Notizie su Israele 69 - 2 febbraio 2002


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Sulle tue mura, Gerusalemme, io ho posto delle sentinelle; non taceranno mai, né giorno né notte. Voi che destate il ricordo del SIGNORE, non abbiate riposo, non date riposo a lui, finché egli non abbia ristabilito Gerusalemme, finché non abbia fatto di lei la lode di tutta la terra.

(Isaia 62.6-7)


L'AMBASCIATORE D'ISRAELE SCRIVE AL SEGRETARIO DELLA CGIL


Lettera dell'Ambasciatore d'Israele Ehud Gol
al Segretario Generale della CGIL Cofferati


Roma, 23 gennaio 2002

Dott. Sergio Cofferati
Segretario Generale CGIL

Egregio Segretario Cofferati,

     con profondo sgomento e disappunto stamani ho appreso dai giornali la notizia di come il Congresso CGIL, che a rigor di logica dovrebbe preoccuparsi di promuovere il benessere e gli interessi dei lavoratori, sia stato invece trasformato in un palcoscenico di feroce propaganda anti-israeliana. È triste vedere come un autorevole sindacato quale CGIL si presti a servire da Portavoce dell'Autorità Palestinese, infiammando gli animi dei congressisti, per di più nelle stesse ore in cui nel cuore di Gerusalemme un terrorista palestinese appartenente alle brigate del partito di Arafat apriva il fuoco sui passanti uccidendo due donne e ferendo oltre 40 innocenti.
     Come se non bastasse, questo vergognoso spettacolo si è svolto sotto gli occhi di un nostro cittadino e Vostro congressista, Chaim Avraham, delegato israeliano al Congresso e padre di un ragazzo di 22 anni rapito solo un anno fa dall'organizzazione terroristica Hizbullah e dichiarato deceduto. Sono amareggiato dalla mancanza di sensibilità con cui alla richiesta del Signor Avraham di rimuovere almeno il materiale propagandistico distribuito al meeting, Lei e i suoi collaboratori abbiate risposto non solo con un rifiuto ma persino legittimando la continuazione della faziosa attività da voi imbastita.
     Nella speranza che il Suo Sindacato sappia in futuro trovare la via per esprimersi nei termini onesti e imparziali che competono ad un'istituzione pubblica della sua levatura, Le invio distinti saluti.

Ehud Gol

(Ambasciata d'Israele a Roma, 18.01.02)



UN EBREO ISCRITTO ALLA CGIL COMUNICA LE SUE DIMISSIONI A COFFERATI


Torino, 23 gennaio 2002

Al Segretario della CGIL
Sig. Sergio COFFERATI
ROMA

Caro segretario,

     oggi, con una decisione non facile ho deciso che per un minimo di coerenza con me stesso dovevo  restituire la tessera della CGIL e desidero che tu sappia perché l'ho fatto. Ti chiedo pertanto di avere la cortesia di leggere questa lettera e spero che comprenderai i motivi della mia decisione. Mi sento da sempre progressista, una volta avrei detto semplicemente di sinistra; questo sentimento e' scritto nella mia storia personale e in quella della mia famiglia.
    Sono ebreo. Sono un cittadino italiano laico ed  ebreo e così come penso che siano davvero  importanti i valori della giustizia, dell'uguaglianza, della libertà, della difesa dei diritti dei più deboli ai quali profondamente credo e in funzione dei quali oriento la mia vita e il mio comportamento quotidiano anche nel mondo del lavoro, altrettanto sono convinto di appartenere ad un popolo che da secoli e' odiato e perseguitato a causa di irrazionali pregiudizi.
    I giornali di oggi hanno dato notizia del primo atto di un  congresso della Funzione Pubblica che e' servito  in sostanza a ribadire l'appoggio convinto della Cgil alla causa del popolo palestinese. Ho letto quello che La Stampa e l'Unita' hanno riportato del tuo intervento e del fatto che Arafat, invitato ed atteso perché potesse esprimere liberamente il suo pensiero, non e' potuto intervenire in quanto costretto agli "arresti" domiciliari da parte di quel losco figuro che è il primo ministro israeliano Sharon,  guarda caso liberamente e democraticamente eletto dai cittadini israeliani. Alla lettura del messaggio di Arafat i presenti si sono alzati ed hanno ritmicamente applaudito. Ebbene io non mi sento partecipe, bensì offeso da  quell'applauso e non posso quindi  piu' far parte di un movimento politicamente schierato su posizioni politiche che non condivido.
    Nel tuo intervento hai detto delle cose delle quali ovviamente non mi stupisco più  così come non mi stupisco di leggere come il tuo sindacato interpreta il tragico conflitto israelo-palestinese. Oggi però leggendo la cronaca di quella manifestazione, del tuo intervento e di quello di altri ospiti e delegati ho sentito rabbia e delusione perché  si è persa una nuova occasione per dire qualcosa di diverso e forse di più costruttivo.
    Questa voce diversa della sinistra che non arriva, che ho aspettato, ma che continua a non arrivare  dovrebbe, almeno così io penso, come minimo riconoscere senza possibilità di fraintendimenti che le vittime di quel conflitto non sono solo palestinesi, che i torti non sono solo israeliani, che per risolvere il problema non basta la buona volontà degli israeliani o l'invio di osservatori internazionali.     Io credo che la vita di un palestinese valga  quanto quella di qualsiasi altro essere umano, ma credo anche che l'esistenza dello stato di Israele, il suo diritto alla difesa ed alla sicurezza non possano essere minimamente messi in discussione e che i kamikaze palestinesi non siano dei martiri e dei disperati, ma dei fanatici e dei pazzi e peggio di loro ci sia solo chi li convince a compiere atti che e' poco definire  assurdi e disumani.
    Io probabilmente ai tuoi occhi oggi sono solo il compagno che sbaglia, che non vuole capire. Oggi mi sento dire da più parti che sono in errore, ma io non riesco a vedere il mio errore; e allora cosa dovrei fare? Se non riesco a capire quanto torto hanno gli israeliani e quanta ragione hanno i palestinesi vuol forse dire che sono il solito ebreo testardo ed ostinato? O non e' forse  sbagliato  il modo nel quale la maggioranza di coloro che si riconoscono nei movimenti di sinistra, voglio pensare in buona fede, pensano di contribuire al processo di pace o cercano quantomeno di comprendere il problema?
    Allora, nell'attesa di una mia "redenzione" che non arriva così come non arriva un pensiero diverso da quella parte della sinistra a cui credevo di appartenere, ho pensato intanto di fare un poco di chiarezza e  per un minimo di coerenza con i miei sentimenti ho deciso di manifestare con un simbolico gesto, la restituzione della tessera al sindacato, la mia non condivisione della politica che quel sindacato sta portando avanti nella valutazione dei fatti mediorientali.
    Troppo spesso quando mi viene chiesto di schierarmi, di dare un mio giudizio sulla politica israeliana  si attende da me, uomo di sinistra, un allineamento sulle posizioni sempre più radicali, sempre più antiisraeliane  e filopalestinesi espresse quasi all'unisono dalla sinistra italiana e sento profondamente che questo atteggiamento non è giusto e non e' rispettoso dei sentimenti di quegli israeliani, e sono la maggioranza, che desiderano davvero vivere in pace e sicurezza.  L'insistenza con la quale mi si chiede come la penso e' simile a quella con la quale i miei compagni di scuola mi chiedevano cosa pensassi di Gesu' Cristo, pronti molti a biasimarmi se dicevo che non ci credevo e ben pochi a rispettare invece il vicino di banco che non la pensava come lui.
    Io non ne posso più di dover spiegare e giustificare , e proprio a quelli che si dichiarano i miei più sinceri amici,  perché io sia vicino ad Israele o perché, pur avendo tante ragioni, i palestinesi non abbiano sempre e solo ragione. Non ne posso più di trovarmi insieme a persone che, ben che vada evitano, conoscendomi, di parlare del problema ma che sento di avere contro. Non ne posso più di sentirmi accettato come ebreo solo quando si parla di olocausto e di persecuzioni perché diversamente come ebreo sono solo un rompiscatole.
    In questo ambiente io non mi riconosco più e, credimi, tutto questo mi amareggia profondamente. Io non mi sento di condividere le certezze di chi crede che Arafat e il popolo palestinese siano le vittime e gli israeliani e gli ebrei che non si schierano con i palestinesi, gli aggressori.
    Da quando è nato lo stato di Israele, si sono succeduti governi democratici di ogni tipo e i tentativi di dialogo, i processi di pace, le aperture ci sono state. Io non ho certezze su chi in questo momento abbia più ragione o più torto, non sono piu' sicuro di nulla, non so se per arrivare alla pace sia meglio la politica certamente decisa e dura di Sharon o quella più morbida di Barak. Ho la sola certezza che i cittadini israeliani desiderano vivere in pace e in sicurezza e non so se in vista di questo risultato l'appoggio incondizionato ad Arafat da molti auspicato sia la strada migliore.
    Sono molto deluso e mi sento molto solo. Questa è la cosa che mi amareggia di più. Sento ancora una volta crescere l'odio per gli ebrei e lo sento venire soprattutto dalla parte nella quale mi sono sempre identificato. Tutto questo è molto triste.

Bruno Carmi

(Gruppo Rimon, 30.01.02)



IRAQ, IRAN E FONDAMENTALISTI PALESTINESI RESPINGONO IL DISCORSO DI BUSH


Fonti ufficiali di Iraq, Iran e dei gruppi terroristi fondamentalisti palestinesi Jihad Islamica e Hamas respingono le affermazioni fatte dal presidente degli Stati Uniti nel discorso sullo Stato dell'Unione di martedi' sera.
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Nel suo discorso Bush ha sostenuto che queste nazioni ed organizzazioni sono tra coloro che sono coinvolti in attivita' terroristiche o di sostegno al terrorismo. Bush ha detto inoltre che vi sono ancora decine di migliaia di terroristi che minacciano gli Stati Uniti come vere e proprie "bombe ad orologeria pronte a esplodere" e ha promesso di braccarli in tutto il mondo. Il presidente americano si è impegnato a portare la guerra contro il terrorismo anche oltre l'Afganistan, in una dozzina di paesi che ospitano campi terroristici, e ha messo in guardia contro "un asse del male" fra nazioni come la Corea del Nord, l'Iran e l'Iraq, dicendo che gli Stati Uniti non permetteranno a questi paesi di minacciare il mondo con le armi di distruzione di massa. Bush ha aggiunto che e' necessario agire contro organizzazioni come Hamas e Jihad Islamica (fondamentalisti palestinesi) e Hezbollah (fondamentalisti libanesi).
    Un portavoce della Jihad Islamica da Damasco ha dichiarato mercoledi' che il gruppo si riserva il diritto di "combattere l'occupazione sionista", mentre un portavoce di Hamas ha detto che il suo movimento continuera' a compiere attentati contro obiettivi israeliani.

(Jerusalem Post, 30.01.02)



KHAMENEI: "FIERI DI ESSERE NEMICI DEGLI USA"


L'Iran e' fiero di essere nel mirino degli Stati Uniti, che sono "il Satana piu' odiato al mondo". Lo ha affermato giovedi' il leader supremo iraniano, l'ayatollah Ali Khamenei. "Ci sono diversi Satana nel mondo - ha spiegato Khamenei parlando a Teheran alla conclusione di un convegno in appoggio alla lotta armata palestinese - ma l'America e' senz'altro il Grande Satana e la Repubblica Islamica dell'Iran e' onorata di essere bersaglio dell'ira del Satana piu' odiato al mondo. Il presidente degli Stati Uniti - ha aggiunto Khamenei - parla come una persona assetata di sangue, in modo arrogante, umiliante, aggressivo e, cosa peggiore di tutte, insulta la nazione iraniana".

(Jerusalem Post, 31.01.02)



NUOVE FORMULAZIONI DEL VECCHIO ANTISEMITISMO


Slogan e luoghi comuni perversi

di Luciano Tas

Sono due gli slogan diventati luoghi comuni e come tali spacciati come truismi, vale a dire verità che si dimostrano da sole.
    Il primo slogan ha un "cuore" antico. Viene affermato che gli ebrei, già vittime dello sterminio nazista, si comportano con i palestinesi come i nazisti si erano comportati con loro.
    Il secondo slogan è per forza di cose più recente ed è accreditato da non pochi commentatori e tuttologi, secondo i quali è la presenza di Ariel Sharon alla guida del governo israeliano la causa principale (magari anche se non la sola) dell'attuale gravissima crisi mediorientale.
    Il primo slogan ha una matrice precisa. Aveva cominciato ad essere diffuso nel nostro paese poco dopo il 1967 da un lato in ossequio acritico della politica sovietica del tempo, e dall'altro in omaggio al "business is business" fatto proprio da politici variopinti costituitisi in comitato d'affari petroliferi.
    Ma il perverso slogan (<gli ebrei, che hanno tanto sofferto…>) ha fatto e fa danni forse addirittura al di là delle intenzioni dei fedeli di Mosca e di quelli della Borsa.
    Chi ha frequenti incontri nelle scuole, generalmente le medie, si è spesso incontrato con questo slogan perverso, che ha il pregio dialettico di esprimere in una riga un concetto retoricamente e letterariamente attraente: la vittima che diventa carnefice nell'ambigua visione dei molti "nipotini" di de Sade. E puntualmente ad ogni incontro c'è sempre qualche ragazzo che salta su a domandare: <Ma perché gli ebrei che hanno tanto sofferto…>.
    E' del tutto inutile obiettare che in Israele o nei Territori gli ebrei non hanno impiantato camere a gas, forni crematori o lager, non hanno dato la caccia ai musulmani solo perché musulmani, non hanno dato alle fiamme moschee, non hanno deportato e ucciso bambini, donne, vecchi, malati. Non hanno tentato il genocidio di tutta la popolazione araba e islamica. Non ci sono in Israele o in Cisgiordania e Gaza fosse comuni di arabi come quelle rinvenute nei lager nazisti o come quella sovietica di Katyn, dove migliaia di ufficiali polacchi erano stati trucidati per ordine di Stalin.
    E' comprensibile che l'occupazione israeliana sia male sopportata, ed è certo che l'occupante abbia qualche volta o spesso impiegato metodi condannabili. Tuttavia non più, o molto meno, di quanto siano state, anche ai giorni nostri, altre occupazioni militari.
    Ma soprattutto non vi è possibilità di raffronto tra l'occupazione israeliana in Cisgiordania e a Gaza e quella tedesca in Europa.
    Fare un tale raffronto, adombrare che le vittime siano diventate carnefici, è blasfemo. In questo slogan diventato luogo comune è racchiusa una tale carica di antisemitismo di tutte le origini e radici, da avere già prodotto l'espandersi di una virulenza epidemica, puntualmente registrata tra l'altro dalla rilevazione campionaria di Mannheim, apparsa sul Corriere della Sera del 26 gennaio.
    Paragonare le azioni militari israeliane alle nefandezze naziste è dunque una bestemmia e un'infamia, una cellula cancerogena che decompone la mente e l'anima.
    Il secondo slogan, quello più recente, nasce con la premiership di Ariel Sharon (<E' Sharon che impedisce qualunque negoziato, è lui che non vuole la pace, che calpesta i diritti del popolo palestinese…>), semplicemente non tiene conto della realtà, spesso per mancanza di conoscenza, talvolta in malafede.
    Se anche dessimo per scontato che Sharon è la "belva umana" dipinta a più mani, come dimenticare che il suo vero Grande Elettore è stato Yasser Arafat?
    Come dimenticare che erano stati proprio il "no" di Arafat alle generose proposte dell'allora Premier israeliano, il laburista Ehud Barak (un rifiuto che aveva sollevato l'ira del Presidente americano Clinton), e la decisione, a freddo, di organizzare e scatenare la seconda intifada, a disarmare la sinistra d'Israele, ad ammutolire i pacifisti israeliani, che non sapevano proprio cosa offrire di più ai palestinesi?
    Il rifiuto di Arafat, la decisione di respingere, armi ed esplosivi alla mano o alle cinture, ogni negoziato che non portasse alla sparizione dello Stato ebraico, ecco il vero motivo dell'indurimento dell'opinione pubblica israeliana e della sua scelta politica. Guerra per guerra, questa la riflessione del corpo elettorale d'Israele, è sempre meglio affidarne la conduzione a chi vi è più preparato e determinato. Meglio dunque il "falco" Sharon che la "colomba" dalle ali bruciate Barak.
    La scelta del corpo elettorale israeliano può essere capita anche alla luce di un illustre precedente: la Gran Bretagna aveva scelto un "falco" conservatore, il grande Winston Churchill, per gestire la guerra contro la Germania di Hitler, ma subito dopo la vittoria non aveva esitato a metterlo da parte e votare Labour. "Colombe" in pace, ma "falchi" in guerra.
    E che Israele fosse entrato suo malgrado in guerra, che fosse stato ancora una volta aggredito, era risultato chiaro agli israeliani dopo il "no" di Arafat e dopo i primi attentati con conseguenti indiscriminate stragi.
    Marginalmente si può rilevare come dopo la strage di Sabra e Chatila, perpetrata non dagli israeliani, ma dai libanesi cristiani di Hobeika (assassinato pochi giorni fa) per rappresaglia contro i presunti autori dell'assassinio del neo-Presidente libanese Gemayel, l'Alta Corte d'Israele condannò l'omissione di soccorso o la tacita connivenza dell'allora ministro della Difesa israeliano Ariel Sharon, costringendolo alle dimissioni e provocando poi la crisi di governo.
    Questo naturalmente non può far proporre Israele e ancor meno l'odierno Premier per una beatificazione, ma induce a riflettere su molte falsificazioni. Ma sembra che la riflessione, contrariamente alla speranza, sia la prima a morire.
    
( Gruppo Rimon, 28.01.02)



SCONTRI TRA CRISTIANI E MUSULMANI A RAMALLAH

A Ramallah, città sotto il controllo dell'Autonomia Palestinese, ieri (giovedì) sono avvenuti degli scontri sanguinosi tra cristiani e musulmani dopo che il cristiano palestinese Hanah Awad aveva ucciso due musulmani di Fatah-Tanzim con cui era in lite. Dopo pochi minuti si sono radunati molti musulmani sulle strade di Ramallah, si sono scagliati contro i cristiani palestinesi, hanno rovinato decine di loro negozi e danneggiato due chiese di Ramallah. La televisione israeliana ha riferito che i cristiani palestinesi hanno chiesto al capo del palestinesi Yasser Arafat di difenderli dalla furia dei musulmani.

(NAI - Stimme aus Jerusalem, 01.02.02)



ISRAELE OFFRE RIFUGIO AGLI EBREI FRANCESI

Il Primo Ministro israeliano Scharon ha detto ieri (giovedì) ad una delegazione di ebrei francesi che Israele, davanti al crescente antisemitismo presente in Francia, sta progettando di trasportare intere comunità ebree in Israele e di alloggiarle insieme in varie città. In questo decennio Israele vuole portare nel paese un milione di ebrei.

(NAI - Stimme aus Jerusalem, 01.02.02)


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