Notizie su Israele 68 - 26 gennaio 2002


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Perciò, così parla DIO, il Signore: Ora io farò tornare Giacobbe dalla deportazione e avrò pietà di tutta la casa d'Israele, e sarò geloso del mio santo nome. Essi avranno finito di portare il loro disonore e la pena di tutte le infedeltà che hanno commesse contro di me, quando abiteranno al sicuro nel loro paese e non vi sarà più nessuno che li spaventi; quando li ricondurrò dai popoli e li raccoglierò dai paesi dei loro nemici, e mi santificherò in loro davanti a molte nazioni.

(Ezechiele 39.25-27)


DELUSIONE O DISILLUSIONE?


Dopo aver dato ai massimi leader arabi, questa settimana, le prove che l'Autorità Palestinese ha tentato di contrabbandare 50 tonnellate di armi in Gaza, il Presidente George W. Bush ha convocato venerdì alla Casa Bianca il suo Consiglio di politica estera per discutere la questione, e al termine ha espresso la sua estrema delusione ("disappointment") per il capo dell'OLP Arafat.
    In mezzo ad una nuova vampata di violenza in Palestina contro gli Israeliani, Bush ha avuto una lunga discussione con i suoi consiglieri di sicurezza estera, che cautamente gli hanno presentato un certo numero di possibili sanzioni per costringere la leadership palestinese a decidersi a combattere il terrorismo. L'incontro ha costituito un momento chiave per il totale riassetto dell'amministrazione Bush per quel che riguarda le sue relazioni con Arafat e con la sua Autorità dopo l'abortito tentativo di contrabbando di armi.
    Bush è uscito dalla sala dell'incontro dicendo di essere "very disappointed" di Arafat e che il leader palestinese deve fare di più per far cessare il terrorismo. "I am disappointed in Yasser Arafat", ha detto Bush. "Lui deve fare il massimo sforzo per sradicare il terrorismo nel Medio Oriente. Per avere la pace dobbiamo sradicare il terrorismo".
    "L'ordinazione di armi indirizzate in quella parte del mondo non è parte della lotta al terrorismo, è un rafforzamento del terrorismo, e naturalmente io sono molto deluso di lui", ha detto Bush, riferendosi all'enorme carico di armi iraniane intercettate da Israele a bordo della "Karine A".
    La nave da carico dell'Autorità Palestinese, diretta verso la costa di Gaza, è stata intercettata dai commandos israeliani nel mar Rosso agli inizi di gennaio. Israele ha presentato le prove che Arafat era direttamente coinvolto, che l'Iran ha fornito le armi e che la nave è stata caricata in un porto iraniano.
    Arafat, che ha sempre negato di essere a conoscenza della nave e del suo carico, sembra che abbia scioccato questa settimana il team di Bush facendo arrivare una formale risposta che Washington considera non plausibile e in qualche modo irrispettosa. Inoltre, mentre l'Autorità Palestinese dice di avere incarcerato molte persone sospette, il portavoce del Dipartimento di Stato Richard Boucher ha ripetuto giovedì che Arafat non ha arrestato le principali personalità che stanno dietro al carico della nave e non ha dato una soddisfacente spiegazione del tentativo di contrabbando.
    Nel frattempo Bush ha spedito la settimana scorsa delle lettere personali ai leader dell'Arabia Saudita, della Giordania e dell'Egitto, dettagliando le prove, in mano agli Americani, della complicità dell'Autorità Palestinese nel carico delle armi. La natura esatta delle prove non è dichiarata, ma viene detto che le fonti provengono in massima parte da documentazioni americane  e non da materiale fornito da Israele.
   
(Icej News Service from Jerusalem, 25.01.02)



ANCHE BARAK CAMBIA OPINIONE


    L'ex Primo Ministro di Israele, Ehud Barak, che al tempo del suo governo era pronto a dare ad Arafat e al popolo palestinese uno Stato e quasi tutta la Cisgiordania insieme a Gerusalemme Est, ha detto in America dopo un colloquio con il Segretario di Stato Colin Powell:
"Forse Arafat è veramente un terrorista, è tempo di dire la verità. Arafat si comporta come un terrorista, si presenta come un terrorista, si muove come un terrorista, si agita come un terrorista." Anche il Presidente della Repubblica Mosche Katzav si è espresso ieri in modo simile: "Il gioco con Arafat è finito! Non possiamo permettere che il nostro popolo continui ad essere preso per il naso. Anche la tolleranza ha un limite."
    L'atteggiameto americano nei confronti di Yasser Arafat e dell'Autorità Palestinese deve essere chiaro: Nel conflitto mediorientale, Arafat fa parte della soluzione o fa parte del problema?

(NAI - Stimme aus Jerusalem, 23.01.02)



GLI "ERRORI" DI ARAFAT


BERLIN / JERUSALEM - "Yasser Arafat porta la responsabilità del fatto che la speranza e la fiducia tra israeliani e palestinesi siano diventate
parole estranee."
    Questa è l'opinione sostenuta da Isaac Herzog, figlio dell'ex Presidente dello Stato di Israele Chaim Herzog e ex consigliere del Primo Ministro Ehud Barak, in un articolo comparso sul quotidiano "Die Welt" (Berlino).
    Herzog rimprovera al capo dell'OLP di aver rifiutato a Camp David, nel settembre del 2000, l'offerta di Barak. "Il prezzo che noi, israeliani, palestinesi e tutta la comunità internazionale, paghiamo per le sue decisioni e i suoi errori è enorme. Uno Stato, la libertà, un brillante futuro per la sua gente era a portata di mano. E invece ha fatto di tutto per distruggere le relazioni che lentamente si stavano stabilendo tra palestinesi ed ebrei", scrive Isaac Herzog.
    Fino a che Arafat rimarrà al potere, nessuno potrà mai dire se c'è qualche speranza di una cessazione dei conflitti violenti. "In Arafat non vediamo un leader che ha saputo guidare tutta la regione nell'attuale conflitto", continua Herzog.
    A Camp David il leader palestinese non si è mostrato all'altezza della situazione. "Invece di proseguire nelle trattative e rimanere flessibile, invece di andare verso Barak per fare insieme la pace, il palestinese ha deciso di ritornare alla violenza per ridurre la pressione internazionale che pesava su di lui".
    Da quel momento Arafat ha continuato ad avvolgersi in una serie di contraddizioni da cui ben difficilmente verrà fuori. "Proprio la settimana scorsa Arafat è comparso sulla principale stazione televisiva israeliana. Ancora una volta il suo messaggio è stato confuso, radicale e per nulla convincente. Ha sostenuto che la nave di 50 tonnellate che portava armi di contrabbando a Gaza era un'invenzione israeliana. Inoltre non sapeva o non voleva dare informazioni sul luogo in cui si trova l'assassino del Ministro del Turismo israeliano Rehavam Ze´evi."
prosegue ->
Herzog ha detto che l'ex Ministro degli Esteri israeliano Shlomo Ben-Ami ha fatto qualche tempo fa un'analisi corretta di Arafat: "Forse Arafat non vuole governare un normale, banale Stato; lui non vuole interessarsi dei piccoli problemi dei sindacati o delle opere di canalizzazione. L'ostacolo sta forse nel suo mondo di sogni."

(Israelnetz Nachrichten, 24.01.02)


ARAFAT PRONTO AL MARTIRIO


RAMALLAH - Dopo gli attacchi di risposta dell'esercito israeliano, il capo dell'OLP Yasser Arafat ha esortato gli abitanti della città di Tulkarm alla "resistenza contro Israele".
    Lunedì mattina, nel suo quartier generale di Ramallah, Arafat ha detto che i carri armati dell'esercito israeliano messi davanti alla sua sede non potranno far cessare la violenza. Il popolo palestinese "non tacerà mai", ha detto Arafat.
    "Giuro per Allah che io vedrò lo Stato della Palestina con al-Quds al Sharif (Gerusalemme) come capitale, o da vivo o come martire", ha detto il capo dell'OLP.

(Israelnetz Nachrichten, 22.01.02)


CONTRO ISRAELE ANCHE LA BATTAGLIA DEMOGRAFICA


Abbattere  Israele senza una battaglia

di Ze'ev Schiff
   
Il problema di come battere Israele senza dover pagare un prezzo pesante, e' il soggetto su cui gli strateghi arabi continuano a focalizzare le loro energie.
    Gli Arabi hanno tentato di sconfiggere Israele lanciandole una guerra dopo l'altra, ma anche se l'hanno colto impreparato non sono riusciti a distruggerlo. Un'altra strategia che hanno tentato e' la via delle guerriglia, del terrorismo e della sollevazione popolare. Anche questa strategia e'  risultata fallimentare o almeno non ha portato al successo sperato, ne' durante il periodo dei fedayn degli anni 50, e  neanche nel periodo della Intifada organizzata dall'OLP.
    Quando Israele decise di ritirarsi dal sud del Libano, senza raggiungere nessun accordo, per la pressione terroristica degli Hezbollah,  questo fu percepito nel mondo arabo, e specialmente tra i palestinesi come una vittoria. Quel ritiro israeliano ha alimentato l'immaginario di molti arabi che oggi cullano l'idea che la miglior strategia per sconfiggere Israele e' operare secondo il modello degli Hezbollah.
    Recentemente si comincia a parlare di una strategia differente, che si potrebbe chiamare l'infiltrazione demografica. Questa strategia e' stata presentata in due articoli apparsi nel giornale Al Hayat che si stampa a Londra. Il loro autore e' Wahid Abd Al-Magid, editore del rapporto strategico annuale, pubblicato dal prestigioso centro di studi politici strategici egiziano: Al 'Aharam. Secondo Al-Magid, il successo di questa strategia dipende in larga misura, ma non esclusivamente, dagli arabi attualmente cittadini israeliani. Per questo lui chiama tutto il mondo arabo a mostrare un atteggiamento piu' favorevole nei confronti degli arabi che vivono in Israele perche' prevede che entro il 2035 loro costituiranno la maggioranza della popolazione in Israele.
    Ma lui sostiene che non c'e' bisogno di aspettare e di fidarsi solamente della crescita demografica degli arabi. Lui consiglia di accelerare il processo tramite un'ondata d'infiltrazione demografica che deve essere favorita da tutto il mondo arabo. Quest'ondata deve portare ad infiltrare in Israele decine di migliaia di palestinesi, i quali dovrebbero sposare delle donne che fanno parte della popolazione araba rimasta in Israele dopo il 1948, e quindi con cittadinanza israeliana. Quest'autore si richiama certamente all'ondata di stupore che ha colpito i palestinesi e gli arabi di fronte all'ondata dell'immigrazione di massa degli ebrei dall'Unione Sovietica verso Israele, un'ondata che ha ristretto il margine favorevole agli arabi in questa corsa demografica con gli ebrei. Cosi' lui propone che insieme all'infiltrazione demografica gli arabi dovrebbero sabotare gli sforzi dell'Agenzia Ebraica di persuadere gli ebrei a trasferirsi in Israele. Gli arabi dovrebbero "chiarire" ai candidati  ebrei per l'immigrazione  in Israele che i pericoli e le fatiche di vivere in Israele superano di gran lunga le difficolta' nei loro paesi d'origine.
    Secondo Al-Magid, la spontanea corrente d'infiltrazione demografica araba verso Israele non e' sufficiente. Lui propone di pianificare ed organizzare quest'infiltrazione specialmente dalla Giordania e dall'Egitto. In linea con il suo obbiettivo lui incita  la creazione di una Palestina  che sara' araba, piuttosto che uno stato multietnico: "La Palestina araba, i cui residenti ebrei potranno vivere sotto le ali della nostra cultura araba, e fruire di uno status di pari dignita', non saranno piu' oppressori o oppressi".
    L'autore ha sfortunatamente dimenticato di spiegare a quale cultura si riferisce. Parla della cultura araba attualmente in vigore in Algeria, Arabia Saudita, Sudan, Siria o Libano?
    Per raggiungere questo scopo  Abd Al- Magid  sostiene che si dovra' esercitare su "Tel-Aviv" della pressione esterna per ridurre la sua capacita' di intrapendere le misure necessarie per porre fine, o ridurre la minaccia demografica. Lui propone che se Israele tenta di prevenire quest'ondata di infiltrazione demografica bisognerebbe accusarlo di razzismo.
    Nel frattempo una forma d'infiltrazione demografica si sta gia' attuando. Questa varieta' di infiltrazione demografica araba non ha la caratteristica di quella attentamente programmata da Al-Magid, ma e' un flusso spontaneo che e' cominciato dopo la firma degli accordi di Oslo.
    Tra 50.000 e 60.000 palestinesi, giordani ed egiziani, si sono ormai stabilizzati in Israele, prendendo residenza nelle comunita' arabe-israeliane. Alcuni di loro sono stati coinvolti in atti di terrorismo e di assassinio di ebrei israeliani. Questo fenomeno rappresenta l'attuazione attraverso la porta posteriore di quello che i palestinesi chiamano il "diritto al ritorno". Le forze di difesa israeliane chiamano quest'infiltrati: residenti illegali.
    Quando palestinesi con documenti giordani vengono presi in Israele le autorita' giordane rifiutano di farli rientrare in Giordania. Se vengono trasferiti in Cisgiordania, semplicemente si rintrufolano in Israele. Se vengono trasferiti nella Striscia di Gaza, che e' piu' recintata, questa possibilita' di rinfiltrazione e' piu' remota. Questo fenomeno e' uno dei fallimenti piu' gravi che Israele ha dovuto subire ed e' doppiamente grave se si considera la situazione dell'intifada armata. Israele deve affrontare questo fenomeno in un modo deciso,  militare , ma  forse dovrebbe cambiare anche la sua legislazione.

(Ha'aretz, novembre 2001)


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