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Notizie luglio 2011

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Strage di Bologna, il giudice Priore: "Molto da fare per arrivare alla verità"

BOLOGNA, 31 lug. - ''C'è ancora molto da fare per arrivare alla verita''' sulla strage alla stazione di Bologna, del 2 agosto 1980. ''So che la procura di Bologna sta ancora lavorando su uno stralcio che vedeva un'ipotesi completamente diversa sulla matrice della strage''.
Lo dice all'ADNKRONOS Rosario Priore, giudice istruttore di alcuni dei più importanti processi della storia giudiziaria italiana, dall'eversione nera e rossa al caso Moro fino alla strage di Ustica e l'attentato a Giovanni Paolo II. ''Sull'interpretazione che è stata data dalle Corti - sottolinea Priore - si è formato il giudicato che, come tale, deve essere rispettato. Bisogna però vedere se dopo queste nuove piste, emergano elementi tali da indurre a una revisione del processo.
La tesi su cui si stava lavorando alla procura di Bologna - rimarca il magistrato - era quella di un attentato di matrice palestinese, del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina (FLP), il cui leader per l'Italia era in carcere per la famosa storia dei missili di Ortona''.
''Una storia - sottolinea - per effetto della quale ai palestinesi sembrava che noi avessimo violato il cosiddetto ' lodo Moro', ovvero quel patto che legava l'Italia alle formazioni dell'insorgenza palestinese, autorizzando queste ultime a detenere, stoccare e trasportare sul territorio del nostro Paese armi, munizioni ed esposivo in cambio di una cessazione degli attentati contro cittadini e beni italiani''.
''In questo modo -f a notare Priore - si poteva pensare che fossero invece autorizzati gli attentati contro americani e israeliani. Come successe -r icorda - nel caso dell'uccisione di un americano a bordo della nostra nave 'Achille Lauro' e come doveva accadere a danno di un diplomatico israeliano, a carico del quale le Brigate Rosse stavano svolgendo una 'inchiesta', preparatoria di un attentato''.
''Vorrei però rammentare - rimarca il giudice Priore - che quel giorno a Bologna era presente Thomas Kram, appartenente alle cellule rivoluzionarie tedesche, legatissime al FLP attraverso Carlos (Ilich Ramìrez Sànchez, terrorista venezuelano, che sta scontando una condanna all'ergastolo in Francia, ndr)''. ''Ho fiducia - ribadisce Priore - che la verità si trovi anche a distanza di anni. Non è vero che il tempo riesca a cancellare tutto. Basterà ricordare quanto sta emergendo sul sequestro di Emanuela Orlandi, ad oltre un quarto di secolo di distanza. Ho fiducia nella magistratura bolognese - conclude - che sicuramente tuttora sta lavorando bene al caso''.

(Adnkronos, 31 luglio 2011)

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Due razzi lanciati da Gaza piovono nel sud di Israele

GERUSALEMME - Due razzi lanciati dalla Striscia di Gaza sono piovuti sul sud di Israele, senza causare danni, ne' feriti. Lo hanno riferito fonti militari israeliane. I razzi sono caduti nelle zone di Pitchat Shalom e Shaar HaNegev, vicino al confine con il territorio palestinese. E' salito cosi' a 26 il numero di razzi lanciati da Gaza verso Israele dall'inizio di luglio .

(AGI, 31 luglio 2011)

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Le manifestazioni in Israele continuano

Ieri 100.000 persone sono scese in piazza in undici città, a Nazareth arabi e israeliani insieme

Sabato più di 100.000 persone sono scese nelle strade di undici città israeliane per chiedere al governo di prendere delle misure contro l'aumento del costo del prezzo delle case, della benzina e delle tasse sull'istruzione. Le proteste più numerose si sono svolte a Tel Aviv, dove più di 60.000 persone hanno manifestato gridando slogan come «le persone vogliono giustizia sociale» e «vogliamo giustizia, non carità». A Gerusalemme più di 10.000 persone hanno protestato fin sotto alla casa del premier Benjamin Netanyahu, a Haifa sono scese in piazza 8.000 persone e a Be'er Sheva 3.000. Per la prima volta dall'inizio delle proteste, arabi ed ebrei hanno protestato insieme, incontrandosi nel centro di Nazareth. Molti cantanti e artisti israeliani si sono esibiti durante le manifestazioni.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha istituito una task force con il compito di trovare delle soluzioni all'aumento del costo della vita che negli ultimi giorni ha causato decine di manifestazioni e proteste in tutto il paese. Nel frattempo migliaia di medici si sono radunati davanti al Palazzo della Knesset, il parlamento, per chiedere l'aumento degli stipendi, mentre per lunedì è stato dichiarato lo sciopero generale. Oggi il direttore del ministero delle finanze, Haim Shani, ha presentato le dimissioni in polemica col ministro Yuval Steinitz.
Le proteste sono iniziate il 14 luglio scorso, quando alcuni studenti e giovani lavoratori si sono accampati con delle tende nel Boulevard Rothschild, una delle vie principali di Tel Aviv, per protestare contro l'aumento del costo delle case. In breve tempo la protesta si è diffusa in altre città del paese tra cui Gerusalemme e Be'er Sheva: le piazze principali di queste città si sono trasformate in piccoli accampamenti con centinaia di tende, manifesti di protesta e persone che suonano chitarre e che si riuniscono per discutere fino a tarda notte, tutte scene che ricordano le proteste degli Indignados spagnoli a Puerta del Sol.
I manifestanti chiedono una diminuzione del costo delle case, aumentato di un terzo negli ultimi quattro anni; una scuola pubblica gratuita; l'aumento dei salari di poliziotti, pompieri, medici, infermieri, assistenti sociali e altri impiegati pubblici; che i prezzi dei cibi di prima necessità siano tenuti sotto controllo e che venga ridotto il costo della benzina.

(il Post, 31 luglio 2011)

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Sorgente di vita - Giornata della Cultura e Ebr@ismo 2.0

Questa sera la puntata di Sorgente di vita apre con il lancio della Giornata Europea della Cultura Ebraica attraverso il sito web creato per l'occasione. Un click e si parte per un viaggio virtuale a Siena, città capofila, o nelle altre località che aderiscono alla manifestazione del 4 settembre prossimo, quando sinagoghe, musei e luoghi ebraici apriranno le porte ai visitatori. Annie Sacerdoti, consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e Sira Fatucci, coordinatrice della giornata, parlano dell'appuntamento, giunto con successo alla XII edizione, e del tema di quest'anno "Ebr@ismo 2.0: dal Talmud a Internet". "Non desiderare la moglie del tuo prossimo, la casa, il suo servo, la sua serva, il suo bue, il suo asino, non desiderare qualsiasi altra cosa che appartiene al tuo prossimo": con il decimo comandamento si conclude la serie dedicata al decalogo, con la lettura del testo biblico affidata all'attore Paolo Ferrari e il commento a più voci che varia di volta in volta. Intervengono il rabbino Roberto Colombo e il fotografo Oliviero Toscani. Si parla poi di kasherut: kasher in ebraico vuol dire adatto, buono, conforme alle regole alimentari che sono tante e complesse. Mangiare, secondo la tradizione ebraica, è un vero e proprio atto rituale inserito in un programma religioso più ampio nella prospettiva della santificazione della vita quotidiana. Dai quadrupedi ai volatili, dai pesci al divieto di mangiare carne e latte insieme, il rabbino Roberto Colombo propone alcune interpretazioni sui precetti della kasherut. Infine un'intervista alla scrittrice Clara Sanchez sui temi del suo romanzo, "Il profumo delle foglie di limone", caso editoriale dell'anno, sui quali interviene anche il giornalista Gabriele Eschenazi: la caccia ai criminali nazisti rimasti impuniti, la loro vita "invisibile" nella normalità quotidiana, la Spagna e i conti con il passato franchista. Sorgente di vita va in onda domenica 31 luglio alle ore 1,20 circa su RAIDUE. La puntata sarà replicata lunedì 1 agosto alla stessa ora e lunedì 8 agosto alle ore 7 del mattino. I servizi di Sorgente di vita sono anche on line.

(Notiziario Ucei, 31 luglio 2011)

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Giornata europea della cultura ebraica. E' Siena la capitale del mondo

di Natascia Maesi

SIENA, 31 luglio 2011 - Siena è stata scelta come città capofila tra le sessantadue italiane e i ventisette paesi del mondo, che il 4 settembre celebreranno la «Giornata Europea della Cultura Ebraica». L'evento coordinato e promosso dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e giunto ormai alla sua dodicesima edizione, ruoterà intorno al tema «Ebr@ismo 2.0: dal Talmud a Internet». «Parlare di ebraismo nell'epoca dei nuovi media, è la sfida che vogliamo raccogliere — spiega Anna De Castro, referente senese della Giornata Europea della Cultura Ebraica — abbiamo scelto di mettere su una linea di continuità ideale il Talmud, uno dei testi sacri dell'ebraismo per noi fonte inesauribile di valori e contenuti sempre attuali e il web, che oggi rappresenta una finestra aperta sulla contemporaneità». Il cuore delle iniziative sarà la Sinagoga, dove si stanno completando alcuni interventi di ammodernamento realizzati grazie al contributo della Fondazione Monte dei Paschi che saranno inaugurati nell'occasione. Il matroneo ospiterà una mostra fotografica dal titolo «Memorie disperse e immagini ritrovate: Fotografie di famiglia e comunità a Siena».
PER FAVORIRE la partecipazione della città in piazza del Mercato saranno allestite isole digitali e gallerie fotografiche interattive che permetteranno al pubblico di entrare in contatto in modo approfondito ma dinamico con la tradizione e la cultura ebraica. Nella serata che precede le celebrazioni, ci sarà spazio per lo spettacolo teatrale «Il Padre è… terno» trilogia biblica con Eugenio De' Giorgi.
IN COLLABORAZIONE con l'associazione delle guide turistiche saranno predisposte visite guidate, veri e propri viaggi nel tempo, non solo nei luoghi dell'ebraismo ma anche nei racconti della comunità. Testimonianze arricchite dalle presentazioni del patrimonio documentaristico della comunità ebraica in un incontro realizzato in collaborazione con la Soprintendenza archivistica e del progetto di catalogazione dei beni, avviato d'intesa con la Soprintendenza per i beni artistici ed etnoantropologici. Non mancherà uno spazio dedicato allo studio della miniatura e della calligrafia ebraica e l'angolo delle degustazioni di vini e specialità ebraiche. Info su www.ucei.it/giornatadellacultura.

(La Nazione, 31 luglio 2011)

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Ambasciatore israeliano: la Svizzera non riconosca la Palestina

L'ambasciatore israealiano a Berna Ilan Elgar invita la Svizzera a non riconoscere un eventuale Stato palestinese indipendente. Un riconoscimento unilaterale, afferma il diplomatico in un'intervista alla "SonntagsZeitung", costituirebbe un'incomprensibile inversione di marcia. Berna, infatti, si è sempre impegnata per una soluzione negoziata del conflitto in Medio Oriente.
Non c'è nessun motivo perché la Svizzera riconosca un stato palestinese indipendente. Se la comunità internazionale dovesse fare questo passo - i palestinesi progettano di chiedere l'ammissione all'ONU nel prossimo settembre - "il processo di pace ne risulterebbe ostacolato" e anche "il diritto all'esistenza di Israele sarebbe compromesso".
L'ambasciatore israeliano si dice inoltre indignato dopo i recenti appelli, anche da parte di parlamentari svizzeri, a boicottare i prodotti israeliani, affermando che rientrano in una "campagna mondiale" contro lo stato ebraico. Il boicottaggio ricorda lo slogan nazista "con comprate dagli ebrei" e "si sa come è andata a finire", afferma Elgar.

(ticinonews.ch, 31 luglio 2011)

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Egitto: razzo contro una centrale di gas che rifornisce Israele e Giordania

IL CAIRO, 30 lug. - Uomini armati hanno oggi lanciato un razzo contro una centrale egiziana che fornisce gas a Israele e alla Giordania. Lo rifersice al-Jazeera. La centrale di trova nella cittadina di Sheik Zueid nel Nord del Sinai, vicino alla citta' di Arish, dove ieri sera e' stata attaccata una stazione di polizia. Come gli uomini che hanno attaccato la stazione di polizia, anche gli assalitori della centrale del gas erano vestiti di nero e sventolavano bandiere nere, come riferisce il responsabile della sicurezza del Nord del Sinai Saleh al-Masri citato dai media egiziani.

(Adnkronos, 30 luglio 2011)

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La jihad islamica arruola i bambini attraverso i cartoni animati

di Souad Sbai

  
Quante cose passano per gli occhi di un bambino. Quanta facilità di emulazione c'è nel suo essere bambino. Ogni evento o fatto che ne susciti stupore o ammirazione diventa esempio da imitare e riproporre. Questo devono aver pensato gli ideatori del cartoon che inneggia al jihad, di cui il sito estremista legato ad Al Qaeda al-Shamouk, pubblica qualche fotogramma.
Al di là del fatto che non esiste condanna umana che possa punire a sufficienza chi utilizza un bambino per uno scopo tanto aberrante, io credo occorra fare mente locale su un'evidenza semplice: oggi la guerra al terrorismo non è solo stanare miliziani, bensì comprenderne modi e capacità d'azione. Entrare in una dimensione psicologica e strumentale del tutto singolare, nella quale il progresso serve solo alla vittoria del jihad e non a far decollare la crescita delle persone. Quello in cui una donna, oltre a non poter mostrare il volto, non può nemmeno guidare un'auto, mentre la guerra santa viaggia in rete, attraverso facebook o youtube, grazie a tecnologie e mentalità all'avanguardia. Mujaheddin che sparano durante azioni di guerriglia e spargimento di sangue in episodi che vengono definiti eroici e per la libertà: agghiacciante.
L'obiettivo? Sarebbe semplice pensare solo al reclutamento di giovani kamikaze, pronti fra qualche anno o anche fra qualche mese, a farsi esplodere per compiere una strage. Occorre andare più a fondo e pensare che molto probabilmente l'obiettivo vero è di carattere sociale; spaccare le famiglie, costruire una macchina del dissenso che eroda i principi di libertà alla radice e sforni nuovi delusi da arruolare. È la creazione del "media jihad", programma di comunicazione integrato che gli estremisti a breve estenderanno su larga scala, toccando tutte le forme possibili di comunicazione di massa e arrivando direttamente nelle case, nei pc, nelle tv. Operazione scientifica, questa del cartoon per bambini, che chi muove la fila del terrore e dell'oscurantismo ha ideato con l'intento di instillare fondamentalismo nelle giovani menti e nutrirle con l'odio e il disprezzo per le donne e l'Occidente. È la volontà di costruire un modello educativo alternativo mascherato da cartone animato, mentre alle spalle si cela un mondo di disprezzo per tutto ciò che esce dalla cappa dell'oscurantismo.
L'annuncio era stato dato giorni fa: invaderemo la rete e i social networks, ma era caduto nel vuoto. Ma del resto, se nemmeno gli oltre cento bambini sequestrati da Misurata e scomparsi nel nulla, magari proprio indirizzati a crescere nell'estremismo e a finire morti in un attentato, hanno saputo far notizia, la strada è lunga e occorrerà farla da soli. Perché è chiaro ai più che la lotta contro l'estremismo è un percorso accidentato e irto di pericoli che non prevede compagnia, perché qualcuno, datempo ormai, nemmeno si accorge se sulla sua bacheca, fra cuoricini e saluti degli amici, compare la scritta: game over.

(Libero, 30 luglio 2011)

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Nuoto: un iraniano boicotta una gara con un israeliano, inchiesta Fina

SHANGHAI - L'Iran rischia una sanzione sportiva dopo che il suo nuotatore Mohammad Alirezaei ha boicottato la batteria delle qualificazioni nei 100 metri rana ai mondiali di Shanghai perche' vi partecipava anche un israeliano. La federazione internazionale (Fina) ha aperto un'inchiesta e ha chiesto chiarimenti ai dirigenti iraniani che avevano riaffermato la politica di non gareggiare con atleti provenienti da Israele, in linea con le direttive del presidente Mahmud Ahmadinejad .

(AGI, 30 luglio 2011)

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Sorpresa Honduras: appoggeremo la causa della Palestina

Il presidente Lobo annuncia il sostegno di Tegucigalpa, alleato storico di isarele, alla richiesta che verrà presentata a settembre all'Onu.

Porfirio Lobo
ROMA - L'Honduras appoggerà la Palestina nella richiesta di riconoscimento come Stato indipendente che verrà presentata all'Assemblea generale delle Nazioni Unite a settembre. L'annuncio, a sorpresa, è arrivato a margine dell'insediamento del nuovo presidente peruviano Ollanta Humala. In una nota della presidenza si rende noto che "il presidente Porfirio Lobo ha offerto mercoledì a Lima, in Perù, (dopo aver incontrato il ministro degli Esteri dell'Anp, Riyad al-Maliki, ndr.) l'appoggio alla Palestina perché sia riconosciuta nel seno dell'organizzazione delle Nazioni Unite". Un annuncio che spiazza gli osservatori interni e internazionali, come ricorda il quotidiano "la Tribuna". In primo lugo perché la cancelleria honduregna "non aveva fatto trapelare nessun commento al riguardo". Poi perché rompe con una tradizione della politica estera di Tegucigalpa, capitale tradizionalmente legata a Israele. Quando nel 2009 si chiuse la convulsa vicenda nata con l'allontanamento di Manuel Zelaya per mano dei militari, Israele fu il primo paese a riconoscere Lobo come presidente dell'Honduras. La tribuna segnala inoltre che l'offerta di aiuto di Lobo arriva nel momento in cui il ministro honduregno della Difesa Marlon Pascua è a Gerusalemme per discutere di nuovi aiuti per le proprie forze armate. In ultimo, la posizione dell'Honduras rompe il blocco dei paesi centroamericani, che, salvo il Nicaragua, concedono ai funzionari palestinesi solo il rango di rappresentanti, "un gradino sotto quello di diplomatici".

(il Velino, 30 luglio 2011)

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Israele, no a nozze civili

Il parlamento israeliano ha rigettato un progetto di legge di Nitzan Horowitz, di Meretz, che avrebbe permesso il matrimonio civile in Israele.

di Marco Tosatti

Il parlamento israeliano ha rigettato un progetto di legge di Nitzan Horowitz, di Meretz, che avrebbe permesso il matrimonio civile in Israele. 17 parlamentari hanno votato a favore della proposta, nella sua lettura preliminare, e 40 hanno votato contro. La legge tendeva a permettere agli israeliani la scelta fra il matrimonio civile o religioso. Il divorzio sarebbe stato compiuto in accordo con i tipo di matrimonio scelto, a meno che la coppia non si accordasse, per scritto, di divorziare in maniera diversa.
Durante la discussione la parlamentare Oritz Zuaretz di Kadima ha preso la parola con la testa coperta. Ha affermato che nella realtà attuale era obbligata a essere religiosa per potersi sposare. Le è stato chiesto di togliersi il velo.
Nel frattempo il movimento Hiddush - per l'eguaglianza e la libertà religiosa, ha reso noto uno studio condotto da Guy Ben-Porat e da Yariv Feniger dell'università Ben Gurion,che dimostra che i due terzi della popolazione in Israele sono a favore del matrimonio civile, ma solo un terzo opterebbe per il matrimonio non religioso se avessero la possibilità di scegliere. IL 63% appoggia il matrimonio civile, il 25 % si oppone e il 12% non risponde. Secondo i ricercatori la differenza fra l'appoggio generale e l'interesse personale è la probabile ragione per cui i grandi partiti non sono riusciti a promuovere il matrimonio civile.

(La Stampa, 30 luglio 2011)

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Da Israele un ulivo a via dei Fori Imperiali

ROMA - Un ulivo a via dei Fori Imperiali. A donarlo, in occasione del 150esimo anniversario dell'Unità d'Italia, lo Stato di Israele e la Fondazione Keren Kayemeth Leisrael. L'ulivo, pianta simbolo di pace nella tradizione ebraica, ha 150 anni così come l'Italia, non è un caso che a donarlo sia stata la sezione italiana del Kkl, la più antica organizzazione ecolologista al mondo fondata nel 1901. Di fronte all'albero è stato posto un cippo commemorativo. Alla cerimonia l'ambasciatore di Israele Meir, il presidente della Comunità Ebraica di Roma, il sindaco e il presidente del Kkl Italia Sassun.

(okRoma, 29 luglio 2011)

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Gaza: il surf è il nuovo sport delle donne

Gaza non è solo sinonimo di conflitto e guerriglia, ma ora la città di Gaza è un luogo vivo, pieno di cultura e di sport. Questo Grazie soprattutto al club Explore Corps and Surfing 4 Peace, il quale ha reso Gaza, un centro dove poter praticre il surf.

L'Explore Corps and Surfing 4 Peace nasce dall'unione del Surf 4 Peace, fondata nel 2007 per merito di una surfista ebrea americana, la leggendaria Dorian "Doc" Paskowitz, è l'organizzazione giovanile Esplora Corps, creata dal surfista californiano Matthew Olsen. Scopo dell'Explore Corps and Surfing 4 Peace è di attirare il maggior numero possibile di surfisti palestinesi. "Il Surf Club di Gaza è nato "per unificare i surfisti di Gaza e di fornire una base per la condivisione di risorse ... con la comunità internazionale surf" - afferma Dorian Paskowitz -. 25 sono i surfisti facenti parte del club, in maggioranza sono uomini, ma nell'ultimo periodo si sono iscritte due ragazze di 13 anni Rawan Abo Ghamen e Shoruq Abo Ghamen. Cosa davvero insolita per la città di Gaza, visto che alle ragazze della città non è consentito nè nuotare e nè indossare costumi da bagno. Ma per queste due ragazze si aprono nuove realtà, visto ch per la prima volta indosseranno dei veri e propri costumi islamici, creati per loro da alcuni stilisti di moda facenti parte della scuola di New York, la Parson, una delle scuole più rinomate della città americana.

(FocusMo, 29 luglio 2011)

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Si chiamerà Hala Tv e sarà il primo canale arabo in Israele. Trasmissioni al via dal 2012

di Francesca Marretta

HAIFA - Si chiamerà Hala Tv, parlerà arabo, ma trasmetterà dalle frequenze del satellite israeliano Amos. Si tratta del primo canale arabo indipendente dello Stato di Israele. Per dieci anni il Mossawa Centre, centro di advocacy per i cittadini arabi dello stato israeliano, ha fatto lobby a livello istituzionale per ottenere una gara d'appalto per un canale arabo.
   Il dado è stato tratto la scorsa primavera, spiega Jafar Farah, direttore del Mossawa Centre e ora anche azionista per il 12 per cento di Hala Tv attraverso la società di produzione arabo-israeliana Bisan Tv, azionista del nuovo gruppo televisivo. Farah parla mentre sorseggia un caffè arabo su un balcone con vista sul tempio Bahai nel quartiere di Wadi Nisnas al centro di Haifa. La nascita di Hala Tv, dice, segna una svolta epocale per Israele, mentre per la minoranza araba del Paese, il 20 per cento della popolazione, costituisce la prima occasione, in termini di contenuti televisivi, per influenzare il pubblico nel mondo arabo. Se non nell'immediato, certamente tra qualche anno, aggiunge Farah.
   «Cominceremo con 1,5 milioni di arabi che vivono in Israele, poi ci allargheremo al pubblico dei territori palestinesi occupati. Una volta stabilita una posizione forte nel mercato potremo trasmettere anche su satelliti arabi e raggiungere l'intera Regione. Il nostro obiettivo è influenzare anche l'audience ebreo-israeliana, attraverso contenuti forti», continua l'azionista di Hala Tv, convinto che «il business porterà la pace, perché terrà insieme arabi e israeliani». «Gli azionisti ebrei di Hala Tv lo hanno capito e non sono i soli. Il mercato sta dando una risposta contraria alle politiche di separazione propagandate da Avigdor Lieberman», aggiunge.
   Hala Tv produrrà news, intrattenimento, serie televisive e in futuro film. Il capitale è per il 20 per cento israeliano. Per la precisione un dieci per cento appartiene alla società Reshet, che detiene la metà dei diritti pubblicitari di Channel 2, il principale canale commerciale israeliano. L'altro shareholder che parla ebraico, Anane, è titolare dei diritti per la trasmissione di programmi di intrattenimento (viaggi, salute, bellezza). Gli altri principali soci sono la compag nia di produzione Bisan tv (11,75%), Rand, società araba che opera nel settore dei servizi sociali (14,75%), Sahnin College, istituto di istruzione superiore (14,75%), Sectors 3, compagnia pubblicitaria araba con sede a Tel Aviv (14,75). Nel progetto ha investito poi il tycoon dei media di Taybe, Bassam Jaber, proprietario di Panorama e Pannet, il principale portale arabo.
   Secondo Farah le due società israeliane che oggi investono nelle prima tv araba del loro Paese hanno compreso che la separazione dalle minoranze, non solo quella araba, porta al restringimento di quote di mercato. «Il riflesso del progetto strategico di costruzione della nazione ha fatto sì che Channel 2 trasmettesse in ebraico, senza prestare attenzione alle minoranze. Per questo ha perso circa tre milioni e mezzo di potenziali spettatori. Il conto è presto fatto. Un milione di russi in Israele guarda il canale che trasmette nell'idioma di provenienza. Un milione e mezzo di arabi guardano le reti arabe della Regione. Anche gli ultrareligiosi Haredim hanno il loro canale, e sono un altro milione. Tutto ciò significa perdita di introiti pubblicitari. Chi si rivolge alla minoranza russa acquista spazi pubblicitari sulla rete dell'oligarca amico di Lieberman. I nostri partner ebrei israeliani hanno assunto un rischio perché pur vivendo accanto a noi non ci conoscono. Ma è proprio questa la forza di Hala Tv». Farah sostiene che un canale in cui le news, solo per fare un esempio, sono prodotte da arabi che vivono nello Stato di Israele, ne accresce contenuto e credibilità nell'analisi delle crisi regionali.

(Il Sole 24 Ore, 29 luglio 2011)

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Taliban di Gaza contro gli Aquiloni

di Fabio Scoto

Avevano provato a impedirlo in ogni modo i Taliban di Gaza ma non ce l'hanno fatta. Il record da Guiness dei primati è stato battuto, oltre quattromila aquiloni si sono alzati sul cielo della Striscia tenuti con un filo da quasi ottomila bambini palestinesi che partecipano ai campi estivi organizzati dall'Unrwa, l'agenzia dell'Onu che fornisce assistenza ai profughi palestinesi. Il campo che li ospita a poca distanza da Gaza City mercoledì notte è stato attaccato da un gruppo formato da una decina di uomini armati e mascherati che hanno incendiato e devastato le installazioni destinate ai bambini. Non è la prima volta che impianti dell' Unrwa a Gaza sono nel mirino di gruppi radicali islamici che accusano l' agenzia dell' Onu di tenere campi estivi misti, senza separazione di sessi, e di impartire inoltre valori della cultura occidentale e non di quella islamica. La talebanizzazione della Striscia procede da un paio d'anni a tappe forzate, manganello e kalashnikov per imporre valori medievali respinti dalla maggioranza dei fedeli musulmani. Una visione oscurantista che ricorda da vicino l'Afghanistan dei Taliban e la morsa repressiva dell'Arabia Saudita, Hamas - che controlla l'enclave dal 2007 - mantiene un silenzio imbarazzato e non sembra intenzionato a perseguire i gruppi islamici, ancor più estremisti. La Striscia è una fucina di cellule e gruppetti salafiti, jihadisti, filo-qaedisti o wahabiti. Tutti invariabilmente armati fino ai denti. Sotto la scure di questi integralisti prima i locali che vendevano alcol, poi il divieto per le donne di sedere sul sellino posteriore delle moto - disdicevole ai loro occhi una donna a cavallo di qualcosa - dopo è stato il turno della musica con la proibizione delle orchestrine ai matrimoni, perseguitati i gruppi giovanili - peraltro di ottimo livello - che suonavano l'hip hop, il divieto per le donne di fumare la shisha (il narghilè) nei luoghi pubblici, la proibizione per i parrucchieri maschi di tagliare i capelli alle donne, il divieto per i negozi di abbigliamento di esporre manichini con forme femminili.
Ma ieri gli aquiloni hanno avuto la meglio e svettavano nel cielo. Spiccavano quelli con i colori della bandiera palestinese, accompagnati da slogan inneggianti alla pace e alla fine del blocco israeliano della Striscia. «Tutti gli aquiloni sono stati fatti a mano dai ragazzi di Gaza e non importati dalla Cina», precisa il portavoce dell'Unrwa Chris Guness, rivendicando "il nuovo primato" a scapito di una precedente esibizione di massa organizzata mesi fa proprio in terra cinese. Per un giorno, solo per un giorno, la vita dei ragazzini di Gaza è stata simile a quella dei nostri figli sulle spiagge italiane.

(la Repubblica, 29 luglio 2011)

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Le crisi palestinesi e le difficili vie di uscita

L'Autorità Palestinese deve affrontare alcune delle scelte più dure della sua storia nei rapporti con Israele: l'appartenenza alle Nazioni Uniti e l'unità con Hamas. La Palestina è afflitta da una grave crisi economica che porta incomincia a creare disperazione e timore tra la popolazione.
   Più di 150.000 dipendenti statali, i cui salari sostengono un milione di persone, questo mese avranno i loro stipendi decurtati della metà. Le banche palestinesi hanno prestato al governo più di 1 miliardo di dollari e non vogliono prestarne altri. Alcuni ministeri non hanno temporaneamente l' energia elettrica perché non hanno pagato le fatture. La scorsa settimana, il governo ha ordinato una riduzione del prezzo del pane, portando allo scioperio dei fornai. L'immondizia continua ad accumularsi. Il mese sacro del Ramadan inizia la prossima settimana, le riunioni notturne in famiglia e la festa di tre giorni implicano il raddoppio della spesa. Molte persone hanno già prestiti bancari elevati. Settembre porterà con sé i conti per le rette e il materiale scolastico; la raccolta delle olive, probabilmente una resa dei conti diplomatica presso le Nazioni Unite.
   "Questa è, senza dubbio, la peggiore crisi finanziaria che l'Autorità palestinese abbia mai affrontato", ha detto il primo ministro Salam Fayyad, generalmente conosciuto per il suo atteggiamento ottimistico. "Tutto questo non poteva capitare in un momento peggiore. Non ho idea di come possa finire. Non ho una risposta."
   La causa immediata della crisi è il fallimento della politica estera - in particolare con i finanziatori arabi - di mantenere le promesse di aiuto. Ma la crisi di bilancio si intreccia con quella diplomatica tra palestinesi e israeliani e l'eventuale riconoscimento dello Stato Palestinese alle Nazioni Unite a settembre. I diversi finanziatori hanno programmi opposti, così le decisioni dell'Autorità palestinese nelle prossime settimane potranno innervosire un gruppo o piuttosto l'altro, di finanziatori.
   I governi israeliano e americano sostengono che se l'unità con Hamas o l'appartenenza alle Nazioni Unite procede, gli aiuti potrebbero essere negati. Senza soldi per pagare gli stipendi, una delle grandi preoccupazioni è la fedeltà delle forze di sicurezza palestinesi che hanno mantenuto l'ordine pubblico e creato le condizioni per la stabilità e la crescita economica negli ultimi tre anni. "Hanno bisogno di ricevere la loro paga e hanno bisogno di sapere che il loro lavoro sta portando alla costruzione di uno Stato", ha detto un alto generale israeliano parlando, secondo le regole militari in condizione di anonimato.
   Mr. Fayyad, ex funzionario del Fondo Monetario Internazionale, è considerato dall' Occidente e da Israele come il più grande punto di forza dei palestinesi. Egli ha ridotto la dipendenza estera dei palestinesi e imposto l'austerità fiscale. Ma ora è sotto crescenti attacchi interni. Nell'ultimo anno, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e le Nazioni Unite hanno stilato rapporti dicendo che l'Autorità Palestinese sotto Fayyad era pronta per la statalità, in considerazione del rafforzamento istituzionale e della disciplina fiscale. Tale tesi è stata sottoposta ad esame. Il mese scorso, la rivista Foreign Policy, Nathan J. Brown della George Washington University ha scritto: "Il principale risultato di Fayyad non è stato quello di costruire le strutture di uno Stato palestinese, ma scongiurare il crollo di quelle strutture che già esistevano. Un risultato altrettanto importante è stata la sua capacità di convincere gli osservatori occidentali che stava facendo molto di più. Nel processo, tuttavia, ha avanzato aspettative che andavano ben oltre la sua capacità di fornirle ".
   Ora i palestinesi si sentono schiacciati tra due parti. "Siamo in una grave impasse - ha detto Mohammad Shtayyeh, presidente del Consiglio Economico Palestinese per lo Sviluppo e la Ricostruzione - siamo bloccati tra la riconciliazione con Hamas, i negoziati con Israele e le relazioni con Washington. Tutti sono interconnessi, e in tutti i casi siamo dannati se lo facciamo e dannati se non lo facciamo. Se non siamo uniti siamo chiamati incapaci e se siamo uniti veniamo minacciati ". Israele e gli Stati Uniti hanno chiarito che i colloqui di unità con Hamas e la richiesta alle Nazioni Unite avranno conseguenze finanziarie. "Se intraprendono uno di questi passi, sfacciati ed offensivi, sarà molto difficile per noi continuare a cooperare con loro", ha detto Yuval Steinitz, ministro delle finanze di Israele. Israele raccoglie e distribuisce centinaia di milioni di dollari in tasse per l'Autorità palestinese. "Come possiamo consegnare questo denaro, anche se è il loro denaro, se una parte di esso è destinata ad Hamas?" ha dichiarato Steinitz.

(FocusMo, 29 luglio 2011)

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Le simpatie di Breivik imbarazzano Israele

TEL AVIV - Sono di imbarazzo e inquietudini, con venature polemiche, le prime analisi israeliane sulle manifestazioni di simpatia "pro-Israele" raccolte fra i deliranti scritti di Anders Behring Breivik, lo stragista norvegese di Oslo e Utoya. A farsene interprete è in particolare l'editorialista Raphael Mimoun, che in un commento pubblicato su Yediot Ahronot, il giornale più venduto d'Israele, mette in guardia la destra politica e l'opinione pubblica del suo Paese dalla tentazione di coltivare un dialogo con certa destra europea (e americana) sulla base di comuni sentimenti d'islamofobia.
L'articolo s'intitola, significativamente, "Non sono nostri amici" e prende spunto dagli scritti in cui Breivik si è definito "filo-sionista" e simpatizzante del "nazionalismo israeliano". Si tratta di una posizione comune a quei settori dell'estrema destra occidentale che - nota Mimoun - esprimono "sostegno incondizionato alle politiche di Israele" in chiave anti-palestinese e anti-araba, poiché interpretano il conflitto mediorientale come parte di una sfida mortale, a un tempo "religiosa e culturale", con l'Islam.
Un'ideologia che l'editorialista di Yediot Ahronot giudica inaccettabile in sé. E che, inoltre, non cancella "le radici fasciste e neonaziste" (quindi fondamentalmente antisemite) di molti di questi movimenti. Di qui le accuse esplicite contro chi in Israele non esita a flirtare con ambienti e militanti di questa risma, considerati da Mimoun pericolosi anche quando restano distanti dalla truce violenza di Breivik.
"Numerosi politici israeliani, inclusi deputati della Knesset e persino esponenti del governo, hanno accolto positivamente - denuncia l'analista - il sostegno di gruppi e partiti politici stranieri di una certa destra. E questo è un deplorevole errore". "Per il bene dello status morale d'Israele - prosegue Mimoun - la massima secondo cui i nemici dei miei nemici sono miei amici non può essere applicata qui. Gli odiatori degli arabi, europei o americani che siano, non devono essere nostri amici".
Un avvertimento che non sembra giungere a caso, a meno di un mese dall'atteso e controverso happening d'appoggio alla politica israeliana degli insediamenti organizzato per fine agosto a Gerusalemme da Glenn Beck: tribuno tv della destra populista Usa e profeta dei simpatizzanti del Tea Party, che ha tra l'altro osato accostare le vittime di Utoya alla Gioventù Hitleriana.
Un personaggio che l'ala liberal della comunità ebraica Usa ha accusato apertamente di scivolate anti-semite, nei mesi scorsi, sull'onda d'una polemica sguaiata contro il finanziere George Soros (sostenitore di Barack Obama). E che invece s'appresta a essere ricevuto con tutti gli onori in Israele dai leader del movimento dei coloni e da alcuni parlamentari dell'ultradestra nazional-religiosa, ma anche del Likud: il partito del premier Benyamin Netanyahu.

(Corriere Canadese, 29 luglio 2011)

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La tv israeliana Channel 2 visiterà Modena e le sue eccellenze

Tra le tappe della visita anche il mercato di via Albinelli, le colline di Levizzano, la Ferrari e il castello di Formigine

  
Stas Misezshnikov
MODENA, 29 luglio 2011- Il canale 'Channel 2', emittente televisiva commerciale israeliana che nel 1993 ha rotto per prima il ventennale monopolio statale, fara' visita a Modena per un reportage che portera' le eccellenze modenesi nelle case di Israele.
Lo scambio tra Israele e Italia sta diventando sempre piu' importante negli ultimi anni, tanto da confermare il nostro Paese come uno dei maggiori partner all'interno dell'Unione Europea. Nel 2010 Israele ha registrato un aumento sia delle importazioni che delle esportazioni: l'Italia e' il quarto fornitore con una quota di mercato pari a 2,4 miliardi di dollari, equivalenti a 4,2% del totale delle importazioni.
Nell' ambito del vertice italo-israeliano che si e' tenuto il 13 giugno a Roma, il ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla e il corrispettivo israeliano Stas Misezshnikov hanno siglato un nuovo accordo per l'incremento dei flussi del turismo organizzato ed individuale per il triennio 2011-2013. In quest' ottica, l'Azienda Speciale della Camera di Commercio, Modena Emilia Romagna Italy Empowering Agency, ha organizzato un tour dedicato alla realizzazione di un servizio televisivo che andra' in onda su uno dei programmi di maggior successo in Israele.
L'agenda che e' stata creata per 'Channel 2' e' densa di appuntamenti: nella mattinata di domani verranno fatte riprese al tradizionale Mercato Coperto Albinelli di Modena accompagnate da un'intervista al vicepresidente Alberto Sirotti. La troupe verra' poi trasferita a Levizzano di Castelvetro, dove la chef Silvana Baranzoni dell'agriturismo Opera02 trasmettera' la passione emiliana per la buona tavola realizzando davanti alle telecamere una ricetta tipica. Nel pomeriggio si proseguira' con la visita dell'acetaia e della cantina di Opera02, per mostrare le fasi di preparazione di alcuni dei prodotti tipici modenesi: aceto balsamico, lambrusco e nocino.
A meta' pomeriggio, a Maranello Marco Arrighi, responsabile Ferrari Classic, raccontera' la storia della casa automobilistica all'interno del Museo Ferrari; per l'occasione, anche il sindaco di Maranello Lucia Bursi interverra', promuovendo la citta'-simbolo della motor valley. In serata lo staff visitera' il castello di Formigine, intervistando il
sindaco Franco Richeldi. Leitmotiv di domenica saranno ancora i motori, con riprese di auto da corsa all'interno del nuovissimo Autodromo di Marzaglia, in compagnia del General Manager Angelo Borghi.

(il Resto del Carlino, 29 luglio 2011)

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Il matrimonio ebraico

A ciascuna fede il proprio matrimonio. Chi professa un determinato credo religioso desidera celebrare questo importante giorno secondo i canoni della propria confessione. Ciascuna fede prevede rituali e codici che traggono origine da tradizioni diverse, anche se l'emozione è ovviamente la stessa. Il matrimonio ebraico presenta un rituale molto affascinante.
Va chiarito anzitutto che questo tipo di celebrazione non può considerarsi un atto sacramentale. Essa, in un'ottica prettamente religiosa, è da considerarsi come la forma pubblica con cui una donna viene consacrata ad un uomo e alla famiglia che si formerà....

(DireDonna, 29 luglio 2011)

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Israele, il Libano e il gas della discordia

di Claudio Pagliara

LA MALATTIA OLANDESE. L'altra faccia della medaglia è la cosiddetta malattia olandese. Stanley Fisher, il governatore della Banca d'Israele, un'eccezionale economista israelo-americano, ha messo in guardia il paese rispetto all'impatto che potrebbe avere, sui settori economici tradizionali, un afflusso extra di entrate, risultato dello sfruttamento incontrollato delle risorse naturali. È il fenomeno definito dagli economisti come "malattia olandese", con riferimento a quanto accadde in Olanda nel 1970. La scoperta del petrolio al largo delle coste olandesi provocò il rafforzamento della valuta nazionale e, come risultato, le altre esportazioni diventarono molto più costose e alla fine le industrie economiche tradizionali furono costrette a cessare la propria attività. Per il settore hi-tech israeliano - dal settore all'avanguardia dell'agricoltura alle soluzioni avanzate nel campo militare e della sicurezza - il gas potrebbe essere un'arma letale....

(l'Occidentale, 29 luglio 2011)

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Gran Bretagna, gruppo islamico fuori legge predica la Sharia

Centinaia di manifesti delimiterebbero zone in cui sarebbe "in vigore la legge coranica" per contrastare vizi e delinquenza

  
"State entrando in una zona controllata dalla Sharia. Sono in vigore le leggi islamiche". È questo l'annuncio che appare su alcuni poster affissi in zone della Gran Bretagna dove, secondo l'iniziativa lanciata dal gruppo militante fuorilegge Islam4Uk, la legge in vigore risponde ai precetti dell'Islam. Messaggi apparsi anche a Londra, dove in alcune aree sarebbero quindi vietati il gioco d'azzardo, la prostituzione e il porno, ma anche i concerti e l'ascolto della musica, il fumo e il consumo di droga o di alcolici. Secondo quanto riportato dal Daily Mail, l'iniziativa porta la firma di Anjem Choudary, predicatore e leader del gruppo. Il suo obiettivo, dichiarato, è quello di "porre le basi per un Emirato islamico nel lungo periodo". "Ora possiamo contare su centinaia, se non migliaia di persone nel Paese che vogliono uscire e pattugliare le strade. Abbiamo tra i 10mila e i 50mila poster pronti per la distribuzione", ha spiegato Choudary. "Ci sono 25 zone nel Paese che il governo ha bollato come aree dove l'estremismo violento è un problema. Stiamo andando in tutte queste zone e aumentando le nostre zone controllate dalla Sharia", ha aggiunto. Questo è "il modo migliore per trattare l'alcolismo, la prostituzione e la delinquenza delle città britanniche", ha proseguito. In queste zone la comunità musulmana non tollererà droga, alcol, pornografia, gioco d'azzardo, libera mescolanza tra i sessi. Scotland Yard sta lavorando alla rimozione dei poster e a identificare chi, oltre a Choudary, c'è dietro all'iniziativa.

(PeaceReporter, 28 luglio 2011)

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Petizione cristiani pro Israele e Gerusalemme

PADOVA - L'associazione cristiani per Israele ha aperto una raccolta di firme su una petizione indirizzata al segretario generale e ai membri delle nazioni unite «a sostegno d'Israele e contro la decisione unilaterale di dividere Gerusalemme la capitale d'Israele e il centro della cristianità mondiale».
La petizione è stata varata al termine del seminario sugli "aspetti geo-politici di un Medio Oriente in via di trasformazione", tenuto il 30 giugno con il supporto del senatore Lucio Malan presso la biblioteca del Senato. Nei primi capoversi recita: «Nessuna soluzione - né tanto meno una imposta unilateralmente - porterà la pace a lungo termine se non sarà basata sul mutuo riconoscimento e rispetto. La legittimità d'Israele come stato ebraico non deve e non può essere messa in discussione. L'Autorità nazionale palestinese rifiuta di riconoscere lo stato ebraico d'Israele. Uno stato palestinese non dovrebbe essere costituito se i suoi leaders non sono disposti ad accettare l'esistenza dello Stato ebraico d'Israele».
Le prime firme sono state quelle del senatore Marcello Pera, seguito dal senatore Lucio Malan, dal deputato europeo Magdi Cristiano Allam, dal senatore Luigi Compagna e da Andrew Tucker, Jacques Gauthier, Tomas Sandell, Edda Fogarollo (esponenti delle associazioni cristiani per Israele internazionali e italiana). Tutti i partecipanti al seminario hanno poi voluto firmare.
Il senatore Malan ha anche aperto una raccolta di firme per la petizione sul suo sito.
La raccolta delle adesioni continua fino al 31 agosto, perché la questione del riconoscimento dello stato palestinese sarà portata in assemblea generale Onu a settembre.
Per informazioni: efogarollo@c4israel.org

(evangelici.net, 28 luglio 2011)

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Brasile 2014: Palestina eliminata

È già finito il sogno mondiale della Palestina, impegnata nelle qualificazioni dell'Asia per Brasile 2014. I palestinesi hanno infatti pareggiato per 2-2 in casa contro la Thailandia nel match di ritorno del secondo turno. All'andata i thailandesi si erano imposti per 1-0 e sono quindi loro a qualificarsi alla fase successiva. Eliminate anche India, Filippine, Hong Kong, Vietnam e Bangladesh, mentre passano il turno Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Arabia Saudita, Qatar e Libano.

(calciomercato, 28 luglio 2011)

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Attenzione, stai per entrare in una “Shariah Controlled Zone”

Il Regno Unito è musulmano. E' questo molto probabilmente il messaggio che intendono diffondere gli autori di una rudimentale campagna pubblicitaria recentemente lanciata in Gran Bretagna. Alcuni estremisti islamici hanno affisso in tutto il Paese cartelli che avvertivano di essere in presenza di una zona sottoposta alla Sharia, la legge islamica. Le immagini rappresentavano segnali di divieto relativi ai comportamenti che violano i precetti religiosi islamici: no all'alcol, no al porno e alla prostituzione, no alle droghe e al fumo, no ai concerti. Non è questo l'unico segnale di crescita dell'influenza che riesce ad avere oltremanica della comunità musulmana. Il tasso di natalità tra i britannici è di 1,1, tra i musulmani presenti nel Regno Unito è di 3,4. La presenza di islamici aumenta e, soprattutto, la loro influenza. Si percepisce la crescita del loro peso nella società.

(Giornalettismo, 28 luglio 2011)

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Francia: Israele sia uno Stato per il popolo ebraico

"Israele deve essere riconosciuto come lo Stato del popolo ebraico in modo da poter portare avanti i negoziati futuri con la Palestina". questa è la dichiarazione del Ministero degli Esteri francese, Alain Juppé durante una conferenza stampa che il ministro francese ha tenuto mercoledì scorso con il suo collega spagnolo Trinidad Jimmenez. Positive sono state le reazioni dei diplomatici israeliani alla dichiarazione di Juppé, affermando che da tempo si aspettavano che gli europei si associavano alla posizione del primo ministro Ninyamin Netanyahu. "La Francia ha una posizione molto chiara che si unisce a quella degli altri Stati europei: non ci sarà alcuna soluzione del conflitto in Medio Oriente senza che non ci sia il riconoscimento di due stati-nazione per i due popoli. Lo stato-nazione di Israele per il popolo ebraico e lo Stato-nazione della Palestina per il popolo palestinese" ha confermato Juppé. Un discorso significativo quello del ministro degli esteri francese per due motivi a detta di alcuni diplomatici d'Israele. Il primo motivo perché tra gli stati europei non c'è ancora una posizione unitaria per quanto riguarda la questione del riconoscimento come Stato dell'Autorità Palestinese a settembre, e secondo motivo perché questo commento su Israele come "Stato-nazione" per il popolo ebraico" è un chiaro segnale della Francia sul voto di settembre. Un commento importante quello di Juppé, dunque, espresso la conferenza stampa con il ministro0 spagnolo diversamente da quella che era avvenuta tra, per esempio, i ministri degli Esteri italiano e tedesco, la cui posizione contro il voto palestinese, delle Nazioni Unite sono ben noti.

(FocusMo, 28 luglio 2011)

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Michael Herzog: così gli "indignados" possono cambiare il paese

Gli "indignados" arrivano anche in Israele. Dopo la Spagna, anche lo Stato ebraico deve fare i conti con una protesta giovanile, politicamente indipendente da ogni schieramento, che avanza richieste sociali ed economiche. "Una sorpresa per il nostro Paese" ha detto a Ilsussidiario.net Michael Herzog in una conversazione esclusiva. "In passato, penso agli anni sessanta e settanta ma anche successivamente, c'erano state proteste popolari con a tema riforme economiche, ma non avevamo mai assistito a un movimento su così grande scala che di giorno in giorno si estende in nuove città e richiama sempre più partecipanti". Tutto è cominciato un paio di settimane fa quando solo pochi giovani avevano piantato delle tende, come vuole la tradizione seppur recente di questo tipo di agitazioni, in pieno centro di Tel Aviv. Cosa volevano? Esprimere sfiducia, dire di essere stufi di pagare gli affitti altissimi che sono la regola nella capitale israeliana, ma non solo. Nel giro di pochi giorni questi giovani sono diventati centinaia, poi la protesta si è diffusa a macchia d'olio in tutto il Paese. Sabato scorso una manifestazione di 30mila persone ha messo insieme gli "indignados", le massaie che protestano per i prezzi troppo alti dei prodotti alimentari e i lavoratori ospedalieri, a loro volta sul piede di guerra da mesi. Ma cosa c'è alla radice di tutta questa protesta che sta mettendo in seria crisi il governo di destra del premier Netanyahu?

- Dottor Herzog, anche Israele vive una crisi economica paragonabile a quella di molti Paesi europei? Com'è la realtà economica della sua nazione?
  No, non c'è nessuna crisi economica, tantomeno paragonabile a quella che colpisce l'Europa. Anzi. Il tasso di disoccupazione è il più basso che si registra da molti anni, l'indice generale economico è molto positivo.

- E allora da dove prendono spunto queste proteste a cui si assiste in Israele?
  E' un problema tutto israeliano, tutto interno. E' una crisi sociale, più che economica, anche se ha risvolti ovviamente economici, e nasce dal quadro generale della nostra società, estremamente divisa fra classe alta e classi media e bassa. Una differenza elevata che si osserva tra ricchi e maggioranza della popolazione. A essere colpiti da questa situazione sono soprattutto i giovani, gli studenti, che infatti hanno dato il via alle proteste.

- Può spiegare meglio questa problematica israeliana?
  Tutto nasce dal fatto che il governo attualmente in carica per anni non ha fatto nulla per ovviare a questa divisione sociale interna. Non ha mai varato provvedimenti che ad esempio andassero ad intaccare l'alto costo delle abitazioni, non si è preoccupato di calmierare gli affitti, che sono davvero elevati. Si può dire che è da circa un decennio che il governo non vara alcun provvedimento né mostra di interessarsi ai problemi che hanno le classi meno fortunate, quella più bassa, ma anche la classe media. I giovani, gli studenti, sono particolarmente furibondi perché non è mai stato presentato un piano che venisse incontro alle loro esigenze, come appartamenti in affitto a prezzi convenienti per loro.

- Che tipo di reazione ha suscitato questo movimento nella società israeliana? C'erano segni che potevano indurre a pensare ad una protesta imminente?
  Per molti, in Israele si è trattato di una autentica sorpresa. In passato la società israeliana aveva ovviamente visto movimenti di protesta, ma francamente mai così massicci come questo, che si sta espandendo di giorno in giorno in nuove città e vede la partecipazione sempre più alta di persone.

- Come sta affrontando il governo questa protesta?
  Ha provato ad affrontare alcune delle richieste, ha promesso dei piani di intervento per venire incontro agli studenti, ma il movimento ha giudicato insufficienti tali proposte. C'è una forte pressione sul governo in questo momento che sente tutta la forza di questo movimento su di sé.

- Pensa che questa protesta potrà influire sulle prossime elezioni nazionali israeliane, facendo perdere il Likud?
  Al momento non è possibile dirlo. La caratteristica di questa protesta è che è del tutto apolitica. Potrebbe essere che le richieste del movimento possano diventare tema di dibattito alle prossime elezioni, argomenti che in effetti non sono mai stati affrontati prima, e che quindi ci possa essere una sorta di contraccolpo sul partito attualmente al potere, quello di Netanyahu.

- Si può dunque dire che il movimento sia del tutto slegato da qualsivoglia corrente politica?
  Assolutamente sì, è un movimento genuino che esprime un autentico disagio per una certa condizione di vita considerata ingiusta. Gli stessi leader dei partiti di opposizione non hanno cercato di cavalcare la protesta, andando nelle piazze, ma limitandosi a incontrare i leder della protesta.

- Secondo lei esiste qualche tipo di relazione fra questo movimento e quelli che hanno animato le proteste di alcuni Paesi nord africani? E anche con gli indignados spagnoli?-
  E' molto difficile dire una cosa del genere. Israele è un Paese democratico totalmente diverso dai regimi dittatoriali del nord Africa. Il contesto è diverso, anche se le rivolte nord africane avevano degli elementi di tipo economico. Ma ad esempio non si può parlare di alcun collegamento fra quanto succede in Israele e in Siria. Certo, su più larga scala, si può forse dire che i nostri giovani siano rimasti colpiti e influenzati da quanto hanno visto in Spagna e anche nei paesi nord africani, ma tutto avviene su piani politici ed economici diversi, come spiegato prima.

(ilsussidiario.net, 28 luglio 2011)

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Dahlan circondato: perquisita la casa del leader di Fatah

di Francesco Cappello

  
Mohammed Dahlan
RAMALLAH, 8 luglio 2011 - A quasi una settimana dal suo ritorno in Cisgiordania, le forze di sicurezza palestinesi hanno fatto irruzione questa mattina, alle 7 ora locale, nella casa di Mohammed Dahlan, ex leader di Fatah, confiscando armi e documenti. Il raid nella casa di Dahlan, nel sobborgo Tira di Ramallah, è avvenuto dopo che un tribunale disciplinare di Fatah aveva respinto il suo ricorso contro la decisione del Consiglio Centrale di espellerlo dalla fazione.
A guardia dell'abitazione di Dahlan vi erano decine di uomini di Fatah che sono stati presi in custodia. Nell'operazione per il raid contro l'abitazione hanno preso parte decine di uomini delle forze di sicurezza tanto che potrebbe essere definita come una delle più grandi operazioni di sicurezza a Ramallah negli ultimi anni.
Dahlan era stato estromesso dal Comitato Centrale di Fatah a causa della corruzione e di inspiegabili accuse di omicidio, e presumibilmente è servito come scusa per minare il presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas.
All'inizio della settimana, le forze di sicurezza dell'Autorità palestinese avevano arrestato alcuni sostenitori di Dahlan. Domenica scorsa, l'ex-uomo forte di Fatah è comparso davanti a un tribunale disciplinare per rispondere alle accuse sul suo ruolo nella corruzione finanziaria e per un omicidio. Il Comitato Centrale di Fatah senza fornire ulteriori dettagli lo ha estromesso dalla fazione.
Dahlan era stato anche accusato di complotto per minare la dirigenza dell'Autorità Palestinese. Anche in questo caso, l'Autorità Palestinese non ha fornito alcuna prova della presunta cospirazione, dicendo solo che Dahlan e i suoi sostenitori avevano raccolto armi per stabilire basi in Cisgiordania.
Dahlan ha fortemente negato tutte le accuse, sostenendo di essere vittima di una campagna diffamatoria orchestrata da alcuni aiutanti vicini ad Abbas. I sostenitori di Dahlan hanno invece affermato che la crisi con Abbas è il risultato di una controversia finanziaria tra il deposto funzionario di Fatah e i figli del presidente palestinese.
Dopo essere stato espulso Dahlan ha commentato che la decisione di Fatah era illegale e illegittima. Dahlan alcune ore prima era arrivato in Ramallah, le forze di sicurezza hanno accerchiato e arrestato i 15 uomini preposti alla sua sicurezza, tra cui il suo assistente personale, Nidal Abu Sultan. Tutti gli uomini che sono stati presi in custodia sono lealisti di Fatah.

(il Quotidiano Italiano, 28 luglio 2011)

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Israele investe nella formazione di guide turistiche

Il ministero del Turismo israeliano stanzia 500mila NIS (circa 100mila euro) per formare guide turistiche che sappiano parlare lingue straniere. «Nel corso degli ultimi due anni - spiegano dal ministero - c'è stato un aumento significativo nel numero di turisti provenienti sia da Paesi "classici" come Stati Uniti ed Europa centrale, sia da altri come Scandinavia, Russia, Ucraina, Polonia e nazioni asiatiche.
Questo aumento ha causato una scarsità di guide che possono effettivamente guidare i gruppi in visita nella loro madrelingua». Per fare fronte a questa esigenza, oltre che in vista dell'ulteriore aumento di turisti stranieri previsto dalle stime ministeriali, il ministro Stas Miseznikov ha stabilito di concedere 500mila NIS in borse di studio per giovani che parlano lingue straniere e che stanno studiando da guide turistiche. L'iniziativa rinnova una simile decisione presa lo scorso anno, che allocava 360mila NIS in borse di studio. Tra i ragazzi che attualmente beneficiano dell'incentivo, 10 parlano spagnolo, 7 il portoghese, 6 il tedesco, 4 l'italiano e uno il ceco.

(FocusMo, 28 luglio 2011)

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Razzo palestinese colpisce sud di Israele, nessuna vittima

Esploso in un'area disabitata dello Stato ebraico

GERUSALEMME, 28 lug. - Un razzo lanciato dalla Striscia di Gaza ha colpito questa mattina un'area a sud di Israele senza fare vittime: lo ha riferito una fonte militare israeliana, spiegando che il razzo è esploso in un campo disabitato.
A metà luglio il ripetuto lancio di razzi palestinesi aveva provocato la reazione dello Stato ebraico che ha compiuto numerose incursioni aeree su Gaza.

(TMNews, 28 luglio 2011)

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Cisgiordania, Rashida Mughrabi fa lo sciopero della fame contro abusi

Sorella di Dalal Mughrabi e Generale delle forze di sicurezza, la donna molto popolare tra i giovani palestinesi fa sta attuando una protesta contro i pesanti abusi che subisce da mesi sul posto di lavoro.

di Khadra Khalil

Rashida Mughrabi
RAMALLAH, 28 luglio 2011 - Il nome di Rashida Mughrabi non dice molto ad un lettore occidentale. Eppure questa donna palestinese che da poco ha superato i 50 anni, è piuttosto famosa tra la sua gente, anche tra quelli più giovani, e molto odiata in Israele. Rashida infatti è sorella di Dalal Mughrabi, la prima donna a guidare nel 1978 un commando di feddayyin palestinesi in uno degli attacchi più violenti contro Israele, ma soprattutto è un generale delle forze armate che ha avuto un ruolo importante nella resistenza. Ma oggi Rashida Mughrabi, nonostante il suo prestigio e il suo nome, è sistematicamente boicottata dall'Autorità nazionale palestinese (Anp) di Abu Mazen e messa ai margini per motivi oscuri e inspiegabili. Qualcuno dice che paga la «colpa» di essere la sorella di Dalal Mughrabi alla quale è stata dedicata anche una strada a Ramallah tra le veementi proteste di Israele. Per altri la sua fermezza politica spaventa un establishment debole e soggetto a forti pressioni esterne. Così Rashida ha annunciato su Facebook di essere in sciopero della fame per protestare contro gli abusi enormi che ormai da mesi subisce all'interno del suo ufficio.
   Dopo avere servito la causa palestinese al fianco dello scomparso presidente Yasser Arafat, Rashida era tornata in Palestina nel 2009 grazie ad un permesso fornitole dal partito Fatah, di cui da fa parte sin da ragazzina, e occupa la posizione di Brigadiere Generale presso l'ufficio della Direzione Politica e Nazionale dell'Anp. Nel comunicato diffuso domenica su Facebook, Rashida scrive: «Dopo essere stata insultata ripetutamente sul posto di lavoro presso l'ufficio della Direzione Politica e Nazionale dell'Anp per avere insegnato i principi dei valori nazionali e la disciplina. Dopo che le mie richieste di fermare i ripetuti e prolungati abusi da parte della persona a capo del mio ufficio sono cadute nell'indifferenza… Come protesta contro l'apatia verso i valori e il diritto alla dignità, ho deciso di cominciare uno sciopero della fame da giovedi 21 luglio» e conclude «faccio appello agli ufficiali e a tutte le persone libere di accogliere la mia richiesta di essere trasferita in un altro dipartimento».
   Al telefono, Rashida risponde con voce flebile, provata dallo sciopero della fame: «non sono né eccitata né tanto meno arrabbiata; sono solo una donna palestinese a cui è stata calpestata la propria dignità sul posto di lavoro. Nessuno della leadership politica ha fatto qualcosa per cambiare la situazione nonostante fossero tutti a conoscenza del mio problema. Lo sciopero della fame è solo l'ultimo atto di una lunga lotta per i miei diritti». Reduce da una serie di rifiuti, un paio di mesi fa Rashida si era appellata alla corte militare, come viene richiesto ai funzionari dell'esercito per la risoluzione di dispute, ma il tribunale non ha potuto pronunciarsi sul caso essendo il Presidente Abu Mazen, a capo della Sicurezza Nazionale, l'unico che può prendere decisioni rispetto agli alti gradi dell'esercito.
   Sembra infatti che nessun ufficio della sicurezza Nazionale facente capo ad Abu Mazen, sia disponibile ad accettarla. E' un personaggio troppo scomodo, è considerata pericolosa e per quello che rappresenta agli occhi delle nuove generazioni palestinesi, palesemente stanche di una politica debole che non porta a nessun cambiamento e circondate da paesi in cui sono stati gli stessi giovani a dare il via alla «primavera araba». O forse un generale-donna è una figura che i comandi militari palestinesi non riescono proprio a digerire.
   Sono proprio i giovani ad indignarsi, soprattutto quelli di Fatah, ormai da tempo scontenti della loro leadership politica, considerata corrotta ed incapace di trovare una soluzione equa per il popolo palestinese. Nel forum dei giovani di Fatah dilagano commenti contro i vertici del partito accusati di incapacità politica e di avere abbandonato i feddayn che, a differenza loro, hanno rischiato la propria vita per la liberta' del loro popolo. Su Facebook , nella pagina dedicata proprio allo sciopero della fame indetto da Rashida Mughrabi, i giovani si organizzano, pensano di estendere lo sciopero della fame, di organizzare manifestazioni e contattano i media. Gruppi di giovani di Fatah hanno lanciato una campagna contro i media che non hanno voluto coprire l'accaduto (Maan News e Al Jazeera) e si preparano ad organizzare sit- in e nei centri delle città principali della Cisgiordania.
   Adnan Addamiri, «capo» di Rashida Mughrabi, preferisce non rispondere alle domande dei giornalisti e si limita a dire che "è vietato a un militare parlare con i media". Tace anche la leadership di Fatah.

(Near East News Agency, 28 luglio 2011)

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Commando attacca campo estivo Onu per bambini palestinesi

Il gruppo di 10 uomini ha incendiato parte della struttura a Gaza: nessun ferito. Condanna dell'Agenzia per i rifugiati

GAZA, 28 lug. - Dieci uomini hanno attaccato e saccheggiato questa notte una struttura delle Nazioni Unite utilizzata per organizzare campi estivi per bambini della Striscia di Gaza: lo ha annunciato un portavoce dell'Onu. "Gli assalitori hanno danneggiato un ampio pannello luminoso, hanno bruciato una bandiera dell'Onu e incendiato una parte della struttura. Nessuno dei membri del personale di sicurezza dell'Onu presenti sul posto è rimasto ferito", ha dichiarato Chris Gunness, dell'Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa).
L'attacco ha avuto luogo intorno a mezzanotte. "Condanniamo questo attacco, che è un attacco sia contro i bambini che contro le Nazioni Unite", ha spiegato il portavoce, che ha chiesto alle autorità locali l'apertura di un'inchiesta.

(TMNews, 28 luglio 2011)

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Libano, attacco all'Unifil. Israele: "avvertimento di Hezbollah"

TEL AVIV - "L'attacco di martedì sera al convoglio Unifil nel sud del Libano è stato un avvertimento di Hezbollah alle forze dell'Onu", sostiene Israele. E' opinione del ministero della Difesa di Tel Aviv che la resistenza di Nasrallah nel Libano meridionale voglia evitare un rafforzamento delle truppe internazionali, in vista del rinnovo del mandato Onu previsto per metà agosto.
I militari francesi rimasti feriti vicino a Sidone nell'attacco di martedì sono 6, mentre a fine maggio sempre nella stessa area erano rimasti feriti 6 militari italiani.
Israele dal canto suo preme per dare una maggiore operatività all'Onu, con controlli nei villaggi libanesi che non contemplino il preavviso da parte dei militari dell'Onu.

(cronacalive, 28 luglio 2011)

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Al Festival di Bayreuth l'Orchestra di Israele suona Wagner per la prima volta


Uno stuolo di personaggi famosi ha assistito all'apertura del Festival di Bayreuth in Germania. Ad accoglierli le pronipoti di Richard Wagner, Katharina e Eva, mentre l'evento compie cento anni.
La cancelliera Angela Merkel, altri politici e attori erano presenti alla messa in scena del "Tannhäuser" di Richard Wagner, curato da Sebastian Baumgarten, fischiato dal pubblico.
Baumgarten ha ambientato l'opera in un impianto di biogas che rappresenta il castello di Wartburg dove Tannhäuser ritrova i suoi amici dopo un viaggio a Venusberg.
Destinata a far discutere l'esibizione dell'Orchestra da camera di Israele che ha suonato Wagner in Germania. L'autore tedesco, noto antisemita e secondo alcuni studiosi terreno culturale dell'ideologia nazista, è un tabù in Israele. I tentativi di suonare Wagner in Israele sono stati accolti da proteste del pubblico e accesi dibattiti.

(euronews, 27 luglio 2011)

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L'America si oppone al riconoscimento Palestinese alle Nazioni Unite

Gli Stati Uniti hanno reso noto che si opporranno alla possibile richiesta di riconoscere lo Stato della palestina a settembre all'ONU. I Palestinesi vorrebbero questo riconoscimento perché sono frustrati dalla mancanza di progressi nei negoziati di pace diretti con Israele.
Durante l'ultima discussione pubblica al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulla situazione israelo-palestinese prima dell'incontro dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite di Settembre, il Vice Ambasciatore statunitense Rosemary DiCarlo alle Nazioni Unite, ha ribadito che Washington non supporterà nessuna richiesta di riconoscimento da parte dei palestinesi. "Non ci sono dubbi: le azioni simboliche per la creazione di uno Stato palestinese indipendente non porteranno a nulla. Gli Stati Uniti non supporteranno campagne unilaterali alle Nazioni Unite, né a Settembre né in altri periodi" ha affermato la DiCarlo. Gli Stati Uniti sono uno dei cinque membri permanenti con diritto di veto del Consiglio di Sicurezza. Senza la segnalazione senza veti uno Stato non può essere ammesso alle Nazioni Unite. I palestinesi stanno prendendo in considerazione di far votare la loro richiesta all'Assemblea Generale, cercando di raggiungere la maggioranza dei due terzi o più delle 193 Nazioni, nella speranza di fare pressione sugli Stati Uniti a non porre il veto nel caso di un vasto sostegno internazionale. DiCarlo ha detto che non ci sono "scorciatoie" ad un soluzione a due Stati e che una pace fattibile e sostenibile può essere raggiunta solo attraverso un accordo reciproco tra i palestinesi e gli israeliani sulle questioni in sospeso. Ma gli sforzi per riavviare i colloqui tra le due parti sono stati bloccati quasi un anno fa con il rifiuto di Israele di estendere a 10 mesi il congelamento delle attività di insediamento nei territori palestinesi occupati.

(FocusMo, 27 luglio 2011)

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Al-Qaida dietro l'incendio dei Giardini di Parigi a Gaza

Potrebbe essere imputato al gruppo di al-Qaida, l'incendio che martedì scorso ha leso una delle località più suggestive della striscia di Gaza: i Giardini Parigi. Alcuni piromanihanno dato fuoco al frutteto situato nella località di Tufah, quartiere di Gaza City. Negli ultimi anni il villaggio era un luogo di intrattenimento popolare per bambini e famiglie, divenendo un luogo famoso anche per la celebrazione di matrimoni. Non è l'unico evento negativo che coinvolge la città di Gaza. Infatti, all'inizio di quest'anno, uomini armati,non identificati, hanno fatto irruzione e incendiato il Parco Pazzo d'acqua, un altro sito di intrattenimento popolare a Gaza City. Il parco acquatico era di proprietà di Ala-al A'raj, un alto funzionario della Fratellanza Musulmana, nonché Ministro del governo di Hamas.

(FocusMo, 27 luglio 2011)

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L'Amerigo Vespucci ormeggiata nel porto di Haifa

L'Amerigo Vespucci
La "Amerigo Vespucci", mitica nave scuola della Marina militare italiana, è ormeggiata in questi giorni nel porto di Haifa, dove resterà fino a domani 28 luglio, quando salperà alla volta di Cipro. Haifa è stata la seconda tappa dell'addestramento estivo di 110 cadetti al primo anno dell'Accademia navale. «Una visita di cortesia a un Paese amico», la definisce l'addetto militare italiano, colonnello Nunzio Tarantelli, aggiungendo che questa sosta «rispecchia le ottime relazioni tra l'esercito italiano e quello israeliano».
I tre alberi della nave scuola suscitano l'ammirazione degli israeliani; d'altra parte, «lo scopo dell'"Amerigo Vespucci" non è solo quello di formare le nuove leve della Marina, ma vuole anche essere un ambasciatore della cultura e dell'arte della navigazione italiane», come è stato spiegato durante la conferenza stampa all'arrivo dell'imbarcazione. La presenza dell'imbarcazione costruita nel 1930 attira gruppi di curiosi tra gli israeliani. A chi vuole visitarla, basta inoltrare una semplice richiesta per trovarsi a passeggiare sul ponte di quello che viene considerato il veliero più bello del mondo. In questi giorni dunque c'è un buon motivo per venire a Haifa, ma non è il solo. Per quest'estate la terza città israeliana per numero di abitanti ha messo a punto una interessante offerta turistica. Oltre alle solite attrazioni - come i famosissimi giardini pensili bahai - ad agosto (17-18) si terrà qui il Goldstar Festival, appuntamento musicale sponsorizzato dalla birra più famosa del Paese, la Goldstar. Alcuni dei migliori gruppi rock e hip hop israeliani si esibiranno durante questo evento gratuito che la stampa locale definisce «leggendario». Lo stesso festival prevede anche un'altra tappa presso la cittadina meridionale di Ashdod. La quale, a dire il vero, è più nota per essere spesso bersaglio di ordigni sparati da Gaza che per la propria scena musicale. Ma questa estate la musica cambia, in tutti i sensi. In questi giorni (fino al 28 luglio) sempre Ashdod ospita il Made in Israel Festival: famosi cantanti locali si esibiscono per le strade e nei centri comunitari della cittadina. Il prezzo - pari a circa 11 euro - rende l'appuntamento imperdibile per gli appassionati di musica israeliana. Si suona e si balla anche nel deserto del Negev (11-12 agosto) e nella regione del Golan (agosto 11-30), entrambi teatro del Moon Light Festival. «La quintessenza del festival estivo in Israele», promettono gli organizzatori. Non è da meno Eilat, sul Mar Rosso, meta prediletta di turisti stranieri e israeliani. La 25esima edizione del Red Sea Jazz Festival (21-24 agosto) promette quattro giorni di «musica di incredibile livello con artisti locali e internazionali»;

(FocusMo, 27 luglio 2011)

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Israele, quasi 300 milioni di dollari a Intel in cambio di occupazione

di Alessandro Bordin

Il governo israeliano finanzierà parte dell'espansione di Intel sul proprio territorio nazionale, chiedendo in cambio posti di lavoro

Intel è da tempo attiva in territorio israeliano con fabbriche e centri di ricerca di eccellenza. Uno dei progetti più riusciti, ma non certo l'unico, è stato Centrino, divenuto negli anni praticamente un sinonimo di PC portatile. Fra le installazioni da citare, ad oggi operative, troviamo la Fab 28 di Kiryat Gat, nella parte meridionale di Israele, che verrà presto affiancata da un nuovo centro produttivo.
Stando alle informazioni riportate da EETimes, il governo isaeliano parteciperà ai costi di espansione, offrendo inoltre un regime fiscale agevolato, a patto però di ottenere risultati concreti in cambio. Circa 90 milioni di Dollari USA sono stati offerti per partecipare all'espansione dell'installazione di Kiryat Gat, in procinto di passare alla produzione di wafer di silicio con tecnologia produttiva a 22nm.
Il grosso dell'investimento riguarda però un'altra installazione, che sorgerà nella parte nord del Paese. Per questa zona il governo israeliano ha stanziato circa 160 milioni di Dollari per Intel, chiedendo un'occupazione garantita di 600 persone, alle quali ne andranno aggiunte altre 1000 quando altri fondi (45 milioni di Dollari) saranno successivamente erogati.
I fondi stanziati saranno erogati a partire dal 2014, ma il governo israeliano ha posto anche un altro vincolo, ovvero l'attività continuativa degli impianti per almeno 10 anni. Accordi di questo genere non sono nuovi nel settore; sempre Intel ha saputo sfruttare una serie di finanziamenti e agevolazioni fiscali nella verde Irlanda, dove da oltre 20 anni ha una sede un importante centro produttivo.

(businessmagazine, 27 luglio 2011)

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Hamas nega la crisi finanziaria dell'ANP

Hamas nega la difficile situazione finanziaria che la popolazione dell'Autorità Palestinese sta affrontando in questo periodo. Ismail Mahjfouz, direttore generale del Ministero delle Finanze di Hamas, ha negato che il suo governo stava affrontando una crisi finanziaria. Ha detto che il ritardo nel pagamento degli stipendi è dovuto alla mancanza di denaro nelle mani del governo. Il governo di Fayyad ha pagato solo una parte degli stipendi ai suoi 150 mila dipendenti pubblici per giugno, lamentandosi della mancanza di fondi che i donatori occidentali e la maggior parte dei paesi arabi avevano promesso di trasferire alle casse dell'Autorità Palestinese. Yahya Musa, deputato di Hamas, ha invitato il governo di "essere franco con i propri cittadini dicendo loro la verità sulla situazione finanziaria." Musa, inoltre, ha espresso preoccupazione dell'impossibilità di Hamas di pagare l'intero importo del salario ai suoi dipendenti negli ultimi mesi. Inoltre Martedì, Abu Mazen ha espresso la sua preoccupazione per la crisi finanziaria nella PA con Catherine Ashton, l'Alto rappresentante dell'UE per la politica estera e di sicurezza.

(FocusMo, 27 luglio 2011)

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Elezioni municipali a ottobre solo in Cisgiordania

Commissione elettorale: Hamas ostacola il voto nella Striscia

RAMALLAH, 27 lug. - Le elezioni municipali palestinesi, previste a ottobre, prima tornata elettorale nei territori dal 2006, si terranno solo in Cisgiordania. "La commissione centrale elettorale è stata informata oggi dal governo della decisione di organizzare le elezioni amministrative solo in Cisgiordania", ha precisato un responsabile della commissione elettorale sotto condizione di anonimato.
Secondo la fonte, Hamas ostacola i preparativi per lo svolgimento del voto nella Striscia di Gaza, territorio sotto il controllo del movimento estremista islamico.
Hamas e Fatah hanno firmato a maggio al Cairo un accordo di riconciliazione per formare un governo tecnico per preparare elezioni presidenziali e politiche che si terranno contemporaneamente entro un anno.

(TMNews, 27 luglio 2011)

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Cambi di moda

di Francesco Lucrezi

Saeb Erekat
In un lungo servizio sulla famigerata barriera difensiva di Israele (ovviamente, come sempre, chiamata "muro", parola scritta nel titolo a caratteri enormi, per dare, anche dal punto di vista grafico, l'idea di qualcosa di gigantesco e terribile) apparso su "Sette" del 16 giugno, corredato dai soliti commenti ("alto fino a 8 metri, il doppio di quello di Berlino", tangibile sanzione del "divorzio tra due popoli", "una barriera anche nella testa della gente" ecc.: questi articoli, in genere, sono tutti uguali) compare una piccola, sorprendente affermazione, che suscita diverse, contrastanti reazioni.
Nel denunciare il sopruso della barriera, Saeb Erekat, noto negoziatore palestinese dell'era Arafat, afferma, infatti, che, se è vero che gli attentati, dopo l'erezione della cintura difnsiva, sono diminuiti, ciò non sarebbe una conseguenza della stessa, ma si spiegherebbe semplicemente col fatto che "i palestinesi hanno deciso di non farli più".
Ma guarda, mi sono detto. Che strana coincidenza. Nello stesso momento in cui i kamikaze non possono passare, gli passa la voglia. Davvero singolare. O forse no, è un comportamento umano molto consueto, da sempre, basti pensare alla favola della volpe e dell'uva. L'uva era acerba, gli attentati non piacciono più, è esattamente lo stesso. Forse la medesima cosa accade anche con le prigioni: i detenuti non escono non perché impossibilitati a farlo, ma perché hanno tutti deciso di non farlo. Vai a sapere.
Comunque, ho pensato, Erekat è un galantuomo, non c'è motivo di dubitare della sua parola, e quindi il muro non serve, perché i palestinesi - l'ha detto lui, perché non credergli? - di attentati non ne faranno più. E' stato deciso: contrordine, compagni, niente più attentati.
Però, ho ancora riflettuto, questi palestinesi sono un po', come dire, dispettosi. Uno si impegna in un lavoro così faticoso e impegnativo, spende un sacco di soldi per raggiungere un risultato che riteneva importante, e poi, appena ha finito, lo sforzo diventa improvvisamente inutile. "Sciocchino, hai lavorato per niente". Mi ricorda tanto quel mio compagno di classe invidioso che, avendo io passato molto tempo a fare certi compiti a casa, mi fece notare che avevo sbagliato l''assegno', e dovevo fare tutto daccapo. Sembrava tutto contento, davvero antipatico.
Ma più che dispettosi, forse, sono imprevedibili. Tutte le persone, però, in fondo, cambiano, non è che se uno ha fatto una certa cosa per anni poi deve continuare a farla per sempre. Prima gli attentati piacevano, ora non più. Le mode cambiano: un tempo, per esempio, andavano i "capelloni", o i pantaloni "a zampa d'elefante", ma tutto passa. E' inutile chiedersi il motivo di questo cambio di idea, o di tendenza, Erekat non ce lo dice, evidentemente non lo sa. E' difficile dire perché una moda cambia.
Comunque, quel che è certo, dalle parole di Erekat, è che il muro, oltre che cattivo, è anche inutile, perché tanto attentati non ce ne sarebbero in ogni caso. Quindi, tanto vale abbatterlo.
Resta solo un ultimissimo, piccolissimo dubbio. Prima, quando gli israeliani erano un po' meno cattivi (ossia "senza muro"), i palestinesi facevano gli attentati, poi, appena sono diventati più cattivi ("con muro"), hanno smesso. Non è che, se tornano a essere meno cattivi, i loro vicini cambiano idea di nuovo? Verrebbe voglia di chiederlo a Erekat, ma si tratta, probabilmente, di un dubbio sciocco, diffidente, malevolo. E, in fin dei conti, ove mai, sciaguratamente, ciò dovesse accadere, si tratterebbe soltanto di un ennesimo - e, come sempre, effimero - cambio di moda.

(Notiziario Ucei, 27 luglio 2011)

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Tel Aviv: in piazza contro il caro prezzo degli alloggi

"Vogliamo giustizia, non carità". "Quando il governo è contro il popolo, il popolo è contro il governo". Questo è uno dei tanti striscioni presenti nel centro di Tel Aviv sabato scorso, quando il popolo israeliano si è radunato in piazza per protestare contro i prezzi delle case in aumento e le disuguaglianze sociali. Quello che preoccupa di più è il malcontento dei cittadini sempre più in aumento determinato dalle disuguaglianze sociali, dall'ingiustizia e dalla corruzione con cui gli israeliani devono combattere ogni giorno. "Oggi, ci vogliono in media circa un milione di shekel (295 mila dollari) per acquistare un appartamento in Israele" - ha confermato Eli Melloul, un agente immobiliare -. "In un anno, la media del costo delle abitazioni è salito 32 per cento a Tel Aviv, e il 17 per cento a Gerusalemme". Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha promesso di affrontare il problema abitativo, semplificando le procedure di progettazione e costruzione, e la promozione di alloggi a basso affitto.

(FocusMo, 27 luglio 2011)

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Rincaro delle case: Israele corre ai ripari


Dopo le proteste espresse dal popolo israeliano, il premier Netanyahu annuncia
un piano di emergenza e promette alloggi più accessibili.

(swisscom, 27 luglio 2011)

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Aeroporto di Licata. D'Orsi incontra a Palermo imprenditori israeliani

AGRIGENTO - Il Presidente della Provincia Eugenio D'Orsi ha preso parte ieri a Palermo ad un incontro organizzato dal Presidente della Regione on. Raffaele Lombardo con un gruppo di imprenditori israeliani. L'incontro, al quale ha preso parte anche l'on. Roberto Di Mauro, è servito per tracciare una possibile strategia per la realizzazione dell'aeroporto di Licata, al quale gli imprenditori, guidati da Mr. Avi Morgenstern e Mr. Shlomo Perets, rispettivamente Presidente e Financial Advisor della Shapir Israele, si sono detti fortemente interessati.
"Noi stiamo lavorando - dice il Presidente D'Orsi - nonostante si cerchi di far passare la tesi dell'impossibilità di fare l'aeroporto. Sono stato in silenzio, lavorando sotto traccia, perché ho capito che a parole tutti vogliono l'aeroporto, mentre nei fatti da oltre 40 anni rimane un sogno, a differenza degli altri che gli aeroporti li hanno costruiti. Il business plaining della Kpmg, ovvero una società tra le più quotate ed esperienti a livello internazionale, è quasi pronto, e questo, unitamente alla conferma del finanziamento da parte della Regione, ha spinto gli imprenditori israeliani a rendersi fortemente disponibili per la realizzazione dell'aeroporto, e anche una compagnia aerea dello stesso Paese potrebbe entrare in gioco nella gestione".
Il Presidente D'Orsi replica inoltre al comunicato del consigliere provinciale Carmelo D'Angelo, secondo cui sarebbe opportuno destinare i fondi previsti per l'aeroporto nel bilancio 2011 (che lunedì prossimo sarà discusso nella seduta del consiglio provinciale) ad altri settori, viabilità in testa.
"Comprendo lo spirito che anima la provocazione del consigliere D'Angelo - dice D'Orsi - tanto più che lo stesso D'Angelo è favorevole all'aeroporto, che disterebbe dalla sua città di residenza pochi chilometri. Tuttavia non condivido il suo pessimismo, visto che a settembre, una volta ricevuto il business plaining definito dalla Kpmg, convocheremo immediatamente la conferenza di servizi tra Provincia, Regione e Comune di Licata per definire tutti i vari passaggi tecnici. Nessun fallimento, noi lavoriamo in silenzio, con i fatti, e l'incontro di ieri rafforza le certezze sul raggiungimento di questo importantissimo obiettivo, indispensabile se davvero si vuol fare uscire la nostra provincia dalla marginalità".

(AgrigentoWeb, 27 luglio 2011)

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Israele finanzia la scuola primaria in Kenya

Israele è impegnata a sostenere l'istruzione primaria in Kenya sia finanziariamente che con mezzi tecnici. Il Vice ambasciatore israeliano in Kenya, Maor Elbaz-Starinsky ha detto che Israele introdurrà due corsi in più agli otto che già offre per gli insegnanti e i presidi delle scuole primarie.
"Prima della fine di quest'anno, ci saranno due corsi di sviluppo professionale per insegnanti in servizio e metodi innovativi per un approccio integrativo nella formazione degli insegnanti", ha detto Elbaz. I corsi verranno effettuati in Israele nel mese di agosto e novembre, ma potranno essere tenuti anche sul territorio. Quelli offerti in Israele di solito sono aperti ad altri paesi in via di sviluppo attraverso il programmi di formazione MASHAV di Israele ma è il Kenya che invia di solito molti più professionisti. Parlando durante la conferenza annuale dei delegati dell' Associazione Scuola Primaria del Kenya , iniziata ieri a Mombasa, Elbaz ha lodato il governo del Kenya per i suoi sforzi per rendere gratuito, nonostante le molteplici sfide, il programma di Istruzione Primaria.

(FocusMo, 26 luglio 2011)

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Successo su You Tube del video "La verità sulla Cisgiordania"

Fa discutere il video "La verità sulla Cisgiordania" prodotto dal Vice Ministro degli Esteri israeliano, Danny Ayalon, che in meno di due settimane dalla sua pubblicazione su You Tube ha ottenuto quasi 120.000 visite e che in sei minuti racconta la storia di come Israele ha conquistato la Cisgiordania. Nel filmato il vice ministro Ayalon afferma che la Giudea e la Samaria non sono territori occupati e che quindi non possono essere riconosciuti insediamenti illegali.
La contestazione del video arriva dal negoziatore degli affari palestinesi Saeb Erekat, il quale ribadisce che il video si allontana all'obiettivo di perseguiere una vera pace in questo territorio poiché riemerge argomenti obsoleti rispetto ai passi che si sono fatti in questi anni per il processo di pace. Nel video, il viceministro Danny Ayalon afferma che l'unico modo per un paese per ottenere l'ammissione alle Nazioni Unite è quello di assicurarsi prima una raccomandazione del Consiglio di Sicurezza e poi a raccogliere il supporto dei paesi facenti parte dell'Assemblea generale. Dal momento che è opinione diffusa che gli Stati Uniti avrebbe posto il veto ad una mossa palestinese nel Consiglio di Sicurezza, e che questo determina che l'ammissione alle Nazioni Unite di uno Stato palestinese nel mese di settembre è molto improbabile.



(FocusMo, 26 luglio 2011)

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Israele, la risoluzione all'Onu non porterà la pace

A dirlo l'ambasciatore israeliano all'Onu Ron Prosor

ROMA, 26 lug. - L'ipotesi di una mozione unilaterale dei palestinesi al Consiglio di Sicurezza dell'Onu a settembre per chiedere il riconoscimento dello Stato palestinese "non porterà la pace nella regione".
A dirlo è l'ambasciatore israeliano presso l'Onu, Ron Prosor. "L'iniziativa palestinese forse è un'attrattiva superficiale per qualcuno - ha detto Prosor - Ma è una distrazione sul cammino verso la pace".
L'ambasciatore poi, riporta Hareetz, ha criticato la crisi ancora esistente tra Hamas e al Fatah: "Da chi verrà presentata la risoluzione, dal presidente Abbas o da Hamas che vuole la distruzione di Israele e la morte degli ebrei?" ha chiesto al suo omologo palestinese presso l'Onu, Riyad Mansour.
Secondo Prosor, che ha chiesto alla comunità internazionale di opporsi alla risoluzione, e ai palestinesi di tornare al tavolo dei negoziati, "bisognerà aspettare almeno fino alle elezioni palestinesi del prossimo anno per capire cosa significhi l'unità dei palestinesi" dal momento che "l'Autorità palestinese non ha il controllo di tutto il territorio e non ha l'uso esclusivo della forza".

(TMNews, 27 luglio 2011)

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Israele, strategia energetica da oltre 5 mld di dollari

Obiettivo: 2.760 MW di elettricità pulita entro la fine del 2020 ed emissioni gas serra dimezzate

ISRAELE. Dopo due settimane di rinvii, il Consiglio dei Ministri ha ratificato un piano di lungo termine che punta a promuovere la produzione di energia elettrica da rinnovabili. Per farlo, Israele ha stanziato un totale di oltre 5 miliardi di dollari per futuri impianti per la produzione energetica green, di cui il 10 per cento saranno installati su terra cisgiordana.
Il Governo considera di generare 2.760 MW di elettricità pulita entro la fine del 2020, vale a dire il 10 per cento della attuale produzione elettrica, obiettivo già stabilito nello schema approvato nel 2009 e oggi ribadito; "L'obiettivo del piano - ha dichiarato il Primo Ministro Benjamin Netanyahu - è quello di lavorare per ridurre le emissioni di gas serra e l'inquinamento atmosferico da parte dell'industria dell'energia elettrica, garantendo al contempo risorse energetiche rinnovabili a lungo".

Triennio green
Già scelte le linee di sviluppo della strategia energetica da qui al prossimo triennio: con gli impianti solari Israele punta all'obiettivo di 460 MW di potenza, 110 MW con i piccoli sistemi domestici, 800 megawatt di energia elettrica da energia eolica e biocarburanti (210 MW). Un momento di verifica è già stato stabilito per il 2014, quando il Ministero delle Infrastrutture dovrà completare il piano di sviluppo nazionale e valutare i risultati raggiunti in vista dell'obiettivo 2020.

(CasaClima.com, 26 luglio 2011)

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Israele: scoperto un altare di 3000 anni

L'altare ritrovato a Tel Tzafit
TEL TZAFIT - Un gruppo di ricercatori ha scoperto negli scavi di Tel Tzafit un altare di pietra che sembra provenire da tempi biblici. L'oggetto fornisce anche nuove informazioni sul rapporto tra ebrei e filistei.
L'altare risale al 9 Secolo a.C. ed è stato trovato là dove, secondo la tradizione biblica, si trovava la città di Gat dei Filistei. L'altare è alto circa un metro e ha lunghezza e larghezza di mezzo metro. I ricercatori, guidati dal professor Aren Maeir dell'Università di Bar-Ilan, vedono nell'esecuzione dell'altare forti analogie con altari dei templi ebraici, il che fa pensare ad affinità tra la cultura degli ebrei e quella dei Filistei. L'altare è ornato di fronte da due corna. Simili corna si trovano anche in altari ebraici, anche se in forma quadruplice.
Il professor Maeir ha presentato la scoperta, secondo "Ha'aretz", come una "piccola, ma impressionante finestra nei rituali e nella cultura di quel tempo." "Non capita spesso di trovare resti dei tempi biblici che si avvicinano così tanto agli oggetti descritti nella Bibbia".

(Israelnetz, 26 luglio 2011 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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Hamas uccide due palestinesi: "Collaboravano con Israele"

Impiccati per avere avuto "contatti con forze di sicurezza straniere". Un altro "collaborazionista" ucciso a maggio

GAZA, 26 lug. - Il movimento radicale Hamas ha giustiziato oggi due palestinesi giudicati colpevoli di "collaborare" con Israele: lo ha annunciato il ministero dell'Interno del gruppo islamico al potere nella Striscia di Gaza.
"Il 29 novembre 2004, un tribunale di Gaza li ha condannati a morte per impiccagione, poi la corte di Cassazione ha rigettato l'appello lo scorso 14 luglio" si legge. I due uomini, oltre a tentato omicidio, sarebbero colpevoli di "contatti con forze di sicurezza straniere ostili e nocivi agli interessi nazionali".
La collaborazione con Israele, secondo la legge palestinese, è punibile con la pena capitale anche se il sì definitivo dovrebbe arrivare dal presidente Mahmoud Abbas.
E' la seconda volta nel 2011 che Hamas procede a un'esecuzione con la stessa motivazione. A maggio, un uomo identificato solo con le iniziali A.S. era stato ucciso da un plotone di esecuzione per la sua "collaborazione" con Israele.

(TMNews, 26 luglio 2011)

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E l'orchestra israeliana suona Wagner. Per la prima volta

  
  Roberto Paternostro guida l'Israel Chamber Orchestra
Il tabù finisce martedì 26 luglio. Dopo settant'anni di divieti e di polemiche. L'Orchestra da camera israeliana suonerà le musiche di Wagner, il compositore tedesco antisemita esaltato da Adolf Hitler e boicottato dallo Stato ebraico. Lo farà per la prima volta in Germania, a Bayreuth, nella nuova edizione del "Wagner Festival", a pochi passi da dove riposano i resti dell'uomo la cui musica veniva trasmessa in tutti i lager mentre migliaia di uomini venivano annientati perché ebrei.
Non è stato facile arrivare a questa decisione. Le polemiche - scoppiate già a ottobre scorso - non sono mancate. E nemmeno le dichiarazioni di «disgusto» da parte dei sopravvissuti ai campi di concentramento. Molti di loro l'hanno addirittura considerata una pugnalata. «Ma è venuto il tempo di separare il pensiero di Wagner dalla sua musica», ha detto Roberto Paternostro, 54 anni, il direttore dell'orchestra, italo-austriaco di passaporto ed ebreo di religione. Paternostro sa cos'è stata Shoah: sua madre e altri parenti sono scampati ai lager nazisti. «L'ideologia antisemita wagneriana è chiaramente una cosa orribile - ha tenuto a precisare -, ma non possiamo negare che è stato un grande compositore: bisogna dividere l'uomo dalla sua arte». Ecco allora la presenza a Bayreuth. L'Orchestra da camera israeliana aprirà con il wagneriano «Idillio di Sigfrido», per passare poi a compositori ebrei: Zvi Avni, Felix Mendelsshon e Gustav Mahler.
Il divieto di suonare Wagner in Israele dura dal 1948, anno della creazione dello Stato ebraico. Anche se dieci anni prima, già la «Palestine Orchestra» (madre della Filarmonica israeliana di Tel Aviv) mise da parte gli spartiti wagneriani dopo la "Notte dei cristalli" in Germania. Da allora in Israele tv e radio di Stato non hanno mai trasmesso nulla del musicista. Del resto quest'ultimo non aveva mai nascosto l'odio verso gli ebrei. Secondo lui avevano «corrotto l'animo tedesco, la sua musica» ed erano nemici «di tutto ciò che c'è di nobile nell'animo umano». Quanto basta per un divieto in Israele. Un divieto non ufficiale, ma seguito con scrupolo da tutti. Fino a oggi

(Falafel Cafè, 26 luglio 2011)

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Israele - Turchia. Le scuse "dovute" dividono in due la stampa ebraica

Si acuiscono le divisioni in seno al vertice del governo d'Israele sull'ipotesi di scuse alla Turchia per l'uccisione dei nove attivisti turchi avvenuta il 31 maggio 2010 nel cruento assalto dei reparti speciali contro una flottiglia filopalestinese in navigazione verso la Striscia di Gaza.
Lo riferiscono i media all'indomani dell'ennesima riunione ad hoc del Consiglio di gabinetto, convocata ieri dal premier Benyamin Netanyahu (Likud, destra). La riunione, a quanto si è appreso, si è conclusa in effetti con un nulla di fatto. E ha avuto, anzi, una coda polemica fra i partecipanti: divisi fra chi - come il ministro della Difesa, Ehud Barak - sembra considerare inevitabile e necessaria una qualche forma di scuse; chi, come diversi esponenti del Likud, appare viceversa disponibile a 'piegarsi' al massimo a esprimere "rammarico"; e chi, come il titolare degli Esteri, Avigdor Lieberman (Israel Beitenu, estrema destra), respinge infine qualsiasi "prova di debolezza".
Intervistato ieri, il ministro delle Retrovie, Matan Vilnai, fedelissimo di Barak (e come lui ex militare di alto rango), ha polemizzato con Lieberman. "Chiunque si riferisca alla crisi in atto con la Turchia come a un fatto di orgoglio nazionale non capisce il Medio Oriente", ha detto.
"Avere buoni rapporti (con Ankara) è innanzitutto nell'interesse d'Israele. Ma questo il nostro ministro degli Esteri fatica a comprenderlo".

(l'Opinione, 26 luglio 2011)

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Libano e Israele: insieme nella musica, ma non per la legge

Joanna, la ballerina libanese, che ha danzato insieme al cantante israeliano Kobi Fahri, è sotto accusa. Per la legge del suo Paese è illegale avere alcun tipo di relazione con Israele. La colpa è di "collaborazione con il nemico".

In Libano non si parla d'altro. Non solo pettegolezzi ma ampi dibatti politici stanno attraversando il Paese. La causa dello scompiglio è un video che circola su youtube da ieri e che mostra una ballerina libanese, Joanna, in un concerto nel sud della Francia con una band israeliana heavy metal chiamata "Terra orfana" (Orphaned Land).
In questo video Kobi Fahri, l'artista israeliano, canta in ebraico mentre Joanna balla con la bandiera libanese tra le mani. Poco dopo la ballerina si avvicina al cantante e lo aiuta a poggiare la bandiera con la stella a sei punte accanto a quella del suo Paese.
Le reazioni e i commenti al video sono stati un misto tra l'ammirazione e la rabbia. Alcuni hanno addirittura negato le origini di Joanna, parlando di radici ebraiche o addirittura facendola membro della Mossad (i servizi segreti israeliani). Altri hanno detto che si dovrebbe vergognare avvicinare le bandiere di due popoli nemici. Ma non sono mancate le voci che hanno incoraggiato i due artisti osannandone il coraggio e la loro fiducia nel raggiungimento della pace.
I due Paesi sono in guerra dal 2006 e per la legge Libanese, è illegale avere contatti con qualsiasi israeliano. Joanna al momento è sotto accusa per aver cooperato con il nemico.

(FIRSTonline, 26 luglio 2011)

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L'Amerigo Vespucci in Israele

HAIFA - Ambasciatrice sul mare dell'Italia malgrado i suoi 80 anni, accolta con sguardi di ammirazione dagli israeliani, la nave scuola della Marina militare, il veliero a tre alberi Amerigo Vespucci, e' all'ancora nel porto di Haifa da dove ripartira' giovedi'. La tappa nella citta' portuale di Israele e' una visita di cortesia a un paese amico che si svolge nel quadro della 77/ma campagna addestrativa che vedra' il veliero nelle acque del Mediterraneo e del Mar Nero.

(ANSA, 25 luglio 2011)

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Netanyahu: più incentivi per la popolazione israeliana

Una forte crisi immobiliare sta interessando lo Stato di Israele. Un disagio reale per i cittadini e le giovani coppie che attualmente non riescono a trovare un posto dove poter vivere, visto il costo elevato degli appartamenti in Israele. "Un problema che bisogna assolutamente risolvere". Queste le parole del Primo Ministro, Benjamin Netanyahu che fa appello al suo Ministro delle Finanze Yuval Steinitz, affinché il Paese riesca a risolvere questa difficile crisi che sta investendo il mercato immobiliare.
Notevoli sono le cause di questa crisi: il monopolio del governo sul territorio israeliano. Il governo detiene, infatti, il 90% della terra in Israele e non intende cederlo. Seconda causa di questa difficile cirsi è determinata dall'Amministrazione del territorio israeliano che rilascia molto lentamente e a prezzi molto alti gli appartamenti alle giovani coppie. Per sconfiggere questa crisi del settore immobiliare è necessario portare un cambiamento fondamentale: rompere il monopolio di governo, affinchè si istituiscano nuovi comitati che ridiiano la terra d'Israele al popolo.
Ma per la crescita del Paese nel settore immobiliare il governo ha istituito sovvenzioni per un valore da 100.000 NIS a 28 comunità in periferia in modo da poter collegare la periferia con la città attraverso strade, autostrade e ferrovie; al fine di aprire ulteriori terreni e alleviare la crisi abitativa. Ulteriori incentivi arriveranno agli appaltatori immobiliare per fronteggiare la costruzione di appartamenti in tempi rapidi. Un piccolo passo in avanti quest'anno si è avuto grazie alla disponibilità di circa 45.000 appartamenti. Insomma si tratta di un risultato importante. Ma tutto questo non è sufficiente.
"In questa settimana faremo due cose importanti" - aggiunge il primo ministro. Come prima cosa si assisterà alla riforma dell'ILA e alla riforma dei comitati di progettazione e costruzione. La seconda cosa, faremo una serie di passi mirati ad aiutare le giovani coppie, gli studenti e altre popolazioni bisognose nei prossimi anni fino a quando non entreranno in vigore gli supplementi per le abitazioni".
Un cambiamento importante per lo Stato d'Israele dunque; ma il vero e proprio cambiamento sarà effettivo solo quando le giovani coppie e in Israele saranno in grado di entrare in appartamenti, viaggiare su treni veloci o una strada e raggiungere il centro città.

(FocusMo, 25 luglio 2011)

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Israele intercetta una barca palestinese con armi sul Mar Morto

GERUSALEMME, 25 lug. - L'esercito israeliano ha intercettato oggi un'imbarcazione con due palestinesi a bordo che trasportava armi attraverso il Mar Morto. Lo ha annunciato un comunicato del portavoce dell'esercito. Sull'imbarcazione sono stati trovati numerosi kalashnikov e un grosso quantitativo di munizioni e altri armi. I due palestinesi sono stati arrestati e saranno interrogati dai servizi di sicurezza israeliani. (fonte afp)

(TMNews, 25 luglio 2011)

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Mondiali di nuoto: "C'è un israeliano in vasca". E l'atleta iraniano decide di non gareggiare

Scopre di dover gareggiare con un nuotatore israeliano e rinuncia a presentarsi a bordo vasca. L'episodio, accaduto oggi ai mondiali di nuoto di Shangai, vede protagonista Mohammad Alirezaei, atleta non nuovo a questi exploit.

Mohammad Alirezaei
SHANGAI - Scopre di essere nella stessa batteria con un atleta israeliano e rinuncia alla gara. E' accaduto oggi a Shangai, dove sono in corso i mondiali di nuoto, durante una delle batterie dei 100 rana. Mohammad Alirezaei, nuotatore dell'Iran, ha rinunciato a gareggiare dopo avere constatato la presenza in vasca di Gal Nevo, nuotatore israeliano.
IL PRECEDENTE - Un analogo episodio aveva coinvolto il rappresentante dell'Iran in due precendenti occasioni, ai mondiali di Roma 2009 e durante le olimpiadi di Pechino, nel 2008. In entrambe le occasioni la presenza in batteria di un nuotatore israeliano aveva portato l'atleta iraniano a ritirarsi dalla batteria. Nelle occasioni precedenti la federazione nuoto iraniana aveva cercato di far passare inosservata la cosa, adducendo come scusa un'indisposizione del nuotatore.
DISAPPUNTO DELLA DELEGAZIONE ISRAELIANA- La delegazione israeliana ha espresso il suo disappunto per l'accaduto, puntualizzando che non è la prima volta che si presenta un'occasione del genere. "La competizione dovrebbe riguardare lo sport" - ha dichiarato il capo delegazione Kramer - "e non i contrasti politici tra i due paesi. E' necessario che i due ambiti rimangano separati". Dal canto suo la delegazione iraniana non ha ancora rilasciato dichiarazioni su quanto avvenuto.

(il Giornale, 25 luglio 2011)

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Apre il sito Qaser ed Yahud, luogo del battesimo di Gesù

Apre definitivamente al pubblico il sito di Qaser ed Yahud, indicato dalla tradizione come il luogo del Battesimo di Gesu', sulla riva israeliana del fiume Giordano. "Il ministero del Turismo israeliano - si legge in una nota - ha creduto molto in questo luogo e' gia' dallo scorso mese di ottobre era possibile visitare il luogo del Battesimo di Gesu' posto sul fiume Giordano, vicinissimo a Gerusalemme, previa prenotazione e solo per gruppi precostituiti. Da oggi, grazie agli investimenti e all'impegno del ministero del Turismo, Qaser el Yahud diviene accessibile tutti i giorni, 7 giorni su 7, dalla domenica al venerdi' dalle 9 alle 17 anche per i turisti individuali.

(Affaritaliani.it, 25 luglio 2011)

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Giornalista russo chiede asilo in Israele

Un giornalista russo, Serghiei Kutsnetsov, che afferma di sentirsi in pericolo in patria, ha annunciato l'intenzione di chiedere asilo politico in Israele. Lo riferisce oggi il giornale Yediot Ahronot, precisando che Kutsnetsov è arrivato ieri a Tel Aviv e ha già avviato le necessarie pratiche legali.
Reporter di una radio locale di Iekaterinburg (Urali), Kutsnetsov ha svolto in passato inchieste sull'establishment politico-economico della sua regione e su presunti casi di corruzione. In seguito ha denunciato minacce e intimidazioni, avanzando il sospetto che qualcuno dei notabili coinvolti possa aver incaricato gang di malavitosi locali di prenderlo di mira. Di qui la richiesta d'asilo in Israele, scelto come destinazione dopo una prima risposta dilatoria ricevuta dalle autorità diplomatiche britanniche.
Israele - dove vive una numerosa comunità di persone originarie dell'ex Urss, tuttora in contatto con i Paesi di provenienza - potrebbe essere la meta, secondo indiscrezioni comparse sui media online, anche dell'ipotetica fuga di qualcuno dei tre fotografi accusati di recente di "spionaggio" nella Georgia dell'autoritario presidente Mikhail Saakashvili, nel quadro d'un processo giudicato farsesco dall'opposizione.

(swissinfo.ch, 25 luglio 2011)

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FaceGlat, il social «kosher» per gli ebrei ultraortodossi

Iscrizioni separate per uomini e donne e nessun contatto tra i sessi. Ma la liberale Tel Aviv insorge: diritti violati

Su FaceGlat reti separate per donne e uomini
MILANO - Uomini da una parte. Donne dall'altra. In mezzo, il vuoto. Anzi: un muro (virtuale). Benvenuti su FaceGlat, il primo social network israeliano «kosher» dove vige la segregazione sessuale. Questo clone di Facebook si rivolge solo a un particolare tipo di pubblico: gli ebrei ultraortodossi.
«NON SIAMO COME FACEBOOK»- A creare lo spazio virtuale è stato un 25enne religioso, Yaakov Swisa. Il ragazzo vive a Kfar Chabad, una cittadina a sud-est di Tel Aviv, e ha progettato FaceGlat in modo da tenere separate le amicizie maschili e femminili, senza pubblicità e vietando qualsiasi immagine «immodesta» secondo la religione ebraica. Il sistema prevede un filtro iniziale che non consente a un uomo di iscriversi nella sezione femminile e viceversa. Non solo. Ogni volta che si provano a inserire commenti e status non in linea con la religione, il social network li blocca all'istante. «Non siamo come Facebook: il nostro obiettivo non è fare soldi», dice il fondatore Swisa. «Quello che vogliamo è rispondere alle esigenze di una massa di ebrei ultraortodossi che chiedono un loro spazio virtuale sul web». Certo, «se dopo tutto questo, ci fosse pure un guadagno saremmo ancora più contenti», ammette il ragazzo.
TEL AVIV NON CI STA - A Tel Aviv, città storicamente moderna e secolarizzata, non l'hanno presa molto bene. Oltre a denunciare la palese violazione dei diritti umani, sottolineano come nemmeno moglie e marito possano mettersi in contatto via FaceGlat. «È vero - ammette Swisa - due coniugi non possono interagire tra di loro. Ci abbiamo pensato a lungo se introdurre delle finestre speciali ai membri di una stessa famiglia, ma poi abbiamo detto di no: più di qualche iscritto, pur di mettersi in contatto con l'altro sesso, avrebbe potuto creare un profilo con elementi fasulli». E poi, aggiunte il ragazzo, «forse è meglio se moglie e marito si mettono in contatto dal vivo, sulla poltrona di casa loro».
RELIGIONE E TECNOLOGIA - Religione e tecnologia non sono quasi mai andate d'accordo in Israele. I leader ultraortodossi continuano a vietare qualsiasi contatto con pc e smartphone. Qualche apertura, negli ultimi tempi, in realtà c'è stata. Come quella di far usare computer non collegati al web o cellulari utili solo a fare chiamate e a inviare sms. Ma l'alternativa religiosa non ha soddisfatto gli ebrei ultraortodossi adolescenti. A un certo punto qualcuno si era pure inventato la tariffa «kosher»: prezzi normali per le chiamate dalla domenica al venerdì pomeriggio, tariffe stratosferiche al calar del sole, cioè all'inizio dello Shabat, il giorno del riposo.

(Corriere della Sera, 24 luglio 2011)

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Il Consiglio dei Ministri israeliano approva la costruzione di un nuovo aeroporto

Il Consiglio dei ministri israeliano approva la costruzione di un nuovo aeroporto internazionale a Timna. La decisione è stata presa ieri durante la tradizionale riunione della domenica mattina e fa seguito all'incontro della scorsa settimana tra il premier Benjamin Netanyahu e il sindaco di Eilat, Yizhak Halevy, riguardo allo sviluppo della cittadina sul Mar Rosso.
Il nuovo aeroporto internazionale sorgerà a Timna, nel sud del Paese, e sostituirà quello di Eilat (solo per voli nazionali). Una volta costruito lo scalo di Timna, sarà interrotto anche l'uso civile quello di Ovda, che si trova un po' più a nord. Il progetto punta a promuovere il progresso economico della zona di Eilat, liberando terreni che saranno destinati al turismo, al commercio e alla costruzione di appartamenti. Il piano sarà finanziato dall'Autorità per gli Aeroporti, che gestirà la struttura. Il costo del progetto si aggira intorno ai 1.6 miliardi di NIS (circa 300 milioni di euro); il cantiere dovrebbe durare tre anni dall'inizio dei lavori.
Netanyahu ha dichiarato che spostare lo scalo fuori dalla città di Eilat rientra in una strategia più ampia per incentivare la regione meridionale, poco sviluppata. «Questo aeroporto - ha affermato il capo dell'esecutivo - sarà un'alternativa al quello di Ben Gurion. Permetterà alla città di espandersi e verranno eliminati rumore e ulteriore inquinamento atmosferico. E' una decisione molto importante. Stiamo anche valutando la possibilità di spostare il porto di Eilat. Tutto questo cambierà davvero la faccia del sud del Paese».

(FocusMo, 25 luglio 2011)

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La corsa per gas e petrolio. Il Far West è negli abissi

Tensione fra Israele e Libano per i giacimenti al largo di Haifa

di Maurizio Molinari

Le Nazioni Unite tentano di mediare sul contenzioso fra Israele e Libano nel Mediterraneo orientale e Hillary Clinton plaude al compromesso fra le nazioni dell'Estremo Oriente sul Mar della Cina del Sud, mentre le «guerre di ghiaccio» nell'Artico vedono duellare Usa e Russia: le dispute marittime tengono banco nelle relazioni internazionali, chiamando in causa l'efficacia del Trattato Onu sul Diritto del Mare.
Per avere un'idea di quanto sta avvenendo bisogna guardare all'agenda di Michael Williams, l'inviato speciale dell'Onu per il Libano, che nelle ultime settimane ha spostato l'attenzione sulle dispute israelo-libanesi dalla terraferma al mare. Il motivo sono i due grandi giacimenti di gas naturale «Tamar» e «Leviathan» che la texana Noble Energy e l'israeliana Delek hanno scoperto al largo di Haifa, arrivando a ipotizzare la trasformazione dello Stato ebraico in Paese esportatore della preziosa risorsa. Beirut ha reagito presentando all'Onu mappe dei confini marittimi che puntano a includere parte dei giacimenti nelle proprie acque territoriali e Gerusalemme ha risposto recapitando al Palazzo di Vetro quelle con i confini internazionali esistenti. Il compito di Williams è evitare che la disputa si trasformi nella genesi della prima guerra marittima in Medio Oriente e per riuscirci fa leva su Cipro perché entrambi i Paesi hanno definito da tempo i confini con le acque di Nicosia e ciò può facilitare una composizione.
Non è tutto, perché il mediatore Onu, consapevole che alla base della disputa ci sono i proventi del gas, si trasforma in manager dell'energia, suggerendo a Beirut di «sviluppare progetti di esplorazione a largo delle coste» per rimediare a «un ritardo di 7-8 anni nei confronti di Israele». Lasciando così intendere che nuove possibili scoperte sui fondali del Mediterraneo potrebbero contribuire a smorzare le tensioni.
A confermare la sovrapposizione fra diplomazia, economia e scienza è stato il lavorìo diplomatico che ha portato quattro nazioni dell'Estremo Oriente - Filippine, Malaysia, Brunei e Vietnam - a siglare giovedì con Pechino un accordo sulle «linee guida per lo sfruttamento pacifico» delle risorse nel Mare della Cina del Sud, accordo che ha indotto il Segretario di Stato Hillary Clinton, presente alla firma in Indonesia, a parlare di «passo importante per la pace e la stabilità», anche perché il contenzioso investe Taiwan. La svolta nei negoziati è arrivata con l'intervento del ministro degli Esteri cinese Yang Jiechi, favorevole a creare «le condizioni propizie per gestire le dispute fra le parti». Sebbene si tratti di un obiettivo ancora da raggiungere, l'intesa consente di allontanare il rischio di scontri militari, in primo luogo fra i più agguerriti rivali, Vietnam e Cina.
Nell'Artico invece la buona notizia arriva dall'accordo fra Norvegia e Russia sulle acque del Mare di Barents mentre Usa e Canada sono ancora in disaccordo sul Mare di Beaufort - ricco di giacimenti petroliferi - e sul Passaggio a Nord-Ovest, così come Usa e Russia duellano su Mare di Bering, in una «guerra del ghiaccio» che si gioca sulla divergente interpretazione degli accordi internazionali esistenti.

(La Stampa, 25 luglio 2011)



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Israele a ANP più vicini con il commercio del gas

I detentori della licenza di sfruttamento del giacimento israeliano Tamar sono in trattative con l'Autorità nazionale palestinese (Anp), interessata a comprare gas. Oggetto delle discussioni è la vendita di un miliardo di metri cubi di carburante naturale a tre stazioni che saranno costruite in Cisgiordania, a Jenin, Ramallah e Gerico. Il Primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha salutato con favore le trattative. «Stiamo valutando la possibilità di esportare gas verso i territori palestinese e in altri Paesi vicini», ha fatto sapere la compagnia petrolifera israeliana Delek Drilling, uno dei partner nell'affare di Tamar. I «Paesi vicini» in questione sono Egitto e Giordania.
Anp e compagnie petrolifere si sono incontrati già diverse volte, in territorio neutrale (Amman, Cipro, Giordania e Grecia).
Attualmente, la Israel Electric Corporation (Iec), primo fornitore di energia elettrica d'Israele, ha l'obbligo di fornire elettricità all'Anp. Ma se l'accordo per la vendita di gas andasse in porto, questo obbligo verrebbe meno, in quanto il combustibile acquistato verrebbe impiegato dai palestinesi anche per produrre energia elettrica. Una prospettiva che piace all'azienda pubblica israeliana, la quale potrebbe in tal modo incrementare notevolmente le proprie riserve. Oggi l'Anp è il primo cliente della Iec, di cui consuma il 7% della produzione annuale.

(FocusMo, 25 luglio 2011)

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Giornata europea della cultura ebraica

PADOVA - La prima domenica di settembre coincide con la Giornata europea della cultura ebraica. Quest'anno si tiene in 27 paesi europei e in Italia si articola in ben 62 sedi di diverse regioni italiane.
«L'ebraismo - scrive il notiziario Ucei - ha una storia plurimillenaria, ma è anche una cultura viva e immersa nella modernità. Gioca proprio su questo duplice aspetto il tema "Ebr@ismo 2.0: dal Talmud a Internet", scelto per la dodicesima edizione della Giornata europea della cultura ebraica. Una declinazione inedita per la manifestazione che ogni anno, la prima domenica di settembre, apre le porte di sinagoghe, musei e quartieri ebraici, presentando concerti, mostre e spettacoli teatrali, proponendo percorsi enogastronomici, visite guidate e appuntamenti culturali, allo scopo di rispondere, in un'atmosfera lieve e festosa, a tante domande su ebrei ed ebraismo».
Anche associati Edipi (evangelici d'Italia per Israele) saranno presenti a vari incontri indetti per la Giornata e non intendono mancare, si ripromette il presidente dell'associazione, Ivan Basana, a Verona per il concerto di canti ebraici del complesso "Ensemble Shalom" (ore 10, Sinagoga di Verona) e per quello di musica klezmer della "Meshuge Klezmer Band" (ore 18.30, Cortile Mercato Vecchio).
In occasione della Giornata ebraica Edipi ha preparato una pubblicazione di Derek White, "L'ebraicità di Gesù" che sarà distribuita gratuitamente in diverse sedi.

(Evangelici.net, 25 luglio 2011)

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Israele aumenta le difese in vista di un eventuale conflitto con il Libano

L'esercito israeliano si doterà di razzi di precisione per aumentare le proprie capacità di risposta in un nuovo ed eventuale conflitto con l'organizzazine Hezbollah, in Libano.
Il governo israeliano ha infatti indetto un bando di gara per appaltare alle maggiori aziende di difesa del Paese, la costruzione di missili che andranno in dotazione alle forze di terra. L'esercito israeliano sta inoltre pensando di adottare il sistema IMI, con una gittata di 150 km e testate di 120 kg. Entrambi i sistemi verrebbero utilizzati dal corpo di artiglieria per colpire obbiettivi fermi, come stazioni radar e basi militari.

(FocusMo, 25 luglio 2011)

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Gli "indignados" israeliani

Da dieci giorni migliaia di giovani occupano le piazze di Tel Aviv e Gerusalemme per protestare contro l'aumento dei prezzi delle case

Il 14 luglio scorso alcuni studenti e giovani lavoratori si sono accampati con delle tende nel Boulevard Rothschild, una delle via principali di Tel Aviv, per protestare contro l'aumento del costo delle case. In breve tempo la protesta si è diffusa in altre città del paese tra cui Gerusalemme e Beer Sheva: le piazze principali di queste città si sono trasformate in piccoli accampamenti con centinaia di tende, manifesti di protesta e persone che suonano chitarre e che si riuniscono per discutere fino a tarda notte, tutte scene che ricordano le proteste degli Indignados spagnoli a Puerta del Sol.
Sabato più di 20.000 persone hanno manifestato a Tel Aviv per chiedere la diminuzione del costo delle case e per protestare contro le politiche socioeconomiche del governo. In serata anche a Gerusalemme c'è stata una manifestazione a cui hanno partecipato almeno mille persone. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha promesso di approvare al più delle misure per risolvere la situazione e domenica sera ha incontro il ministro delle Finanze e il ministro della Casa per definire un nuovo piano statale nella gestione delle case. Tra le altre cose, verranno approvati nuovi incentivi per favorire le giovani coppie che comprano la loro prima casa e verranno incrementati i finanziamenti per i dormitori degli studenti. Il ministro della Casa ha promesso la costruzione di seimila unità abitative; nessuna di queste però verrà costruita a Tel Aviv mentre molte sono destinate alle colonie della Cisgiordania.

(il Post, 25 luglio 2011)

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Reggio Calabria: lapide in ricordo dell'espulsione di tutti gli Ebrei dal regno di Napoli

Cinquecento anni fa, esattamente il 25 Luglio 1511, la comunità ebraica che risiedeva a Reggio da più di mille anni, lasciava la città a seguito dell'editto di Ferdinando il Cattolico che decretava l'espulsione di tutti gli Ebrei dal Regno di Napoli.
In occasione di questo anniversario, oggi alle ore 18,30, il Sindaco della città, Demetrio Arena, scoprirà una lapide commemorativa collocata in via Giudecca, angolo lungomare Matteotti, in corrispondenza della antica porta della Giudecca.

(Tele Reggio, 25 luglio 2011)

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Dan Bahat, il mestiere dell'archeologo in terra d'Israele

di Elena Lattes

Dan Bahat
E' un uomo simpatico e molto alla mano, ma con una vastissima cultura, sia storica e geografica che biblica e di letteratura religiosa; ha scavato in tutta Israele ed è protagonista dei più importanti ritrovamenti: da Masada a Gamla, passando per Gerusalemme e Cesarea. Dan Bahat, forse il più famoso archeologo israeliano, è venuto in Italia per un ciclo di conferenze e si è fermato anche a Roma dove ha parlato in una sala gremita da persone attente a non farsi sfuggire neanche una parola.
   Ha spiegato al folto pubblico i problemi legati al suo mestiere, uno dei quali è sicuramente quello di stabilire il confine tra le varie discipline: dove finisce, per esempio, il compito dell'archeologo e cominciano quelli dello storico, del critico d'arte, del letterato o del teologo?
   Un altro non meno importante è quello del rispetto della sacralità dei luoghi. Israele, infatti, è un Paese ricco di storia e ha un grande valore per molte religioni, così quando si scava o si fa ricerca bisogna tenere conto di tutte le esigenze e tradizioni.
   Benché a Gerusalemme i primi archeologi a metà del diciannovesimo secolo fossero ebrei desiderosi di trovare le radici della propria cultura, i lavori furono inizialmente incentrati sulla letteratura cristiana e araba. Nonostante questo, di tracce musulmane ne vennero rinvenute poche dato che la città non era mai stata al centro della cultura islamica. Acquistò valore soltanto in due periodi specifici: durante le Crociate e dopo la ricostituzione dello Stato di Israele.
   Le famose moschee Cupola della Roccia e Al Aqsa (che in arabo vuol dire "la più lontana", la più lontana, infatti, dalla Mecca) furono costruite su imitazione delle basiliche prima ivi esistenti (per quanto riguarda il tipo e la forma dell'edificio, compresa la cupola dorata analoga a quella del Santo Sepolcro costantiniano) e su ispirazione della Bibbia ebraica (per quanto riguarda il posto, dove secondo la tradizione avvenne il tentato sacrificio di Isacco).
   I due luoghi sacri durante la dominazione arabo-turca furono quasi abbandonati per essere poi ristrutturati sotto il Mandato Britannico e dopo la Guerra dei sei giorni (1967, quando Israele prese il controllo di tutta la città). La capitale della regione per i musulmani, prosegue Bahat, era Ramle (a sud est di Tel Aviv sulla strada per Gerusalemme), unica città fondata dai mamelucchi nell'ottavo secolo e le sole altre moschee importanti nel passato si trovano a Gaza e a Nablus (Shechem). Tutte e tre costruite su precedenti basiliche dedicate a San Giovanni Battista che a loro volta avevano preso il posto di sinagoghe.
   Tutta questa situazione, unita al fatto che gli arabi per motivi politici e strumentali ora negano le radici ebraiche e cristiane, sostenendo che tutto quel che è stato trovato è falso, rende ancora più complicato il mestiere dell'archeologo in quelle terre.
   Tuttavia i governi israeliani facilitano gli scavi, la ricerca e anche il commercio dei reperti obbligando, però, i venditori a dichiarare da chi hanno comprato gli oggetti e a chi li ritrasferiscono. Nel Paese infatti arrivano squadre di archeologi provenienti da tutto il mondo, poiché Israele è l'unico Stato liberale della regione che permette l'intervento di chiunque. In questo modo, secondo Bahat, vengono scoraggiati i traffici illeciti mantenendo ugualmente un controllo su tutto quel che viene trovato e sulle relative destinazioni.

(Agenzia Radicale, 24 luglio 2011)

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Diversamente sionisti

di Ugo Volli

Come si stabilisce la volontà di un corpo politico, una città o uno Stato? Ci sono molti modi: la dittatura personale di un duce o quella collettiva di un partito che interpreta "l'anima della nazione" o la "coscienza di classe", i tumulti di piazza che esprimono pulsioni sempre confuse ma violente, le caute trattative delle oligarchie, le monarchie di diritto divino, dove "L'état, c'est moi". I comunisti si sono inventati la "democrazia sostanziale" o "concreta", caratterizzata soprattutto dal fatto che non vi si vota, gli utopisti del web hanno immaginato di recente una democrazia elettronica in cui tutti parlano di tutto: di fatto non ha mai funzionato. In realtà la democrazia rappresentativa sarà piena di difetti, ma è il sistema meno peggiore che c'è, come sosteneva Churchill. Naturalmente non si può mai sapere se ogni decisione presa dai rappresentanti del popolo esprima quella che Rousseau un po' misticamente chiamava "volontà generale", ma la regola fondamentale di questo sistema consiste proprio nel supporlo. Si vota a intervalli regolari, si eleggono certi rappresentanti dando potere a certi partiti e si accetta che le leggi che essi approvano e i governi cui danno la fiducia rappresentino la sola concreta e democratica volontà del paese.
   Perché questa piccola chiacchiera di filosofia politica? La ragione è che molti nemici di Israele, gli antisionisti e anche quegli ebrei che chiamerei "diversamente sionisti" (come ci sono i "diversamente abili", dato che costoro insistono a dire che "amano Israele, ma..." ) nel caso israeliano tendono a negare questo principio di rappresentanza. Loro sarebbero per Israele (anche se diversamente dai "fanatici" "estremisti" "fondamentalisti" come me), ma non per quell'Israele reale, che ha un certo parlamento e un certo governo democraticamente scelti. Essi sono naturalmente per un paese diverso, cioè "migliore", "più saggio", "amante della pace". Dubitano della rappresentatività delle elezioni e dei sondaggi che danno loro torto, preferiscono credere all'opinione di quattro scrittori e tre registi, magari illustri, di un paio di partiti che cumulano oggi più o meno il 10% dei voti, hanno fiducia in un manipolo di Ong che vivendo di fondi stranieri hanno grande visibilità mediatica, di un giornale ("Haaretz") che ha più o meno la diffusione del "Manifesto".
   Questo per loro è il vero Israele e certo non lasciano che dei fatti maleducati turbino il loro "molto democratico" pensiero. Le leggi che non piacciono loro sono "illegali" o "incostituzionali" (anche se Israele non ha una costituzione rigida); le maggioranze che non godono della loro simpatia sono da sempre delegittimate, "estremiste", magari "fasciste", gli scritti che le difendono sono da leggere "turandosi il naso": strana concezione olfattiva della libertà di pensiero. Sono infallibilmente convinti che prima o poi il paese "rinsavirà" oppure che già in realtà la pensa come loro, ma stranamente vota altrimenti. I più lucidi si rendono conto che il paese reale non è come vorrebbero e teorizzano che "per il suo bene" Israele vada "costretto" a fare quel che è "giusto", anche se il suo elettorato non è d'accordo. Vorrebbero una politica americana ed europea "muscolare" per "obbligare" i bambini indisciplinati dell'elettorato israeliano alle soluzioni che prediligono. Credono con fiducia questa sì infantile, alle cose che leggono sui giornali "progressisti", per esempio che Giudea e Samaria siano davvero "territori occupati", che le "colonie" siano "illegali". Hanno inventato un sistema di metafore un tantino inquietante, anche agli occhi della correttezza politica: parlano talvolta di "tough love" ("amore duro"), termine che è stato una volta chiarito dal direttore di Haaretz, che in un colloquio con l'inviato americano ha accennato alla necessità che l'America "stupri" Israele, sempre per il suo bene, naturalmente.
   Comunque in genere i "diversamente sionisti" praticano il "wishful thinking", che tradotto nell'italiano degli anni Settanta fa "pensiero desiderante". Sono convinti che i palestinesi scoppino di voglia di far la pace, gli israeliani anche, seppur votano in maniera sbagliata, e solo i cattivi "coloni" impediscano la festa vagamente messianica dei terroristi abbracciati alle loro vittime, che inevitabilmente avverrà, soprattutto se Israele rinuncia subito e senza condizioni all'"occupazione". Si potrebe pansare che sono solo sciocchi, ma a me paiono pericolosi, non perché influiscano davvero sulla politica israeliana dove non contano nulla, ma perché legittimano la propaganda terrorista e rendono più difficile l'autodifesa israeliana in quel luogo centrale di scontro che è oggi l'opinione pubblica occidentale. Per questo ritengo necessario discutere con loro e contestare le loro opinioni, anche se esse hanno pochissimo rapporto con la realtà dei fatti.

(Notiziario Ucei, 24 luglio 2011)


Attaccare Israele "per il suo bene" e per la salvezza degli ebrei: sarà forse questo lo slogan con cui il mondo si muoverà contro la "grande nazione" promessa da Dio ad Abramo.
«Riguardo a Israele le nazioni si dividono in due: quelle buone e quelle cattive. Le cattive lo vogliono distruggere, le buone lo vogliono educare. Al discoletto Israele le nazioni buone dicono: se non vuoi che le cattive ti distruggano, devi fare quello che ti diciamo noi. Col passare del tempo però le cattive diventano sempre più cattive e le buone sempre più preoccupate. Non della cattiveria delle cattive, perché loro, che sono buone, non si permettono di giudicare le cattive. Si preoccupano invece di quello che causa la cattiveria. E scoprono che la causa si trova in Israele.»

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Cene, inviti, feste: la febbre di Roma «Shalom Woody, stai ar ghetto»

di Ruggeri Corrado

  
ROMA - Il pulpitiello affogato, assaggiato a cena dai Borbone, gli è piaciuto, anche se ha faticato un po' a digerirlo. Ma il sorrisetto snob gliel' ha strappato soltanto Angelo Sermoneta, detto Baffone, monumento giudaico-romano vivente, quando al Portico d' Ottavia gli ha detto: «Shalom Woody, stai ar ghetto». È stato allora che il regista ha capito quanto Roma sia diversa da Barcellona e da New York. Si è accorto di come sia magica questa città che lo lusinga con feste e inviti ma in fondo lo tratta come uno qualunque, col solito, bonario cinismo romano. Con quel disincanto che Roma riserva a tutti, abituata com' è, da qualche millennio, a Imperatori e Papi. Certo, poi la Roma caciarona e del generone è fatta anche di chi lo assilla per una comparsata, per consegnarsi alla Storia con un «Aho, ho fatto un film co' Woody». Parteciperanno Ornella Muti, Penélope Cruz, Antonio Albanese, Benigni e Scamarcio. Lui, Woody, si appropria dei set con noncuranza, fra le fontane del Bernini e via del Corso. Ma la gente quasi lo ignora.
Perché Allen non fa simpatia. Perfino la governatrice Polverini l' ha ignorato, quando si sono incontrati per caso in uno stabilimento di Ostia, dove il Tirreno è brutto quanto il Pacifico di Los Angeles o l' Hudson di New York: lei era lì per una conferenza stampa, lui per un sopralluogo. Ha suonato il clarinetto all' Open Colonna, ristorante gourmet in cima al PalaExpò, dove Antonello Colonna, chef di rango e romanissimo, è stato ottimo padrone di casa. Racconta: «È arrivato da solo, ho visto uscire dall' ascensore questo ometto piccolo e magro, cappellino verde, camicia celeste, pantalone sabbia. "Buonasera, sono Woody Allen - ha detto - dov' è la mia band?". Non ha guardato nessuno, nelle pause stava a testa in giù, fissava il suo ginocchio. Più che chiuso, direi sigillato. Lo preferisco come attore».
Alloggia al Parco dei Principi, albergo dei Parioli amato dagli americani, di fronte a Villa Borghese. Occupa la Royal suite, fornita di una cucina che ogni tanto la moglie Soon Yi fa funzionare, per preparare qualcosa che sappia di casa dopo aver fatto rifornimento al supermercato tra piazza Ungheria e viale Parioli. Per il resto vanno in giro, pellegrinaggi laici di festa in festa, di osteria in ristorante. E nonostante Roma, sorrisi sempre più rari.

(Corriere della Sera, 24 luglio 2011)

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Israele. Che venga a galla la verità storica !

di Emanuele Ottolenghi

Tutti i regimi autoritari temono la verità. Come disse l'infame capo della propaganda nazista Joseph Goebbels, "se dici una menzogna abbastanza grande e continui a ripeterla, la gente finirà per crederci. La verità è il nemico mortale della menzogna e dunque, per estensione, la verità è il più grande nemico dello Stato".
   I regimi arabi non hanno fatto eccezione. Sperando di sviare le critiche, per decenni hanno dato in pasto al loro pubblico bugie e falsificazioni, demonizzando nemici - Israele in particolare - allo scopo di nascondere i loro fallimenti ed evitare di assumersene la responsabilità. Ora la "primavera araba" offre la possibilità di rimettere le cose a posto. Nella misura in cui le sollevazioni che scuotono il Medio Oriente e il Nord Africa sono genuine rivoluzioni democratiche, esse possono gettare nuova luce su un passato oscuro.
   I governi arabi non avevano alcun interesse ad aprire i loro archivi allo sguardo del pubblico, anche dei ricercatori più favorevoli, giacché sapevano di avere molto da perdere nel rivelare la verità a un pubblico così abituato alle loro menzogne. Ecco dunque una bella sfida per le forze del cambiamento nel mondo arabo: aprire gli archivi e lasciare che la verità venga a galla.
   Le rivelazioni ne usciranno con lentezza - senza dubbio vagliare decenni di informazioni classificate prenderà tempo - ma l'ostinato rifiuto dei vecchi regimi di rivelare il passato fa capire che avevano parecchio da nascondere.
   E rivelare la verità contribuirà senza dubbio a dissipare l'odio che quelle menzogne hanno puntellato così a lungo. Gli storici del conflitto arabo-israeliano, in particolare, dovrebbero riconoscere che la mancanza di accesso agli archivi storici arabi rende il loro lavoro incompleto e le loro conclusioni solo provvisorie. Nondimeno alcuni "nuovi storici" hanno preferito minimizzare la questione o negare del tutto la rilevanza dei documenti arabi, in alcuni casi contribuendo essi stessi hanno a diffondere quelle bugie.
   Le menzogne di Stato su Israele e occidente hanno una lunga storia, nel mondo arabo. L'accusa ai sionisti d'aver cercato di "ripulire etnicamente" la Palestina dalla popolazione araba allo scopo di fare spazio ai loro disegni nazionalisti venne diffusa per la prima volta dalla propaganda nazista in lingua araba, come ha documentato il professor Jeffrey Herf nel suo libro del 2009 "Propaganda nazista per il mondo arabo" [Roma, Edizioni dell'Altana, 2010].
   La stessa propaganda nazista accusava anche gli ebrei di inventare sordide storie circa le loro sofferenze in Europa per ricattare il resto del mondo e costringerlo a sostenere il sionismo, una precoce versione della negazione della Shoà oggi molto popolare nel mondo arabo. I funzionari nazisti propagandavano queste menzogne per giustificare lo sterminio degli ebrei e migliorare le loro relazioni coi paesi arabi del Nord Africa e del Medio Oriente, dove speravano di sopraffare le forze Alleate.
   Molti di quelle storie sinistre sono sopravvissute alla sconfitta delle forze dell'Asse e, dopo la seconda guerra mondiale, hanno conosciuto un rilancio quando i regimi arabi arruolarono nazisti in fuga come Johann von Leers in Egitto a Alois Brunner in Siria, per metterli a capo dei loro dipartimenti di propaganda. Negli anni '50, la propaganda sovietica adottò molti degli stessi temi trasformandoli da un giorno all'altro in slogan "progressisti". Col tempo queste le falsità metastatizzarono come un cancro, divenendo "verità accettate" nelle società arabe.
   A partire dagli anni '80 molti studiosi ebrei anti-sionisti hanno dato credito a quelle menzogne sostenendo d'aver trovato a loro sostegno prove incontrovertibili in documenti degli archivi di Stato israeliani precedentemente classificati. Le loro ricerche erano politicamente motivate e spesso scadenti, ma il fatto che fossero ebrei, e talvolta israeliani, conferiva ai loro scritti un aura di veridicità e uno scudo pressoché imbattibile contro ogni critica. Si prenda ad esempio Ilan Pappe, professore alla Exeter University e capofila dei "nuovi storici".
   Quando non riuscì a documentare che i fondatori d'Israele avessero pianificato una pulizia etnica, postulò che l'assenza di un piano generale per l'espulsione degli arabi palestinesi nel 1948 fosse la prova dell'esistenza di una congiura del silenzio sionista. Per dirla con le parole dello stesso Pappe, "non c'erano ordini scritti, solo un'atmosfera che deve essere ricostruita".
   Per Pappe, è del tutto evidente che "è proprio così che si arriva alla pulizia etnica, con la creazione di quel tipo di sistemi di educazione e indottrinamento che assicurano che ogni soldato e ogni comandante, ognuno con la sua responsabilità individuale, sappiano esattamente che cosa fare quando entrano in un villaggio, anche se non hanno ricevuto nessun ordine specifico di espellerne gli abitanti". In realtà, questo genere di politiche sancite da uno Stato lasciano sempre considerevoli tracce scritte. Per Pappe, dunque, il solo modo per rilanciare una menzogna originariamente concepita dagli scagnozzi arabi di Goebbels è quello di asserire l'esistenza di una congiura del silenzio, costringendo i suoi critici a dimostrare il contrario.
   Pappe e i suoi pari sostengono di basarsi solo su prove di recente rinvenimento, considerano il loro lavoro come conclusivo e definiscono chi li critica "tirapiedi" dell'establishment sionista. Ma gli storici non possono arrivare a una conclusione definitiva finché i governi non aprono i dossier delle loro politiche.
   Se la verità è l'antidoto alle bugie e la propaganda la stampella delle dittature, che gli arabi democratici diano inizio allo smantellamento dei miti. Per decenni le autocrazie arabe hanno disseminato menzogne perniciose e degli storici le hanno perpetuate, gettando benzina sul fuoco dell'estremismo in tutto il Medio Oriente. A riprova che stanno davvero voltando pagina rispetto alle dittature, i riformatori arabi tolgano la censura e aprano al mondo i loro archivi di Stato.

(Osservatorio Sicilia, 23 luglio 2011)

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L'inquinamento da farmaci è in agguato

Dr. Dror Avisar
Implicazioni sanitarie dell'inquinamento pesano sempre più sulla nostra coscienza pubblica, e i rifiuti farmaceutici continuano a essere tra i principali responsabili dell'inquinamento prodotto dalle attività umane. Uno studio dei ricercatori dell'Università di Tel Aviv indica ora che gli attuali test per l'individuazione di questi pericolosi contaminanti non sono così efficienti come potrebbe sembrare. Dror Avisar, capo dell'Hydro-Chemistry laboratory del dipartimento di Geografia e ambiente umano della Tau (Tel Aviv University) spiega infatti che "quando l'ambiente non risulta positivo all'inquinamento legato a uno specifico medicinale, pensiamo che non vi sia contaminazione, ma attraverso processi biologici o chimici come l'esposizione alla luce solare o l'ossidazione, i farmaci si degradano in diverse forme, con le molecole che si rompono, e quindi possono restare in agguato nell'acqua e nel suolo in diverse forme". Nei suoi laboratori Avisar sta svolgendo test intensivi per individuare come i farmaci degradano ed identificare le varie forme che posso assumere nell'ambiente. "Possiamo avere diversi prodotti di degradazione con anche alti livelli di bioattivita'- spiega- gli scienziati ambientali hanno bisogno non solo di identificarli, ma devono anche comprendere i processi biochimici che li producono nell'ambiente". Infatti, degradandosi "i composti formano molecole del tutto diverse". A esempio, il ricercatore della Tau ha individuato nove prodotti della degradazione dell'amoxocillina (antibiotico appartenente al gruppo delle penicilline semisintetiche, usato per infezioni batteriche come nei casi di mal di gola), ognuno con diversi livelli di stabilità. "Due di questi prodotti della degradazione dell'amoxocillina possono anche essere tossici", segnala Avisar.

(IMGPress, 23 luglio 2011)

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Nuove risorse di gas in un giacimento marino davanti a Israele

HAIFA - E' stato scoperto un nuovo strato di gas nel giacimento di Tamar, al largo della costa israeliana. L'entita' del ritrovamento - riferisce il quotidiano Haarezt - non e' stata ancora stimata ma secondo alcuni potrebbe essere largo fino a 25 metri. Il giacimento di Tamar, scoperto nel 2009, e' fra i principali dell'area e nei piani di Tel Aviv dovrebbe cominciare a fornire gas nel 2013 .

(AGI, 22 luglio 2011)

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I Palestinesi chiedono più lavoro, non una dichiarazione di indipendenza

La maggioranza dei palestinesi vuole più posti lavoro, non una dichiarazione unilaterale di indipendenza. E' il risultato del sondaggio condotto da un tandem di due istituti di ricerca: l'israeliano Greenberg Quinlan Rosner Reserch e il Palestinian Center for Public Opinion, su un campione di 1.009 palestinesi (353 in Gaza, 656 in Cisgiordania). Interrogati su quali secondo loro dovessero essere le priorità del presidente Abu Mazen, circa l'80% ha risposto: «La creazione di nuovi posti di lavoro».
Solo il 4% ha invece indicato la dichiarazione di indipendenza unilaterale presso le Nazioni Unite. Il sondaggio ha inoltre fatto emergere che, se si andasse al voto oggi, Abu Mazen vincerebbe su Hamas nella proporzione di 3 a 1, e nessun altro partito riceverebbe più del 5% delle preferenze. La maggioranza degli interpellati ha inoltre dichiarato di supportare una ripresa delle trattative diplomatiche malgrado il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, abbia ribadito in varie occasioni che Gerusalemme non può essere divisa. Solo il 14% dei palestinesi parteciperebbe o approverebbe una Terza Intifada.

(FocusMo, 22 luglio 2011)

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Nel 1942 iniziava oggi la deportazione sistematica degli Ebrei dal ghetto di Varsavia.

Oggi, nel 1942 l'olocausto, inizia la deportazione sistematica degli Ebrei dal ghetto di Varsavia che fu istituito dal regime nazista nel 1940 nella città vecchia di Varsavia, fu il più grande ghetto europeo. La zona, conosciuta come l'antico "ghetto ebraico" di Varsavia, prima dello scoppio della seconda guerra mondiale era abitata in prevalenza da ebrei, i quali costituivano la più grande comunità ebraica dopo quella di New York.
Nel dicembre del 1941 Hitler decise di sterminare gli ebrei d'Europa, durante la Conferenza di Wannsee (20 gennaio 1942), molti leader nazisti discussero i dettagli della "soluzione finale della questione ebraica" (Endlösung der Judenfrage). Dalle minute della Conferenza risulta che il dottor Josef Buhler, segretario di Stato per il Governatorato Generale, spinse Reinhard Heydrich ad avviare la «soluzione finale» nel proprio distretto amministrativo. Le decisioni prese a Wannsee portarono alla costruzione dei primi campi di sterminio nel contesto dell'Operazione Reinhard che provvide alla costruzione ed all'utilizzo di tre centri situati nel Governatorato Generale: Belzec, Sobibór e Treblinka che complessivamente, tra il 1942 ed l'ottobre del 1943, portarono alla morte di 1.700.000 persone deportate dai ghetti attraverso l'utilizzo di camere a gas fisse e mobili che sfruttavano il monossido di carbonio per le uccisioni.

(Il Blog di Radio RSC, 22 luglio 2011)

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Libano-Israele: confini "porosi"

Il cessate il fuoco imposto dalle Nazioni Unite che ha messo fine alla guerra nel Libano settentrionale nel 2006, durerà ancora a lungo secondo un inviato speciale dell'ONU sul territorio. La risoluzione 1701 ha posto fine alle ostilità tra l'esercito israeliano e le forze di Hezbollah filo-iraniane, chiedendo il disarmo immediato dei gruppi armati. Nonostante questo, Micheal Williams, un veterano britannico, continua a sostenere che Hezbollah sta ricevendo cospicui aiuti militari per affrontare un novo attacco.
Secondo il diplomatico, il costante traffico di armi a sud del Paese dovrebbe essere monitorato, in quanto Hezbollah potrebbe ricevere una quantità tale di missili da poter raggiungere molte città israeliane, violando così la Risoluzione internazionalmente riconosciuta. " I confini tra il Libano ed i suoi vicini sono porosi" ha riferito Williams.

(FocusMo, 22 luglio 2011)

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Gattegna: "Alta vigilanza contro l'odio e il pregiudizio"

Nel merito della pubblicazione dell'ampia lista di proscrizione di professori, professionisti e commercianti ebrei apparsa sul web nelle scorse ore il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha dichiarato:
Il razzismo, l'odio e il pregiudizio sono veleni che una volta messi in circolazione risultano difficili da eliminare. Questa realtà ci obbliga a tenere alta la vigilanza per prevenire che la diffusione avvenga e per far sì che l'intossicazione non produca i suoi nefasti effetti.
Non ci stupisce più la insopportabile ripetitività con la quale vengono periodicamente riproposti gli stessi argomenti, le stesse falsità storiche, le stesse menzogne che tanti lutti e tante tragedie hanno prodotto durante il secolo scorso. Quell'immane tragedia che è stata la Shoah ha colpito soprattutto gli ebrei come vittime ma ha portato al degrado civile e morale i regimi nazista e fascista e alla rovina le rispettive nazioni. Nell'Europa di oggi non c'è più spazio per simili ideologie e ci auguriamo che anche nel caso della pubblicazione della lista di professori, professionisti e commercianti ebrei o presunti tali, come già in passato le forze dell'ordine e la magistratura sappiano individuare i responsabili e accertare le violazioni delle leggi in vigore a tutela dell'uguaglianza, della libertà e della democrazia.

(Notiziario Ucei, 22 luglio 2011)

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I diari di Mengele
I diari di Mengele venduti per 300mila dollari

All'asta negli Usa. Il medico nazista li scrisse in Sudamerica

NEW YORK, 22 lug - I diari del medico nazista Josef Mengele, tristemente noto per gli esperimenti pseudoscientifici sui prigionieri di Auschwitz, sono stati venduti in un'asta nel Connecticut per quasi 300 mila dollari. L'acquirente e' un ebreo ortodosso che vuole aprire un museo. Furono scritti tra il 1960 e il 1975, quando Mengele, morto in Brasile nel 1979 a 67 anni, viveva in incognito in Sudamerica. La polizia sequestro' i diari nel 2004 a San Paolo in una casa di tedeschi dove Mengele aveva vissuto.

(ANSA, 22 luglio 2011)

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Niente scuse di Israele alla Turchia per l’assalto alla flottiglia

GERUSALEMME, 21 lug. - Israele non è disposta a presentare le sue scuse alla Turchia per l'assalto alla nave Mavi Marmara del 31 maggio 2010, in cui morirono nove attivisti turchi diretti nella Striscia di Gaza. "Non c'è alcuna ragione, secondo me, per presentare le scuse, nella misura in cui ciò significherebbe che ce ne assumiamo la responsabilità", ha detto il ministro per gli Affari strategici, Moshe Yaalon a Gerusalemme. Il ministro ha ribadito che Israele non è disposto a "esprimere il proprio rammarico per la perdita in vite umane" ed ha precisato che lo stato ebraico è ancora in attesa della relazione della commissione d'inchiesta dell'Onu sulla vicenda. Martedì scorso il diplomatico turco Ozdem Sanberk, membro della Commissione di inchiesta dell'Onu che ha indagato sul raid, aveva detto che Israele potrebbe presentare rapidamente le proprie scuse alla Turchia. La pubblicazione del rapporto delle Nazioni Unite sul raid israeliano contro la Flottiglia della Pace diretta a Gaza è stata rinviata proprio per dar modo a Israele e Turchia di proseguire le loro discussioni in vista di un riavvicinamento diplomatico. L'incursione ha provocato il richiamo dell'ambasciatore turco a Tel Aviv: Ankara esige da Israele - che era il principale alleato nella regione, specie per quel che riguarda le forniture belliche - le scuse ufficiali per il raid. (con fonte Afp)

(TMNews, 21 luglio 2011)

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Bologna: restaurato il tempietto ebraico della Certosa

  
Il tempietto ebraico della Certosa
BOLOGNA, 21 luglio 2011 - Dopo alcuni mesi di lavori, oggi viene restituito alla comunita' ebraica di Bologna il tempietto per i riti funebri ospitato nel cimitero ebraico della Certosa. Alla cerimonia di inaugurazione della piccola struttura, anche il sindaco Virginio Merola, che, in segno di rispetto, indossa la kippah, il copricapo usato dagli osservanti maschi principalmente all'interno dei luoghi di culto. "E' un giorno importante per la citta' perche' questo restauro e' un altro tassello del percorso che la comunita' ebraica sta facendo per la ricostruzione della memoria del contributo dato alla citta'", sottolinea Merola. "Questa giornata rafforza il legame tra noi ebrei e la cittadinanza bolognese", gli fa eco Alberto Sermoneta, rabbino capo della comunita' ebraica di Bologna, che per dare solennita' alla piccola cerimonia di inaugurazione ha recitato un salmo in memoria di Marco Momigliano, primo rabbino capo di Bologna nel 1866, di Alberto Orvieto, successore del primo che non sopravvisse alla deportazione nazifascista, Mario Finzi, musicista e magistrato, anch'egli deportato, e a Franco Cesana, il piu' giovane partigiano d'Italia.
Il restauro del tempietto e' statto possibile grazie ai finanziamenti (30.000 euro) assegnati dal Ministero per i Beni e le attivita' culturali e al contributo della Fondazione del Monte. Il pregetto di recupero e' firmato dallo studio Betarchitetti di Daniele De Paz e Giacomo Ricci insieme ad Andrea Morpurgo per gli aspetti storico architettonici. Il sindaco nel suo intervento cita un passo biblico: "Dio chiede ad Abramo 'dove sei?' E' una domanda su come stiamo usando la nostra vita. E' una domanda che tutta la comunita' bolognese si dovra' porre. La Comunita' ebraica e' l'esempio che le difficolta' si possono affrontare".

(il Resto del Carlino, 21 luglio 2011)

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A Milano in Centrale si combatte con la tecnica degli 007 israeliani

Il krav maga è un sistema di tecniche di combattimento e sopravvivenza nato in Israele nella prima metà del XX secolo grazie a Imi Lichtenfeld, un ufficiale dell'Esercito esperto in tecniche di lotta occidentali. Il termine krav maga significa letteralmente 'combattimento con contatto'. Questo sistema venne ideato da Lichtenfeld su richiesta del governo israeliano: gli venne commissionato di sviluppare un sistema di combattimento efficace ma rapido da apprendere, al fine di addestrare le neonate forze speciali israeliane. In queste immagini una dimostrazione di questa disciplina andata in scena in stazione Centrale, a Milano, per la 'Central sport week': in programma anche eventi di calcio freestyle, kickboxing e basket coreografico.

(la Repubblica, 21 luglio 2011)

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Due mozioni oggi alla Camera: più pressione su Damasco

ROMA, 21 lug - Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si pronunci al più presto sulla crisi siriana. A chiederlo due mozioni oggi all'attenzione dell'Aula di Montecitorio. Una, prima firmataria Fiamma Nirenstein (Pdl), è sottoscritta anche da parlamentari di Udc, Fli e Pd, l'altra è presentata dai deputati dell'Italia dei Valori e porta come primo firmatario Leoluca Orlando. Entrambe condannano la repressione della 'primavera araba' portata avanti dal regime di Bashar al Assad e chiedono di aumentare la pressione diplomatica verso Damasco, ma la mozione presentata da Fiamma Nirenstein si spinge oltre e chiede di garantire "l'accesso alla stampa internazionale" e avviare "una missione di inchiesta delle Nazioni Unite" per valutare la situazione umanitaria del Paese.
Nella mozione bipartisan, inoltre, c'è un chiaro riferimento all'appoggio di Hamas, di Hezbollah e dell'Iran di Ahmadinejad al regime di Damasco: "Bashar al Assad - si legge nel testo - ha consolidato anche il sostegno all'organizzazione terroristica di Hamas, riconosciuta come tale anche dall'Unione europea dal 2004, la cui presenza a Damasco consta del principale ufficio dell'organizzazione guidato da Khaled Mashal. Assad mantiene anche stretti rapporti con gli Hezbollah, organizzazione estremista islamica sciita, armata dall'Iran con l'aiuto siriano, che tiene oggi il Libano in uno stato di intimidazione tramite un Governo minoritario". ???"La Repubblica islamica dell'Iran - prosegue la risoluzione bipartsian - osserva con attenzione quel che accade in Siria, offrendo appoggio alle forze del regime e alla repressione della rivolta nel Paese; secondo quanto riferiscono diverse testate giornalistiche e testimonianze, a guidare i poliziotti antisommossa nella città di Latakia ci sarebbero elementi che non vestono la divisa della polizia e che tra loro parlano in persiano; sono stati notati anche diversi elementi identificati come Hezbollah".

(Agenparl, 21 luglio 2011)

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Da Francia e Israele super-piani di sicurezza per Sochi 2014

Timori per l'instabilità della regione caucasica

 
MOSCA, 21 lug. - Promette buoni affari il settore sicurezza in Russia in vista delle Olimpiadi invernali del 2014 a Sochi, nel Caucaso settentrionale. Il gruppo francese Thales, scrive oggi il quotidiano Vedomosti, ha presentato a Mosca proposte per la messa in sicurezza degli impianti di sci, con piani di innalzata sorveglianza per le "infrastrutture sensibili" e un sistema di controllo per proteggere l'intera area dei giochi ed evitare in particolare "l'introduzione di armi e sostanze radioattive".
Sempre secondo Vedomosti, anche la società israeliana Elbit System presenterà presto le sue proposte. E gli addetti ai lavori per Sochi 2014 non escludono che Mosca decida di utilizzare i servizi di entrambe le società.
La sicurezza alle Olimpiadi invernali "è compito dello stato e dal risultato dipende non solo il destino del progetto, ma dell'intera regione", dichiara Ahmed Bilalov, presidente del board di "Stazioni del Caucaso", il gruppo pubblico a cui è affidata l'organizzazione turistica dell'evento. La sicurezza, insomma, è priorità assoluta, in una località che si trova a ridosso delle repubbliche sempre più inquiete di Dagestan, Inguscezia, senza contare la sempre instabile Cecenia, da dove il conflitto con le forze islamiste si è diffuso all'intera regione.
Un primo allarme concreto è arrivato lo scorso inverno, in febbraio, quando tre sciatori russi sono morti in un attentato a una teleferica in Kabardino Balkaria, alle pendici dell'Elbrus, la più alta montagna d'Europa con i suoi 5.642 metri.

(TMNews, 21 luglio 2011)

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Voci nell'OLP insistono per far ritardare la richiesta di Stato palestinese alle Nazioni Unite

Nabil Amr, membro del Consiglio Centrale dell'OLP ed ex ministro dell'Autorità Palestinese, ha dichiarato che la leadership dell'Autorità Palestinese con il suo progetto di richiedere a Settembre alle Nazioni Unite di riconoscere uno Stato palestinese è salita su "un albero molto alto" . "Tuttavia - ha ammonito - la leadership non ha alcuna garanzia di essere in grado di scendere con tutta sicurezza da quell'albero" e quindi ha consigliato all'Autorità Palestinese di ritardare questa richiesta di un altro anno. Amr è il primo funzionario anziano dell'OLP ad esprimere pubblicamente le sue riserve sul tentativo di statalità dell'Autorità Palestinese , molti altri funzionari in Cisgiordania sono contrari a questa mossa ma hanno rinunciato a esprimere il loro parere in pubblico.
   Amr ha avanzato questa richiesta poiché teme che questo piano possa danneggiare le relazioni palestinesi con gli Stati Uniti e con i molti paesi dell'Unione europea che vi si oppongono. "Il consiglio dell'OLP nei prossimi giorni discuterà la questione della statalità e l'intenzione di presentarsi alle Nazioni Unite a Settembre - ha detto Amr - io personalmente consiglio alla leadership di ritardare questa richiesta alle Nazioni Unite di un altro anno, per allora saremo molto più preparati di quanto lo siamo ora," esprimendo anche la sua speranza che il ritardo possa creare un clima migliore per la ripresa del processo di pace "in linea con gli interessi dei palestinesi". "L'Autorità Palestinese si assume un rischio andando alle Nazioni Unite nonostante l'opposizione delle Nazioni più importanti a livello internazionale, la dirigenza dell'Autorità Palestinese non è riuscita a valutare correttamente le reazioni al piano di statalità di queste Nazioni " ha dichiarato.
   Un funzionario israeliano ha ripreso le dichiarazioni di Amr: "chiunque conosca la realtà, capisce che il percorso delle Nazioni Unite è un vicolo cieco e l'unico modo per avere sia la pace che uno stato palestinese è attraverso negoziati israelo-palestinesi diretti ". "Non c'è ottimismo su questo " ma allo stesso tempo -ha detto il funzionario - israeliani e funzionari degli Stati Uniti stanno "lavorando seriamente" per trovare le opzioni che potrebbero ovviare alla necessità dell'Autorità Palestinesi di andare alle Nazioni Unite.
   Il primo ministro Benjamin Netanyahu, nel frattempo, ha rilasciato la sua prima intervista di 30 minuti, martedi scorso presso il suo ufficio, alla panaraba Al Arabiya, network di proprietà saudita, con sede a Dubai. Il messaggio che Netanyahu ha cercato di trasmettere durante l'intervista era il suo desiderio di raggiungere un accordo di pace. Ha aggiunto che i palestinesi stanno commettendo un errore nel rifiutare di impegnarsi e negoziare con lui e che sono stati sprecati due anni. Secondo quanto riferito dall'ufficio del Primo Ministro, la decisione di rilasciare l'intervista è stato uno sforzo da parte di Netanyahu per far giungere il suo messaggio direttamente al pubblico arabo. Anche se Al Jazeera è la rete più grande e più influente, si è presa la decisione di andare da un concorrente perché "trasmette notizie più dirette".

(FocusMo, 21 luglio 2011)

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Israele. caro affitti, giovani in piazza e proteste in tenda a Tel Aviv

ROMA, 21 luglio '11 - Giovani in piazza anche in Israele. Tel Aviv, da sempre la città laica e libertina, giovanile e non conformista dello Stato, vede da diversi giorni stazionare giorno e notte con tende e stand improvvisati molti ragazzi, da alcuni ribattezzati "indignados" come i coetanei spagnoli. La protesta, che però si svolge anche nella "tradizionalista" Gerusalemme ed in altre località, nasce da un incontrollabile aumento dei canoni d'affitto delle case. La speculazione dei proprietari e delle imprese immobiliari ha oramai raggiunto livelli insostenibili, e si è andata approfondendo giocando sul crescente afflusso di persone, soprattutto giovani, studenti o coppie, che da tutto il paese si trasferiscono a Tel Aviv. Oramai ben oltre il 50% dei salari e degli stipendi viene assorbito dal costo degli affitti, mentre al contempo vengono sempre più costruiti su larga scala appartamenti di lusso.
   Così, iniziando da una protesta sul web, e in una dimostrazione lanciata sui social media dalla venticinquenne Daphni Leef che ha dovuto lasciare la sua casa per l'aumento spropositato dell'affitto, e fatta rimbalzare da altri attivisti in rete, centinaia di giovani si sono radunati tra Viale Rothschild e Piazza Habima. Proclamando, come è tradizione giovanile di questi tempi, di non essere legati ad alcuna organizzazione politica ed anzi di essere "apartitici", i ragazzi hanno avuto il sostegno di movimenti giovanili, a partire dall'Unione nazionale studenti e di diversi partiti di sinistra, come dei centristi progressisti di Kadima. Alcuni esponenti politici si sono poi "affacciati" tra i giovani dimostranti in tenda ma, a differenza degli spagnoli, mentre i personaggi di destra (che dominano il governo di Benjamin Netanyahu) sono stati contestati, i ragazzi hanno accolto benevolmente e applauditi tra gli altri l'ex ministro laburista Herzog, il deputato-giornalista pro diritti civili Nitzan Horowitz della sinistra socialista Meretz, come anche Khenin della sinistra alternativa Hadash (il Fronte Democratico per la Pace e l'Uguaglianza). L'esecutivo, intanto, cercando di correre ai ripari ha approvato un piano per nuove costruzioni in tutto il paese, inserendovi arbitrariamente anche nuove colonie nei Territori occupati. Ritenuto il progetto del tutto inefficace e tardivo, l'opposizione ha duramente contestato l'inazione governativa di fronte alla crisi immobiliare ed ha presentato una serie di mozioni di sfiducia alla Knesset.
   Tzipi Livni, la leader di Kadima, il primo partito di opposizione a Netanyahu, ha accusato il Premier di avere come guida una pura "ideologia del bilancio", di non aver mai sostenuto in questi anni l'edilizia residenziale pubblica, né varato agevolazioni fiscali, e facendo notare come il problema casa non sia sentito solo a Tel Aviv. Sulla protesta giovanile, che suscita simpatia tra la popolazione e preoccupazioni nelle sfere governative, si è espresso perfino il Governatore della Banca centrale, Stanley Fischer, confermando che il caro-affitti è un problema per Israele.

(Fuoritutto, 21 luglio 2011)

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Se la guerra conviene ai leader arabi in crisi

di Fiamma Nirenstein

Quando un leader ha come scopo di rafforzare il suo potere e di sfuggire a qualsiasi resa dei conti, cosa fa? Mette in piedi un conflitto esterno con relativa teoria della cospirazione, fa polverone e crea rumore di spari, sparge sangue e chiama alle armi... insomma fa una guerra. Questa è la situazione mediorientale oggi, specialmente dopo le rivoluzioni che abbiamo benevolmente chiamato «primavera araba». Chi le ha fatte, chi le sta facendo, chi le teme... Ovunque tuttavia l'incertezza del futuro solleva un clangore di spade, o meglio un ergersi di missili, e naturalmente il nemico evocato per il proprio comodo è Israele con l'intero contorno americano e occidentale, se è vero che oggi il presidente degli Stati Uniti Obama risulta nel mondo musulmano ancora meno amato di George Bush.
   I più esplicitamente determinati alla guerra per evitare i propri guai, sono gli hezbollah, la milizia sciita che l'Iran e la Siria armano e mantengono come un autentico esercito di dominazione in Libano: Saad Hariri, figlio di Rafik, ha dichiarato da Parigi, dove ha riparato, che il vero problema del suo Paese sono gli hezbollah, perché non sanno come usare le loro batterie. Un nuova rivoluzione democratica potrebbe tentare di eliminare questa continua ipoteca che pesa sul Libano specie da quando gli hezbollah sono stati accusati ufficialmente dal Tribunale Internazionale di avere ucciso il primo ministro Rafik Hariri nel 2005 e quindi Nasrallah si agita accusando Israele di ogni male per scampare al giudizio. Il Libano tuttavia ormai si interroga sul senso di tutte quelle armi accumulate da Nasrallah: così il capo di Hezbollah, promette nei suoi tipici discorsi d'odio una nuova guerra, stavolta a causa delle acque territoriali. Israele infatti ha scoperto in mare una quantità di gas naturale, Nasrallah ha subito lanciato una campagna furiosa e pretestuosa, dal momento che Israele delimitò con Cipro le sue acque nel 2007, e il Libano fece lo stesso firmando un accordo con Cipro. Ma Nasrallah usa l'argomento come un vero casus belli. Una situazione molto pericolosa, aumentata dalla crisi dei suoi alleati, Siria e Iran.
   
  
Lancio di missili Fajir 5
Dell'Iran basterà dire che Ahmadinejad è personalmente in rotta con la leadership religiosa, che il Paese è tutto proiettato verso un cambiamento che solo la repressione impedisce, e che qualsiasi fuoco esterno può far comodo.
    Assad di Siria, specie dopo gli scontri sanguinosi di questo fine settimana in cui anche Damasco è stata tartassata e dopo la riunione di Istanbul che ha creato una forte coalizione di opposizione, ha perso qualsiasi residuo di fiducia da parte del mondo esterno: che cerchi di buttarla in scontro con Israele lo si è già visto quando ha buttato dentro i confini dello Stato Ebraico centinaia di concittadini e di profughi per creare una provocazione. Ma ancora più significativo è che, nonostante la rivoluzione, Damasco abbia accelerato i rifornimenti di armi, inclusi missili balistici avanzati, agli Hezbollah. Con l'aiuto di esperti iraniani e nordcoreani, la Siria seguita a produrne in un sito segreto, «la montagna dei missili». Hezbollah, grata, collabora, dicono i ribelli, nella repressione. Anche Hamas, che ha sparato parecchi missili da Gaza in questi giorni, ha circa 10mila proiettili balistici di cui i Fajr 5 che possono raggiungere Tel Aviv.
   Per altro, oltre allo schieramento legato all'Iran, la situazione è pericolosa per la pace anche in zona sunnita. In Egitto il consiglio militare sta muovendosi per porre le basi per una nuova costituzione che protegga e espanda la sua autorità, e un esercito al potere è più forte quando la situazione con i vicini è tesa: del resto non c'è candidato alle prossime elezioni che non abbia dichiarato di voler rivedere o cancellare il trattato con Israele. Inoltre avanza a grandi passi l'alleanza con l'Iran. E persino in Tunisia la rivoluzione ha prodotto una bozza di costituzione che, con qualche opposizione, proibisce qualsiasi normalizzazione con Israele. Per essere la migliore speranza di chi si aspetta che la primavera araba dia frutti di pace e democrazia, andiamo bene.

(il Giornale, 21 luglio 2011)

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Gerusalemme: il 26 luglio la Conferenza dell'alberghiero

Il 26 luglio prossimo, presso il Dan Hotel di Gerusalemme, si terrà una conferenza per promuovere lo sviluppo dell'industria alberghiera nella Città Santa; l'incontro è organizzato dal ministero del Turismo israeliano e dal comune di Gerusalemme. E' prevista la partecipazione di imprenditori, gestori e proprietari di hotel e rappresentanti di banche interessate a questo settore, mentre tra i relatori spiccano il ministro del Turismo, Stas Miseznikov, e il sindaco, Nir Barkat, oltre al presidente della Associazione alberghiera, Ami Federman. Durante la conferenza, tra le altre cose, verranno presentati al pubblico progetti per nuovi hotel e saranno illustrati la strategia e gli strumenti a cui ministero e comune intendono fare ricorso per attrarre investimenti.

(FocusMo, 21 luglio 2011)

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Gerusalemme e Tel Aviv nella top 3 del Medio Oriente

Gerusalemme e Tel Aviv sono nella top 3 delle migliori città da visitare in Medio Oriente e Africa. Lo sostiene la famosa rivista americana Travel+Leisure Magazine, che nella sua classifica annuale ha assegnato alle due città, rispettivamente, il secondo e il terzo posto nella regione mediorientale-africana. Il primo se l'è aggiudicato Cape Town, il quarto e il quinto sono andati al Cairo e a Dubai. Il magazine - considerato un'autorità in materia di turismo - ha chiesto ai propri lettori (oltre un milione) di contribuire alla classifica, dando un voto ai servizi e in generale all'offerta turistica delle varie città in lizza, ripartite in sei aree geografiche. Questa competizione virtuale tra comuni viene disputata ormai da sedici anni, e non solo. Travel+Leisure dà infatti i voti anche a isole, hotel, compagnie aeree e altro ancora. Il ministro del Turismo israeliano, Stas Miseznikov, ha commentato con soddisfazione gli ottimi piazzamenti, ricordando che negli ultimi due anni il ministero ha rinforzato le proprie attività di marketing nel mondo per cercare di costruire un'immagine diversa d'Israele: la Terra Santa con Gerusalemme al centro e con un focus differente su Eilat e Tel Aviv. La strategia punta ad attirare viaggiatori appartenenti a categorie diverse; e finora i dati sembrano dare ragione a questo approccio: il 2010 ha visto una presenza record di turisti e i primi sei mesi del 2011 hanno fatto registrare numeri simili allo stesso periodo dello scorso anno.

(FocusMo, 20 luglio 2011)

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Israele, i medici scendono in piazza

Si allarga la protesta sociale della classe media sul modello degli "indignados"

Camici bianchi per strada a Tel Aviv
Centinaia di medici del settore pubblico sono scesi oggi in strada, in diverse città d'Israele, dopo aver proclamato uno sciopero senza preavviso, contro la perdita di potere d'acquisto dei loro stipendi e le condizioni di lavoro negli ospedali.
L'iniziativa ha preso forma sullo sfondo d'una generale ondata di proteste che coinvolge in queste settimane varie categorie di salariati e settori sempre più ampi della classe media, alle prese con problemi che vanno dal carovita all'insostenibilità dei costi delle case a Tel Aviv e altrove.

Carenze d'organico
I medici, che erano stati fra i primi ad alzare la voce alcuni mesi or sono, hanno rotto gli indugi dopo il fallimento del tavolo di trattativa aperto col ministero delle Finanze. La cui offerta di incrementi salariali è stata respinta perché non accompagnata - secondo i rappresentanti di categoria - da alcuna risposta sulla questione del sovraffollamento delle strutture sanitarie pubbliche, dalle mancate assunzioni e della denunciata carenza d'organico negli staff medici e paramedici.
Ad Haifa un gruppo di dimostranti ha bloccato in camice bianco una delle principali arterie cittadine, mentre centinaia di colleghi hanno abbandonato stamattina all'improvviso reparti, ambulatori e cliniche di Tel Aviv per dar vita a un corteo.

Il costo sociale delle riforme
Risparmiato dalla crisi economica che ha investito mezzo mondo, e forte di un tasso di crescita ancora confortante, Israele deve fare tuttavia i conti con l'altra faccia della medaglia: i contraccolpi sociali a medio-lungo termine delle riforme liberalizzatrici avviate nel decennio passato dall'allora ministro delle Finanze (e attuale premier), Benyamin Netanyahu (Likud, destra). Riforme che hanno permesso al Paese di ritrovare ossigeno dopo l'impantanamento del vecchio sistema socialista e che però, anche per gli effetti delle politiche di rigore finanziario, rischiano ora di produrre conseguenze pesanti su fasce sociali diffuse. Come dimostra il crescente malcontento di consumatori e cittadini, la cui "rivolta" alcuni media hanno già paragonato a quella dei cosiddetti indignados spagnoli o di altri Paesi europei.

(RSI.ch, 20 luglio 2011)

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Shapiro è il nuovo ambasciatore americano in Israele

Daniel Shapiro è il nuovo ambasciatore americano in Israele, il diciottesimo. Oggi Shapiro si insedierà nel paese israeliano sostituendo Richard Cunningham, che dopo tre anni lascia la sua carica di ambasciatore in Israele per insediarsi come vice nell'ambasciata americana a Kabul. Shapiro, 41 anni, una laurea in Vicino Oriente e Studi Giudaici presso la Brandeis; un master in politica mediorientale ad Harvard ed è uno dei più stretti confidenti per il Medio Oriente del presidente Usa Barack Obama. Shapio parla correntemente l'ebraico.
Attivissimo nella comunità ebraica di Washington e membro della Sinagoga Adas di Israele sarà accompagnato in questa carica di ambasciatore da sua moglie e dai suoi tre figli. Prima di arrivare a Tel Aviv, Shapiro è stato Direttore senior per il Medio Oriente e per il Nord Africa per la Casa Bianca. Prima del suo coinvolgimento con Obama, Shapiro ha lavorato come lobbista di Washington e in diversi uffici del Congresso e il National Security Council durante l'amministrazione Clinton. Inoltre è stato il Vice capo dello staff del senatore Bill Nelson (D-Florida) e consulente personale del senatore Dianne Feinstein (D-California).

(FocusMo, 20 luglio 2011)

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Amr: l'Autorità Palestinese ritardi la sua sovranità

"Consiglio all'Autorità palestinese di rivedere il proprio piano, di ritardare il riconoscimento della loro sovranità, quindi dello stato palestinese, di un altro anno". Queste sono le parole di Anbil Amr, membro del Consiglio Centrale dell'OLP ed ex ministro della PA.La critica di Amr avviene all'indomani della decisione dell'Autorità Palesinease di voler il riconoscimento dello stato della Palestina nel mese di settembre.
Amr è il primo alto ufficiale dell'OLP a esprimere pubblicamente riserve sul tentativo di sovranità dell'Autorità Palestinesi. Molte autorità in Cisgiordania concordano con le parole di Amr, ma fino ad'ora tutti hanno rinunciato a esprimere il loro parere in pubblico. Per Amr questo ritardo da parte l'autorità palestinese gioverebbe senz'altro al processo di pace in Medio Oriente, creando di sicuro un clima migliore per gli interessi dei palestinesi. In un'ultima analisi Amr aggiunge che l'Autorità Palestinese ha assunto notevoli rischi rivolgendosi direttamente alle Nazioni Unite, nonostante l'opposizione dei partiti più importanti sulla scena internazionale.

(FocusMo, 20 luglio 2011)

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La più grande ex discarica d'Israele si trasforma in un parco

La discarica di Hiriya, tra Tel Aviv e Ramat Gan, non è più in funzione dal 1998. Ma finora i suoi oltre 800 ettari erano rimasti inutilizzati. Ora invece quello che la stampa israeliana definisce un «pugno nell'occhio» verrà convertito in un parco dedicato all'ex Primo ministro Ariel Sharon, sostenitore entusiasta di questo progetto, sul tavolo da anni e ora finalmente in via di implemetazione.
Il piano prevede, tra le altre cose, la costruzione di un anfiteatro, ristoranti e bar, terreni sportivi e siti dedicati all'insegnamento, dove i bambini impareranno nozioni di ecologia. E' previsto anche un servizio di navette elettriche che permetteranno di spostarsi all'interno dell'area. Il budget stanziato è di 250 milioni di dollari. Terminati i lavori, il Parco Ariel Sharon dovrebbe coprire una superficie pari a tre volte il Central Park di New York.

(FocusMo, 20 luglio 2011)

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Isreale-Libano, la nuova guerra del gas off-shore

di Emanuela De Marchi

I due paesi rischiano un nuovo scontro per accaparrarsi i nuovi giacimenti marittimi. All'Onu l'ultima parola, ma Israele potrebbe rifiutarsi

  
Un confine bollente, quello tra Libano e Israele. Anche quello marittimo. Il nuovo oggetto della disputa sono i due immensi giacimenti di gas di Tamar e Leviathan, scoperti dalla compagnia israeliana Delek Energy rispettivamente a 90 e 30 chilometri a largo di Haifa a nord del Paese.
Due super giacimenti di gas. Israele e Libano, ancora ufficialmente in guerra, rivendicano su questi giacimenti la piena ed esclusiva sovranità affermando che si trovano nella loro zona economica esclusiva (ZEE). La posta in gioco è alta. A 1.634 metri sotto il livello del mare la riserva di gas naturale contesa è di circa 700 miliardi di metri cubi (238 miliardi per Tamar e 453 miliardi per Leviathan) per un valore di 90 miliardi di dollari (63,6 miliardi di euro).
I giacimenti "strategici". Si tratta della scoperta più importante degli ultimi dieci anni. Da sola potrebbe permettere l'indipendenza energetica di Israele per circa tre decenni senza dover più contare sull'Egitto che le forniva il 43% di gas naturale. Infatti, dopo la caduta di Hosni Mubarak i rifornimenti energetici egiziani non erano più sicuri. Anche il Libano è un paese povero di risorse naturali, per questo il contenzioso riveste un'importanza cruciale, in questo caso soprattutto sul piano economico. Il libano ha un debito di 52 miliardi di dollari ossia il 147% del Pil nazionale.
L'ultima parola all'Onu. In queste ultime settimane la tensione tra i due paesi è cresciuta in modo significativo. Per entrambi queste risorse naturali rappresentano un obiettivo d'importanza strategica e nessuno dei due sarà disposto a rinunciarvi facilmente. Sarà l'ONU a valutare la situazione sulla base della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (CNUDM), applicando le norme sulla delimitazione delle zone economiche esclusive. Israele non ha firmato la Convenzione e per questo si rifiuta di accettare una simile soluzione. È questo dunque l'inizio della "guerra del gas" nel Mediterraneo che andrà avanti per lungo tempo.

(Diritto di critica, 20 luglio 2011)

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Che venga a galla la verità storica

di Emanuele Ottolenghi

Tutti i regimi autoritari temono la verità. Come disse l'infame capo della propaganda nazista Joseph Goebbels, "se dici una menzogna abbastanza grande e continui a ripeterla, la gente finirà per crederci. La verità è il nemico mortale della menzogna e dunque, per estensione, la verità è il più grande nemico dello Stato".
I regimi arabi non hanno fatto eccezione. Sperando di sviare le critiche, per decenni hanno dato in pasto al loro pubblico bugie e falsificazioni, demonizzando nemici - Israele in particolare - allo scopo di nascondere i loro fallimenti ed evitare di assumersene la responsabilità. Ora la "primavera araba" offre la possibilità di rimettere le cose a posto. Nella misura in cui le sollevazioni che scuotono il Medio Oriente e il Nord Africa sono genuine rivoluzioni democratiche, esse possono gettare nuova luce su un passato oscuro. I governi arabi non avevano alcun interesse ad aprire i loro archivi allo sguardo del pubblico, anche dei ricercatori più favorevoli, giacché sapevano di avere molto da perdere nel rivelare la verità a un pubblico così abituato alle loro menzogne....

(israele.net, 20 luglio 2011)

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L'indipendenza economica della Palestina

L'Autorità Palestinese ama vantarsi della crescita economica della Cisgiordania, che sembra abbia raggiunto l'8%, e allo stesso modo il governo israeliano sostiene che una Palestina prospera sarebbe un partner più facile con cui negoziare. Una terza Intifada produrrebbe inevitabilmente una crisi economica.
In Cisgiordania e a Gaza ci sono oltre 200 ONG, e il 30% del Pil proviene dagli aiuti internazionali. Si potrebbe dire che la comunità palestinese è tra le più aiutate al mondo dal punto di vista finanziario. Attualmente molti sono i ristoranti eleganti in costruzione, i nuovi alberghi e le infrastrutture.
L'UNRWA, l'agenzia per il soccorso e l'occupazione dei profughi palestinesi, ha stabilito che non vengano considerati profughi solo i palestinesi che fuggirono dalle loro case nel 1948 ma anche i loro figli, nipoti e pronipoti.
Nel 1950 c'erano 750.000 palestinesi in Medio Oriente, ora ce ne sono 4,8 milioni. L'organizzazione UNRWA è considerata una sorta di 'agenzia interinale'.
Una piena statalità a settembre, potrebbe non condurre ad una totale indipendenza quindi. La dipendenza dagli aiuti, conseguenza dei posti di blocco e della mancanza di libertà di circolazione dei beni, si farebbe subito sentire.

(FocusMo, 20 luglio 2011)

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Forza Palestina, facci un gol

di Alessandra Bianchi, da Ramallah

Bambini palestinesi giocano col pallone
Una Nazionale, un campionato vero, ma anche nuove strutture per far giocare i bambini dei campi profughi. Così, grazie al pallone, in Cisgiordania e Gaza si prova a dare un calcio al passato
   E se ci provassimo col calcio? Fallite o quasi tutte le altre strade, qualcuno si è messo in testa l'idea meravigliosa di mettere un pallone ai piedi dei bambini invece che un mitra nelle loro mani. E di dare così un calcio alla guerra utilizzando il pallone come potente veicolo massmediatico per propagandare un sogno: quello di uno Stato palestinese. Lo sport, vecchio trucco ma sempre nuovo, al servizio della causa per provocare consenso e simpatia.
   Grazie a un progetto che riguarda i ragazzi, certo, ma che ha anche bisogno di star (in sedicesimo), un campionato professionistico, e una Nazionale che si sta giocando la possibilità di accedere ai gironi di qualificazione dei prossimi mondiali in Brasile. L'idea risale a tre anni fa, ha avuto bisogno di una non facile semina che sta dando solo adesso i primi frutti, ha il convinto sostegno della Fifa, è accompagnata dall'aiuto di alcune federazioni (tra cui quella italiana), ma non avrebbe mai visto la luce se per primi non ci avessero creduto i politici. Compreso il presidente dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen che, incontrando di recente Lilian Thuram, l'indimenticato campione francese coinvolto nella promozione del calcio a queste turbolente latitudini, ha dichiarato: "Non solo economia e politica, dobbiamo parlare anche di sport". Sottinteso: alla Palestina serve soprattutto per un deciso cambio d'immagine.
   Non a caso, tre anni fa appunto, nell'Anno zero del calcio palestinese, fu scelto per guidare il progetto uno dei loro personaggi più rappresentativi, quel Jibril Rajoub, 58 anni, che ne ha passati 18 nelle carceri israeliane, è stato il responsabile dei servizi di sicurezza di Yasser Arafat, ed è chiacchierato come possibile successore di Abu Mazen. Un uomo di tanto spessore, oltre a continuare a occuparsi di politica in Fatah, ha sommato le cariche di presidente della Federcalcio e del Comitato olimpico.
   Nel duplice ruolo di uomo di potere e, ora, di sport, nel suo ufficio di Ramallah racconta questa sua nuova esperienza: "Quando sono stato eletto ho cominciato a studiare un mondo che non conoscevo. E ho capito che ci può essere molto utile. Il calcio ci può aiutare a esportare la nostra causa e dobbiamo educare i giovani con i valori dello sport. Ho capito che è il modo migliore per lottare contro la più lunga occupazione della storia contemporanea. Attraverso lo sport possiamo gridare: basta guerre e sofferenze per la Palestina". Non si sarebbero fatti i progressi che ci sono stati se a un entusiasmo fecondo ma ingenuo non fosse stata affiancata l'esperienza di un professionista. Incarnata da Jérôme Champagne, francese, per 11 anni al fianco di Sepp Blatter alla Fifa e ora assunto a Ramallah con la qualifica di consigliere per lo sviluppo dello sport.
   Completamente catturato dal nuovo incarico, Champagne osserva i risultati ottenuti e afferma: "Abbiamo fatto molto, ma c'è ancora tanto da fare e i prossimi progetti riguardano la creazione di una televisione e di altre strutture per i praticanti". Oltre alla ricerca di altri sponsor che affianchino la compagnia telefonica Jawwal, di proprietà di Munib al Masri, il più ricco uomo d'affari palestinese con casa palladiana sulle colline di Nablus, che garantisce 500 mila dollari l'anno.
   Il tanto fatto va così riassunto. Costruzione di scuole calcio ovunque sia possibile e talvolta anche dove sembrerebbe impossibile, come in alcuni tra i più disastrati campi profughi dove vivono 700 mila persone. Un'Accademia del calcio per under 15 e under 18 di cui nello scorso mese di maggio è stata posata la prima pietra. Un campionato femminile a undici giocatrici a cui partecipano sei squadre mentre sino a prima per le ragazze c'era solo il calcio a cinque (e anche nei campi profughi ci sono insegnanti che stimolano le donne a praticare lo sport). In una delle città simbolo dell'occupazione, Hebron, un moderno centro sportivo con piscina nel quartiere povero di Tarek Ben Ziad, finanziato oltre che dalla municipalità, dalla Federazione sportiva e ginnica francese attraverso l'Agenzia per lo sviluppo transalpina. Infine, il fiore all'occhiello, lo stadio Faisal al-Husseini, spalti con 13 mila posti ad Al Ram, non lontano da Gerusalemme, pure inaugurato di recente e dove si esibisce la Nazionale (ora numero 167 della classifica Fifa) che ha da poco eliminato l'Afghanistan in un doppio confronto tra Paesi che sanno cosa sia la guerra, ed ora deve affrontare (23 e 28 luglio) la Thailandia nella sfida che permetterà ai vincenti di entrare nel girone asiatico di qualificazione per i Mondiali del 2014 in Brasile.
   l nuovo stadio (dove si è già esibita il 12 giugno scorso anche la rappresentativa under 20 italiana, la prima squadra occidentale a giocare in Cisgiordania) oltre che ospitare gli allenamenti e le partite della Nazionale, è anche utilizzato da diverse squadre che, per carenza di impianti, ne possono usufruire solo per un'ora al giorno e dividendosi in due il terreno. Un reale intralcio alla crescita del livello di gioco che parte da un punto molto basso. Come conferma uno dei tecnici: "Qui schieriamo ancora il libero, per anni non si è giocato a causa dei vari conflitti e non ci sono stati aggiornamenti tecnici". E come conferma il commissario tecnico della Palestina, l'algerino Moussa Bezaz, arrivato nel 2009: "I giocatori non hanno una preparazione che permetta loro di mantenere il ritmo per novanta minuti e non si esercitano sui tiri da lontano".
   Quando lo chiamarono alla guida dei "Fidaì" o dei "Fersans" (i soprannomi per i giocatori della Nazionale, che significano rispettivamente "Sacrificati" e "Cavalieri"), Bezaz ricorda di aver risposto: "C'è il calcio il Palestina? Ci devo andare con l'elmetto?". Il calcio c'è e l'elmetto non serve; però sono ancora molti gli ostacoli per poterla definire una squadra normale: "Ci sono calciatori che vengono da Gaza e altri che arrivano dall'estero e che sono bloccati all'ultimo momento. Così devo chiamare più giocatori per ogni ruolo in modo da non trovarmi scoperto. Finora non sono mai riuscito a schierare la formazione tipo". Il presidente del Cio, Jacques Rogge, si è impegnato a parlare con le autorità israeliane affinché rendano agevoli gli spostamenti degli atleti. Ma il problema rimane. Emblematico il caso di Suleiman Obied, 29 anni, centrocampista, nato a Gaza, e che da tre anni non riesce a rientrare per vedere i familiari.
   I calciatori più importanti guadagnano uno stipendio tra i 2 e i 4 mila dollari dove il salario medio si aggira sui mille. E partecipano al primo, vero campionato professionistico varato quest'anno, il West Bank Premier League con 12 squadre di cui quattro dei campi profughi e otto città rappresentate. A Gaza c'è un torneo separato per ovvi motivi di mobilità.
   Il campionato (assieme alla Nazionale) dovrebbe essere il volano per il decollo definitivo di uno sport già molto amato: le partite più importanti dei campionati europei trasmesse da Al Jazeera provocano adunate di tifosi nei locali in cui vengono trasmesse. Squadre più popolari: il Barcellona e il Real Madrid, la Spagna fa ovviamente tendenza. In attesa che, dalle scuole calcio fresche di vernice, possa uscire domani un campione che porti il nome della Palestina in giro per il mondo. Check-point permettendo.

(l'Espresso, 20 luglio 2011)

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Gwyneth Paltrow: un'educazione ebraica per i figli

Un giorno disse che la religione è la causa del male del mondo, ora vuole crescere Apple e Moses secondo i precetti dei suoi avi.

Gwyneth Paltrow
Gwyneth Paltrow crescerà i propri figli secondo i precetti ebraici nonostante le sue precedenti affermazioni poco lusinghiere nei confronti della religione. L'attrice di Hollywood e suo marito, il cantante dei Coldplay Chris Martin, si sono impegnati in questo compito da quando la Paltrow conduce lo show Who Do You Think You Are (Chi Credi di Essere, ndr.), che in ogni episodio traccia la genealogia di una diversa celebrità. La diva, che ha avuto una madre cristiana, Blythe Danner e un padre ebreo, Bruce Paltrow, ha scoperto che la sua famiglia discende da una serie di influenti rabbini del vecchio continente.
Durante un evento londinese, ospitato da un istituto benefico ebraico, ha così preso l'impegno di fare vivere Apple, 7 anni e Moses, 5, in un ambiente ebreo. Per la Paltrow è stata come una sorta di inversione di marcia.
«Non credo nella religione, credo nella spiritualità. La religione è la causa di tutti i problemi in questo mondo», disse una volta.
Mentre Chris Martin proviene da un contesto cristiano, l'attrice studia ancora la Kabbalah. Un esperto in religione ebraica interpellato dal The Daily Mail ha spiegato che la Paltrow, con questa decisione, probabilmente vuole avvicinare i suoi figli alla tradizione.
«Credo che voglia far seguire loro certi riti come lei stessa ha fatto da bambina: celebrare il Sabato e mantenere abitudini kasher in casa», ha considerato l'esperto.

(swisscom, 20 luglio 2011)

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Raid israeliano su Gaza in risposta a razzi palestinesi

Un razzo ha colpito ieri il sud di Israele, senza fare vittime

GERUSALEMME, 20 lug. - Israele ha lanciato la scorsa notte un raid aereo nella Striscia di Gaza in risposta ai razzi palestinesi. "L'aviazione ha attaccato la notte scorsa un obiettivo situato nel nord della Striscia di Gaza in risposta ai razzi di questi ultimi giorni lanciati contro il territorio israeliano", ha detto alla France presse un portavoce militare.
Un razzo è caduto ieri sera nel sud di Israele, senza fare vittime nè danni. Complessivamente sono 23 i razzi caduti in Israele da inizio luglio, secondo l'esercito.

(TMNews, 20 luglio 2011)

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Israele: 8 milioni di dollari per SolarEdge

La compagnia israeliana SolarEdge, attiva nel settore fotovoltaico, ha ottenuto un finanziamento di 8 milioni di dollari dalla Silicon Valley Bank. Secondo Guy Stella, amministratore delegato della SolarEdge, lo scorso hanno l'azienda ha registrato decine di milioni di dollari di vendite, e questa nuova linea di credito le permetterà di continuare la sua crescita esponenziale.
«Arriveremo ai 200 milioni di dollari entro il 2012», ha predetto l'ad. La SolarEdge produce una tecnologia per ottimizzare l'energia fotovoltaica; negli ultimi 18 mesi, ha allargato la propria offerta e, tra le altre cose, ha consolidato il proprio marketing internazionale e firmato contratti con aziende di pannelli fotovoltaici, impianti e distributori di tutto il mondo. David Cohen, manager generale del ramo israeliano della Silicon Valley Bank (SVB), ha dichiarato: «SolarEdge è una compagnia in rapida espansione, con piani ambiziosi per il futuro. Non solo questa azienda è gestita da professionisti di altissimo livello, ma ha anche alle spalle una cordata di finanziatori top. Gli uni e gli altri, insieme, hanno realizzato finora un lavoro eccezionale nel costruire il business e nel posizionare bene la società». Nata nel 2006, SolarEdge ha raccolto 60 milioni di dollari di finanziamenti da Genesis Partners, Vertex Venture Capital, Walden Israel, Lightspeed Ventures e altri fondi d'investimento locali e stranieri.

(FocusMo, 20 luglio 2011)

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Erdogan vuole recarsi nella Striscia di Gaza

Suoi collaboratori stanno esplorando le varie possibilità

ANKARA, 19 lug. - Il premier turco Recep Tayyip Erdogan ha dichiarato di aver intenzione di visitare la Striscia di Gaza, governata dal movimento islamico palestinese Hamas. I suoi collaboratori stanno studiando diverse ipotesi per organizzare questa visita.
"Se le condizioni lo permettono penso di visitare Gaza", ha detto Erdogan ai giornalisti. "Il ministero degli Esteri ci sta lavorando. Auspico di poter fare una simile visita, in funzione dei risultati" dei contatti del ministero.

(TMNews, 19 luglio 2011)

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'Giornata della Cultura Ebraica'. Si comincia da Siena

L'evento, che si terrà il 4 settembre, è coordinato e promosso in Italia dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, che ha scelto quest'anno Siena quale città capofila, dalla quale prende simbolicamente il "via" la Giornata

SIENA, 19 luglio 2011 - Ventisette Paesi europei e sessantadue località in Italia, con centinaia di eventi tra mostre, concerti, spettacoli teatrali, conferenze, happening e percorsi enogastronomici. La possibilita' di visitare, con l'ausilio di guide esperte, sinagoghe, musei, ex ghetti e giudecche, per scoprire e "toccare con mano" luoghi, oggetti, usanze e tradizioni dell'ebraismo.
In piu', quest'anno, un sito internet ricco di novita', per esplorare e scoprire le manifestazioni anche con l'ausilio delle nuove tecnologie. Si svolge domenica 4 settembre la Giornata Europea della Cultura Ebraica, giunta alla dodicesima edizione con un crescente successo di pubblico, lo scorso anno oltre 50mila visitatori solo nel nostro Paese.
Parola chiave, "porte aperte": ad accogliere tutti coloro che vogliono saperne di piu' di un popolo e di una cultura parte integrante della storia d'Italia da oltre duemila anni. "Ebr@ismo 2.0: dal Talmud a Internet" e' il tema scelto a unire idealmente i tanti eventi di questa edizione: uno spunto suggestivo, per parlare di ebraismo nell'epoca di internet e dei nuovi media, e delle sfide complesse e affascinanti del mondo contemporaneo e del futuro.
Nella convinzione che una tradizione antica come quella ebraica possa dare alla societa', oggi come ieri, un importante contributo spirituale, di valori, di contenuti. L'evento e' coordinato e promosso in Italia dall'Unione delle Comunita' Ebraiche Italiane, che ha scelto quest'anno Siena quale citta' capofila, dalla quale prende simbolicamente il "via" la Giornata. Siena ospita un'antica e importante comunita' ebraica, i cui luoghi sono immersi nello splendore artistico e architettonico del capoluogo toscano: un'occasione per visitarla sotto una luce inedita. A corollario della manifestazione c'e', inoltre, un "luogo virtuale": il sito internet, rinnovato per l'edizione 2011 con collegamenti "social", virtual tour, webcam, webradio e molte altre novita' tutte da cliccare, navigare, scaricare e condividere.
La Giornata Europea della Cultura Ebraica gode dell'Alto Patronato del presidente della Repubblica ed e' patrocinata dal ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, dal ministero dell'Istruzione, dell'Universita' e della Ricerca e dal ministro per le Politiche Europee. Le iniziative dei ventisette Paesi europei sono consultabili sul sito: www.jewisheritage.org.

(La Nazione, 19 luglio 2011)

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Dispositivo israeliano riduce i rischi di ictus

Un'operazione cardiaca comporta rischi di ictus, ma un'invenzione israeliana ha tolto questa possibilità. Il dispositivo disegnato dal dottore Dov Shimon previene le calcificazioni nelle arterie che migrano verso il cervello. Interventi a cuore aperto per persone con stenosi aortica - ossia mal funzionamento delle valvole del cuore - sono problematici e pericolose specialmente per pazienti anziani con condizioni mediche esistenti .
   Un nuovo approccio è ora rivisto dal FDA (US Food and Drug Administration) che parla di forti possibilità di ictus in sala operatoria. Tuttavia grazie ad un cardiologo israeliano è ora possibile diminuire i rischi con la promettente procedura chiamata impianto della valvola aortica "transcatheter" (TAVI) , ossia una valvola sintetica che viene traghettata nel cuore attraverso un piccola incisione nella zona dell'inguine.
   La procedura TAVI è stata usata in modo pionieristico in Europa ed è simile ad un palloncino di angioplastica, dove un tubicino viene inserito nell'arteria. I dati dicono che circa il 15 % delle volte un pezzo di calcificazione arteriale si perde e può causare un ictus se viaggia verso il cervello .
   Il cardiologo israeliano Dr. Dov Shimon ha sviluppa un filtro contro gli emboli causati durante le procedure del TAVI, che riduce le possibilità di ictus per i pazienti. Il suo dispositivo sviluppato da SMT Research and Development a Herzliya Pituach ha per ora riscosso il successo su un test di 154 persone in Olanda. Ciò che significa che Shimon ha già battuto le statistiche. In accordo con I risultati del MRI , le lesioni prodotte post procedure sono presenti con il 91 % delle persone che hanno subito una procedura TAVI, il che indica una stima di un rischio del 10 % di ictus. Mentre il TAVI è di gran lunga una delle più promettenti procedure di avanguardia cardiaca Shimon ha anticipato il problema e ha deciso con determinazione di girarli intorno .
   Il suo gruppo di ricerca composto da circa sette persone ha speso cinque anni nello sviluppo e perfezionamento del dispositivo medico specialmente creato per ridurre i rischi di ictus durante le procedure di TAVI e altre operazioni cardiache. Posizionando il filtro nell'arco dell'aorta, il dispositivo SMT copre tutte e tre le arterie che si diramano dall'aorta.
   Altre soluzioni sul mercato, da CoreValve ed Edwards Lifesciences, coprono solo una arteria. "Gli attuali dispositivi di Tavi funzionano bene, ma nonostante gli sforzi per affinare la tecnica, continuiamo a vedere complicazioni di post-procedura associate ad embolia cerebrale conseguente ad ictus a altri eventi ischemici," dice Shimon, che ha fondato l'SMT.
   Inserito prima delle due ore di operazione e rimosso dopo, il filtro SMT sembra impedire con successo lo spostamento di materiali arteriale indurito che migra verso le arterie. Paolo Zalesky, amministratore delegato della SMT, dice che in futuro potrebbe essere possibile lasciare il filtro in posizione in modo permanente.
   Un nuovo investimento di 10,5 milioni dollari da una società di capital di New York, in cima alla compagnia con il precedente investimento 4,5 milioni di dollari, contribuirà a ottenere il prodotto SMT al mercato una volta che la procedura di TAVI sarà considerata sicuro dalla FDA. Ciò potrebbe accadere entro il prossimo anno. Zalesky spiega che TAVI è un esempio di una procedura interventistica cardiologa meno invasiva, un'alternativa sempre più attraente per la chirurgia a cuore aperto. L'operazione consiste nel inserimento di strumenti chirurgici in un vaso sanguigno attraverso la gamba fino al cuore. E 'particolarmente adatto per uomini anziani con problemi di cuore cronici che non hanno potuto resistere ad una chirurgia a cuore aperto. Il dottor Pieter Stella, dalla università "Medical Center di Utrecht", dei Paesi Bassi, ha detto che il dispositivo SMT "è il primo dispositivo di protezione embolica che ha visto che offre una copertura di tutti e tre i principali vasi che alimentano il cervello. Sono stato soddisfatto con i nostri primi risultati, e crediamo che il deflettore SMT contribuirà ad assicurare la continua espansione del mercato per le procedure TAVI in sicurezza, e efficacia ". Fondata nel 2005, SMT spera di iniziare la sua sperimentazione clinica negli Stati Uniti nel 2012.

(FocusMo, 19 luglio 2011)

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La via del cedro: a Siracusa e Scicli per parlare di cucina kasher e cultura ebraica

  
Siracusa, città di tradizione e storia - definita da Cicerone "la più grande e bella di tutte le città greche" - e Scicli, in provincia di Ragusa, con il suo incantevole litorale, faranno da cornice alla manifestazione culturale e gastronomica denominata "Via del Cedro: saperi e sapori di ispirazione ebraica al centro del Mediterraneo".
Un'aria quasi nostalgica avvolge con intensità l'evento e ci ricorda come, queste città, siano tuttora caratterizzate da una forte presenza della cultura ebraica. Dopo l'enorme successo avuto nel mese di giugno, vengono proposti tre appuntamenti che si dividono tra cultura e cucina kasher ovvero adatta in ebraico.
Gli ebrei hanno delle regole da rispettare per il cibo che consumano e queste regole vengono dettate nella Torah (le pergamene contenenti le leggi della religione ebraica). Per soddisfare queste leggi si dovrà accertarsi della natura e della preparazione del cibo e, se si tratta di un prodotto animale, osservare determinate caratteristiche dell'animale stesso. Per fare qualche esempio: se l'animale è ruminante dovrà avere lo zoccolo diviso, quindi bovini ovini e cervidi saranno permessi ma non maiale o cavallo mentre il pesce dovrà avere le pinne e le squame ma per tutto, ovviamente, ci sono delle eccezioni.
Saranno tre gli appuntamenti per il mese di luglio: a partire da oggi 19 luglio e fino al 23 luglio saranno proposti tre incontri con tema l'amore, la donna e i profumi nella tradizione giudaica.
Presso il ristorante "Ibiscus" Hotel Caiammari a Siracusa oggi 19 luglio si cenerà con dell'ottimo cibo kasher e si terrà un dibattito su "Il Cantico dei Cantici" - il canto d'amore più misterioso.
Il 21 luglio al Boutique Hotel "Not'art" di Siracusa si continuerà a mangiare le squisite pietanze siciliane cucinate in chiave ebraica seguendo l'incontro dal titolo "Eshet Chail, Una donna di Valore" - il femminile, la donna e i suoi valori nella tradizione ebraica.
Si conclude il 23 luglio al Vivaio "Gli Aromi di Russino" a Scicli con cena e discussione intitolata "Tutti gli Aromi del Mondo" - le piante aromatiche, le essenze e i profumi della Bibbia.
Tutti gli incontri saranno guidati da Roberto Natan Robotti, un grande studioso di cultura e gastronomia ebraica.

(Cucina BlogLive.it, 19 luglio 2011)

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Il fondo d'investimenti israeliano Aura entra nel mercato europeo

Gli israeliani hanno firmato una lettera di intenti per acquistare il 50% delle proprietà di un consorzio tedesco la cui risorsa principale è un parco industriale con 132 edifici a cinque chilometri dall'aeroporto di Colonia. Il valore della transizione è di 400 milioni di NIS (poco meno di 80 milioni di euro).
«Questo acquisto - ha commentato l'amministrato delegato di Aura, Boaz Misholi - segna il nostro primo passo nel mercato dell'Europa occidentale, che in un futuro vicino sarà un importante motore per l'espansione di Aura». «Crediamo - ha spiegato l'ad - che la crescita nel vecchio continente inizierà dalle nazioni occidentali con una forte economia. Le stesse che adesso stanno uscendo dalla crisi e che nei prossimi anni mostreranno segni di ripresa, come un aumento della domanda per uffici, magazzini e spazi industriali. Il gruppo tedesco con cui abbiamo firmato la lettera di intenti ha un'offerta molto diversificata e di alta qualità, e una logistica strategica tra Colonia e Bonn».

(FocusMo, 19 luglio 2011)

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Scienza e tecnologia energetica e tecnologie per l'energia alternativa

RAMALLAH - L'azienda di Mr. Sabawi, la geotermica MENA, alimentando il proprio edificio con l'aria fredda convogliata dalla profondità, fa parte di un movimento nascente per l'energia verde che secondo Sabawi, potrebbe far risparmiare milioni di dollari all'Autorità Palestinese.
Questo processo potrebbe ridurre le emissioni e diversificare le fonti energetiche dell'Autorità Palestinese con la conseguenza che la renderebbe meno dipendente da Israele e ne aumenterebbe l'autonomia. "Non entra gasolio in questo edificio", dice Sabawi. "Risparmiamo circa il 65 per cento sulla nostra bolletta energetica". La temperatura è costantemente a 18 gradi a poche centinaia di metri sotto il suolo di Ramallah. Sfruttando la temperatura del primo strato del sottosuolo, l'edificio usa circa la metà dell'energia elettrica di un sistema convenzionale di raffreddamento e riscaldamento e riduce le emissioni di biossido di carbonio del 30%. Ma non è solo la preoccupazione per l'ambiente che qui stimola la ricerca per le energie rinnovabili. L'energia nei territori palestinesi è scarsa, costosa e proviene quasi tutta da Israele e questa situazione non garantisce ai palestinesi una sicurezza energetica. Si tratta di una posizione precaria, in una regione con grandi incertezze politiche e con una crescente domanda di energia che raggiunge circa il 10% all'anno. Anche l'energia convenzionale è fuori dalla portata, i territori palestinesi importano più del 95% della loro elettricità e di gasolio soprattutto da Israele, piccole quantità provengono anche dalla Giordania e dall'Egitto. L'elettricità prodotta in modo indipendente dai palestinesi 'è generata da una centrale elettrica nella città di Gaza che dipende dalle importazioni di combustibile. I territori palestinesi non hanno fonti di energia convenzionali, a parte una riserva di gas incontaminata al largo della costa di Gaza scoperta nel 2000. A Gaza, le interruzioni di corrente possono lasciare i residenti senza elettricità anche per otto ore al giorno. Anche se in Cisgiordania maggior parte delle comunità hanno accesso all'energia per 24 ore, la crescita della popolazione e lo sviluppo economico stanno spingendo al rialzo la domanda energetica dal 7 al 10 % all'anno. I palestinesi pagano circa il 15 % in più per chilowattora rispetto agli israeliani. Il combustibile normalmente necessario per riscaldare una casa palestinese è fuori della portata economica della maggior parte delle persone. "La Palestina si trova ad affrontare problemi energetici enormi", dice Sabawi. "Abbiamo una delle più alte densità di popolazione del mondo e stiamo pagando uno tra i più alti prezzi dell'energia in tutto il Medio Oriente e il Nord Africa".

(FocusMo, 19 luglio 2011)

Video

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Israele: crisi degli alloggi e aumento dei prezzi degli immobili

Cresce la tensione tra il Primo ministro israeliano, Benjamin Netanyhau, e il ministro delle Finanze, Yuval Steinitz. La crisi di fiducia tra i due risale ad alcuni giorni fa: durante una conferenza di attivisti del Likud (il partito di Steinitz e Netanyahu) a Netanyahu, il ministro si era vantato di essere il solo responsabile del bilancio biennale e aveva detto che la realizzazione della frontiere tra Israele ed Egitto era un suo progetto.
Nelle parole del ministro - trapelate e pubblicate dalla stampa locale - Netanyahu viene dipinto come un mero esecutore. «Steinitz ha sminuito il premier e si è descritto come il vero capo del governo», ha riferito un testimone che era presente alla conferenza. Il testo del discorso ha irritato profondamente Netanyahu: e il risentimento nei confronti del ministro è aumentato in queste ultime ore. Mentre per le strade d'Israele gruppi di manifestanti in tenda protestano duramente contro la crescita esponenziale dei prezzi delle case, Steinitz rifiuta di farsi intervistare sulla crisi immobiliare in atto, lasciando la patata bollente interamente nelle mani di Netanyahu. Funzionari dell'ufficio del Primo ministro hanno raccontato che Netanyahu crede che l'inflessibilità del responsabile delle finanze gli stia costando cara in termini di popolarità. Malgrado le tante sollecitazioni, negli ultimi due anni Steinitz non ha infatti preso alcuna misura per calmierare i prezzi di cibo, benzina e immobili, cresciuti con percentuali a due cifre negli ultimi due anni. E agli occhi dei cittadini, la responsabilità ricade su Netanyahu. Ufficialmente, i due negano ogni problema. Ma "off the record" fonti vicine al premier danno una versione diversa: «Netanyahu sta scontando gli errori di Steinitz, è disperato».

(FocusMo, 19 luglio 2011)

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Magdi Allam: "Riconoscere unilateralmente lo Stato palestinese va contro il processo di pace"

"Il riconoscimento unilaterale dello Stato Palestinese da parte dell'ONU va contro la prospettiva della pace in Medio Oriente". E' questa l'analisi di Magdi Cristiano Allam, eurodeputato di Io Amo l'Italia, che in un'intervista esclusiva a FocusMo parla anche delle primavere arabe e della crisi libica. Per Allam, il rischio insito nelle rivolte che stanno interessando i Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente è quello del "passaggio da una dittatura di stampo nazionalista ad una teocrazia islamica", mentre sull'intervento militare in Libia, Allam è convinto che "la stragrande maggioranza delle persone è perfettamente consapevole che dietro quella guerra non c'è la voglia di portare democrazia ma di mettere le mani sulle fonti petrolifere".
   Ma è il voto sulla domanda di adesione all'Onu da parte della Palestina una delle questioni che preoccupa di più l'eurodeputato di Io Amo l'Italia: "Non sono contro lo Stato Palestinese ma - precisa - contro la proclamazione unilaterale dello Stato Palestinese. Io - aggiunge - sono assolutamente a favore di uno Stato Palestinese indipendente, che viva in pace e in sicurezza al fianco dello Stato d'Israele, che però a sua volta deve essere riconosciuto come Stato del Popolo Ebraico".
Secondo Allam, infatti, il riconoscimento unilaterale dello Stato Palestinese sarebbe una iniziativa che andrebbe a peggiorare la prospettiva della pace. "Sarebbe - sottolinea - un atto di forza sul piano diplomatico e incentiverebbe ancora di più le forze ostili ad Israele" oltre al "radicalismo islamico e il terrorismo di ogni risma". Per l'ex vicedirettore del Corriere della Sera, "la verità è che Israele, dal 1993, ovvero da quella storica stretta di mano tra Rabin e Arafat, ha preso l'iniziativa di avviare un processo di pace e ci si è arrivati molto vicini nel 2000, a Camp David. Ma - ricorda - fu Arafat a rifiutare quell'accordo".
   Quindi, dice Allam, è "sbagliato immaginare che Israele sia contro la pace o che sia contro lo Stato Palestinese". Il problema, invece, è che "la maggioranza dei Paesi arabi, islamici, non riconosce il diritto di Israele ad esistere come Stato del Popolo Ebraico". Proprio per questo Allam, con il suo movimento politico Io Amo l'Italia, sostiene e promuove la mobilitazione internazionale per la raccolta firme contro la proclamazione unilaterale dello Stato della Palestina da parte dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite.
   Oltre a questo, prosegue Allam, Israele è "il Paese più a rischio nel processo evolutivo" delle primavere arabe. Perché ciò che "verosimilmente accadrà" in quei Paesi, sostiene, sarà "il passaggio da una dittatura di stampo nazionalista, come quella che c'era e che continua ad esserci in Egitto e in Turchia, ad una teocrazia islamica dove la Sharia diventerà legge di Stato, dove potrebbe cambiare la denominazione stessa" dei Paesi, "mettendoci l'aggettivo islamico", dove "l'intolleranza religiosa sarà sempre più accentuata" e dove "crescerà l'odio nei confronti di Israele".
   Il pericolo maggiore per quei Paesi", prosegue, "proviene dalla crescita dei gruppi islamici radicali che fanno riferimento all'ideologia dei Fratelli Musulmani e che, su un piano politico, hanno individuato il loro modello nella Turchia di Erdogan, che è un regime accettato dall'Occidente". Quindi, ripararsi "all'ombra della Turchia di Erdogan" a quei gruppi "risulta opportuno". Ma, sottolinea ancora Allam, "in Turchia la laicità delle istituzioni tende a scemare e la popolazione a islamizzarsi". E nei Paesi coinvolti nelle primavere arabe, "che non hanno conosciuto una fase storica caratterizzata da un acceso laicismo", ribadisce, "verosimilmente" ci sarà un "passaggio da una dittatura di stampo nazionalista" ad "una teocrazia islamica".
   Per quanto riguarda la Libia, Allam spiega che "oggi la situazione è diventata irreversibile sul piano politico e diplomatico perché il tribunale dei Diritti dell'Uomo dell'Aja ha formalmente incriminato Gheddafi per crimini contro l'umanità ed è ormai impossibile tornare indietro". Diventa quindi "problematico consentire a Gheddafi di avere un qualsivoglia ruolo nel processo di pacificazione". L'eurodeputato di Io Amo l'Italia avverte però anche che l'intervento in Libia "potrebbe risultare una trappola per l'Europa e per l'Occidente". Quello che sta accadendo in Libia, infatti, "non depone bene per la credibilità dell'Occidente nel porsi come modello di democrazia". Una democrazia che "si vorrebbe imporre a suon di bombardamenti è un qualcosa che già inesorabilmente scredita l'Europa e l'Occidente".
   E in tutto ciò "la stragrande maggioranza delle persone è perfettamente consapevole che dietro quella guerra non c'è la voglia di portare democrazia ma - conclude Allam - di mettere le mani sulle fonti petrolifere".

(FocusMo, 19 luglio 2011)

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Rav Schneerson
I Lubavitchers e l’ebraismo italiano

di Dario Calimani

Non sono certo che passare sotto silenzio il difficile rapporto con i Lubavitchers sia salutare per l’ebraismo italiano. Gira per il mondo, ed è arrivato anche in Italia, un bel bigliettino da visita in carta lucida e bei colori vivaci che reclamizza il “Moschiach’s address”, l’indirizzo di casa del Messia che è, naturalmente, Brooklyn, 770 Eastern Parkway. Da anni, in pieno Ghetto a Venezia, una bella foto del Messia, Rav Schneerson, fa bella vista di sé in vetrina. Si sa che non tutti i Lubavitchers la pensano allo stesso modo, ma la moda, pericolosamente cristianizzante, è contagiosa. E i seguaci di questo nuovo Messia sono proprio coloro che guardano con malcelato disdegno il nostro povero ebraismo italiano. Qualcuno di noi, poi, li ammira perché sono ‘gentili’, e si fa più integralista per imitarne la religiosità. Finora i tentativi di collaborazione non sono stati segnati da grandi successi. Sarebbe bene che ne parlassimo almeno, ogni tanto. E che ne parlassero i nostri rabbanim, prendendo coscienza del loro stesso ruolo. E invece ci voltiamo dall'altra parte, e ci facciamo del male.

(Notiziario Ucei, 19 luglio 2011)

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Flottiglia 2 - Yacht abbordato, nessuna resistenza

La nave trainata verso il porto di Ashdod

GERUSALEMME, 19 lug - Lo yacht francese di attivisti filopalestinesi Dignity Al-Karame, che intendeva forzare il blocco navale imposto da Israele alla striscia di Gaza, e' stato abbordato oggi dalla marina militare israeliana quando era ancora in alto mare, a quanto si e' appreso ad alcune decine di miglia marina di distanza dalla destinazione voluta.
Un portavoce delle forze armate israeliane, nel darne notizia, ha detto all'ANSA che lo yacht e' stato abbordato dai marinai di una delle navi della marina militare e che i passeggeri del battello non hanno opposto resistenza. La nave e' ora trainata nel porto israeliano di Ashdod dove dovrebbe giungere tra alcune ore.
Secondo una registrazione del dialogo tra un ufficiale della marina e il comandante dello yacht, trasmessa dalla radio pubblica israeliana, i passeggeri del battello sono stati avvertiti che l'abbordaggio era questione di minuti e che i marinai sarebbero saliti sulla nave dalla poppa. Il comandante dello yacht e' stato esortato ''a evitare di causare problemi'' ai militari durante l'abbordaggio. All'arrivo aD Ashdod i passeggeri saranno interrogati e quasi certamente espulsi dal paese.

(ANSA, 19 luglio 2011)

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Ayalon: «Chiediamo alla dirigenza palestinese di agire responsabilmente»

Non ha dubbi il vice ministro degli Esteri israeliano, Danny Ayalon: «Un'iniziativa unilaterale non porta alla pace». In settembre i palestinesi potrebbero chiedere unilateralmente all'Assemblea delle Nazioni Unite di riconoscere lo Stato di Palestina: una prospettiva che gli israeliani vedono come fumo negli occhi. Proprio nei prossimi giorni Ramallah dovrà fare piazza pulita delle incertezze, e decidere se tradurre in atto quella che ancora resta solo un'ipotesi. Israele, intanto, non aspetta con le mani in mano: e moltiplica gli sforzi diplomatici per cercare di tirare dalla propria parte il maggior numero possibile di membri Onu.
«Una dichiarazione unilaterale di indipendenza sarebbe un passo nella direzione sbagliata - afferma Ayalon, eletto tra le fila del partito della destra nazionalista Yisrael Beitenu -, per risolvere il conflitto con i palestinesi dobbiamo sederci allo stesso tavolo, senza precondizioni. Un'iniziativa non condivisa creerebbe solo altri problemi: tra israeliani e palestinesi, ma anche a livello regionale. Di fatto - aggiunge allusivo il ministro -, una simile mossa segnerebbe la fine del processo politico». Le parole di Ayalon lasciano immaginare ogni tipo di scenario, anche drammatico; ma il vice ministro non dà ulteriori spiegazioni: «Non voglio fare speculazioni - dichiara -, mi limito a dire che, se arriveremo davvero a questo voto, ci potrebbe essere un deterioramento della situazione. Una eventuale approvazione della dichiarazione d'indipendenza palestinese farebbe nascere aspettative sbagliate, che verrebbero deluse. Generando violenza».
La previsione può essere opinabile; ma è un dato di fatto che il voto dell'Assemblea generale Onu non ha alcun potere vincolante. «Ecco perché Israele chiede alla dirigenza palestinese di agire responsabilmente. Non solo: lo chiediamo anche al resto della comunità internazionale». Ma in quanti sostengono lo Stato ebraico? «Crediamo di poter contare sull'aiuto di circa settanta nazioni, le stesse che qualche tempo fa non approvarono l'abominevole rapporto Goldstone (sulla guerra di Gaza del 2008-9, ndr). Spieghiamo ai nostri amici in America, Europa, Africa e Asia che sostenere l'iniziativa palestinese non conviene a nessuno: non conviene per risolvere il conflitto, né per la stabilità del Medio Oriente; in realtà, non conviene nemmeno ai palestinesi». Del resto, secondo Ayalon, «la maggioranza dei palestinesi non crede a questa iniziativa. Al contrario, si preoccupa di cose concrete: vuole miglioramenti sul campo, dal punto di vista del benessere quotidiano. Obiettivi ragionevoli e perseguibili. I palestinesi, insomma, sono più realistici della loro leadership». «Lo sforzo comune di israeliani e palestinesi deve puntare a realizzare quanto è possibile, in un tempo ragionevole. Certo - ammette il vice ministro -, i nodi dello status di Gerusalemme, del ritorno dei rifugiati palestinesi e delle questioni di sicurezza resteranno probabilmente irrisolti ancora per un po' di tempo. Ma la cronaca degli ultimi anni prova che la situazione sul terreno è cambiata di molto e in meglio. Questo dovrebbe bastare per convincere i palestinesi e la comunità internazionale che il negoziato è l'unica via praticabile con successo. La storia del neonato Sud Sudan dovrebbe essere un esempio».

(FocusMo, 19 luglio 2011)

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Il Sudan meridionale e le relazioni con Israele

Il Sudan meridionale, già riconosciuto da Israele, stabilirà rapporti con lo Stato ebraico e spera di contribuire a portare la pace in Medio Oriente", queste sono le dichiarazioni rilasciate Venerdi dal vice presidente del neo stato Riek Machar, parlando alla televisione Alhurra dopo l'Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York.
"Pertanto, avremo rapporti con tutti i paesi arabi e musulmani e anche con Israele ..." ha dichiarato Machar . "In realtà, vogliamo avere un ruolo nel risolvere i problemi esistenti nel mondo arabo, compresi i problemi tra Israele e i paesi arabi", comprendiamo appieno le problematiche del mondo arabo, in particolare la questione palestinese e il diritto di avere uno stato palestinese", ha aggiunto. Il Sud del Sudan, dove la maggior parte delle persone segue culti africani cristiani e tradizionali, è diventato indipendente, con un referendum che si è svolto a gennaio e che è stato il culmine di un accordo di pace del 2005 che ha messo fine a decenni di guerra civile con il nord. Israele ha riconosciuto lo stato del Sudan offrendo il proprio supporto economico dopo la secessione dal nord principalmente arabo e musulmano - che non ha rapporti con lo Stato ebraico. Machar ha dichiarato che il riconoscimento di Israele del Sudan meridionale ha fatto seguito a quello di Cuba, da parte dei paesi Arabi, compreso il nord del Sudan, l'Egitto e gli Emirati Arabi Uniti.

(FocusMo, 19 luglio 2011)

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Netanyahu: "Risolveremo la crisi del mercato immobiliare"

"Lo Stato di Israele è una democrazia che si difende contro i numerosi tentativi di deleggittimazione nella sfera internazionale. Questa è la ragione per cui abbiamo approvato la legge contro il boicottaggio contro lo Stato di Israele ed i suoi cittadini. Dobbiamo tuttavia agire con prudenza nei confronti delle misure che stiamo prendendo. Dobbiamo proteggere il nostro sistema legislativo e lo Stato di Diritto , i Tribunali e le forze dell'ordine". Lo ha riferito il Premier Benjamin Netanyahu, in risposta alle numerose critiche internazionali rivolte al decreto anti-boicottaggio recentemente approvato.
Siamo sempre stati, restiamo e saremo, una democrazia che rispetta i diritti. La crisi degli affitti e degli alloggi è ormai un dato di fatto. Il governo sta cercando di riparare questa piaga che tormenta lo Stato israeliano da molti anni. E ' un settore complesso per un Paese così piccolo, in quanto la domanda non corrisponde all'offerta, troppo debole. Inoltre la burocrazia impedisce la progettazione e la commercializzazione di appartamenti. Attualmente , ci vogliono più di cinque anni per progettare un appartamento in Israele. Domani, una proposta di riforma arriverà alla Knesset ,in modo de poter inserire appartamenti sul mercato. Rivolgo quindi un appello a tutti i manifestanti, sebbene comprenda la loro situazione, di aiutarci affinchè la richiesta passi. Abbiamo 13 giorni di tempo per trasmettere al Comitato per l'Edilizia Nazionale, la legge che ci permette di aggirare la burocrazia della pianificazione, in modo da procedere rapidamente. Probabilmente saranno necessari due o tre anni per incanalare decine di migliaia di appartamenti sul mercato. Per quanto riguarda invece il settore caseario ed il rialzo dei prezzi, inizieremo oggi una discussione incentrata sul principio della concorrenza. Sarà infatti quest'ultima ad abbassare i prezzi al consumo" ha riferito Netanyah

(FocusMo, 18 luglio 2011)

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Tel Aviv: il design, l'architettura e i sapori

di Cintya Concari

L'itinerario della città di Tel Aviv non può che incominciare dalla città vecchia di Jaffa con le sue case in arenaria che emergono tra le rocce e le dune che si affacciano sul Mediterraneo.
Gli stretti vicoli che portano i segni dello zodiaco ospitano il quartiere degli artisti pieni di negozietti che vendono bellissimi gioielli in argento filigranato, antichità e spezie di ogni genere compresa l'inebriante acqua di rose. Ma è il vecchio porto di pesca la principale attrazione con i suoi ristoranti e locali dove sorseggiare il caffè beduino aromatizzato con cardamomo e cannella.
Da segnalare il ristorante, bar e spazio per l'arte "Container". Ricavato da un magazzino industriale si presenta volutamente grezzo e trasandato per poi essere molto trendy nella zona dedicata al bar e con una proposta culinaria di alta qualità, frutto di un mix di Nord Africa, medio oriente e cucina italiana. Attrazione speciale invece il famoso forno Abulafia in via Yefet aperto 24 ore, simbolo della coesistenza ebreo araba che offre decine di tipi di pane pita farciti famosi in tutto il mondo e il Souk Sala'Hi, bazar vicino alla Torre dell'Orologio.
  
Tel Aviv - Museum of Art
Sul litorale di Jaffa a Tel Aviv incontriamo invece una icona della contemporaneità, La Casa della Pace, a firma degli architetti Massimiliano e Doriana Fuksas. L'architettura si presenta come un parallelepipedo ottenuto dalla sovrapposizione di strati di cemento e vetro. Ma è la cosiddetta "Città Bianca" che fa di Tel Aviv il più grande museo a cielo aperto tutto dedicato allo stile architettonico Bauhaus.
Prima di entrare in questo quartiere residenziale non si può tralasciare la visita al Tel Aviv Museum of Art, oggi in fase di ampio rinnovamento. Il museo contiene opere di arte moderna e contemporanea o ospita una delle più grandi collezioni di arte israeliana.
La Città Bianca invece comprendeva circa 4.000 edifici costruiti negli anni 20, 30 e 40 dei quali attualmente ne rimangono circa un migliaio e proprio per questa peculiarità la città di Tel Aviv è stata inserita nel 2003 nella lista delle 56 città storiche del mondo per divenire poi patrimonio dell'Unesco.
Passeggiando tra le vie Rothschild, Bialik e Dizengoff si possono notare infatti grandi edifici bianchi squadrati con terrazze, balconi e alti pilastri tutti dotati di ampie finestre che permettono una convivenza stretta con il panorama della città. Nel quartiere molti i locali dove fermarsi per un piccolo lunch. In particolare "Cafè Noir" considerato una istituzione dagli abitanti di Tel Aviv dove nelle belle giornate si può mangiare all'aperto.
E che dire del negozio Live O curato dai designer d'interni Sigal Baranowitz e Gal Amit?
Tutto dedicato alle meraviglie dell'olio di oliva prodotto da alberi cresciuti nella acque salmastre del Kibbutz Revivim nel deserto del Negev. Grande selezione di oli, aceti, sali con una attenzione particolare ai cosmetici. Alla fine del lungo tragitto è appagante dirigersi verso Nave Rasco, Ramat Hasharon. E quando credi di esserti perduto nelle piccole stradine inaspettatamente ti trovi in un oasi tranquillissima dove, schermata da un divisorio di piante verdi, accedi al Reviva and Celia's Cafè. Al di là della fantastica colazione del mattino con assortimento di dolci, bagel e pane fatti in casa, la sera si possono assaggiare piatti che richiamano la nostra cucina italiana accompagnati invece da una selezione di vini bianchi, rosè e rossi, tutti di produzione israeliana di altissima qualità.

(floornature, 18 luglio 2011)

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Il nuovo piano per l'energia rinnovabile in Israele

Il Consiglio dei Ministri ha approvato un piano di lungo termine per promuovere la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, fonti non inquinanti. L'obiettivo del piano è quello di lavorare per ridurre le emissioni di gas e l'inquinamento atmosferico con l'industria elettrica e di assicurare a lungo termine le fonti di energia per Israele, attraverso uno sviluppo stabile e ramificato, incoraggiando la ricerca innovativa. La decisione è stata formulata su istruzione del Primo Ministro Benjamin Netanyahu e il Consiglio Nazionale Economia, in collaborazione con le infrastrutture nazionali e dei ministeri di protezione ambientale.
La decisione stabilisce un obiettivo di quantitativo per la generazione di energia elettrica da fonti rinnovabili, di 2.760 megawatt entro la fine del 2020, che costituiscono il 10% della produzione di energia elettrica in Israele. E' stato previsto anche l'obiettivo intermedio di 1.550 megawatt entro la fine del 2014. Nella prima fase, tra il 2011-2014, saranno raggiunte le quote che sono già state assegnate per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, fonti non inquinanti, così come le quote aggiuntive: 460 MW per impianti di grandi dimensioni, 110 MW per impianti designato per il consumo indipendente, di circa 210 megawatt per la produzione di energia elettrica da biogas e rifiuti, e 800 megawatt di energia elettrica da energia eolica. Nel 2014, il Ministero Infrastrutture Nazionali formulerà una politica aggiornata al fine di raggiungere gli obiettivi per il 2020. Il piano è stato progettato per ridurre i costi di surplus per i consumatori nella produzione di energia elettrica da queste fonti. L'obiettivo del governo è quello di promuovere le tecnologie innovative israeliane in questo campo. Sarà istituita una squadra interministeriale per sovrintendere la valutazione e lo sviluppo delle tecnologie israeliane. Il gabinetto assegnerà inoltre 50 megawatt aggiuntivi per la valutazione di impianti israeliani con tecnologie innovative. 10 milioni di NIS saranno destinati al ministero Nazionale Chief Scientist delle Infrastrutture per lo sviluppo di strutture modello, per generare elettricità che incorporino tecnologie innovative.

(FocusMo, 18 luglio 2011)

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Imprese italiane e israeliane insieme sul fotovoltaico

ROMA, 18 lug. - Nuove opportunita' per le aziende italiane e israeliane del settore energie rinnovabili. Se ne e' parlato nel corso della conferenza "L'industria del fotovoltaico in Italia dopo le nuove leggi, opportunita' d'investimento", che si e' tenuta recentemente a Tel Aviv a margine della 15esima edizione della fiera delle Energie pulite. All'evento hanno partecipato circa 200 aziende israeliane, interessate a esplorare le diverse possibilita' di partnership e d'investimento offerte dalla nuova normativa italiana sul fotovoltaico. Inoltre, si sono tenuti diversi incontri B2B tra imprese italiane e locali, dai quali sono nate diverse possibilita' concrete di collaborare. Tanto che nella seconda meta' dell'anno sono previsti diversi ulteriori incontri nel nostro paese. La conferenza e' stata organizzata dalla Camera di commercio italo-israeliana in collaborazione con l'ambasciata italiana a Tel Aviv. Lo stesso ambasciatore, Luigi Mattiolo, ha aperto i lavori, che hanno visto interventi di funzionari del Gestore servizi energetici (Gse), di Enel, di gruppi bancari e del mondo universitario. L'uso dell'energia fotovoltaica sta crescendo molto nel nostro paese, mentre nello stato ebraico e' all'avanguardia e diffuso gia' da decenni per necessita'. Israele, infatti, non ha giacimenti di petrolio e le relazioni tese con alcuni paesi vicini resero obbligatorio e prioritario trovare una fonte di energia stabile e indipendente. Il fotovoltaico nacque alla fine degli anni'50 ed ebbe il vero boom durante gli anni '70 quando ci fu la crisi del petrolio. In quell'occasione Harry Zvi Tabor, considerato il padre dell'industria solare in Israele, sviluppo' un prototipo di caldaia a energia solare ancora oggi usata nel 90 per cento delle case.

(il Velino, 18 luglio 2011)

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Indignados anche in Israele, in tenda contro il caro-affitti

Una protesta che sta oscurando i raid su Gaza, i ragazzi: «Tel Aviv è troppo costosa»

di Cecilia Zecchinelli

Tel Aviv: tutti in tenda
GERUSALEMME - «Rivoluzione», «intifada», «risveglio della società civile». Gli «indignados» di Tel Aviv rubano spazio sulle prime pagine dei media israeliani ai raid su Gaza e alla pace forse vicina con la Turchia. Accampati in tende con tanto di cucina da campo, divani ed elettricità (mancano solo i bagni), centinaia di giovani stanno occupando pacificamente piazza Habima e parte del viale Rothschild. Va avanti da giovedì e sono sempre di più, sostenuti da migliaia di abitanti: non per chiedere un cambio di regime come era stato in piazza Tahrir, ed è ancora nelle manifestazioni di molti, anzi tutti i Paesi vicini. Né per dire basta allo strapotere dei grandi partiti, come i ragazzi spagnoli in maggio. Oggetto dell'insolita iniziativa è l'aumento degli affitti che rende impossibile vivere nella Città Bianca alla nuova generazione. Perché qui più che altrove, in un momento di boom dell'economia israeliana, le locazioni e i prezzi degli appartamenti da due anni sono saliti alle stelle, contribuendo a fare di Tel Aviv la città più cara del Medio Oriente, la 26esima al mondo, più di Milano.
METÀ DEL REDDITO IN AFFITTO - «Sono giovane, senza figli, lavoro 5 o 6 giorni alla settimana e almeno metà del mio reddito va in affitto, non ha senso», ha dichiarato la regista freelance Dahni Leef, 25 anni, che ha dato inizio alla protesta creando una pagina Facebook dieci giorni fa. E trovando subito molti aderenti: nella città più trendy d'Israele, famosa per i suoi locali, le spiagge, la libertà, sempre più gente si sta trasferendo soprattutto da Gerusalemme, che al contrario diventa ogni giorno più «religiosa», non solo per i pellegrini di vari credo ma per il crescere in numero e rivendicazioni della comunità ebraica ultraortodossa che a Tel Aviv di fatto non c'è.
È INIZIATA COME UNA FESTA - Iniziata giovedì come una festa per strada, con chitarre e bevute in comune, la protesta di piazza Habima ha assunto nei giorni un tono più serio. Sabato vari politici si sono fatti vivi, quelli di governo fischiati, l'opposizione applaudita. Il sindaco Ron Huldai, che pur ha appoggiato le richieste dei giovani incolpando il governo centrale di non fare niente, è stato accolto da «buuu» e da una doccia di birra. E intanto ha dato il suo appoggio l'Unione nazionale degli studenti, che ha lanciato identici accampamenti in altre città, compresa Gerusalemme, da Be'er Sheva nel Sud a Kiryat Shmona al confine con il Libano. E sostiene che il problema non riguarda solo l'«élite gaudente» di Tel Aviv come molti dicono, ma tutti e in tutto il Paese.
BOICOTTAGGIO AL FORMAGGIO - Il mese scorso sempre da Facebook era partita una campagna di boicottaggio del formaggio bianco, il più usato in Israele e diventato carissimo. I 100 mila aderenti ufficiali alla campagna, più molti altri anonimi, han fatto crollare le vendite e costretto il «cartello del latte» ad abbassare i prezzi del 25%, anche per la pressione del governo. Il premier Netanyahu oggi ha comunque ammesso che il problema case esiste, ha convocato per domani una riunione d'emergenza del Parlamento, e invito gli «indignados» a venire a Gerusalemme per parlarne. Una prima vittoria, certo, ma in piazza Habima tutti si dicono che la battaglia sarà dura. E le discussioni continuano, tra un cocktail e l'altro, su come risolvere il problema per cui han lasciato le case (carissime) per dormire in tenda.

(Corriere della Sera, 17 luglio 2011)

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Incendio alla foresta di Gerusalemme. Evacuato il museo dell'Olocausto

In fiamme l'area boschiva a ridosso del settore israeliano. Via il personale e i visitatori dallo Yad Vashem e dalle case dei rioni limitrofi. L'anno scorso il fuoco distrusse la vegetazione di Haifa, causando decine di vittime

Un aereo impegnato nell'estinzione dell'incendio in Israele
GERUSALEMME - Un gigantesco incendio minaccia di distruggere oggi la foresta a ridosso del settore israeliano di Gerusalemme e rischia di investire anche le case dei rioni più vicini.
In via precauzionale lo Yad Vashem, il museo dell' Olocausto, è stato evacuato dal personale e dai visitatori. Stesse precauzioni per le case situate in strade ai confini dei rioni a rischio. Da giorni un'ondata di grande caldo ha investito la regione.
Decine di autopompe dei vigili dei fuoco e tre aerei partecipano alle operazioni di spegnimento delle fiamme. Finora, secondo la radio, i vigili del fuoco non sono riusciti a domare l'incendio.
La scorsa estate un altro gigantesco incendio distrusse metà della grande area boschiva a ridosso di Haifa, causando tra l'altro la morte di una quarantina di guardie carcerarie e di agenti di polizia il cui autobus fu investito dalle fiamme mentre stavano abbandonando un carcere che si trovava nell' area e dal quale erano stati prima portati in salvo i detenuti.
Per spegnere le fiamme ci volle l'intervento di numerosi aerei antincendio inviati dai diversi paesi.
In seguito a quell'incendio e alle aspre polemiche che suscitò l'intero corpo dei vigili del fuoco venne riorganizzato su nuove basi e ottenne ingenti somme per dotarsi di mezzi più moderni, inclusa una squadriglia di aerei antincendio.

(la Repubblica, 17 luglio 2011)

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Opinioni e azioni

La legge contro il boicottaggio di Israele è molto dura: carcere fino a 5 anni (in certi casi 10) e pene fino a 50.000 dollari o cinque volte il valore della merce boicottata, se è superiore; interdizione alle società che si uniscono al boicottaggio di operare. E' giusto dunque protestare contro questo atto di "maccartismo" (così Gomel venerdì su queste pagine)? C'è un piccolo problema, che queste previsioni di pena non stanno nel provvedimento approvato la settimana scorsa dalla Knesset, ma nell'"Export Administration Act", una legge americana del 1979, quando il presidente degli USA era il pacifista Jimmy Carter e vigeva in America il primo emendamento a difesa della libertà di espressione. La legge è ancora vigente e per quel che ne so non è mai stata portata davanti alla Corte Suprema, perché la sua costituzionalità è data per scontata. Il provvedimento israeliano è molto più mite, riguarda solamente le amministrazioni pubbliche israeliane o "sotto amministrazione israeliana" e permette solamente, in caso di boicottaggio, di aprire una causa contro gli organizzatori per una modica cifra (10.000 euro circa di massimo) per il semplice appello al boicottaggio, senza dover dimostrare i danni specifici, che sono sempre difficili da accertare in questi casi perché il legame causale fra il boicottaggio e le perdite per esempio di turismo o di affari non è facile da stabilire. Inoltre stabilisce che chi boicotta Israele o un suo territorio non può ricevere dallo Stato israeliano finanziamenti o contratti.
   Ma si tratta di un provvedimento liberticida, che reprime la libertà di espressione? Chiaramente no. Vi è infatti una differenza fra esprimere opinioni e incitare ad azioni che danneggiano qualcuno. Il mondo ebraico l'ha sostenuto con forza riguardo a negazionismo e razzismo (altra cosa è dire che esistono le razze, che gli esseri umani sono disuguali e - poniamo - che gli abitanti dell'isola d'Elba sono la miglior razza umana: una sciocchezza enorme, che non può essere punita. Altra cosa è invitare a eliminare - poniamo - gli abitanti dell'isola del Giglio, che sono inferiori agli elbesi: questo è un incitamento che deve essere proibito). L'invito al boicottaggio rientra certamente in quest'ultima categoria, è un'azione e non un opinione. Svolto contro uno stato democratico o un altro corpo elettivo per obbligarlo a cambiare le sue politiche, è inoltre profondamente antidemocratico, perché cerca di rovesciare le scelte legittimate dalle elezioni con la forza dei media. Gli ebrei inoltre ricordano come una ferita ancora aperta che i primi atti pubblici della Shoà furono dei boicottaggi selettivi: esclusione da scuole e università, espulsione da associazione, accademie e sodalizi, "Kauft nicht bei Juden". Anche in Italia il mondo ebraico si è mobilitato, qualche mese fa, quando è emerso un boicottaggio antisraeliano dalle Coop, ha preteso e ottenuto l'attestazione che esso non era stato messo in atto. Ma come cercare di impedire il boicottaggio esterno delle istituzioni israeliane (le università, marche note come "Ahava" ecc.), se la stessa forma di "lotta" era legale in Israele? Come permettere che una parte della società israeliana cerchi di forzare le scelte democraticamente assunte dalla Knesset e dal governo (e condivise dalla maggioranza dell'elettorato, a quanto dicono i sondaggi) e cercare di provocare una "guerra civile" contro i "coloni", come ha scritto per esempio il regista Judd Ne'eman (Ma'ariv, July 7, 2011)? Il senso della legge sta qui e non è liberticida né "maccartista", è un'autodifesa moderata e prudente della società democratica israeliana contro le aggressioni dei suoi nemici.
   Bisogna chiedersi allora il perché di questo finto e ridicolo scandalo sul "maccartismo", magari proposto da parte di ebrei che avevano appena suscitato un altro scandalo dichiarando di non sentire le vittime del terrorismo palestinese loro "fratelli" perchè "coloni" - una divisione del popolo ebraico corrispondente alla "guerra civile" di Ne'eman e compagni. Vi è una ragione generale e una particolare. Quella generale è che sempre la guerra asimmetrica comprende azioni mirate a produrre reazioni da parte del suo obiettivo o a mostrarne l'impotenza: così è stato, fatte le debite differenze, per gli attentati delle BR, per la flottiglia, per la contestazione della Tav in Piemonte, per le azioni della sinistra israeliana contro la barriera di protezione, per i tentativi recenti di violare il confine israeliano con Libano e Siria. La reazione verrà dipinta come "repressione" "sproporzionata", "paranoica", "violenta". E potrà partire un'altra campagna.
   La ragione specifica è che Israele in questo momento è sottoposto a un'azione di delegittimazione su tutti i fronti, sostenuta all'esterno da arabi e ultrasinistri e all'interno di Israele da Ong i cui finanziamenti vengono dall'estero e a volte hanno inquietanti vicinanze con fonti islamiche (e c'è contestazione sulla volontà della Knesset di indagare su questi legami) e dall'estrema sinistra che cerca in questa maniera di rimediare alla sua totale debolezza elettorale. I nemici di Israele di tutte le salse, dentro e fuori il mondo ebraico, si prestano a questo gioco. Meraviglia che queste posizioni trovino spazio sui media comunitari ebraici.

(Notiziario Ucei, 17 luglio 2011)

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E' nato il Genoa Club Israele

di Marco Liguori

Il Genoa Club Israele ha inviato a Pianetagenoa1893.net le foto della serata della prima uscita ufficiale, dove hanno partecipato i membri della colonia genovese. Per ora l'unica carica operativa del sodalizio è quella del presidente Michael Racah che ne è il fondatore assieme a sua madre. «Mia madre e io siamo genoani da sempre, e siccome sapevo che ci sono altri tifosi fra i genovesi che vivono in Israele - spiega Racah ai nostri microfoni - ho pensato di cogliere l'occasione del raduno per cercare di formalizzare la nostra passione in un vero e proprio club. Non abbiamo ancora formato una vera struttura, ma dato l'entusiasmo con cui è stata ricevuta l'iniziativa, sono sicuro che le aderenze raggiungeranno una buona percentuale dei presenti alla riunione».
Nonostante la distanza, il presidente assicura sempre e comunque il suo pieno sostegno al Grifone: «Sicuramente alcuni dei membri assisteranno a partite quando saranno in Italia, ma data la distanza fisica credo che la nostra partecipazione sarà più che altro via TV/Internet. comunque la bandiera è pronta ed è a disposizione per essere esposta alla Gradinata Nord». E a proposito della bandiera del neonato Club, si nota il piccolo ritocco personalizzato: in alto al simbolo del Genoa, al posto della croce di San GIorgio è stata posta la bandiera con la stella di Davide. «E' in preparazione una pagina Facebook per il nostro club» spiega Racah. Tutti gli innamorati del Grifone in terra d'Israele che vogliono aderire al club possono inviare un'email a Michael Racah (michael.racah@gmail.com)

(Tutto Mercato Web, 17 luglio 2011)

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Yacht della flotilla lascia la Grecia diretto in Egitto

ATENE - Uno yacht francese della Freedom Flotilla 2 ha lasciato la Grecia diretto in Egitto, dove portera' aiuti per Gaza. Il Dignite'/Al Karama ha levato le ancore dal porto dell'isola di Kastellorizo. I 10 attivisti a bordo si considerano rappresentanti dell'intera missione che puntava a sfidare il blocco navale israeliano davanti alla Striscia, ma si e' scontrata con la determinazione delle autorita' greche a impedirne la partenza per motivi di sicurezza

(AGI, 17 luglio 2011)

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La Bibbia firmata Chagall: "La presa di Gerusalemme"

  
La presa di Gerusalemme
Una quarantina di incisioni della Bibbia furono rielaborate da Chagall negli anni '50, e questa - "La presa di Gerusalemme" (n. 101) - pare decisamente uno di quei casi. Soprattutto nella parte inferiore si notano aree "grattate" e ridisegnate.
La scena si riferisce alle tragiche descrizioni del profeta Geremia riguardo alla distruzione della Città santa e alla deportazione della popolazione a opera dei babilonesi, ma Chagall aggiunge un ulteriore tocco di cupezza, devastazione, disperazione, che non può non far pensare agli avvenimenti europei degli anni '30-40. Il popolo viene trascinato via in massa, senza distinzione: uomini, donne, anziani, bambini, potenti (il re) e umili. E già ai lati della lunga colonna in marcia si vedono mucchi di cadaveri.
Addirittura l'angelo, che in tutte le illustrazioni precedenti era stato messaggero di luce, insegnamenti, coraggio, consolazione da parte di Dio, qui ha lo sguardo come pazzo, e brandisce una torcia incendiaria. Si è trasformato in una Erinni, una Furia dell'iconografia greca e poi rinascimentale: simbolo di ira, di tormento, di guerra, di morte violenta. Dio è assente. Da Gerusalemme, cinta di mura, si levano immense fiamme. La Città santa è diventata una dantesca Città di Dite.
Mai Chagall aveva dipinto una scena così oscura, senza via di uscita. Perfino nella sua celebre "Caduta dell'angelo", terminata nel 1947, affiorava qualche segno di speranza, e comunque l'angelo cadeva proprio perché la sua sorte era solidale con quella del popolo perseguitato. Qui no.
Eppure, con un ennesimo capovolgimento esegetico, in basso a sinistra un uomo si volta e alza le braccia in segno di invocazione verso… la Furia infernale. Perfino nel paradosso e nella negazione il fedele sa intravedere, se non la presenza, almeno la possibilità di Dio. Come si legge nel Salmo 60:
    Dio, tu ci hai respinti, ci hai messi in rotta,
    ti sei sdegnato: ritorna a noi!
(paperblog, 17 luglio 2011)

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Giornata della Cultura Ebraica 2011- On line il sito

di Sira Fatucci

E' online il sito dedicato alla Giornata Europea della Cultura Ebraica.
Potete visitarlo cliccando: www.ucei.it/giornatadellacultura.
La Giornata, giunta alla dodicesima edizione, quest'anno ha per titolo "Ebraismo 2.0: dal Talmud a internet".
Al fine di per poter dare un prospettiva il più ampia possibile del patrimonio culturale, architettonico e artistico italiano anche in chiave "online" e tecnologica, oltre ai tradizionali spazi di contributi scritti, immagini, etc. abbiamo inserito nel sito diverse novità che vi invitiamo ad esplorare.
Tra queste il Virtual Tour, uno strumento che integra Google Maps, Google Street View, Google Panoramio e il patrimonio monumentale, artistico, architettonico ebraico italiano. Un esperimento "in divenire", che sarà via via integrato con nuove immagini e funzioni e perfezionato nel tempo, nel tentativo di costituire una mappatura interattiva e multimediale dell'Italia ebraica, utile anche dopo la Giornata.
Non mancano i collegamenti ai diversi social network (Facebook, Twitter, Youtube, Flikr) attraverso i quali abbiamo attivato un canale dedicato alla Giornata, e naturalmente i collegamenti con radio ebraiche online.
Altre novità che troverete al suo interno: lo spazio Web Cam, riservato alle località che il 4 settembre vorranno offrire "a tutto il pianeta" una visuale di quanto hanno organizzato. Uno spazio che potrà rimanere attivo anche durante tutto il resto dell'anno.
Buona navigazione!

(Notiziario Ucei, 17 luglio 2011)

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La danza israeliana di Yasmeen Godder a Civitanova Danza

di Stefania Zepponi

Storm end come
Nata a Gerusalemme, cresciuta a New York, rientrata di recente nel suo Paese dove ha base a Jaffa, vicino a Tel Aviv, Yasmeen Godder è uno dei talenti che la danza israeliana esporta nel mondo. Un particolare legame creativo si è instaurato con l'Italia nel luglio dello scorso anno, quando per l'Opera Estate Festival di Bassano del Grappa aveva presentato una creazione site-specific per la storica distilleria di grappa Bolle Nardini.
   Il lavoro aveva rappresentato il nucleo embrionale dell'ultima creazione dello Yasmeen Godder Dance Group "Storm end come", che ha poi debuttato a Tel Aviv il 29 giugno scorso ed è arrivato, per la prima italiana, a Civitanova Marche la scorsa settimana, ospite del festival Civitanova Danza.
   Un teatro nudo e un set rigoroso, in cui predomina il bianco, accolgono il pubblico. Un solo dà l'avvio allo spettacolo, potente, misterioso: un corpo scosso dall'interno che si trascina nello spazio di una luce bianca che coinvolge gli spettatori. Piano la scena si popola di altri individui che si incontrano, si scontrano, scambiano identità e ruoli, in un continuum di gesti convulsi e relazioni esplosive. Riti di seduzione, complicità, giochi di potere vengono giocati su un ritmo che si ripete costantemente senza trovare una soluzione drammaturgica, un crescendo che, arrivato al parossimo, si calma per ricominciare, senza tregua.
   Ogni tanto i danzatori si fermano e interrogano lo spazio circostante con lo sguardo, quasi a svelare un paesaggio che però non viene mai creato, cosicché il gesto resta un'azione retorica aggrappata al nulla. E poi ricomincia l'agitare convulso dei corpi, che nel caos mangia la visione del gesto negandogli la possibilità di farsi cumulo di emozione.
   Della miriade di segni tracciati non resta memoria, il troppo pieno impedisce l'apprezzamento e il ricordo. Espressioni di costante libidine segnano i volti dei danzatori nel loro strusciarsi, toccarsi, prendersi e malmenarsi; ma questo senso non arriva ai corpi, rimanendo una maschera forzata e alla lunga logorante. Le singolarità si sommano e si elidono, nessuna diventa così potente o costruita da attrarre lo sguardo. Fino ad arrivare alla scena finale, in cui il crescendo di una danza circolare porta una danzatrice ad elevarsi sugli altri e da lì cadere rompendo il cerchio. Senza una giustificazione il gioco si interrompe e i danzatori, stupiti e confusi, escono di scena, di nuovo tornati, dopo la coralità della danza, alla loro singolarità che li allontana gli uni dagli altri.

(Krapp's Last Post, 17 luglio 2011)

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Ultraortodossi in piazza, violato lo Shabbat

Scontri tra la polizia e gli estremisti ebrei di Eta Haredit.

Non si placano le tensioni a Gerusalemme, dopo le manifestazioni degli ebrei ultraortodossi contro l'arresto del rabbino Yaakov Yosef. Ma questa volta le proteste hanno infranto persino il silenzio dello shabbat. È degenerato in scontri con la polizia israeliana, infatti, fino al fermo di alcuni dimostranti, il raduno organizzato il 16 luglio da frange di ebrei ortodossi contro l'apertura di sabato, in uno dei rioni abitati dagli zeloti, d'un parcheggio che a loro dire viola i precetti della giornata di risposo ebraica.
GLI SCONTRI CON GLI ESTREMISTI DI ETA HAREDIT - Alla manifestazione, indetta dalla setta ultraradicale Eta Haredit per suggellare il centesimo sabato consecutivo di proteste, ha partecipato un migliaio di persone, indossando i caratteristici costumi neri e i colbacchi della tradizione religiosa aschenazita. Inizialmente, sullo sfondo d'un massiccio spiegamento di polizia, il meeting ha avuto un carattere relativamente pacifico. Ma quando gli anziani rabbini che aprivano il corteo si sono allontanati, è iniziato il pandemonio: fra insulti, sassaiole, lanci di spazzatura e sputi.
Gli agenti hanno risposto col fermo di alcuni dei facinorosi e dopo un abbozzo di carica sono riusciti a riprendere un minimo di controllo della situazione. I rappresentanti degli ultraortodossi, il cui numero è in continua crescita in Israele, e soprattutto a Gerusalemme, hanno comunque annunciato l'intenzione d'indire altre dimostrazioni contro quelle attività economiche che dal loro punto di vista profanano il sabato e contro qualsiasi attacco alle loro severa interpretazione della tradizione ebraica. All'inizio della settimana sei poliziotti erano rimasti feriti nello storico quartiere ortodosso di Mea Shearim, in uno scenario in parte diverso: quando a scatenare la protesta dei 'timorati' era stata un'insolita ispezione fiscale condotta per conto delle autorità comunali nella loro roccaforte.

(Lettera43, 16 luglio 2011)

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Bomba al centro ebraico di Buenos Aires. Teheran collabora

L'Iran si e' detto pronto a cooperare con le autorita' argentine nelle indagini sull'attentato che nel 1994 fece 85 morti in un centro ebraico di Buenos Aires. Teheran, chiamata in causa dai magistrati quale mandante dell'attacco, e' "disponibile a un dialogo costruttivo e a cooperare con il governo argentino per fare luce" sulla vicenda e, afferma una note del ministero degli Esteri, "condanna tutte le azioni terroriste, in particolare quella contro il centro ebraico, e si dichiara solidale con le famiglie delle vittime". Il 18 luglio di 17 anni fa un furgone carico di tritolo, scortato fino a un certo punto del tragitto da almeno due veicoli, si lancio' contro l'Associazione per l'assistenza israelita nella capitale argentina. Lo guidava uno "shadid", ovvero un martire scelto, secondo i rapporti stilati da diverse intelligence occidentali, da Imad Mugnyeh, il capo militare del movimento sciita libanese Hezbollah, ucciso nel 2008 a Damasco dal Mossad. L'esplosivo fece crollare i sette piani dell'edificio. I feriti furono circa 300. Due anni piu' tardi un'altro attentato avrebbe colpito l'ambasciata israeliana a Buenos Aires. Il bilancio delle vittime fu di 29 morti e 200 feriti.

(Affaritaliani.it, 16 luglio 2011)

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Boom del turismo a Gaza, stampata la prima guida

  “Benvenuti al Grand Palace Hotel. Uno dei più
lussuosi hotel nella Striscia di Gaza. Situato dalla parte
della spiaggia della città di Gaza, l’Hotel offre una vista
unica sul Mediterraneo”. Questa la locandina di
presentazione che si legge sulla pagina web dell’albergo.
ROMA, 16 lug. - La Striscia di Gaza sta conoscendo un boom nel settore turistico, nonostante sia governata dal gruppo integralista Hamas e sia sottoposta da quattro anni all'embargo israeliano. A dimostrarlo, come riporta il sito web del quotidiano francese Le Monde, è la pubblicazione della prima guida turistica di Gaza, che è rivolta principalmente ai locali. Uno dei promotori di questa guida, Mohammed Alafranji, ne ha fatte stampare per il momento 11.000 copie: "Oltre agli occidentali, anche i palestinesi hanno bisogno di spendere i loro soldi, quindi abbiamo fatto fare una guida turistica...senza turisti", spiega. "Gaza sta vivendo una rivoluzione nel settore del turismo", dice a sua volta Mohammed Al-Madhoun, ministro "della Cultura, del Turismo, delle Antichità e dello Sport" di Gaza. "L'assedio (il blocco israeliano) ha contribuito a sviluppare il turismo locale, e il suo alleggerimento ci ha permesso di concentrare le attività dei tunnel (di contrabbando, sotto la frontiera egiziana) sui materiali per le costruzioni". Il risultato, scrive Le Monde, sono le boutique, i centri commerciali, i ristoranti e gli hotel in costruzione nella Striscia. Per quale clientela? "Palestinese e internazionale, perchè come in tutte le zone di guerra girano molti soldi a Gaza", aggiunge il quotidiano francese. I clienti di queste strutture saranno innanzitutto diplomatici, giornalisti, impiegati delle molte Ong presenti nel territorio. Ma la fetta più sarà rappresentanta dai membri della nuova borghesia della Striscia, formata da coloro che si sono arricchiti con il commercio attraverso i tunnel. A Gaza però, dove risiedono in un piccolo territorio più di un milione e mezzo di palestinesi, la maggior parte della popolazione vive ancora in condizioni assai precarie.

(TMNews, 16 luglio 2011)

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Da Damasco altre armi verso Hezbollah

GERUSALEMME - Un ingente quantitativo di missili ad alta tecnologia e altre armi starebbero transitando dalla Siria verso gli Hezbollah libanesi. E' quanto riferisce oggi il quotidiano israeliano Jerusalem Post rilanciando una notizia apparsa venerdi' sul Times di Londra. Il giornale londinese, citando fonti dell'intelligence occidentale, aveva scritto che Damasco ha fornito agli Hezbollah otto missili Scud D con con gittata di 700 chilometri .

(AGI, 16 luglio 2011)

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Alla scoperta dei segreti della lingua ebraica

La Sinagoga di Soragna
PARMA - Dopo il successo degli anni precedenti, il «Museo Fausto Levi» di Soragna, in collaborazione con la Comunità ebraica di Parma, sta organizzando una nuova edizione del corso di lingua ebraica. L'iniziativa è rivolta sia a chi non ha nessuna conoscenza di questa lingua che a quanti desiderano approfondire nozioni già apprese.
Saranno oggetto di insegnamento la lettura dell'ebraico, le regole della grammatica e della sintassi ed un vocabolario di alcune centinaia di parole fondamentali. Sono previste lezioni di inquadramento dell'ebraico dal punto di vista linguistico, comprendente storia, evoluzione, rapporto con le lingue yiddish e ladino, nonché con quelle che hanno influenzato l'ebraico come l'arabo, il russo ed il greco. Non mancheranno approfondimenti sulla cultura ebraica ed israeliana - calendario, tradizioni, feste e cucina - con riferimenti alla Torah ed al Talmud. I corsi saranno tenuti da Baruch Avezov e Reny Icin, insegnanti di madre lingua, con il coordinamento del linguista universitario Davide Astori.
Le lezioni, articolate in 30 sedute (45 ore), si terranno da ottobre all'Enaip di Parma (via Gramsci 22) al lunedì o al mercoledì a scelta del partecipante. Info: tel. 389.1188664.

(Gazzetta di Parma, 16 luglio 2011)

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La Turchia apre il capitolo Gaza con Israele

Il primo ministro turco Tayyip Erdogan ha presentato nei giorni scorsi al Parlamento il programma di governo, ha ricordato tre condizioni per la normalizzazione delle relazioni con Israele: in primo luogo, le scuse di Israele per l'attacco aL Mavi Marmara, in secondo luogo, il pagamento un risarcimento per le famiglie dei martiri e la terza, la revoca dell'embargo imposto a Gaza. Fino ad ora, erano solo due le condizioni citate nelle dichiarazioni ufficiali e negoziate tra le due parti, l'aggiunta di una terza clausola è stata considerata da molti analisti politici una novità. Tuttavia, Erdogan già in altre dichiarazioni aveva ricompreso il sollevamento del blocco di Gaza "tra le righe". Ora, dal momento che questa clausola è stata inclusa nel programma del nuovo governo è completamente ufficiale. Le "scuse" per l'incidente del Mavi Marmara e "il risarcimento", sono clausole che riguardano direttamente Turchia e Israele e riguardano le relazioni bilaterali. Questi due argomenti sono stati ampiamente negoziati durante i colloqui tra diplomatici turchi e israeliani, ma nessun accordo è stato raggiunto sulla questione delle "scuse" fino ad ora. Israele deve da tempo aver capito che a meno che non soddisfi le prime due clausole relative alle "scuse" e al "risarcimento", i rapporti bilaterali non riprenderanno e di conseguenza questa freddezza nella relazioni potrebbe continuare per lungo tempo. La sensibilità della Turchia sulla questione di Gaza è nota a tutti. Erdogan in particolare, ha dimostrato molta più attenzione rispetto ad altri paesi alla situazione drammatica in questa terra palestinese e ha preso come un suo dovere portare la questione davanti a consessi internazionali. Il Partito Giustizia e Sviluppo, altrimenti detto Partito AK , pur mantenendo il suo sostegno al popolo di Gaza, ora sta sollevando la questione come un elemento fondamentale delle relazioni bilaterali. Tutti i tipi di traffico di "beni strategici" continuano attraverso i tunnel al confine Egitto-Gaza ed il commercio tra Israele e Gaza viene effettuato anche per vie indirette. L'eliminazione del blocco ha senza dubbio un significato simbolico e politico. Ma il governo Netanyahu non sembra avere alcuna intenzione di fare un passo su questo tema, nonostante tutte le pressioni.

(FocusMo, 16 luglio 2011)

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Israele e Turchia collaborano a importanti progetti scientifici

Nonostante i legami tesi tra la Turchia e Israele per incidente della flottiglia del maggio scorso, che ha causato la morte di nove turchi, la cooperazione tra i due paesi su progetti scientifici e il commercio continua a svilupparsi. Il Consiglio per la Ricerca scientifica e tecnologica (TUBITAK) ha annunciato che in collaborazione con il Centro dell'Industria israeliano per la R&S (ricerca e sviluppo) (MATIMOP), fornirà assistenza per lo sviluppo congiunto per lo sviluppo di prodotti innovativi e applicazioni in tutti i settori tecnologici comprese le informazioni e tecnologie della comunicazione, le biotecnologie, dispositivi medici, tecnologie alimentari e automobilistico. I progetti saranno sostenuti nell'ambito del programma Eureka. Eureka è una rete pan-europea istituito per rafforzare la competitività europea. Supporta le aziende, centri di ricerca e università che svolgono progetti paneuropei per sviluppare prodotti innovativi, processi e servizi. MATIMOP e TUBITAK aiutare le aziende a trovare un partner adeguato. Inoltre forniscono la necessaria assistenza per i partner durante la proposta di progetto, la valutazione e la fase di monitoraggio e l'accesso ai finanziamenti pubblici per progetti comuni forniti dal OCS (Office of the Chief Scientist del Ministero dell'Industria e Commercio e del Lavoro, Israele) e da TUBITAK. I rapporti tra Israele e Turchia sono difficili tuttavia, nonostante queste difficoltà, le relazioni economiche tra la Turchia e Israele stanno andando abbastanza bene. Le esportazioni della Turchia verso Israele seguono costantemente una tendenza al rialzo, superando per la prima volta nel 2010 i 2 miliardi di dollari. Nel primo mese del 2011, le esportazioni turche verso Israele, hanno raggiunto i 166 milioni dollari, segnando un incremento del 20,1 % rispetto allo stesso mese dell'anno precedente.

(FocusMo, 16 luglio 2011)

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Banche attente ai conti correnti: se li usano i terroristi la colpa è vostra

Bank Of China condannata a indennizzare le vittime di Hamas: non avrebbe fatto nulla per impedire il trasferimento di denaro

di
Leonard Berberi

MILANO - Avviso alle grandi banche: controllate bene i conti correnti dei vostri clienti. O potreste fare la fine della Bank of China. La Corte suprema dello Stato di New York ha emesso una sentenza che in molti definiscono storica: le vittime israeliane degli attacchi terroristici organizzati dagli estremisti di Hamas potranno procedere contro l'istituto di credito cinese. La Bank of China viene accusata dall'Israel Law Center e dai suoi clienti di non aver fatto nulla per bloccare il trasferimento di denaro verso i gruppi terroristici della Striscia di Gaza. Soldi che, poi, sono stati usati per acquistare i razzi Qassam e i missili sparati poi verso lo Stato ebraico, soprattutto dalle parti della cittadina di Sderot.
I PERCORSI DEL DENARO - I procuratori statunitensi sostengono che la Bank of China ha permesso dal 2003 ai terroristi palestinesi di effettuare svariati bonifici da diversi milioni di dollari. Nella decisione della Corte suprema americana viene ricostruito il percorso del denaro: «I leader del terrorismo islamico hanno effettuato bonifici dall'Iran e dalla Siria verso una filiale della Bank of China di Pechino - scrivono -. Da lì il denaro è stato spedito nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania». Nonostante le proteste ufficiali d'Israele che chiedeva alle autorità cinesi di bloccare i trasferimenti finanziari, la BoC avrebbe continuato con i trasferimenti verso Gaza. Quel denaro, sostengono i giudici americani, è stato utilizzato per comprare il materiale bellico da usare per gli attentati. L'attacco suicida di Eilat, nel 2007 e i lanci di razzi verso la cittadina di Sderot sarebbero stati realizzati proprio con quella polvere da sparo acquistata con quel denaro. Sono oltre 80 le vittime israeliane e i loro famigliari ora cercano una forma di risarcimento.
I LEGALI: «LA BANCA NON È RESPONSABILE» - I legali della Bank of China hanno respinto ogni accusa e sostengono che l'istituto non può essere ritenuto responsabile per le azioni dei terroristi di Hamas. Non solo. La difesa ha anche chiesto di trasferire il caso in Cina, ma la Corte di New York ha respinto la richiesta. I primi dettagli sull'ammontare del risarcimento richiesto dai famigliari delle vittime si avranno solo il 14 settembre, in una conferenza stampa che si annuncia «storica». Dal processo contro la Bank of China, infatti, le associazioni ebraiche si aspettano ulteriori richieste di risarcimento danni nei confronti anche di altri istituti di credito.

(Corriere della Sera, 16 luglio 2011)

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"Aiutiamo il memoriale della Shoah di Milano"

E il titolo di un appello pubblicato sul mensile News distribuito in omaggio ai clienti che fanno la spesa nei supermercati Esselunga.
L'appello invita a sostenere il progetto e a donare 500 punti accumulati attraverso la carta Fidaty. Esselunga a fronte di questa donazione verserà 10 euro alla Fondazione del memoriale che da un paio di anni sta ristrutturando la zona del Binario 21 della Stazione Centrale di Milano.
Dal Binario 21 iniziava il viaggio degli ebrei catturati dai nazisti per essere deportati nei campidi concentramento tedeschi. Donne uomini e bambini stipati nei carri ferroviari merci iniziavano da lì un tragico viaggio senza ritorno. I lavori di ristrutturazione del Binario 21 sono stati finanziati da alcune imprese, adesso i fondi sono esauriti e occorre finire i lavori.

(ilfattoalimentare, 15 luglio 2011)

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Netanyahu offre aiuto al Sudan del Sud

Il primo ministro Benjamin Netanyahu mercoledì ha avuto colloqui telefonici con il presidente della nuova indipendenza del Sud Sudan, Salva Kiir, per offrire il supporto israeliano, secondo quanto riferisce l'ufficio del premier. "Il popolo d'Israele vuole il successo del vostro paese. Sappiamo quanto sia difficile iniziare con niente", ha detto a Kiir, quattro giorni dopo la dichiarazione di indipendenza del Sudan del Sud. "Abbiamo l'esperienza e abbiamo aiutato molti paesi africani nel campo delle infrastrutture, lo sviluppo e l'agricoltura", ha detto, secondo una dichiarazione rilasciata dal suo ufficio. Israele, che è stata fondata nel 1948, ha formalmente riconosciuto Domenica, la nuova nazione del mondo. Netanyahu che ha descritto il Sudan del Sud impoverito ma ricco di risorse come una paese in "cerca della pace" ed ha ribadito che Israele "sarebbe lieta di cooperare con esso al fine di garantire il suo sviluppo e la prosperità." Si direbbe che Israele stia cercando di avviare relazioni diplomatiche con il governo di Juba. Lo Stato ebraico non ha rapporti con Khartoum, che ha accusato di servire come base per i militanti islamici. Secondo i media israeliani, alcuni esperti israeliani nel settore dell' agricoltura, sono già attivi in Sud Sudan. Lo Stato ebraico aveva sostenuto il movimento ribelle della maggioranza cristiana e animista del Sud nei suoi decenni di lotta contro il governo di Khartoum nel musulmano Sudan del Nord.

(FocusMo, 15 luglio 2011)

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Israele crede nella tenuta della finanza italiana

«Israele considera l'economia italiana solida e l'Italia è e continuerà ad essere uno dei nostri maggiori partner commerciali». Mordechy Rodgold, diplomatico israeliano esperto di economia italiana, non si lascia influenzare dall'atteggiamento allarmista tenuto negli scorsi giorni dalle agenzie di rating internazionali, che avevano fatto subodorare l'ipotesi (poi smentita) di abbassare le quotazioni dei nostri titoli di Stato. «Noi israeliani reputiamo l'Italia un Paese molto forte - dice Rodgold -, la vostra economia non è basata su un eccesso di finanza, né sul settore immobiliare.
   Al contrario, si tratta di una economia reale sostenuta da una rete di piccole e medie imprese di lunga tradizione. Inoltre - aggiunge il diplomatico, che ha lavorato a Roma per cinque anni - ci rassicura il vostro sistema bancario di stampo tradizionale, più severo nella concessione di prestiti e dunque più affidabile». Certo, anche da Israele è facile vedere la mole del nostro debito estero. «Far fronte al debito nel migliore dei modi è la sfida che l'Italia deve riuscire a superare. Ma non credo che questo possa causare problemi nel prossimo futuro». E anzi: «l'Italia potrebbe imparare da Israele». «Negli ultimi anni - spiega Rodgold - siamo riusciti a ridurre il nostro debito estero e ora la nostra economia è stabile. Israele è un Paese giovane, ma abbiamo trovato soluzioni creative a certi problemi e dunque credo che la collaborazione tra noi e l'Italia possa svilupparsi anche in tal senso. Le sfide economiche si vincono anche imparando dalle esperienze degli altri». In un certo senso, l'Italia sta già traendo giovamento dal boom economico dello Stato ebraico: che, tra l'altro, si traduce anche in un tasso di disoccupazione ai minimi storici (5%) e in una domanda crescente di beni e merci dall'estero, Stati Uniti e Europa in testa.
   «L'export italiano in Israele è cresciuto costantemente nel corso dell'ultima decade: lo scorso anno, le importazioni dall'Italia hanno raggiunto un volume di affari da 1.25 miliardi di dollari, pari al 12% in più rispetto al 2009». Il 2011 sembra essere partito ancora meglio: «Nei primi sei mesi abbiamo importato prodotti italiani per 1.350 miliardi di dollari: il che segna un incremento del 40 per cento rispetto allo stesso periodo del 2010. In altre parole, il mercato israeliano è il più importante del Medio Oriente per l'Italia». La struttura del commercio tra i due Paesi tradizionalmente si attesta su una proporzione di 2 a 1: le esportazioni italiane nello Stato ebraico sono due volte quelle israeliane in Italia. Una scala che resta tuttora valida: infatti anche l'importazione di prodotti israeliani nel mercato italiano ha fatto registrare percentuali di crescita significative, tanto che l'Italia rientra oggi nella top 5 dei partner commerciali d'Israele.
   «Un aspetto interessante - sottolinea ancora l'esperto - è la diversificazione. In entrambe le direzioni, gli scambi tra i nostri due Paesi non riguardano un solo campo, bensì un ampio ventaglio di settori e attività». La lista è lunga: automobili di lusso, tessuti, prodotti chimici e agro-chimici, hi-tech, medicine e attrezzatura medica e energie rinnovabili sono solo alcune delle aree commerciali coinvolte. «Aziende italiane partecipano ai bandi di gara pubblici in Israele», aggiunge Rodgold. Ma Israele non guarda con interesse solo a quanto accade in Italia. «Stiamo seguendo da vicino gli sviluppi dell'economia europea. L'Europa - conclude il diplomatico - è il motore dell'economia del bacino del Mediterraneo: le conseguenze di quello che succede in Ue sono molto importanti sia per noi israeliani che per il resto della regione».

(FocusMo, 15 luglio 2011)

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Facebook lancia una app israeliana

Ieri il social network ha presentato la sua ultima applicazione per cellulari, "Facebook for Every Phone", basata su un software sviluppato da una startup israeliana, Snaptu Ltd., che Facebook aveva acquistato lo scorso marzo per 60-70 milioni di dollari. L'acquisto era stato il primo realizzato dall'azienda di Mark Zuckerberg in Israele.
La nuova app consente di accedere facilmente a Facebook anche dai cellulari non dotati di sistemi operativi avanzati. Inoltre, il software permette di aggiungere alla lista di amici su Fb i contatti presenti nella rubrica del telefonino, tramite sms o email. L'applicazione prevede anche un link al negozio virtuale della Snatpu, in cui è possibile acquistare altri prodotti dell'azienda israeliana. Il social network prevede di promuovere questa applicazione per 2.500 modelli di cellulari; per Fb il software di Snatpu è importante per competere contro il recente ingresso di Google nel mercato dei social network. Google ha infatti già lanciato un sistema che permette di accedere anche da telefonini basilari al suo servizio Google Plus.

(FocusMo, 15 luglio 2011)

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Il governo israeliano spinge l'acceleratore sull'energia alternativa

Ieri l'esecutivo ha siglato un accordo con i ministeri di Ambiente, Economia e Infrastrutture e con il Consiglio nazionale per l'economia. Il patto dà il via libera alla costruzione di importanti impianti fotovoltaici e alla installazione di pannelli solari sui tetti di abitazioni private che produrranno energia pulita per 100 megawatt.
Inoltre, sono state stabilite quote generose per gli impianti a biomassa e per quelli eolici. I permessi approvati saranno concessi a partire dal 2014. La firma dell'accordo arriva dopo mesi di discussioni; in particolare, il ministro dell'Ambiente, Uzi Landau, chiedeva che i pannelli solari sui tetti venissero installati a partire da subito. «La decisione che abbiamo raggiunto non è perfetta - ha commentato Landau a patto siglato -, ma era la migliore a cui potevamo arrivare. Noi continueremo a promuovere, in ogni modo possibile, l'installazione massiccia di pannelli per i consumi domestici, utilizzando il più possibile la tecnologia israeliana e cercando il miglior rapporto costi-benefici per i consumatori».

(FocusMo, 15 luglio 2011)

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La Via del Cedro. Saperi e Sapori di ispirazione ebraica al Centro del Mediterraneo

A Siracusa e Scicli 19 - 21 - 23 luglio 2011. L'Ambasciatore di Turchia in Italia, Hakki Akil, in visita in Sicilia dal 17 al 21 luglio, ha preannunciato la propria presenza alla serata del 19 luglio accompagnato dal Console onorario per la Sicilia Domenico Romeo

SIRACUSA, 15 luglio - Nuova serie di appuntamenti di cultura e cucina d'ispirazione ebraica tra Siracusa e Scicli, realizzati nell'ambito del progetto "La Via del Cedro", promosso dall'Assessorato alle Politiche Culturali del Comune di Siracusa in partnership con Cosvis Consorzio per lo sviluppo di Siracusa e l'Associazione monferrina "I Quattro Fiumi".
La valorizzazione del retaggio ebraico di Siracusa e del suo territorio sono il volano per tale progetto di lancio e sviluppo di due importanti nicchie di mercato in forte ascesa: il turismo e il cibo kasher, ovvero conforme alla normativa ebraica, per avvicinare e fidelizzare il mercato U.S.A., Nord Europeo e Israeliano.
Il progetto ha tra le sue finalità primarie la valorizzazione delle produzioni agricole di qualità con le materie prime e la loro trasformazione, per sensibilizzare gli operatori del settore verso la produzione kasher, arrivando alla creazione di un paniere di prodotti tipici dell'enogastronomia locale.
Tre giorni di cultura ebraica abbinati alla gastronomia siciliana ripensata in chiave kasher: questa è la proposta di contorno al "core" del progetto "La Via del Cedro", che già nel mese di giugno 2011 ha raccolto consensi e interesse, orientati poi alla elaborazione di un programma di lavoro e formazione degli operatori del settore agro-alimentare e turistico.
L'appuntamento a tavola con la cultura ebraica ritorna quindi il 19, 21 e 23 luglio, proponendo tre accattivanti incontri con il mondo dell'amore, della donna e dei profumi nella tradizione giudaica:

- 19 luglio, ore 20,30 Ristorante "Ibiscus" Hote-Resort Caiammari: Il Cantico dei Cantici - Il canto d'amore più misterioso
- 21 luglio, ore 19,00 Boutique Hotel "Not'art" Palazzo Giaracà - Siracusa: "Eshet Chail, Una donna di Valore" - Il femminile, la donna e i suoi valori nella tradizione ebraica. Serata ad inviti personali.
- 23 luglio, ore 20,00 Azienda "Gli Aromi di Russino" Scicli (RG) - "Tutti gli Aromi del Mondo" le piante aromatiche, le essenze e i profumi della Bibbia.

Alla serata del 19 luglio ha preannunciato la propria partecipazione l'Ambasciatore di Turchia in Italia, Hakki Akil, nell'ambito delle attività volte alla creazione del partenariato internazionale interessato al progetto. L'Ambasciatore sarà accompagnato dal Console onorario di Turchia per la Sicilia, Domenico Romeo.
"Saremo onorati di illustrare il nostro progetto all'Ambasciatore - dice con entusiasmo Mariella Muti coordinatrice dell'iniziativa insieme ad Anna Eccettuato ed Irene Galeano - "oltre che di mostrargli le bellezze della nostra città durante la sua visita. E' un'occasione propizia per gettare le basi del partenariato internazionale, fondamentale per la realizzazione di un progetto produttivo/culturale di valore quale è quello che stiamo predisponendo".
Gli incontri saranno animati da Roberto Natan Robotti, studioso di cultura e gastronomia ebraica.

(Ondaiblea, 15 luglio 2011)

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McFalafel cancellato dal menu di McDonald in Israele

La McDonald catena internazionale di fast food ritirerà la sua versione della merenda preferita del Medio Oriente, il Falafel, dai ristoranti in Israele.
Presentato all'inizio di quest'anno pare abbia attirato ben pochi clienti e inoltre il piatto tipico composto da polpette di ceci è ampiamente reperibile sulle bancarelle per strada. "Abbiamo capito che il Falafel non appartiene a McDonald," riferisce Omri Padana, amministratore delegato di McDonald Israele. "Volevamo proporre un piatto vegetariano ... ma non ci siamo riusciti. McDonald ha rifiutato di fare ulteriori commenti e le ammissioni di sconfitta sono insolite per l'azienda Mc Donald, che cerca di adattare il suo menù ai mercati locali di tutto il mondo. Il Falafel è un fast-food in stile Medio Orientale. Lo snack è molto popolare in gran parte del Medio Oriente, dove le palline di ceci sono generalmente fritti e serviti con insalata e sottaceti dentro una focaccia. Alcuni clienti all'uscita del McDonald nel centro commerciale in Malha Gerusalemme commentano: "Non ho mai sentito parlare del Falafel di McDonald", ha detto Sara. "La loro specialità è l'hamburger. Non abbiamo bisogno che arrivi McDonald dagli Stati Uniti per prepararci il Falafel. Abbiamo posti israeliani dove trovarlo".

(FocusMo, 15 luglio 2011)

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Esperti di Israele: La caduta Assad è solo questione di tempo

Più di 2.000 soldati siriani hanno abbandonato l'esercito

ROMA, 15 lug. - Per gli esperti israeliani della Difesa la caduta del regime siriano di Bashar al Assad è solo una questione di tempo. Lo riporta il sito web del quotidiano israeliano Haaretz, secondo cui tali analisi riflettono lo stesso giudizio espresso lo scorso mese dal ministro della Difesa Ehud Barak. Anche per quest'ultimo, infatti, il regime di Assad cadrà nel giro di qualche mese.
Negli ultimi tre mesi, più di 2.000 soldati che non volevano partecipare alla repressione delle manifestazioni di protesta hanno abbandonato l'esercito siriano, riferisce Haaretz. La scorsa settimana centinaia di migliaia di persone sono scese in strada ad Hama, roccaforte della ribellione, dove nel 1982 Hafez Assad, padre dell'attuale presidente, uccise 20.000 membri dei Fratelli Musulmani. La scorsa settimana, alle forze di sicurezza ad Hama è stato ordinato di non scontrarsi con i manifestanti, e ciò ha incoraggiato ulteriormente gli oppositori del regime. Le proteste sono iniziate a metà marzo, e secondo un bilancio delle Ong oltre 1.300 civili sarebbero morti nella repressione attuata da Damasco.

(TMNews, 15 luglio 2011)

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A Gerusalemme il Mamilla Hotel di Lissoni e Safdie

La scala-origami in acciaio fa da ponte fra passato e futuro

di Cecilia Di Marzo

Mamilla Hotel
Il Mamilla Hotel è uno luogo straordinario che offre stile ed esclusività. Il design contemporaneo degli interni, creato da Piero Lissoni, uno degli architetti leader in Italia, coniuga raffinatezza e semplicità con un'illuminazione emozionante, texture intensa e colori caldi che stimolano l'immaginazione.
Nella lobby una scala in lamiera d'acciaio unisce i due corpi che compongono l'hotel, quello di nuova edificazione e quello ricostruito con antichi conci di pietra recuperati in situ. La reception ha alle sue spalle una maestosa parete in pietra locale, che caratterizza anche le pareti del salotto e su cui sono stati collocati oggetti antichi provenienti da Tel Aviv, Gerusalemme e da Milano.
L'idea alla base del concept di Lissoni consisteva nel "riportare il volume dell'hotel a una dimensione più umana in uno spazio urbano dal segno monumentale e, sdrammatizzandone il carattere", cercare "una nuova forma di solennità". "Ho aperto grandi vetrine verso la strada" afferma Lissoni in una sua intervista, "e scollegato i due volumi rendendo questo visibile sia all'interno che dall'esterno, ho disconnesso le parti strutturali creando un enorme vuoto in cui ho disegnato la scala che, come un origami, collega l'ingresso con i tre mezzanini e la nuova costruzione con la vecchia".
Tutte le stanze hanno pavimenti in legno naturale, pareti in pietra di Gerusalemme, testate in metallo scuro e bianche tende trasparenti.
Le pareti a cristalli liquidi dei bagni diventano opache al solo tocco di un interruttore e nascondono lussuose zone bagno con docce a cascata e box doccia separati

(edilportale, 15 luglio 2011)

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Fattore tempo e intransigenza palestinese

di Doron S. Ben-Atar

Il movimento nazionale palestinese di matrice laica è ad un bivio. Dal 2000 in poi ha rifiutato non meno di tre proposte di compromesso territoriale, ritenendo che sarebbero seguite proposte migliori. I palestinesi sono convinti che il tempo lavori per loro; cioè che trend demografici, considerazioni strategiche in campo occidentale e il potere economico complessivo del mondo arabo finiranno per costringere Israele ad arrendersi alle loro richieste. Recenti sviluppi, tuttavia, hanno rivelato l'assurdità di questi presupposti.
I discorsi sul tasso di natalità arabo hanno alimentato il detto che Israele non può trattenere i territori rimanendo uno stato ebraico e democratico. A partire dagli anni '70 ci è stato detto che entro il 2000 gli arabi avrebbero costituito la maggioranza della popolazione fra il mar Mediterraneo e il fiume Giordano, poi entro il 2010 e così via. Queste previsioni si fondavano sul presupposto "orientalista" che gli arabi non avrebbero conosciuto le trasformazioni che hanno avuto luogo nelle altre società dove il tasso di natalità e le dimensioni della famiglia media sono calati in seguito a processi di modernizzazione e urbanizzazione. Recenti studi demografici rilevano un netto calo del tasso di natalità arabo, mentre quello fra gli ebrei è in aumento. Inoltre, il ritiro israeliano dalla striscia di Gaza (estate 2005) significa che se Israele dovesse stabilire la propria sovranità sull'intera Cisgiordania conferendo il diritto di voto a tutti i residenti, gli arabi costituirebbero solo il 30% della nuova formazione politica: non esattamente il la valanga demografica immaginata dai palestinesi e dai loro sostenitori....

(israele.net, 15 luglio 2011)

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Zahavi: "Ecco come arrivato al grande calcio"

Il trequartista del Palermo Eran Zahavi è stato intervistato dal "Giornale di Sicilia" e ha ripercorso la sua carriera nel mondo del calcio, dai primi calci al pallone ai grandi palcoscenici della Champions League.
    "Ho iniziato da piccolissimo, all'età di quattro anni credo... A casa ho sempre giocato con mio fratello. Poi crescendo ho capito che per me il calcio poteva diventare un lavoro. Quando è successo? Il mio non è stato un percorso facile. Nel gennaio 2007 sono andato in prestito all'Hapoel Ironi di Rishion LeZion, la squadra della mia città che militava in seconda divisione, e lì sono rimasto un anno e mezzo. Sono diventato titolare e ho fatto bene, tant'è che l'Hapoel Tel-Aviv mi ha richiamato. Lì ho avuto la percezione che potevo fare il calciatore professionista". Il 23enne israeliano ha proseguito parlando della sua fede calcistica. "Da bambino tifavo Hapoel Tel-Aviv, chi mi piaceva in Europa? Il Palermo (ride)... Mi piace il Barcellona. I tifosi rosa sognano un mio gol in rovesciata al "Barbera" dopo quello segnato in Champions contro il Lione ? Sicuramente ci proverò, non è facile fare gol così belli ma è un colpo che ho nel mio repertorio".
(Mediagol.it, 15 luglio 2011)

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Ermanno Tedeschi Gallery conquista Tel Aviv

Ermanno Tedeschi
L'avventura e`iniziata il 6 giugno, la sera dell'inaugurazione. L'opening ha avuto un successo straordinario, al di fuori di qualsiasi aspettativa, con centinaia e centinaia di persone venute da tutta Israele, e un folto gruppo arrivato dall'estero per assistere all'inaugurazione della prima galleria italiana internazionale nella fulcro culturale di Israele.
Tra le importanti personalita` presenti c'erano Ron Huldai, sindaco di Tel Aviv, e Luigi Mattiolo, Ambasciatore italiano in Israele, entrambi i quali hanno dimostrato con i loro discorsi di credere in questo nuovo progetto e di esserne parte integrante. Limor Livnat, Ministro dell'Educazione in Israele, ha inviato da Venezia (dove si trovava per visitare la Biennale) sentite parole di stima, amicizia e incoraggiamento. Oltre alle figure pubbliche, e 'celebrities' appartenenti al mondo del cinema e dello spettacolo, c'erano centinaia di membri del mondo dell'arte locale: collezionisti, galleristi, direttori di musei, curatori, critici, storici d'arte, e numerosi artisti. Il pubblico locale e` stato colpito dal gusto italiano evidente in ogni aspetto della serata: dalle opere stesse, molte delle quali sono state create da artisi italiani, al design pulito e elegante dello spazio espositivo, fino ai prestigiosi sponsor della serata, come la Maserati, la cioccolata di Guido Gobino, e l'acqua Lauretana. Grazie anche all' eccezionale successo dell'inaugurazione, i media hanno mostrato immediato interesse. Nelle ultime settimane numerosi articoli sono usciti sui principali giornali e riviste israeliane - in ebraico, inglese e russo; interviste radiofoniche e programmi televisivi hanno dato generoso spazio alla galleria; e su moltissimi siti e blog d'arte sono apparsi testi e immagini della Ermanno Tedeschi Gallery. Anche la reazione del pubblico e` stata estremamente positiva e 'accogliente' , con un flusso giornaliero di visitatori di tutti i tipi, sempre uniti da un senso di scoperta e entusiasmo: finanzieri dalle grandi banche dell' adiacente zona di Rothchild; galleristi, curatori e critici d'arte; gruppi organizzati in visita alle principali gallerie della citta`; turisti alla scoperta dello storico quartiere di Tel Aviv, e numerosissimi artisti. Dimostrando una grande curiosita, i visitatori hanno rivolto fin'ora una gran varieta` di domande sull'origine degli artisti, la loro formazione, le loro idee, tecniche, materiali, ma anche sulla galleria stessa, la sua identita, programmazione e visione per il futuro.

(FocusMo, 15 luglio 2011)

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Nuova normativa per gli asili nido in Israele

Gli asili nido e le scuole materne in Israele saranno obbligate a cominciare la settimana cantando l'inno nazionale (la Hatikvà) e ad alzare la bandiera , secondo una nuova normativa approvata dal Ministero della Educazione.
I professori degli asili nidi e scuole materne dovranno anche dare classi sui simboli nazionali ai piccoli al meno una volta alla settimana.
La direttiva ministeriale assicura che prima del prossimo giorno dell'indipendenza nazionale nel mese di maggio " tutti i bambini sapranno l'inno nazionale". La nuova norma non si applicherà ai centri del denominato " settore arabo" località israeliana con maggioranza di popolazione araba dove appunto la lingua del sistema educativo è l'arabo , anche se il ministero sta studiando una forma per adattare la nuova normativa anche in questa zona. Il progetto fa parte di un piano più amplio di educazione che ha come obbiettivo fortificare i valori ebrei e sionisti degli alunni del paese, oltre che migliorare i loro risultati accademici.

(FocusMo, 14 luglio 2011)

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Raid aerei israeliani a Gaza dopo lancio di razzi

GERUSALEMME, 14 lug. - L'aviazione israeliana ha lanciato la scorsa notte due raid aeri nella Striscia di Gaza. Stando a quanto riferito da fonti della sicurezza palestinese, la prima incursione ha preso di mira un tunnel scavato sotto la frontiera con l'Egitto, all'altezza di Rafah, il secondo ha colpito la zona orientale della città di Gaza. Le fonti hanno precisato che non ci sono stati feriti. Interpellato dalla France presse, un portavoce militare ha dichiarato che "l'aviazione ha attaccato nel sud della Striscia due tunnel che servono ad attività terroristiche e gli attacchi sono stati precisi". Il portavoce ha quindi aggiunto che i raid sono stati decisi "in risposta al lancio di razzi di mercoledì contro il territorio israeliano".

(TMNews, 14 luglio 2011)

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Nucleare: un'altra centrale bloccata dalle meduse

  
Dopo quella scozzese, ora un'altra centrale è costretta a chiudere temporaneamente a causa di un attacco di meduse. Ma non era un caso raro? E invece sta diventando un problema ricorrente: le meduse intasano il flusso d'acqua di cui le centrali hanno bisogno per funzionare, bloccando momentaneamente la produzione di energia. E' accaduto in Scozia, a Torness, meno di due settimane fa, è ri-accaduto in Israele, nella città di Hadera pochi giorni fa.
La stazione interessata è la Orot Rabin Electric Power Station, che utilizza acqua di mare per raffreddare i reattori. Almeno finché tonnellate di meduse non ne hanno intasato i filtri. E così basta allargare un po' lo sguardo per scoprire che non solo le centrali nucleari israeliane e scozzesi hanno dovuto interrompere i lavori, ma un altro reattore, quello della centrale nucleare di Shimane, nel Giappone Occidentale, qualche settimana fa ha subìto la stessa sorte.
Come con i recenti eventi meteorologici estremi ed altri problemi naturali, l'aumento delle invasioni di meduse potrebbe essere legato ai cambiamenti climatici: le temperature del mare aumentano e gli animali a sangue freddo crescono più rapidamente. Secondo la rivista The Age reports:
    Il riscaldamento globale, la nitrificazione degli oceani attraverso lo scarico di fertilizzanti e la pesca eccessiva hanno anche creato l'ambiente (ideale) per una enorme espansione degli animali soprannominati "gli scarafaggi del mare". Tutte queste cose singolarmente possono portare a più meduse,
    dice Monty Graham, co-autore di uno studio sulla fioritura delle meduse pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America (PNAS).
A questi fattori, già gravi di per sé, se ne aggiungono altri che spiegano l'incremento delle meduse, come ad esempio il numero sempre più carente di tartarughe, le maggiori predatrici di meduse, che scompaiono a causa dell'invasione del proprio habitat da parte degli esseri umani, e perché spesso soffocate dalle buste di plastica scambiate proprio per meduse. Ma probabilmente, prima di far qualcosa, come sempre ci dovrà scappare il morto, o una centrale nucleare che esplode. Dopotutto se già quest'incidente si è verificato 3 volte in due settimane, non si può escludere che ciò accada..

(Ecologiae.com, 14 luglio 2011)

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Domani a Siracusa "Carmina Burana" della compagnia israeliana Kamea

Domani, venerdì 15 luglio, alle ore 21,00, la compagnia KAMEA DANCE CO. di Israele porta in scena a Noto, in piazza Municipio, i "Carmina burana" di Karl Orff per le coreografie di Tamir Ginz. Lo spettacolo è inserito nel cartellone del "Circuito del Mito 2011.
La Compagnia è formata da 14 danzatori professionisti ai quali di recente si sono uniti giovani danzatori stranieri di talento che hanno scelto di ballare con la Compagnia.
Il repertorio della Compagnia mette in scena i lavori dei suoi coreografi, soprattutto israeliani i quali hanno creato lavori adatti a differenti gruppi generazionali. KAMEA svolge la sua attività specialmente in Israele effettuando oltre 80 spettacoli l'anno; è stata in tournèe in Sud America, Cina, India, Cipro, Lithuania e Turchia. La Compagnia è stata invitata con "Carmina burana" in occasione dei Giochi Olimpici e del Festival di Harbin in Cina.

(Siracusa News.it, 14 luglio 2011)

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La rinascita di Trani

di Francesco Lucrezi

 La Sinagoga Scolanova a Trani
Chiunque abbia avuto la fortuna di conoscere di persona Avraham Zecchillo (al quale Francesco Lotoro dedica un sentito ricordo sul numero di luglio di Pagine Ebraiche) ha avuto modo di apprezzarne la profonda umanità, lo spirito visionario, la inusuale forza del suo triplice attaccamento al popolo ebraico, alla terra d'Israele, alla terra di Puglia. Fra i protagonisti della miracolosa rinascita, dopo mezzo millennio, della presenza ebraica a Trani, vedeva in tale reinsediamento il compimento di un destino storico, l'adempimento di un inderogabile dovere nei confronti delle generazioni passate, presenti e future degli ebrei di Puglia. Anche Trani, come 'Erez Israel, doveva avere la sua 'aliyah', non certo in competizione con quella verso Israele, ma come suo completamento. Anche a Trani doveva esserci, come c'era stato in passato, un pezzo d'Israele. E il Maghen David, che fa bella mostra di sé tra le bianche pietre della minuscola, splendida sinagoga di Schola Nova, rappresenta l'esaudimento del suo sogno.
In questo progetto di rinascita, naturalmente, Zecchillo non è stato solo. Piace ricordare, in tempi in cui non sempre le pubbliche istituzioni brillano per sensibilità ed efficienza, la grande vicinanza costantemente dimostrata dal Comune di Trani (in particolare, negli ultimi anni, dall'Assessore alla Cultura, Andrea Lovato, studioso di prestigio internazionale, grande benemerito del volontariato cattolico, da sempre legato da profondo amore verso la cultura e l'identità ebraica) e il costante impegno profuso da Rav Scialom Bahbout. Divenuto, da circa un anno, Rabbino della Comunità di Napoli e dell'Italia meridionale, Bahbout sta dando - con la sua cultura, la sua energia, la sua forza comunicativa, la sua particolare semplicità e disponibilità umana - uno straordinario contributo non solo allo sviluppo dell'ebraismo nel Mezzogiorno d'Italia, ma anche alla promozione dell'immagine ebraica tra i gentili. Riuscendo a coniugare - cosa non sempre facile - la difesa dei valori religiosi e tradizionali con una grande apertura verso l'esterno, e presentando l'ebraismo - in molteplici conferenze, discussioni, incontri pubblici, articoli a stampa, trasmissioni televisive ecc. - in modo dinamico e moderno, con semplicità di linguaggio e grande cordialità umana, Rav Bahbout riesce, giorno dopo giorno, a fare apparire l'ebraismo, sempre più, e a un numero sempre crescente di persone, come una realtà non solo degna di rispetto, ma anche meritevole di attenzione, conoscenza, studio. E' anche grazie a lui se, a Napoli come a Trani, tante persone guardano a tale realtà con serenità e simpatia, come a una cosa vicina, familiare.
Una sensazione di normalità, di consuetudine, che mi è sembrato di percepire qualche giorno fa, quando, avendo accompagnato il Rav alla stazione ferroviaria di Napoli, insieme a Ottavio Di Grazia (altro grande benemerito degli studi ebraici nel Mezzogiorno), e avendo perso il treno, abbiamo trascorso un'oretta a passeggiare negli ampi spazi della stazione. A un certo punto Bahbout si è appartato per qualche minuto, per recitare la preghiera della sera. Vedere un signore con la kippah dondolarsi davanti a una biglietteria automatica, in una zona non fra le più affidabili sul piano della sicurezza, e con un'alta percentuale di islamici, nonché di vagabondi e mendicanti, avrebbe potuto legittimamente suscitare almeno un filo di apprensione. Ma i gesti semplici, tranquilli e spontanei di Bahbout andavano in tutt'altra direzione: quella, appunto, della normalità, della consuetudine, della familiarità.

(Notiziario Ucei, 14 luglio 2011)

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Hezbollah: non permetteremo estrazioni dai fondali libanesi

La posizione di Hezbollah riguardo alla questione dei confini marittimi tra Israele e Libano, aumenta la tensione. Lo Sceicco Naim Kassam, rappresentante dell'organizzazione, ha infatti affermato che il Libano non permetterà l'estrazione di gas o petrolio dai propri fondali . " Continueremo a sostenere i diritti libanesi e faremo qualunque cosa necessaria a riaffermarli" ha riferito Kassam.
Ieri anche Hassan Nasrallah ha sottolineato che Hezbollah difende la posizione libanese nella definizione di un confine marittimo. " Le minacce israeliane non ci spaventano e non cambieremo idea" hanno riferito i leader. Proprio lunedì il presidente libanese Suleiman ha raccomandato ad Israele di non prendere decisioni unilaterali in merito, violando il diritto internazionale "come fa in molti casi".

(FocusMo, 14 luglio 2011)

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Riportiamo per intero questo articolo ripreso da un noto sito pro-Hamas perché rappresenta un esemplare modello di lamento strappalacrime appositamente confezionato per lo sfruttamento di un certo tipo di mentalità occidentale.

Freedom Flotilla 2, la popolazione di Gaza e la farsa dell'apertura di Rafah

GAZA - Speciale InfoPal. "Siamo stanchi, quando finirà questo assedio? Siamo soffocati. Non ci sono medicine e gli ospedali chiudono. Non ci è permesso viaggiare. Fino a quando ancora dovremo vivere in questa sofferenza?"
Così si è rivolto 'Atef an-Najjar, palestinese di 54 anni, al nostro corrispondente dalla Striscia di Gaza. L'uomo non nasconde la propria demoralizzazione per non essere riuscito ad accogliere la Freedom Flotilla a Gaza.
La frustrazione dopo l'attesa. "E' disonorevole lo stato dei diritti umani per la popolazione di Gaza costretta a sopravvivere senza medicinali, alimenti, abitazioni e tutto quando è così naturale e scontato in Occidente. Qui non abbiamo nessuna possibilità di ripiegare altrove, viaggiando all'estero per studiare o per curarci.
"Da cinque anni viviamo in questo stato e il mondo intero sta a guardare, senza muovere un dito, ad eccezione di quei pochi attivisti che riescono, saltuariamente, a entrare a Gaza sfidando l'assedio israeliano".
La posizione della Grecia. Sono rimasti sorpresi, i palestinesi residenti a Gaza, della scelta del governo greco, spalleggiato da altri governi europei, nel fare di tutto pur di arrestare la Freedom Flotilla.
Salah an-Nadim, è un giornalista locale di 32 anni. Salah ha parole di critica per le azioni di cui si è macchiata la Grecia rispondendo a una richiesta di Israele, ed è una conferma dell'ingerenza israeliana negli affari europei, del suo potere.
"Israele ha praticato terrorismo'". Eiyad al-Bazem, portavoce del Comitato per rompere l'assedio su Gaza, ha definito "pratiche terroristiche" quelle attuate da Israele contro la seconda Flotilla, quando ha ordinato azioni di sabotaggio delle eliche dei motori.
La complicità dei governi europei per al-Bazem è indubbia: "Si sono messi a totale disposizione di Israele e si sono mobilitati per via diplomatica e militare".
Al-Bazem ha ammesso di essere stato sempre sicuro della determinazione degli organizzatori della Flotilla, pronti ad affrontare qualunque minaccia sollevata da Israele pur di rompere l'assedio su Gaza.
E proprio agli Stati europei, al-Bazem ha rivolto l'appello "per volgere in direzione del popolo oppresso e punire Israele per l'assedio che infligge su Gaza con la loro complicità".
Israele pone altri ostacoli ai tentativi successivi. La strategia israeliana non si è fermata con il venir meno della Freedom Flotilla. Anche gli attivisti internazionali intenzionati a raggiungere i Territori palestinesi occupati sono stati bloccati. Le pressioni sulle compagnie aeree europee sono state fondamentali per arginare la campagna "Benvenuto in Palestina".
"Provocatori" è stato il termine ripetutamente usato dalle autorità d'occupazione israeliane per spaventare il pubblico, mentre numerose realtà per i diritti umani hanno condannato la portata dell'intervento israeliano.
Azioni illegali. "E' illegale espellere degli internazionali, non vi era alcun pericolo per la sicurezza interna", ha aggiunto l'attivista per i diritti umani Khalil Wishah, in riferimento a quanto inflitto alla Flotilla e agli attivisti arrivati all'aeroporto di Ben Gurion.
Tutto contraddice l'idea di 'Israele unica democrazia regionale'".
Mentre organizzatori, passeggeri e giornalisti della Freedom Flotilla venivano sottoposti a ogni sorta di persecuzione, a Gaza non si sono arrestate un solo giorno le manifestazioni di solidarietà con la Freedom Flotilla.

(Infopal, 14 luglio 2011)

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Jossy e Achmed
(israel heute, luglio 2011 - trad. www.ilvangelo-israele.it)

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A rischio la riconciliazione tra Hamas e Fatah

Disaccordo tra le due fazioni sul nome del premier che dovrebbe guidare il governo di transizione

La riconciliazione tra le fazioni palestinesi, a due mesi dalle dichiarazioni del Cairo, diventa sempre più fragile. L'eco dello scontro tra i laici di Fatah e gli islamici di Hamas passa attraverso le parole di Mussa Abu Marzuk, numero due di Hamas, intervistato dal giornale palestinese Falestin.
Marzuk ha confermato che Hamas si oppone alla riconferma dell'attuale premier dell'Anp, Salam Fayyad come guida del futuro governo di transizione.
Secondo gli accordi del Cairo, Fayyad, economista ben visto in Occidente, dovrebbe guidare i palestinesi fino alle elezioni legislative e amministrative, previste tra un anno. Hamas è favorevole alla nomina di una figura "indipendente", originaria di Gaza. Nel caso dovesse persistere il disaccordo, Marzuk ha avvertito che c'è "il concreto pericolo di tornare alle divisioni dell'epoca pre-riconciliazione".

(PeaceReporter, 13 luglio 2011)

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Scoperta in Israele una pietra di confine con la scritta 'Shabbat' in ebraico

La pietra scoperta a Timrat
Un'antica iscrizione su pietra della parola "Shabbat" (sabato) è stata scoperta vicino al lago di Tiberiade: si tratta della prima e finora unica scoperta di un "confine dello Shabbat" (eruv) in ebraico. L'incisione, che si trova nella comunità di Timrat, in Bassa Galilea, sembra risalire al periodo romano o bizantino. «E' un legame bello e affascinante, sia emotivo che archeologico, tra il nostro mondo moderno e l'antichità - ha spiegato Mordechai Aviam capo dell'Istituto per l'Archeologia della Galilea del Kinneret College. - Sicuramente per quelli di noi che sono religiosamente osservanti, ma anche per quelli tra noi che sono laici e che si godono una passeggiata il sabato, è bello sapere che camminiamo in posti dove la storia ebraica era ben viva duemila anni fa».

(Notiziario Ucei, 13 luglio 2011)

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Pallavoliste di Israele, Palestina e Italia insieme alla cena del ''Fair play''

Serata di grande amicizia alla Villa il Patriarca di Chiusi, l'albergo di Fellini. Campioni come l'italiano Fei o la cubana Ruiz, e tanti altri protagonisti del mondo dello sport, hanno visitato a lungo le attrazioni la città di Porsenna.

Grazie al premio Fair play Mecenate alcune atlete delle nazionali di pallavolo di Italia, Israele e Palestina si sono ritrovate ieri, mercoledì 12 luglio, a Chiusi, a cena, intorno allo stesso tavolo. Per loro uno dei premi, assegnati a Cortona ad una anno di distanza dallo storico triangolare di pallavolo giocato da loro sotto il Muro di Gerusalemme: nel segno del fair play, ma anche della pace.
La forza di questo riconoscimento sta nel valorizzare personalità, eventi, istituzioni, capaci di esprimere un esempio positivo per le nuove generazioni e la nostra società. In effetti, incarnano valori della sportività e del rispetto, della solidarietà e della giustizia tanti altri premiati, come la moglie di Stefano Borgonovo, Chantal, premiata per l'impegno della sua Fondazione dedicata al noto calciatore: ha ricevuto insieme alla figlia i simboli di "ambasciatrice del fair play" dal sindaco di Chiusi Stefano Scaramelli....

(SienaFreee.it, 13 luglio 2011)

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Spagna, è svolta per i chuetas di Maiorca: ora sono veri 'ebrei'

Il nome 'chuetà deriverebbe da 'juet', diminutivo di judio, ebreo.
   Sono chiamati 'chuetas' gli ebrei di Maiorca, una minoranza etnica, in gran parte cattolica convertita, perseguitata dall'Inquisizione e che ora, dopo generazioni di repressione ed emarginazione sociale, è stata finalmente riconosciuta dalle autorità ebraiche. Sono stati indicati come «ebrei autentici» dal gran rabbino della corte Nissim Karelitz, un'autorità ultraortodossa di Israele, riferisce oggi El Pais. Sono i discendenti di 37 ebrei giustiziati a Maiorca il 6 maggio del 1691 dall'Inquisizione per cripto-giudaismo e di una parte degli ebrei convertiti al cristianesimo, che hanno conservato la coscienza collettiva delle origini. Si calcola che siano attualmente 18.000 gli abitanti dell'isola delle Baleari che conservano i cognomi di famiglie ebree convertite o perseguitate, la cui storia è raccontata in una vasta letteratura che include oltre 200 libri, saggi monografici e memorie.
   Storicamente stigmatizzati e segregati, fino alla prima metà del XX secolo hanno praticato una stretta endogamia (matrimoni tra membri dello steso clan), per preservarsi. «A Maiorca la discriminazione è stata ideologica, non economica - ricorda Bernat Aguilò, chueta, studioso e responsabile del Territorio del governo regionale delle Baleari - perchè fra i discendenti degli ebrei c'è di tutto: commercianti, artigiani, alcuni impegnati in lavori considerati infami, come i macellai, ma anche poveri. Era loro vietato accedere all'educazione, che era controllata dalla Chiesa; non potevano essere militari nè essere ordinati come religiosi». Aguil ricorda anche come i suoi nonni gli raccontassero degli antenati, costretti ad andare a messa con indosso tuniche gialle, obbligati a sedersi in banchi appartati.
   Generazioni intere che hanno sofferto una repressione istituzionale e l'emarginazione popolare. Al punto che, fino agli anni Settanta del secolo scorso, hanno praticato matrimoni endogamici, come strategia di solidarietà e di conservazione dell'identità. Professionisti e artisti di Maiorca appartengono a questa comunità che ha avviato da anni un lavoro di recupero della memoria familiare e collettiva, anche se pochi frequentano la sinagoga di Palma di Maiorca. I nuovi chuetas, come Aguil, hanno ricostruito i propri alberi geneologici, indagando in registri parrocchiali e notarili, risalendo in alcuni casi fino al XVI secolo.
   È stata la Ong internazionale Shavei Israel a promuovere il ritorno alle radici e il riconoscimento da parte delle autorità rabbiniche. Il microcosmo ebraico isolano è stato ricostruito attraverso lo studio
  
La cerimonia a Palma di Maiorca in cui si riconosce
la grave ingiustizia commessa contro i chuetas      
della vasta bibliografia e la ricostruzione degli alberi genealogici familiari. Il certificato rabbinico che riconosce come autentica la comunità ebraica maiorchina elenca cognomi di discendenti di famiglie perseguitate e mandate al rogo dall'Inquisizione: Aguil, Bonnin, Cortes, Forteza, Mart, Mir, Pic, Pia,Pomar, Segura, Valls, Valentì, Valleriola o Tarongì sono alcuni di essi. L'impronta etnica dei chuetas di trova in «un blocco geneticamente omogeneo, dopo secoli di segregazione sociale», secondo uno studio realizzato da Cori Ramon dell'Università delle isole Baleari, che ha riscontrato similitudini nel Dna di chuetas con le popolazoni ebraiche del nord Africa e del Medio Oriente. Allo stesso tempo condividono con gli ebrei sefarditi alcune patologie di origine genetica, come la Febbre mediterranea familiare.
   La risonanza internazionale della comunità ebraica maiorchina è cominciata nel maggio scorso, quando il precedente governo delle Baleari ha celebrato il primo atto di scuse ufficiali per la persecuzione storica. In quella occasione, l'allora presidente regionale Francesc Antich ha parlato di «una gravissima ingiustizia commessa contro quei maiorchini che furono accusati, perseguitati, torturati e condannati a causa della propria fede e del proprio credo religioso». «Gli ebrei maiorchini sono nostri fratelli - hanno assicurato le autorità religiose di Shavei - tendiamo loro la mano e gli chiediamo di tornare al popolo di Israele».

(L'Unico, 13 luglio 2011)

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Svastiche e croci celtiche sull'auto di una consigliera ebrea

La vettura di Cristina Gallione è stata presa di mira due volte a Binasco. Condanna unanime da parte delle forze politiche locali

di Magda di Palma

BINASCO (MI), 13 luglio 2011 - Atti antisemiti ai danni di una cittadina di origine ebraica. Cristina Gallione, ex consigliere comunale e attuale vice presidente dell'associazione locale "I 4 zampe", è stata vittima di atti vandalici sulla sua auto, che hanno dell'inquietante: ignoti, in due occasioni differenti e in luoghi diversi, hanno preso di mira l'auto della donna incidendovi delle svastiche. «Ho riflettuto a lungo - ha dichiarato Gallione - se renderlo o meno pubblico: nella notte di sabato la mia autovettura è stata ricoperta di svastiche e croci celticheincise. Tre mesi fa un episodio analogo, con una sola piccola svastica.
   Solo la mia macchina, perché le altre parcheggiate vicine, non avevano alcun segno simile. Ho provveduto a regolare denuncia contro ignoti. Non posso non pensare che ci sia connessione con il fatto che sono ebrea, o comunque è un pensiero che di fronte a quanto accaduto non mi tranquillizza». L'autovettura in questione, è stata parcheggiata in questi giorni di fronte alla caserma dei carabinieri di Binasco, per volontà del magistrato che segue il caso. Nel frattempo, sul blog locale, molte testimonianze di vicinanza da parte della cittadinanza e condanna di tali fatti incresciosi, dai più reputati come bravate mosse da stupidità, più che da cattiveria. «Voglio ringraziare - ha aggiunto Gallione - quanti hanno voluto raggiungerci con la loro solidarietà, consapevole che la differenza fra fatti privati o di pubblico interesse, la fanno sempre le coscienze.
   Qui non siamo di fronte all'inconsapevolezza sui simboli e sulle conseguenze cui hanno portato, altrimenti tali simboli sarebbero piovuti anche sulle altre macchine; ciò significa che chi ha agito sapeva bene le conseguenze per una particolare categoria di persone. L'antisemitismo si pasce sempre nel silenzio, nella banalizzazione e nella generalizzazione». Solidale anche l'Amministrazione comunale. Il vicesindaco, Paolo Frigerio: «Deprechiamo tali gesti inaccettabili, che nostro malgrado ci mettono di fronte ad una realtà che forse non vogliamo vedere, considerando il nostro un paese tranquillo, dove tali cose non possono accadere. Siamo persuasi che si tratti più di stupidità che di vero atto antisemita.
   Tuttavia ciò non toglie che si sono rivelate necessarie ulteriori azioni da parte di questa Amministrazione, in aggiunta all'impegno che ogni anno viene dedicato alle celebrazioni della Giornata della Memoria. Stiamo riflettendo sul modo più opportuno per esprimere solidarietà alla nostra concittadina e contemporaneamente condannare gesti del genere». Giuseppe Vella, consigliere comunale del Pd: «Questi fatti dimostrano quanto, il combinato disposto tra la mancanza di conoscenza del significato di quella simbologia e l'assoluta mancanza di valori, riferimenti sociali e multiculturali, possano produrre azioni deprecabili che, si spera, siano solo riconducibili a imbecillità».

(Il Giorno, 13 luglio 2011)

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I violini della Shoah suonano ancora

MILANO - Vibreranno ancora i violini della speranza. E lo faranno a Palazzo Tursi stasera a partire dalle ore 21. Il cortile del porticato diventa così il palcoscenico naturale dove far riecheggiare le melodie degli strumenti che i musicisti ebrei, nell'epoca nazista, suonavano nei ghetti e nei campi di concentramento.
Amnon Weinstein

L'appuntamento - inserito all'interno della settimana internazionale dei Diritti, dedicata quest'anno ai «Giusti», alle persone che poste di fronte alle ingiustizie della storia hanno saputo reagire - si sdoppia con «I violini della Shoah 1» dove Elena Loewenthal incontrerà Amnon Weinstein. Lei, insegnante di cultura ebraica presso la facoltà di Filosofia dell'Università Vita Salute -San Rafaele di Milano, da anni impegnata a lavorare sui testi della tradizione ebraica e sulla letteratura d'Israele, saluterà intervistando mercoledì sera il liutaio israeliano Amnon Weinstein, noto nel mondo per l'attenta ricerca, che gli ha permesso di collezionare violini suonati da prigionieri nei campi di concentramento nazisti. Amnon li ha restaurati e ha raccolto le storie dei loro proprietari. Un modo dunque per «riportare in vita», a Genova ma anche in Israele e all'estero, la loro musica e ricordare gli orrori della Shoah. Il musicista ne ha ritrovati e ristrutturato decine, ricostruendo anche il vissuto dei loro proprietari, condannati a esprimere la bellezza della musica mentre erano sommersi da ben note vicende storiche.
   «Ad Auschwitz i nazisti permettevano si suonasse solo musica allegra. Essere selezionati per le orchestre in determinate occasioni di festa, significava avere la certezza che si sarebbe sopravvissuti per un altro giorno» ha spiegato in una sua recente intervista Amnon.
Musiche, parole e storia sono dunque il filo conduttore della serata di mercoledì sera, che continua alle 22.30 con il concerto di Cihat Askin. L'iniziativa inserita nell'ambito de «I violini della Soha 2» rappresenta il secondo appuntamento in calendario a Tursi sul tema: violini e musica e shoah. Cihat, considerato il più grande violinista turco - nato a Istanbul -, è tra i più importanti concertisti della scena mondiale, impegnato in un progetto di educazione e formazione musicale per i giovani del suo paese. Tra i numerosi i riconoscimenti avuti anche il premio internazionale «Foyer des Artistes» di Roma del 2002.
   La serata si concluderà nel cortile di palazzo Tursi con Gulag, intervista a Grigorij Pomeranc nel reportage di Giorgio Fornoni. Una testimonianza diretta quella di Grigorij Pomeranc - uno degli ultimi sopravvissuti dei campi siberiani di Kolima, dove scomparvero quasi 3 milioni di persone - che chiude la rassegna dedicata al tema delle deportazioni.

(il Giornale, 13 luglio 2011)

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L'israeliana IEC chiede aiuto al governo

Israel Electric Corporation (IEC) chiede un aiuto finanziario immediato al governo. Il primo fornitore di energia in Israele si trova a dover fronteggiare una scarsità di denaro contante in conseguenza alle numerose interruzioni nella fornitura di gas dall'Egitto, che stanno costringendo la IEC a utilizzare carburanti più costosi.
Il flusso di gas tra i due Paesi proprio ieri è stato congelato per la quarta volta in seguito a un nuovo attacco contro il gasdotto che corre sotto il deserto del Sinai. Per lo stesso motivo, l'Authority per le aziende pubbliche ha annunciato che le tariffe dell'elettricità potrebbero presto aumentare del 20 per cento. In una comunicazione ufficiale, IEC ha dichiarato: «La compagnia dovrà sostenere una spesa aggiuntiva di 3-3.5 miliardi di NIS (circa 600-700 milioni di euro) per comprare carburanti alternativi al gas. Una somma che supera il budget stanziato per l'acquisto di combustibile per questo anno». In conseguenza, la società ha già annunciato prossime «difficoltà finanziarie», aggiungendo: «Anche se le bollette dell'elettricità dovessero aumentare del 20% come abbiamo richiesto all'Authority, non sarà comunque una misura sufficiente per poter risolvere nell'immediato la scarsità di fondi che ci attendiamo». Per questo la IEC (azienda pubblica) ha chiesto al governo di elargirle fondi entro breve tempo.

(FocusMo, 13 luglio 2011)

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Nella Gaza "assediata" sta aprendo un nuovo hotel con piscina e un elegante ristorante

L'Hotel "Movenpick" a Gaza
Mentre Israele e il mondo sono impegnati con la flottiglia, i cittadini di Gaza sono impegnati a prepararsi all'inaugurazione di un lussuosissimo hotel in città. L'Hotel "Movenpick" aprirà tra alcuni giorni per attirare i turisti dai Paesi Arabi.
Troveranno a riceverli sontuosi ingressi rivestiti di marmo e pietra, un costosissimo ristorante e una moderna piscina. Quest'estate a Gaza c'è una nuova moda: affittare stanze sulla spiaggia. Una stanza costa 1400 NIS al giorno a famiglia e c'è una grandissima richiesta. A Rafah, la scorsa settimana ha aperto un villaggio vacanze che offre piscine e ristoranti e ha in previsione di costruire un ristorante sul mare, sulla costa davanti a Gaza.

(FocusMo, 12 luglio 2011)

Il "Campo di concentramento" di Gaza

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Israele: possibili aumenti del costo dell'elettricità

La Commissione Economia della Knesset, il Parlamento israeliano, discute oggi la possibilità di aumentare del 20 per cento il costo dell'elettricità, come ipotizzato dalla Israel Electric Corporation. Da giorni in Israele si parla della possibilità di innalzare le tariffe dell'elettricità, in conseguenza della fornitura a singhiozzo di gas egiziano.
La Israel Electric Corporation, primo fornitore di elettricità d'Israele, deve infatti sostituire il gas con cui finora mandava avanti i propri impianti con carburanti meno economici: e appare probabile che questo aumento delle spese di produzione ricada pesantemente sulle bollette. La riunione sarà presieduta da parlamentare del Likud, Carmel Shama. «L'incontro - ha dichiarato - esaminerà tutte le possibili alternative. L'ultima cosa che i proprietari di case israeliani possono accettare o sopportare è un incremento del prezzo dell'unico prodotto di base le cui tariffe non siano state accresciute di recente. E' nostro dovere cercare un'altra soluzione».

(FocusMo, 12 luglio 2011)

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Medicina riproduttiva e diagnosi preimpianto. Intervista al ministro israeliano della Scienza

Quasi nessun altro Stato concede tanta libertà alla medicina riproduttiva quanto Israele, e in nessuno esistono laboratori tanto attivi. Si può persino scegliere il sesso del figlio. E la religione? Non è un ostacolo, bensì l'humus.

Intervista di Martina Lenzen-Schulte a Daniel Herschkowitz - ministro, rabbino e matematico.

Daniel Herschkowitz
- Frankfurter Allgemeine Zeitung: Com'è che un Paese religioso come il Suo è tanto aperto e, considerata la dimensione della popolazione, scientificamente più operoso di qualsiasi altro nella medicina riproduttiva?
  Daniel Herschkowitz: Abbiamo il vantaggio che la religione giudaica offre grande apertura alle conoscenze scientifiche. Da noi la religione non frena di per sé la creatività scientifica. Ciò che spinge la ricerca a trovare e a fare, in linea di massima deve anche poter essere realizzato. Non vogliamo giocare a fare Dio, ma la nostra visione del mondo e la nostra filosofia non mettono, a priori, dei limiti alla scienza.

- Vale anche per la diagnosi preimpianto? Da tempo in Israele è addirittura possibile scegliere tra maschio o femmina quando in una famiglia ci siano già quattro figli dello stesso sesso.
  Anche in Israele sono stati messi dei paletti in questo senso. Nel maggio 2005 è stato istituito un comitato specifico, con il compito di decidere sulle richieste di scelta del sesso. A maggio 2001 erano pervenute 337 istanze; 27 hanno ottenuto il via libera, ma 111 sono state respinte; 119 non sono ancora state decise o i richiedenti hanno ritirato la domanda. Perciò anche da noi sono casi eccezionali.

- Ma se si tratta d'impedire una malattia ereditaria, nel Suo Paese l'atteggiamento è molto liberale. In Israele esistono tante grandi cliniche con esperienza di diagnosi preimpianto di livello mondiale.
  Effettivamente in Israele c'è un'alta propensione a prevenire malattie ereditarie; e ciò vale non solo per i test sugli embrioni. La scorsa settimana ho visitato un laboratorio dove soprattutto gli ebrei ortodossi vanno a verificare, mediante la prova del sangue, l'eventualità di rischi genetici. Ed è usanza comune che prima del matrimonio ci si accerti se nella coppia esista un elevato rischio di trasmettere malattie. Capita che si arrivi a decidere di non sposarsi.

- Rispetto alla pratica dei test genetici sugli embrioni, c'è differenza tra ebrei ortodossi-conservatori e altri meno legati alla religione?
  Da noi c'è in tutti i gruppi della popolazione un grande consenso per la diagnosi preimpianto come prevenzione dalle malattie. Gli ebrei ortodossi, pur contrari all'interruzione di gravidanza, ricorrono alla diagnosi preimpianto tanto quanto gli altri israeliani.

- Tenuto conto del numero di abitanti, da voi si fanno più interventi di fecondazione medicalmente assistita che in ogni altro Stato al mondo. Anche la religione è motivo di consenso alla fecondazione in vitro più in generale?
  Avere figli è molto importante da noi. Per la maggior parte delle famiglie, e non solo per gli ebrei ortodossi, vale: Siate fecondi e moltiplicatevi! Anche lo Stato ha un grande interesse ad aiutare chi vorrebbe un figlio e finora non ci è riuscito. C'è il sostegno finanziario alla fecondazione in vitro per due figli a coppia. Poichè i nostri medici hanno molta esperienza, le quote di successo sono particolarmente alte e nello stesso tempo ci sono meno complicazioni che altrove.

- Come vede la posizione tedesca riguardo alla diagnosi preimpianto, che fino a una settimana fa era improntata a dubbi etici e più o meno un tabù?
  Penso che andrebbe vista fondamentalmente come un'opportunità, e che ci si dovrebbe aprire alle possibilità diagnostiche ad essa collegate. Se è possibile risparmiare a una famiglia la sofferenza di un figlio malato, allora la scienza può e dev'essere d'aiuto.


Articolo comparso sul Frankfurter Allgemeine Zeitung del 10/07/2011. Traduzione di Rosa a Marca

(Cellule Staminali, 12 luglio 2011)

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Ferrara: Museo del Risorgimento e della Resistenza

Inaugurazione il 14 luglio

ROMA, 12 lug - Si intitola "La libertà come diritto. Emancipazione e patriottismo degli ebrei nel Risorgimento" la mostra storico documentaria che sarà allestita da giovedì 14 luglio nelle sale del Museo del Risorgimento e della Resistenza (corso Ercole 1o d'Este, 19). La rassegna, a cura di Silvia Villani e Delfina Tromboni, sarà inaugurata ufficialmente giovedì 14 luglio alle 18 alla presenza del vicesindaco Massimo Maisto. Sarà poi visitabile fino all'11 settembre dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18 dal martedì alla domenica. Lo rende noto il comune di Ferrara.
   Nell'ambito delle celebrazioni per il 150o anniversario dell'Unità d'Italia il Museo del Risorgimento e della Resistenza di ha voluto - dopo i due incontri organizzati in sala Agnelli in occasione del giorno della memoria 2011 - ritornare sull'importante apporto fornito dagli ebrei italiani alla formazione del nuovo stato unitario, riprendendo i due percorsi studiati da Silvia Villani per la Festa del Libro Ebraico 2011 e arricchendoli di materiali documentari inediti dai fondi archivistici dello stesso Museo e da collezioni private, oltre che da reperti naturalistici dal Museo di Storia Naturale di Ferrara e da antichità egizie dai locali Musei Civici di Arte Antica, riconducibili a donatori israeliti che nell'Ottocento incrementarono il patrimonio pubblico ferrarese con grande spirito civico.
   Nella prima parte della mostra - realizzata con la collaborazione di MEIS-Festa del libro ebraico, Museo di Storia Naturale e Musei civici di Arte Antica e curata nell'attuale veste da Silvia Villani e da Delfina Tromboni, che si sono avvalse della preziosa collaborazione di Emanuela Cariani (responsabile ricerche storico-biografiche del Museo di Storia Naturale) e di Teresa Gulinelli (responsabile Conservazione e documentazione dei Musei d'Arte antica) - si propone un excursus sugli snodi epocali che hanno caratterizzato la conquista dei diritti civili e politici degli ebrei nel Risorgimento, in concomitanza con i movimenti di rivendicazione nazionalistica.
   L'emancipazione aveva reso gli ebrei individui liberi e in grado di agire in prima persona sulla scena nazionale anziché sotto la tutela collettiva degli organismi comunitari, e questo spiega lo straordinario entusiasmo e slancio patriottico con cui parteciparono a tutte le campagne per l'indipendenza nazionale sentendosi convintamente ebrei & italiani, con la specificità ebraica arricchita dall'identità nazionale. Si espone per la prima volta un importante carteggio dei mesi "caldi" del 1848, dove si dà conto dei momenti convulsi sullo scenario politico-istituzionale per arrivare alla sospirata conquista dei diritti civili e politici. Dopo un approfondimento documentario sulle comunità ebraiche di Ferrara e Venezia e un ricordo di figure che hanno rappresentato un alto profilo nell'ebraismo italiano ottocentesco, la mostra si conclude con il ricordo di tre esploratori israeliti ferraresi che, pur assecondando le loro curiosità e spinte centrifughe verso nuovi mondi, non dimenticarono mai il radicamento alla loro città, arricchendola con donazioni che rinsaldavano quel senso di appartenenza civica e fratellanza universale che li legava ai loro concittadini.
   Per l'occasione si espone nella teca dedicata all'israelita ferrarese Enea Cavalieri il reliquiario del garibaldino Vincenzo Leati, recentemente fatto restaurare dai discendenti - che la Direzione del Museo vuol pubblicamente ringraziare - in atto di doveroso omaggio all'illustre avo, perito a Bezzecca nel 1866.

(AgenParl, 12 luglio 2011)

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Il fotovoltaico a concentrazione che recupera il calore

Da un kibbutz israeliano alla Calabria. Una tecnologia innovativa della ZenithSolar per produrre elettricità e calore dal sole a bassi costi. Si tratta di un sistema fotovoltaico a concentrazione che recupera il calore per il riscaldamento dell'acqua. Verrà probabilmente installato e commercializzato anche in Italia da una società calabrese.

di Maurita Cardone

Arriva da Israele, da un kibbutz a 40 chilometri a sud di Tel Aviv, una tecnologia che potrebbe rivoluzionare il modo in cui si produce energia dal sole. La chiave è aumentare l'efficienza e ridurre i costi. Questa è la filosofia che ha animato le ricerche portate avanti dall'azienda israeliana ZenithSolar, in collaborazione con l'Università Ben Gurion, e che ha prodotto la nuova tecnologia oggi utilizzata, in via sperimentale, nel kibbutz Yavne. Qui è stato di recente inaugurato un parco solare composto da 16 collettori solari che producono energia elettrica e termica. Il principio è quello del fotovoltaico a concentrazione (CPV) ma, mentre nei sistemi CPV convenzionali l'eccesso di calore accumulato all'interno delle celle solari viene disperso per evitare che le celle stesse siano danneggiate, nel sistema creato dalla Zenith il calore viene utilizzato per riscaldare l'acqua che passa in un sistema a circuito chiuso.
   In questo modo l'efficienza complessiva del sistema aumenta. Secondo i numeri forniti dall'azienda (ottenuti di fatto addizionando l'efficienza del sistema elettrico a quella del termico), l'efficienza di questi moduli solari di nuova generazione arriverebbe al 72%, facendone il sistema solare più efficiente al mondo. "Il fotovoltaico di prima generazione era basato su pannelli piatti, con la seconda generazione erano sottili film fotosensibili, ora siamo alla terza che deve combinare calore ed energia, ovvero fotovoltaico a concentrazione e solare termico", spiega Roy Segev, amministratore delegato di ZenithSolar.
   La scelta dei materiali, la forma dei collettori e il sistema a concentrazione permettono di abbassare i costi rispetto ai moduli con celle di silicio. "Affinché l'energia solare diventi competitiva bisogna che sia più economica - dice ancora Segev - L'obiettivo di ZenithSolar, a livello globale, è di fornire a privati e aziende energia solare, in forma di elettricità e calore, allo stesso costo dell'energia convenzionale senza dover dipendere dagli incentivi". L'azienda calcola infatti di poter produrre energia elettrica a meno di 10 centesimi di dollaro per chilowattora ed energia termica per 5 centesimi.
   Superfici semi-paraboliche di 11 metri quadrati catturano i raggi del sole e li riflettono, concentrandoli verso un ricevitore ad alta efficienza in arseniuro di gallio, un materiale piuttosto costoso, ma molto più efficiente del silicio, per questo tipo di applicazioni.
    "Il vantaggio sta nel fatto che in questo caso la superficie fotovoltaica è di dimensioni molto ridotte - spiega David Faiman, direttore dell'National Solar Energy Center dell'Università Ben Gurion e cofondatore della ZenithSolar - Il che consente di abbattere i costi del pannello dall'80% al 5% della spesa complessiva. Significa riuscire a generare energia elettrica a costi assolutamente competitivi con quelli dei combustibili fossili".
   La parabola, composta da diverse piccole superfici riflettenti, si muove sul suo asse seguendo il sole e riposizionando continuamente gli specchi per ottenere la migliore efficienza ad ogni ora del giorno. Ogni parabola ha una potenza di picco di 4,5 kW per l'elettrico e 10,5 kW per il termico, arrivando a produrre annualmente in Israele circa 8.500 kWh di elettricità e 18.000 di energia termica.
   L'impianto di Yavne occupa una superficie di 350 metri quadrati su cui sono installati 16 collettori che forniscono acqua calda a 220 abitazioni del kibbutz e producono energia elettrica che eccede i consumi della comunità e che viene quindi ceduta alla rete, generando profitti per il kibbutz stesso. Si tratta di un ulteriore vantaggio per questo tipo di comunità, ancora piuttosto diffuse in Israele, basate sul modello dell'autogestione e che negli anni recenti si stanno reinventando per trovare nuove strategie di sopravvivenza.
   Ora che la tecnologia è matura, la ZenithSolar vuole uscire dai confini di Israele e portare le sue parabole in giro per il mondo. In Italia l'azienda ha stretto un accordo con la calabrese Neferti che sarà distributore unico del prodotto israeliano sul mercato italiano: "L'Italia dovrebbe diventare il mercato pilota per poi aprire alla commercializzazione in tutta Europa - dice Alessandro Brunori, project manager per Neferti - Insieme alla ZenithSolar abbiamo studiato molte applicazioni e siamo convinti che rispetto al panorama attuale si tratti di una tecnologia altamente innovativa e con un enorme potenziale. Entro il 2011 realizzeremo in Calabria un impianto dimostrativo di quattro macchine; stiamo lavorando anche a un parco di 30 macchine all'interno di una riserva naturale in Umbria. Nel 2012 partiremo con la distribuzione".

(QualEnergia.it, 12 luglio 2011)

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Shoah: confermata la condanna al vescovo negazionista Williamson

BERLINO - Il tribunale di Ratisbona ha confermato la condanna al vescovo negazionista Richard Williamson per le dichiarazioni del novembre 2009 -in cui mise in dubbio l'esistenza delle camere a gas e sostenne che nei campi di sterminio nazisti erano morti al massimo 300mila ebrei- ma ha ridotto da 10.000 euro a 6.500 euro l'entita' della multa inflitta al presule lefebvriano inglese .

(AGI, 12 luglio 2011)

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Sondaggio in Israele: oltre l'80% sogna di entrare in Europa

TEL AVIV - Sempre piu' israeliani premono per entrare nell'Unione europea, un'istituzione che guadagna consensi fra l'opinione pubblica anche rispetto ad altre organizzazioni internazionali, come le Nazioni Unite o la Nato. Il sondaggio, condotto dall'Universita' Ben Gurion del Negev su un migliaio di intervistati a meta' giugno, mostra come la preferenza a favore di un ingresso nell'Unione dei 27 Paesi (81%) sia cresciuta di un 12% rispetto al 2009 .

(AGI, 12 luglio 2011)

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Domani a Prato si esibisce un'orchestra israeliana

Dopo gli olandesi ecco un'orchestra israeliana per il palco della Lazzerini

La Raanana Youth Orchestra
PRATO - Dopo il successo delle prime due serate con le orchestre giovanili olandesi, risultato di un'importante collaborazione nata quest'anno fra il Comune di Prato e l'Accademia San Felice di Firenze, che è riuscita a portare sul palco della Lazzerini il meglio delle orchestre sinfoniche europee, martedì 13 luglio arriverà a Prato da Israele la Raanana Youth Orchestra, un'altra strepitosa formazione di giovanissimi talenti.
Fondata nel 2008 da Nahum Hofri, sindaco di Raanana, l'orchestra è attualmente composta da circa 60 musicisti, di età compresa tra i 14 e i 18 anni, che hanno vinto concorsi della prestigiosa fondazione Sharet e ricevuto borse di studio dal governo per l'eccellenza nella musica. Considerata una delle migliori orchestre giovanili di Israele, sotto la direzione di Benjamin Yusupov, ci offrirà un programma variegato e divertente da Beethoven a My fair Lady di Low, passando per An American in Paris di Gershwin. 'Bella musica, i giovani protagonisti e un clima di festa - è il commento dell'assessore alla cultura Anna Beltrame - : la prima edizione pratese del Festival delle Orchestre Giovanili si sta rivelando un successo. Vedere gremita la platea della Corte delle Sculture della Lazzerini e sul placo tanti ragazzi appassionati di musica fa davvero piacere. Ringrazio di nuovo l'Accademia San Felice di Firenze, che ci ha proposto questa collaborazione: è stato possibile portare a Prato oltre trecento musicisti, di fatto a costo zero per il Comune, visto che il Festival e finanziato dai fondi europei. Un'esperienza da ripetere'. Il prossimo appuntamento, che chiuderà la rassegna, è venerdì 22 luglio con l'ensemble di fiati Demer En Laak. Con la direzione del giovane Sven Creyns l'orchestra belga eseguirà un programma entusiasmante che va da Cinema Paradiso di Morricone alla Tarantella di Reed a brani dall' Aida di Verdi e tanto altro ancora. Il concerto è a ingresso libero e inizia alle 21.30.

(Il sito di Prato, 12 luglio 2011)

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Esplosione in un gasdotto che collega Israele e Giordania

E' il quarto attacco di questo tipo dallo scorso mese di febbraio

IL CAIRO, 12 lug. - Una "forte esplosione" ha colpito oggi il gasdotto egiziano che collega Israele e la Giordania: lo ha annunciato l'agenzia ufficiale egiziana Mena, che lascia intendere che si sia trattato di un attentato.
L'esplosione ha avuto luogo vicino alla città di al Arish, nel nord della penisola del Sinai, ha aggiunto l'agenzia. "La zona è attualmente battuta dalle forze di sicurezza che stanno cercando di trovare i responsabili di questa esplosione e il tipo di esplosivo utilizzato", ha aggiunto l'agenzia, precisando che la deflagrazione ha provocato un incendio con fiamme alte "fino a dieci metri".
Dallo scorso mese di febbraio si tratta del quarto attacco dinamitardo allo stesso gasdotto. L'ultimo attentato aveva avuto luogo il 4 luglio.

(TMNews, 12 luglio 2011)

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Spogliatoi imbrattati da scritte filonaziste

All'impianto sportivo Croz Zai di via Lussemburgo. Le ha scoperte il gestore che ha allertato il 113. La polizia ha fotografato tutto e aperto le indagini

  
Gli spogliatoi dell'impianto del Croz Zai             
presi di mira dai vandali con scritte filonaziste     
VERONA. Polizia scientifica al lavoro ieri mattina sui muri degli spogliatoi del campo sportivo Croz Zai, che si trova in Borgo Roma tra via Belgio e via Lussemburgo. Il gestore dell'impianto ieri mattina quando è andato alla struttura ha trovato delle scritte tipo: «Adolf libero», «Butei liberi» con alcune svastiche e ha subito allertato il 113. Dopo un controllo delle Volanti, per verificare che non fossero anche stati commessi furti, sul posto per repertare le scritte e catalogarle per poi compararle con altre fatte in altri periodi.
Un'azione idiota, più che politica che costerà denaro al gestore dell'impianto visto che dovrà ritinteggiarne alcune parti. Nel frattempo le scritte a sfondo nazista verranno coperte. La polizia sta valutando se vi siano connessioni tra i recenti arresti effettuati dai carabinieri di Caprino e l'atto vandalico. I militari infatti la scorsa settimana hanno arrestato cinque giovani (tutti appartenenti alla tifoseria dell'Hellas) che poco prima dell'alba, insieme ad almeno altre 15 persone, avevano picchiato un giovane di colore e chiunque avesse cercato di difenderlo dall'aggressione quindi danneggiato l'ambulanza della Croce rossa internazionale e preso a pugni e calci uno dei soccorritori intervenuto per medicare il primo ferito. All'arrivo dei carabinieri la maggior parte del gruppo era riuscita a scappare. I cinque giovani al termine della convalida sono stati liberati ma il giudice ha imposto loro di presentarsi a firmare in caserma tutti i giorni.

(L'Arena.it, 12 luglio 2011)

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Scontri con Washington per gli inviati palestinesi sulla richiesta di Stato alle Nazioni Unite

Segni di tensioni tra l'Autorità palestinese e Stati Uniti sono emerse durante il fine settimana dopo una visita a Washington dei due inviati palestinese, Saeb Erekat e Nabil Abu Rudaineh.
I due uomini andati a Washington la scorsa settimana per un colloqui con i funzionari del governo degli Stati Uniti sull'intenzione della ANP di chiedere alle Nazioni Unite a settembre di riconoscere uno Stato palestinese sulle linee pre 1967. L'amministrazione degli Stati Uniti ancora una volta ha messo in chiaro che avrebbe posto il veto il per il riconoscimento dello stato unilaterale presso le Nazioni Unite.
Erekat e Abu Rudaineh hanno parlato nel colloqui a Washington con David Hales, inviato speciale degli Stati Uniti per la pace in Medio Oriente, e Dennis Ross, consigliere speciale per il Golfo Persico e l'Asia sud-ovest del Segretario di Stato Hillary Clinton. L'amministrazione americana é in attesa di vedere cosa i membri del Quartetto decideranno durante il loro incontro lunedì', ha aggiunto Erekat. I rappresentanti del Quartetto hanno in programma di discutere il piano della ANP per la richiesta di stato e i modi di rilanciare il processo di pace tra Israele e palestinesi. Il negoziatore della ANP Nabil Sha'ath ha detto che i palestinesi stano conducendo una "vera e propria battaglia" per settembre per raccogliere quanti più paesi possibile in favore del riconoscimento del loro Stato . In questa battaglia, i palestinesi emergeranno vittoriosi, ha detto in uno slancio di ottimismo

(FocusMo, 12 luglio 2011)

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Il parlamento israeliano approva una legge contro il boicottaggio degli insediamenti

La Knesset, il parlamento israeliano, ha approvato questa notte, una controversa legge che ha come obiettivo quello di vietare ogni forma di boicottaggio degli insediamenti ebraici nei territori palestinesi.
A favore della legge hanno votato 47 deputati della coalizione di governo; 38 deputati dell'opposizione hanno votato contro. Azmaut, il partito del ministro della difesa Ehud Barak, non ha preso parte alla votazione. La normativa prevede multe e sanzioni nei confronti di persone o organizzazioni che chiedono il boicottaggio economico, culturale e accademico di Israele, di istituzioni israeliane o di regioni sotto il controllo di Israele.
La legge è aspramente criticata, oltre che dai partiti dell'opposizione, anche da esperti di diritto, per le sue temute e negative ripercussioni sulla libertà di espressione, fondamentale in uno Stato democratico. Per questo motivo il consulente legale della Knesset, Eyal Inon, ha previsto che le disposizioni possano essere respinte dalla Corte Suprema in quanto incompatibili con la libertà di parola. Il quotidiano Haaretz, liberale e antigovernativo, nell'odierno editoriale ha definito la legge «antidemocratica».
La legge è stata promossa dal deputato del Likud (il partito del premier Benyanin Netanyanu) Zeev Elkin dopo che alcuni mesi fa una centinaio di universitari, scrittori, artisti e altre personalità culturali israeliane avevano annunciato che non avrebbero partecipato a eventi e manifestazioni culturali e accademiche negli insediamenti ebraici a cui essi si oppongono.

(swisscom, 12 luglio 2011)

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Israele-Grecia: il miglioramento dei rapporti va avanti

Karolos Papualias
Il presidente greco Karolos Papualias arriverà nella notte di domenica per una visita che simboleggia il miglioramento dei legami israelo - greci che era evidente la scorsa settimana, quando ad Atene si rifiutò di lasciare le imbarcazioni della Gaza-bound salpare dai suoi porti.
Dal presidente Shimon Peres e dal primo ministro Benjamin Netanyahu ci si aspetta che lodino molto la Grecia per le sue azioni, che di fatto hanno messo fine alle speranze degli organizzatori della flottiglia di salpare per Gaza. Prima del suo arrivo, il "Jerusalem Post" ha condotto un'intervista-mail con Papoulias, in cui ha risposto a 8 delle 16 domande che gli vengono rivolte. Mentre ha parlato del miglioramento dei rapporti greco- israeliani, non ha risposto a domande come se crede che i difficili rapporti tra Grecia verso Israele nel 1980 sia stato un errore, se pensa che il sensibile miglioramento nei rapporti con Israele riflette l'atteggiamento del governo solo, o l'intero paese, e qual è la posizione della Grecia per quanto riguarda la richiesta di Stato palestinese alle Nazioni Unite a settembre.
Alla domanda perché i legami stretti con la Grecia sono importante per Israele? Ha risposto :"Direi che a questa domanda sarebbe meglio una risposta da parte dei funzionari israeliani." Grecia e Cipro offrono un percorso sicuro e protetto verso l'Europa e l'Occidente. E 'sicuro perché non è basato solo sul buon clima politico tra i nostri paesi. Relazioni basate sulla politica possono cambiare, perché ne siamo tutti consapevoli. Il nostro rapporto è costruito su fondamenta più solide, quella della nostra cultura comune. Il percorso greco offre un ambiente sicuro per i turisti israeliani, le possibilità di una maggiore cooperazione economica, lo sviluppo degli scambi e investimenti nei due sensi, la cooperazione politica e militare che possono fare trarre beneficio entrambi i nostri paesi.

(FocusMo, 11 luglio 2011)

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Il grande ritorno degli ebrei di Maiorca

di Daniel Reichel

Oltre quattrocento anni fa l'Inquisizione spagnola li costrinse alla conversione. Oggi i ventimila chuetas di Maiorca, ovvero i discendenti delle famiglie ebraiche dell'isola, riabbracciano la religione dei padri. Una Corte rabbinica israeliana ha infatti ufficialmente riconosciuto i chuetas (o xuetas in catalano) come ebrei. "Una decisione significativa - ha commentato Bernat Aguiló Siquier, discendente di una delle 15 famiglie maiorchine di judios conversos - un atto di giustizia, oltre che il riconoscimento di un fatto".
Dopo mesi di sopraluoghi, analisi di carteggi e verifiche di alberi genealogici, il Beth Din, guidato da rav Nissim Karelitz, ha dichiarato che, a causa dei matrimoni interni fra chuetas, tutti coloro che sono legati alle generazioni precedenti sono da considerare ebrei.
Una storia atipica quella degli ebrei maiorchini, diversa dai marrani di Spagna e dal destino dei sefarditi della penisola iberica. Di fatto isolati dal mondo, i chuetas (l'etimologia di questo appellativo è ancora dibattuta, si parla di una semplice derivazione dal catalano oppure di un espressione denigratoria legata alla carne di maiale) hanno formato lungo i secoli una comunità indipendente, emarginata quando non apertamente perseguitata dalle istituzione della Chiesa cattolica. Una discriminazione tanto profonda da giungere fino ai giorni nostri: in un sondaggio del 2001, promosso tra i maiorchini dall'Università delle Isole Baleari, il 30% degli intervistati sosteneva di non volersi sposare con un chueta e il cinque per cento di non volerne l'amicizia.
I chuetas, in ogni caso, costituiscono una vicenda unica al mondo. L'emarginazione sociale subita a partire dalla fine del XVII secolo (il governo regionale delle Baleari in maggio ha realizzato una cerimonia ufficiale in memoria dei 37 ebrei uccisi nel 1691 dall'Inquisizione, condannando pubblicamente la discriminazione subita lungo i secoli dalla comunità chuetas), ha portato alla costituzione di una realtà autonoma e praticamente impermeabile al mondo esterno, con lo sviluppo di una forte identità e coesione di gruppo, rafforzata dall'obbligata endogamia. Quindici sono le famiglie che si riconoscono in questa peculiare comunità e corrispondono ai seguenti cognomi: Aguiló, Bonnín, Cortès, Forteza, Fuster, Martí, Miró, Picó, Pinya, Pomar, Segura, Valls, Valentí, Valleriola e Tarongí.
"Ora i chuetas non dovranno più vivere in due mondi", ha affermato al New York Times Michael Freund, fondatore di Shavei Israel, organizzazione no profit israeliana attiva nella ricerca degli ebrei perduti e da anni impegnata per il riconoscimento dei judios maiorchini. "Siamo riusciti ad aprire loro la porta in modo che potessero tornare a casa" ha spiegato Freund (nell'immagine un momento della cerimonia che si è svolta in memoria degli ebrei uccisi dall'Inquisizione spagnola del 1691).
Sempre al New York Times, Bernat Aguilò ha auspicato che lo Stato di Israele prenda ora in considerazione la possibilità di riconoscere la cittadinanza ai "nuovi" ebrei di Maiorca. Per ora però, più realisticamente, si parla dell'invio di alcuni rabbini sull'isola, in modo da permettere a eventuali interessanti di imparare e recuperare le tradizioni ebraiche perdute.

(Notiziario Ucei, 11 luglio 2011)

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Ventidue milioni di Nis per ripulire il Kishon

  
Il fiume Kishon
Il governo israeliano finanzia un progetto di pulizia del fiume Kishon, nel distretto di Haifa. La decisione è stata presa ieri dal Consiglio dei ministri nel corso della riunione di inizio settimana. I fondi messi a disposizione sono 220 milioni di NIS (circa 44 milioni di euro) per tre anni; il piano punta a migliorare la qualità della vita nell'area della baia di Haifa e a trasformarla nel polmone verde d'Israele.
Il fiume Kishon è il più inquinato del Paese: tra gli abitanti della zona si usa dire che ormai «nel fiume ci sono più rifiuti chimici che acqua». In passato, anche gli ambientalisti di Greenpeace avevano messo in pratica azioni dimostrative per cercare di fermare gli scarichi chimici delle industrie della zona, le quali a lungo hanno riversato i loro rifiuti nel Kishon. Negli ultimi anni, il governo israeliano ha cercato di contrastare l'inquinamento, ma molto resta ancora da fare. Il premier Benjamin Netanyahu aveva promesso fin dallo scorso febbraio che il suo governo avrebbe riabilitato il Kishon. Ieri, la promessa è stata mantenuta. «Dopo anni di inquinamento e negligenza - ha commentato il ministro dell'Ambiente, Gilad Erdan -, il fiume tornerà ad essere una risorsa di cui i cittadini possono godere».

(FocusMo, 11 luglio 2011)

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Tutti espulsi al "Fly-in"

36 militanti venuti d'Europa senza il permesso di entrare in Israele sono stati espulsi domenica 10 luglio. 82 sono ancora detenuti mentre attendono l'espulsione.
Trenta sei persone si apprestano a decollare, 35 a bordo di un volo della compagni Lufthansa e una a bordo di un volo dell'Alitalia. Ha dichiarato la porta voce dei servizi di immigrazione . Queste espulsioni riguardano 22 belgi, 13 tedeschi, 1 spagnolo ha precisato. 82 militanti sono ancora in attesa nella prigione di Ela de Beersheva, a sud di Israele, e in quella di Guivon a Ramleh vicino Te-Aviv. La più parte sono francesi ma ci sono anche americani, belgi, bulgari e spagnoli." Speriamo di poterli rimandare a casa entro 48 ore . Dipende dai posti disponibili sui voli in partenza" ha aggiunto la signora Haddad.
Israele é riuscito a bloccare da giovedì l'arrivo di un centinaio di militanti pro palestinesi che voleva sbarcare all'aeroporto di Tel-Aviv per recarsi in Cisgiordania occupata .

(FocusMo, 11 luglio 2011)

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Farnesina: lotta all'antisemitismo, onore al merito per il direttore dell’AJC

ROMA, 11 lug - Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha ricevuto oggi alla Farnesina David Harris, Direttore esecutivo dell'American Jewish Committee, consegnandogli l' onorificenza di Ufficiale dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana per avere svolto un' attivita' di altissimo profilo nella lotta all'antisemitismo e nella promozione dei diritti umani. E' quanto si legge in una nota della Farnesina.
In particolare, nella motivazione si sottolinea che Harris ''rappresenta un interlocutore privilegiato per l' approfondimento del dialogo fra la comunita' ebraica e le istituzioni italiane presenti a New York''.
''Nel corso del loro incontro - conclude la nota - il ministro Frattini e il direttore Harris hanno avuto uno scambio di vedute sull'andamento del processo di pace e sui principali temi dell'attualita' mediorientale''.

(ASCA, 11 luglio 2011)

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Israele approva il contestato confine marittimo con il Libano


Israele approva la linea dei suoi confini marittimi, che presenterà presto alle Nazioni Unite. Tel Aviv dà fuoco alla polemica con il Libano che l'anno scorso aveva già deposto all'Onu la sua versione della frontiera.
Beirut contende a Israele una zona ricca di gas e probabilmente petrolio vicina ai giacimenti di idrocarburi di Leviathan e Tamar scoperti nel 2010 al largo di Haìfa.
"I confini presentati dal Libano sono molto più a sud della linea proposta da Israele dichiara il premier Benyamin Natanyahu e sono contrari alla frontiera concordata tra Cipro e Israele. Contraddicono inoltre il confine negoziato tra lo stesso Libano e Cipro nel 2007. Il nostro obiettivo ha proseguito Netanyahu è posizionare la frontiera in accordo con i princìpi della legislazione marittima internazionale".
I giacimenti sottomarini di idrocarburi di Tamar e Leviathan, 130 chilometri al largo del porto di Haìfa, sono i più ricchi scoperti al mondo negli ultimi 10 anni. Potrebbero garantire a Israele decenni di indipendenza energetica.

(euronews, 11 luglio 2011)

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Israele, il Libano e i confini sull'acqua

di Sergio Minerbi

Ieri, domenica, il governo israeliano ha fissato i confini marittimi della zona economica israeliana, nonostante una divergenza con la mappa presentata nell'agosto scorso alle Nazioni Unite dal Libano. Pur partendo entrambe dallo stesso punto sulla costa, ossia Rosh Hanikrà, la linea libanese diverge di 15 Km da quella israeliana laddove tocca i limiti della zona economica di Cipro. Secondo il Primo Ministro Netanyau, la linea attuale libanese sarebbe in contrasto con la frontiera fissata dal Libano di comune accordo con Cipro nel 2007. E' importante il parere del geologo Langozky secondo il quale il Libano ha buone probabilità di scoprire grandi giacimenti di gas nella sua zona economica non contestata, ed in secondo luogo che in nessun caso la linea libanese interferisce con i giacimenti israeliani di Dalit, Tamar, e Leviatan, del valore complessivo di 100 miliardi di dollari. La linea libanese è però adiacente al giacimento Alon di Noble Energy e di Delek. La disputa potrebbe essere risolta a tavolino ma il Libano, dominato dall'Hizbollah, rifiuta qualsiasi negoziato con Israele.

(Notiziario Ucei, 11 luglio 2011)

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La "Notte Bianca" di Tel Aviv

Il 30 giugno a Tel Aviv si é celebrate la notte Bianca, giunta ormai all'ottava edizione, nata all'insegna della musica, della danza, dell'arte, del teatro, estesa poi ai concerti all'alba, allo yoga sulla spiaggia e alle innumerevoli offerte di cucine da assaggiare.
Le strade di Tel Aviv hanno pulsato per tutta la notte con musica di strada, mercatini vari e gallerie d'arte "en plein air". Il festival iniziò quando nel 2003 la città venne designata come sito mondiale della cultura "World Cultural Heritage site" dall'UNESCO per la sua ricchezza di case bianche in stile Bauhaus da dove nasce il suo sopranome di "città bianca". Una cinquantina di edifici Bauhaus lungo il Rothschild Boulevard e la strada Bialik vengono illuminate in modo particolare durante l'evento della notte bianca.
Essendo una delle mete turistiche più richieste del 2011 con una vasta offerta di posti dove fare festa gratis all'aperto, il Festival per la prima volta ha visto anche l'organizzazione di un concerto per i bambini tenutosi alla"Cinemateque". "Ci sono eventi di Notti Bianche in giro per tutta l'Europa, ma nessuna é come questa con l'atmosfera della vita notturna, la cucina e la musica" ha detto Hila Oren, direttore generale del Global City TLV, che promuove la municipalità di Tel-Aviv come un centro di affari internazionali e cultura. "La gente di altri paesi sente parlare di "Israele" e pensa immediatamente ai "conflitti", ma quando sentono parlare di "Tel-Aviv " pensano al "divertimento". Tel Aviv é dunque diventato sinonimo di divertimento. " Ci sono pochi posti dove uno si sente cosi sicuro come qui".
Hila Oren ha stimato che il numero di partecipanti all'evento è stato di circa 200.000, 250.000 persone. "Non sappiamo quanti di loro provengono da paesi stranieri ma l'anno prossimo vogliamo offrire pacchetti per il fine settimana della notte bianca per il mercato estero". La gioia e la felicità nelle strade sono state un fenomeno da Eurovisione con il concerto arabo-israeliano del duo Achinoam Nini e Mira Awad dal porto di Jaffa; hanno raggiunto l'apice della partecipazione con il concerto al porto di Tel Aviv degli artisti Mati Caspi, Shlomo Gronich e Shem Tov Levi all'alba sulla spiaggia con yoga a meditazione. Anche una maratona di gruppi indi-rock hanno suonato davanti al museo d'arte di Tel Aviv.
Sono stati organizzati dalla municipalità dei percorsi notturni della città e messi a disposizione dei turisti cosi come menu speciali sono stati fatti appositamente dai ristoranti per l'evento. Quest'anno un dirigente degli Universal Studios in California è capitato in città per una vacanza personale il 30 giugno, Il Direttore Generale della manifestazione, Oren, lo ha accompagnato durante gli eventi che si susseguivano in bicicletta. "Era impazzito e entusiasta", ha riferito la Oren. Il prossimo giugno, secondo Oren, gli eventi della Notte Bianca avranno come tema "mantenere il buon umore" e i festeggiamenti saranno legati alla prossima apertura di un'ala del museo di arte di Tel Aviv.

(FocusMo, 11 luglio 2011)

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Egitto: il gasdotto per Israele è quasi pronto

Colpito da un atto di sabotaggio la scorsa settimana

IL CAIRO, 10 lug - Il gasdotto che fornisce Israele e Giordania dall'Egitto sarà riparato entro la prossima settimana. Lo ha affermato una fonte del ministero del petrolio citato dall'egenzia Mena. Il gasdotto è stato colpito da un atto di sabotaggio la scorsa settimana, per la terza volta in sei mesi, costringendo il blocco della fornitura di gas.

(ANSA, 10 luglio 2011)

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Israele e Libano ai ferri corti anche sul confine marittimo

In gioco aree potenziali giacimenti di gas e petrolio

GERUSALEMME, 10 lug - Il governo israeliano ha approvato oggi la linea del suo confine marittimo col Libano in una mossa volta a controbattere mire libanesi su aree di mare rivendicate dal governo di Beirut. La linea demarca un'area su cui i due paesi vantano esclusivi diritti di sfruttamento delle risorse naturali. La controversia, potenzialmente esplosiva, vede in gioco grandi interessi economici poiche' nel tratto di mare in questione, al largo della costa israeliana, sono gia' stati trovati due grandi giacimenti di gas e probabilmente anche di petrolio, Tamar e Leviathan, che dovrebbe assicurare a Israele diversi decenni di indipendenza energetica.
Il Libano lo scorso agosto ha deposto all'Onu la sua versione di dove la linea di confine marittimo dovrebbe passare. Il premier israeliano Benyamin Netanyahu sostiene che ''la linea dichiarata dal Libano e' considerevolmente piu' a sud della linea israeliana'' e contraddice anche la linea di confine che il Libano aveva concordato con Cipro nel 2007.
Israele ha concluso diversi mesi fa un accordo con Cipro che delimita le rispettive aree marittime di sfruttamento esclusivo delle risorse naturali. Secondo il ministro degli esteri Avigdor Lieberman ''il Libano, su pressioni degli Hezbollah, sta cercando motivi di frizione ma noi non rinunceremo a nessuna parte di cio' che e' nostro di diritto''.
Lieberman ha negato, definendole ''sciocchezze'', notizie su media israeliani stando alle quali gli Stati Uniti sono favorevoli alla versione libanese del confine.Gli Stati Uniti, a quanto pare, stanno premendo su Libano e Israele - che sono formalmente in stato di guerra - a cercare una soluzione negoziata della disputa.
Il Libano afferma di aver chiesto una mediazione dell' Onu e anche dell' Unifil (la forza di pace dell' Onu in sud Libano) senza pero' ottenere finora risposta.
Israele si oppone, secondo fonti informate a un dialogo indiretto e chiede invece al Libano di aprire una trattativa su tutte le controversie di confine, terrestri e marittime.Una fonte del ministero degli esteri israeliano, citata dal quotidiano Haaretz, ha detto che lo stato ebraico ha chiesto agli Usa di trasmettere un severo avvertimento al governo libanese. Israele, ha detto la fonte, non tollerera' provocazioni o considerera' un attacco agli impianti di estrazione del gas in alto mare come un attacco al suo territorio.

(ANSA, 10 luglio 2011)

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Chiuso il Karlovy Vary Film Festival. Vince un film israeliano

E' andato a un film israeliano il principale premio del Karlovy Vary Film Festival, che si è appena concluso nella Repubblica Ceca.
Il Crystal Globe è stato assegnato a Restoration, di Joseph Madmony, un film sulla malinconia e la fine delle speranze, ma anche sull'insopprimibile volontà di non arrendersi.
"Mi piace molto il triangolo con un padre spirituale e un padre biologico. Il padre è stato scelto tra il figlio reale e il figlio spirituale".
Il premio al Miglior regista è stato assegnato a Pascal Rabate, per Ni à vendre, ni à louer.
Il premio Est-Ovest è andato ad una pellicola serbo-macedone, Il punk non è morto, del regista Vladimir Blazevski.
"Credo che la scelta dei punk di mettersi ai margini delle regole del gioco del mondo moderno, sia un atteggiamento che merita rispetto".
Premiato infine anche John Turturro, presidente della giuria.

(euronews, 10 luglio 2011)

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Sono 118 gli attivisti stranieri ancora detenuti in carceri israeliane

TEL AVIV, 10 lug. - Sono 118 gli attivisti filo palestinesi stranieri - 90 dei quali francesi e 13 tedeschi, poi americani, bulgari, olandesi e belgi - ancora detenuti in due diverse carceri israeliane dopo essere stati bloccati al loro arrivo in Israele, all'aeroporto ''Ben Gurion'' di Tel Aviv. Gli attivisti avrebbero dovuto prendere parte all'iniziativa ''Welcome to Palestine'' in sostegno dello stato palestinese e contro l'occupazione israeliana.

(Adnkronos, 10 luglio 2011)

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Flottiglie

di Ugo Volli

Ne hanno parlato tutti pochissimo, ma vale certamente la pena di dedicare una riflessione alle due vittorie importanti ottenute da Israele la settimana scorsa: il blocco della flottiglia che cercava di rompere il blocco navale imposto sul mare davanti a Gaza per limitare il rifornimento di armamenti ad Hamas, che sarebbero poi serviti a sparare sul territorio israeliano; il flop della "flottiglia aerea" che mirava a portare su voli di linea centinaia di manifestanti antisraeliani a invadere l'aeroporto internazionale di Tel Aviv, significativamente ribattezzato dai manifestanti "di Lydda" dal nome inglese della città accanto a cui esso sorge, scambiandolo per "palestinese", mentre se ne parla già come villaggio ebraico nei libri biblici di Esra (2.33) e Nehemia (11:35) .
   Bisogna notare che entrambe le iniziative avevano il senso di negare la sovranità statuale israeliana o di costringere l'esercito a riaffermarla con la forza e dunque comunque di logorarla. Israele è invece riuscito a evitare questa "alternativa del diavolo", come si chiamano negli scacchi trappole del genere, e a impedire l'azione offensiva grazie alla collaborazione internazionale: la Grecia, Cipro e perfino la Turchia in un caso, nell'altro diverse linee aeree internazionali hanno ritenuto di non appoggiare violazioni della legalità e provocazioni sia pure "disarmate". Nel diritto internazionale questo è ovvio: se dei croati esagitati volessero invadere Fiumicino o Ancona per rivendicare il carattere slavo di Trieste, sarebbe ovvio che il loro governo li fermasse, impedendo loro di commettere reati e di avvelenare le relazioni internazionali. Per Israele ciò non è così scontato, i normali privilegi degli stati (per dirne una: decidere quale sia la propria capitale) spesso gli sono negati o contestati ma questa volta è accaduto. Il che testimonia fra l'altro che non è vero che il governo Netanyahu sia così isolato e inabile come pretende certa stampa.
   La domanda che ci si può porre è se non si sarebbe potuto fare lo stesso l'anno scorso, quando l'"alternativa del diavolo" organizzata dalla prima flottiglia è purtroppo riuscita benissimo nel suo compito di danneggiare la reputazione di Israele. La risposta è che effettivamente si tentò, ma invano, perché allora la Turchia non collaborò nel lavoro di polizia internazionale, anzi. Questa volta le cose sono andate in maniera diversa, probabilmente perché il quadro politico internazionale è diverso, la rivolta in Siria e l'incriminazione di Hezbollah per l'omicidio del premier libanese Hariri hanno buttato sabbi nel motore dell'"asse" Iran-Turchia-Libia-Libano-Gaza. Ma è contato anche senza dubbio proprio il precedente della flottiglia dell'anno scorso e la difesa decisa ma controllata dei suoi confini che Israele ha fatto fra maggio e giugno, contro le analoghe invasioni terrestri organizzate dal regime siriano e Hezbollah.
   E' un problema generale: nella politica internazionale contano i fatti, non le rivendicazioni astratte di diritti, e il primo fatto è l'autodifesa. Ha scritto qualcuno che stati e società non spariscono mai, a meno che si suicidino. Questo è particolarmente vero per Israele, che è assediato da prima della sua nascita da stati e movimenti che provano sistematicamente a distruggerlo trovando il suo punto debole: prima con le guerre convenzionali, poi col terrorismo aereo e con quello suicida portato nel cuore delle città: tutti fortemente ridimensionati, se non abbandonati, quando hanno trovato una difesa adeguata. Ora da qualche anno il gioco è la delegittimazione, la guerra giuridica e dell'opinione pubblica, per cui il sistema politico occidentale è il terreno privilegiato e i mezzi di comunicazione e gli opinion leader i principali strumenti di combattimento. E' possibile e naturalmente sperabile che il fallimento delle flottiglie marittima e aerea e dei tentativi di invasione dei confini convinca prima o poi i palestinesi ad abbandonare anche questa forma di lotta e magari anche a riprendere seriamente una strategia di pace con Israele abbandonata del tutto, dopo il breve momento di Oslo, una decina d'anni fa.
   Bisogna aggiungere a questo proposito un'ultima riflessione: chi, anche nel mondo ebraico, solidarizza con le flottiglie e delegittima i "coloni" prima di qualunque accordo di pace, rende più difficile il compito dell'autodifesa di Israele, ma aumenta anche le difficoltà e le sofferenze della popolazione palestinese, perché conferma l'illusione della sua leadership di poter eliminare lo stato ebraico con l'appoggio dell'opinione pubblica internazionale. I "pacifisti" che sostengono queste iniziative, lo sappiano o no, in realtà lavorano per il prolungamento della guerra; perché in loro, come in Fatah e Hamas, l'odio per Israele prevale anche sull'ovvio interesse palestinese per una convivenza pacifica.

(Notiziario Ucei, 10 luglio 2011)

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Israele riconosce il nuovo Stato Sud Sudan nato ieri

Netanyahu: "Gli auguriamo ogni successo"

ROMA, 10 lug. - Israele ha riconosciuto ufficialmente il Sud Sudan, il nuovo Stato africano che ha proclamato ieri l'Indipendenza. Lo riporta il sito web del quotidiano israeliano Haaretz. "Annuncio che Israele riconosce il Sud Sudan", ha annunciato oggi il premier israeliano Benjamin Netanyahu durante il consueto vertice di governo domenicale. "Gli auguriamo ogni successo. E' un paese che vuole la pace, e saremo felici di cooperare (con il nuovo Stato) per garantirne lo sviluppo e la prosperità".
Israele sta conducendo in questo periodo una campagna diplomatica per bloccare il tentativo dell'Autorità palestinese di ottenere, il prossimo settembre, il riconoscimento unilaterale di uno Stato palestinese da parte dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Israele ritiene che uno Stato palestinese debba nascere solo attraverso un negoziato, e non con atti unilaterali. Fonti del ministero degli Esteri israeliano hanno osservato che il Sud Sudan, contrariamente a quanto vorrebbero fare i palestinesi, ha ottenuto l'indipendenza attraverso un negoziato, e per questo Israele ha giudicato opportuno il suo immediato riconoscimento.

(TMNews, 10 luglio 2011)

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L'industria militare israeliana vola

Venti aerei da combattimento per il valore di 2.75 milliardi di dollari. Questo il regalo promesso al segretario di stato USA Hillary Clinton ad Israele, se solo avesse accettato di bloccare la costruzione di colonie sul suolo palestinese per tre mesi durante i negoziati di pace dello scorso novembre 2010. Un regalo succulento, che per altro non servì a convincere il primo ministro Benjamin Netanyahu. E che dato il rapporto strategico tra la potenza militare americana e l'alleato in medio oriente non sorprende. Suonano nuovi invece accordi come quello preso tra l'esercito americano e la compagnia statale Israel Military Industries ltd. All'inizio dell'anno gli americani, rimasti a corto di munizioni per la media di 250 000 proiettili impiegati in Irak e in Afghanistan per ognuno dei "ribelli" caduti - 24 000 secondo Wikileaks solo in Iraq e senza contare i civili, per alcuni più di un millione - si sono trovati costretti ad importare munizioni dall'estero. E si sono rivolti a una delle quattro grandi dell'industria militare israeliana, rifornitore principale dell'esercito israeliano.
   Israel Military Industries ltd. ha fatto di Israele il quarto esportatore mondiale di armamenti nel mondo, insieme alle altre "big" del settore: Elbit Systems, Israeli Aerospace Industries (IAI) e Rafael. Nove anni fa, questo stato di sette milioni di abitanti era ancora al decimo posto della classifica mondiale. Oggi, da buon allievo, sta per superare il maestro, con un budget militare del 8.9% del prodotto interno lordo, contro il 3.1% delgi Stati Uniti e il 2.6 % della media mondiale. Il record è stato battuto nel 2010, quando Israele si è aggiudicato 7% dell'export militare mondiale.
   "Siamo consapevoli delle sfide che ci troveremo ad affrontare, ma continueremo a lavorare per mantenere il livello raggiunto sinora e anzi migliorarlo" ha detto il brigadiere generale Shmaya Avieli al quotidiano israeliano Jerusalem Post, alla Fiera internazionale "Paris Air Show". Avieli è direttore del distaccamento del Ministero della difesa (SIBAT), incaricato di gestire le licenze per l'esporto e l'intero marketing dell'industria militare. Le sfide da affrontare a cui si riferiva sono non solo la crisi economica mondiale, ma proprio l'annunciato ritiro delle truppe americane da Irak e Afganistan.
   9.6 milliardi di dollari, questo l'incasso dell'esporto di armi nel 2010, 3% del PIL secondo il portale United Press International. Già qualche anno fa, in un intervista riportata sul sito del Ministro della difesa israeliano, l'ex direttore del distaccamento SIBAT, ed ex-generale maggiore dell'esercito Yossi Ben Hanan, ribadiva la particolarità del caso israeliano: l'industria bellica dipende dall'esporto. Più del 75% della produzione è destinata all'estero, solo il 25% viene impiegato nell'esercito israeliano. Questa dipendenza - ha proseguito il generale - "è lucrativa", concludendo poi : "Un problema per l'economia potrebbe porsi di fronte ad una crisi politica tra Paesi o una catastrofe naturale di magnetitudine colossale da qualche parte nel mondo, cose che avrebbero certo consequenze per l'esporto bellico di Israele". Consequenze peraltro non per forza negative.
   Israele è stato uno dei Paesi che meglio ha saputo approfittare della globalizzazione. Dopo i primi quarant'anni di dipendenza quasi totale dagli aiuti finanziari americani, dai risarcimenti tedeschi ai superstiti dell'Olocausto e dalle donazioni di organizzazioni sioniste internazionali, è diventato uno dei piò importanti Paesi esportatori pro capite del mondo. Soprattutto dopo gli Accordi di Oslo del 1993 - inagurazione dell'Autorità palestinese ma soprattutto della liberalizzazione economica - il deficit israeliano e la dipendenza dall'importo è diminuita drasticamente. Il volume totale degli importi ammontava nel 2010 a 55.6 milliardi di dollari, quello degli esporti di poco più basso, con 54.3 milliardi l'anno. Il ruolo dell'industria bellica in questo sviluppo economico è stato determinante. Due esperti israeliani intervistati dall'agenzia stampa cinese Xiuhna spiegano come le compagnie militari siano il motore dell'economia, anche al di là dell'export, fungendo da vivaio per la ricerca high-tech e la formazione di esperti che trovano poi impiego nell'industria civile.
   "Uno delle ragioni del successo israeliano è che Israle sa fare una chiara distinzione tra relazioni politiche e relazioni in campo militare con altri Paesi" ha dichiarato l'ex general maggiore Giora Eiland a Xiuhna. "Diversi Stati ci sono piuttosto ostili in forum internazionali, ma apprezzano una quantità di nostri prodotti".
   Oltre alla Turchia, anche l'America latina non disdegna Israele, quando si tratta di armamenti. L'Argentina, il Brasile, il Cile, la Colombia e l'Ecuador sono acquirenti di equipaggiamento militare e tecnologia israeliani, come documentato in un accurato studio pubblicato dalla campagna palestinese Stopp the Wall nel 2010. Non solo armi convenzionali, ma soprattutto veicoli aerei senza pilota sono il fulcro dei rapporti commerciali Israele-America latina. L'ultimo contratto è fruttato alla Elbit systems 50 millioni di dollari per tre anni per la vendita di 900 aerei autopilotati Hermes 900 UAV, collaudati dall'esercito israeliano durante la guerra a Gaza e già venduti ad altri partner quali la Gran Bretagna.
   Anche la Cina non fa mistero dell'interesse economico che la lega ad Israele. Durante una visita ufficiale alla controparte israeliana, il ministero della difesa cinese Liang ha sottolineato l'importanza della fiducia e dei risultati acquisiti dopo 19 anni di rapporti diplomatici in nome del pragmatismo. Il ministro Barak gli ha fatto eco sul quotidiano China Daily, augurandosi un proseguo della fruttosa cooperazione e di migliorare il rapporto strategico tra i due eserciti.

(il manifesto, 9 luglio 2011)

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Austria: revocata ad Hitler la cittadinanza nel paese natale

A distanza di più di sessant'anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, passata alla storia come il conflitto più devastante e sanguinante della storia dell'intera umanità, la figura di Adolf Hitler torna alla ribalta in Austria, paese che gli ha conferito i natali. Questa volta però non per ricordare la sua figura nel contesto socio-politico dell'Europa del'900, bensì per adottare nei suoi confronti una decisione tutt'altro che onorifica. Il consiglio comunale della cittadina austriaca Braunau, meglio nota come città d'origine del Fuhrer, ha approvato ieri una delibera con la quale si è deciso di revocare la cittadinanza onoraria ad Adolf Hitler, conferitagli il 4 aprile 1938, pochi giorni dopo l'annessione dell'Austria al Reich tedesco. Una decisione non facile quella presa dal consiglio comunale di Braunau, a causa dell'opposizione dei consiglieri del partito di estrema destra Fpo, contrari all'adozione di un simile provvedimento nei confronti di una persona ormai non più vivente. Alla fine la resistenza del Fpo è caduta, non senza clamorose polemiche ed accuse di filo nazismo. Il sindaco della città, Johannes Waidbacher, ha spiegato che il comune si è assunto tutte le responsabilità storico-politiche derivanti dalla decisione.

(Notizie italiane, 8 luglio 2011)

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Rifiuti, dall'acqua un'alternativa agli inceneritori

Un metodo rivoluzionario sperimentato a Tel Aviv approda a Pescara e apre nuove ipotesi

  
PESCARA. Si può utilizzare l'acqua per trattare i rifiuti? A quanto pare sì, con una tecnologia nata in Israele che ha dato prova di funzionare bene a Tel Aviv. L'idea è approdata a Pescara, e potrebbe fare breccia se saprà misurarsi con il «pensiero unico» che indica nella combustione il modo per chiudere il ciclo dei rifiuti.
Per iniziativa dei consiglieri Attilio Di Mattia (Idv) e Roberto Pasquali (Fli) il metodo è stato illustrato ieri alla presenza del consulente di Abruzzo Sostenibile, Andrea Sanità. E potrebbe diventare un'alternativa credibile anche a livello regionale, dove da giorni si discute di termovalizzatori per scongiurare un'emergenza come quella che affligge la Campania. Anche perché ha il vantaggio di poter selezionare la spazzatura indifferenziata, pur senza rinunciare al ciclo virtuoso del riciclo. Non a caso rappresenta una delle due opzioni al vaglio del sindaco di Napoli, Luigi De Magistris.
La tecnologia di trattamento a freddo, che separa i rifiuti attraverso l'utilizzo di acqua a ciclo chiuso, è chiamata Arrow Bio. «Lo scopo del trattamento», osserva Di Mattia, «è proprio quello di separare i materiali riciclabili dai rifiuti indifferenziati. Si potrebbe parlare, semplificando, di una raccolta differenziata automatica».
Come funziona? «Si tratta di un processo», spiega Sanità, «che riceve in ingresso rifiuti solidi urbani indifferenziati ma è evidentemente ancor più efficace nel caso in cui la raccolta dei materiali riciclabili sia fatta all'origine, come prevedono le leggi nazionali». Con questa tecnologia, si stima che il recupero dei materiali riciclabili si attesti attorno all'80-90% lasciando allo stato inerte il restante 15-20% di residui che, come tali, non sono più pericolosi. Oltre ai rifiuti solidi urbani, l'impianto può lavorare rifiuti non pericolosi di cartiere e industrie alimentari, residui agricoli e rifiuti da giardinaggio. Per un impianto base da 50mila tonnellate l'anno, il costo è di circa 15-20 milioni di euro. «Considerando un periodo di ammortamento di 20 anni», prosegue Sanità, «ogni tonnellata di rifiuti in ingresso ha un impatto economico di gran lunga inferiore rispetto ai costi del solo conferimento in discarica, ma con la garanzia di produrre ricavi aggiuntivi generati dalla vendita dei materiali riciclati, dal biogas ai fertilizzanti».

(il Centro - Pescara, 9 luglio 2011)

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Morto Salmonì, uno degli ultimi ebrei romani sopravvissuti alla Shoah

Ispirò 'La vita è bella', il cordoglio di Alemanno e Zingaretti

A Roma è morto Romeo Salmonì, uno degli ultimi ebrei romani deportati e sopravvissuti all'Olocausto. Aveva 91 anni ed era autore di 'Ho sconfitto Hitler', il libro che ha ispirato 'La vita è bella' di Roberto Benigni. Nell'aprile del 1944, poche settimane prima della liberazione di Roma, a 18 anni Salmonì fu deportato dalla capitale prima a Fossoli, quindi da giugno internato nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. Riuscì a scampare alla follia nazista e nel settembre 1945 rientrò in Italia. Per il sindaco di Roma Gianni Alemanno "ci lascia una grande uomo che con il suo coraggio e la sua forza è riuscito a salvarsi dall'inferno di Auschwitz-Birkenau. Romeo è stato un esempio per i giovani e per l'intera città. Con la su forza d'animo, il suo ottimismo e la sua volontà è riuscito a ricostruire dal niente una vita. Ricordo la felicità dei suoi occhi durante i festeggiamenti delle nozze di diamante con Mirella, che con amore gli è stata sempre vicino e i sorrisi dei suoi familiari ai quali ha trasmesso, nonostante l'incubo dei campi di sterminio nazisti, l'amore per la vita e per la famiglia. La storia di Romeo come quelle degli altri ex deportati - ammonisce Alemanno - deve essere utile perché non torni ad accadere quello che è successo, purtroppo, a tantissime persone. Roma Capitale è impegnata su questi temi perché il ricordo sia un patrimonio collettivo e condiviso, un esercizio spirituale ed educativo da trasmettere alle nuove generazioni". Anche per il presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti "con Salmonì scompare un uomo incredibile, una persona coraggiosa che è stata testimone e portavoce dell'orrore della Shoah, insignito di recente dal presidente della Repubblica Napolitano. Grazie ai suoi racconti, alla sua ironia, molti ragazzi delle scuole superiori di Roma e provincia hanno avuto la possibilità di conoscere quanto la sua voglia di sopravvivenza sia stata più forte di quella di distruzione. Non finirò mai di ringraziare Romeo Salmonì per il meraviglioso regalo che ci ha fatto, tramandando a tutti noi il suo atto di coraggio e la sua memoria, trasmissione di valori veri e sinceri. Continueremo a raccontare la sua storia e con il suo libro la sua testimonianza".

(TMNews, 9 luglio 2011)

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Bloccati all'aeroporto Ben Gurion 124 attivisti filopalestinesi

Sono complessivamente 124 gli attivisti filopalestinesi bloccati all'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv per impedire loro di inscenare manifestazioni anti-israeliane nel contesto di una Operazione chiamata «Benvenuti in Palestina».
Una fonte carceraria israeliana ha precisato che si tratta di 76 donne e di 48 uomini che hanno trascorso la notte in due carceri: quello di 'Givon' a Ramle (a breve distanza dall' aeroporto) e quello di 'Ela' di Beer Sheva, nel Neghev.
Secondo questa fonte saranno espulsi, non appena si troveranno posti sugli aerei in partenza verso gli aeroporti di provenienza di ciascun attivista. La fonte ha precisato che i militanti fermati sono di diverse nazionalità: fra di loro vi sono spagnoli, francesi, olandesi, belgi, bulgari e statunitensi.
Secondo la fonte, i loro fermi si sono svolti in forma generalmente pacata. Sempre l'8 luglio altri duecento attivisti erano stati fermati prima dell'imbarco verso Tel Aviv in diversi scali europei fra cui quelli di Parigi, Ginevra e Vienna.
LA COLLABORAZIONE DELLE COMPAGNIE AEREE. Alcune compagnie aeree internazionali hanno cooperato con le autorità israeliane per impedire l'arrivo in Israele di militanti filo-palestinesi. In un comunicato stampa Mazin Qumsieh, uno degli organizzatori di 'Benvenuti in Palestina', ha accusato di «connivenza con violazioni dei diritti umani» le seguenti linee aeree: Air France, Alitalia, Austrian Airlines, Lufthansa, Malev e EasyJet. Con il loro comportamento - ha accusato - «hanno permesso la esportazione all'estero delle politiche di occupazione e delle violazioni dei diritti umani compiute da Israele» nei confronti dei palestinesi.

(Lettera43, 9 luglio 2011)

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Piazze arabe, nuovo caos. Questa volta l'Occidente non si lasci sorprendere

di Fiamma Nirenstein

Al Cairo corteo con un milione di persone, 400mila in Siria, dove la polizia spara e uccide otto attivisti

Quattrocentomila persone in piazza in una città di 700mila abitanti, Hama, in Siria, sono davvero tanti. Un milione in piazza Tahrir, al Cairo, 5 mesi dopo la cacciata di Mubarak, sono un'esagerazione. La temperatura è altissima nel mondo arabo e ci dice che forse le diagnosi e le medicine non erano le più azzeccate. È chiaro che ciò che hanno ottenuto gli egiziani è lontano dal costruire fiducia in quel governo militare che a parte Mubarak e alcuni suoi stretti collaboratori non ha saputo mettere in moto non dico una democrazia, ma nemmeno i processi che dessero ragione, famiglia per famiglia, degli 845 morti nelle dimostrazioni della «primavera».
   In teoria, gli egiziani avrebbero già dovuto trovarsi in una situazione di ragionevole transizione, col governo militare pronto a dare le dimissioni dopo le elezioni a settembre del prossimo autunno, la riforma costituzionale in fieri, i nuovi leader e i partiti in via di formazione. E anche, e forse soprattutto, ma lo dirà il futuro, la Fratellanza Musulmana, fino a ieri fuorilegge e oggi lanciata alla conquista del 50, forse il 70 per cento dei consensi quando andrà alle urne. Il nostro grande entusiasmo per il cambiamento egiziano non è condiviso dagli egiziani stessi. Probabilmente soffrono, oltre che della delusione di un presente preso in un ingorgo di problemi politici e ed economici, anche di quel continuo incitamento culturale cui i dittatori arabi hanno sottoposto i loro cittadini senza mai fornirgli uno sfogo. Se si va per esempio a vedere Al Haram, il giornale nazionale ex voce di Mubarak, l'atteggiamento antiamericano e antisraeliano feroce e gratuito, piene di teorie del complotto, è sempre là.
   Dunque la piazza di oggi, cerchiamo di non fare altri errori, è una piazza che mostra le sofferenze di chi non vede all'orizzonte nessun cambiamento che davvero migliorerà la sua vita. Dunque mentre corriamo verso il Piano Marshall, sarà bene aiutare, sì, ma anche in nome di principi che ci convengano: la pace e la stabilità dell'area, la condizione delle donne, la libertà sessuale. È invece tipico delle solite teorie della cospirazione il modo in cui il primo ministro generale Essam Sharaf ha commentato che le manifestazioni sono tutta roba «organizzata» ovvero di importazione straniera.
   Lo stesso tipo di commento ha fatto ieri il governo siriano alla perdurante visita dell'ambasciatore degli Usa Robert Ford, nella città di Hama. Il bravo Ford si è piazzato là per cercare di impedire che Bashar Assad faccia fuori come il padre nell'82, ventimila e più persone. Il commento: «La presenza degli Stati Uniti ad Hama è una chiara testimonianza della loro implicazione negli eventi in corso». Solita teoria della cospirazione. Ma la realtà è che con un coraggio incredibile (ieri ci sono stati altri morti, pare otto, e manifestazioni anche in altre città, fra cui Damasco) i cittadini siriani affrontano la tortura e la morte in massa. La presenza di Ford semmai deve essere letta come un tardivo e indispensabile risveglio americano alla vera personalità di Assad, a lungo ritenuto un interlocutore persino per la pace in medio oriente. Sciocchezza più grande non poteva essere immaginata: Assad ha finanziato con l'aiuto iraniano i peggiori gruppi terroristici come Hamas, e ha armato fino ai denti gli hezbollah che oggi minacciano di nuovo un'autentica occupazione del Libano. Di fatto tutto il fronte iraniano-siriano-hezbollah-hamas e coloro che avevano compiuto aperture verso questo fronte, come la Turchia, sono in difficoltà e devono rivedere i loro programmi.
   Ma le fantasie in campo mediorientale non hanno mai fine: solo tre giorni fa Hillary Cinton ha dichiarato che è intenzione della sua amministrazione aprire un qualche dialogo con la Fratellanza Musulmana. Sì, proprio quella che dichiara sul suo sito che «non c'è speranza di riforma senza un ritorno alla legge divina».

(il Giornale, 9 luglio 2011)

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Felici come un turista in Israele? (in francese)


(Guysen TV, 8 luglio 2011)

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Non decolla la "Fly-tilla", Israele sventa anche il piano B

TEL AVIV, 8 lug. - Il piano B degli attivisti filo-palestinesi della Freedom Flotilla 2 non ha funzionato: immobilizzati a terra in Grecia dal blocco navale sollecitato da Israele, centinaia di dimostranti hanno tentato invano di raggiungere lo Stato ebraico in aereo per dimostrare la loro solidarieta' con i palestinesi. Decine di partecipanti alla "Fly-tilla", come e' stata ribattezzata, sono stati fermati all'aeroporto Ben Gurion a Tel Aviv, non appena messo piede a terra, mentre altri 200 sono stati bloccati in vari aeroporti europei mentre tentavano di imbarcarsi alla volta dello scalo israeliano. Secondo Yedioth Ahronoth, un volo dell'Alitalia in arrivo da Roma e' stato indirizzato verso il Terminal 1 dell'aeroporto di Tel Aviv per speciali controlli di sicurezza, dopo che e' stata segnalata la presenza a bordo di una decina di attivisti.
Stessa sorte per un aereo dell'EasyJet proveniente da Ginevra, su cui erano imbarcati una cinquantina di manifestanti. Una trentina di persone sono state fermate per essere interrogate. Intanto, a 200 attivisti e' stato impedito l'imbarco in vari scali europei: le autorita' del Ben Gurion, infatti, nei giorni scorsi avevano scoperto l'identita' di 342 partecipanti alle iniziative pro-palestinesi e avevano inviato alle compagnie aeree 'liste nere' con i nomi, chiedendo di bloccarli. A convincere le linee aeree a collaborare e' stata la prospettiva di dover "pagare di tasca propria" il volo di rientro degli attivisti respinti in Israele. Finora, 50 passeggeri di un volo Lufthansa sono stati bloccati all'aeroporto di Roissy, a Parigi, insieme ad altre decine in attesa di prendere un aereo della Malev con una coincidenza per Israele. Altri 3 sono stati bloccati a Bruxelles, mentre a Ginevra sono scoppiati tafferugli quando una cinquantina di dimostranti ha cercato di superare i controlli di sicurezza per imbarcarsi. L'appoggio fornito dai vettori internazionali ha suscitato le proteste degli organizzatori della Fly-tilla, che hanno minacciato azioni legali. In un comunicato, hanno ricordato che "chi viaggia e' protetto dal diritto internazionale e dagli accordi bilaterali.
Quelli che hanno avuto la prenotazione cancellata eserciteranno il loro diritto al reclamo". Nonostante le precauzioni messe in atto per sventare il piano degli 800 attivisti, le forze di sicurezza israeliane temono comunque che diverse centinaia "possano ancora arrivare". Al momento, ha fatto sapere un poliziotto, "e' tutto normale. Tuttavia, siamo pronti a gestire la situazione".

(AGI, 8 luglio 2011)

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La musica klezmer di Les Nuages Ensemble a Lido di Spina


di Silvia Raimondi

Una delle pochissime formazioni di musica klezmer tutte al femminile apre la serie di appuntamenti con la musica dal vivo nella suggestiva conrice del museo di arte contemporanea del litorale ferrarese.

Les Nuages Ensemble
COMACCHIO (FE) - Allo scoccare del mese di luglio riprendono puntuali, per il quinto anno consecutivo, gli appuntamenti con la musica "world" a cura dell'associazione Cantieri Creativi presso il giardino della Casa Museo Remo Brindisi del Lido di Spina, nell'ambito della rassegna Incontri di Mare realizzata con il contributo del Comune di Comacchio e della Regione Emilia Romagna.
Ad aprire la rassegna Les Nuages Ensemble, formazione interamente femminile di musica Klezmer che, oltre ad essersi esibita nei più importanti festival italiani ed europei dedicati alla musica etnica, ha portato le note della musica popolare ebraica anche in contesti estranei all'ambito folk come il Conservatorio Verdi di Milano, il Conservatorio di Torino e diversi Jazz club.
Nonostante si associ la nascita e la diffusione di questo genere alle tradizioni musicali delle comunità ebraiche dell'est Europa, il Klezmer ha da sempre accompagnato gli spostamenti del popolo ebraico raccogliendo in sé elementi Mediorientali, Mitteleuropei, Balcanici e Turchi e, con le migrazioni oltreoceano della prima metà del Novecento, andando ad influenzare la nascente musica jazz.
"La magia della musica klezmer è proprio questa" spiega Alessandra Osella, fisarmonicista e fondatrice di Les Nuages "è una musica popolare che attraversa i generi e piace a pubblici diversi, valorizzando sia la tecnica del musicista classico che l'attitudine all'improvvisazione più affine ad altri generi, come ad esempio il jazz". Una musica di tradizione che ha stregato Alessandra, musicista di solida formazione classica diplomata al conservatorio, e l'ha spinta a coinvolgere la clarinettista Lucia Marino, la contrabbassista Elisabetta Bosio e la violinista Anna Paraschiv nel progetto di una delle pochissime formazioni klezmer interamente femminili.
"Nessuna di noi ha origini ebraiche. Solo la violinista Anna Paraschiv, di origini moldave, aveva qualche familiarità con la musica popolare est europea. E' stata pura affinità musicale a farci avvicinare al genere e decidere di abbandonare gli spartiti del conservatorio per imparare a memoria un repertorio popolare" continua Alessandra Osella" Il fatto di essere donne ha rappresentato per noi una sfida ulteriore poiché i klezmorim (i musicisti che suonano klezmer) sono per tradizione uomini e in Italia siamo state in assoluto la prima formazione femminile. Nonostante questo siamo sempre state accolte con entusiasmo dalle comunità ebraiche per le quali ci siamo esibite, poiché in realtà non è mai esistito alcun precetto religioso che impedisse alle donne di suonare." Il successo del quartetto, che fra i suoi progetti ha anche un tour in Sud America, testimonia ancora una volta come l'universo musicale sappia superare con naturalezza ogni barriera culturale.
L'ingresso al concerto di Les Nuages Ensemble è gratuito come tutti gli spettacoli di Incontri di Mare. Per informazioni www.incontridimare.it , IAT Comacchio tel. 0533 314154

(Comunicati-Stampa.net, 8 luglio 2011)

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Zahavi: "Ambasciatore del calcio israeliano in Italia"

MALLES - "Se somiglio particolarmente a un qualche giocatore italiano? Non so, non penso di somigliare a nessuno. Io ambasciatore del calcio israeliano in Europa? Sì, voglio fare bene non solo per me ma per il calcio isrealiano, vorrei far vedere che anche gli israeliani possono fare bene in Italia e far vedere agli italiani che anche noi israeliani possiamo fare bene". Queste sono le dichiarazioni di Eran Zahavi, trequartista del Palermo e prossima stella del gruppo rosa, che oggi ha incontrato i giornalisti presso la sala stampa del centro Sportwell.

(Mediagol.it, 8 luglio 2011)

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Linea rossa anche sabato, telefoni kosher per Netanyahu

L'ufficio del premier israeliano Benjamin Netanyahu ha acquistato 12 telefoni 'kosher' di ultima generazione per permettergli di parlare il sabato con i suoi collaboratori osservanti senza violare le regole di riposo dello shabbat. La misura - riferisce il quotidiano Yedioth Ahronoth - si e' resa necessaria dal momento che sono tanti i consiglieri del premier di stretta osservanza religiosa, da Yaakov Amidror, a capo del Consiglio di sicurezza nazionale, al direttore generale del suo ufficio, Eyal Gabay, fino al suo assistente politico Ron Dermer. A questi si aggiungono anche diversi ufficiali del Mossad e dello Shin Bet. In base alla legge ebraica, durante lo shabbat e' vietata qualsiasi attivita' che modifichi la realta' esistente: questo di fatto impediva a Netanyahu di poterli chiamare al telefono il sabato. In aiuto del premier sono arrivati i telefoni 'kosher', modificati dall'Istituto Zomet in modo tale che un meccanismo interno scansiona continuamente l'apparecchio. Quando l'utente preme un pulsante o chiude una conversazione, non attiva direttamente il dispositivo, mandando un impulso elettrico, azione severamente proibita dalla legge ebraica, ma l'operazione viene innescata automaticamente grazie alla scansione continua. I telefoni, costati oltre mille shekel ciascuno (circa 230 euro), possono essere riconvertiti ad uso normale con un semplice click. Da qualche anno a questa parte in Israele impazza la moda dell'elettrodomestico kosher: grazie alla tecnologia, infatti, anche gli ebrei osservanti hanno potuto conciliare il rispetto dello shabbat con le comodita' moderne. Si va da la macchina del caffe' e il forno con timer pre-regolato al sistema d'allarme che si disattiva automaticamente fino all'inchiostro che si cancella dopo 72 ore. Il settore kosher e' un mercato in espansione che attira sempre nuovi consumatori, pronti a pagare cifre piu' elevate per potersi godere il riposo senza violare la legge ebraica.

(Affaritaliani.it, 8 luglio 2011)

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Il Congresso Usa minaccia l'Anp: stop agli aiuti se andate all'Onu

Risoluzione dura contro domanda riconoscimento unilaterale Stato

WASHINGTON, 8 lug. - Il Congresso degli Stati Uniti ha minacciato ieri l'Autorità nazionale palestinese di porre fine ad alcuni aiuti Usa nel caso in cui i palestinesi dovessero insistere con la loro intenzione di chiedere il riconoscimento unilaterale del loro Stato alle Nazioni Unite. I deputati della Camera dei rappresentanti hanno votato a maggioranza schiacciante (406 voti favorevoli e 6 contrari) a favore di una risoluzione che indirizza un messaggio duro ai palestinesi, una settimana dopo che il Senato aveva approvato all'unanimità una misura simile. La risoluzione votata ieri mette pressione al presidente Barack Obama in vista di un'eventuale sospensione degli aiuti americani all'Autorità palestinese in funzione di un accordo di riconciliazione nazionale che sarà firmato tra il movimento islamico Hamas e il partito Fatah del presidente Mahmoud Abbas. "Ogni governo palestinese di unità nazionale deve rinnegare pubblicamente e ufficialmente il terrorismo, accettare il diritto all'esistenza di Israele e ribadire gli accordi pregressi con Israele", si legge sulla risoluzione depositata dai parlamentari democratici e repubblicani, che mette in guardia sulle "gravi conseguenze in materia di aiuti umanitari ai palestinesi e all'Autorità palestinese".

(TMNews, 8 luglio 2011)

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Tel Aviv, polizia all'aeroporto. Bloccati attivisti filopalestinesi dall'Europa

TEL AVIV - Reparti della polizia israeliana sono schierati oggi nelle vicinanze dell'aeroporto internazionale Ben Gurion (Tel Aviv) per far fronte ad ogni evenienza mentre centinaia di attivisti si accingono a confluire da diversi aeroporti europei verso quello scalo per esprimere solidarietà alla Palestina.
La scorsa notte 180 attivisti che cercavano di salire su aerei diretti verso Israele sono stati bloccati negli aeroporti europei di partenza su richiesta dello Stato ebraico. Alle compagnie aeree era stato chiarito per tempo che quei viaggiatori erano indesiderabili in Israele: ragion per cui sarebbero stati comunque fermati alla frontiera e costretti a far ritorno allo scalo di origine. Tra le persone bloccate vi sono anche tre cittadini francesi che avevano un biglietto per un volo Swiss in partenza da Bruxelles e diretto a Tel Aviv, con scalo a Zurigo. Le proteste di un gruppo di attivisti ha provocato il ritardo dei voli anche a Ginevra.
Nel timore di subire ritardi - spiega la stampa locale - le compagnie aeree hanno deciso di cooperare con i responsabili israeliani alla sicurezza. Il significato di quella che viene chiamata Operazione 'Benvenuti in Palestina' sarà illustrato dagli organizzatori oggi a Betlemme. Nel frattempo la protesta si estende anche agli ambienti della sinistra radicale israeliana.

(Corriere del Ticino, 8 luglio 2011)

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Scatta l'allarme antisemitismo «Molti episodi nelle università»

OTTAWA - Scatta l'allarme antisemitismo in Canada. Lo conferma un rapporto presentato ieri, frutto del lavoro della Canadian Parlimentary Coaliton to Combat the Anti-Semitism (Cpcca), una commissione parlamentare formata da componenti delle ultime due legislature chiamati ad indagare sul fenomeno dell'intolleranza razziale nei confronti della comunità ebraica nel nostro Paese. Il Cpcca, presentando il rapporto, ha lanciato un appello rivolto al governo canadese chiedendo un giro di vite e un inasprimento delle pene per combattere «un fenomeno in forte crescita» in tutto il Paese. «Il documento - ha dichiarato Mario Silva, deputato liberale e co-presidente della commissione - arriva in un periodo in cui il Canada è investito da una nuova ondata di antisemitismo. Nell'ultimo anno si sono ripetuti moltissimi episodi, frutto dell'odio, che dobbiamo combattere con tutte le nostre forze». Nel documento, che sottolinea come un numero sempre crescente di episodi si siano ripetuti nei campus universitari, vengono presentate delle raccomandazioni rivolte all'esecutivo. Si chiede, in primo luogo, di potenziare l'addestramento delle forze di polizia per meglio identificare gli episodi di antisemitismo, anche quelli minori. Oltre a questo, la commissione si rivolge direttamente alle università, consigliando di organizzare delle conferenze per spiegare meglio il fenomeno agli studenti.
Ma nei confronti del Cpcca sono arrivate numerose critiche da più parti, in particolare dal Bloc Québécois: «I lavori della commissione non sono stati equilibrati - ha dichiarato Michel Guimond - perché troppo politicizzati. Si parte dal presupposto che non si possa criticare Israele e difendere la Palestina».

(Corriere Canadese, 8 luglio 2011)

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Nuovo consiglio per la comunità ebraica di Parma

Il Presidente Giavarini: «Potenzieremo i corsi e le conferenze informative».

di Caterina Zanirato

La sinagoga di Parma
La comunità ebraica di Parma è una delle comunità più piccole a livello numerico di tutta Italia, ma vanta di una tradizione storica molto antica, dato che si insediò nel parmense già dal XV secolo. A Parma non c'è mai stato un ghetto, quindi gli ebrei si sono dispersi per la provincia in tante piccole comunità. E anche se ora sono numericamente diminuiti, sono due i loro punti di riferimento: la sinagoga di Parma e il museo della comunità, a Soragna. «La comunità ebraica può contare su una partecipazione elevata alle funzioni e alle attività - spiega il presidente della comunità e direttore del museo di Soragna, Giorgio Yeudà Giavarini -. Siamo oltre un centinaio, senza contare i tantissimi studenti ebrei israeliani che si trovano a Parma per gli studi. La comunità di Parma afferisce a quella che è l'unione delle comunità ebraiche nazionale: ci sono infatti leggi che ci tutelano anche per gli aspetti lavorativi, dato che non possiamo lavorare il sabato e nei nostri festivi. Ogni comunità è comunque indipendente: c'è un'assemblea degli iscritti che ogni 4 anni elegge un consiglio. Per quanto riguarda l'aspetto religioso, ci sono due sinagoghe: una a Parma e una a Soragna. Questa è l'ultima delle piccole comunità di provincia che sono state smantellate negli anni '60, la cui storia è raccontata nel piccolo gioiello che è il museo. I culti si celebrano invece a Parma».
Giavarini racconta anche le attività previste dal nuovo consiglio, che si è instaurato da poco: «E' previsto il rilancio di una serie di attività, rivolte zsia verso la comunità e sia verso l'esterno - spiega -. Vogliamo potenziare gli appuntamenti e le conferenze informative, i corsi e le esposizioni storiche, che teniamo al museo di Soragna. La sinagoga è aperta il venerdì sera, per l'accoglienza, e il sabato e per le festività maggiori: lo Yom Kippur tra settembre e ottobre, la festa dell'espiazione; la Pesach, la Pasqua; Shavuot, la festa delle settimane; Sukkot, la festa delle capanne; Hanukka, che dura 8 giorni nel mese di dicembre, che prevede l'accensione di un candelabro particolare. Quest'anno, ad esempio, ci piacerebbe festeggiarla con un'accensione pubblica».

(Gazzetta di Parma, 8 luglio 2011)

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Lituania: risarciti i beni di proprieta' ebraica confiscati

VILNIUS, 7 lug - La somma non e' straordinaria: 53 milioni di dollari, ma il principio si: la discriminazione e la sopraffazione, anche economica, vanno risarcite. Cosi' oggi il presidente lituano Dalia Grybauskaite, ha promulgato la legge appena approvata dal Parlamento in cui vengono risarciti gli ebrei che nel corso dell'occupazione tedesca e poi russa sono stati espropriati o rapinati delle proprie sostanze. La legge prevede la creazione di un fondo, appunto di 53 milioni di dollari, che sara' gestito La Comunita' ebraica lituana che, nel corso dei prossimi 10 anni portera' a buon fine tutte le pratiche di rimborso.

(Il Sole 24 Ore Radiocor, 7 luglio 2011)

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"Capire israele in 60 giorni (e anche meno") di Sarah glidden

di Michele Fidati

Il debutto più spettacolare della recente scena dei comics: l'onesta, trascinante analisi di una questione altamente dibattuta - quella arabo-israeliana - redatta con passione e irresistibile humour da un giovanissimo talento del fumetto.
Il graphic novel della giovane fumettista ebrea-americana Sarah Glidden è stato scritto e disegnato durante la prima visita dell'autrice in Israele: un viaggio offerto a lei come a tanti altri giovani ebrei dalla Taglit-Birthright Israel (un'agenzia finanziata dal governo israeliano e da associazioni private), e che servirà a Sarah per verificare la fondatezza delle proprie convinzioni sulla genesi dell'attuale situazione socio-politica in Terra Santa. Pronta a osteggiare ogni possibile tentativo di "lavaggio del cervello" da parte dell'associazione, e critica verso la politica di occupazione israeliana ai territori palestinesi, l'autrice si troverà invece a mettere in discussione i propri preconcetti e a riconoscere la drammatica complessità di un conflitto sanguinoso e labirintico, che non può conoscere un'unica verità né un'unica soluzione.
Vincitrice dei prestigiosi Ignatz Awards, Sarah Glidden è una giovane fumettista americana di origini ebree al suo primo libro. Attualmente lavora a un progetto intitolato Stumbling Towards Damasco, un fumetto sul processo di scrittura giornalistica. I suoi lavori sono apparsi su numerose antologie.
Il resoconto crudo e bellissimo del viaggio di una donna alla scoperta delle proprie origini, in una terra meravigliosa quanto segnata dal conflitto. Adorerete questo libro.

(MangaForever.net, 8 luglio 2011)

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Netanyahu in visita nei Balcani

Il Primo Ministro Benjamin Netanyahu mercoledì ha dichiarato che i trattati di pace con Israele tuttora stagnanti, non hanno fermato lo sviluppo delle relazioni di Israele con gli stati Balcani incentrate sulla liberalizzazione delle loro società e della loro economia. Con l'appoggio della Grecia che ha tenuto a terra gli attivisti internazionali che cercavano di salpare contro il blocco di Gaza, Netanyahu si è diretto verso un gruppo di paesi emergenti del centro est dell'Europa vicini alle Nazioni Unite e che hanno appoggiato Israele nei tribunali americani e Europei. "Stiamo cercando nuovi partners e nuove alleanze in paesi dove avevamo investito un po' di tempo, energia e risorse" ha riferito Netanyahu alla Reuters prima di iniziare la sua visita in Romania e Bulgaria. "Abbiamo una strategia e mentre si fa un gran parlare sul fatto che Israele che sarebbe rimasta isolata, questi paesi hanno un grande interesse a sviluppare i rapporti. La loro opinione nei nostri confronti è molto favorevole. Stanno riconsiderando seriamente i lori interessi e comprendono che Israele può aiutarli. Netanyahu ha anche dichiarato che gli stati Balcani hanno visto nelle tensioni fra Israele e i vicini stati Arabi e nel nemico Iran il riflesso delle loro passate battaglie verso la supremazia sovietica, l'autoritarismo nazionale e lo spargimento di sangue. "Hanno vissuto sotto una tirannia, per questo sono molto più scettici e molto più rispettosi verso una democrazia che si schiera contro le forze totalitariste". Molti Europei vedono Israele, più che la Palestina,come un soggetto intransigente,che detiene il potere e non transige nel fermare la costruzione di insediamenti o nell' accettare uno stato palestinese autosufficiente nella Cisgiordania e a Gaza. Netanyahu ha detto di essere rimasto sorpreso durante una sua visita nella Repubblica Ceca che il suo ospite non avesse bisogno di essere convinto sulla questione dei termini di pace di Israele, benché questi fossero spesso messi in dubbio in molte delle capitali Europee occidentali. "Hanno capito. Hanno sperimentato la mente dittatoriale, e comprendono cosa significa essere "inquadrati", ha detto Netanyahu, che ha a lungo insistito sul fatto che la questione pace rimane elusiva perché c'è il rifiuto da parte dei Palestinesi di riconoscere Israele come stato ebraico. Una delle priorità di Netanyahu a Bucarest e Sofia, era di fare pressioni contro la campagna Palestinese di essere formalmente riconosciuta come sovrana in Cisgiordania, a Gerusalemme Orientale e a Gaza, durante la prossima assemblea delle Nazioni Unite di Settembre.

(FocusMo, 7 luglio 2011)

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Torna a suonare un violino di Auschwitz

Riprendera' vita nelle mani di Shlomo Mintz

GERUSALEMME, 7 lug - Uno dei violini dell'orchestra la cui musica accompagnava giornalmente i detenuti del campo di sterminio di Auschwitz, all'uscita e al ritorno dai lavori forzati, tornerà presto a far sentire la sua voce nelle mani di un virtuoso dello strumento, Shlomo Mintz. Si puo essere certi che non poche lacrime di commozione solcheranno i volti dei presenti quando, domenica prossima a Herzliya, vicino a Tel Aviv, il violino tornerà in vita nelle mani di Mintz, in una cerimonia delle forze armate.

(ANSA, 7 luglio 2011)

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Israele identifica 300 attivisti in arrivo a Tel Aviv

TEL AVIV - La polizia israeliana ha identificato i nomi di 300 attivisti pro-palestinesi in arrivo all'aeroporto di Tel Aviv tra stasera e domani. Lo riferisce il quotidiano Haaretz, citando la Radio israeliana. Gli organizzatori dell'iniziativa che punta a hanno sottolineato di non avere intenzione di inscenare proteste allo scalo internazionale ne' tantomeno di mantenere un comportamento violento durante il loro soggiorno nei Territori palestinesi. Agli attivisti, ha specificato Mazen Komsiya, verra' richiesto di firmare un documento con il quale s'impegnano a non prendere parte alle violenze. Imponenti misure di sicurezza sono state dispiegate all'aeroporto di Tel Aviv in previsione dell'arrivo di 600 attivisti pro-palestinesi che, non essendo riusciti a forzare l'isolamento di Gaza a causa del blocco navale, ci vogliono riprovare via aereo .

(AGI, 7 luglio 2011)

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Mavi Marmara, nessun accordo tra Israele e Turchia

ISTANBUL, 7 lug. - Israele e la Turchia non hanno raggiunto un accordo al termine di più di un anno di discussioni nel quadro dell'indagine Onu sull'attacco sanguinoso alla nave turca Mavi Marmara del maggio 2010: lo ha annunciato oggi una fonte turca. Né Israele né la Turchia hanno posto la loro firma in fondo alla relazione dell'Onu sull'incursione israeliana, che provocò la morte di nove passeggeri turchi della nave che trasportava aiuti umanitari per Gaza. La relazione sarà consegnata oggi al segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon. Il rifiuto di Israele di firmare la relazione deriva dal fatto che la commissione d'inchiesta ha concluso che il commando ha agito in modo "eccessiva e irragionevole" e che "opzioni non violente avrebbero dovuto essere privilegiate in prima istanza". Il no della Turchia è invece legato al fatto che Ankara considera illegale il blocco imposto da Israele nella Striscia di Gaza.

(TMNews, 7 luglio 2011)

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La Grecia ferma una barca diretta a Gaza, flotilla immobilizzata

Il battello "Dignité Al-Karama"
ATENE - La Guardia Costiera greca ha intercettato oggi una piccola imbarcazione francese con a bordo attivisti filo-palestinesi, la terza nave della flotilla a cui è stato impedito di arrivare a Gaza per sfidare il blocco israeliano.
La Grecia ha bloccato tutte le navi dirette a Gaza per motivi di sicurezza, ma gli attivisti stanno comunque cercando un modo per salpare. La nave, con a bordo circa 10 attivisti, tra cui anche politici francesi, un europarlamentare e un giornalista, era partita dalla Corsica. Gli attivisti hanno detto che erano in acque internazionali in attesa del resto della flotilla, ora confinata nei porti greci.
La "Dignity" è stata intercettata questa mattina presto vicino all'isola di Creta mentre stava facendo rifornimento in mare ed è stata condotta nel porto di Sitia per controlli, ha riferito la Guardia costiera.
"Stiamo controllando i loro documenti. Non abbiamo ravvisato alcun problema finora. Loro non hanno rivelato la loro destinazione, forse perché non l'hanno ancora stabilita", ha detto un funzionario della Guardia costiera di Creta, rimasto anonimo.
Non ci sono stati arresti, come hanno confermato sia gli attivisti che la Guardia costiera.
Le 10 imbarcazioni della flotilla, con circa 350 persone a bordo, avrebbero dovuto portare farmaci, cibo e materiali edili a Gaza entro la fine di giugno, ma la priorità era sfidare il blocco.
Ma le possibilità di raggiungere la destinazione prevista sono svanite per via dei controlli della Guardia costiera greca, che ha intercettato tre delle navi della flotilla e sta controllando le altre sette, ormeggiate nei porti di tutta la Grecia.

(Reuters, 7 luglio 2011)

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Quelli che lasciano Israele

Nonostante i molti incentivi all'immigrazione degli ebrei, negli ultimi decenni quasi un milione di israeliani ha deciso di andare a vivere da un'altra parte.

Fin dalla sua nascita, nel 1948, Israele incentiva l'immigrazione nel suo territorio degli ebrei che vivono all'estero (e di chi ha antenati di religione ebraica). Negli ultimi anni è in crescita però un fenomeno di segno opposto: molti israeliani decidono infatti di abbandonare Israele. La cosiddetta yerida ("discesa") è oggetto di molte discussioni nello stato ebraico per le sue pesanti implicazioni sociali, demografiche e politiche. Un articolo di Foreign Policy si occupa di questo fenomeno.
   Le stime del numero di israeliani che vivono all'estero variano molto e manca un sistema di rilevamento preciso, ma il governo ammette che gli emigrati da Israele attualmente siano almeno 750.000. Secondo altre stime, il numero arriverebbe a un milione. Sono cifre notevoli, se si tiene conto del fatto che Israele ha circa 7,7 milioni di abitanti: la percentuale di emigrati, superiore al 10% della popolazione, mette Israele a fianco di paesi ad alta emigrazione come Messico, Marocco e Sri Lanka. A gennaio di quest'anno si è tenuta anche la prima conferenza internazionale degli israeliani residenti all'estero.
   Fin dall'indipendenza di Israele nel 1948, i governi hanno investito molto nei programmi e negli incentivi per garantire una numerosa e continua immigrazione nel nuovo stato di persone di religione ebraica: il provvedimento principale è la Legge del Ritorno, approvata nel 1950. Nel 1970 venne estesa anche a tutti i cittadini stranieri che avessero genitori o nonni di religione ebraica e ai neoconvertiti. Il Ministero per l'Assorbimento dell'Immigrazione si occupa di trovare un lavoro e una casa ai nuovi arrivati, oltre a garantire loro una serie di incentivi fiscali e di altro tipo. Il "ritorno" in Israele si chiama aliyah in ebraico, "ascesa" o "salita", e da sempre i governi lo dichiarano necessario per la sopravvivenza dello stato.
   Ma le difficoltà nella risoluzione della questione palestinese, le condizioni economiche e una generale sfiducia nel futuro hanno convinto centinaia di persone a fare il viaggio inverso e ad abbandonare Israele: un desiderio che, secondo un recente sondaggio, riguarderebbe circa la metà dei giovani israeliani e che è in crescita negli ultimi decenni. Una ricerca di pochi anni fa riportava che poco meno del 60% degli israeliani avevano preso contatti con un'ambasciata straniera o intendevano farlo per ottenere una seconda cittadinanza, anche se a breve non intendevano lasciare il paese. L'ambasciata statunitense, da sola, ha in sospeso quasi 250.000 richieste di un secondo passaporto.
   Gran parte degli emigrati si trasferisce negli Stati Uniti (le stime parlano di circa due terzi del totale) e più o meno un quarto sceglie l'Europa. Si tratta solitamente di giovani, con un alto grado di istruzione e poco legati alla religione ebraica, che quindi si sentono poco a loro agio nella radicalizzazione delle posizioni politiche degli ultimi anni e nella crescente influenza dei gruppi religiosi ebraici più rigidi e ortodossi. La yerida, termine che significa "discesa" e che si oppone, con una connotazione negativa, all'aliyah, sta cambiando gli equilibri demografici dello stato ebraico: attualmente i cittadini israeliani di dichiarata religione ebraica sono circa il 75% (erano l'89% nell'anno del massimo storico, il 1957) ma la popolazione araba ha un numero medio di figli per donna molto più alto e il numero di ebrei disposti a trasferirsi in Israele, dopo l'ondata di cittadini dell'ex Unione Sovietica all'inizio degli anni Novanta, sembra in netta diminuzione. Tutte le previsioni indicano che nei prossimi decenni la percentuale di ebrei in Israele diminuirà parecchio.

(Il Post, 7 luglio 2011)

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Project Better Place: 90.000 richieste per le auto elettriche in Israele

Il progetto Better Place partirà ufficialmente il mese prossimo in Israele. Nato in California e supportato dal gruppo Renault Nissan, il sistema prevede la vendita di auto elettriche e la possibilità di cambiare il pacco batterie in apposite stazioni automatizzate, al posto della classica (e più lunga) ricarica con il cavo. Proprio la formula del pacco batteria in sostituzione dovrebbe risolvere la classica ansia da autonomia che frena gli automobilisti verso il passaggio all'elettrico, nelle previsioni dei creatori del sistema.
La vettura che Better Place venderà in Israele è derivata dalla Renault Fluence che avevamo provato a Parigi lo scorso anno. Avrà una autonomia di 160 km, ottima per gli spostamenti quotidiani ed i proprietari acquisteranno dei pacchetti di ricariche annuali, comprensive di un chilometraggio prestabilito e dell'accesso ai centri di cambio batteria: in Israele, ad esempio, la vettura sarà offerta con un pacchetto di 3 anni e 25.000 km annui al prezzo di 46.000 Dollari, oppure al prezzo di 36.000 Dollari con pacchetti mensili da 320 a 470 Dollari in base al chilometraggio. Nel prezzo è comunque compresa l'installazione di una centrale di ricarica casalinga, da utilizzare quotidianamente quando non è necessario percorrere più di 160 km.
Secondo le dichiarazioni di Better Place, raccolte da Technologyreview.com, ci sono 20.000 clienti Israeliani già in lista per l'acquisto e ben 70.000 richieste per flotte aziendali, numeri pari alla metà dell'intero mercato auto israeliano. Per questo saranno realizzati 55 centri per la sostituzione delle batterie, in modo da coprire adeguatamente l'intero territorio nazionale entro la metà del 2012 ed uno speciale sistema di refrigerazione consentirà di ricaricare gli accumulatori in circa 1 ora, assicurando la continua disponibilità per i clienti. Dopo Israele, sarà la Danimarca a lanciare il progetto Better Place, seguita probabilmente dall'Australia e secondo alcune anticipazioni anche i costruttori cinesi Chery e Beijing Auto hanno intenzione di portare avanti una sperimentazione analoga, convertendo alcuni modelli di origine General Motors per utilizzare il sistema Better Place.



(autoblog.it, 7 luglio 2011)

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Hamas dichiara guerra… ai parrucchieri per signora

Hamas, il gruppo estremista palestinese che governa sulla Striscia di Gaza, ha dichiarato una nuova guerra. Questa volta il nemico non è la "solita" entità sionista (leggi: lo Stato di Israele) e neppure le altre milizie islamiste (leggi: al-Qaeda) che ormai da qualche anno a questa parte stanno facendo concorrenza ai sovrani di Gaza. Questa volta nel mirino di Hamas ci sono… I parrucchieri per signora.
   Procediamo per gradi. Da quando ha preso il potere con un colpo di Stato nel 2007, Hamas ha cominciato a imporre la legge islamica (o meglio: la sua visione della legge islamica) nella Striscia di Gaza. E secondo la legge islamica (anzi, ribadisco, secondo la visione distorta che Hamas ha della legge islamica) non sta bene che un uomo pratichi la professione di parrucchiere per signore. Perché così, ovviamente, entra in contatto con le clienti, di sesso femminile, che almeno durante il taglio di capelli non indossano l'hijab, o velo islamico.
   Una piccola nota personale: quando sono stata al Cairo, in Egitto, ho notato che moltissime donne indossavano lo hijab. Ma questo non impediva loro di farsi acconciare da parrucchieri di sesso maschile. Chiusa parentesi.
   Hamas aveva introdotto una apposita legge che vietava agli uomini di lavorare come parrucchieri per signore lo scorso anno. Ma - per fortuna degli esercenti e delle loro clienti - questa legge era rimasta largamente ignorata per diversi mesi. Adesso invece il partito-milizia che governa Gaza ha deciso di dare un giro di vite alla faccenda, forse per riguadagnare punti tra la popolazione più conservatrice, che da quando il gruppo si è riconciliato con il presidente laico Abu Mazen vede Hamas come "troppo moderato" (tutto è relativo), e guarda con crescente interesse a concorrenti come al-Qaeda e la Jihad islamica.
   Risultato? La polizia ha cominciato a obbligare i parrucchieri a chiudere. E alcuni dichiarano di temere addirittura l'arresto. La notizia farebbe quasi ridere, se non si trattasse dell'ennesimo colpo alle libertà individuali dei cittadini di Gaza. E se non acuisse ulteriormente un problema già grave: quello della disoccupazione.
   Che cosa faranno adesso tutti i parrucchieri rimasti disoccupati? "Questo è il mio lavoro dal 1984, non ho un'altra professione. Che cosa posso fare?", ha dichiarato all'emittente inglese Bbc Adnan Barakat, uno degli coiffeur mandati sul lastrico da Hamas. "Senza il mio lavoro sono un uomo morto."

(Panorama, 7 luglio 2011)

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Tel Aviv: da oggi 120 incontri su design ed arredamento

  
L'hotel Sheraton a Tel Aviv
Si e' aperta oggi 7 luglio 2011 alle h. 9,30 nell'hotel Sheraton di Tel Aviv una sessione di incontri imprenditoriali tra 16 aziende italiane del settore arredamento e complementi, costruzioni e lavorati in legno e 30 operatori locali selezionati con cura da ICE Tel Aviv tra architetti, designer, interior designer e importatori, per un numero complessivo di circa 120 incontri. L'iniziativa, inserita nel quadro dell'Accordo di Settore ICE-FederlegnoArredo (Prog.Prom. 2010) e realizzata insieme a detta Associazione, e' stata introdotta dal benvenuto del Direttore di ICE Tel Aviv, Dr.ssa Marina Scognamiglio, da autorevoli rappresentanti del mondo dell'architettura locale e dal rappresentante di FederlegnoArredo, Cav. Barzaghi.
Il programma degli interventi e' stato arricchito inoltre da una interessante relazione dell'architetto Gianpiero Peia su tematiche afferenti l'utilizzo del legno nei sistemi costruttivi contemporanei. Nella parte seminariale dell'iniziativa, i rappresentanti delle imprese italiane partecipanti hanno avuto la possibilita' di presentarsi direttamente alla platea locale con una breve descrizione della loro produzione aziendale. Questa modalita' ha consentito di incrementare il numero degli incontri gia' in agenda. Per i rappresentanti delle imprese italiane e gli operatori esteri era inoltre disponibile un gradito servizio di catering continuativo. L'iniziativa si concludera' domani, dopo una visita a un'importante azienda locale di mobili, per alcuni partecipanti, mentre per altri si prevedono ulteriori incontri per sviluppare i contatti avviati nella giornata odierna.

(FocusMo, 7 luglio 2011)

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Israele vuole il weekend «vero». Dopo shabbat, domenica a casa

In un film anni Settanta, «Scusi, dov'è il West?» , c'è Gene Wilder sgangherato rabbino che scappa inseguito dai cattivi. Va a piedi, tirandosi dietro il cavallo. «Perché non saltiamo in sella e fuggiamo?» , gli chiede Harrison Ford, il pistolero. «Perché è sabato e finché non tramonta il sole dietro la montagna, è proibito andare a cavallo» . Il pistolero, allora, si mette a camminare piegato sulle ginocchia: più s'abbassa, prima vedrà il sole calare oltre il monte… È la scena che fa ridere uno dei grandi esponenti della comunità ebraica mondiale, Moshe Ronen. E gli fa dire che l'ultima idea del governo di Bibi Netanyahu sul riposo del sabato dovrà essere rivista da tante prospettive, prima di diventare legge. Perché è una proposta che in Israele ha del rivoluzionario: dilatare il tradizionale riposo ebraico del finesettimana, dal tramonto del venerdì al tramonto del sabato, e introdurre invece il classico weekend com'è in (quasi) tutto il mondo. Domenica è sempre domenica, dunque.
    Ma che fare del venerdì? E come disegnare un weekend che vada bene a tutti, nella capitale delle grandi religioni monoteiste? «La questione è delicata sotto vari aspetti economici, sociali, culturali e religiosi» , riconosce Netanyahu. Il premier ha incaricato un economista, Eugene Kandel, presidente del Cnel israeliano, di risolvere il rebus: come introdurre la domenica festiva, che in Israele è da sempre giorno lavorativo, mentre le attività principali si fermano il venerdì per i musulmani e il sabato per gli ebrei? La soluzione sarebbe di ridurre la settimana a quattro giorni e mezzo chiudere gli uffici il venerdì pomeriggio, per riaprirli il lunedì mattina. A ogni giorno lavorativo sarebbe aggiunta mezz'ora, le scuole prolungherebbero l'orario pomeridiano. «Il 75%dei Paesi— dice il ministro Silvan Shalom — ha il weekend all'americana. Si sono adeguati anche l'India, la Cina, il Giappone, nazioni musulmane come il Marocco, la Turchia, la Tunisia. Perché non dovremmo farlo noi?» . Ne guadagnerebbero, dicono i sostenitori, i commerci, la Borsa, l'industria turistica. Perfino le manifestazioni sportive, spesso bloccate di sabato dai veti religiosi. Weekend o non weekend? È già un muro di proteste. Il primo a dire no è il ministro dell'Interno, Eli Yishai, che rappresenta gli ultrareligiosi del partito Shas: «Prolungare il riposo alla domenica è contro l'ebraismo».
    A infuriarsi di più sono però gli arabi, un quinto della popolazione, che secondo la proposta si troverebbero a lavorare di venerdì fino all'ora della preghiera. È già nato l'immancabile gruppo Facebook — titolo: «Io non voglio lavorare di venerdì» — che raccoglie la protesta: «È il nostro giorno sacro, non permetteremo al governo di danneggiare la religione musulmana» (un'insegnante di Nazareth); «scenderemo in piazza, faremo sciopero!» (un imam di Gerusalemme); «fermarsi anche la domenica, tre giorni, per noi sarebbe un danno economico» (anonimo). La proposta non dispiace naturalmente alla minoranza cristiana, per lo più araba, ma la piazza palestinese la considera uno schiaffo: «Qualche volta ci dimentichiamo di non essere solo uno Stato ebraico— — dice Moshe Ronen—: siamo anche uno Stato democratico che tutela le sue minoranze. Il venerdì è il giorno in cui un israeliano su cinque prega».
    Tanti anni fa, l'idea della settimana di quattro giorni e mezzo fu sottoposta a un altro premier israeliano, Levi Eshkol. Che l'esaminò. E la scartò con una battuta: «Prima, mi accontenterei che almeno un paio di giorni la settimana ce l'avessero tutti, un lavoro» .

(Quotidianamente, 7 luglio 2011)

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L'Autorità nazionale palestinese dimezza i salari pubblici di luglio

Il capo del governo palestinese, Salam Fayyad, ha chiesto alla comunità internazionale di intervenire urgentemente in sostegno dell'Autorità nazionale (Anp). Le casse dell'Anp sono praticamente vuote, le attuali disponibilità consentirebbero il pagamento di appena 75mila stipendi su 150mila dipendenti. Fayyad ha proposto di erogare metà della somma ad ogni beneficiario, rimandando il saldo ad un secondo tempo.
Nel 2011 l'Autorità nazionale palestinese ha ricevuto 970milioni di dollari di aiuti internazionali, 331milioni solo dagli Stati Uniti. Nell'ultimo mese però sono venuti meno 30 milioni di dollari di donazioni. L'Arabia Saudita, che ha contribuito con 241milioni di dollari nel 2009 e 146milioni di dollari nel 2010, nell'anno in corso non avrebbe ancora versato nulla, suscitando il risentimento del governo palestinese. L'ammanco non può essere colmato con la richiesta di un prestito bancario, non essendo l'Anp in grado di garantire per la sua restituzione. In caso di mancato pagamento degli stipendi pubblici, si tratterebbe del primo caso dal 2007.

(FocusMo, 6 luglio 2011)

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Maccabi Games - Gare al via

di Adam Smulevich

Primi incontri, primi calci al pallone, prime schiacciate a canestro. Con l'arrivo delle varie compagini nazionali a Vienna, un flusso incessante che si è interrotto solo nella tarda serata di ieri, ha preso avvio la tredicesima edizione dei Giochi Europei del Maccabi. Per molti atleti la sveglia è suonata all'alba tra chi si è recato in perlustrazione sul green per il torneo di golf che si aprirà domani e chi invece già oggi entrava nel vivo della competizione come i ragazzi del Calcio a 5 e gli junior del basket (nella foto in maglia bianca contro i pari età della Turchia). Coinvolte nella manifestazione molte strutture sportive all'avanguardia come l'Hakoah Center, modernissimo centro polifunzionale di proprietà della comunità ebraica viennese. In attesa della spettacolare cerimonia di inaugurazione questa sera davanti al municipio della capitale austriaca, l'atmosfera che si respira nella delegazione azzurra è di grande entusiasmo per la partecipazione a una manifestazione unica per agonismo e condivisione di esperienze. Una manifestazione capace di richiamare a Vienna migliaia di atleti da tutta Europa per un festival di popoli, colori ed emozioni che ha poco ha da invidiare ai Giochi Olimpici "ufficiali". Mattatore assoluto delle prime ore di questa tredicesima edizione dei Giochi è Alberto Mieli, un ex atleta ma soprattutto un sopravvissuto ad Auschwitz che i dolori della vita non hanno privato della gioia di vivere e del gusto della risata. Conosciuto anche come Zi Pucchio, Mieli con la sua ironia ghettaiola tiene alto il morale della truppa tricolore sbarcata in Austria con ambizioni di medaglia e col pallino di divertirsi.

(Notiziario Ucei, 6 luglio 2011)

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Se la pace scende in campo

di Francesco Lucrezi, storico

A distanza ormai di un anno e mezzo dall'inizio della mia collaborazione con Moked (un onore del quale ringrazio ancora il direttore, Guido Vitale, la redazione e tutta l'UCEI), e acquistata una certa confidenza col mio autorevole pubblico, confesso di avere cambiato, in corso d'opera, non lo spunto del mio intervento settimanale (cosa abbastanza frequente e comprensibile), ma la qualità, il tono e lo spirito delle mie osservazioni. Avendo letto, infatti, alcune cronache e commenti dedicati, dalla stampa nostrana, alla partita di calcio disputata, la scorsa domenica 3 luglio, nello stadio di Ramallah, fra la rappresentanza palestinese e quella afghana, ero rimasto alquanto infastidito dall'ennesima dimostrazione di come i giornalisti, ogni volta che parlano di affari palestinesi, di qualsiasi natura, non sfuggano mai (anche quando non ce ne sarebbe alcun bisogno) al riflesso condizionato che li induce a sfruttare l'argomento per rivolgere critiche, più o meno malevole, a Israele. E così, anche in questa occasione, la competizione ha dato lo spunto per parlare dell'oppressiva occupazione militare che avrebbe fatto da cornice all'evento, per ricordare che a 100 metri dall'ingresso dello stadio si erge il famigerato 'muro', per rievocare la condizione dei profughi ecc.
   E' possibile, mi sono chiesto, che la Palestina debba essere soprattutto, per sempre e per tutti, "l'anti-Israele"? Non è triste che un popolo, meritevole di stima e rispetto, debba vedere ridotta la propria rappresentazione a quella di mero protagonista e vittima di un conflitto, senza alcuna considerazione "in positivo" della sua realtà e identità? Mi è anche venuto da pensare, con malinconia, al fatto che il pubblico israeliano - pur molto appassionato di calcio - non ha potuto assistere all'evento, per evidenti ragioni, e certamente in molti avrebbero desiderato farlo.
   Ma, come ho detto, mentre coltivavo queste considerazioni, mi è venuto il dubbio di essere condizionato dal passato, dalla storia, e di essere per questo incapace di apprezzare dei segnali positivi che, quando si manifestano, meriterebbero invece di essere sottolineati e valorizzati. E il fatto che la società palestinese si impegni nella pratica sportiva, e tanta gente si raccolga per condividere insieme una gioiosa festa di popolo, è, indubbiamente, un evento molto positivo, che potrebbe generare, nel tempo, importanti effetti benefici. Penso soprattutto ai ragazzi e ai bambini, a cui una crudele propaganda di odio, per tanto tempo, ha saputo insegnare soltanto sentimenti di avversione, chiusura, vendetta, e che potrebbero invece essere indotti ad apprendere, finalmente, un altro linguaggio, a entrare in un nuovo orizzonte di emozioni e valori. A capire, a sentire che ci si può impegnare, giorno per giorno, per piccoli, semplici traguardi, che ci si può affrontare rispettandosi, si può essere avversari ma non nemici. Che è, poi, da sempre, il significato eterno e universale dello sport, l'esatto opposto della brutale semplificazione della guerra.
   Accantono così, per una volta, le considerazioni amare, rivolgendo sinceri auguri di ogni successo agli atleti palestinesi. E sperando di potere anche assistere, in un futuro non troppo lontano, a una combattuta partita Palestina-Israele.

(Notiziario Ucei, 6 luglio 2011)

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Netanyahu parte per visite ufficiali in Romania e Bulgaria

GERUSALEMME, 6 lug. - Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu parte questa mattina da Israele alla volta di Romania e Bulgaria, dove ha in agenda due visite finalizzate a rafforzare i legami bilaterali. Lo ha indicato il suo portavoce. "Netanyahu effettuerà successivamente, oggi e domani, visite in Romania e in Bulgaria, due Paesi amici di Israele con i quali vogliamo stringere i legami", ha precisato Mark Regev. "Da numerosi anni, nessun capo di governo israeliano si è recato a Bucarest e Sofia, e riteniamo queste visite molto importanti. Devono in particolare dar vita a un rafforzamento della cooperazione bilaterale in numerosi settori", ha aggiunto, "Le discussioni riguarderanno d'altra parte il processo di soluzione politica (del conflitto) in Medio Oriente". Una riunione dei governi di Bulgaria e Israele è prevista per la prima volta domani a Sofia, ha da parte sua annunciato il ministero degli Esteri bulgaro. Il governo israeliano ha già effettuato queste riunioni con Italia e Germania. Netanyahu sarà accompagnato dagli otto ministri e i vice ministri, tra i quali quelli delle Finanze, dell'Industria e dei Trasporti.

(TMNews, 6 luglio 2011)

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Haaretz chiede i matrimoni civili

In Israele la legge prevede che i matrimoni possano avvenire solo all'interno delle comunità religiose, e ogni anno migliaia di coppie vanno a sposarsi all'estero
    
  
Una coppia di Tel Aviv si sposa con rito civile a Cipro
In Israele è possibile sposarsi solamente all'interno di una delle dodici comunità religiose riconosciute dallo stato: ebraica, musulmana, drusa e nove diverse confessioni cristiane. Non esiste il matrimonio civile, e un editoriale del quotidiano progressista Haaretz torna a chiedere oggi che venga riconosciuto il diritto a tutti i cittadini israeliani di sposarsi anche al di fuori delle comunità religiose. In ogni comunità religiosa, i matrimoni sono decisi e permessi unicamente dalle autorità religiose: questo fa sì che non siano permessi i matrimoni interreligiosi o tra persone dello stesso sesso. Per aggirare le restrizioni, ogni anno migliaia di coppie vanno a sposarsi all'estero, solitamente nella vicina Cipro. Fin dagli anni Sessanta infatti la Corte Suprema israeliana ha stabilito che le unioni civili registrate in un paese estero tra due cittadini israeliani hanno valore anche nel loro paese di origine.
   Secondo Haaretz, la mancanza di una legislazione sul matrimonio civile si lega alla crescente influenza dell'ebraismo più radicale nella politica nazionale, che durante il governo Netanyahu non ha fatto che aumentare. Tra le conseguenze di questa tendenza politica c'è anche la mancanza di alcuni diritti per le donne, alle quali è negata, secondo la religione ebraica tradizionale, la parità con gli uomini. Israele ha ratificato da vent'anni la convenzione delle Nazioni Unite per l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, che richiede ai paesi aderenti di garantire gli stessi diritti a tutte le donne nel matrimonio e nelle relazioni familiari, ma secondo il parere di un docente dell'Università di Bar-Ilan interpellato dal quotidiano si trova solo nella seconda metà della classifica dei paesi del mondo per quanto riguarda la sua applicazione, tra i paesi in via di sviluppo e del mondo musulmano.
   Il parere della giurista e docente universitaria Frances Radday ospitato sul sito del ministero degli Esteri israeliano, in effetti, riconosce che nella legislazione dello stato ebraico la parità tra i generi è un tema problematico. Israele ha un piccolo gruppo di "leggi fondamentali", approvate tra il 1958 e il 1992, che nella pratica funzionano da costituzione. Queste non garantiscono esplicitamente l'uguaglianza per le donne, ma il limite è stato parzialmente aggirato, negli anni, da numerosi pronunciamenti della Corte suprema che hanno definito l'uguaglianza come uno dei diritti fondamentali dello stato e hanno impedito discriminazioni nei confronti delle donne in campi come il diritto di famiglia o del lavoro. Oltre a questo, in passato lo stato di Israele ha cercato di aggirare le limitazioni imposte dalle comunità confessionali con una serie di leggi ordinarie, spesso scontrandosi con la ferma opposizione di alcuni religiosi e dei loro rappresentanti politici.
   Per quanto riguarda il matrimonio, la religione ebraica (a cui appartengono circa i tre quarti della popolazione di Israele) pone limitazioni nelle possibilità di matrimonio per chi è nato da una relazione extraconiugale, per i ministri di culto o per i neoconvertiti: Haaretz conclude l'editoriale dicendo che, se Israele intende continuare ad attribuirsi lo status di "unica democrazia del Medio Oriente", come fa spesso, deve garantire a tutti i suoi cittadini il "basilare diritto civile" di sposarsi e formare una famiglia.

(Il Post, 6 luglio 2011)

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Da Tel Aviv e Montecarlo svolta hi-tech per il riciclo

Un rivoluzionario procedimento per il riciclo dei rifiuti arriva da Israele. Anche Napoli, oltre a Civitavecchia, punta a sperimentare un progetto che consente di riciclare rifiuti risparmiando ai cittadini «l'incombenza» di differenziare vetro, plastica, organico e metalli, e archiviando definitivamente il dibattito sui termovalorizzatori.

di Paolo Russo

NAPOLI - Sullo sfondo, cumuli di rifiuti e un termovalorizzatore che non c'è. Sul tavolo, due progetti e un dilemma: incenerire o riciclare. Il sindaco De Magistris ha cancellato dalla sua road map la realizzazione dell'impianto previsto a Napoli est. In ogni caso si parla di un impianto per il quale occorreranno almeno altri 4 anni.
   E allora si punta su differenziata e compostaggi. Ma sotto traccia la nuova frontiera è quella delle tecnologie. Nelle stanze di Palazzo San Giacomo si lavora ad altri progetti complementari, da inserire nella scacchiera del piano rifiuti comunale. Due le direttrici: Montecarlo e Tel Aviv. Il Principato di Monaco e Israele per altrettanti piani di smaltimento ad alta tecnologia.
   Lunedì scorso l'assessore Tommaso Sodano e i suoi tecnici hanno incontrato Diego Fissore, responsabile della Fissore Agency di Montecarlo, che rappresenta un gruppo di aziende internazionali specializzate nel recupero dei rifiuti senza inceneritore e interessate a investire a Napoli. La proposta, illustrata nei giorni scorsi dal Mattino, prevede un sistema rivoluzionario per trasformare la spazzatura in energia pulita, a costo zero per il Comune e ha suscitato la curiosità del vicesindaco di Napoli e assessore all'Ambiente Tommaso Sodano.
   Due le tecnologie, ideate da un ingegnere indiano, su cui si basa il progetto che negli ultimi due anni Fissore ha presentato in diverse province italiane e che ad aprile è stato anche illustrato alla Commissione Ambiente della Camera. La prima è il sistema «Autoclave», un trattamento termico a vapore dei rifiuti - provenienti sia dalla raccolta differenziata che da quella indifferenziata - che, a una temperatura di 160 gradi, permette di recuperare tutto il materiale riciclabile dalla spazzatura (vetro, ferro, plastica).
   E gli scarti organici non riciclabili? Verranno trasformati in una sostanza mista, composta da parti liquide e da fibre, chiamata «floc», che a sua volta potrà essere utilizzata in diversi modi: dalla fabbricazione di pannelli fotoassorbenti o antisismici fino all'impiego come combustibile in sostituzione del gasolio. Il sistema Autoclave è affiancato da una seconda tecnologia, il «P2P» (Plastic to petrol), che trasforma la plastica in carburante. Per ogni chilo di plastica - indipendentemente dalla tipologia e dal grado di inquinamento - è possibile ottenere 1,2 litri di carburante. Entrambi i processi sono a emissioni zero. Occorre però un project financing (si pensa anche ai fondi Ue) per realizzare il progetto. Nei prossimi giorni tutta la doumentazione arriverà a Palazzo San Giacomo: il Comune ha chiesto di vedere nel dettaglio l'intero progetto.
   L'altro rivoluzionario procedimento, sul quale sta lavorando il Comune, arriva da Israele. Anche Napoli (c'è anche Civitavecchia nel piano) punta a sperimentare un progetto che consente di riciclare rifiuti risparmiando ai cittadini «l'incombenza» di differenziare vetro, plastica, organico e metalli, e archiviando definitivamente il dibattito sui termovalorizzatori. Il sistema, brevettato dalla società israeliana «Arrow Bio International» e attivo a Tel Aviv ma anche in città americane come Los Angeles e New York, prevede la costruzione di un impianto in grado di separare il «tal quale», l'immondizia così come viene buttata senza che sia stata differenziata, saltando il processo di combustione.
   Con questo sistema si arriva a differenziare l'80 per cento dei rifiuti. Che in pratica vengono sversati in un percorso d'acqua di circa 150 metri, lungo il quale avviene la separazione tecnica: tutto ciò che galleggia viene separato e indirizzato alle fabbriche di riciclaggio; a metà di questo fiumiciattolo un nastro trasportatore, che è una sorta di calamita, attrae metalli, vetro e quant'altro; infine, tutto ciò che è umido va in un nastro situato in fondo al percorso e viene portato in depositi che producono biogas. Quello che resta, il 15-20 per cento, è un rifiuto pulito, e quindi facilmente riciclabile nell'agricoltura o in altre attività».

(Il Mattino, 6 luglio 2011)

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L'Associazione porti israeliani in visita a Livorno

LIVORNO - Colloquio formativo e utile quello avvenuto ieri tra il presidente dell'Autorità Portuale di Livorno Giuliano Gallanti e una delegazione dell'Associazione porti israeliani con l'obiettivo di conoscere da vicino il sistema portuale nazionale ed importare a Gerusalemme tutto quanto possa contribuire a migliorare un importante progetto di riforma dei porti, avviato nel 2005 e destinato a completarsi nel 2050.
Su questa linea sono stati ricevuti a Palazzo Rosciano Shlomo Breiman e Dov Frohlinger, rispettivamente Ceo e Direttore operativo della Israel Ports Development e Assets Company, la società che coordina e gestisce i tre porti di Israele (Haifa, Ashdod e Eliat).
Presente all'incontro anche il responsabile presso il Ministero del Tesoro israeliano alla realizzazione dei progetti di finanziamento nel campo dei trasporti, Eran Cohen.
«Abbiamo affrontato le problematiche inerenti la portualità italiana - ha dichiarato Gallanti - con particolare riguardo ai compiti e doveri dell'Autorità Portuale e alla legge che regola il lavoro portuale».
Nel corso dell'incontro si è anche parlato di autonomia finanziaria (assente ingiustificata della nuova legge di riforma dell'ordinamento portuale), dragaggi (problema tutto italiano) e servizi tecnico-nautici.

(Shippingonline.it, 6 luglio 2011)

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Allarme meduse in Israele, emergenza in una centrale elettrica

Misure straordinarie per il raffreddamento delle turbine

TEL AVIV, 6 lug - La Centrale elettrica Rabin di Hadera (sul litorale fra Tel Aviv e Haifa) è stata costretta ad adottare misure straordinarie per evitare che le sue turbine fossero paralizzate da una quantità di meduse raccoltesi negli ultimi giorni nelle acque marine antistanti la struttura.
Per il raffreddamento delle turbine della centrale vengono utilizzate ingenti quantità di acqua marina. Ma adesso la presenza della massa gelatinosa rischia di otturare i filtri d'ingresso.
I dipendenti sono così costretti a raccogliere, 24 ore su 24, le meduse rimaste incastrate e a scaricarle altrove. "Raccogliamo così una tonnellata di meduse all'ora", ha esclamato stupito uno dei lavoratori della centrale. La presenza delle meduse lungo le coste di Israele è considerata la più massiccia degli ultimi 10 anni. Ve ne sono di trasparenti e di color blu. A quanto pare sono giunte nel Mar Mediterraneo attraverso il canale di Suez.

(ANSA, 6 luglio 2011)

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Netanyahu: "Risoluti contro la manifestazione di venerdì”

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato pubblicamente che le forze di sicurezza israeliane dovranno essere risolute contro la manifestazione non autorizzata di venerdì prossimo presso l'aeroporto internazionale Ben-Gurion. L'assembramento pro-Palestina è stato organizzato da centinaia di attivisti filo-palestinesi in segno di protesta, dimostrando di poter entrare nel Paese anche per via aerea , non solo via mare come il convoglio d'imbarcazioni diretto a Gaza.
"Ogni Stato ha il diritto di prevenire l'entrata di provocatori all'interno dei suoi confini" ha riferito il leader durante l'incontro con i capi dei servizi di sicurezza israeliani, sottolineando che Israele ha intenzione di agire come un qualsiasi altro Stato civilizzato.

(FocusMo, 6 luglio 2011)

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Scritta antisemita e stella di David sulla serranda di un'osteria

VICENZA - Una scritta antisemita contro gli ebrei e una stella di David sono apparse nelle notti scorse sulla serranda dell'Osteria Dagli Omoni in contra' San Pietro, in centro città.
"Ristorate ebrei": l'atto vandalico aveva evidentemente l'intenzione di segnalare e discriminare dal punto di vista razziale l'esercizio commerciale e i suoi avventori.
Sconfortato il titolare dell'osteria, Davide Bruzzo, che non riesce a spiegarsi il perché di quel gesto. La sua osteria era rimasto chiusa a lungo a causa dell'alluvione, locali e attrezzature devastati dall'acqua, danni per migliaia di euro, ma il titolare era riuscito a riaprire i battenti a tempo di record.

(Il Gazzettino.it, 5 luglio 2011)

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In Israele fare la spesa costa più che in Europa o negli Stati Uniti

Il dato emerge da uno studio pubblicato ieri dal centro ricerche della Knesset, il Parlamento di Gerusalemme. Le cifre mostrano anche che, negli ultimi cinque anni e mezzo, i prezzi nei supermercati e mercati israeliani sono aumentati più che in quelli europei e americani: e la tendenza non accenna a diminuire.
La «battaglia del cottage» - lo sciopero dei consumatori di fiocchi di latte che nelle ultime settimane ha calamitato l'attenzione della stampa locale - è solo l'ultima prova di quanto la crescita dei prezzi pesi sulle tasche dei cittadini israeliani, che per la prima volta si sono ribellati, riuscendo a spuntarla. Ma i giornali specializzati affermano che il problema non riguardi solo il paniere dei prodotti campione. L'elenco di servizi e merci giudicati troppo cari è ben più lungo e comprende, per esempio, la benzina. Gli israeliani pagano il doppio rispetto alla media americana, e il 30% in più in confronto a quella europea (ma comunque meno degli italiani). Non va meglio nel settore della telefonia mobile. In media le tariffe dei pacchetti proposti da gestori israeliani sono le terze più dispendiose al mondo e il costo di un minuto di conversazione si piazza tra i primi dieci. Anche acquistare un'automobile costa caro. «Una combinazione di fattori rende il prezzo di un'auto in Israele niente altro che scandaloso», scriveva in questi giorni il quotidiano Jerusalem Post. Tra i fattori additati, quelli che contribuiscono maggiormente a far lievitare i prezzi delle vetture sono le pesanti tasse d'importazione e la scarsa competitività del mercato degli importatori. Nella lista nera dei consumatori israeliani sono iscritti poi anche affitti, tv satellitare e istruzione superiore.

(FocusMo, 5 luglio 2011)

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Saluto di Alemanno e Pacifici agli atleti in partenza per i giochi Maccabi

ROMA, 5 lug. - "Ispiratevi ai grandi valori dello sport, ricordandovi che cum petere significa 'cercare iniseme' e cosi' vi auguro che insieme raggiungiate il successo guardando all'avversario con lealta' e non come un nemico". Lo ha dichiarato il sindaco di Roma, Gianni Alemanno che ha partecipato all'incontro con gli atleti della delegazione italiana che partecipera' a Vienna alla tredicesima edizione dei Giochi Europei Maccabi, nel Tempio Maggiore. La piu' grande manifestazione ebraica sportiva che si svolge ogni 4 anni e che nel 2007 si tenne a Roma, vede partecipare quest'anno 80 atleti italiani, di cui 20 romani che si sfideranno su 15 discipline dal 5 al 13 luglio.
L'incontro che e' iniziato con il capo rabbino Riccardo Di Segni che ha augurato in bocca a lupo agli atleti presenti nel Tempio, ha ricevuto i saluti del presidente della Repubblica Napolitano che in un a lettera si e' detto compiaciuto del" richiamo al 150esimo anniversario dell'Unita' d'Italia" da parte della delegazione italiana, proprio perche' "la comunita' ebraica e' stata attiva nei moti risorgimentali e nel processo di costruzione dello stato unitario prima e poi nell'edificazione della Repubblica democratica".
La lettera di Napolitano e' stata seguita da quella del presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti che ha sottolineato come questo evento possa essere "un incontro tra cultura , utile per la crescita dei giovani" e dall'assessore Fabio Armeni, che presente nel Tempio ha portato il saluto della Regione Lazio. Ha poi concluso il presidente della comunita' ebraica a Roma, Riccardo Pacifici che ha richiamato la lettera di Napolitano e l'importanza dell'Unita d'Italia e ha annunciato il suo impegno per la costruzione di un 'Centro sportivo Maccabi'.

(Adnkronos, 5 luglio 2011)

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Ehud Barack blocca il passaggio di salme palestinesi

Le salme dovevano essere consegnate all'Autorità nazionale palestinese come gesto di buona volontà - Il ministro israeliano della difesa Ehud Barak ha bloccato all'ultimo momento la la consegna di 84 salme di palestinesi all'amministrazione di Ramallah. L'ordine di fermarmare la traslazione è giunto dopo che il quotidiano Haaretz ha rivelato che fra le salme vi sarebbero quelle dei fratelli Awadallah, due importanti esponenti dell'ala militare Hamas, uccisi vicino Hebron dai soldati israeliani nel settembre 1998. Le salme dovevano essere consegnate all'Autorità nazionale palestinese come gesto di buona volontà. Il ministro della difesa ha detto di voler ora valutare le conseguenza del rientro in Cisgiordania dei corpi dei fratelli Awadallah su un possibile accordo per la liberazione del soldato israeliano Gilad Shalit. Shalit è stato rapito in territorio israeliano nel giugno 2006 e portato nella Striscia di Gaza, dove è ancora prigioniero.

(PeaceReporter, 5 luglio 2011)

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I rapporti tra Israele e Grecia frenano la flottiglia

Le difficoltà incontrate dalla Flottiglia nel lasciare la Grecia partono da lontano. Settimane e mesi hanno caratterizzato una intensa attività diplomatica svolta ad Atene dall'inviato israeliano sul posto, Aryeh Mekel, dalle conversazioni della scorsa settimana tra Netanyahu e dalla controparte greca, George Papandereou.
Ma il successo diplomatico israeliano non si è limitato alla Grecia. Il lavoro diplomatico è passato attraverso le dichiarazioni del Segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon contro la flottiglia, incassando la totale disapprovazione del Segretario di Stato americano Hillary Clinton e che paesi come la Gran Bretagna, la Francia, l'Italia e i Paesi Bassi, consigliassero inequivocabilmente ai propri cittadini di non salire sulla Flottiglia e soprattutto il fatto che la Turchia non patrocinasse più la spedizione. Come ha giustamente riferito il ministro della difesa israeliano Ehud Barak nella riunione di gabinetto: "noi vediamo degli sviluppi positivi in relazione alla flottiglia, visto che i governi greci, ciprioti e turchi stanno lavorando per frenarla. Questo è il risultato degli sforzi compiuti da parte del mio ministero di quello degli Esteri, dall'Ufficio del Primo Ministro". I rapporti di Israele con la Grecia sono cresciuti con il peggiorare di quelli con la Turchia: la prova di quel vecchio cliché che esiste in Medio Oriente e cioè che il nemico del mio nemico è mio amico. Dopo anni di fredde spallate a Israele, l'anno scorso la Grecia - di fronte ad una grande crisi finanziaria - ha deciso di migliorare notevolmente i suoi legami con Israele. Il primo vantaggio pratico dal cambiamento nei rapporti, al di là dello scambio di visite ad alto livello, è stata la rapidità con cui la Grecia ha inviato cinque aerei nel dicembre 2010 per spegnere l'incendio boschivo del Monte Carmelo. L'incremento nell'adozione di queste nuovi legami ha portato anche ad un significativo aggiornamento nella cooperazione militare e strategica dei due paesi '. I greci hanno beneficiato del miglioramento di questi legami ricevendo tra i 400.000 e 500.000 turisti israeliani all'anno, per lo più turisti che era soliti andare in Turchia, l'assistenza israeliana in progetti economici e l'aiuto a Washington da parte di gruppi ebraici statunitensi. Inoltre, Netanyahu - nei suoi interventi con i leader stranieri - ha fatto pressioni per ottenere il sostegno necessario per la ripresa economica della Grecia, un gesto che non è andato perso nella leadership greca. Tutto questo non è stato considerato dagli organizzatori della flottiglia, che apparentemente non hanno preso in considerazione il rapporto sempre più stretto tra i due paesi nella pianificazione del viaggio di quest'anno, pensando che la Grecia di luglio 2011 fosse la stessa del maggio 2010, quando dai porti della Grecia salpò la prima flottiglia.

(FocusMo, 5 luglio 2011)

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Israele-Palestina, una nuova strage alle porte

di Giaguaro (dietro questo pseudonimo si nasconde un ufficiale delle Forze Armate in servizio)

  
E' tornata recentemente d'attualità la notizia di una nuova spedizione della "freedom flotilla", sempre indirizzata verso il porto palestinese di Gaza, con l'obbiettivo immediato di forzare il blocco marittimo israeliano di quell'area, allo scopo di portare aiuti alla popolazione palestinese di quell'area. Questo fatto riporta alla precedente vicenda avvenuta nel maggio dello scorso anno conclusasi, come si ricorderà, con diversi morti dalla parte degli attivisti, asseritamente pacifisti, filo-palestinesi. Volendo analizzare dal punto di vista tecnico militare quel primo evento, sicuramente la sua sanguinosa evoluzione deve attribuirsi ad una errata valutazione della situazione da parte delle autorità politico-militari israeliane. Ricordiamo brevemente che la prima delle due navi fu presa d'assalto da reparti speciali delle Forze di Difesa dello stato ebraico i cui operatori, che conosciamo come militari addestratissimi, sceltissimi e già positivamente collaudati in altre brillanti e clamorose operazioni, sconcertati dall'aggressione iniziale da parte di attivisti inizialmente disarmati ma supportati da elementi armati, per evitare di essere sopraffatti, dovettero fare abbondante ricorso all'uso del proprio armamento letale provocando 15 morti e vari feriti.
   Davanti alla reazione dell'opinione pubblica internazionale che, avendo mediaticamente recepito il sanguinoso epilogo come un ingiustificato eccesso dei militari israeliani contro pacifisti disarmati era prevalentemente critica, lo Stato Maggiore ebraico fu costretto, per giustificare il comportamento delle proprie truppe, a diffondere i video, piuttosto imbarazzanti, degli elementi dei loro corpi speciali malmenati, feriti, sollevati di peso e buttati in acqua dai "pacifisti". Questo evento fa emergere il problema, già considerato dagli Stati Maggiori dei paesi occidentali, di reparti militari attaccati da elemanti di folla, prevalentemente disarmati, all'interno dei quali sono presenti soggetti che, generalmente con la complicità della suddetta massa che in quei casi funge volutamente da scudo umano, fanno invece uso di armi, ponendo i comandi dei primi nel dilemma se raggiungere l'obbiettivo dispiegando la loro intera potenza di fuoco, ma provocando in tal modo vittime che la diffusione mediatica tenderebbe a recepire come civili disarmati, ovvero rinunciarvi ordinando il ripiegamento. Tutti ricorderemo la vicenda, nota come la battaglia del "ceckpoint Pasta" del 1993 in Somalia, nella quale furono coinvolti reparti italiani che, nell'atto di effettuare un rastrellamento in un quartiere di Mogadiscio(si disse che probabilmente,in caso di riuscita dell'operazione, vi sarebbe rimasto intrappolato il noto" signore della guerra" somalo Mohamed Farah Aidid), vennero improvvisamente attaccati da miliziani armati mescolati con una folla di donne e bambini. In quella circostanza i nostri militari ricorsero al c.d. "fuoco selettivo", cercando di individuare e colpire con tiri di precisione solo gli elementi armati, ma venendo però costretti a sospendere l'operazione, che comunque provocò tre morti e diversi feriti tra le file italiane e parecchie decine di vittime tra i militanti somali.
   A seguito di queste esperienze da qualche tempo, all'interno delle FF.AA. italiane,in particolare ner reparti dell'Arma dei Carabinieri destinati alle missioni all'estero, vengono effettuate esercitazioni nelle quali, per l'appunto, vengono simulate manifestazioni inizialmente pacifiche dove però, ad un certo punto, qualcuno dei "manifestanti" fa uso di armi da fuoco. Se volessimo infine considerare le opzioni operative che sarebbero state disponibili da parte israeliana in quella prima circostanza, al fine di evitare quell'azione di abbordaggio da ritenersi indubbiamente ad alto rischio, se non altro mediatico, senz'altro si sarebbe potuta prendere in considerazione la possibilità di attaccare i battelli in navigazione con uomini rana che disponessero cariche esplosive opportunamente dosate in modo da evitare l'affondamento, in corrispondenza di eliche e timone, provocando, in tal modo l'arresto dell'imbarcazione (stesso risultato penso sarebbe stato ottenibile mediante un siluro a carica ridotta che colpisse da distanza ravvicinata gli stessi organi). Pacifica poi la disponibilita della Marina di Gerusalemme a rimorchiare le navi immobilizzate nei porti di partenza.

(Affaritaliani.it, 5 luglio 2011)

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La primavera tunisina diventa gelo con Israele

di Paolo di Mauro

Nel "patto repubblicano" adottato venerdì scorso dalla commissione per la riforma politica della Tunisia, emerge esplicito il rifiuto a intrattenere rapporti diplomatici con Israele. Nel documento stilato dalla commissione, che sarà la base della nuova Costituzione, si stabilisce che lo stato tunisino sostiene la causa palestinese e respinge "qualsiasi forma di normalizzazione dei rapporti con lo Stato sionista". Una clausola fortemente voluta dal movimento islamico Ennahda ? ritiratosi il 27 giugno dalla commissione, contestandone la democraticità - e che è stata inserita nel patto non prima di aver creato disaccordo tra i membri del comitato.
   Sembrano pertanto avverarsi i dubbi e le paure che regnavano a Gerusalemme durante la rivolta del popolo tunisino contro l'ex presidente Ben Alì. Il governo israeliano aveva manifestato la propria preoccupazione per il futuro delle relazioni tra i due Paesi, in particolare per il potenziale ritorno dell'islamismo al potere. In questo quadro va inserito il contributo di 20 milioni di dollari che il Dipartimento di Stato americano ha concesso lo scorso mese a supporto della transizione della Tunisia verso la democrazia. Il finanziamento è stato stanziato con l'obiettivo di "contribuire a redigere una nuova costituzione, rafforzare i partiti politici e i gruppi civici non di parte, sviluppare un quadro per elezioni libere ed eque, creare un sistema dei media professionale e indipendente e incoraggiare le riforme economiche". Sarebbe rilevante capire se, nella previsione di tale contributo, gli Usa abbiano avuto modo di considerare la netta presa di posizione della Tunisia nei confronti dello Stato di Israele.
In un articolo sul Giornale di ieri, Magdi Cristiano Allam, premettendo che "in tutto il Medio Oriente sta crescendo il potere del radicalismo islamico che ha come suo primo effetto l'accentuazione dell'ostilità contro Israele", sostiene che "la strategia finalizzata all'ascesa al potere di questi islamici radicali che fanno riferimento ai Fratelli Musulmani è sostenuta dall'Occidente, da intendersi come gli Stati Uniti e l'Unione Europea, in cambio della collaborazione per eliminare il terrorismo islamico jihadista, cioè di Bin Laden e dei suoi simili. In tutto ciò - conclude - chi sembra destinato a pagare il conto più di altri è proprio Israele". Secondo questa interpretazione, i Paesi occidentali, in primo luogo gli Usa, chiuderebbero un occhio sulle decisioni prese dai governi nati dalla "Primavera araba", in questo caso della Tunisia, riguardo ai (non) rapporti con Israele.
   Sebbene anche in passato i rapporti diplomatici tra Tunisia e Israele abbiano registrato pesanti interruzioni - senza risalire alle tensioni degli anni '50, basti ricordare il ritiro della rappresentanza diplomatica tunisina del 2000 - non appare di buon auspicio la volontà di esplicitare il rifiuto a intrattenere relazioni diplomatiche con lo stato israeliano in un "patto" che farà da fondamento alla nuova Costituzione. Si corre il rischio di inasprire ancora di più i toni che accompagnano il dibattito sulla questione israelo-palestinese, che ormai da tempo oscilla come un moto perpetuo ora verso una soluzione condivisa ora verso un nuova rottura. Un intervento da parte del presidente americano Barack Obama sarebbe in questo senso opportuno: non tanto in termini di moral suasion, quanto per avere più chiaro in mente quanto nella posizione degli Usa c'è di sostegno all'esigenza di democrazia dei Paesi arabi e quanto sia ricollegabile alla mera realpolitik.

(l'Occidentale, 5 luglio 2011)

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Paderno gemellata con un villaggio israeliano. "Non lo sa nessuno, serve una targa"

Pochi in città sanno di essere gemellati con Nevè Shalom, Wahat al Salam, in italiano "Oasi della pace", paese a metà strada tra Gerusalemme e Tel Aviv. "Serve qualcosa per ricordarlo"

di Simona Ballatore

  
Nevè Shalom, Wahat al Salam
PADERNO DUGNANO (MI), 5 luglio 2011 - Il legame non è mai venuto meno, ma pochi padernesi sanno oggi di essere gemellati con «Nevè Shalom, Wahat al Salam» cittadina israeliana. «L'oasi della pace», in italiano, si trova a metà strada tra Gerusalemme e Tel Aviv e ospita una cinquantina di famiglie ebree e palestinesi che convivono pacificamente imparando, sin da scuola, lingua, cultura e religione dell'altro. L'atto del gemellaggio è stato siglato il 24 maggio 2005 dall'allora sindaco Gianfranco Massetti e dai due primi cittadini Abdessalem Najar di Nevè Shalom e Mohid Adwan di Surif.
«Abbiamo conosciuto il villaggio nel 1992 e siamo rimasti molto colpiti dall'esperienza, per anni abbiamo organizzato incontri e promosso progetti — racconta Luciano Bissoli, cittadino padernese —. Nel 2005 l'Amministrazione ha attuato questo gemellaggio. Ma è un peccato che non sia ricordato nei cartelli di ingresso alla città, non per la targa in sé ma perché spingerebbe a porsi domande, a informarsi sul villaggio. Abbiamo promosso degli incontri all'istituto superiore Gadda e a settembre verranno organizzate nuove iniziative».

(Il Giorno, 5 luglio 2011)

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Israele vende il satellitare agli spagnoli

La compagnia israeliana Gilat Satellite Networks Ltd. ha vinto un contratto con la società spagnola Hispasat. Con il loro sistema SkyEdge II, gli israeliani consentiranno agli spagnoli di diffondere via satellite canali televisivi e connessioni a internet in Spagna, Africa del nord e America Latina. L'accordo tra le due compagnie è stato firmato il 30 giugno e sarà operativo entro la fine dell'estate; il valore del contratto non è stato rivelato. Gilat Satellite Networks è un'azienda pubblica che progetta e vende satelliti e prodotti per telecomunicazioni in 85 Paesi, con un capitale di mercato di 184 milioni di dollari. Hispasat appartiene invece a investitori privati spagnoli e alla francese Eutelsat SA. Il bilancio del 2010 è stato di 181,3 milioni di euro (+20 per cento rispetto al 2009); attualmente Hispasat è la settima società al mondo nel campo della trasmissione satellitare, oltre che il principale distributore di contenuti in lingua spagnola e portoghese.

(FocusMo, 5 luglio 2011)

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Il Xo Raduno EDIPI a Gerusalemme

La vasta risonanza e le più vive congratulazioni da parte di molte congregazioni messianiche di Israele (da Haifa a Bersheba, da Tel Aviv a Gerusalemme) ha sorpreso positivamente gli organizzatori, ricompensandoli per una scelta coraggiosa, di notevole caratura spirituale e di impegno economico.
L'evento ha rappresentato una delle rare, se non l'unica, occasione di un Raduno nazionale associativo italiano organizzato a Gerusalemme. Evangelici d'Italia per Israele (www.edipi.net) è riuscito a convogliare più di ottata credenti da tutte le parti d'Italia nel Kibbutz messianico di Yad Hasmonà nella periferia di Gerusalemme sulle colline della Giudea, ricevuti da una calororosa accoglienza di ebrei messianici. Nello shabbat dell'ultima settimana di giugno si sono alternati il leader messianico Avi Mizrachi della congregazione Adonai Roi di Tel Aviv, Michael Yaron di Techilat Yat a Rishon LeTzion, David Lazarus di Bei Immanuel a Jaffa e anche il pastore italiano Corrado Maggia ha potuto portare un messaggio in linea del tema del Raduno: "57 A.D. l'apostolo Paolo scrive una lettera ai Romani... Giugno 2011, l'Italia risponde".
Riguardo proprio alla risposta degli italiani al popolo di Israele uno degli ospiti, il predicatore Tom Hess della House of Prayer for all Nation a Gerusalemme, ha sottolineato come EDIPI nel 2002 richiedendo perdono a Dio per la distruzione del Tempio di Gerusalemme da parte dei romani abbia "gettato una bomba nel mondo spirituale" (sue testuali parole) per aprire una breccia nel muro dell'incomprensione del ruolo di Israele nel piano di Dio e l'importante coinvolgimento che la Chiesa italiana ha, riconoscendo l'azione pionieristica fatta da EDIPI.
Molto interessante è stata la chiusura affidata ad Angel Gerger, ebreo messianico sefardita della congregazione messianica "El vino nuevo", che oltre ad avere parole di riconoscenza ed incoraggiamento ha prospettato il progetto di un Kibbutz messianico nel Golan in terreni recentemente sminati e che lo stato di Israle sta mettendo in vendita.
EDIPI ha confermato questa iniziativa non solo aderendo alla richiesta di preghiere ma destinando l'offerta finale Xo Raduno EDIPI al progetto.

(EDIPI, 5 luglio 2011)

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Palestina-Afghanistan, un match storico

La partita di qualificazione ai Mondiali 2014 vinta dai palestinesi, in un confronto che ha avuto il sapore del riscatto

Uno storico appuntamento calcistico. No, non stiamo parlando della Copa America, che sta catalizzando l'attenzione degli appassionati di tutto il mondo, a prescindere dalla loro nazionalità. Qui stiamo parlando di un evento ancor più importante, se non sotto il profilo sportivo, certamente da un punto di vista simbolico. Il tutto, a prescindere dal risultato finale.
Domenica scorsa, infatti, la Palestina ha ospitato il suo primo match casalingo di qualificazione ai Mondiali. E lo ha fatto festeggiando il passaggio al secondo turno preliminare della zona asiatica a spese dell'Afghanistan. Sì, Palestina-Afghanistan. Due Paesi (intesi come territori, dato che il primo politicamente ancora non esiste) poco adusi, per ovvie ragioni, a partecipare ad eventi sportivi di tale portata (Olimpiadi escluse). Due Paesi dei quali si sente spesso parlare, e non certo per ragioni positive, sui media di tutto il mondo. Due Paesi che, nonostante guerre, sfruttamento e povertà, hanno una disperata voglia di crescere. E, perché no, anche sotto il profilo sportivo.
Sino a qualche anno fa, lo stadio di Kabul veniva utilizzato per le esecuzioni capitali. E sino a qualche anno fa, in Palestina lo stadio nemmeno c'era. L'esordio casalingo della nazionale "dei territori", costretta in precedenza a giocare sempre "in trasferta", è avvenuto soltanto il 26 ottobre 2008 (1-1 con la Giordania). Nemmeno tre anni dopo, ecco il debutto interno ai Mondiali (saremo pure ai "preliminari dei preliminari", ma sempre di Mondiali si tratta). E stavolta, a non poter giocare davanti al pubblico di casa è stato l'Afghanistan. Kabul poco sicura? Ok, si gioca a Tursunzoda, città tagika al confine con l'Uzbekistan. Sarà stato il fatto di non poter essere sostenuti dal proprio pubblico, sarà stata la feroce determinazione dei loro avversari, ma lo 0-2 interno subito dagli afgani (gol di Alyan e Alamour) si è rivelato impossibile da recuperare.
Al ritorno, infatti, i sostenitori accorsi in massa al "Faysal Al-Husseini" di Al Ram si sono potuti accontentare dell'1-1 (vantaggio interno di Wadi, pareggio di Arezou) per celebrare nel migliore dei modi l'esordio casalingo della loro nazionale in un match di qualificazione ai Mondiali. E il 28 luglio si torna allo stadio: c'è Palestina-Thailandia. Il sogno continua.

(Città Nuova, 5 luglio 2011)

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Israele: sostegno alle piccole imprese

Un piano per incoraggiare le piccole e medie industrie è stato approvato ieri dal Consiglio dei ministri di Gerusalemme durante la tradizionale riunione di inizio settimana. Il progetto - elaborato dal premier Benjamin Netanyahu, dal ministro del Lavoro, Shlomo Simhon, e dal ministro dell'Economia, Yuval Steinitz - prevede l'istituzione di un fondo di compensazione che assista le imprese indipendenti in caso di chiusura.
Inoltre, il provvedimento aumenta il numero delle aziende che pagano le tasse sui pagamenti ricevuti dai clienti, anziché all'emissione della fattura. La mossa - hanno dichiarato i ministri - «ha lo scopo di correggere un meccanismo distorto che causa problemi di liquidità a tante PMI israeliane», che devono pagare le tasse prima ancora di avere effettivamente incassato. «Le piccole imprese - ha commentato Netanyahu - sono la spina dorsale di ogni economia, compresa la nostra. Sono un'importante fonte di crescita economica e di nuovi posti di lavoro. Aiutarle ad avanzare è nostro dovere». Israele è noto come il Paese dello start-up: e molte delle PMI israeliane sono attive proprio nel campo dell'innovazione tecnologica. Anche per questo, «negli ultimi anni abbiamo assistito a una crescita della consapevolezza e del riconoscimento del ruolo dei business di taglia limitata»: a dirlo è l'Ismea, ente governativo istituito nel 1993 per formulare politiche di incoraggiamento e coordinamento delle PMI. L'approccio appare vincente. Nel Paese la disoccupazione è al minimo storico, la fama degli imprenditori tecnologici israeliani è nota in tutto il mondo e continua a crescere. Lo scorso fine settimana è stato pubblicato l'Indice mondiale dell'Innovazione 2011 (GII). Israele è arrivato 14esimo: un salto significativo rispetto al piazzamento precedente (23esimo posto), e una posizione invidiabile anche in rapporto alle dimensioni ridotte dello Stato ebraico, che conta 7.3 milioni di abitanti.

(FocusMo, 5 luglio 2011)

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La Grecia intercetta una nave canadese diretta a Gaza

ATENE - La Guardia costiera greca ha intercettato oggi una nave canadese salpata con destinazione Gaza, che trasportava medicinali e attivisti filo-palestinesi intenzionati a sfidare il divieto del governo di Atene. Lo riferiscono attivisti.
La nave "Tahrir" era partita da un porto sull'isola di Creta, ha riferito un testimone Reuters. Le autorità greche hanno proibito la partenza di navi con a bordo attivisti che intendono trasportare aiuti ai palestinesi di Gaza.
Un attivista, da Atene, ha detto a Reuters che l'equipaggio era composto da oltre 40 persone, in gran parte canadesi ma anche belgi, italiani, francesi e turchi.
"(La Guardia costiera Greca) ha preso il controllo della nostra imbarcazione. Abbiamo tutti resistito ma nessuno ha ferite gravi", ha detto David Heap, parlando al telefono dalla nave.
L'attivista ha aggiunto: "Sembra che ci stiano riportando a Creta, ma la nostra destinazione è e rimane Gaza. A questo punto, la nave è stata sequestrata ma al momento nessuno è stato arrestato".
Un anno fa nove attivisti sono stati uccisi durante l'incursione dei marines israeliani contro la Freedoom flotilla diretta a Gaza.
Nei giorni scorsi la Grecia ha bloccato un'altra imbarcazione, "The Audacity of Hope", che trasportava in gran parte attivisti statunitensi, e ne ha arrestato il capitano.

(Reuters, 4 luglio 2011)

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Israele affronta il problema del Mar Morto

Israele vuole estrarre del sale dal fondo del Mar Morto, nella speranza di proteggere la sua costa meridionale, ma l'operazione con un costo di 2 miliardi di dollari vede l'opposizione del governo contro una delle più grandi aziende del paese. Il progetto, che sta per iniziare nelle prossime settimane, impedisce lo straripamento di una piccola parte del Mar Morto che ha visto aumentando negli ultimi anni il livello dell'acqua fino da invadere un gruppo di alberghi costruiti a sud-ovest.
Il Ministero del Turismo d'Israele ha detto che le opere di lavoro dovrebbero essere finanziate per lo più da "Dead Sea Works" , una divisione di prodotti chimici d' Israele, la seconda più grande compagnia della borsa di Tel Aviv, la cui estrazione di minerali ha in parte causato lo spostamento della linea di costa. La società ha detto a Reuters che ha "acconsentito a partecipare al finanziamento della soluzione di raccolta proposto", ma dice che "lo Stato è l'ultimo responsabile e deve sopportare il peso dei costi, che si dice siano molto inferiori rispetto alla stima del governo".
Il primo ministro Benjamin Netanyahu, promettendo che il suo governo "salverà il Mar Morto," ha deciso questa settimana che la raccolta del sale è la soluzione migliore. Ha formato un comitato che entro 18 giorni dovrà decidere chi sarà in ultima analisi a fornire i fondi. "Cercheremo di raggiungere una soluzione attraverso il dialogo con "Dead Sea Works", ma se non si agirà in tutte le soluzioni a nostra disposizione, abbiamo previsto prevista l'adozione di azioni legali", ha detto Netanyahu durante un tour nella zona.
Il progetto non affronterà il problema più grande di cattiva gestione delle acque che ha portato il turismo del Mar Morto, una delle mete preferite per i turisti che amano galleggiare nelle sue acque densamente salatae, a ridursi di un terzo negli ultimi 50 anni. Il mare in difficoltà, che si trova al punto più basso della terra, ha allarmato gli ambientalisti di tutto il mondo. I tre governi con accesso alle coste - Israele, Giordania, e Cisgiordania che si basa su l'Autorità palestinese - hanno unito le forze per cercare di salvarlo. Con la linea di costa che diminuisce ad un tasso complessivo di un metro (3,3 piedi) ogni anno, il Mar Morto oggi è in realtà composto da due laghi - il bacino più grande a nord, e uno più piccolo a sud. Il bacino meridionale è in realtà una serie di vasche artificiali di evaporazione in cui " Dead Sea Works " produce potassa (carbonato di potassio). L'azienda è il sesto produttore al mondo di potassa, un ingrediente principale per i fertilizzanti.
Gli hotel sono situati sul bordo della piscina più grande, che è delle dimensioni di 80 chilometri quadrati (31 miglia quadrate).Come conseguenza della evaporazione, i sedimenti di sale che affondano nella piscina, fanno crescere di 20 centimetri (8 pollici) il livello del mare in quella zona specifica ogni anno e invadere gli alberghi. Con la continua raccolta di sale il livello dell'acqua dovrebbe restare stabile, ha detto Jiwchar Ganor, professore di scienze geologiche e ambientali dell'Università d'Israele Ben Gurion ."Gli studi dimostrano che questa opzione è la più duratura", ha detto.
Il Ministro del Turismo Stas Misezhnikov, che insieme con il ministro della protezione dell'ambiente ha sostenuto la causa, insiste sul fatto che la maggior parte dei soldi devono venire da "Dead Sea Works", dichiarando che "chi inquina è anche colui che pagherà". Ma il vice presidente delle infrastrutture di "Dead Sea Works ", Noam Goldstein, ha detto che la raccolta di 16 milioni di metri cubi (565 milioni di piedi cubi) di sale era per lo più a carico dello Stato. La situazione è stata controllata da due differenti controllori e dalla Corte Suprema. Dunque non ci sono dubbi al riguardo. "Il responsabile che deve provvedere alla maggior parte dei costi è lo Stato" ha detto Goldstein alla canale televisivo Channel 10. Un amministrazione ufficiale con conoscenza delle delibera finirà probabilmente per coprire almeno la metà delle spese.

(FocusMo, 4 luglio 2011)

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Rabbino Di Segni a Brambilla: Rispettare la macellazione rituale

Manifesto della ministro con Veronesi per la coscienza degli animali

ROMA, 4 lug. - Il rabbino capo della comunità ebraica di Roma, Riccardo di Segni, critica, con una punta di humor, il 'Manifesto per la Coscienza degli Animali' promosso dal ministro del Turismo Michale Brambilla per quanto riguarda il 'no' alla macellazione rituale.
"Il tema della cattiveria ('perfidia') degli ebrei è sempre vivo e compare in forme diverse. Dal ricordo di certe pratiche pasquali, alle sofferenze inflitte ai poveri palestinesi ('restiamo umani') per arrivare ora alle sofferenze animali, imposte con ferocia", scrive Di Segni in un intervento sul notiziario quotidiano dell'Unione delle comunità ebraiche italiane. "'Deve essere sempre vietato il feroce sgozzamento degli animali da macello senza stordimento e la conseguente agonia per dissanguamento'. Chi lo dice non è un testo qualsiasi, ma un nuovo Manifesto degli scienziati italiani, propriamente il Manifesto per la Coscienza degli Animali che porta le firme autorevoli dello scienziato Veronesi e di un ministro in carica (Brambilla). L'intento del Manifesto, in realtà, è nobile e in gran parte condivisibile: ridurre e eliminare le numerose forme di sofferenze animali che la società purtroppo tollera. Quello che invece non è condivisibile è lo spirito di deposito assoluto della verità, perentorio e offensivo, con cui si attacca il rito della macellazione rituale. Ma vorremmo sognare per un momento che il professore e il ministro non ce l'abbiano con la shechità (la macellazione rituale abraica, ndr.), ma chi sa con cosa altro. Perché è in corso in questi tempi un attacco diretto contro il rito ebraico nel quale l'emotività e la compassione per gli animali si fanno sostenere da presunte dimostrazioni scientifiche ma gli unici a portarne le conseguenze sono gli ebrei. In Olanda la legge contro la macellazione rituale appena approvata è stata presentata con il supporto di una ricerca 'scientifica' che si è dimostrata scorretta e parziale, ma tanto è bastato per convincere i deputati. Bisogna aver chiari - conclude il rabbino Di Segni - questi punti: che il cosiddetto 'stordimento' non è una pratica amorevole, ma è una scarica elettrica, o l'esposizione a gas soffocanti o un colpo di pistola; che non c'è nessuna dimostrazione scientifica che la pratica ebraica senza stordimento faccia soffrire di più l'animale, anzi può essere vero il contrario; che il dissanguamento non è una lenta agonia ma un rapidissimo svuotamento che induce schock e perdita di coscienza; che se infine molti si conviceranno a diventare vegetariani (e faranno pure bene) gli unici per cui questa scelta sarà non volontaria ma imposta saranno gli ebrei osservanti. Che se lo meritano, visto che sono feroci".

(TMNews, 4 luglio 2011)

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Israele: grandi progressi nella tecnologia per il trattamento delle acque

Due imprenditori di tecnologia dell'acqua Israeliani, Eytan Levy e Ronen Shechter, fondatore di AqWise (Wise Water Technologies) di Israele, hanno escogitato un altro modo per mettere dei batteri nelle acque di scarico e farli lavorare a favore della comunità.
I loro bioreattori elettrogenici generano elettricità direttamente durante il processo di trattamento delle acque reflue. Emefcy utilizza batteri naturalmente presenti in un bioreattore elettrogenico per il trattamento delle acque reflue. Il materiale organico presente nell'acqua trattata produce energia e tratta le acque. Sebbene come si verifichi il processo risulti essere un poco misterioso, Emefcy sostiene che il processo non è la solita tecnica di prelievo di metano. Piuttosto che usare convenzionali processi aerobici ad alta intensità energetica o metano-produttori di digestione anaerobica per il trattamento delle acque reflue, Emefcy sostiene che possano raccogliere l'energia rinnovabile direttamente dalle acque reflue. Poiché il trattamento delle acque reflue è di per sé un dissipatore di energia, consumando circa il 2% di energia in tutto il mondo, questa scoperta è significativa. Invece di potenza ad alto consumo, Emefcy può alimentare la rete con la creazione di un energia positiva da un impianto di depurazione, trasformando il trattamento delle acque reflue da un processo ad alta intensità energetica, costosa e di alta intensità di carbonio, in una produzione di energia al carbonio riducendo il processo. Le applicazioni iniziali principalmente sarebbero per il trattamento delle acque reflue nelle industrie alimentari, delle bevande, farmaceutica e chimica, con un potenziale di mercato complessivo di 10 miliardi di dollari all'anno. Semplice attrezzatura modulare Emefcy può essere usata "fuori dalla scatola " L'investimento viene da un consorzio di gruppi di VC (venture capital). Parte dei proventi viene da Venture Partners Pond, Joint Ventures Plan B e Israele Cleantech, tutti i gruppi di VC che stano già sviluppando tecnologie d'avanguardia in Israele. A questo primo round di finanziamenti si è aggiunto Energy Technology Ventures, una joint venture messa insieme tra GE (NYSE: GE), NRG Energy (NYSE: NRG) e ConocoPhillips (NYSE: COP) al fine di sviluppare la prossima generazione di tecnologie energetiche.

(FocusMo, 4 luglio 2011)

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Capire Israele in 60 giorni (e anche meno): il debutto della fumettista Sarah Glidden

La cronaca di un viaggio: quello di Sarah Glidden, ebrea-americana, per la prima volta nella sua terra d'origine, Israele. E subito si interroga sul significato del conflitto con la Palestina, che perdura da ormai troppo tempo. 208 pagine a colori raccolte da Rizzoli Lizard e pubblicate in questi giorni all'interno della graphic novel Capire Israele in 60 giorni (e anche meno), debutto assoluto nel mondo dei fumetti per la giovane, che ha già conquistato nel 2008 un Ignatz Awards, premi annuali assegnati a Washington, come Promising New Talent.



(Everyeye Network, 4 luglio 2011)

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Il governo israeliano moltiplica i permessi di lavoro ai palestinesi

Il parlamento di Gerusalemme ha preso questa decisione alla fine della scorsa settimana, e l'Autorità per la popolazione e l'immigrazione israeliana ha consegnato 2000 permessi nuovi a operai edili palestinesi. I costruttori israeliani festeggiano: da cinque mesi facevano pressioni sul governo affinché concedesse ulteriori licenze di lavoro in questo settore.
A loro dire, l'industria edile in Israele soffre infatti in maniera significativa per la mancanza di mano d'opera: tanto che anche i 4000 permessi già assegnati lo scorso febbraio si erano rivelati insufficienti per soddisfare la richiesta di operai. Attualmente decine di migliaia di palestinesi lavorano - legalmente e in nero - per compagnie edili israeliane; alcuni di loro, contribuiscono anche a costruire gli insediamenti ebraici in Cisgiordania, spinti dalla mancanza di lavoro e dai salari migliori pagati dai coloni rispetto alle imprese palestinesi.

(FocusMo, 4 luglio 2011)

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Sinai, una bomba distrugge il gasdotto frutto degli accordi fra Egitto e Israele

Secondo fonti di AsiaNews l'ordigno è stato piazzato da estremisti islamici contrari alle politiche pro-Israele ancora in vigore dopo la caduta di Mubarak. Ancora scontri in piazza Tahrir: 12 feriti.

IL CAIRO - Una bomba ha distrutto questa mattina un gasdotto nella regione Sinai settentrionale che fornisce gas a Israele e Giordania. Questo è il terzo attacco contro i gasdotti del Sinai, dopo la rivoluzione dei gelsomini e la caduta di Mubarak. Secondo fonti di AsiaNews l'ordigno è stato piazzato da un gruppo di estremisti islamici pro-Palestina per costringere il Consiglio supremo delle forze armate a un cambio di politica verso Israele.
Realizzato nel 2008, il condotto è frutto degli accordi fra Egitto e governo israeliano firmati a Camp David (Usa) nel 1978. La concessione prevedeva una fornitura gas a un prezzo preferenziale per circa 20 anni.
"Gli estremisti vogliono la rottura dei trattati di Camp David - affermano le fonti - e costringere il governo a sciogliere i legami con Israele portati avanti durante il regime di Mubarak". La fonte spiega che un'altra ragione legata agli attacchi è l'aumento del costo del gas. "Dopo la rivoluzione dei gelsomini - affermano - il governo dei militari ha ridotto la fornitura di gas nel Paese, provocando un aumento dei prezzi. Diversi gruppi islamici, fa cui i Fratelli musulmani, criticano le concessioni di favore fatte da Mubarak ai Paesi occidentali e a Israele, chiedendo la loro interruzione".
Le fonti sottolineano che a quattro mesi dalla caduta del rais, l'Egitto è ancora preda di un clima di instabilità.
Ieri, 12 persone sono rimaste ferite in piazza Tahrir durante una manifestazione in ricordo delle vittime della rivoluzione dei gelsomini. Secondo i media, a provocare gli scontri è stata l'azione violenta di alcuni negozianti del luogo, che hanno attaccato i dimostranti con l'appoggio di gruppi estremisti islamici. Nell'Alto Egitto, continuano gli scontri fra copti e musulmani. Lo scorso 30 giugno a Kolosna (Minya), centinaia di estremisti islamici hanno dato alle fiamme le abitazioni di alcuni cristiani. Circa 10 persone sono rimaste ferite.
Intanto, il governo ha dato il via al processo contro 48 estremisti coinvolti negli scontri fra cristiani e musulmani avvenuti in maggio a Imbaba (Il Cairo) e costati la vita a 12 persone

(AsiaNews, 4 luglio 2011)

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Se gli ebrei etiopi tornano in Israele

di Marco Tosatti

  
ROMA - Un gruppo cristiano ha dichiarato che potrebbe organizzare "il ritorno degli ultimi 8.700 ebrei etiopi in Israele" sponsorizzando quelli che sono noti come i voli dell'"Aliyah" "la salita" (al monte Sion, ndr) nei prossimi mesi. L'International Christian Embassy Jerusalem (ICEJ) un'istituzione cristiana evangelica con sede a Gerusalemme, ha dichiarato a "Worthy news" di aver ricevuto una richiesta di aiuto urgente da parte dell'"Agenzia ebraica", che sostiene di aver organizzato il ritorno di oltre tre milioni di ebrei in Israele a partire dal 1948. Il direttore delle operazioni Aliyah, Howard Fiore, ha definito l'operazione etiope «urgente data l'attuale situazione di siccità e sconvolgimenti politici della regione».
   Fiore ha detto che gli ebrei etiopi si trovano a fronteggiare scarsità di cibo e la prospettiva che le rivoluzioni caotiche nel mondo arabo possano diffondersi in Etiopia. Fiore ha sottolineato che ci sono «crescenti problemi medici» degli ebrei che vivono in campi profughi nella zona montagnosa di Gondar, dal momento che molte cliniche sono state chiuse a causa di mancanza di fondi. Ha aggiunto che ci sono bambini ebrei in una scuola Gondar in attesa del loro turno per tornare a casa in Israele in quanto sono stati separati dai familiari. I bambini crescono lontano dai loro nonni, che ora sono in età avanzata», Fiore ha detto.
   «L'Agenzia ebraica, preoccupata delle loro condizioni in via di peggioramento, desidera rendere più veloce l'operazione, e a causa dei tagli di bilancio vedrebbe con gratitudine un aiuto da parte della Christian Embassy», ha spiegato Fiore. «Siamo un partner di lunga data con l'Agenzia nella grande Aliyah moderna, e questo episodio ci offre un'altra straordinaria opportunità per contribuire al ritorno finale degli ebrei alla terra dei loro antenati«.
   La cooperazione fra la ICEJ e l'Agenzia Ebraica giunge in un momento in cui sono più vive le polemiche sulle regole per l'Aliyah, secondo quanto afferma BosNewsLife. Le autorità israeliane hanno respinto le domande di immigrazione di ebrei che credono in Gesù come loro Messia o sono stati presumibilmente coinvolti nelle attività cristiane. All'inizio di quest'anno, per esempio, [...è stata respinta] una richiesta del cugino della cantante americana Barbra Streisand a vivere in Israele. Dale Streisand, 57 anni, non ha ottenuto lo status di "nuovo immigrato" perché è risultato dal suo profilo sul sito sociale Facebook che era stato coinvolto in attività missionaria cristiana in passato.
   L'Alta corte di giustizia israeliana in passato ha inoltre confermato la decisione di non riconoscere lo status di immigrato a una persona di origine ebrea convertita al cristianesimo. Gli ebrei etiopi potrebbero trovarsi di fronte a un problema analogo. Tuttavia, l'ICEJ ha dichiarato che gli ebrei etiopi potrebbero dimostrare che sono stati obbligati "sotto pressione" a "convertirsi al cristianesimo" circa 150 anni fa per motivi economici, anche se desideravano conservare "la loro identità ebraica e le loro tradizioni."
   L'ICEJ ha riconosciuto che "anni di dibattito" sul loro stato si sono conclusi solo nel novembre scorso quando il governo israeliano e le autorità rabbiniche hanno "finalmente approvato le richieste di Aliyah di oltre 8 mila ebrei in Etiopia, che sono noti come "Falash Mura". L'Agenzia Ebraica ha fatto volare ogni mese circa 200 ebrei etiopi in Israele, ma di questo passo «ci vorranno fino a quattro anni per completare questa iniziativa unica di Aliyah», hanno dichiarato i responsabili dell'ICEJ.
   Il coinvolgimento ICEJ nel ritorno degli ebrei etiopi in Israele viene in piena luce nel 20mo anniversario dell''"Operazione Salomone", quando quasi 15 mila ebrei etiopi furono portati in Israele in quello che il gruppo ha definito "un ponte aereo drammatico", che previde 34 voli di andata e ritorno per un fine settimana nel maggio 1991. Diversi anni prima, un'altra operazione, chiamata "Operazione Mosè" aveva messo in salvo una prima ondata di migliaia di ebrei etiopi che erano fuggiti dalla guerra civile in corso nel paese e stavano cercando di raggiungere Israele a piedi attraverso il Sudan. L'attuale gruppo di oltre 8 mila Falash Mura rappresenta l'ultimo gruppo di ebrei etiopi che sarà in grado di arrivare in Israele sotto la "Legge del Ritorno", realizzando così l'antichissimo sogno di questa comunità isolata di far ritorno a Sion.
   L'International Christian Embassy è stata fondata nel 1980 da cristiani evangelici che volevano esprimere il loro appoggio a Israele e agli ebrei. Ha due sezioni principali: quella israeliana e quella tedesca. Entrambe sono guidate da Jürgen Bühler, figlio di Albert, un soldato della Wehrmacht che ha trascorso anni di prigionia in Russia dopo la Seconda Guerra mondiale. Albert fu aiutato a sopravvivere da due famiglie ebraiche, che gli diedero cibo e medicine. Sessanta anni più tardi Bühler ha lanciato una campagna per raccogliere fondi a sostegno dei sopravvissuti all'Olocausto in condizioni ecomiche difficili a Haifa.

(La Stampa, 4 luglio 2011)

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Concluso il viaggio in Iraele di EDIPI

Si è concluso il viaggio EDIPI 2011 "Nel cuore di Isarele con Israele nel cuore" con risultati che sono andati al di là delle più rosee aspettative.
Solo un piccolo gruppo è rimasto ancora per verificare i contatti e il programma del viaggio EDIPI 2012 "Camminare nella storia di Israele - Tour di Archeologia Biblica" che si avarrà di una guida di fama internazionale come Dan Bahat.
Il viaggio EDIPI di quest'anno prevedeva due programmi distinti: uno indirizzato a quanti si recavano per la prima volta in Israele, scegliendo con cura e attenzione un itinerario ricco di appuntamenti di interesse storico, culturale e archeologico, avvalendosi di una guida israeliana quanto mai provetta. Il risultato è stato quanto mai entusiasmante al punto che è stato richiesto un altro viaggio già dal prossimo anno. Molto toccante è stata anche l'occasione di un battesimo sul fiume Giordano.
L'altro programma invece era indirizzato a quanti sono stati più volte in Israele (in alcuni casi oltre 20 volte); questa seconda opportunità ha avuto come guide alcuni dei più importanti leader ebreo-messianici che ci hanno portato ad analizzare il passato biblico alla luce della vicende politiche attuali dipanandole in una lettura spirituale. Abbiamo visitato congregazioni messianiche sotto tiro degli Hezbollah al nord di Israele, pastori messianici che vivono nella biblica Samaria (area spacciata dai media come colonie ebraiche nella West Bank), congregazioni nel deserto del Neghev fortemente discriminate dagli ebrei ultraortodossi oltre a capitare nel bel mezzo di un'esercitazione per la sicurezza con una sirena di allarme che ci ha portato a visitare anche un rifugio di una scuola per finire con una visita fino al confine con la striscia di Gaza, scoprendo situazioni ben diverse di quanto televisioni e media ci propinano. In mezzo a tanta complessità abbiamo compreso l'importanza del recupero dell'ebraicità di alcune aree politicamente sensibili (dei nervi politici esposti!) come la Samaria e la Giudea.

(EDIPI, 4 luglio 2011

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Il dibattito sul pollo kosher

E' il caso che si discute in ogni strada di Mea Sharim, il quartiere degli ebrei ultraortodossi della Città Santa, da più di una settimana. In un piccolo allevamento nel quartiere è nato un pollo a quattro zampe, caso che ha suscitato grande attenzione dal punto di vista biologico - evento rarissimo, il primo in Israele - ma ha subito suscitato un acceso dibattito. Il pollo è un cibo kosher - cioè autorizzato dal rabbinato nel suo consumo - ma quello con quattro zampe è ancora da un "pollo kosher"? L'animale per il momento ha scampato il suo destino in attesa che ci sia una pronuncia ufficiale in merito. E' intervenuta la Legain difesa degli Animali, offrendosi di acquistare e salvare così il pollo "anomalo", ma il proprietario dell'allevamento Yoelish Kraus ha già ricevuto offerte di una certa consistenza (oltre duecento euro) da scuole rabbiniche per l'animale. Scopo dell'acquisto è poterlo mostrare nelle yeshivot per poter discutere con i ragazzi "ciò che è kosher da ciò che non lo è". Il rabbino Yaakov Yosef, il figlio del rabbino Ovadia Yosef che è la guida spirituale di tutti gli ebrei sefarditi, ha stabilito che il pollo a quattro zampe non è kosher, ma al momento il suo è solo un parere. Certo il "pollo quadrupede" presenta un aspetto interessante dal punto di vista sociale: da un lato è il sogno di ogni mamma ebrea, che serve il pollo arrosto per la cena di shabbat, finalmente ci potrebbero essere cosce per tutti i commensali. Dall'altro lato, però, c'è un problema di cibo kosher: l'assunto fondamentale è che l'animale, prima della macellazione rituale, debba essere perfettamente sano. Quindi la domanda a cui dare una risposta è: un pollo a quattro zampe, chiaramente un'anomalia, è da considerarsi sano o malato e quindi inadatto alla macellazione?
Il pollame è un alimento base per i consumatori ebrei e Israele è una superpotenza mondiale nel consumo di polli. E' infatti al primo posto nel mondo nel consumo pro capite con 56,16 kg all'anno (secondo dati del 2009), seguito a ruota dagli Usa con 42 kg. Tutti gli altri Paesi sono molto più indietro: il Canada è al terzo posto con 35,1 kg, mentre l'Italia è solo al 19o posto con 19.3 kg a testa. La discussione a Mea Sharim è ancora aperta e ci sono opinioni diverse in proposito e i rabbini specialisti di macellazione stanno ancora affrontando il caso. Il pollo, almeno finché dura la discussione, è salvo.

(la Repubblica, 4 luglio 2011)

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Nuova boutique a Tel Aviv dell'azienda Coccinelle

MILANO, 4 lug. - Apre, a Tel Aviv, la prima boutique monomarca del'azienda italiana Coccinelle, operante nel settore moda. Il marchio compie cosi' il suo ingresso nel mercato israeliano. Alla cerimonia di apertura presente anche la figlia dell'ex- Primo Ministro israeliano Yitzhak Rabin, Dalia Rabin-Pelossof.
La boutique, situata all'interno del nuovo ed esclusivo G Zameret Boutique Mail, e' caratterizzata dal concept store di Coccinelle.L'immagine miminale che contraddistingue i negozi Coccinelle e' arricchita da dettagli che assicurano funzionalita' agli spazi e offrono alla clientela un'atmosfera accogliente.
''Tel Aviv- spiega Angelo Mazzieri, AD e Presidente di Coccinelle- e' una citta' molto moderna e dinamica, una metropoli giovane e cosmopolita, perfettamente in linea con i valori e l'identita' del nostro brand. E' la prima volta che siamo presenti in questo Paese con un nostro store e per il nostro debutto abbiamo scelto come cornice un mall di recente realizzazione, che sta riscuotendo un grandissimo successo sia a livello di immagine che per numero di visitatori''. Con la boutique israeliana sale a 79 il numeri di punti vendita monomarca Coccinelle nel mondo.

(Adnkronos, 4 luglio 2011)

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Quel piano dell'Onu per isolare Israele

di Magdi Cristiano Allam

La verità è che in tutto il Medio Oriente sta crescendo il potere del radicalismo islamico. Egitto e Tunisia annunciano di voler rivedere (o non avere) i rapporti con Israele

Se vogliamo toccare con mano la realtà di quanto sta accadendo sull'altra sponda del Mediterraneo e sulla strategia dei burattinai che sono riusciti a diffondere il mito della cosiddetta «Primavera araba», dobbiamo considerare attentamente il piano in atto per il riconoscimento unilaterale del sedicente «Stato della Palestina» con una risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite nella sessione di settembre. L'obiettivo è di mettere Israele di fronte a un fatto compiuto, accrescerne l'isolamento internazionale facendolo passare per il nemico della pace, stimolando l'offensiva del terrorismo islamico e nazionalista il cui scopo dichiarato è l'annientamento fisico dello Stato del popolo ebraico.
   Per la verità qualora l'Assemblea generale dell'Onu, le cui risoluzioni non sono comunque impositive, dovesse riconoscere a maggioranza uno «Stato della Palestina», non si tratterebbe affatto di una novità assoluta. Perché già il 15 novembre 1988 ad Algeri il Consiglio nazionale palestinese (il Parlamento dell'Olp - Organizzazione per la liberazione della Palestina) proclamò la nascita dello «Stato della Palestina» e finora 119 Stati sui 192 del mondo l'hanno già formalmente riconosciuto attribuendo alla rappresentanza palestinese il rango di ambasciata. Tra questi figurano 8 stati membri dell'Unione Europea (Malta, Cipro, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Polonia), altri stati europei (Serbia, Albania, Bielorussia, Ucraina, Georgia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro), due Stati membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu (Russia e Cina), in aggiunta a Stati di peso sulla scena internazionale tra cui India, Turchia, Argentina, Brasile, Indonesia), e ovviamente tutti i Paesi membri della Lega degli Stati Arabi e dell'Organizzazione della cooperazione islamica.
   Con un'eccezione significativa, la Siria di Assad, che vanta diritti sui territori palestinesi, sulla Giordania e sul Libano, a oggi non ha riconosciuto lo «Stato della Palestina» così come non ha una propria ambasciata a Beirut.
   Gli altri Stati dell'Unione Europea, pur non riconoscendo formalmente lo «Stato della Palestina», all'indomani della sua proclamazione nel 1988 hanno elevato lo status diplomatico della rappresentanza dell'Olp al rango di ambasciata in Francia e in Irlanda, e di Delegazione generale della Palestina o palestinese in tutti gli altri Stati attribuendo di fatto al rappresentante palestinese il rango di ambasciatore. Mettendo insieme quelli che hanno riconosciuto formalmente lo «Stato della Palestina» e quelli che di fatto lo riconoscono attribuendo alla rappresentanza palestinese uno status diplomatico, si arriva al totale di 157 Paesi tra cui figura lo stesso Israele che è ufficialmente impegnato in negoziati di pace prima con l'Olp e poi con l'Autorità nazionale palestinese sin dalla storica stretta di mano tra Arafat e Rabin alla Casa Bianca il 13 settembre 1993 con la mediazione di Bill Clinton.
   Ebbene se in 23 anni, dal 1988 a oggi, lo «Stato della Palestina» è esistito solo sulla carta pur essendo riconosciuto dalla maggioranza dei 192 Stati membri delle Nazioni Unite, perché mai oggi si torna alla carica per ottenerne il riconoscimento da parte dell'Assemblea generale dell'Onu? Perché pur auspicando Israele una soluzione negoziata che sfoci nella nascita di uno Stato palestinese che riconosca il diritto di Israele ad esistere come Stato del popolo ebraico, rinunci definitivamente all'uso della forza per conseguire le proprie rivendicazioni, salvaguardi le legittime esigenze di sicurezza di Israele, il presidente dell'Anp Abu Mazen è determinato a sfidare il premier israeliano Netanyahu mettendolo di fronte alla proclamazione unilaterale dello «Stato della Palestina»? Perché Abu Mazen non si siede al tavolo delle trattative per concordare una pace definitiva con Netanyahu negoziando tutti i punti controversi? Perché si sta assistendo a un irrigidimento nell'atteggiamento di Abu Mazen, considerato un moderato, dopo la recente rappacificazione con Hamas, da lui stesso condannata recentemente come organizzazione criminale per aver imposto la sua dittatura islamica a Gaza dopo aver sterminato i soldati dell'Anp?
   La verità è che in tutto il Medio Oriente sta crescendo il potere del radicalismo islamico che ha come suo primo effetto l'accentuazione dell'ostilità contro Israele. Sia le autorità egiziane sia quelle tunisine, espressione della cosiddetta «Primavera araba», hanno annunciato l'intenzione di rivedere o di non avere affatto rapporti con Israele. La «Commissione per le riforme politiche» in Tunisia ha escluso «qualsiasi forma di normalizzazione dei rapporti con lo Stato sionista». Così come la verità è che la strategia finalizzata all'ascesa al potere di questi islamici radicali che fanno riferimento ai Fratelli Musulmani è sostenuta dall'Occidente, da intendersi come gli Stati Uniti e l'Unione Europea, in cambio della collaborazione per eliminare il terrorismo islamico jihadista, cioè di Bin Laden e dei suoi simili.
   In tutto ciò chi sembra destinato a pagare il conto più di altri è proprio Israele.
   Lo scorso giovedì, 30 giugno, nella Biblioteca Spadolini del Senato, su iniziativa dell'associazione «Cristiani per Israele», è stata lanciata la mobilitazione internazionale per la raccolta delle firme contro l'iniziativa dell'Assemblea generale dell'Onu per mettere Israele di fronte al fatto compiuto del riconoscimento unilaterale dello «Stato della Palestina». Primo firmatario è stato l'ex presidente del Senato Marcello Pera, seguito dai senatori Lucio Malan e Luigi Compagna. Siete tutti invitati a manifestare il vostro sostegno al diritto inalienabile di Israele ad esistere come Stato del popolo ebraico, a sostegno di una pace negoziata e non imposta che assicuri uno Stato palestinese pacifico e costruttivo.
   Nei prossimi giorni partirà una campagna per la raccolta delle firme da consegnare al Segretario generale dell'Onu. Firmate anche voi a favore della sacralità della vita che oggi più che mai ha in Israele il suo emblema e per una pace che garantisca la vita e non la morte a tutti, senza eccezione, compresi i palestinesi.

(il Giornale, 4 luglio 2011)

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Israele: bassa mortalità infantile ma obesità in aumento

L'OECD Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico ha messo in evidenza la bassa mortalità infantile d'Israele e l'alto livello di obesità. La buona notizia é che la mortalità infantile é relativamente bassa. La longevità e la fertilità sono a livelli alti e che Israele gode di una alta qualità medica.
La notizia cattiva é che invece l'obesità é in aumento . I tassi della spessa pubblica sulla salute sono di solo due terzi in confronto alla media degli altri paesi dell' OECD. L' Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico ha emesso giovedì il primo rapporto comparativo sui fattori indicativi di salute dei suoi paesi membri da quando il settembre scorso Israele si è unito a questi ultimi . Il ministro deputato della salute Yaacov Litzman ha lodato la "pagella" d'Israele e ha sottolineato che " il sistema sanitario e le sue conquiste riflettono la sue estese attività ".

(FocusMo, 4 luglio 2011)

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L'industria militare israeliana vola

Record di export nel 2010. E Israele rafforza i rapporti commerciali in campo militare con America latina e Cina.

di Ika Dano

  
    Un drone della Israel Aerospace Industries
BEIT SAHOUR (Territori Palestinesi) - 20 aerei da combattimento per il valore di 2.75 milliardi di dollari. Questo il regalo promesso al segretario di stato USA Hillary Clinton ad Israele, se solo avesse accettato di bloccare la costruzione di colonie sul suolo palestinese per tre mesi durante i negoziati di pace dello scorso novembre 2010. Un regalo succulento, che per altro non servì a convincere il primo ministro Benjamin Netanyahu. E che dato il rapporto strategico tra la potenza militare americana e l'alleato in medio oriente non sorprende. Suonano nuovi invece accordi come quello preso tra l'esercito americano e la compagnia statale Israel Military Industries ltd. All'inizio dell'anno gli americani, rimasti a corto di munizioni per la media di 250 000 proiettili impiegati in Irak e in Afghanistan per ognuno dei "ribelli" caduti - 24 000 secondo Wikileaks solo in Iraq e senza contare i civili, per alcuni più di un millione - si sono trovati costretti ad importare munizioni dall'estero. E si sono rivolti a una delle quattro grandi dell'industria militare israeliana, rifornitore principale dell'esercito israeliano.
   Israel Military Industries ltd. ha fatto di Israele il quarto esportatore mondiale di armamenti nel mondo, insieme alle altre "big" del settore: Elbit Systems, Israeli Aerospace Industries (IAI) e Rafael. Nove anni fa, questo stato di sette milioni di abitanti era ancora al decimo posto della classifica mondiale. Oggi, da buon allievo, sta per superare il maestro, con un budget militare del 8.9% del prodotto interno lordo, contro il 3.1% delgi Stati Uniti e il 2.6% della media mondiale. Il record è stato battuto nel 2010, quando Israele si è aggiudicato 7% dell'export militare mondiale.
   "Siamo consapevoli delle sfide che ci troveremo ad affrontare, ma continueremo a lavorare per mantenere il livello raggiunto sinora e anzi migliorarlo" ha detto il brigadiere generale Shmaya Avieli al quotidiano israeliano Jerusalem Post, la scorsa settimana alla Fiera internazionale "Paris Air Show". Avieli è direttore del distaccamento del Ministero della difesa (SIBAT), incaricato di gestire le licenze per l'esporto e l'intero marketing dell'industria militare. Le sfide da affrontare a cui si riferiva sono non solo la crisi economica mondiale, ma proprio l'annunciato ritiro delle truppe americane da Irak e Afganistan.
   9.6 milliardi di dollari, questo l'incasso dell'esporto di armi nel 2010, 3% del PIL secondo il portale United Press International. Già qualche anno fa, in un intervista riportata sul sito del Ministro della difesa israeliano, l'ex direttore del distaccamento SIBAT, ed ex-generale maggiore dell'esercito Yossi Ben Hanan, ribadiva la particolarità del caso israeliano: l'industria bellica dipende dall'esporto. Più del 75% della produzione è destinata all'estero, solo il 25% viene impiegato nell'esercito israeliano. Questa dipendenza - ha proseguito il generale - "è lucrativa", concludendo poi : "Un problema per l'economia potrebbe porsi di fronte ad una crisi politica tra Paesi o una catastrofe naturale di magnetitudine colossale da qualche parte nel mondo, cose che avrebbero certo consequenze per l'esporto bellico di Israele". Consequenze peraltro non per forza negative.
   Israele è stato uno dei Paesi che meglio ha saputo approfittare della globalizzazione. Dopo i primi quarant'anni di dipendenza quasi totale dagli aiuti finanziari americani, dai risarcimenti tedeschi ai superstiti dell'Olocausto e dalle donazioni di organizzazioni sioniste internazionali, è diventato uno dei piò importanti Paesi esportatori pro capite del mondo. Soprattutto dopo gli Accordi di Oslo del 1993 - inagurazione dell'Autorità palestinese ma soprattutto della liberalizzazione economica - il deficit israeliano e la dipendenza dall'importo è diminuita drasticamente. Il volume totale degli importi ammontava nel 2010 a 55.6 milliardi di dollari, quello degli esporti di poco più basso, con 54.3 milliardi l'anno. Il ruolo dell'industria bellica in questo sviluppo economico è stato determinante. Due esperti israeliani intervistati dall'agenzia stampa cinese Xiuhna spiegano come le compagnie militari siano il motore dell'economia, anche al di là dell'export, fungendo da vivaio per la ricerca high-tech e la formazione di esperti che trovano poi impiego nell'industria civile.
   "Una delle ragioni del successo israeliano è che Israle sa fare una chiara distinzione tra relazioni politiche e relazioni in campo militare con altri Paesi" ha dichiarato l'ex general maggiore Giora Eiland a Xiuhna. "Diversi Stati ci sono piuttosto ostili in forum internazionali, ma apprezzano una quantità di nostri prodotti".
   Oltre alla Turchia, anche l'America latina non disdegna Israele, quando si tratta di armamenti. L'Argentina, il Brasile, il Cile, la Colombia e l'Ecuador sono acquirenti di equipaggiamento militare e tecnologia israeliani, come documentato in un accurato studio pubblicato dalla campagna palestinese Stopp the Wall nel 2010. Non solo armi convenzionali, ma soprattutto veicoli aerei senza pilota sono il fulcro dei rapporti commerciali Israele-America latina. L'ultimo contratto è fruttato alla Elbit systems 50 millioni di dollari per tre anni per la vendita di 900 aerei autopilotati Hermes 900 UAV, collaudati dall'esercito israeliano durante la guerra a Gaza e già venduti ad altri partner quali la Gran Bretagna.
   Anche la Cina non fa mistero dell'interesse economico che la lega ad Israele. Durante una visita ufficiale alla controparte israeliana, il ministero della difesa cinese Liang ha sottolineato l'importanza della fiducia e dei risultati acquisiti dopo 19 anni di rapporti diplomatici in nome del pragmatismo. Il ministro Barak gli ha fatto eco sul quotidiano China Daily, augurandosi un proseguo della fruttosa cooperazione e di migliorare il rapporto strategico tra i due eserciti.
   Intanto la cooperazione con gli alleati di vecchia data prosegue al meglio. Proprio alla Fiera Air Show di Parigi, l'Airbus Military, filiale del consorzio europeo EADS, ha firmato un memorandum d'intesa con uno dei giganti dell'industria israeliana, la Israel Aerospace Industries (IAI). Subito dopo, ecco seguire un contratto tra l'europea Airbus e la filiale israeliana ELTA Systems per lo sviluppo congiunto e la commercializzazione di un nuovo modello di aereo militare dotato di sistema di comando e allerta all'avanguardia (AEW&C), a cui verrà integrato un sistema radar AESA prodotto dalla ELTA Systems. Nena News.

(Near East News Agency, 4 luglio 2011)

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Freedom Flotilla 2: la missione fa acqua

  
GOUVIA (Corfù) - La Freedom Flotilla è affondata prima di partire nelle acque agitate della burocrazia ellenica, della diplomazia israeliana e occidentale, e dell'incertezza dei suoi stessi partecipanti. Adesso che John Klusmire, il comandante della Audacity of hope, la nave americana battezzata come il libro di Obama, è stato arrestato per aver tentato di prendere il largo, quel che resta della speranza è poco audace: a Corfù come ad Atene lunghe, articolate riunioni degli attivisti si risolvono in rivoli di discussioni tra i vari gruppi nazionali e gli organizzatori sembrano - sotto il tendone in riva alla spiaggia di Gouvia - come animatori tristi di villaggi vacanze a fine stagione.
Le alternative proposte alla partenza coatta, difficili e improponibili poiché metterebbero a rischio l'incolumità giuridica di Petros, il comandante greco che si dovrebbe assumere la responsabilità di salpare nonostante l'incompletezza burocratica (manca l'ok del registro del Togo, di cui la "Stefano Chiarini" batte bandiera), sembrano inefficaci per tenere alta l'attenzione sulla flottiglia: proteste andando in giro per l'isola a sensibilizzare i turisti, attesa fino a martedì nella speranza che arrivino i documenti e con un cambio di destinazione (non più Gaza, ma l'Egitto, o anche solo Creta) che permettano la partenza.
Tra i volti degli oltre 80 partecipanti - tra cui diversi di origine palestinese, di cui uno gioca con un portachiavi con l'effige di Arafat - fino a ieri disposti ad affrontare la reazione dei militari israeliani, la delusione e lo smarrimento prendono forma di brusii d'insofferenza verso il comitato organizzatore generale: il trio che guida la discussione viene visto come un Politburo. Ci si accontenta, per non mettere subito la parola fine, di aggiornarsi a martedì alle 15, in attesa di decidere l'atto conclusivo, ormai quasi certamente solo dimostrativo. "Freedom botillia", esclama Vauro, che cerca di trovare un appiglio mediatico e un futuro coinvolgimento per la ciurma rimasta a terra. Se la Freedom flotilla è affondata simbolicamente, si può pensare di organizzare la spedizione attraverso le correnti del Mediterraneo di migliaia di bottiglie (di vetro) con lettere e simbolici doni per i palestinesi: se non può essere una battaglia, può essere una bottiglia che conservi l'impegno e la volontà di essere vicini alla causa della Striscia.

(Il Fatto Quotidiano, 3 luglio 2011)

Centro commerciale a Gaza

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Scontri a Hebron: 30 feriti

Sono almeno 30 le persone rimaste ferite in scontri nel settore palestinese di Hebron, in Cisgiordania, tra la polizia palestinese e manifestanti integralisti islamici.
I disordini sono iniziati quando la polizia ha disperso con i lacrimogeni un migliaio di manifestanti, che chiedono la creazione di un califfato in tutto il mondo musulmano e accusano l'autorità nazionale palestinese di scendere a patti con il "nemico sionista". Almeno 10 i poliziotti feriti con pietre.

(il Giornale di Pachino, 3 luglio 2011)

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Arrestato celebre rabbino, tensione a Gerusalemme

GERUSALEMME, 3 lug. - La polizia israeliana ha arrestato questa mattina a Gerusalemme il rabbino Yaakov Yosef con l'accusa di incitamento "alla violenza e al razzismo": subito dopo il suo arresto, numerose persone sono scese in strada per protesta, provocando alcuni incidenti con le forze dell'ordine. Yosef è figlio del fondatore del partito sefardita Shas, Ovadia Yosef. "Abbiamo arrestato il rabbino Yosef per interrogarlo riguardo a un presunto incitamento alla violenza e al razzismo", ha dichiarato il portavoce della polizia Micky Rosenfeld. Da mesi la polizia cercava invano di interrogare Yaakov Yosef per chiedergli spiegazioni sulla sua lettera di approvazione di un testo religioso apparentemente eversivo, "La Legge del Re", che giustifica l'uccisione di civili innocenti non ebrei in caso di guerra. La settimana scorsa numerosi disordini si erano verificati a Gerusalemme in seguito al fermo di un altro rabbino oltranzista, Dov Lior, che aveva espresso analoga approvazione.

(TMNews, 3 luglio 2011)

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Umorismo ebraico

Scoprire l'imperfezione iniziando da se stessi

Se si vuole cercare la voce «umorismo» negli elenchi delle parole bibliche, si resta delusi. Non c'è. Anche ripercorrendo le storie raccontate nel testo, non viene in mente niente che faccia ridere. Si potrebbe concludere che il popolo eletto non avesse il senso dell'umorismo come se il fatto di essere amato dal suo Dio e chiamato ad osservarne i precetti, portasse a perdere ogni voglia di ridere. Dalla tradizione successiva però si scopre che esiste una vasta gamma di motti, aneddoti, storielle buffe. Sono dovute in maggior parte al patrimonio yiddish, quello degli ebrei dell'Europa orientale che parlavano una lingua ebraico-germanica. È curioso che proprio questa gente, vittima dei pogrom e di varie ondate di persecuzione ben prima dello sterminio nazista, abbia coltivato la capacità di ridere e la voglia di farlo pur tra le difficoltà. L'umorismo è di fatto una grande forza perché aiuta a vedere le cose da un punto di vista inusuale, quello che fa mettere a fuoco l'aspetto buffo di una situazione persino di quella difficile. Lo humour non è segno di poca serietà o di scarsa consapevolezza della durezza della vita. Si tratta piuttosto della scoperta che ogni essere umano e ogni situazione ha un aspetto di limite o di debolezza grazie a cui si scopre che nessuno è perfetto e che nessuno genera situazioni perfette nel bene e nel male. Poter rappresentare il nemico sotto forma di vignetta umoristica aiuta a mettere a fuoco che anch'egli è come tutti e fa le cose che tutti fanno con le stesse debolezze: anche il nemico fa gaffe, sbaglia le parole, ha bisogni corporali, ha un naso grosso o balbetta…
Grazie a questa strategia si può ritrovare la forza di battersi e di reagire ai soprusi perché si ha chiaro che davanti si ha sempre e solo un uomo, non un semidio, per quanto feroce possa essere. L'umorismo si differenzia dall'ironia e dalla satira: queste sono forme pensate per colpire con frecciate possibilmente velenose un avversario per ferirlo o addirittura ucciderlo. La satira spesso è il primo strumento per abbattere i dittatori. È il mezzo più che legittimo che spesso si usa per sconfiggere nell'immagine prima che nella realtà un avversario politico, religioso o di altro genere.
La satira e l'umorismo quindi non coincidono. Si potrebbe sintetizzare dicendo che la satira vuole colpire un altro (magari per ragioni legittime) mentre il senso dell'umorismo serve a dare coraggio a se stessi perché ridimensiona le cose e fa prendere le distanze da ogni assolutizzazione compresa quella di se stessi. Proprio il credente dovrebbe guardare se stesso con mite umorismo senza prendersi troppo sul serio perché sa bene di essere sempre limitato. In fondo, volendo essere sinceri, ci si dovrebbe ricordare che in certe occasioni o per certe caratteristiche ognuno di noi fa ridere. Non per niente un motto che circolava qualche tempo fa recitava: «Beati quelli che sanno ridere di se stessi. Non finiranno mai di divertirsi».

(Bresciaoggi.it, 3 luglio 2011)

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Razzo lanciato da Gaza colpisce Israele

GERUSALEMME, 3 lug. - Un razzo lanciato dalla Striscia di Gaza si è abbattuto questa mattina sul sud di Israele senza fare vittime: lo ha reso noto l'esercito dello Stato ebraico. "Un razzo lanciato dalla Striscia di Gaza è caduto su un terreno disabitato della zona di Eshkol", ha dichiarato un portavoce. La stessa area è già stata presa di mira più volte nelle ultime settimane da presunti militanti palestinesi. Il nuovo lancio di razzi giunge in un momento di accresciuta tensione nella regione a seguito della volontà di Israele di impedire l'arrivo a Gaza di una nuova flottiglia con aiuti umanitari. Israele ha negato le accuse secondo cui avrebbe cercato di sabotare le navi della Freedom Flotilla 2, lanciate dagli attivisti pro-palestinesi intenzionati a violare l'embargo israeliano alla Striscia di Gaza. Gli attivisti hanno accusato Israele di aver sabotato due imbarcazioni attraccate in Turchia e in Grecia, per impedire alla flottiglia di salpare per Gaza. Il ministero degli Esteri israeliano ha respinto seccamente le accuse: "sono ridicole" e riflettono "le teorie della cospirazione", ha detto il portavoce del ministero, Ygal Palmor. (con fonte afp

(TMNews, 3 luglio 2011)

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Cure per la pace e la fibrosi cistica

di Alberto Mantovani* e Baroukh M. Assael **

La fibrosi cistica è una delle malattie genetiche più frequenti nelle popolazioni occidentali. In Italia colpisce un neonato ogni 2.500-3.000. È una malattia cronica ed evolutiva che coinvolge numerosi organi e apparati: nel caso dei polmoni, a esempio, l'infiammazione e l'incapacità di controllare alcuni agenti infettivi determinano un progressivo deterioramento degli organi stessi e un declino graduale della funzionalità, fino all'insufficienza respiratoria.
La fibrosi cistica è provocata dalla mutazione di un gene, identificato nel 1989, la cui scoperta ha consentito di fare molto dal punto di vista della diagnosi genetica e della prevenzione. In Italia molte regioni - la prima fu il Veneto, che vanta un primato mondiale - hanno istituito programmi di diagnosi alla nascita (screening neonatale) che rappresentano oggi la principale modalità di identificazione della malattia.
La scoperta del gene della fibrosi cistica - il primo responsabile di malattia a essere identificato - ha fatto storia dal punto di vista della Medicina. Negli anni Novanta la maggioranza dei protocolli di studio di terapia genica nel mondo riguardava proprio la fibrosi cistica. Tuttavia la strada si dimostrò ardua sul piano clinico. Le speranze si indirizzarono allora verso lo sviluppo di farmaci basati sulle conoscenze acquisite sui meccanismi che dal gene portano alla malattia. Il nesso tra l'alterazione genetica e il modo in cui la fibrosi cistica si manifesta rimane però per molti aspetti non del tutto chiarito e a oggi non esiste una cura definitiva. I pazienti sono sottoposti a terapie continue per prevenire l'infezione respiratoria cronica o limitarne i danni. In Italia l'istituzione di centri regionali di riferimento ha molto migliorato l'assistenza e rappresenta un modello perseguito nel mondo: laddove questi centri specializzati esistono, l'andamento della malattia ha conosciuto notevoli progressi e, oggi, la prolungata sopravvivenza dei pazienti fa sì che questa non sia più solo una patologia pediatrica.
  
Ospedale Hadassah - Mount Scopus
Un esempio dell'efficacia dei centri specializzati viene dal Medio Oriente dove, nonostante il conflitto arabo-israeliano, numerosi bambini arabi-palestinesi sono stati curati presso il dipartimento di Pediatria dell'Ospedale Hadassah - Mount Scopus di Gerusalemme, diretto da Eitan Kerem nell'ambito del Gaza Project for cystic fibrosis. Il reparto guidato da Kerem - autorità riconosciuta a livello mondiale per questa malattia - è uno dei pochi luoghi in Israele dove israeliani e arabi si incontrano in un contesto che permette loro di conoscersi e di aiutarsi: uguaglianza nella malattia e nelle cure. La sfida dei medici è sempre stata fornire le migliori cure mediche nel rispetto delle differenze etniche, culturali e religiose dei pazienti. Lo stesso personale medico e infermieristico, ebreo e arabo, riflette queste differenze.
Il Progetto Gaza non fornisce solo cure mediche. In collaborazione con il Centro Peres per la Pace, il dipartimento di Pediatria dell'Hadassah si è posto l'obiettivo di formare personale medico e paramedico palestinese per la creazione di un centro specializzato nella stessa Gaza. Dopo la chiusura delle frontiere, per i piccoli pazienti è infatti sempre più difficile arrivare a Gerusalemme. Già tre medici, un'infermiera e un fisioterapista provenienti dal territorio palestinese hanno effettuato un corso intensivo di un anno presso il dipartimento di Kerem: oggi sono autonomi, e il centro di Gaza per la cura della fibrosi cistica comincia a vivere di vita propria e a ridurre, se non a eliminare, la necessità di viaggi della speranza. Ma le cure costano e questo centro continuerà ad avere bisogno del sostegno delle organizzazioni internazionali per garantire i farmaci e la completa assistenza di cui necessitano i bambini di Gaza.
Il Progetto Gaza costituisce un concreto esempio di come la medicina possa superare le barriere tra i popoli, diventando uno strumento di dialogo e di pace al di là di ogni differenza etnica, culturale e religiosa. C'è da augurarsi che la fibrosi cistica, che ha fatto storia dal punto di vista della medicina, possa dare un piccolo contributo a fare storia anche dal punto di vista della pace fra i popoli e del dialogo tra israeliani e palestinesi.


*   Direttore scientifico dell'Istituto clinico Humanitas - Irccs e docente Università degli studi di Milano;
** Direttore dell'Unità operativa Centro fibrosi cistica dell'Ospedale civile maggiore - Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona

(Il Sole 24 Ore, 3 luglio 2011)

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Freedom Flotilla 2, storia di una spedizione "ammaccata"

«Stiamo perdendo tempo con questi qui. Sono giorni che dicono di essere pronti a salpare. Ma poi non lo fanno mai». Le parole del cronista di una all news araba, pronunciate ieri sera sul molo greco di Perama, vicino Atene, rendono bene l'idea di cosa stia succedendo attorno alla seconda spedizione della Freedom Flotilla.
Dopo gli annunci, dopo le minacce, dopo le dichiarazioni di non violenza, infatti, le navi restano sempre là. Ancorate al porto. L'unica che ha tentato di avviare la spedizione - l'americana "Audacity of hope" - è stata fermata ieri in mare aperto da un'unità marina greca venti minuti dopo aver lasciato Perama. Dopo giorni di silenzio, le autorità locali hanno ufficialmente dichiarato che nessuna nave - con destinazione ufficiale Gaza - dovrà lasciare il porto.
E allora. Raccontano gli inviati in Grecia contattati da Falafel Cafè che buona parte delle emittenti tv sta lasciando il terreno. In questo momento è più interessante seguire quel che succede ad Atene, dopo le misure di austerità, «piuttosto che questi padri pellegrini dell'ultim'ora», come ha detto un cronista americano.
La Freedom Flotilla 2 non va. Non ancora almeno. Dopo le navi sabotate (Israele, principale indiziata, ha negato qualsiasi coinvolgimento) e dopo le decine di ore di dirette video sugli schermi di mezzo mondo, a regnare è l'incertezza. E un po' di apatia. «Sono qui da due settimane», racconta Joseph Dana, giornalista e scrittore di stanza in Cisgiordania. «Stasera penso di tornare a casa a dormire finalmente sul mio letto e a lavorare su un pc con uno schermo grande e un collegamento a Internet senza interruzioni».
Pare anche che qualche attivista, stanco dei continui ritardi, abbia deciso di abbandonare la spedizione. Gli organizzatori smentiscono la notizia, ma è anche vero che - stando alle testimonianze di almeno un paio di giornalisti europei - alcune persone hanno lasciato le navi della Freedom Flotilla e non sono più rientrate.

(Falafel Cafè, 2 luglio 2011)

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La Tunisia dice no per legge alla normalizzazione con Israele

La commissione di riforma politica tunisina ha annunciato ieri di aver adottato - a maggioranza - un «patto repubblicano» che sarà la base della futura nuova Costituzione e in cui si stipula in particolare il rifiuto di qualsiasi normalizzazione con Israele. Il presidente della commissione, Yadh Ben Achour, nel dare l'annuncio del «patto», non ha fornito particolari, ma la stampa tunisina in lingua araba ha pubblicato il contenuto, che definisce la Tunisia un Paese democratico e libero, la cui lingua è l'arabo e la cui religione è l'islam. Il patto, che farà da base alla futura Costituzione, respinge categoricamente «qualsiasi forma di normalizzazione con lo Stato sionista», e appoggia la causa palestinese. La clausola sui futuri rapporti con Israele è stata oggetto di disaccordo tra i membri della commissione. Per il suo inserimento aveva insistito soprattutto il movimento islamico Ennahda, ritiratosi lunedì scorso dalla commissione, accusata di di comportarsi come un parlamento non-eletto. 'fra i principi basilari del «patto» figura la «separazione fra politica e religione», il diritto di ogni cittadini alla propria fede religiosa e a praticarla. Viene inoltre stabilita la separazione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario.

(Avvenire, 2 luglio 2011)

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Scoperti in Israele i resti di un parente del grande sacerdote Caifa

di Giuseppe Lembo

Archeologi israeliani hanno annunciato mercoledì 29 giugno la scoperta di un ossario di 2000 anni con i resti che potrebbero essere quelli di un parente del grande sacerdote Caìfa. Questa identificazione è stata resa possibile grazie ad un'iscrizione in aramaico incisa sull'ossario "Myriam ragazza di Yeshua, figlia di Caifa, sacerdote di Maazayu, di Beth Imri". "L'importanza dell'iscrizione risiede nel riferimento alla discendenza della defunta che indica una connessione con la famiglia della classe di Maaziah di Beth Imri", spiegano gli archeologi Boaz Zissu e Yuval Goren in un comunicato all'autorità israeliana delle antichità. "Secondo la formula dell'iscrizione, si capisce che apparteneva ad una celebre famiglia di sacerdoti del I secolo. Un membro della famiglia, il grande sacerdote Joseph Bar Caifa, è ricordato per la sua implicazione nel processo e la crocifissione di Cristo". Joseph Bar Caifa grande sacerdote dal 18 al 36 d.C., è soprannominato semplicemente Caifa nei Vangeli. Matteo riporta difatti che è davanti a Caìfa che Gesù si è presentato dopo il suo arresto (Matteo 26, 57-68). Ed è lui che avrebbe consigliato al Sinodo di disporre la condanna a morte di Gesù, racconta Giovanni: "È meglio che un uomo solo muoia per il popolo" , (Giovanni 18, 13-14). Se ci si fida di questa iscrizione, Caifa sarebbe appartenuto alla classe di Maazayu dunque, una delle ventiquattro classi sacerdotali che hanno servito il Tempio di Gerusalemme e citata a più riprese nel Vecchio Testamento. Secondo l'autorità israeliana, l'ossario è stato riscattato da saccheggiatori di reperti archeologici che l'avrebbero scoperto in una grotta della valle di Elah ad ovest di Gerusalemme. Purtroppo ad oggi la grotta non è stata ancora localizzata. L'ossario essendo stato trovato al di fuori del suo contesto archeologico è stato sottoposto ad esami molto scrupolosi per verificare la sua autenticità. "Gli esami hanno provato che l'iscrizione è autentica", hanno dichiarato i ricercatori del dipartimento delle antichità.
  
L'iscrizione in aramaico

A questa scoperta si affianca la prossima missione dell'Istituto Biblico e Orientale con sede a San Isidoro in Spagna per trovare la casa di Caifa nel cuore di Gerusalemme. L'archeologo Florentino Díez Fernàndez, dirigerà la campagna di scavi nella città sacra per localizzare la magione del sommo sacerdote ebreo e leader della cospirazione che condannò a morte Gesù di Nazaret. Il professore e direttore dello scavo archeologico del sacro sepolcro e direttore dell'Istituto Spagnolo Biblico a Gerusalemme, è da anni che sta investigando la grotta del Calvario ed il luogo dove fu giustiziato Cristo. Ora il suo nuovo obiettivo è localizzare l'abitazione di Caifa, in un'enclave, vicino alla basilica di Santa Elena, dove negli ultimi cinque anni sono state effettuate prospezioni .

(ArcheoMolise, 2 luglio 2011)

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Domani esordio dei mondiali in casa, calcio palestinese in festa

RAMALLAH, 2 lug. - Palestinesi in festa per la prima gara in casa di qualificazione ai mondiali di calcio della loro nazionale: domani allo stadio Faissal al-Husseini di al-Ramm, vicino a Ramallah, l'undici guidato dal ct franco-algerino Moussa Bezaz affronta l'Afghanistan per il ritorno della qualificazione ai mondiali del 2014 in Brasile.
All'andata la rappresentativa palestinese, che sfoggia maglia e calzettoni bianchi e pantaloncini neri, ha gia' vinto 2-0 sul campo neutro in Tagikistan, ma la partita ha valore soprattutto perche' segna l'esordio casalingo assoluto nelle qualificazioni alla massima competizione calcistica. Idolo della squadra e' il centravanti 26 anni Fahed Attal che in 25 presenze ha collezionato 12 reti. Nella nazionale giocano anche Omar Jarun, centrale nel Tampa Bay in Florida, nato in Kuwait da genitori palestinesi che si sono trasferiti in Georgia negli Usa, Roberto Fabian Bishara Adawi, nato a Santiago del Cile da genitori palestinesi e giocatore del Club Deportivo Palestino, squadra di prima divisione cilena fondata negli anni 1920 da immigrati palestinesi. La prima partita ufficiale internazionale in Cisgiordania fu giocata il 9 marzo 2010 contro la Thailandia ed era valida per le qualificazioni ai Giochi olimpici di Londra 2012. Da diversi anni, le autorita' israeliane ostacolano la nazionale palestinese rifiutando di concedere i visti ai giocatori palestinesi per le trasferte e quelli delle squadre ospiti per entrare nei Territori. Il caso piu' eclatante, nonostante i ricorsi alla Fifa, fu nell'ottobre del 2007 per la partita Singapore-Palestina valida per le qualificazioni ai mondiali 2010 in Sudafrica.
La nazionale palestinese rientra nella confederazione asiatica e fa capo alla federazione palestinese di calcio, fondata nel 1962 ma riconosciuta dalla Fifa solo nel 1998 dopo la creazione, nel 1994, dell'Autorita' nazionale palestinese.

(AGI, 2 luglio 2011)

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Bloccate le navi per Gaza

ROMA - Il governo greco blocca le navi della Flottiglia, di qualsiasi bandiera, imponendo il divieto di lasciare i porti ellenici con destinazione Gaza.
Il ministero greco per la sicurezza pubblica ha infatti diramato una comunicazione, trasmessa alle capitanerie ed alla guardia costiera, che dispone - si legge nel testo - di bloccare qualsiasi imbarcazione, battente bandiera greca o di altra nazionalità, diretta verso la Striscia.
Nella nota si precisa che scatterà anche un controllo di tutte le acque del Mediterraneo orientale per tracciare i movimenti di navi che potrebbero potenzialmente unirsi alla Flottiglia

(ANSA, 1 luglio 2011)

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Israele: battuta d'arresto in Borsa per le aziende petrolifere

Crolla il prezzo delle azioni delle due aziende petrolifere israeliane che detengono le licenze di sfruttamento dei giacimenti offshore Myra e Sarah. Ieri la Israel Land Development Company Energy Ltd. (ILDCE) ha perso il 24.3%, la Modiin Energy il 19.3%.
Ha chiuso male anche la Israel Land Development Company, la compagnia madre della ILDCE, e in generale tutto il settore gas-petrolifero non ha fatto registrare buoni risultati. La Borsa di Tel Aviv ha risposto così alla pubblicazione degli studi effettuati sui due giacimenti marittimi di gas e petrolio. Secondo i dati diffusi, le chance di riuscire a estrarre gas sono pari al 54%, mentre le probabilità di estrarre petrolio sono ancora minori (18%). Ma voci non ufficiali dalla Borsa di Tel Aviv rivelano che il mercato teme anche che l'entità delle risorse effettivamente presenti sia molto inferiore a quanto le due società hanno dichiarato. Tuttavia, la Borsa aspetta ancora di vedere i risultati che emergeranno dal pozzo di esplorazione, che inizierà a essere trivellato nel gennaio 2012: solo allora si avranno elementi precisi per poter restringere la forchetta tra le due stime sulla quantità di carburante naturale contenuto davvero dai due giacimenti.

(FocusMo, 1 luglio 2011)

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La Marina militare israeliana in allerta

  
L'IDF (Israel Defense Forces) e la Marina sono in allerta, per l'avvicinarsi della Flottiglia di Gaza. Temendo che nel tentativo di fermare le imbarcazioni dal raggiungimento della "striscia" ci possano essere degli scontri, i militari hanno deciso di trasformare le mense delle due barche da guerra in sale operatorie, in modo da essere in grado di intervenire in caso di "bisogno in mare".
La decisione è stata pressa in considerazione della lezione durante la "prima flottiglia". I militari hanno espresso il desiderio di offrire immediato soccorso per i feriti - se ce ne saranno. Anche il servizio di Medevac (trasporto di feriti gravi in ospedale via elicottero) militare sarà a portata di mano in caso ci fosse il bisogno di trasportare feriti in ospedali israeliani. "Questo è il tipo di operazione che l'esercito applica in caso di guerra" ha detto un militare di alto grado al giornalista di Ynet. "Le sale operatorie sono state messe a punto nelle mense delle due barche da guerra. Ci sarà un equipe medica al completo, includendo Chirurghi e Anestesisti e saremmo completamente in grado di procedere con interventi chirurgici in alto mare. Le operazioni chirurgiche in mare sono di una complessità estrema , dovuta soprattutto alle condizione stesse del mare. Preferiremo ovviamente trasportare per vie aeree gli eventuali feriti in ospedale, ma se dovremmo gestire situazioni vitali non esiteremo a farlo" ha detto una fonte militare. Come parte delle procedure di preparazione militari per la flottiglia, il Corpo Medico dell'IDF dispiegherà le sue squadre sia sulle navi militari che al porto di Ashdod sotto la supervisione dell'Ufficiale Capo Medico Navale. " Ci sono molti fattori di incognito al riguardo, ecco perche ampliamo il controllo della situazione, in modo da essere in grado di avere una migliore lettura della situazione in tempo reale".

(FocusMo, 1 luglio 2011)

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Zahavi: "Palermo, amore a prima vista. Non deluderò Zamparini e i tifosi"

di Roberto Benigno

Il suo nome ebraico, in italiano, significa "oro" e a Palermo sbarcherà con l'amata Shai (regalo ndr), l'inseparabile fidanzata che lo seguirà nell'avventura rosanero dove Eran Zahavi approda con il marchio del fuoriclasse impresso addosso al primo israeliano della storia del club di viale del Fante dal presidente Zamparini. L'avventura nel "campionato più bello e difficile del mondo" dell'ex attaccante dell'Hapoel Tel Aviv inizierà alle 5 del mattino di domani, volo Tel Aviv-Verona, con scalo tecnico a Vienna, prima di raggiungere il raduno pre-ritiro della squadra di Pioli. Un volo su cui questo ventiquattrenne, figlio di un agente di viaggi che vive in Francia e di una parrucchiera, si porterà nella sua valigia Vuitton un carico di ambizioni e speranze miste a una certezza: "Darò il 120 per cento per non deludere il presidente, il tecnico e i tifosi"....

(Live Sicilia, 1 luglio 2011)

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Gerusalemme: al via la metropolitana leggera

Dopo anni di ritardi e polemiche ad agosto entrerà in funzione la controversia tramvia di Gerusalemme. Lo ha assicurato oggi il sindaco della città, Nir Barkat. «Ci sono ancora dei problemi - ha ammesso il primo cittadino -, ma ci impegneremo a risolverli entro la scadenza annunciata. Forse non possiamo garantire che tra due mesi tutta la linea sarà operativa, ma gli abitanti di Gerusalemme e i turisti potranno utilizzare il tram almeno per un certo tratto». Shmuel Elgrabli, portavoce del Jerusalem transportation master team (Jtmt), ente pubblico che si occupa della circolazione cittadina, spiega ai microfoni di FocusMo: «La tramvia avrebbe dovuto essere pronta già da cinque anni. Ma la gestione dei lavori, affidata a privati, ha comportato rinvii e complicazioni. Oggi, finalmente, siamo arrivati agli sgoccioli. Stiamo finendo di effettuare i collaudi e abbiamo iniziato a spiegare alle persone come comportarsi sul tram: per esempio, teniamo corsi ad hoc nelle scuole». Finora il trasporto pubblico nella Città santa si limitava agli autobus; ma la pressione demografica crescente e i piani del ministero del Turismo e del comune per attirare nuovi visitatori hanno reso indispensabile la costruzione della metropolitana leggera. Eppure il tram - ribattezzato dalla stampa locale «tram della discordia» - ha sollevato moltissime polemiche ancor prima di entrare in funzione. Gruppi di attivisti filo-palestinesi hanno contestato il percorso delle rotaie, che taglia in due la città collegando quartieri arabi con insediamenti ebraici costruiti nella parte orientale. Nadav Meroz, direttore del Jtmt, taglia corto, affermando: «La tramvia è un servizio pensato per soddisfare tutte le comunità che vivono a Gerusalemme: arabi, ultra-ortodossi, laici e altro. I benefici sono ovvi, il traffico sarà molto più agevole e l'inquinamento minore. Il centro cittadino diventerà più dinamico: già adesso il mercato immobiliare nelle zone interessate è cresciuto notevolmente. In breve - conclude Meroz - il tram incrementerà la qualità della vita di tutti i cittadini».

(FocusMo, 1 luglio 2011)


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Flottilla 2 - Per Yediot Aharonot dissensi fra gli organizzatori

Il quotidiano israeliano Yediot Aharonot sulla base di informazioni di intellgence giunte ieri in Israele, afferma che si sono manifestati dissensi fra gli organizzatori della Flottiglia di attivisti filo-palestinesi che da giorni si prepara a salpare dalla Grecia verso Gaza, per forzare il blocco marino israeliano. I dissensi, aggiunge il giornale, riguardano l'inizio della navigazione e il ricorso alla violenza nei confronti dei militari israeliani che potrebbero ricevere ordine di abbordare la Flottiglia, per impedirle di raggiungere Gaza.Secondo Yediot Ahronot fra gli organizzatori della Flottiglia si sono distinguono due approcci: quello dei pacifisti occidentali, che ripudiano qualsiasi ricorso alla violenza e consigliano di pazientare qualche giorno per terminare la riparazione di due battelli asseritamente sabotati; e dall'altra parte quello degli attivisti islamici che insistono per salpare al piu' presto e che non escludono - secondo Yediot Aharonot - di ingaggiare un aspro confronto con le forze israeliane.
Da parte sua il quotidiano della destra nazionalista Makor Rishon riferisce che in Israele vengono monitorati da vicino, 24 ore su 24, i blog e i messaggi Twitter scritti dai membri della Flottiglia. In questo modo gli israeliani cercano di farsi un'idea precisa degli umori a bordo delle imbarcazioni anche se - precisa il giornale - gli addetti al monitoraggio comprendono che fra questi messaggi potrebbero essere inseriti volontariamente anche elementi di disinformazione.

(Notiziario Ucei, 1 luglio 2011)

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Israele cerca la pace, ma non esiterà a difendersi

Il presidente Shimon Peres ha parlato giovedì alla cerimonia finale del programma di formazione dei piloti dell'Air Force d' Israele e ha detto che l'Iran sta "esagerando la sua capacità militare, ma Israele è ben consapevole dei pericoli che deve affrontare."
"Suggerisco all'Iran di non sottovalutare la capacità d'Israele, che sa come affrontare il pericolo iraniano, senza perdere il desiderio di pace. Auguro loro un futuro privo di tiranni e di odio" ha detto Peres. Anche il primo ministro Benjamin Netanyahu ha parlato durante la cerimonia: "Israele deve affrontare molte sfide, ci sono costanti tentativi di minare i nostri confini e la nostra stessa esistenza. L'IDF (Israel Defense Forse) e altre forze di sicurezza stanno a livelli di allerta altissimi. La sfida ci spinge a sviluppare le nostre capacità di difesa, raggiungendo così un livello altissimo mai conosciuto prima".
"Complessivamente" ha proseguito il premier, "Israele è in costante crescita e diventa sempre più forte. Siamo pronti per qualsiasi sfida. La nostra capacità di difendere noi stessi è il fondamento della nostra esistenza e la base della futura pace con i nostri vicini". Parlando della flottiglia di Gaza, Netanyahu ha detto che "Israele ha il diritto di agire contro i tentativi per impedire l'arrivo di missili, razzi e contrabbando di armi verso l'enclave del terrorismo di Hamas. "Desidero ringraziare i numerosi leader mondiali che si sono espressi e hanno agito contro questa flottiglia, compresi gli Stati Uniti, l'Europa, il segretario generale dell'Onu e il primo ministro della Grecia. Hamas è un nemico crudele che danneggia maliziosamente la nostra gente e bambini e tiene Gilad Shalit prigioniero contro tutti gli standard umanitari" ha detto. La persona che successivamente ha parlato alla cerimonia è stato il ministro della difesa Ehud Barak: "Siamo di fronte a sfide importanti, come l'Iran, Hezbollah e altri elementi fondamentalisti. Siamo al centro di un ambiente ostile, dove la lingua del potere e della forza è l'unico linguaggio comprensibile". Barak ha concluso il suo intervento affrontando la questione del soldato israeliano rapito ,Gilad Shalit : "Noi tutti vogliamo vedere a casa Gilad, ma non a qualsiasi prezzo."

(FocusMo, 1 luglio 2011)

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Gaza: il record dei ragazzi palestinesi nel gioco con i paracadute

Tra mille difficoltà, oltre 3000 ragazzi che vivono nella Striscia di Gaza hanno stabilito un nuovo record per il gioco con più paracadute.


Mentre il mondo ha gli occhi puntati sulla Freedom Flotilla, la flotta di navi che tenterà di portare aiuti umanitari a Gaza, i bambini della striscia hanno stabilito un nuovo record mondiale, quello del gioco con più paracadute. Più di 3000 tra ragazzi e ragazze si sono riuniti a sud della Striscia per cercare di battere il record precedente, conquistato nel Regno Unito 5 anni fa, quando parteciparono all'impresa 1447 bambini.
Dopo la giornata internazionale dello skateboard in Afghanistan, i diritti dei piccoli e dei bambini tornano quindi alla ribalta e sottolineano ancora una volta quanto siano indispensabili e urgenti per costruire la pace nel mondo. Chris Gunnes, portavoce delle Nazioni Unite e organizzatore dell'evento, ha dichiarato che il messaggio della manifestazione è chiaro, cioè la rottura dell'isolamento: un messaggio che può essere rivolto a tutti i potenti del mondo, che dovrebbero "guardare a ciò che questi ragazzi possono fare".

(fanpage, 1 luglio 2011)

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L'Arabia Saudita: «Pronti al nucleare se Teheran avrà l'atomica»

La sfida arriva da Riad: se l'Iran avrà l'atomica, l'Arabia Saudita farà lo stesso. A evocare lo spettro di un conflitto nucleare in Medio oriente è il principe Turki al Faisal, ex capo dell'intelligence ed ex ambasciatore a Washington: secondo il Guardian ha avvertito alti esponenti militari della Nato che l'eventualità che Teheran abbia la bomba «obbligherebbe l'Arabia Saudita a seguire politiche che potrebbero portare a conseguenze incalcolabili e probabilmente drammatiche».
Il principe ha parlato giorni fa a una riunione in una base aerea Britannica, usata dalla Nato come centro di raccolta di informazioni di intelligence: un incontro non pubblico, ma di cui il Guardian ha avuto la trascrizione. Il principe non è entrato in particolari, ma secondo una fonte di alto rango a Riad il suo messaggio è chiaro: «Semplicemente non possiamo vivere in una situazione in cui l'Iran possiede armi nucleari e noi no». Quindi «se Teheran sviluppa armi atomiche, ciò sarebbe per noi inaccettabile e dovremmo fare altrettanto». L'Iran - ha detto il principe nella riunione - «è una tigre di carta con artigli d'acciaio» che «interferisce e destabilizza» tutta la regione. Teheran «è molto sensibile per quanto riguarda le interferenze di altri Paesi nei suoi affari interni. Ma dovrebbe fare con gli altri come si aspetta che gli altri facciano nei suoi confronti». «Il regno» saudita, ha concluso Al Faisal, «si aspetta che l'Iran metta in pratica quello che predica».

(il Giornale, 1 luglio 2011)

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Hamas propone una partita di calcio tra Striscia di Gaza e Cisgiordania

L'idea è del capo dell'esecutivo di Hamas, Ismail Haniyeh, per il quale l'evento potrebbe contribuire a migliorare i rapporti tra le due formazioni politiche - Mentre prosegue lentamente il processo di riconciliazione nazionale palestinese, si cercano nuove idee per incentivare i rapporti tra le due fazioni. A questo proposito, il capo dell'esecutivo di Hamas a Gaza, Ismail Haniyeh, ha proposto di organizzare un incontro di calcio fra una selezione della Striscia e una compagine della Cisgiordania. Secondo il progetto di Haniyeh, la partita dovrebbe essere giocata in aree sotto il controllo palestinese, ma in caso di resistenze da parte di Israele si potrebbe anche disputare all'estero. L'accordo di riconciliazione tra Hamas e al-Fatah - che prevede la creazione di un governo di tecnocrati con esponenti di entrambe le parti - è stato sottoscritto ai primi di maggio grazie alla mediazione dell'Egitto, ma i rapporti tra le due fazioni sono andati progressivamente scemando, ed è stato rinviato a data da definirsi un incontro al Cairo mirato alla scelta del futuro primo ministro. La riconciliazione "procede molto a rilento" ha dichiarato ieri Haniyeh, assicurando però che non ci saranno più scontri fra le due formazioni politiche.

(PeaceReporter, 1 luglio 2011)

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Un'italiano non-ebreo insegna ai Chassidim

Domenico Lepore
NEW YORK - In un recente articolo apparso su www.lubavitch.com, Domenico Lepore è stato descritto come una anomalia. Nato e cresciuto in Italia, sebbene non sia ebreo, legge la Torah tutti giorni, ed è in grado di sostenere un dibattito sofisticato sul pensiero chassidico.
Il suo percorso di crescita professionale e "spirituale" comincia quando, insieme all'Israeliano Oded Cohen, sviluppa un approccio alla gestione delle organizzazioni basato sui principi scientifici del 'pensiero sistemico', denominato 'The Decalogue' , a seguito del quale viene scritto un libro, "Deming and Goldratt - The Decalogue" pubblicato negli Stati Uniti e tradotto in diverse lingue.
Per circa quindici anni Lepore ha lavorato in Italia con aziende e organizzazioni in ambiti molto diversi, facendosi conoscere e apprezzare per la rigorosità e la possibilità di replicare risultati positivi, e riuscendo infine a esportare la metodologia negli Stati Uniti dove ha lavorato al fianco del top management di una importante multinazionale.
I contatti sviluppati durante l'esperienza americana gli hanno infine permesso di trasferirsi in Nord America e di continuare lo sviluppo, l'applicazione e la disseminazione dei principi di 'The Decalogue'. Oggi Lepore risiede a Toronto, dove ha fondato Intelligent Management Inc.
Lepore ha vissuto a Brooklyn i primi tre anni seguiti all'emigrazione in Nord America, ed e' in quel periodo che ha cominciato a frequentare la comunità Chabad di Brooklyn Heights. Fisico di formazione, tesi in superconduttività, Lepore e' stato immediatamente colpito dal rigore del pensiero del Rebbe, e dalla apparente semplicità con cui trova sistematicamente soluzioni brillanti a questioni interpretative all'apparenza "irrisolvibili" .
A questo punto è stato relativamente facile per lui riconoscere un legame tra le soluzioni del Rebbe e l'approccio logico basato sugli Strumenti di Pensiero (Thinking Tools) sviluppati dal fisico israeliano Eliyahu Goldratt, su cui la metodologia "The Decalogue" è basata.
E' evidente, a chi conosca la "Teoria dei Vincoli" di Goldratt (TOC), e almeno parzialmente il pensiero del Rebbe, la radice culturale comune: il Talmùd.
Il passo successivo per Lepore e' stato quello di "formalizzare" il pensiero e le soluzioni del Rebbe, utilizzando gli strumenti logici della Teorica dei Vincoli di Goldratt, ottenendo due risultati: una comprensione più rapida e profonda dei commenti del Rebbe, e una stimolazione della capacità logica di una persona (studente) nel generare soluzioni a conflitti di qualsiasi tipo.
Quest'anno Lepore e' stato invitato da Rav Aharon Raskin, della comunità Chabad Brooklyn Heights, alla serata in onore del Rebbe, e anniversario di Gimel Tamuz, con l'intento di parlare di queste interdipendenze.
Il titolo del suo intervento e' stato: 'Business infinito: Applicare il Pensiero Integrativo del Rebbe per Creare Successo'.
Lepore ha presentato un esempio di una soluzione del Rebbe ad una domanda di Rashì, dimostrando come si può estendere questa soluzione a un problema di gestione di una organizzazione.
Il problema specifico riguardava il concetto di "compenso", a seguito di un'azione, o di un lavoro.
Gli ebrei, secondo il Rebbe, sono stati ricompensati per il loro grande desiderio di ricevere la Torah con la liberazione dall'Egitto. Questo desiderio e' stato il merito che hanno acquisito, e per il quale sono stati ricompensati.
Allo stesso modo, ha spiegato Lepore, la soluzione al conflitto ricompensare una persona "prima" di una prestazione, o "dopo" la prestazione, si risolve creando in loro il desiderio di raggiungere l'obiettivo.
Questo desiderio viene creato attraverso una leadership che abbia la visione giusta, una rete di condizioni che sostenga la visione, e un approccio sistemico alla gestione dell'organizzazione, come descritto nei commenti del Rebbe ai Parshot Vayelech e Pekudei.
La presentazione di Lepore ha suscitato grande interesse, ed egli ha espresso il desiderio di creare appositamente per i giovani di Chabad un programma che permetta loro di imparare a generare soluzioni innovative per sostenere il lavoro degli shluchìm.

(Chabad.Italia, 1 luglio 2011)

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