 2011)
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Ebrei milanesi in allarme: «Ci preoccupano le minacce a Israele»
di Sabrina Cottone
Il presidente della Comunità ebraica di Milano, Roberto Jarach: «No a chi vuole impedire la manifestazione». Il pd Fiano: «Parteciperà anche il sindaco, può essere un'occasione di dialogo»
Dispiacere e preoccupazione tra gli ebrei milanesi per l'opposizione a «Unexpected Israel», l'Esposizione celebrativa delle realizzazioni tecniche e culturali di Israele in programma a Milano e che sarà quasi sicuramente delocalizzata da Piazza Duomo in un altro luogo per ragioni di sicurezza. «Quello che mi preoccupa di più non è soltanto il boicottaggio, quanto le pesanti minacce» commenta il presidente della Comunità ebraica di Milano, Roberto Jarach. Ricorda ciò che è accaduto altrove e che tende tristemente a ripetersi: «Abbiamo in mente quello che successe a Torino quando Israele era ospite di onore alla Fiera internazionale del libro e non aveva senso. È triste e incredibile che una manifestazione improntata sulla riconoscenza reciproca e sugli sviluppi economici e scientifici ci sia questo tipo di boicottaggio violento e questa virulenza contro tutto ciò che rappresenta Israele». Jarach, «pur comprendendo le ragioni di sicurezza», è contrario allo spostamento della manifestazione da piazza Duomo a un luogo chiuso: «Le critiche contrarie alla politica dei governi possono essere pure accettate, ma non certo le minacce di violenza per impedire la manifestazione».
Preoccupato anche Emanuele Fiano, del Pd, di origine ebraica, che invita a ritrovare l'equilibrio: «Qualsiasi forma di ostracismo verso la manifestazione di Milano della prossima settimana che presenta lo stato di Israele come è oggi, sarebbe inaccettabile». Spiega ancora Fiano: «Il sindaco di Milano ha già chiarito che parteciperà a questa manifestazione come è giusto per il sindaco di tutti i milanesi. Anzi può essere un'occasione per fare di Milano un centro di dialogo e di scambio».
(il Giornale, 6 giugno 2011)
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77% israeliani contrari a ritornare ai confini pre 1967
GERUSALEMME - La maggioranza degli israeliani, il 77%, boccia la proposta di Barack Obama di ripartire con i negoziati di pace israelo-palestinesi facendo tornare Israele ai confini precedenti alla Guerra dei Sei Giorni dekl 1967. Cio' anche se questo sacrificio portasse ad un accordo di pace definitivo con tutti gli Stati arabi. E' quanto emerge da un sondaggio pubblicato dal conservatore Jerusalem Post .
(AGI, 6 giugno 2011)
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Mostre: a Tel Aviv apre spazio espositivo del gallerista torinese Tedeschi
TORINO, 6 giu. - Nasce a Tel Aviv uno spazio per l'arte contemporanea dove far convivere artisti italiani, israeliani e palestinesi, piuttosto che di altri paesi arabi ed europei. A crearlo e' un torinese, il gallerista Ermanno Tedeschi, che oggi ha aperto nel cuore culturale della capitale economica israeliana, il quartiere bahausiano di Neve Tzedek, una sua nuova sede espositiva. ''Ho voluto creare uno spazio -spiega Tedeschi - in cui fosse chiaro che i linguaggi, le culture, i simbolismi attraverso l'arte non hanno confini, limiti, differenze; le conflittualita' nascono solo dai nostri preconcetti''. Ad inaugurare lo spazio la mostra 'World', curata daLuca beatrice che mette a confronto 14 artisti, provenienti da tutto il mondo, sui temi della globalizzazione, della mobilita', degli sconfinamenti territoriali, il superamento delle barriere materiali e immateriali delle persone, delle idee, delle informazioni. Nella collettiva espongono Barbara Nahmad, Tobia Rava', Valerio Berruti, Enrico T. De Paris, Daniele Galliano, Riccardo Gusmaroli, Sam Havadtoy, David Kassman, Minjung Kim, Sharon Pazner, Shay Frisch Peri, Alex Pinna, Robert Sagerman, Maurizio Savini.
(Adnkronos, 6 giugno 2011)
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Il Direttore Generale dell'UNESCO rafforza la cooperazione con Israele
Durante la sua prima visita ufficiale ad Israele, dal 29 al 30 maggio, il direttore generale dell'UNESCO, Irina Bokova, ha incontrato il presidente Shimon Peres, insieme ad altri funzionari di alto livello del governo israeliano. Tra questi il Ministro della scienza e della tecnologia, Daniel Hershkowitz, il Ministro dell'Istruzionale, Limor Livnat, il Ministro della cultura e dello Sport, Yona Yahav il sindaco di Haifa, il capo della divisione per le organizzazioni delle Nazioni Unite e infine il Ministro degli esteri isreliano. Durante l'incontro tenuto con il presidente Peres, il direttore generale ha elogiato la fruttuosa collaborazione tra l'UNESCO ed Israele soprattutto nei settori dell'educazione sull'olocausto, della bioetica, la scienza, l'acqua e la parità di genere.
Il direttore dell'Unesco ha anche sottolineato il suo forte impegno nel sostenere l'istruzione e la formazione per donne e ragazze nel corso della cerimonia di apertura del Women Leaders Conference. Cerimonia che verterà sul tema dell'istruzione e della formazione per il sesso femminile in campi come scienza, tecnologia e innovazione, in celebrazione del 50o anniversario della "Golda Meir- Mount Carmel Training Centre", organizzata dall'UNESCO e con la collaborazione di MASHAV, agenzia israeliana internazionale per la cooperazione e lo sviluppo. Nel suo incontro con il Ministro dell'istruzione, il direttore generale si è invece congratulato con il signor Gideon Sa'ar per la sua riforma molto innovativa nel campo dell'istruzione e della formazione degli insegnanti. Durante l'incontro si è inoltre discusso di progetti comuni per accrescere le capacità dei docenti e la formazione degli insegnanti, con particolare attenzione per l'Africa. Piste per rafforzare la collaborazione tra UNESCO ed Israele nel campo delle scienze e delle tecnologie per l'Africa, sono stati discussi anche con il professor Daniel Hershkowitz, Ministro della scienza e della tecnologia, sulla base di ricerche condotte da Israele e grazie allo sviluppo di centri già stabiliti in Africa sub-sahariana, tentando di sfruttare la ricerca locale e cercando di contrastare la fuga di cervelli. Durante la sua visita, il direttore generale ha inoltre fatto visita al Mausoleo di Yad Vashem per deporre una corona in memoria delle vittime dell'Olocausto sottolineando come "il dovere della storia è quello di ricordare". Durante il suo incontro con il signor Avner Shalev, presidente della direzione dello Yad Vashem il direttore generale ha discusso le possibilità future per il rafforzamento e la cooperazione nel settore dell'istruzione dell'olocausto e la possibilità di attuare una eventuale collaborazione con l'ufficio internazionale dell'educazione dei Ginevra.
(FocusMo, 6 giugno 2011)
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Milano - Minacce da gruppi pro Palestina. La 'Settimana israeliana' lascia il Duomo
La notizia sarà ufficializzata nei prossimi giorni: la questura è intervenuta dopo la mobilitazione di siti anatagonisti per l'evento che prevede anche mostre, incontri con scrittori e il concerto di Noa.
Gruppi pro palestinesi minacciano "Unespected Israel' a Milano, la settimana israeliana che si aprirà la prossima settimana per promuovere l'immagine di Israele nel nostro Paese - riporta Ynet, l'edizione online dello Yedioth Ahronoth - e dal capoluogo lombardo rimbalza la notizia che la manifestazione sarà spostata da piazza Duomo, dove era prevista inizialmente.
La decisione sarà ufficializzata nei prossimi giorni e scaturisce da una valutazione che in queste ore, secondo quanto si è appreso, stanno facendo le forze dell'ordine e in particolare la questura di Milano, anche alla luce della mobilitazione che interessa i siti antagonisti in cui si leggono dure prese di posizione contro lo svolgimento della esposizione.
Si tratta del primo summit italiano con Israele, ricco di incontri bilaterali economico-politici, 600 imprenditori e mostre, rassegne cinematografiche, totem espositivi posizionati in piazza Duomo, via Dante, proiezioni di filmati e gazebo sparsi per il centro, arte, musica, concerti (fra i quali uno di Noa), un intero ciclo di conferenze e tutte le eccellenze e scoperte made in Israele .
(la Repubblica - Milano, 6 giugno 2011)
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Torino - Centri sociali giocano al «colpisci l'ebreo»: Fassino costretto a intervenire
Una vergogna. Gli squatter che giocano al «colpisci l'ebreo» al Festival dei centri sociali di Torino, come denunciato prontamente dal «Giornale» di sabato. scorso. L'unione delle Comunità Ebraiche Italiane e la Comunità di Torino oggi «danno atto» al neo sindaco del Partito democratico Piero Fassino e alle forze dell'ordine di «essere prontamente intervenuti per far cessare la vergognosa e illecita esibizione». Tuttavia la gaffe c'è stata, e anche grave. Lomd dimostrano gli interventi del presidente dell'Unione Renzo Gattegna e quello degli ebrei torinesi Tullio Levi, che condannano gli episodi di razzismo e intolleranza avvenuti in città.
«La violenza si può anche nascondere in un gioco, trasformandolo in un veicolo di odio e di intolleranza. Un classico e vergognoso esempio è quello escogitato dall'«International Solidarity Movement» palestinese, sigla apparentemente innocua, ma che nel Parco Ruffini di Torino, al prezzo di un euro, forniva una scarpa da lanciare contro una sagoma raffigurante il Presidente dello Stato di Israele Shimon Peres con una stella di David», hanno sottolineato. Gattegna e Levi si sono augurati che «in futuro un'accurata attività di prevenzione eviti che simili episodi si ripetano a Torino come in ogni altro luogo che ambisca a fare parte del mondo progredito».
(il Giornale, 6 giugno 2011)
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Guerra di cifre tra Israele e Siria sul Golan
TEL AVIV - Guerra di cifre tra Israele e Siria dopo i disordini scoppiati domenica al confine con il Golan occupato in occasione del Naksa Day. Damasco ha riferito che 23 manifestanti sono stati uccisi dal fuoco israeliano mentre per l'esercito dello Stato ebraico le vittime accertate sarebbero solo 10 e tutte per fuoco amico, ovvero per le esplosioni nei campi minati siriani causate dal lancio di molotov. Il ministro degli Esteri israeliano, Ehud Barak, ha rivendicato il diritto di Israele di difendere le proprie frontiere e ha affermato che il presidente siriano, Bashar al-Assad e' destinato a cadere perche' "il suo destino e' segnato". .
(AGI, 6 giugno 2011)
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Perché Israele spara sui 'poveri dimostranti'
di Ugo Volli
Ma perché non li fate passare, i poveri "manifestanti", come dice il Corriere ? Perché non li lasciate "dimostrare"? E, già che ci siete, perché non fate passare la povera flottiglia, che vuol solo "portare aiuti umanitari" ai palestinesi?
Già, perché? Ci sono motivi legali: la legge internazionale è chiara e un po' cinica, un blocco navale è legale finché vale per tutti, se si fanno preferenze, anche per i bravi "volontari" della flottiglia, non è più un blocco, non vale più.
Ci sono motivi politici: è chiaro che Assad sta cercando di distogliere l'attenzione dalle sue stragi, mandando dei disgraziati male armati (non disarmati, si sono visti fucili e usate bombe molotov) sui campi minati e contro un confine sorvegliato militarmente.
Ma soprattutto, c'è una necessità esistenziale di bloccare i bravi manifestanti. Se i 60 milioni di italiani decidessero di "riprendersi" la Slovenia (2 milioni), che è stata tutta territorio italiano fra le due guerre, mandando folle a forzare la frontiera fra Trieste e Gorizia, secondo voi come reagirebbero i pacifici sloveni? E se decidessimo che il Ticino è italiano, perché parla la nostra lingua, e facessimo "pressione" di massa (Michele Giorgio sul "Manifesto" di ieri), i pacifici svizzeri non si difenderebbero? Ogni Stato difende le sue frontiere, normalmente con barriere fisse ("muri dell'apartheid", se volete), polizia, finanzieri. In caso di aggressione, con l'esercito. Tutte le guerre del mondo sono nate perché uno stato ha invaso le barriere dell'altro, non importa se con un esercito organizzato o con manifestazioni poco armate. Per il diritto internazionale quel che è successo ai confini della Siria ieri e venti giorni fa fra Siria e Libano è un legittimo "casus belli".
Ma c'è di più. Lo svantaggio strategico principale di Israele è di essere uno stato molto piccolo (grande poco più del Piemonte), abitato da 7 milione di persone, in mezzo a paesi molto più grandi, con centinaia di milioni di abitanti. Gli manca ogni "profondità strategica". Tutti i confini sono vicini alle grandi città. Non è possibile una risposta elastica. E se funzionasse anche solo un po' la tattica di mandare folle più o meno disarmate a invaderlo, che adesso tentano i nemici di Israele, sarebbe facile mandare milioni di egiziani o di iracheni o di algerini a sommergerlo e distruggerlo.
Perché l'obiettivo è proprio questo, sempre quello dal 1948, distruggere lo Stato ebraico, ricacciare in mare (cioè ammazzare) gli israeliani. Non costruire uno Stato palestinese, che non importa nemmeno ai palestinesi ( ); ma espellere quello che qualche mese fa un bravo vescovo cattolico, monsignor Edmond Farhat ex nunzio in Libano, ha brillantemente definito "un corpo estraneo", "non assimilato" al Medio Oriente ( ).
Ultima considerazione: avete visto una reazione europea a una palese e premeditata violazione dei confini israeliani, a un chiaro attacco alla sua esistenza? Niente, zero. C'è stata una dichiarazione dell'amministrazione americana, che si dice "turbata" e invita "le due parti" a mostrare ritegno, insomma a non rompere. Punto. Si può sentire Israele difeso dalla comunità internazionale? Può sentirsi sicuro a far la pace con un governo (quello dell'Autorità Palestinese) che ha organizzato le stesse manifestazioni a Gerusalemme? E' chiaro che no. Diciamolo una volta per tutte. Israele è sola, la sua sicurezza è affidata alla forza delle sue armi, alla determinazione dei suoi cittadini e governanti. E alla nostra solidarietà.
(Informazione Corretta, 6 giugno 2011)
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Celebrare le sconfitte?
di Donatella Di Cesare
È difficile capire perché mai dovrebbe far parte delle date da ricordare l'anniversario di una sconfitta militare. A dir vero è sgradevole e irritante già la celebrazione delle vittorie, perché rinvia alla guerra passata. Che quest'anno i palestinesi abbiano per la prima volta condiviso l'uso siriano di commemorare la data della Naksa, il giorno della «sconfitta» - che dovrebbe esibire un nesso di continuità inammissibile con la Nakba - è un segnale inquietante.
Tanto più che la sconfitta è stata l'esito di una guerra non subita ma, al contrario, inflitta. Nella Guerra dei Sei giorni - occorre ricordarlo - Israele fu attaccato dagli Stati arabi: Egitto, Siria, Giordania, Iraq. E fu costretto a vincere. Si trovò improvvisamente nel Sinai e a Gaza, sulle alture del Golan, in Cisgiordania, a Gerusalemme. In sei giorni mutò in modo radicale il paesaggio geopolitico del Medio Oriente.
Le notizie degli scontri lungo i confini dello Stato di Israele - notizie che rattristano profondamente chi guarda con speranza alla pace - pongono molti interrogativi. E in primo luogo fanno pensare a un ruolo decisivo della Siria il cui regime dittatoriale ha molto da guadagnare distogliendo l'attenzione dai problemi interni e indirizzandola verso la frontiera con Israele. Gli scontri, un dramma in cui si consuma un uso politico dei palestinesi, sembrano però anche voler rimarcare i confini del '67 gettando l'ombra di un ritiro forzato.
In tutto ciò resta un punto decisivo da cui non si può prescindere. Israele è uno Stato sovrano, la cui sovranità deve essere esercitata, purtroppo, anche nella difesa delle frontiere. Che cosa farebbe uno Stato europeo se fosse attaccato?
Le notizie che vengono fornite in questi giorni, dalla stampa italiana, ma anche da quella europea, sono spesso introdotte da preamboli inaccettabili: «il giorno della rabbia palestinese
», «David contro Golia» (Golia sarebbe Israele), ecc. Piuttosto che riassumere gli eventi, riandare al passato, offrire il contesto storico, quello della Guerra dei sei giorni, si inseriscono giudizi che tradiscono l'intolleranza verso lo Stato di Israele la cui sovranità sembra di fatto non essere riconosciuta. Questa disinformazione, inconsapevole o strategica, non passa senza lasciare danni. E ha la responsabilità di contribuire ai conflitti.
(Notiziario Ucei, 6 giugno 2011)
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Una gita tranquilla ai confini d'Israele
di Alberto Stabile
BEIRUT - Di solito, le visite ufficiali di delegazioni parlamentari non fanno notizia. Quella di un gruppo di deputati iraniani ai confini tra il Libano e Israele, guidata dall'ex presidente dell'Assemblea, Gholam Ali Haddad Adel, in compagnia di un rappresentante della Guida Suprema, Alì Khameney e dell'ambasciatore a Beirut, merita tuttavia qualche attenzione. La comitiva, se così si può dire, ha effettuato un vero e proprio tour della frontiera, soffermandosi sui luoghi resi famosi dall'interminabile conflitto arabo-israeliano: la Porta di Fatima, Fkar Kila, Adaysse, Maroun al Ras. Gli stessi luoghi che l'esercito libanese aveva qualche giorno fa dichiarato "zona militare chiusa", per impedire che domenica 5 Giugno, anniversario della Naksa, l'inizio della Guerra dei Sei Giorni, culminata nella disfatta ("naksa", appunto) degli eserciti arabi, si ripetesse quello che era successo domenica 15 Maggio, anniversario della Nakba, la "catrastofe", che nel mondo arabo coincide con la proclamazione dello Stato d'Israele e la cacciata di oltre mezzo milione di palestinesi dalle loro case.
La decisione presa dal Armèe libanese ha in sostanza impedito che migliaia di palestinesi marciassero nuovamente vero la frontiera, come fecero il 15 maggio, quando i soldati israeliani aprirono il fuoco uccidendo 11 persone. Non ci vuole un particolare acume per ritenere che se la manifestazione indetta per domenica 5 Giugno dalle organizzazioni dei profughi palestinesi in Libano avesse avuto luogo, la marcia si sarebbe conclusa nel sangue come è successo sul Golan, al confine tra Siria e Israele, dove 23 dimostranti sono stati uccisi dai tiratori scelti israeliani e centinaia sono stati feriti.
Ora, senza nulla togliere ai diritti del popolo palestinese, e innanzitutto quello di manifestare pacificamente le loro ambizioni nazionali, siamo sicuri che si possa accettare in partenza che paghino un così alto tributo di sangue, sapendo che comunque la responsabilità della carneficina ricadrà sull'esercito israeliano, perché, come ha detto un loro rappresentante in Libano, "gli israeliani non hanno bisogno di pretesti per sparare sui palestinesi dal momento che lo hanno sempre fatto"?
Siamo sicuri che non c'è altro modo per richiamare l'attenzione del mondo sul sacrosanto diritto ad avere una patria che tentare di aprire una breccia in una frontiera che comunque resterà blindata? Serve veramente questa ineluttabile emorragia di vite umane ad avvicinare la soluzione del conflitto? O il moltiplicarsi degli incidenti al confine non saranno sempre più considerati da Netanyahu come il permanere di una minaccia esistenziale contro lo stato ebraico, finendo con l'esaltare quella sorta di orgoglioso isolamento in un contesto ostile che rappresenta una caratteristica essenziale, fondante, dello stato d'Israele?
Si dice che le proteste dei profughi alle frontiere d'Israele servirebbero a creare un clima favorevole quando, a Settembre, Abu Mazen chiederà all'Assemblea delle Nazioni unite il riconoscimento dello stato palestinese. Come, in che modo, di grazia, le vittime del Golan o di Marun al Ras potranno impedire che gli Stati Uniti oppongano il preannunciato veto alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza, necessaria perché il riconoscimento venga sancito?
Certamente sono molti i soggetti internazionali interessati a vedere montare la battaglia alle frontiere d'Israele. Mentre i dimostranti palestinesi, o filo palestinesi saltavano sulle mine di Quneitra o venivano decimati nelle campagne di Majdal Sham, le forze di sicurezza siriane, secondo le organizzazioni umanitarie, uccidevano nel nord del paese una trentina di persone tra le migliaia scese anche ieri in piazza per protestare contro il regime. La "coda" sanguinosa di un week-end in cui si erano contati un centinaia di morti. La TV siriana, però, è stata tempestiva e puntuale soltanto nel raccontare gli incidenti del Golan.
Quanto all'Iran, il messaggio della delegazione parlamentare era il seguente: "Siamo qui per dire ai palestinesi, alla Resistenza e ai giovani libanesi che l'Iran è dalla loro parte", ha enfatizzato l'ex speaker sollevando ad uso dei fotografi la bandierina palestinese. In Iran non c'è, in questo momento, una rivolta di piazza contro Ahmedinedjad, come quella seguita alle elezioni del Giugno 2009. Ma il vertice è dilaniato da lotte intestine. La guerra tra palestinesi e israeliani è qualcosa che può mettere tutti d'accordo. E ha il vantaggio di svolgesi in un paese altrui.
(la Repubblica - blog, 6 giugno 2011)
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Sequestro Shalit: i genitori fanno causa a Parigi
di Margherita Micelli Ferrari
Intentano una causa per il rapimento e il sequestro del caporale israeliano Gilad Shalit: i genitori del soldato 25enne hanno comunicato di aver sporto denuncia contro la reclusione illegale del figlio alle autorità parigine. Il ragazzo, infatti, aveva acquistato la cittadinanza francese e per questo l'azione giudiziaria può essere promossa in Francia: per l'avvocato di Noam Shalid, padre del militare, è arrivato il momento che Hamas si assuma le responsabilità del sequestro. Questo è un altro tentativo con cui la famiglia del caporale israeliano cerca di liberare Gilad.
Da 5 anni vanno avanti le trattative per salvare il soldato rapito verso l'alba del 25 giugno 2006 dai guerriglieri palestinesi delle Bragiate Izz ad- Din al Qassam: il ragazzo si trovava in un avamposto in territorio israeliano sul confine meridionale della Striscia di Gaza.
Per la liberazione di Gilad le richieste avanzate dal braccio militare del partito di Hamas, finora, sono state sempre respinte dalle autorità di Israele: prevedevano il rilascio di prigionieri palestinesi più un cospicuo riscatto. La decisione della famiglia Shalit di denunciare il rapimento e il sequestro del figlio a Parigi è il tentativo di un ulteriore negoziato, considerando che i precedenti accordi internazionali non hanno portato a nessun risultato.
L'ultimo contatto di Hamas in relazione alla cattura del giovane militare è avvenuto il 25 aprile del 2010, quando l'organizzazione palestinese pubblicò un video realizzato in grafica computer: nel filmato si vede il padre di Gilad che invecchia senza che possa mai riabbracciare suo figlio.
(il Quotidiano Italiano, 6 giugno 2011)
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Mosca:. Gerusalemme deve essere divisa in due parti
In Russia si ritiene che Gerusalemme debba essere divisa in due parti: occidentale - israeliana ed orientale - palestinese e i luoghi sacri devono essere controllati dalla comunità mondiale. Lo ha dichiarato ai giornalisti il Ministro degli esteri della Federazione Russa Serghej Lavrov. Secondo lui, le dichiarazioni che Gerusalemme appartiene solo ad una parte, non saranno mai funzionali.
(La Voce della Russia, 6 giugno 2011)
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Sarà presto esposta la prima lettera antisemita di Hitler
Scritta nel 1919, sarà a Los Angeles a luglio
BERLINO - Una lettera scritta da un giovane Adolf Hitler nel 1919 dimostra per la prima volta il suo profondo odio nei confronti degli ebrei.
Una copia di quel documento è custodita da tempo in un archivio storico di Monaco di Baviera, ma il Centro Wiesenthal ha acquistato quello che potrebbe essere l'originale della missiva, che verrà presto esposto - probabilmente già il mese prossimo - nel Museo della Tolleranza di Los Angeles, in California.
Si tratta della cosiddetta "lettera Gemlich", quattro pagine scritte dal 30enne soldato Hitler il 16 settembre 1919 al suo superiore - un certo Herr Gemlich - nella quale il futuro dittatore dà prova della sua arte oratoria a sfondo antisemita che utilizzava al fronte per incitare i suoi camerati a combattere.
Il Centro Wiesenthal di Los Angeles, secondo quanto riportato dal quotidiano International Herald Tribune, ha acquistato il mese scorso - pagando la cifra di 150mila dollari - quella che secondo alcuni esperti è la lettera originale scritta da Hitler - i cui contenuti sono noti da tempo agli storici. Ora per la prima volta si parla di metterla a disposizione del pubblico esponendola per al Museo della Tolleranza a luglio.
«È la prima dichiarazione scritta sugli ebrei», ha commentato Saul Friedlander, rinomato storico che nel 2008 ha ricevuto il Premio Pulitzer per i suoi studi sull'Olocausto.
La lettera, secondo Friedlander, dimostra che "al centro della passione politica" di Hitler c'era proprio il suo odio per gli ebrei.
Ma la notizia sull'esistenza di una seconda "lettera Gemlich" è stata comunque accolta con un certo scetticismo dagli storici, anche perché è noto che il mercato dei cimeli di Hitler è pieno di falsi.
Tuttavia, secondo l'esperto Othmar Ploeckinger, la lettera acquistata dal Centro Wiesenthal è l'originale, mentre quella custodita negli archivi della Baviera è una copia scritta nello stesso periodo.
«Molti punti mi spingono a credere che potrebbe essere l'originale», ha commentato Othmar Ploeckinger, sottolineando comunque di non essere ancora sicuro al 100 per cento.
(Corriere Canadese, 6 giugno 2011)
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Chabad Roma celebra 18 Bar Mitzvà
GERUSALEMME - Da ormai più di quindici anni, rav Itzchak Hazan, direttore di Chabad Roma e suo fratello Avraham Hazan, direttore di Shaarei Aliya" - un'associazione che fornisce aiuto agli immigrati in Israele - organizzano un Bar Mitzvà per ragazzi che, senza questo aiuto, sarebbero impossibilitati a celebrare la maggiorità religiosa.
Quest'anno, questo speciale Bar Mitzvà ha avuto come protagonisti diciotto ragazzi, ognuno dei quali ha affrontato il giorno dell'ingresso a pieno titolo nella comunità ebraica con uno studio e una preparazione durati dei mesi. La cerimonia si è svolta al Kotel, dove ciascun ragazzo ha indossato i Tefillìn e il Tallèt, ricevuti in dono, grazie al contributo di benefattori romani.
Dopo la Tefillà i ragazzi e gli ospiti si sono recati nella sala "Kalati" di Gerusalemme dove si è svolta una festa in loro onore.
A rendere omaggio alla cerimonia erano presenti il rabbino capo askenazita di Israele Yona Metzger, il rabbino del Kotel rav Shmuel Rabinovitch, il ministro per gli Affari Religiosi Yackov Merghi, il membro del Parlamento Uri Orbach, il rabbino degli ebrei etiopi rav Eliahu Kavda, il rabbino dell'Hotel Metzudat David rav Yosef Lishner, rav Shneur Goodman, shaliach ad Ashdod e, ovviamente, i fratelli Hazan.
Da Roma erano presenti Lillo Naman, Giulio Moscati, Milly Arbib ed Elvis Dabush.
(Chabad.Italia, 5 giugno 2011)
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Tensione con lEgitto, Hamas chiude il valico di Rafah
RAFAH - Tensione al valico di Rafah, fra la Striscia di Gaza e l'Egitto: Hamas ha deciso di bloccare il passaggio in risposta alle restrizioni imposte dalle autorita' egiziane, che ieri avevano unilateralmente chiuso il valico. Il responsabile del lato palestinese, Ayub Abu Shaar, ha fatto sapere di "attendere il risultato delle consultazioni tra il ministero degli Esteri palestinese e il governo egiziano", che arrivano dopo tre giorni di confusione allo scalo, l'unico passaggio non controllato da Israele.
(AGI, 5 giugno 2011)
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Ucei e Comunità Ebraica di Torino contro il razzismo antisionista
Monito e ferma reazione in una nota congiunta
Il Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna e il Presidente della Comunità ebraica di Torino Tullio Levi hanno emesso la seguente nota congiunta riguardo agli episodi di razzismo e intolleranza registrati sabato nella città.
"La violenza si può anche nascondere in un gioco, trasformandolo in un veicolo di odio e di intolleranza. Un classico e vergognoso esempio è quello escogitato dall'"International Solidarity Mouvement palestinese", sigla apparentemente innocua, che nel parco Ruffini di Torino, al prezzo di un euro, forniva una scarpa da lanciare contro una sagoma raffigurante il presidente dello stato di Israele Shimon Peres con una stella di David.
L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e la Comunità di Torino danno atto al sindaco Fassino e alla Forze dell'ordine di essere prontamente intervenuti per far cessare la vergognosa e illecita esibizione e si augurano che in futuro un'accurata attività di prevenzione eviti che simili episodi si ripetano, a Torino come in ogni altro luogo che ambisca a far parte del mondo progredito".
(Notiziario Ucei, 5 giugno 2011)
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Shimon Peres alla Comunità: Ebraica di Venezia: "Condividete con noi speranza e ottimismo"
di Michael Calimani
Amos Luzzatto, presidente della Comunità Ebraica di Venezia,
accoglie Shimon Peres, Presidente dello Stato di Israele,
nel centro sociale comunitario.
Un momento storico per la Comunità ebraica di Venezia, che venerdì sera, subito prima di shabbat, ha accolto il presidente di Israele Shimon Peres nel centro comunitario in Ghetto. Per l'occasione la sala Montefiore, gremita di persone, è stata addobbata a festa, con composizioni di fiori bianchi e sullo sfondo le bandiere dell'Italia e di Israele. Presenti tra il pubblico anche alcune autorità della Regione Veneto: l'assessore alle politiche di bilancio, Roberto Ciambetti, il consigliere diplomatico, Stefano Beltrame, e il responsabile segreteria dell'assessorato alle politiche di bilancio, Antonio Franzina. Presente anche il consigliere dell'Unione della Comunità Ebraiche Italiane, Riccardo Hofmann, e il presidente della Comunità ebraica di Padova, Davide Romanin Jacur.
Imponente l'apparato di sicurezza per il leader israeliano: gli uomini della security personale l'hanno seguito per l'intera visita, coadiuvati dagli agenti delle forze dell'ordine italiane che hanno presidiato la zona con uno dispiegamento di forze straordinario. Misure di sicurezza eccezionali anche per quanto riguarda l'accesso acqueo, con il blocco dei vaporetti nel canale di Cannaregio e della fermata alle Guglie nelle vicinanze dell'entrata al Ghetto. Al suo arrivo in motoscafo il presidente è stato ricevuto sulla riva dai due vicepresidenti della Comunità ebraica, Corrado Calimani e Mario Gesuà Sive Salvadori, per poi essere scortato subito alla sede comunitaria, dove ad attenderlo ha trovato il presidente della Comunità Amos Luzzatto, con cui aveva già avuto modo di confrontarsi nella mattinata in un incontro privato al padiglione israeliano della Biennale in occasione della cerimonia di apertura.
In una sala Montefiore blindatissima l'ambasciatore di Israele in Italia, Gideon Meir ha introdotto, con un breve discorso, l'intervento di Shimon Peres, ricordando l'accoglienza particolare che gli viene riservata ogni volta che passa per Venezia: "Non è un segreto che la vostra Comunità di Venezia sia una delle Comunità che io amo visitare di più, dove trovo sempre una accoglienza calorosa e un profondo legame con lo Stato di Israele. La visita di oggi è però una visita particolare, speciale, perché per la prima volta un presidente israeliano fa visita alla vostra antica Comunità". Parlando del presidente Peres, l'ambasciatore ha voluto inoltre ribadire l'importanza della figura di Peres nella promozione dello Stato di Israele nel mondo: " Il presidente di Israele, Shimon Peres, è uno dei più stimati e rispettati in Israele e nel mondo e con la sua personalità rappresenta tutto ciò che c'è di meglio e di più bello nel popolo ebraico e nello Stato di Israele".
(Notiziario Ucei, 5 giugno 2011)
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OyOyOy! Festival Internazionale di Cultura Ebraica
CASALE MONFERRATO - Alle 11,30 in Sinagoga: "Aperitivo con l'artista", incontro con Silvio Vigliaturo, David Terracini e Giuliana Bussola per un dialogo sul tema della cultura, delle sculture e delle mescolanze. Nella Biblioteca dei Ragazzi e nel cortile del Castello alle 16: "La merenda giusta per me", preparata dai bambini sotto la guida di Barbara Corino.
Nella Manica del Castello alle 17: assegnazione a Paolo De Benedetti del "Premio OyOyOy!" con Massimo Giuliani, Michela Bianchi, Vito Mancuso e Stefano Levi Della Torre. Sugli spalti del Castello alle 18,30: festa enogastronomica "GiustoGusto" con assaggi di ricette ebraico-monferrine, vini e krumiri kasher.
In Sinagoga alle 21,30: "La sinfonia che nasce dal Ghetto", concerto multimediale dell'orchestra Atalanta Fugiens, diretta da Vanni Moretto, accompagnato dalle fotografie di Pino Ninfa. In programma un repertorio di musica barocca, tra cui la sinfonia di Antonio Brioschi scritta nel 1733 per la Comunità Ebraica di Casale.
A conclusione del festival: brindisi con vini e krumiri kasher.
(Radiogold, 5 giugno 2011)
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Libri al bando in Scozia: scrittori israeliani vietati
di Fiamma Nirenstein
Alcuni distretti li escludono dalle biblioteche pubbliche. E' il modo più incivile di mostrare odio verso un popolo. Si censura la cultura di un Paese perché si permette di difendere i suoi confini
Ci sono tanti modi di cancellare qualcuno che odi, con un bazooka, con le bombe, con la delegittimazione, la negazione della dignità della sua esistenza fisica e psichica. La marcia dei vicini in guerra con Israele (palestinesi, siriani, giordani...) preparata per oggi al fine di scavalcarne in massa i confini da ogni parte, come non esistessero, dice una cosa precisa: Israele non c'è. Ne neghiamo l'esistenza. Ed è francamente orrido che a questa affermazione di prepotenza internazionale senza precedenti si accompagni un'altra forma di seppellimento in vita dello Stato Ebraico, quello culturale. Il boicottaggio culturale di Israele è cosa vecchia, anche in Italia la Fiera del Libro di Torino del 2008, le liste di proscrizione delle università di varie città italiane, il blocco di progetti scientifici e artistici comuni, la manifestazione come quella progettata per i prossimi giorni a Milano per cancellare una mostra sulle meraviglie scientifiche di quel Paese, ci hanno allenato. A questo si uni il boicottaggio di merci della Coop e della Conad, poi ritirato.
Queste azioni smodate si chiamano antisemitismo, e come altri potrebbe chiamarsi l'accusa a Israele di apartheid o di pulizia etnica, del tutto priva di fondamento, nel momento in cui ci se ne infischia delle stragi di cristiani nel mondo islamico o delle stragi di massa in Africa, o in questi giorni in Siria e in Yemen.
Ma stavolta, nonostante gli episodi di boicottaggio fioriscano in un clima di beota confusione mentale come quello che ha ispirato i centri sociali al Parco Ruffini di Torino a creare un bersaglio sull'immagine Shimon Peres, un episodio colpisce: ci è toccato immaginarci uno scozzese col suo kilt che si alza una mattina e non sapendo come passare la giornata in assenza del mostro di Lochness, decide di boicottare i libri israeliani. Non solo i cetrioli o i pompelmi, ma i capolavori di Aleph Beth Yehoshua, Amos Oz, David Grossman, magari di Shmuel Yosef Agnon, premio Nobel della letteratura nel 1966. Si, i cittadini scozzesi in vari distretti non potranno più acquistare le edizioni inglesi di libri di autori israeliani. Prima i volenterosi scozzesi partirono, dopo l'operazione Cast Lead in cui Israele si difese dall'attacco di migliaia di missili da Gaza, con il boicottaggio di merci. Poi, insistendo su un punto chiaro, ovvero la proibizione a difendersi, il consiglio regionale del Dunbartonshire Occidentale è passato alla cultura col suo bel rogo di libri, seguito da Dundee che però, dato che il boicottaggio è proibito, si limita a affiggere sui muri manifesti di invito alla cittadinanza al boicottaggio. Il brillante portavoce del Dunbartonshire ha ammesso che Israele è l'unico boicottato, e che non c'è intenzione di occuparsi dell'Iran, o della Siria. Intanto il consigliere regionale James Bollan ha dichiarato che Hamas è un'organizzazione di combattenti per la libertà, e che è eletta con una maggioranza più grande di quella del governo israeliano.
Questa deiezione scozzese, assai prossima a molte espressioni antisraeliane inglesi, dove il motore è un misto di opinione islamista e di perbenismo, non è certo isolata. Restando al boicottaggio culturale e lasciando da parte mille altri segni di ostilità, nel 2006 il più grande sindacato inglese di professori ha escluso i rapporti con accademici israeliani, nel 2009 la Spagna ha chiuso i progetti di ricerca solare con l'Università Israeliana, nel 2010 cinquecento professoroni americani hanno supportato il boicottaggio accademico, Johannesburg nel 2011 ha sospeso le ricerche universitarie sulla purificazione dell'acqua. Brian Eno, Roger Waters, Ken Loach, Jean Luc Godard, Carlos Santana, Elvis Costello, i Pixies, 500 artisti di Montreal, 100 intellettuali norvegesi, 300 irlandesi, tutti questi signori hanno sdottoreggiato, condannato, hanno ritenuto che gli israeliani non siano degni di una loro visita artistica o culturale e che gli debba essere proibito l'accesso
No, non c'è qui estremismo nel ricordare che proprio due giorni or sono il mentore di Ahmadinejad ha dichiarato che è cosa santa uccidere donne e bambini israeliani; non è fuori tema ricordare che i palestinesi marciano verso un riconoscimento unilaterale all'ONU da cui è cancellata la trattativa, come se Israele non esistesse. Non facevano prima i nostri scozzesi a dire che il mentore di Ahmadinejad gli è simpatico piuttosto che boicottare Amos Oz e ignorare Bashar Assad? non farebbero meglio a unirsi alla seconda Flottilla sperando che qualche altro shahid dia il via al treno delle condanne internazionali sempre in corsa; o a unirsi al movimento nuovo della Naksa (non nakba!) che oggi cercherà di penetrare i confini di uno Stato sovrano, bersaglio ormai di tutta la stupidità e di tutta l'aggressività mondiale. Non capite il nesso? Siete fatti per la cultura? Non ci credo.
(il Giornale, 5 giugno 2011)
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Dopo le proteste palestinesi l'Egitto riapre il valico di Rafah
Le autorità egiziane hanno riaperto il valico di Rafah dopo che una chiusura di qualche ora aveva provocato tensioni e proteste al posto di confine con la Striscia di Gaza. Dopo la chiusura settimanale del venerdì, il passaggio non era stato riaperto. Decine di persone in attesa di passare si sono accalcate nella sala d'uscita da parte palestinese e hanno inscenato un sit-in di protesta. Poi hanno travolto il cancello e sono passati dalla parte egiziana.
IL CAIRO - Nuova fiammata di tensione al valico di Rafah, che collega l'Egitto con la Striscia di Gaza (l'enclave palestinese controllata da Hamas), dove l'improvvisa chiusura degli accessi da parte delle guardie di frontiera egiziane ha causato oggi un paio d'ore di proteste fra la gente in attesa. E ha riacceso gli animi ad appena una settimana dall'annuncio trionfale della riapertura su base permanente.
Lo stop - come riferiscono testimoni locali - è finito verso le 12,30 locali (le 11,30 in Italia), ma ha lasciato dietro di sé uno strascico di sospetti, delusione e fibrillazioni. A ritrovarsi i cancelli chiusi erano stati in mattinata quasi 200 palestinesi, alcuni dei quali - in preda alla collera - non hanno esitato a scagliarsi contro i reticolati e a attestarsi, fino al via libera, nella 'terra di nessuno'.
L'episodio rappresenta d'altronde solo l'ultima doccia fredda a Rafah, dopo che l'entusiasmo seguito alla riapertura di sabato 28 maggio aveva già lasciato posto, nei giorni scorsi, alle prime recriminazioni da parte di Hamas e dei viaggiatori palestinesi. Recriminazioni determinate dall'asserito mantenimento, sul lato egiziano, di procedure di controllo non molto meno rigide di quelle imposte durante le aperture intermittenti dell'epoca Mubarak. E dall'introduzione di limitazioni di transito che hanno costretto alla fine Hamas ad accettare un tetto di passaggi quotidiani non superiore a 400.
La chiusura odierna, seppure temporanea, è giunta in ogni caso del tutto inattesa, tenuto conto che dal Cairo era stato promesso se non altro di lasciare il varco accessibile tutti i giorni, salvo venerdì e festivi. La spiegazione rimbalzata dall'Egitto per la momentanea interruzione del flusso ha fatto riferimento a imprecisati ''lavori di ristrutturazione'' delle postazioni di confine.
Alcuni osservatori non escludono tuttavia che l'iniziativa possa aver celato un tentativo egiziano di evitare qualsiasi contatto con le 'marce' di protesta che i palestinesi dei Territori (Gaza compresa) e della diaspora hanno annunciato di voler organizzare in segno di sfida domani verso i confini d'Israele, in occasione dell'anniversario della cosiddetta Naksa: la commemorazione della sconfitta araba nella guerra dei Sei Giorni del 1967, sfociata nell'occupazione israeliana di Gerusalemme est e di altri territori tuttora rivendicati.
(Giornale Radio Rai, 4 giugno 2011)
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In luglio a Tel Aviv la 15.a mostra mondiale di "CleanTech Exibition"
Su un'area di 5000 mq troveranno posto gli stand degli espositori con il fior fiore della tecnologia necessaria per combattere il degrado del nostro pianeta
In tutto il mondo i problemi creati dal surriscaldamento dell'atmosfera, la necessità di avere energie rinnovabili e la lotta contro l'inquinamento sono elementi che vengono dibattuti con scontri spesso molto accesi tendenti a sollecitare il potere politico, di ogni colore, a prendere indilazionabili provvedimenti.
A metà giugno nel nostro paese i cittadini, come si ricorderà, sono chiamati a esprimere col voto il proprio pensiero su temi importanti come il nucleare e la privatizzazione dell'acqua. Orbene una parte di questi problemi sono al centro della mostra mondiale di "CleanTech Exibitione" che si svolgerà dal 5 al 7 luglio nei padiglioni della Fiera di Tel Aviv, giunta alla sua 15.a edizione.
Aver scelto la capitale di Israele [?! ndr] è un fatto importante in quanto al centro di tre continenti: Europa, Asia e Africa.
Su un'area di 5000 mq troveranno posto gli stand degli espositori con il fior fiore della tecnologia necessaria per combattere il degrado del nostro pianeta. Un posto di rilievo l'avranno le imprese israeliane impegnate a produrre energia non inquinante mentre in una conferenza sarà a lungo trattato un tema tanto importante come quello dell'ambiente.
Non mancheranno dimostrazioni circa i traguardi raggiunti in alcuni settori quali l'urbanistica e la lotta contro l'inquinamento dove il discorso della città giardino e il riciclo dei materiali - accompagnati da una politica educativa - sono una alla base della crescente richiesta del modo più sano di vivere.
Stando alle notizie non mancheranno all'incontro internazionale di Tel Aviv buyers governativi e privati per sviluppare piani d'investimento nelle rispettive comunità e aziende.
Bandendo i soldi impiegati per gli armamenti e investendoli invece in strutture tese a migliorare la vita quanti benefici avrebbe l'umanità!
Appuntamento dunque al 5 luglio nella capitale d'Israele [?! ndr].
(Newsfood.com, 4 giugno 2011)
Tel Aviv capitale di Israele! Ogni commento è superfluo.
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Usa: "Non parteciperemo a Durban III"
Gli Stati Uniti non intendono partecipare alla conferenza sul razzismo che l'Onu ha intenzione di organizzare a settembre, la cosiddetta Durban III. Lo ha indicato oggi a Washington il portavoce del Dipartimento di Stato Mark Toner ricordando che gli Usa «nel dicembre scorso avevano votato contro la risoluzione che annunciava l'evento perchè pensiamo ci siano segnali di intolleranza e di antisemitismo che non vogliamo commemorare». Durban III è in calendario a New York, in coincidenza con l'Assemblea Generale annuale dell'Onu, a circa 10 anni esatti dagli attacchi dell'11 Settembre contro le Torri Gemelle ed il Pentagono. È una coincidenza che a molti deputati americani al Congresso non piace per niente, giudicandola un insulto agli Stati Uniti. La conferenza di Durban si era svolta tra il 31 agosto e l'8 settembre 2001, in Sudafrica, ed erano emerse profonde divisioni sull'antisemitismo, il colonialismo e la schiavitù. In particolare Usa ed Israele avevano lasciato la conferenza denunciandone i toni antisemiti ed antisraeliani. Durban II, nell'aprile 2009, aveva visto il ritiro di Usa ed Israele ma anche di numerosi altri paesi, tra cui l'Italia, per analoghe ragioni.
(L'Unico, 4 giugno 2011)
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Kerem Shalom avvia la campagna di ripopolazione del kibbutz
Razzo dopo razzo, è finita che sono scappati quasi tutti. Un po' per lo spavento. Un po' perché non si poteva proprio vivere in un pezzo di terra dove ti svegli la mattina e invece della pioggia, dal cielo, cadon bombe. Eppoi, da quando proprio lì han rapito il soldato simbolo di una nazione, Gilad Shalit, molti genitori hanno preferito trasferirsi altrove.
E così il kibbutz di Kerem Shalom, a pochi passi dal confine con la Striscia di Gaza e con l'Egitto, per evitare di venire cancellato definitivamente dalle mappe ha lanciato una campagna promozionale particolare per attirare nuovi potenziali residenti: "Sionismo 2011".
S'invitano gl'israeliani a trasferirsi in massa a Kerem Shalom «non per vantaggi particolari» (in realtà qualche vantaggio c'è, come vedremo), ma perché - precisano i promotori - «si trova vicino alla frontiera con Gaza». Non ci abitano ebrei ultraortodossi. Ma una comunità di secolarizzati che vive nel mutuo rispetto e si occupa di tutto: dall'educazione alla cultura, dalla salute all'economia. A proposito di quest'ultima: la maggior parte è impegnata nell'agricoltura. Ma ce ne sono anche tanti che si occupano di tecnologia.
In questo lembo, situato nel Consiglio regionale di Eshkol, vivono una trentina di famiglie. Pochissime, per una comunità che esiste dal 1967, che è sparita nel 1995 (se n'erano andati tutti) e che si è re-insediata nel 2001. Così è arrivata la decisione di investire 100mila nuovi shekel (circa 20mila euro) nella campagna promozionale. Non solo. Ai nuovi arrivati viene garantita una casa di almeno 100 metri quadrati e borse di studio per ognuno dei figli che intendesse studiare nelle università israeliane.
Fino a ora, garantisce Ilan Regev, l'amministratore del kibbutz, «25 tra single e famiglie hanno mostrato interesse a trasferirsi qui da noi». L'unica paura di chi a Kerem Shalom ci vive già è che i nuovi arrivati non s'integrino pienamente. O che non ci venga nessuno perché, come dicono in molti, il kibbutz non è famoso per la sua quiete, ma perché «è il luogo del rapimento di Shalit e dei razzi Qassam».
(Falafel Cafè, 4 giugno 2011)
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La Fondazione Arena nella storia in Israele
Al Masada, Mar Morto e Gerusalemme Opera festival. Tutto esaurito per i due concerti nei siti archeologici
Tutto esaurito per l'Arena di Verona in tournée in Israele: 5.400 persone nella prima serata di giovedì e altre migliaia ieri hanno applaudito i complessi artistici areniani in scena a Gerusalemme nell'ambito di «The Masada, Dead Sea and Jerusalem Opera festival» (Masada, Mar Morto e Jerusalem Opera festival), manifestazione musicale internazionale che ha luogo in alcuni dei siti storici e archeologici più significativi al mondo. Giovedì l'orchestra areniana diretta dal maestro Giuliano Carella e i solisti Svetla Vassileva (soprano), Mariana Pentcheva (mezzosoprano), Stefano Secco (tenore) e Luiz-Ottavio Faria (basso) hanno presentato un opera gala dedicato alle arie più celebri del repertorio lirico italiano sullo sfondo della suggestiva Sultan's Pool di Gerusalemme, con una scenografia concepita appositamente per ospitare e dare rilievo all'evento.
L'antico sito nella valle dell'Hinnom, a ovest del monte Sion, ha fatto parte del sistema di approvvigionamento idrico della Città Vecchia dal periodo romano fino al periodo tardo ottomano e oggi costituisce un'affasciante scenario per manifestazioni musicali.
Di Gioachino Rossini sono state eseguite la Sinfonia da Guglielmo Tell e La calunnia da Il Barbiere di Siviglia; di Giuseppe Verdi Stride la vampa dal Trovatore, Reverenza! da Falstaff, sinfonia e O tu Palermo da I Vespri siciliani, Parigi, o cara da Traviata e Un di', se ben rammentomi da Rigoletto; di Giacomo Puccini Che gelida manina da La Bohème, Un bel dì vedremo da Madama Butterfly, Intermezzo da Manon Lescaut, Vissi d'arte da Tosca, Nessun dorma da Turandot, E lucean le stelle da Tosca; di Francesco Cilea Io son l'umile ancella da Adriana Lecouvreur; di Pietro Mascagni Intermezzo e Voi lo sapete o mamma da Cavalleria rusticana.
Ieri sera è stata invece proposta la Messa da Requiem di Giuseppe Verdi nell'affascinante cornice di Masada, che conserva i resti dell'antica fortezza zelota nota alla storia per l'eroico quanto tragico epilogo dell'assedio romano del '74 d.C. Con gli artisti veronesi si sono esibiti l'Israeli Opera Chorus e il Tel Aviv Philharmonic Choir con i maestri Yishai Steckler e Leonti Wolf.
L'altopiano su cui sorge Masada, immerso nella depressione del Mar Morto, offre uno scorcio paesaggistico unico al mondo, che rende l'esecuzione musicale ancora più suggestiva.
(L'Arena.it, 4 giugno 2011)
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FMI: l'israeliano Fischer, possibile successore di Strauss-Kahn
Mentre il mondo viene a sapere di un nuovo stanziamento di fondi pari a 12 miliardi di euro a favore del governo greco, Stanley Fischer, Governatore della Banca Centrale d'Israele sta valutando un'offerta formale che lo vorrebbe proprio a capo dell'ente erogatore di tale prestito e cioè del Fondo Monetario Internazionale. Fischer, già vicedirettore generale del FMI, è un esperto della materia. Tuttavia, sebbene sia molto rispettato dai banchieri centrali e dai Ministri delle Finanze di diversi paesi, il suo attuale incarico renderebbe più difficile ottenere il sostegno dei paesi arabi e degli altri paesi emergenti. George Abed, ex capo dell'Autorità Monetaria palestinese, ne ha però rafforzato la posizione affermando la settimana scorsa che Fischer è "il più qualificato tra tutti i candidati che i media hanno citato finora ". Abed ha definito Fischer una persona "pragmatica, politicamente saggia ed esperta dal punto di vista manageriale "....
(Italia Magazine, 4 giugno 2011)
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A Torino i centri sociali giocano al "colpisci l'ebreo"
Al festival nazionale dei centri sociali, nel parco Ruffini di Torino, gli autonomi per divertirsi tirano le scarpe a un fantoccio con le sembianze del presidente israeliano Peres
Si insedia Piero Fassino e i centri sociali torinesi brindano al Parco Ruffini col festival nazionale. Gli autonomi per divertirsi si sono inventati un giochino a sfondo razziale: in uno stand della festa col contributo di 1 euro si possono tirare scarpe (gesto di totale disprezzo nel mondo arabo) a un fantoccio con le sembianze del presidente israeliano Shimon Peres con tanto di stella di Davide sul petto (nella foto «l'attrazione»).
«Cosa doveva aspettarsi il Comune di Torino da individui già abituati a bruciare piazza tricolori italiani, ad inneggiare al terrorismo dei talebani e a ospitare nei centri sociali comizi di ex brigatisti rossi? Chiediamo al sindaco Fassino di negare l'autorizzazione concessa agli squatter o sarà loro complice», denuncia il vicecoordinatore del Pdl in città Maurizio Marrone.
(il Giornale, 4 giugno 2011)
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Israele: piano per sviluppare alternative al petrolio
Israele cerca il supporto Usa per porre fine alla dipendenza dal petrolio. La scorsa settimana, il presidente del Consiglio nazionale per l'economia israeliano, Eugene Kendel, ha partecipato a una serie di incontri a Washington per presentare a funzionari americani il piano elaborato dal Primo ministro, Benjamin Netanyahu. Il progetto - che ha già ottenuto l'approvazione del gabinetto dei ministri in gennaio - punta a sviluppare le alternative al petrolio, come i carburanti bio e sintetici, le auto elettriche e ibride.
Gli Stati Uniti, che in questo campo hanno a loro volta un progetto di riduzione della dipendenza dall'oro nero, avrebbero mostrato interesse per il piano israeliano, che si basa sulla cooperazione internazionale. «Ci sono i margini per lavorare insieme», ha commentato Kendel, sostenendo anche: «L'incontro dei reciproci interessi è totale, perché il nostro obiettivo è di diminuire l'utilizzo del petrolio da parte degli Stati Uniti e del mondo intero, non solo d'Israele. La questione è di vitale importanza, per tutti». «Per noi - ha continuato il presidente - è molto fondamentale che gli Usa applichino questa regolamentazione: tutto il mondo cambierebbe. I trasporti dipendono ancora in gran parte dalla benzina perché le nostre automobili funzionano per lo più con un solo tipo di carburante. La prima mossa deve essere allora quella di convertirle. Lo stesso presidente Obama ha lanciato un appello affinché su questo gli Stati Uniti diventino un modello di avanguardia per gli altri Paesi».
(FocusMo, 3 giugno 2011)
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L'Egitto intende riprendere la fornitura di gas verso Israele
Il ministro del petrolio egiziano ha detto giovedì di essere intenzionato a riprendere la fornitura di gas verso Israele interottasi per le esplosioni e gli scontri avvenuti alla frontiera tra i due paesi, respingendo l'idea di un rallentamento degli accordi. Parlando alla conferenza dei paesi esportatori di petrolio svoltasi al Cairo il ministro del petrolio Abdullah Ghorab ha inizialmente detto che il programma di riavvio delle forniture di gas per Israele era da rivedere.
Alla domanda se fosse la politica immischiata nella questione della distribuzione di gas verso Isarele Ghorab ha risposto di no. Ha aggiunto che i motivi riguardano problemi tecnici legati alla linea di sicurezza da seguire . In un evidente riferimento allo sforzo egiziano di rinegoziare i termini della fornitura di gas Ghorab ha detto ai delegati della conferenza che favorirà contratti flessibili e formule di pagamento che permettano una "giusta e sostenibile relazione tra il venditore e l'acquirente, una mutua comprensione e una risposta positiva reciproca utile per un rifornimento stabile e a lungo termine che soddisfi gli interessi di entrambe le parti."
(FocusMo, 3 giugno 2011)
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Esercito israeliano in allerta per la commemorazione della Naksa
GERUSALEMME, 3 giu. - L'esercito israeliano è entrato oggi in stato di allerta in previsione delle manifestazioni palestinesi previste questo fine settimana per la commemorazione della "Naksa", la sconfitta delle forze arabe contro Israele in occasione della Guerra dei sei giorni: lo ha riferito la radio militare. Rinforzi sono stati inviati alla frontiera libanese e sulle Alture del Golan, dove si trova la linea di cessate il fuoco con la Siria, alla frontiera della Striscia di Gaza e in Cisgiordania. L'esercito ha annullato i permessi per il fine settimana ed ha fornito le unità dispiegate alla frontiera di armi anti-sommosse, in particolare granate lacrimogene, per far fronte a eventuali manifestazioni violente, ha aggiunto la radio militare. La polizia israeliana ha anche rafforzato il suo dispositivo in particolare a Gerusalemme Est e nel nord del paese. Israele ha poi limitato l'accesso alla Spianata delle Moschee, nella città santa di Gerusalemme, in occasione della preghiera del venerdì.
(TMNews, 3 giugno 2011)
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Israele: Hyundai la marca più popolare
La Hyundai si conferma essere la marca di auto più popolare in Israele, strappando il primato alla Mazda. Nei primi cinque mesi del 2011, le due case automobilistiche hanno registrato livelli di vendite pari a 13.129 veicoli per la Hyundai (+ 14.5% rispetto allo stesso periodo del 2010) contro gli 11.454 della Mazda, che invece ha osservato un calo del 15% in confronto allo scorso anno. In generale, tra gennaio e maggio in Israele sono state acquistate 100.975 automobili (+22%); il mese migliore per i concessionari è stato maggio, in cui - come successe anche lo scorso anno - sono state battute le previsioni di vendite con 20.712 consegne. Il terzo posto tra i produttori di auto più amati dagli israeliani se lo aggiudica la Toyota, con 9.117 unità vendute (+15%), mentre alla Chevrolet va il quarto posto con 6.455. La casa francese si aggiudica anche il primo posto per margini di crescita realizzati nei cinque mesi presi in considerazione, avendo registrato un aumento del 51% rispetto allo stesso periodo del 2010.
(FocusMo, 3 giugno 2011)
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Biennale di Venezia, Simon Peres inaugura Padiglione israeliano
VENEZIA - Il premio Nobel per la Pace è arrivato stamane in laguna, dopo aver trascorso la giornata di ieri a Roma presenziando alla parata del 2 giugno ai Fori Imperiali.
Il capo dello Stato israeliano e' arrivato in mattinata all'aeroporto Marco Polo, quindi si e' recato ai Giardini di Castello dove ha partecipato all'inaugurazione del Padiglione israeliano della Biennale d'Arte. Strettissime le misure di sicurezza a protezione di Peres, che era accompagnato dall'ambasciatore in Italia, Gideon Meir e dal ministro della cultura Limor Livnat.
(Adnkronos, 3 giugno 2011)
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Ahmed: "Fatah non ha mai riconosciuto Israele"
"Fatah non ha mai riconosciuto il diritto di Israele ad esistere e non potrà mai farlo" a dichiararlo è Azzan al-Ahmed, membro del Comitato Centrale di Fatah, strettamente associato con il presidente dell'Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas.
Ahmed, che è anche capo del gruppo di negoziazione tra Fatah e Hamas, ha dichiarato che le forze di sicurezza dell'Autorità Palestinese in Cisgiordania stavano arrestando sostenitori di Hamas per proteggerli dall'esercito israeliano. Alla domanda se Fatah aveva parlato con Hamas per il riconoscimento di Israele, il funzionario di Fatah ha dichiarato: "Fatah non ha riconosciuto Israele. Né Fatah né Hamas sono tenuti a riconoscere Israele". Il funzionario di Fatah ha elogiato il capo di Hamas, Khaled Mashaal, per il discorso "meraviglioso" tenuto durante la cerimonia della firma per l'accordo di mediazione egiziana per la riconciliazione Fatah-Hamas al Cairo il 4 maggio. Egli inoltre si è detto felice di vedere gli egiziani manifestare all'esterno dell'ambasciata israeliana al Cairo in seguito alla partenza del regime di Hosni Mubarak. "Questo è un nuovo cambiamento e abbiamo visto come gli israeliani sono preoccupati per queste manifestazioni."
(FocusMo, 3 giugno 2011)
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Trieste - "Una città laboratorio di convivenza"
di Adam Smulevich
"Voglio tornare all'essenza di Trieste, una città laboratorio di convivenza". Punta sul contributo essenziale delle minoranze il nuovo sindaco di Trieste Roberto Cosolini, eletto alla guida del capoluogo giuliano lunedì scorso al termine del ballottaggio che l'ha visto opposto al candidato del centrodestra Roberto Antonione. Ai lettori del Portale dell'ebraismo italiano illustra uno dei principali obiettivi del suo mandato: rinverdire l'affascinante miscela di popoli e culture della vecchia Mitteleuropa. Un mondo tollerante in cui l'ebraismo triestino è stato e continua ancora oggi ad essere protagonista. "La Comunità ebraica è una componente fondamentale di Trieste e ad essa dedicherò grande attenzione" conferma Cosolini. "Il mio sogno - prosegue il primo cittadino - è quello di tornare alla situazione di inizio Novecento quando Trieste conobbe un periodo di grande ricchezza e splendore con l'arrivo in città di numerose comunità che vi portarono cultura e imprenditorialità. Superati anni di forti contrapposizioni ideologiche possiamo adesso finalmente riproporre quel contesto sociale". Cosolini vede nella valorizzazione delle minoranze un perno essenziale del suo mandato: "Le minoranze sono la nostra forza e le nostre migliori ambasciatrici nel mondo. Questa è la città multiculturale e multireligiosa per eccellenza, la città che è stata veramente europea ancor prima della nascita di una Europa unita. Alle proposte culturali della Comunità ebraica così come a quelle delle altre minoranze guarderò quindi con forte interesse e partecipazione sulla scia di un impegno personale che porto avanti da tempo". Cosolini ha poi invitato la redazione del portale dell'ebraismo italiano in visita al municipio triestino in occasione dei lavori di Redazione Aperta che si svolgeranno per il terzo anno consecutivo tra Trieste e Opicina in luglio. "Siete i benvenuti" ci ha detto.
Tra i tanti felicitatisi in questi giorni per la sua elezione, anche il presidente della Comunità ebraica di Trieste Andrea Mariani. "L'elezione del nuovo sindaco Roberto Cosolini e del nuovo presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat - commenta - ci rasserenano per il futuro vista la forte vicinanza dimostrata da entrambi nei confronti della Comunità ebraica. Una vicinanza sancita con la presenza a molti eventi da noi organizzati negli ultimi anni, da una evidente predisposizione alla cultura senza schieramenti di parte e da una visione rivolta sia alla crescita interna che all'apertura verso l'esterno".
"Sia Cosolini che Bassa Poropat - prosegue Mariani - sono persone dalle caratteristiche umane speciali, che dimostrano grande disponibilità al confronto e intelligenza conoscitiva. Sono certo che con il loro lavoro congiunto ci sarà un progresso a tutti i livelli, soprattutto nel campo della cultura e nell'attenzione verso le minoranze culturali e religiose".
"Con l'elezione di Roberto Cosolini - commenta Guido Vitale, coordinatore dei dipartimenti Informazione e Cultura dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e buon conoscitore della realtà locale perché a lungo giornalista a Trieste impegnato sul terreno della cronaca locale - al di là degli esiti del voto la città giuliana torna alla sua vocazione di polo di multiculturalità e di capitale delle minoranze. La sua salita al governo della città è un fenomeno che va oltre gli schieramenti politici e costituisce il riconoscimento di doti umane e professionali fuori dal comune, della sua capacità di vivere giorno per giorno e di comprendere le genti disparate e ricche di identità che di Trieste costituiscono il maggiore patrimonio".
(Notiziario Ucei, 3 giugno 2011)
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USA: più finanziamenti per programmi missilistici ad Israele
Gli Stati uniti hanno deciso di approvare l'aumento dei fondi destinati alla difesa. Una commissione del Congresso ha deciso, durante la giornata di ieri, di aumentare lo stanziamento di fondi per i programmi missilistici USA-Isreaele. Si è deciso infatti di aumentare i fondi a 235,7 milioni di dollari per la difesa antimissile entro il 2012 rispetto ai 212,7 milioni nel 2011.
La sovvenzione economica andrebbe alla Arrow 2, Arrow 3 e ai progetti David's Sling. La decisione della sottocommissione è in una fase preliminare dato che l'intero disegno di legge deve essere votato da tutta la commissione e dato anche il fatto che non è stato fissato nessun limite temporale per un esame della decisione. Intanto, vista la crisi fiscale degli Stati Uniti e gli sforzi per tagliare i bilanci, gli attivisti pro-Israele sono stati contenti di vedere come gli sforzi per aiutare la difesa del paese continuano sia da parte di democratici che di repubblicani. "Date le sfide di bilancio significative da parte americana, ogni singolo dollaro che stiamo spendendo per conto del contribuente americano deve avere il più alto li9vello di controllo, compresi i fondi stanziati per la difesa degli Stati Uniti ei loro alleati", ha dichiarato, a seguito dell'approvazione dei finanziamenti, un membro del comitato repubblicano, Steve Rothman. La decisione, ha continuato, "è un segno dell'importanza di questi programmi di difesa - Arrow 2, 3 e Arrow David Sling - che sono tutti solidamente finanziati dalla nostra sub-commissione".
(FocusMo, 3 giugno 2011)
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Israele: morto il miliardario che faceva affari con l'Iran
GERUSALEMME - Sammy Ofer, il miliardario israeliano finito nell'occhio del ciclone per il sospetto che la sua azienda facesse affari con l'Iran, e' stato trovato morto nel suo appartamento a Tel Aviv. Ofer, che aveva 89 anni, era proprietario assieme al fratello Yuli di una holding che opera nel settore delle spedizioni internazionali. La scorsa settimana, a sorpresa la Ofer Brothers era stata inserita dagli Usa nella lista nera delle aziende sottoposte a sanzioni per rapporti illeciti con Teheran; e domenica era emerso che almeno sette petroliere della Tanker Pacific, di proprieta' della Ofer Brothers, erano attraccate nei porti iraniani di Bandar Abbas e dell'isola di Khark, tra il 2004 e il 2007.
(AGI, 3 giugno 2011)
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Il giorno di Gerusalemme
di Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma
Ieri è stato festeggiato lo Yom Yerushalaim, "Il giorno di Gerusalemme" che ricorda la vittoria a Gerusalemme nel corso della guerra dei sei giorni del 1967. Rav Menachem Emanuele Artom z.l., che comunque non dubitava sul significato dell'evento, non era d'accordo nello stabilire proprio la data di ieri come giorno di festa; come per Purim e Chanukkà, l'antica tradizione ebraica festeggia non il giorno cruento dei combattimenti, per quanto vittoriosi, ma quello dopo in cui "gli ebrei si riposarono dai loro nemici" (Ester 9:22). Il nome del giorno ha la sua storia, nel libro dei Salmi (137:7) è il giorno in cui i Babilonesi invocano la distruzione della città fino alle fondamenta, e che viene così ribaltato in senso positivo. Il nome, la data, le modalità di celebrazione religiosa e civile, le manifestazioni che lo accompagnano sono tutte oggetto di controversia ed è certo troppo presto, e troppo caldo il problema, per mettere d'accordo un nucleo considerevole di ebrei. Ma per chi abbia visto in questi giorni le folle di ragazzi e ragazze israeliani in festa e in sincera allegria per le vie della città è evidente che proprio ora, a parte la data da ricordare, la questione della sovranità ebraica su Gerusalemme non è un fatto da trascurare.
(Notiziario Ucei, 2 giugno 2011)
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Gerusalemme, 44 anni (in francese)
(Guysen TV, 2 giugno 2011)
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Iran: è lecito uccidere bambini israeliani
di Marco Tosatti
Un religioso radicale iraniano, noto come mentore spirituale del Presidente iraniano Ahmadinejad, ha dichiarato che gli attacchi contro i civili israeliani sono ammissibili e gli attentati suicidi sono un dovere musulmano. Inoltre, egli ha esortato i seguaci di continuare gli attacchi suicidi contro gli israeliani, compresi i bambini.
L'ayatollah Mohammad Taghi Mesbah, considerato uno dei più radicali fra i religiosi della Repubblica islamica, ha emesso un editto religioso sul suo sito Web con il quale si considera che gli attcchia suicidi non sono solo legittimi ma sono un dovere per ogni musulmano. L'ayatollah stava rispondendo a una domanda sul suo sito web sulla differenza tra "morte del martire" e "suicidio". Il post anonimo ha osservato che "alcune persone dicono che le operazioni di martirio sono considerate come suicidio e che esse sono haram (proibite) perché sono in contrasto con l'Islam." Mesbah ha espresso il suo rammarico nella sua risposta per il fatto che il suo interlocutore è caduto vittima della "propaganda dei nemici dell'Islam". Ha aggiunto che il suo interlocutore stava sprecando il suo tempo invece di concentrarsi su "come sradicare il regime sionista". "Quando si tratta di proteggere l'islam, il popolo musulmano dipende dalle operazioni di martirio. Esse non solo sono consentite, ma sono anche un obbligo,"ha scritto Mesbah. Il seguace ha chiesto qualche cosa sulla posizione dell'islam relativa a danneggiare gli israeliani, chiedendosi se le azioni di Hamas e della Jihad contro i civili israeliani non siano proibite. Ha anche chiesto: "E qual è la posizione sui bambini israeliani uccisi in tali attacchi?". L'ayatollah ha detto che lui non ha ritenuto opportuno proibire l'uccisione di bambini, ma solo notare che gli israeliani possono essere danneggiati, a meno che non esprimono apertamente la loro obiezione alla posizione del loro governo. Ha aggiunto che anche in questo caso, danneggiare i civili è ammissibile se "vengono utilizzati come scudo umano e lottare contro gli aggressori dipende dall'attaccare quelli civili".
(il Giornale, 2 giugno 2011)
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Rivolta premeditata
di Ariel David
MAJDAL SHAMS - Oggi non c'è nessuno sulla "collina delle grida", il piccolo rilievo sul confine tra Israele e Siria dove una volta le famiglie divise dalla Guerra dei sei giorni si parlavano con i megafoni, perché le comunità druse di Majdal Shams e degli altri villaggi nelle alture del Golan comunicano con i parenti in Siria su Facebook, Skype, Twitter e altri social network. Proprio su Internet si prepara la nuova ondata di proteste contro Israele simile a quella del 15 maggio, quando i palestinesi hanno commemorato la Nakba, la "catastrofe" della creazione dello stato ebraico, con violenti scontri costati la vita a quattordici manifestanti. Domani è l'anniversario della Naksa, la "sconfitta" nella guerra del '67, e sul sito 3rdintifa.com, che raccoglie 400 mila adepti su Facebook, c'è il programma delle "azioni" che si svolgeranno lungo i confini e dentro Israele subito dopo la preghiera nelle moschee. Obiettivo della cosiddetta terza Intifada è "liberare la Palestina dal mare al fiume", dal mar Mediterraneo al Giordano, ovvero: cancellare Israele. A Gerusalemme e nella West Bank si marcerà verso la moschea di Al Aqsa, mentre a Gaza e nei paesi confinanti s'invita a scontrarsi con l'esercito israeliano nei vari "punti di contatto". Altre manifestazioni sono previste per il 5 giugno, anniversario del primo giorno di guerra, e per il 7, quando le truppe israeliane entrarono a Gerusalemme est.
Il capo di stato maggiore, Benny Gantz, spiega che "l'esercito si sta preparando a gestire manifestazioni di massa su più fronti nei prossimi giorni". I soldati a guardia dei 500 metri che separano la "collina delle grida" dal villaggio di Majdal, in territorio israeliano, temono una replica del 15 maggio, quando migliaia di palestinesi, provenienti dai campi profughi in Siria, si sono riversati a sorpresa nella stretta terra di nessuno e un centinaio ha passato il confine. L'uso massiccio di Internet e di manifestazioni popolari ricorda le rivoluzioni contro i regimi dittatoriali del medio oriente, ma gli scopi di queste proteste e la mano che le guida appaiono ben diversi. "In Siria non si può arrivare al confine con novanta autobus e 4 mila persone senza il permesso del regime - spiega al Foglio un ufficiale testimone degli scontri nel Golan - I soldati siriani sono stati completamente passivi, anche quando i manifestanti hanno strappato loro le armi".
I militari di Tsahal e gli abitanti drusi di Majdal ricordano con un brivido la macabra efficienza con cui i manifestanti hanno attraversato i campi minati, divisi in colonne guidate da tre aspiranti martiri, pronti a saltare in aria, per poi aggredire i soldati con pietre e spranghe di ferro. "Non so come ma sono riusciti ad arrivare nel centro del villaggio", racconta Mansour Halabi, un impiegato del comune. "C'era un ragazzino di quindici anni cui ho detto di tornare a casa e lui mi ha risposto 'non voglio tornare, voglio morire, voglio essere un martire.' Gli avevano fatto il lavaggio del cervello". Grazie anche alla mediazione dei leader religiosi di Majdal quasi tutti gli infiltrati sono poi rientrati in Siria, lasciando sul campo quattro morti. Negli scontri sul confine con il Libano, dove a sparare è stato anche l'esercito libanese, ci sono state dieci vittime.
Pur ammettendo l'iniziale sorpresa, l'esercito israeliano ha considerato appropriata la risposta dei comandanti e dei soldati sul campo, che hanno usato gas lacrimogeni, sparato in aria e, soltanto come ultima risorsa, alle gambe degli infiltrati. La prossima volta il bilancio potrebbe essere più pesante. I vertici israeliani leggono nella protesta il tentativo di spostare l'attenzione dalle crisi interne e lanciare un avvertimento a Gerusalemme e all'occidente sull'instabilità che seguirebbe la caduta di Bashar el Assad. "L'intento è provocare un massacro, fare qualche centinaio di morti per screditare Israele e distrarre da quello che succede in Siria e nel resto dei paesi arabi", dice un portavoce dell'esercito.
(Il Foglio, 2 giugno 2011)
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Congresso Biomed-Ilsi a Tel Aviv: il dinamismo delle biotecnologie
L'immaginazione in biotecnologia non ha limiti: proteine chimeriche per distruggere il cancro, stimoli extra-cranici contro l'Alzheimer, anticorpi monoclonali per salvaguardare il pancreas nella crescita del diabete di tipo 1, immagini neuronali per valutare le conseguenze di un trauma cranico... Il congresso Biomed-Ilsi che si e' tenuto lo scorso 23-25 maggio a Tel Aviv, ha permesso ad un certo numero di imprese di biotecnologia, in maggioranza israeliane, di presentare le scoperte delle loro ricerche, di convincere eventuali investitori o dissotterrare accordi per meglio affrontare le ricerche cliniche.
Questo congresso annuale che ha raccolto, per la sua decima edizione, piu' di 6.000 persone, e' il secondo in termini d'importanza dopo BIO, la grande manifestazione organizzata in Usa. Finanziati da capitali pubblici e privati, i biotech intendono fare il punto, a partire da scoperte accademiche, su processi terapeutici innovativi....
(Cellule Staminali, 2 giugno 2011)
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Big del PD al ricevimento di Abu Mazen
ROMA, 1 giu. - Accoglienza calorosa per il presidente Abu Mazen al ricevimento organizzato in suo onore all'ambasciata palestinese a Roma, appena promossa al rango dal presidente della Repubblica. Sono arrivati per incontrare il leader dell'autorita' nazionale palestinese molti big del Pd.
C'era il segretario Pier Luigi Bersani, la presidente dei senatori Anna Finocchiaro e c'era Massimo D'Alema, a piu' riprese fermato da esponenti palestinesi, compreso il medico personale di Abu Mazen che ha chiesto di fare una foto con lui.
Al ricevimento hanno preso parte anche il sindaco di Roma Gianni Alemanno e la moglie Isabella Rauti. Presenti anche Francesco Rutelli, Oliviero Diliberto, Paolo Ferrero e Leoluca Orlando. Abu Mazen era accompagnato da Saeb Erekat, ex capo dei negoziatori. La star del cocktail e' stata pero' una giovane e bellissima modella che indossava un lungo abito in chiffon con i colori della bandiera palestinese. Sulla testa, intrecciato tra i capelli aveva un ramo d'ulivo, simbolo della pace. La giovane e' stata piu' volte fotografata ed ha salutato tutti gli ospiti di rango. Il presidente palestinese si tratterra' a Roma ancora domani per incontri ufficiali.
(AGI, 1 giugno 2011)
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Aria di crisi tra il governo egiziano ed Hamas
I ringraziamenti di alcuni giorni fa sembrano già un ricordo lontano. Tra il governo egiziano e Hamas c'è aria di crisi. Il motivo è proprio il valico di Rafah, tra Gaza ed Egitto, riaperto lo scorso 28 maggio dal Cairo dopo quattro anni. Una decisione che era stata salutata con ampie lodi da parte della dirigenza del partito islamico palestinese; oggi Hamas protesta invece contro i limiti imposti dalle autorità cairote al flusso di cittadini che vogliono passare la frontiera. "Non più di 400 al giorno", hanno stabilito gli egiziani, mentre Hamas sperava che venissero garantiti mille passaggi quotidiani in entrambe le direzioni. Ma c'è di più: non tutti sono i benvenuti al di là del confine. La lista nera di quanti sono stati definiti "indesiderati" dal governo egiziano è lunga: contiene più di cinquemila nomi. Ieri una riunione di emergenza tra funzionari dell'una e dell'altra parte sulla questione Rafah si è prolungata fino a tarda serata. Al termine dell'incontro, è stato dichiarato che l'elenco di quanti posso attraversare il valico sarà pubblicato di volta in volta un giorno prima della data prevista per il viaggio; la quota di 400 attraversamenti al dì rimane, ed è stato anche stabilito un ordine che assegna la priorità a chi necessita trattamenti sanitari e cure fuori da Gaza e agli studenti universitari. Un comitato medico egiziano esaminerà i malati per accertarsi che non vengano commessi abusi. Pace fatta, allora? Tutt'altro: Hamas continua infatti ad accusare l'Egitto di non aver dato seguito alle richieste palestinesi di riaprire completamente la frontiera, mentre il Cairo sostiene di aver fatto "più del necessario", ricordando anche che la riapertura di Rafah ha già reso più complicati i rapporti con Israele.
(FocusMo, 1 giugno 2011)
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A Civitavecchia come in Israele si ricicla senza differenziare
ROMA, 1 giu - Si torna a parlare di rifiuti, ma questa volta nell'occhio del ciclone non è Napoli con l'emergenza che fa paura, questa volta i rifiuti per quanto "brutti sporchi e cattivi" preannunciano una rivoluzione positiva. Il cambiamento sbarca a Civitavecchia che sarà il primo Comune in Italia a sperimentare un progetto che consentirà il riciclo dei rifiuti senza la raccolta differenziata e mettendo da parte in via definitiva il dibattito sui termovalorizzatori. Il sistema, in realtà arriva da molto più lontano visto che è stato brevettato da una società israeliana "Arrow Bio International" ed già viene utilizzato a Tel Aviv ma anche a Los Angeles e New York. L'impianto brevettato è così intelligente che risparmierà ai cittadini il compito di separare nelle case vetro plastica, carta, umido e metalli. Il sistema infatti sarà in grado di selezionare l'immondizia così come viene buttata senza che sia stata differenziata, saltando il processo di combustione.
Geniale... ma allo stesso tempo molto semplice.. l'uovo di colombo verrebbe da dire. Il sistema infatti differenzia la raccolta anzichè a monte a valle spiega il sindaco di Civitavecchia, Giovanni Moscherini, che in un'intervista all'Adnkronos di qualche giorno fa chiarisce tutto il processo. "I rifiuti vengono versati in un percorso d'acqua di circa 150 metri, lungo il quale avviene la separazione tecnica: tutto ciò che galleggia viene separato e indirizzato alle fabbriche di riciclaggio; a metà di questo fiumiciattolo un nastro trasportatore, che è una sorta di calamita, attrae metalli, vetro e quant'altro; infine, tutto ciò che è umido va in un nastro situato in fondo al percorso e viene portato in depositi che producono biogas. Quello che resta, il 15-20%, è un rifiuto pulito, e quindi facilmente riciclabile nell'agricoltura o in altre attività".
Il costo stimato per la "realizzazione dell'impianto è di circa 20 milioni di euro e sarà affidato alla società israeliana e successivamente gestita da "Città Pulita" che si occupa dei rifiuti sul territorio", ha aggiunto Moscherini.
Quindi via bidoni della carta della plastica e dell'umido, perchè con questo sistema ne basterà uno solo... gli altri gettiamoli pure nell'immondizia (non differenziata).
(la Repubblica, 1 giugno 2011)
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Ban Ki Moon chiede lo stop della Flotilla due per Gaza
di Dimitri Buffa
Se persino l'Onu e se anche uno come il segretario generale Ban Ki Moon chiedono, in coro, agli organizzatori della Flottilla due per Gaza di rinunciare alla loro opera di provocazione e a tutti gli stati del Mediterraneo, Israele compreso, di evitare le partenze dai rispettivi porti e di ridurre il danno e le possibilità di scontri armati, questo vuol dire che il pericolo concreto di un'altra tragedia esiste.
E poi significa altre due cose: che dopo l'ulteriore apertura del valico di Rafah da parte dell'Egitto ogni scopo pseudo umanitario della spedizione via mare non ha pretesti cui appigliarsi e che la natura volutamente di sfida a Israele è in realtà il vero obiettivo.
Quello che si spera è proprio un altro scontro a fuoco. Il movimento turco IHH che ancora una volta sta dietro a questa mascherata è notoriamente affiliato con la fratellanza mussulmana e in ottimi rapporti con Hamas....
(l'Opinione, 1 giugno 2011)
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In piazza Duomo i filopalestinesi boicottano la kermesse israeliana
MILANO - Dal 12 al 23 giugno si terrà «Israele che non ti aspetti», una kermesse sulla tecnologia israeliana promossa dalle stesse autorità di Tel Aviv in collaborazione con gli enti locali lombardi per raccontare «un Israele diverso da quello di Stato interessato da un conflitto» e «promuovere scambi scientifici e culturali tra Tel Aviv e Milano».
Di tutta risposta, diverse realtà e associazioni filopalestinesi di Milano e del nord-Italia si sono trovate in questi mesi ritenendo necessario uno sforzo collettivo, al di là delle differenze e specificità di ognuno, per organizzare la contestazione a quella che sarà la più grande manifestazione di promozione di Israele nel mondo, inaugurata niente di meno che dal primo ministro Netanyahu.
Il calendario dell'evento è stato mantenuto sotto silenzio e persino le date sono state annunciate solo poche settimane fa, permettendo di fissare i primi appuntamenti della contestazione: si comincia martedì 7 giugno con un presidio davanti alla Regione in via Filzi. Seguiranno poi una manifestazione nazionale e varie iniziative di disturbo che confluiranno in piazza Duomo.
(il Giornale, 1 giugno 2011)
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"Italia-Israele. I sensi del Mediterraneo"
di Consuelo Pallavicini
Alberto Fustinoni, Anna Sicos, Mario Restano
Le opere di dieci artisti italiani e di dieci artisti israeliani, dai 19 ai 35 anni, verranno esposte a Santa Margherita Ligure nelle sale di Villa Durazzo da venerdì 3 giugno a domenica 31 luglio. "Italia-Israele. I sensi del Mediterraneo", questo il titolo scelto per l'esposizione, che suggella i dieci anni di attività dell'Associazione "Amici del Museo d'Arte di Tel Aviv", che ha già riscosso ampio successo a Milano dove è stata ospite dal 3 al 22 maggio nei locali della Fondazione Hangar Bicocca.
Le opere, come hanno spiegato Alberto Fustinoni, assessore alla Cultura, ed Anna Sicos, presidente dell'Associazione "Amici del Museo d'Arte di Tel Aviv, sono state scelte da una giuria di esperti dopo aver indetto un concorso, promosso da A.m.a.t.a., riservato ad artisti non collegati a Gallerie d'Arte. In mostra non solo tele dipinte, ma anche sculture, video-installazioni, fotografie. Presente alla conferenza stampa anche Mario Restano, responsabile marketing di Latte Tigullio, partner dell'iniziativa, che ha anche il contributo economico del Comune di Santa Margherita, il patrocinio di Regione Lombardia e Comune di Milano oltre ad essere sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica.
Orari: da lunedì a domenica dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.30 alle 17.30.
Info: tel. 0185 293135 info@villadurazzo.it
Il 16 luglio, in occasione della Notte "Viaggio Mediterraneo", improntata sull'integrazione culturale, che offrirà in diversi punti di Santa Margherita Ligure gli spettacoli di Moni Ovadia con Emanuele Segre, "Gipsy Kings", musiche kletzmer ed etniche, "Italia-Israele. I sensi del Mediterraneo" sarà aperta anche la sera.
(Levante News, 1 giugno 2011)
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Bis di Verdi in Israele, con l'Aida e la Messa da Requiem
ROMA, 31 mag. - Giuseppe Verdi torna in Israele con due suoi capolavori: l'Aida e la Messa da Requiem. L'appuntamento e' al Festival dell'opera d'Israele, a Masada dal 2 all'11 giugno. L'Aida sara' diretta da Daniel Oren ed eseguita da cantanti di fama internazionale, dal coro e dall'orchestra dell'Opera israeliana. Nei ruoli principali: il tenore He Hui, che interpreta Aida; Piero Giuliacci nel ruolo di Radames, e Paata Burchuladze che sara' Ramfis. L'iniziativa e' stata organizzata dal'Istituto italiano di cultura (iic) di Tel Aviv, in collaborazione con l'Opera di Isarele, a seguito dello straordinario successo ottenuto dal Nabucco nel 2010, che ha richiamato a Masada un pubblico di oltre 42 mila spettatori.
La Messa da Requiem, invece, sara' eseguita dall'Orchestra e dai solisti dell'Arena di Verona (il 3 giugno), diretti dal maestro Giuliano Carella. Al termine della kermesse (il 12 giugno) si terra' un concerto di Andrea Bocelli. Masada (in ebraico Metzada), era un'antica fortezza che sorgeva su un altopiano situato su una rocca a 400 metri di altitudine rispetto al Mar Morto, nella Giudea sudorientale. L'altopiano su cui sorge offre uno scenario naturale raro se non unico al mondo: la sua posizione sotto il livello del mare seppure in rilievo rispetto al territorio immediatamente circostante offre suggestioni paesaggistiche emotivamente molto forti, difficilmente descrivibili. Il sito di Masada fu identificato nel 1842 ma fu sottoposto a indagine archeologica solo nel periodo 1963-1965, grazie a una spedizione guidata dall'archeologo israeliano Yigael Yadin. Dal 20011, il sito e' diventato patrimonio mondiale dell'Umanita' dell'Unesco. vel .
(il Velino, 1 giugno 2011)
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Uno spazio di condivisione artistica nel cuore di Tel Aviv.
C'è un posto in Medio Oriente che non è come te lo aspetteresti, c'è un luogo in Israele in cui la notte sconfina nel giorno e il giorno prosegue con la notte: è Tel Aviv, una città in continuo movimento, alla continua scoperta delle nuove tendenze, sempre pronta ad essere all'avanguardia in tutto. Tel Aviv, la città bianca, Tel Aviv, la città viva, Tel Aviv che ti affascina con il suo caos ordinato. E' la città dell'arte contemporanea in cui i giovani artisti osano e con la loro forza si presentano su piazze impagnative come New York, Londra, Parigi, Roma e in cui stupiscono per le loro idee innovative. In questo contesto, in questo fermento nasce un nuovo spazio culturale, per l'arte contemporanea in cui la creatività si fa strumento di condivisione e incontro, un luogo dove far convivere artisti italiani, israeliani e palestinesi, piuttosto che di altri paesi arabi ed europei. A crearlo è un torinese, il celebre gallerista Ermanno Tedeschi, che il 6 giugno aprirà nel cuore culturale della capitale economica israeliana, il quartiere bahausiano di Neve Tzedek, una sua nuova sede espositiva che si propone però come qualcosa di più di una semplice galleria. È piuttosto la realizzazione di un desiderio, la concretizzazione di una "visione", come lui stesso spiega: "Ho voluto creare uno spazio in cui fosse chiaro che i linguaggi, le culture, i simbolismi attraverso l'arte non hanno confini, limiti, differenze; le conflittualità nascono solo dai nostri preconcetti." - prosegue Ermanno Tedeschi -"È sorprendete vedere come, grazie alla contaminazione reciproca, gli artisti riescano ad esprimere un linguaggio creativo veramente universale, comprensibile a tutti e, superate le diffidenze, superati i muri concettuali, non rimane altro che un uomo che esprime se stesso e il suo mondo, condividendo con gli altri quella sua esperienza che diventa in tal modo patrimonio di tutti. Sono sempre più convinto che l'arte sia un vero e proprio strumento di pace". Ermanno Tedeschi inaugurerà il nuovo spazio con la mostra collettiva. "WORLD" mettendo a confronto 14 artisti, Barbara Nahmad, Tobia Ravà, Valerio Berruti, Enrico T. De Paris, Daniele Galliano, Riccardo Gusmaroli, Sam Havadtoy, David Kassman, Minjung Kim, Sharon Pazner, Shay Frisch Peri, Alex Pinna, Robert Sagerman, Maurizio Savini. provenienti da tutto il mondo, sui temi della globalizzazione, della mobilità, degli sconfinamenti territoriali, il superamento delle barriere materiali e immateriali delle persone, delle idee, delle informazioni. Un tema quanto mai attuale in un momento storico caratterizzato da grandi flussi migratori di persone e di idee che, aiutate dalla tecnologia e dall'informatizzazione, riescono nel loro quotidiano a contaminare luoghi da loro distantissimi. WORLD, curata da Luca Beatrice, si propone come una collettiva all'interno della quale rintracciare, seppur nel loro stile, nella loro difformità, attraverso diverse nature espressive, il comune denominatore di internazionalità che, abbattendo i confini, permette ai linguaggi di contaminarsi preservando le rispettive specificità.
(FocusMo, 1 giugno 2011)
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Notizie archiviate
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